Il Calciatore N.3 Marzo-Aprile 2011

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Intervista esclusiva al capitano dell’Inter Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza - Anno 39 - N. 3 Marzo-Aprile 2011 - Mensile Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatori n.3 Marzo-Aprile 2011 Javier Zanetti leader gentiluomo Inchiesta: dopo il “Viareggio” facciamo il punto con Ciro Ferrara Primo Piano: incontro a Milano con i rappresentanti della Serie B

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Il Calciatore N.3 Marzo-Aprile 2011

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Intervista esclusiva al capitano dell’Inter

Poste Italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003 (conv. In L. 27/02/2004 n°46) art. 1, comma 1, DCB Vicenza - Anno 39 - N. 3 Marzo-Aprile 2011 - Mensile

Organo mensile dell’Associazione Italiana Calciatorin.3 Marzo-Aprile

2011

Javier Zanettileader gentiluomoJavier Zanettileader gentiluomo

Inchiesta: dopo il “Viareggio”facciamo il punto con Ciro Ferrara

Primo Piano: incontro a Milano con i rappresentanti della Serie B

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NELLA LOTTAALLA DISTROFIA MUSCOLARE,

TORNANO IN CITTÀLE FARFALLE DELLA SOLIDARIETÀ

Dal 1961 la UILDM, l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare,‘DISPIEGA LE MIE ALI, CONTRO OGNI BARRIERA’.

Invia il tuo contributo: c/c 68595743, UILDM Giornata Nazionale

www.uildm.org

In oltre 500 piazze dal 1° al 3 Aprile 2011 Cerca Italia, la farfalla di peluche ripiena di cioccolatini, in uno degli oltre 500 banchetti UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Con una donazione di 5 €, sostieni la sezione UILDM della tua città nell’impegno quotidiano al fianco delle persone con distrofia muscolare e delle loro famiglie. Inoltre, con un SMS solidale al 45509, supporterai la costruzione del Centro Clinico NEMO Sud, nuovo punto di riferimento per le malattie neuromuscolari.

Con la collaborazione di:

Sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica.

AU

DIN

A

DV

Dal 27 Marzo al 9 Aprile, invia un SMS al 45509

Donerai 2 euro dal tuo telefoninooppure 5 o 10 euro chiamando da telefono fisso

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NELLA LOTTAALLA DISTROFIA MUSCOLARE,

TORNANO IN CITTÀLE FARFALLE DELLA SOLIDARIETÀ

Dal 1961 la UILDM, l’Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare,‘DISPIEGA LE MIE ALI, CONTRO OGNI BARRIERA’.

Invia il tuo contributo: c/c 68595743, UILDM Giornata Nazionale

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In oltre 500 piazze dal 1° al 3 Aprile 2011 Cerca Italia, la farfalla di peluche ripiena di cioccolatini, in uno degli oltre 500 banchetti UILDM (Unione Italiana Lotta alla Distrofia Muscolare). Con una donazione di 5 €, sostieni la sezione UILDM della tua città nell’impegno quotidiano al fianco delle persone con distrofia muscolare e delle loro famiglie. Inoltre, con un SMS solidale al 45509, supporterai la costruzione del Centro Clinico NEMO Sud, nuovo punto di riferimento per le malattie neuromuscolari.

Con la collaborazione di:

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Dal 27 Marzo al 9 Aprile, invia un SMS al 45509

Donerai 2 euro dal tuo telefoninooppure 5 o 10 euro chiamando da telefono fisso

Finalmente, dopo parecchio tempo, abbiamo avuto l’occasio-ne di vedere una nostra Nazionale che diverte e si diverte. E questo concetto dovrebbe essere alla base del calcio, come lo vorrebbe la gente. È stata una settimana, quella che ha visto l’Italia impegnata a Lubiana contro la Slovenia e a Kiev contro l’Ucraina, che sicuramente è servita a riavvicinare i tifosi alla squadra azzurra dopo la delusione del Mondiale in Sudafrica. Molte scelte di Prandelli per questi due impegni, uno ufficiale e uno amichevole, avevano suscitato forti perplessità, e se al-cune mancate convocazioni, riguardanti giocatori ritenuti fon-damentali (De Rossi e Pirlo) erano dovute a motivi per così dire “disciplinari” o a infortuni, altre (Ambrosini, Gattuso, Zambrotta, Perrotta, Palombo e Di Natale, capocannoniere del campionato) sono state dettate da ragioni esclusivamente tecniche. Di sicuro, molti critici attendevano Prandelli al var-co, ma le risposte sul campo dei giocatori da lui scelti sono state del tutto soddisfacenti.L’impressione è stata che gli azzurri siano scesi in campo senza particolari pressioni, con la voglia di giocare e di mostrare le proprie qualità, con la mente libera. E qui si deve pensare che il lavoro di Prandelli sia stato ottimale, che abbia preparato la squadra dal punto di vista tecnico, ma soprattutto psicologico. Occorre anche rilevare che Prandelli ha mandato in campo due formazioni diverse, cambiando almeno metà squadra nella se-conda partita. Ebbene, il rendimento e l’atteggiamento agonisti-co non sono assolutamente cambiati, segno che il Commissario Tecnico è riuscito a inculcare nella testa dei giocatori una nuova mentalità, tesa a superare gli avversari sul piano del gioco. Ov-viamente, per avviare un tale progetto occorrono giocatori di un certo tipo: ecco perché Prandelli ha orientato nettamente le sue scelte verso giocatori di talento. L’adozione di questo crite-rio è dimostrata dai centrocampisti mandati in campo nelle due partite: tutti calciatori di qualità (Montolivo, Aquilani, Thiago Motta, Marchisio, Mauri, Parolo) con un solo interditore (No-cerino), contro tutte le tradizioni. In difesa, fermi i due centrali (Chiellini e Bonucci o Gastaldello), Prandelli ha mostrato chiara-mente la sua impostazione tattica: mancando due veri esterni in attacco, ha scelto terzini con spiccate caratteristiche offensive (Maggio, veramente straordinario, Balzaretti, Criscito, Santon). In avanti, Pazzini e Cassano, impiegati nella partita contro la Slovenia, sono stati avvicendati da Gilardino e Rossi in quel-la contro l’Ucraina. Indubbiamente il più brillante è apparso il giocatore italo-americano del Villarreal, unitamente a Giovinco, che è stata una bella sorpresa, con quel geniale colpo di tacco per Matri, mandato in gol nel suo debutto in azzurro.Prima di trarre conclusioni definitive, per prudenza, viste le recenti delusioni, aspettiamo dagli azzurri delle convincenti conferme. Ma intanto è positivo che il gruppo di Prandelli, in un momento non proprio felice del calcio italiano, abbia cre-ato attorno a sé una nuova atmosfera e ci abbia offerto una bella boccata di aria fresca.

Circa 15 anni fa, esattamente il 15 dicembre 1995, Jean Marc Bosman, un centrocampista belga del Liegi, non famo-so, avanti alla Corte di Giustizia della Comunità Europea ottenne una sentenza favorevole che avrebbe rivoluzionato il mondo del calcio. Il processo era durato cinque anni, ma alla fine il calciatore aveva ottenuto ragione. Che cosa era avvenuto? Quale era stata la causa che aveva convinto Bo-sman ad intraprendere l’azione giudiziaria?Bosman aveva chiesto alla sua società di essere trasferito al Dunkerque, ma il Liegi aveva negato il consenso tenendolo vincolato e pretendendo una cifra esorbitante per il suo trasferimento. E quindi il giocatore si era rivolto alla Corte di Giustizia rivendicando il diritto, a fine contratto, di sce-gliere liberamente una nuova società. Com’era prevedibile, data l’importanza della posta in palio, la causa fu lunga e senza esclusione di colpi. Il Liegi era stato affiancato nel duro confronto dall’organizzazione europea delle società calcistiche e quindi i pronostici, anche di giuristi affermati, non erano certamente a favore del calciatore. Ma i giudi-ci accolsero in pieno le richieste di Bosman scrivendo una pagina che entrò nella storia dei diritti delle persone e del sistema calcio. Da quell’istante, i calciatori a fine contratto, come ogni altro lavoratore della Comunità Europea, avreb-bero potuto scegliere una nuova società senza che niente fosse dovuto a quella precedente. In sostanza, veniva can-cellato il vincolo che per tanti anni aveva irrimediabilmente condizionato il rapporto tra società e calciatore, insomma una vera rivoluzione.Dopo un periodo di celebrità, in cui i giornalisti di tutto il mondo si contendevano una sua intervista, Bosman è spa-rito dalla circolazione, non sono più uscite notizie sulla sua attività, nessuno ha più parlato di lui.Solo recentemente è rientrato per così dire in scena, rac-contando il seguito di quella sentenza inseritasi prepoten-temente nella storia del calcio: un racconto pieno di ama-rezza e di tristezza. Ottenuta la libertà contrattuale, non è più riuscito a trovare una società che lo ingaggiasse, come fosse contagioso. Sono cominciati i problemi di carattere economico e i suoi tentativi di trovare aiuto, specialmente tra i calciatori (“erano schiavi - ha dichiarato - li ho fatti diventare re”), sono andati a vuoto. Ha provato perfino ad organizzare una partita con le stelle del calcio per racimo-lare denaro. Gli hanno risposto in tanti, anche Maradona, ma poi nessuno si è fatto vivo. Ha organizzato lo stesso una partita minore; sugli spalti c’erano sì e no 300 persone.Bosman era magro, vigoroso, soprattutto felice, convinto di aver scritto un pezzo di storia. Era vero, peccato che non fosse la sua. Almeno come se l’aspettava. Poi si è dato al bere, ha rovinato il suo fisico e solo recentemente sembra esserne uscito.Il grande Bosman, l’uomo-sentenza, ora vive con un sussidio.

editorialedi Sergio Campana

Aria nuova nella Nazionale di Prandelli

Bosman: la storia triste dell’uomo-sentenza

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NASCE AriSLACRESCE LA SPERANZA

Per un futuro senza SLA

Chi siamoL’Agenzia di Ricerca per la Sclerosi Laterale Amiotrofica promuove e finanzia attività di ricerca scientifica sulla SLA. AriSLA nasce dalla comune volontà di Fondazione Cariplo, Fondazione Telethon, Fondazione Vialli e Mauro per la Ricerca e lo Sport ed AISLA.Per le sue caratteristiche e finalità AriSLA rappresenta una realtà unica in Italia ed in Europa e si candida a divenire punto di riferimento per la comunità scientifica impegnata nella sfida contro la SLA.

Come aiutarciDonare ad AriSLA è semplicissimo e lo si può fare attraverso una pluralità di strumenti:• attraverso il tuo 5x1000 (nel modulo della

dichiarazione firma nello spazio dedicato a Sostegno delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale e inserisci il codice fiscale di AriSLA: 97511040152)

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(Iban: IT71 E033 5901 6001 0000 0005 190)• con donazione continuativa

(Domiciliazione bancaria o postale)Per saperne di più entra nel nostro sitowww.arisla.orge troverai tutte le informazioni necessarie, oppure telefona al nostro numero 02 58012354.

Il nostro obiettivoObiettivo principale di AriSLA è quello di offrire ai malati speranze di cura e migliori aspettative e condizioni di vita.Il nostro impegno quotidiano per un futuro senza SLA può diventare una prospettiva concreta con il sostegno di chi condivide con noi il raggiungimento di questa meta.Grazie al prezioso contributo di tutti possiamo concorrere al finanziamento dei migliori progetti di ricerca.

Come operiamoLa nostra priorità è quella di operare affinché la ricerca finanziata sia di eccellenza, con risultati che abbiano ricadute concrete per i malati di SLA ed i loro familiari, anche attraverso la creazione di un network di scienziati, nazionali ed internazionali, che metta in sinergia le migliori risorse del settore.

www.arisla.orgAriSLA – Agenzia di Ricerca per la Sclerosi Laterale AmiotroficaVia Camaldoli, 64 – 20138 Milano, Tel. 02 58012354C. F. 97511040152, Iban IT71 E033 5901 6001 0000 0005 190

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Intervista esclusiva al capitano dell’Inter

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Javier Zanettileader gentiluomoJavier Zanettileader gentiluomo

Inchiesta: dopo il “Viareggio”facciamo il punto con Ciro Ferrara

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ilCalciatoreSergio CampanaGianni GrazioliNicola BosioPino LazzaroGianfranco SerioliStefano SartoriStefano FontanaBarnaba UngaroMario Dall’AngeloMaurizio BorsariA.I.C. ServiceContrà delle Grazie, 1036100 Vicenza0444 2332330444 233250www.assocalciatori.itassocalciatori@telemar.itTipolitografia Campisi SrlArcugnano (VI)N.289 del 15-11-1972

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n.3 Marzo-Aprile 2011

Questo periodicoè iscritto all’USPIUnione StampaPeriodica Italiana

Mem

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Sommario

Di anni ne ha adesso 37 e non si direbbe naturalmente. Che ne dimostri meno lo dice intanto il campo, quel suo moto perpetuo, gli impressionanti numeri che dicono da soli proprio tanto: Javier Zanetti racconta, e si racconta, in questa lunga chiacchierata. Una storia piena di avventu-re e successi, la storia di un leader gentiluomo con cui vale sempre la pena alzarsi in piedi…

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editoriale di Sergio Campana

Aria nuova nella Nazionale di Prandelli

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ha scritto per noi di Alessandro Comi

Alessio Bifini, “el matador” grossetano

14

l’inchiesta di Barnaba Ungaro

Ciro Ferrara: “Crediamo nei giovani per un salto di qualità”

31

internet di Stefano Fontana

Criscito e Floro Flores: il web si tinge di rossoblù

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segreteria di Diego Murari

Di porto in porto…

11

attività aic

20

io e il calcio di Pino Lazzaro

Matteo Tagliariol

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primo piano di Nicola Bosio

Riunione con i rappresentanti di Serie B

12

calcio e legge di Stefano Sartori

Modifiche al Regolamento Agenti Figc

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calcio e legge di Stefano Sartori

Addestramento tecnico: alcuni punti fermi

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come stai?Nicola Ventola

Finito di stampare il 05-04-2011

Sommariodi Pino Lazzarol’intervista

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pianeta lega pro di Pino Lazzaro

Tommaso Chiecchi:“La C è cambiata: pochi soldi, troppi giovani”

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“Mio padre mu-ratore, Ignazio Rodolfo; mia madre casalin-ga, Violetta. Il nostro quartiere dalle parti del por-to di Buenos Aires, il Dock Sud, così si chia-ma. Avrò avuto tre-quattro anni quando mi hanno regalato il mio primo pallone, ricordo che quel che si faceva era comunque e sem-pre calciare qualcosa, se non c’era una palla qualcosa d’altro la si trovava sempre. Dai e dai, assieme ai vi-cini lì di casa, mio padre si è poi dato da fare per prepa-rare un campo, a 200 metri da casa mia, bello regola-re ma era tutto in cemento, occhio a cadere. Una realtà di “potrero” come diciamo noi in Ar-gentina, di oratorio insomma come dite qui. È stato così che abbiamo potuto met-tere assieme una squa-dra e iscriverci anche a un campionato regiona-le. Sino ai 15 anni ho gio-cato nelle giovanili dell’In-dependiente, poi sono passato alla polisportiva Talleres de Remedios de Escalada, sempre nell’a-rea metropolitana di Buenos Aires, è stato con loro che sono arrivato ad esordire da professionista, in serie B. Sono anni quelli di cui ho un ricordo bellissimo. Mi di-vertivo, avevo tanti amici e proprio lì ho imparato tanto, è lì che mi sono

Di anni ne ha adesso 37 e non si direbbe naturalmente. Che ne dimostri meno lo dice intanto il campo, quel suo moto perpetuo, gli impressionanti numeri che lì dalla scheda dicono da soli proprio tanto (chi ha giocato a cal-cio sa davvero che significano). Raccontano che ne dimostra di meno di anni anche per quelli che sono i riscontri dei test che continua a fare sul campo, dati oggettivi, la loro parte puntualmente sorprendenti. Ma meno gliene dai anche quando te lo trovi davanti, davvero complimenti. Incontro dunque col capitano dell’Inter e al solito in questo spazio ecco un lungo raccontare e raccontarsi. Un viaggio bello lungo il suo, che da un campo di cemento mes-so assieme con i vicini di uno dei quartieri della sterminata Buenos Aires dal padre muratore, lo ha portato su su sino a quelle incredibili cifre che ne condensano la carriera. Uno insomma con cui vale sempre la pena di alzarsi in piedi, quasi quasi mettendosi sull’attenti, sì. Buona lettura.

“Rispettate il calcio, sempre”Javier Zanetti, capitano dell’Inter

l’intervistadi Pino Lazzaro

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“Rispettate il calcio, sempre”

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tro sogno che avevo dopo l’esordio in serie A. È stato allora che mi è arrivata questa proposta dell’Inter, dall’Italia. Sì, anch’io ho una discen-denza italiana, mio bisnonno veniva da Sacile. A quel tempo grazie alla televisione s’iniziavano a vedere partite dall’Italia, a Na-poli c’era Maradona, questo quel che sa-pevamo. Ero molto giovane, il Banfield era una squadra piccola e avevo questa possibili-tà, in una grande squadra e in uno dei campionati più impor-tanti al mondo, lontanis-simo da quella che era la mia realtà. L’ho vista come una grandissima occasione da sfrutta-re, mai avrei potuto immaginare di po-ter fare un salto così grande, ero fiero e orgo-glioso. Facile non era, c’era da comin-ciare d a

z e ro , a l t r o

paese, al-tra gente,

altra lingua: il tutto m’è servito per

crescere come persona, non solo come calciatore”.

“La fascia di capitano sono dodici anni che la porto al braccio. E so-

cietà e squadra sanno come lo fac-cio il capitano, fascia o no quel che cerco è sempre il dialogo, massimo rispetto per tutti, per questo avver-to che c’è anche rispetto nei miei confronti. Sono uno insomma che cerca sempre di far capire quelle che possono essere le difficoltà, di come affrontarle e così nello spogliatoio

sono uno che non si tira certo indietro se c’è da parlare.

