IL Bolscevico-PMLI n.46 2011

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Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXV - N. 46 - 22 dicembre 2011 CHI NON REGGE ALLE CRITICHE, GETTA LA SPUGNA E FUGGE DAL PARTITO, VUOL DIRE CHE NON È UN AUTENTICO MARXISTA- LENINISTA di Giovanni Scuderi Contro la superstangata di Monti LAVORATORI, PENSIONATI E STUDENTI IN PIAZZA I metalmeccanici FIOM, e non solo, hanno scioperato per 8 ore, invece di 3 ore come CGIL, CISL, UIL e UGL. Al presidio di Bari, Vinci improvvisa un comizio applaudito da molti presenti. A Cesena i diffusori del PMLI identificati dai carabinieri IL PMLI DIFFONDE IL DOCUMENTO CONTRO IL GOVERNO DELLA GRANDE FINANZA, DELL’UE E DELLA MACELLERIA SOCIALE Firenze, 12 dicembre 2011. Il presidio di protesta davanti alla prefettura al termine della manifestazione per lo sciopero generale contro la superstangata del governo Monti. In Primo piano i manifesti del PMLI contro il governo e quello dedicato a Marx (foto il Bolscevico) PAGG. 2-3-4 PAG. 10 Benzina e gasolio alle stelle LA MANNAIA DI MONTI SU PENSIONI E ICI LA STAMPA IMPERIALISTA USA INNEGGIA AL GOLPE DELLA GRANDE FINANZA E DELL’UE COMPIUTO DAL VECCHIO DIRIGENTE DI DESTRA DEL PCI REVISIONISTA Napolitano per il “New York Times” è il “Re Giorgio” Per noi è un traditore e un rinnegato che ha introdotto di fatto la repubblica presidenziale che non è riuscita a Berlusconi Dichiarazione interventista e guerrafondaia del nuovo ministro della Difesa DI PAOLA: “LE FORZE ARMATE POTREBBERO INTERVENIRE IN TEATRI NON TRADIZIONALI E NON PREVEDIBILI” “Non è possibile tagliare le spese militari” È la seconda volta che i magistrati chiedono l’arresto dell’ex sottosegretario all’Economia e coordinatore PDL campano RICHIESTO L’ARRESTO DI COSENTINO, “REFERENTE POLITICO DELLA CAMORRA” INDAGATO IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI NAPOLI CESARO, PARLAMENTARE PDL SOTTO LA SPINTA EGEMONICA DELLA GERMANIA DELLA MERKEL L’UE svolta a destra. I paesi aderenti assoggettati al capitale finanziario internazionale Pareggio di bilancio nella costituzione. Sanzioni automatiche sullo sforamento dei vincoli di bilancio LONDRA NON ADERISCE AL “PATTO DI BILANCIO” PAG. 6 PAGG. 5-6 PAG. 7 PAG. 8 PAG. 7 COMUNICATO DEL COMITATO PROVINCIALE FIORENTINO DEL PMLI Piena solidarietà alla comunità senegalese e alle vittime di Firenze PAG. 14 PAG. 15

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IL Bolscevico-PMLI n.46 2011

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Spedizione in A.P. - 45% art. 2 Comma 20/b legge 662/96 - Filiale di Firenze - Settimanale - € 1,50 Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXV - N. 46 - 22 dicembre 2011

CHI NON REGGE ALLE CRITICHE, GETTA LA SPUGNA E FUGGE DAL PARTITO, VUOL DIRE CHE NON È UN AUTENTICO MARXISTA-LENINISTAdi Giovanni Scuderi

Contro la superstangata di Monti

LAVORATORI, PENSIONATI E STUDENTI IN PIAZZA

I metalmeccanici FIOM, e non solo, hanno scioperato per 8 ore, invece di 3 ore come CGIL, CISL, UIL e UGL.

Al presidio di Bari, Vinciimprovvisa un comizio applaudito da molti presenti. A Cesena i diffusori

del PMLI identifi cati dai carabinieriIL PMLI DIFFONDE

IL DOCUMENTO CONTRO IL GOVERNO DELLA GRANDE FINANZA, DELL’UE E DELLA

MACELLERIA SOCIALEFirenze, 12 dicembre 2011. Il presidio di protesta davanti alla prefettura al termine della manifestazione per lo sciopero generale contro la superstangata del governo Monti. In Primo piano i manifesti del PMLI contro il governo e quello dedicato a Marx (foto il Bolscevico) PAGG. 2-3-4

PAG. 10

Benzina e gasolio

alle stelle

LA MANNAIA DI MONTI SU PENSIONI E ICI

LA STAMPA IMPERIALISTA USA INNEGGIA AL GOLPEDELLA GRANDE FINANZA E DELL’UE COMPIUTO

DAL VECCHIO DIRIGENTE DI DESTRA DEL PCI REVISIONISTA

Napolitano peril “New York Times”

è il “Re Giorgio”Per noi è un traditore e un rinnegato che ha introdotto di fatto la repubblica presidenziale

che non è riuscita a Berlusconi

Dichiarazione interventista e guerrafondaia del nuovo ministro della Difesa

DI PAOLA: “LE FORZE ARMATE POTREBBERO INTERVENIRE IN TEATRI

NON TRADIZIONALI E NON PREVEDIBILI”“Non è possibile tagliare le spese militari”

È la seconda volta che i magistrati chiedono l’arresto dell’ex sottosegretario all’Economia e coordinatore PDL campano

RICHIESTO L’ARRESTO DI COSENTINO, “REFERENTE

POLITICO DELLA CAMORRA”INDAGATO IL PRESIDENTE DELLA

PROVINCIA DI NAPOLI CESARO, PARLAMENTARE PDL

SOTTO LA SPINTA EGEMONICA DELLA GERMANIA DELLA MERKEL

L’UE svolta a destra. I paesi aderenti assoggettati al capitale finanziario

internazionale Pareggio di bilancio nella costituzione. Sanzioni automatiche sullo

sforamento dei vincoli di bilancio LONDRA NON ADERISCE AL “PATTO DI BILANCIO”

PAG. 6PAGG. 5-6

PAG. 7

PAG. 8

PAG. 7COMUNICATO DEL COMITATO PROVINCIALE FIORENTINO DEL PMLI

Piena solidarietà

alla comunità senegalese e

alle vittime di Firenze

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2 il bolscevico / sciopero generale N. 46 - 22 dicembre 2011

Contro la superstangata di Monti

LAVORATORI, PENSIONATI E STUDENTI IN PIAZZAI metalmeccanici FIOM, e non solo, hanno scioperato per 8 ore, invece di 3 ore come CGIL, CISL, UIL e UGL

Al presidio di Bari, Vinci improvvisa un comizio applaudito da molti presenti.

IL PMLI DIFFONDE IL DOCUMENTO CONTRO IL GOVERNODELLA GRANDE FINANZA, DELL’UE E DELLA MACELLERIA SOCIALE

La manifestazione di Torino ha visto in prima fi la i lavoratori Fiom della Fiat. I lavoratori e le lavoratrici portano lo striscione con un bavaglio sulla bocca per denunciare la fi rma dell’accordo imposto da Marchionne escludendo qualsiasi trattativa

Genova, 12 dicembre 2011. Parte del corteo per lo sciopero generale che ha visto la combattiva partecipazione tra gli altri dei lavoratori della Fincantieri in lotta in difesa del posto di lavoro

Roma, 12 dicembre 2011. Presidio sindacale davanti a Montecitorio

CATANIAPartecipato presidio. Il PMLI denuncia

anche con gigantografi e il governo Monti

Dal corrispondentedella Cellula “Stalin”della provincia di CataniaLunedì 12 dicembre a Catania

presidio davanti alla prefettura per le 3 ore di sciopero indetto da CGIL, CISL e UIL. In mille hanno manifestato esprimendo forte il malcontento e la rabbia contro l’ennesima stangata.

Oltre agli iscritti ai tre sindacati partecipavano studenti, pensio-nati, donne, giovani e tanta po-polazione, tutti uniti da una forte rabbia contro il governo Monti. Per quanto riguarda i partiti era-no presenti PRC, PDCI e altri. Il PMLI ha partecipato con com-pagni della Cellula “Stalin” della provincia di Catania portando la bandiera e manifesti tra cui “Libe-riamoci dal governo della grande finanza, della UE e della macel-

leria sociale. Solo il socialismo può salvare l’Italia”. Spiccavano le gigantografie de Il Bolscevico n° 45 con la denuncia delle “la-crime e sangue” di Monti e quella “Sciopero generale per respinge-re la stangata e per abbattere il governo degli stangatori e della macelleria sociale” (manifesto sempre valido dove al posto di abbattiamolo con la foto del neo-duce Berlusconi è stato incollato il simbolo del Partito).

I manifesti sono stati ripresi da diverse reti locali e molto fotogra-fati e sopratutto molto apprezzati dai manifestanti. Sono state di-stribuite alcune copie del nostro giornale e molti volantini anti go-verno Monti.

Quasi al termine della mani-festazione uno dei cartelloni, ap-poggiato al muro, in un momento

Catania. La gigantografi a de “Il Bolscevico” e il manifesto del PMLI contro il governo Monti al presidio alla prefettura per lo sciopero del 12 dicembre (foto Il Bolscevico)

Probabilmente domenica po-meriggio, prima di salire a Palazzo Chigi convocati dal presidente del consiglio Mario Monti, i segre-tari di CISL e UIL, Raffaele Bo-nanni e Luigi Angeletti, che dopo 6 anni erano stati costretti anche loro a proclamare in extremis lo sciopero generale (solo di 3 ore e a fine turno) insieme alla CGIL di Susanna Camusso contro la deva-stante manovra del governo, forti della loro vocazione concertativa e filogovernativa, già contavano sul-la revoca dello sciopero del 12 di-cembre. Tuttavia nelle due ore di incontro coi tre segretari generali di CGIL, CISL e UIL col segreta-rio generale dell’UGL, Centrella, Monti non ha lasciato un minimo spiraglio alla possibilità di modi-ficare la manovra “all’insegna di maggiore equità”. “Solo generici impegni, siamo di fronte a una so-stanziale conferma dell’impianto della manovra” ha dichiarato Su-sanna Camusso dopo l’incontro. Quindi, anche a Bonanni e Ange-letti, non è restato che confermare lo sciopero generale unitario.

E sciopero generale è stato, con adesioni, secondo fonti sindacali, ovunque alte. Uno sciopero a cui ha dato ancor più forza e visibilità il fatto che i metalmeccanici del-la FIOM (e non solo), hanno deci-so di anticipare al 12 dicembre lo sciopero di 8 ore che era stato pro-clamato per il 16 dicembre. An-che se, c’è da dire che da parte di CISL e UIL ed anche della CGIL, con le modalità caotiche con cui è stato organizzato lo sciopero, a partire dal fatto che fosse solo di tre ore a fine turno, si è volu-to scientemente dare all’iniziativa di lotta un basso profilo e impedi-re alla classe operaia e ai lavora-tori di dare sfogo nelle piazze alla loro rabbia contro la superstangata del governo. Insomma i sindacati collaborazionisti si sono guardati bene dall’indire uno sciopero ge-nerale nazionale di 8 ore e soprat-tutto hanno temuto la piazza e non hanno organizzato una grande ma-nifestazione a Roma fin sotto a Pa-lazzo Chigi per far valere le sacro-sante ragioni delle masse popolari e dei lavoratori contro il governo

della grande finanza, dell’UE e della macelleria sociale.

E tuttavia le speranze dei sin-dacati collaborazionisti sono in molte città fallite. A migliaia i la-voratori, i pensionati e gli studen-ti sono scesi in piazza, animando i cortei (dove si sono tenuti), e i molti presidi davanti alle prefettu-re dei capoluoghi di provincia.

Dove ne ha avuto la possibi-lità il PMLI è stato presente, con le proprie insegne, con i cartelli e diffondendo il documento contro il governo della grande finanza, dell’UE e della macelleria sociale. Delegazioni di marxisti-leninisti erano presenti alle manifestazio-ni di Catania, Bari, Napoli, Ca-serta, Empoli, Firenze, Modena, Ravenna, Forlì, Varese e le cui cronache rimandiamo agli artico-li a parte.

Una delle manifestazioni più partecipate si è svolta a Brescia, dove ben 10 mila lavoratori han-no preso parte al corteo indet-to dalla sola CGIL (mentre CISL e UIL hanno scioperato le ultime tre ore) e dove la Camera del La-voro, scegliendo di stare al fianco della FIOM (che scioperava anche contro la politica industriale della Fiat) aveva indetto 8 ore di scio-pero. Anche a Bologna, lo sciope-ro è stato di 8 ore provocando sia il disappunto di Susanna Camus-so, che la scelta di CISL e UIL di non scendere in piazza insieme alla CGIL. Nel capoluogo di re-gione, qualche migliaio di lavo-

ratori e pensionati, nonostante la pioggia battente, hanno colorato di rosso piazza Roosevelt (non si sono tenuti cortei) dove hanno te-nuto comizi sindacali. Una situa-zione, quella di Bologna, che si è replicata a Reggio Emilia, Mo-dena e Ferrara dove la CGIL ha ugualmente scioperato per 8 ore. A Reggio Emilia migliaia le lavo-ratrici e lavoratori, pensionati, stu-denti che fin dalle 9 di mattina, no-nostante la pioggia battente, hanno dato vita a un corteo sulla via Emi-lia, passando davanti alla sede de-gli industriali e andare a riempire la piazza dei comizi di chiusura.

Oltre seimila lavoratori hanno partecipato a un combattivo corteo a Cagliari. Contemporaneamente si sono svolti altri cinque presidi in tutta l’isola, a Sassari, Nuoro, Olbia, Oristano e Tortolì, mentre i lavoratori e i pensionati del Sul-cis Iglesiente e Medio Campitano sono confluiti nel corteo cagliari-tano, che da sotto la prefettura è arrivato sotto il palazzo della Rai.

A Torino migliaia di lavoratori hanno partecipato al presidio uni-tario davanti la prefettura. Molto partecipato, nonostante la pioggia diffusa lo sciopero generale in tut-ta la Lombardia. 9 i presidi orga-nizzati nelle diverse città (di cui 7 unitari e due dalla sola CGIL) al mattino, e 5 nel pomeriggio. A Mi-lano, la CGIL ha scelto di manife-stare da sola, la mattina, in piazza della Scala, perché nel pomeriggio si tenevano le celebrazioni della

strage di piazza Fontana. Davan-ti alla Iveco di Suzzara (Manto-va) hanno manifestato i meccanici alla presenza del segretario gene-rale della FIOM Landini.

Piena riuscita dello sciopero in Veneto, dove le delegazioni sinda-cali si sono fatte ricevere dai pre-fetti per far presente le gravi rica-dute sociali dalla manovra, e in Trentino-Alto Adige.

A Genova almeno duemila la-voratori sono scesi in piazza. La manifestazione partita dalla sta-zione di Principe ha poi raggiunto la prefettura. In piazza anche una folta rappresentanza degli studenti delle scuole superiori. Altri presi-di si sono svolti davanti le prefet-ture dei capoluoghi di provincia

In Toscana adesioni allo scio-pero superiori al 75%. In tanti sot-to la pioggia alle 15 manifesta-zioni organizzate unitariamente nei dieci capoluoghi di provincia più Empoli, Borgo San Lorenzo, Garfagnana, Versilia, Piombino. A Pisa si sono avuti momenti di tensione, quando la polizia ha im-pedito l’accesso alla piazza dove si teneva il presidio unitario, al corteo di FIOM, USB e Cobas.

Riuscito lo sciopero anche in Umbria dove si sono tenuti due presidi partecipati sotto le prefet-ture di Perugia e Terni.

Alta adesione allo sciopero e partecipazione diffusa alle ma-nifestazioni indette davanti alle sedi delle prefetture nelle Mar-che, dove lo sciopero è stato di 4

ore. Ad Ancona, si è svolta doppia manifestazione. In piazza Roma si sono ritrovati circa 600 lavorato-ri per la manifestazione di CGIL, CISL e UIL, mentre i lavoratori FIOM e i lavoratori in cassa inte-grazione della Fincantieri hanno tenuto comizi davanti alla Banca d’Italia.

A Roma in alcune migliaia si sono ritrovati in piazza Monteci-torio per il presidio sindacale con-tro la manovra economica. Tra gli striscioni si leggeva: “Sì alla pa-trimoniale, sì ai tagli agli stipendi dei parlamentari e alle loro favo-lose pensioni”, “I partiti e i sinda-cati hanno fallito! La democrazia diretta dei cittadini è un nostro di-ritto”. È qui che fanno la passerel-la, i tre segretari generale di CGIL, CISL e UIL.

Manifestazioni si sono svolte

in tutta la Campania.Davanti a tutte le prefetture ca-

labresi si sono svolti i presidi or-ganizzati da CGIL, CISL e UIL. A Reggio Calabria un sit-in si è ra-dunato davanti all’ufficio territo-riale del governo. Iniziative anche a Vibo Valentia, Cosenza, Croto-ne e Catanzaro.

Presidiati con “staffette” di tre ore durante tutta la giornata le prefetture dei 9 capoluoghi della Sicilia. In particolare a Messi-na la protesta contro la manovra è stata l’occasione per i lavora-tori della Serirail per far sentire la propria voce: da sabato 10 di-cembre è infatti divenuta operati-va la cancellazione di tutti i tre-ni FS che collegavano la Sicilia al nord Italia notturni e il licen-ziamento di tutto il personale dei treni di notte.

BARICombattivo presidio contro la manovra di

lacrime e sangue. Apprezzatissima e vittoriosa presenza del PMLI che tiene anche un comizio

di denuncia del governo Monti

Dal corrispondente della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di BariUna giornata radiosa di lotta

e mobilitazione è stata quella di lunedì 12 dicembre a Bari dove un nutrito presidio in piazza Pre-fettura organizzato dai sindaca-ti (Cgil, Cisl, Uil e persino Ugl) ha occupato il cuore della città rendendo esposta la ferrea op-posizione delle lavoratrici e dei lavoratori nonché dei pensionati, dei disoccupati e dei precari nei confronti del governo dello stan-gatore e finanziere Mario Monti e della sua scellerata e antipopola-re manovra economica che falci-dierà la classe operaia e le masse popolari.

Presente al presidio la Cel-

lula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari che ha diffuso largamente il documento dell’Ufficio politico del PMLI riguardante il governo della grande finanza nemico del popolo: centinaia di copie, assai apprezzate dai lavoratori e da tutti i presenti. Esplicativo del-l’ammirazione di moltissimi per il PMLI il fatto che un gruppo di la-voratori del ministero della Difesa hanno scelto di fotografarsi con lo striscione a fianco del manife-sto del Partito che mostra Monti stritolare l’Italia. Da ricordare an-che l’apprezzamento ricevuto dal glorioso Il Bolscevico che brillava e oscurava il fogliaccio negletto, bordighista e trotzkista “Lotta

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di distrazione dei compagni ci è stato sottratto, purtroppo non siamo riusciti a capire chi può aver avuto interesse a farlo.

Questo però ha dimostrato che le nostre gigantografie non rimangono inosservate, anzi, si può dire che “vanno a ruba”.

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N. 46 - 22 dicembre 2011 sciopero generale / il bolscevico 3

comunista” ed è stato richiesto da più di un manifestante fra cui uno studente di giurisprudenza che, ammirandone la qualità e la forza proletaria e rivoluzionaria, ha commentato: “altroché quel giornaletto di trotzkisti: qui si parla della realtà, non di favole e cose astratte come sul loro foglio giallo!”.

Il compagno Pietro Vinci, Se-gretario della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di Bari e Responsabile regionale del PMLI, adoperando come base per l’argomentazione il documento dell’UP del Partito, ha tenuto un lungo comizio con il suo megafono mettendo alla ber-lina Monti, Berlusconi, Vendola e tutti i manutengoli del revisioni-smo e della “sinistra” e destra del regime neofascista guadagnan-dosi, con argomentazioni certe

Bari, 12 dicembre 2011. Presidio davanti alla Prefettura

NAPOLICombattivo presidio sotto la prefettura.

Corteo degli studenti. Il PMLI in piazza con le insegne e una gigantografi a di Marx.

La Fiom aiuta i nostri compagni ad allestire bandiere e cartello

DIFFUSO AMPIAMENTE IL DOCUMEN-TO DEL PMLI SUL GOVERNO MONTI

Dal corrispondente della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli

Lunedì 12 dicembre si è svol-to a Napoli, sotto la prefettura, un combattivo presidio contro la manovra di lacrime e sangue del governo Monti. Migliaia i lavora-tori, i pensionati e i precari che hanno aderito allo sciopero di 3 ore indetto da Cgil, Cisl, Uil.

Grande combattività è stata espressa quando gli operai Fiat di Pomigliano d’Arco, con lo stri-scione “Pomigliano non si piega”, hanno sfilato davanti alla prefet-tura al grido: “imbroglioni, san-guisughe e ladri, dimettetevi”.

Si è svolto un lunghissimo cor-teo di studenti che hanno sfilato a colpi di musica e slogan antigo-vernativi e anticapitalisti da piaz-za Garibaldi al corso Umberto a piazza del Plebiscito arrivando

alla prefettura per esprimere so-stegno ai lavoratori. “Dobbiamo sottrarre il paese al potere delle banche - protesta Andrea, del-l’istituto Galileo Ferraris di Scam-pia - Bisogna fermare la macel-leria sociale. Gli studenti sono stanchi, vengono da un periodo di occupazioni e scioperi, ma non potevano lasciare soli i lavoratori nella lotta alla manovra”.

Al presidio ha partecipato una delegazione della Cellula “Vesu-vio Rosso” di Napoli del PMLI che ha diffuso centinaia di copie del documento dell’Ufficio po-litico del Partito sul governo del tecnocrate borghese Monti titola-to: “Liberiamoci dal governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale. Solo il socia-lismo può salvare l’Italia”. Inoltre sono state diffuse decine di copie de Il Bolscevico n. 43.

I compagni sono stati ben ac-

colti dalle lavoratrici e dai lavora-tori della FIOM che gli hanno dato una mano nell’allestire in piazza il cartello e le bandiere del Partito. Molti altri si sono fotografati sotto il nostro cartello che riportava il manifesto del grande maestro del proletariato internazionale Marx.

I marxisti-leninisti, oltre a riscuo-tere un grande successo tra i manifestanti sono stati super fo-tografati e ripresi da cameraman, questo ha permesso al PMLI di avere un’ottima ricaduta in ter-mini mediatici con primi piani nel servizio del Tg3 regionale.

Napoli, 12 dicembre 2011. Presidio di lotta in piazza Plebiscito. In primo piano il cartello del PMLI contro il governo Monti (foto Il Bolscevico)

La combattiva delegazione dei lavoratori della Fiat di Pomigliano d’Arco (foto Il Bolscevico)

FIRENZEGrande adesione allo sciopero. Migliaia in

corteo sotto la pioggia.Il PMLI spicca nella manifestazione

A MASSA E A PISTOIAI LAVORATORI BLOCCANO

LE STRADE E LE AUTOSTRADE

Redazione di FirenzeAllo sciopero indetto da CGIL,

CISL e UIL contro la megastan-gata di Monti hanno aderito in Toscana circa il 75% dei lavo-ratori interessati, con punte del 90% come al Nuovo Pignone di Firenze. Tante le manifestazioni, nonostante che le sole 3 ore di sciopero previste, per molti a fine turno, non le favorissero. 15 le ini-ziative di piazza, nei 10 capoluo-ghi di provincia più Empoli, Borgo S. Lorenzo, Garfagnana, Versilia, Piombino. Cortei a Livorno e a Firenze. Bersagliati dagli slogan Monti, le banche, la chiesa e i “poteri forti”.

A Firenze la pioggia battente non ha fermato i lavoratori che in alcune migliaia si sono ritrovati in

piazza Indipendenza per il corteo fino alla Prefettura. Campanac-ci, fischi e anche slogan contro Monti e la sua manovra di lacri-me e sangue. Grande presenza dei metalmeccanici (in sciope-ro per 8 ore) e dei lavoratori del commercio e servizi, le aziende in crisi come Agile-Eutelia e Dada. Presente anche lo striscione dei lavoratori dell’Università.

Sotto la Prefettura scontati e frettolosi gli interventi dei dirigenti sindacali che avevano da salire dal prefetto per porgli “quattro domande sull’equità” della ma-novra. Al rappresentante CISL Roberto Pistonina è stata conte-stata la firma degli accordi sepa-rati con la Fiat.

Nel breve il corteo il PMLI,

Un aspetto del corteo dei lavoratori. Spicca, sopra la selva degli ombrelli, il ma-nifesto del PMLI contro il governo Monti (foto Il Bolscevico)

SEGUE IN 4ª ➫

MUGELLOCombattiva assemblea a Borgo S. Lorenzo.

Applaudito intervento di un delegatoRSU di una lavanderia industriale

Lunedì 12 dicembre sciopero generale e assemblea dei lavo-ratori e dei pensionati mugellani presso la struttura del Foro Boa-rio a Borgo San Lorenzo (Firenze). All’assemblea erano presenti cir-ca 300 tra lavoratori e pensionati (molte le donne) ed alcuni sinda-calisti delle segreterie provinciali.

Finita l’introduzione si è passati agli interventi, alcuni dei quali si-gnificativi, dove si è denunciata la natura impopolare di questo go-verno e anche la condotta tenu-

ta dai partiti del “centro-sinistra” verso lo stesso governo Monti ed anche di alcuni sindacati verso i governi precedenti. Particolar-mente interessanti sono stati gli interventi di due insegnanti (una della scuola di San Piero a Sieve e una di Vicchio del Mugello) che hanno sollecitato i sindacati (così come un insegnante del liceo di Borgo San Lorenzo appartenente ai COBAS che ha altresì richiesto una forte mobilitazione perma-nente per respingere la manovra)

ad allargare anche ai lavoratori della scuola lo sciopero indetto per il pubblico impiego di lunedì 19 dicembre. Un operaio ha tuo-nato: “Dove sono i sindaci?”, che non erano presenti, esprimendo così un pensiero diffuso tra molti dei presenti che condividevano con ampi cenni le sue parole.

