Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

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1,20 – Arretrati: 2,00 Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009 Venerdì 10 settembre 2010 – Anno 2 – n° 239 Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Roma tel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230 www.ilfattoquotidiano.it [email protected] lebavaglio io@i @i @i i @i @ilf f lf lf lf lf lf t at at att to to to toq qu quo otidiano.it MARTEDÌ E VENERDÌ in onda alle ore 19.00 su www.ilfattoquotidiano.it alle 24.00 su Current Canale 130 di Sky È TORNATO TELEBAVAGLIO FUGA DAL TG1 Appare Minzolini e scappano in 150 mila. Apre bocca e si dileguano altri 244 mila (in parte rimpiazzati dai fan di Fede). L’indomani perdita secca di mezzo milione Ha ragione Scodinzolini di Marco Travaglio S piace dirlo, ma se la colpa di Minzolini è di fare editoriali e di irritare il Pd, Fli e il Quirinale, allora ha ragione Minzolini. Intendiamoci bene. Minzolini fu nominato 14 mesi fa direttore del Tg1 da B, essendone uno dei più fedeli portaordini su piazza, cioè non ancora direttori di qualcosa. Masi eseguì e la maggioranza del Cda Rai (compreso il presidente Garimberti) ci mise il timbro. Da allora il Tg1 ha perso 1 milione di telespettatori in un anno: la prova lampante che Minzolini è professionalmente inadeguato a dirigere il primo (per ora) tg d’Italia. Basta sintonizzarsi su Rai1 alle 20, o in qualsiasi altra edizione, per rendersi conto che il prodotto è avvilente per chi lo fa e per chi lo vede. Le notizie vengono sistematicamente censurate o falsificate o coperte con notizie fasulle e non-notizie (cappotti per cani, scuole per maggiordomi, caccia al coccodrillo fantasma nel lago di Falciano, come lisciare i capelli arricciati dall’umidità, dentiere smarrite, calamari giganti, i segreti del peperoncino e altre menate). E i telespettatori fuggono dove possono, specie da quando a La7 c’è Mentana. E specie quando appare il crapone levigato e dorato del direttorissimo, con la Treccani di legno sullo sfondo, per i suoi leggendari editoriali. 2010, fuga dal Tg1. Di questo bisognerebbe parlare. Di come sta affondando la cosiddetta “ammiraglia Rai”, non un programma qualsiasi. Di com’è precipitata, per ascolti e prestigio, a livelli che nemmeno Rossella, Sorgi, Mimun e Riotta, nonostante l’impegno, erano riusciti a toccare. Il problema è il fallimento degli obiettivi dichiarati nel piano editoriale su cui il direttorissimo ottenne la fiducia (peraltro risicata) in redazione. C’entra in tutto questo il servilismo dichiarato e sfacciato di Scodinzolini nei confronti del padrone? Certo. Ma è proprio per questo che fu nominato. Qualcuno davvero può dire che non lo sapeva, che non l’ave va previsto? Siamo seri. Se la Rai avesse cercato un direttore noto per la professionalità avrebbe chiamato Mentana (era a spasso), Mieli, Mauro, De Bortoli, Anselmi. Chi si mette in casa Minzolini sa chi è e perché lo fa. Lui, del resto, non si è mai nascosto: bastava leggere quel che scriveva sulla Stampa e su Pa n o ra m a (stipendiato dalla famiglia B.) per farsene un’idea precisa. Oggi è ridicolo prendersela con Minzolini perché fa il Minzolini. Invece è proprio quel che fa il presidente Garimberti nella lettera a Masi contro l’ultimo editoriale, che ha molto irritato il Quirinale per via dell’appello pro elezioni e contro il “ribaltone”, cioè contro qualunque governo diverso da quello di B. “Giudizi – scrive Garimberti – inopportuni e invasivi delle competenze e delle responsabilità di soggetti istituzionali”, nonché frutto di “e s a s p e ra t o protagonismo individuale”. Ergo il presidente Rai esige da Masi “un intervento diretto e immediato”. Ora, che un direttore di giornale esprima il suo pensiero in un editoriale, non è solo normale, ma addirittura doveroso. Si dirà: ma Minzolini esprime sempre il pensiero di B. Sfido io, è lì apposta. Se esprimesse pareri critici, non l’avrebbero nominato o l’avrebbero già cacciato. Il fatto poi che abbia chiamato “ribaltoni” eventuali governi diversi dall’attuale è una sua legittima opinione che nessuno può impedirgli di esprimere, salvo incappare in una censura bella e buona (tutt’altra faccenda sarebbe imporgli di rettificare le falsità, come la presunta “assoluzione” del prescritto colpevole Mills, ma su questo tutti tacciono). Se poi Minzolini ha fatto saltare la mosca al naso al capo dello Stato, pazienza: fino a prova contraria Napolitano non è ancora il supervisore della Rai. E ci mancherebbe pure che vedere la politica in modo diverso da lui costituisse un’“i nva s i o n e ” nelle sue “competenze e responsabilità istituzionali”. Gli elementi per cacciare Minzolini ci sono tutti, anzi c’erano già quando fu nominato. Ma processarlo oggi per l’unica cosa che ha il diritto di fare – gli editoriali – è peggio che un crimine: è un errore. Anche perché ci costringe a difenderlo. Chiede il voto, poi ci ripensa . Dimissiona Fini, poi lascia perdere. Il Caimano vola a Mosca sull’orlo di una crisi di nervi VENDETTE x Andreotti offende l’eroe borghese QUEL TIPO A SINISTRA DICE CHE AMBROSOLI SE L’È CERCATA Il pubblico che lascia l’ammiraglia Rai corre da Mentana che, in una sola settimana, passa dal 4 al 9 per cento di share. Minimi storici per il “direttorissimo” Ma per l’azienda va tutto bene, garantisce Masi U di Paolo Flores d’Arcais O R FA N I DI LEADERSHIP L’ offerta politica d’opposizione non è mai stata così ampia, variegata, lussureggian- te, eppure mai come ora il cittadino che si oppone a Berlusconi si è sentito tanto orfano di rappresentanza. pag. 6 z n rogo del Corano Obama condanna, il mondo teme violenze e attentati Vitaliano pag. 12z n evasori In Sardegna l’assalto dei furbi finti residenti Sansa pag. 7z Il senatore a vita poi tenta di rimediare: mi hanno frainteso. Ma è quello che ha sempre pensato dell’uomo che combatteva il suo amico Sindona pag. 4 - 5 z di Carlo Tecce M artedì sera, ore 20 e 06: Au- gusto Minzolini compare sullo schermo per l’ennesimo editoriale, circa 150 mila spetta- tori afferrano il telecomando e spengono la televisione. Sul fini- re del monologo altri 244 mila la- sciano Raiuno e scappano verso il tg di Mentana. pag. 3 z n soldi e “Corriere” Il prezzo di una poltrona nel salotto buono di Rcs Malagutti pag. 10z CATTIVERIE Bocchino: “I quattro gatti sono diventati quarantaquattro”. Bisognava castrarli (www.spinoza.it) U di Gian Carlo Caselli LA PARTE S BAG L I ATA (SEMPRE) L’ elenco delle vittime della violenza mafiosa è purtrop- po infinito. Spesso ci siamo detti che se hanno dovuto mo- rire è anche perché lo Stato, an- che noi, non siamo stati sino in fondo quel che avremmo dovu- to essere. pag. 4 z POSTE x Accordo con i sindacati Il sabato senza postini Niente lettere (e giornali) Martini pag. 11 z Augusto Minzolini (FOTO ANSA) y(7HC0D7*KSTKKQ( +"!"!;!=!z

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€ 1,20 – Arretrati: € 2,00Spedizione abb. postale D.L. 353/03 (conv.in L. 27/02/2004 n. 46)

Art. 1 comma 1 Roma Aut. 114/2009

Ve n e rd ì 10 settembre 2010 – Anno 2 – n° 239Redazione: via Orazio n° 10 – 00193 Romatel. +39 06 32818.1 – fax +39 06 32818.230

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MARTEDÌ E VENERDÌ

in onda alle ore 19.00 su www.ilfattoquotidiano.it

alle 24.00 su CurrentCanale 130 di Sky

È TORNATO TELEBAVAGLIO

FUGA DAL TG1Appare Minzolini e scappano in 150 mila. Apre bocca

e si dileguano altri 244 mila (in parte rimpiazzati dai fandi Fede). L’indomani perdita secca di mezzo milione

Ha ragioneScodinzolini

di Marco Travaglio

Spiace dirlo, ma se la colpa di Minzolini è di fareeditoriali e di irritare il Pd, Fli e il Quirinale, alloraha ragione Minzolini. Intendiamoci bene.Minzolini fu nominato 14 mesi fa direttore del

Tg1 da B, essendone uno dei più fedeli portaordini supiazza, cioè non ancora direttori di qualcosa. Masieseguì e la maggioranza del Cda Rai (compreso ilpresidente Garimberti) ci mise il timbro. Da allora il Tg1ha perso 1 milione di telespettatori in un anno: la provalampante che Minzolini è professionalmenteinadeguato a dirigere il primo (per ora) tg d’Italia. Bastasintonizzarsi su Rai1 alle 20, o in qualsiasi altra edizione,per rendersi conto che il prodotto è avvilente per chi lofa e per chi lo vede. Le notizie vengonosistematicamente censurate o falsificate o coperte connotizie fasulle e non-notizie (cappotti per cani, scuoleper maggiordomi, caccia al coccodrillo fantasma nellago di Falciano, come lisciare i capelli arricciatidall’umidità, dentiere smarrite, calamari giganti, i segretidel peperoncino e altre menate). E i telespettatorifuggono dove possono, specie da quando a La7 c’èMentana. E specie quando appare il crapone levigato edorato del direttorissimo, con la Treccani di legno sullosfondo, per i suoi leggendari editoriali. 2010, fuga dalTg1. Di questo bisognerebbe parlare. Di come staaffondando la cosiddetta “ammiraglia Rai”, non unprogramma qualsiasi. Di com’è precipitata, per ascolti eprestigio, a livelli che nemmeno Rossella, Sorgi, Mimune Riotta, nonostante l’impegno, erano riusciti a toccare.Il problema è il fallimento degli obiettivi dichiarati nelpiano editoriale su cui il direttorissimo ottenne lafiducia (peraltro risicata) in redazione. C’entra in tuttoquesto il servilismo dichiarato e sfacciato diScodinzolini nei confronti del padrone? Certo. Ma èproprio per questo che fu nominato. Qualcunodavvero può dire che non lo sapeva, che non l’ave vaprevisto? Siamo seri. Se la Rai avesse cercato undirettore noto per la professionalità avrebbe chiamatoMentana (era a spasso), Mieli, Mauro, De Bortoli,Anselmi. Chi si mette in casa Minzolini sa chi è e perchélo fa. Lui, del resto, non si è mai nascosto: bastavaleggere quel che scriveva sulla Stampa e su Pa n o ra m a(stipendiato dalla famiglia B.) per farsene un’ideaprecisa. Oggi è ridicolo prendersela con Minzoliniperché fa il Minzolini. Invece è proprio quel che fa ilpresidente Garimberti nella lettera a Masi control’ultimo editoriale, che ha molto irritato il Quirinale pervia dell’appello pro elezioni e contro il “r ibaltone”, cioècontro qualunque governo diverso da quello di B.“Giudizi – scrive Garimberti – inopportuni e invasividelle competenze e delle responsabilità di soggettiistituzionali”, nonché frutto di “e s a s p e ra t oprotagonismo individuale”. Ergo il presidente Rai esigeda Masi “un intervento diretto e immediato”. Ora, cheun direttore di giornale esprima il suo pensiero in uneditoriale, non è solo normale, ma addirittura doveroso.Si dirà: ma Minzolini esprime sempre il pensiero di B.Sfido io, è lì apposta. Se esprimesse pareri critici, nonl’avrebbero nominato o l’avrebbero già cacciato. Il fattopoi che abbia chiamato “r ibaltoni” eventuali governidiversi dall’attuale è una sua legittima opinione chenessuno può impedirgli di esprimere, salvo incapparein una censura bella e buona (tutt’altra faccendasarebbe imporgli di rettificare le falsità, come lapresunta “assoluzione” del prescritto colpevole Mills,ma su questo tutti tacciono). Se poi Minzolini ha fattosaltare la mosca al naso al capo dello Stato, pazienza:fino a prova contraria Napolitano non è ancora ilsupervisore della Rai. E ci mancherebbe pure chevedere la politica in modo diverso da lui costituisseun’“i nva s i o n e ” nelle sue “competenze e responsabilitàistituzionali”. Gli elementi per cacciare Minzolini cisono tutti, anzi c’erano già quando fu nominato. Maprocessarlo oggi per l’unica cosa che ha il diritto di fare– gli editoriali – è peggio che un crimine: è un errore.Anche perché ci costringe a difenderlo.

Chiede il voto, poi ci ripensa. Dimissiona Fini, poi lasciaperdere. Il Caimano vola a Mosca sull’orlo di una crisidi nervi

VENDETTE xAndreotti offende l’eroe borghese

QUEL TIPO A SINISTRA DICECHE AMBROSOLI SE L’È CERCATA

Il pubblico chelascial’ammiraglia Raicorre da Mentanache, in una solasettimana, passadal 4 al 9 per centodi share. Minimistorici per il“d i re t t o r i s s i m o ”Ma per l’aziendava tutto bene,garantisce Masi

Udi Paolo Flores d’A rc a i s

O R FA N IDI LEADERSHIP

L’ offerta politica d’opposizione non è maistata così ampia, variegata, lussureggian-

te, eppure mai come ora il cittadino che sioppone a Berlusconi si è sentito tanto orfanodi rappresentanza. pag. 6 z

nrogo del Corano

Obama condanna,il mondo temeviolenze e attentati

Vitaliano pag. 12z

nevasori

In Sardegnal’assalto dei furbifinti residenti

Sansa pag. 7z

Il senatore a vita poi tenta dirimediare: mi hanno frainteso. Maè quello che ha sempre pensatodell’uomo che combatteva il suoamico Sindona pag. 4 - 5z

di Carlo Tecce

M artedì sera, ore 20 e 06: Au-gusto Minzolini compare

sullo schermo per l’ennesimoeditoriale, circa 150 mila spetta-tori afferrano il telecomando espengono la televisione. Sul fini-re del monologo altri 244 mila la-sciano Raiuno e scappano versoil tg di Mentana. pag. 3 z

nsoldi e “C o r r i e re ”

Il prezzo di unapoltrona nel salottobuono di Rcs

Malagutti pag. 10z

C AT T I V E R I EBocchino: “I quattro gattisono diventatiq u a r a n t a q u a tt r o ”.Bisognava castrarli

( w w w. s p i n o z a . i t )

Udi Gian Carlo Caselli

LA PARTES BAG L I ATA(SE MPRE)

L’ elenco delle vittime dellaviolenza mafiosa è purtrop-

po infinito. Spesso ci siamodetti che se hanno dovuto mo-rire è anche perché lo Stato, an-che noi, non siamo stati sino infondo quel che avremmo dovu-to essere. pag. 4 z

POSTExA c c o rd ocon i sindacati

Il sabatosenza postiniNiente lettere(e giornali)

Mar tini pag. 11 z

Augusto Minzolini (FOTO ANSA)

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Venerdì 10 settembre 2010 pagina 2

di Paola Zanca

“I l suo era un estremo logico,una potenzialità di una si-

tuazione: non ha detto che c’èstata prostituzione ma che inun sistema elettorale comequesto può succedere”, diceSofia Ventura, politologa emente di FareFuturo.

EPPURE Angela Napoli, perquell’estremo logico, per quellapotenzialità messa a verbale, hadovuto scusarsi, spiegare cheera la risposta alla domanda diun giornalista, sottolineare labanalità per cui ci sono tante“mer itor iamente” sedute suiseggi parlamentari.E nemmeno quando qualchepotenzialità diventa concreta -prendete la casa dove vive laconsigliera provinciale del PdlFrancesca Pascale, di proprietàdi Silvio Berlusconi - difficile tro-vare qualcuno disposto a direche sì, forse Angela Napoli qual-che ragione ce l’aveva. “No!” r i-sponde Emma Bonino quando

le chiedi se puoi farle qualchedomanda sulla casa del Capo, esi scioglie solo quando le sotto-linei l’assurdità di questa leggeelettorale, che però, aggiunge,“favorisce anche lo scambiocon amici, cognati, affaristi”.Guai a parlare solo delle amichedi Papi anche con la sua collegaRadicale, Rita Bernardini: “Per -ché la Napoli se l’è presa con ledonne e non con gli uomini? – sidomanda Rita Bernardini – InParlamento siamo tutti nomina-ti- Noi donne siamo poche, nonpossiamo azzuffarci tra di noi”.

NON VUOLE SCENDERE“su questo terreno, che nonconsidero politico” nemmenoLivia Turco, mentre Sofia Ventu-ra sostiene che “Berlusconi puòmettere i suoi appartamenti a di-sposizione di chi preferisce,non è un reato, ma di certo è unamossa poco elegante”.Ma se si esce dal caso concreto,se si chiude la porta delle case diBerlusconi, qualche “leg ittimosospetto” sui metodi di recluta-

mento prediletti dal fondatoredel Pdl, ci sono eccome. Tantoche il dietrofront della Napoli,subissata dallo sdegno delle par-lamentari di centrodestra, vieneletto quasi come un segnale disuperiorità: “Ha fatto bene ascusarsi, a sbrigarsela così – r i-flette ancora la Ventura – Hachiuso in fretta una discussionepretestuosa, ha cose più impor-tanti di cui occuparsi”. “È inu-tile che le donne di centrodestrasi arrabbino - aggiunge Livia Tur-co - Angela Napoli ha colto unpunto: questa pessima leggeelettorale è pessima soprattuttoper le donne”, spiega la deputa-ta Pd.E visto che il problema esiste,propone la parlamentare Pd, ègiusto cominciare a dare una“lettura sessuata” della politica.

IL PORCELLUM - parliamodella legge elettorale, sia chiaro -“nega il merito” e “legittima ilsospetto che tu non sei lì per letue competenze ma per il tuorapporto con il Capo, di qualsia-

si natura sia. Certo, è un po’ dif -ficile che lo dicano a me, ma so-prattutto alle giovani può suc-cedere che si mormori che sonostate messe lì da qualcuno”. Inquesto senso, ammette la Tur-co, la Napoli “ha totalmente ra-gione, basta con l’ipocr isia”.E un’idea su come chiudereogni spazio alle illazioni cel’avrebbe: “Bisognerebbe apri-re una battaglia all’insegna del‘Siamo tutte sospettate’. Èun’onta da cui dobbiamo libe-

rarci. Anche perché l’autono -mia delle donne ha semprecoinciso con la forza delle isti-tuzioni: non è un caso che si amitanto questa legge elettorale, èperché è funzionale a una visio-ne padronale della democra-zia”.

NON LA PENSA COSÌ la co-razzata femminile del Pdl, pron-ta a scattare ogni volta che qual-cuno osa ricordare cosa ha pro-dotto Papi. “Ho trovato la loro

replica molto inutile e banale -osserva la Ventura - non eranochiamate in causa direttamente,perchè sono sempre loro chep ro t e s t a n o ? ”. Una spiegazionelei ce l’ha. “È il principio per cuiil Capo ha sempre ragione. Ilproblema è che non hanno avu-to il coraggio di affrontare il te-ma del reclutamento nel parti-to”. In compenso non si scomo-dano se il premier “re cl u t a ” ra -gazze per Gheddafi. “Il princi-pio è sempre lo stesso: quelloche fa Berlusconi va bene, pun-to”.

SPERANZE PER IL FUTU-RO? La Turco qualcuna ne ha:“Credo che nel loro animo que-sta inquietudine che ogni tantoesplode ce l’a bbiamo”, immagi-na Livia Turco. “Penso a una co-me Stefania Prestigiacomo, noncredo che possa essere indiffe-rente a questo scempio. Abbia-mo tutte il problema di esserelibere dai sospetti”. Ma la Pasca-le può stare tranquilla. Si indi-gnano solo per i sospetti.

La pattuglia finiana

nata il 29 luglio

dopo lo strappo

S ono 34 deputati e 10 senatori iparlamentari di Futuro e libertà, i gruppi deifiniani, nati dopo l’espulsione del presidente

della Camera da parte di Berlusconi. Le “truppe” diFini si sono incontrate a Mirabello dal 31 agosto al 5settembre, dove hanno cominciato a mettere a puntola strategia per il futuro. Nel suo discorso conclusivo,Fini ha aperto la strada a un nuovo partito. Sarà molto

"leggero". Un po’ Tea Party, un po’ An prima maniera,quella dei circoli tematici e territoriali. Gianfranco Finisi è guardato bene dal parlare di partito, ma quello è,con tanto di nome e simbolo che domenicacampeggiava alle sue spalle. Un coordinatorenazionale, i due capigruppo ad affiancarlo, i 44parlamentari a formare una sorta di ufficio politico e icircoli di Generazione Italia a costruire la base. Primo

appuntamento il 16 ottobre. Per quella data sarannochiamati a Roma i 1.100 amministratori tra consiglierie assessori che hanno già sottoscritto in luglio l'appello"Io sto con Fini" e aderito a Generazione Italia. Primostep in vista della doppia data cerchiata di rosso nelcalendario dei finiani, il 6 e 7 novembre, quando aPerugia si terrà la convention di GI che dovrebbeessere il vero atto fondativo del nuovo partito.

di Sara Nicolie Davide Vecchi

Niente weekend al marequesta settimana. Igna-zio La Russa non può al-lontanarsi dai Palazzi, il

momento per lui è delicatissi-mo. Ieri pomeriggio, al terminedel Gran Consiglio, ormai riuni-to in seduta permanente da lu-nedì a Palazzo Grazioli, ha do-vuto chinare la testa davanti a

un Silvio Berlusconi furioso.Per l'ennesima volta il luciferi-no ministro ha consegnato pre-visioni totalmente sballate. Ilpremier è sbottato: “Avete sem-pre sbagliato i conti – r ivolgen-dosi anche a Gasparri – di voinon mi posso più fidare”. Il Ca-valiere ha anche scandito i tem-pi per l'azzeramento del trium-virato La Russa-Verdini-Bondiche sarà sostituito da ClaudioScajola. L'ex ministro a cui pa-

gano il mutuo ha già ricevutol'incarico di organizzare la cam-pagna elettorale per il voto an-ticipato che, Berlusconi ne ècerto, sarà a marzo.

LASCIATO con mestizia Pa-lazzo Grazioli, La Russa ha acce-so il telefonino. E sono arrivatealtre notizie negative: il suo feu-do lombardo si sta sgretolandopezzo per pezzo. È cominciata lamigrazione verso Futuro e liber-

FINE LEGISLATURA

Le case del Capo? “R ega l i ” che non indignano la politicaDALLA BONINO ALLA TURCO: NESSUNA PARLAMENTARE SI INDIGNA PER GLI APPARTAMENTI DATI DAL CAIMANO ALLE SUE “PREFERITE”

IL GIOVEDÌ NERODEL “COLONNELLO”LA RUSSA IGNAZIOB. gli dà la colpa della crisi con i finianiA Milano lo abbandonano i fedelissimi

GIORGIO LA MALFA di al. fer.

“NON FACCIO LA STAMPELLA DI SILVIO”“O ddio, e chi le ha detto una

cosa del genere?”. “On. LaMalfa, in questi momenti di austeritàpolitica, gira il suo nome come unadelle papabili ‘stampelle’ del governo”.“Ma io non ho sentito nessuno...”. Tonopacato, leggermente dispiaciuto,colloquiale, il leader dei Repubblicanismentisce contatti con un premier acaccia di voti alla Camera persopperire ai finiani. “Non ci parlo daoltre un anno - spiega La Malfa -, daquando gli ho spedito una lettera condentro i punti necessari, specialmentein materia economica, per continuare

un dialogo costruttivo”. Da allora,appunto, silenzio. “Sì, probabilmente sisentiva talmente forte da non ritenerenecessario rispondermi. In fin dei contii conti gli davano ragione. Ma sa, lapolitica gira...”. E porta sorprese.Compresa una possibile crisi a fronte diuna delle maggioranze più solide dellastoria. “È vero. Ma non credo a elezioniimminenti - conclude il leaderrepubblicano -. Non convengono aBerlusconi, che troverà la soluzione, emagari i voti (di altri, ndr) per portarea termine la legislatura. Certo non ilmio, non è nelle condizioni”.

Per il premieril ministro eGasparri hannosbagliato i contiLa Lega insisteper scioglierela Camera

Silvio Berlusconi e Ignazio La Russa; sotto Angela Napoli ( FOTO LAPRESSE)

tà. Il discorso di Gianfranco Finia Mirabello ha convinto molti atornare dal generale, abbando-nando il colonnello di Paternò.Se ad agosto nelle amministra-zioni locali gli aderenti a Fli era-no una dozzina, capitanati dal-l'assessore milanese (larussianodoc) Giampaolo Landi di Chia-venna, da ieri le adesioni sonoesplose. Tra i tanti il nome piùpesante è Luca Ferrazzi. Unocresciuto a pane e La Russa. 42anni, ex Fronte della Gioventù,presidente provinciale varesinodi An prima e vicepresidente delPdl poi, per tre volte eletto in Re-gione, assessore nella giunta diRoberto Formigoni e vicepresi-dente del consiglio regionale.Incarichi ricoperti negli anni incui Romano La Russa, fratello diIgnazio, era impegnato al parla-mento europeo.

IN REGIONE Ferrazzi era inpratica l'uomo di fiducia. Con luiin Fli porta il 70-80% degli elettiin provincia di Varese. Dal Pdl ar-rivano anche ex di Forza Italia.Come Manfredi Palmeri, presi-dente del consiglio comunale egiovane promettente “benedet -to” da Silvio Berlusconi in per-

sona. Palmeri sta ancora valutan-do i tempi. L'interesse è confer-mato. E diffuso. Tanto che ieri al-l'incontro organizzato da Landidi Chiavenna sono arrivate ade-sioni da 66 nuovi circoli solo suMilano. Ed è stato deciso di or-ganizzare un incontro all'Uma-nitaria cui parteciperà anche Ita-lo Bocchino il 27 settembre, inconcomitanza con la festa nazio-nale del Pdl che si svolgerà a die-ci minuti a piedi. Futuro e Liber-tà in Lombardia sta costruendoun quartier generale satellite.Sulle macerie dell'ormai quasiex impero larussiano. Nel Pdldel resto gli ex Forza Italia hanno

già dichiarato guerra ai fedeli delministro dell'Interno. Che sonoovunque. Basti pensare che ilcoordinatore provinciale delPdl è Romano La Russa. Che vi-cecoordinatore cittadino è Mar-co Osnato, cognato di Romano.Settimana scorsa il coordinatoreregionale, Guido Podestà, haconvocato un vertice dimenti-candosi di invitare gli ex An.

I DIRETTI interessati hannopoi minimizzato l'accaduto, mala rottura è evidente a tutti. Po-destà e Ignazio La Russa sono im-pegnati in un braccio di ferropersino sul programma della fe-sta nazionale che si aprirà a Mi-lano il 23 settembre. Il ministroha sempre curato in prima per-sona le iniziative sul territorio,così manda la scaletta degli ap-puntamenti previsti a Podestàche, in veste di coordinatore re-gionale, glieli rimanda indietrocorretti. Con orari e giorni cam-biati. “Se dice 18 son 35, e le oreson 24 le 35 non esistono”, è labattuta che circola nei ranghi diForza Italia che male hanno vis-suto la convivenza con An inLombardia. 18 erano i deputatiche secondo La Russa avrebberoaderito a Futuro e libertà, invecepoi sono diventati 35. Berlusco-ni aveva alzato lo scontro conGianfranco Fini, credendo alleprevisioni del ministro e di Ga-sparri. Ora non ci fa più affida-mento. E il momento è delicato,perché il governo in aula potreb-be allegramente cadere. Que-stione, appunto, di numeri.Menomale che c'è la Lega. Il pre-paratissimo Roberto Calderolisuggerisce aritmetiche strate-gie: “Non dobbiamo partecipa-re alla prima chiamata sulla fidu-cia”, ha detto. Spiegando che“così si potrà verificare se quellamaggioranza dipende solo dai fi-niani e assumere le conseguen-ze. Se, viceversa, c'è una mag-gioranza vera senza i 'sì allora sipuò andare avanti. Le vie del Si-gnore sono infinite, ma la mol-tiplicazione dei pani e dei pescinon l'ho ancora vista fare a Ber-lusconi”. Il premier ora di calco-li esatti ha bisogno, mica d'altro.E Calderoli, a quanto pare, colpallottoliere va più forte di LaRussa.

Al centro dellapolemica restala dichiarazionedella Napoli sullap ro s t i t u z i o n etra le onorevoliAveva torto?

