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UNITÀ 11 Il Concilio Vaticano II La Chiesa di fronte al mondo moderno Nell’immediato dopoguerra, la Chiesa cattolica era guidata da papa Pio XII (1939-1958). Per molti aspetti, si trattava di un uomo ancora molto legato all’impostazione che i suoi predecessori avevano dato al problema del rapporto della Chiesa con il mondo moderno, cioè con la realtà sociale e politica uscita dalla Rivoluzione francese e dal processo di in- dustrializzazione. In Italia, l’influenza della Chiesa sulla società era ancora molto forte, soprattutto nelle cam- pagne; essa era riuscita a conservare le proprie posizioni grazie a un vantaggioso accordo stipulato con il Regno d’Italia (o meglio, con il regime fascista) nel 1929. Nel resto d’Eu- ropa, invece, la Chiesa incontrava difficoltà sempre crescenti a farsi ascoltare dai gover- nanti e dai cittadini; con le uniche significative eccezioni della Spagna del generale Fran- co e dell’Irlanda, nei principali Stati europei era da tempo in atto un rapido processo di secolarizzazione, mentre nell’Europa dell’Est i regimi comunisti stavano duramente colpendo le strutture e gli uomini stessi della Chiesa cattolica. Il sintomo più evidente della secolarizzazione era il declino delle pratiche religiose e del- la regolare partecipazione ai riti, accompagnato da un rapido calo delle vocazioni sacer- dotali e dal rifiuto di ricorrere ai sacramenti nei momenti decisivi di passaggio da una fase all’altra della vita delle persone (battesimo, alla nascita; estrema unzione all’avvicinarsi del- la morte). Quanto al matrimonio, un numero crescente di persone incominciò a prefe- rire il rito civile, in municipio, mentre i parlamenti di tutta l’Europa approvavano nuo- ve leggi che permettevano o facilitavano la prassi del divorzio. Il giudizio della Chiesa su questo processo storico, iniziato nella seconda metà del XIX se- colo, era pesantemente negativo: nel “Sillabo” del 1865, il mondo nato dall’Illuminismo, dai principi del 1789 e dallo sviluppo industriale, era rifiutato in blocco. Principi come la libertà di stampa, la libertà di opinione o la laicità dello Stato erano considerati totalmente errati e contrari alla volontà di Dio, mentre la società cristiana medievale era idealizzata e rimpianta con profonda nostalgia. Gli eventi più drammatici della modernità – come le guerre mondiali o i regimi totali- tari, primo fra tutti quello sovietico – erano interpretati come l’inevitabile conseguenza della strada sbagliata presa dalla civiltà europea alla fine del Settecento. Come uni- Il Concilio Vaticano II 1 APPROFONDIMENTO C F.M. Feltri, La torre e il pedone © SEI, 2012 Pio XII Eugenio Pacelli nacque nel 1876 e morì nel 1958. Divenuto sa- cerdote, si indirizzò verso la carriera diplomatica, assumendo il ruo- lo di nunzio (ambasciatore) della Santa Sede. Dal 1920 al 1938 operò in Germania, dapprima a Monaco, poi a Berlino. Fu eletto papa il 2 marzo 1939 e, quindi, si trovò a gestire tutti i problemi del tempo di guerra: i bombardamenti di Roma, l’occupazione te- desca della capitale italiana, la violenza nazista nei confronti de- gli ebrei. La questione del silenzio di Pio XII di fronte al genocidio degli ebrei fu sollevata per la prima volta nel 1963 dallo scrittore tedesco Rolf Hochhuth nel suo dramma Il vicario; da allora il di- battito è ancora aperto e molto vivace: nell’ottobre 2000, una com- missione mista (composta da storici cattolici e da storici ebrei) ha esaminato di nuovo la documentazione disponibile e ha ritenuto necessario un ulteriore studio del problema, chiedendo alla San- ta Sede di rendere accessibile ai ricercatori tutto il materiale d’ar- chivio non ancora pubblicato. i personaggi Pio XII in una fotografia del 1948. CULTURA E IDEOLOGIE Riferimento storiografico pag. 8 1

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La Chiesa di fronte al mondo moderno Nell’immediato dopoguerra, la Chiesa cattolica era guidata da papa Pio XII (1939-1958).Per molti aspetti, si trattava di un uomo ancora molto legato all’impostazione che i suoipredecessori avevano dato al problema del rapporto della Chiesa con il mondo moderno,cioè con la realtà sociale e politica uscita dalla Rivoluzione francese e dal processo di in-dustrializzazione.In Italia, l’influenza della Chiesa sulla società era ancora molto forte, soprattutto nelle cam-pagne; essa era riuscita a conservare le proprie posizioni grazie a un vantaggioso accordostipulato con il Regno d’Italia (o meglio, con il regime fascista) nel 1929. Nel resto d’Eu-ropa, invece, la Chiesa incontrava difficoltà sempre crescenti a farsi ascoltare dai gover-nanti e dai cittadini; con le uniche significative eccezioni della Spagna del generale Fran-co e dell’Irlanda, nei principali Stati europei era da tempo in atto un rapido processodi secolarizzazione, mentre nell’Europa dell’Est i regimi comunisti stavano duramentecolpendo le strutture e gli uomini stessi della Chiesa cattolica. Il sintomo più evidente della secolarizzazione era il declino delle pratiche religiose e del-la regolare partecipazione ai riti, accompagnato da un rapido calo delle vocazioni sacer-dotali e dal rifiuto di ricorrere ai sacramenti nei momenti decisivi di passaggio da una faseall’altra della vita delle persone (battesimo, alla nascita; estrema unzione all’avvicinarsi del-la morte). Quanto al matrimonio, un numero crescente di persone incominciò a prefe-rire il rito civile, in municipio, mentre i parlamenti di tutta l’Europa approvavano nuo-ve leggi che permettevano o facilitavano la prassi del divorzio.Il giudizio della Chiesa su questo processo storico, iniziato nella seconda metà del XIX se-colo, era pesantemente negativo: nel “Sillabo” del 1865, il mondo nato dall’Illuminismo,dai principi del 1789 e dallo sviluppo industriale, era rifiutato in blocco. Principi comela libertà di stampa, la libertà di opinione o la laicità dello Stato erano considerati totalmenteerrati e contrari alla volontà di Dio, mentre la società cristiana medievale era idealizzatae rimpianta con profonda nostalgia.Gli eventi più drammatici della modernità – come le guerre mondiali o i regimi totali-tari, primo fra tutti quello sovietico – erano interpretati come l’inevitabile conseguenzadella strada sbagliata presa dalla civiltà europea alla fine del Settecento. Come uni-