Ma poi quel che dico cer-co sempre di mostrarlo anche sul campo: sì, sono

sempre davanti al gruppo a tirare in allenamento. Coi giovani credo di poter dire

che per me va benissimo; ci sono ragazzi che hanno valori importanti e io assieme ad altri cerchiamo di indirizzarli sulla strada giusta, facendoli sempre

sentire parte del gruppo e cer-cando di farli riflettere sull’oppor-

tunità che hanno a loro disposizio-ne. Qualcosa magari da suggerire ai tanti giovani che cominciano? Mah, potrei dire loro soprattutto di dedi-carsi con passione a quel che stanno facendo, di dedicare a questa loro passione il maggior tempo possibile, rispettando gli altri e anche quello che fanno, in tutti i sensi, dentro e fuori il campo”.

“Con gli arbitri quel che cerco sem-pre di avere è del dialogo; credo sia necessario anche da parte nostra, di calciatori, cercare sempre di tenere presenti le tensioni che pure loro hanno. Sempre massimo rispetto naturalmente ma ci vuole anche del buon senso a volte, dai. Di espulsio-ni dirette ne ho avuta una in tutta la mia carriera, è capitato quella volta contro il Parma, prima c’è stata l’e-spulsione di Bergomi, poi quella di Colonnese e così il terzo sono stato io... Beh, si sa bene quanto sia il ri-sultato a comandare un po’ tutto ma nonostante tutte le pressioni che ci sono, dato che siamo noi calciatori

l’intervista

formato: i valori, il rispetto, i com-pagni. Il mio di sogno come quello di tutti era di arrivare in prima squa-dra, loro ti formavano per questo, chi ce la faceva e chi no. Poi in casa io avevo pure lo stimolo di mio fratel-lo Sergio, sei anni più vecchio di me, a fare il professionista ci è arrivato prima di me, lo ha fatto per parecchi anni, mancino lui, difensore di fascia, adesso anche lui è qui in Italia, allena nel settore giovanile del Como. Così con mio padre e tutti assieme si an-dava sempre a vederlo, lo seguivamo dappertutto, l’ho detto che è stato uno stimolo per me. Con la scuola? Ho fatto elementari e medie, poi ho lasciato, ho cominciato presto a fare il professionista. L’anno dopo sono passato al Banfield, ancora a Buenos Aires, in serie A: era stato sempre quello intanto il mio sogno. È stato lì, ma già c’era prima, che ho capi-to che era dunque il pallone la mia professione, che gli dovevo dedicare tutto quello che serviva, di cui c’era bisogno. Già a quel tempo arriva-vo sempre tra i primi, sì, parecchio tempo prima dell’orario fissato; è un qualcosa che ho sempre avuto, che ho tuttora e devo dire che in questa nostra squadra adesso qui nell’Inter è in effetti una bella gara su chi arri-va prima degli altri”.

“Due campionati col Banfield, ho fat-to anche l’esordio con la maglia della

Nazionale maggiore ed era quello un al-

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i protagonisti, dobbiamo ricordar-ci – senza mai dimenticarlo – che quel che facciamo è uno sport, che abbiamo comunque sempre con noi quella tanta passione che sempre ci accompagna. La gente negli stadi? Beh, pur giocando con l’Inter, ci si rende conto che ce n’è di meno di prima; oltre alla questione delle tele-visioni, ormai si gioca ogni tre giorni e come fa la gente a permettersi di spendere così tanto settimana dopo settimana?”

“Lo sappiamo bene d’essere dei mo-delli, sappiamo bene per esempio che i bambini sono lì che ci guarda-no, che dobbiamo comportarci in un certo modo e ne parliamo tra noi nello spogliatoio di queste cose. E non è dell’occhio delle televisioni che ci dobbiamo preoccupare, sono altre le cose su ci dobbiamo stare concen-trati per dare dei buoni esempi. Non credo che per noi calciatori sia pos-sibile fare di più di quel che già faccia-mo quando succede magari qualcosa lì sugli spalti, vedi delle situazioni di razzismo. Già ci attiviamo subito con l’arbitro, ci stiamo attenti e lo fac-ciamo presente ma credo che noi lì in campo si possa insomma arrivare

sino a un certo punto, non le abbia-mo decise noi le regole che ci sono”.

“Per me il sentire una partita non ha età, ne puoi aver giocate moltissime però l’avvicinamento alla gara è co-munque un’emozione forte. Con l’e-sperienza la puoi controllare ma te la puoi anche godere di più: è bello sentire la tensione, la voglia di gioca-re, osservare la faccia dei tifosi men-tre arrivi allo stadio, ascoltare dagli spogliatoi il volume dei cori che au-menta. Ci sono attese di partite che non dimentichi, penso a quella della finale di Champions a Madrid e altre invece che scorrono veloci. Il dopo di una partita in notturna è invece sempre lungo, soprattutto se si gioca

in trasferta e c’è il rientro in aereo o pullman: allora sì che è più difficile prendere sonno, è tutto molto più semplice da San Siro a casa. Riti? Sca-ramanzie? No, nessuna in particola-re, forse solo l’”andiamo ragazzi, an-diamo a vincere”che ripeto, ancora e ancora, ai compagni quando si esce dal tunnel per entrare in campo”.

“Lo so, spesso siamo etichettati come viziati, gente a cui pare che per forza di cose sia tutto dovuto. Chi però vive da dentro il calcio pro-fessionistico sa bene che il tutto è molto meglio di come viene raccon-tato dall’esterno. Il fatto è che siamo vittime di molti luoghi comuni, delle minoranze che vengono trasformate

l’intervista

La Fondazione P.U.P.I.Insieme alla moglie Paula, Zanetti ha fondato nel 2001 la Fundación P.U.P.I., orga-nizzazione non-profit che si occupa del sostegno economico dei bambini disagiati e delle loro famiglie nella zona di Buenos Aires con progetti di istruzione, affido, adozione, formazione sportiva, avviamento al lavoro. Il termine P.U.P.I. deriva sia dal soprannome calcistico di Zanetti, appunto Pupi, ma è anche un acronimo che significa Por un piberío integrado (per un’infanzia integrata).Concentratasi inizialmente sul distretto di Lanús, una delle zone più disagiate di Buenos Aires, il programma della fondazione prevede, al mattino, l’accompa-gno dei bambini a scuola, per poi essere portati nelle sedi dell’organizzazione per altre attività, quali musica, disegno, teatro e sport (oltre alla casa madre di Lanús, si sono poi nel tempo aggiun-te altre “succursali”). La fondazione collabora inoltre con alcune aziende, per insegnare ai padri dei piccoli un mestiere e anche le madri vengono assistite, sia a livello medico che so-ciale. Complessivamente la Fonda-zione si sta attualmente occupando di oltre mille persone, tra bambini e rispettive famiglie. Ecco il Zanetti pensiero: “Quando mi guardo indietro, e penso ai primi anni della mia vita, mi vengono in mente tante immagini, sia belle che brutte. Ho avuto un’infanzia non facile e anche se oggi non vivo nel mio paese, conosco profondamente la situazione che sta attra-versando e l’effetto che questo ha sui bambini più poveri. Ho sempre pensato che ognuno di noi debba darsi da fare e considerare che ha una certa responsabilità sociale all’interno della sua comunità; per questo io penso si debba cercare di mettere tutto il proprio impegno e fare più sforzi possibili per raggiungere un obiettivo comune, proprio come si fa in una squadra di calcio. Da questa convin-zione è nata l’idea di costituire una Fondazione che, raccogliendo aiuti, potesse mirare principalmente a soddisfare bisogni fondamentali come l’alimentazione, l’educazione, l’igiene e la cura dei bambini e di conseguenza aiutare le loro fami-glie e la comunità in cui essi vivono”.

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in etichette dai media. Nel calcio io ho sempre trovato una maggioranza positiva, pronta alla solidarietà, alla comprensione, alla condivisione dei problemi, anche al volontariato. Solo che tutto ciò non fa notizia e non fi-nisce sui giornali o in televisione e questo è l’aspetto del calcio che non mi piace. Io, in tal senso, ci metto al faccia e la storia della mia carriera per cercare di far vedere gli aspetti belli del calcio”.

“Giocare con l’Inter ha voluto dire anche tanta sicurezza economica, so bene che in tante altre squadre, spe-cie nelle categorie inferiori, anche il prendere lo stipendio è un problema. Io penso che sia questo un problema che spetta alle istituzioni calcistiche di risolvere: i calciatori possono al-zare la voce, utilizzare i colleghi più importanti per dare voce alle mino-ranze – e non mi sembra che qual-cuno si sia mai tirato indietro – ma non possono controllare, verificare, squalificare. I calciatori di serie C hanno sempre potuto contare come ho detto su quelli della serie A, è uno spirito consolidato che è diven-tato esempio anche in altre parti del mondo, penso per esempio a quanto ha fatto il mio amico Cordoba per il calcio colombiano, per dare diritti ai colleghi meno fortunati di lui”.

“Sì, il calcio italiano effettivamente nei numeri sta perdendo delle po-sizioni a livello internazionale, col rischio per esempio della perdita adesso di un posto nella Champions League. D’altra parte, su questo specifico argomento, voglio e devo parlare anche da capitano dell’Inter. Noi abbiamo fatto la nostra parte in modo meraviglioso direi. Abbia-mo vinto in Europa e nel mondo, quindi abbiamo dato un contributo reale al calcio italiano: non è che ab-bia in effetti sentito molti “grazie”. A tratti ci hanno trattato come una squadra straniera, quasi con fastidio, facendoci la morale e non solo e poi hanno cercato di saltare sul carro dei vincitori. Allora, siccome questa storia noi dell’Inter l’abbiamo vissuta in prima persona, non abbiamo fat-to le vittime e siamo andati avanti a testa alta, fieri di noi stessi e delle

scelte del nostro presidente Morat-ti. Mi chiedo se l’arretramento inter-nazionale del calcio italiano non sia anche figlio di pregiudizi, di una men-talità sbagliata e non solo di proces-si economici e tecnici legati ad altri fattori, diciamo industriali. Sul fatto poi che si continua a fare riferimen-to all’Inter “per i pochissimi italiani in campo” (vedi che si arriva sempre a quel punto?), rispondo qui con le parole del mio amico e compagno Esteban Cambiasso: che basta an-dare sopra Genova per capire da dove lui arriva. Dai, abbiamo gli stessi doveri e gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini italiani, che forse dimenti-cano quando i loro nonni o bisnonni at-traversarono l’oceano per andare in cerca di fortuna, fieri di essere italiani, ma senza bende sugli occhi”.

“Il dopo? Non so, ho ancora tre anni di contratto, ve-drò. È vero, non credo proprio che farò l’alle-natore... quando adesso mi ca-pita di

vedere Toldo e lo sento raccontare le sue avventure con Inter Campus non posso non vedere quanto entu-siasmo ha negli occhi. Sono felice per lui e ancora più orgoglioso di aver condiviso la mia carriera con l’Inter di Massimo Moratti. Questa società può offrire opportunità uniche, che sicuramente valuterò quando smet-terò di giocare. Come finiamo? Beh, vorrei dire a tutti, anche ai miei col-leghi, di amare e rispettare il calcio sempre, a prescindere che si giochi

in serie A, B, tra i dilettanti o nel giardino di casa. In

ogni dove il calcio può dare di più

di quello che dai al cal-

cio”.

l’intervista

Una autobiografia in cui Zanetti ha modo di raccontare la sua vicenda umana, dai primi calci a un pallone all’aiuto che dava al padre muratore. Poi il sogno e i sogni del calcio, l’esordio nella A argentina e nella Nazionale, l’arrivo in Italia segnalato da Valentin Angelillo. Il fortissimo legame con l’Inter, le iniziative di solidarietà e (nella nuova edizione per la collana Bur Rizzoli) pure pagine dedicate alla passata, straordinaria stagione, “la migliore della mia vita”.

Zanetti autore

l’esordio nella A argentina e nella Nazionale, l’arrivo in Italia segnalato da Valentin

Capitano e gentiluomo

mondo, penso per esempio a quanto ha fatto il mio amico Cordoba per il calcio colombiano, per dare diritti ai

“Sì, il calcio italiano effettivamente nei numeri sta perdendo delle po-sizioni a livello internazionale, col rischio per esempio della perdita adesso di un posto nella Champions League. D’altra parte, su questo specifico argomento, voglio e devo parlare anche da capitano dell’Inter. Noi abbiamo fatto la nostra parte in modo meraviglioso direi. Abbia-mo vinto in Europa e nel mondo, quindi abbiamo dato un contributo reale al calcio italiano: non è che ab-bia in effetti sentito molti “grazie”. A tratti ci hanno trattato come una squadra straniera, quasi con fastidio, facendoci la morale e non solo e poi hanno cercato di saltare sul carro dei vincitori. Allora, siccome questa storia noi dell’Inter l’abbiamo vissuta in prima persona, non abbiamo fat-to le vittime e siamo andati avanti a testa alta, fieri di noi stessi e delle

dare sopra Genova per capire da dove lui arriva. Dai, abbiamo gli stessi doveri e gli stessi diritti di tutti gli altri cittadini italiani, che forse dimenti-cano quando i loro nonni o bisnonni at-traversarono l’oceano per andare in cerca di fortuna, fieri di essere italiani, ma senza bende sugli occhi”.

“Il dopo? Non so, ho ancora tre anni di contratto, ve-drò. È vero, non credo proprio che farò l’alle-natore... quando adesso mi ca-pita di

in serie A, B, tra i dilettanti o nel giardino di casa. In

ogni dove il calcio può dare di più

di quello che dai al cal-

cio”.

Page 10: Il Calciatore N.3 Marzo-Aprile 2011

l’intervista

Leoni di potrero“Io e Cambiasso sentivamo la voglia di fare qualcosa per il territorio, per questa città che ci ha aperto le por-te di casa e non solo quelle di uno stadio. Tutto è così iniziato assieme a un gruppo di amici e l’idea è stata quella di una scuola calcio per i più giovani, dove lo sport sia visto come divertimento e formazione, non come ricerca del talento, un posto insomma dove i bambini si possano divertire e possano imparare a stare in gruppo. In Argentina il potrero è quel che in Italia è l’ora-torio. Quel che abbiamo cercato di fare e tuttora stiamo facendo è appunto di riproporre quel tipo di realtà, anche in considera-zione di quanto “isolati” si-ano adesso i ragazzini (com-puter e il resto) e di quanto poca attività sportiva facciano. L’idea è insomma che questo cen-tro possa diventare un luogo in cui i ragazzi possano rincontrarsi, speri-mentando così tutta la “magia” che hanno potuto vivere tutti coloro che andavano un tempo a giocare nel potrero”.

Da quanto sopra, per volontà e im-pulso della coppia di argentini, ecco nascere nel corso del 2007, nel quartiere della Barona (zona sud di Milano), l’iniziativa della scuola calcio denominata “Leoni di Potrero”. Sen-za affiliazione alla Figc e con l’intento di avere una scuola giusto di forma-zione di gioco (istruttori qualificati), con classi d’età che arrivano come massimo a quella degli esordienti. Attività da settembre a giugno, che può contare nel periodo invernale della possibilità di poter usufruire pure di strutture al coperto. Il tutto è ben presto diventato un punto di ritrovo parecchio frequentato e ben “radicato” nel quartiere.

in gruppo. In Argentina il potrero è quel che in Italia è l’ora-torio. Quel che abbiamo cercato di fare e tuttora stiamo facendo è appunto di riproporre quel tipo di realtà, anche in considera-zione di quanto “isolati” siano adesso i ragazzini (computer e il resto) e di quanto poca attività sportiva facciano. L’idea è insomma che questo centro possa diventare un luogo in cui i ragazzi possano rincontrarsi, sperimentando così tutta la “magia” che hanno potuto vivere tutti coloro che andavano un tempo a giocare

può contare nel periodo invernale

-zione di quanto “isolati” si-ano adesso i ragazzini (com-puter e il resto) e di quanto poca attività sportiva facciano. L’idea è insomma che questo cen-tro possa diventare un luogo in cui i ragazzi possano rincontrarsi, speri-mentando così tutta la “magia” che hanno potuto vivere tutti coloro che andavano un tempo a giocare

della possibilità di poter usufruire pure di strutture al coperto. Il tutto è ben presto diventato un punto di ritrovo parecchio frequentato e ben “radicato” nel quartiere.

Dell’agosto del 1973, Javier Adelmar Zanetti è nato a Buenos Aires. Di-scendente da una famiglia di emigrati italiani friulani (da Sacile), ha esordito nella serie A argentina col Banfield dopo una stagione in B col Talleres de Remedios de Escalada, uno dei tan-tissimi club dell’area metropolitana di Buenos Aires. Il trasferimento all’Inter è nella stagione 1995/1996 e da allora una impressionante sequenza di par-tite (detiene tra l’altro pure il record di 137 presenze consecutive in serie A, da novembre 2006 ad aprile 2010) lo hanno portato nel corso di questa stagione targata 2010/2011 a superare Beppe Bergomi nel numero di presen-ze in campionato: l’ex campione del mondo a Spagna ’82 s’era infatti “fer-mato” a 519, con Zanetti per adesso

arrivato (chiusura del giornale a fine marzo) a 530. Prendendo in conside-razione campionato, Coppa Italia e le varie competizioni europee, Bergomi è ancora davanti nella classifica dei più presenti in maglia nerazzurra (758 le sue presenze) ma ormai molto vicino si è fatto Zanetti, arrivato (sempre a fine marzo) a 738.Con la maglia dell’Inter, Zanetti ha sin qui vinto 5 scudetti: 2005/2006 (a tavolino), 2006/2007, 2007/2008, 2008/2009 e 2009/2010; 3 Coppe Italia: 2004/2005, 2005/2006 e 2009/2010; 4 Supercoppe Italiane: 2005, 2006, 2008 e 2010; 1 Coppa Uefa (1997/1998); 1 Champions League (2009/2010) e un Mondiale per club (2010).Esordiente a 21 anni con la maglia della Nazionale maggiore dell’Argentina, ha

fin qui totalizzato 139 presenze: record assoluto nella storia del calcio argenti-no. Argento olimpico ad Atlanta 1996 (Argentina sconfitta in finale per 3 a 2 dalla Nigeria), Zanetti ha partecipato a due edizioni dei Campionati del Mon-do: quella del 1998 in Francia (elimina-zione ai quarti da parte dell’Olanda) e quella del 2002 in Corea-Giappone (fuori già al primo turno di qualificazio-ne). Con l’Argentina s’è piazzato per due volte secondo sia nelle edizioni del 1995 (Arabia Saudita) e del 2005 (Germania) della Confederations Cup che nel 2004 (Peru) e nel 2007 (Vene-zuela) della Coppa America. Sposato con Paula (si sono conosciuti quando entrambi frequentavano la polisportiva Talleres, Paula giocava a pallavolo), ha due figli: Sol e Ignacio.