Page 3: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

pagina 3 Venerdì 10 settembre 2010

Ritorna “L’Infedele”

Lerner: “Vicini alla fine

del regime”

T orna L'infedele su La7. La ripartenzaautunnale è fissata per lunedì 13settembre con una puntata tutta

politica. Gad Lerner si concentrerà sulla figura diGianfranco Fini. “Un futurista? Un compagno?Un fascista erede di Almirante che crede in unadestra moderna e diversa da quella populista diBerlusconi?”. Vedremo l'analisi che la redazione

saprà offrirci. Nel frattempoil giornalista si gode gliottimi risultati d'ascoltodella rete: “Adesso il terzopollo è un terzo polo. È unsegnale dei tempi checambiano. E l ' I n fe d e l e staràdentro questa grande

occasione che stiamo vivendo”. Anche grazie alnuovo telegiornale di Enrico Mentana e alrinnovato interesse degli italiani per la politica:“La gente sente odore di sangue - spiega Lernernell’intervista al fattoquotidiano.it (l’integrale sulnostro sito internet) - . Capisce che siamo vicinia una svolta, alla fine di un regime”.

lg

di Carlo Tecce

Martedì sera, ore 20 e 06:Augusto Minzolini com-pare sullo schermo perl'ennesimo editoriale,

circa 150 mila spettatori afferra-no il telecomando e spengono latelevisione. Sul finire del mono-logo altri 244 mila lasciano Raiu-no e scappano verso il telegior-nale di Enrico Mentana, sostitutida un gruppetto stanco di Tem -pesta d’A m o re su Rete 4 e da 192mila spettatori che accendonoin quel momento la tv e beccanoil fotogramma di Susanna Petru-ni che riprende la linea in studio.Morale dell'aritmetica: Minzoli-ni ha perso 400 mila persone incentoventi secondi. Un recordstratosferico, migliorato dal di-rettorissimo medesimo in venti-quatt'ore: l'edizione di martedìha sfiorato il 27% di share per 6milioni di spettatori, mercoledìdisertano in 500 mila per un pun-to e mezzo di share. Il professoreFrancesco Siliato del Politecnicodi Milano ha incrociato i numeriAuditel - elaborazione studio Fra-si - con le analisi dell'Osservato-rio di Pavia: “È incredibile il flus-so di utenti raminghi da un ca-nale all'altro, quasi immediata lafuga a La7, ma il particolare cu-rioso è il numero di gente chechiude Raiuno durante l'edito-riale di Minzolini”. L'indice dishare è la colonna d'Ercole pervalutare un telegiornale, il limitestorico del Tg1 dei bei tempi erail 30%, un vetta mai raggiunta daMinzolini e sempre più distante:nei primi otto giorni di settem-bre, rispetto all'anno scorso, ilTg1 ha smarrito 850 mila spetta-tor i.

CON LA DIREZIONE d e l l ' exSqualo l'informazione di Raiunoè senza notizie e senza spettatori,così debole da crollare nell'istan-

te esatto in cui un'altra re-te - più piccina - affida a Mentanauno spazio per fare giornalismo.Nulla di più, nulla di meno. Il pub-blico che sostava in attesa di cam-biare a Raiuno, in una settimanadi Mitraglia conduttore, emigrain massa a La7 gonfiando le cifredell'ex Tg di Antonello Piroso, ungiornale che arrancava sotto il 3%di share e ora mira al 10. La sta-tuetta del terzo polo fa ridereMentana: “Noi siamo come l'apo-strofo rosa tra la parola t'amo”.Ma la crisi di spettatori è un virusche colpisce da mesi sia il Tg1 diMinzolini sia il Tg5 di Mimun(meno 1,2 milioni): “La7 ha riem-pito un vuoto informativo e diopinioni – dice Siliato – provoca -to dai due Tg concorrenti ches'assomigliano troppo per sce-g l i e re ”. L'emorragia del Tg1 è al-l'inizio poiché l'indice di sharecala al ritmo di mezzo punto algiorno e migliaia di spettatori di-cono addio a Minzolini, ai servizisu dentiere, maggiordomi, canida slitta. E nonostante le spesefolli per contratti, gratifiche, sce-nografia, le critiche di Garimber-ti (presidente Rai) e Zavoli (pre-sidente Vigilanza) e l'irritazionedel Quirinale, l'ex cronista de LaStampa è il dipendente più coc-colato e protetto di viale Mazzini:il direttore generale Masi l'ha di-feso da politica e azienda e per-sino dal capo dello Stato. Per laRai ascolti e pubblicità di Minzo-lini sono un ornamento, ancoradi più con Mauro Mazza, il diret-tore di Raiuno, ora più distante daFini e più vicino a Berlusconi. Eancora: le multe dell'Agcom ven-gono congelate dalle lettere ras-sicuranti di viale Mazzini, il comi-tato di redazione è sommerso daliste di minzoliniani convinti e su-perato a destra da promozioni apioggia. Nemmeno il sindacatoUsigrai riesce a smuoverlo: “Vo -gliamo sfiduciarlo”. E come? Za-voli ha ammesso di parlare a tito-lo personale poiché la Vigilanza è

impoten -te sull'argomento.

E BRUNO VESPA fa schienadritta: “Non commento le letteredi un superiore - dice in riferi-mento a Garimberti - Buona la for-mula di Mentana, ma non avreb-be senso per il Tg1”. Non molla lapresa il finiano Italo Bocchino:“La situazione del Tg1 non è più

tolle -ra bile”. Singola-

re il giudizio di Gad Lerner:“Quello di Minzolini non è statoun editoriale ma il bau di un gior-no solo. Voleva sostenere che erameglio andare verso le elezionianticipate - ha aggiunto Lerner -peccato che durante la notte Ber-lusconi aveva già cambiato idea:nell’emissione dei versi quindinon è stato neppure un ululatoma un semplice bau. Cosa diredel suo cambiamento? Io parlereidi un incanto, evidentemente èstato invitato a prendere un caffè,forse in una casa alle Bahamas, edè rimasto incantato”. E per chi èdisincanto basta fare click.

Gran galà Masi, un grande flopFESTIVAL DI VENEZIA, ANNULLATA LA CENA. L’AZIENDA DOVRÀ PAGARE 20MILA EURO

VIALE MAZZINI

MR. ROSITANI,IL CONSIGLIERE-ROULETTEH a inventato la lista “Asso di coppe” per le comunali di Varapodio,

duemila abitanti nel parco dell'Aspromonte. Nome originale e pro-fetico: il sindaco Guglielmo Rositani è un asso sì, ma di poltrone. Tuttecomode, tutte statali: consigli di amministrazione di Rai e società Strettodi Messina, un po' di politica e un po' di relazioni. Un'agenda fitta fitta:“Lavoro a viale Mazzini dalle 10 alle 21, sabato e domenica esclusi, enelle pause per il Ponte. Una volta al mese scendo il Calabria”. Il sindacoa distanza ha una carriera lunga come i chilometri che dividono Roma eVarapodio, una nazione con capitale Rieti, la città adottiva: il giovaneRositani, già missino e già militante, vinse una cattedra all'Istituto tec-nico. Era il 1965. Anche il calendario traccia linee lunghe: Rositani ha 72anni, consigliere anziano del servizio pubblico, candidato per un giornoa presidente, ex dirigente del Movimento Sociale di Giorgio Almirante epoi, correndo a passo di generazione, nell'Alleanza Nazionale di Gian-franco Fini: “Berlusconi arriverà a 120 anni? Io farò meglio...”. Rositaniha l'accento calabrese e il portamento romano, parla poco e mal vo-lentieri con i giornalisti. Una diffidenza che forse giustifica 32 anni di filaal comune di Rieti, quattro mandati a Montecitorio, trent'anni ai verticidi partito. La Rai di lotta e di governo ha una domanda per Rositani: “Staicon Fini o con Berlusconi?”. La risposta è scontata: “Con me stesso”.Perché il professore di Rieti ha il gene del battitore libero. Vota sempre inbilico tra maggioranza e opposizione, firma la petizione per chiedere larettifica a Minzolini su David Mills, litiga con i colleghi del Pd: “Voi stateportando la politica in Rai!”. E proprio la politica l'ha portato al settimopiano di viale Mazzini: “Ero a Roma con Fini, nel suo studio, mi ha detto:vuoi l'incarico in Rai o un posto ai Beni Culturali? Dissi che avrei presoquel che arrivava prima”, racconta in un'intervista al Tempo. Fini saràpure l'investitore ufficiale, ma l'amico di una vita è Altero Matteoli, ilministro dei Trasporti che garantisce il posticino al Ponte di Messina. Lacaccia ai finiani nel servizio pubblico è durata un minuto: mentre Mau-rizio Gasparri e Ignazio La Russa hanno avvertito le truppe, altri co-lonnelli abbandonavano il generale Fini. Non sarà facile – o non è statofacile – per Rositani cancellare vent'anni con Fini e ricominciare dac-capo. Oppure ha sospeso la storia e poi la riprenderà. Come la pro-messe di un secolo: la tratta ferroviaria Rieti-Roma, già nel programmadel governo di Giovanni Giolitti. Rositani l'ha rispolverata e spacciata pernuova. E l'ha giocata nelle urne: una volta ha vinto, una volta ha perso.Perché il sindaco di Varapodio ha mille occasioni per giocare ancora.

C. Tec.

Guglielmo Rositani (FOTO ANSA)

EVASIONE DI MASSA“Aiuto, c’è l’editoriale di Minzolini al Tg1”

Scappano in 500 mila in una sera sola

I l lu s t ra z i o n edi Maurizio

C e c c at o

M ancano due settimane esatte al ri-torno di A n n o ze ro , restano più dub-

bi che giorni, eppure Mauro Masi con-cede soltanto il suo silenzio: “No com-ment”. Nessuna dichiarazione sull'in-contro di ieri pomeriggio tra il diret-tore generale e Michele Santoro, unfaccia a faccia di pochi minuti che valeuna promessa: “Non ti preoccupare.Ora sblocchiamo le pratiche burocra-tiche, adesso puoi cominciare”. Masiha spento il cerino, acceso dalla letteradi Paolo Garimberti che, oltre a cen-surare l'editoriale di Minzolini, invita-va il dg a scongelare ilpalinsesto dei misteri.Quanto vale la promes-sa di Masi, sempre sulfilo del cronometro,Santoro lo capirà neiprossimi giorni. Chesaranno gli ultimi utiliper avviare una mac-china in garage, farmuovere telecamere egiornalisti, prepararela puntata del 23 set-tembre. Masi ha rinvia-to l'appuntamento dimartedì a ieri per “mo-

tivi personali”, poi c'è il rinvio a sor-presa di una festa ufficiale. Non unaserata di gala nei salotti romani, ma unparty con produttori e registi a Vene-zia per il Festival del cinema. Stavolta ilcontrattempo è stato “istituzionale”.La Rai aveva prenotato una sala del lus-suoso Molino Stucky alla Giudecca, unservizio catering per ottanta ospiti,una cena da 150 euro a persona. Tuttoannullato per “impegni istituzionali”di Masi. A viale Mazzini il merito diaver snodato decine di papillon e unapenale di circa 20 mila euro da pagare.

Nei soliti corridoi,dove la verità si me-scola alla fantasia, di-cono che Masi abbiasmontato la passerel-la per la lista degli in-vitati più vuota chepiena. Il direttore ge-nerale doveva rice-vere l’i n c o ro n a z i o n ea Venezia e - visti ipronostici e numeri -rischiava un fiascoclamoroso. Poi c’èuna seconda versio-ne - smentita dalla di-

rezione generale - di una chiamata daPalazzo Grazioli per una riunione sulpalinsesto d’autunno e l’infor mazioneche riapre le serrande durante la crisidi governo e il profumo di elezioni an-ticipate. L’agenda di Silvio Berlusconiha cancellato la chiacchierata con ildirettore generale, non per sempre, daqui al rientro di A n n o ze ro i due avrannotempo e modo per scambiarsi opinio-ni sul servizio pubblico. Il fare sbriga-tivo (e rassicurante) di Masi con San-toro può sembrare - se ci sarà la visita aPalazzo Grazioli - come una forma al-legorica in attesa della sostanza (sceltada Berlusconi). Masi è un maestronell’indugiare: intervistato da Giovan-ni Minoli e poi da Maurizio Costanzoper Pa n o ra m a , l’ex segretario di Palaz-zo Chigi ha svelato un suo segreto, ov-vero prendere le decisioni allo scoc-care della sirena per spiazzare l’av ve r -sario. Chissà. I retroscena hanno suc-cesso appena sbucano in scena. Ma leultime attenzioni di Masi sulle trasmis-sioni - dalla direttiva interna alla richie-sta di schede e sinossi - sembrano pre-parare il campo per una partita piùgrande della stessa Rai.

C .Tec.

In un annospariti 850milaspettatoriBocchinoaccusa:d i re z i o n eintollerabile

Emorragiadi ascolti dopol’attaccoal QuirinaleIn 244 milase ne vannoda Mentana

SERVI E SERVIZI

Faccia a facciacon Santoro:stai tranquillo,Annozero si faMa c’è semprel’ombra lungadi Arcore

Page 4: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

pagina 4

di Chiara Paolin

“Il senatore ha rispostocon precisione e lu-cidità a tutte le do-mande. Quel che mi

ha colpito di più è stata la suapervicacia nel difendere Sin-dona dall’inizio alla fine. Labattuta su Ambrosoli, che iguai se li andava a cercare dasolo accettando l’incarico, èstato un episodio”. AlbertoPuoti ha intervistato GiulioAndreotti lo scorso 23 feb-braio per La Storia siamo noi, ilprogramma di RaiDue direttoda Giovanni Minoli. Al centrodella conversazione, una do-manda pesante: perché ven-ne ucciso quell’av vo c a t oonesto e testardo che stavatentando di rimettere in sestola Banca Privata Italiana de-nunciando il reticolo di intral-lazzi tesi tra Stato, mafia ita-loamericana, massoneria eVaticano sotto la guida saldadell’affarista siciliano Miche-le Sindona? Ieri sera, per lan-

ciare la nuova stagione, è an-data in onda una puntatabomba, con dichiarazionechoc di Andreotti: “Non vo-glio sostituirmi alla polizia oai giudici; certo, Ambrosoli èuna persona che in terminiromaneschi se l’andava cer-cando”. Quanto a Sindona, ilsette volte premier non ri-sparmia un riconoscimentodi credibilità all’uomo già de-finito “salvatore della lira” inquanto capace di creare perla prima volta in Italia un si-stema di scatole cinesi in cuigli interessi di pochi poteva-no prevalere sui risparmi ditanti: “Non sono mai stato unsindoniano - ha detto An-dreotti - ma non ho mai cre-duto fosse il diavolo in per-sona. Se diede soldi alla Dc?Per quello che so io, il partitonon ha mai goduto di grandipossibilità finanziarie. Noncredo che né Sindona o altriavessero largheggiato”. Ma leprove dei finanziamenti ci so-no, come ha certificato nel

1982 la Commissione parla-mentare sul caso Sindona.Umberto Ambrosoli, figliodell’avvocato, ha reagito conserenità: “Sono affermazioniche si commentano da so-le”.

La memoriache non ritorna

ACCESE LE REAZIONInel -la politica, da sinistra a destra.Leoluca Orlando, Idv: “An -dreotti ha infangato la memo-ria del coraggioso Giorgio Am-brosoli, assassinato per la suaonestà”. Alfredo Mantovano,Pdl: “Ambrosoli non se l’è an-data a cercare, ha ricevuto unincarico gravoso. Sorprendeche 30 anni dopo il presidenteAndreotti continui a mostrarsipiù vicino a Sindona che all’av -vo c a t o ”.Viste le polemiche, il senatoreha corretto il tiro: “Sono moltodispiaciuto che una miaespressione di gergo romane-

sco abbia causato un gravefraintendimento sulle mie va-lutazioni delle tragiche circo-stanze della morte del dottorAmbrosoli: intendevofare riferimento ai gra-vi rischi ai quali il dot-tor Ambrosoli si eraconsape volmenteesposto con il difficileincarico assunto”. Ov-vero, non volevo direche ad Ambrosoli sta-va pure bene venir am-mazzato per la strada a 46 anni,ma che era un rischio mortalemettere le mani nel cuore degliinteressi di Stato: parola del piùlongevo e potente politico del-la Prima Repubblica, di quelpresidente del Consiglio cuiAmbrosoli stesso chiese dichiudere i rapporti con Sindo-na per proteggere i risparmi (ela dignità) degli italiani.Commovente ieri sera il ricor-do della moglie Annalori, cheraccontava di aver trovato trale carte del marito una letteraindirizzata a lei: “Anna carissi-

Giorgio Ambrosoli, l’avvocato liquidatoreDal 1974 l’avvocato Giorgio Ambrosoli è il commissario liquidatoredella “Banca Privata Italiana” che faceva campo al finanziere sicilianoMichele Sindona. Poco oltre la mezzanotte tra l’11 e il 12 luglio 1979viene ammazzato sotto casa da un sicario. È medaglia d’oro al valorecivile. Nelle motivazioni del riconoscimento si legge: “Splendidoesempio di altissimo senso del dovere e assoluta integrità morale,spinti sino all’estremo sacrificio”.

Michele Sindona, il finanziereIl 20 novembre del 1986 morì, avvelenato nel carcere di Vogheracon un caffè. Due giorni prima era stato condannato all’ergastolocome mandante dell’omicidio Ambrosoli. Così finiva la carrieradel finanziere di Patti (Me), figlio di un impresario di pompefunebri, vicino alla P2 e alla mafia, arrivato a condurre attraverso ilproprio istituto di credito, la “Banca Privata Italiana” spericolateazioni bancarie al servizio di capitali sporchi.

LA STORIA SIAMO NOIMA ANCHE BELZEBÙ

“Ambrosoli? Se l’è andata cercando”

di Gian Carlo Caselli*

L’elenco delle vittime dellaviolenza mafiosa è purtroppo in-finito. Spesso ci siamo detti che sehanno dovuto morire è ancheperché lo Stato, anche noi, nonsiamo stati sino in fondo quel cheavremmo dovuto essere. Lorohanno visto la sopraffazione, laricchezza facile e ingiusta, lacompravendita della democra-zia, lo scialo di morte e violenza, il mercato delleistituzioni. E non si sono voltati dall’altra parte.Hanno cercato la giustizia. Per questo sono morti.Noi, invece, troppe volte abbiamo subito e praticato,invece di spezzarlo, il giogo delle mediazioni e degliaccomodamenti. Non ci siamo scandalizzati ab-bastanza dell’ingiustizia. Non siamo stati abbastan-za “vivi”. E queste cose ce le ripetiamo sperandoche sempre meno soli siano lasciati coloro che siostinano a fare il proprio dovere e non diventino -restando isolati - un più facile bersaglio per la cri-minalità mafiosa. Parole al vento, inutili e vuote, seGiulio Andreotti, un signore che è stato 7 volte pre-sidente del Consiglio e 22 volte ministro, osa direche Giorgio Ambrosoli è stato ucciso perché “sel’andava cercando”. Fa rabbrividire il cinismo con cuisi pensa di poter liquidare un modello morale e civiledi onestà, oggi universalmente riconosciuto, comeAmbrosoli. Ma il cinismo di Andreotti, per quantospietato, non spiega tutto. Una luce sinistra sulleparole dello “statista” la proietta la sentenza delTribunale di Palermo che lo assolse dall’imputa-zione di associazione con la mafia siciliana (at-

tenzione: la sentenza sarà poi riformata in appello,dove verrà dimostrata – fino al 1980 – la sus-sistenza del reato, commesso ma prescritto, e que-sta pronunzia sarà poi confermata in Cassazione;ma in primo grado la sentenza fu di assoluzione,per ciò stesso emessa da giudici tecnicamente ca-talogabili tra quelli meno sgraditi all’imputato). Eb-bene, esaminando la vicenda di Michele Sindona,bancarottiere legato alla mafia siciliana, condan-nato come mandante dell’omicidio Ambrosoli, il Tri-bunale di Palermo scrive che Andreotti destinò aSindona “un continuativo interessamento proprio inun periodo in cui egli ricopriva importantissime ca-riche governative”. Fu “attivo” il suo “impegno peragevolare la soluzione dei problemi di ordine eco-nomico-finanziario e di ordine giudiziario” di Sin-dona e per avvantaggiarlo nel “disegno di sottrarsialle conseguenze delle proprie condotte”. Se “gliinteressi di Sindona non prevalsero ciò dipese, inlarga misura, dal senso del dovere, dall’onestà e dalcoraggio dell’avvocato Giorgio Ambrosoli, il quale fuucciso, su mandato di Sindona, proprio a causa dellasua ferma opposizione ai progetti di salvataggio

ARMADI DELLA REPUBBLICA

elaborati dall’entourage del finanziere siciliano, afavore dei quali, invece, si mobilitarono il senatoreAndreotti, taluni esponenti politici, ambienti mafiosie rappresentanti della loggia massonica P2”. An-dreotti “anche nel periodo in cui rivestiva le carichedi ministro e di presidente del Consiglio si adoperò infavore di Sindona, nei cui confronti l’autorità giu-diziaria italiana aveva emesso fin dal 24 ottobre1974 un ordine di cattura per bancarotta frau-dolenta”. “Il significato essenziale dell’inter ventospiegato dal senatore Andreotti (anche se non lespecifiche modalità di esso) era conosciuto dai re-ferenti mafiosi del Sindona”.Dunque, il cinismo di oggi – in Andreotti – si in-treccia inestricabilmente con l’antica “b e n ev o l e n -za” verso Sindona, mentre Ambrosoli (probo rap-presentante di un pubblico interesse al risanamentodi una situazione degenerata) era costretto - sem-pre più isolato - a fare i conti con un losco sistema diconnivenze, trame e protezioni. Certo è che se il“divo Giulio” non esita a sostenere che Ambrosoli“se l’andava cercando” (biascicando fuori di un“f ra i n t e n d i m e n t o ”!), diventa sempre più difficile af-

frontare un tema ancora oggi didecisiva importanza, vale a direpretendere che siano cancellatidalla politica e dall’a m m i n i s t ra -zione tutti coloro che continuanoa intrattenere proficui rapporti,d’affari o di scambio, con l’am-biente e con l’entourage mafioso.Le cronache offrono - di questoopaco mondo - uno spaccatotutt’ora sconvolgente. Che ci sia-no ancora personaggi del mondo

“legale” (talora con responsabilità istituzionali dirilievo), disposti a trescare e trattare con mafiosi e/oparamafiosi come se niente fosse, con assoluta“normalità”, è una vergogna che dovrebbe far riz-zare i capelli a tutti. Invece chi viene colto con lemani nel sacco può sempre sperare nella solidarietàdei suoi capi cordata, sia locali che nazionali, men-tre quelli che si indignano sono sempre di meno, eancor meno saranno quando ascolteranno le paroledi Andreotti su Ambrosoli. Ma così ci ritroveremosempre da capo: a piangere l’ennesimo morto einsieme la nostra democrazia gravemente storpiataed incompiuta.Per fortuna ci aiutano a resistere molti documentaridella “Storia siamo noi” di Giovanni Minoli, comequello (dedicato appunto alla vita e alla morte diGiorgio Ambrosoli) che risulta “i m p re z i o s i t o ” dalleincredibili parole di Andreotti. Anche se è difficilecapire perché mai trasmissioni di questa qualità(che certamente la fame di notizie della gente pre-mierebbe con ottimi ascolti) siano relegate a tardanotte. Ma forse è persino troppo facile capirlo...

*Procuratore capo a Torino

Alla trasmissione di GiovanniMinoli, Andreotti fa un’intervistatutta a favore della parte sbagliata

Il “divo Giulio” si attivòper il bancarottiere

NELLA SENTENZA DI PALERMO È DESCRITTOIL SUO IMPEGNO PER DIFENDERE MICHELE SINDONA

M I NAC C EIl picciottoparla comeil senatore

N el gennaio del ‘79, tra le varie minac-ce, Ambrosoli ricevette la telefonata

di un mafioso vicino a Bontade. L’e s t ra t -to è indicativo: Picciotto (P) “Il grande hatelefonato a Nuova York. Capisci?”. Am-brosoli (A): “Sì”. P: “E ha detto che avevasistemato tutto e la colpa la dava solo alei. Capisce? Ora lei io lo sto avvisando inmodo che lei si sappia calcolare”. A: “Iole dico Ciampi non lo conosco e non pos-

so neanche telefonargli”. P: “Ma il gran-de, il grande mi ha capito chi è, no?”. A:“Il grande immagino sia Sindona”. P: “Ehno, il signor Andreotti”. A: “Chi Andreot-ti?”. P: “Sì”. A: “Ah!”. P: “Ha telefonato eha detto che aveva sistemato tutto mache la causa è sua”. A: “Ah sono io controA n d re o t t i ? ”. P: “Esatto. Perciò ci dico sistia a guardare che lo vogliono mettere alei nei guai. Va bene?”.

ma, è il 25.2.1975 e sono pron-to per il deposito dello statopassivo della Banca Privata Ita-liana, atto che ovviamente nonsoddisferà molti e che è costa-to una bella fatica. È indubbioche pagherò a molto caro prez-zo l’incarico: lo sapevo primadi accettarlo e quindi non mi la-mento affatto perché per me èstata un’occasione unica di fa-re qualcosa per il Paese. Qua-lunque cosa succeda, tu sai checosa devi fare e sono certo sa-prai fare benissimo. Dovrai tuallevare i ragazzi e crescerli nel

rispetto di quei valori nei qualinoi abbiamo creduto. Sarà perte una vita dura, ma sei una ra-gazza talmente brava che te lacaverai sempre e farai comesempre il tuo dovere, costiquello che costi". Annalori les-se, capì, ma non ne parlò maicol marito. Un eroe borghese eriservato, buono per fare pole-mica anche trent’anni dopo lasua morte, mentre - da Mokbela Cariverona - la cronaca con-tinua a dirci come l’Italia abbiaimparato poco da quel sacrifi-cio.

(FOTO OLY C O M )

Nell’illustrazione di Emanuele Fucecchicompaiono Giorgio Ambrosoli,

Giulio Andreotti e Michele Sindona

Venerdì 10 settembre 2010

di Sandra Amurri

“Da chi è stato ucciso GiorgioA m b ro s o l i ? ”, chiede a Giu-lio Andreotti il giornalistade La Storia Siamo Noi: “Que-

sto è difficile, non voglio sostituirmialla polizia o ai giudici, certo è unapersona che in termini romaneschi sel’andava cercando”. Una risposta chegela il sangue ma che non stupisce chinon ha dimenticato la storia di Am-brosoli, liquidatore della Banca Priva-ta di Michele Sindona su incarico delgovernatore della Banca d’Italia Gui-do Carli, ucciso dal killer Joseph Ari-cò ingaggiato da Sindona per 115 miladollari nella notte tra l’11 e il 12 lugliodel’79: 3 colpi di pistola preceduti da:“Mi scusi, avvocato Ambrosoli”. Enon meraviglia neppure chi non con-fonde la prescrizione con l’assoluzio-ne che ha evitato al senatore a vita,sette volte presidente del Consigliouna condanna per associazione ma-fiosa. Basta rileggere la sentenza delprocesso palermitano per ricostruireil legame tra Sindona-mafia america-na-siciliana e Andreotti. Processo cheha dato un nome a quella voce cheminacciò Ambrosoli telefonata regi-strata dall’avvocato. Dall’altra partedel filo c’era Giacomo Vitale, mafiosoe massone, cognato del boss StefanoBontade che attraverso la banca diSindona aveva riciclato i soldi dellamafia. A riconoscerlo, il collaborato-re di giustizia Angelo Siino che avevafatto da autista a Sindona in occasionedel falso rapimento. “Avvocato guardiche puntano il dito tutti su di lei sia dalcapo grande che, a finire, al piccolo...al signor Cuccia e compagni dannotutta la colpa a lei, in modo che lei...Mi dispiacerebbe... Il capo grandeche lei sa chi è ha detto che aveva si-stemato tutto e la colpa la dava solo alei, capisce? Ma il grande, il grande mi

ha capito chi è, no? Il signor Andreottiha telefonato a Nuova York e ha dettoche aveva sistemato tutto ma che lacausa è sua…”. “È una occasione inpiù per affermare che l’esempio dimio padre è necessario agire per la ri-costruzione di un Paese diverso daquello che abbiamo da quarant’anni aquesta parte” dice Umberto Ambro-soli avvocato figlio di Giorgio autoredel libro Qualunque cosa succeda.