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Pio XIIEugenio Pacelli nacque nel 1876 e morì nel 1958. Divenuto sa-cerdote, si indirizzò verso la carriera diplomatica, assumendo il ruo-lo di nunzio (ambasciatore) della Santa Sede. Dal 1920 al 1938operò in Germania, dapprima a Monaco, poi a Berlino. Fu elettopapa il 2 marzo 1939 e, quindi, si trovò a gestire tutti i problemidel tempo di guerra: i bombardamenti di Roma, l’occupazione te-desca della capitale italiana, la violenza nazista nei confronti de-gli ebrei. La questione del silenzio di Pio XII di fronte al genocidiodegli ebrei fu sollevata per la prima volta nel 1963 dallo scrittoretedesco Rolf Hochhuth nel suo dramma Il vicario; da allora il di-battito è ancora aperto e molto vivace: nell’ottobre 2000, una com-missione mista (composta da storici cattolici e da storici ebrei) haesaminato di nuovo la documentazione disponibile e ha ritenutonecessario un ulteriore studio del problema, chiedendo alla San-ta Sede di rendere accessibile ai ricercatori tutto il materiale d’ar-chivio non ancora pubblicato.

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Pio XII in una fotografia del 1948.

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ca terapia, pertanto, veniva proposto di porre a fondamento della convivenza civile i va-lori e i principi del cristianesimo, mediati dalla paterna guida del pontefice. Alla fine dell’Ottocento, la rivista dei gesuiti “Civiltà cattolica” (che non pubblicava nulla sen-za la completa approvazione del papato) aggiunse al quadro un ulteriore elemento: l’idea chedietro i grandi eventi che avevano sconvolto la società cristiana stessero in realtà gli ebrei,in qualità di grandi manovratori. In alcuni ambienti cattolici, pertanto, anche se il razzismonazista e quello fascista erano rifiutati e respinti come dottrine neopagane, l’antisemitismo ei pregiudizi contro gli ebrei erano forti e circolavano liberamente.Nel 1937, quando fu oggetto specifico di un’enciclica pontificia (la Divini redemptoris promissio,promulgata da Pio XI), il comunismo ateo fu presentato come una realtà satanica, come unadelle forme che può assumere l’Anticristo, «colui si oppone contro tutto ciò che è divino» (se-condo la formula di san Paolo), il nemico per eccellenza di Cristo e della Chiesa. Considera-to il pericolo più grave che, fin dalle origini, avesse mai minacciato la cristianità, esso di fattovenne paragonato alle catastrofi che, secondo il Nuovo testamento, si sarebbero rovesciate sul-la Chiesa all’approssimarsi della fine del mondo.Dopo il 1945, solo a malincuore e per necessità strategica Pio XII approvò la scelta com-piuta da De Gasperi di legare la nuova repubblica italiana agli Stati Uniti e al Patto atlan-tico. Il papa, infatti, avrebbe preferito un’Italia neutrale, equidistante sia dal blocco co-munista sia dalla civiltà anglosassone di matrice protestante, accusata di lasciare libero cor-so al materialismo, all’edonismo e al relativismo etico.

Giovanni XXIII Alla morte di Pio XII, nel 1958 fu eletto papa Giovanni XXIII, che probabilmente, a cau-sa della sua età avanzata, era stato considerato da molti cardinali una semplice figura dipassaggio, nell’impossibilità immediata di trovare un personaggio di grande spessore, ca-pace di riempire il vuoto lasciato da un soggetto carismatico come il papa appena defunto.Il breve pontificato di Giovanni XXIII (1958-1963) fu invece di un’in-tensità e di una vivacità straordinarie: anzi, innescò un vero ter-remoto, che ha trasformato la Chiesa cattolica in modo profon-do e, in alcuni ambiti, irreversibile. In primo luogo, va segnalata la decisione del papa di indire unnuovo Concilio ecumenico (il Vaticano II), che fu annun-ciata pubblicamente il 25 gennaio 1959. Dopo tre anni di pre-parazione, il Concilio venne ufficialmente aperto l’11 otto-

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ConcilioUn concilio è una riunione di vescovi. I concili possono essere locali e regionali (in questocaso, oggi, si preferisce il termine sinodo), oppure ecumenici: questa espressione si usaper indicare la riunione di tutti i vescovi cattolici del mondo. I concili ecumenici posso-no essere convocati solo dal papa, la cui autorità è superiore a quella di un concilio.Il primo concilio ecumenico ebbe luogo a Nicea, nel 325, e si preoccupò di definirecon precisione la natura divina di Cristo. Un altro concilio fondamentale nella storiadella Chiesa fu quello di Trento, che si svolse dal 1545 al 1563 e puntualizzò i prin-cipi fondamentali del cattolicesimo romano, in contrapposizione alle posizioni deiriformatori protestanti. Infine, dev’essere ricordato il concilio Vaticano I, che nel1870 proclamò l’infallibilità del papa nel campo della fede e della morale. Al Va-ticano II presero parte 2 778 vescovi, provenienti da tutti i continenti: Europa(38%), Americhe (31%), Africa (10%), Asia e Oceania (21%).

le parole

Un pontificato di svolta

Angelo Giuseppe Roncalli, papa Giovanni XXIII. Nato a Sotto il Monte (in provincia di Bergamo), il “papa buono”, come fu

chiamato, aveva già 77 anni quando fu eletto successore di Pio XII. Inizialmente la scelta di un vecchio cardinale pareva significare un

pontificato di transizione, nel segno della tradizione. In realtà si trattò di unpontificato di svolta che cambiò profondamente la Chiesa contemporanea.