La schedaLa scheda

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ma dei campionati sottolineando che non esiste una norma che garantisce i ripescaggi quindi, in sede di iscrizione ai campionati, saranno valutate due tipolo-gie di intervento: o un limite sul numero delle squadre da ripescare, oppure un blocco totale (in questo caso va definita una titolarità decisionale sul format dei campionati).Per quanto riguarda le Licenze nazio-nali per la prossima stagione sportiva, il Consiglio ha individuato due campi di intervento principali: i criteri economici (stipendi, scadenze di pagamento, para-metri anche per le società di B) e i crite-ri sportivi e organizzativi (figure profes-sionali obbligatorie per le società di A e B; obbligo di depositare un programma per l’attività giovanile; partecipazione ai corsi FIGC sulla formazione e il doping).

30 merErasmus per lo SportUn programma “Erasmus per lo sport” per offrire a migliaia di giovani atleti l’op-portunità di andarsi a formare presso un club o una federazione estera: è una delle tante iniziative che potrebbero trasformar-si in opportunità in tutta Europa grazie al “Trattato di Lisbona” che è entrato in vigo-re lo scorso autunno. Al riguardo si è svol-ta a Bruxelles, mercoledi 30 marzo, presso la Commissione educazione e cultura del Parlamento europeo, un’audizione per rendere operative le mille possibilità che il Trattato offre agli Stati membri della Ue.All’incontro hanno partecipato Federa-zioni nazionali ed europee, club, sindacati (per l’Aic presente il Fiduciario Miche-le Colucci) e atleti che hanno portato la loro esperienza. Un primo passo del percorso che porterà alla redazione del “Rapporto del Parlamento europeo sullo sport”, atteso per ottobre. Sarà un docu-mento nel quale tutti i Governi dei Paesi membri potranno trovare materiale di interesse per la messa a punto di politi-che di interesse per il settore. “L’Unione europea ha il compito di sviluppare la di-mensione europea attraverso lo sport», ha ricorda Michele Colucci, docente universitario di Diritto internazionale ed europeo dello sport e membro della Ca-mera di risoluzione della Fifa. Nell’ultima audizione, tenutasi a novembre, Colucci ha presentato il progetto Erasmus nello sport, un programma “che può inserir-si come valido strumento nella nuova politica europea”. “Sarà un progetto di scambio che permetterà, per esempio, di organizzare tornei transnazionali per giovani atleti dilettanti. Sul valore dell’ini-ziativa ho ricevuto moltissimi consensi da parte delle Federazioni europee e, grazie al nuovo Trattato di Lisbona, sono sicuro che, in tempi brevi, potremo realizzarlo”.

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attività aic

3 gioConsiglio FederaleSi è svolta a Roma la riunione del consi-glio federale durante la quale è stata con-vocata per lunedì 20 giugno l’Assemblea per la riforma dello Statuto; approvata la norma, annunciata nel precedente Con-siglio, per regolamentare i procedimenti di preclusione non definiti con il codice di giustizia sportiva vigente fino al 30 giugno 2007 che riguarda circa 40 tesserati; mo-dificate alcune norme del Regolamento Agenti dei calciatori; aperto il dibattito in vista della definizione delle norme sulle Licenze nazionali, ripescaggi compresi, per la prossima stagione sportiva.È stato inoltre illustrato l’andamento dei lavori della Commissione per la Rifor-

Avvenimenti Incontri Calendario

A Vicenza il prossimo 16 maggio

Si svolgerà a Vicenza (Teatro Comunale) il prossimo 16 maggio il Convegno Nazionale promosso dall’Associazione Italiana Calciatori dal titolo “La tutela della salute nel calcio giovanile”.Oltre il 70% degli adolescenti italiani pratica il gioco del calcio nelle sue varie forme, più o meno agonistiche. Il calcio è una palestra educativa e formativa che racchiude un insieme di aspetti che incidono profondamente nel percorso di crescita dell’adolescente, educandolo al rispetto, alla solidarietà, alla condivisione, all’aiuto, e contribuendo alla sua maturazione personale, col segnare la sua esperienza di vincoli di amicizia solidale, significativi fino all’età adulta. In considerazione della profonda valenza educativa del calcio, la tutela della salute psicofisica degli adolescenti è dunque un aspetto di cruciale importanza.Il Convegno vuole, dunque, essere un momento di riflessione, condotto insieme ad espo-nenti del mondo calcistico e istituzionale sulle strategie da porre in atto per favorire le conoscenze di prevenzione a tutela della salute e della crescita del giovane calciatore.E anche un confronto con rappresentanti prestigiosi del mondo calcistico (maggiori det-tagli sui partecipanti alla tavola rotonda sul prossimo numero de Il Calciatore), con cui condividere esperienze personali di singoli atleti, che nella loro carriera hanno fronteggiato infortuni e difficoltà.

La tutela della salute nel calcio giovanile

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Alcune modifiche al Regolamento Agenti Figc

Questo mese parliamo di…

calcio e leggedi Stefano Sartori

A seguito della recente sentenza del TAR del Lazio 11.11.2010, con CU 142 del 3.3.11 il Regolamento Agenti FIGC è stato modificato all’art. 4 (eliminazione del numero massimo di agenti soci) ma, soprattutto, all’art. 24 (clausola com-promissoria), con conseguenze estremamente importanti per i calciatori. Infatti, l’abrogazione dei primi due commi dell’art. 24 comporta che le controversie tra agente e calciatore non verranno più sottoposte obbligatoriamente al giudizio del Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il CONI (TNAS) ma, al contrario, saranno d’ora in poi devolute alla competenza del Tribunale Ordinario. Ciò significa che non solo tutti i contenziosi di natura economica ma anche, ad esempio, l’accertamento della revoca dell’agente per giusta causa (art. 18.4.) dovranno essere d’ora in poi accertati dal Tribunale Ordinario. Infine, nel caso in cui la controversia abbia una dimensione internazionale (agente e/o calciatore e/o società di federazioni diverse), la richiesta di procedura di arbitrato potrà continuare essere pre-sentata alla Commissione per lo Statuto dei Calciatori della FIFA.

Art. 4

1. L’Agente che ha ricevuto uno o più incarichi è tenuto a rap-presentare e tutelare gli interessi dei propri assistiti, che possono essere soltanto calciatori o società.

2. L’attività di Agente può essere effettuata solo da persone fisiche che abbiano ottenuto la Licenza. L’Agente ha tuttavia la facoltà di organizzare la propria attività imprenditorial-mente, attribuendo ad una società, costituita ai sensi della legislazione civilistica vigente, i diritti economici derivanti dagli incarichi, a condizione che:

a) ciò sia espressamente autorizzato dal calciatore all’atto del conferimento;

b) l’attività dei dipendenti sia limitata a funzioni amministrative;c) la società abbia come oggetto sociale esclusivo l’attività

disciplinata dal presente regolamento ed eventuali attività connesse e strumentali e che l’Agente non sia socio di altre società con analogo oggetto sociale;

d) il numero degli agenti soci non sia superiore a cinque;e) la maggioranza assoluta del capitale sociale sia posseduta

direttamente dai soci agenti;f) nessuno dei soci sia legato da rapporto di coniugio, di pa-

rentela o di affinità fino al secondo grado, con Agenti non soci o con soggetti comunque aventi un’influenza rilevante su società di calcio italiane o estere;

g) nessuno dei soci sia una persona giuridica;h) i soci che non sono Agenti abbiano e mantengano i requisiti

richiesti per il rilascio della Licenza, con l’eccezione del su-peramento della prova di idoneità, e comunque non versino in una delle situazioni di incompatibilità o divieto previste per gli Agenti dal presente regolamento;

i) la rappresentanza legale della società sia attribuita ad un Agente socio.

Art. 4

1. L’Agente che ha ricevuto uno o più incarichi è tenuto a rap-presentare e tutelare gli interessi dei propri assistiti, che possono essere soltanto calciatori o società.

2. L’attività di Agente può essere effettuata solo da persone fisiche che abbiano ottenuto la Licenza. L’Agente ha tuttavia la facoltà di organizzare la propria attività imprenditorial-mente, attribuendo ad una società, costituita ai sensi della legislazione civilistica vigente, i diritti economici derivanti dagli incarichi , a condizione che:

a) ciò sia espressamente autorizzato dal calciatore all’atto del conferimento;

b) l’attività dei dipendenti sia limitata a funzioni amministrative;c) la società abbia come oggetto sociale esclusivo l’attività

disciplinata dal presente regolamento ed eventuali attività connesse e strumentali e che l’Agente non sia socio di altre società con analogo oggetto sociale;

d) il numero degli agenti soci non sia superiore a cinque;d) la maggioranza assoluta del capitale sociale sia posseduta

direttamente dai soci agenti;e) nessuno dei soci sia legato da rapporto di coniugio, di pa-

rentela o di affinità fino al secondo grado, con Agenti non soci o con soggetti comunque aventi un’influenza rilevante su società di calcio italiane o estere;

f) nessuno dei soci sia una persona giuridica;g) i soci che non sono Agenti abbiano e mantengano i requisiti

richiesti per il rilascio della Licenza, con l’eccezione del su-peramento della prova di idoneità, e comunque non versino in una delle situazioni di incompatibilità o divieto previste per gli Agenti dal presente regolamento;

h) la rappresentanza legale della società sia attribuita ad un Agente socio.

Vecchio testo Nuovo testo

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calcio e legge

Alcune modifiche al Regolamento Agenti Figc

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3. L’elenco dei dipendenti e collaboratori, la copia autenticata dell’atto costitutivo della società, dello statuto, del libro dei soci, l’elenco nominativo degli organi sociali, nonché delle eventuali variazioni periodicamente intervenute, devono essere depositati presso la Commissione Agenti entro ven-ti giorni dalla costituzione della società o dalle modifiche intervenute

Clausola compromissoriaArt. 24

1. Ogni controversia nascente dall’incarico di cui all’art.16 è decisa dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il CONI (il “Tribunale” ) ai sensi del relativo regola-mento pubblicato a cura del CONI

2. Ai soggetti che non ottemperano ai lodi verranno applicate le sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva.

3. In caso di controversie internazionali relative all’attività di Agente, una richiesta di procedura di arbitrato può essere presentata alla Commissione per lo Statuto dei Calciatori della FIFA.

4. Se dalla trattazione di una controversia emergono profili di-sciplinari, la Commissione per lo Statuto dei Calciatori della FIFA ovvero il giudice unico (se competente) trasmette gli atti alla Commissione Disciplinare con la richiesta di avvio di un procedimento disciplinare, in conformità con il codice di disciplina della FIFA.

5. La Commissione per lo Statuto dei Calciatori o il giudice unico (se competente) non possono avviare un procedimen-to disciplinare se sono trascorsi più di due anni dall’evento che ha dato origine alla controversia o se sono trascorsi più di sei mesi dalla cessazione dell’attività da parte dell’Agente coinvolto. La prescrizione è rilevabile d’ufficio.

6. Le singole procedure per la risoluzione delle controversie relative all’attività di Agente sono ulteriormente regolate dal regolamento di procedura della FIFA per i procedimenti innanzi la Commissione per lo Statuto dei Calciatori della FIFA e la Camera per la Risoluzione delle Controversie del-la FIFA.

3. L’elenco dei dipendenti e collaboratori, la copia autenticata dell’atto costitutivo della società, dello statuto, del libro dei soci, l’elenco nominativo degli organi sociali, nonché delle eventuali variazioni periodicamente intervenute, devono essere depositati presso la Commissione Agenti entro ven-ti giorni dalla costituzione della società o dalle modifiche intervenute

Controversie InternazionaliArt. 24

1. Ogni controversia nascente dall’incarico di cui all’art.16 è decisa dal Tribunale Nazionale di Arbitrato per lo Sport presso il CONI (il “Tribunale” ) ai sensi del relativo regola-mento pubblicato a cura del CONI

2. Ai soggetti che non ottemperano ai lodi verranno applicate le sanzioni previste dal Codice di Giustizia Sportiva.

1. In caso di controversie internazionali relative all’attività di Agente, una richiesta di procedura di arbitrato può essere presentata alla Commissione per lo Statuto dei Calciatori della FIFA.

2. Se dalla trattazione di una controversia emergono profili di-sciplinari, la Commissione per lo Statuto dei Calciatori della FIFA ovvero il giudice unico (se competente) trasmette gli atti alla Commissione Disciplinare con la richiesta di avvio di un procedimento disciplinare, in conformità con il codice di disciplina della FIFA.

3. La Commissione per lo Statuto dei Calciatori o il giudice unico (se competente) non possono avviare un procedimen-to disciplinare se sono trascorsi più di due anni dall’evento che ha dato origine alla controversia o se sono trascorsi più di sei mesi dalla cessazione dell’attività da parte dell’Agente coinvolto. La prescrizione è rilevabile d’ufficio.

4. Le singole procedure per la risoluzione delle controversie relative all’attività di Agente sono ulteriormente regolate dal regolamento di procedura della FIFA per i procedimenti innanzi la Commissione per lo Statuto dei Calciatori della FIFA e la Camera per la Risoluzione delle Controversie del-la FIFA.

Vecchio testo Nuovo testo

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l’inchiestadi Barnaba Ungaro

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Prima la soddisfazione di riportare la “Beneamata” a rivincere in Versilia dopo due anni, e poi la soddisfazione di costituire una sorta di asse portan-te del nuovo biennio Under 21 affida-to a Ciro Ferrara, neo Commissario Tecnico ex di Napoli e Juventus.Quattro sono i ragazzi interisti, re-duci dal successo nella Coppa Car-nevale, convocati da Ferrara nelle amichevoli di marzo contro Svezia e Germania: Francesco Bardi, classe 1992, premiato come miglior portie-re, Cristiano Biraghi, esterno sinistro difensivo anch’egli del 1992, Davide Faraoni, esterno destro difensivo del 1991, e Lorenzo Crisetig, centrocam-pista del 1993.“Ma non si pensi a queste convoca-zioni come un premio per la vittoria

al Torneo di Viareggio” – puntualizza Ferrara – “in realtà Biraghi e Faraoni si erano già distinti da tempo, men-tre con Bardi e Crisetig ho avuto la necessità di coprire ruoli con carat-teristiche diverse rispetto a quelle già individuate nel gruppo che stiamo co-struendo”.

Dal Viareggio, comunque, ha trovato indicazioni importanti per la sua Un-der 21?“Non c’è dubbio che da sempre la Coppa Carnevale rappresenti l’eccel-lenza del calcio giovanile in Italia, ed anche in questa edizione nel abbiamo avuto la conferma. Ho seguito da vici-no alcune partite della fase finale, e di qualità ne ho vista. Oltre ai ragazzi in-teristi, cito ad esempio, ho convocato anche un altro dei protagonisti della finale come Camporese. In linea di massima ho già un’idea del gruppo su cui lavorare per il prossimo biennio, e non escludo che vi possano essere in-serimenti di ragazzi che si sono messi in evidenza nel Viareggio 2011, però questi giovani sarebbe auspicabile uscissero dal campionato Primavera”.

Durante la Coppa Carnevale si dichia-rò favorevole ad un abbassamento del limite di età della categoria Primavera.“Lo confermo. In chiave Under 21, ra-gazzi del 1991 e 1992 che il prossimo anno giocassero ancora in Primave-ra si ritroverebbero penalizzati nella loro crescita calcistica. Nella stagione in corso capita di vedere impegnati in questa categoria calciatori non solo del 1991, ma anche del 1990. Giocare tra ragazzi non è un arricchimento, muovendosi tra pari età non si miglio-ra. Nell’ultima amichevole, abbiamo affrontato una Germania con 7/11 del 1990, molti dei quali già titolari in Bun-desliga; un situazione impensabile oggi per la nostra Under 21. I nostri giovani valgono, dispongono di qualità, ma han-no una esperienza inferiore e diversa: inferiore perché giocano poco, e diver-sa perché tra quelli che giocano di più sono pochi quelli che lo fanno ad alto livello. Ed io devo convocare chi va in campo con più costanza; arrivo, come vedete, a chiamare ragazzi non solo di

B e della Lega Pro, ma anche della Pri-mavera”.Quali rimedi, quindi? Sembrerebbe mancare la mentalità giusta, lo si ripe-te da tempo.“In Italia ci sono più pressioni, questo è un dato di fatto, diventa più diffici-le lanciare i giovani. Nel mio ruolo di C.T. dell’Under 21 ovviamente spero in un cambio di rotta; per i rimedi, è compito delle istituzioni studiare, o meno, le possibili alternative”.

Una prima soluzione potrebbe essere quella di abbassare il limite del cam-pionato Primavera, per l’appunto.

Facciamo il punto dopo il “Viareggio”

Ciro Ferrara: “Crediamo nei giovani per un auspicato salto di qualità”

Qui sopra, la formazione dell’Inter festeggia la vittoria della Coppa Carnevale dopo la vitto-ria contro la Fiorentina. A destra, l’attaccante interista Dell’Agnello, grande protagonista del-la finale. Sotto, Masi della Fiorentina e Ardizzo-ne del Palermo.

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“Sarebbe già un primo, significativo, passo di una riforma che a mio parere dovrebbe toccare anche le categorie inferiori, Allievi e Giovanissimi. Spes-so si ripetono risultati che evidenzia-no una netta disparità, 6 a 0, 7 a 0... Una situazione così non serve a nes-suno, i ragazzi non si formano adegua-tamente”.

La miglior medicina per lo sviluppo del nostro calcio, comunque, è quella, poi, di trovare il coraggio di lanciare i giovani.“Di società che sanno lavorare sui vivai in Italia ce ne sono, eccome. La Coppa Carnevale lo ha ribadito. Oltre all’Inter, guidata ottimamente anche sotto il profilo della crescita umana dal responsabile tecnico Roberto Sa-maden, ho notato altri clubs molto interessanti: il Varese, realtà emer-gente, l’Atalanta, all’insegna della tra-dizione così come la Fiorentina, e poi una Roma molto giovane, con molti ragazzi del 1993. Lo ripeto: per cre-scere non ci si fermi per troppo tem-po con la Primavera. È un campionato valido, suggestivo ed interessante, ma deve essere formativo. Per il salto di qualità bisogna che i ragazzi crescano nei campionati professionistici”.