Degno di nota anche l’inter-vento di un delegato della RSU di una lavanderia industriale della zona che ha sottolineato come la stangata è il primo assaggio della cura di lacrime e sangue che la grande finanza fa ricade-re sulle spalle dei lavoratori e dei pensionati e ha denunciato poi come della sbandierata “equità” nella manovra non vi sia nem-meno l’ombra. Ha concluso con l’appello a respingerla (essendo impossibile “migliorarla”) con la proclamazione da parte dei sin-

dacati di uno sciopero unitario con manifestazione nazionale a Roma per sturare le orecchie a Monti e fargli capire che pensio-nati e lavoratori non accettano di pagare la crisi dei capitalisti.

L’intervento è stato largamen-

Parte della delegazione del PMLI durante il corteo. Con “Il Bolscevico” si nota la compagna Claudia del Decennale, Responsabile del Partito per la Toscana, sulla destra il compagno Simone Malesci (foto Il Bolscevico)

➫ DALLA 2ª e reali, sviluppate dalla dialettica marxista-leninista, la stima di molti fra lavoratori, operaie, ca-salinghe, pensionati, studentesse e studenti; molti lo hanno ap-plaudito soprattutto alla conclu-sione quando il compagno Vinci con foga ma rigore proletario e marxista-leninista ha enunciato la necessità di scegliere il PMLI e il socialismo e nessun’altra fando-nia riformista vomitata dai nemici del popolo della “sinistra” e della destra borghesi e che per battere Monti è necessario il Fronte Unito antifascista, democratico e anti-capitalista per mozzare la testa alla serpe di banchieri, finanzieri e colletti bianchi proconsoli del capitalismo europeo.

Ha fatto da cornice a tale stu-penda giornata di lotta in piazza, l’apparizione nel bel mezzo del Tg3 regionale pugliese delle ban-diere dei Maestri e del Partito nel servizio mandato in onda all’ora di pranzo.

presente con una delegazione di militanti e simpatizzanti di Firenze e di Vicchio del Mugello guidata dalla compagna Claudia del De-cennale, Responsabile del PMLI per la Toscana, ha spiccato per i corpetti rossi, le bandiere del Partito e i cartelli contro Monti e quello “Con Marx per sempre”.

È stata la presenza di partito più nutrita e qualificata, infatti si è notata solo una bandiera della SEL, una del PRC e una dell’IDV. La presenza marxista-leninista è stata notata nelle cronache on line dei media cittadini, dove non sono mancate anche le foto dei cartelli. Diffuso il volantino con il documento dell’Ufficio politico del PMLI contro il governo Monti e Il Bolscevico n. 45/11.

Assente ufficialmente il PD e con esso il neopodestà fiorenti-no Matteo Renzi. Il governatore della Toscana, Enrico Rossi, pur partecipando a titolo personale ha propinato una macroscopica falsità dichiarando: “in fondo, a veder bene, lavoratori e sindacati si battono per le stesse modifi-che per le quali si batte Bersani e il PD”.

A Massa circa 1.200 manife-stanti hanno dato vita a un vivace corteo. I lavoratori della Eaton, in mobilità da un anno e protagoni-sti di una vertenza che dura dal 2008, partiti in corteo dalla fab-brica hanno bloccato la Statale Aurelia, indossando le magliette con su scritto “Eaton Usa e get-ta”.

A Pistoia i lavoratori dell’Ans-aldo-Breda hanno bloccato l’au-tostrada A11.

CASERTAApprezzato il cartello contro il governo Monti

e la puntuale presenza del PMLI

Dal corrispondente della Cellula “F. Engels” di RiardoIl 12 dicembre nell’ambito

dello sciopero generale di 3 ore organizzato da Cgil, Cisl e Uil si è tenuta una manifestazione a Caserta. Il corteo, composto da circa mille e trecento manifestan-ti, è partito da piazza Garibaldi per passare poi da via Giuseppe

Mazzini e concludersi in Piazza Vanvitelli sotto il palazzo della prefettura.

La Cellula “F. Engels” di Riar-do del PMLI vi ha partecipato portando in piazza il cartello “Liberiamoci dal governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale” e le bandie-re rosse dei Maestri e del PMLI e indossando il corpetto con “Il Bolscevico” n. 43 e il fazzoletto rosso del Partito.

Il nostro cartello è stato molto apprezzato anche se qualcuno ha dissentito. Un gruppo di studenti ci ha applaudito e un operaio li ha invitati ad unirsi al corteo. Un manifestante ha voluto fare una foto insieme ai compagni e ci ha detto “Siete sempre presenti” e ci ha invitati a tornare il 19 dicembre per la manifestazione del pubbli-co impiego.

Foro Boario, Borgo San Lorenzo (Firenze). L’assemblea dei lavoratori e dei pensionati mugellani svoltasi per lo sciopero nazionale del 12 dicembre (foto del compagno Antonio del PRC di Borgo S. Lorenzo)

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4 il bolscevico / sciopero generale N. 46 - 22 dicembre 2011

EMPOLITanta rabbia sotto la pioggia.

Partecipazione del PMLI

Redazione di Fucecchio

Una pioggia battente caduta per tutta la manifestazione non ha impedito ai lavoratori dell’Em-polese-Valdelsa di protestare per la pesantissima manovra del go-verno Monti che si accanisce sui lavoratori e sui pensionati senza toccare i patrimoni, i parlamentari e i ricchi.

In piazza della Vittoria in cen-tinaia si sono ritrovati al presidio organizzato da Cgil, Cisl e Uil: dai lavoratori metalmeccanici ai chimici, dagli impiegati comunali

ai pensionati. Molti volevano fare un corteo nonostante non fosse previsto, tanto che i manifestanti erano muniti di bandiere, cartelli e striscioni ma poi il cattivo tempo li ha fatti rinunciare.

Era presente una delegazione del PMLI formata da militanti del-la Cellula di Fucecchio che hanno distribuito il volantino che invita a liberarsi del governo Monti indi-cando nel socialismo la vera via d’uscita a questa crisi del capita-lismo. Alcune belle immagini del PMLI sono apparse nei servizi del quotidiano online go.news.

I lavoratori della Whirlpool al presidio in piazza del Garibaldino a Varese in occasione dello sciopero generale

Presentate all’assemblea nazionale del delegati del 3 dicembreIn un primo tempo nella gior-

nata del 3 dicembre era stata indetta una grande manifestazio-ne nazionale a Roma. Caduto il governo Berlusconi e nominato il nuovo esecutivo con alla guida Monti, la CGIL ha revocato l’ini-ziativa di lotta e in sostituzione ha convocato un’Assemblea nazio-nale delle delegate e dei delegati. In questa circostanza è stata pre-sentata una sorta di piattaforma per rilanciare le sue priorità “per favorire la crescita e contribuire a portare il paese fuori dalla crisi”. Nove temi “sui quali intervenire – si legge - per segnare un cam-bio di rotta”.

Al primo posto c’è la crisi industriale giunta a livelli deva-stanti: Circa 3,3 miliardi di ore di cassa integrazione dall’autunno del 2008. 50 mila le aziende coin-volte. Quasi 200 le vertenze aper-te che coinvolgono oltre 220 mila lavoratori. Per la CGIL occorre cambiare strada per riaffermare la “specificità manifatturiera del nostro sistema economico” con l’istituzione di un fondo per la crescita e l’innovazione per favo-rire un piano energetico nazionale e politiche di “green economy”.

Ridurre le tipologie contrat-tuali. La crisi, segnala la CGIL, ha peggiorato la qualità dei nuovi posti di lavoro. Circa 8 assunzioni su 10 sono precarie. Una situa-zione insostenibile che il passato governo ha persino peggiorato col il collegato lavoro e l’articolo 8 della manovra di ferragosto.

VARESEGli scioperanti invadono il centro città nonostante il freddo e la pioggia e raccontano al PMLI la loro

rabbia contro la macelleria sociale

Dal corrispondente dell’Organizzazione di Viggiù del PMLICirca mille scioperanti si sono

dati appuntamento a Varese nella centralissima piazza del Garibal-dino nell’ambito dello sciopero generale di 3 ore promosso dai sindacati confederali CGIL, CISL, UIL e che ha visto anche la parte-cipazione del sindacati non con-

federali.Tanta era la rabbia dei lavora-

tori presenti al sit-in, nonostante freddo e pioggia, tra cui molte realtà in crisi del territorio vare-sino, dalla IMS alla Whirlpool. Operai, cassintegrati, disoccu-pati, pensionati, giovani studenti, tutti uniti per dire un secco no alla macelleria sociale portata avanti da Monti.

In piazza l’Organizzazione di Viggiù del Partito marxista-lenini-sta italiano ha portato la sua so-lidarietà militante e di classe agli scioperanti. Con le bandiere ros-se dei Maestri e del Partito che sventolavano alte i marxisti-leni-nisti hanno distribuito centinaia di volantini del documento dell’Uffi-cio politico del PMLI sul governo Monti titolato: “Liberiamoci dal governo della grande finanza, della UE e della macelleria socia-le. Solo il socialismo può salvare l’Italia”. Inoltre, sono state diffuse alcune copie de Il Bolscevico nn. 43 e 44 e intrattenute interessanti discussioni con dei lavoratori che hanno sfogato ai marxisti-leninisti tutta la rabbia e indignazione per la macelleria sociale che il gover-no fa cadere sulle loro teste.

Solo i “sindacati di base” sono rimasti a oltranza e hanno insce-

nato un breve corteo fino alla vi-cina piazza Montegrappa.

È fuor di dubbio che il 12 di-cembre sia stata una giornata di importante mobilitazione per le masse, per far sentire la propria rabbia e per il PMLI che ancora una volta con spirito rivoluziona-rio, ha portato il vento della rivo-luzione socialista tra le masse e gli operai.

Certo è che uno sciopero di 3 ore senza neanche corteo cit-tadino può solo fare il solletico al governo del reazionario tecno-crate Monti, alla borghesia che lo sostiene e al regime neofascista vigente in Italia.

Quello che occorre, ed è quello che il PMLI continua a rivendicare con forza, è uno sciopero genera-le di 8 ore possibilmente unitario, con manifestazione nazionale a Roma sotto Palazzo Chigi.

Scioperi spontaneidei metalmeccanici in tutto l’hinterland milanese

Empoli, 12 dicembre 2011. Il partecipato presidio contro la manovra di Monti (foto Il Bolscevico)

FORLÌRiusciti sciopero e manifestazione.

Partecipazione del PMLI

Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Forlì Lunedì 12 dicembre si è svolta

a Forlì la manifestazione a livello provinciale indetta dai sindacati confederali Cgil, Cisl e Uil con-tro la stangata del governo della grande finanza, della Ue e della macelleria sociale guidato da Monti, in occasione dello sciope-ro di 3 ore indetto a livello nazio-nale (4 ore a livello locale).

Oltre 3.000 tra lavoratori, pensionati e studenti hanno sfi-lato sotto la pioggia da Porta Schiavonia a Piazza del Duomo

percorrendo Corso Garibaldi; la Fiom, che scioperava per 8 ore anche contro la cancellazione del contratto nazionale ad opera del nuovo Valletta Marchionne, ha effettuato una “fermata” vicino alla sede di Confindustria dove una delegazione di operai della Bonfiglioli ha appeso un cartello sul portone d’entrata: “40 anni di lavoro in fabbrica non sono un privilegio”.

Dopo i comizi conclusivi dei 3 segretari confederali locali, una delegazione è stata ricevuta in prefettura.

Dal corrispondente dell’Organizzazione di Sesto S. Giovanni del PMLI

In attesa dello sciopero ge-nerale dei metalmeccanici del 12 dicembre in molte aziende dell’hinterland milanese operai e lavoratori, arrabbiatissimi, già il 6 dicembre hanno già incrociato le braccia con scioperi spontanei che vanno dall’una alle tre ore, per dire no alla superstangata del governo Monti.

“Anche questa volta chi evade le tasse e chi è ricco non paga niente”, hanno scritto le RSU nel-l’annunciare lo sciopero “contro la manovra che prosegue quanto iniziato dal precedente governo e che come al solito colpisce sem-pre e solo lavoratori dipendenti e pensionati con interventi iniqui e controproducenti”.

A Sesto San Giovanni, alla Alstom Ferroviaria e Power, le RSU Fiom hanno indetto un’ora di sciopero e lo stesso hanno

fatto a Garbagnate Milanese, alla Cesare Bonetti e a Pero, alla Hydronic Lift; mentre i lavoratori della Kone si sono fermati lunedì 5, sempre per 60 minuti. Di due ore è stato invece lo sciopero uni-tario della Frimont di Pogliano Mi-lanese, mentre lo stop è stato di sei ore “proclamate a nome degli arrabbiatissimi lavoratori” all’Invi-tea di Corsico dove nel comuni-cato unitario si legge: “Invitiamo tutte le sigle sindacali a mettere da parte per una volta le divisio-

ni e a rispondere compatti e con durezza. Perché tutto questo è inaccettabile”.

Salutiamo con gioia rivo-luzionaria gli scioperi dei me-talmeccanici di tutto l’hinterland milanese che dimostrano la con-sapevolezza da parte del mo-vimento operaio sulla natura di classe, le funzioni e gli scopi del governo Monti, ma è chiaro che la lotta si deve estendere e gene-ralizzare.

CONTRO LA SUPERSTANGATA DI LACRIME E SANGUE DEL GOVERNO MONTI

Militanti della Cellula “Stalin” di Forlì e dell’Organizzazione di Pineto del PMLI hanno sfilato su-bito dietro lo striscione d’apertu-ra del combattivo spezzone della Fiom, sventolando le bandiere dei

Maestri e del PMLI e tenendo alto il cartello con il manifesto con-tro il governo Monti, diffuse 400 copie del documento dell’Ufficio politico ed esaurite le 13 copie de Il Bolscevico n° 43.

LE PROPOSTE DELLA CGIL SONO INSUFFICIENTI

Forlì, 12 dicembre 2011. Lo striscione di apertura del combattivo spezzone della FIOM. Subito dietro le insegne del PMLI (foto Il Bolscevico)

Occorre rilanciare “la centralità del lavoro stabile, tutelato e for-mato come leva per il progresso e la coesione sociale – è scritto nella piattaforma - proponendo che il lavoro a tempo indetermi-nato torni ad essere il ‘normale’ rapporto di lavoro”. In questo contesto, il rapporto di lavoro a tempo determinato deve costare di più di quello normale e deve avere giustificazione legislativa e contrattuale. Inoltre, va incenti-vata la trasformazione del lavo-ro precario in lavoro stabile e “si cancellino le tante forme di lavoro oggi esistenti riconducendole a poche unità”.

Gli ammortizzatori sociali è il terzo tema. Sono in tanti in Italia, specie giovani e precari, sprovvi-sti di ammortizzatori sociali. Per la CGIL “Serve una riforma orga-nica degli ammortizzatori sociali che garantisca a tutti due forme di tutela: la cig in caso di difficol-tà temporanea dell’impresa, con garanzia di rientro in azienda e ri-corso a formazione mirata duran-te i periodi di non lavoro; inden-nità di disoccupazione in caso di perdita di lavoro”. Per assicurare a tutti una copertura pari all’80% del salario fino a un tetto massi-mo di 1.800 euro. Il sistema a cui pensa la CGIL uguale per tutti si basa su tre anni di cig, più altri due anni di sostentamento dopo il licenziamento.

Anche parlando di pubblica amministrazione l’accento è mes-so sul lavoro precario dilagante e sulla necessità di politiche di sta-bilizzazione. Queste le cifre mes-se in chiaro: 122 mila nei settori della pubblica amministrazione; 200 mila in quelli della cono-scenza. Mentre non meno di 70 mila persone che hanno vinto il concorso non trovano spazio per l’assunzione vera e propria. Un quadro drammatico che andreb-be superato ma non si sa bene come. Nella piattaforma non ci sono proposte concrete.

I giovani, la loro precaria con-dizione di lavoro e di vita è la ri-caduta più grave della crisi eco-nomica e sociale esistente. Alcuni milioni di precari e altri 2 milioni di giovani che non trovano lavoro rappresenta infatti una vera emer-genza sociale. Occorre, secondo la CGIL, liberare i giovani dal ri-catto occupazionale che spesso li costringe ad accettare condizioni indecenti, occorre contrastare la disoccupazione giovanile e il lavo-ro sommerso creando un sistema di tutele e di servizi per i giovani in cerca di prima occupazione. Anche attraverso un contratto d’ingresso, con finalità formative e una durata massima di tre anni per giungere alla stabilizzazione.

Pesanti le ricadute della cri-si e delle diseguaglianze sulle donne. Nel confronto con altri

paesi europei, la partecipazione delle donne al mondo del lavoro in Italia è allarmante. Nel 2010 il tasso di occupazione femmini-le si è fermato al 46,1%, ossia 13% in meno rispetto alla media europea. Ben 800 mila le donne che sono state licenziate o che hanno dovuto lasciare il lavoro per maternità. Molto alto inoltre il tasso di inattività (non ha lavoro né lo cerca). Le donne a parità di lavoro guadagnano il 13% in meno rispetto agli uomini. Serve un piano straordinario per l’oc-cupazione femminile, sostiene la CGIL, che superi “discrimina-zioni, differenziali, segregazioni e separazioni”.

Sul lavoro nero che coinvol-ge oltre 3 milioni di lavoratori, costretti a lavorare in condizioni spesso disumane, e che rappre-senta una gigantesca evasione fiscale, la linea della CGIL pro-pone: reprimere in modo mira-to aumentando e potenziando i controlli ; offrire una prospettiva di emersione con piani territoriali, sostenendo le imprese che voles-sero mettersi in regola; fare della pubblica amministrazione un pre-sidio di legalità.

Il Mezzogiorno sta pagando un prezzo altissimo nella crisi. La sua situazione già grave è stata peggiorata dal precedente governo Berlusconi e dalle sue politiche finanziarie ed economi-

che. Al Mezzogiorno sono stati sottratti cospicui fondi destinati dalla UE alle aree sottosviluppate e utilizzate per altri scopi. “L’Ita-lia non uscirà dalla crisi più grave del dopoguerra - afferma la CGIL - se non si rimette il Mezzogiorno al centro di un progetto di svilup-po sostenibile che modifichi in profondità il mix produttivo e la struttura dei consumi e offra alle nuove generazioni una prospet-tiva di lavoro stabile, qualificato, non più povero e precarizzato”.

Le mafie e la loro incidenza nell’economia è l’ultimo tema trat-tato. Pochi dati bastano e avan-zano per avere la dimensione del fenomeno criminale: 60 miliardi di euro il costo della corruzione nel 2010; 150 miliardi di euro il fattu-rato delle mafie italiane di cui 70 di utili al netto; 180 mila di posti di lavoro persi ne Mezzogiorno a causa di questa attività crimina-le; 500 mila i commerciarti paga-no il pizzo alla malavita. C’è poi l’evasione fiscale pari a 270 ma-liardi all’anno di cui 120 miliardi di mancato gettito, Alla diagnosi però non segue, nel documen-to in esame, alcuna proposta di contrasto, alcuna soluzione.

Non vi è dubbio che i temi sollevati dalla CGIL e discus-si nell’Assemblea nazionale dei delegati sono reali, importanti, riguardano problemi molto acuti che affliggono le masse lavoratri-

ci, giovanili e popolari. E tuttavia troviamo delle insufficienze nella loro trattazione e nella proposta rivendicativa troppo generica, troppo timida e soprattutto al-l’interno di una visione riformista e concertativa che, specie negli ultimi 20 anni ha fallito in modo palese, contribuendo non poco a determinare l’attuale drammatica situazione economica e sociale, alla perdita di diritti conquistati a prezzo di dure lotte. Sulla contro-riforma del “mercato del lavoro” e il dilagare del lavoro precariato che ora giustamente si depreca, per esempio. Sulla controriforma delle pensioni su cui il nuovo go-verno Monti ha calato ancora la mannaia. Sul gigantesco trasferi-mento della ricchezza dal lavoro dipendente al capitale finanziario e in generale dei ceti più ricchi. Ricordate la “politica dei redditi” e l’abolizione della scala mobile? Ma il discorso potrebbe conti-nuare sui temi della scuola, del-la sanità, del pubblico impiego dove sono state introdotte, negli anni e con la complicità certo in primis di CISL, UIL ma anche della stessa CGIL, dose massic-ce di privatizzazione e di misure neoliberiste. C’è ancora un altro aspetto da sottolineare che è la coerenza. Che fine ha fatto la ri-vendicazione dell’abolizione della legge 30, per dirne una?

La CGIL chiede al governo di cambiare rotta. Giusto. Ma anche il sindacato della Camusso do-vrebbe fare lo stesso.

� DALLA 3ª

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Non c’era davvero bisogno di “luminari” (ammesso che lo siano) di scienze finanziarie, economiche e sociali per confezionare una ma-novra di lacrime e sangue come quella varata dal governo della grande finanza e della UE, Mon-ti, il 4 dicembre scorso. Una maxi-stangata di 30 miliardi di euro tut-ta sulle spalle dei pensionati, dei lavoratori e delle masse popolari. Non c’è nessuna discontinuità con il precedente governo di destra del neoduce Berlusconi. Non c’è nes-suna equità nella distribuzione dei sacrifici tra le varie classi sociali. Anzi, il segno principale che carat-terizza la prima manovra del neo-presidente del consiglio è proprio una grande, odiosa, insopportabile ingiustizia sociale. È un segno che si intravede un po’ in tutti i prov-vedimenti contenuti nel decreto ora in discussione in parlamento. Tra questi, primeggiano le pensio-ni contro le quali c’è un vero e pro-prio accanimento considerato che già il governo Berlusconi ci ave-va messo mano più volte, l’ultima nel maxiemendamento alla legge di stabilità, la vecchia Finanziaria, prima di dare le dimissioni. Un ac-canimento iperliberista ingiusti-ficato, specie nei confronti delle donne, non solo perché con i prov-vedimenti previdenziali controri-formatori già in atto e in program-ma nel tempo il sistema italiano era stato ormai più che comparato con quelli dei principali paesi eu-ropei, come Francia e Germania, ma anche perché la tenuta finan-ziaria dell’Inps risulta abbondan-temente in attivo.

Ma a Monti interessava fare cassa e allora niente di più facile che mettere le mani nelle tasche di milioni di pensionati con reddi-to medio basso. Solo con il blocco della rivalutazione delle pensioni sopra i 936 euro mensili lordi, per un recupero parziale dell’inflazio-ne, ai pensionati viene estorto 3,8 miliardi nel 2012 e 6,7 miliardi nel 2013. Il mancato recupero di que-sti due anni di blocco diverrà per-manente.

Monti è stato definito giusta-mente dalla segretaria dello SPI-CGIL, Carla Cantone, “il tartassa-tore della previdenza” tali e tanti sono i provvedimenti peggiorati-vi messi a punto dal ministro del welfare, Elsa Fornero, quella del-le lacrime di coccodrillo. Non c’è praticamente nulla che sia sfuggi-to alla mannaia governativa: l’ele-vamento dell’età pensionabile di uomini e donne; l’abolizione di

N. 46 - 22 dicembre 2011 maxistangata / il bolscevico 5

La mannaia di Monti sulle pensioniAbolizione della pensione di anzianità. Blocco per 2 anni dell’adeguamento al costo della vita sopra i 936 euro

lordi. Passaggio al sistema contributivo per tutti. Innalzamento dell’età pensionabile per gli uomini tra 66e 70 anni e per le donne nel privato tra i 62 e 70 anni. Automatismo tra età pensionabile e aspettativa di vita

SANGUISUGHE DEL POPOLO

LA PENSIONE DI AMATO È DI 32MILA EURO AL MESE L’ex controriformatore delle pensioni e massacratore sociale guadagna più di mille euro al giorno

Mentre le masse popolari devo sopportare il grave peso della ma-celleria sociale e dell’ennesimo selvaggio taglio delle pensioni, c’è chi invece sembra non subi-re gli effetti di questo ennesimo scempio che si è abbattuto come una scure sulle famiglie, soprat-tutto quelle più disagiate e povere che a stento riescono a mettere un piatto a tavola. Si tratta dei pensionati d’oro, di coloro che percepiscono somme smisurate rispetto al tenore medio della po-polazione e che godono del privi-

legio accordato loro da una legge che è tutt’altro che proiezione della “uguaglianza sostanziale” ma solo l’ennesimo strale contro le tasche vuote del proletariato a favore dell’ennesimo vergogno-so privilegio per la borghesia. Un caso emblematico è quello dell’ex presidente del consiglio Giuliano Amato (ex PSI, poi l’Ulivo) che inaugurò uno dei primi massacri sociali degli anni Novanta con la controriforma delle pensioni del 1992, una politica di lacrime e san-gue di cui ancora oggi i pensionati

(e non solo) pagano lo scotto. E invece l’ex massacratore sociale Amato percepisce una pensione di quasi 32mila euro al mese, os-sia più di mille euro al giorno! L’ex premier controriformatore, infatti, dal 1 gennaio 1998 incassa una pensione Inpdap da ex professo-re universitario di 12.518 euro net-ti al mese, cioè 22.048 euro lordi, che corrispondono esattamente a un totale annuo di 264.577 euro. Ai 12.518 euro netti che gli entra-no in tasca ogni mese aggiunge la pensioncina da parlamentare

(9.363 euro) con un totale ap-punto 31.411 euro lordi al mese, circa 17mila euro netti. Una cifra che non gli impedisce, per altro, di continuare a prendere incarichi: due pubblici (presidente Treccani e presidente comitato dei garanti per il 150˚ dell’Unità d’Italia) e uno privato (senior advisor della Deut-sche Bank). La pensione è scatta-ta, inoltre, a 59 anni e quindi ben prima dell’età pensionabile previ-sta per legge, in contraddizione con la lotta che fece Amato con-tro i cosiddetti “baby pensionati”

proprio nel progetto controrifor-matore del 1992. Inoltre, sfruttan-do un cavillo della legge Antitrust, quando stava scadendo il suo mandato di presidente nel 1996, vi è stato un aumento vertiginoso dell’attuale pensione che ha rag-giunto la vetta di 32mila euro.