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Durissimo giudiziosul comunismo

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bre 1962 e fu proprio nel discorso inaugurale che il pontefice manifestò con estrema chia-rezza la sua volontà di dare vita a una nuova fase della storia della Chiesa, o meglio la suadisponibilità a metterla in dialogo con il mondo moderno. Infatti, nell’esprimere il lorogiudizio negativo sulla società uscita dall’Illuminismo e dalla Rivoluzione francese, i suoipredecessori avevano fatto frequentemente uso di riferimenti alla figura dell’Anticristo;più in generale, avevano presentato il loro tempo come caratterizzato da una serie di ri-bellioni sociali e di disordini politici talmente violenti, da far pensare alle grandi catastrofiche, secondo il libro dell’Apocalisse, avrebbero dovuto precedere la fine del mondo.Giovanni XXIII prese apertamente le distanze da questa tendenza, esortando a vedere nei tem-pi moderni non un’età di malvagità e di allontanamento dei popoli dalla vera fede, ma un’e-poca ricca di luci e di ombre, da comprendere e da capire, prima che da condannare in bloc-co. Lo scopo del Concilio pertanto, nelle intenzioni del papa, non doveva essere quello di ri-badire vecchi giudizi, bensì di vedere come la Chiesa e la sua dottrina potessero di nuovo in-contrarsi con il mondo moderno e risultare significative anche per l’uomo contemporaneo. Questa fondamentale volontà di dialogo fu ribadita da Giovanni XXIII nell’enciclica Pa-cem in terris (1963), che fin dall’intestazione denotava un nuovo atteggiamento, nel mo-mento in cui si rivolgeva non solo ai vescovi e, più in generale, ai cattolici, bensì «a tutti gliuomini di buona volontà». In quel testo, Giovanni XXIII introdusse un concetto che, seb-

DOCUMENT IDiscorso di apertura del Concilio Vaticano II

Giovanni XXIII pronunciò questo discorso l’11 ottobre 1962. A tutti coloro che non avevano compresol’obiettivo per cui era stato convocato il Concilio, il papa diceva senza mezzi termini che era finito il tem-po dello scontro frontale tra la Chiesa e il mondo moderno.

Nell’esercizio quotidiano del nostro ministero pastorale, ci feriscono talora l’orecchio insi-nuazioni di anime, pur ardenti di zelo, ma non fornite di senso sovrabbondante di discrezione edi misura. Nei tempi moderni esse non vedono che prevaricazione e rovina; vanno dicendo chela nostra età, in confronto con quelle passate, è andata peggiorando; e si comportano comese nulla abbiano imparato dalla storia, che pure è maestra di vita, e come se al tempo dei con-cili ecumenici precedenti tutto procedesse in pienezza di trionfo dell’idea e della vita cristiana, edella giusta libertà religiosa. Ma a noi sembra di dover dissentire da cotesti profeti di sventura,che annunziano eventi sempre infausti, quasi che incombesse la fine del mondo.

Nel presente momento storico, la buona Provvidenza ci sta conducendo ad un nuovo or-dine di rapporti umani, che, per opera degli uomini e per lo più oltre la loro stessa aspettativa,si volgono verso il compimento dei suoi disegni superiori e inattesi; e tutto, anche le umane di-versità, dispone per il maggior bene della Chiesa. […] All’iniziarsi del concilio ecumenico VaticanoII è evidente come non mai che la verità del Signore resta in eterno. Vediamo infatti, nel succe-dersi d’una all’altra età, che le opinioni degli uomini si susseguono escludendosi a vicenda e glierrori spesso appena sorti svaniscono qual nebbia dinanzi al sole. Sempre la chiesa si è oppo-sta a questi errori; spesso li ha anche condannati con la massima severità. Al giorno d’oggi, tut-tavia, la sposa di Cristo [la Chiesa, n.d.r.] preferisce far uso della medicina della misericordia piut-tosto che della severità: essa ritiene di venire incontro ai bisogni di oggi mostrando la validità dellasua dottrina piuttosto che rinnovando condanne. Non già che manchino dottrine fallaci, opinioni,concetti pericolosi da cui premunirsi e da dissipare; ma essi sono così evidentemente in con-trasto con la retta norma dell’onestà ed hanno dato frutti così esiziali [dannosi, n.d.r.], che or-mai gli uomini da se stessi oggi sembra che siano propensi a condannarli, ed in specie quei co-stumi di vita, che disprezzano Dio e la sua legge, l’eccessiva fiducia nei progressi della tecnica,il benessere fondato esclusivamente sui comodi della vita. Sempre più essi si convincono delmassimo valore della dignità della persona umana e del suo perfezionamento e dell’impegno checiò esige. Ciò che più conta, l’esperienza ha loro appreso che la violenza inflitta altrui, la potenzadelle armi, il predominio politico non giovano affatto per una felice soluzione dei gravi problemiche li travagliano.

Così stando le cose, la chiesa cattolica, innalzando, per mezzo di questo concilio ecu-menico, la fiaccola della verità religiosa, vuol mostrarsi madre amorevole di tutti, benigna,paziente, piena di misericordia e di bontà verso tutti i figli da lei separati.

A. ALBERIGO, G. ALBERIGO, Giovanni XXIII profezia nella fedeltà, Queriniana, Brescia 1978, pp. 362-366

Spiega l’espressione«profeti disventura».