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l’inchiesta

Ciro Ferrara: “Crediamo nei giovani per un auspicato salto di qualità”

Coppa Carnevale 2011Così l’Inter si è aggiudicata il Torneo di Viareggio; da notare che già dai quarti di finale vi fossero solamente squadre italiane:

Finale (Livorno, 7 Marzo 2011)FIORENTINA – INTER 0-2 Reti: 4’ pt. Dell’Agnello (I); 24’ st. Dell’Agnello rig. (I).Fiorentina (4-3-3): Seculin; Piccini, Fatticcioni (1’ st. Masi), Camporese, Romiti; Salifu (13’ st. Seferovic), Agyei, Taddei; Matos (1’ st. Acosty), Iemmello, Carraro. A disposi-zione: Miranda, Bagnai, Biondi, Bittante, Panatti, Grifoni. All. Buso.Inter (4-4-2): Bardi; Natalino, Benedetti, Kysela, Biraghi; Faraoni, Romanò (20’ st. Carlsen), Crisetig, Jirasek; Dell’Agnello (34’ st. Bessa), Alibec. A disposizione: Gallinet-ta, Galimberti, Mannini, Knasmullner, Spendlhofer, Lussardi, Tallo. All. Pea.Arbitro: Rizzoli di Bologna (assistenti Ghiandai di Arezzo e Giordano di Caltanissetta).Note: spettatori 6000 circa; ammoniti Faraoni (I), Alibec (I), Dell’Agnello (I), Agyei (F)

Semifinali: VARESE – FIORENTINA 1-2INTER – ATALANTA 4-1 d.c.r. (0-0 d.t.s)

Quarti di finale:SAMPDORIA – VARESE 1-3INTER – GENOA 1-0JUVENTUS – ATALANTA 1-3FIORENTINA – PARMA 5-4 d.c.r. (0-0 d.t.s)

Così l’Albo d’Oro nelle ultime cinque edizioni2007: Genoa2008: Inter2009: Juventus2010: Juventus2011: Inter

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dubbio le ragioni che hanno ispirato il Collegio, basate principalmente su due punti fondamentali:a) la scelta della società di cedere

il giocatore a titolo temporaneo appare in tutta evidenza volta a garantire la conservazione del di-ritto di stipulare in esclusiva con lo stesso il primo contratto da professionista;

b) in secondo luogo, l’indennità non costituisce il compenso del gioca-tore ma piuttosto la contropartita dovuta dalla società per conserva-re il diritto stesso (il c.d. sinallagma)

Obbligo di fornire le prestazioniCollegio Firenze/CU n° 34/26.03.94La società S.S. Gualdo chiede la ri-soluzione del rapporto di addestra-mento tecnico perché il calciatore Santarelli ha sospeso l’attività, e ciò nonostante un telegramma di diffida.Il Collegio argomenta che l’instau-razione di un rapporto di addestra-mento tecnico non equivale asso-lutamente all’instaurazione dì un rapporto contrattuale, per cui il cal-ciatore non è soggetto alla discipli-na prevista dall’Accordo Collettivo. Conseguentemente, la richiesta di risoluzione presentata della società, che presuppone la sussistenza di un contratto disciplinato dall’Accordo Collettivo e quindi risolvibile ai sensi dell’art. 15, lett. e), non può essere accolta stante la specifica natura del rapporto di addestramento.Infatti il calciatore non percepisce una retribuzione contrattuale ma una “indennità fissata annualmente dalla Lega cui appartiene la società”, dovu-

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Diritto alla retribuzione in caso di trasferimento a titolo tempo-raneo Collegio Arbitrale Milano/CU n° 294/01.03.94Nella vertenza tra il calciatore Vol-pi ed il Pisa S.C. (stagione sportiva 1992/93), viene discusso un aspetto importante: in caso di trasferimen-to a titolo temporaneo a favore di società dilettantistica, al calciatore deve essere riconosciuta l’indennità ex art. 33 NOIF?L’art. 33 comma 2 delle NOIF recita testualmente che il calciatore “gio-vane di serie” “nell’ultima stagione sportiva del periodo di vincolo” (e cioè la stagione che ha inizio nell’an-no in cui il calciatore compie anagra-ficamente il 19o anno di età), “entro il termine stabilito annualmente dal Consiglio Federale, ha diritto, qua-le soggetto di un rapporto di adde-stramento tecnico e senza che ciò comporti l’acquisizione dello status di professionista, ad una indennità determinata annualmente dalla Lega cui appartiene la Società”. L’instaura-zione di questo rapporto comporta per la società, oltre che l’obbligo di corrispondere un’indennità, anche la possibilità di esercitare un diritto corrispettivo: infatti, entro la scaden-za stabilita dal Consiglio Federale (il 30 giugno di ogni stagione sportiva), “la società per la quale è tesserato il “giovane di serie” ha il diritto di stipulare con lo stesso il primo con-tratto di calciatore “professionista” di durata massima triennale”.Un’analisi della motivazione della delibera chiarisce senza ombra di

Addestramento tecnico: alcuni punti fermi

A proposito di “giovane di serie”

calcio e leggedi Stefano Sartori

ta quale corrispettivo della possibilità da parte della società di esercitare un diritto esclusivo: la stipula del primo contratto da professionista, di durata massima triennale ed alle condizioni economiche (in genere pari al mini-mo federale) decise d’autorità dalla società stessa (ancora una volta ci si riferisce al c.d. sinallagma)Quindi, non intercorrendo tra so-cietà e calciatore alcun vincolo con-trattuale che, se esistente, legitti-merebbe l’applicazione delle norme collettive, il ricorso viene respinto per affermare il principio secondo il quale il “giovane di serie in adde-stramento tecnico” non è comunque tenuto a fornire obbligatoriamente le prestazioni.

Spese di vitto ed alloggioCollegio Milano/C.U. n° 236/08.02.96Nella vertenza Fusco/Udinese il Col-legio risolve il quesito relativo alle spese di mantenimento del giovane in addestramento tecnico: devono essere considerate a carico della so-cietà o no?Il Collegio, motivando il mancato accoglimento della tesi esposta dal club, enuncia il seguente principio: se il “giovane di serie” dovesse provve-dere anche alle spese di vitto ed al-loggio attingendo esclusivamente da quanto versatogli con l’indennità (at-tualmente pari, in Serie A, ad € 889) quest’ultima verrebbe a perdere la caratteristica di contropartita per ri-dursi a semplice contributo, peraltro palesemente insufficiente a garantire la copertura delle spese di manteni-mento del calciatore.

Una disamina accurata dei precedenti giurisprudenziali del Collegio Arbitrale ci consente di analizzare in via quasi definitiva l’istituto, tipicamente italiano, del “giovane di serie in addestramento tecnico” previsto dall’art. 33 NOIF.Premesso che si tratta di una qualifica che presenta profili discutibili alla luce del Regolamento FIFA e della più recente normativa comunitaria, vediamo i punti fermi posti a tutela del calciatore in addestramento tecnico nel corso degli anni.

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È di tutta evidenza che con gli im-porti previsti è impensabile che un giovane calciatore riesca a man-tenersi, magari lontano da casa, e pertanto alle società spetta l’onere di corrispondere al “giovane di serie in addestramento tecnico” l’inden-nità annua con l’aggiunta di quanto necessario a coprire le spese per il proprio mantenimento.

Trasferimento a titolo tempo-raneo presso società fallitaCollegio Milano/CU n° 9/06.11.2000Un calciatore tesserato per la sta-gione sportiva 1999/2000 per la Juventus in virtù di un rapporto di addestramento tecnico viene suc-cessivamente trasferito a titolo tem-poraneo presso il Giorgione Calcio, al tempo militante nel Campionato di serie C2.La particolarità del caso consiste nel fatto che il club presso cui era sta-to trasferito, e cioè il Giorgione, al termine della stagione sportiva vie-ne dichiarato fallito e quindi escluso dall’organico federale in seguito a provvedimento di revoca dell’affilia-zione, con il calciatore che però ri-mane creditore di cinque dei dodici ratei mensili previsti dal rapporto di addestramento tecnico.Con il ricorso, il calciatore chiede che proprio la Juventus, in quanto titolare del tesseramento, sia obbli-gata al pagamento del relativo im-porto residuo, mentre ovviamente di diverso avviso è la società.Il Collegio, richiamando ancora una volta il “particolare vincolo, atto a permettere alla società” di adde-strare e preparare il calciatore ed il sinallagma conseguente, accoglie il ricorso del calciatore e quindi, nel condizionare il mantenimento del diritto di prelazione da parte del

calcio e legge

Addestramento tecnico: alcuni punti fermi

club al saldo del residuo dell’inden-nità annua prevista dal rapporto di addestramento tecnico, lo condanna al pagamento dei cinque ratei mensili pendenti. Risarcimento del danno per mancato addestramento Collegio Firenze/CU n° 25 del 26.03.05Il calciatore Ferraro, tesserato con la società Teramo Calcio, propone un ricorso con cui chiede l’attribuzio-ne della somma relativa all’indennità spettante ai “giovani di serie in ad-destramento tecnico” nonché, e qui sta la considerevole novità, il risar-cimento del danno subito in ragione della sua esclusione da ogni attività di preparazione e di addestramento.In pratica, la società non ha rispet-tato la previsione contenuta nell’art. 33, punto 2 N.O.I.F., laddove si pre-vede testualmente che “i calciatori con la qualifica di “giovani di serie” assumono un particolare vincolo, atto a permettere alla società di ad-destrarli e prepararli all’impiego nei campionati disputati dalla stessa, fino al termine della stagione sportiva che ha inizio nell’anno in cui il calciatore compie anagraficamente il 19° anno

di età”. In pratica, ha abbandonato il calciatore al proprio destino non consentendogli di partecipare agli al-lenamenti.Ebbene, pur ammettendo che il dan-no subito è di difficile quantificazione nel suo preciso ammontare, il Colle-gio considera fondata la domanda del calciatore e delibera il riconoscimen-to di un risarcimento per l’inattivi-tà alla quale è stato costretto dalla società che, pur avendolo vincolato per l’addestramento, non ha provve-duto a fargli svolgere alcuna prepara-zione formativa.

Non frazionabilità dell’indennitàCollegio Firenze/CU 26.01.07Nell’accogliere la vertenza introdotta dal calciatore Sivilla nei confronti del Calcio Chieti, il Collegio precisa che un rapporto di addestramento tec-nico, anche qualora venga instaurato dopo il 15 luglio di ciascuna stagione sportiva, comporta che l’indenni-tà, in quanto non corrispettivo per l’attività svolta ma soltanto importo dovuto dalla società per acquisire lo speciale diritto di prelazione, non sia frazionabile nel suo ammontare e vada quindi corrisposta per intero.

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l’incontro

“Cari amici, era inevitabile, prima o poi sarebbe arrivato questo mo-mento, anche se, uno spera sempre che sia più poi che prima. La mia vita è sempre stata legata a questo fan-tastico gioco e mi reputo davvero fortunato di averne fatto parte. Il calcio mi ha dato tanto. L’ho sempre vissuto con intensità, regalandomi tante emozioni e soddisfazioni, ma talvolta, come nella vita, anche do-lori e frustrazioni... e ora, pur aven-do cercato di combattere ed andare ancora avanti, è arrivato il momento di guardare ad un futuro diverso; importanti problemi fisici che mi af-fliggono da tempo, purtroppo non mi consentono più di allenarmi e di continuare l’attività agonistica. A tutti: compagni di squadra ed avver-sari, tifosi, allenatori, presidenti, staff tecnici e a voi giornalisti, un abbrac-cio sincero, tutto resterà indelebile nella mia mente ma soprattutto, nel mio cuore. Grazie”.Quello qui sopra è il testo integrale della lettera d’addio di Nicola Vento-la (sul sito del Novara Calcio) che ha dunque deciso di dire stop al calcio a soli 31 anni non ancora com-piuti (a mag-gio). Contratto consensualmen-te risolto col Novara e

avanti, anche magari cercando di capi-re quel che potrà fare ora che il calcio giocato è stato per l’appunto messo da parte. Intanto la chiamata di Sky per fare da spalla tecnica per quel che riguarda le partite del suo ex Bari ed è lo stesso Ventola a riconoscere che ora come ora non ha certo idee chiare su quel che potrà essere il suo futuro. Lo abbiamo sentito.

Intanto: quale “il” problema per cui hai deciso di lasciare?“Dopo tutti gli infortuni che ho avuto alle ginocchia i problemi che avevo lì li ho risolti e così il pro-blema principale che adesso mi ha portato a smettere di giocare è nato tre anni fa, ero col Torino. Mi capitò così di prendere un col-po da cui scaturì un’ernia cervicale che andava a toccare il midollo. An-davo avanti prendendo cortisone, avevo dolore, dovevo stare attento nei colpi di testa. C’era la possibilità di essere operato, rischiosa magari perché c’era il midollo di mezzo ma insomma con la tecnologia di ades-so era una strada percorribile, però mi avrebbero applicato una placca di metallo al collo e non sarebbe stato certo il massimo per un calciatore. Poteva insomma anche succedermi

qualcosa di grave, da stare paraliz-zato. Ho pensato così anche

alla mia famiglia, ho moglie e un figlio... No, non è

stata una decisione improvvisa, è venu-ta un po’ alla volta. In più all’inizio di questa stagione ero titolare, questo mi aveva dato parec-chie motivazioni, poi c’è stata l’esplo-sione in attacco di

Nicola Ventola

Come stai?Bertani e Gonzalez: anche per que-sto mi sono deciso”.

Professionista per 17 anni: era un so-gno che avevi sin da ragazzo? “Sì, il calcio è stato da subito e da sempre una grandissima passione, credo d’essere nato con quel qualco-sa che era già in me, dato che i miei genitori di calcio non ne sapevano as-solutamente nulla, entrambi laureati, certo non pensavano a me come un calciatore. Con la scuola ho finito lo Scientifico, poi m’ero anche iscritto a Giurisprudenza a Bari, ne ho fat-ti anche cinque di esami ma poi ho lasciato stare. Sì, ho esordito in A a 16 anni ma è stato dopo, quando ne avevo 18, che ho capito che ci pote-vo stare anch’io, che lo potevo per davvero fare il calciatore. Quell’anno, dei miei 18 anni intendo, eravamo in B, siamo saliti in A, ho fatto 10 gol, tante squadre a volermi. Gli anni del settore giovanile li ho fatti a Bari, ne ho un buon ricordo, mi hanno tratta-to bene, a loro interessavo sì come calciatore, avevano un po’ scommes-so su di me, ma guardavano anche alla persona, quanto hanno insistito anche loro perché continuassi con la scuola. Il mio “tassista” è stato il mio povero papà, quanti sacrifici hanno fatto i miei... a loro intanto bastava vedermi felice, è stato dopo che papà s’era anche appassionato”.

Certo che non ci sei andato piano con gli infortuni...“Beh, così è andata. Quelli davvero gravi sono stati soprattutto due, uno dei quali, quello alla cartilagine di un ginocchio, m’ha tenuto fermo in pra-tica per un anno intero. Sempre sono stato però aiutato da persone capaci, che hanno fatto in modo che tenessi da un punto di vista mentale. Vedevo

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dunque deciso di dire stop al calcio a soli 31 anni non ancora compiuti (a maggio). Contratto consensualmente risolto col Novara e

so era una strada percorribile, però mi avrebbero applicato una placca di metallo al collo e non sarebbe stato certo il massimo per un calciatore. Poteva insomma anche succedermi

qualcosa di grave, da stare paralizzato. Ho pensato così anche

alla mia famiglia, ho moglie e un figlio... No, non è

stata una decisione improvvisa, è venu

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dunque deciso di dire stop al calcio a soli 31 anni non ancora com-piuti (a mag-gio). Contratto consensualmen-te risolto col Novara e

so era una strada percorribile, però mi avrebbero applicato una placca di metallo al collo e non sarebbe stato certo il massimo per un calciatore. Poteva insomma anche succedermi

qualcosa di grave, da stare paralizzato. Ho pensato così anche

alla mia famiglia, ho moglie e un figlio... No, non è

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comunque che da ogni infortunio ri-uscivo a recuperare, la tecnologia ti sa dare ormai una grossa mano, an-che se dai e dai m’ero bene accorto che ne avevo perso di velocità e di forza fisica, quelle che erano in fon-do le mie caratteristiche principali insomma. Ecco, magari avrei potuto fare una carriera simile a quella di Vieri, penso che le mie di caratte-ristiche somigliassero alle sue, avrei potuto così vincere qualcosa in più. Se rivado indietro, penso per esem-pio all’Under 21, ero allora l’elemen-to più rappresentativo e lì con me esordirono quattro campioni del mondo, penso a Pirlo, Gattuso,Totti e Buffon. Questo insomma per dire che certo avrei potuto fare di più. Ma in ogni caso mi ritengo lo stesso un fortunato, io ci credo nel destino e nonostante tutti i problemi che ho avuto sono lo stesso arrivato a gio-care 190 partite in serie A”.

Le stagioni più belle? Qualche gol ti è rimasto dentro? Quale invece che an-cora non sai come hai fatto a sbaglia-re? E poi, come è andata con gli arbitri?“I campionati che ricordo con più piacere sono il mio primo all’Inter e quello fatto a 18 anni col Bari, quan-do siamo saliti in B, con lo stadio sempre pieno con 60.000 spettatori. Di gol belli me ne ricordo in partico-lare due: uno che ho fatto al Milan, giocavo con l’Atalanta, l’ho fatto al volo di sinistro ed è finito nel set-te; l’altro con l’Inter, pensa che me l’ha toccata Ronaldo quella punizio-ne. Di gol sbagliati ne ho parecchi purtroppo, quello che più ricordo è quello contro il Feyenoord, per la semifinale di Coppa Uefa, fu quello un errore un po’ clamoroso, passa-rono loro quella volta (del Feyeno-ord pure la vittoria finale: battuto il Borussia Dortmund per 3 a 2; n.d.r.). In carriera di espulsioni dirette ne ho avute due. Una con l’Inter quando l’unica cosa che avevo fatto era stata quella di cercare di difendere Baggio e mi ricordo il cazzotto che ho preso da Lassissi, ecco tutto, io c’entravo in quell’episodio giusto per il pugno che mi sono preso, nient’altro. Poi

un’altra con l’Atalanta, per proteste, lì magari mi capitò di perdere un po’ il controllo ma devo dire che il mio è stato sempre un buon rapporto con gli arbitri e penso di essermi sempre comportato bene, a modo”.