Dunque, pur avendo una car-riera nel pubblico impiego da professore universitario ordina-rio (stipendio massimo 5-6mila euro al mese), dal primo gennaio 1998 Amato incassa un vitalizio fuori dal comune, pari appunto

a 12mila euro netti al mese. Con la doppia astuzia dell’Amato pre-sidente dell’Antitrust che ottiene un beneficio e Amato ministro che successivamente lo distilla, ottenendo il beneficio della su-perpensione. La riprova, ancora una volta, di come i parlamentari borghesi del regime neofascista, siano essi della casa del fascio o della “sinistra” borghese non sono altro che due facce della stessa medaglia e lontani anni luce dai bisogni del proletariato e delle masse popolari.

Il PMLI rilancia con determinazione la parola d’ordine “Giù le mani dalle pensioni” durante la manifestazione nazionale tenutasi a Roma il 6 dicembre 2003 contro la “riforma” delle pensioni del governo Berlusconi (foto Il Bolscevico)

fatto della pensione di anzianità: il passaggio per tutti al calcolo del-la pensione col sistema contribu-tivo; penalizzazioni per chi lascia il lavoro prima dei nuovi requisiti; il blocco dell’indicizzazione per le pensioni sopra il doppio di quel-la minima. A proposito di equità alla rovescia, nelle nuove pensioni di Fornero e Monti non c’è l’ade-guamento, se si esclude un ridico-lo ritocco, delle aliquote contribu-tive dei lavoratori autonomi che attualmente pagano solo una per-centuale del 20% rispetto al 33% del lavoro dipendente. Inoltre, non c’è nulla per aiutare i giovani a maturare una pensione decente, visto che con la normativa vigente a fine carriera, nella migliore delle ipotesi otterranno un assegno sotto al 50% dello stipendio percepito.

È però nel dettaglio dei prov-vedimenti che emerge tutta la di-mensione e la brutalità di questa controriforma previdenziale.

Età pensionabileGià dal 1° gennaio 2012 l’età

pensionabile degli uomini è fissata entro una soglia che va da 66 a 70 anni. Ciò ha come effetto imme-diato che un lavoratore che matu-rava i requisiti per il pensionamen-to nel 2012 con quota 96 (61+35) dovrà aspettare ancora per 5 anni. Per le donne del settore privato la soglia per la pensione di vecchiaia viene fissata tra i 62 e i 70 anni. Quella minima di 62 anni cresce-rà progressivamente fino ad equi-parare nel 2018 quella degli uomi-

ni a 66 anni. Il che può produrre una rincorsa continua. Ad esem-pio, una lavoratrice del settore pri-vato che nel gennaio 2012 avrà 60 anni di età e 36 anni di contribu-ti avrebbe raggiunto la pensione di vecchiaia il 1° febbraio 2013. Con quanto previsto dal decreto potrà andare in pensione di vecchiaia a 66 e un mese nel 2018. Anche qui è stato introdotto uno scalone di ben cinque anni per ritardare il pensionamento.

Assai più penalizzante la con-dizione delle donne nel settore pubblico. Con la normativa attuale sarebbero andate in pensione dal 1° gennaio 2012 a 65 anni, con un salto immediato di 4 anni rispet-to ai 61 con le norme vigenti pri-ma che l’ex governo Berlusconi le modificasse in un sol colpo. Con il nuovo decreto si aggiunge un ulte-riore anno portando l’età del pen-sionamento a 66 anni.

La speranza di vitaTra l’altro, Monti ha confer-

mato l’automatismo del legame tra età pensionabile e aspettativa di vita. Questo automatismo farà sì che nel 2021 l’accesso al trat-tamento pensionistico si avrà a 67 anni. Inoltre sarà adeguata agli in-crementi di speranza di vita an-che la soglia dei 70 anni. Ciò vuol dire che l’età del pensionamen-to di vecchiaia si spingerà oltre la soglia stessa dei 70 anni. Un fatto questo che riguarderà in particola-re le nuove generazioni.

Pensione di anzianitàLa pensione di anzianità (che

la Fornero chiama con un cer-to disprezzo anticipata) è stata di fatto abolita; almeno nelle forme che conoscevamo sin qui, nono-stante che sia stata negli anni più volte massacrata con modifiche peggiorative, a partire dalla can-cellazione dei 35 anni di contribu-ti indipendentemente dall’età ana-grafica. La ministra di Monti ha infatti: cancellato le quote (il mix di età anagrafica e anni di con-tributi), ha aumentato gli anni di contributi necessari, andando oltre i 40 anni di lavoro e introducendo una soglia minima di età anagrafi-ca sotto la quale si pagano pena-lizzazioni salate. Pertanto, per ac-cedere alla pensione di anzianità, nel 2012 ci vorranno 41 anni e 1 mese di contributi per le donne, 42 e 1 mese per gli uomini. Nel 2013 tale requisito sarà aumentato di un mese e nel 2014 di un ulterio-re mese.

Se è vero che nella nuova nor-mativa sarà superata la finestra di scorrimento, è anche vero che è stato confermato il legame au-tomatico del pensionamento al-l’aspettativa di vita che compor-terà nel 2013 un incremento di tre mesi per il pensionamento e nel 2016 scatterà un ulteriore incre-mento di 4 mesi. Da rilevare che nella normativa attuale il legame automatico con l’aspettativa di vita non si applicava ai lavoratori con 40 anni di contributi. Ora in-

vece varrà anche a loro con lo sco-po di ritardare il ritiro dal lavoro. Mentre la penalizzazione del 2% per ogni anno di anticipo all’ac-cesso al pensionamento di anzia-nità ha lo scopo di renderlo eco-nomicamente non conveniente.

Sistema contributivoper tutti

Un’altra caratteristica di que-sta controriforma pensionistica è quella di cancellare i diritti acqui-siti per i lavoratori ancora attivi in attesa di maturare i requisiti del-la pensione. Che si riscontra per esempio nella decisione di attua-re per tutti il calcolo contributivo pro-rata (meno favorevole) delle pensioni. Anche per quei lavora-tori che nel 1995, anno in cui fu attuata la “riforma” previdenziale Dini, avevano maturato 18 anni di contributi e quindi conservarono il calcolo retributivo della pensione.

Bloccodella rivalutazione

delle pensioniTra i provvedimenti più odio-

si, lo ripetiamo, c’è il blocco per due anni (2012 e 2013) della riva-lutazione (già molto parziale) del-le pensioni in base all’andamento dell’inflazione. Non tutte, bontà loro! Quelle superiori a 936 euro mensili lorde (pari al doppio di quella minima) che sono la stra-grande maggioranza, 8 pensioni su 10. E pensare che in una pri-ma stesura si salvavano solo le pensioni più basse di appena 468 euro mensili. Ai pensionati coin-volti, non saranno corrisposte le indicizzazioni previste pari al 2,6% per il 2012 e dell’1,9% per l’anno successivo. Con una perdi-ta secca di almeno 240 euro l’anno per la prima fascia pensionistica interessata, a salire in modo pro-gressivo per le altre superiori.

La rapina messa in atto dal nuo-vo governo ai danni dei pensiona-ti vale 3,8 miliardi di euro per il primo anno e di 6,7 miliardi per il secondo. Il taglio di questa spe-sa pensionistica rimarrà perma-nente, non essendo previsto nes-sun risarcimento futuro. Vedremo se in parlamento sarà confermato o attenuato. Allo stato si tratta di una misura che spinge i pensionati verso la povertà già molto diffusa e in crescendo, come testimoniano recenti statistiche dell’Istat.

Lavoratori in mobilitàSpostando in alto i requisiti

per andare in pensione si apre un problema molto serio che riguar-da quei lavoratori delle aziende in crisi e sono tante che, con accor-di sindacali, sono andati in mobi-lità o in cassa integrazione lunga in modo da arrivare alla pensio-ne. Ora c’è il rischio che questi la-voratori al termine degli ammor-tizzatori sociali rimangano senza lavoro e senza salario. A questo proposito il governo ha previsto che per 50 mila di questi lavoratori in mobilità o in cassa integrazione rimangano le vecchie regole pre-videnziali. E se sono di più, come pare già evidente a una prima vi-sione del problema? Inaccettabile questo limite artificioso!

Le richieste dei sindacatiIl taglio delle pensioni è stato

uno dei motivi, se non il princi-pale, che hanno spinto le tre con-federazioni CGIL, CISL e UIL a proclamare, dopo tanti anni, uno sciopero generale unitario di 3 ore attuato il 12 dicembre. Insieme hanno sottoscritto un documento inviato a governo e parlamento per chiedere delle modifiche alla ma-novra che, per le pensioni signifi-ca: ripristinare il sistema di indi-cizzazioni attualmente in vigore; per le pensioni di anzianità, ricono-scere una maggiore gradualità nel-l’abolizione delle cosiddette quote; equiparare il requisito contributivo per l’accesso al pensionamento, a prescindere dall’età anagrafica a 41 anni e 1 mese dal 2012 sia per uomini che per donne; eliminare la penalizzazione del 2% per ogni anno in caso di pensione anticipata prima dei 62 ani di età. Per le don-ne, i sindacati chiedono maggiore gradualità nell’accesso al pensio-namento di vecchiaia; inoltre l’eli-minazione del limite delle 50 mila unità per i lavoratori in mobilità per conservare il vecchio regime previdenziale; aumentare di alme-no di 4 punti percentuali (il gover-no ne prevede solo due) delle ali-quote di contribuzione previste per i lavoratori autonomi.

In queste richieste di modifica di Bonanni, Angeletti e Camusso c’è una logica meramente emenda-tiva e per giunta al ribasso. Mentre c’è un’accettazione di fondo della controriforma Fornero-Monti. Per-ciò, anche se ottenessero qualcosi-na per esempio sulle indicizzazio-ni, in generale a noi pare una linea perdente in partenza.

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6 il bolscevico / maxistangata N. 46 - 22 dicembre 2011

BENZINA E GASOLIO ALLE STELLENemmeno il tempo di asciuga-

re le lacrime di coccodrillo versa-te dal ministro Fornero durante la conferenza stampa convocata do-menica 4 dicembre dal premier Mario Monti per annunciare la su-perstangata da 30 miliardi, che im-mediatamente è scattata la prima tranche di aumenti del costo dei carburanti dovuto all’incremento delle accise.

Grazie al cosiddetto decreto “Salva Italia”, a partire dal 7 dicem-bre la benzina costa 9,9 centesimi in più al litro, il gasolio sale di 13,6 centesimi al litro e per il Gpl occor-rono 2,6 centesimi in più al litro.

In particolare, per quanto ri-guarda la benzina, Eni, Tamoil e TotalErg hanno aumentato i prez-zi di 10 centesimi al litro. Esso, IP Q8 e Shell di 9,9 centesimi al litro.

Sul gasolio, Eni, Shell e Tamoil hanno rialzato di 13,6 centesimi, Esso e IP di 13,5, Q8 di 12,1 e To-talErg di 14 centesimi.

Di conseguenza i prezzi medi nazionali della benzina vanno ora da 1,709 euro/litro (Tamoil) a 1,716 euro/litro (Tamoil), quelli del gasolio da 1,7 euro/litro (IP, Q8 e Tamoil) a 1,715 euro/litro (Shell) e 0,750 euro/litro per il Gpl.

Il nuovo provvedimento sui carburanti graverà quasi per inte-ro sulle masse operaie e popolari che, secondo le stime delle asso-ciazioni dei consumatori, nel 2012 dovranno far fronte a un esborso di 120 euro in più all’anno a fa-miglia.

La verde in un anno è aumenta-ta del 17,8% e per un pieno servo-no 13 euro in più rispetto al 2010.

E l’ultimo aumento ha fatto diven-tare l’Italia il paese europeo più caro per i carburanti.

Nel solo 2011 le accise sono au-mentate complessivamente di 14 centesimi sulla benzina (che fan-no 17 cent compresa l’Iva 21%) e di 17 sul gasolio (20,6 compre-sa l’Iva). Quello del decreto “sal-va Italia’’ è il quinto intervento nel 2011, dopo quello 0,73 centesimi dal 6 aprile (Fondo per lo spetta-colo), 4 centesimi dal 28 giugno (guerra in Libia), 0,19 centesimi dal 1° luglio (Fondo per lo spet-tacolo), 0,89 centesimi dal 1° no-vembre (emergenza alluvione Li-guria e Toscana).

E questo, purtroppo, è solo l’inizio; perché la manovra Mon-ti prevede già un ulteriore rincaro delle accise a partire dal 1° gen-

naio 2013 e già dal prossimo anno lo Stato potrà incamerare un mag-giore gettito di 4,8 miliardi. Tutto ciò comporterà ulteriori aumenti di prezzo e la benzina nel giro di un paio d’anni potrebbe arrivare a costare intorno ai due euro a litro.

Inoltre c’è da considerare l’ef-fetto domino che tale tipo di au-mento comporta per tutti gli altri settori a cominciare dai trasporti e quindi per i beni di prima necessi-tà primi fra tutti i generi alimenta-ri. Ecco perché Federconsumato-ri e Adusbef, che nei giorni scorsi hanno stimato le ricadute annua-li totali, parlano di aumenti pari a 747 euro a famiglia, dei quali 408 euro di costi diretti e 339 euro di ricadute inflazionistiche.

A differenza dell’Iva, che inci-de sul valore ed è espressa in per-

centuale del costo del prodotto, l’accisa è un’imposta che grava sulla quantità dei beni prodotti ed è un tributo indiretto che colpisce singole produzioni e singoli con-sumi. In Italia le accise più impor-tanti sono quelle relative ai pro-dotti energetici (precedentemente limitati solo agli oli minerali deri-vati dal petrolio), all’energia elet-trica, agli alcolici e ai tabacchi.

Di seguito pubblichiamo l’elen-co completo delle accise che gra-vano sui carburanti: 1,90 lire per il finanziamento della guerra di Etiopia del 1935; 14 lire per il fi-nanziamento della crisi di Suez del 1956; 10 lire per il finanzia-mento del disastro del Vajont del 1963; 10 lire per il finanziamento dell’alluvione di Firenze del 1966; 10 lire per il finanziamento del

terremoto del Belice del 1968; 99 lire per il finanziamento del terre-moto del Friuli del 1976; 75 lire per il finanziamento del terremo-to dell’Irpinia del 1980; 205 lire per il finanziamento della guerra del Libano del 1983; 22 lire per il finanziamento della missione UN-MIBH in Bosnia Erzegovina del 1996; 0,020 euro per il rinnovo del contratto degli autoferrotranvieri del 2004; 0,0073 euro in attuazio-ne del Decreto Legge 34/11 per il finanziamento della manutenzione e la conservazione dei beni cultu-rali, di enti e istituzioni culturali; 0,040 euro per far fronte all’emer-genza immigrati dovuta alla crisi libica del 2011, ai sensi della Leg-ge 225/92; 0,0089 per far fronte all’alluvione in Liguria ed in To-scana del novembre 2011.

ICI: tartassati i più poveri,favoriti i grandi proprietari e la chiesa

La reintroduzione dell’Ici sul-la prima casa, prevista con la nuo-va Imposta municipale propria sugli immobili (Imp) inserita nel decreto di Monti, è una stanga-ta micidiale a carico soprattutto delle famiglie più povere, secon-da per durezza e iniquità solo al-l’odiosa manovra sulle pensio-ni. Dei 20 miliardi di nuove tasse previste dalla manovra, ben 11 (di cui solo 2 sono destinati ai comu-ni) provengono dalla nuova tas-sa immobiliare introdotta antici-pando di due anni, cioè al 2012, l’Imposta municipale unica (Imu) prevista dai decreti attuativi del federalismo fiscale. E di questi poco meno di un terzo, 3,8 miliar-di, proverranno dalla ritassazio-ne delle prime case, che era sta-ta abolita nel 2007 dal governo Prodi per i redditi più bassi e suc-cessivamente abolita del tutto nel 2008, anche per i redditi medi e alti, dal governo Berlusconi.

Si tratta di una platea di con-tribuenti enorme, dal momento che si calcola che il 66% delle abitazioni esistenti nel Paese sia-no censite come prima abitazio-ne, per un totale di 20 milioni di immobili. Lo stesso presidente dell’Istat, Giovannini, riferendo davanti alle commissioni Bilan-cio di Camera e Senato, ha av-vertito che circa 1,6 milioni di queste famiglie, che erano già a rischio povertà prima della ma-novra, rischiano adesso un vero e proprio “default domestico”, cioè il fallimento, per l’effetto combinato della reintroduzione dell’Ici sotto forma di Imp e dei tagli alle pensioni. E questo no-nostante e anzi proprio perché ri-sultano proprietarie di una casa e al tempo stesso hanno come fon-te di reddito principale la pensio-ne o trasferimenti pubblici.

Il meccanismodella nuova tassa

sugli immobiliIl meccanismo infernale della

nuova tassa agisce su due fronti: quello delle aliquote fiscali e quel-lo della base imponibile su cui vengono applicate. Quest’ultima è costituita dalle rendite catastali, ri-valutate per quanto riguarda le case di abitazione del 60% (oltre il 5% già applicato dal 1997), cioè mol-tiplicate per 160. Al valore così ot-tenuto viene applicata un’aliquota base dello 0,76%, con la possibi-lità per i comuni di aumentarla o diminuirla di uno 0,3% solo per le prime case è prevista un’ “aliquota agevolata” dello 0,4%, con facol-tà dei comuni di manovrare di uno 0,2% in più o in meno. È concessa inoltre una detrazione per tutte le prime abitazioni di 200 euro dal-l’imposta, che i comuni possono eventualmente aumentare ma sen-za poter recuperare il minor gettito dalle altre case non di prima abita-zione (seconde e terze case, ecc.). Date le drammatiche situazioni in cui versano le casse della mag-gior parte dei comuni, però, è faci-le immaginare che quasi tutti ten-deranno ad applicare le aliquote massime e il minimo della detra-zione per la prima casa. Si è parla-to, è vero, tra le ipotesi di emenda-menti alla manovra all’esame dei gruppi parlamentari, di aumentare la detrazione sulla prima casa mo-dulandola sul reddito e sul nume-ro dei componenti della famiglia, ma Monti ha già fatto capire, an-che con la sordità dimostrata nel-l’incontro coi sindacati, che non intende rinunciare a un così como-do e potente balzello per fare su-bito cassa, e che con tutta proba-bilità metterà il voto di fiducia per

approvare la manovra così com’è o quasi, spronato anche dal verti-ce di Confindustria che chiede di approvarla “subito e senza stravol-gimenti”.

Prelievo forzoso da pensionati e

lavoratori L’imposta sulla prima casa

funziona quindi come un prelievo forzoso per fare cassa direttamen-te dalle tasche dei pensionati e dei lavoratori, che in questi decenni di liberismo sfrenato e di affitti pochi e alle stelle, prima sono stati co-stretti a indebitarsi per comprare la casa, e poi sono diventati limo-ni da spremere con le tasse sulle abitazioni costate loro anni di sa-crifici e di rinunce. Ma di odioso e di iniquo in questa tassa non c’è solo il prelievo diretto sulla casa di abitazione. C’è anche quello in-diretto che ricadrà sugli affitti, per via dell’abolizione dello sconto del 50% dell’aliquota Ici di cui gode-vano finora le case date in affitto, il cui maggior costo (fino al 300%, si calcola) sarà scaricato sicuramente sugli affittuari. Nonché quello che ricadrà sui consumi e sui servizi, per via della maggiore tassazione di negozi e botteghe, uffici, labora-tori, magazzini e così via.

E non solo non c’è alcuna pro-gressività dell’imposta in base al reddito e al numero di immobi-li posseduti, ma c’è addirittura la beffa che con la nuova Ici i pro-prietari di seconde case con red-diti più alti pagheranno un’impo-sta minore di quella che pagavano finora: infatti, poiché l’Imp-Imu assorbirà anche le componenti immobiliari dell’Irpef e delle ad-dizionali comunali e regionali, i redditi al di sopra dei 100 mila euro annui avranno nel complesso una riduzione d’imposta, con un effetto progressivo alla rovescia al crescere del reddito stesso. Altro che “Ici come forma già di patri-moniale”, come ha avuto la faccia tosta di presentarla il governo!

L’iniquità di questa imposta risalta anche nella rivalutazio-ne “secca” e non ponderata delle rendite catastali, che non tengo-no conto della superficie effettiva delle abitazioni ma solo del nume-

ro di vani; né del mancato aggior-namento degli estimi catastali, per cui moltissime abitazioni censi-te come economiche (A3) o ad-dirittura popolari (A4) sono state invece ricomprate e ristrutturate magari a signorile (A1). E quindi anche questo meccanismo funzio-na come una patrimoniale alla ro-vescia, favorendo i più ricchi e gli evasori fiscali. Si pensi per esem-pio, per paradosso estremo, a un grande loft ristrutturato lusso ma censito ancora come monoloca-le economico o popolare, e ad un piccolo appartamento, stessa cate-goria, ma diviso in 4-5 vani come lo sono di norma quelli di edili-zia popolare (ex INA, GESCAL, ecc.): il primo pagherà un’imposta molto più bassa del secondo.

Iniquità delle rivalutazioni catastali

Un’altra grave componente di iniquità insita nel meccanismo di questa tassa è rappresentata dai coefficienti di rivalutazione, che non sono uguali per tutte le tipo-logie e le destinazioni degli im-mobili. Il coefficiente massimo, 60%, vale solo per gli immobi-li del gruppo A: abitazioni (dalle più infime ai castelli), passando per uffici e studi privati, case rura-li, ecc. Ma ci sono per esempio gli immobili del gruppo B, che com-prendono anche collegi e convit-ti, educandati, ricoveri, cappelle ed oratori non destinati all’eserci-zio pubblico del culto; nonché al-tri immobili del gruppo C per at-tività “senza fini di lucro”, come locali sportivi e stabilimenti bal-neari e di acque curative, che sono rimasti fermi alla rivalutazione del 40% applicata nel 2006 (coeffi-ciente 140). Tra questi molti sono di proprietà della chiesa e posso-no facilmente dissimulare attività commerciali in piena regola, be-neficiando oltretutto di uno sconto del 20% rispetto ad altri.

Di uno sconto ancor più incom-prensibile e scandaloso, di ben il 40%, beneficiano poi gli immobi-li del gruppo D, il cui coefficien-te di rivalutazione passa da 50 a 60, vale a dire un aumento solo del 20%. Tra questi vi sono per esempio alberghi, pensioni, resi-dence, case di cura e ospedali (con

fini di lucro), fabbricati per uso sportivo (con fini di lucro), “edi-fici galleggianti” (vedi ad es. pon-tili per imbarcazioni), fabbricati “per speciali esigenze di un’attivi-tà commerciale e non suscettibili di destinazione diversa senza ra-dicali trasformazioni” (vedi ad es. supermercati, stabilimenti balnea-ri con fini di lucro, porti turistici ecc.), nonché, udite udite, immo-bili (D5) adibiti a “istituto di cre-dito, cambio e assicurazione (con fine di lucro)”. Banche e assicu-razioni sono stati quindi, guarda caso, trattati in guanti bianchi dal finanziere Monti e dal banchiere Passera.

Lo scandalo dell’esenzione Ici alla

chiesaInfine in questa tassa c’è lo

scandalo nello scandalo che ri-guarda specificamente la chiesa, che oltre allo sconto sulla rivalu-tazione delle rendite catastali su-gli immobili per i quali paga l’Ici, di cui abbiamo già detto, gode an-che di una speciale esenzione del-l’intera imposta su tutti gli immo-bili di sua proprietà che non siano “esclusivamente” adibiti ad attivi-tà commerciale. Una formulazione ambigua che consente di spacciare come attività benefiche e caritate-voli edifici e strutture che invece sono usati per scopi di lucro come alberghi, cliniche e scuole private, case di riposo e così via. O quan-tomeno consente di confondere le acque e rendere difficili gli accer-tamenti da parte dei comuni, che difatti hanno in corso centinaia di contenziosi legali con la chiesa cattolica per esenzioni Ici indebi-tamente rivendicate.

Questo scandaloso privilegio era stata regalato alla chiesa dal governo Berlusconi nel 2005, at-traverso l’esenzione dall’Ici per tutti gli immobili degli enti no-profit, indipendentemente dal loro utilizzo. L’apertura di un’indagine della UE per sospetto di legge le-siva della concorrenza, e più an-cora l’indignazione dell’opinione pubblica, avevano costretto poi il governo Prodi ad una restrizione di tale privilegio, ma con la scap-patoia dell’esenzione limitata agli

edifici “che non hanno esclusiva-mente natura commerciale”. Ed è proprio attaccandosi a questa am-biguità che il presidente della Con-ferenza episcopale italiana (Cei), Bagnasco, per rompere il silenzio imbarazzato della chiesa di fronte alle crescenti proteste popolari per essere stata risparmiata anche dal-la manovra di Monti, ha rinviato la palla ai comuni dichiarando che “se vi sono dei casi concreti nei quali un tributo dovuto non è stato pagato, che l’abuso sia accertato e abbia fine”. Anche se poi ha do-vuto fare un’apertura a denti stret-ti ad “eventuali approfondimenti” riguardo a tutta la normativa del-l’esenzione per gli enti no-profit. Cioè alle classiche calende gre-che, come ha confermato anche il segretario di Stato vaticano, Ber-tone, per il quale quello dell’Ici è tuttalpiù “un problema da studiare e da approfondire”.