ANDREOTTI HA DETTO di esse-re stato frainteso: “Mi riferivo ai gravirischi ai quali si era consapevolmenteesposto”aggravando se era possibile ilsenso come se si fosse trattato di in-genuità e non di dirittura morale.“Appunto. Andreotti è perfettamentecoerente non mi colpisce se non per ilcinismo caratteristico a cui siamo abi-tuati e non può stupire chiunque ab-bia seguito la vicenda del salvataggio edella liquidazione della banca privatadi Sindona”. E torna sulla forza, sull’at-tualità dell’esempio di suo padre e sul-la necessità che diventi esempio col-lettivo: “Parole che non rafforzano ilgiudizio su Andreotti bensì il significa-to che assume oggi la storia di papà. Lasua scelta non eroica direi ma obbli-gata da un profondo e radicato sensodi responsabilità rappresenta la solastrada da seguire, la sola prospettiva ilsolo modo di intendere di essere cit-tadini, che poi è semplicemente quel-lo che ho cercato di spiegare nel li-b ro ”.Purché non resti un caso isolato. “Nonè un caso isolato. Ho presentato il miolibro in oltre 150 città e paesi e ho sem-pre trovato non spettatori ma personepartecipi. Questo vuol dire che esisteun altro Paese che non emerge perchéprevale il pessimismo, la rassegnazio-ne ma esiste. Anche la vicenda di papàdimostra che non era solo. Ciò che luiha fatto è stato possibile anche grazie a

collaboratori che condividevano quelsuo stesso senso di responsabilità,quei suoi stessi valori che hanno af-frontato con lui rischi e difficoltà enon si sono tirati indietro. Penso alleparole di Silvio Novembre (ufficialedella Guardia di Finanza): “Non si co-mincia dal tetto a fare le case, bisognacominciare dalle cose umili, sonoquelle che portano alle basi.

MOLTO PROBABILMENTE a b-biamo posto un piccolo granellino aquella costruzione, ma è un granellinoche non è stato disperso”. Un esempiocondiviso, il solo capace di ricostruirequesto povero Paese che deve soppor-tare ancora parole pronunciate da chilo ha rappresentato anche nel mondoche se non stupiscono, come spiegaUmberto Ambrosoli di certo fanno or-rore. Orrore che finché non si tradurrà

in rivolta morale collettiva resterà unsentimento soggettivo fine a se stesso,incapace di moltiplicare donne e uo-mini non che “se la vanno a cercare”ma che cercano assieme di costruire,come scrive nel suo libro rivolgendosiai figli Umberto Ambrosoli, “il benecomune facendo il proprio doveresenza combattere nessuna guerra san-ta, “perché ciascuno di noi ha la pos-sibilità di dare il meglio. Che si trattidella famiglia, della propria città,dell’azienda nella quale si lavora odell’interesse generale del Paese è solouna questione di opportunità di scel-te”. Partendo dai piccoli quotidiani achi non vuole cittadini ma sudditi im-parando a rispondere comeTommasoMoro, in attesa del patibolo, alla figliache lo esortava a dare ragione al re:“Questa volta, credimi, cara Meg, pro-prio non posso”.

Giulio Andreotti, l’esponente di governoAngelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Cosa Nostra, affermò cheMichele Sindona “aveva dei documenti molto compromettenti chepotevano creare degli imbarazzi ad Andreotti”. Nel 1984 il Senatorespinge le mozioni che chiedono le sue dimissioni da ministro degliEsteri dopo lo scandalo Sindona. Il Tribunale di Palermo,pronunciandosi sui rapporti con la mafia dell’esponente politico,sottolinea come sapesse dei rapporti del bancarottiere con la mafia.

William Joseph Aricò, il killerIn via Morozzo della Rocca, a Milano, la notte tra l’11 e il 12 lugliodel 1979, fu William J. Aricò ad uccidere l’avvocato Ambrosoli. ASindona l’aveva presentato un trafficante di eroina, RobertVenetucci. Quella sera spara tre colpi a bruciapelo e incassa 115mila dollari. Muore il 19 febbraio del 1984, in un tentativo di fugadal carcere dove è rinchiuso. Poco prima aveva confessato a unmagistrato quell’omicidio milanese compiuto anni prima.

Carlo Azeglio Ciampi procede alloscoprimento della targa in ricordo di Giorgio

Ambrosoli il 27 settembre 2005 (FOTO ANSA)

ARMADI DELLA REPUBBLICA

IL RITRATTO Giorgio Ambrosoli

MILANO 1979, LA MORTE ANNUNCIATA DI UN UOMO PER BENEdi Gianni Barbacetto

L’ uomo che “se l’andava cer-cando”, la trovò, la morte,

la notte dell’11 luglio 1979. Furaggiunto da tre proiettili ca-libro 357 magnum davanti alportone di casa, in via Moroz-zo della Rocca a Milano. Nes-sun politico ai suoi funerali,

nella basilica di San Vittore,nessuna autorità di governo,nessun uomo della comunitàdegli affari milanese. Eranopresenti soltanto il governato-re della Banca d’Italia PaoloBaffi e alcuni magistrati. Mila-no non si accorse della mortedel suo “eroe borghese”, ucci-so da un sicario mafioso sul fi-nire degli anni Settanta, comeoggi non si è accorta di esserediventata la capitale della’N d ra n g h e t a .

GIORGIO Ambrosoli era ungiovane avvocato milanese,brillante e tenace. Nient’af fat-to sovversivo, monarchico an-zi, militante, da giovane,nell’Umi (l’Unione monarchi-ca italiana). È a lui che il gover-natore della Banca d’Italia Gui-do Carli affida, nell’autunnodel 1974, la banca di MicheleSindona posta in liquidazionecoatta. Il commissario liquida-tore, assistito dal maresciallodella Guardia di finanza SilvioNovembre, comincia il suo la-

voro con normale sollecitudi-ne. Analizza le carte, fa e rifà iconti. In breve svela i trucchi,scopre i giochi di prestigio delgrande illusionista che già ave-va stregato (e finanziato) mol-ti, tra cui quel Giulio Andreottiche lo aveva definito “s a l va t o redella lira”. Alla fine del 1975,Ambrosoli arriva al cuore delsistema: alla Fasco, la società inLiechtenstein che Sindonasperava restasse fuori dal crac.

INTANTO si accorge di esse-re entrato in un gioco perico-loso. Constata che le manovreper salvare Sindona procedo-no su due piani paralleli. Uno èvisibile, quello delle defatigan-ti trattative politiche e dellepuntigliose iniziative finanzia-rie. Il secondo è sotterraneo:quello delle minacce, delle in-timidazioni, delle telefonateanonime, degli avvertimentimafiosi. È a questo punto cheAmbrosoli scrive una lettera al-la moglie Annalori destinata aessere aperta soltanto in caso

di morte. È un testamento mo-rale. “Qualunque cosa succe-da, tu sai che cosa devi fare esono certo saprai fare benissi-mo. Dovrai tu allevare i ragazzie crescerli nel rispetto di queivalori nei quali noi abbiamoc re d u t o ”.

QUESTE PAROLE sonoscritte il 25 febbraio 1975, soloun anno dopo la sua nomina acommissario liquidatore equattro prima della sua morte.Ambrosoli ha dunque benchiaro il senso del suo impe-gno. “È indubbio che, in ognicaso, pagherò a molto caroprezzo l’incarico: lo sapevoprima di accettarlo e quindinon mi lamento affatto perchéper me è stata un’occasioneunica di fare qualcosa per ilPaese. Ricordi i giornidell’Umi, le speranze mai rea-lizzate di far politica per il Pae-se e non per i partiti: ebbene, aq u a ra n t ’anni, di colpo, ho fattopolitica e in nome dello Stato enon per un partito”. Far poli-

tica per il Paese per Ambrosolisignifica opporsi ai piani di sal-vataggio che scaricano i costidel crac (almeno 250 miliardidi lire dell’epoca, circa 800 mi-lioni di euro odierni) sulle spal-le dei contribuenti. Sono i pia-ni sostenuti dagli uomini di An-dreotti (e della P2): il sottose-gretario alla presidenza delConsiglio Franco Evangelisti, ilministro dei Lavori pubbliciGaetano Stammati, i consiglie-ri del Banco di Roma RobertoMemmo e Fortunato Federici.Si danno da fare anche LicioGelli, Massimo De Carolis e,senza troppa convinzione, ilbanchiere dell’A m b ro s i a n oRoberto Calvi, che in realtàaspira a prendere il posto diSindona.Se il piano visibile è pesante,quello sotterraneo è feroce.

AMBROSOLI è bombardatoda minacce, da telefonate ano-nime. Ne riceve almeno settetra il 28 dicembre 1978 e il 12gennaio 1979. L’ultima: “Non

la salvo più, perché lei è degnosolo di morire ammazzato co-me un cornuto! Lei è un cor-nuto e un bastardo!”. Dopo ilgennaio 1979 le minacce si fer-mano. Tanto che Ambrosolispera che il pericolo sia passa-to. Invece la decisione è statapresa, il killer è già all’o p e ra .Sindona lo confida a EnricoCuccia, l’altro grande nemicodel bancarottiere, che va a in-contrarlo a New York, in gransegreto, il 10 aprile 1979: “Sin -dona aveva dichiarato che iopotevo essere più utile da vivoche da morto”, scrive Cuccianel suo puntiglioso “verbali -no” dell’incontro, “e avevaquindi fatto sospendere speci-fiche iniziative nei miei con-fronti. Invece, Sindona ritene-va di doversi assumere la re-sponsabilità morale di farescomparire Ambrosoli, senzalasciare alcuna traccia”. MaCuccia tiene per sé quel terri-bile avvertimento che forseavrebbe potuto salvare Ambro-soli.

“CINISMO CHE NON SORPRENDE”Il figlio Umberto: “Il politico lo conosciamoMa l’esempio di mio padre è utile al Paese”

Umberto Ambrosoli (FOTO LAPRESSE) . A sinistra, Giovanni Minoli (FOTO EMBLEMA)

Page 5: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

pagina 6 Venerdì 10 settembre 2010

Il segretario democratico

a Vendola: prima

Ulivo e poi primarie

A lla “chiamata” per il Nuovo Ulivo, lanciataad agosto dal segretario Pd Pier LuigiBersani, hanno risposto finora i Verdi, i

socialisti e la federazione della Sinistra, che però si èautoesclusa da un eventuale governo. Al governatorepugliese Nichi Vendola, recalcitrante all’intesa, Bersanimanda un messaggio netto: il nuovo Ulivo è “unasolida alleanza” e solo dopo che gli invitati avranno

detto sì o no si potranno fare le primarie di coalizione.Ma sono soprattutto dubbi e concorrenze tra alleati abloccare la strada pensata dai vertici del Pd permettere in piedi l’alternativa a Berlusconi. Vendola nonla manda a dire e ogni giorno batte contro “un’alleanzaap p i c c i c a t i c c i a ” che sarebbe il Nuovo Ulivo e controuna politica “troppo privatizzata” che invece dovrebbeessere restituita ai cittadini attraverso le primarie. Ma

per Bersani i tempi vanno invertiti: prima si costruisce“un’alleanza solida”, non un’ammucchiata, come gliimputano i critici, e poi si dà la parola ai cittadini perscegliere il candidato premier del centrosinistra. Ecomunque sarà l’Italia, più che schemi di alleanze o “ilteatro indecoroso” della maggioranza, al centro deldiscorso con cui il segretario democratico chiuderàdomenica la festa di Torino.

ORFANI DI LEADERSHIPLa svolta impressa da Fini alla legislatura e l’assenza

di una figura che unisca le diverse forze contro Berlusconidi Paolo Flores d’A rc a i s

L’offerta politica d’opposizione non è mai sta-ta così ampia, variegata, lussureggiante, ep-pure mai come ora il cittadino che si opponea Berlusconi si è sentito tanto orfano di rap-

presentanza. Se questa lancinante contraddizionenon viene sanata prima delle elezioni, Berlusconivincerà di nuovo e realizzerà la trasformazione delsuo attuale regime in un totalita-rismo vero e proprio. Diverso daquelli del secolo scorso, postmo-derno e luccicante, ma egual-mente mostruoso.Oggi di opposizioni a Berlusconi(ciascuna con il suo leader) neesistono almeno sei. Ecco unabreve rassegna dell’appeal e del-le magagne di ciascuna.L’opposizione oggi più rilevante,e sulla cresta dell’onda mediati-ca, è quella di Gianfranco Fini, arealizzazione del detto “gli ultimisaranno i primi”. Non si può peròdimenticare che Fini era nellaGenova del G8, durante la mat-tanza della caserma Diaz, e hacontinuato a difendere i funzionari che perquell’abominio sono stati condannati in appello. AMirabello Fini ha rivendicato come antecedenteideale Almirante (il “fucilatore Almirante”, non so-no consentite amnesie) e fatto tributare l’ova z i o n ea Mirko Tremaglia, volontario repubblichino nonpentito (anzi). E ha continuato a sostenere che Ber-lusconi, fino a che è primo ministro, deve esseresottratto ai processi (un’opinione, benché aber-rante e in contrasto con i richiami alla legalità) sulmodello di altre democrazie europee (un fatto, mafa l s o ) .

E TUTTAVIA non sono pochi gli elettori tradi-zionalmente di sinistra (del Pd ma perfino di Rifon-dazione), che mai voterebbero Casini e che invecedichiarano che oggi, sic stantibus rebus, voterebberoFini. Perché ha affermato senza troppi giri di fraseche: Berlusconi ha una concezione proprietaria del-lo Stato, dunque agli antipodi di qualsiasi democra-zia liberale; Berlusconi non capisce né la divisionedei poteri né il primato della legalità, che sono in-vece valori non negoziabili; Berlusconi usa i mediaper distruggere chi non si prostra ai suoi voleri; Ber-lusconi è uno stalinista. Fini insomma ha detto ciòche avrebbe dovuto dire qualsiasi oppositore. Lo di-ce con quindici anni di ritardo, ma nel Pd questecose continua a non dirle nessuno.Il Pd, dunque, ovvero il maggior partito della (non)opposizione. Il suo vizio di fondo è tutto qui. Ep-pure continua a raccogliere un quarto abbondantedei consensi di quanti dichiarano che parteciperan-no al voto. E che tuttavia non perdono occasioneper far capire ai dirigenti del partito che vorrebberouna politica ben diversa, definitivamente scevra dainciuci. E si ritrovano invece a dover ingoiare, nella“l o ro ” festa, la presenza degli Schifani, come fossero

degli statisti. Ma sui vizi ormai strutturali del cetopolitico del Pd, comprese le new entries che spessofanno rimpiangere i bolsi burocrati delle generazio-ni che li precede (sembra impossibile, ma è così) èinutile dilungarsi. Questo giornale è costretto a farloogni giorno. Resta la divaricazione – crescente – t radirigenti (nazionali, regionali, provinciali, di quar-tiere, fatte salve le eccezioni canoniche e semprepiù da lanternino) e militanti, tra dirigenti e poten-

ziali elettori. Che restano un pa-trimonio insostituibile per l’op -posizione, anche se oggi è un pa-trimonio congelato o sperperato,grazie a quei dirigenti che non rie-scono a rovesciare e che non si de-cidono ad abbandonare.La riprova di questo scarto è la tra-volgente simpatia che accoglie ecirconda Nichi Vendola nelle festedell’Unità e in ogni occasione a for-te presenza di base Pd. Simpatiameritata e significativa. Meritata,perché Vendola incarna un riformi-smo che rifiuta l’inciucio, e può esi-bire un buongoverno regionale in-trovabile nel sud e sempre più raroanche altrove (probabilmente la

Toscana e l’Emilia, e poco più). Significativa, perchéVendola ha vinto le primarie contro il Pd, e anzi di-rettamente contro D’Alema, ma con i voti di gran partedel “popolo Pd”. È convinto di poter ripetere il risul-tato della Puglia a livello nazionale. Ma qui viene fuorila debolezza della sua “nar razione”, difficilmente ingrado di riunificare tutti i motivi di opposizione po-sitiva a Berlusconi. Non per troppa radicalità, sia chia-ro, ma per troppa vaghezza, di programmi e di staff.In concorrenza con Vendola c’è inoltre Di Pietro. Lasua opposizione è l’unica che in Parlamento abbiacoerenza, e a questo si deve perciò il raddoppio (eoltre) di voti alle elezioni europee, ma tale coerenzaviene poi contraddetta con le scelte in fatto di di-rigenti locali, in genere primatisti della transumanzada un partito all’altro, veri e propri fari di oppor-tunismo e di imenoplastica politica. Di recente, do-po l’ennesimo scandalo che ha portato all’a bban-dono da parte di un parlamentare per diatribe in-terne Di Pietro, immaginando di formulare una do-manda retorica, ha esclamato: dovrei cacciarli tutti?E invece la risposta è “sì”, un rotondo SI’, perchésolo liberandosi della gran parte dei dirigenti localientrerebbero finalmente nell’Idv le energie dei nuo-vi elettori, nate nei movimenti di impegno civile,che lo schifo per i cacicchi locali tiene lontane dalla“militanza” nell’I d v.

RESTA L’OPPOSIZIONE di Grillo. Che però ri-fiuta programmaticamente alleanze possibili conchicchessia, nella convinzione che l’autoreferenzia -lità sarà il veicolo di un consenso al suo “m ov i m e n t ocinque stelle” tale da travolgere non solo Berlusconima ogni berlusconismo anche senza il ducetto diArcore. Temo si tratti di un wishful thinking.Della sesta “opposizione”, quella “centr ista”, quelladi Cuffaro-Casini e di Rutelli-Montezemolo non vale

Dite la vostra: chi può fermare il Caimano?SU ILFATTOQUOTIDIANO.IT abbiamo chiesto a chiaffidereste la missione di fermare l’uomo che da oltre unquindicennio tiene in ostaggio la politica italiana. Il Pd resta il partitopiù forte del fronte anti-Caimano, ma Fini, con le sue ultimedichiarazioni (vedi Mirabello e Tg La7), ha di sicuro colpito ancheuna parte degli elettori del centrosinistra. Anche se, per chi havotato sempre in quella direzione, non sarà facile dimenticare ilpassato “n e ro ” del presidente della Camera, soprattuttol’acquiescenza con cui ha votato molte delle leggi vergogna impostedal Cavaliere . Ma a fermare B. possono provarci anche personaggistagionati della politica italiana come Marco Pannella. Ci sono ancheVendola, Di Pietro e Grillo. Neanche loro nuovissimi ma comunquenoti all’opinione pubblica. Diversi tra loro pronti ma con la stessavoglia di strappare il potere a B. Questi i nomi che proponiamopronti però ad allargare il ventaglio. f.c .

davvero la pena parlare. Solo la stupidità ormai ci-clopica dei dirigenti Pd può dare a tali figure un cre-dito qualsivoglia.Dunque, sovrabbondanza di opposizioni, ma inrealtà indigenza a tutt’oggi assoluta per la prospet-tiva di un’opposizione vincente. Alle sei figurinepubblicate ieri in prima pagina dovrebbe perciò es-sere aggiunto una casella bianca, un profilo vuotocon un punto interrogativo. Nessuno di quei sei lea-der può essere il leader che uni-fichi e porti alla vittoria una mag-gioranza “per la Costituzione”, isuoi valori e la sua realizzazione,che nel paese credo sia inveceschiacciante. Come trovarlo,quel leader?

I N N A N Z I T U T TO bisognaaver chiaro che non potrà nascereda alchimie partitocratiche. Trop-po spesso si ragiona – con perfet-ta mancanza di realismo – comese i partiti fossero proprietari deirispettivi pacchetti di voti. E dun-que, il Pd più l’Udc fa... Invece ipartiti prendono quei voti, ma daelettori totalmente disaffezionati(tranne ristrettissime clientele), elettori che non in-tendono affatto ubbidire alle manovre e agli accorditra le varie oligarchie e nomenklature della casta.Elettori che il leader capace di sconfiggere se lo vo-gliono scegliere. Altrimenti molti di loro alle urne

neppure ci andranno (il Pd in un pugno di anni haperso qualcosa come cinque milioni di voti!).

MA QUESTA non-rappresentatività dei partiti ha ilsuo lato positivo. Infatti ci sono incompatibilità fragruppi dirigenti che non hanno un corrispettivo di in-compatibilità tra gli elettori. Insomma, Bersani non riu-scirà mai ad allearsi contemporaneamente con Di Pie-tro e con Casini, ma molti elettori di questi tre partiti

non avranno alcuna difficoltà a unir-si sotto una leadership credibile perla realizzazione di un programma di“giustizia e libertà”. Perché queglielettori, nella maggioranza dei casi,sono cittadini “senza collare”, sen-za fedeltà di appartenenze. La piùestrema mobilità elettorale è oggi lacostante. Le masse operaie di SestoSan Giovanni (la “Stalingrado d’Ita -lia”!) sono passate a Forza Italia, allaLega, poi di nuovo al centrosinistra,e magari schifate ora resteranno acasa. E la stessa cosa vale ormaiovunque nel Paese.Perciò il leader capace di unifica-re la voglia crescente e smisuratadi archiviare per sempre il regime

delle cricche e delle menzogne, non potrà che es-sere individuato fuori degli apparati, non potrà chevenire dalla società civile, da un grande movimentoe sommovimento di opinione pubblica. E infine, at-traverso primarie vere.

I problemi delPd nascono daisuoi dirigenti,imbolsiti econgelati nellaloro capacitàp ro p o s i t i v a

IL SONDAGGIO

L’opposizionemediatica piùdecisa è quelladel presidentedella CameraI dubbi arrivanodal suo passato

Pier Luigi BersaniPro Ha alle spalle unasolida politica dis i n i s t ra .Contro Fa sembrare ilPartito democratico incrisi di identità.

Beppe GrilloPro Ha riempito lepiazze con iniziative diprotesta come il Vday.Contro Non è percepitocome un politico serioe affidabile.

Antonio Di PietroPro È stato il verooppositore del premierin questa legislatura.Contro È incapace dicreare alleanze ea ggregazioni.

Marco PannellaPro Sue le più grandibattaglie italiane:divorzio e aborto.Contro Fa parte di unaltro mondo, un’a l t racultura politica.

Gianfranco FiniPro Vuole fondare unpartito di destramoder no.Contro Ha votato tuttele leggi ad personamdel Cavaliere.

Nichi VendolaPro Da outsider havinto le Regionali inPuglia nel 2005 e 2010.Contro Non ha unprogramma politicosolido e convincente.

BUON COMPLEANNO I tre giornide “il Fatto” alla Versiliana

T re giorni all’insegna della libera infor-mazione, della legalità e della satira. Il

suo primo anno, Il Fatto, lo festeggia così.Insieme a voi. Da oggi fino a domenica,nel parco della Versiliana a Marina di Pie-trasanta, in provincia di Lucca, sul palcosi alterneranno tutti i protagonistidell’avventura cominciata il 23 settem-bre di un anno fa. Si parte oggi alle 17.30con la presentazione di Sotto Scacco, ildvd di Udo Gumpel e Marco Lillo. Si pro-segue con gli autori di spinoza.it e le stri-sce di Stefano Disegni, mentre chiude laserata il monologo di Luca Tele-se, “Qualcuno era comunista”.Sabato alle 17 Massimo Fini,Paolo Flores d’Arcais, Don Gal-lo, Riccardo Chiaberge e Loris Maz-zetti discutono: Dio è laico?. Avanticon un dibattito sull’arte e la libertàdi espressione fino alle 19 quandoLoris Mazzetti intervista Bruno Tinti su

legalità, impunità e giustizia. Serata (alle21.15) dedicata a “La nostra Rete” contanti ospiti, Peter Gomez, direttore de il-fattoquotidiano.it e (speriamo) CorradoGuzzanti. Domenica appuntamento alle11.30: Convivere con la corruzione?. Rispon-dono Antonio Di Pietro, Claudio Fava, Fa-bio Granata, Matteo Renzi e Marco Tra-vaglio. Alle 17 Marco Lillo intervista An-tonio Tabucchi, mentre un’ora dopo cisono le cattiverie di Vauro e Vincino. Da-rio Vergassola invece racconta assieme aRoberto Corradi e agli altri autori i Mi -s fa t t i del nostro inserto satirico. Si chiude

alle 21.15 con il direttore Antonio Pa-dellaro e tutta la redazione. Sul no-stro sito il programma completo.

L’ingresso è ovviamente libero, nelparco troverete un punto d’incon -tro e un video box per lasciare i vo-stri messaggi.Vi aspettiamo.

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pagina 7 Venerdì 10 settembre 2010

I FURBETTID E L L’ICI

A PROVA DI PIPÌFalsi residenti in Sardegna resistono“s ve n t o l a n d o ”gli esami delle urine

di Ferruccio Sansainviato a Porto Cervo

L’esame delle urine pernon pagare le tasse. Unnuovo trucco che meri-terebbe di entrare nel

manuale del perfetto evasore.Ma che dire delle crisi coniu-gali con tanto di auto-certifica-zione, di malinconia e depres-sioni? Davvero non ha limiti lafantasia dei furbetti dell’Ici edell’Iva sbarcati a migliaia damezza Italia per invadere la Sar-degna. Storie degne di Totò ePeppino. Ma questa non ècommedia all’italiana: l’i nva -sione degli “i m m i gra t i ” d’Italiarischia di bloccare i bilanci deicomuni che così non possonopiù realizzare opere essenziali:scuole e strade, per dire.Ci troviamo tra la Costa Sme-ralda e la Gallura (ma il discor-so vale in tutta l’isola), nomiche soltanto a sentirli ti fannovenire in mente il blu del mare.Qui i comuni hanno comincia-to a combattere una battagliache si annuncia epica: quellacontro i falsi residenti. Migliaiadi persone che vivono “in con-tinente”, ma sulla carta hannotrasferito la loro residenza sul-le coste sarde. I motivi di que-sta immigrazione “fi s c a l e ”?“Primo, evitare di pagare l’Ici.Si intesta alla moglie la vera abi-

tazione, magari a Milano o aGenova, e si finge di abitare inSardegna. Così la casa, magariuna villa da trecento metri qua-drati sulla riva del mare, diven-ta prima casa esente dall’Ici.Un trucco che consente di ri-sparmiare centinaia di eurol’anno”, racconta Ignazio Man-noni, vicesindaco di Santa Te-resa di Gallura, che appena in-sediato dopo la recente vitto-ria del centrosinistra ha decisodi dichiarare guerra ai falsi re-sidenti.

Tariffe ridotteper i posti-yacht

I VANTAGGI non finisconoqui: “Chi acquista una prima ca-sa ha diritto a una riduzionedell’Iva, dal 19 al 10 per cento.Come dire fino a centinaia di mi-gliaia di euro sulle ville più co-stose”. Ancora: i residenti han-no diritto a una tariffa ridotta suiposti barca (che magari per i fal-si abitanti sono yacht di quindicimetri), e sono altre migliaia dieuro. Basta? Neanche per so-gno: ci sono le tariffe agevolate(con riduzioni fino all’80 percento) su aerei e traghetti, contanto di posti riservati. Per finirecon le riduzioni sulle bollette (fi-no al 40 per cento in meno). In-somma, un certificato di resi-

denza in Sardegna vale un pic-colo Jackpot al Superenalotto.Finora i comuni avevano chiusoun occhio: i turisti garantisconoentrate all’economia. Così ci sitrovava con paesi che nei regi-stri avevano migliaia di residen-ti, ma d’inverno camminandonelle strade di Santa Teresa diGallura e Palau, per non parlaredei paradisi del lusso, come Por-to Cervo e Porto Rotondo, ti tro-vavi davanti centinaia di finestrechiuse. Il deserto: l’80 per centodelle costruzioni sono secondecase. La musica, però, è cambia-ta. Il motivo? “La legge adessoprevede che i comuni con oltrecinquemila abitanti hanno l’ob -bligo del patto di stabilità”, spie-ga Mannoni. Aggiunge: “È unanorma che ogni anno prevedel’accantonamento di centinaiadi migliaia di euro di bilancio”.Ecco il pacco. Prendiamo SantaTeresa di Gallura, dove i sardidoc sono poco più di quattromi-la. A questi si aggiungono cen-tinaia di “i m m i gra t i ”, spessoprofessionisti, avvocatoni e me-dici del Nord come della Capi-tale. Il gioco è fatto: “Nei registririsultano 5.200 residenti”. Cosìil comune ha l’obbligo del pattodi stabilità e il bilancio è mezzoparalizzato. Ma anche Palau,con 4.200 residenti, presto po-trebbe fare la stessa fine. Man-noni sospira: “Quest’anno noi

dovremo accantonare l’ava n z odi 800 mila euro. Non solo: lalegge prevede limiti a contrarremutui, così ci mancherannodue, tre milioni. Dovremo ri-nunciare a costruire strade e a si-stemare quelle esistenti. Pernon dire dei lavori nelle scuole odei servizi pubblici. E poi ci so-no le spiagge: senza servizi, doc-ce e pulizia perdiamo le bandie-re blu. È un paradosso: abbiamouno dei mari più belli del mon-do e il riconoscimento va a co-muni con l’acqua più sporca,ma con più soldi e servizi. Così ituristi vanno via”.

Acciaroli, gli affari tra camorra e ‘n d ran g h e t aOMICIDIO VASSALLO: LE INCHIESTE SUL CLAN CALABRESE DEI MUTO AL VAGLIO DELLA PROCURA DI SALERNO

BRUTTA ITALIA

E allora che guerra sia. I comunihanno messo su vere e propriesquadre di segugi capaci di truc-chi degni di uno 007: ecco vigiliurbani che “spiano” le abitazio-ni chiuse, che vanno a studiarsile bollette dell’acqua e del gas,che chiedono informazioni aidatori di lavoro dei residenti “so -spetti”. Mannoni non sa se pian-gere o se ridere: “Ci sono dipen-denti ministeriali che ogni gior-no timbrano il cartellino a Romae poi dicono di abitare qui”.

