Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 MATTARELLA, GIA’ … · 2015-02-04 · 2 il bolscevico /...

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXIX - N. 6 - 12 febbraio 2015 L’elezione del capo dello Stato non soppianta il dominio del capitalismo La completa elettività di tutti i funzio- nari, compreso il capo dello Stato, non sop- pianta il dominio del capitale, non sopprime la ricchezza di pochi e la miseria delle masse. (Lenin, “Il proletariato e i contadini”, 12 novembre 1905, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 10, pag. 32) Articolo della Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI PERCHE’ OCCORRE PRATICARE LA LINEA DEL FRONTE UNITO La Democrazia cristiana ritorna al Quirinale, dopo Scalfaro MATTARELLA, GIA’ MEMBRO DELLA BICAMERALE GOLPISTA DI D’ALEMA, NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Per tenere unito il PD, Renzi rompe l’accordo con Berlusconi sul Quirinale PER LE MASSE NON CAMBIA NIENTE E CONTINUA IL DOMINIO DEL CAPITALISMO LO RIVELA UNO STUDIO DE “LA REPUBBLICA” La crisi del capitalismo italiano ha allargato le distanze tra le classi Il patrimonio delle 10 famiglie più ricche è pari al patrimonio dei 20 milioni di italiani più poveri D’accordo con Rodotà sulla “coalizione sociale” LANDINI SCENDE IN POLITICA PER FONDARE “SINISTRA SOCIALE” Il leader della Fiom sposa la parola d’ordine della destra “oltre la distinzione tra destra e sinistra” UN NUOVO PROGETTO PER TENERE I LAVORATORI INGABBIATI NEL CAPITALISMO E NELLA COSTITUZIONE BORGHESE Per il contratto nazionale, la difesa del posto di lavoro, le tutele e i diritti sindacali SUCCESSO DELLO SCIOPERO DEI BANCARI Adesioni oltre il 90%. Manifestazioni e cortei in tutta Italia LA BANCA EUROPEA STAMPA UNA VALANGA DI EURO PER AIUTARE IL CAPITALISMO A USCIRE DALLA CRISI Oliverio neogovernatore PD della Regione Calabria presenta una giunta di borghesi, neofascisti e filomafiosi L’assessore De Gaetano (ex PRC ora PD) votato dalla ’ndrangheta Giordano - provincia di Cosenza EMESSA DAL TRIBUNALE DI TORINO PER GLI SCONTRI IN VAL SUSA DELL’ESTATE 2011 Sentenza fascista contro i NoTav 47 militanti condannati a 142 anni e 7 mesi di carcere. A Bussoleno manifestazione di solidarietà ai condannati IL PUBBLICO GRIDA: “VERGOGNA!”, “RESISTENZA ORA E PER SEMPRE NO TAV” E INTONA “BELLA CIAO” Volantinaggio dell’Organizzazione di Modena del PMLI VOLANTINAGGIO ANTIMPERIALISTA ALLA MASERATI DI MODENA Interesse tra la classe operaia per il volantino dell’Ufficio politico del PMLI sui fatti di Parigi Provincia di Reggio Calabria A TAURIANOVA LA DISOCCUPAZIONE È ALLE STELLE. QUELLA GIOVANILE AL 54,1% PAG. 2 PAG. 8 PAG. 5 PAG. 3 PAG. 11 PAG. 9 PAG. 11 PAG. 3 PAG. 4 PAG. 15

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Settimanale Fondato il 15 dicembre 1969 Nuova serie - Anno XXXIX - N. 6 - 12 febbraio 2015

L’elezione del capo dello Stato

non soppianta il dominio del capitalismo

La completa elettività di tutti i funzio-nari, compreso il capo dello Stato, non sop-pianta il dominio del capitale, non sopprime la ricchezza di pochi e la miseria delle masse.

(Lenin, “Il proletariato e i contadini”, 12 novembre 1905, Opere complete, Editori Riuniti, vol. 10, pag. 32)

Articolo della Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI

PERCHE’ OCCORRE PRATICARE LA LINEA DEL

FRONTE UNITO

La Democrazia cristiana ritorna al Quirinale, dopo Scalfaro

MATTARELLA, GIA’ MEMBRO DELLA BICAMERALE GOLPISTA DI D’ALEMA, NUOVO PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA Per tenere unito il PD, Renzi rompe l’accordo con Berlusconi sul Quirinale PER LE MASSE NON CAMBIA NIENTE E CONTINUA IL DOMINIO DEL CAPITALISMO

LO RIVELA UNO STUDIO DE “LA REPUBBLICA”

La crisi del capitalismo italiano ha allargato le distanze tra le classi Il patrimonio delle 10 famiglie più ricche è pari al patrimonio dei 20

milioni di italiani più poveri

D’accordo con Rodotà sulla “coalizione sociale”

LANDINI SCENDE IN POLITICA PER FONDARE “SINISTRA SOCIALE”

Il leader della Fiom sposa la parola d’ordine della destra “oltre la distinzione tra destra e sinistra”

UN NUOVO PROGETTO PER TENERE I LAVORATORI INGABBIATI NEL CAPITALISMO E NELLA COSTITUZIONE BORGHESE

Per il contratto nazionale, la difesa del posto di lavoro, le tutele e i diritti sindacali

SUCCESSO DELLO SCIOPERO DEI BANCARI

Adesioni oltre il 90%.Manifestazioni e cortei in tutta Italia

LA BANCA EUROPEA STAMPA UNA VALANGA DI EURO PER AIUTARE

IL CAPITALISMO A USCIRE DALLA CRISI

Oliverio neogovernatore PD della Regione Calabria presenta una giunta di borghesi, neofascisti e filomafiosiL’assessore De Gaetano (ex PRC ora PD) votato dalla ’ndranghetaGiordano - provincia di Cosenza

EMESSA DAL TRIBUNALE DI TORINO PER GLI SCONTRI IN VAL SUSA DELL’ESTATE 2011

Sentenza fascista contro i NoTav

47 militanti condannati a 142 anni e 7 mesi di carcere. A Bussoleno manifestazione di

solidarietà ai condannatiIL PUBBLICO GRIDA: “VERGOGNA!”,

“RESISTENZA ORA E PER SEMPRE NO TAV” E INTONA “BELLA CIAO”

Volantinaggio dell’Organizzazione di Modena del PMLI

VOLANTINAGGIO ANTIMPERIALISTA ALLA MASERATI

DI MODENAInteresse tra la classe operaia per il volantino

dell’Ufficio politico del PMLI sui fatti di Parigi

Provincia di Reggio Calabria

A TAURIANOVA LA DISOCCUPAZIONE È ALLE STELLE.

QUELLA GIOVANILE AL 54,1%

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2 il bolscevico / elezione del nuovo presidente della repubblica N. 6 - 12 febbraio 2015

La Democrazia cristiana ritorna al Quirinale, dopo Scalfaro

MattareLLa, gia’ MeMbro DeLLa bicaMeraLe goLpiSta Di D’aLeMa, nuovo preSiDente

DeLLa repubbLica Per tenere unito il PD, Renzi rompe l’accordo con Berlusconi sul Quirinale

PeR le masse non camBia niente e continua il Dominio Del caPitalismoDopo l’uscita di scena del rin-

negato, presidenzialista e becchi-no della Costituzione del ’48, Gior-gio Napolitano, sale al Quirinale il giudice della Corte costituzionale Sergio Mattarella: un altro demo-cristiano doc dopo Scalfaro, della scuola di Moro e De Mita; un altro presidenzialista, già membro del-la Bicamerale golpista di D’Ale-ma e padre della legge elettorale maggioritaria e presidenzialista detta Mattarellum, che affossò il sistema proporzionale, inaugu-rando ufficialmente la seconda repubblica neofascista e aprendo la strada alla legge elettorale fa-scista e piduista Italicum di Renzi e Berlusconi; un altro interventi-sta convinto, come dimostra il suo passato di vicepresidente del Consiglio nel primo governo D’Alema sponsorizzato dal gol-pista Cossiga, che schierò l’Italia nella guerra imperialista all’allora Federazione Jugoslava, nonché ministro della Difesa nel secondo governo D’Alema e nel succes-sivo governo Amato. E come ha riconfermato appena eletto con quei passaggi interventisti dei suoi discorsi alle Fosse ardeatine e in parlamento, in cui ha invo-cato un ruolo militare dell’Italia, anche fuori dai confini nazionali, nella lotta al “terrorismo interna-zionale”, ossia alla lotta contro i movimenti islamici antimperiali-sti.