D’accordo, dura dare consigli: cosa ti sentiresti magari di dire a un giovane che comincia?“Mah, devo dire che mi par di capire Balotelli come prima potevo capire Cassano. Ci si trova catapultati su realtà così grandi, prendendo pure tanti soldi, senza averne la maturità, senza esserne pronti e nessuno può esserlo a quell’età. Allora ai giovani direi di farsi consigliare da coloro che vogliono loro bene, senza che abbiano interessi di mezzo, ai ge-nitori per esempio, figure così, che riescano a farti capire quale sia la re-altà, cercando di farti rimanere con i piedi per terra come sempre si dice”.

E adesso?“Non lo so ancora che farò in fu-turo. Allenare no, col calcio potrei pensare a un ruolo da dirigente, for-se anche come direttore sportivo ma comunque ora come ora non mi sentirei né mi sento pronto per fare nulla, devo studiare e prepararmi, per poi fare le cose anima e cuore. Intanto mi è arrivata questa propo-sta di Sky, per le partite del Bari: è calcio insomma, si parla di qualcosa che conosco e allora ci può stare”.

l’incontro

Di Grumo Appula, provincia di Bari, del maggio 1978, Nicola Ventola sull’almanacco della Panini ha le “mi-sure” di m.1,85x80 kg. Cresciuto nelle giovanili del Bari, ha fatto il suo esordio in serie A esattamente il 6 novembre del 1994 subentrando nei minuti finali a Tovalieri in un Fiorenti-na-Bari terminato 2 a 0 per i toscani (reti di Cois e di Batistuta su rigore). Quattro le stagioni di Ventola al Bari tra A e B; ha poi giocato con le ma-glie di Inter, Bologna, Atalanta, Sie-na, Crystal Palace, Torino e Novara. Campione d’Europa con l’Under 21 nel 2000 (fase finale in Slovacchia), s’è piazzato al secondo posto nell’e-dizione del 1995 degli Europei Under 19 disputata in Grecia. Sono 21 le sue presenze con l’Under 21 (8 gol) mentre con la Nazionale maggiore c’è la convocazione per l’amichevole con la Svizzera nell’ottobre 1998 (a Udine, vittoria dei nostri per 2 a 0; c.t. Dino Zoff). Durante quella par-tita restò in panca e dunque nessuna presenza per lui. A questo proposito ecco il ricordo di Ventola (dalla Gaz-zetta dello Sport): “Fu quella contro la Svizzera la partita in cui debuttò anche Totti. Allora Zoff mi disse che il successivo novembre, c’era la parti-ta contro la Spagna a Salerno, sareb-be toccato a me: tre giorni prima del debutto in azzurro, in Inter-Samp, mi faccio male al collaterale e salta tut-to”. Sposato con l’ex modella Kartika Luyet, ha un figlio (Kelian).

La scheda

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il carattere che ho. Allora il mio mae-stro Geslao mi propose di fare alcune lezioni specifiche sulla spada, un ripas-so come diciamo noi. Fu così che capii che era invece proprio la spada quella che più lascia ognuno libero di fare quel che vuole, è l’arma in cui non ci sono praticamente regole, ognuno può inter-pretarla a modo proprio. Ed è una cosa questa che effettivamente la si riscontra nel mio modo di fare spada, imprevedi-bile ed estroso: come ho detto, anche di carattere sono così”.

“Il maestro Geslao ora non c’è più, sono stato con lui sino ai miei 19 anni. È stato lui a darmi le basi su cui poi ho costruito la mia carriera. Di suo era uno un po’ ri-gido ed era quello che mi ci voleva, avrei anche la tendenza di mettere i piedi in testa a tutti io, serve insomma uno d’au-torità con me. È stato in definitiva un secondo padre, con cui ci sono stati dei periodi in cui ho passato più tempo che con i miei genitori (non sto esagerando). Mi ha insegnato tanto, in pedana e fuori: è stata per lui la prima dedica sin che a Pechino avevo la medaglia d’oro al collo”.

“Anche a calcio ho giocato, adesso ca-pita che si giochi a calcetto ma tendo a giocare solo con gli amici, loro sanno che ci devo stare attento, lo tirano via insomma il piede, non mi fan-no delle entrate. In effetti io l’ho dato un piede al calcetto, me lo sono rotto giocando. C’è poi il discorso dell’individualismo, già da piccolo vedevo che non mi andava quel solito discorso che è la squadra che perde, non il singolo. Ma quando si perdeva perché c’era chi sbagliava io non ero d’accordo; avevo sì insomma perso anch’io ma perché era stato lui a sba-gliare. Stessa cosa se per

dire ero stato io a fare il gol decisivo: pensavo che ero stato io a far vincere gli altri, non era insomma di tutti il merito. Sin da piccolo ho sempre tifato Milan, quanto ho ammirato quella squadra con Gullit e Van Basten, mi piaceva anche come giocava, non solo perché vinceva. Non sono però un tifoso sfegatato, qua-si sempre sono via, seguo in televisione o in internet, non ci vado molto allo sta-dio ma appena posso la vado a vedere la partita. È dal 2003 che vivo a Milano e ogni tanto capita così di conoscere di persona qualche calciatore, tipo Ab-biati, era vicino di tavolo, ci siamo fatti quella volta i reciproci complimenti, uno proprio alla mano lui”.

“Lo spazio che viene riservato al calcio lo trovo esagerato, è questo che un po’ mi rompe. Sì, sono consapevole quanto muove in soldi e tutto, non è possibi-le certo fare paragoni con la scherma, però qualcosa la si potrebbe fare. In Francia per esempio, quando rugby e anche la stessa scherma riescono a cen-trare il grande risultato, le proporzioni si spostano, non è insomma come da noi dove se vinci hai massimo tre righe.

“Sin da piccolo, ma proprio piccolo, era D’Artagnan il mio idolo, proprio così. Già a tre anni prendevo i legnetti, per me erano spade e sempre a lui pensa-vo quando ci giocavo. Poi a sei anni, per caso, sono capitato dentro a una sala scherma e mi sono reso conto che era quello lo sport di D’Artagnan, dunque non poteva che essere anche il mio. Di sport ne ho fatti altri, sci e nuoto per esempio, sempre da “individualisti”, mi ci ritrovo meglio; con gli sci andavo anche bene, avevo delle soddisfazioni, ma è sta-ta insomma la scherma proprio a cattu-rarmi. Ho iniziato così a sei anni, le gare solo più avanti, quando ne avevo 9-10: ero sì uno promettente ma nemmeno poi tantissimo, in confronto avevo avuto più risultati con lo sci, ma avevo proprio ‘sta fissa per la scherma, poco da fare”.

“Perché proprio la spada? È successo così. Sino ai 13 anni facevo sia fioretto che spada, me la cavavo bene con en-trambi anche se a me piaceva di più il fioretto. Lì a Treviso, la mia città, avevo un maestro, Ettore Geslao, lui era stato uno spadista e anche nel modo d’inse-gnare tendeva a portarci verso la spada ma non poi così tanto però, importante per lui è che io facessi quel che volevo, quel che sentivo di più. Poi c’è stato l’in-contro con l’allora c.t. dell’Under 20, se non sbaglio era Macchi. Ebbene, lui a dirmi che era la spada il mio futuro, che era ormai tempo che cominciassi a specializzarmi, che era importante, che il livello è tale ormai che non biso-gna trascurare nulla eccetera. All’inizio io non ci volevo stare, lui insisteva e fu il mio maestro a chiedermi un gior-no cosa poi vedessi nel fioretto, come mai insomma lo preferissi così tanto. Ricordo che risposi perché a mio modo di vedere era l’arma più libera che c’è nella scherma, una cosa questa di cui io sentivo di aver bisogno, proprio che per

Matteo Tagliariol, schermitore (spada)

l’intervista

Matteo Tagliariol, schermitore (spada)

Io e il calcio

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adesso capita che si giochi a calcetto ma tendo a giocare solo con gli amici, loro sanno che ci devo stare attento, lo tirano via insomma il piede, non mi fan-no delle entrate. In effetti io l’ho dato un piede al calcetto, me lo sono rotto giocando. C’è poi il discorso dell’individualismo, già da piccolo vedevo che non mi andava quel solito discorso che è la squadra che perde, non il singolo. Ma quando si perdeva perché c’era chi sbagliava io

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detto convivere, devi saperla tenere dentro la linea. Di momenti liberi avrò in tutto dieci giorni all’anno e questo è un “sacrificio” che mi dà meno fastidio di prima. Già, i miei amici fuori a bersi una birra da qualche parte e io in palestra: perché devo farlo? Per fortuna ci sono i risultati che aiutano e soprattutto il fat-to che mi piace molto questo che faccio, molto. Con la scuola ho fatto il classico, anche un anno di università ma poi ho smesso. L’ho fatto per scelta, non ho mai avuto un buon rapporto con la scuola, spesso scontri con i professori. Non così per la cultura, sono affamato di leggere e ho poi in casa un esempio, mia madre, che ha preso la sua seconda laurea a 40 anni: dunque per me quello della scuola lo vedo più che altro un appuntamento che sto ancora rinviando”.“Per arrivare alle Olimpiadi di Londra del prossimo anno c’è ora la qualifica olimpica: otto gare più gli Europei e i Mondiali (a Catania). Per essere sicuri bisogna piazzarsi tra i primi dodici e tra

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Ricordo la pagina della Gazzetta per il mio oro a Pechino: metà dello spazio era per me e metà per un gol di Giu-seppe Rossi in allenamento! Vedrei così qualche pagina di meno per il calcio e più per altri sport e non sto parlando solo della scherma. Dove noi abbiamo comunque quella che considero il cam-pione più grande dello sport italiano, Valentina Vezzali. Ma come, lei vince e a volte non mettono nemmeno un richia-mo in prima pagina?!?”

“È vero, quel che si vede è quel nostro tempo in pedana durante gli assalti, però dietro c’è veramente un grosso lavoro. Adesso che ho modo di essere a con-tatto con dei calciatori, mi sto renden-do conto che noi facciamo di più, quasi sempre è doppio allenamento tutti i giorni, con dentro lavori con i pesi, a corpo libero e col lavoro tecnico che lo si fa almeno cinque volte la settima-na. Lavoriamo anche noi con figure di professionisti, tipo il vostro preparatore atletico; adesso ho cominciato ad avere pure una mental coach: tutti sempre a dirmi che sono un gran talento e come mai non riuscivo più a vincere? Visto che i miei problemi possono essere per esempio sul piano della concentrazio-ne, perché non fare in modo di allenare pure quella? Anch’io, come so che capita ai calciatori, è specialmente dopo le gare che faccio fatica a dormire. Di mio sono anche troppo calmo e così devo lavora-re su di me per alzare il livello della ten-sione: se sono teso allora sì che sto più attento. Oltre allo staff della Nazionale, ho poi altri professionisti che lavorano per me (uno di questi è la mental-coach) e così nella mia preparazione c’è lo spa-zio pure per visionare filmati degli altri spadisti, sono una ventina adesso coloro che sono proprio in cima alla piramide. È un qualcosa che anche gli altri atleti ora stanno facendo presente alla Federazio-ne, è proprio vero che più si va avanti, più c’è bisogno di tutti”.

“Paura del dolore? Beh, sì, ci si fa male con le spade ma lì ci aiuta l’adrenalina. È un qualcosa con cui si deve convivere, come quell’altra “paura” dell’avversario che hai davanti. Perdere da noi significa in pratica che sei proprio morto, in più sei lì con la spada, l’arma che in fondo più si avvicina al duello vero e proprio. È un qualcosa che c’è, con cui devi come

questi dodici essere nei primi due italia-ni. No, da campione olimpico in carica non ho nessuna wild card, bisogna ri-guadagnarsi tutto. Ora come ora sono al nono posto, dopo tanto tempo sono tornato a vincere in una prova di Coppa del Mondo (anche queste danno pun-teggio). L’essere in forma lo sento con la giusta preparazione fisico e mentale, vedo che in gara sbaglio meno, il tempo e la misura, cose essenziali per noi, le av-verto come amplificate e mi trovo così ad essere sempre una mossa avanti a chi mi sta di fronte. Sono giovane ancora, se tutto va bene ho ancora 7-8 anni davanti, non escludo così che possa arrivare an-che alle Olimpiadi in Brasile. Poi non so bene che farò. Intanto farmi una famiglia, questo è sicuro, poi continuare a stare dentro la Federazione o il Cio, non so. Per ora i miei sogni sono solo sul piano sportivo; li facevo anche da bambino e quando capii che era l’Olimpiade la gara più importante, sin da subito fu quella che m’ero messo in testa di vincere”.

l’intervista

La schedaMatteo Tagliariol è nato a Treviso nel gennaio del 1983. Ha iniziato con la scherma fin da bambino e la sua prima società è stata la “Lame della Marca trevigiana” (maestro Ettore Geslao). Spadista, ha vinto a Pechino all’olimpiade del 2008, l’oro nella prova individuale e il bronzo in quella a squadre (assieme a Stefano Carozzo, Diego Confalonieri e Al-fredo Rota. Campione del mondo giovanile con la squadra azzurra a Danzica (Polonia) nel 2001, a livello di mondiali è stato argento individuale ad Antalya (Turchia) nel 2009 e ancora argento a squadre a San Pietroburgo (Russia) nel 2007; per quel che riguarda gli Europei: argento individuale a Gand (Belgio; 2007); bronzo a squadre sia nel 2008 a Kiev (Ucraina) che nel 2009 a Plovdiv (Bulgaria). Quattro poi le sue vittorie in Coppa del Mondo: dopo Tallin (Estonia), Berna (Svizzera) e Montreal (Canada) nella stagione 2007/2008, in questo marzo 2011 è arrivata la vittoria nel prestigioso “Challenge Mo-nal” a Parigi (Francia). Fa parte del Centro Sportivo dell’Aeronautica Militare.

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“Nella mia famiglia c’è stato mio nonno che a suo tempo ha giocato a calcio, anche lui difensore centrale; lì nel mio paese, a Zevio, una ventina di chilometri da Verona, poi lui ha smesso per andare a lavorare, erano altri tempi allora. Io ho cominciato da pulcino sempre a Zevio, poi sono venuti a vedermi anche quelli del Chievo, potevo andare al Verona o al Chievo e ho preferito il Chievo, mi pareva una realtà più giusta per me quella. I miei “tassisti” sono sta-ti i miei genitori, anche mio nonno poi mi ha seguito; il tutto è andato avanti sin quando ho cominciato ad andare a scuola a Verona. Con l’au-tobus, via alla mattina molto presto e ritorno a casa alle sette e mezzo di sera, panini e via per pranzo. Con la scuola sono arrivato, purtroppo, solo sino alla quinta geometri, poi ho lasciato stare. Ero in giro per la serie C, gli impegni che avevo non erano solo quelli da studente: pec-cato che lì a scuola non mi abbiano dato una mano, non è insomma che si siano sforzati di capire, di vedere di venirmi un po’ incontro, anzi! Di quel mio periodo nel settore giova-nile del Chievo – ho avuto la fortu-na di farli tutti da loro i miei anni da ragazzo – ho un ricordo bellissimo. A quel tempo eravamo praticamente tutti da Verona, non era come ades-so, con tanti stranieri e tanti anche che vengono da fuori, da più lonta-no. Così ci si conosceva tutti, ci si incontrava anche a scuola, era un po’ come essere a casa: si stava bene col Chievo ed è stata questa una delle fortune che ho avuto col calcio”.

“No, non mi pare d’aver mai sognato di voler fare proprio il calciatore, non sono mai stato “attaccato” a questa idea, no. Quel che a me piaceva era

insomma proprio giocare, stare sul campo, anche la televisione la guar-davo poco: c’era meno di adesso, ma non stavo lì tanto a seguire. Anche quando ho esordito in B col Chievo non è che avessi del tutto capito la situazione. L’importante per me era dunque sempre il giocare, il diver-tirmi: ero nella squadra della città, ero giovane e magari anche un po’ incosciente. I primi anni di C sono stati un divertimento, il calcio non era ancora un mestiere ed è stato più avanti, quando sono cresciuto e mi sono fatto una famiglia, che è di-ventato un lavoro e a poco a poco è diventato quel che è adesso: la cosa più importante della mia vita. Se sono uno “serio”? Sì, chi mi conosce sa che tipo sono. Penso insomma di essere sem-pre stato serio e umile; certo, errori ne ho fatti anch’io da giovane, come tutti fanno, ma giusto per dirne una quando ho incontrato quella che adesso è mia moglie, ave-vo 21 anni”.

“Se potevo fare di più? È una do-manda che mi faccio spesso anch’io, però subito me ne viene un’altra di domanda: poteva andare peggio? Alla fine insomma uno ha la carriera che ha; alcune scelte le ho fatte giu-ste, altre meno però la realtà dice che ancora sto giocando, che anco-ra mi sto divertendo e dunque va bene così. Al dopo ci penso, più di qualche volta. L’ambiente del calcio mi piace e penso che mi piacereb-be rimanerci, soprattutto a livello

di campo, non certo di uffici. Potrei fare così l’allenatore dei giovani o avere comunque la possibilità di sta-re a contatto con loro. Credo che ci potrei stare e il tutto con calma, non ho nessun sogno particolare se mai farò l’allenatore”.

“Sono il rap-presentante dell’Associa-zione perché è un ruolo che mi piace, che in qualche modo respon-sabilizza. Qui

“La C è cambiata: pochi soldi, troppi giovani”

Tommaso Chiecchi, rappresentante Aic del Lecco

pianeta Lega Prodi Pino Lazzaro

sabilizza. Qui

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“La C è cambiata: pochi soldi, troppi giovani”

sono anche il capitano e poi ho un buon rapporto col delegato dell’Aic, con Paolo Bianchet, un qualcosa che mi fa piacere fare insomma. Qui pri-ma di me c’era Corrent che faceva il capitano, lui è poi andato via, s’e-ra rimasti in pochi e l’allenatore ha scelto me. Credo d’essere un ca-pitano permissivo, ecco, non sono insomma di quelli che attaccano i compagni al muro, come si dice,

pianeta Lega Pro

specie i giovani poi. Io sono cresciu-to in un calcio in cui c’erano delle regole che sarebbe bene ci fossero anche adesso ma quel che davvero conta penso siano il comportamen-to e l’impegno, questi sì sono fattori importanti. È poi il campo a far vede-re chi fa bene e chi no, non servono tante parole per questo. Sì, direi che sono invece un capitano abbastanza silenzioso e l’importante, lo ripeto, è lo stare dentro le regole e questo vale per tutti, sia giovani che vecchi; tenendo anche conto che in questa categoria sono proprio i giovani quel-li ad essere fondamentali e decisivi. Con loro vado d’accordo, cercando di dire sempre le cose nella manie-

ra giusta, anche in questo bisogna stare attenti, senza essere antipa-tici, prepotenti o “fenomeni””.