D’inverno le lucisono tutte spente

A SENTIRE gli alibi difensividei “falsi residenti” si trattiene astento il riso. Ci sono professio-nisti milanesi che respingono leaccuse attaccando: “Sono anda-to in Lombardia per curarmi,perché le strutture sarde non so-no adeguate”. I più agguerriti sipresentano in comune con tan-to di esami del sangue e delleurine compiuti magari negliospedali di Sassari. “Vedete, ioabito qui”, tuonano indignati.Però, controllando si scopre

che tutti gli accertamenti sonostati eseguiti a cavallo di Ferra-gosto. Chissà se il prelievo delleurine l’hanno fatto sulla spiag-gia. Ma le bollette della luce so-no impietose: i consumi sonotutti concentrati tra luglio e ago-sto.Allora i “re s i d e n t i ” con le spalleal muro la buttano sul patetico:“Ho litigato con mia moglie e misono rifugiato in Sardegna”. Se-parato? “No, ma posso fareun’auto-certificazione che ho li-tigato”. Autocertificazione dicrisi coniugale, un nuovo tipo didocumento. Una signora giura:“Vivo qui, ma d’inverno non ac-cendo mai la luce. Sono depres-sa”. E un’altra: “Abito a Santa Te-resa, ma la sera ho paura e vadoa dormire da un’amica”. Infine ilmanager: “Lavoro come un mat-to, torno a casa che è notte e miinfilo in letto senza nemmenoaccendere la luce”. Nemmenouna volta in dieci mesi. Alla fine,però, qualcuno si arrende. Masenza onore: “Noi vi diamo damangiare. Se ce ne andiamo, voisardi tornerete di nuovo a fare ipastor i”. Falsi residenti. Veri co-lonizzator i.

Riduzioni dell’Ivadal diecial 19 per cento,centinaiadi migliaia di europer villeextra-lusso

di Enrico Fierroinviato a Salerno

I l boss Francesco Muto ad Acciarolisi sentiva a casa. Era al soggiorno ob-

bligato, ma aveva ampia libertà di mo-vimento. Tanto da ritenere la “perla”del Cilento “suo territorio”. Accaddequando i clan di Camorra legati a Car-mine Alfieri decisero di farla finita conun “i n fa m e ”, Mario Pepe, leaderdell’Agro Nocerino Sarnese, con fortiambizioni “scissioniste” nell’ambitodel gruppo Alfieri-Galasso. RaffaeleCutolo e i suoi avevano stabilito buonirapporti di collaborazione con la‘ndrangheta di Reggio Calabria e la fa-miglia De Stefano; Mario Pepe, invece,aveva legato con le ‘ndrine dell’Alto

Tirreno Cosentino. I Muto, innanzitut-to. Al tempo “il re del pesce”era al sog-giorno obbligato ad Acciaroli, ma nonviveva da esiliato. Rimase a guardare ilmare e fare business criminali dall’89al 1992. Prima in un albergo sul porto,poi in una villetta dove poteva riceve-re liberamente gli emissari del suoclan e gli alleati della Camorra. Accia-roli era “cosa sua”. Un pentito ha ri-velato: “Nel 1990 ebbe inizio la guerradi mafia tra il nostro gruppo e il clanAlfieri, a seguito del tentativo di MarioPepe di distaccarsi dalla ‘nuova Fami-

glia’. Nel 1991, nel corso della guerra,si recarono ad Acciaroli dove si trova-va al confino Franco Muto, GiovanniMaiale ed Angioletto Visciano perchiedergli di tradire Pepe e farglieloammazzare, ma Muto disse che nelsuo territorio a Pepe non doveva es-sere torto un capello”. E Pepe fu rico-noscente, diventato collaboratore digiustizia, raccontò quell’episodio aimagistrati dell’antimafia di Catanzaro:“Debbo la mia vita a Francesco Muto.Fu proprio ad Acciaroli che Muto con-vinse gli emissari di Carmine Alfieri ePasquale Galasso a non pronunciarecontro di me una sentenza di morte”.

VIVEVA BENE don Franco Muto adAcciaroli, nella sua villetta si pasteggia-va a champagne, raccontano i camor-risti che lo frequentavano, e in paeseera benvoluto. Nel piccolo borgo ma-rinaro del Cilento, nessuno avrebbemai immaginato che quell’uomo chespesso veniva invitato a fare da padrinoai battesimi dei nuovi nati, fin dagli anniSettanta era descritto nei rapporti deicarabinieri come “uomo violento e ven-d i c a t i vo ”. Iniziò la sua carriera da am-bulante e finì col diventare il re del pe-

sce, ma anche della droga e dell’u s u ra .Nel suo paese, Cetraro, i pescatori nonfacevano più le aste, consegnavano ilpescato direttamente alle aziende diMuto. Era lui a stabilire il prezzo. “MutoFrancesco – scrivono i magistrati dellaDda di Catanzaro – è riuscito a raggiun-gere una solida posizione economica,imponendo agli altri, nella sua attivitàdi commercio, le condizioni di merca-to, anche per effetto delle autorità e delrispetto acquisiti con l’appoggio deimalavitosi della zona e quindi grazie al-la forza intimidatoria derivante dalla co-stituzione del clan”. Anche ad Acciarolie dintorni Muto si occupava del com-mercio del pesce. Sono sempre i pentitia rivelarlo. Parla Pietro Giordano:“…Un giorno lui disse: ‘Voglio a’ cosamia del pesce… sai, io so’ stato semprenel commercio del pesce e insom-ma…’ e cominciò a frequentare una pe-scheria all’ingresso di Acciaroli. Primagli impose la fornitura del pesce e poi,nel momento in cui il proprietario co-minciò ad avere ristrettezze economi-che lo sottopose ad usura fino ad estro-metterlo dall’attività stessa”. Ma non sitrattava solo di saraghi e spigole, in Ci-lento, raccontano i collaboratori di giu-

stizia, Muto continuò la sua attività diusurario. Nelle maglie, stando alle rico-struzioni della Dda di Catanzaro, finiro-no anche imprenditori del settore turi-stico. Vecchie carte, verbali di anni fa,ma che sono già sul tavolo del procu-ratore di Salerno Franco Roberti e deisostituti della Dda. Si vuole capire senella sua lunga permanenza ad Accia-roli il re del pesce ha costruito legamiche si sono proiettati nel tempo.

PERCHÉ tutte le strade vanno battu-te per trovare i mandanti e gli assassinidi Angelo Vassallo, dicono i magistrati.Un brav’uomo, un amministratore one-sto, come Giannino Lo Sardo. Pure luifaceva politica, era capogruppo delPci, ma a Cetraro, il regno dei Muto, il21 giugno di trent’anni fra lo aspetta-rono sotto casa e lo crivellarono di col-pi. “Tutti sanno chi è l’assassino”, disseprima di spirare. La sua morte è ancorasenza giustizia, Franco Muto è statoprocessato e assolto in primo e secon-do grado. Lo Sardo venne ucciso, disseil pm in aula, “perché dava fastidio, ilsuo coraggio fece paura”. Proprio co-me Angelo Vassallo, il sindaco pesca-tore. La storia si ripete.

Il nuovo Csm

alla prova del caso P3

con il trasferimento Marra

I gangli della P3 a Palazzo dei Marescialli sono ilprimo nodo spinoso che il nuovo Csmaffronta. Saranno il presidente Guido Calvi

(avvocato, membro laico del Pd) e il consigliereRoberto Rossi (il pm di Bari che indagò sul ministroFitto), i relatori della pratica su Alfonso Marra. Ilpresidente della Corte d’appello di Milano coinvoltonelle intercettazioni della P3 e su cui pende una

richiesta di trasferimento per incompatibilitàambientale, proposta a luglio dalla vecchiacommissione. I nuovi consiglieri dovranno decidere seconvocare il giudice per chiarimenti sulla suacontroversa nomina a capo di uno degli uffici piùimportanti d’Italia, avvenuta a febbraio grazie alla“campagna elettorale” in combutta con PasqualeLombardi, il giudice tributarista finito in carcere per

violazione della legge Anselmi. Sponsor di eccezione ilsottosegretario Caliendo, anche lui indagato per la P3.La vecchia commissione ha proposto il trasferimento diMarra per “comportamenti non colposi” che però“determinano l’impossibilità di svolgere a Milano lagiurisdizione in modo imparziale e indipendente”. Ma iltrasferimento potrebbe saltare per l’azione disciplinaredel pg della Cassazione, Esposito. (a.masc .)

Una veduta di Porto Cervo,località ambita per comprare prime

case anche se si vivea Milano o altrove in Italia (FOTO OLY C O M )

Il boss cominciòla sua carrierada ambulantefinoa diventareil temuto“re del pesce”

Page 7: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

Venerdì 10 settembre 2010 pagina 8

Edizione 2010:

i tormenti della

kermesse democratica

T ormentata la festa nazionale del Pdedizione 2010. Prima la decisione delpartito di invitare il presidente del

Senato Renato Schifani a un incontro con PieroFassino. La contestazione al grido di “mafioso”di un gruppo di cittadini, che non potevano faredomande, ha provocato molte reazioni sdegnatenel mondo politico che si è stretto tutto attorno

a Schifani esprimendo solidarietà e vicinanza.Ben più grave quanto avvenuto due giorni fa aldibattito con il segretario generale della CislRaffaele Bonanni: mentre i contestatori diSchifani sventolavano articoli di giornale,fotocopie, notizie alle quali ritenevano doverosoalmeno un commento, gli altri hanno lanciatofumogeni. Il buco sulla giacca di Bonanni causato

dal fumogeno è un fatto grave, poteva andarepeggio. Inoltre la contestazione non era aldiritto del Pd di invitare Bonanni, ma all’operatodi Bonanni nel sindacato. Mentre sabato scorso,viceversa, il punto non era affatto l’operato diSchifani da presidente del Senato ma il suodiscutibile passato e il modo in cui il Pd lol e g i t t i m av a .

di Stefano Caselli

Torino, il giorno dopo. Da-vanti al palco sono ancoraben visibili i segni del fu-mogeno scagliato addos-

so a Raffaele Bonanni, che nonha bruciato solo la moquettema anche il giubbotto del se-gretario della Cisl. A ventiquat-trore di distanza, in piazza Ca-stello regna la calma, ma la sce-na è cambiata: sul palco prin-cipale della Festa democraticaè atteso il segretario della UilLuigi Angeletti e tutta l’area in-torno al tendone intitolato aNorberto Bobbio è visibilmen-te transennata e presidiata dal-la polizia. Una soluzione con-sigliata dalla Digos già in occa-sione del dibattito con RenatoSchifani (poi sfociato in bagar-re) che l’organizzazione – inossequio a un comprensibileprincipio di libertà di espres-sione e movimento – aveva ri-fi u t a t o .

Sostieneun ministro

DOPO l’aggressione al segreta-rio della Cisl, e la conseguentepolemica a distanza tra EnricoLetta e il questore di Torino, le

transenne hanno fatto la lorocomparsa. Angeletti scende dal-la macchina dichiarando di nontemere la contestazione e di nonaspettarsela; e infatti stavolta tut-to fila liscio. A movimentare leacque di una giornata tutto som-mato tranquilla ci pensa però Re-nato Brunetta: “L’aggressione su-bita dal segretario generale dellaCisl Raffaele Bonanni –dichiara ilministro della Pubblica Ammini-strazione durante il suo interven-

FISCHI E AGGRESSIONI

to alla festa dei giovani del Pdl –mostra che dentro la cultura el’anima vera del Pd si mantieneuna componente squadrista,reazionaria, estremista e conser-vatr ice”. Brunetta, lo stesso checonsidera la tutela dei diritti in-compatibile con il mantenimen-to del lavoro, rincara la dose:“Questo può accadere solo conla connivenza di parte degli or-ganizzatori, altrimenti non si en-tra neanche nel raggio di due-trechilometr i”. “Il ministro – ri -sponde Andrea Benedino, re-sponsabile organizzativo dellaFesta –dimentica che il Pd è statovittima dell’aggressione, noncomplice”. Ed è francamente dif-ficile dargli torto: in questi giornisi sono visti distinti signori comeil segretario regionale Gianfran-co Morgando o l’ex presidentedel Consiglio regionale DavideGariglio fare scudo con il pro-prio corpo per evitare il peggio.Accusare dunque il Pd di conni-venza con chi porta in tasca fu-mogeni da lanciare in faccia a Bo-nanni è davvero poco realisti-co.

Il segretario:niente katanga

E PER CAPIRLO basta esser-ci. “Le parole del ministro Bru-netta – è la replica Cesare Da-miano, capogruppo Pd in com-missione Lavoro –sono un tristeatto di sciacallaggio politico.Non si permetta mai più di ac-costare il nome del Pd all’azionedi violenti, perché noi abbiamo

sempre combattuto ogni formadi intolleranza”. E sulla questio-ne ordine pubblico intervieneanche Bersani: “Noi abbiamo in-tenzione di tenere aperte le no-stre feste – dichiara il segretario– feste popolari e luoghi apertial dibattito pubblico. Non vo-gliamo organizzare katanga (ilservizio d'ordine del movimen-to studentesco Anni Settanta,ndr), l’ordine pubblico lo tutelachi deve tutelarlo”. E sulle re-sponsabilità dell’organizzazio -ne per l’aggressione al segreta-rio della Cisl, attacca: “Hoespresso a Bonanni rincresci-

mento e condanna. Qualchecommentatore ha messo dimezzo il Pd, ma non ho letto lestesse riflessioni quando ad Al-zano Tremonti, Calderoli e Ma-roni subirono l’aggressione deitifosi dell’Atalanta. Nessuno dis-se che la Lega non è in grado diorganizzare dibattiti”.

Sabato allertaper Epifani

IL PEGGIO, comunque, do-vrebbe essere passato. Se anchenell’area dei Giardini Reali è sta-

to vietato ad alcune associazionidi cittadini di volantinare, le uni-che preoccupazioni riguardanoil dibattito di sabato sera cui in-terverrà il segretario generaledella Cgil Guglielmo Epifani,l’ultimo evento davvero “sensi -bile” prima della chiusura do-menicale affidata a Bersani.

La piazza el’ef fetto-Vendola

LA FESTA più movimentatadella storia del centrosinistra an-drà poi in soffitta. Ma non è statasolo una kermesse di fischi. Cisono stati molti applausi e piùrumorosi li ha ricevuti NichiVendola (equamente divisi conRosy Bindi). Quella sera in piaz-za Castello c’era una folla mai vi-sta in questi giorni. Fan di Nichi,certo, ma probabilmente anchemoltissime persone che forsenon votano Pd ma sarebbero di-sposte a farlo se il Pd sapesserappresentarli. La piazza, anchecon i fischi a Schifani, chiedequesto: più coraggio. E lo chie-de perché la festa, con tutti i suoilimiti, è stata democratica.

La bruciaturasul giubotto

del leader della CislSotto il giubbotto di Raffaele

Bonanni colpito mercoledìda un fumogeno lanciato

dai contestatori alla Festa del Pddi Torino

L’INTERVISTA Fabio Mussi

“No ai candelotti, ma il partito fa acqua”“S andro Pertini ripeteva ‘l i b e ro

fischio in libero Stato’. Ecco,mi sembra una buona massima darispolverare. Ma è fondamentale di-stinguere gli episodi: un conto è fi-schiare, altro è lanciare candelotti.È ovvio che questo è da criminali”.Fabio Mussi, una vita nelPci-Pds-Ds, di feste, tra applausi e fi-schi, ne ha viste tante.Mussi, è stupito di quello che stasuccedendo a Torino?Sì e no. Da un punto di vista di prin-cipio dico viva la contestazione, ab-basso la violenza. C’è un limite oltreil quale non è lecito andare, ma lacontestazione fa parte del gioco. Al-tro, certo, è attentare fisicamenteall’incolumità della persona. E co-munque, anche il fischio deve esse-re un commento, duro quanto sivuole, alle affermazioni di qualcu-no, ma non deve mai impedire aquel qualcuno di parlare. Salvo ec-

cezioni, ovviamente: la scarpa tira-ta a Bush da un giornalista iracheno,per esempio, è stata una contesta-zione legittima. Così come legitti-mo è stato il lancio di scarpe e uovaa Tony Blair pochi giorni fa. Lui scri-ve nella sua autobiografia che leprove degli Stati Uniti per l’attaccoa Saddam Hussein erano false, ep-pure esalta l’impresa britannica inIraq. Ovvio che i primi a scandaliz-zarsi siano stati i famigliari dei mi-gliaia di soldati inglesi caduti inI ra q .Tra una contestazione e l’altra sirischia di fare un po’ confusio-ne…Sicuramente. A Torino abbiamo as-sistito ad episodi molto diversi: pri-ma il dibattito tra Di Pietro e Marini,con quest’ultimo fischiato aspra-mente, ma da gente del Pd! Poi lacontestazione a Schifani. Ecco, il ri-spetto per la carica dello Stato è fuo-

ri discussione, tuttavia ho qualcheriserva sul rispetto dovuto alle per-sone che queste cariche rappresen-tano. Penso che la scelta del partitodi invitarlo sia stata incomprensibi-le. Ricordo bene gli insulti ai sena-tori a vita, rei di aver votato la fidu-cia al governo Prodi. Mi ricordo legrida “Avete il panno-lone”e simili a Rita Le-vi Montalcini. Scalfa-ro, Ciampi. Schifaniera il capo ultrà, e sul-la base di questi meritiè diventato presiden-te del Senato. Mi di-spiace, ma io uno cosìnon lo invito, mi bastaquesto precedente.Figuriamoci poi se c’èanche dell’altro. Infi-ne l’aggressione a Bo-nanni. Ovvio che sitratta di un fatto gra-

vissimo, ma questo non toglie il di-ritto di dire che la Cisl sta portandoavanti una politica sbagliatissima.In ogni caso tirare candelotti è dadelinquenti, punto e basta.Lei è stato per anni responsabiledelle Feste dell’Unità. Ritieneche ci siano state pecche nell’or-

ganizzazione?Bè, intanto la Festa era già iniziatamale con la questione “Cota sì, Cotano”. È davvero uno strano partitoquello che riesce a litigare su tutto.Non voglio dare lezioni a nessuno,però c’è un problema di autorevo-lezza. Affidarsi alla Questura, pole-mizzare con la polizia perché nonha garantito la sicurezza vuol direche non sei in grado di farlo tu. Ilcompito dell’organizzazione non ègarantire il consenso agli ospiti, mala civiltà del dibattito va salvaguar-data. Si rischia di perdere autorevo-lezza. Ricordo le vecchie festedell’Unità ai tempi del Pci e dei Ds,per esempio un dibattito tra me eBertinotti (per non parlare di quellocon Formigoni) con la platea divisaa metà. Eccome se si fischiava! Ma anessuno è mai stato impedito di par-l a re .

Ste. Ca.

Da “Cota sì,Cota no”allecontestazioni:problema dia u t o re v o l e z z aSchifani? Nonandava invitato

Fabio Mussi(FOTO ANSA)

DAY AFTERBRUNETTA SPARA:SQUADRISTI NEL PD

“Connivenze contro Bonanni”Bersani: “Non blindo la festa”

Glio rg a n i z z a t o r i :noi vittimedell’assaltoDamiano:sciacallaggiopoliticoO gni sera lo stesso dolce tormento. Al

Tg3 Notte compaiono le prime pa-gine dei giornali dell’indomani. Eccolo là il“Fatto”, tra “Rifor mista” e “Liberal”, colossidell’editoria italiana. Chissà perché si co-mincia, sempre, con Polito e l’invidia ci per-vade. A Bianca Berlinguer vorremmo canta-re come Bruno Martino: cos’hai trovato in luiche io non ho... Ecco il “Gior nale”. Poi “Li-ber o”. L’ansia ci afferra: dai che adesso ci toc-ca. Macché. “Te m p o ”, “Messagger o”, “Matti-

no”. Fino alla ferale notizia: siamo inchiusura. Andrà meglio domani. Scherzia parte, ogni tanto anche il “Fatto” si gio-va della cortesia dei colleghi che fannoliberamente le loro scelte. Abbiamo tut-tavia l’impressione che se il “Fatto” spes-so si dissolve nella nebbia dipende dacerti titoli. Certo, leggere in diretta “L’8settembre del Caimano”, come si fa?

NOTTE E NEBBIA

Tg3,ma perché?

Page 8: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

Venerdì 10 settembre 2010 pagina 9

di Stefano Feltri

Luigi Angeletti non haavuto problemi a parla-re alla festa del Pd a To-rino. Il leader della Uil

non ha subito lo stesso trat-tamento riservato il giornoprima a Raffaele Bonanni,della Cisl, accolto con fischie un petardo che lo ha col-pito in pieno petto. Resta pe-rò l’impressione che gli ul-timi sviluppi della vicendaFiat abbiano segnato unasvolta, rendendo ancora piùteso il clima intorno al desti-no degli investimenti del Lin-gotto nel Paese. “Il tentativodella Federmeccanica e della

Fiat è di cancellare il contrat-to nazionale di lavoro peròper noi il contratto del 2008è ancora in vigore fino al2012”, afferma il segretariogenerale della Fiom, i metal-meccanici della Cgil, Mauri-zio Landini. E poi annunciabattaglia: “Non abbiamo al-cuna intenzione di accettarele deroghe e quindi ci bat-teremo sia nelle fabbriche siasul piano legale per difende-re l’esistenza di un contrattodegno di questo nome”. Malo scontro sul contratto deimetalmeccanici, che la Fiatvuole più flessibile e taratosulle proprie esigenze, è ap-pena cominciato. E il 15 set-

tembre l’associazione di ca-tegoria delle imprese metal-meccaniche, Federmeccani-ca, incontrerà i sindacati(tranne la Fiom) per discu-tere le deroghe al contrattonazionale di lavoro.

SENZA LA FIOM. Per orac’è una sola certezza: la Fiomè stata messa in un angolo dacui le sarà quasi impossibileuscire. Ricapitolando: lunedìFedermeccanica annuncia il“re c e s s o ” dal contratto di ca-tegoria del 2008, che all’e p o-ca era stato firmato dallaFiom. Questo non significache in Italia non c’è più uncontratto collettivo nazionaledei metalmeccanici, perchénel 2009 ne è stata firmatauna nuova versione (ma nondalla Fiom) che è e resterà invigore. Cambia solo lo scena-rio alla scadenza del contrat-to 2008, cioè gennaio 2012.Prima dello strappo di Feder-meccanica, nel 2012 sarebbesuccesso questo: la Fiom nonfirma una nuova intesa e quin-di resta in vigore l’a c c o rd o2008 finché le due parti nonsi mettono d’accordo. Ades-so, alla scadenza, l’intesa2008 perde efficacia. Resterà

L AV O R O

L’ex sindacalista del Pd

È FINITOUN MODELLO

Landini, leader Fiom (FOTO EMBLEMA)

di Paolo Nerozzi*

La disdetta del contratto dei metalmeccani-ci da parte di Federmeccanica è un fattograve. Raccoglie l'invito dell'amministra-tore delegato Sergio Marchionne, lanciato

a seguito della vertenza Fiat e in coerenza con ilpensiero del manager dell'azienda di Torino se-condo il quale dopo i processi di globalizzazio-ne nulla è più come prima e l'unico riferimento,per quello che riguarda le condizioni di lavorodelle persone non solo quelle economiche maanche di ritmi di lavoro, orari, sicurezza, sonodettate dalle regole determinate dalla concor-renza globalizzata. Questa, che è la riproposi-zione del modello americano, è la fine non solodel contratto nazionale ma anche del ruolo dimediazione da parte delle forze sociali che è sta-to il perno delle relazioni sociali dalla fine del-l'Ottocento ad oggi in Europa.La fine della mediazione sociale e, quindi, lamessa in discussione del ruolo storicodel sindacato, non solo avrà riflessisulle condizioni di vita materiale deilavoratori, ma rompe quella prassi diconflitto regolato che è stato deter-minante anche per lo stesso assettodemocratico in Italia e in Europa. Lacrisi della mediazione sociale nonpuò non interagire con la me-diazione politica. E unadelle sue espressio-ni più importantiè rappresenta-ta dal pattodel welfare.Questo è co-sì vero chenegli Stati

Uniti guidati da Barack Obama per correggerequel modello, che Marchionne oggi ci proponein Italia, si è intervenuto massicciamente con ri-sorse pubbliche su sanità, incentivi per l'occu-pazione e aiuti economici di Stato per le grandiimprese a partire dal settore dell'auto. E i governieuropei, quelli francese e tedesco e perfino quel-lo serbo, sono intervenuti con aiuti pubblici asostegno dell'auto. Il governo italiano nulla hafatto per dare risposte ai problemi prodotti daiprocessi di globalizzazione per sostenere l'indu-stria italiana e in difesa dei redditi da lavoro di-pendente, ma a parte il Pd e le forze d'opposi-zione nessuno ne parla. Se la crisi della media-zione sociale rompe processi importanti di coe-sione, ha anche come riflesso sul terreno poli-tico il rafforzarsi di proposte politiche populistee neoautoritarie. Il centrosinistra non deve con-siderare la crisi delle relazioni sindacali sempli-cemente come un incidente fastidioso ma deve

riflettere sull'impresa, sulle condizioni del-l'economia e delle persone nel nostro

Paese. Sono temi che riguardano diret-tamente la nostra ragion d'essere.

Post Scriptum: la Volkswagen e l'indu-stria francese dell'auto hanno sfor-nato in questi anni molti modellid'auto innovativi e hanno investitomolto sull'innovazione tecnologicae ambientale, non sarà anche que-

sta una ragione della difficoltàattuale dell'industria

italiana o sono soloil costo del lavoro

o le condizionidi lavoro il pro-bl e m a ?

* S e n a t o redel Pd

quindi in vigore soltanto ilcontratto del 2009, già dise-gnato in modo da prevederederoghe a livello aziendale.“Mi sembra molto difficilenon vedere in questo atto diFedermeccanica una svolta dienorme rilievo, esso segna uf-ficialmente l’apertura dellacrisi del nostro sistema di re-lazioni industriali centratosul contratto nazionale”, hacommentato il giuslavorista esenatore del Pd Pietro Ichi-no.In pratica: con lo strappo Fe-dermeccanica si è assicuratadi poter fare deroghe (appli-cabili dal 2012) al contrattonazionale senza rischiarecontenziosi legali con la Fiomche le avrebbe potute conte-stare perché il contratto del2008 non le prevedeva. Que-sta è anche la dimostrazioneche le forme di flessibilità in-trodotte nell’accordo 2009non hanno funzionato bene,visto che per applicare le de-roghe richieste dalla Fiat sideve prima spazzare via quel-lo del 2008.Sergio Marchionne, l’a m m i n i-stratore delegato di Fiat, hagià tutto pronto per la newco(new company) che rileverà

lo stabilimento di Pomiglianoapplicando nuove regole, mac’era ancora un ostacolo daeliminare: il rischio delle cau-se legali della Fiom che, comedimostra la vicenda dei treoperai di Melfi licenziati ereintegrati dal giudice, posso-no diventare molto fastidioseper il Lingotto. L’alter nativaper Marchionne era una sola:lasciare Federmeccanica, equindi Confindustria, crean-do un serio problema alla suapresidente Emma Marcega-glia che è riuscita a evitare lostrappo dando carta bianca alL i n go t t o .

LA SFIDA. Anche il mini-stro del Welfare Maurizio Sac-coni conferma che il proble-ma, per Fiat e per il governo,è ormai solo la Fiom: “In que-sti due anni abbiamo gover-nato con il consenso di 35 or-ganizzazioni di imprenditorie lavoratori su 36. Questo sin-dacato dice che noi lavoria-mo per dividere ma dividerecosa, 35 da uno?”. In questigiorni il governo sta prepa-rando sgravi fiscali per la par-te di salario legata alla produt-tività, così da preparare il ter-reno alla Fiat.

La decisione di Federmecca-nica di rompere con la Fiomera abbastanza attesa, ma ilmodo e il tono sono serviti achiarire quale sarà lo spiritocon cui verranno condotti inegoziati nei prossimi mesi.“Il problema vero è la Fiomche non accetta nessun cam-biamento nelle relazioni in-dustriali per rendere le im-prese italiane più competiti-ve ”, ha detto Emma Marcega-glia. È un gioco di scatole ci-nesi: la Confindustria avallache Federmeccanica si muo-va in autonomia per assecon-dare le richieste di Marchion-ne, e Federmeccanica accettaa sua volta al suo interno unasostanziale indipendenza del-la Fiat che renderà gli operaidel Lingotto diversi dagli al-tri. Unico ostacolo, la Fiom.Ma la posizione del sindacatodi Landini è complicata dalledinamiche interne alla Cgil. Ilsegretario generale Gugliel-mo Epifani non ha mai spo-sato del tutto la linea di re-sistenza della Fiom e ora dice:“La Fiom non ci ha chiesto discioperare e la Cgil decide co-me Cgil, e discuterà le sue ini-ziative nel prossimo diretti-vo ”.