Mattarella è stato eletto 12° presidente della Repubblica sa-bato 31 gennaio al quarto scru-tinio con 665 voti, una maggio-ranza ampia, superiore a quella di PD, Area Popolare (NCD-UDC), Scelta civica, SEL, GAL e una parte dei fuorusciti M5S su cui poteva contare sulla carta, tanto che gli si attribuiscono almeno una quarantina di voti anche da parte di Forza Italia, che ave-va scelto ufficialmente di votare scheda bianca. In ogni caso una maggioranza ben superiore ai 505 voti della maggioranza asso-luta dei grandi elettori necessaria al quarto turno, e assai vicina ai due terzi dei voti richiesti alle pri-me tre votazioni. Anche chi non l’ha votato – il M5S e i partiti fa-scisti: Forza Italia, Fratelli d’Italia e la Lega Nord – si è sperticato di elogi alla persona.

tutti ai piedi del nuovo berlusconiUn’elezione così rapida e con

una così ampia maggioranza è stata esaltata pressoché all’una-nimità dalla grande stampa na-zionale e internazionale come un “capolavoro” politico di Renzi, perché sarebbe riuscito ad im-porre un suo candidato ma au-torevole e non di parte, tenendo unito il PD e dividendo il “centro-destra” di Alfano e Berlusconi che si era riunito temporanea-mente per questa battaglia, co-stringendo il primo a un plateale dietro-front e votare Mattarella, e isolando il secondo rimasto da solo a votare scheda bianca, peraltro controvoglia e per di più con una compagine lacerata dal-le discordie interne e molti “fran-chi soccorritori” che nel segreto dell’urna sceglievano di votare il candidato di Renzi.

L’ex fascista e monarchico fondatore de “la Repubblica”

e oggi sponsor del PD liberale Eugenio Scalfari, nell’incoronare Renzi come il trionfatore di que-sta partita, paragona addirittura Mattarella a Bergoglio e prevede che “farà le stesse cose che il papa sta facendo nella Chiesa”, nel senso che al contrario di certi suoi predecessori che “qualche volta sono stati al servizio di chi governava” (allusione a Napolita-no, ndr), egli “non butterà all’aria le regole ma le farà rispettare”. Il principale quotidiano economico internazionale “Financial Times” ha lodato lo “schiacciante sfog-gio di abilità e forza politica da parte di Matteo Renzi”, e pronte e calorose sono state le congra-tulazioni al nuovo presidente da parte della democristiana Merkel, ma anche del socialista Hollande e del capofila imperialista Obama. Prontissimo anche il messaggio del papa, con gli auguri che pos-sa lavorare “al servizio dell’unità e della concordia del paese”.

Ma più di tutti ad andare in brodo di giuggiole per il succes-so dell’operazione di Renzi e per l’elezione al Quirinale del demo-cristiano Mattarella sono stati la sinistra del PD e SEL, che di col-po hanno scordato le umiliazioni da lui ricevute in parlamento sulla legge elettorale Italicum fascistis-simum, sulla “riforma” del Senato e sul Jobs Act, e già danno per morto il patto del Nazareno e so-gnano la conversione del premier dall’alleanza con Berlusconi ad una politica di “centro-sinistra”: “Spero che adesso nel PD si se-gua di più lo schema usato per il presidente della Repubblica e meno quello dell’Italicum”, ha dichiarato soddisfatto Bersani. E Cuperlo di rincalzo ha detto che “da lunedì le riforme Matteo do-vrebbe cominciare a farle solo col PD”. La democristiana Rosy Bindi, fino a ieri tra le più critiche verso l’operato del premier, ha ammesso addirittura che “Mat-teo mi ha fatto commuovere fino alle lacrime”.

Quanto a Vendola, al settimo cielo per le aspettative di ripresa del dialogo con Renzi, che gli ha fatto balenare l’apertura di una “stagione dei diritti” e di coinvol-gere SEL nella sua “riforma” della scuola, ha sentenziato con sicu-rezza, e forse già sognando un prossimo ingresso al governo: “Il Nazareno è finito. Si apre, si può aprire una stagione nuova”. Gli ex revisionisti e i falsi comunisti sono ora genuflessi ai piedi del nuovo Berlusconi come lo furo-no ai piedi di Craxi quando fece lo sgarbo di Sigonella a Reagan. Salvo pochi giorni dopo incontra-re il presidente Usa per chiudere l’incidente e riprendere d’amore e d’accordo la loro alleanza fasci-sta e imperialista.

una scelta praticamente

obbligataAnche la rottura del patto del

Nazareno è solo temporanea, dettata dalla necessità per Renzi di tenere insieme il partito in que-sto delicato passaggio, e la ferita nell’alleanza con Berlusconi sulle “riforme” - salvo che a quest’ulti-mo non sfugga di mano il control-lo di Forza Italia e che questa non

si sfasci per le faide interne - è destinata a rimarginarsi rapida-mente. Le accuse di “tradimento” lanciate da Berlusconi a Renzi sono più teatrali che reali. Il de-linquente di Arcore sa benissimo che non gli conviene rompere col premier, che è la sua migliore as-sicurazione sulla vita, come non si stancano di ripetergli Confalonieri, Letta e Verdini, che anzi avevano cercato fino all’ultimo di spingerlo a votare Mattarella e cointestarse-ne l’elezione invece di farsi mette-re nell’angolo da Renzi.

Del resto quest’ultimo, per quanto abbia minacciato di fare le “riforme” anche senza Berlu-sconi - cosa che ha mandato in sollucchero la sinistra PD - non voleva rompere deliberatamente il patto, però non poteva nemme-no rischiare l’implosione del PD facendosi imporre uno dei due candidati di Berlusconi e Alfano, e cioè Amato in prima battuta e Casini in seconda. Sull’unico dei due spendibile anche per il PD, Amato, verso il quale già nutriva diffidenza per il suo troppo peso internazionale massonico che po-teva fargli ombra, il no del premier si è fatto reciso quando ha sapu-to che su quel nome stava per saldarsi un asse tra Berlusconi da una parte e D’Alema, Bersani e i “giovani turchi” dall’altra. Per cui a quel punto per Renzi - che fino ad allora lavorava per un candi-dato condiviso con Berlusconi pensando semmai a Padoan - la scelta di Mattarella si è fatta pra-ticamente obbligata, anche per bruciare in anticipo una possibile candidatura di Prodi da parte del M5S, di cui si vociferava e che avrebbe rischiato di spaccare il PD e fargli sfuggire di mano il controllo della situazione.

un presidente “non ostile” a berlusconiNon è vero perciò che Renzi

ha “tradito” il patto del Nazareno, come strillano i pretoriani di Ber-lusconi e come credono scioc-camente la sinistra PD e SEL. Al contrario, Renzi accredita questa interpretazione per dire: “Ave-te visto? Nel patto del Nazareno non c’erano accordi segreti sul Quirinale, ma ci sono solo accordi alla luce del sole per le riforme”. In realtà tutti fingono di scordare che nel Nazareno c’era eccome un accordo sul Quirinale, anzi due: l’esclusione tassativa di Prodi e l’elezione di un presidente quanto-meno “non ostile” a Berlusconi. E

questo non si è forse puntualmen-te realizzato? Di certo Berlusconi non poteva sperare di imporre per soprammercato un suo proprio candidato solo perché in Senato aveva salvato Renzi sull’Italicum, e in virtù di un patto di cui è pur sempre il premier ad avere il coltel-lo dalla parte del manico.

Del resto gli sono stati man-dati subito tre segnali di pace inequivocabili e graditissimi, per ripagarlo della sconfitta subita e spingerlo a riprendere il dialo-go col premier: la dichiarazione della ministra Boschi che il 20 febbraio il governo ripresenterà il decreto “salva Silvio” che de-penalizza l’evasione e la frode fiscale fino al 3% del reddito, l’in-vito a partecipare alla cerimonia di insediamento di Mattarella al Quirinale (che ridà al condannato interdetto dignità di protagonista politico di rango istituzionale) e l’accorciamento di 45 giorni sui servizi sociali che sta compiendo in sostituzione del carcere.

“urgente completare le riforme”

Chiusa perciò questa paren-tesi e lasciata una settimana di tempo a Forza Italia per sbollire la rabbia, ripartirà subito il cam-mino della legge elettorale e delle controriforme istituzionali e costituzionali fasciste e piduiste, sulle quali Renzi ha annuncia-to anzi che metterà “il turbo”. E contrariamente a quanto sperano i rincoglioniti della sinistra PD e di SEL, che lo dipingono quasi come un guardiano inflessibile della Costituzione, il nuovo capo dello Stato non sembra avere nessuna intenzione di mettersi di traverso al treno in corsa del pre-mier. Nel suo discorso di giura-mento davanti alle Camere riunite ha promesso sì che sarà un “ar-bitro imparziale” e “garante della Costituzione”, ma ha anche sot-tolineato che il processo di “rifor-me” in corso deve essere portato a compimento con “urgenza”: “È significativo – ha detto infatti a questo proposito Mattarella - che il mio giuramento sia avve-nuto mentre sta per completarsi il percorso di un’ampia e incisiva riforma della seconda parte della Costituzione. Senza entrare nel merito delle singole soluzioni, che competono al Parlamento, nella sua sovranità, desidero esprime-re l’auspicio che questo percorso sia portato a compimento con l’obiettivo di rendere più adegua-

ta la nostra democrazia. Riforma-re la Costituzione per rafforzare il processo democratico”.