Ma a quanto ammonta il pa-trimonio immobiliare della chie-sa e quanto potrebbe ricavare in più lo Stato se su esso fosse appli-cata la nuova Ici-Imp escludendo solo gli immobili realmente desti-nati ad opere no-profit? Di sicuro si tratta di un patrimonio stermi-nato, stimato in 115 mila immo-bili, quasi 9 mila scuole e oltre 4 mila tra ospedali e centri sanita-ri. Solo a Roma il Vaticano con-trolla qualcosa come 23 mila unità tra terreni e fabbicati. Il solo patri-monio di Propaganda fide, l’istitu-to finito nelle inchieste su corru-zione e appalti illeciti, ammonta a ben 9 miliardi. Un patrimonio che se adeguatamente tassato potreb-be fruttare secondo le varie stime da svariate centinaia di milioni a un paio di miliardi, discrepanza che tiene conto appunto della dif-ficoltà di accertare l’effettiva de-stinazione degli immobili, ma che comunque potrebbe compensare almeno in parte l’esenzione totale dalla nuova Ici per le famiglie di lavoratori e pensionati.

Ma il tecnocrate borghese Mon-ti, sordo a ogni richiamo, tace e tira dritto verso la fiducia alla ma-novra così com’è. Sulla questione di far pagare l’Ici alla chiesa vale ancora la risposta sprezzante che ha dato ai giornalisti subito dopo il Consiglio dei ministri: “È una questione che non ci siamo posti”.

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Page 7: IL Bolscevico-PMLI n.46 2011

N. 46 - 22 dicembre 2011 interni / il bolscevico 7LA STAMPA IMPERIALISTA USA INNEGGIA AL GOLPE

DELLA GRANDE FINANZA E DELL’UE COMPIUTODAL VECCHIO DIRIGENTE DI DESTRA DEL PCI REVISIONISTA

Napolitano peril “New York Times”

è il “Re Giorgio”Per noi è un traditore e un rinnegato

che ha introdotto di fatto la repubblica presidenziale che non è riuscita a Berlusconi

Riarmo bellicista dell’imperialismo italiano che fi no al 2026 spenderà 50 miliardi in armamenti

CACCIA F-35 E EUROFIGHTER COSTERANNO ALLE MASSE 25 MILIARDIUna spesa militare che vale quasi quanto la superstangata

Forse nessun aspetto dell’at-tuale crisi sconcerta come l’am-montare della spesa di riarmo im-perialista che si sostanzia in spese militari impressionanti rispetto al-l’epoca in cui l’esercito era di leva obbligatoria, sospesa quest’ultima nel 2005 proprio con il pretesto di ridurre tali spese.

Considerando il riarmo del-l’aviazione si consideri che a par-tire dal 1998 (governo D’Alema) proseguendo nel 2002 (governo Berlusconi), nel 2007 (governo Prodi) e nel 2009 (governo Ber-lusconi) sono stati stipulati con l’americana Lockeed altrettan-ti memorandum d’intesa per ac-quisire la licenza di costruzione di caccia F-35 nel numero finale di 135 esemplari. Parteciperanno alla costruzione di questi aerei ol-tre venti industrie italiane tra cui Alenia Aeronautica, Galileo Avio-nica, Datamat, Otomelara e Piag-gio per cui l’Italia si è già obbliga-ta per circa 15 miliardi di euro.

L’aeronautica poi sta già acqui-stando un centinaio di caccia Eu-rofighter Typhoon, costruiti da un consorzio europeo, il cui costo at-tuale è quantificabile in oltre 10 miliardi di euro.

In programma poi il governo intende acquistare 8 aerei senza pilota per un costo complessivo 1,3 miliardi di euro.

Sono in ordine anche 100 nuo-

vi elicotteri militari NH-90 per un costo complessivo di 4 miliardi di euro.

Passando alla marina, l’Italia ha già acquistato 10 fregate FREMM per un costo di 5 miliardi di euro mentre sta per andare in porto (è il caso di dirlo) il contratto d’acqui-sto di 2 sommergibili con la spesa di un altro miliardo di euro.

Neanche l’esercito vuole sfigu-rare in questa criminale corsa agli armamenti, in quanto il program-ma di digitalizzazione del proget-to denominato “Forza Nec” per le forze di terra e da sbarco costerà solo per quanto riguarda la pro-gettazione già in atto 650 milioni, mentre la spesa definitiva sarà di circa 12 miliardi di euro.

Questi sono i programmi di riarmo imperialista fino al 2026, e si tratta non di armi di difesa bensì di attacco, anzi di armamenti sofi-sticati che potranno essere utiliz-zati anche e soprattutto a grande distanza dall’Italia, in uno scena-rio militare globale: si è abolito di fatto l’esercito di leva che con la sua preponderante partecipazione popolare sarebbe stato d’intralcio ad avventure imperialiste toglien-do l’utilizzo delle armi al popolo con il pretesto che tale modello di esercito costasse troppo e si è co-stituita invece una cricca militare di professionisti mettendogli per di più nelle mani armi micidiali da

utilizzare in tutte le avventure im-perialiste.

Solo per gli F-35 e gli Euro-fighter la spesa sarà di 25 miliar-di di euro, mentre se si considera tutto lo sciagurato programma di riarmo fino al 2026 la cifra sale a quasi 50 miliardi di euro.

Mentre sale la disoccupazio-ne, mentre si chiedono sacrifici ai pensionati e vengono imposti tagli ai servizi più elementari la “sini-stra” e la destra borghese e il go-verno Monti non si preoccupa-no minimamente di oltraggiare le masse italiane, alle quali viene im-posta la superstangata, dilapidan-do tanto denaro per tale abomine-vole riarmo imperialista.

Dichiarazione interventista e guerrafondaia del nuovo ministro della Difesa

DI PAOLA: “LE FORZE ARMATE POTREBBERO INTERVENIRE IN TEATRI

NON TRADIZIONALI E NON PREVEDIBILI”“Non è possibile tagliare le spese militari”

“La strategia della comunità internazionale rimane quella che è stata appena confermata alla Con-ferenza di Bonn, l’impegno in Af-ghanistan continuerà oltre il 2014 in forme diverse che dovremo stu-diare. Non si ricostruisce un pae-se come l’Afghanistan in 5 o 10 anni”. Ha esordito con queste pa-role il neo ministro della difesa, l’ammiraglio Giampaolo Di Pao-la, già presidente del Comitato mi-litare della Nato, nell’intervista ri-lasciata al compiacente quotidiano la Repubblica il 7 dicembre scor-so.

È la conferma ufficiale che il governo della sanguisuga Monti non ha alcuna intenzione di porre termine alle incostituzionali e cri-minali missioni di guerra imperia-liste dell’Italia fuori dai suoi con-fini.

Per quanto riguarda il marto-riato paese centro-asiatico il mini-stro-generale ha sottolineato che: “è stato stabilito che fra esercito e polizia gli effettivi (ossia i merce-nari al soldo delle potenze impe-rialiste) dovranno arrivare a 352 mila uomini, che potrebbero cre-scere fino a 378mila a seconda delle condizioni che si verifiche-ranno”.

Per quanto riguarda il Medio Oriente ha ricordato che da gen-naio l’Italia tornerà al comando di Unifil, non solo dando per sconta-to il diritto di ingerenza dell’im-perialismo italiano ed europeo negli affari interni di Libano e Si-

ria, come fossero colonie e non Stati sovrani, ma anche ricon-fermando indirettamente il patto di ferro tra il governo italiano e i massacratori del popolo palesti-nese al governo in Israele: “Se le Nazioni Unite hanno chiesto al-l’Italia di tornare ad assumere il comando militare della missio-ne significa che i paesi dell’area hanno espresso il loro consenso. Il ruolo del nostro paese è deter-minante, e soprattutto è stato rico-nosciuto alle nostre forze armate la capacità di gestire la missione con equilibrio… La vera variabile sarà l’evoluzione della situazione in Siria: il paese ha un rapporto speciale con alcune componenti della vita politica libanese, quello che succede in Siria si ripercuote-rà direttamente sul Libano e quin-di su Unifil. Noi puntiamo ad una evoluzione interna del quadro po-litico siriano”.

Proprio mentre la manovra Monti di lacrime e sangue iniziava il suo iter parlamentare, il ministro ha voluto quindi rimarcare che “sulle spese militari questo gover-no ha ben chiaro che non è pos-sibile fare nuovi tagli agli attuali bilanci”, accompagnando questa tracotante dichiarazione con un gravissimo avvertimento: “Do-vremo continuare a investire… mantenendo lo sguardo aperto sul mondo. Come ha detto il ministro degli Esteri Giulio Terzi, l’Italia è una realtà globale con interessi globali, e questo profilo potrebbe portare le forze armate a interve-nire in teatri non tradizionali e non prevedibili”.

Anche in politica estera dun-que nessuna discontinuità rispetto alla politica interventista e guerra-fondaia portata avanti dal governo del neoduce Berlusconi, che ave-va fatto propria la dottrina della

“guerra preventiva” di Bush, Pu-tin e della Ue, che ha portato alla selvaggia spartizione dell’Irak.

Le spese per gli armamenti previste fino al 2026 ammonte-ranno a ben 50 miliardi di euro, 15-19 miliardi saranno spesi su-bito per i 131 cacciabombardie-ri F35 (il ministro in carica ebbe un ruolo centrale nel firmare l’ac-cordo Italia-Usa), 10 miliardi per i 100 caccia Eurofighter Typhoon, senza contare i finanziamenti pre-visti per il 2012 per la produzio-ne di 4 sommergibili e due frega-te e le spese per la “mini naja” di stampo mussoliniano, denomina-ta “ViVi le forze armate” da 8,5 milioni di euro. Tutti soldi ancora una volta scippati al popolo italia-no, e ad un Mezzogiorno d’Italia letteralmente agonizzante, e girati impunemente agli eserciti merce-nari d’invasione e alle multinazio-nali delle armi.

IN GERMANIA HA FRUTTATO 4,4 MILIONI DI EURO

Monti conferma che non si terrà l’asta delle frequenze tv per favorire Berlusconi

Invece di alleggerire la superstangata antipopolare Che vi sia un patto “segreto”

tra i dittatori Monti e Berlusconi è fin troppo evidente.

Il nuovo governo sembra non avere alcuna intenzione di met-tere in agenda una legge sul cla-moroso e ultradecennale conflitto di interessi di Berlusconi, e pro-babilmente si appresta persino a regalargli una nuova montagna di frequenze televisive. Come? Non cancellando il bando di gara per le frequenze Tv del digitale ter-restre, definito “beauty contest” (“concorso di bellezza”), e con-cepito dal precedente esecutivo e dal Agcom, proprio per regalarle a colossi come Mediaset e Tele-com.

Non trattandosi di un asta pub-blica il meccanismo truffaldino prevede che a vincere non saranno le offerte migliori qualitativamen-te ed economicamente (tradotto: chi “sgancia” di più allo Stato) ma quelle più “belle”, ossia quelle che provengono da aziende che hanno

I PARTECIPANTI AL “CONCORSO” PER LE FREQUENZE

Allo stato attuale in lizza per ricevere il regalo dello Stato ci sono Prima Tv, Canale Italia (per i lotti A2 e A3), Telecom Italia Me-dia Broadcasting (per i lotti B1, B2 e C1), Elettronica Industria-le (per i lotti B1 e B2), Sky Italia

Network (per il lotto A2), Euro-pa Way (per il lotto A1), Elettro-nica Industriale (per il lotto A2) e la Rai (per i lotti B1 e B2). Sky del magnate Murdoch si è invece ritirata, innervosita dall’andazzo pro-“Raiset”.

Il 2 dicembre scorso il pre-stigioso quotidiano della gran-de borghesia americana, il “New York Times” ha dedicato nientedimeno che una pagina intera al nuovo Vittorio Ema-nuele III Giorgio Napolitano, ribattezzandolo “Re Giorgio”. La testata praticamente brin-da all’operazione condotta dal rinnegato del comunismo di portare con un vero e proprio golpe, la nuova dittatura della grande finanza e dell’UE gui-data dal tecnocrate borghese Monti. Secondo il “New York Times” Napolitano “ha orche-strato uno dei più complessi trasferimenti politici dell’Italia dal dopoguerra, un garante chiave della stabilità politica in tempi instabili: una performan-ce - nota il quotidiano - tanto più impressionante dato che la presidenza italiana è larga-mente simbolica, senza poteri esecutivi”.

Per la stampa imperialista Napolitano è un “power bro-ker”, una “‘potenza di rottura” nel senso che ha “rivalutato” il ruolo del presidente della Re-pubblica spingendo “questo ruolo fino ai limiti”, ossia oltre i limiti della Costituzione del 1948, ormai carta straccia. Il quotidiano insiste sul ruolo di Napolitano come “grande vecchio” che ha tessuto la trama del passaggio dal go-verno del neoduce Berlusco-

ni a quello attuale di Monti: “Napolitano ha impiegato mesi nel preparare il terreno alla transizione, incarnando un’Italia, un’Italia di virtù civi-che”. D’altronde il vecchio ex dirigente della destra del PCI revisionista era il preferito dal boia Henry Kissinger, che l’al-lora segretario di Stato degli USA imperialisti lo chiamava il “comunista preferito”. Pro-prio per questo il “New York Times” appone questa “me-daglia” al novello “Re Gior-gio” suggellando il suo ope-rato con queste parole: “Ora gli italiani guardano a Napoli-tano perché guidi la nave del-lo Stato con la sua tranquilla abilità, mentre Monti e la sua squadra di tecnocrati si assu-mono la difficile sfida di mo-dernizzare la scricchiolante economia italiana”.

La stampa imperialista Usa, dunque, vuole con questo pezzo esaltare il ruolo centrale del nuovo Vittorio Emanuele III Napolitano nell’operazione del passaggio dalla dittatura del neoduce Berlusconi a quella della grande finanza e dell’UE del tecnocrate borghese Mon-ti. Per noi marxisti-leninisti “Re Giorgio” non è altro che un rinnegato e un traditore del comunismo, che ha di fatto introdotto la repubblica presi-denziale che non è riuscita a Berlusconi.

Due F-35 durante un volo di collaudo

“i requisiti richiesti”, che guarda caso corrispondono al profilo dei monopolisti dell’etere, come Me-diaset e Rai, che possono già con-tare su cinque multiplex (30 reti!). Un meccanismo vergognoso visto che in nessun altro Paese del mon-do è stato permesso ai broadca-ster che già con l’analogico hanno tre reti, e il monopolio della rac-colta pubblicitaria, come è il caso di Mediaset-Publitalia, di mettere le mani, per giunta gratuitamente, anche sul digitale terrestre. Occor-re forse dimostrare che il neoduce Berlusconi utilizzerà le nuove reti per le prossime campagne eletto-rali?

Non a caso, al tergiversa-re di Monti e del ministro dello sviluppo economico e delle in-frastrutture, l’ex banchiere Cor-rado Passera, ha fatto eco l’ex ministro delle telecomunicazio-ni, Paolo Romani, che in previ-sioni degli emendamenti sull’ar-gomento alla manovra di lacrime e sangue, ha sentenziato: “annul-lare e ripartire da zero su un per-corso amministrativo ormai in dirittura d’arrivo rischia solo di

riaprire una procedura d’infra-zione con l’Ue, creare incertezza nel settore, esporre l’Italia al ri-schio di azioni risarcitorie dagli attuali partecipanti e soprattutto mettere a rischio gli investimen-ti che gli operatori possono pro-grammare su quelle risorse fre-quenziali”.

Allo stato attuale da questo concorso di bellezza non entre-rà un euro nelle casse dello Stato, mentre in Germania l’assegnazio-ne delle frequenze ha fatto guada-gnare all’erario 4,4 milioni di euro e negli Stati Uniti 20 milioni di dollari. Se poi si considera che il patrimonio pubblico dello “spet-tro di frequenze” in discussione, secondo alcune stime, nel nostro paese vale ben 16 miliardi di euro, e che dal massacro delle pensio-ni le entrate sono stimate in 3,8 miliardi, la dimensione gigante-sca dello scandalo è presto detta e poco cambierebbe, nella sostanza, se fosse approvato l’emendamento dell’Udc che prevede il pagamen-to di “un canone” per i monopo-listi.

Page 8: IL Bolscevico-PMLI n.46 2011

8 il bolscevico / interni N. 46 - 22 dicembre 2011

È LA SECONDA VOLTA CHE I MAGISTRATI CHIEDONO L’ARRESTO DELL’EX SOTTOSEGRETARIO ALL’ECONOMIA E COORDINATORE PDL CAMPANO

Richiesto l’arresto di Cosentino, “referente politico della camorra”INDAGATO IL PRESIDENTE DELLA PROVINCIA DI NAPOLI CESARO, PARLAMENTARE PDL

Il 5 dicembre nell’ambito dell’operazione anticamorra de-nominata “il principe e la balle-rina”, i giudici napoletani hanno spiccato una nuova richiesta d’arresto per Nicola Cosentino, ex sottosegretario all’Economia del governo Berlusconi, deputa-to e coordinatore regionale del PDL.

Il gerarca berlusconiano, già salvato due anni fa dalla giunta per le autorizzazioni a procedere della Camera che il 25 novem-bre 2009 respinse a stragrande maggioranza la prima richiesta di arresto per concorso esterno in associazione camorristica, è ora accusato anche di concorso in falso, violazione della normativa bancaria e reimpiego di capitali. Non solo.

Nella richiesta di arresto avan-zata dai Pubblici ministeri (Pm) Antonello Ardituro, Giovanni Con-zo, Henry John Woodcock, Fran-cesco Curcio, Catello Maresca e firmata dal Giudice per le indagini preliminari (Gip) Egle Pilla, il par-lamentare PDL viene definito “re-ferente politico nazionale del clan dei Casalesi”.

In carcere sono finite 57 per-sone, 5 ai domiciliari, tra boss politici, camorristi appartenenti ai clan degli Schiavone, Bidognet-ti e dei Casalesi, imprenditori e banchieri, attivi oltre che in Cam-pania anche in Lazio, Toscana, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, tutti accusati a vario ti-tolo di associazione camorristica riciclaggio, falso, corruzione nel-l’ambito di una nuova inchiesta che ipotizza il voto di scambio per le amministrative 2007 e 2010 a Casal Di Principe.

In particolare l’inchiesta della Dia partenopea si focalizza sulla costruzione di un grande centro commerciale nel comune di Ca-sal di Principe e del relativo voto di scambio che ne è conseguito. In quest’ambito Cosentino è ac-cusato di avere esercitato pres-sioni su funzionari di una agenzia Unicredit di Roma affinché con-cedessero un ingente finanzia-mento a esponenti del clan dei Casalesi per la realizzazione del centro commerciale denominato “Il principe” per un investimento di 43 milioni di euro. In cambio del “favore” il clan ha garantito

un congruo pacchetto di voti al deputato PDL col sistema del-la cosiddetta scheda elettorale “ballerina”.

“I politici collusi – scrive il Gip - si collegavano con gli espo-nenti apicali delle associazione criminali egemoni nei comuni della provincia di Caserta e, se-gnatamente, con i reggenti del clan Schiavone, Russo e Bido-gnetti”. In cambio del sostegno elettorale, Cosentino “agevolava l’attribuzione – prosegue il ma-gistrato - di risorse pubbliche attraverso l’aggiudicazione di appalti ad imprese compiacenti ovvero anche attraverso l’ero-gazione di assunzioni, posti di lavoro, contributi in vario modo denominati”.

A capo della cordata impren-ditoriale c’era Nicola Di Cate-rino, con i cognati Cripriano Cristiano e Luigi Corvino (tutti arrestati), questi ultimi poi di-ventati nel 2007 sindaco e con-sigliere di Casal di Principe. Il centro commerciale serviva a foraggiare le imprese mafiose di calcestruzzo e a controllare i voti promettendo posti di lavoro

in cambio di sostegno eletto-rale. Dietro l’operazione, attra-verso il fratello Massimo, c’era Giuseppe Russo detto o padri-no, tra i capi storici del clan dei Casalesi, ristretto al 41 bis. Il referente politico nazionale del progetto è Nicola Cosentino, imparentato con i Russo, che si spende per la riconferma al-l’ufficio tecnico di un architetto Mario Cacciapuoti che rilascia la concessione edilizia irregola-re per la costruzione del centro commerciale.

“Nicola Cosentino – scrive il Gip – non diversamente da quan-to riferito dagli stessi collabora-tori di giustizia, rappresentava il garante politico dell’iniziativa svolgendo il ruolo, dunque, di collettore politico delle istanze del sodalizio casalese e della sua ala imprenditoriale. Il particolare impegno profuso da Nicola Co-sentino nella vicenda, del resto, trovava, anche ulteriore spiega-zione in altra circostanza non se-condaria”. Ossia la stretta paren-tela di Cosentino con la famiglia camorrista Russo, il fratello Mario ha sposato Mirella Russo, sorella

del criminale Giuseppe. Proprio i Russo sono in prima fila nell’ini-ziativa imprenditoriale.

Gli inquirenti hanno ricostrui-to che il finanziamento venne concesso ma successivamente in parte bloccato perché la do-cumentazione presentata era falsa. Il credito venne rilasciato con la complicità di alti funzio-nari di Unicredit fra cui Alfredo Protino, direttore regionale del-l’area centro Sud di Unicredit e i due funzionari, Andrea Macciò e Cristofaro Zara, tutti arresta-ti. Cosentino inoltre avrebbe anche imposto al dirigente del-l’ufficio tecnico del Comune di dare via libera alla concessione per la costruzione del centro in violazione di tutte le norme ur-banistiche.

Tra gli indagati a piede libero figura anche il presidente della provincia di Napoli, Luigi Cesa-ro, parlamentare e coordinatore provinciale di Napoli del Popolo della Libertà, accusato di violazio-ne della legge bancaria. Secondo l’accusa, Cesaro accompagnò l’allora sottosegretario all’Econo-mia Cosentino a Roma per solle-

citare i vertici di Unicredit a con-cedere il credito, peraltro garantito da una falsa fidejussione. “Pochi giorni dopo tale intervento – sot-tolinea la Procura partenopea - il finanziamento, che fino a quel mo-mento aveva incontrato ostacoli e rallentamenti, veniva sbloccato”. Il finanziamento ammontava a 5 mi-lioni e mezzo di euro.

“Si tratta di un’osmosi - con-clude il Gip nell’ordinanza di custodia cautelare - che genera effetti patologici nei settori più ri-levanti della vita sociale e politica della provincia casertana: quel-lo elettorale, quello economico e quello istituzionale... Intorno a questo intreccio si muovono enormi interessi economici del clan dei Casalesi e i politici coin-volti sono asserviti al sodalizio camorristico. E ciò che avviene in snodi fondamentali e sensibili dell’attività economica: nell’aper-tura di centri commerciali, nelle attività edilizie e nella fornitura del calcestruzzo. Ed i poteri della politica e dell’ente mafioso si sal-dano nel momento più solenne ed importante della vita demo-cratica: il momento elettorale”.

Depositate le motivazioni della sentenza: omicidio plurimo

I VERTICI DELLA THYSSENKRUPP SAPEVANO DEL RISCHIODI INCENDIO MA NON VOLLERO PREVENIRE E INTERVENIRE

Dopo un procedimento pena-le durato tre anni complessiva-mente tra inchiesta (guidata da un pool di magistrati guidati dal procuratore aggiunto Raffaele Guariniello) e processo penale, il 15 aprile 2011 la seconda corte d’assise di Torino ha condannato Harald Espenhahn, amministrato-re delegato del gruppo tedesco, a 16 anni e 6 mesi di reclusione. Altri cinque manager dell’azienda (Mario Pucci, Gerald Priegnitz, Daniele Moroni, Raffaele Saler-no e Cosimo Cafueri) sono stati condannati a pene che vanno da 13 anni e 6 mesi a 10 anni e 10 mesi.

A metà novembre sono state depositate le motivazioni del-la sentenza dove emerge con chiarezza che i vertici della Thys-senKrupp sapevano che si po-tesse sviluppare un incendio, ma che non fecero nulla per evitarlo, accettando il rischio, che poi si

concretizzò nella realtà, che ci potesse rimettere la vita qualche lavoratore delle acciaierie. Una “scelta sciagurata”, come l’hanno definita i giudici torinesi, da parte dei criminali vertici dell’azienda capitalistica tedesca che ha por-tato alla condanna per il reato di omicidio doloso (ad Espenhahn) e omicidio colposo (agli altri di-rigenti) plurimi. La pena com-plessiva a carico degli imputati si estende anche al fatto che vi era stata una “rimozione e omissione dolosa di cautele contro gli infor-tuni sul lavoro”, nonché l’incendio colposo aggravato.