L’ex sindacalista del Pdl

SERVIVA PIÙFLE SSIBILITÀ

di Giuliano Cazzola*

A bbassiamo i toni, per favore. I lavoratorimetalmeccanici continueranno ad ave-

re un contratto nazionale, sicuramente mi-gliore di quello stipulato nel 2008 e conarticolazioni interne – attraverso l’uso del-le clausole di deroga – più adeguate allediverse situazioni ed esigenze produttive.La disdetta – dal 2012 – da parte dellaFedermeccanica era attesa. Faceva partedi un percorso coerente con l’a c c o rd oquadro del 2009 e con gli eventi, che inquella travagliata categoria, sono interve-nuti successivamente in controtendenzarispetto a quanto è accaduto in generalenel movimento sindacale (non vi è maistata una stagione di rinnovi tanto pacificae unitaria come quella appena trascorsa,con la sola eccezione dei meccanici).Nella decisione della associazionedatoriale è incluso un ingom-brante contenuto tecnico-giuri-dico. La Federmeccanica dove-va dare la disdetta per tutelarele aziende associate a frontedella minaccia della Fiom diaprire una controversia giuridi-ca sull’applicabilità del contrat-to del 2009.È bene ricordare che l’a c-cordo quadro del 22gennaio del 2009 hamodificato le regoledella durata deicontratti: ora trien-nale anziché qua-driennale come inprecedenza. No-

nostante la mancata adesione della Cgil aquell’intesa, tutte le categorie (ad ecce-zione della Fiom) hanno finito, nei fatti,per adeguarsi, assieme ai partner di Cisl eUil, alle nuove scadenze in occasione dellastipula degli ultimi accordi contrattuali.Nei metalmeccanici era rimasta un’area diambiguità caratterizzata dalla coesistenza“p a ra l l e l a ” di due contratti. La Fiom eraparte firmataria del contratto (a durataquadriennale) del 2008, mentre non rico-nosceva le modifiche che vi erano stateapportate nel 2009, a seguito dell’a c c o rd oquadro non sottoscritto dalla Cgil. La si-tuazione andava dunque chiarita, ancheper dare corso – ecco gli aspetti politici –alla decisione, concordata tra Sergio Mar-chionne ed Emma Marcegaglia, riguardan-te lo sviluppo delle clausole di deroga con-tenute nell’accordo quadro del 2009 (enon nel contratto del 2008). Anche tali

clausole – richiamate dalla relazionedella Commissione Giugni nel 1997e già presenti in parecchie esperien-ze europee nonché, da anni, nellacontrattazione dei chimici – nonsono tradimenti consumati alle

spalle dei lavoratori ma inputdi quella flessibilità

negoziata che èsempre più in-dispensa bile

per la com-petitività.

* s e n a t o rePdl,

v i c e p re s i d e n t eCommissione

l a vo ro

Il segretarioLandini prontoa resisterein tribunaleper evitare lederoghe chiestedalla Fiat

LA FIOM ANNUNCIA BATTAGLIALEGALE CONTRO FEDERMECCANICA

Governo e Confindustria esultano perchéi metalmeccanici della Cgil sono sempre più isolati

Le richieste

di Marchionne

per le fabbriche

I l 15 settembre si apre il tavoloconvocato da Finmeccanica con isindacati firmatari del contratto

nazionale del 2009 (cioè tutti tranne la Fiom) pernegoziare al suo interno le deroghe cheriguarderanno il settore dell’auto. Cioè la Fiat. Icontenuti dell’accordo imposto dalla Fiat allostabilimento di Pomigliano d’Arco (e approvato

dai lavoratori con oltre il 60 per cento deiconsensi) troveranno così una coperturanormativa dall’alto. Il contratto nazionale del2009 prevede che possano essere richiestederoghe per “situazioni di crisi aziendali o perfavorire lo sviluppo economico ed occupazionaledell’a re a ”. Che sembra la descrizione della Fiat aPomigliano. Quando al contenuto delle deroghe,

si interverrà sull’organizzazione degli straordinariobbligatori (a Pomigliano sono previste ottantaore aggiuntive, oltre alle 40 già consentite dalcontratto nazionale) e sui limiti alle forme diprotesta, incluso lo sciopero. È probabile che, sulmodello della Chrysler, si fissi un salario piùbasso per i nuovi assunti, cosa resa possibile dalrecesso di Federmeccanica dal contratto 2008.

Page 9: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

pagina 10 Venerdì 10 settembre 2010

CHE SALASSO CONTROLLAREIL “CORRIERE DELLA SERA”Gli azionisti del patto di sindacato Rcs cercano

di mascherare in bilancio il crollo di valore della societàdi Vittorio Malagutti

Milano

Il campione delle perditeper il momento è lui, Giu-seppe Rotelli, padrone dicliniche e ospedali. Per

conquistare un posto al soletra i grandi soci del Corriere del-la Sera ha speso 350 milioni ene ha già bruciati 150 (circa)nel gran falò dei mercati dal2007 in avanti. Peggio ancora.Mercoledì, per l’ennesimavolta il patto di sindacato chegoverna le sorti del Corriero-ne ha deciso di non prendereneppure in considerazione ilsuo ingresso, forte di una quo-ta dell'11 per cento, nel grup-po di comando del gruppo.

UN DISASTRO, insomma.Ma almeno Rotelli, che è l'u-nico azionista delle aziendeche dirige, ha perso solo soldisuoi. Lo stesso non si può direper molti dei grandi soci dellaRcs media, la società quotatain Borsa che pubblica, tra l'al-tro, il più blasonato tra i quo-tidiani italiani. Nomi altisonan-ti del capitalismo nazionale,dagli Agnelli a Giampiero Pe-senti, da Salvatore Ligresti aMarco Tronchetti Provera, co-

chio di per sé fa la differenza.C'è poco da festeggiare, però.Mediobanca, primo azionistacon una quota del 14,3 percento, l'anno scorso ha persopiù di 90 milioni sulla sua par-tecipazione editoriale. Intesainvece ha bruciato 78 milioni.Anche Ligresti viaggia in ros-so, almeno a giudicare dai bi-lanci. La sua Fondiaria infatti èin crisi e passa da un piano diristrutturazione all’altro. Pocomale. Le ambizioni di Ligrestidi dire la sua nella gestione delCorr iere hanno causato perditesupplementari per 109 milio-ni nel bilancio 2008 della com-pagnia. Probabilmente i pic-coli azionisti del gruppo assi-curativo ne avrebbero fatto vo-lentieri a meno. Nei conti del-la Fiat, invece, la voce Corr ierevale 131 milioni. In Borsa laquota del 10,1 per cento inmano agli Agnelli costerebbecirca 90 milioni. Svalutare?Nemmeno per sogno, perchè,

come si legge nella relazionedegli amministratori, “la misu-razione in base ai valori bor-sistici è poco significativa”.Molti analisti concordano inpieno su questa conclusione.E il motivo è presto detto. Ilflottante in Borsa, cioè il nu-mero di titoli che può esserevenduto e comprato sul mer-cato, è ormai ridotto al lumi-cino. Se si sommano le quotebloccate nel patto di sindacato(63,5 per cento) con un altro21 per cento di proprietà dialtri grandi azionisti, come Ro-telli, Toti e Benetton), si arrivaa sfiorare l’85 per cento a cuiva sommato per lo meno unaltro 5 per cento riconducibi-le a investitori istitutzionali equindi di difficile smobilizzo.Risultato: sul mercato resta il10 per cento, forse meno.Troppo poco perchè il titolonon diventi facile preda dellaspeculazione. Ma per la Con-sob è tutto regolare.

ECONOMIA

mandano al Corr iere grazie aisoldi degli altri. E cioè i piccoliazionisti delle loro aziende.Per di più, l'investimento nelquotidiano di via Solferino fi-nora non ha fruttato granché.Anzi, nei bilanci si accumula-no svalutazioni e perdite perdecine di milioni. Un discorsosimile vale anche per i gruppifinanziari azionisti del Corrie-re: Mediobanca, Generali,Banca Intesa.

MA VEDIAMO, numeri allamano, come stanno le cose. Siparte da un dato fondamenta-le. Tre anni fa le azioni Rcsquotavano in Borsa intorno ai4 euro. Adesso viaggiano vici-no a 1,20, dopo essere scesefino a 0,5 euro a marzo 2009.Questo terremoto ha finitoper avere conseguenze pesan-ti per il povero (si fa per dire)Rotelli. Ma anche altri prota-gonisti della vicenda, a comin-ciare dai soci più influenti delpatto di sindacato, si sono tro-vati in bilancio azioni acquista-te a quotazioni di gran lungasuperiori rispetto a quelle cor-renti. E allora, nel tentativo dilimitare i danni, gli azionisti dicomando hanno escogitato lesoluzioni più diverse. Giochi

contabili, peraltro perfetta-mente legali, per attutire l'ef-fetto Rcs sui conti delle loroaziende.Ecco qualche esempio. La Pi-relli di Tronchetti già nel 2008ha svalutato per 65 milioni lasua quota nel Corr iere (il 5,3per cento). La perdita sarebbestata ancora maggiore se si fos-se mantenuta la quotazione diBorsa come criterio di valuta-zione. La Pirelli, però, ha sfo-derato una perizia che fissa in1,7 euro per azione il cosid-detto “valore d'uso” della par-tecipazione. E questo bastaper evitare di allineare la vocedi bilancio al prezzo di Borsa.Un fatto, quest’ultimo, che

avrebbe obbligato la Pirelli acontabilizzare una perditamaggiore. L'Italmobiliare diPesenti si è mossa nello stessomodo. Nel 2008 il gruppo delsignore del cemento ha perso55 milioni su Rcs (7,7 per cen-to del capitale). Ma questa vol-ta il valore d'uso è inferiore:1,6 euro. Anche questo calco-lo è certificato da una periziaad hoc.

A MEDIOBANCA i nve c esono ottimisti. Per loro la so-cietà del Corr iere vale 1,9 europer azione. Ovviamente an-che qui è tutta questione di va-lore d'uso. Nel bilancio al 30giugno 2009, l'ultimo disponi-bile, gli amministratori dellabanca all'epoca guidata da Ce-sare Geronzi spiegano una va-lutazione tanto distante dallaquotazione di Borsa con “l'u-nicità di taluni asset possedu-ti” da Rcs. Come dire: di Cor-r iere ce n'è uno solo e il mar-

Il solotto buono. Qui a fianco lacapitalizzazione di Borsa e il valore della

singola azione, il confronto riguarda ilmese di settembre 2007 con quello di

settembre 2010. Il patto di sindacato èl’accordo tra soci che controlla l’azienda.

Rotelli è quelloche sulla cartaha perso di più:150 milioni dieuro, maalmeno sonotutti soldi suoi

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Venerdì 10 settembre 2010 pagina 11

IL POSTINO NON BUSSA DI SABATONIENTE PIÙ LETTERE (E GIORNALI)

Accordo tra le Poste e i sindacati. Ma chi ci rimette?

di Daniele Martini

Dalla fine di maggiodell’anno prossimo laposta, compresi i gior-nali, non sarà più con-

segnata il sabato. È una novitànotevole, non era mai succes-so. Bisogna riandare indietrodi parecchio per trovare qual-cosa di simile e non per ef-fetto di una scelta aziendale,come avviene ora, ma percause di forza maggiore. Solodurante le sanguinose som-mosse del biennio rosso, dal

1919 al 1921, la continuità delservizio postale fu messa se-riamente a repentaglio. Maquella fu una specie di rivo-luzione mancata, da cui perreazione nacque il fascismo.Oggi la consegna di lettere egiornali viene tagliata a tavo-lino, per risparmiare, mentrevengono potenziate funzioniaziendali più ricche, dal Ban-coposta alle assicurazioni.Tutto avviene sotto gli occhidi un governo assente finoall’abulia, che lascia fare, sullafalsariga di ciò che sta succe-dendo con le Ferrovie, doveall’amministratore Mauro Mo-retti è stato consentito di con-centrarsi solo sui treni reddi-tizi, i Freccia Rossa, A r ge n t o esimilari, lasciando il resto inbalia di se stesso, dai convogliper i pendolari a quelli sullelunghe percorrenze ai merci.Con tanti saluti al servizio uni-versale, cioè al dovere diun’azienda pubblica come Fse Poste, appunto, di garantirele proprie prestazioni a tutti icittadini su tutto il territorionazionale. Con il taglio del sa-

bato postale, è un altro pezzodell’organizzazione stataleche se ne va, grazie a una ma-novra condotta quasi alla che-tichella e con il beneplacitodei sindacati.Per lo svolgimento del servi-zio universale, le Poste rice-vono oltretutto un sussidiopubblico, una bella sommache aumenta di anno in anno:533 milioni nel 2007, 670l’anno successivo, 739 nel2009. In cambio di questi fon-di, l’azienda delle lettere sot-toscrive un “contratto di pro-gra m m a ” con lo Stato, un ac-cordo con cui si impegna a ga-rantire prestazioni con deter-minati standard di qualità. Peresempio la posta prioritariadovrebbe essere consegnatarispettando la formula che itecnici chiamano J+1, cioè ilgiorno successivo a quellodell’invio. Con la soppressio-ne della consegna del sabato,queste minuziose clausole delcontratto Stato-Poste suona-no ormai anacronistiche.

Dalle cartolineal Bancoposta

IL SABATO senza lettere egiornali è frutto di un accordosottoscritto dalle Poste con tut-ti i sindacati, dalla Cgil all’Uglpassando per gli autonomi del-la Cisal e della Confsal. Ognunodei contraenti ritiene di averguadagnato qualcosa. Il vantag-gio delle Poste sarà dell’o rd i n edi centinaia di milioni di euroall’anno, ottenuti soprattuttocon risparmi sul costo del lavo-ro, con la riduzione dei voli po-stali e delle spese fisse di gestio-ne degli impianti, anche se iportavoce dell’azienda diconoche un calcolo definitivo non èstato ancora effettuato. Circa3.300 postini saranno spostatidal recapito delle lettere a quel-lo che viene chiamato il “mer -cato privati”, come il Bancopo-sta o le assicurazioni, settoriche al management aziendaleinteressano di più perché ric-chi di ricavi ed utili.La consegna delle lettere, inve-ce, è un lavoro che da anni per-

de a rotta di collo in termini divolumi e di incassi. L’altr’annogli invii sono stati 5.833 milio-ni, circa 700 milioni in meno ri-spetto all’anno precedente,con una diminuzione percen-tuale di circa il 10 per cento; so-lo la contrazione della postaprioritaria è stata di quasi 400milioni di pezzi. È evidente chesu questi dati pesa la diffusionedella corrispondenza via Inter-net, ma è altrettanto chiaro chei servizi postali classici, com-preso quelli promettenti, co-me la posta commerciale, sonostati, di fatto, abbandonati alladeriva e sbrigativamente consi-derati dall’amministratore Mas-simo Sarmi una specie di so-pravvivenza del passato. Di pa-ri passo crescono i ricavi posta-li ottenuti con i servizi finanzia-ri: nel 2009 gli introiti del Ban-coposta, per esempio, sono sa-liti da 1 miliardo e 800 milioni dieuro a 2 miliardi, con una pro-gressione percentuale del 7,6.In pratica sotto la direzione diSarmi le Poste italiane stannoportando alle estreme conse-guenze il processo di mutazio-

ne genetica, un cambiamentoradicale che consiste, di fatto,nella trasformazionedell’azienda pubblica delle let-tere in una specie di gigantescabancassicurazione. Va in que-sta direzione anche la decisio-ne assunta all’inizio di luglio ditrasferire il 35 per cento del ca-pitale delle Poste dalla Cassa de-positi e prestiti al Tesoro guida-to da Giulio Tremonti che dinuovo diventa padrone al 100per cento dell’azienda postale.Secondo alcuni, questa mano-vra sarebbe propedeutica alla

quotazione del Bancoposta inBor sa.

L’av va l l odei sindacati

ANCHE i sindacati e i lavora-tori delle Poste ritengono ditrarre benefici dall’a c c o rd osottoscritto. Prima di tutto rie-scono a limitare i tagli annun-ciati dall’amministratore Sar-mi, 6.500 persone circa cheavrebbero dovuto lasciarel’azienda. Con l’intesa se ne an-dranno solo 3 mila e in modoincentivato e morbido; per glialtri 3 mila e passa che restano esono spostati da un servizioall’altro, si profila addiritturaun piccolo affare perché ci gua-dagnano in carriera e in stipen-dio in quanto vengono pro-mossi dal livello D (portalette-re) al livello C (sportellisti).Non ci guadagnano i cittadini,però, e neanche gli abbonati aigiornali, Fa t t o compreso, ai qua-li verrà distribuita il lunedì,quando va bene, l’edizione di 2giorni prima. Fino ad oggi lacorrispondenza era consegna-ta anche il sabato, in alcuni casidalle 7 alle 13, in altri dalle 8 alle14. Quando l’accordo entrerà aregime, invece, la lavorazionedelle lettere sarà interrotta alle22 del venerdì e sarà ripresa alle4 del pomeriggio di domenicacon la riapertura dei Cmp, Cen-tri meccanizzati postali, perl’organizzazione delle conse-gne del lunedì.Il nuovo sistema sarà introdot-to per gradi e attraverso varie fa-si di sperimentazione. Il primociclo parte il 20 settembre, du-ra fino all’8 ottobre e interessa 7centri medio-piccoli e un quar-tiere di Roma, Forte Bavetta. Icentri saranno Modica e Vitto-ria nel Ragusano, Fabriano nel-le Marche, Prato in Toscana,Boario e Lovere in Lombardia eCaluso in Piemonte. Subito do-po, dall’11 ottobre a marzo2011, la sperimentazione inte-resserà i centri metropolitani ei capoluoghi di provincia e in-fine i centri più piccoli dal pri-mo gennaio alla fine di maggio.Da quel momento entrerà infunzione a regime e su tutto ilterritorio nazionale il sabatopostale senza posta.

CRONACHE

A Vicenza boom di locali sexy:c’è persino la ragazza-tramezzino

3.300 addettisarannospostatidal recapitoal “m e rc a t oprivati”, comele assicurazioni

6.500 personea v re b b e rodovuto lasciarel’aziendaCon l’intesase ne andranno“solo”3 mila

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NSARAH SCAZZI

Napolitano:massimo impegno

M assimo impegnooperativo e

investigativo nellericerche. Lo ha assicuratoieri Napolitano, aproposito di Sarah Scazzi,la ragazza scomparsa daAvetrana (Taranto) il 26agosto scorso.“Comprendo la vostraprofonda angoscia”, hascritto il capo dello Statoai genitori.

TRENTO

Troppo “povera”,le tolgono la

figlia

I l Tribunale deiminori di Trento ha

deciso che è adottabileda subito una bambinasottratta due mesi fa allamadre, subito dopo ilparto. A denunciarlo è illegale della donna,secondo cui - a suotempo - la neonata le futolta anche per il suoreddito mensile, pari a500 euro al mese. Iservizi sociali avrebberoimputato alla madre“immaturità, povertàmateriale ed emotiva”.

CARCERI

Nel 2010 già44 suicidi

S algono a 44 i suicidiin carcere dall’inizio

dell’anno; 122 il totaledei detenuti morti, moltidei quali per cause “daaccertar e”. Le cifre sonostate fornite da RistrettiOrizzonti. Negli ultimigiorni, denunciano iRadicali, tre persone sisono tolte la vita nelcarcere di Poggioreale.Centodue sono idetenuti salvati inextremis, secondo laUilpa penitenziari, cheparla di “derivaoscurantista” percoprire i drammi delcarcer e.

Un locale di Vicenza si è inventato le donne-vassoio: ragazze (quasi tuttedell’est) su cui vengono appoggiati tramezzini e patatine (FOTO VITO TULLIO GA L O FA R O )

di Erminia Della Frattina

L a ragazza stesa sul tavolino delbar è vestita solo di tramezzini

e patatine da aperitivo, sparsi unpo’ a caso a coprire (ma non trop-po) il corpo nudo. L’av ve n t o remangia più tramezzini e olive chepuò, perché quando lo splendi-do “va s s o i o ”, un’ungherese di 23anni, sarà abbastanza scopertoarriverà in aiuto un altro cabaretdi tartine, e il gioco ricomincia.Una foglia non troppo grande alposto del tanga, il seno si scopreveloce veloce in due-tre bocco-ni.

SI CHIAMA body food, è una mo-da che arriva dal Giappone ma aVicenza preferiscono chiamarlesemplicemente “ragazze vas-soio”. L’idea l’ha lanciata il “D i-verso strip bar”, un locale di lap

dance che si è inventato questoHappy hour per maschietti, cheha fatto infuriare non poco le as-sociazioni di femministe.“Sono ragazze consenzienti e pa-gate”, si difende uno dei titolaridel bar, Ruggero Piazzon. Ma lacosa più singolare è che le ragazzevassoio vengono servite in pienopomeriggio, dalle 17.30 in poi.Così se uno esce stressato dal la-voro, prima di tornare a casa dallafamiglia si può gustare qualchestuzzichino soavemente appog-giato sulla pelle di ragazze nude ebellissime, spesso dell’Est. E chein realtà una cosa la indossano: lescarpe alte con la zeppa, perchéun tocco fe t i s h è sempre gradito.Una novità che sta facendo il girodella città, considerata per tantianni la sagrestia d’Italia e che sem-bra volersi togliere definitivamen-te questi panni di dosso, nuda an-

che lei come i vassoi ungheresi.Vicenza che sta diventando sem-pre più assieme a Treviso la culladei locali sexy, specializzata in lapdance, scambi di coppia e giochierotici soft.

L’ALTRA COSA nuova è cheun tempo questi locali in Veneto -se esistevano - erano relegati inquartieri di periferia, abbastanzanascosti. Il “Diverso strip bar” è inGalleria Crispi, molto vicino alcentro storico e lavora in pienogiorno, dalle 17 all’alba. Ora lamovida vicentina, già abbondantedi ritrovi sexy, secondo i titolaridel “Diver so” ha fatto un altro sal-to di qualità. “La notte a Vicenza sistava spegnendo – giustifica la tro-vata dei vassoi Piazzon – nel Vi-centino ci sono moltissimi localima ormai non offrono niente dinu ovo ”. E poco importa se qual-

che associazione di femministe hatelefonato manifestando tutta l’i n-dignazione possibile, se le ragaz-ze vengono un tantino trattate dacose. “Non sono costrette” g iuraPiazzon, che garantisce buone en-trate per chi volesse farsi un po-chino di pratica come vassoio. E

assicura che le ragazze si diver-tono, solo a volte hanno un po’ difreddo, ma passa. Ci sono preno-tazioni a raffica per feste private,addii al celibato e compleanni.Cosa si può immaginare di megliodi un cadeaux vivente, nudo e tut-to… da mangiare?

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pagina 12 Venerdì 10 settembre 2010

certa serietà e ciò potrebbe favo-rire il reclutamento di singoli di-sposti a farsi saltare in aria in cittàamericane o europee”. Il primoa lanciare l’allarme sulla serietàdel pericolo del gesto del pasto-re era stato, infatti, proprio il ge-nerale delle forze in Afghanistane Iraq, David Petraeus che, im-mediatamente sostenuto dal se-gretario di Stato Hillary Clinton,aveva richiamato l’attenzionesull’evento in programma in Flo-rida. “È frustrante” ha ammessocon serietà Obama, quando ilgiornalista gli ha chiesto come cisi sente ad essere il presidentedegli Stati Uniti e non avere il po-tere di bloccare un pastore cheha poco più di 30 seguaci. “D’al -

tro canto – ha continuato il pre-sidente – siamo un governo di di-ritto e per questo dobbiamo at-tenerci alle leggi (il Primo emen-damento garantisce libertà diespressione a tutti, ndr). Credoche lo potremo citare per incen-dio pubblico, ma è tutto ciò chepossiamo fare”.

JONES, dal canto suo non sem-bra disposto a tornare indietro ameno che, ma forse è solo un mo-do per avere ancora più attenzio-ne, “il presidente non mi telefoniper sonalmente”. Chissà se aconvincerlo non saranno i severiavvertimenti arrivati ieri dal Di-partimento di Stato americano(che ha messo in guardia i con-nazionali dal rischio di attentatise davvero verranno bruciate co-pie del Corano in Florida) e so-prattutto dall’Interpol che halanciato un’allerta globale su ri-chiesta del ministro degli Internipachistano, a causa della fortepossibilità di attacchi violenticontro innocenti, se il progettodi Jones si realizzerà.

DAL MONDO

di Angela VitalianoNew York

“Spero comprenda, semi sta ascoltando, checiò che intende mette-re in atto è contrario ai

nostri valori di americani. Per-ché questo paese è stato costrui-to sui principi di tolleranza e li-bertà religiosa”. Ha il volto se-rio, Barack Obama mentre, nelcorso di un’intervista alla Abc, faappello al pastore Terry Jonesaffinché ritorni sui suoi passi ecancelli il proposito di bruciarecopie del Corano sabato prossi-mo, in occasione della ricorren-za dell’11 settembre. Ammet-tendo la sua preoccupazione difronte alle tragiche conseguen-ze che il gesto potrebbe causa-re, Obama aggiunge che “comecomandante in capo dell’eserci -to degli Stati Uniti, voglio che luicapisca che questa bravata po-trebbe mettere in serio pericoloi giovani e le giovani in uniformeche sono in Iraq e in Afghani-stan. Alla sola minaccia del ge-sto, stiamo già assistendo a pro-teste anti-americane”.In pochi giorni, infatti, la preoc-cupazione per le conseguenzeche il falò del pastore Jones po-trebbero provocare, ovunque

nel mondo e, in particolare neiluoghi di guerra, in occasionedell’11 settembre, sono cresciu-te tanto da far intervenire per-sino il Vaticano con una fermadichiarazione di condannadell’azione di vilipendio del li-bro sacro dei musulmani. Il pre-sidente dell’Indonesia, SusiloBambang Yudhoyono, intanto,ha scritto in maniera ufficiale aObama chiedendogli di interve-nire per impedire il gesto delfondamentalista cristiano,esprimendo vive preoccupazio-ni per le inevitabili ripercussio-ni che vanificherebbero glienormi sforzi che Indonesia eStati Uniti stanno compiendoper favorire il dialogo interreli-g ioso.

IL PRESIDENTE Obama, fral’altro, dovrebbe recarsi in Indo-nesia, Paese dove ha trascorsoun periodo della sua vita, verso lafine dell’anno proprio per inten-sificare quei rapporti di collabo-razione che ora rischiano di es-sere messi seriamente in crisi. “Ilgesto del pastore Jones – a ggiun-ge Obama – è una manna dal cie-lo per il reclutamento nelle forzedi al Qaeda. Si sa che in Paesi co-me il Pakistan e l’Afghanistan cipossono essere violenze di una

Barack Obama (FOTO ANSA)

SARKÒ NEI GUAI

RISOLUZIONE EUROPEA:“LA FRANCIA FERMI

LE ESPULSIONI DEI ROM”Di Giampiero Gramaglia

I l Parlamento europeo chiede che la Francia blocchi i rim-patri dei rom e coinvolge l'Italia in una mozione che cen-

sura le politiche restrittive dei diritti umani degli immigrati.La risoluzione votata in plenaria esprime “grande preoc-cupazione per le misure di espulsione prese dalle autoritàfrancesi e di altri Paesi verso i rom e ne sollecita l’immediatasospensione”. Il documento del centro-sinistra (Pse, libe-raldemocratici, verdi e sinistra radicale) passa con 337 sì,245 no e 51 astensioni. Il Ppe vota contro, in barba ai prin-cipi cristiani. Il riferimento all’Italia è nelle premesse: siricorda che “il ministro dell’Interno italiano ha annunciatol’intenzione di promuovere regole europee più restrittivesull’immigrazione e sulla libertà di movimento”.In concreto non cambia nulla, perchè il voto di ieri vale solocome monito morale e non ha potere cogente. Ma non èproprio un buon momento, per il presidente Nicolas Sar-kozy: contestato sulle piazze di Francia per la riforma dellepensioni; braccato dalla magistratura che fa perquisire lasede del suo partito; condannato da Strasburgo. Nè miglio-ra l’umore il “mal comune mezzo gaudio” di vedere l’Italiaassociata alla Francia nella denuncia degli europarlamen-tari. Che il clima nell'Assemblea Ue fosse critico sull’atteg -giamento della Francia e di altri paesi contro i rom, lo si eracapito martedì dal discorso sullo stato dell’Unione del pre-sidente della Commissione Barroso, che ha denunciato ve-nature di razzismo nelle politiche di alcuni governi. E, mer-coledì, il governo di Parigi aveva dovuto chiedere spiega-zioni al commissariato per i diritti umani del Consigliod’Europa, che aveva fatto un parallelo tra la politica di Parigisui rom e quella dei nazisti. Il voto di Strasburgo s’intrec -ciava ieri con la notizia della perquisizione della sededell’Ump a Parigi, nell’inchiesta su tangenti, o finanziamen-ti illeciti, dell’erede L’Oreal Liliale Bettencourt a politici fracui lo stesso Sarkozy. Segno che l’indagine va avanti. Comeva avanti la mobilitazione contro la riforma delle pensioni:Sarkozy non fa marcia indietro sull’aumento dell’età pen-sionabile fino a 62 anni nel 2018. I sindacati, dopo lo scio-pero di martedì indicono proteste il 23 settembre.