Con ciò egli ha voluto legare subito e inequivocabilmente il suo inizio di settennato alla con-troriforma presidenzialista della Costituzione. E non c’è da mera-vigliarsene, dal momento che egli è da tempo un presidenzialista convinto, favorevole all’elezione diretta del capo dello Stato, ed è stato vicepresidente della Com-missione bicamerale per le “rifor-me costituzionali” Iotti-De Mita e membro dell’Ufficio di presidenza (a fianco di Berlusconi e altri 16 membri) della Bicamerale golpi-sta presieduta da D’Alema. Oltre ad aver legato il suo nome alla già citata legge elettorale maggiorita-ria e presidenzialista.

napolitano passa le consegne al successore

Non a caso Napolitano, sem-pre attivissimo dietro le quinte a sostegno della manovra di Renzi (anche se personalmente avreb-be preferito Amato o Veltroni), con un atto costituzionalmente anomalo e passando avanti al suo sostituto Grasso, ha volu-to lasciare personalmente le consegne al nuovo inquilino del Quirinale, dettandogli in pratica l’agenda politica e istituzionale a cui dovrà attenersi in continuità col lavoro già avviato: “Parlere-mo dei dossier che ho lasciato aperti al Quirinale: le grazie, le riforme, le questioni del Csm”, ha detto il rinnegato ora senatore a vita, sottolineando che Mattarella “sarà il punto di riferimento per le riforme”.

Col rinnegato del comunismo Napolitano o con il democristia-no Mattarella al Quirinale - a par-

te (si vedrà) uno stile più cauto e attento alle regole formali che a quest’ultimo vengono attribui-te - per le masse popolari italia-ne non cambia sostanzialmente nulla. È solo uno dei continui avvicendamenti al vertice dello Stato borghese capitalista, con l’obiettivo, nel caso della scelta di un personaggio come Mattarella, di riavvicinare le marce istituzio-ni borghesi alle masse, che non ne sono mai state così disgusta-te e distanti. Perciò occorre che stiano attente a non abboccare all’assordante campagna media-tica, sapientemente manovrata da Renzi, che presenta Mattarella come un “arbitro imparziale” e “ligio alla Costituzione”: ciò mira solo a far allentare la vigilanza an-tifascista e democratica per co-prire e far passare meglio la legge elettorale fascista e le controri-forme istituzionali e costituzionali presidenzialiste che completano il piano della P2.

L’elezione di Mattarella con-ferma la tesi di Lenin secondo cui “La completa elettività di tutti i funzionari, compreso il capo dello Stato, non soppianta il dominio del capitale, non sop-prime la ricchezza di pochi e la miseria delle masse”. (Lenin, “Il proletariato e i contadini”, 12 no-vembre 1905).

Questo dominio va distrutto, altrimenti non ci libereremo mai dallo sfruttamento dell’uomo sull’uomo, dalla società divisa in classi, dall’oppressione delle masse, dalle disparità territoriali e di sesso e dalla guerra impe-rialista. In primo luogo ci deve pensare il proletariato, che è il più sfruttato e oppresso dal capitali-smo, nonché il diretto interessato alla conquista del potere politico e del socialismo.

Nel 1999 Sergio Mattarella, allora vicepremier e membro dell’Ufficio di presi-denza della commissione bicamerale per le “riforme” costituzionali, alla came-ra assieme a D’alema, premier e presidente della commissione, e a Berlusconi, anche lui membro dell’Ufficio di presidenza della stessa Commissione sergio mattarella nelle vesti di ministro della Difesa con il governo amato, passa

in rassegna le truppe schierate in Bosnia nei primi mesi del 2001.

20 aprile 2007. Il partito della Margherita confluisce nel PD. Alla presidenza mattarella. alle sue spalle Prodi e Rutelli

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N. 6 - 12 febbraio 2015 interni / il bolscevico 3Per il contratto nazionale, la difesa del posto di lavoro, le tutele e i diritti sindacali

successo dello scioPero dei bancariLo sciopero nazionale dei lavo-

ratori bancari del 30 gennaio pro-clamato unitariamente dalle sigle sindacali di categoria, Dircredito, Fabi, Fiba Cisl, Fisac Cgil, Sinfub, Ugl, Uilca e Falcri, in seguito alla rottura delle trattative per il rin-novo del contratto nazionale av-venuta lo scorso 25 novembre e la successiva disdetta unilaterale annunciata dall’associazione dei banchieri italiani (Abi) a partire dal primo aprile prossimo, è stato co-ronato da pieno successo.

L’adesione dei circa 321 mila lavoratori del settore è stata altis-sima: ben oltre il 90% e il blocco degli sportelli è stato totale in tut-ta la Penisola.

Migliaia di lavoratori hanno preso parte ai cortei e alle mani-festazioni di protesta che si sono svolti a Milano, Roma, Palermo e Ravenna e in decine di altre città.

Oltre sette mila manifestan-ti hanno raggiunto il capoluogo lombardo a bordo di 130 pullman e si sono ritrovati davanti alla sede milanese dell’Associazione delle banche, da dove è partito un lungo e cambattivo corteo che si è snodato lungo il quartiere Tici-nese, la zona delle banche, intor-no a piazza Cordusio, per lambire piazza del Duomo e concludersi poi in piazza della Scala. Al ter-

mine della manifestazione a cui ha preso parte fra gli altri anche il segretario generale della Cgil, Susanna Camusso che ha tenuto il discorso conclusivo, la piazza ha intonato una versione rivista di “Bella ciao” adattata con le riven-dicazioni della categoria.

“Se l’Abi non cambia idea – ha detto la Camusso - continueremo la mobilitazione e gli scioperi. Le categorie ci hanno ragionato e discusso, lo diremo oggi in tutte le piazze”. I banchieri si arric-chiscono mentre i lavoratori si impoveriscono, è il messaggio della leader Cgil. “Basta un nu-mero - ha detto - per rendere evi-dente come nella crisi ci sia chi ha continuato ad arricchirsi e chi a impoverirsi: il presidente del-la Bce guadagna 600 mila euro l’anno mentre i banchieri italiani ne incassano 3,7 milioni. Basta-no queste cifre per capire come si sia scelto di arricchire pochi e lasciare in difficoltà una catego-ria molto importante perché da lì dovrebbe passare una parte della spinta agli investimenti per la ri-partenza del Paese”.

A turno i vari leader sindaca-li hanno denunciato che diver-

si istituti di credito puntano ad avere singoli contratti aziendali per i lavoratori. Ritengono insuffi-ciente l’adattamento salariale del +1,85% e stigmatizzano le dispa-rità di trattamento economico e normativo tra i lavoratori e le con-dizioni per ulteriori e selvaggi tagli di posti di lavoro, dopo i 68mila già eliminati negli ultimi 15 anni.

Insomma una battaglia cru-ciale in cui i bancari si giocano il posto di lavoro e i diritti che il vecchio contratto, scaduto il 30 giugno del 2014, ma prorogato

fino al 31 marzo 2015 si porta via. L’obiettivo è il peggioramento o la completa cancellazione di dirit-ti fondamentali come ad esempio l’orario di lavoro, che passereb-be da 37 ore e mezzo a 40 alla settimana, la cancellazione delle salvaguardie previste contro i tra-sferimenti selvaggi, la tutela lega-le in caso di provvedimenti giudi-ziari legati all’attività lavorativa e le ferie che da 22, massimo 26 giorni, scenderanno a 20 giorni. E ancora: nessun obbligo di forma-zione retribuita in orario di lavoro

e, in caso di malattia (ed è forse questo uno dei punti più odiosi se si pensa ai malati oncologici che devono sottoporsi a cure) la riduzione del periodo di compor-to per la conservazione del posto di lavoro. A rischio anche i buoni pasto, gli scatti di anzianità, le provvidenze per studio ai lavora-tori e ai figli studenti.

“Il contratto nazionale – si leg-ge nella nota sindacale – deve ri-manere primo elemento di diritto, non derogabile, a difesa dell’oc-cupazione e dell’Area contrattua-le. Il bancario non è un numero senza volto, ha una storia, una carriera, una professionalità e il diritto di difendere il potere d’ac-quisto dei salari e la dignità del lavoro. Vogliamo rimanere ban-cari al servizio del Paese, contro l’egoismo dei banchieri, al fianco dei clienti e dei risparmiatori... Scioperiamo e manifestiamo per recuperare gli aumenti economi-ci legati all’inflazione e per avere un contratto collettivo a tutela dell’intera categoria, contro la volontà politica delle banche di sostituire la nostra contrattazione nazionale con i contratti aziendali e di gruppo”.