In sostanza, secondo la Cor-te di Assise, Espenhahn decise di non fare nulla per la sicurez-za degli incendi confidando nei suoi collaboratori, “decidendo di azzerare qualsiasi intervento di ‘fire prevention’ e di continuare la produzione in quelle condizioni”. Perché per l’impianto torinese

Cinque anni fa, esattamen-te nella notte fra il 5 e il 6 di-cembre 2007 sette operai del-lo stabilimento delle acciaierie Thyssenkrupp di Torino furono investiti da un getto di olio bol-lente in pressione che li trasformò in torce umane, morendo tutti nel giro di appena un mese. Da que-sto bilancio tremendo, devastan-te, inaccettabile dell’incendio e dell’esplosione che si verificò alle 1,30 di notte di giovedì 6 dicem-bre, nella linea 5 dello stabilimen-to torinese dell’acciaieria tedesca ThyssenKrupp, si salvò un solo operaio che subì ferite non gra-vi. I vertici dell’azienda tedesca e, in particolare, l’amministratore delegato Harald Espenhahn, fu-

rono subito accusati di uno dei più pesanti e gravi infortuni verifi-catosi nella zona del torinese dal dopoguerra ad oggi. I motivi di questo raccapricciante, indicibile che non diede scampo agli ope-rai furono i ritmi di lavoro e orari di lavoro bestiali, con i metalmecca-nici presenti al momento dell’in-cendio che erano in servizio da ben 12 ore, in una fabbrica de-stinata alla chiusura, dove non si erano spesi soldi per la sicurezza e non si era destinato persona-le sufficiente alla manutenzione e alla vigilanza. Al momento del grave incendio, infatti, non era-no funzionati gli estintori, né gli idranti e nemmeno il telefono per chiedere soccorso.

Nel gravissimo incendio occorso alle acciaierie Thys-senkrupp di Torino morirono, lo ricordiamo, Antonio Schiavone, 36 anni, praticamente subito; nel giro di un mese ne sono de-ceduti altri cinque, dopo atroci sofferenze: Roberto Scola, 32 anni, Angelo Laurino, 43 anni, Bruno Santino 26 anni. A questi si aggiungeranno Giuseppe De Masi, 26 anni, Rosario Rodino, Rocco Marzo, 54 anni. Altri ope-rai, come Antonio Michele Boc-cuzzi, Giovanni Pignalosa, Fabio Simonetta hanno riportato ferite meno gravi. La Procura di Torino ipotizzò subito per l’amministra-tore delegato Espenhahn l’ipote-si di reato di omicidio volontario

con dolo eventuale e incendio doloso, mentre altri cinque diri-genti furono accusati di omicidio colposo ed incendio doloso; fu contestata l’omissione dolosa dei sistemi antinfortunistici. Fu rinviata a giudizio anche l’azien-da come persona giuridica. Nel-l’ambito dell’inchiesta fu seque-strato un documento proprio ad Espenhahn dove si affermava che uno dei sopravvissuti “andava fermato con azioni legali” perché sosteneva in televisione accuse pesanti contro l’azienda. Il primo luglio 2008 i familiari delle sette vittime accettarono l’accordo con l’azienda in merito al risarci-mento del danno per una somma complessiva pari a 12.970.000 euro, con conseguente rinuncia a costituirsi parte civile.

Per i giudici torinesi fu una “scelta sciagurata”

Lo striscione della Rsu Thyssen Krupp listato a lutto apre la grande manifesta-zione di protesta che si tenne a Torino il 10 dicembre 2007. Al centro, insieme ai compagni di lavoro degli operai rimasti uccisi e gravemente feriti, il padre dell’operaio Bruno Santino

era già prevista la chiusura, con trasferimento della produzione nello stabilimento di Terni. La si-tuazione complessiva e “gli ele-menti di conoscenza ed all’alto grado della consapevolezza” dell’amministratore delegato in-ducono “la Corte a ritenere che certamente Espenhahn si fosse ‘rappresentato’ la concreta pos-sibilità, la probabilità del verificar-si di un incendio, di un infortunio anche mortale sulla linea 5 di To-rino, e che altrettanto certamente, omettendo qualsiasi intervento di ‘fire prevention’ in tutto lo stabi-limento e anche sulla linea 5 e anche nella zona di entrata della linea 5, ne avesse effettivamente accettato il rischio”.

Il fatto che la ThyssenKrupp voleva dismettere in vista di una chiusura era ben chiara ed Espenhahn, si legge in sentenza, sapeva “che lo stabilimento di Torino fosse privo del certificato di prevenzione incendi” sebbe-ne rientrasse tra le industrie a “rischio di incidente rilevante”. L’amministratore delegato sa-peva “in modo approfondito e dettagliato le reali condizioni di lavoro nello stabilimento di Torino e cosi gli impianti, il tipo e il volu-me delle lavorazioni, gli addetti, i responsabili locali Salerno e Ca-fueri, le misure antinfortunistiche e antincendio presenti, la gestio-ne e la formazione del personale, la riduzione di quest’ultimo – so-prattutto di quello con maggiore preparazione professionale, le carenti pulizia e manutenzione,

i frequenti incendi”. Si tratta, spiega il giudice estensore di “omissioni costituenti specifica violazione della normativa antin-fortunistica”, normativa che do-veva essere controllata da Saler-no ma anche dall’amministratore delegato perché “direttamente sotto la sua responsabilità”. La scelta del pescecane capitalista e dei suoi servi è stata quindi razio-nale, consapevole, perché “con le sue competenza, preparazione ed esperienza, avendo a disposi-zione tutto il quadro conoscitivo sopra richiamato”, che va dal processo produttivo agli allarmi sul rischio incendio, Espenhahn “decide di non investire nulla, di non effettuare alcun intervento di ‘fire prevention‘ nello stabilimen-to di Torino, neppure sulle linee di ricottura e decapaggio, neppure

sulla linea 5”. Insomma, continua-no, “non si può certo ritenere (…) che tale decisione sia stata presa con leggerezza o non meditata o in modo irrazionale”.

Quella della Corte di Assise di Torino è stata una sentenza stori-ca e ancora più importanti sono le sue motivazioni. Ma si tratta di un sasso nel lago sterminato de-gli incidenti sul lavoro dove il pa-drone la fa franca il più delle vol-te, mentre ai familiari non rimane un centesimo ed enormi sofferen-ze morali (e non solo) per andare avanti, soprattutto per i nuclei monoreddito. Bisogna andare al di là delle aule di giustizia ed estendere la coscienza e la lotta per la sicurezza nei luoghi di la-voro che, in ultima analisi, si lega con la lotta contro il capitalismo e tutto ciò che rappresenta.

L’incendio alla Thyssenkrupp

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N. 46 - 22 dicembre 2011 PMLI / il bolscevico 9LA LINEA DEL PMLI RIGUARDO

I RADIATI E GLI ESPULSI DAL PARTITODopo il 4° Congresso diver-

si elementi provenienti per lo più dal PRC hanno chiesto e ottenu-to di entrare nel Partito, ma dopo un certo periodo si sono ritirati dal Partito spontaneamente o perché consigliati dal Partito stesso. Al-cuni di essi non si sono fatti più sentire e vedere, altri invece con-tinuano a mantenere certi rappor-ti col Partito, fino al punto di ri-chiedere al sindaco della loro città gli spazi sui tabelloni elettorali per potere affiggere i manifesti asten-sionisti del PMLI.

Non è un fenomeno nuovo, an-che nel passato ci sono stati casi si-mili. Ciò chiama in causa la nostra politica verso gli espulsi e i radiati dal Partito e verso i ritirati sponta-neamente dal Partito e i considera-ti non idonei a essere membri del Partito. È bene avere idee chiare

in proposito e uniformare il nostro atteggiamento in proposito a livel-lo nazionale e locale.

Per quanto riguarda la catego-ria degli espulsi dal Partito verso di loro occorre avere la massima severità e ripulsa. Vanno conside-rati dei rinnegati e dei traditori, dei nemici che vanno messi al bando, per loro le porte del Partito devono essere chiuse per sempre. Essi non debbono essere degnati nemmeno di uno sguardo anche se si rifanno vivi alle nostre iniziative pubbli-che e si collocano dietro alle no-stre bandiere e lanciano le nostre parole d’ordine durante le mani-festazioni di massa. Solo se persi-steranno nel tempo ad affiancarsi a noi, daranno nei fatti prova di so-lidarietà verso il Partito, e previa chiarificazione verbale e scritta del loro nuovo atteggiamento ver-

so il Partito, potremmo accettarli ufficialmente così come facciamo con gli altri elementi non di Partito che si accostano a noi.

Per quanto riguarda la catego-ria dei radiati vale, in generale e in maniera leggermente più mor-bida, quanto detto per gli espulsi. Solo che i radiati possono essere riammessi nel Partito, qualora lo richiedano e si pentano degli erro-ri commessi e facciano l’autocriti-ca scritta.

Noi dobbiamo saper distingue-re i radiati tra quelli che conside-riamo irrecuperabili e quelli che sono suscettibili di essere recupe-rati. Gli irrecuperabili li dobbiamo tenere lontano, i recuperabili dob-biamo utilizzarli per quello che possono dare al Partito come sim-patizzanti o amici.

Per quanto riguarda la catego-

ria dei ritirati o dei non idonei, va visto caso per caso il nostro atteg-giamento. Dipende dalle cause e dalle motivazioni del ritiro o della inidoneità. Dipende dal comporta-mento concreto del ritirato o del non idoneo. Se ci lasciamo in ami-cizia e in concordia è un conto, un altro conto se ci lasciamo in ini-micizia e in discordia. Ma dipen-de anche da come si comporterà successivamente alla separazione il ritirato o il non idoneo. A chi ri-mane simpatizzante o amico pon-ti d’oro, a chi si schiera contro il Partito taglio di tutti i ponti.

(Dal Rapporto di Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, alla seconda Sessione ple-naria del 4° Comitato centrale del PMLI tenutasi il 18 febbraio 2001)

La diffusione militante del compagno Franco Di Matteo, Responsabile del PMLI per la Campania, al banchino di proselitismo per il Partito svoltosi a Napoli, 23 ottobre scorso (foto Il Bolscevico)

Un esempio da seguire

Impariamo dai compagni catanesi a stampare le gigantografi e de “Il Bol-scevico” e portarle in piazza usandole nella propaganda

NOVITÀ: LA COMMEMORAZIONE DI MAO SU YOUTUBERAGGIUNGETELO ATTRAVERSO WWW.PMLI.IT

È presente su Youtu-be il video con le con-clusioni dell’importan-te discorso di Giovanni Scuderi “Applichiamogli insegnamenti di Maosul Partito del proleta-riato”, tenuto a Firenze l’11 settembre 2011 a nome del Comitato centrale del PMLI in occasione del 35° an-niversario della morte di Mao. Tale video si può visionare sempre passando attraverso il link Video sul PMLI o direttamente al se-guente indirizzo:

http://www.youtube.com/watch?v=P09jpTWaJ3k.

Sempre su Youtube vi sono i filmati della sintesi del saluto di Monica Martenghi “Ci auguriamo che l’ennesimo appello antifascista del PMLI non cada nel vuoto” in occasione della commemorazione pubblica del 33° della scomparsa di Mao, tenu-tasi a Firenze il 16 settembre 2009. Anch’esso passando dal link del sito del PMLI o direttamente al seguente indirizzo:

http://www.youtube.com/watch?v=zOSa2HF1vxc

CESENA

Ottima Diffusionede “Il Bolscevico”

al concerto di CaparezzaI marxisti-leninisti identifi cati

dalle “forze dell’ordine”Dal corrispondente della Cellula “Stalin” di Forlì

Mercoledì 7 dicembre mi-litanti e simpatizzanti della Cellula “Stalin” di Forlì e del-l’Organizzazione di Ravenna del PMLI hanno effettuato una diffusione al concerto di Caparezza presso il Carisport di Cesena, dove sono state distribuite 20 copie de Il Bol-scevico n° 43, corrisposto con sottoscrizioni per il Partito, contenente il documento del-l’Ufficio politico del PMLI sul

governo Monti.Molti giovani annuivano e

condividevano la parola d’or-dine riportata in prima pagina “Liberiamoci dal governo del-la grande finanza, della UE e della macelleria sociale. Solo il socialismo può salvare l’Ita-lia”.

Al termine dell’ottima dif-fusione le “forze dell’ordine” del ministro Cancellieri, se-gnatamente carabinieri e forse agenti Digos in borghese, han-no provveduto all’identificazio-ne dei nostri compagni.

Al mercato di Fucecchio (Firenze)

DIFFUSO L’APPELLO DEL PMLI A LIBERARSI DEL GOVERNO MONTI

Redazione di Fucecchio

La Cellula di Fucecchio del PMLI ha diffuso tra le masse la posizione dei marxisti-leni-nisti sul governo della grande finanza, della UE e della ma-celleria sociale. Chi dava un qualche credito a Monti si è dovuto ben presto ricredere e sono rimasti in pochi, alcuni elettori del PD, a nutrire anco-ra qualche speranza.

Ci sono state parecchie di-scussioni con i passanti. Oltre alle critiche al nuovo esecutivo c’è chi ha rivolto il dito anche contro Bersani e il suo partito. Tutti si sono lamentati per la

situazione economica sempre più critica, l’attacco alle pen-sioni, i salari bloccati, la rein-troduzione dell’ICI sulla pri-ma casa, e per l’aumento dei prezzi. In molti hanno capito che il governo Monti è il nuovo “cavallo” scelto dalla borghe-sia per portare avanti la stessa politica di Berlusconi.

Insomma, i compagni han-no potuto toccare con mano la rabbia crescente delle mas-se. Questo ci deve spingere a decuplicare i nostri sforzi per indirizzare l’esasperazione dei lavoratori e della popolazione contro il governo e le istituzio-ni borghesi.

Fucecchio (Firenze), 10 dicembre 2011. Diffusione del documento del-l’UP del PMLI (foto Il Bolscevico)

Continuano a Firenzei volantinaggi del documento

dell’UP del PMLIRedazione di Firenze

Le compagne e i compagni di Firenze stanno continuando a diffondere il volantino del-l’Ufficio politico del PMLI con-tro il governo Monti.

Sono state colte le occasio-

ni del Forum organizzato dalla Rete@sinistra il 9 dicembre al Teatro Puccini e l’incontro con gli attivisti del movimento in-ternazionale degli indignados e di Occupy il 12 dicembre alla Facoltà di Lettere in piazza Brunelleschi.

Firenze, 9 dicembre 2011. Aspetti della diffusione al Teatro Puccini (foto Il Bolscevico)

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10 il bolscevico / PMLI N. 46 - 22 dicembre 2011

CHI NONREGGEALLE CRITICHE,GETTALA SPUGNAE FUGGEDAL PARTITO,VUOL DIRE CHE NON È UN AUTENTICOMARXISTA-LENINISTA

Il Partito è un corpo vivo, pensante, operante, combat-tivo, completamente dedito alla lotta di classe, composto da membri provenienti da esperienze e formazione diver-se, con origine di classe e di età varie, che portano inevi-tabilmente dentro il Partito delle contraddizioni. Comun-que le contraddizioni nel Partito ci saranno anche dopo l’amalgama organizzativa e l’unificazione del pensiero sulla base del marxismo-leninismo-pensiero di Mao. Per-ché, come afferma Mao, “Contrapposizione e lotta tra idee diverse sorgono costantemente nel Partito: ciò è il riflesso nel Partito delle contraddizioni di classe esi-stenti nella società e della contraddizione tra il nuovo e il vecchio”.

Le contraddizioni nel Partito possono essere di due tipi: quelle in seno al popolo e quelle tra noi e il nemico, ossia i revisionisti di destra e di “sinistra”. Le prime non sono antagoniste e possono essere risolte con la discus-sione e la persuasione, le seconde sono antagoniste e van-no risolte con una dura lotta ideologica di principio; a vol-te, quando sono esaurite tutte le armi dialettiche, possono essere risolte con la radiazione o l’espulsione dal Partito. Decisioni estreme, che si prendono quando ciò è assolu-tamente necessario per l’unità rivoluzionaria e marxista-leninista del Partito.

La critica e l’autocritica sono lo strumento che dobbia-mo usare per trattare le contraddizioni in seno al Partito. Primo, autocriticarsi spontaneamente se si commettono degli errori. Secondo, criticare senza indugio chi sbaglia, o che ci sembra che sbagli, chiunque esso sia. Tutti, chi più, chi meno, commettiamo degli errori, piccoli, medi o grandi; quindi tutti siamo soggetti alla critica e all’auto-critica, a seconda della gravità degli errori commessi. In questo processo diventiamo più forti personalmente e col-lettivamente, perché impariamo qualcosa di più e a non ripetere gli stessi errori.

Autocriticarsi è necessario per ripulirsi dall’influenza borghese o revisionista e per evitare che altri membri del Partito commettano gli stessi errori. Criticare chi sbaglia è necessario per impedire che idee, proposte, modi di fare non marxisti-leninisti prendano campo nel Partito, e per correggere chi commette degli errori in buona fede. Come dice Mao, “Siamo per la lotta ideologica attiva, perché è l’arma per assicurare l’unità del Partito e delle orga-nizzazioni rivoluzionarie e renderli così idonei a com-battere. Ogni comunista, ogni rivoluzionario deve im-pugnare quest’arma.

Il liberalismo invece respinge la lotta ideologica ed è per una pace senza principi; ne risulta un atteggia-mento decadente e filisteo, e la degenerazione politica di certe unità e alcuni individui nel Partito e nelle or-ganizzazioni rivoluzionarie”.

Chi rifugge dalla lotta ideologica attiva, chi non regge alle critiche, getta la spugna e fugge dal Partito, vuol dire che non è un autentico marxista-leninista. Il Partito non si abbandona mai qualsiasi cosa accada a livello persona-le e collettivo. Lo si lascia solo se cambia colore politi-co e non ci sono più le condizioni soggettive e oggettive per restaurare la linea e la direzione marxiste-leniniste. In questo caso però non ci si deve ritirare a vita privata ma impegnarsi per ricostruire il vecchio Partito marxista-le-ninista.

Gli insegnamenti di Mao sul Partito del proletariato, il Partito marxista-leninista, sono già largamente praticati a tutti i livelli del PMLI, d’ora in poi dobbiamo applicarli con maggior decisione, precisione e consapevolezza, con una coscienza ideologica, politica e organizzativa più alta e più matura.

(Brano tratto dal Discorso di Giovanni Scuderi alla Comme-morazione di Mao nel 35° Anniversario della scomparsa, pro-nunciato a Firenze l’11 settembre 2011, dal titolo: “Applichiamo gli insegnamenti di Mao sul Partito del proletariato”)

Un discorso mirabile e incoraggiante

Continuiamo la pubblicazione di alcuni pareri di simpatizzanti e ami-ci del PMLI sul discorso di Scuderi per il 35° Anniversario della morte di Mao.

Il discorso del Segretario Scu-deri è mirabile; esamina storica-mente la figura di Mao, la strategia vincente seguita per sconfiggere i nemici della rivoluzione e la ne-cessità di creare il Partito affinché la stessa possa diventare realtà e, quindi, solo così il marxismo as-sume il carattere della scientificità confinando a formazioni umanita-ristiche il marchio dell’utopia.

Giusta la creazione di quadri dirigenti che possono sempre col centralismo democratico mante-nere costante la direzione del Par-tito. Ottima l’osservazione della lotta tra proletariato e borghesia; è una lotta difficile molto di più di quella tra proletariato e grande

capitale in quanto la borghesia è più camaleontica, flessibile, riesce insieme ai revisionisti ad ingan-nare, è un diavolo vestito da an-gelo. Invece, il capitalismo domi-nante è meno nascosto: pensiamo alla passata DC o al PDL o ad altri partiti di governo o di finta oppo-sizione, riescono ad attrarre con le loro lusinghe più gente di quanto non possa fare un partito di estre-ma destra.

Concludo con la parole del grande Scuderi che ascoltai a Fi-renze anni fa: “Il cammino è tor-tuoso ma l’avvenire è radioso”.

W i cinque Maestri, gloria al Segretario Scuderi!

Alfredo – provincia di Napoli

Da operaio, come posso sostenere la causa?Buonasera,sono un operaio che viene da

una terra di fabbriche e impegno politico ormai devastata.

Chiedo informazioni su come sostenere la vostra (e anche mia) causa nella speranza di un doma-ni migliore. Grazie.Marco - provincia di Frosinone

Le vergognose malefatte del governo Monti

Cari compagne e compagni,il governo Monti vuol rimette-

re l’Ici sulla prima casa, una ver-gogna lucrare sui sacrifici delle famiglie. Poi vuol innalzare l’età pensionabile, violare la privacy di chi ritira mille euro in banca e intanto aumenta la disoccupazio-ne. Siamo messi bene.

Saluti da simpatizzante.Adolfo - provincia di Pisa

Uno spettro s’aggira in Europa: la rivolta dei

proletariIl capitale internazionale ha

individuato nella Germania il suo punto di forza e di riferimento, il bastione politico dietro cui si riparano gli interessi delle tec-nocrazie e delle élite finanziarie mondiali. Se la Germania è l’in-terlocutore privilegiato del gran-de capitale all’interno dell’area dell’euro, la conseguenza è esat-tamente l’imposizione dall’alto di una linea politica di “germanizza-zione” di tutti i Paesi che fanno parte dell’euro, perciò chi non si adegua agli “standard” richiesti dai vertici della BCE rischia di es-sere emarginato dall’euro, oppure di retrocedere in una “categoria” inferiore.

I sacrifici imposti al popolo italiano dall’emissario della BCE, Mario Monti, al solo scopo di assicurare il pagamento degli interessi sul debito pubblico al grande capitale finanziario, pos-sono garantire al massimo un breve periodo di ripresa dei titoli italiani. Oltre il 97% di questi titoli sono incettati dalle banche che esigono pagamenti immediati,

pena il tanto temuto default: sono gli usurai dell’economia globale, i signori del denaro e dell’alta fi-nanza, i padroni delle grandi ban-che mondiali, a cui la BCE e le banche italiane sono consociate. Ecco a chi vanno i soldi estorti ai proletari italiani ed europei.

In questo contesto storico ha un peso enorme una variabile che è un elemento imponderabile anche per il grande capitale, os-sia il punto oltre il quale rischia di venir meno e di esaurirsi la rasse-gnazione dei proletari, rendendo imprevedibile ed ingovernabile il corso della crisi. Il tenore di vita del proletariato europeo sta pre-cipitando verso livelli di paurosa indigenza: solo in Italia sono 18 milioni le famiglie che versano in condizioni di pauperismo, ma negli altri Paesi che si trovano in bilico tra il permanere nell’area dell’euro e il default, la situazione risulta addirittura peggiore.

Le dimensioni sociali della di-soccupazione raggiungono ormai cifre inquietanti, mentre il preca-riato è diventato uno status per-manente per milioni di giovani in tutta Europa. Per i proletari indi-genti non ha alcuna importanza la risalita degli indici di borsa: essi misurano la loro esistenza su ciò di cui hanno bisogno e di cui non riescono a privarsi.Lucio Garofalo - Lioni (Avellino)

Lacrime di coccodrillo sulle pensioni

Dalle lacrime di coccodrillo della ministra Fornero, pessima attrice, alle decisioni sui tagli delle pensioni e dei pensionati, alla faccia dell’equità. Di equo si intravedono solamente le redistri-buzioni dei capitali alle banche sottratti ai cittadini più poveri, come normalmente accade in questo Paese.

Ogni morto o infortunio sul la-voro, dopo i 60 anni, da oggi sarà responsabilità del governo Mon-ti, l’infame tirapiedi delle banche e del capitalismo. Lo avrai ca-merata Monti il monumento che pretendi da noi italiani, ma con che pietra si costruirà a deciderlo tocca a noi.

Osvaldo Bossi - Gallarate (Varese)

Richiedete

Le richieste vanno indirizzate a: [email protected] postale: IL BOLSCEVICO - C.P. 477 - 50100 FIRENZETel. e fax 055 2347272

Il PMLI produce un grosso sforzo per far giungere alle masse la sua voce anticapitalista, antiregime neofascista e per l’Italia unita, rossa e socialista. I militanti e i simpatizzanti attivi del Par-tito stanno dando il massimo sul piano economico. Di più non possono dare.

Il PMLI fa quindi appello ai since-ri fautori del socialismo per aiutarlo economicamente, anche con piccoli contributi finanziari. Nel supremo inte-resse del proletariato e della causa del socialismo.

Più euro riceveremo più volantini potremo diffondere contro il governo della grande finanza, della UE e della macelleria sociale guidato da Monti.

Aiutateci anche economicamente per combattere le illusioni elettorali, parlamentari, riformiste e governative e per creare una coscienza, una men-talità, una mobilitazione e una lotta rivoluzionarie di massa capaci di ab-battere il capitalismo e il potere della borghesia e di istituire il socialismo e il potere del proletariato. Grazie di cuore per tutto quello che potrete fare.

Consegnate i contributi nelle nostre Sedi o ai nostri militanti oppure inviate i contributi al conto corrente postale n. 85842383, specificando la causale, intestato a:

PMLI - via Gioberti, 10150121 FIRENZE

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N. 46 - 22 dicembre 2011 PMLI / il bolscevico 11IMPRESSIONI DI MILITANTI DEL PMLI SULLA COMMEMORAZIONE DI MAO

Proseguiamo la pubblicazione, iniziata sul numero 35/11, delle impres-sioni richieste dal Centro del Partito ad alcuni militanti del PMLI sulla commemorazione di Mao e sul discorso del compagno Giovanni Scuderi.

Dobbiamo radicarela vittoriosa bandiera

rossa del PMLI fin dentro al nostro cuore

Il discorso pronunciato dal Se-gretario generale compagno Gio-vanni Scuderi dal titolo “Appli-chiamo gli insegnamenti di Mao sul partito del proletariato” of-fre numerosi spunti di riflessione marxista-leninista, sui quali ogni sincero fautore del socialismo è chiamato a soffermarsi per fare il punto della propria coscienza di classe in questo nuovo periodo di lotte di piazza contro il capitali-smo, le sue istituzioni finanziarie ed i suoi governi.