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Il presidentecondanna eavverte: “Quelgesto aiutaal Qaeda e generaproteste controgli americani”

Rogo del Corano,la paura di Obama

L’INTERPOL: “ONDATA DI VIOLENZE SE JONESBRUCERÀ IL TESTO SACRO”

Page 12: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

Venerdì 10 settembre 2010 pagina 13

estrema destra americana. Alleteorie di Istulin – convinto chetutti crimini commessi nel mon-do nell’ultimo mezzo secolo sia-no opera del “Gruppo di Bilder-ber g” una sorta di governo mon-diale retto da una quindicina disuperpotenti personaggi – Ca -stro ha dedicato tre delle sue ul-time “rif lessioni”che, ogni volta,hanno occupato ben tre delle seipagine quotidiane G ra n m a . Ed iltutto per spiegare al mondo, trale altre cose, come la musica rocksia stata inventata negli anni ’60dal summenzionato “Gruppo diBilderber g”, con la complicitàdella Scuola di Francoforte, perdistrarre una gioventù fattasi ri-belle negli anni del Vietnam.

E all’Avana comparveJohn Lennon

CHE COSA ha spinto Fidel asposare queste fanfaronate? Im-possibile rispondere. Ma, nel leg-gere il chilometrico omaggio diFidel ad Istulin (che è stato an-

che, di recente, suo ospite a Cu-ba), il pensiero di molti è corsoalla statua di John Lennon, erettanon molti anni or sono, con qual-che solennità, in un piccolo giar-dino dell’Avana. Voleva, quellastatua, essere una sorta di silen-ziosa e tardiva riparazione,l’omaggio ad un artista la cui mu-sica era stata, negli anni ‘60 e ’70,proibita dal regime. Chissà. Po-

trebbe essere proprio lui –quel piccolo Lennon in

bronzo tra le palme del Ve-dado – la prima vittimadell’ “olocausto” che Fi-del va con tanta forzap ro n o s t i c a n d o .

FIDEL, MESSIA CONTRO L’AT O M I C A :“IL MODELLO CUBANO NON FUNZIONA”

Da lìder maximo a profeta solitario, il ritorno in scena di Castro

di Massimo CavalliniMiami

Fidel è tornato. Anzi: è mor-to ed è quindi risorto, co-me lo stesso Castro s’è pre-murato di raccontare nel

corso d’una recente intervistache proprio così – Llegué a estarmuerto, pero resucité – è stata ti-tolata dal quotidiano messicanoLa Jornada. E a noi non resta, aquesto punto, che chiederci lavera ragione di tanto miracolo.Perché, dunque, Fidel è, non“guar ito”, ma “re s u s c i t a t o ”? Fa-cile la risposta: per l’unica ragio-ne che può spingere un perso-naggio come il gran leader dellarivoluzione cubana – notor ia-mente mai avaro di messianiciaccenti, specie quando parla disè – a tornare tra i vivi che lo ave-vano (politicamente) dato permorto. Ovvero, semplicemen-te: per redimere il mondo.

L’ultimam e t a m o r fo s i

NELLE ULTIME settimane, al-lorché, in accelerato crescendo,Fidel ha cominciato a riapparireed a parlare in pubblico, molti sisono chiesti in che misura il “lí -der maximo” fosse in procinto ditornare ad occupare il potere.Ma, in questo modo, i meno av-veduti tra i “castrolog i” hannouna volta di più dimostrato di sot-tovalutare la statura politica e lesmisurate ambizioni dell’uomoche, nell’ultimo mezzo secolopiù d’ogni altro ha cambiato ilcorso della storia dell’Amer icaLatina. No, non è per tornare adoccupare uno o più posti di co-mando (o per mettere le briglie aRaúl) che Fidel ha attraversato insenso contrario le limacciose ac-que dello Stige. E lui stesso hamolto chiaramente provveduto acomunicare, “per immagini”,questo suo disdegno per il passa-to. Dalla sua storica divisa verdeolivo –di nuovo indossata in pub-blico – sono ostentatamentescomparsi, infatti, tutti i fregi etutti i gradi. E lo scorso 7 di ago-sto, quando è tornato a parlare difronte al Poder Popular, Fidel haaltrettanto ostentatamente evita-to di sedersi sulla poltrona che fusua. No. Il nuovo Fidel post-resur-rezione non è più – né ha inten-

zione di tornare ad essere – un“comandante en jefe”, o un capodi Stato. È, piuttosto – in unostraordinario e per molti aspettisconcertante processo di rein-venzione di se stesso –un grandesaggio, un profeta che vuol salva-re l’umanità da se stessa o, moltopiù concretamente, da un ormaiimminente olocausto nucleare.Meglio ancora: è un profeta la cuimissione nasce dalla piena co-scienza d’esser l’unico che, perautorità morale e per visione po-litica, può oggi salvare il pianetaTerra dall’autodistr uzione.

Una teoria dellacospir azione

SU QUESTO PUNTO Fidel èstato chiarissimo nel discorsoche, sullo sfondo della storicascalinata dell’Univer sitàdell’Avana, ha marcato, nella pri-ma mattinata del 3 settembre, ilsuo ritorno ai comizi di massa. “Almondo è stata deliberatamentenascosta questa verità (l’imminen -za d’un olocausto nucleare, ndr) ed è

toccato a Cuba (cioè a lui, ndr) ilduro compito di avvertire l’uma -nità del pericolo che incombe”.Insomma: giovane o vecchio, ti-ranno o patriarca benevolo, ri-sorto o semplicemente guarito,con voce stentorea o affievolitadall’età e dalla malattia, Fidelcontinua ad essere quel che èsempre stato: un leader che,non importa quanto piccolosia il suo regno, pensa la po-litica in termini universali.Fin qui, tutto chiaro. Moltomeno chiari, tuttavia – anzidecisamente nebbiosi – di -ventano i panorami quando il

salvifico messaggio del “Fidel ri-sor to” viene confrontato con larealtà. Nel corso delle sue recentiapparizioni Castro ha detto, dipassaggio, alcune cose che han-no attirato l’attenzione dei me-dia. Ha accennato, ad esempio,ad una autocritica per il tratta-mento inflitto agli omosessualinegli anni ’60 e ’70. E parlandocon il giornalista Jeffrey Gol-dberg ha duramente criticatol’antisionismo negazionista diMahmud Ahmadinejad, nonchédecretato la non esportabilità diun sistema economico – quelloadottato da Cuba – che “non fun-ziona più nemmeno per i cuba-ni”. Ma il vero cuore delle sue ar-gomentazioni è stata la salvaguar-dia di un’umanità inconsapevol-mente minacciata dal confronto,in Medioriente, tra Occidente edIran. In questo confronto vi so-no, secondo Fidel, tutte le pre-messe non solo d’un conflitto,ma di una guerra nucleare globa-le. Unica speranza di salvezza:convincere Obama a non preme-re il bottone fatale. C’è nelle po-sizioni di questo Fidel “nuovo er isor to”, che a tratti parla comefosse appena uscitoda un coma profon-do iniziato nel pie-no della GuerraFredda, un ovvioparadosso. E Jef-frey Goldberg nonha mancato di farlo

COME AVVIENE UNA LAPIDAZIONE

“SASSI ROTONDI E LISCI, LA FAMIGLIA OFFESA SCAGLIA LA PRIMA PIETRA”

notare. “Lei – ha detto a Fidel –mette il mondo in guardia controi pericoli di un conflitto nuclea-re. Ma nel 1963 fu proprio lei ascrivere a Kruscev una letteranella quale raccomandava di usa-re la bomba atomica contro gliStati Uniti”. Piuttosto surreale larisposta: “Se avessi saputo alloraquello che so oggi – ha, secondoGoldberg, risposto Fidel – quellalettera non l’avrei mandata”.Dunque così stanno le cose: Fi-del – lo stesso Fidel che oggi vuo-le, solitario profeta, predicare adun mondo ignaro i pericoli dellaguerra nucleare –non conoscevai pericoli della bomba nel 1963,quando questi pericoli erano no-ti anche i bambini. Difficile rac-capezzarsi. E a complicare le co-se vi è un altro e, se possibile, an-cor più stravagante dettaglio: latravolgente passione del Fidel-ri-sorto per le più bizzarre teoriecospirative del momento. In par-ticolare, per quelle illustrate daDaniel Istulin, un lituano transfu-ga della vecchia Unione Sovieti-ca, anticomunista doc i cui librisono molto popolari soprattuttonell’ala “liber tar ia” della più

Oggi mette inguardia dalpericolon u c l e a re ,nel 1963 scrissea Kruscev diusare la bomba

di Elisa Battistini

T utto il mondo continua a mobilitarsiper salvare Sakineh Ashtiani dalla la-

pidazione e ancora non si sa se la penasia stata davvero sospesa (ieri l’av vo c a t odella donna iraniana ha detto di dubitar-ne). Una certezza però c’è: in alcunipaesi, tra cui l’Arabia Saudita, la Nigeria,il Sudan e l’Iran questa forma di pena dimorte continua ad esistere. Ma cosa si-gnifica? E come si svolge un’esecuzionedi questo tipo? Franco Cardini, storico esaggista, docente all’Università di Firen-ze, racconta la concreta brutalità di que-sta pratica.Esistono delle regole per lapidareuna persona?La cosa più importante è che, a scagliarela prima pietra, siano i familiari di chi hasubito il torto. L’esecuzione può avve-nire all’aperto o al chiuso, ma non è unaprescrizione. Mentre è fondamentaleche sia il “cl a n ” di chi è stato offeso dal

reato a guidare il sacrificio. Di solito,poi, vengono scagliate altre pietre da al-tre persone, legate in qualche modo allafamiglia “of fesa”. Scagliare pietre è ungesto molto violento, ma il principio difondo non è differente da quello chepermette ai parenti delle vittime, negliStati Uniti, di assistere in prima fila aun’esecuzione capitale. È una forma dipena di morte, cioè di estinzione delreato attraverso un sacrificio. Nella la-pidazione è importante che il primo sas-so non sia scagliato da chi non ha nulla ache fare con l'accaduto: sarebbe un ge-sto grave e inammissibile. Darebbe vitaa una nuova spirale di vendetta.Come devono essere le pietre?I sassi devono essere lisci, rotondeg-gianti. L’origine ebraica della pena pro-viene dai clan di pastori e il sasso era ilmezzo più comune per tenere assiemele pecore e punirle se sfuggivano algregge. Infatti la lapidazione viene com-minata solo per certi reati. Chi ruba non

verrà mai lapidato. Viene lapidato, inve-ce, chi si è reso colpevole di un crimineprivato che offende la comunità perchéne viola i principi. Come l’adulterio, iltradimento della parola data, l’incesto,la mancanza di rispetto verso i genitori,l’omosessualità: sono reati che pongo-no l’individuo al di fuori del propriogruppo. L'esecuzione è un sacrificiopubblico per estinguere un’offesa arre-cata a tutti.Quanto dura una lapidazione?Finché la vittima non è sepolta e rico-perta dai sassi, anche se è già morta. Lavittima può anche morire al primo col-po, ma il fine simbolico dell’atto non è lamorte in sè. Il sasso è un’arma che non siadopera per gli esseri umani. Viene la-pidato chi, con i suoi comportamenti, siè posto al di fuori del consorzio degliuomini. La lapidazione esprime un sen-so di repulsione, di estraneità. È la cac-ciata dal consorzio umano. La pietra siusa con le bestie. E la sepoltura del la-

pidato è un atto rituale: si continuano ascagliare sassi fino a che la persona pu-nita non scompare dalla vista.Quanto è importante che la personasoffra?Pochissimo. Non è questo l’o b i e t t i vo .L’obiettivo è il “r isanamento” della co-munità che ha subito un torto conside-rato molto grave. Il lapidato è il caproespiatorio da punire per ristabilire l’or -dine.Dove avvengono queste pratichemor tali?Non molto in Iran, che è un paese fon-damentalmente occidentalizzato dal1979. Sono più frequenti invece ArabiaSaudita. Noi ci stiamo appassionando alcaso della povera Sakineh in modo unpo’ pretestuoso: chissà quante personevengono lapidate e non lo sappiamo. Sa-kineh è diventata un simbolo. È giustoopporsi. Ma la pratica dell’iniezione le-tale di fronte alla famiglia della vittimanon mi pare più civile.

NUE

Raddoppiati figlifuori dalle nozze

N ei Paesi dell'Ue èraddoppiato il

numero dei figli nati fuoridal matrimonio. Lapercentuale, che nel 1990era del 17,4% nel 2007 èdel 35,1%. Lo riferisceEurostat. In Italia i figlinati fuori dalle nozze sonopassati dal 6,5 al 17,7%. Laclassifica è “guidata” daEstonia e Svezia. Il paesepiù “tradizionalista” è laGrecia (5,9%).

AF G H A N I S TA N

Militari americani acaccia di civili

C inque militariamericani sarebbero

stati incriminati per averformato uno squadronedella morte che andava acaccia di civili da uccidere,in Afghanistan. Poi imilitari ne conservavano ledita come trofeo. Arivelarlo è il Guardian checita fonti interne alleindagini da cui emerge chei soldati avrebbero uccisoalmeno tre persone vicinoa Kandahar. Altri settesoldati americani sonoaccusati di aver insabbiatogli omicidi. A capo dello“squadr one” sarebbe ilsergente Calvin Gibbs, 25anni.

OSSEZIA

Attentatokamikaze: 16 morti

I eri un kamikaze si èfatto esplodere a bordo

di un'auto all'entrata delmercato centrale cittadinoVladikavkaz, capitaledell'Ossezia del nord, unadelle travagliaterepubbliche vicine allaCecenia. Il bilancioapprossimativo è di 17morti e più di 123 feriti, dicui almeno dieci in gravicondizioni. Al momento leautorità locali nonaccusano la guerrigliaislamica. Il presidenteingusceto Yunus-bekYevkyurov, uomo difiducia di Medvedev, hadetto che l'attentato vuoledestabilizzare il Caucasosettentrionale russo.

GERMANIA

La deputata Cdu“giustifica” Hitler

B ufera nella Cdu dopole dichiarazioni della

deputata Erika Steinbach,che nel corso di unariunione del partito hagiustificato l'invasionedella Polonia da parte diAdolf Hitler, perché ilpaese lo aveva“pr ovocato”. Ladichiarazione è stata subitocondannata da tutti i partitie i Verdi hanno chiestol'espulsione dellaSteinbach dallaformazione della Merkel.Per ora la direzione dellaCdu ha escluso la Steinbachdalla lista dei deputati cheparleranno nella prossimaseduta del Bundestag.

Affascinato dalleidee di Istulin,anticomunistamolto amatodell’e s t re m adestranegli Stati Uniti

DAL MONDO

Il lìdermaximo Fidel

Castro vistoda Manolo

F u c e c ch i

Page 13: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

pagina 14 Venerdì 10 settembre 2010

del 2005 ho votato quattro sì, e lorifarei), la libertà di diventare ma-dre oltre l’età biologica, o di farsiinseminare da un donatore sco-nosciuto, è parente nemmenotroppo alla lontana della libertà di

comprarsi il Suv, di farsi condona-re il terrazzino abusivo o di nonpagare le tasse. Neoliberisti edevasori della Lega o del Pdl, pro-babilmente, vanno ad acquistareovuli a Barcellona come se nonpiù degli atei di sinistra, salvo poibaciare l’anello ai monsignori, sfi-lare contro le unioni di fatto e i ma-trimoni gay e andare a messa la do-menica per fare dispetto agli im-migrati musulmani.

L’eticaal centro

IL MESSAGGIO di Berselli èchiaro. Se i laici vogliono davveromandare a casa la cricca che cisgoverna, invece di strillare per leingerenze clericali (che pure cisono, e vanno arginate) o di arroc-carsi in una sterile e superba au-tosufficienza morale, dovrebberoriportare l’etica al centro dell’agi -re politico e cercare delle conver-genze con quei cattolici “adulti”edisobbedienti che sono pronti afare i conti con la modernità eprendono sul serio la dottrina so-ciale della Chiesa, pur sentendosia disagio nell’era di Ratzinger.

SECONDOTEMPOS P E T TA C O L I , S P O RT, IDEE

Lapo in jeansElkanne la Dieselp ro d u r ra n n oinsieme jeansal carbonio

Balotelli stopO p e ra t oal menisco:stop di unmese persuper Mario

Baby BriatoreNathanFalco èfelice:restituito loyacht a papà

Lewis ci credeHamilton hadetto che conla McLaren“conquisteràMonza”

Esce tra qualche giorno, perl’editore Einaudi, “L’economiagiusta” ultimo lavoro di EdmondoBerselli, scomparso l’11 aprile diquest’anno.

di Riccardo Chiaberge

La migliore risposta alla grottescacrociata del Giornale contro i “co -munisti del Mulino” (qualcunospieghi a Vittorio Feltri che ilgruppo bolognese è nato coi sol-di degli industriali e degli ameri-cani, proprio in funzione antico-munista...) è il libro postumo diEdmondo Berselli, che del Muli-no ha diretto per anni la rivista.Con L’economia giusta, questo il ti-tolo del saggio in uscita da Einau-di, Eddy tenta in qualche modo dirisarcire amici, lettori ed estima-tori per averli privati troppo pre-sto della sua intelligenza. È unastroncatura feroce del neoliberi-smo, che potrebbe apparirescontata dopo il tonfo planetarioche ha posto bruscamente fineall’orgia dei titoli tossici e dellestock option milionarie, se nonfosse che sfocia in un’adesionequasi senza riserve (e senzaquell’ironia berselliana cui erava-mo abituati) alla dottrina socialedella Chiesa. Le ricette economi-che dei Papi, dalla Rerum Novarumalla Populorum progressio fino allaCaritas in veritate di BenedettoXVI, secondo Berselli, rappre-sentano la via maestra per ridareun volto umano al capitalismo. Lacosiddetta “economia sociale dim e rc a t o ”, quel “modello rena-no” più volte evocato in passatoanche da Romano Prodi come al-ternativa al free market di stamponordamericano, trova nelle radi-ci cristiane e cattoliche dell’Euro -pa la sua ispirazione più autenti-ca. Con questo libro (ultimato so-lo due mesi prima di andarsene) illaico Berselli sembra insommariavvicinarsi a quella correntecristiana “dossettiana” del Muli-no che troppo superficialmentenoi liberali abbiamo bollato co-me “c a t t o - c o mu n i s t a ”.Si potrà obiettare che la Chiesa

di oggi non razzola affatto bene.Lo scandalo Ior, i preti pedofili,le imprese di don Bancomat, lecase di Propaganda Fide svendu-te all’ex ministro Pietro Lunardi,la vergogna dell’otto per mille, iprivilegi finanziari e fiscali con-cessi dal concordato: come si fa apredicare la giustizia sociale e ascomunicare i capitalisti sfrutta-tori, quando si hanno tutti questischeletri nell’ar madio?

Dio, sinistrae liberismo

MA ANCHE I LAICI dovrebbe -ro riflettere – e il libro di Bersellipuò essere un buon punto di par-tenza – sulle implicazioni di unsoggettivismo anarchico spintooltre ogni limite. Se è vero che“Dio è laico” (per riprendere il ti-tolo del dibattito in programmadomani alla festa del Fa t t o a Pietra-santa), è altrettanto vero che unlaico non può atteggiarsi a Dio,elevando l’onnipotenza dell’indi -viduo quasi al rango di verità teo-log ica.Per troppo tempo, laici e sinistrehanno sposato acriticamente tut-

te le rivendicazioni, hanno caval-cato tutti i diritti in campo sociale,sessuale e riproduttivo senza va-lutarne appieno le conseguenze.In realtà, la storia di questi anni ciha insegnato che, a dispetto dineocon e teocon, liberismo eticoe bioetico e liberismo economicosono due facce della stessa meda-glia, e marciano di pari passo. Nona caso il profeta delle lotte di libe-razione degli anni Settanta, MarcoPannella, ha creduto o finto di cre-dere per un periodo fin troppolungo nel “partito liberale di mas-sa” di Silvio Berlusconi. Per unasorta di “eterogenesi dei fini” (ef -fe minuscola!) quelle lotte cheagli occhi di tanti di noi parevanopreludere a una società più giu-sta, all’utopia libertaria e anticle-ricale dei fratelli Rosselli e di Er-nesto Rossi, si sono impantanatenell’acquitrino della seconda re-pubblica. Forse eravamo berlu-sconiani senza saperlo, prima an-cora che il Cavaliere scendesse incampo. La sinistra dei diritti haspianato la strada alla destra dellelibertà. Un esempio. Siamo lieti diapprendere da Repubblicache la fi-glia quindicenne di una signora disettantun anni sta affrontando

Il richiamo (postumo) del grandegiornalista al centrosinistra:

invece di prendervela con il Vaticano, riscoprite il fascino dei “cattolici adulti”senza drammi il transito dell’ado -lescenza. Ma con tutto il rispettoper chi fa queste scelte, e senzagiustificare in nessun modo gliobbrobri della legge sulla fecon-dazione assistita (al referendum

PA M P H L E T / BERSELLI

CON IL PAPA,CONTRO

IL NEOLIBERISMO

in & out

L’ITALIA SENZ’AN IMA

Fini “Un giornalista ignobile chescrive cose ignobili” (Bettino Craxisu Massimo Fini) (L’Indipendente 11maggio 1992).

Martelli “Basta, per Dio! Que-sta è immoralità, non la sopporte-remo più!” (Claudio Martelli alcongresso del Psi del 1987) (L’Eu -ro p e o, 25 aprile 1987).

Psi Nel 1987 su 734 amministra-tori pubblici inquisiti, 425 erano dc,159 pci, 201 psi. Il Psi all’epoca ave-va un terzo dei voti della Dc e lametà degli inquisiti. I condannatipoi erano 44 dc e 32 psi (L’E u ro p e o,25 aprile 1987).

Pacini La telefonata tra Alessan-dra, figlia di Lorenzo Necci, ammi-nistratore delegato delle Ferrovie, eil banchiere Pierfrancesco PaciniBattaglia. Lei, 26 anni, ha un piccoloscoperto in banca e chiede aiuto alfinanziere che le fa subito avere un

contratto di consulenza (fasulla) peruna società di Dubai come rappre-sentante per l’Italia e per la Francia.“Quanto ti ci metto per compen-so?”chiede Pacini Battaglia “Non so,non lo so quanto si dà per compen-so”, risponde lei. “Quanto mi dici te.Ti ci metto 100 mila franchi, che sa-rebbero un 130 milioni... o 100 miladollari che è meglio... e sono circa154 milioni”. Lei non è del tutto sod-disfatta: “Ma io voglio anche lavora-re sul serio, perché mi annoio...” (IlG i o r n o, 19 maggio 1996).

Berlusconi “Non capisco per-ché a San Siro debbano entrare an-che i tifosi delle altre squadre to-gliendo posto ai nostri” (Berlusco -ni).

Milano Due I bar di Milano Due,sempre vuoti perché durante lasettimana la gente va a lavorare aMilano e il weekend va fuori (Il Gior-n o, 15 gennaio 1983).

Cossiga La telefonata che Cos-siga fece a Miglio il 26 maggio 1990,

poco dopo le elezioni che videro ilboom della Lega: “Rovinerò Bossifacendogli trovare la sua automo-bile imbottita di droga. E quanto aicittadini che votano per la Lega lifarò pentire: nelle località che piùsimpatizzano per il vostro movi-mento aumenteremo gli agenti del-la Guardia di finanza” (da Io, Bossi ela Lega di Gianfranco Miglio). (Giu -dizio Universale, maggio 2005).

Napolitano Giorgio Napolita-no: “Neutro, amorfo, anonimo, gri-gio come i suoi abiti. È un uomosenza qualità. La sua unica qualità èdi non averne alcuna” (Giudizio Uni-ver sale , giugno 2006).

S c h i fa n i Renato Schifani: “NelCanton Ticino lo definirebbero un‘n e rc i o ’ che è il termine che si usada quelle parti per un anellide piùmolliccio, smidollato e ripugnantedi un normale verme” (Giudizio Uni-ver sale , giugno 2009)

Amato Giuliano Amato: “UnoSvicolone nato, come il pavido leo-

ne di un famoso cartoon. Ma piùche a un leone, per quanto imbelle,somiglia a un’anguilla. I suoi ragio-namenti sono così sottili, ma cosìsottili da essere prudentementeimpalpabili e quasi invisibili” (Giudi -zio Universale, gennaio 2007).

Bonino Emma Bonino: “La rom-picazzi radicale” (Giudizio Universa-le , agosto 2006).

Bondi Sandro Bondi: “Un casoclinico” (Giudizio Universale, otto-bre 2007)

Cicchitto Fabrizio Cicchitto“Un caso cinico” (ibidem).

Benigni Roberto Benigni: “Chilo conosce bene lo descrive comeun uomo triste, poco sereno, pienodi nevrosi, infelice. Probabilmentesi rende conto di aver venduto ilsuo straordinario talento naturaleo comunque di non averlo svilup-pato come poteva” (Giudizio Uni-ver sale , marzo 2008).

Pa n e b i a n c o Angelo Panebian-co: “Il Catalogo dei viventi (2006,nda), di prossima pubblicazionepresso Marsilio, che prende in con-siderazione migliaia di italiani più omeno noti, gli dedica cinque righe(forse i curatori erano incerti su ‘vi -ve n t e ’)” (Giudizio Universale, otto-bre 2006).

Io “Vorrei essere un talebano, ave-re valori fortissimi che santificano ilsacrificio della vita, propria e altrui.Vorrei essere, per lo stesso moti-vo, un kamikaze islamico. Vorrei es-sere un afghano, un iracheno, unceceno, che si batte per la libertàdel proprio Paese dall’occupante ,arrogante e stupido. Avrei volutoessere un bolscevico, un fascista,un nazista che credeva in quello chefaceva. O un ebreo che, nel lager,lottava con tutte le sue forze inte-riori per rimanere un uomo” (Libe -r o, 31 maggio 2007).

Notizie tratte da: MassimoFini Senz’anima Italia

1980-2010, Chiarelettere2010 15,00

LIBROINGOCCEIBROIBROININNGOCGOCTra i villaggi e i

paesi messi a ferro a fuoco

dai nordisti alla conquista del

Sud.«Gli oltraggi subiti

Edmondo Berselli, giornalista e scrittore modenese, a lungo direttore del “Mulino” (FOTO LAPRESSE)

di Giorgio Dell’Ar ti

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Venerdì 10 settembre 2010 pagina 15

MOSTRA DEL CINEMA

COM’È TRISTE VENEZIAAcquazzoni, Fischi, Panini e Terrazze vip

Dizionario del Festival in 21 parole

di Malcom PaganiVe n e z i a

Acome Acquazzone. Basta

una nuvola e a Venezia è ilcaos. Tombini che si alla-gano, topi che si confon-

dono con gli uomini, tappetirossi che si sfaldano (puliti affan-nosamente da torme di ligi pa-chistani), pioggia che trasudadalle mura dell’antico Palazzodel Cinema, allaga ascensori esale stampa, rendendo un pan-tano la grottesca spianata (gon-fia di amianto) che dovrebbeospitare (forse, ma quando?) ilnuovo in costruzione.

B come boicottaggio. La gran-de fuga è in atto. Chi subo-

dora aria di beffa o di mancati al-lori, affolla aeroporti e traghetti.Per i viali del Lido, sconsolante,percepibile sensazione di ab-bandono. Alberghi deserti, barcon molti tavolini vuoti. In con-ferenza stampa, l’altro ieri, ilPresidente della Biennale Barat-ta, sventolava dati entusiastici epercentuali da sogno. All’esattonumero degli abbonamenti sot-toscritti, novecentoventinove,a qualcuno è venuto da ridere.Poi si è fatto nuovamente serio.Lo aspettava il buffet.

C come coda. In fila, non sem-pre per tre, verso l’a gognato

schermo. Trasversalità anagrafi-ca, qualche nervosismo, unacomplessiva compostezza difondo che tralasciando le isteriedi qualche robocop in divisa,cancella i ricordi di alcuni Festi-val del passato e ratifica che a Ve-nezia, a differenza di Cannes, ifilm si possono almeno vedere.