In un comunicato diffuso il 30 gennaio i bancari chiedono: “all’Abi, alle aziende, ai gruppi bancari, trasparenza in termini di retribuzione dei vertici, e di ren-dere pubbliche le risposte che attualmente la Bce ha richiesto ri-spetto ai parametri sui quali defini-re gli stipendi dei banchieri e degli alti dirigenti... Chiediamo, inoltre chiarezza e trasparenza su spon-sorizzazioni, consulenze informati-che e di vario genere, gestione e compravendita degli immobili di proprietà delle banche, contratti in essere con società in appalto rispetto al trasporto valori e ma-nutenzione di servizi informatici, e invitiamo le banche a rendere noti nomi di quei professionisti e di quelle aziende che hanno contrat-ti superiori ai 100mila euro annui, senza nascondersi dietro le previ-sioni della legge sulla privacy. Ri-spetto alla situazione di chiusura dell’attuale vertenza nazionale in atto, informiamo la nostra con-troparte che, dopo lo sciopero del 30 gennaio, ci aspettiamo al massimo entro due settimane un radicale cambiamento nell’atteg-giamento e nella politica attuata fino a oggi. In caso contrario, sa-ranno decise unitariamente ulte-riori azioni di lotta”.

d’accordo con rodotà sulla “coalizione sociale”

landini scende in politica per fondare “sinistra sociale”

Il leader della Fiom sposa la parola d’ordine della destra “oltre la distinzione tra destra e sinistra” UN NUOVO PROGETTO PER TENERE I LAVORATORI INGABBIATI NEL CAPITALISMO E NELLA COSTITUZIONE BORGHESE

Adesioni oltre il 90%. Manifestazioni e cortei in tutta Italia

Landini continua il suo inces-sante lavorio volto alla nascita di una nuova formazione politica che si collochi a sinistra del PD. E’ almeno dal 2013 che, oltre a fare il sindacalista, interviene direttamente anche sulla scena politica,e non solo sui temi del lavoro. In particolare da quando, assieme a Stefano Rodotà, fu tra i promotori delle manifestazioni in difesa della Costituzione. Ben presto però da questa battaglia (che il PMLI giudicò fuorviante anche se tatticamente partecipò ad alcune iniziative) l’attenzione dei due si è spostata sul come occupare lo spazio politico ed or-ganizzativo che si è spalancato a sinistra del PD.

Ci aveva pensato Rodotà con un’intervista a Micromega del 22 gennaio a riproporre la questione. Il giudizio del giurista democrati-co borghese su coloro che attual-mente intendono rappresentare la sinistra (borghese precisiamo noi) è impietoso. Dopo aver ri-cordato le fallimentari esperienze della lista Arcobaleno e Rivoluzio-ne Civile di Ingroia afferma: “chi pensa di ricostruire un soggetto di sinistra o socialmente inse-diato guardando a Sel, Rifonda-zione, Alba e minoranza Pd sba-glia.. nulla di nuovo può nascere portandosi dietro queste zavorre. Rifondazione è un residuo di una storia, Sel ha avuto mille vicissi-tudini, la Lista Tsipras mi pare si sia dilaniata subito dopo il voto alle Europee”.

Per il PMLI questi soggetti sono realmente una zavorra allo sviluppo della lotta per il socia-lismo, per Rodotà invece sono il freno ad un nuovo raggruppa-mento della “sinistra” borghese, che deve essere “diverso”, che rompa i ponti con il passato e con

la stessa idea “novecentesca” di partito. Già da qui si capisce subito che quella che lui chiama “coalizione sociale” non ha niente a che fare con il socialismo che non viene mai nominato se non in senso negativo, ma teorizza ad-dirittura il rigetto completo della storia e delle lotte del movimento operaio internazionale.

Da sostituire con che cosa? Per che cosa bisogna lottare? “Mutualismo, beni comuni, red-dito di cittadinanza sono gli ele-menti innovativi e costitutivi di un nuovo Stato Sociale”, una sinistra che lotti affinché “si dif-fondano pratiche virtuose, penso ai registri per le coppie di fatto, per il testamento biologico, ai ri-conoscimenti nei limiti possibili di diritti fondamentali delle persone. A Bologna si è proposto di coge-stire alcuni beni e il nuovo statuto di Parma è pieno di esperienze simili”. Insomma niente di nuovo. Rifarsi a teorie settecentesche come il mutualismo di Proudhon, il liberal-socialista francese che teorizzava un “socialismo di mer-cato”, rivelatosi un’utopia, serve a Rodotà per rilanciare la solita, stantia tesi che si possano cam-biare le cose senza rovesciare il capitalismo.

Questa “strana coppia” è già diversi anni che agisce facendosi sponda reciprocamente e sem-bra si sia divisa i compiti. Da una parte l’ultraottantenne Rodotà, ex radicale, ex Psi, a suo tempo eletto in parlamento come Indi-pendente del PCI revisionista, poi presidente del PDS, il teorico, che intende dare le basi filosofi-che al nuovo raggruppamento. Dall’altra Landini, ex PCI, poi PDS, DS, infine simpatizzante di Sel, anche se ultimamente sem-bra voler sempre meno associare

il suo nome a quello di Vendola. 53 anni di cui oltre la metà passati da funzionario sindacale, più san-guigno e con uno stipendio e una vita privata per adesso “normali”, adatto ad interventi più concreti e calati nella realtà ma che ripro-pongono le stesse cose.

Purtroppo le lavoratrici e i lavo-ratori, in particolare i metalmec-canici non hanno ancora capito, anche perché manca loro l’infor-mazione necessaria, che Landini è un democratico borghese rifor-mista al servizio delle istituzioni borghesi e del capitalismo con l’obiettivo dichiarato di mettere d’accordo i lavoratori e i padro-ni. Come confermano queste due ultime affermazioni a “il manife-sto” trotzkista del 3 febbraio. La prima: “Se fossi stato un parla-mentare l’avrei votato (si riferisce a Mattarella, ndr). È un riferimen-to importante sul piano etico, in un paese così sfiduciato. È utile che al suo posto si sieda chi ha a cuore la piena applicazione dei principi costituzionali”. La secon-da: “Siccome la maggioranza del paese deve lavorare per vivere, parlo di lavoratori ma anche degli imprenditori seri, queste persone hanno diritto di sentirsi rappre-sentati e di partecipare”.

Landini. incalzato dal giorna-lista del “Fatto quotidiano” sulla vittoria della “sinistra” borghese Syriza in Grecia, risponde che lui guarda più a Podemos, il parti-to spagnolo che è una specie di Movimento 5 stelle dai conno-tati di “sinistra”. Poi il segretario generale della Fiom inizia subito vagheggiando nuove forme or-ganizzative, anche del sindacato “che deve cambiare” (come?). Fa suoi persino slogan della de-stra: “occorre andare oltre la si-nistra classica perché la storica

distinzione destra-sinistra rischia di non parlare più alle condizioni vere delle persone, ai loro bisogni materiali. Penso che occorra an-dare a una sinistra sociale”. Del resto anche lo stesso Tsipras in Grecia si è subito alleato con la destra razzista pur di formare il nuovo governo ellenico.

Costretto a riconoscere il di-lagare dell’astensionismo tra le masse di sinistra, ne è ossessio-nato e cerca in ogni modo di ri-portarle all’ovile del parlamentari-smo, dell’elettoralismo e dentro la logica della democrazia borghe-se, per offrire sul piano politico “un luogo comune a tutti coloro che oggi sono privi di rappresen-tanza: il lavoro, la lotta per i beni comuni, contro le mafie, contro la miseria, per la democrazia. Ce ne sono tante ma non hanno un luogo comune”. È il concetto di “coalizione sociale” di cui parla Stefano Rodotà? Chiede il gior-nalista. “Sì, anche se non so se coalizione sia il termine giusto. Ma la direzione è quella”.

Landini pensa a un grande contenitore, dove ognuno “man-tenga il proprio ruolo ma tutti in-sieme si costruisce un progetto comune”. Qualcosa che richiama alla lontana la doppia tessera proposta dal narcisista trotzkista Vendola. Perché “non è più tem-po di testimonianza. Se si gioca si gioca per vincere... l’alleanza a cui penso deve ambire a proget-tare un altro modo di governare, di produrre e di organizzare la partecipazione democratica. A partire dall’Europa”. Sembra qua-si di ascoltare Renzi, che vuole un PD maggioritario, l’importante è andare al governo borghese.

Infine annuncia che “noi fa-remo una grande consultazione nella Fiom e poi la proporremo

a tutti. Una grande consultazio-ne democratica nazionale su un progetto e un programma”. Ini-ziativa da contrastare fortemen-te; è inaccettabile che il leader del sindacato dalle caratteristi-che più operaie usi la Fiom per coinvolgere la classe operaia nella costruzione di un soggetto politico dove essa è subalterna alla borghesia e al sistema capi-talistico. In questo caso Landini è ancora più pericoloso di Rodotà perché quest’ultimo si rivolge più ai movimenti mentre il leader dei metalmeccanici si rivolge in pri-mo luogo ai lavoratori.