Nel suo discorso pronunciato l’11 settembre, il compagno Scu-deri ha espresso chiaramente cosa ha significato fondare l’autentico partito del proletariato in Italia con queste parole: “Quando è venuto a mancare fisicamente (il presiden-te Mao, ndr), ci siamo trovati di colpo senza un fondamentale pun-to di riferimento e di fronte a nuo-ve responsabilità nei confronti del nostro proletariato e della cau-sa del socialismo. Capimmo che per non perdere la rotta dovevamo raddoppiare gli sforzi per studiare il marxismo-leninismo-pensiero di Mao e per applicarlo nella realtà concreta del nostro Paese. È sta-ta la nostra àncora di salvezza in una situazione in cui tanti partiti e gruppi in Italia e all’estero am-mainavano la bandiera di Mao e si autoscioglievano. Per noi la teo-ria rivoluzionaria del proletariato è il nutrimento intellettuale quoti-diano, come lo è il pane per il cor-po”.

Da qui si desume con tutta evi-denza che la missione storica del nostro amato Partito non è affatto una passeggiata. Il PMLI è il Parti-to del proletariato, nato per portare al potere il proletariato, instauran-do il socialismo, ossia la dittatura del proletariato. Non ci sono vie di

mezzo. Per questo motivo, i mili-tanti devono essere un tutt’uno col Partito, sposandone appieno la li-nea rivoluzionaria marxista-leni-nista del 5° Congresso, per risol-vere e superare le contraddizioni ancora insolute, a partire da quelle in seno ad ognuno di noi: insom-ma, come hanno fatto gli storici compagni pioneri del PMLI, dob-biamo radicare la bandiera rossa vittoriosa del PMLI fin dentro al nostro cuore perché è solo in quel momento che il proletariato ha il suo nuovo soldato rosso.

A proposito delle contraddizio-ni interne insolute, il compagno Scuderi ci invita ad impugnare ri-solutamente l’arma della critica e dell’autocritica verso noi stessi e verso gli altri compagni per far crescere il Partito ed il suo Gigan-te Rosso, ricordando che “La criti-ca e l’autocritica sono lo strumen-to che dobbiamo usare per trattare le contraddizioni in seno al Parti-to. Primo, autocriticarsi sponta-neamente se si commettono degli errori. Secondo, criticare senza indugio chi sbaglia, o che ci sem-bra che sbagli, chiunque esso sia. Tutti, chi più, chi meno, commet-tiamo degli errori, piccoli, medi o grandi; quindi tutti siamo sogget-ti alla critica e all’autocritica, a seconda della gravità degli errori commessi. In questo processo di-ventiamo più forti personalmente e collettivamente, perché imparia-mo qualcosa di più e a non ripete-re gli stessi errori”.

A tutti i compagni in buona fede ancora nel guado del revi-sionismo ed i sinceri fautori del socialismo, il compagno Scuderi rammenta che sono imprescindibi-li il pensiero e l’opera di Mao per comprendere a fondo cosa è suc-cesso nell’URSS di Lenin e Stalin

e nella Cina di Mao dopo la scom-parsa dei grandi Maestri del pro-letariato internazionale, afferman-do: “chi vuol fare la rivoluzione socialista non può prescindere dal pensiero e dall’opera di Mao. An-che chi vuol semplicemente sapere cosa è accaduto nel mondo dopo la scomparsa di Stalin non può fare a meno di ricorrere a Mao il cui pensiero è essenziale per com-prendere la natura, le funzioni e gli scopi del revisionismo moder-no e lo scempio che ha compiuto nell’Urss di Lenin e Stalin, nella Cina di Mao, negli altri paesi un tempo socialisti e nei partiti co-munisti storici. Le nuove genera-zioni attraverso il pensiero di Mao possono arrivare più facilmente a capire il pensiero di Marx, En-gels, Lenin e Stalin, la loro opera, la via rivoluzionaria, il socialismo e il comunismo”.

Qualunque compagno si sia reso davvero conto dello scempio perpetrato dai revisionisti d’ogni risma nei confronti del proletariato internazionale della nostra epoca, non può non tener conto della mis-sione e dell’opera del PMLI, che non ha mai ammainato la bandiera rossa di Marx, Engels, Lenin, Sta-lin e Mao, quando tutti i falsi parti-ti comunisti la ammainavano. Ed è ben chiaro: ad oggi è stato il PMLI ad aver vinto ed i partiti revisioni-sti storici ad aver perso.

Ogni militante del PMLI deve tenere ben presenti le parole del compagno Scuderi per fare del PMLI un Gigante Rosso anche nel corpo, ossia: “Il marxismo-lenini-smo-pensiero di Mao è la cultura del proletariato, il liberalismo è la cultura della borghesia. O sce-gliamo l’una o scegliamo l’altra. Non è possibile un’altra soluzione, nemmeno quella di pescare in tut-te e due le culture. In questo caso la bilancia penderebbe a favore della cultura borghese. ‘La cultu-ra rivoluzionaria, afferma Mao, è per le masse popolari una pode-rosa arma rivoluzionaria. Prima della rivoluzione, essa prepa-ra ideologicamente il terreno, e, durante la rivoluzione, è un set-tore necessario e importante del fronte generale rivoluzionario’.Una volta che le masse prole-tarie, popolari, giovanili e fem-minili acquisiscono la cultura del proletariato, essa illumina la mente e genera una enorme forza materiale. Lo sanno bene tutte le compagne e i compagni del Par-tito che hanno fatto propria tale cultura e che, quando ne hanno la necessità, vi ricorrono per rin-frescarsi la memoria e per il loro lavoro politico rivoluzionario”.

Da qui è ben chiaro come ogni militante del PMLI sia chiama-to a far propria la cultura proleta-ria marxista-leninista e a portarla tra le masse lavoratrici e popola-ri: a mano a mano che quest’ulti-ma avanza, sconfiggendo colpo su colpo il parlamentarismo, il libe-

ralismo, il revisionismo e facendo nuovi soldati rossi, il corpo del fu-turo Gigante Rosso intanto cresce, fino a quando non sarà in grado di alzarsi in piedi, facendo tremare cielo e terra.

Per fare questo, però, occorre affrancare i movimenti di massa anticapitalisti di cui i marxisti-le-ninisti fanno parte dalle istituzioni in camicia nera, per recidere qual-siasi legame col capitalismo e le sue istituzioni che possono fiac-carli in partenza e per rinforza-re le fila del nostro Gigante Ros-so, come il compagno Scuderi ha affermato nel suo discorso con queste parole: “Per abolire que-ste crisi e il dominio del capitale non c’è altra strada che abolire il capitalismo. Dobbiamo perciò combattere ogni illusione eletto-rale, parlamentare, governativa, costituzionale, riformista e paci-fica, e al contempo convincere i movimenti di massa di cui faccia-mo parte a essere autonomi e indi-pendenti dalle istituzioni borghesi e dai governi borghesi, qualsia-si colore essi abbiano. Compre-si i governi arancione di Luigi De Magistris e di Giuliano Pisa-pia, che si adoperano per integra-re i movimenti e la sinistra sociale nelle istituzioni borghesi e nel ca-pitalismo attraverso la cosiddetta ‘democrazia partecipativa’”.

Il discorso pronunciato dal compagno Scuderi delinea come la Lunga Marcia politica ed orga-nizzativa del nostro amato Partito possa procedere unicamente sul-le gambe e sulle braccia dei suoi militanti e simpatizzanti attivi, forti dell’ideologia rivoluziona-ria marxista-leninista e dello sti-le rivoluzionario marxista-lenini-sta, senza remore o riserve di sorta per impegnarsi nella lotta ideolo-gica come una guerra di trincea, contro qualsiasi elemento, ideo-logia o concetti errati che possano far deviare la linea del Partito, af-fermando: “Chi rifugge dalla lot-ta ideologica attiva, chi non reg-ge alle critiche, getta la spugna e fugge dal Partito, vuol dire che non è un autentico marxista-leni-nista. Il Partito non si abbandona mai qualsiasi cosa accada a livel-lo personale e collettivo. Lo si la-scia solo se cambia colore politi-co e non ci sono più le condizioni soggettive e oggettive per restau-rare la linea e la direzione marxi-ste-leniniste. In questo caso però non ci si deve ritirare a vita pri-vata ma impegnarsi per ricostrui-re il vecchio Partito marxista-leni-nista”.

Come ci ha insegnato Mao, la rossa bandiera rivoluzionaria po-trà sventolare pienamente in ogni trincea politica “solo se tutto il vento spirerà nella stessa dire-zione”, che è quella tracciata dal-l’autentico partito del proletariato, dalla via dell’Ottobre e dal socia-lismo.

Marino – Pineto (Teramo)

Il compagno Scuderici rende capaci di capire

come essereveri rivoluzionari

Il compagno Giovanni Scude-ri come sempre riesce non solo ad emozionare con lucidità e gran-de forza rivoluzionaria, ma anche a rinverdire il pensiero e le varie tappe della vita del nostro amato Maestro del proletariato interna-zionale Mao.

Lo ringrazio per darmi la capa-cità di capire, per mezzo delle sue idee, come essere un vero rivolu-zionario anche e soprattutto nella vita di tutti i giorni.

Scuderi ripercorrendo le gesta di Mao ci appassiona per la vitali-tà e la grande intelligenza di que-sto grande statista che fu protago-nista di un grande sconvolgimento per milioni di persone. Egli ave-va capito, difeso e rappresenta-to, malgrado le sue origini picco-lo borghesi, la via per la salvezza dell’uomo in sintonia con la real-tà concreta e adottando il metodo giusto estrapolato dai suoi prede-cessori, partendo ovviamente da Marx, Engels e poi Lenin e Sta-lin.

Malgrado l’influenza che da giovane lo avevano portato, come tanti suoi coetanei, a leggere libri di vari progressisti borghesi occi-dentali dell’epoca, dopo lo scop-pio della rivoluzione in Russia, scoprì leggendo Marx, Engels e poi Lenin e Stalin che un’altra or-ganizzazione sociale più giusta e concreta poteva esistere ed essere applicata, quindi da quel momen-to lasciò le varie idee progressiste borghesi e diventò un rivoluziona-rio marxista, fondando poi il Par-tito comunista cinese. L’influenza di Lenin fu basilare per rovesciare lo stato delle cose, e gli permise, con la rivoluzione, l’impresa della conquista del potere in Cina.

Ma non tutto fu rose e fiori, in-fatti dovette combattere contro i vari opportunisti di “sinistra” e trotzkisti, oltre ai borghesi con-trorivoluzionari, vincendoli con la ragione di chi, come lui, aveva una grande preparazione marxi-sta-leninista. Riuscì a portare a sé i contadini (maggioranza nel Paese) e gli operai, preparando-li ideologicamente con l’aiuto del partito, formandoli cultural-mente.

Ma il pensiero di Mao si in-trinseca anche nella vita quotidia-na, portando appunto a formare le menti nella cultura comunista e nella vigilanza contro il subdolo e falso stile di vita borghese. Pro-prio per questo fu il primo ad ac-corgersi, dopo la morte di Stalin, che in Russia si stava preparando una controrivoluzione borghese capitanata dalla cricca revisioni-sta con a capo Krusciov, che iniziò a denigrare e a vomitare falsità su Stalin, restaurando a poco a poco una dittatura fine a se stessa, anzi borghese.

Capì che anche in Cina, nel-le file del partito c’erano elemen-ti simili a Krusciov e che doveva ulteriormente impegnarsi per non far perdere la bussola al suo popo-lo, ed infatti sferrò un duro colpo con la Grande rivoluzione cultura-le proletaria, azionando un moto

(pensiero) che portò milioni di giovani ad abbracciare con più vi-gore il pensiero marxista-lenini-sta dando ulteriore impulso e fre-schezza, smascherando quei finti comunisti insediati come serpi nel partito e nel governo.

Il suo insegnamento ci permet-te tuttora di capire veramente chi agisce per il bene del popolo con tutto se stesso in un’ottica marxi-sta, e chi invece lo raggira fingen-dosi comunista per accaparrar-si voti e poltrone nelle istituzioni borghesi.

Il nostro Partito si è forgiato con il pensiero di Mao, seguendo i suoi insegnamenti, partendo dai suoi dirigenti, profondi conosci-tori del marxismo-leninismo. Ma come dice il compagno Scuderi: “mai sentirsi appagati per quello che sappiamo fare”, non si finisce mai di imparare e dobbiamo far-lo sempre fino all’ultimo respiro, per migliorarci e diventare sempre più forti.

Così come non dobbiamo mai stancarci nel dedicarci a formare i militanti, futuri quadri del Parti-to, per farlo rimanere sempre ros-so e impenetrabile dagli attacchi borghesi. Per questo occorre es-sere rivoluzionari umili, modesti, applicare il centralismo democra-tico, attuare la critica e l’autocri-tica, aberrare l’individualismo e l’egoismo. Essere degli autentici marxisti-leninisti.

Come ci ricorda il compagno Scuderi, citando le parole di Mao: “Noi comunisti siamo come semi e il popolo è come la terra, ovun-que andiamo dobbiamo unirci al popolo, mettere le radici e fiori-re in mezzo al popolo. Ovunque vadano, i nostri compagni devo-no stabilire buone relazioni con le masse, prendersi cura di esse e aiutarle a superare le difficol-tà. Dobbiamo unirci alle larghe masse popolari; quanto più ci riusciremo, meglio sarà”.

Il discorso del compagno Scu-deri ci ricorda che con l’aiuto di Mao dobbiamo riuscire a capi-re le varie contraddizioni in seno al popolo e come far fronte unito con le altre forze antifasciste, sen-za snaturare le nostre concezioni e la linea del Partito. Quindi prepa-riamoci alla lunga marcia a fian-co del popolo, dei lavoratori, degli studenti, dei precari e dei disoc-cupati, con il nostro amato PMLI faro indissolubile, il quale attrar-rà sempre più il popolo per la sua fermezza nel difendere gli inse-gnamenti dei grandi Maestri del proletariato, portandolo alla vera libertà che solo una società comu-nista può garantire.

Con l’aiuto del pensiero di Mao faremo sì che il PMLI riman-ga sempre rosso e immune dagli attacchi e le lusinghe dei borghesi e dei falsi comunisti.

Salvare la Cina, diceva Mao, riuscendoci. Salviamo l’Italia come dice il PMLI e ci riusciremo.

W Marx, Engels, Lenin, Stalin e Mao. Con il PMLI vinceremo!

Ivan - Firenze

Firenze, 11 settembre 2011. La commemorazione di Mao per il 35° Anniversario della sua scomparsa, mentre il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del PMLI, tiene il discorso uffi ciale

L’USO DEI SOCIAL NETWORK NON PUÒ

SOPPIANTARE L’ATTIVITÀ POLITICA DIRETTA

TRA LE MASSELa Cellula “Nerina ‘Lucia’

Paoletti” di Firenze del PMLI si è riunita per approfondire le indicazioni del Partito sul-l’uso corretto di internet e dei social network alla luce degli ultimi avvenimenti in merito alla mancanza di centralismo democratico e vigilanza ri-voluzionaria all’interno e al-l’esterno del Partito da parte di militanti e simpatizzanti.

Tutti i compagni sono stati concordi nell’appoggiare la li-nea e le indicazioni dettate dal Partito.

Il confine che separa un uso politico corretto e utile di internet da un uso scorretto e dannoso è molto sottile e non deve essere in alcun modo ol-trepassato.

L’uso di internet e dei so-

cial network può essere im-portante e utile se fatto con coscienza e vigilanza e non può in nessun caso soppian-tare l’attività politica diretta tra le masse, insostituibile e prioritaria per un Partito come il PMLI.

La Cellula approva in pie-no le indicazioni del Partito e le farà proprie nella futura at-tività politica alzando il livello di vigilanza anche su questo fronte e, come suggerì il no-stro Segretario generale Gio-vanni Scuderi, privilegiando sempre e comunque l’uso del megafono a quello della tastiera.

Da un rapporto interno del-la Cellula “Nerina ‘Lucia’ Pao-letti” di Firenze del PMLI

I nostri indirizzi:IL BOLSCEVICO - CP 477 - 50100 [email protected]

Page 12: IL Bolscevico-PMLI n.46 2011

12 il bolscevico / interni N. 46 - 22 dicembre 2011

Contro la TAV

BATTAGLIA IN VAL DI SUSADure cariche delle “forze dell’ordine”. Diversi feriti. Tre fermati.

Devastata la baita-presidio dei NoTav OCCUPATA L’AUTOSTRADA TORINO-BARDONECCHIA

Tre cortei con migliaia di ma-nifestanti hanno attraversato di nuovo la Val Susa nel sesto an-niversario della liberazione e la riconquista della piana di Venaus, dove nel 2005 carabinieri e polizia distrussero nottetempo il presidio dei NoTav.

Due cortei partiti da Giaglio-ne e Chiomonte alle 10 e 30 del mattino si sono diretti verso la Baita attraverso i boschi a causa dello sbarramento creato dalle “forze dell’ordine” con dei jersy (transenne di cemento). Lungo i sentieri e le gole sono arrivati an-che diverse famiglie con bambini e molti ragazzi delle scuole. Una salva di fuochi d’artificio ha se-gnato l’inizio del nuovo assedio: alcuni manifestanti si sono avvici-nati alle reti con scudi di plexiglas per tagliarle. È qui che si è scate-nata la feroce reazione della poli-zia, carabinieri e guardia di finan-za, chiamati in forze a “blindare” il cantiere, con un fitto lancio di gas lacrimogeni criminalmente spara-ti ad altezza d’uomo: molti i feriti, gli intossicati e svariati gli incendi che i manifestanti hanno cercato di spegnere invano perché ricac-ciati indietro da altri lacrimogeni e lancio di pietre. Ne ha fatto le spese anche un operatore della Rai, colpito a una mano da un sasso, secondo lui e altri testi-moni, lanciato da un agente. C’è anche, lungo la rete, per un mo-mento, un duro corpo a corpo tra alcuni poliziotti e manifestanti.

21 i NoTav feriti o intossicati,

undici gli agenti contusi. Due i manifestanti ricoverati al Cto di Torino: con trenta giorni di pro-gnosi per una ferita ad un occhio e trauma cranico un ragazzo di sedici anni, al quale per 45 minu-ti è stata negata ogni assistenza perché la polizia presidiava l’uni-co accesso alla strada asfaltata che permette di raggiungere le ambulanze. Tre i fermati.

In serata, il movimento ha raccontato la devastazione e lo sfregio compiuto dalle “forze del-l’ordine” alla baita Clarea, presi-dio simbolo della lotta dei NoTav: “Hanno distrutto la cucina e la sala da pranzo, hanno tagliato i teli, urinato sugli oggetti. E, addi-rittura, rubato alcuni zaini e sac-chi a pelo”.

Il terzo corteo è partito dalla

stazione di Susa: aperto da un gruppo di bambini con lo striscio-ne “La valle è nelle nostre mani”, si è diretto verso l’A32 per pro-testare contro la Sitaf, la società che gestisce il tratto, considerata “complice della militarizzazione in valle”, bloccando l’importante arteria di comunicazione. In sera-ta, l’occupazione dell’autostrada è continuata con musica e inter-venti.

Le reazioni dei politici borghesi sono state come sempre di con-danna verso i manifestanti e non verso la brutale repressione delle “forze dell’ordine”; dal sindaco di Torino Piero Fassino, che parla di Val Susa “sfregiata dagli estremi-sti”, al governatore Roberto Cota, che invoca “un minimo di serietà” da parte dei No Tav. Vi è stata una

“spaccatura” di Sel, che vedeva il segretario provinciale Michele Curto in corteo mentre una cor-posa parte del suo partito pubbli-cizzava un documento contrario alla sua adesione. Hanno parte-cipato al corteo anche la Fiom di Torino e il PRC.

Le dichiarazioni del ministro alle infrastrutture Corrado Passe-ra hanno rafforzato il giudizio am-piamente negativo sulla manovra finanziaria e sul governo Monti che aleggiava nei cortei: “Non abbiamo governi amici” ha sinte-tizzato uno dei leader, Alberto Pe-rino. Infatti, Passera ha spiegato che non ci saranno cedimenti e che la Tav si farà nei tempi e nei modi previsti. Proprio lui che come Amministratore delegato di Banca Intesa sponsorizzava, finanziava e lucrava sulle grandi opere.

La politica del pugno di ferro verso chi si oppone al manovra-tore è passata di mano come le poltrone dal neoduce Berlusconi al governo del tecnocrate bor-ghese Monti: “Hanno innalzato il livello di reazione dopo le parole del nuovo ministro dell’interno, che ha invocato il pugno duro contro le proteste - dice Perino -. Ma si sta esagerando. E adesso abbiamo paura, perché ogni vol-ta che ci muoviamo, anche solo di poco, al di là del consentito ci tirano i lacrimogeni addosso”.

Per ora le denunce legate agli incidenti sono due; altre cinque sono per chi è stato individuato mentre cercava di raggiungere il concentramento portando il kit del guerrigliero. Per i NoTav che hanno bloccato l’autostrada si profila una sanzione amministra-tiva e, per i promotori che non hanno rispettato il percorso con-cordato per il corteo, una denun-cia penale. Prima della partenza 350 persone e 140 autoveicoli sono stati controllati e identificati dalla polizia.

La mobilitazione continua. La baita Clarea, è stata rioccupata e ha ospitato il giorno dopo una polentata e un’assemblea a cielo aperto.

Lo striscione di apertura di uno dei tre cortei organizzato dai manifestanti della Val di Susa contro la Tav l’8 dicembre scorso

UN VERO E PROPRIO SPERPERO DI DENARO PUBBLICO, 180 MILA EURO

La giunta De Magistris utilizza le auto blu

rimangiandosi le sue promesse di abolirle

Una politica antipopolare sulla scia di quella portata avanti dal rinnegato Bassolino e dalla DC IervolinoRedazione di NapoliGli assessori della giunta

comunale guidata dal neopo-destà Luigi De Magistris e i dirigenti comunali continuano a utilizzare le 31 auto blu e gri-gie di cosiddetto “servizio”. 29 macchine sono custodite negli autoparchi di Via Medina e Via Santa Maria del Pianto pronte per le “missioni istituzionali”: gli assessori arrivano a piazza Municipio e poi si spostano con l’auto blu. 2 vetture sono parcheggiate permanentemen-te all’interno di Palazzo San Giacomo per gli spostamen-ti del sindaco e del suo vice, il falso comunista Tommaso Sodano.

Il “rivoluzionario arancione” del tanto propugnato “cambia-mento” della macchina comu-nale, parlando alla prima sedu-ta dell’assise cittadina aveva promesso di abolire le auto blu e il divieto per gli assessori di usare le cosiddette “auto di rappresentanza”. “Gli asses-sori verranno a piedi – disse il nuovo podestà di Napoli. Le auto di servizio non potranno essere usate, se non per par-ticolari impegni istituzionali. Gli esponenti di giunta verranno con i motorini elettrici e le bici oppure usando il mezzo pub-blico. Saranno interrotti i con-tratti che vedono il Comune noleggiare le auto destinate ad assessori e dirigenti”.

A sei mesi da quel procla-ma, da parte della giunta di palazzo San Giacomo nulla di tutto questo è stato fatto! I mo-torini elettrici e le bici? Nean-che l’ombra. Mentre tuttora rimane intoccabile il contratto di leasing dalla durata bienna-le stipulato tra la precedente giunta della DC Iervolino e una società partenopea. Tale con-tratto, che scade nella prossi-

ma primavera, non è in discus-sione per l’attuale giunta. Esso prevede la fornitura di 31 auto blu e grigie: 16 Punto, 12 Pan-da e 3 Ford Mondeo. Il costo? Ben 180 mila euro. Una vera è propria beffa verso chi aveva creduto e votato De Magistris, ma anche un’ulteriore confer-ma di voler proseguire sulla strada dei suoi predecessori sindaci e di sperperare denaro pubblico.

Questa è la politica del “risanamento” adottata dalla giunta De Magistris. Dunque, avevamo ragione noi marxi-sti-leninisti partenopei, quan-do al ballottaggio del maggio scorso, nel comunicato della Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli, affermavamo che: “Nel

programma della nuova sirena della ‘sinistra’ borghese De Magistris, nonostante le sue accattivanti parole su cambi di aria a Palazzo S. Giacomo e sul riscatto di Napoli da ‘co-struire’ con i cittadini/movi-menti, ritroviamo le promesse elettoralistiche di sempre (ri-cordiamoci quelle di Bassoli-no) e gli intenti nel voler spe-gnere le tensioni, le proteste e le dure lotte sociali nell’illu-sione del partecipazionismo e dell’elettoralismo borghesi per poi farle arretrare”.

Il neopodestà De Magistris, sul-l’auto blu di servizio, mentre viene contestato dai lavoratori Bros il 4 novembre scorso

Documento approvato dall’Assemblea fi orentina del Comitato No debito

“LA SOSTITUZIONE DI BERLUSCONI HA LASCIATO SPAZIO A UN GOVERNO

UGUALMENTE DI DESTRA”Riceviamo e pubblichiamo in

estratti il documento approvato dall’assemblea del Comitato No debito che si è svolta il 24 no-vembre scorso presso l’Sms di Rifredi a Firenze.

L’assemblea ribadisce l’as-soluta necessità di promuove-re una campagna nei luoghi di lavoro e di studio, nei quartieri basata sui 5 punti già promossi dall’assemblea del primo otto-bre scorso:

- non pagare il debito, far pagare la crisi alle banche, alla finanza internazionale e ai ric-chi.