D come delusione. Pellicole inconcorso che dovrebbero

stare altrove, gioielli dimentica-ti nel mare delle sezioni paralle-le meritevoli del Leone (Capua-no), registi affermati che si limi-tano al compitino, star consa-crate che fanno di peggio (Aro-nofsky) ammiccando furbesca-mente ai meccanismi televisivi(e ricattatori) più abusati. Maga-ri trionferanno, ma un premionon vale una truffa.

E come esterofilia. Il bar ad estdel palazzo del cinema ha

trasmutato in Sushi, anzi Zushi,bar. Prima erano panini, birre ecaffè (a costo contenuto) e aqualsiasi ora della notte. Oggicubi di riso/plastica, pesce cru-do e sesso quasi libero, esibitosui divanetti, da frequentare tas-sativamente a piedi scalzi. File discarpe e di calzini, sorrisi forzatida alcolico Happy hour ibizeno,malinconia. Però la Coca-Cola,ordine di Zaia, è vietata. La Pep-si, si sa, è autarchica.

F come fischi. L’insuperato co-municato-r ingraziamento

brezneviano della Biennale indifesa di Gianni Letta: “Per averpartecipato, applauditissimo,alla serata di apertura della 67.Mostra Internazionale d’arte ci-n e m a t o gra fi c a ” negando naturae genesi del dissenso è un fram-mento di reale da tramandare aiposteri. Il seguito, però, è anchemeglio. “Si aggiunge un com-mento: ‘Siamo francamente stu-piti che un eventuale, non udi-to, segnale di dissenso nei con-fronti del dott. Letta possa esse-re addirittura impropriamenteenfatizzato da un’agenzia distampa in una “contestazione’.Addir ittura.

G come Governo. La vera si-tuazione comica del Lido,

Marco Giusti permettendo, è latruppa degli orfani bondiani.Con il capo scisso tra cene psi-canalitiche ad Arcore e intervi-ste esclusive ai giornali della Se-ra gridando al lupo cattivo e isottoposti a briglia sciolta nellepraterie sublimi del non-sense.

Leone del nulla, al vice di Bondi,Francesco Giro. Per lui MichelePlacido: “È un regista mediocreche fa solo brutti film”, ma delsuo Va l l a n z a s c a , naturalmente,non ha visto un solo fotogram-ma. Quando si dice la compe-tenza.

H come Hellman. Produttoreesecutivo de Le Iene, scopri-

tore di Tarantino e suo regista diriferimento, si ritrova gareg-giante per il massimo onore inorrore a qualsiasi conflitto di in-teresse. Quentin, romanamentese ne frega e (complice una so-vrapposizione di orario) piom-ba fino in sala Darsena, per ap-plaudirlo assieme al pubblico.

I come incendi. Quelli interio-ri dell’unico vero (e omoni-

mo) capolavoro della Mostra.Un piccolo film canadese, pro-digioso equilibrismo sul filo delrischio e del ridicolo, passato al-le otto e mezza del mattino, perlo stupore di 15 persone 15.

L come liberalizzazioni. Daquando il vaporetto vene-

ziano non conosce più il mono-polio, le barche comunali

dell’Actv sembrano le arruggini-te chiatte destinate ai galeotti dipiù di qualche romanzo del‘700. Fumo nero dai comignoli,lentezze esasperanti, timidi tre-mori, rumori sinistri e sospettavicinanza degli oblò con la ver-de acqua della laguna. Venezia,una volta a bordo, somiglia aun’a s t ra z i o n e .

M come Miral. Ovvero, a cosapuò portare l’amore po-

st-adolescenziale dietro la mac-china da presa. Il conflitto israe-lo-palestinese diventa un Bacioperugina, le interviste congiun-te uno zuccherificio, un’attr iceintensa come Hiam Abbas unasciatta eroina da fotoromanzoLancio e una storia, sulla cartamagnifica, un disastro con Ju-lian e Rula (Schnabel e Jebreal)nel ruolo di colpevoli protago-nisti. I denari di Tarak Ben Am-mar, ça va sans dire, a benedire laneo unione.

N come noia. Piani sequenzasenza commento musica-

le equivalenti a punizioni cor-porali, bolsi triangoli con 40anni e più di ritardo su Truf-faut, dialoghi improbabili chepretendono realismo e dellarealtà non hanno nulla, risibiliaffreschi pseudosociologici.

Se questa è l’autorialità, uno,cento, mille Robert Rodri-guez.

O come Ozon. Il suo Potic he,con Deneuve e Depardieu,

tra i sorrisi più lievi (e benedetti)della Mostra.

P come panini. O pizze imbal-samate, o ancora, prezzi fol-

li. Bistecche al sapore di pesce,pesce all’afror di bistecche. Spa-ghetti che neanche sull’East Ende colori, odori, ricevute e fatturedipinte di rosso. Vergogna simi-le nei ristoranti che pur di nonpagare gli straordinari, manda-no in trincea 4 camerieri di fron-te a 200 persone imbufalite. Lamozzarella non c’entra niente.

Q come Quentin. Vestito co-me un personaggio delle

sue gang, Mr. President non siè mai fermato. In rotta conti-nua tra Venezia e il Lido tra sa-le, autografi, feste, retrospetti-ve e passeggiate notturne congli altri giurati con i quali ha le-gato e che forse, assieme aisempre evocati idoli Banfi eBouchet, un giorno scritture-rà.

R come Rohrwacher. Costan-zo evade dal suo felice sen-

tiero sperimentativo e dopo tan-ta tolleranza festivaliera, incon-tra, in un solo giorno, ferociadella sala e desiderio irredimibi-le di avere un capro espiatorio,almeno uno prima della fine, dalapidare senza appello. Gridaselvagge: “Questo non è cine-ma”, ululati, sottile gusto per losfogo anonimo. In conferenzastampa, tensione evidente. Lei,Alba, dimagrita per il film di qua-si venti chili è atterrita. Le chie-dono del libro di Giordano. So-spira laconica: “L’ho amato mol-to”. Rispetto alla dieta, sforzoemotivo spaventoso.

S come santino. Quello che unrilassato Aurelio De Lauren-

tiis edifica al suo cinema natali-zio in occasione del premio Va-riety. Non disprezzabile la de-scrizione della scelta del titoloper un’insulsa quadriglia post li-ceale dai planetari incassi: “Ab -biamo fatto un sondaggio casa-lingo tra gli amici di mio nipote ealla fine ha trionfato ‘Maial col-l e ge ’. Non abbiamo fiatato, infondo il film si rivolgeva a loro”.

T come terrazze. Custodite dagangster nerboruti, accessi-

bili solo con tesserini dall’incer -

ta provenienza, regno dellosponsor più o meno occulto,nonché dei festeggiamenti piùmesti dell’intera Mostra.

U come unni. I nuovi barbarisono pronti all’azione. Una

colata di cemento e il Lido cam-bierà faccia per sempre. Appar-tamenti, monolocali, specula-zioni. Qualcuno protesta, i piùfanno finta di nulla.

V come Vittorio. Il film di Scar-chilli su Gassman era nella

media. Esulava dalla stessa inve-ce Gassman. Un’ora di commo-vente archeologia televisiva,più potente di qualunque coc-codrillo, a dimostrare, se possi-bile, che l’avanzare del calenda-rio e dei decenni, non significanecessariamente evoluzione.

Z come l’orgia del potere. Porta-borse, imbucati, “lei non sa chi

sono io” e poi addetti stampa degliaddetti stampa, sottopancia, fintidivi, pornostar, editrici laccate(Sgarbi), funzionari impettiti, par-ty organizzati e poi fatti saltare(Masi, niente da dichiarare?) tantoa Venezia, calato l’oblìo, seguesempre un’altra nota spese.

SECONDO TEMPO

IL FILM DI COSTANZO di Federico Pontiggia

LA SOLITUDINEDEI NUMERI BRUTTI

L a “Solitudine dei numeri primi” è la solitudine dei numeriuno di Medusa: il presidente Carlo Rossella e

l’amministratore delegato Giampaolo Letta, con le facce tristiper qualcuno che se n’è andato. Anzi, che non è mai arrivato:Pier Silvio Berlusconi era atteso ieri, non è venuto; SandroBondi era atteso dalla notte dei tempi, ma lavora duro su altrimotivi, oltre quelli “fa m i l i a r i - p o l i t i c i ”, per stare altrove. Allafine, l’appoggio istituzionale al cinema di famiglia e italianotutto sarà a stretto Giro, l’ineffabile Francesco, sottosegretarioai Beni culturali che colpisce alla cieca: “Va l l a n z a s c a ”, e nonl’ha visto. La solitudine dei numeri primi è quella rivendicatada Saverio Costanzo, soffocato dall’abbraccio editoriale diMondadori: “Atteso, attesissimo, trepidante attesa: uno poi vaal cinema e si aspetta di vedere Il Gattopardo. È atteso perchétratto da un fenomeno letterario, ma rimane un film”. Lasolitudine dei numeri primi è quella che arriva oggi in sala, con380 copie targate Mediaset Group, ma anche la solitudine chepotrebbe seguire al passaparola tra i fan del best-seller. “Èstato come leggerlo per la prima volta”, ma la delizia delloscrittore rischia di esser la croce del film: tra le leve piùautoriali del nostro cinema giovane, Costanzo ha letto il librodi Paolo Giordano, ma soprattutto l’ha riscritto, sovvertendolotra flashback, omissis e tagli sulla pelle narrativa. Il regista di“P r i va t e ” e “In memoria di me” lo sa perché “vedere una storiache già si conosce è negare la potenza del cinema”, viceversa, iproduttori guardano al botteghino, e fanno finta di nonsaperlo. La solitudine dei numeri primi è quella di RiccardoScamarcio, che ha detto no ai 15 chili in più richiesti da Mattia,poi interpretato da Luca Marinelli, e Alba Rohrwacher, che si èridotta a pelle e ossa mantenendo la bravura. La solitudine deinumeri primi è quella delle musiche: da un inedito dei Goblin alMorricone de “L’uccello, dalle piume di cristallo” fino allatechno, per creare la cacofonia necessaria agli ultimi ventiminuti silenziosi. Comunque, troppe, come se una volta pagatii diritti non si dovesse buttare via una sola nota. La solitudinedei numeri primi è espressionismo tedesco: ombre, sagome emostri – Filippo Timi, bravo dopo il ko per Placido – ailluminare le psicosi e ammalare i corpi. La solitudine deinumeri primi è un film di Costanzo e non l’adattamento daGiordano. La solitudine dei numeri primi è l’adattamento daGiordano e non un film di Costanzo. Cos’è, dunque?

20 SIGARETTEVINCE IL “CONTROCAMPO”“IO COMUNISTAd’amore e d’accordo conun prete”. È stato un fuocobipartisan ad accendere le20 sigarette di AurelianoAmadei, sopravvissuto aNassirya e vincitore delControcampo venezianocon l’opera prima sulla “piùgrande tragedia dellemissioni italiane all’e s t e ro ”.La comunista è SusannaNicchiarelli, il prete DarioE. Viganò: con il presidenteValerio Mastandrea hannogiudicato, e premiatoquesto mix di actionspettacolare e intimismopsicologico, in sala conCinecittà Luce. Al netto del

polveroso “ap p o g g i o ” dellaPolverini, Amadei puògioire, e l’ha fatto: prima inSala Grande, perché “ipersonaggi sono le personedella mia vita e non sonomai stato così vivo”, e poidavanti ai fotografi,gridando a squarciagola iltatuaggio che porta sulbraccio, “In ogni caso:nessun rimorso!”. Se con gliinterpreti Vinicio Marchionie Carolina Crescentini,sono arrivate altre lacrime,spumante in bicchieri diplastica e genuinaemozione, Amadei l’haspuntata con la sua “liber tàdi essere, libertà che togliei pregiudizi, libertà deldolore che non deve esserevissuto in modop re s t a b i l i t o ”. E con un saltodietro la camera: da “e ro eper caso” buono per tuttele strumentalizzazioni aocchio che vede, testa nonduole .

(Fed. Pont. )

C A L C I O M E R C ATO

Robinho, potereelettorale brasilero

N el momento politico più de-licato per il Pdl, ora che i

sondaggi danno un’ipoteticaalleanza tra Gianfranco Fini e icentristi quasi al 7 per cento, ilpresidente del Consiglio SilvioBerlusconi si ricorda dei suoitifosi. E il Milan, ancora una vol-ta, torna ad essere il punto dipartenza per convincere che èpossibile fare grandi cose. Ec-co che, dopo Zlatan Ibrahimo-vic, la campagna acquisti deirossoneri coinvolge anche Ro-binho, 26enne (ex?) fenome-no brasiliano presentato ieri.“È stata una giornata esaltan-te”, ha dichiarato l’amministra -tore delegato del Milan Adria-no Galliani. Aggiungendo:“Berlusconi non avrebbe maidetto di sì a giocatori normali,ma solo a giocatori super”.Giocatori super per far felici imilioni di tifosi milanisti, chepotrebbero presto diventaremilioni di elettori soddisfatti.Almeno del calciomercato.

Quentin Tarantino, presidente della Giuria (FOTO ANSA)

Page 15: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

pagina 16 Venerdì 10 settembre 2010

TELE+COMANDO

di Paolo Ojetti

T g1Dribblando le cortine fumogene che il Tg1

sparge in giro quando si tratta della politica, lo sce-nario è chiaro. Berlusconi ha rinunciato come unrazzo alle elezioni politiche anticipate, glielo dico-no i sondaggi e glielo dice anche il trio Verdini-LaRussa-Cicchitto. Questa virata strepitosa passa neipastoni politici con la solita collezione di dichia-razioni ovvie: Berlusconi è più debole, Berlusconiè un “p re m i e r ” responsabile, Berlusconi ha pauradi Bossi, Berlusconi lavora e si sacrifica per gli ita-liani tutti. A questo punto ci si aspettava un altroeditoriale di Minzolini: “L’ho detto l’altro giorno elo ripeto: meglio le elezioni anticipate, sono la stra-da maestra, il sale della democrazia e se Berlusconiha cambiato idea, io me ne sbatto altamente, io ra-giono con la mia lucida testa, nel pieno eserciziodella autonomia del grande giornalista”. Niente, in-vece niente. Nemmeno un secondo editoriale d’al -tro tono: “L’altro giorno ho equivocato, ora mi ètutto chiaro, meglio arrancare e chi se ne frega delsale della democrazia”. Sound of silence.

T g2L’altro giorno i ministri berlusconiani grida-

vano in coro: alle urne, questo ci chiede il po-

polo. Oggi, sempre tutti incoro, mormorano: nienteelezioni, noi siamo respon-sabili, il governo va avanti.Un voltafaccia collettivo dirara perfezione sincronica,il coreografo non si discutee i ballerini piroettano co-me un sol uomo. Nel Tg2 èriapparso, parlante, ancheDenis Verdini. Di numerise ne intende e, quindi, giu-ra che loro ne hanno a suf-

ficienza per tirare a campare. Passa anche un ser-vizietto da Gubbio sulla neonata “scuola quadri”del Pdl. L’officiante è Sandro Bondi. I quadriapprendono che s’erano covati una serpe in se-no, l’eretico Fini che – Dio lo fulmini - ha fondatoun’altra chiesa. Poi, dopo l’intemerata, quasipiangeva all’idea che qualcuno abbia potuto rat-tristare Silvio.

T g3Carmen Santoro ed Elisabetta Margo-

nari inviate al fronte di Torino per cercare discavare nell’anima del Pd dopo il fumogeno con-tro Bonanni. I servizi non si lanciano in anatemi enemmeno in assoluzioni preventive: fotografa-no il giorno dopo fra qualche allarme, qualchegiustificazione (“la tensione politica è alta, i par-titi sono lontani dalla gente”), qualche condan-na in nome della libertà di espressione e moltasolidarietà, quella di Epifani su tutte. Vieneavanti anche il “caso” Brunetta che parla di “ani -ma squadrista” del Pd: sciacallaggio, ma in pic-colo. Un capitolo anche alla gaffe di Andreotti suAmbrosoli: il senatore si lascia scappare un “sel’è andata a cercare”. La lingua batte dove il den-te duole, sono i riflessi condizionati di chi fecedare a Sindona il premio di “salvatore della li-ra ”.

IL PEGGIO DELLA DIRETTA

F i ct i o na grana grossa

di Luigi Galella

S i potrebbe marameldeg-giare sulle qualità attoriali

dei “mar morei” prota goni-sti, Gabriel Garko e M a-nuela Arcuri, ma si provaun certo pudore, talvolta, aesercitare il mestiere dellacritica e si vorrebbe piutto-sto soprassedere. Ancheperché rimane, di fondo,una qualche forma di rispet-to verso le manifestazioniche attraggono il pubblico.Non le presunte, ma quelleche oltre ad annunciarlo ilsuccesso lo conseguono. E“Il peccato e la vergogna”(Canale 5, mercoledì,21.30) è una fiction di suc-cesso (26,8% di sharenell’ultima puntata e quasi40% di picco). E come talequindi andrebbe trattata.Anche se parla della storiarecente come di uno sfondodipinto su un palco teatrale,piatto e arbitrario, anche selambisce la tragedia delleleggi razziali con intentostrumentale, anche se le psi-cologie dei personaggi sonoradicalizzate su perfetti ste-reotipi, che mettono a duraprova le qualità degli attori,per chi le possiede, costrin-gendoli a rincorrere invanoun’espressione convincen-te. Il successo non è ovvia-

mente la sola misura del giu-dizio, ma può servire, inquesto caso, a mitigarne laseverità. Anche perché nonsembra esserci molto altro.La vicenda ha origine da unincipit lacrimevole: un bam-bino abbandonato da suamadre in un orfanotrofio: lasua vana disperazione, lechiavi che si richiudono allesue spalle e ne rinserrano les p e ra n z e .Lo ritroviamo adulto, Nito(Gabriel Garko), divenutopicchiatore a pagamento,che lascia quasi in fin di vitaun uomo mentre la figlia,Carmen (Manuela Arcuri),accorre disperata in suo soc-corso. È bella, bellissima, al-meno così dicono tutti gliuomini che la incontrano eche se ne innamorano all'i-stante, perdutamente, alpunto che Garko, vedendo-la, ne rimane folgorato,proiettando su di lei l’a m b i-valente fascinazione di amo-re-odio vissuta per sua ma-dre. Siamo appena all’iniziodella lunghissima trama,che vedrà Garko primaamante dell'Arcuri e poi suospietato aguzzino, primabandito e poi gerarca fasci-

sta, persecutore degli ebrei,e quindi anche della fami-glia di una bella signora(Marisa Berenson), che luiuccide nell’ultima scenadella terza puntata, mentresta fuggendo in America in-sieme ai suoi due figli ma-s ch i .Il drammone è intinto dipresunzioni psicanaliticheperché è facile intuire, operlomeno così ci sembra dicredere salvo smentite allaquarta puntata, che quellasignora da lui brutalmenteammazzata è la donna che loaveva abbandonato, pro-prio lei, sua madre, e i duefigli, quindi, suoi fratellastri.Se ne deduce che l’altra fi-glia da lui sedotta è sua so-rella. E che lo stesso Nito,fascista, figlio di un'ebrea,dovrebbe farsi quindi perse-cutore di se stesso. Così, fraun incesto, l’assassinio dimadre e fratelli, e la ricercadella “colpa” che risiede inse stesso, si andrebbe benoltre la tragedia greca. Versola tragedia delle modernesceneggiature di plot a gra-na grossa, che dosano san-gue, sesso e colpi a effetto,come snodi utili ad ospitareal meglio i veri, unici, pro-tagonisti delle serate nazio-nal-popolari: i consigli pergli acquisti.

TG PAPI

Ti r a r ea campare

Gabriel Garco, protagonistadella fiction

“Il peccato e la vergogna”

SECONDO TEMPO

Venerdì 10 settembre 2010 pagina 17

èMINACCE FACEBOOKPER L’AD DI ATAC BERTUCCIUn gruppo su Facebook che sidefiniva eversivo e che dichiarava lapropria sede “in via Licio Gelli”,incitava ad uccidere l’a m m i n i s t r a t o redelegato di Atac, Adalberto Bertucci.Il gruppo aveva come simbolo il logo dell’azienda dellaMobilità del Comune di Roma e come motto “Atac dim e rd a ” era già apparso da qualche tempo. Vantava 67iscritti tra i quali una sezione locale di una conosciutaassociazione nazionale di consumatori. Tra gli obiettividell’attività come dichiarato dagli stessi fondatori, che siautodefinivano “leader maximo” e “capo delle legioni diassalto ai capolinea”, anche le Ferrovie dello Stato. Ilgruppo comunque è stato già rimosso mentre ne esistonoaltri tre con lo stesso nome che criticano l’azienda senzaperò incitare alla violenza. (Francesco Carbone)

f e e d b ac k$Commenti all’articolodi Marco Lillo:“C i t o f o n a reBerlusconi” dailFattoQuotidiano.it

è CI SARÀ una cucinaScavolini anche in questecase? Sicuramente ci sarà unbel lettone di Putin!!

Mar io

è IO CREDO che più checiarpame politico qui sitratti di valori ben piùimportanti, valori morali chetoccano le donne, chevengono sempre piúriconosciute unicamente inun contesto di barattosessuale .

bor ibo

è SE LECANDIDATURE sonoimposte non le possiamoscegliere, e soprattuttorestano tagliate fuori donnee uomini che non sono invendita e magari hanno realipassioni politiche. Uno puòpagare sesso (se proprioproprio vuole col suodenaro, non con ciò che nongli appartiene)!!!!

p a n d o ra

è IL PROBLEMA nonsono gli appartamenti, che ilpremier può aver compratocon soldi suoi, ma il fattoche queste ragazze vengonofatte entrare nel giro(possiamo immaginare incambio di cosa) e in qualchemodo poi devono esseresistemate, con un posto davelina o al grande fratello oda consigliere provinciale oin parlamento non fa ladifferenza. È questaassimilazione tra politica (ociò che dovrebbe essere) etelevisione/spettacolo ilvulnus (o uno dei più gravi)che B. ha provocato aquesto Paese: questo è ilrisultato di vent’anni dib e r l u s c o n i s m o.

S TATA L E 1 0 0 0 E U RO

è ALMENO ha risolto ilproblema della casa…Anche se non per tutti.

anticr icca

è SONO CERTO, chenon tutte le donne si fannousare così pur di arrivare ailoro scopi e son semprecerto che chi lo fa prima opoi annegherà nella melmada cui era venuta.

a n d re a s m i u s

è QUESTO È IL PRIMOmotivo per cui leggeelettorale vigente devecambiare subito!!!!, Leggocon piacere che ItaloBocchino propone ditornare a quella precedente,che è senza dubbio miglioredi questa “p o rc a t a ”!

L a u ra

è CREDO CHE non ci siamodo migliore per uccidereogni possibile speranza inuna società equa, che nonquesto di vedere piazzate inruoli di amministrazionepolitica le amanti di B., privedi ogni competenza,consenso e qualifica

l o o p t ra i n

è CHISSÀ QUANTEbravissime ragazze, magaricon più titoli di studio, sonocostrette a vivere daco.co.co. Che Paesedisastrato, il nostro.

To s c a 1 9 4 4

èMI VIENE DAPIANGERE se penso chestiamo parlando delpresidente del Consiglio

p ro f 7 4

MONDO WEBANNUNCIO DELL’EDITORE DEL NYT

Un futurosenza carta

Forte dei suoi 32 milioni diutenti unici al giorno, ilNew York Times è la coraz-zata dell’informazione su

Internet: se imbocca una stra-da, tutte le altre testate onlinenon possono che seguirlo. Perquesto ha fatto molto rumore ladichiarazione dell’editore delTimes Arthur Sulzberger: “Pr i-ma o poi, in futuro, decideremodi non stampare più la versionecartacea del nostro giornale” haannunciato durante un incon-tro a Londra. Il boss del Nyt r i-sponde così a un’analisi pubbli-cata online da Henry Blodget,fondatore di Business Insider:“L’economia delle news online– la sua opinione – non permet-te di mantenere le infrastruttu-re e gli investimenti di cui ne-cessitano i giornali cartacei”. IlNew York Times è riuscito ad in-cassare 150 milioni di dollaridalla pubblicità dal sito, ma co-munque, aggiunge l’analista,“dovrà prevedere ristruttura-zioni che facciano diminuire icosti”. Sui proventi dalle pubbli-cazioni online, in realtà, il Times

di Federico Mello

GRILLO DOCETB A S TA !Oggi sono

leggermente irritato.Capita. Non me ne frega un cazzodei politici. Continuano a farmidomande su cosa penso di Schifani odi Chiamparino, di Fini o di Bossi.Voglio dare una risposta definitiva ecumulativa anche per il futuro: “Non me ne frega uncazzzo (ho aggiunto una z di rinforzo) di qualunquepolitico”. Non devono esistere i politici, ma chemestiere è? Deve esistere la politica come “ser viziocivile”, cittadini a tempo determinato che si dedicano alloro Paese. I quotidiani sono diventati gossip, Casinionnipresente, Fini l’uomo nuovo e lo psiconano eBersani e D'Alema. Basta. Questa gente è responsabile

dello sfacelo del Paese, vive da trent’anni distipendi pubblici e non si è ancora tolta dallepalle da sola. E ci parla di soluzioni, di strategiaeuropea, di alleanze programmatiche? Nonsono riusciti neppure a far funzionare i serviziminimi, come le Poste e la Scuola e la Giustizia e ilFisco e la Salute. Basta con questa classe politica!Con questi nomi ammorbanti. Hanno indebitatoogni italiano con 30.000 euro, distrutto l’industriache poteva garantire un futuro alle nuovegenerazioni, dall'Olivetti alla Telecom, all’Italtel,distrutto il territorio, consegnato quattro regioni allemafie e anche gran parte del resto d'Italia. Il cittadinodeve prenderepossesso dellapolitica, della

sua vita e questamassa di incapaci,nutriti dalla greppiapubblica, uscire dallaporta per non dovertrovarsi a saltaredalla finestra. BASTA!

èSALGONO LE TARIFFE DI “UNBUNDLING”GLI OPERATORI CONCORRENTI: “I PIÙ CARI D’E U R O PA”Il Consiglio dell’Autorità per le telecomunicazioni, hadato il via libera all’aumento delle tariffe “unbundling”,ovvero al canone che le aziende telefoniche pagano aTelecom Italia per accedere alla sua rete, sia per iltraffico telefonico che per il traffico Internet. Il canoneresta confermato per il 2010 a 8,70 euro/mese. Neglianni 2011 e 2012 viene fissato rispettivamente a 9,14 e

9,48 euro/mese. “Per l’anno in corso –osserva l’Autorità – l’adeguamento previstocolloca l’Italia al di sotto della media deiprimi sedici Paesi Ue”. Gli operatoriconcorrenti di Telecom, però, dicono ilcontrario ovvero che l’aumento “re n d el’Italia uno dei paesi più cari in Europa”.

D AG O S P I ASUPER LAVOROAL TG LA71) Assembleastraordinaria in corso aLa7: i giornalisti deltelegiornali si sono riuniti inseguito allo scambio di letteretra il Cdr e Mentana. Il sindacato

chiedeva l’osservanza degli orari di lavoro, dopol’accelerazione impressa da Chicco alla macchina del tg e lareplica di Mitraglia che li ha letteralmente sfanculati.2)A proposito di Mentana: qualche giorno fa, il FigliolProdigio si è attovagliato da Checco Er Carrettiere, inTrastevere, con l’Elefantino. Menu: il ritorno di Ferrara allaguida di “Otto e mezzo”. Cosa che ha fatto piacere aldirettore de “Il Foglio” che aveva rifiutato, durante unincontro col Nano di Palazzo Grazioli, di editorialeggiaredentro il TG5.3)No, Belén a Sanremo la vuole solo il di lei manager LucioPresta. Sado-Masi l’ha bocciata perché è troppo“testimonial” della Tim, mejo due italiane, Canalis e Arcuri,anche per celebrare i 150 anni della disunità d’Italia.4) Chi sarà il pezzo grosso dell’Udc che sta per passare conil presidente del Consiglio Silvio Berlusconi? La campagna

acquisti, dopo il rigetto del voto anticipato, si fas e rr a t a . . .