“Per me le cose non sono sempre andate bene a livelli di società, ricordo il fallimento della società a Foggia e pure i problemi che abbiamo avu-to a Vittoria. Così ho avuto bisogno dell’Associazione e continuo volen-tieri a rimanerci in

contatto. Devo dire che anche al sud mi sono trovato bene, purtroppo noi calciatori siamo sempre condiziona-ti dall’andamento delle partite, dalla classifica e dunque arrivare a fine stagione con un fallimento come a Foggia, rimanendo tanto tempo sen-za prendere gli stipendi, mi potrebbe

far dire che tutto è stato negativo, che lì il calcio funziona in un certo modo eccetera. Però la verità è che anche al sud mi sono trovato bene. Ecco, qualche stimolo in più può ma-gari venirti per la presenza di parec-chi spettatori, di campi di un certo tipo, ma ambienti calorosi ci sono an-che qui al nord, penso a piazze come Ferrara, Modena e Varese, la stessa nostra di Lecco: non ho sentito poi tutta ‘sta gran differenza insomma. Magari a livello di strutture invece la si può notare la differenza”.

“Qui a Lecco la società è seria e sana, anche ambiziosa. Purtroppo l’am-biente viene da una retrocessione, hanno cambiato parecchio: l’obietti-vo sono intanto i playoff, speriamo. Per dire delle ambizioni e intenzioni del presidente, c’è il progetto di cre-are un centro sportivo, ha questo lui in mente. Pubblico ce n’è abbastan-za: è una piazza questa di Lecco in cui la prima cosa che ti chiedono è quella di vincere, la vorrebbero anzi avere sempre questa cosa... purtrop-po nel calcio bisogna sempre tenere presente che ci sono anche gli altri. La C? È cambiata tantissimo. Prima c’era molta più meritocrazia; ora in-vece ci sono pochi soldi in giro e tan-tissimi giovani, per questo motivo ce ne sono tanti di calciatori che sono a casa: penso anch’io che si sia abbas-sato – e di molto – il livello tecnico”.

“Qualcosa per finire? Vorrei qui approfittare per dire grazie a mia moglie Silvia. Lei mi è sempre stata vicina, per farlo ha anche deciso di abbandonare il suo lavoro ed è una presenza molto importante per me: abbiamo una figlia di quattro anni, l’abbiamo chiamata Asia, è qui a Lec-co che va in asilo”.

scelto me. Credo d’essere un capitano permissivo, ecco, non sono insomma di quelli che attaccano i compagni al muro, come si dice,

di dire sempre le cose nella maniera giusta, anche in questo

“Per me le cose non sono sempre andate bene a livelli di società,il fallimento della società a Foggia e pure i problemi che abbiamo avuto a Vittoria. Così ho avuto bisogno

Tommaso Chiecchi, rappresentante Aic del Lecco, è nato a Zevio (Verona) nel novembre del 1979. Cresciuto nel settore giovanile del Chie-vo, ha esordito in prima squadra nella stagione 1996/1997, il Chievo allora era in serie B. Dopo un’altra stagione col Chievo (sempre in B), ha via via giocato con Brescello (C1), Spal (C1), Lu-mezzane (C1), Lucchese (C1), Varese (C1), Fog-gia (C1), Vittoria (C1), ancora in B con Modena e Chievo, Lumezzane (Prima Divisione) e Pro Pa-tria (Prima Divisione). Sposato con Silvia, una figlia di 4 anni di nome Asia, è alla sua prima esperienza nella Seconda Divisione (la ex C2).

è lo stare dentro le regole e questo vale per tutti, sia giovani che vecchi; tenendo anche conto che in questa categoria sono proprio i giovani quelli ad essere fondamentali e decisivi. Con loro vado d’accordo, cercando di dire sempre le cose nella maniedi dire sempre le cose nella manie

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primo pianodi Nicola Bosio

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Crisi economicaI problemi che allo stato attuale riguar-dano questo campionato sono abba-stanza differenti rispetto alle altre ca-tegorie e i rappresentanti intervenuti hanno subito posto l’accento sulle gravi difficoltà economiche che da alcuni anni attanagliano le società cadette, soprat-tutto da quando sono sensibilmente calati gli introiti derivanti dalla vendita dei diritti televisivi e, non ultima, dopo la scissione della Lega di Milano in Lega Serie A e Lega Serie B.È evidente, come da tempo sottolinea l’Aic, che l’attuale distribuzione delle risorse del nostro sistema calcio conti-nua ad essere iniqua e a farne le spese è proprio la serie cadetta in quanto, se il passaggio (retrocessione) dalla A alla B viene in qualche modo contenuto da un punto di vista economico, i proble-mi maggiori riguardano il passaggio dalla B alla Lega Pro, che negli ultimi anni ha determinato i fallimenti di molte società non più in grado di onorare i contratti ed iscriversi ai campionati di competenza.A tal proposito è stato evidenziato che le attuali regole per l’iscrizione ai cam-pionati di Lega Pro sono molto più rigi-de rispetto a quelle della Serie B, conse-guentemente la società che retrocede difficilmente riesce a superare i paletti

imposti. Del resto, da una statistica riferita alla stagione scorsa, se fossero applicati gli stessi parametri richiesti dalla Lega Pro, nemmeno la metà delle attuali società cadette si sarebbero po-tute iscrivere in Serie B.Partendo naturalmente dal concetto che deve essere rivisto il sistema che regola le distribuzione delle risorse, una strada percorribile (ma al riguardo la Lega non sembra assolutamente dispo-nibile) dovrebbe essere quella di un gra-duale irrigidimento delle regole al fine di rendere più virtuose le società che si iscrivono al campionato di B e rendere meno traumatico l’eventuale passaggio alla serie inferiore.

Limitazione delle rose e giovaniAltro problema che riguarda specifica-tamente questo settore è quello della limitazione delle rose (ormai gli organici sono scesi a 18 unità dal momento che un posto viene sempre tenuto disponi-bile per eventuali correzioni di mercato) e dell’utilizzo/imposizione dei giovani, politiche nate per un contenimento dei costi più che per la “mission” di facciata della “valorizzazione dei giovani calcia-tori”. Politiche che non solo non hanno portato beneficio da un punto di vista economico, ma che hanno abbassato notevolmente il livello tecnico del cam-pionato. Se il giovane va in campo per-ché imposto e non per meriti tecnici, è evidente che viene meno lo spirito della regola; se il giovane va in campo perché è effettivamente di valore crea un’asta che viene meno anche al concetto di conte-nimento dei costi. Senza contare che, nel primo caso, una volta uscito dall’età ri-chiesta, il giovane è destinato a scendere

di categoria fino a sparire dall’area pro-fessionistica; nel secondo caso, si arriva a valutazioni di mercato decisamente esa-gerate e senza dubbio controproducenti per il giovane stesso.Guardando il problema a 360 gradi ne consegue che il “prodotto calcio Serie B” è diventato, anno dopo anno, meno appetibile con la logica conseguenza di minori entrate da tv, sponsor e presen-ze di spettatori allo stadio.

Rinnovo Accordo CollettivoAltro argomento affrontato è stato quel-lo del rinnovo dell’Accordo Collettivo che, come per la Serie A, dovrà essere discusso a breve con la Lega di Serie B. Al riguardo la Lega ha presentato una serie di richieste che i rappresentanti in-tervenuti hanno ritenuto assolutamente irricevibili, come ad esempio la riduzio-ne automatica degli emolumenti in caso di retrocessione, la gestione dei “fuori rosa” per gruppi, la cessione dei diritti di immagine alla società, la possibilità di ta-gliare un contratto dopo un certo perio-do di inattività, ecc. Molte richieste, per certi versi, sono esattamente le stesse formulate in prima istanza della Lega di Serie A e che sono state oggetto del lun-

Riunione con i rappresentanti di Serie B

Il 21 marzo scorsoa Milano

Nell’ottica di andare ad analizzare nello specifico le problematiche relative a ciascun settore, l’Aic ha deciso di organizzare alcuni incontri specifici co-minciando dalla Serie B, i cui rappresentanti sono stati riuniti a Milano il 21 marzo scorso.

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primo piano

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Riunione con i rappresentanti di Serie B

Il 28 marzo scorsoa San Nicolò (PC)

go contenzioso che ha portato nei mesi scorsi l’Aic a proclamare lo sciopero. Ovviamente gli stessi punti “rigettati” per i calciatori della massima serie ver-ranno respinti anche con la Lega di Serie B, cercando di adeguare il più possibile i due Accordi Collettivi e dando loro la massima omogeneità.

Punti di interventoIn chiusura di riunione, da un punto di vista prettamente operativo, si sono gettate le basi per una sempre maggior collaborazione tra Aic e calciatori indi-viduando 4 principali punti di interven-to: 1) creazione di un “gruppo di lavoro” formato da rappresentanti di squadra e rappresentanti Aic; 2) riunioni “setto-riali” per individuare problematiche e cercare soluzioni; 3) visite più frequenti di rappresentanti Aic ai ritiri delle squa-dre; 4) creazione di una sorta di “fo-rum” sul sito internet Aic per dare la possibilità ai calciatori di discutere degli argomenti più sentiti, avere risposte a quesiti di qualsiasi natura, dare suggeri-menti e fare osservazioni.

Qui sopra e in basso, alcuni momenti della riunione con i rappresentanti di Serie B che si è tenuta a Milano il 21 marzo scorso.

Sotto, foto di gruppo con i bambini del San Nicolò, società dove ha iniziato a giocare Filippo Inzaghi. A fianco, la consueta firma accanto al numero della maglia Campione del Mondo.

Inaugurato il mini pitch di Filippo InzaghiÈ stato inaugurato a Piacenza (località San Nicolò) il campo AIC mini-pitch intitolato a Filippo Inzaghi che l’attaccante campione del Mondo ha deciso di donare al comune dove è nato calcisticamente nell’ambito del progetto dell’Associazione Italiana Cal-ciatori, in collaborazione con l’Istituto Credito Sportivo, l’Associazione Nazionale Comuni d’Italia e patrocinato dalla Figc, denominato “23 campi per 23 campioni”.Si tratta di un’iniziativa di carattere sociale proposta direttamente dai calciatori della Nazionale Italiana; un’idea nata all’indomani della vittoria del Campionato del Mondo dagli azzurri che, rinnovando la loro disponibilità a destinare parte dei loro proventi (integrata dall’intervento dell’Aic) ad iniziative di carattere benefico-umanitario, avevano suggerito di legare un progetto alla vittoria della Coppa 2006, per celebrare degnamente i 23 campioni, forse mai particolarmente “valorizzati” come meritavano per la straordinaria im-presa mondiale.L’iniziativa si è così concretizzata con un progetto per la costruzione di ventitre mini-pitch (per calcio, basket, pallavolo, tennis) destinati ai ragazzi, ed intitolati ad ognuno dei campioni di Berlino.

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ha scritto per noidi Alessandro Comi

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Nato il 26 aprile del 1975 a Grosseto, Alessio Bifini è un attaccante di razza, capace di tirar fuori dal cilindro la gio-cata più impensabile che ti risolve la partita. Bizzarro nel suo modo di es-sere, estroverso e con stile, dal fisico longilineo ma non possente, ha nelle sue doti migliori una tecnica invidiabi-le con ambedue i piedi.Ha sempre dedicato il suo tempo al calcio facendolo diventare, oltre che la sua passione, anche il suo lavoro. È tra i pochi calciatori che può dire di aver giocato 3 Universiadi di fila con la Nazionale Universitaria, ri-spettivamente in Italia a Palermo (medaglia d’oro), in Spagna a Palma di Maiorca (medaglia d’argento) e a Pechino in Cina. Sposato con Stefa-nia ha un figlio Mattia di 6 anni.

Come procede la tua stagione calci-stica a Sanremo viste le ultime vicis-situdini che sono ruotate negativa-mente intorno alla Sanremese?“Per quanto mi riguarda le cose non stanno andando male, anzi: sono a Sanremo dove già avevo giocato in passato, mi trovo a meraviglia ed è stato bello ritornare nei professioni-sti. Sono arrivato a gennaio dopo la prima parte di campionato disputata

con il Castelnuovo che milita in Ec-cellenza; qui ho anche ritrovato come allenatore Carlo Calabria che è sta-to mio compagno d’attacco ai tempi della Sanremese in C2 nel 1997, dopo che avevamo vinto il campionato di serie D l’anno prima. Per il resto c’è stato un po’ di caos a livello so-cietario perché sono stati arrestati i presidenti, padre e figlio, Riccardo e Marco Del Gratta. Speriamo di riu-scire nell’impresa di salvarci, anche se la situazione non è facile”.

Tra le varie esperienze calcistiche hai nel tuo palmares una vittoria nel Cam-pionato del Mondo Universitario…“Ho avuto la fortuna di disputare 3 Universiadi, (le universiadi sono come le olimpiadi ma solo per stu-denti universitari): in Sicilia nel 1997 dove vincemmo laureandoci cam-pioni del mondo, poi nel 1999 arri-vammo secondi a Palma di Maiorca e infine nel 2001 a Pechino in Cina dove arrivammo settimi.

Quali altre soddisfazioni nella tua carriera calcistica?“Bei ricordi sono le stagioni passate a Arezzo e Sanremo dove le vitto-rie del campionato mi son rimaste nel cuore: ad Arezzo, con allenato-re Serse Cosmi, passammo dalla D alla C2 nella stagione 1995-1996; a Sanremo nella stagione 1997-1998

sempre dalla D alla C2. Poi stagioni indimenticabili all’Albinoleffe, società seria e di stampo familiare del pre-sidente Andreoletti, dove mi son trovato veramente bene. Mentre sul campo ricordo un Livorno-Albi-noleffe davanti a 14.000 spettatori

all’Ardenza: il mio allenatore Pianto-ni mi disse, da buon toscano: “oggi qui devi fare cinema”… e cinema fu. Grande partita con personale dop-pietta che ci fece pareggiare 2-2, per il Livorno segnò 2 gol Protti.

Delusioni?“Non ne ho in particolare e nemme-no rimorsi. Mi son sempre divertito e ho sempre apprezzato tutto quello che ogni singola partita mi ha regalato, ogni emozione nel bene o nel male la considero un esperienza affascinante”.

Dal futuro cosa ti aspetti?“In questo momento, oltre al calcio, sto assistendo un po’ più da vicino il mio babbo che ha avuto dei problemi di salute. Per il resto cerco di godermi al meglio la vita e la mia famiglia, mi svago ogni tanto con l’hobby della pe-sca e se avrò la fortuna di rimanere nel mondo del calcio sarò ben contento di rendermi utile per stare a contatto con lo sport più bello del mondo”.

Attaccante della Sanremese

Alessio Bifini, “el matador” grossetano

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Luigi Piangerelli (Cesena)“Di campionati ne ho vinti cinque, dun-que di cosiddette partite decisive ne po-trei ricordare più d’una ma quella che per prima mi viene alla mente, forse perché è stata la più recente, è una dello scor-so campionato, proprio l’ultima quando col Cesena siamo andati a Piacenza. Per essere promossi in A noi dovevamo vin-cere ma poteva anche non bastare, biso-gnava anche vedere cosa avrebbe fatto il Brescia a Padova. Grande tensione dun-que in campo, con un orecchio anche a quanto ci dicevano dalla panchina. In effetti tutte quelle ultime settimane era-no state lunghe, non solo quella prima di Piacenza. A Cesena la serie A mancava da 19 anni e in più tieni conto che erava-mo una neopromossa dalla C. S’era par-titi per salvarci, a mano a mano c’è stata la consapevolezza poi che non solo po-tevamo raggiungere i playoff ma che lo si poteva anche proprio vincere il campio-nato. La partita della svolta è stata credo quando siamo andati a vincere a Lecce, lì sì ci siamo convinti che potevamo anche puntare direttamente ai primi due posti. A Piacenza abbiamo vinto per 1 a 0, il Brescia a Padova ha perso: serie A per noi! Da Cesena erano venuti in 7-8000 a Piacenza; quando siamo tornati a Cesena

Federico Agliardi (Padova)“Intanto mi piace qui cominciare con la partita con cui a Bochum, in Germania, vincemmo l’Europeo con l’Under 21. Me la ricordo anche se in effetti non ero io

in porta, c’era Amelia, era quello nostro un gruppo davvero tosto, con giocatori come Gilardino, Bovo, Donadel, Zac-cardo e così via: se non sbaglio è stata proprio quella l’ultima vittoria europea dell’Under 21. Poi la partita che abbiamo giocato a Roma contro la Lazio e io ero in porta col Palermo. Una di quelle gior-nate in cui capisci d’essere in una specie di stato di grazia, dove ti trovi così a fare delle cose anche speciali; me la ricordo anche perché ne feci proprio tante di parate, specie nel primo tempo. Ma se proprio devo indicare “la prima”, allora vado ad Ancona-Brescia del 2002/2003, avevo 20 anni, seconda partita in serie A per me, l’esordio l’avevo fatto la settima-na prima contro il Bologna. Quel giorno devo dire che pure io ho contributo al pareggio, 1 a 1. Perdevamo 1 a 0 e poi per fortuna ci pensò Baggio che si inven-tò un gol superando con un dribbling lì sulla linea di fondo il loro portiere. In-somma mi capitò di fare delle belle pa-rate, specie una su Ganz: mi aveva fatto un pallonetto, io in effetti ero un po’ in avanti e comunque ci arrivai, riuscendo anche a tenerla”.

hanno aperto lo stadio, erano in 20.000 ad aspettarci: che soddisfazione, io poi che ci abito a Cesena...”.