Nell’intervista rilasciata a Mar-co Damilano nell’ultimo nume-ro dell’“Espresso”, Rodotà dice chiaramente chi sono i suoi inter-locutori principali: “Raccogliere consenso soltanto attorno a una soggettività sindacale (cioè la Fiom, ndr), non basta. Costruire una coalizione sociale non signifi-ca mettere alla sua testa Landini e la Fiom. In Italia ci sono altri sog-getti sociali importanti. C’è Don Luigi Ciotti di Libera che guarda con occhi limpidi alla politica. C’è Emergency, ci sono i comitati che seguono la destinazione dei beni confiscati alla mafia. Mondi che non possono essere rinchiusi in uno schermo pre-costituito”.

I marxisti-leninisti bocciano senza appello questo progetto di Rodotà e Landini, e lo debbano rigettare tutti i sinceri anticapitali-sti ovunque siano organizzati. Un progetto totalmente compatibile con il capitalismo, considerato un vero e proprio totem a cui tutti devono inchinarsi e che nessuno deve mettere in discussione. Ar-roccato sulla difesa della Costi-tuzione borghese del ‘48 oramai superata dal presidenzialismo di fatto e presto, con le “riforme”

costituzionali ed elettorali del duo Renzi-Berlusconi, anche formal-mente, che non mette in discus-sione l’UE imperialista, che alla lotta di classe sostituisce il paci-fismo e il solidarismo di stampo cattolico. Non a caso l’intervista-tore di Landini fa notare che sul suo tavolo fa bella mostra l’ultimo libro di Papa Bergoglio: “È quello che oggi in Italia fa il discorso più di sinistra”, gli risponde il leader della Fiom.

Un diluvio di parole sotto il quale si nasconde la solita, fuor-viante iniziativa dove il ruolo dei lavoratori è quello di rimanere ingabbiati nel capitalismo e nel-la Costituzione borghese. In più questo progetto vuole rimettere in piedi una “sinistra” borghese completamente “ripulita” oltre che dai simboli, anche da qual-siasi richiamo al socialismo. Se-condo la coppia Landini-Rodotà basta un po’ di solidarietà, le per-sone “oneste” al posto giusto, il rispetto della Costituzione e voilà, il capitalismo sembrerà più bello.

Stronchiamo sul nascere questo progetto. La classe ope-raia ha bisogno del suo partito che lotti per abbattere il capitali-smo e conquistare il socialismo. Non serve cercarlo o fondarlo, esiste già, ed è il PMLI. Quello che serve è farlo crescere per adempiere ai suoi compiti rivo-luzionari. Gli operai, i lavoratori, i giovani, le masse popolari non hanno certo bisogno di nuovi inganni, di nuove rifondazioni o di nuovi personaggi dello stam-po di Bertinotti, che dopo aver abbindolato i sinceri comunisti, essersi assicurato un vitalizio sfruttando i simboli della falce e martello adesso sono a scrivere libri che esaltano il liberalismo e papa Bergoglio.

30 gennaio 2015. La manifestazione di Milano dei lavoratori bancari per il con-tratto

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4 il bolscevico / interni N. 6 - 12 febbraio 2015

Emessa dal tribunale di Torino per gli scontri in Val Susa dell’estate 2011

SEnTEnza faSciSTa conTro i no TaV 47 militanti condannati a 142 anni e 7 mesi di carcere. A Bussoleno manifestazione di solidarietà ai condannatiIl puBBlIco grIdA: “VergognA!”, “resIstenzA orA e per sempre

no tAV” e IntonA “BellA cIAo”150 anni di carcere, multe sa-

latissime, decine di migliaia di euro per le spese legali e maxiri-sarcimenti in favore delle “parti civili” per oltre 150 mila euro: è la fascistissima condanna inflitta il 27 gennaio dal tribunale di To-rino contro 47 dei 53 militanti No Tav della Valsusa che presero par-te alle grandi manifestazioni po-polari contro l’inizio dei lavori nel cantiere di Chiomonte tra il 27 giugno e il 3 luglio 2011.

I reati contestati a vario titolo agli imputati sono di violenza e re-sistenza a pubblico ufficiale, dan-neggiamento e lesioni. La senten-za è stata letta dal giudice Quinto Bosio nell’aula bunker del carce-re le Vallette e in molti casi supera perfino le richieste della Procura rappresentata dai Pubblici mini-steri Emanuela Pedrotta e Nicolet-ta Quaglino.

Una sentenza scritta a tavolino “per dare una lezione ai No Tav” e completamente appiattita sulle tesi della Procura che ha dettato

regole e modi del processo al pen-sionando giudice Bosio il quale, a sua volta, senza battere ciglio, ha permesso tutta una serie di forza-ture e intimidazioni ai danni dei testimoni.

Una grossa fetta dei risarci-menti andrà al ministero dell’In-terno del manganellatore Alfa-no e ai ministeri della Difesa e dell’Economia. Tra le parti civili per cui sono state disposte provvi-sionali ci sono anche la Lyon-Tu-rin ferroviaire (Ltf), la società che deve realizzare la tratta comune della linea ad alta velocità Torino-Lione, i sindacati di Polizia e al-cuni agenti rimasti feriti nel corso degli scontri.

Insomma, si tratta di una sen-tenza di chiaro stampo fascista, ispirata dal “teorema” dell’ex pro-curatore capo di Torino, nemico giurato e persecutore del movi-mento No Tav fin dalla prima ora, Giancarlo Caselli (area PD) che nel dicembre del 2013, pochi gior-ni prima di andare in pensione,

fece arrestare 4 No Tav che aveva-no preso parte alle manifestazione contro il Tav nella notte tra il 13 e il 14 maggio 2013. L’accusa in quel caso era addirittura di atten-tato con finalità terroristiche e atto di terrorismo con esplosivi finaliz-zati al terrorismo (poi lasciata ca-dere dalla Corte d’assise di Torino che il 14 dicembre scorso ha con-dannato i 4 No Tav solo, si fa per dire, per danneggiamento, traspor-to di armi e resistenza a pubblico ufficiale). Una condanna esem-plare come avveniva nei tribunali speciali fascisti che serve a Caselli e ai suoi tirapiedi per ridare fiato alla odiosa campagna di crimina-lizzazione e repressione del Mo-vimento.

Subito dopo la lettura del di-spositivo gli imputati hanno co-minciato a leggere una dichiara-zione contro “lo sfruttamento e

la devastazione in nome del Tav”. Ma i giudici, proprio come avve-niva nei tribunali speciali di mus-soliniana memoria, si sono allon-tanati senza ascoltare. Mentre dal pubblico si è levato forte il grido “vergogna”, “Giù le mani dalla Val Susa” e subito dopo tutti i pre-senti hanno cantato “Bella Ciao”. “Questo - ha urlato un imputato - è un processo politico. Non ci sep-pellirete con queste condanne”.

Gli avvocati della difesa han-no annunciato ricorso contro la sentenza che definiscono “pesan-tissima” non soltanto per il nu-mero di condanne e l’entità delle pene, ma “anche per i risarcimen-ti” stabiliti nei confronti di espo-nenti delle forze dell’ordine, dei ministeri della Difesa, dell’Inter-no, dell’Economia e dei sindacati di polizia, tutti costituiti parte ci-vile al processo... È una senten-

za che era stata già scritta... Non ammmettere le prove chieste dagli imputati equivale a impedire loro di difendersi come prevedono il codice e la Costituzione. Faremo ricorso in tutti i gradi di giudizio. E, se non basterà, arriveremo alla Corte europea dei diritti dell’uo-mo, lamentando anche il fatto che il processo si è svolto nell’aula bunker di un carcere”.

Sprezzante e provocatorio il commento del ministro dei Tra-sporti, Maurizio Lupi secondo il quale: “Oggi il tribunale di Tori-no ha giustamente condannato per violenza a pubblico ufficiale, le-sioni e danneggiamento 47 attivi-sti No Tav per gli incidenti provo-cati in Val di Susa nell’estate del 2011. È una sentenza che fa giu-stizia anche di tante coperture po-litiche e intellettuali di quella vio-lenza, che hanno cercato e cercano

di nobilitarla con assurdi richiami alla Resistenza... È una sentenza che ristabilisce il primato della le-galità e pure del buon senso: assal-tare un cantiere, attaccare le forze dell’ordine, ferire oltre 180 perso-ne tra poliziotti, carabinieri e mi-litari della Guardia di finanza non è una normale manifestazione di dissenso, è un crimine”.

Per niente intimoriti dalle infa-mi condanne, subito dopo la lettu-ra della sentenza i No Tav hanno ripreso la lotta e hanno blocca-to per un quarto d’ora l’ingresso e l’uscita della strada che porta alla tangenziale di Torino all’al-tezza di corso Regina Margheri-ta a poca distanza dell’aula bun-ker dove si è stata pronunciata la sentenza. Una manifestazione popolare, in segno di solidarietà coi compagni di lotta condanna-ti, si è svolta anche a Bussoleno. Durante il precorso è stata occu-pata l’autostrada A32 chiusa per qualche ora a causa dei fumogeni; immediate sono scattate anche le violente cariche della polizia con lanci di lacrimogeni e uso didran-ti. Fermati cinque attivisti, due dei quali sono stati subito dopo rilasciati, per resistenza aggrava-ta, danneggiamento e interruzio-ne di servizio pubblico.