Evidenzia nel testole espressioni chesegnalano il diversoatteggiamento dellaChiesa nei confrontidei cambiamentisociali.

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Una nuova volontàdi dialogo

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DOCUMENT IEnciclica Pacem in terrisIl documento intitolato Pacem in terris venne emanato l’11 aprile 1963. Per

coglierne appieno la novità, occorre ricordare che, nel luglio 1949, ai cattolici erastato severamente proibito di «iscriversi a partiti comunisti o dare a essi appog-gio». Dopo l’epoca della scomunica, nei confronti di chi cercava l’incontro con icomunisti, si apriva il tempo del dialogo e della possibilità di collaborazione.

Non si dovrà [...] mai confondere l’errore coll’errante, anche quando trat-tisi di errore o di conoscenza inadeguata della verità in campo morale-re-ligioso. L’errante è sempre ed anzitutto un essere umano e conserva, in ognicaso, la sua dignità di persona; e va sempre considerato e trattato comesi conviene a tanta dignità. [...] Va altresì tenuto presente che non si pos-sono neppure identificare false dottrine filosofiche sulla natura, l’origine e ildestino dell’universo e dell’uomo, con movimenti storici a finalità econo-miche, sociali, culturali e politiche, anche se questi movimenti sono stati ori-ginati da quelle dottrine e da esse hanno tratto e traggono tuttora ispira-zione. Giacché le dottrine, una volta elaborate e definite, rimangono semprele stesse; mentre i movimenti suddetti, agendo sulle situazioni storiche in-cessantemente evolventisi, non possono non subirne gli influssi e quindinon possono non andare soggetti a mutamenti anche profondi. Inoltre, chipuò negare che in quei movimenti, nella misura in cui sono conformi ai det-tami della retta ragione e si fanno interpreti delle giuste aspirazioni della persona umana, visiano elementi positivi e meritevoli di approvazione?

Pertanto, può verificarsi che un avvicinamento o un incontro di ordine pratico, ieri ri-tenuto non opportuno o non fecondo, oggi invece lo sia o lo possa divenire domani. De-cidere se tale momento è arrivato, come pure stabilire i modi e i gradi dell’eventuale con-sonanza di attività al raggiungimento di scopi economici, sociali, culturali, politici onesti eutili al vero bene della comunità, sono problemi che si possono risolvere soltanto con lavirtù della prudenza, che è la guida delle virtù che regolano la vita morale, sia individualeche sociale.

R. SPIAZZI O.P., [a cura di], I documenti sociali della Chiesa da Pio IV a Giovanni Paolo II, vol. I. Dal 1864 al 1965, Massimo, Milano 1998, pp. 778-779

Per quale motivo l’errante, al di là del suo errore, conserva comunque una straordinaria dignità?Che cosa distingue le dottrine dai movimenti storici che esse generano?

L’Osservatore romano,organo di stampa della Santa Sede, riporta in prima pagina la notizia dellapubblicazionedell’enciclica Pacem in terrisdi Giovanni XXIII.

bene non fosse nuovo nella storia della dottrina cattolica, permetteva comunque alla Chie-sa e ai credenti del XX secolo di aprirsi alla collaborazione con chi non condivideva la loro fede.Tale principio era quello secondo cui occorreva sempre separare l’errore dall’errante, ov-vero distinguere fra una determinata concezione sulla quale la Chiesa esprimeva un giudizionegativo (un’ideologia politica o una filosofia: si pensi, in primo luogo, al marxismo), e la per-sona che tale credenza sbagliata professava. Mentre l’approccio tradizionale finiva per consi-derare l’errante una specie di incarnazione del Male, e quindi per trasformarlo in un essereperverso e demoniaco, con il quale si doveva evitare qualsiasi rapporto, la distinzione intro-dotta da Giovanni XXIII spingeva a cogliere, al di là dei diversi punti di vista e delle oppo-ste credenze, i punti di convergenza concreta e le opportunità di collaborazione pratica a be-neficio di tutta la collettività, si trattasse di singoli Paesi o dell’umanità intera. Inoltre, nei paragrafi dell’enciclica in cui prendeva in esame i compiti e le finalità dello Sta-to, rompendo definitivamente con il passato, Giovanni XXIII affermava che il compito prin-cipale delle autorità civili era quello di tutelare e promuovere i diritti della persona. In talmodo, ogni forma di dittatura veniva definitivamente delegittimata, cioè privata della ap-provazione della Chiesa, in nome del principio dell’inviolabilità della dignità di ogni singo-lo uomo: «Ogni atto dei poteri pubblici che sia od implichi un misconoscimento od una vio-lazione di quei diritti – scrive il papa, – è un atto contrastante con la stessa loro ragione diessere e rimane per ciò stesso destituito d’ogni valore giuridico».

Convergenza al di là dell’errore

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Le decisioni del Concilio Alcune delle principali innovazioni introdotte dal Concilio riguardarono la spiritualità ela liturgia dei fedeli cattolici. Innanzi tutto, fu introdotta un’importante riforma liturgi-ca, finalizzata a far sì che i credenti si sentissero parte attiva e partecipassero maggiormentealla celebrazione della messa. In precedenza, infatti, il sacerdote guardava l’altare, e quin-di voltava le spalle ai fedeli, per gran parte del rito, che era celebrato in latino; dopo lariforma liturgica del Vaticano II, invece, le preghiere della messa e delle altre funzio-ni religiose furono pronunciate in volgare, cioè nelle diverse lingue locali, a seconda deiPaesi, e il sacerdote si posizionò in modo tale da essere sempre rivolto in direzione del-l’assemblea. Inoltre, mentre il Concilio di Trento aveva di fatto proibito la lettura pri-vata della Bibbia in lingua volgare, temendo le interpretazioni personali, erronee o criti-che verso la Chiesa, da parte dei fedeli, il Vaticano II raccomandò ai cattolici di pren-dere dimestichezza con la Sacra Scrittura, rilanciata come insostituibile fonte prima-ria della fede e della spiritualità del credente.Dopo aver introdotto queste novità decisive, che recuperavano valori e comportamentitipici del protestantesimo, il Concilio approvò nel 1965 alcune dichiarazioni profonda-mente innovative relative al rapporto della Chiesa con il mondo in cui viveva. Il primodocumento, sulle Chiese separate, per la prima volta evitava gli aspri toni di condanna,

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Seduta plenaria dei vescovi convenuti a Roma per il ConcilioVaticano II.