Nazzareno Scopelliti (Gela)“L’anno è il 2004/005, mi ricordo anche il giorno, era il 19 giugno 2005. Ritor-no della finale playoff contro la Cavese, lì da loro avevamo pareggiato, 0 a 0: se dunque alla fine pareggiavamo andavamo su noi del Gela. Stadio stracolmo, ancor più di quanti potevano starci come ca-pienza. Loro forti, noi pure. Verso la fine del secondo tempo l’arbitro ha espulso uno di loro e così siamo andati ai supplementari con un uomo in più. Tanta paura sino alla fine, loro che non avevano più nulla da perdere e che si buttavano avanti, però dietro era-vamo forti, non ne abbiamo preso nem-meno uno di gol in tutte le quattro par-tite dei playoff. Però non si sa mai e a 2’ dalla fine abbiamo segnato noi. Subito c’è stata una prima invasione di campo, tutti matti dalla gioia, quando abbiamo ripreso abbiamo giocato ancora qualche minuto e poi è finita per davvero, è stato un ma-cello alla fine, che festa! Abbiamo così conquistato la C1, traguardo storico per Gela e pensa che quell’anno, pur salendo di categoria, abbiamo finito per perdere dei soldi, proprio così. Per tutto il cam-pionato sempre problemi societari e sti-pendi che non arrivavano. Già dall’estate c’erano stati dei problemi, sino all’ulti-mo non si sapeva se la società si sarebbe iscritta, la squadra è stata fatta all’ulti-mo, in agosto e quel che ne è venuto fuori è stato proprio un bel gruppo, forte e unito. Gran campionato, abbia-mo finito terzi con 67 punti. Tantissimi problemi e lo stesso siamo saliti in C1”.

amarcord

Mi ritorni in mente…

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in mente…La partitache non dimentico

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segreteriadi Diego Murari

Come sempre grazieCiao ragazzi, ciao a tutti voi capitani valorosi.Perdonatemi se mi ritrovate qui a issa-re le vele, pronto a salpare in questo lungo e interminabile viaggio verso il ritorno alla mia isola più preziosa... la mia vita. Dal mio cuore un immenso abbraccio va a ogni N1 di Voi... che in ogni partita mi fa ancora ascoltare i brividi mentre stendendosi compie l’ennesimo miracolo, l’ennesima para-ta... e a chi con un meraviglioso drib-bling si avvicina alla porta avversaria e insacca all’incrocio. Ma un mio ab-braccio va anche a ogni terzino che instancabilmente difende la sua porta, a ogni mediano che corre in lungo e in largo in ogni angolo di campo e a chi a centrocampo sa costruire il gioco per realizzare un gol, una magia. E poi nel mio abbraccio a tutti voi Campio-ni meravigliosi, vorrei infine ricordare con affetto ogni magazziniere, diri-gente, i responsabili di ogni squadra perché è anche grazie a tutti loro se il Calcio è diventato questo splendi-do Sport... già il calcio, dove migliaia di persone si rivedono, si ritrovano, si conoscono in ogni partita: che bel-lo il calcio, ragazzi, che bello vedervi rincorrere il pallone, attaccare, difen-dere... che bello ascoltare il rumore delle vostre azioni, dei vostri gesti, dei vostri gol. Che belle le vostre di-vise, i vostri colori, i vostri compagni e che bello quell’intenso abbraccio con il mister a bordo campo dopo un gol... e che bello respirare il profumo nello spogliatoio prima della partita, gli sguardi, le grida... gli allenamenti, gli scatti, le sconfitte. Che bello tut-to il calcio, ragazzi. Che bello sognare lo stadio pieno di gente, di striscioni colorati, di tifosi, di bambini...eppure sei Tu steso in un letto, ma Tu lo so-gni perché il calcio è bello. Tu sogni

di tuffarti per parare quel diagonale... Tu sogni di rincorrere quella palla... Tu sogni quel cross dove staccherai e di testa infilerai la porta avversaria. Tu lo sogni quello spogliatoio, quegli abbracci, quelle grida intorno a te... già... Tu lo sogni tutto questo e non ti importa se a segnare oggi sei Tu o la squadra avversaria, non importa se c’è un risultato, i punti, la classifi-ca. No, ragazzi speciali, quando sei in questo lettino, non contano le diffe-renze reti perché Tu sai che non serve arrivare primo per alzare le braccia o per vincere lo scudetto. Tu sai bene che semplicemente aprendo gli occhi in ogni nuovo giorno... Tu hai vinto Sempre.Tutto questo è il Calcio, tutto questo siete Voi, lo regalate Voi... e noi non siamo altro che delle persone fortu-nate, perché grazie a tanti dolori, a tante sofferenze, riusciamo a trovare

in Voi la forza e il coraggio di alzare ogni giorno le braccia al cielo sapendo nel nostro cuore che tutti i bambini che vi seguono in ogni partita hanno trovato in Voi gli esempi più impor-tanti e leali per affrontare con lealtà e impegno ogni gara che la vita riserva loro. Grazie campioni meravigliosi di questo Sogno... lungo e indimenticabi-le tra le mie lacrime.

Con Michele ScarponiAvevo l’appuntamento con Lui a Mi-lano, dove io ero per una visita e Lui si preparava per partire alla famosa Milano-Sanremo. Arrivò in albergo e venne subito da me abbracciandomi, già pronto per il riscaldamento e per la partenza della corsa: Michele Scar-poni, il grande campione di ciclismo. Io come sempre tremavo dall’emozio-ne e mentre Lui mi prendeva in giro, io lo osservavo con un nodo alla gola.

Non sentivo nulla intorno a me, mi sembrava tutto cosi strano, lontano... sentivo soltanto una lacrima che mi solcava il viso, perché non capivo come un piccolo uomo come me fosse lì, davanti a un campione cosi grande. Ci sedemmo e iniziò a raccontarmi dei suoi ultimi giorni in cui aveva lottato per vincere la Tirreno-Adriatico e per poco non gli era riuscita

Uno per tutti,tutti per Unico1

Di porto in porto… con Diego Murari

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Michele Scarponi alla Milano-San-remo si è poi piazzato al sesto posto (era nel gruppetto di testa; vittoria all’australiano Goss), dopo essersi reso protagonista di uno spettacola-re inseguimento in solitaria, a partire dalla salita della Cipressa, per ripor-tarsi nel gruppo dei battistrada. In questa stagione 2011 due sinora i suoi successi: la tappa di Gesturi al Giro di Sardegna e la tappa di Chieti alla Tirreno-Adriatico. Nel prossimo Giro d’Italia sarà l’uomo classifica del-la Lampre-Isd.

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l’impresa. Era un po’ stanco ma conti-nuava a ridere, scherzare, a prender-mi la stampella e a lanciarla lontano... che forza, pensai dentro me, e tra un oretta parte per fare 300 km di gara, caspita, non avevo parole. “Capita-no, come fai a essere così sereno?” gli chiesi. Lui si mise a ridere, come sempre... “Perché sono interista” mi rispose “e noi interisti siamo un po’ difettati, siamo così” disse ridendo come un matto. Non sapevo più cosa dirgli, mi aveva praticamente lasciato senza parole; nel frattempo mi aveva ordinato un the’ caldo, prendendo in giro anche i camerieri, chiedendo anche un thermos per portarselo in gara. Parlammo un po’ dei suoi lunghi allenamenti sull’Etna, dove era stato in ritiro per alcuni giorni con il suo nuo-vo team Lampre. “Sai Unico – come mi chiama Michele – quest’anno ho bi-sogno di te, devi starmi vicino, venire alle gare” mi disse improvvisamente. Avevo il cuore che scoppiava nel pet-to... Michele Scarponi davanti a me mi chiedeva che io aiutassi Lui! “Ma a che fare? – risposi io istintivamente – sei matto?”. “No, non sono matto – mi disse – vorrei vincere il Giro, è il mio obiettivo del 2011 e tu Unico mi dai la forza e l’umiltà di capire quanto io sia fortunato. Quando ti vedo o penso a te, io non ho paura di scalare nessuna salita”. Stavo piangendo e il mio cuo-re avrebbe voluto potergli dare ogni suo sogno, ogni sorriso... “Ma che fai, piangi – mi disse – si vede che Tu non sei interista” e abbracciandomi si mise a ridere ancora. Non avevo parole... ma mi rendevo conto che Michele è veramente un vero Esempio, un im-menso Campione di vita.Sorseggiai il the, gli chiesi – cercando di fermare le mie lacrime – cosa face-va in quei suoi pochi momenti lontani dalla bici. “Sto con Anna, mia moglie;

ci piace viaggiare e così, quando pos-siamo, andiamo a vedere posti nuovi, cercando di amare la vita in ogni suo angolo... e poi ovviamente guardo la mia squadra del cuore, di cui sono tifosissimo, l’Inter, anche se Anna è juventina” disse ridendo. Già, il cal-cio, “che ne dici del calcio Michele?” Rimase un po’ in silenzio, poi mi ri-spose: “Penso che ci siano tanti soldi, interessi... ma credo anche, da atleta, che il calcio sia ancora uno sport che insegna ai più giovani la disciplina, il rispetto per i compagni,e che riesca ancora a trasmettere valori impor-tanti. Ciò che conta è che la Lega e le istituzioni aiutino i ragazzi perché la vita non è fatta soltanto di denaro o di belle auto... ma anche di cose che devono essere capite fin da piccoli”. Gli leggevo dentro la sua onestà, il suo voler trasmettere la voglia di fare sport con la lealtà di chi ama lo sport, senza pensare a soldi o altri interes-si.”. “E del ciclismo – gli chiesi – come sta il ciclismo?”. Mi guardò e si mise a ridere. “Ma la smetti – mi disse – di chiedermi ‘ste cose? Chiedimi chi vince lo scudetto e te lo dico subito, l’Inter” e scoppiò a ridere. “Ma no dai, il ciclismo è sempre uno sport fanta-stico – continuò – è certo più duro e faticoso di altri, ma credimi, quando arrivi davanti e alzi le braccia... è tutto tra le tue mani ed è questo ciò che vorrei regalare a ogni bambino”.Mi sentivo molto più piccolo dopo quelle parole, ma sentivo che grazie a persone come Michele Scarponi la vita di moltissimi ragazzini diventerà densa di un sole, di un colore, di un fiore... perché calcio o tennis o ciclismo: tutto non conta, se non riesci ad ascoltare il cuore.Salì sulla bici, mi abbracciò ancora e ridendo mi disse: “Bene Unico, ora che ti ho detto chi vince lo scudetto,

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ti dico anche chi vincerà la Champions, ma non dirlo a nessuno, l’Inter”. Scop-piò a ridere e lentamente si allontanò in sella alla sua bici. “Felice Milano-San-remo, Michele... Felice Vita, immenso Campione Unico e N1 nel Cuore”...

Grazie di esserciEcco splendidi compagni di viaggio, in questa tappa, in questa isola, ho tentato di parlare di quanto ognuno di Voi N1, ogni Campione, di qualsi-asi sport, riesca a donare. Vorrei un giorno riuscire a farvi capire quanto sia difficile la disperazione, il male, la sofferenza... quanto sia duro riuscire a svegliarsi ogni mattina non sapendo se ci saranno altri risvegli colorati o semplicemente densi di tristezza, dove l’unico sole che ti resta sono gli occhi di chi ami, di chi ti ascolta, ti accarez-za, ti prende la mano. Cercando in te quel gesto o quel sorriso che potreb-be far dimenticare ogni buio istante in cui stai vivendo la tua vita. E in quei momenti ti ritorna sempre la stessa infinita domanda: Dio, dimmi se ora sto vivendo.Vi chiedo perdono se ora butto l’an-cora, lasciandovi con queste tristezze nel cuore. Ma queste emozioni sono i miei ricordi. Perché i miei ricordi non sono una spiaggia, un mare, un cielo azzurro... i miei ricordi sono gli occhi di mia madre.

Grazie dal cuore, grazie con il cuore, meravigliosi Campioni della mia Vita. Grazie per tutto quello che ogni fine settimana mi regalate, senza nulla chiedere... grazie a tutti di essere il mio Esempio, grazie di lasciarmi so-gnare di essere uno di Voi. Ciao a tutti ragazzi speciali, Unici e N1 nel cuore.Vi aspetto come sempre allo 339-1082481 e vi ringrazio di essere diven-tati tantissimi.

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I link utili

internetdi Mario Dall’Angelo

Tanti bambini e ragazzi giocano a pallone nel campo vicino a casa, che spesso è un semplice prato su cui vengono sistemate quattro felpe a segnare i pali delle porte e lo spo-gliatoio è una siepe o dei rami a cui si appendono i soprabiti. La sempli-cità con cui si può organizzare una partita di calcio è uno dei segreti che rendono così popolare il gioco più bello del mondo. Generazioni di calciatori, professionisti e dilettanti, hanno cominciato così da giovanissi-mi. Con immediatezza e in piena li-bertà. A questi concetti si richiama il nome della scuola calcio del capita-no dell’Inter Javier Zanetti e del suo compagno di squadra e di nazionalità argentina Esteban Cambiasso. Sulla home page del sito Leoni di Potrero (www.leonidipotrero.com), a fianco dell’immagine dei due campioni, c’è un’introduzione dagli accenti poetici: «Il potrero è il luogo dove quattro magliette diventano due porte, dove lo spogliatoio è un albero di qualche campo sperduto, è il posto dove tut-ti sognano di essere veri campioni, dove vuoi che la partita non finisca mai, ma finirà soltanto quando il pal-lone andrà sopra quel “maledetto” albero. Per questo abbiamo creato Leoni di Potrero, per recuperare insieme quella palla e finalmente poter continuare a giocare».Entrando nella sezione “presen-tazione”, troviamo le motivazio-ni che hanno indotto Zanetti e Cambiasso a fondare il loro cen-tro di formazione calcistica, ispi-randosi al modo più improvvisato e creativo di allestire una partita a pallone. I due campioni mani-festano la loro preoccupazione per la “disconnessione” che mol-ti giovani d’oggi manifestano nei confronti della realtà. Si tratte-

rebbe di un fenomeno provocato dal-le nuove tecnologie della comunica-zione, che tendono a spersonalizzare i rapporti interpersonali impedendo di svilupparli correttamente.Un altro fatto preoccupante, secon-do Javier ed Esteban, è che i giovanis-simi d’oggi si spostano dalla scuola al computer, riducendo così di molto i loro movimenti. Dunque, difficoltà di comunicazione associata a meno at-tività fisica provocano isolamento so-ciale, un vero e proprio male contro il quale si deve agire per il bene delle giovani generazioni, come spiegano i due fuoriclasse: «Leoni di Potrero ha l’obiettivo di contribuire alla ri-soluzione delle problematiche legate all’isolamento sociale e alle difficoltà nello sviluppo corretto delle capacità motorie. Tutto ciò senza dimentica-re che lo sviluppo della formazione calcistica resterà sempre un obietti-vo ulteriore da raggiungere. La loro missione è quella di fare diventare il centro un luogo nel quale i giovani possano ridimensionare i propri va-lori sociali e individuali, rafforzando l’importanza di tornare “alle basi”, a tutta la “magia” che avvolgeva chiun-que giocasse a pallone nel “Potre-ro”». Quindi, la scuola insegna sì il

calcio ma prima ancora cerca di es-sere un luogo di formazione in cui si insegnano i valori positivi della vita e la loro corretta gerarchia.Nella galleria fotografica sono di-sponibili molte belle foto delle atti-vità, tutte con un nome che si rifà a quello della scuola: allenamenti da leoni, amichevoli da leoni, trofeo le-oni. Non mancano però gli scatti di momenti extracalcistici, come feste di carnevale e feste della famiglia con i genitori sui campi assieme ai figli.La scuola, come detto, non ha solo finalità di apprendimento calcistico ma anche e soprattutto sociali, edu-cative e tendenti a un sano sviluppo psicofisico. È per queste ragioni che sono state avviate delle iniziative per aiutare i genitori nella crescita dei fi-gli. Una di queste è un accordo con una clinica oftalmica, dove i bambini vengono visitati con il preciso inten-to di prevenire, tra le altre patolo-gie, la ambliopia, nota come “occhio pigro”. Altri momenti speciali sono i festeggiamenti per il Natale e per le feste della mamma e del papà. Even-to d’eccezione è stato certamente lo stage estivo di un settimana ad Alas-sio nel 2008, con 25 bambini prove-nienti da tutta Italia e la partecipazio-

ne in prima persona di Zanetti e Cambiasso.Leoni di Potrero ha sede in Mi-lano, nel centro sportivo Franco Bettinelli in Via Lago di Nemi 31. Vengono accolti solo ragazzi re-sidenti a Milano e vengono sta-bilite 8 categorie con un massi-mo di 25 bambini ciascuna. Gli allenamenti prevedono due se-dute settimanali, cominciando a fine settembre per concludersi a fine maggio, con una pausa du-rante le vacanze invernali, come per dei veri piccoli campioni.