èVIA A “ALL CASTING NETWORK”IL SOCIAL NETWORK DELLO SPETTACOLOVerrà presentato oggi al Lido di Venezia il“Casting Network”, durante un eventoorganizzato da Expo Venice e Biennale diVenezia (in collaborazione con la 67° MostraInternazionale del Cinema): un vero eproprio Facebook dello spettacolo curato daAll Casting Magazine e AGPC-AssociazioneGiovani Produttori Cinematografici, dovetalenti, registi e filmaker possonopromuovere il proprio talento sfruttando leconnessioni con i fan e creando opportunitàdi lavoro con aziende dello spettacolo.La novità è allettante oltre che per gli artisti,anche per gli operatori dello spettacolo chepotranno creare le proprie reti di contattiinternazionali, e per gli sponsor chepotranno proporre contest artistici perpromuovere il proprio marchio e ottenerevisibilità offrendo contratti di lavoro aivincitori. Numerose le istituzioni dellospettacolo che già hanno aderito all'iniziativaiscrivendosi al social network. Un’occasioneda non perdere.(Pasquale Rinaldis)

SECONDO TEMPO

L’editore del NyT Sulzberger;il sito del Times;

la finestra tricolore a Venezia;il social network dello “spettacolo”

è LO STREAMING È LEGHISTALA DIRETTA DEI “POPOLI PADANI”Col diffondersi dello streaming via Internet,tutti i partiti si sono attrezzati perdiffondere i loro eventi. Ora tocca anchealla Lega: “Noi c’eravamo per raccontarvi iprimi passi della Lega”, è lo spot con cuiTelepadania, storica emittente leghista,annuncia il proprio sbarco sul Web(padanianet.com), a partire dal 12settembre, in occasione della tradizionalefesta dei Popoli Padani che si svolge aVenezia. Vedremo se l’emittente inquadreràanche la bandiera italiana esposta ogni annodalla signora Lucia Massarotto.

non è fermo: sempre Sulzber-ger ha annunciato che all’iniziodel prossimo anno verrà intro-dotta sul sito un sistema di pa-gamento basato sul numero diarticoli letti “che permetterà aimilioni di lettori che arrivano danoi tramite i motori di ricerca ditrovare quello che cercano”.Il cielo sopra il futuro dell’infor -mazione è confuso ma in fortemovimento. Come scrive PuntoI n fo r m a t i c o , sia la rete di blog“Gawker Media” che l’Huffin -gton Post hanno battuto ogni al-tro sito (ad eccezione propriodel New York Times) per numeridi contatti nel mese di luglio rac-cogliendo rispettivamente 18,9e 21,6 milioni di visitatori unici.Naturalmente queste testatehanno bilanci a posto essendomolto più economico il loro bu-siness rispetto ai concorrentistampati. Non è dato sapere, co-munque, cosa ci riserva il futu-ro dell’informazione, ma di cer-to i giornali troveranno altrestrade per continuare ad infor-m a re .

f . m e l l o @ i l fa t t o q u o t i d i a n o . i t

Page 16: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

pagina 18 Venerdì 10 settembre 2010

PIAZZA GRANDEDa Mirabello a Torino

di Nicola Tranfaglia

Chi l’avrebbe detto cheun leader politicodell’Italia contempora-nea come Gianfranco Fi-

ni, da trent’anni presente inParlamento, facesse un di-scorso di radicale condannadell’avventura a cui ha parte-cipato per 17 anni con unruolo tutt’altro che trascura-bile, e stilasse una condannasenza appello per Berlusconie ancor di più per il sistemache il Cavaliere di Arcore hacreato e consolidato in questianni?Nessuno avrebbe potuto pre-vederlo. E chi ha ascoltatocon attenzione il suo discorsodi Mirabello ha pensato piùvolte di non credere alle sueorecchie. La gestione del Po-polo della libertà, che è statofondato da Berlusconi e dallostesso Fini, non più tardi didue anni fa, è stata definitacome emergente dalle “pa gi-ne del peggior stalinismo”. Laleadership del Cavaliere è sta-ta giudicata espressione diuno “spirito proprietario”che confonde la gratitudinecon il divieto di avanzare cri-t i ch e .I telegiornali che risalgono alpresidente del Consiglio e so-no ahimè la grande maggio-ranza con assai scarse ecce-zioni (tra le quali si segnalainopinatamente quello diret-to da Mentana su La7), ricor-da Fini, “sembrano essere fo-tocopie dei fogli di ordine delPdl.

Cricche, attacchie pentimenti

E SI POTREBBE continuare alungo segnalando “la campa-gna infame”, attribuita a ragio-ne a il Giornale e a L i b e ro , ambe-due considerati i giornali dellafamiglia Berlusconi che conti-nuano da molti mesi una cam-pagna martellante sulla casa aMontecarlo di Gianfranco Fini,senza pensare neppure per unmomento che assai di più e dipiù grave bisognerebbe dire(se fossero giornali degni diquesto nome) per la P2 e P3,per gli affari della “cr icca” e lagestione del terremoto deL’Aquila che vedono al centroimprenditori legati a ministridel governo Berlusconi, ad altrifunzionari dello Stato comedella Protezione civile.Il presidente della Camera hademolito le fragili difese del so-gno berlusconiano indicando,con attacchi precisi, i metodiantidemocratici che reggono ilsistema, la mancanza di una po-litica economica e industrialepreoccupata dei giovani, la re-sistenza pervicace a modifica-re il sistema elettorale (rispettoal quale Fini ha pur dovuto ri-cordare di essere stato tra gli au-tori ma di cui ormai apparepentito).E così via, preoccupato a nonprovocare la scintilla dell’inci -dente, ma, nello stesso tempo,determinato a non concederenulla e a rivendicare una colla-borazione continua anche seconflittuale con quella parte diPdl che, grazie al tradimento dimolti suoi colonnelli di Allean-za nazionale, continua a occu-pare i posti decisivi nella mag-gioranza parlamentare comenel governo Berlusconi.Un discorso quello di Fini che

ha indicato con chiarezza leambizioni di leadership dell’exsegretario di Alleanza naziona-le e prima ancora del Movimen-to Sociale ma che non ha rispo-sto a quel che farà d’ora inpoi.Era del resto assai difficile farlosenza arrivare a una rotturacompleta, e per così dire pre-giudiziale, con il suo antagoni-sta di centrodestra, provocan-do così lui quelle elezioni cheBossi e Berlusconi desideranofortemente ma che hanno dif-ficoltà a proclamare aperta-mente per il timore delle rea-zioni popolari, come dei poteriforti (a cominciare dalla Con-findustria) a cui hanno bisognodi essere legati.Resta il fatto, evidente dopo lagiornata di ieri, che la crisi delgoverno Berlusconi è ormaiinevitabile e che sarà difficileandare avanti molto tempo an-cora nella legislatura.Fini può dire ancora una voltache intende mantenere il pattoelettorale e che il gruppo par-lamentare Futuro e libertà vo-terà in maniera disciplinata ecostante la fiducia richiestadall’esecutivo ma sarà fataleche, di fronte a provvedimentiche mettono in gioco la legali-tà, i principi fondamentali deldettato costituzionale ma an-che la politica economica e so-ciale, le strade si divideranno equella che aspira a diventare la“nuova destra” passerà all’op -posizione del berlusconismo.Del resto è questa la prova de-cisiva che attende il leader diMirabello con la sua pattugliadi militanti e di parlamentari. Osi salta davvero il Rubicone o ildramma diventa una farsa emuore la speranza tra i giovanidi destra che lo seguono, e gliitaliani che magari restano a si-nistra ma sanno di dover guar-dare con rispetto e interesse auna destra finalmente demo-cratica ed europea.Ma questi sono giorni che se-gnano la fine della Sedicesimalegislatura ed è per molti aspet-ti che anche il centrosinistra nesia investito perfino nei luoghiche la festa nazionale del Parti-to democratico ha indetto a To-rino, una delle città italiane nel-le quali il Pci esercitò per molti

anni la sua indiscussa egemo-nia nei primi quarant’annidell’Italia repubblicana.

Vi o l e n z ae fumogeni

COSÌ È ACCADUTO ch e ,dopo i fischi dei giorni scorsi alpresidente del Senato, RenatoSchifani, che molti giornali sisono affrettati a definire comeatti di squadrismo quando, inrealtà, il senatore del Pdl era riu-scito dopo le contestazioni ver-bali a raggiungere senza dannil’uscita e ritornare ai suoi quo-tidiani incontri con il leader del“populismo autoritario”, la

contestazione è divenuta vio-lenta e si è tradotta nel lancio diun fumogeno che ha raggiuntodirettamente il segretario ge-nerale della Cisl Raffaele Bo-nanni che ha dovuto rinuncia-re del tutto al dibattito.Tra i contestatori c’erano i mi-litanti dei centri sociali di Tori-no ma anche operai esasperatidalla presenza alla Festa di av-versari politici del centrosini-stra e schierati più o menoapertamente con la destra ita-liana.Certo, la violenza è inaccettabi-le in ogni sede e ancora di piùall’interno di una Festa di par-tito che è, per definizione, luo-go di dibattito e di confrontotra forze politiche e sindacali.In questo senso c’è da chieder-

si, come ha fatto il segretariodel Partito democratico PierLuigi Bersani, se non ci sianostati, anche da parte delle forzedell’ordine, errori e incapacitàdi cogliere in tempo il pericoloche la situazione potesse dege-nerare dopo le ultime dichiara-zioni di Bonanni che anche inmattinata a Torino aveva difesola disdetta del contratto dei me-talmeccanici appena fatta daFedermeccanica e la politicadella Fiat inaugurata a Pomiglia-no.Ma forse c’è da considerare chegli operai e i giovani a Torino,come in molte altre città, sonoesasperati dalla politica econo-mica del governo e da quelladella Confindustria.Vero è che una destra comequella berlusconiana è ormaiarrivata al capolinea e nella suainevitabile caduta corrono il ri-schio di aumentare gli episodidi violenza e di attacco alla de-mocrazia. C’è da sperare che laclasse politica al governo ne siaconsapevole e lo sia anchequella parte dell’opposizioneche non ha ancora compreso ilpunto in cui siamo e si illude dipoter andare avanti come sefossimo in un Paese normale.Non lo siamo e forse siamo an-cora più lontani di quanto lofossimo dieci o venti anni fa.Questo ci dice l’andamentodella Festa di Torino e sarebbe ilcaso di rendercene conto.

G i u s ta m e n t e Édi Bruno Tinti

SUPER PARTES,MA DOVE?D i questi tempi sembra che, tra i requisiti necessari per “fa re

politica”, la faccia di tolla (la tolla è la latta, quelmateriale ferroso vile con cui sono fatti i prodotti usa e getta) siail più importante. Questa riflessione si ripropone ogni volta che,tra le tante sciocchezze che B&C raccontano quanto al “casoFini”, sento dire che questi dovrebbe dare le dimissioni dallacarica di presidente della Camera perché quella è una funzionedi garanzia; perché il presidente della Camera deve essere superpartes; perché Fini, essendo entrato in conflitto con il suopartito, il Pdl, e addirittura avendo in animo di fondarne unaltro, è diventato uomo di parte; perché dunque questa funzionedi garanzia non può più assicurarla. Ora, è vero che le funzioni dipresidente della Camera e del Senato sono funzioni di garanzia.Questo non è detto esplicitamente dalla Costituzione, però lo sicapisce dalle modalità di elezione: scrutinio segreto,maggioranza richiesta assai elevata, due terzi dei componentidella Camera nelle prime tre sedute, maggioranza assoluta deipresenti dopo la terza; in questo modo vi è una ragionevolesicurezza che chi assume queste funzioni riscuota la fiducia di ungran numero di deputati e sia da questi effettivamenteconsiderato super partes. Il punto è che ciò è stato vero fino aquando non è stata accettata tra l’indifferenza generale laconcezione proprietaria delle istituzioni imposta da B. Inprecedenza l’esigenza di avere presidenti di Camera e Senatoliberi dai condizionamenti dei partiti, e dunque in grado disvolgere il loro ruolo in maniera autonoma e indipendente,aveva portato a una prassi rigorosamente seguita fin dal 1948:uno dei due presidenti veniva scelto tra gli appartenenti allamaggioranza, l’altro tra i deputati o i senatori della minoranza.Perfino la classe politica smascherata da Mani Pulite, perfino iladri di regime avevano rispettato i fondamenti di una verademocrazia. Pochi si stupiranno nell’apprendere chel’abbandono di questa prassi di “ga ra n z i a ” risale al 1994, alprimo governo di B&C, quando Pivetti (Lega) fu presidente dellaCamera e Scognamiglio (Forza Italia) fu presidente del Senato:della serie “io so io e voi nun siete un cazzo” (Belli - Li sovrani dermonno vecchio). Sicché le lagne di oggi sul tradimento di Fini,reo di aver abbandonato il partito che da 16 anni si appropriadelle presidenze di Camera e Senato, fregandosene alla grandedella loro “fondamentale funzione di garanzia”, sono davveroincoerenti. Ma c’è di più. B&C dovrebbero spiegare perché il

fondatore di un partito, il vertice di una fazionepolitica, il leader di una maggioranza che hafatto della sopraffazione (attraverso i decretilegge e il ricorso alla fiducia) il metodo abitualedi esercizio del potere, dovrebbe essereconsiderato super partes e idoneo ad esercitarela funzione di garanzia propria della presidenzadella Camera se appartiene a una formazionepolitica che si chiama Pdl. Mentre perderebbequesta caratteristica se appartiene a un piccolopartito che si chiama Futuro e libertà. Perché,sia chiaro: al di là di quanto raccontato dallapropaganda del Minculpop di regime, nellarealtà B&C non dicono che Fini deve dare ledimissioni perché è diventato il leader di unnuovo partito; dicono che deve dare ledimissioni perché non è più il co-leader del Pdl.È questo che gli sottrarrebbe le caratteristicheindefettibili del presidente della Camera:imparzialità, autonomia e indipendenza; che,come tutti sanno, sono le stigmate di B&C: tuttigli altri pronti a vendersi l’anima. “Io so io…”,appunto.

Modello Trentinoper salvare la scuoladi Pierfranco Pellizzetti

Prosegue la danza maca-bra attorno al sudariodella scuola. La cui mi-nistra Mariastella Gel-

mini (prestanome di Tre-monti nel suo prosciuga-mento per fare cassa e finan-ziare le mattane del federa-lismo leghista) giovedì comi-ziava che non tratta con lafolla di precari a spasso, inquanto molti di loro sareb-bero “politicizzati”. La colparisulta avere un’opinionepurchessia o l’essere stati in-seriti per dubbi meriti? Sa-rebbe meglio chiarire. Maga-ri spiegando come mai – i n-tanto – si regolarizzano tor-me di insegnanti di religione

mai vagliati da istituzioni go-vernative, bensì indicati dairispettivi vescovi. Nella mor-sa del “prendi i soldi e scap-pa” ministeriale e la resisten-za passiva di corporazioniburocratiche, risulta difficilemettere a fuoco il bersaglio.E l’ansia di concretezza puòfar commettere errori. Maga-ri riproporre l’idea del “b u o-no scuola” che le famiglie po-trebbero spendersi libera-mente.

Genitor igiudici assenti

IDEA DEMAGOGICA,quella dei genitori quali mi-gliori giudici della didattica, vi-

sto il loro cronico assenteismonell’ipotetica governance in-segnanti-parenti-studenti. Colrisultato prevedibile di tale in-differenza, che in prevalenzaconsidera la scuola un’area diparcheggio dei propri figli:puntare il bonus sul percorsopiù facile, più “accomodan -te”. Leggi a vantaggio dell’of -ferta privata, largamente con-

Gli operaie i giovanicontestatoridi Bonanni, comein molte città,sono esasperatidalla politicaeconomicadel governoe da quelladella Confindustria

SECONDO TEMPO

fessionale. Proprio l’aspettosu cui da anni fa leva – g u a rd acaso – la proposta di riformascolastica propugnata da Co-munione e liberazione (chequantifica persino l’impor todell’assegno: 8.700 euro) alloscopo di scardinare quel cheresta della scuola repubblica-na di cittadinanza, ovviamen-te pubblica.

Italiafanalino di coda

SEMMAI ALTRE sono le vieda battere. Reperibili sullostesso territorio nazionale.Partiamo dalla ricerca sull’ap -prendimento scolare dell’Oc -se – il Pisa – che fotografa unarealtà a dir poco imbarazzan-te: l’Italia in concorrenza conGrecia e Portogallo per le po-sizioni di coda. Ebbene, sescorporiamo il dato scopria-mo che la Provincia di Trentosi piazza a pari punti con il Pae-se in testa alle classifiche: la Fi-nlandia.Cosa è successo in Trentino?

Semplice: sono stati affrontatii nodi della motivazione e delcontrollo di qualità. Perché –diciamocelo – il nostro perso-nale docente viaggia al di sottodelle remunerazioni Ocse (uninsegnante italiano con tre lu-stri di carriera percepisce 32mila dollari, contro medie di40 mila), condannato a demo-tivanti condizioni da travet. Si-tuazione da affrontarsi assie-me all’introduzione di chiaricriteri valutativi, che sotto-pongano a vaglio rigoroso i ri-sultati del lavoro d’aula, grati-fichino chi continua a impe-gnarsi e penalizzino quanticonsiderano la cattedra unaprebenda garantita, a prescin-dere. Tutto ciò in base al prin-cipio secondo cui non c’è si-stema premiante senza conte-stuale definizione degli stan-dard attesi e relativi meccani-smi di verifica.Il resto, dalle scempiaggini sul-la scuola etnico/dialettale finoal “modello impresa” applica -to all’education, sono soloa b ra k a d a b ra per occultare benaltri obiettivi.

L’Italia è agli ultimiposti con Greciae PortogalloBisogna affrontarei nodi dellamotivazione edel controllodi qualitàe remuneraredignitosamentei docenti

I contestatori di Bonanni a Torino (FOTO ANSA)

Page 17: Il Fatto Quotidiano Del 10 Settembre 2010

Venerdì 10 settembre 2010 pagina 19

Furio Colombo A DOMANDA RISPONDO7

MAIL B OXScuola: la riformache nessuno chiedeSulla questione della “r i fo r m aGelmini” ci sarebbe poco da di-re: ci sono solo tagli e nessunprogetto che renda la scuola piùutile alla società. Secondo me, lascuola dell’obbligo dovrebbedurare due anni in più, seguitada 3 anni di liceo con i vari in-dirizzi. Il compito della scuoladell’obbligo non dovrebbe esse-re selettivo, ma quello di for-mare cittadini consapevoli, in-formati della nostra storia re-cente, con particolare riferi-mento alla nostra Costituzione,conoscitori delle regole dellapolitica e delle leggi elettorali,formati scientificamente sullasessualità e la corretta alimen-tazione, educati al rispettodell’ambiente .Paolo De Gregorio

Il precariato dei professorisi risolve con i concorsiIl precariato da sempre invocal'ope legis o i cosiddetti concor-si riservati. Capisco che sonomodi per cavare d'impaccio unostato criminale che fa lavorareper anni persone sottopagatesenza prospettive di stabilizza-zione. Ma l'anzianità di precaria-to non può essere titolo suffi-ciente per ottenere il ruolo; dicerto non lo è per una profes-sione che dovrebbe essere al-tamente specializzata comequella dell'insegnante. A un gio-vane appena laureato che vogliainsegnare si deve fornire unostrumento concorsuale che gliconsenta, se è davvero bravo, di

entrare in ruolo in tempi ragio-nevoli; non gli si può dire chedeve aspettare 10 anni perché iposti disponibili servono per si-stemare, ope legis o con farse-schi "concorsi riservati", i pre-cari. Men che meno se i "pre-cari", come succedeva alla finedegli anni '80, sono semplice-mente quelli che hanno già par-tecipato ai concorsi e non li han-no vinti.Franco TrabattoniProfessore ordinario di Storia dellaFilosofia Antica Università Milano

Conti dell’Eneltasche degli italianiGentile Direttore,non so se la dichiarazione di Ful-vio Conti, amministratore de-legato di Enel (Lo Stato ci aiutinel piano nucleare contro unaminoranza di antinuclearistisnob violenti) sia più offensivache ridicola. Considerando illuogo dove è stata raccolta(Cortina d’Ampezzo) e la stra-grande maggioranza degli italia-ni che con un referendum hanno

detto chiaramente no al nuclea-re, si potrebbe pensare cheConti parlasse allo specchio, vi-sto che lui stesso fa parte di quelpugno di avventurieri che vuolefar pagare a milioni di italianiqualcosa come 14 miliardi di eu-ro per 4 centrali nucleari. L’ap -pello di Conti diventa inquietan-te quando fa appello allo Statolasciando intendere che le pri-vatizzazioni in atto e quelle fu-ture sono un bell’argomento sepagate con i soldi nostri. La Ger-mania è ridiventata la locomo-tiva d’Europa anche grazie allosviluppo delle energie alterna-tive, con la creazione di 350.000nuovi posti di lavoro da un annoa questa parte, mentre il nuclea-re qui da noi ne creerebbe20.000. Senza contare che già daoggi qui in Italia il fotovoltaico eil solare è di gran lunga più con-veniente e si sta diffondendo amacchia d’olio. È evidente che iConti dell’Enel sono tutta un’al-tra cosa rispetto ai conti chevorrebbero pagare le famiglieitaliane .Lino PironatoComitato Antinuclearedi Legnago e Basso Veronese

Sono contestatorinon sono delinquentiCaro Direttore, vorrei espri-mere tutta la mia solidarietà aquel gruppo di benemerite per-sone che al dibattito nella festadel Pd di Torino hanno fischiatoe contestato, Presidente del

Senato Schifani, e che il gior-nalista del Tg3 ha apostrofatocome "grillini", mentre invecesono della civilissima associa-zione delle "agende rosse", cheportano avanti una forma diprotesta molto forte, semprein forma civile, per ottenere ve-rità sulle stragi di mafia che han-no ucciso Falcone, Borsellino egli uomini della scorta. Subitosono arrivate le parole di con-danna da parte degli esponentidel Pd Fassino, del PresidenteNapolitano; dimostrando an-cora una volta la totale subal-ternità al governo Berlusconidella classe dirigente del Pd, e ladistanza sempre più abissale dalsuo elettorato (quello che an-cora è rimasto). Mi unisco an-ch'io idealmente a quelle con-testazioni e a gridare con lorocon forza "fuori la mafia dalloStato italiano".Massimo Teti

Politici più giovanipolitici miglioriCaro Direttore,qualcuno diceva di rottamarel’attuale classe politica. Io votoPd e sono d’accordo. Per l’en-nesima volta si vogliono fare delmale, evidentemente provanopiacere. A Torino Piero Fassinoha di certo perso un’altra oc-casione per stare zitto. Non può“b a s t o n a re ” così i contestatoria favore di un personaggio comeil presidente del Senato RenatoSchifani.Leggiamo tutti i giornali e non ècertamente una persona da di-fendere. Dirà Fassino: “Noi sia-mo Democratici ed ascoltiamotutti”. Ma se continuate così neperderete tanti di voti. Un sug-gerimento a tutta la vecchia no-menclatura del Pd: lasciate spa-zio ai giovani (sono tanti e validi)ormai avete fatto il vostro tem-p o.Adriano

Tagli: non mi vergognodi aver pauraCaro Direttore,sono un insegnante di sostegnoprecario da 16 anni, ho letto direcente che ci saranno altri14000 tagli nelle scuole supe-riori e naturalmente il grossosarà fatto in Sicilia. Se dovessirestare fuori dall’incarico an-nuale il prossimo anno (settem-bre 2010), che cosa dovrei farea 40 anni con due lauree, quat-tro diplomi, quattro master,due abilitazioni, una moglie,

quattro finanziamenti in corso,in un paese come Barcellona(Me)? Sono veramente preoc-cupato, non mi vergogno di direche ho paura.Roberto Meo

La prima candelinaper Il Fatto QuotidianoAlla Vigilia della vostra “primacandelina” desidero far sentire,tra le tantissime, la mia voce dilettrice fedele ed entusiasta chenaturalmente fa a tutti Voi gli au-guri più sinceri per aver creato ilQuotidiano che non c'era ma dicui ora non vorremmo mai farea meno e anche per l'occasioned'incontro a Marina di Pietra-santa con un programma ricco eattraente, a cui spererei di pren-der parte. La mia voce un po’intermittente sente di volervicomunicare come questa 'nasci-ta' abbia portato una ventata dinuovo, importante, fecondonella mia realtà di cittadina e let-trice curiosa, consapevole, par-tecipe, ma soprattutto perché sisia conquistata subito il favore diun ampio settore dell'opinionepubblica travolgendo un po’ tut-ti, Voi e Noi! Riflettendoci su, misono tornate alla mente le ca-tegorie che Alberoni rese famo-se 'movimento, stato nascente,innamoramento' e che Voi aveteconcretizzato in mezzo a un pa-norama giornalistico canonizza-to quando non paludato. Voiavete 'smosso' il terreno dell'in-formazione cartacea, 'elettriz-zato' l'aria un pò stagnante e re-sa, non vi dispiaccia, più piccantee appetitosa la pietanza della po-litica e della vita pubblica delBelpaese .Alessandra Savini

C aro Furio Colombo,sono Alessandra, una ragazza di

16 anni, e Le scrivo in quantofortemente indignata umanamente epoliticamente per la profondaindifferenza dinanzi alla tragediaumanitaria del Pakistan. È una tragediadalle proporzioni bibliche, ma l'Italiaancora una volta sta scrivendo paginedi una storia di cui un giorno si riderà.La prego, dia modo a questa mialettera di divulgarsi e di far sentirecome è giovane e nuovo il desiderio diandare oltre per raggiungere l'altro.Non mi deluda ma si mobiliti anche Leiper questa causa e utilizzi la stampaper continuare a far parlare di vita vera.

A l e s s a n d ra

LA GIOVANE Alessandra, la cuilettera è più lunga e molto bella, sa che non ladeluderò. Ma purtroppo, come tante persone dibuona volontà, sa che mi fermerò nel punto in cuidirò che tutti dobbiamo reagire, dobbiamomuoverci, dobbiamo partecipare con coscienza aciò che è accaduto, e con l’unico bene trasmessoa tutti dai cambiamenti del mondo: la solidarietàglobale. Invece siamo separati come in un mondoantico dall’assenza delle organizzazioniinternazionali, dei governi, dei grandi centrieconomici, delle chiese, dei sindacati del mondo,dei partiti. La maggior parte delle persone, loabbiamo visto in passato, non ha cuore di pietra ebarriere di indifferenza. Non è isolata edisinformata e impossibilitata a capire. Saperetutto e non fare niente, come in una strana “linea

d’o m b ra ” calata sul mondo con una bonacciaparalizzante, chiunque corra in un punto chepresume utile (volontariato, chiesa, sindacati,partiti) lo trova chiuso e privo del tutto diinteresse. Dobbiamo rompere il maleficio.Propongo che le persone giovani, attive, generosecome Alessandra, si impegnino, ciascuna, ascuotere un volontariato. Occorrono numeriverdi, raccolte di fondi, donazioni mirate (medicivolontari potranno essere di grande aiuto nelcompilare le liste dell’indispensabile). Io miimpegno, con l’aiuto di molti colleghi dellacommissione Estera della Camera di cui faccioparte, a cercare sostegno (da prima sarà pocoma in fretta potrebbe crescere) tra iparlamentari in due azioni: contribuirepersonalmente, e fare tutta la pressione politicapossibile sul governo. Le notizie, lo sappiamo,sono ben altre. La direzione di marcia punta soloalla distruzione delle istituzioni pur di fare undanno al nemico. Però l’appello di Alessandranon può essere lasciato cadere. E questo èl’impegno.

Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano00193 Roma, via Orazio n. 10l e t t e re @ i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t

SPERANZAE DELUSIONE

IL FATTO QUOTIDIANOvia Orazio n. 10 - 00193 Romal e t t e re @ i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t

SECONDO TEMPO

LA VIGNETTA

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L’abb o n at odel giorno

MONIA DE MARCELLIS

Ciao sono Monia, daquest'anno mi trasferiscoa Roma per frequentarel'università. Ho promessoa miamadre ,vo s t r aabbonata,cheverrò atrovar viinre d a z i o n eperringraziarvi del lavoro chesvolgete. Continuate così,siete la nostra speranza!Ps: vi prego apritemi!

Raccontati e manda una foto a:a bb o n a t o d e l g i o r n o @

i l f a t t o q u o t i d i a n o. i t

IL FATTO di ieri 10 Settembre 1977Fu la testa di un musulmano a cadere nell’ultima corsa dellalama di una ghigliottina. Era l’alba del 10 settembre 1977,quando in un oscuro cortile della prigione delle Baumettes aMarsiglia, il capo mozzato di Hamida Djandoubi, tunisinoimmigrato, condannato a morte per aver seviziato e uccisouna giovane donna, chiudeva, dopo due secoli di barbaroservizio, la sinistra carriera della macchina di Monsieur deGuillotin. Nessuna pietà, nonostante l’infermità mentaleinvocata dalla difesa, per il giovane scaricatore di portomarsigliese, decapitato con la solita chirurgica precisionedal boia Maurice Chevalier. Ultimo patibolo degli anni dellapresidenza di Giscard d’Estaing, durante la quale eranoallegramente sfilate ben 21 condanne a morte. Ci vorrannopoi altri quattro anni perché la civile Francia, ultimo Paeseeuropeo ad abolire la pena capitale, rinunci, nell’ottobre ’81,alla sua “creat ura” e, grazie all’appassionato lavoro diRobert Badinter, ministro di Giustizia di François Mitterrand,si avvii finalmente verso la decenza. Solo un primo passo,visto che toccherà aspettare il 2007 e la Presidenza Chirac,perché quella sofferta abolizione entri ufficialmente nellaCostituzione francese.

Giovanna Gabrielli

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