Riforma liturgica

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tipici della tradizione, e metteva l’accento sul comune desiderio di seguire il messaggiodi Cristo. In tal modo, per la prima volta da secoli, la Chiesa cattolica si apriva all’e-cumenismo, cioè al dialogo costruttivo con gli ortodossi e i protestanti.La dichiarazione sulle religioni non cristiane si apriva proclamando che il popolo di Israe-le non poteva essere collettivamente considerato responsabile della morte di Cristo e chel’alleanza di Dio con il popolo ebraico continuava a essere viva e operante. Così facen-do, il Vaticano II pose fine a una millenaria tradizione di ostilità antiebraica per mo-tivi religiosi e rifiutò categoricamente ogni forma di antisemitismo: una svolta che, nona caso, coincise con la fine della polemica nei confronti di quel mondo moderno (non piùcristiano) che dalla Chiesa era stato visto come il frutto di una grande cospirazione ai dan-ni della verità.La dichiarazione sulle fedi non cristiane affermava poi che «la Chiesa cattolica nulla rigettadi quanto è vero e santo» nelle varie religioni non cristiane; queste, dunque, non erano piùdisprezzate come eresie o sciocche superstizioni pagane. Piuttosto, erano considerate comedottrine capaci di riflettere in sè «un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini». Suquesta base, del resto, già nella dichiarazione relativa alla Chiesa, il Concilio aveva proclamatoche possono conseguire la salvezza eterna quanti «cercano sinceramente Dio e coll’aiuto del-la grazia si sforzano di compiere con le opere la volontà di Dio, conosciuta attraverso il det-tame della coscienza». La novità, in questo caso, consisteva nell’abbandono del principio se-condo cui al di fuori della Chiesa non sarebbe stato in alcun modo possibile accederealla beatitudine ultraterrena.La dichiarazione sulla libertà religiosa, infine, accettò il principio secondo cui gli uo-mini non devono subire, nel campo spirituale, alcuna coercizione. Pertanto, «al pub-blico potere non è lecito imporre ai cittadini con la violenza o con il timore o con al-tri mezzi la professione o il rifiuto di una religione, o impedire che uno entri in una co-munità religiosa o ne esca». Anche in questo campo, il Vaticano II poneva fine ad unafase della storia della Chiesa iniziata diversi secoli prima; infatti, a partire dalla cristia-nizzazione forzata del mondo romano, decisa dall’imperatore Teodosio nell’anno 380,il potere secolare aveva sempre cooperato con la Chiesa al fine di diffondere – se ne-cessario con la forza – il Vangelo, e di reprimere l’eresia. Ora, invece, di fatto il Con-cilio accettava il moderno principio della libertà di coscienza, riconciliando defi-nitivamente la Chiesa con i grandi diritti dell’uomo che gli Stati liberali avevano postoa fondamento della propria ragion d’essere.

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Con la morte di Giovanni XXIII,avvenuta nel 1963,

la direzione dei lavori delConcilio fu coordinata

dal nuovo pontefice,Paolo VI (nella fotoimmortalato mentre

presiede una riunione).Nel suo primo

radiomessaggio parlòdella continuazione del

Concilio come della«parte preminente» del suo pontificato.

Dialogo con i non cristiani

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DOCUMENT IIl Concilio Vaticano II sulla libertà religiosa e sull’ateismo

I toni con cui il Concilio parla della libertà religiosa, del ruolo dello Sta-to, delle cause del fenomeno dell’ateismo sono completamente diver-si da quelli tradizionali, in cui la condanna senza appello prevalevasu qualsiasi altro atteggiamento.

Dalla Dichiarazione sulla libertà religiosa2. Questo concilio vaticano dichiara che la persona

umana ha diritto alla libertà religiosa. Tale libertà con-siste in questo, che tutti gli uomini devono essere im-muni dalla coercizione da parte di singoli, di gruppi so-ciali e di qualsivoglia potestà umana, così che inmateria religiosa nessuno sia forzato ad agire controla sua coscienza né sia impedito, entro debiti limiti, diagire in conformità alla sua coscienza privatamente opubblicamente, in forma individuale o associata. [...]

6. Il potere civile deve provvedere affinché l’ugua-glianza giuridica dei cittadini, che riguarda essa pure il benecomune della società, per motivi religiosi non sia, apertamenteo in forma occulta, mai lesa, e che non si faccia fra essi discri-minazione. Da ciò segue che al pubblico potere non è lecito imporreai cittadini con la violenza o con il timore o con altri mezzi la professione oil rifiuto di una religione, o impedire che uno entri in una comunità religiosa o ne esca. Tantopiù si agisce contro la volontà di Dio e i sacri diritti della persona e delle genti quando si usa,in qualunque modo, la violenza per distruggere o per opprimere la religione o in tutto il ge-nere umano o in qualche regione o in determinato gruppo.

Dalla Costituzione pastorale sulla chiesa nel mondo contemporaneo (Gaudium et spes)

1. Le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini d’oggi, dei poveri so-prattutto e di tutti coloro che soffrono, sono pure le gioie e le speranze, le tristezze e le an-gosce dei discepoli di Cristo, e nulla vi è di genuinamente umano che non trovi eco nel lorocuore. La loro comunità, infatti, è composta di uomini, i quali, riuniti insieme nel Cristo, sonoguidati dallo Spirito santo nel loro pellegrinaggio verso il regno del Padre e hanno ricevutoun messaggio di salvezza da proporre a tutti. Perciò essa si sente realmente e intimamentesolidale con il genere umano e con la sua storia. [...]