“Questa sentenza sa più di ven-detta che di giustizia - ha com-mentato a caldo Alberto Perino, leader storico del movimento No Tav. “Si tratta - ha aggiunto Peri-no - del fallimento della politica e dell’estremo tentativo di fare fuo-ri il movimento No Tav, ma non ci riusciranno”.

nEl giorno dEll’inaugurazionE dEll’Expo

i lavoratori del teatro della Scala non lavoreranno il 1° Maggio

Fra le megaspeculazioni, la corruzione, gli scandali, il ma-laffare e quant’altro si aggira in-torno a Expo2015 di Milano, non sono mancati i soprusi, gli abusi e la cancellazione dei diritti dei lavoratori. L’ultimo riguarda il giorno scelto per l’inaugurazio-ne della mega esposizione: il 1° Maggio, l’ennesima dimostrazio-ne di quanto i pescecani capitali-sti e i politici corrotti al loro servi-zio, siano impegnati a cancellare le ricorrenze della storia del mo-vimento operaio internazionale.

Fra i primi ad alzare la testa sono stati i lavoratori della Sca-la di Milano chiamati per la pri-ma della Turandot nel giorno dell’inaugurazione davanti ai capi di Stato. L’assemblea degli iscritti Cgil del 21 gennaio si è conclusa con la decisione di partecipare al tradizionale corteo del 1° Maggio e quindi non saranno in teatro.

Negli scorsi giorni il sovrin-tendente della Scala Alexander Pereira aveva inviato una lettera molto ambigua a tutti i dipenden-ti del teatro, chiedendo la loro di-sponibilità a lavorare nel giorno festivo. In cambio, in modo sub-dolo, Pereira offriva una remune-razione allettante: fino al 140 %

in più rispetto a un normale gior-no di lavoro. Un’offerta alla quale gran parte del coro e dell’orche-stra si erano dichiarati favorevol-li, vista anche la resa incondizio-nata di Cisl, Fials e Uil.

“La lettera di sondaggio è una cosa legittima ma è anche legitti-mo che i lavoratori decidano di non rispondere”, ha dichiarato Pao-la Bentivegna, segretaria Slc-Cgil, diffidando Pereira dal fare “indebi-te pressioni individuali”. La Cgil, che nelle sue file conta molti tecni-

ci all’interno del teatro, invita tutti i lavoratori a partecipare alla mani-festazione “per ribadire la dignità dei lavoratori e dei loro diritti”.

Di fronte alle dichiarazioni im-bonitrici, per salvare capra (gli interessi speculativi capitalistici) e cavoli (la faccia), del sindaco Giuliano Pisapia “Decisione le-gittima, ma chiedo un momento di riflessione”, e alle velenose paro-le di Mariastella Gelmini, coordi-natrice FI Lombardia che ritiene il 1° Maggio un rito e difenderlo “è

un manifesto di arretratezza cul-turale, storica, sociale. Qualcosa che misura la distanza tra la sini-stra riformista e quella ottocente-sca”, quelle della segretaria nazio-nale della Cgil Susanna Camusso, fanno inorridire e sconfessano la ferma posizione della segretaria di categoria Bentivegna: “Expo è un evento eccezionale di svilup-po e crescita del tutto irripetibile” mentre invita i lavoratori a “sal-vaguardare seriamente il calen-dario con la contrattazione perché non bisogna nascondersi davanti a eventi straordinari”.

Del resto i vertici sindacali collaborazionisti già negli accor-di preliminari siglati dal gover-no con la società Expo, la Regio-ne Lombardia e i sindacati, Cgil compresa, nel luglio 2014 ave-vano accettato di lasciare che si “violasse la dignità del lavorato-re o la democrazia perché a Expo 2015 si possa rischiare uno scio-pero nei mesi dell’esposizione universale milanese”. “Grazie a questa intesa siamo in grado di garantire a tutti i Paesi parteci-panti che non ci saranno rischi di mobilitazioni”, gongolava com-piaciuto il commissario dell’Ex-po, Giuseppe Sala.

richieste dei pm e condanne inflitte dal Tribunale contro i no Tav

(in grassetto assoluzioni e condanne maggiorate)1 ANICOT Isabelle. Richiesti 3 anni e 10 mesi: Assolta2 ARBOSCELLI Nicola. Richiesti 3 anni e 1 mese: Assolto3 AVOSSA Gabriela. Richiesti 6 anni: Assolta4 BALDINI Filippo. Richiesti 3 anni 10 mesi. Condanna: 3 anni, 8 mesi5 BASTIOLI David. Richiesta: 3anni, 2 mesi e 15gg. Condanna: 3 anni e 4 mesi6 BERNARDI Francesco. Richiesta: anni 3anni, 1 mese,15 gg. Condanna: 3 anni, 15 giorni7 BIFANI Marta. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna: 3 anni, 7 mesi8 BINDI Giacomo. Richiesta 3 anni e 5 mesi. Condanna: 2 anni 6 mesi9 BINELLO Roberto. Richiesta: 3 anni e 2 mesi. Condanna: 3 anni, 2 mesi10 CALABRO’ DAMIANO. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna: 3 anni , 9 mesi11 CECUR Maya. Richiesta 6 anni. Condanna: 4 anni 4 mesi12 CIENTANNI Luca. Richiesta: 3 anni e 5 mesi. Condanna: 2 anni 6 mesi13 CONVERSANO Giuseppe. Richiesta: 3 anni e 2 mesi. Condanna: 3 anni e 3 mesi14 CUSTURERI Luca. Richiesta:.3 anni e 10 mesi. Condanna: 2 anni15 DELSORDO Michel Alessio. Richiesta: 6 anni. Condanna: 3 anni e 11 mesi16 FERRARI Gianluca. Richiesta: 4 anni. Condanna: 4 anni e 2 mesi17 FERRARI Paolo Maurizio. Richiesta: 6 anni. Condanna: 4 anni, 6 mesi18 FILIPPI Gabriele. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna: 3 anni, 8 mesi19 FISSORE GUIDO. Richiesta: 1 anno e 10 mesi. Condanna 4 mesi20 GINETTI Antonio. Richiesta: 6 anni anni. Condanna: 4 anni, 5 mesi21 GIORDANI Pietro. Richiesta: 3 anni, 2 mesi e 15 gg. Condanna: 3 anni, 1 mese22GRIECO Matteo. Richiesta: 2 anni. Condanna:3 anni, 5 mesi23 GRIS Alvise. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna:3 anni, 9 mesi24 GUIDO Federico. Richiesta 3 anni e 1 mese. Assolto25 GULLINO Samuele. Richiesta: 3 anni, 2 mesi e 15 gg 15. Condanna:3 anni, 1 mese26 HASANAI Artan.Richiesta: 3 anni e 1 mese. Condanna: 2 anni, 1 mese27 IARA MARIN. Richiesta: 3: anni e 10 mesi. Condanna: 3 anni, 6 mesi28 IMPERATO TOBIA. Richiesta: 2 anni. Condanna: 2 mesi29 LATINO Stefano. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna:3 anni, 9 mesi30 LAVEZZOLI Mirco. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna:3 anni, 7

mesi31 LUSSI Thoma. Richiesta: 1 anno e 4 mesi. Condanna: 2 mesi, 15 gg32 MANIERO FABRIZIO. Richiesta: 3 anni e 9 mesi. Condanna: 4 anni 6 mesi33 MARTOIA ALEX Richiesta: 6mesi + euro2000. Condanna: 2 mesi + 70 euro34 MASSATANI Davide. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna:3 anni, 6 mesi35 MINANI Lorenzo. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna: 3 anni, 7 mesi36 NADALINI Roberto. Richiesta 4 anni. Condanna: 4 anni e 3 mesi. Fu anche pestato e torturato durante il fermo.37 NUCERA Mario (il barbiere di Bussoleno). Richiesta: 3 anni e 2 mesi. Condanna:3 anni, 2 mesi38 PALUMBO Gianluca. Richiesta: 3 anni e 5 mesi. Condanna: 2anni 6 mesi39 PAOLUCCI Giacomo. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Assolto40 PARISIOFrancesco. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Assolto41 PEROTTINO Fabrizio. Richiesta: 3 anni e 1 mese. Condanna:3 anni, 1 mese42 PIA Valerio. Richiesta: 3 anni e 2 mesi. Condanna:8 mesi43 RADWAN Sharif. Richiesta: 1 anno e 4 mesi. Condanna: 250 euro44 RIVA Elena. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna: 3 anni, 11 mesi45 RIVETTI Cristian. Richiesta: 3 anni e 5 mesi. Condanna:3 anni, 6 mesi46 ROCCA Zeno. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna: 3 anni, 9 mesi47 ROSSETTO Giorgio. Richiesta: 6 anni. Condanna: 4 anni 4 mesi48 SCHIARETTI Matteo. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna: 3 anni, 8 mesi49 SISTILI Clara. Richiesta: 3 anni e 10 mesi. Condanna: 3 anni, 7 mesi50 SORROCHE Fernandez J. Antonio. Richiesta: 6 anni. Condanna:4 anni, 6 mesi51 SORU Salvatore. Richiesta: 3 anni e 11 mesi. Condanna :4 anni e 1 mese. Fu anche duramente pestato da agenti e carabinieri durante il fermo.52 VITALI Andrea. Richiesta: 3 anni, 2 mesi, 15 gg. Condanna:250 euro53 ZILIOLI David. Richiesta: 3 anni e 2 mesi. Condanna:3 anni, 2 mesi