- no alle spese militari e a

tutte le spese di guerra- giustizia per il mondo del

lavoro, diritti per tutte e tutti, no alla flessibilità e alla precarietà

- beni comuni come alterna-tiva alle privatizzazioni e al mer-cato selvaggio

- riconquistare nei luoghi di lavoro, nella società e nell’in-formazione, una democrazia reale in alternativa al populi-smo berlusconiano e alla tec-nocrazia imposta dalla Bce.Non solo tali punti devono es-sere oggetto di assemblee e controinformazione a tutti i livelli, ma devono diventare anche la base per un coordi-

namento reale sul territorio tra realtà organizzate, movimen-ti, realtà lavorative e di studio che compongono la campagna “Dobbiamo fermarli!”.

Abbiamo ribadito sin dalla nascita di questo movimento di essere contro il Governo uni-co delle banche. Oggi questo governo si è concretamente materializzato con la nomina dell’esecutivo Monti, vero e proprio commissario nomina-to dalla Bce. È così disvelato il meccanismo dell’alternanza: la sostituzione di Berlusconi ha lasciato spazio a un governo ugualmente di destra.

UN ULTERIORE SALASSO PER FAR PAGARE L’EXPO ALLE MASSE POPOLARI MILANESI

IRPEF, TARSU: arriva la stangata aggiuntiva di Pisapia

Redazione di MilanoLa giunta arancione guidata

dal neopodestà Giuliano Pisapia e sostenuta dai partiti falso-co-munisti PRC e PdCI, prosegue inesorabilmente nello stangare le masse popolari milanesi. Ecco che, dopo l’aumento del 50% del biglietto urbano dei trasporti pub-blici, dopo l’introduzione dell’ad-dizionale IRPEF, dopo l’aumento del pedaggio d’ingresso “Eco-pass” alla cerchia dei Bastioni, la giunta della “sinistra” borghese sta studiando proprio in questi giorni la manovra per far quadra-re i conti del bilancio, sbilanciato

in uscita dalle ingenti (quanto inu-tili per le masse) spese per Expo 2015 e che consiste in ulteriori tagli alle spese per i servizi, oltre a nuove tasse e rincari di quelle già esistenti.

Addizionale IRPEF

Il balzello IRPEF introdotto dal “vento che cambia” di Pisapia lo scorso giugno raddoppierà dallo 0,2% allo 0,4% e farà introitare ben 45 milioni di euro.

Tassa sui rifiuti solidi urbani (TARSU)

La tassa sui rifiuti incremen-

terà al 25% che farà rimpinguare le casse comunali di ulteriori 50 milioni di euro.

Gli effetti sulle masse lavo-ratrici e popolari si faranno ine-vitabilmente sentire. La nuova TARSU graverà mediamente sui nuclei famigliari per ben 369 euro annui, mentre l’IRPEF peserà per 120 euro.

Un ulteriore salasso, insom-ma, somministrato dal neopode-stà Pisapia e dal suo assessore tartassatore al Bilancio Bruno Tabacci, per far pagare l’Expo alle masse lavoratrici e popolari milanesi.

COMUNICATO DELL’ASSISE CITTADINA PER BAGNOLI

La giunta De Magistris riconfermala colmata di Bagnoli

per le attrezzature dell’America’s CupPubblichiamo in estratti il co-

municato dell’Assise Cittadina per Bagnoli emesso il 12 dicem-bre scorso.

L’Assise Cittadina per Bagno-li, è preoccupata che il Comune di Napoli riconfermi la colmata di Bagnoli come sede delle at-trezzature per le America’s Cup World Series previste nel 2013, malgrado i riconosciuti problemi sanitari, ambientali e urbanistici dell’area. Constata che, malgrado le promesse elettorali, la giunta De Magistris non sta praticando una reale discontinuità rispetto alle vecchie logiche di gestione del territorio.

Ad onta di tutti i discorsi sul-la trasparenza, la partecipazione popolare, una gestione equa, efficiente e corretta delle risorse pubbliche, la giunta De Magistris ha preferito arroccarsi in un deci-sionismo di facciata che l’ha con-dotta in un vicolo cieco, da cui non

sembra però essere intenzionata ad uscire. Gli impegni finanziari e giuridici contratti con l’ACEA e le ditte vincitrici della gara per l’al-lestimento della colmata, nonché l’esposizione mediatica che essa stessa ha suscitato sulla vicenda, spingono oggi l’amministrazione comunale a ribadire la scelta di Bagnoli per le pre-regate previste nel 2013 e prospettare soluzioni d’urgenza per quelle da tenersi in questa primavera. La questione è quindi tutt’altro che risolta. Piut-tosto che prendere atto di aver perseguito una scelta sbagliata e procedere ad un’inversione di rot-ta, assumendosi le responsabilità del caso, si preferisce rilanciare il bluff, a tutto scapito dell’interes-se pubblico.

Il rilancio della riqualificazio-ne di Bagnoli è uno dei principali banchi di prova per questa ammi-nistrazione comunale, sia per la rilevanza territoriale della questio-ne che per gli impegni di merito assunti da De Magistris in cam-

pagna elettorale. Se non erano all’ordine del giorno soluzioni mi-racolistiche, era però ragionevole aspettarsi un chiaro bilancio cri-tico della situazione e l’imposta-zione di un modus operandi op-posto rispetto al passato. Invece, su nessuna delle questioni aperte sulle ex aree industriali (revoca della vendita dei suoli pubblici su via Nuova Bagnoli, verifica della bonifica condotta dalla Bagno-liFutura, ritiro delle concessioni private sul lungomare, interventi per promuovere la rimozione del-la colmata e la bonifica del lito-rale, gestione sociale delle opere pubbliche realizzate, revisione della scelta portuale, etc.) il Co-mune ha dato effettivi segnali di svolta. Si ripropongono invece lo-giche e soluzioni aziendalistiche per gli interventi sulle altre zone incluse nella Variante per l’Area Occidentale (piazzale Tecchio e stadio S.Paolo, aree Edenlandia-Zoo-ex Cinodromo, ex comando Nato di Bagnoli).

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N. 46 - 22 dicembre 2011 emilia-romagna / il bolscevico 13PARTECIPATA E SENTITA ASSEMBLEA, DISERTATA DAGLI AMMINISTRATORI DI “CENTRO-SINISTRA”

No all’inceneritore di CastelvetroIl PMLI attacca i rappresentanti della “Inalca” che magnifi cavano la “sicurezza” dell’impiantoDal corrispondente dell’Organizzazione di Castelvetro di Modena del PMLINella più totale disinformazio-

ne, tenendo volutamente all’oscu-ro le masse popolari grazie alla complicità dell’amministrazione comunale di “centro-sinistra” gui-data dal sindaco Giorgio Monta-nari (PD), Inalca S.p.A., colosso europeo della macellazione delle carni sotto il magnate Luigi Cre-monini, ha deciso a luglio scorso di costruire un inceneritore a bio-masse nei dintorni di Castelvetro di Modena, allo scopo di massi-mizzare i profitti autoproducendo l’energia di cui ha bisogno me-diante l’incenerimento degli scarti della macellazione.

Solo ora, a distanza di quasi 5 mesi, il fatto è venuto a galla ge-nerando una più che legittima in-dignazione. Il Movimento 5 Stel-le ha organizzato un’assemblea pubblica a Castelnuovo Rangone (Modena) nella serata di merco-ledì 30 novembre per informare la popolazione; la giunta comunale non si è nemmeno presentata.

A presentarsi è stata invece, a sorpresa, una delegazione di Inal-ca guidata da Giovanni Sorlini, di-rettore sicurezza e qualità. Dopo una iniziale presentazione delle normative vigenti in materia di co-struzione e gestione degli incene-ritori, i rappresentanti dell’azien-da hanno subito preso la parola, ufficialmente per “tranquillizza-re” i presenti. Hanno invece in-scenato un noioso quanto pubbli-citario monologo sulla “sicurezza ambientale” che sarebbe garanti-ta nella gestione dell’incenerito-re, senza rivelare, finché non sono stati messi alle strette, che non si

può sapere quanta diossina verrà prodotta se prima l’inceneritore stesso non sarà attivato (ed è ovvio che Cremonini e i suoi non ritire-rebbero mai, a quel punto, un in-vestimento da milioni di euro). Si sono dilungati su quanto esso sia utile a Inalca (ma non all’ambien-te o alla popolazione) e sul “presti-gio” della stessa azienda nel mon-do capitalista del “dio” denaro a spese delle masse; non è mancata la classica minaccia (infondata) di chiudere l’azienda nel caso in cui i progetti non vengano realizzati. Decisamente goffo il tentativo di giustificare il fatto che il progetto prevede un solo controllo all’an-no sulle emissioni, suscitando, nel contempo, il risentimento e la fru-strazione dei presenti.

Fra gli interventi pressoché unanime è stata la condanna di

Inalca. Molti hanno contestato come ultimamente la zona di Ca-stelvetro sia sempre più inquinata e che l’inceneritore non farà che aggravare la situazione, Ad esem-pio, il presidente dei viticoltori ha denunciato come esso potreb-be avere gravissime conseguenze sulla viticoltura, colonna portante dell’economia locale.

L’amministrazione comuna-le castelvetrese non è stata rispar-miata dalle critiche per la sua con-nivenza e assenza, nonché per non avere garantito trasparenza e partecipazione. “Ce ne ricordere-mo alle prossime elezioni”, dice-va qualcuno. E si pensi che, nel numero di novembre del mensile ufficiale del Comune di Castelve-tro, la giunta Montanari si vanta di favorire, in materia ambienta-le, “strumenti educativi, comuni-

cativi e soprattutto partecipativi” nel nome della “tutela della qua-lità ambientale” e “della vita dei cittadini”. All’ipocrisia non c’è mai fine!

Fra i primi a intervenire c’è stato il compagno Federico Picer-ni, Responsabile della locale Or-ganizzazione del PMLI, il quale si è innanzitutto rifiutato di sottosta-re alle “norme” per gli interventi, le quali prevedevano solo doman-de ai rappresentanti di Inalca ma, essendo un’assemblea pubblica, ha affermato Picerni, a chiunque andava riconosciuta la piena li-bertà di dire la propria, se l’azien-da voleva una conferenza stam-pa, l’avrebbe dovuta convocare a luglio. Il compagno ha quindi af-fermato che non si può dare al-cun credito alle parole di presunti “esperti” prezzolati e decisi a le-gittimare solo il proprio profitto, ribadendo che tematiche impor-tanti come i danni all’ambiente, i costi sulle masse popolari, i poz-zi da cui sarà prelevata l’acqua ne-cessaria, non erano state minima-mente toccate. Ha concluso, fra gli applausi, che non era accettabile il modo in cui l’azienda aveva ege-monizzato l’assemblea, che non si può fare alcun affidamento su di essa e che occorre respingere que-sto infame progetto.

Ha parlato brevemente anche il compagno simpatizzante Roberto denunciando lo spazio decisamen-te eccessivo concesso ai rappre-sentanti aziendali.

A conclusione dell’assemblea, è stata decisa la formazione di un coordinamento ed è stata lanciata la raccolta delle firme contro l’in-ceneritore. Il PMLI continuerà a fare la propria parte per la vittoria della lotta.

Il compagno Federico Picerni, Responsabile del lavoro giovanile del CC del PMLI, legge la relazione alla 3° Sessione del 5° CC del Partito (3 aprile 2011)

PROTESTE CONTROLE MISURE ANTI-DISABILI A BOLOGNA

Nel mirino la giunta del piddino Merola

Dal nostro corrispondente dell’Emilia-Romagna A Bologna la giunta di “cen-

tro-sinistra” guidata dal piddino Valerio Merola, succeduto ad Anna Maria Cancellieri, ora mi-nistro dell’Interno ed ex commis-sario della città nominata dopo lo scandalo “Cinziagate” che coin-volse il sindaco PD Delbono, è sotto il tiro delle associazioni che si occupano dei disabili e degli stessi disabili

Da mesi gli educatori del coordinamento operatori socia-li di Bologna si stanno battendo contro lo smantellamento del welfare da parte della giunta lo-cale. Si tratta di drastici tagli

che vanno dalla copertura oraria nei servizi scolastici ridotta, alla chiusura dei dormitori a dispetto dell’emergenza freddo, al taglio delle ore di assistenza domici-liare, all’accorpamento dei centri diurni e delle residenze per l’han-dicap psichiatrico creando quelli che vengono definiti “parcheggi per esseri umani”.

Venerdì 2 dicembre prima di uno spettacolo al Teatro Galleria di Bologna interpretato da attori con disabilità e non, il coordina-mento ha diffuso volantini in cui si diceva: “Buonasera signor Paolo (il riferimento è all’assessore al welfare Amelia Frascaroli, ndr), siamo qui a congratularci e a gra-

tificarci per quest’iniziativa che mette sul palco la disabilità, di-versità e ricchezza dell’uomo. Ma deve sapere che alcuni onorevoli signori che si puliscono la bocca, edificano la propria immagine con eventi simili a quello di oggi, lontano dalla messinscena sono piuttosto cattivi”. Proprio la Fra-scaroli all’arrivo non ha trovato di meglio che dire: “Ah siete venuti qui? Comprendo la situazione ma è giusto parlarne in altre sedi, non qui”.

All’inizio dello spettacolo gli educatori sono entrati in platea con volantini e striscioni “Ci ave-te rotto i servizi”. “Parliamo a voi che conoscete il problema – ha poi detto un delegato del Coordi-namento - i servizi così ridotti non aiutano noi che viviamo con 700 euro al mese e voi che vivete la necessità del nostro aiuto”.

Sabato 3 dicembre hanno invece protestato i disabili per l’introduzione dei T-Days a Bo-logna che prevedono la chiusura al traffico del centro, di per sé provvedimento giusto ma che li esclude dal centro città in quanto l’accesso è precluso anche alle loro auto, indispensabili per muo-versi e quindi anche accedere alla zona “T”.

“Bologna è sempre stata at-tenta ai problemi sociali ma que-st’anno, col sindaco Merola, ha dimostrato una caduta di stile o peggio, un cinismo insopportabile e deprecabile - ha dichiarato una delle organizzatrici della giornata di indignazione dei disabili e delle loro famiglie del 29 ottobre scor-so - il sindaco ha fatto chiudere al

traffico la cosiddetta zona T del centro per favorire pedoni e bici e ha dichiarato di volere fare vince-re il bene comune. Ora vorrei sa-pere il ‘bene comune’ come viene interpretato da questo distratto e disinformato sindaco che impedi-sce alle persone che non posso-no muoversi in bici e tanto meno sulle proprie gambe di entrare in quella zona centrale pur avendo il contrassegno handicap, calpe-stando ogni fondamentale diritto acquisito”.

L’assessore alla mobilità An-drea Colombo si è difeso dicen-do di aver istituito delle piazzole riservate ai disabili in Piazza Roo-sevelt, ma le associazioni replica-no: “Non tutti possono arrivare in Piazza Roosevelt e poi continua-re a piedi o in sedia a rotelle, mol-ti disabili sono compromessi dal punto di vista fisico e cognitivo, il Comune sta discriminando loro e le loro famiglie, ci ripensi”.

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Unione StampaPeriodica Italiana

chiuso il 14/12/2011ore 16,00

Emilia-Romagna

LA GIUNTA ERRANI MENTE SUGLI EFFETTI DEGLI

INCENERITORI SULLA SALUTEE uno studio scientifi co la sbugiardaDal nostro corrispondente dell’Emilia-RomagnaA un convegno pubblico, or-

ganizzato dagli assessori regio-nali alla Sanità e all’Ambiente per presentare i risultati dello studio Moniter sugli effetti degli inceneritori, commissionato dal-la Regione e costato 3 milioni di euro, dopo la lettura di un co-municato della giunta regionale in cui si leggeva che “per quan-to riguarda gli effetti sulla sa-lute l’indagine epidemiologica condotta nell’ambito di Moniter non mostra un incremento del ri-schio né per la patologie tumo-rali né per la mortalità in gene-rale”, è intervenuto il presidente del comitato scientifico di Mo-niter Benedetto Terracini.

Dissociandosi dal comuni-cato, Terracini ha dichiarato che “lo studio ha invece rileva-to un’associazione coerente e statisticamente significativa tra livelli di esposizione ed emis-sioni da inceneritore e nascite pretermine e si è pure osserva-to un andamento crescente della

prevalenza di aborti spontanei”. Nello studio “si è pure osserva-to un andamento crescente del-la prevalenza di aborti spontanei in relazione ai livelli di esposi-zione”, e che “considerando la prevalenza di malformati all’in-terno delle aree, si rivela un an-damento crescente con l’esposi-zione a carico della totalità delle malformazioni... per le cause tumorali la mortalità per tumo-re del feto nelle donne e del tu-more del pancreas nei maschi è significativamente associata ai livelli di esposizione più ele-vati”. Riferendosi poi alle aree intorno all’inceneritore di Mo-dena si legge “con l’incertezza maggiore, l’aumento dell’inci-denza di linfomi non Hodgkin all’aumentare di livello di espo-sizione nei due sessi considera-ti congiuntamente… il tumore del fegato anch’esso già segna-lato in letteratura è risultato va-riamente associato con l’esposi-zione nelle diverse coorti (aree limitrofe forno di Modena, ndr) indagate”.

Emergenza sfrattia Cesena e in regione

Dal nostro corrispondente dell’Emilia-RomagnaLa grave crisi del capitalismo

si ripercuote pesantemente anche sul fronte degli sfratti. Da gennaio a giugno 2011 nel cesenate ne

sono stati messi in atto 135, men-tre erano stati “solo” un centinaio nell’arco di tutto il 2010. Dal 2001 ad oggi l’aumento degli sfratti in Emilia-Romagna è stato addirittu-ra del 180%.

La miseria gridata in Chiesa“Ho fame,” ha urlato una

donna in difficoltà. E l’ha urlato dentro una chiesa. È successo a Palermo, di recente, presso la chiesa di San Giuseppe dei Teati-ni. In preda alla disperazione si è recata nell’unico luogo in cui pen-sava di trovare solidarietà, aiuto e sostegno sia economico che mo-rale. È sbagliato crederlo? Forse, per chi una simile disperazione non la vive. O magari, vivendola, si contiene per vergogna, perché non è abituato a “chiedere,” a recarsi nelle parrocchie per raci-molare quel chilo di pasta che lì si offre ai bisognosi.

Sarà stata un tipo sprovvedu-to perché ha gridato il suo biso-gno durante la funzione religiosa, quando avrebbe invece dovuto trovare un altro momento più propizio. Ma quando la necessità preme, soprattutto in chi manca di mezzi per capire certi conte-sti, esprime il proprio malessere in un immediato che può risulta-re disturbante. Sta a chi capisce

giustificare e tollerare, usando parole e mezzi volti a lenire certi drammi, non atteggiamenti che li acuiscano. Questo, detterebbe il buonsenso.

Il prete in un primo momento ha cercato di ignorare la voce della donna, continuando la sua omelia; ma questa insisteva ed allora lui ha replicato un “Basta” stentoreo. La sfortunata insiste-va: “Sono qui, senza niente. Non ho soldi e mi hanno sfrattata. E dove dormo per ora, il frigorife-ro è vuoto e io muoio di fame”. A calmarla hanno provato una donna e il sagrestano, ma inu-tilmente. Il prete, interrompendo l’omelia, le ha urlato per la se-conda volta: “Signora, basta”. “Basta che? - ha replicato la sventurata - ho fame e a casa il frigorifero è vuoto. Qui tutti a parlare di carità, vi fate la comu-nione e io a casa tengo il frigori-fero vuoto”.

Salvatore Rizzo -Paternò (Catania)

Proteggere i più deboli, non i miliardariCittà turistiche come ad

esempio Jesolo sono ormai sotto il controllo della mafia: calabrese, siciliana, napoletana o pugliese che sia, è la violenza all’ombra delle parrocchie il modello vin-cente. Le parrocchie, che ora si discute se dovranno pagare anche loro l’Ici, sono le cellule intoccabili attraverso cui ruota la miseria in Italia o la possibilità di guadagnare ed avere clienti. La strategia è sempre quella se uno sgarra mandano “la Croce

Rossa” a menare, che uno pen-sa ma come possono essere mai stati quelli della Croce Rossa a fare una cosa simile, deve essere qualcun’altro.

Proprio in questi giorni, l’am-ministrazione comunale della cit-tà dell’Alto Adriatico ha inaugura-to il classico presepio di sabbia e celebrato una strana cerimonia con alza bandiera in memoria di un militare britannico dicono fondatore dello scoutismo, ma a differenza di quello che hanno

scritto non sembra avere molto a che fare con la pace, anzi sembra quasi che abbiano dimostrato il contrario.

In questo periodo di crisi e di incertezza penso sia importante che i più deboli vengano tutelati e al contrario chi compie scor-rettezze venga messo nella con-dizione di non fare del male al prossimo solo per vendere i pro-pri prodotti o servizi o stendere il verbale per far carriera.

Alcune indicazioni utili nel caso decidiate di trascorrere le festività di fine anno a Jesolo.Gianni Pantarotto – Jesolo (Venezia)

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14 il bolscevico N. 46 - 22 dicembre 2011

Comunicato del Comitato provinciale fi orentino del PMLI

PIENA SOLIDARIETA’ ALLA COMUNITA’ SENEGALESE E ALLE VITTIME DI FIRENZEContro il razzismo e la xenofobia, per l’unità di lotta anticapitalista

e antimperialista dei lavoratori di tutte le nazionalitàI marxisti-leninisti fiorentini si

stringono alla comunità senegale-se e alle famiglie delle vittime del criminale razzista e fascista che il 13 dicembre ha freddato due im-migrati e feriti gravemente altri tre.

Questo gesto “folle” è il pro-dotto del dilagare della organiz-zazioni e della cultura fascista e xenofoba, di cui era artefice an-che l’assassino Casseri, simpatiz-zante di Casa Pound, che cresco-no indisturbate nonostante siano formalmente fuori legge. Ad ali-mentare il razzismo contribuisco-no non poco anche le martellanti campagne “per la sicurezza” con-tro l’accattonaggio e il commercio abusivo, a cui tanti immigrati sono costretti per sopravvivere, di cui è artefice anche il neopodestà fio-

rentino Matteo Renzi (PD) invece di perseguire una politica di reale e pieno riconoscimento dei diritti

dei migranti.Il razzismo e la xenofobia sono

tra le valvole di sfogo che la destra

indica di fronte al dilagare della crisi e della miseria.

Noi marxisti-leninisti indichia-mo quella della lotta di classe per difendere i diritti dei lavorato-ri, compresi i migranti; solo uni-ti i lavoratori, di tutte le naziona-lità, possono sviluppare a pieno la battaglia contro la megastanga-ta Monti, la crisi del capitalismo e l’imperialismo, per l’Italia unita, rossa e socialista, l’unica società che può garantire a pieno diritti e benessere alle masse lavoratrici e popolari.

Il Comitato provincialedi Firenze

del Partito marxista-leninista italiano

Firenze, 14 dicembre 2011, ore 9,30

Lunedì 28 novembre si sono svolte le elezioni per il rinnovo della Rappresentanza sindaca-le unitaria (RSU) alla Lavande-ria industriale Chi-Ma Florence di Scarperia (Firenze).

Alle elezioni hanno preso par-te 53 lavoratrici e lavoratori su 85 aventi diritto che hanno potuto esprimere la propria preferenza su una lista unica comprendente tre candidati della FILTCEM-CGIL e una candidata della FEMCA-CISL.

Dei quattro candidati, tre face-vano parte della RSU uscente. Il

quarto candidato è un combatti-vo operaio, membro del Direttivo provinciale di categoria, al quale già da tempo era stato richiesto da buona parte dei lavoratori di can-didarsi.

Allo spoglio delle schede da parte della Commissione Eletto-rale il citato operaio, simpatizzan-te marxista-leninista, è risultato colui che ha riscosso il consenso maggiore, con 25 voti pari a quasi il 50% degli elettori. Gli altri can-didati della CGIL hanno riscos-so in totale altri 13 voti mentre la candidata CISL 14.

Si può affermare che c’è sta-ta una chiara indicazione di fidu-cia da parte delle operaie e degli operai verso chi crede fermamen-te nella difesa della classe operaia ed, in certa parte, anche del sin-dacato di riferimento. In effetti la CGIL e i propri candidati sono riusciti ad intercettare in consensi quasi il doppio dei tesserati CGIL effettivi.

Per quanto riguarda il combat-tivo operaio, rispondendo alle con-gratulazioni ed agli auguri sinceri di buon lavoro ricevuti da alcuni lavoratori, ha affermato: “A gran-

de risultato dovrà corrispondere grande impegno. Per raggiungere i risultati che ci prefiggeremo oc-corre la partecipazione ed il con-tributo dei lavoratori. Il compito assegnato alla RSU è impegnati-vo, ma tutti insieme ce la faremo. Punto di partenza che porterò al-l’attenzione degli altri componen-ti della RSU sarà l’elaborazione di un questionario che funga da ‘in-chiesta’ per capire cosa ne pensa-no i lavoratori delle questioni del lavoro sul versante interno alla fabbrica e su quello più generale anche rispetto alla crisi capitali-stica in atto. I risultati del questio-nario saranno la base per l’ela-borazione di un piano di lavoro organico per il lavoro futuro della nuova RSU”.