19. Senza dubbio coloro che volontariamente cercano di tenere lontano Dio dal propriocuore e di evitare i problemi religiosi, non seguendo l’imperativo della loro coscienza, nonsono esenti da colpa; tuttavia in questo campo anche i credenti spesso hanno una certaresponsabilità. Infatti, l’ateismo considerato nella sua interezza non è qualcosa di origina-rio, bensì deriva da cause diverse, e tra queste va annoverata anche una reazione critica con-tro le religioni e, in alcune regioni, proprio anzitutto contro la religione cristiana. Per questonella genesi dell’ateismo possono contribuire non poco i credenti, in quanto per aver tra-scurato di educare la propria fede, o per una presentazione fallace della dottrina, o ancheper i difetti della propria vita religiosa, morale e sociale, si deve dire piuttosto che nascon-dono e non che manifestano il genuino volto di Dio e della religione.

G. ALBERIGO (a cura di), Decisioni dei Concili ecumenici, UTET, Torino 1978, pp. 1004, 1009, 1071, 1089

Si può affermare che anche la Chiesa preconciliare si sentiva «realmente e intimamente solidale con il genere umano e con la sua storia»?

Spiega il significato dell’espressione «L’ateismo considerato nella sua interezza non è qualcosa di originario». Quali conseguenze autocritiche deduce il Concilio da questaconstatazione?

Papa Giovanni XXIIIpresiede l’apertura dei lavori del ConcilioVaticano II.

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R i fe r i me n t i s t o r i o g r af i c i

La spiritualità cattolica nella prima metà del Novecento

Fino al Concilio Vaticano II, la religiosità del fedele cattolico era centrata sulla figura terrena del papae su quella soprannaturale di Maria, che occupava il posto centrale nella devozione popolare. Le duetendenze si fusero nel 1950, quando Pio XII proclamò d’autorità il dogma dell’assunzione di Maria, inbase al quale al termine della sua esistenza terrena la madre di Gesù venne immediatamente trasfe-rita (anima e corpo) in Paradiso. Per la prima volta, un pontefice si avvalse del principio dell’infallibi-lità papale, solennemente proclamato dal Concilio Vaticano I (1870).

La centralizzazione romana giunge al massimo grado durantela prima parte del XX secolo, dalla morte di Leone XIII (1903) aquella di Pio XII (1958). Forse mai, nel corso della sua storiaquasi bimillenaria, la romanità ha esercitato un così grande pesosulla cattolicità. Che si tratti di liturgia, di diritto canonico, di teo-logia o solo e semplicemente di governo, l’autorità crescente delmagistero pontificio riduce vescovi e chiese locali al ruolo diesecutori delle decisioni vaticane. Accade lo stesso sul terrenospirituale? C’è forse il tentativo o la tentazione di imporre algregge dei fedeli, come ai propri capifila, un modello di devo-zione? Nulla di meno sicuro. Tutto sommato sembra infatti piùfacile precisare quello che Roma rigetta del diffuso fermento spi-rituale, che non indicare quello che suggerisce per gli uomini delXX secolo. [...]

La Chiesa assediata della fine del XIX secolo attendeva dalSacro Cuore la riparazione degli oltraggi e dei soprusi patiti,con, per orizzonte ultimo, il regno spirituale del Sacro Cuore sulmondo. La Chiesa conquistatrice degli inizi del XX secolo invertela tendenza: si richiama a una regalità che da messianica è di-ventata sociale, non priva di concrete ripercussioni sull’anda-mento degli affari nazionali e internazionali. La svolta decisivasi ha sotto Pio XI, la cui enciclica Quas primas, dell’11 di-cembre 1925, stigmatizza il fallimento della modernità nellaGrande Guerra e non vede salvezza per l’umanità, dopo il ca-taclisma, che all’interno di un’ottica cristiana: Pax Christi inRegno Christi secondo la sua espressione, che propone as-sai più la costruzione di una nuova cristianità, là dove le forze

cattoliche lo permettono, che non una semplice regalità spirituale. [...]Ma si può dire che Gesù Cristo, anche sotto la forma del Sacro Cuore o del Santissimo

Sacramento, occupi il primo posto nella pietà cattolica del XX secolo preconciliare? Non èdel tutto sicuro. Infatti, l’impulso mariano, che pure viene da molto lontano, conosce nellostesso periodo, a giudizio dello specialista René Laurentin, un innegabile «apogeo». [...]Certo, Maria non è sola nella pietà cattolica della prima metà del XX secolo, ma vi detieneun posto privilegiato: senza dubbio il primo. [...] Basti pensare: centosettantanove appari-zioni segnalate tra il 1928 e il 1958! Lo storico non è tenuto a pronunciarsi sulla realtà ef-fettiva di fenomeni di carattere soprannaturale, ma non può fare a meno di tenere conto delleloro tracce nelle mentalità religiose.

Queste apparizioni presentano numerosi tratti comuni con quelle del XIX secolo, megliostudiate. Maria si manifesta per lo più a bambini e ad adolescenti, in ambienti rurali piutto-sto che in città. I messaggi espliciti che lancia sono appelli banali alla preghiera e alla peni-tenza, per guarire dai mali individuali e scongiurare le minacce collettive che gravano sull’u-manità. [...] Gli anni di punta – se possiamo esprimerci così – sono il 1948 (ventunoapparizioni), il 1947 e il 1954 (diciotto), il 1949 e il 1950 (tredici). Due tipi di spiegazioni pos-sono rendere conto di una simile cronologia. La prima è di ordine puramente interno: questilivelli così alti confermano in parte, ma in una maniera che colpisce, quelli dell’esaltazione uf-ficiale che si tratti della definizione del dogma dell’Assunzione (1950) o delle celebrazioni per

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Copertina della rivistaLa Tribuna illustrata

dove è raffiguratoPio XII, in piazza San

Pietro a Roma, mentre,alla presenza di

cinquanta cardinali e di numerosi fedeli,

definisce il dogmadell’Assunzione di

Maria.