Bussoleno (torino) 28 gennaio 2015. la manifestazione di protesta contro la sentenza fascista di condanna di 47 mani-festanti no-tav

milano 10 ottobre 2014. una manifestazione dei no expo

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N. 6 - 12 febbraio 2015 crisi del capitalismo e aumento della povertà / il bolscevico 5Lo rivela uno studio de “La Repubblica”

La cRisi deL capitaLismo itaLiano ha aLLaRgato Le distanze tRa Le cLassi Il patrimonio delle 10 famiglie più ricche è pari al patrimonio dei 20 milioni di italiani più poveri

Non soltanto nel mondo, la crisi del capitalismo ha accen-tuato notevolmente le disegua-glianze anche nel nostro Paese, dimostrando come essa colpisce le masse popolari e non coloro che governano e fanno i soldi scaricando sulle famiglie popolari tutto il peso di questa situazione. È quanto rivela uno studio de “La Repubblica”, svolto sui dati della Banca d’Italia. Il quotidiano rive-la come, a partire dal 2008, vi è stato un drastico allargamento delle distanze economiche nella nostra penisola. Nel 2013 le dieci famiglie più ricche d’Italia hanno un patrimonio assai superiore a quello del 30% degli italiani più poveri, pari a circa 20 milioni di residenti. La situazione è ancora peggiore per i patrimoni degli ul-timi dodici milioni di italiani e stra-nieri residenti in Italia, il 20% più povero della popolazione del Pa-ese, che subiscono lo squilibrio più accentuato. Infatti nel 2013 le 10 famiglie più ricche d’Italia hanno risorse patrimoniali sei volte superiori al 20% più povero dei residenti.

In termini assoluti, nel 2013 le 10 famiglie più ricche d’Italia detengono una ricchezza di 98 miliardi di euro, quando nel 2008 possedevano 58 miliardi. Dun-que, la ricchezza di tali famiglie in 5 anni è aumentata di quasi il 70%, mentre nel corso degli stessi 5 anni i 20 milioni di italiani più poveri si sono ulteriormen-

te impoveriti. La loro ricchezza complessiva è scesa a 96 miliardi dai 114 del 2008, un crollo supe-riore al 20%.

In sostanza, aumenta il divario e scende la ricchezza comples-siva degli italiani più poveri. Non si capisce allora dove il nuovo Berlusconi abbia preso i dati per affermare con la sua solita traco-tanza che “In un tempo di crisi le famiglie italiane hanno visto cre-scere i propri risparmi, passati da 3,5 a 3,9 triliardi di euro dal 2012 al 2014. In questi mesi l’Italia ha visto aumentare i propri risparmi, paradossalmente le famiglie si stanno arricchendo perché hanno preoccupazione e paura” (sic)!

Ma di quale famiglie parla Renzi? In realtà, come si evince dai dati della Banca d’Italia, dal 2008 le famiglie italiane hanno subito un colossale abbattimento di ricchezza complessiva e que-sto calo si è scaricato unicamen-te sui lavoratori a reddito fisso o sui disoccupati.

I numeri parlano chiaro. Calco-lata in euro del 2013, la ricchezza netta totale degli italiani crolla di 814 miliardi negli ultimi cinque anni. Gli anni peggiori sono stati a cavallo tra il 2010 e il 2011, quan-do la ricchezza delle famiglie è di-minuita di 391 miliardi in un anno, in corrispondenza del Berlusconi IV, ma anche del governo Monti, quando, tra il 2011 e il 2012, la ricchezza degli italiani va a picco, con una perdita di 174 miliardi di

euro in un anno. La curva decre-scente della ricchezza, conside-rata alla luce dei provvedimenti antipopolari del governo Renzi, fa pensare che anche l’anno del governo del nuovo Berlusconi deve aver registrato i redditi più bassi ancor più bassi e quelli più alti sempre più alti.

Circa due terzi dell’erosione dei redditi più bassi si spiega con il calo del valore delle case di pro-prietà. Infatti se la crescita media annua del valore della abitazioni è stata pari al 6,9% nel periodo

1995-2007, dalla fine del 2007 il valore delle abitazioni è rima-sto sostanzialmente stazionario, dando luogo al meccanismo della svalutazione degli immobili. .

Il resto del calo di ricchezza è dovuto al ricorso delle famiglie dei lavoratori ai risparmi per so-stenere le spese quotidiane. La realtà dunque è totalmente oppo-sta a quanto sostiene il premier.

Basti considerare che l’an-damento dei depositi bancari dimostra l’erosione dei depositi più bassi e l’accumulo di quelli

più alti. Alla fine del 2013, la quota di

depositi detenuta dalle famiglie meno ricche, quelle che avevano un deposito fino a 50.000 euro era pari al 44 per cento. Le fa-miglie che avevano un importo superiore tra 50 mila e 250 mila erano il 39 % e quelle con oltre 250 mila erano il 17 per cento. Rispetto al 2007 la quota di de-positi nella fascia fino a 50.000 euro è diminuita a vantaggio delle classi di importo superiori.

La crisi viene governata dal-

le istituzioni borghesi ed oggi il principale responsabile di quanto sta accadendo è il governo Ren-zi, è lui che sta favorendo ancora l’accumulo dei più ricchi ai danni dei lavoratori, con il suo progetto neofascista e piduista di attacco diretto alle masse lavoratrici, con l’abolizione dei diritti dei lavora-tori, l’incremento del precariato, il blocco dei contratti

Validissime e lungimiranti alla luce di quanto detto le parole del Documento dell’Ufficio Politico del 25 febbraio 2014 sul governo Renzi: “Il governo del Berlusconi democristiano non merita alcuna fiducia. Va spazzato via senza indugio e con la massima deter-minazione, conducendo contro di esso una dura opposizione di classe e di massa nelle fab-briche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nelle piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e stu-dentesche.”

Ma le disuguaglianze in Italia potranno essere abolite defini-tivamente soltanto attraverso la conquista del socialismo da par-te del proletariato. Conquistando il potere politico il proletariato, che produce l’intera ricchezza del Paese, potrà appropriarsi del-le risorse e dei beni che gli sono sottratti, nella dittatura del capi-tale, dalla borghesia, ponendo le premesse per la equa distribuzio-ne della ricchezza e dei servizi tra la popolazione.

Fonte: Rapporto Banca d’Italia sulla ricchezza delle famiglie italiane, anno XXIV, 16 dicembre 2014, n.69

RappoRto oxfam. Le gRandi disuguagLianze cRescono

La ricchezza dell’1% della popolazione mondiale è quasi uguale a quella del restante 99%

Oltre un miliardo di persone vivono con meno di 1,25 dollari al giornoLo denuncia un rapporto

dell’Organizzazione non governa-tiva Oxfam, pubblicato all’inizio di gennaio 2015 alla vigilia del Fo-rum di Davos in Svizzera.

Dall’inizio dell’ultima crisi parti-ta negli USA ed estesasi al mondo intero, in appena sei anni, il patri-monio dei più ricchi del mondo ha avuto un incremento relativo passando dal 44% al 48% della ricchezza globale. Oggi l’1% del-la popolazione mondiale ha una ricchezza quasi uguale a quella del restante 99%. La previsione dice che nel 2016, se la tendenza all’accentramento mantiene i ritmi di questi sei anni, l’1% della po-polazione mondiale sarà più ricco del rimanente 99% della popola-zione mondiale.

L’analisi evidenzia quindi come la sperequazione stia aumentando in maniera vertiginosa e continua per due movimenti: i patrimoni dei più ricchi schizzano in alto, men-tre i redditi da lavoro scivolano inesorabilmente verso il basso. I pochissimi ultramiliardari, 80 per-sone in tutto nel mondo, hanno raddoppiato tra il 2009 e il 2014 la propria ricchezza e possiedono adesso la stessa ricchezza del 50% più povero del pianeta, 3,5 miliardi di individui. Per questi ulti-mi la ricchezza nel 2014 è inferio-re a quella posseduta nel 2009.