Un simpatizzante del Mugello del PMLI

Comunicato dei movimenti per l’acqua toscani

“L’ASSEMBLEA DEI SINDACI DELL’ATO2 BASSO VAL D’ARNO CONTRO L’ESITO REFERENDARIO”

Firenze, 13 dicembre 2011. Immigrati senegalesi danno vita ad una spontanea e combattiva protesta dopo l’omicidio razzista e fascista bloccando il traffi co dei viali di circonvallazione

(ampi estratti).A meno di un mese dalla scom-

parsa degli Ambiti Territoriali Ot-timali e da un indirizzo espresso dalla Regione Toscana di integra-zione in un ATO unico di 285 co-muni per il servizio idrico, nel-

la prospettiva di un gestore unico quanto più lontano possibile da quella democrazia partecipata del-l’acqua richiesta da 26 milioni di persone, l’ordine del giorno di convocazione urgente dell’assem-blea dei sindaci dell’ATO 2 Basso

Val d’Arno, provoca rabbia, sde-gno e indignazione in tutti coloro che hanno a cuore la democrazia.

Dopo un referendum popolare che ha visto la partecipazione del-la stragrande maggioranza dei/del-le cittadini/e di tutti comuni del-l’ATO che hanno votato contro la privatizzazione del servizio idrico, si propone la revisione del piano d’ambito in vista di nuovi aumenti tariffari e la proroga di ben 5 anni della concessione per la gestione del servizio idrico a Acque S.p.A., passando così dai 20 già concessi a 25 anni di gestione privatizzata!

Non un solo accenno, nell’or-dine del giorno, alla ripubbliciz-zazione del servizio idrico come richiesto implicitamente nel I° quesito referendario da quasi tutta la popolazione toscana e italiana.

Non un solo accenno all’appli-cazione del II° quesito referenda-rio, per togliere dalla tariffa il 7% di remunerazione garantita al ca-pitale investito, che la Corte costi-tuzionale ha sancito come imme-diatamente applicabile.

I referendum non solo conti-nuano ad essere disattesi ma si

prepara un vero e proprio tradi-mento.

Ricordiamo che è proprio l’ATO, autorità pubblica di con-trollo dell’operato del gestore, e dunque proprio quei 57 sindaci che lo compongono, a dover inter-venire sulla tariffa per rispondere così alla volontà espressa da oltre il 65% dei/delle loro cittadini/e nei referendum.

All’opposto ci si prepara a ga-rantire ulteriori profitti a quella compagine fatta di banche, mul-tinazionali e imprenditori priva-ti che non intendono rinunciare ai guadagni sicuri del “mercato” dei servizi pubblici locali.

Nessuno è padrone dell’acqua, neanche i sindaci, perché l´acqua è di tutti.

Forum Toscano dei movi-menti per l’acqua ATO2; Comi-tato Acqua Bene Comune Pisa; Forum Acqua Valdera; Comi-tato Empolese Valdelsa-2Si per l’acqua bene comune; Comitato Pistoiese per l’Acqua Bene Co-mune; Comitato Senese acqua pubblica; Comitato referenda-rio provincia di Lucca

SCOZIA

Conclusa l’occupazione degli uffici dirigenziali

dell’Universitàdi Aberdeen

Saranno verifi cate le “aperture” del rettore

Dal corrispondente dell’Organizzazione di Aberdeen (Scozia) del PMLIGiovedì 8 dicembre si è

conclusa, dopo dieci giorni, l’occupazione degli uffici pre-sidenziali dell’Università di Aberdeen (Scozia), organiz-zata dal movimento studen-tesco dell’ateneo. Gli studen-ti, durante il primo giorno di occupazione, avevano redatto una carta contenente tre pun-ti fondamentali diretti al ret-tore dell’università afferman-do che, qualora non fossero stati rispettati, avrebbero pro-tratto l’occupazione degli uf-fici ad oltranza. In breve, i tre punti richiedevano che il retto-re si impegnasse a proteggere il posto di lavoro di insegnanti e staff universitario contro le mi-sure di austerity e tagli al bud-get universitario; che rifiutasse di incassare bonus e di usufrui-re dei privilegi di cui gode la dirigenza universitaria; che si schierasse pubblicamente con-tro il programma del governo inerente tagli e privatizzazioni nel settore universitario e sco-lastico.

L’Organizzazione di Aber-deen del PMLI, è stata presen-te in due occasioni agli incontri programmati durante l’occu-pazione. Martedì 29 novem-bre, in occasione del secondo giorno di occupazione, si è te-nuta nell’aula magna all’inter-no dell’edificio dirigenziale di Regent Walk la prima riunio-ne degli studenti. Si è discusso di come comportarsi in caso di uno scioglimento forzato del-l’occupazione e di come gesti-re i turni notturni negli uffici. Poi due portavoce dei sindaca-ti UNISON e UNITE sono in-tervenuti all’assemblea. Il por-tavoce di UNITE ha ribadito l’importanza che i giovani si mobilitino contro il governo britannico e le misure di au-sterity che danneggiano i lavo-ratori e fanno arricchire sem-pre più i benestanti. Ha inoltre espresso solidarietà e appoggio ai giovani occupanti, afferman-do che è ingiusto che sempre più docenti e staff universitario perdano il posto di lavoro men-tre il rettore e l’alta dirigenza godono di bonus e privilegi.

Il portavoce di UNISON, ha ribadito l’importanza di essere presenti allo sciopero generale del 30 novembre per protestare in massa contro la riforma del sistema pensionistico e unirsi in solidarietà con i lavoratori del settore pubblico, costretti a pagare per gli errori commessi dalla grande finanza e dai ban-chieri.

L’assemblea si è conclusa con la risoluzione di cercare di coinvolgere un numero mag-giore di studenti e professori nell’occupazione. Quattro stu-denti, inoltre, si sono recati dal rettore per presentare i tre pun-ti redatti.

A seguito della risposta ne-

gativa ricevuta dal rettore, gli studenti hanno deciso di conti-nuare a occupare gli uffici pre-sidenziali e avviato un sit-in di protesta. In occasione dello sciopero generale, alcuni stu-denti sono rimasti ad occupare gli uffici; un’altra sezione, in-vece, ha trascorso la mattinata portando ai lavoratori in scio-pero alla manifestazione bibi-te calde e ha poi preso parte al corteo partito da Castle Gate e proseguito per la via principa-le di Aberdeen, Union Street. In tale occasione il portavoce degli studenti in occupazio-ne, Gordon Maloney, ha preso la parola ed ha ribadito i punti fondamentali dello statuto re-datto e ha aggiunto: “Siamo or-gogliosi di essere presenti oggi perché la lotta dei lavoratori e degli studenti è fondamental-mente la stessa. Dobbiamo es-sere chiari su un punto, che ci piaccia o meno, qui non si tratta solo della riforma della pensio-ne. Il problema alla radice è un governo di miliardari che pesa sulle spalle dei lavoratori scoz-zesi, che fa di tutto per salva-re le banche ma non si cura dei lavoratori, degli studenti, e per questo dobbiamo lottare contro le sue misure di austerity. Loro dicono che le nostre richieste sono egoistiche e irrealistiche, noi siamo qui per dimostrare che i lavoratori non staranno in silenzio mentre i soliti percepi-scono bonus e privilegi e siamo qui per dimostrare che irreali-stiche sono le proposte e i ta-gli del governo che mettono in ginocchio la popolazione e ri-chiedono sacrifici che non sia-mo più disposti a sostenere”.

Nei giorni successivi, du-rante l’occupazione, hanno avuto luogo gruppi di studio e assemblee alle quali hanno pre-so parte vari professori e il se-gretario scozzese del sindacato UCU. La dirigenza universita-ria, con alla testa il rettore Ste-phen Robertson, ha promesso di affrontare il tema ineren-te il licenziamento dei profes-sori e dello staff universitario e di mettere un freno ai privi-legi e al sistema dei bonus ai vertici dell’università, che solo lo scorso anno ammontavano a circa 200.000 sterline, mentre le tasse per gli studenti conti-nuano a aumentare. Hanno am-messo infine che lo Stato deve rimanere il principale finanzia-tore dell’istruzione in Scozia e che i pesantissimi tagli al bud-get universitario sono ingiusti.

L’occupazione ha senza dubbio promosso e aperto im-portanti spazi per dibattiti e gruppi di studio inerenti que-stioni di primaria importanza circa l’attuale stato delle cose, le ingiuste riforme, i tagli e le misure antipopolari di austeri-tà. Ad ogni modo, nonostan-te l’apparente “apertura” della dirigenza universitaria, sem-bra piuttosto improbabile che grossi cambiamenti avranno luogo nel prossimo futuro.

ALLA CHI-MA FLORENCE DI SCARPERIA

La FILTCEM-CGIL fa il pieno di votiper il rinnovo della RSU

Accade nullaattorno a te?

RACCONTALO A ‘IL BOLSCEVICO’Chissà quante cose accadono attorno a te, che riguardano la

lotta di classe e le condizioni di vita e di lavoro delle masse. Nella fabbrica dove lavori, nella scuola o università dove studi, nel quar-tiere e nella città dove vivi. Chissà quante ingiustizie, soprusi, ma-lefatte, problemi politici e sociali ti fanno ribollire il sangue e vorresti fossero conosciuti da tutti.

Raccontalo a “Il Bolscevico’’. Come sai, ci sono a tua disposi-zione le seguenti rubriche: Lettere, Dialogo con i lettori, Contributi, Corrispondenza delle masse e Sbatti i signori del palazzo in 1ª pagi-na. Invia i tuoi ``pezzi’’ a:

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N. 46 - 22 dicembre 2011 esteri / il bolscevico 15Sotto la spinta egemonica della Germania della Merkel

L’UE SVOLTA A DESTRA. I PAESI ADERENTI ASSOGGETTATI AL CAPITALE FINANZIARIO INTERNAZIONALE

Pareggio di bilancio nella costituzione. Sanzioni automatiche sullo sforamento dei vincoli di bilancio LONDRA NON ADERISCE AL “PATTO DI BILANCIO”

“I 17 stati membri della zona euro più altri sei paesi dell’Unio-ne metteranno a punto un accordo intergovernativo” per rafforzare la disciplina di bilancio dei paesi membri, spiegava nella conferen-za stampa il presidente del Con-siglio europeo Herman Van Rom-puy al termine di una nottata di discussioni che chiudeva il vertice europeo di Bruxelles del 9 dicem-bre, l’ennesimo vertice straordina-rio in difesa dell’euro. Un vertice che non trovava l’unità dei 27 pae-si, unità rotta dalla Gran Bretagna che si tirava dietro l’Ungheria, e che finiva per adottare la soluzione di riserva dell’accordo intergover-nativo preparata dalla Germania e condivisa dalla Francia. Le regole definite a Bruxelles, e che saran-no rese operanti da un successivo accordo da stipulare entro il pros-simo marzo, assoggettano i paesi aderenti al capitale finanziario in-ternazionale e creano meccanismi di controllo e sanzioni automati-che che blindano i bilanci nazio-nali messi sotto controllo dai paesi “virtuosi” dell’eurozona.

La cancelliera Angela Merkel puntava a un accordo di revisio-ne dei Trattati Ue per dare rilie-vo “costituzionale” al nuovo giro di vite sulla disciplina di bilancio dei paesi dell’eurozona, che in tal modo avrebbe riguardato anche i paesi non euro. Non è stato pos-sibile a partire dall’annunciata op-posizione della Gran Bretagna, col premier David Cameron già prota-gonista dello scontro sugli stes-si argomenti col francese Nicolas Sarkozy nei vertici precedenti.

Le soluzioni per la conclusio-ne dell’ottavo summit europeo del 2011, dedicati soprattutto alla cri-si del debiti sovrani dei paesi del-l’euro, erano state definite nel vertice del 5 dicembre a Parigi dall’asse franco-tedesco e dettate come punti dell’agenda del vertice di Bruxelles in una lettera inviata al presidente del Consiglio euro-peo Herman Van Rompuy.

Saranno ancora la Merkel e Sarkozy con Van Rompuy, il pre-sidente della Bce Mario Draghi, il presidente della Commissione José Manuel Barroso e dell’Eu-

rogruppo Jean-Claude Juncker a tenere consulto prima del sum-mit vero e proprio, all’assise dove i partner europei hanno dato il loro assenso. Per chi tentennava Sarkozy minacciava che “non ci sarà una seconda chance per sal-vare l’euro”.

L’intesa prevede che il princi-pio del pareggio di bilancio sia in-serito nelle costituzioni nazionali, che lo sforamento del cosiddet-to “deficit strutturale” sia limita-to allo 0,5% del pil, che ci saran-no sanzioni automatiche per quei paesi che sforeranno il limite del 3% nel rapporto tra deficit e pil.

Nell’accordo la costituzione di un fondo di salvataggio per i pae-si in difficoltà, il Meccanismo di stabilità europeo (Mse), che en-trerà in funzione dal luglio 2012, con una dotazione di 500 miliardi di euro. Il Fondo, come voleva la Germania, non potrà attingere alle casse della Banca centrale europea che sulla carta non può intervenire a sostegno dei paesi in difficoltà. Un ulteriore aiuto potrà venire dal Fondo monetario internazionale, tramite la concessione di prestiti bilaterali da una dotazione costi-tuita da 150 miliardi garantiti dal-le banche centrali nazionali euro-pee e eventualmente di altri paesi. Più volte si è ventilato/sperato in un intervento della banca naziona-le cinese.

Questi provvedimenti saran-no resi giuridicamente vincolanti da un accordo internazionale “che dovrebbe essere firmato a marzo o ad una data precedente”, affer-ma il documento finale che regi-stra l’adesione dei 17 stati membri della zona euro, più Bulgaria, Da-nimarca, Lettonia, Lituania, Po-lonia e Romania. La Repubblica Ceca e la Svezia consulteranno i loro parlamenti prima di decidere; la loro adesione è data per quasi certa. Fuori Gran Bretagna e Un-gheria.

“Noi non vogliamo aderire al-l’euro, siamo contenti di esserne fuori, come lo siamo di non fare parte della zona Schengen. Noi non vogliamo rinunciare alla no-stra sovranità. Noi vogliamo i no-stri tassi di interesse, la nostra po-

litica monetaria”, dichiarava il premier inglese Cameron per spie-gare la posizione di Londra. Lo scoppio della crisi finanziaria ha reso evidente che la politica di di-fesa della sterlina si è basata sul-la possibilità della banca centra-le inglese, la Bank of England, di tagliare il costo del denaro e di stampare nuove sterline per riac-quistare le obbligazioni sovrane. L’effetto si riversa sull’inflazione

che in Gran Bretagna viaggia so-pra al 5%, rispetto al 3% medio dell’eurozona. Un metodo di in-tervento nella crisi che è l’opposto di quello deciso a Berlino e impo-sto all’area euro: non si stampano monete che farebbero salire l’in-flazione, si tagliano i bilanci.

La rottura di Cameron al verti-ce di Bruxelles ha anche altre ra-gioni, fra le quali il rifiuto di de-finire seppur blande iniziative di

contrasto alle speculazioni dei fondi spazzatura sulle borse eu-ropee che “minerebbero” la liber-tà della borsa di Londra, il primo mercato finanziario europeo. E nel quale agiscono i fondi britannici, grandi sponsor della campagna elettorale dei conservatori, e non certo estranei agli attacchi specu-lativi contro l’euro al pari dei “col-leghi” americani.

Da registrare in margine del

vertice di Bruxelles la firma del-l’adesione della Croazia all’Unio-ne europea. Il 28esimo stato della Ue entrerà ufficialmente l’1 luglio del 2013, al termine del processo di ratifica dell’atto di adesione da parte di tutti i paesi dell’Ue. Fino ad allora, il governo di Zagabria godrà dello status di “osservatore attivo”, così come i dodici parla-mentari croati che seguiranno i la-vori del Parlamento europeo.

CONFERENZA ONU SUL CLIMA A DURBAN

Il nuovo trattato sui tagli dei gas serra diventerà operativo solo nel 2020

Le aspettative della vigilia sul risultato dei lavori della 17° Con-ferenza delle Parti Onu (Cop) sul clima che si è tenuta a Durban in Sudafrica erano pressoché nulle, in linea con i fallimenti delle ulti-me due sessioni di Copenaghen e Cancun, che non erano andati oltre i già insufficienti impegni sul taglio delle emissioni inquinanti, dei cosiddetti gas serra, presi nel vertice di Kyoto del 2002. I mag-giori paesi industriali, i maggiori inquinatori, non vogliono impegni di nessun tipo così il documen-to finale della Cop 17, il Durban Package, registra questa situa-zione e definisce un generico im-pegno per i 194 paesi della Cop a discutere entro il 2015 di un nuovo protocollo che diventerà operativo solo nel 2020.

La conferenza apertasi il 27 novembre e chiusa nella notte del 10 dicembre con un giorno di ritardo sul calendario dei la-vori ha prodotto un documento nel quale si afferma tra l’altro che vanno salvati i principi e i tagli alle emissioni decisi a Kyoto. Una far-sa dato che secondo la denuncia delle organizzazioni ambientali le emissioni dei gas inquinanti con-tinuano a crescere, nell’ultima decade interessata dal protocollo di Kyoto, del 3% medio annua-le, contro l’1% degli anni ’90. E con una crescita record nel 2010 quando sono cresciute del 5,9% rispetto al 2009.

L’accordo di Kyoto scade nel

2012 ma il documento della Cop di Durban non prevede alcuna misura transitoria almeno fino al 2015, l’anno indicato per la stipu-la un nuovo accordo. In ogni caso non ci sono riferimenti a eventua-li penali per quei paesi che non riducono le emissioni, rendendo l’intesa un documento vuoto. Kyoto è roba del passato, ha di-chiarato il rappresentante del go-verno del Canada che non a caso è uno dei principali inquinatori; quel protocollo muore anzitempo e è seguito dal nulla.

Vari studi scientifici indicano che le emissioni inquinanti do-vrebbero iniziare a calare effet-tivamente già a partire dal 2015 affinché non diventi impossibile invertire la rotta che porta al tra-collo climatico del pianeta. Avvia-to da un surriscaldamento che tra 9 anni potrebbe essere di almeno 4°.

Questo denunciavano gli oltre 10 mila manifestanti che il 3 di-cembre sfilavano a Durban fino all’ingresso del centro conferenze che ospitava il summit dell’Onu per la manifestazione indetta dai movimenti sociali sudafricani; al-tre manifestazioni si svolgevano in contemporanea in diversi paesi tra cui Stati Uniti, India e Svizze-ra. I dimostranti di Durban chie-devano giustizia climatica, ossia il diritto alla salute, a un ambiente salubre, a cibo sano, ai servizi di

base e ad un lavoro dignitoso e ambientalmente sicuro.

Alla conferenza sudafricana i paesi dell’Alba, l’Alleanza Boli-variana per le Americhe, chiede-vano tagli delle emissioni inqui-nanti ai paesi industrializzati e un sistema di controlli per garantire il rispetto degli impegni assunti. Molti Stati insulari e dell’Africa denunciavano la situazione di grande pericolo di una crisi cli-matica che minaccia i loro terri-tori destinati ad essere sommersi o desertificati. Molti dei delegati dei 193 paesi presenti a Durban denunciavano che il clima causa la morte di 350 mila persone ogni anno, oltre che crescenti e sem-pre più drammatici flussi migrato-ri. Voci e denunce inascoltate dai paesi imperialisti, dalle maggiori potenze industriali.

Solo due anni fa a Copena-ghen, alla Cop 15 c’erano quasi tutti i presidenti dei paesi parte-cipanti, Barack Obama era appe-na stato eletto alla Casa Bianca e assieme agli altri ripeteva che quella climatica era la più gran-de minaccia da affrontare. Parole lasciate cadere nel vuoto in poco tempo da Obama e dagli altri paesi, presenti con delegazioni di secondo piano a Cancun e a Durban. Dove il passo lo ha det-tato la Cina.

Il capodelegazione cinese a Durban si è presentato afferman-

do che la Cina ha migliorato la sua efficienza energetica del 19% dal 2005, riducendo le emissioni di 1,5 miliardi di tonnellate di ani-dride carbonica, e ha program-mato un ulteriore miglioramento di almeno il 40% entro il 2020. Annunciava inoltre la disponibilità del governo di Pechino a defini-re un accordo con alcuni vincoli a partire dall’inizio del prossimo decennio, dal 2020. Da sottoli-neare che per la Cina capitalista, che è il principale paese inquina-tore mondiale, l’economia “verde” è un affare tanto che è il maggiore produttore mondiale di fotovoltai-co e leader dell’eolico; il governo di Pechino lo scorso anno ha in-vestito in tecnologie per l’energia “pulita” 50 miliardi di dollari con-tro i 17 miliardi degli Usa.

Gli Stati Uniti anche con la presidenza Obama sono ostili a ogni accordo vincolante a difesa del clima, tirano la fila dei paesi che frenano sugli impegni del-le emissioni dei gas serra, dalla Russia al Canada. Con la Cina totalizzano il 44% del totale delle emissioni dei gas serra. L’ipotesi di iniziare a discutere nel 2015 di un nuovo protocollo che diven-terà operativo solo nel 2020 non disturba.

E il segretario generale del-l’Onu Ban Ki Moon a Durban non può che registrare il fallimento della sua conferenza.

GRECIA

Sciopero generale contro la manovra di lacrime e sangue

Il governo di unità nazionale greco, appoggiato dai socialisti dell’ex premier Papandreu e dai partiti di destra, guidato dell’ex banchiere Lukas Papadimos ha ottenuto dall’Unione europea (Ue) il pagamento della sesta rata di aiuti finanziari per evitare la bancarotta. La carta per ave-re il finanziamento Ue il governo di Atene se l’è giocata col varo della nuova finanziaria di lacrime e sangue per il 2012, che com-prende anche i licenziamenti nel settore pubblico e l’abolizione di diritti contrattuali dei lavoratori.

Contro queste misure i prin-cipali sindacati hanno indetto lo sciopero generale del’1 dicem-bre, il primo contro il nuovo ese-cutivo, che ha bloccato le attività nel settore pubblico e in gran parte di quello privato.

Scuole e università vuote, uf-fici pubblici sbarrati, mezzi di tra-

sporto fermi in tutte le città. Più di centomila i manifestanti che sono sfilati in diverse città del paese, la metà dei quali ha dato vita ai tre cortei che sono sfilati per le strade della capitale per convergere a piazza Syntagma di fronte al parlamento. In prima fila nei cortei i lavoratori statali e delle imprese o servizi a parteci-pazione statale, quelli sui quali si abbatterà la mannaia dei licen-ziamenti, con un passaggio dalle liste di mobilità, che riguarderà nel corso del prossimo anno quasi trentamila persone. Un pri-mo feroce taglio all’occupazione nel settore pubblico che sarà seguito da una seconda ondata di licenziamenti di altri 100 mila lavoratori.

Contro la manovra governa-tiva si moltiplicano le iniziative sindacali tra le quali quelle del sindacato dei lavoratori elettrici

che a fine novembre hanno scio-perato e occupato la sede della compagnia dove vengono stam-pate le bollette e emessi gli ordi-ni per tagliare la luce alle famiglie che non pagano la nuova super tassa. L’occupazione ha manda-to in tilt per diversi giorni l’attività nelle sedi della compagnia elet-trica e ha rafforzato il movimento di rifiuto di pagare le tasse.

Il governo Papadimos rispon-deva il 24 novembre con l’arresto del segretario del sindacato dei lavoratori elettrici che, assieme aaltri nove dirigenti sindacali e cin-que iscritti, sarà processato il pros-simo 10 gennaio con l’imputazio-ne di interruzione di servizio pub-blico. Un’azione che non ha inti-morito né il sindacato degli elettri-ci né il movimento contro le tasse che si sta organizzando in decine di comuni dell’area metropolita-na di Atene e di altre città.

ASSALTO ALL’AMBASCIATA BRITANNICA A TEHERAN

Il 29 novembre alcune centi-naia di persone si staccavano da una manifestazione di protesta indetta a Teheran contro la Gran Bretagna, che la settimana pre-cedente aveva deciso un nuovo giro di sanzioni unilaterali contro l’Iran per il suo programma nu-cleare, sfondavano i cordoni di polizia che presidiavano l’amba-sciata inglese e entravano nella sede.

Quasi tutto il personale del-l’ambasciata riusciva a scappare da un’uscita posteriore, salvo al-cuni funzionari che venivano bloc-cati dai manifestanti ma succes-sivamente liberati dalle forze di sicurezza iraniane. I manifestanti bruciavano la bandiera inglese e tiravano per la strada documenti e oggetti della sede diplomatica prima di andarsene.

L’assalto all’ambasciata bri-

tannica a Teheran avveniva al termine di un sit-in di protesta organizzato dagli studenti presso la sede diplomatica per esprime-re la loro contrarietà nei confronti delle politiche ostili che la Gran Bretagna ha nei confronti della Repubblica islamica, a partire dalla campagna delle settimane precedenti che paventava una possibile aggressione militare all’Iran, e a favore del disegno di legge appena varato dal parla-mento iraniano per abbassare il livello dei rapporti tra il ministero degli Esteri iraniano e il Foreign Office britannico.

Il ministero degli Esteri irania-no esprimeva immediatamente il proprio “rammarico” per l’ir-ruzione nella sede diplomatica, definiva l’attacco “un comporta-mento inaccettabile da parte di una piccola frangia” di persone e

si scusava.Scuse che non sono bastate

al governo londinese. Il ministe-ro degli Esteri britannico definiva l’azione “oltraggiosa e inaccetta-bile” e ordinava la chiusura della legazione di Teheran a Londra e l’espulsione di tutto il persona-le diplomatico. In piena sintonia con la Casa Bianca che tramite il segretario di Stato Hillary Clinton, definiva l’azione “un affronto” alla comunità internazionale, minac-ciando altre ritorsioni. Condanne a Teheran da parte della Francia, del Canada e della Ue.

Dalle capitali imperialiste non veniva invece nemmeno una pa-rola dopo che l’1 dicembre veni-vano colpite le ambasciate irania-ne in Svizzera e a Londra. Nella capitale inglese la sede consolare è stata colpita da bombe incen-diarie.

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