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il centenario di quello dell’Immacolata Concezione (1954). In certo qual modo, Maria verrebbecosì ad approvare i favori che le accorda la Chiesa. Una seconda chiave, di ordine esterno,sottolinea la concordanza di altri periodi fausti [per le apparizioni, n.d.r.] con i grandi scon-volgimenti storici di cui l’umanità ha giusto motivo di spaventarsi: Fatima arriva sul finire delterribile 1917, alla vigilia della rivoluzione comunista in Russia; gli anni dal 1947 al 1949 sonoi primi di una «guerra fredda» suscettibile di degenerare in terza guerra mondiale. [...]

La più considerevole avanzata mariana è certamente l’incorporazione della sua Assun-zione al dogma cattolico, il 1o novembre 1950. […] Soltanto 22 vescovi esprimono delle ri-serve, sia sull’opportunità (sedici), sia sul contenuto (sei) di una eventuale definizione. Per-ché, allora, Pio XII dovrebbe bloccarsi di fronte a obiezioni serie, ma alla fine giudicatesecondarie? La prima di quelle obiezioni sottolinea il rischio di aggravare il contenzioso in-terconfessionale a causa dell’utilizzazione dell’infallibilità al servizio di una dottrina che dividenondimeno i cristiani separati. La seconda sottolinea l’assenza di autentico fondamento scrit-turistico dell’Assunzione: la tradizione e la fede della Chiesa cattolica vi suppliranno. Pio XIIpasserà oltre queste reticenze interne ed esterne, specialmente di ordine ecumenico, per-ché gli sembrano di peso insufficiente. Egli impiega dunque per la prima volta l’infallibilità dog-matica personale, di cui dispone il papa dopo il 1870, al servizio della causa mariana. […]

Una tale esaltazione interviene in un clima di minaccia per la Terra, l’umanità e la fede,che gli conferisce una notevole carica escatologica. In un mondo in cui si succedono le ca-tastrofi, Maria, la grande consolatrice, sembra il necessario soccorso per non cedere alladisperazione. In un mondo in cui l’avanzata dell’empietà, soprattutto comunista, mette inpericolo la fede, Maria, la grande protettrice, si trova naturalmente in prima linea nella lottacontro le nuove incarnazioni di Satana. Di qui i frequenti legami tra massimalismo marianoed estremismo politico di destra [...]. In maniera più duratura che non il culto di Cristo Re,la devozione mariana acquista così una tonalità militante dentro la Chiesa di Roma, che giu-dica tanto più necessario affermare la propria specificità e la propria differenza quanto piùteme per la propria sopravvivenza. Maria vi diventa in tal modo una figura emblematica dellafede in preda alle burrasche del XX secolo.

E. FOUILLOUX, Le due vie della pietà cattolica nel XX secolo, in G. ALBERIGO, A. RICCARDI (a cura di), Chiesa e papato nel mondo contemporaneo, Laterza, Roma-Bari 1990, pp. 295-315, trad. it. A. D’ANGELO

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Quale concomitanzacronologica rileval’autore traapparizioni marianee situazione politicainternazionale?

Perché l’autoreafferma che Mariadiventa «una figuraemblematica dellafede in preda alleburrasche del XX secolo»?

Chiesa e Stato in Italia nel 1958 I rapporti tra Chiesa cattolica e Repubblica italiana non furono sempre armonici. In varie occasio-

ni, infatti, lo sforzo compiuto dalle autorità ecclesiastiche per mantenere il controllo sulla società civi-le fu così ampio, da mettere in imbarazzo perfino i governi democristiani. Nel 1958, l’anno della mor-te di Pio XII, una serie di incidenti mise in luce la difficoltà crescente di dialogo tra le due istituzioni:una crisi latente, che Giovanni XXIII avrebbe risolto mutando in maniera radicale l’atteggiamento ec-clesiastico.

«La vecchia Italia affondò durante una giornata gonfia di tempesta e di presagi, nel-l’autunno del 1958», ha scritto Eugenio Scalfari riferendosi alla morte di Pio XII: «Tutti sa-pevano, dentro il palazzo, che non moriva un papa, ma finiva un regno». Per altri versi Fi-lippo Mazzonis [storico contemporaneista, n.d.r.], analizzando il rapporto che si viene adeterminare in quegli anni fra la Chiesa e il mondo contemporaneo, ha utilizzato l’imma-gine geologica di diaclasi: di una frattura profonda e verticale, cioè, segnalata in superfi-cie solo da un’incrinatura apparentemente lieve. Indubbiamente, il carattere di confine del1958 è nel mondo cattolico più evidente che altrove, e momenti di tensione compaionofin dall’avvio. […]

In provincia di Pistoia, ad esempio, alla cerimonia di inaugurazione di una lapide ai ca-duti in guerra il parroco rifiuta di celebrare la messa perché vi è presente la giunta comu-nale. È una giunta di sinistra, deve semmai farsi rappresentare dalla minoranza democri-stiana: così scrive il vescovo al ministero dell’Interno. Il vescovo applica semplicemente(ancorché rigidamente) una disposizione della Suprema Congregazione del Sant’Uffizio,ma i principi che ne verrebbero intaccati non sono marginali: lo annota una presa di po-sizione – in questo caso ineccepibile – della Direzione generale agli Affari di culto del mi-nistero dell’Interno. «I sindaci – scrive infatti il 4 maggio 1958 – nella duplice qualità di uf-ficiali del Governo e di rappresentanti della cittadinanza, hanno il dovere di partecipare allecerimonie ufficiali che si tengono nel territorio del comune, talora alla presenza di rap-presentanti del governo»: ove fosse accettata la posizione del vescovo (e del sant’Uffizio),i sindaci di sinistra sarebbero dunque costretti a mancare a un loro obbligo di pubblici uf-