Giochiamo insieme ai “Leoni di Potrero”

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Calciatori in rete

www.domenicocriscito.itSito ufficiale per Domenico Criscito, difensore del Genoa e della Nazio-nale italiana. Classe 1986, cresce cal-

cisticamente nelle giovanili del Virtus Volla, per poi approdare alle giova-nili del Genoa. Esordisce in Serie B giovanissimo, a soli 16 anni. Succes-sivamente passa in comproprietà alla Juventus, ove ha modo di accumula-re esperienza nella Primavera. Nella stagione 2006/2007 torna al Genoa, in Serie B. In queste circostanze Cri-scito si fa notare per le sue doti di visione di gioco ed intuito rispetto alle manovre offensive degli avver-sari, tanto da essere convocato per giocare nella Nazionale Under 21. Nel 2007 torna alla Juventus, per riapprodare nuovamente l’anno suc-cessivo al Genoa, formazione ove milita tutt’ora.Lo spazio internet di Domenico Cri-scito ha un look estremamente so-brio ed elegante: l’homepage ha una struttura verticale, come accade nei blog. Troviamo tutte le notizie più recenti riguardo le sue gesta e del Genoa, riportate con dovizia di par-ticolari e corredate da interessanti approfondimenti. Tra le varie sezioni del sito, la pagina denominata “Serie A” racchiude un comodo tabellino della massima divisione calcistica ita-

liana, ovviamente con un occhio di riguardo alla posizione e alle statisti-che del Genoa. Davvero ben orga-nizzata e ricca di contenuti la pho-togallery. Al suo interno troviamo infatti moltissime foto raggruppate per stagione. Si tratta per la maggior parte di immagini che lo vedono in azione con la maglia del Genoa. Ol-tre alle classiche foto di gioco duran-te gare ufficiali, ci sono alcune tro-vate originali e divertenti, come la gallery interamente dedicata al ritiro estivo del Genoa. Non mancano, ov-viamente, foto in campo con la Na-zionale Under 21 e con la Juventus. Anche la pagina dedicata ai video lascia ampiamente soddisfatti. Sono infatti presenti filmati in quantità, re-lativi a marcature messe a segno da Domenico o a gesti atletici partico-larmente degni di nota all’interno del rettangolo di gioco. In conclusione, un ottimo sito, piacevole da navigare e ricco di contenuti.

www.antoniofloroflores.comUna fotografia molto suggestiva di Antonio Floro Flores al centro dello stadio apre il sito internet personale dell’attaccante di origine napoletana in forze attualmente al Genoa. An-tonio nasce nel 1983 nel capoluogo campano: si avvicina in tenera età al calcio mettendo immediatamen-te in luce notevoli capacità. Attac-cante naturale, Floro Flores cresce nelle giovanili del Napoli per poi militare nella Sampdoria, nel Peru-gia, nell’Arezzo e nell’Udinese. Dal gennaio 2011 Antonio gioca nelle fila del Genoa, come già accennato in apertura, ove si è subito integra-to con i compagni ed ha realizzato una marcatura nell’esordio contro il Milan. La formula adottata è il presti-to con riscatto. La sezione “profilo”

del sito ufficiale di Floro Flores rac-coglie due pagine molto importanti: quella dedicata alla carriera ed un’al-tra inerente la biografia. La pagina “carriera” contiene abbondanti dati statistici sulla militanza di Floro Flo-res in club e Nazionale Under 21. La pagina “biografia” è un autentico gio-iello: difficilmente ci è capitato, una volta conclusa la lettura di una pagi-na di cenni biografici in siti di questo tipo, di avere un quadro umano così nitido e dettagliato del calciatore in questione. Il mistero è presto svela-to: l’avventura umana e calcistica di Antonio è raccontata dalla moglie Michela, con la quale ha formato una splendida famiglia, estremamen-te unita e legata ad alti valori e sani principi.La sezione multimediale è ricca di fo-tografie e video, mentre uno spazio in homepage è interamente dedica-to al web 2.0: sono infatti presenti i link alle pagine Facebook, Twitter, Myspace e Youtube di Floro Flores. Facile, quindi, approfondire la cono-scenza del giocatore e perfino con-tattarlo direttamente.

Segnaliamo infine la presenza di una sezione dedicata alle news, aggior-nata con frequenza e realizzata con cura. Siamo di fronte ad un ottimo sito internet, moderno e navigabile.

Criscito e Floro Flores: il web si tinge di rossoblù

internetdi Stefano Fontana

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scattidi Maurizio Borsari

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IncongruenzeInter-Shalke 04 2-5

Auguri ItaliaReti tricoloriper il 150° “compleanno

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scatti

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Per la Lega contro i tumoriGennaro Gattuso in Milan-Inter 3-0

Per il GiapponeMarco Di Vaioin Bologna-Genoa 1-1

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scattidi Maurizio Borsari

Dentro o fuori?Albin Ekdalin Bologna-Catania 1-0

3 punti (forse anche di più)Emiliano Viviano in Bologna-Genoa 1-1

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Felicità AzzurraGol di Thiago Mottain Slovenia-Italia 0-13 punti (forse anche di più)

Emiliano Viviano in Bologna-Genoa 1-1

scatti

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sfogliandodi Nicola Bosio

anni facciamo il punto; se i ragazzini di otto anni sono diventati potenziali cam-pioni di undici allora ti rinnovo il con-tratto. Ma se a questa gente do mille euro al mese, come posso pretendere che diano tutto? Avranno delle famiglie da mantenere, dovranno fare anche al-tro e in questo modo penalizzeranno il calcio. Così restano gli allenatori che hanno una grande passione. Ma non sanno fare il proprio mestiere. E magari fanno pure danni. Roberto Donadoni (Cagliari) C’è sempre una verifica per un allenatore, tutte le domeniche. Lu-igi Delneri (Juventus) Spesso si dice che esistono maestri di calcio e allenatori motivatori: penso che si possa essere l’uno e l’altro, insegnare e insieme vin-cere. Francesco Guidolin (Udinese) Se sei un attaccante devi segnare, non c’è verso. Devi usare l’istinto. Gli attaccan-ti non ci devono pensare: tutte le volte che lo faccio, combino disastri. Le cose d’istinto vengono meglio. Luca Toni (Ju-ventus) La tensione ti porta via ener-gie e fluidità di gioco. Giorgio Chiellini (Juventus) Per principio, prima di anda-re in campo, non firmo mai per il pari, voglio andare a giocarmela, pensare in maniera diversa sarebbe come perdere in partenza. Alex Pinardi (Novara) Se vai là per lo zero a zero perdi sempre. Alberto Paloschi (Genoa) Non c’è oggi un divario impossibile tra le piccole e le grandi. Alcuni dicono che il campiona-to è regredito, io la penso in maniera opposta. Secondo me, è migliorato e ogni partita è meno scontata rispetto ai tornei scorsi. Walter Mazzarri (Napoli) Puoi vincere o perdere, ma devi uscire dal campo avendo dato tutto. Giorgio Chiellini (Juventus) L’adrenalina fa sì che delle botte te ne accorgi solo il lunedì o il martedì, i giorni peggiori. Giando-menico Mesto (Genoa) Ogni partita è decisiva, l’importante è interpretarla in modo giusto. Luigi Delneri (Juven-

tus) Ho capito che per dare il massimo dobbiamo essere sempre al cento per cento, in campo e fuori. Alberto Palo-schi (Genoa) Ognuno porta sul terreno di gioco la propria disponibilità e le sue caratteristiche. So quali sono le mie, insieme ai miei limiti, perciò devo dare sempre il 100 per cento, fare una corsa in più se può servire. Mi rimbocco le maniche. Giandomenico Mesto (Ge-noa) Il mio pensiero è dare il massimo sul campo. Alberto Aquilani (Juventus) Se sono in campo posso aiutare di più la squadra di quanto possa fare stando in panchina. Clarence Seedorf (Milan) Ci sono alcune realtà in Italia dove si insegna a giocare a calcio e ogni anno da

Alle volte il calcio parlato diverte di più del calcio giocato

frasi, mezze frasi, motti, credi proclamati come parabole, spesso vere e proprie “poesie”

Chi ha pazienza, in Italia? Nessuno. Ma come si può tirar su una casa, se non ti danno il tempo? Luigi Del Neri (Juven-tus) L’allenatore prende sempre le colpe di tutto. Roberto Mancini (Manchester City) Poi si sa che nel mondo del cal-cio è più facile cambiare un allenatore

che venti giocatori. Giorgio Chiellini (Juventus) Gli allenatori bravi ci sono in giro. Le società devono avere coraggio e dire: io ti faccio un contratto trienna-le, ti do 40 mila euro all’anno e tra tre

Roberto Donadoniallenatore del Cagliari“Serve insegnare calcio”L’istruzione è fondamentale anche nel calcio. Perché, se è vero che il talento è innato, è vero anche che va incana-lato. Serve chi insegna calcio, bisogna saper insegnare a giocare a calcio. In-vece si è abbandonata questa strada, si curano molto poco le persone che sanno insegnare ai bambini i fonda-mentali. E in questo campo, prima che in tutti gli altri, che bisogna investire e avere coraggio.

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Roberto Manciniallenatore del Manchester City“Stadi italiani allucinanti”Quello italiano è un campionato più povero rispetto a quello inglese. Bi-sognerebbe ricominciare a portare in Italia i grandi talenti, che adesso sono in Spagna e in Inghilterra. E prima, ri-avere la gente allo stadio: che brutto vedere le tribune mezze vuote, anche in grandi impianti come l’Olimpico di Roma o San Siro. Quindi bisognereb-be costruirne di nuovi: quelli attuali sono allucinanti.

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Alle volte il calcio parlato diverte di più del calcio giocato

sfogliando

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qui escono talenti. Ma sono poche. So-prattutto in giro si vedono scuole calcio nelle quali non si programma e non si investe. Roberto Donadoni (Cagliari) Bisogna dare ai giovani la possibilità di sbagliare. Aggiungo che ai giovani deve essere concessa la possibilità di dimo-strare quello che valgono. Sebastian Giovinco (Parma) Se si fischia un gio-catore senza nemmeno dargli il tempo di sbagliare una partita, lo si costringe ad avere anche il pubblico come avver-sario. Fabio Cannavaro (Al Ahli) Tutti i miei ragazzi, o quasi tutti, faticano a

trovare spazio nei club ed ecco perché la loro vetrina diventa l’Under 21. Para-dossale, ma è così. Auguro loro di poter trovare spazio nei club anche perché nell’Under 21 non avrebbero la possi-bilità di fare lo stesso lavoro tecnico, tattico e fisico. Ci vediamo una volta al mese, non c’è tempo. Sicuramente il rit-mo partita non si acquisisce in Naziona-le. Ciro Ferrara (C.T. Under 21) A me il calcio italiano piace così. Come dicono gli inglesi: no pain, no gain. Se non sudi non c’è gusto. Alberto Paloschi (Genoa) Viviamo in uno sport e con uno stile di vita per cui non ci si può mai sedere. Giandomenico Mesto (Genoa) Nel cal-cio valgono i risultati: un palo-gol o un palo-fuori cambiano le opinioni. Come i cambi che fai: se vinci sei bravo e se perdi sei scarso. Luigi Delneri (Juven-tus) Dico che calciatore e allenatore sono due mestieri diversi. Il giocatore di alto livello diventa un patrimonio per la società quando decide di smettere, ma dovrebbe sempre allenare alme-no 2 anni nelle giovanili per trasferire quello che ha imparato da protagonista. Serse Cosmi (allenatore) Nel calcio le cose possono cambiare velocemente. Zlatan Ibrahimovic (Milan) Può succe-dere di tutto, soprattutto in Serie A. Dejan Stankovic (Inter) Per creare una squadra vincente ci vogliono anni. In Eu-ropa le italiane si confrontano con chi ha fatturati molto più alti. Questo fa la differenza. Massimiliano Allegri (Milan) Non siamo inferiori a nessuno, siamo solo penalizzati dal fatto che i ragazzi non giocano. Ciro Ferrara (C.T. Under 21) Sono così di natura. Vorrei vivere nascosto. Mi piacerebbe fare l’allenato-re dal martedì al sabato e alla partita, soprattutto dopo la partita, mandare qualcun altro. Anche quando le cose vanno bene. Francesco Guidolin (Udi-nese) Chiunque giochi in serie A deve avere l’obiettivo azzurro, così come

ogni calciatore di serie B ha quello di sa-lire di categoria. Giandomenico Mesto (Genoa) Quello degli oriundi è un fal-so problema. Nei settori giovanili c’è il 60% di stranieri: sono una risorsa in più. Cesare Prandelli (C.T. Nazionale) Noi giocavamo spesso su campi di patate e i rimbalzi strani della palla ti costringe-vano a diventare più sensibile. Quindi se giocavi poi su un prato perfetto dif-ficilmente sbagliavi un cross. Roberto Donadoni (Cagliari) Sono abituato a guardare avanti e non penso al passa-to. Alberto Aquilani (Juventus) Quando cambi tanto non è semplice trovare l’e-quilibrio. Luigi Delneri (Juventus) Non si può pensare di vincere i campionati con dieci punti di vantaggio. Francesco Guidolin (Udinese) Nel calcio quello che oggi è giusto, domani è sbagliato. Luigi Delneri (Juventus)

Zlatan Ibrahimovicattaccante del Milan“Viva la sincerità”Smetterò quando sarò ancora al top, non starò a giocare quando sarò al cinquanta per cento. Ora sono al top. Ci sono stato gli ultimi dieci anni. A 35 anni credo che non sarò più al top. A quel punto staremo in un bel posto rilassati a fumare. Forse non il miglior esempio per i giovani... Ma sarà bello.

Ciro FerraraC.T. Under 21“Investiamo sui giovani”In Italia ci sono stati e ci saranno sem-pre giocatori di qualità, però i club rischiano meno, puntano sugli stra-nieri. Bisognerebbe spingere le so-cietà, anche attraverso regolamenti, ad investire sui giovani italiani, invece le cifre che si spendono per il vivaio sono notevolmente inferiori rispetto alla Spagna.

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music

aFranco Angeli EdizioniTempi supplementaridi Croce, Piani, Russo – 128 pagine - €18,00Il problema della fase post-carriera degli atleti professionisti esiste dac-ché lo sport stesso ha intrapreso il percorso di professionalizzazione. La peculiarità di tale carriera, strettamente legata a un ciclo temporalmen-te e anagraficamente limitato, pone una condizione di potenziale soffe-renza dal carattere strutturale e non incidentale per l’attore sociale che svolge la professione di agonista. Di fatto, una candidatura al precariato

professionale ed esistenziale. E tuttavia, a dispetto di una realtà così consolidata, mai è stata fin qui avviata un’azione organica di formazione, informazione e riqualificazione.Il calcio non fa eccezione e anzi, nel contesto italiano, esso si presenta come un caso paradigmatico: perché ha un rilievo schiacciante rispetto alle altre discipline, perché storicamente genera un volume economico-finanziario fra i più elevati a livello mondiale, perché il profilo del calciatore si presenta come un tipo sociale desiderabile.Il volume analizza e commenta i risultati di tre diverse indagini condotte sotto l’egida del Centro Studi del Settore Tecnico della FIGC. Il materiale è passato in rassegna at-traverso il filtro di tre diversi punti di vista. Quello sociologico di Pippo Russo, quello psicologico di Isabella Croce, quello più prossimo allo stesso mondo del calcio di Paolo Piani. Le considerazioni analitiche esposte vogliono rappresentare, da un lato, l’apertura di un percorso d’analisi a più ampio raggio sul tema, dall’altro, un patrimonio da mettere in comune per tutto lo sport italiano affinché si possano realizzare programmi indispen-sabili per garantire una fase post-agonistica sicura agli atleti.

professionale ed esistenziale. E tuttavia, a dispetto di una realtà così consolidata, mai è stata

LiminaL’Equilibristadi Emiliano Fabbri – 145 pagine - €20,00Il racconto appassionante e appassionato della vita e della carriera di Esteban Cambiasso, un fuoriclasse d’altri tempi, capace quasi da solo di reggere e alimentare il motore della squadra campione di tutto.El Cuchu, così com’è soprannominato, dopo aver rischiato, a dirla tutta, di diventare Michael Jordan per la passione familiare per il ba-sket, è diventato il play maker nerazzurro che resiste alle mode e ai

tempi, sempre col suo stile, sia dentro che fuori del campo: un elogio della semplicità di un giocatore sempre essenziale e insieme determinante, raccontato con la nostalgia per un calcio che sta scomparendo. Insomma un viaggio inedito, attraverso tutta la carriera del campione argentino: dagli esordi, alle imprese con la Nazionale e l’Inter, passando attraverso aneddoti mai raccontati, suggestioni con i suoi più illustri antesignani, che descrivono un Esteban in buona parte sconosciuto al grande pubblico. Un giocatore a cavallo tra due mondi, da sempre collegati, Argentina e Italia: un mediano d’altri tempi, uno dei più forti al mondo, che ha legato il suo cuore, per sempre, ai colori neroazzurri e alla sua storia, entrando inevitabilmente a farne parte, come uno dei suoi eroi più fulgidi.

tempi, sempre col suo stile, sia dentro che fuori del campo: un elogio della semplicità di

libreria

SubsonicaEdenIl sesto album in studio dei Subsoni-ca arriva a 14 anni dal loro omonimo esordio: “Eden” è il disco più pop della band torinese, piuttosto “lontano” dal precedente “L’Eclissi”, sia per quanto riguarda i testi che la musica. Un’in-versione di rotta che, da atmosfere decisamente cupe, passa ad un’aria più respirabile, quasi fosse un viaggio nella natura, per sfuggire dalle inquietudini e dalle nevrosi metropolitane.Undici tracce (scelte tra una quaranti-na) completamente differenti tra loro, sostenute da una maturità stilistica che pur orientandosi tra svariati riferimenti e suggestioni, non smarrisce l’inconfon-dibile matrice della band. Eden è un al-bum vitale e colorato, che in una forma quasi “concept”, si presenta come un percorso di stati d’animo. Testi sempre più introspettivi (uno “autoironico” ad-dirittura creato insieme ai fan tramite fitto scambio di mail), melodie sempre più sofisticate: elettronica, dubstep, techno ambient, pop e ballate si fondo-no alla perfezione con la voce del fron-tman Samuel Romano e gli arrangiamen-ti studiati da Max Casacci e Boosta.Il gruppo torinese riesce non a sorpren-dere, ma a dimostrare che ci sono anco-ra ed i loro nuovi dischi non sono affatto un folle modo per rimanere a galla.Insomma, alla sesta prova i Subsonica hanno rallentato un po’ il ritmo e cer-cato la strada della maturità, aprendosi con decisione all’elettropop orchestrale. La loro forza però è stata quella di non fare un disco scontato, che flirtasse con il pop “facile”, ma che è rimasto coerente con il loro percorso e ci ha regalato una nuova serie di canzoni davvero brillanti.

tempo libero

Pezzino EditorePalermo, rosa e verdedi Roberto Gueli e Paolo Vannini- 124 pagine – €10,00

Sulla scia del titolo italiano vinto per la prima volta dal Palermo Primavera, è nato un libro che ha voluto attraversare la storia del settore giovanile rosanero, dagli anni pionieristici fino all’era attua-le, soffermandosi in particolare sullo scudetto conquistato a giugno 2009, con una ampia gallery fotografica, schede di tutti i campioni della “Primavera” ed altre singolari curiosità. In uno sport sempre

più disattento ai valori di base, un’iniziativa inedita che ci riporta a pensare che il calcio è anche e soprattutto passione genuina.Roberto Gueli e Paolo Vannini, da oltre un ventennio ormai attenti osservatori del fe-nomeno calcistico, hanno cercato di tratteggiare anche l’importanza sociale di un simile risultato in una città come Palermo, non abituata a ottenere vittorie eclatanti, eppure dotata certamente di potenzialità e valori spesso inespressi.

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Crescere, studiare, giocare: per un bambino senza cibo e senza diritti tutto questo diventa infinitamente più difficile, se non impossibile. Ma tu puoi fare qualcosa. Con l’adozione a distanza puoi garantire cibo, acqua pulita, istruzione e cure mediche ad un bambino e alla sua comunità. Basta meno di un euro al giorno.

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