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ficiali, o a «escludere ogni eventuale funzione religiosa in occasionedi cerimonie di carattere ufficiale promosse dall’amministrazione co-

munale».Un principio assolutamente centrale, del resto, alla base del

vero e proprio casus belli di quell’anno, provocato da un altrovescovo toscano. A marzo si celebra infatti il processo nei con-fronti di monsignor Fiordelli, vescovo di Prato: ha fatto leggerein chiesa una lettera che indica come pubblici peccatori e con-

cubini due coniugi che si erano regolarmente sposati con il ritocivile, e i coniugi lo hanno denunciato per diffamazione. Il vescovo

si rifiuta di presentarsi in tribunale: «Il motivo per cui sono chiamatoin giudizio – scrive in una dura lettera ai giudici – non è altro che unatto della mia potestà spirituale»; e aggiunge: non può «essere sot-toposto al giudizio del magistrato civile un atto riguardante il governo

spirituale dei fedeli». Monsignor Fiordelli è condannato alla multa di40 000 lire (annullata poi in appello) e il giorno dopo, nel duomodi Prato, così si rivolge ai fedeli che lo accolgono al canto diChristus vincit, Christus regnat [Cristo vince, Cristo regna,n.d.r.]: «Ieri sera, quando seppi della sentenza, ebbi un sen-

timento di superbia di cui ho già chiesto perdono a Dio. Misentii cioè vicino ai sacerdoti e laici che al di là della Cortina di

ferro vengono quotidianamente trascinati a pene orribili». Ilgiornale cattolico “Il Quotidiano”, in un articolo dal titolo Amarezza,

rincara la dose («Non possiamo pensare senza fremere che in Ita-lia, come nella Cina comunista, i vescovi sono condannati»), e toni

analoghi echeggiano alla Radio vaticana. Il Vaticano inoltre, «nellapresente condizione di amarezza, di mestizia e oltraggio», sospendela cerimonia del 12 marzo, anniversario dell’Incoronazione di Pio XII,

mentre il cardinal Lercaro fa addobbare a lutto le chiese bolognesi e suo-nare a morto le campane.

Quest’insieme di episodi riproponeva, per certi aspetti, la propensione per-manente della Chiesa alla discriminazione nei confronti dei non cattolici e all’ingerenza neiconfronti dello Stato […]. Siamo però ora ad un punto di tensione: se al vescovo di Pratonon mancano sostegni all’interno della Democrazia Cristiana (e trasversali: da Andreotti aZoli e a La Pira), si legga invece l’introduzione di Fanfani al suo programma di governo, nelluglio di quell’anno, così come risulta dal verbale del Consiglio dei ministri: «Per quanto ri-guarda la politica interna, [Fanfani] osserva che essa si riassume principalmente nei duegrandi problemi riguardanti: a) la difesa dalle insidie agli ordinamenti e alla sicurezza delloStato (comunismo); b) l’autonomia dello Stato (rapporti con la Chiesa)». Se la prima partenon stupisce, la seconda è inusuale (ed ancor più inusuale l’accostamento): ed è sulla se-conda parte che Fanfani ritorna poi, per togliere ogni equivoco. Già in precedenza, del re-sto, nelle loro relazioni mensili alcuni prefetti – e in particolare quelli toscani – erano stati ab-bastanza espliciti. Il prefetto di Siena, ad esempio, aveva subito riferito: «Scarse sono le vociche si levano in difesa dell’alto prelato il quale avrebbe, secondo i ragionamenti più bene-voli, quanto meno peccato in diplomazia e posto in crisi addirittura i rapporti concordatarifra lo Stato e la Chiesa». E dopo la sentenza quello di Firenze segnalava la «notevole per-plessità» suscitata dalle «non giustificate accuse di persecuzione alla Chiesa» e dalle rea-zioni del cardinal Lercaro.

È in questa scricchiolante cornice che si inserisce il vero evento: la morte di Pio XII e l’e-lezione a papa del cardinale Angelo Roncalli. Si pensi per un attimo alla figura del papa chemoriva, al «distacco profetico» dell’«Uomo Bianco che vive in Vaticano, al di sopra degli spazie dei millenni», per usare l’espressione di padre Lombardi. […] Si legga allora, a contrasto,l’annuncio che “Il Giorno” dà della sua elezione. Il titolo dell’editoriale e del supplemento spe-ciale di quel giorno è Il papa della pace, mentre il titolo dell’articolo di Alfonso Madeo è: «Ab-biamo il papa buono» gridano i suoi compaesani. L’immagine del papa, dunque, è tracciatadai media prima ancora che egli muova il primo passo, ed è poi immediatamente amplifi-cato ogni atto che vada in questa direzione: Li chiamò fratelli è il titolo di un grande servi-zio fotografico che “l’Europeo” dedica alla visita del papa al carcere di Regina Coeli, il 26dicembre di quell’anno («Era dal 1870, dall’ingresso delle truppe italiane in Roma, che il Papanon visitava il carcere»).

G. CRAINZ, Storia del miracolo italiano. Culture, identità, trasformazioni fra anni cinquanta e sessanta,Donzelli, Roma 2005, pp. 60-65

Pio XII fotografatodurante un momento di

preghiera.

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Quali delicati principimettevano indiscussione icomportamenti deivescovi toscani? Perquali motivi lo Statonon poteva che esserein imbarazzo?

Spiega l’espressione«scricchiolantecornice».

Quale differenza di stile e dicomportamentopercepisce la gente,nel modo di fare di Pio XII e diGiovanni XXIII?