Dal documento di Oxfam emergono altre cifre particolar-mente rilevanti che evidenziano come la crisi del capitalismo si sia

scaricata in particolar modo sulle fasce più deboli della popolazione mondiale.

Ad esempio colpisce partico-larmente il dato che del 52% che resta della ricchezza globale non in mano all’1% degli arcimiliardari, il 46% è comunque detenuto dal 20% della popolazione mondiale un poco meno ricca. Il rimanente 79% della popolazione mondiale dispone appena del 5,5% della ricchezza. Queste persone hanno un reddito medio di 3.851 dollari l’anno, pari a poco più di 9 dollari al giorno, (3.331 euro, poco più di 9 euro al giorno), ciò a fronte di un aumento del costo della vita e dei servizi essenziali. Tra questi 1 mi-liardo di individui vive con appena 1,25 dollari al giorno.

Le attività di lobby hanno favorito

l’accumulazione della ricchezza

Un elemento che appare evi-dente è che in questo periodo di crisi la ricchezza si è spostata ul-teriormente dalle fasce più deboli della popolazione mondiale ver-so le fasce più ricche. Potrebbe sembrare che ciò sia unicamen-te un risultato dei meccanismi di funzionamento del mercato. In re-altà dal rapporto emergono degli elementi che mostrano, se ancora ce ne fosse bisogno, come i mec-canismi di accumulo siano favoriti

e guidati dalle istituzioni nazionali e sovranazionali che rispondono alle lobby imperialista.

Ciò è evidente soprattutto nei settori finanziario, assicurativo e farmaceutico-sanitario. In questi settori l’attività lobbistica è, come dire, un elemento del bilancio che serve a mantenere il gioco di scambio di favori tra istituzioni politiche borghesi statati e sovra-statali e monopoli. Il conto è pre-sto fatto. Se quel 20% di miliardari elencati da Forbes, la rivista statu-nitense di economia e finanza che fornisce annualmente l’elenco dei più ricchi del mondo, che hanno interessi nei settori finanziari e as-sicurativi, hanno visto incremen-tare la loro ricchezza dell’11% nel 2014, passando da 1.010 miliardi di dollari a 1.160 miliardi di dollari, allo stesso modo è vero che nel solo 2013 finanzieri e assicura-tori hanno speso ben 550 milioni di dollari per interventi lobbistici presso le isituzioni USA e UE.

L’intervento lobbistico si spin-ge fino a finanziare direttamente le campagne elettorali di gruppi politici più vicini ai loro interessi, per determinare interventi a fa-vore della propria azienda: alla faccia della proclamata libertà del mercato.

Il problema della determina-zione dei mercati da parte delle lobby politico-economiche è par-ticolarmente grave anche nella UE imperialista. Qui risiedono 20 dei 90 miliardari del settore far-

maceutico-sanitario. Questi han-no visto un aumento di ricchezza di 28 miliardi di euro in un anno a fronte di almeno 50 milioni di dol-lari spesi per fare lobby ogni anno presso le istituzioni UE. In totale in tutto il mondo le aziende dai settori farmaceutico e sanitario spendono oltre 500 milioni di dol-lari per fare lobby a Washington e Bruxelles.

Tra questi supermiliardari eu-ropei del settore sanitario è da citare il caso “particolare” dell’ita-liano Stefano Pessina. Nel 2014 ha visto il più ampio incremento di ricchezza individuale tra i mi-liardari di tutto il mondo presenti nella lista con interessi nei set-tori farmaceutico e sanitario. La sua ricchezza netta aumenta di 4 miliardi di dollari, da 6,4 miliardi a10,4 miliardi in un solo anno.

Le vere cause e le soluzioni alla disuguaglianza

Oxfam, ha chiesto ai governi di adottare un piano di sette punti per affrontare la disuguaglianza: alcuni come il contrasto all’elu-sione fiscale di multinazionali e miliardari; investimento in servi-zi pubblici gratuiti; distribuzione equa del peso fiscale, spostando la tassazione da lavoro e consumi verso capitali e ricchezza; l’intro-duzione di una legislazione ispira-ta alla parità di retribuzione, e poli-

tiche economiche che prevedano una giusta quota per le donne; reti di protezione sociale per i più po-veri, un obiettivo globale di lotta alla disuguaglianza sono condivi-sibili a livello generale, anche se andrebbero declinati con dei con-tenuti realmente dalla parte delle masse popolari. Altre proposte, come il reddito minimo garantito, l’introduzione di salari minimi, non li condividiamo e non sono utili a combattere le disparità. Si tratta di palliativi e vuote misure che non vanno a toccare il cuore del problema: il sistema economico e politico capitalistico.

Permanendo il capitalismo le disuguaglianze non possono non accentuarsi. Infatti il sistema capitalistico trae linfa vitale dalle disuguaglianze per perpetuare il proprio dominio e sfruttamento all’interno e all’esterno dei sin-goli Paesi. All’interno mediante il meccanismo dei prezzi di mono-polio, con l’intensificazione dello sfruttamento del lavoro salariato, cancellando le conquiste socia-li ed economiche che la classe operaia e i lavoratori hanno rea-lizzato attraverso le innumerevoli lotte svolte a partire dalla fine della seconda guerra mondiale. All’esterno mediante l’esporta-zione dei capitali e mediante lo scambio ineguale, che si espri-me in una esportazione di merci industriali dei Paesi imperialisti in quelli più poveri ad elevati prezzi di monopolio e nel contempora-

neo saccheggio delle loro materie prime e derrate alimentari a bassi prezzi di monopolio. E per aiuta-re il capitalismo a sopravvivere e superare i periodi di crisi, come quello attuale, i governi, le istitu-zioni borghesi nazionali e sovra-nazionali finiscono per favorire e accentuare i suddetti meccanismi di sfruttamento e accumulo dei capitali.

Non si possono combattere le spaventose disuguaglianze gene-rate da questa crisi del capitali-smo internazionale senza mettere in discussione l’imperialismo che le ha generate, alimentate e in-cancrenite, attraverso le sue isti-tuzioni statali, politiche, economi-che, finanziarie e militari e senza spazzar via le istituzioni economi-che e finanziarie che coi loro dik-tat condizionano pesantamente le politiche degli Stati nazionali. A partire dal Fondo monetario inter-nazionali (Fmi), Banca mondiale (Bm), Organizzazione mondiale del commercio (Wto), Banca cen-trale europea (Bce), Banca euro-pea di investimento (Bei), Banca europea per la ricostruzione dei Paesi dell’Est (Bers) e le istitu-zioni sovranazionali come ONU e UE che le governano a favore di pochissimi miliardari affamando interi popoli.

Ma le premesse concrete per abolire definitivamente le disu-guaglianze si avranno soltanto con l’abolizione del capitalismo e l’instaurazione del socialismo.

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6 il bolscevico / interni N. 6 - 12 febbraio 2015

Come emerge dalla nuova inChiesta della proCura di roma

Coinvolti gli usa e i servizi segreti italiani nell’omicidio di moro

Indagato Pieczenik, consigliere della Cia e di CossigaIl 13 novembre il procuratore

generale, Luigi Ciampoli, ha chie-sto alla procura della repubblica di Roma di procedere con l’impu-tazione di concorso in omicidio a carico di Steve Pieczenik, funzio-nario del Dipartimento di Stato Usa ai tempi del sequestro Moro, in quanto vi sarebbero “gravi indi-zi circa un suo concorso nell’omi-cidio” del presidente della Demo-crazia cristiana Aldo Moro.

Pieczenik, “inviato” informale del governo americano, era il su-perconsulente Usa del governo di Gulio Andreotti e soprattutto del ministro dell’Interno, il golpista e capo dei gladiatori Francesco Cossiga, per la gestione della crisi aperta dal sequestro di Aldo Moro da parte delle sedicenti “Brigate Rosse”.

Il nuovo procedimento nasce dall’avocatura al Pubblico mini-stero (Pm) Luca Palamara di una analoga inchiesta aperta nel mar-zo scorso in seguito alle rivelazio-ni dell’ex ispettore di polizia En-rico Rossi di stanza alla Digos di Torino fino allo scorso anno (cfr Il Bolscevico n. 14 del 10 apri-le 2014). Rossi, prima che l’in-chiesta fosse trasferita da Torino a Roma, è riuscito anche a identifi-care uno dei due uomini dei servi-zi segreti italiani presenti in Fani a bordo di una moto Honda la mattina del 16 marzo 1978 quan-do Moro fu rapito e la sua scorta fu assassinata. L’uomo alla guida della moto e con il mitra in mano è Antonio Fissore, originario di Cu-neo, morto a Firenze nell’agosto

2012 a 67 anni per infarto. Nella cantina della ex moglie separata erano state sequestrate due pisto-le, l’edizione straordinaria di Re-pubblica del 17 marzo 1978, e una lettera di Franco Mazzola, sottose-gretario ai servizi durante il caso Moro, depositario di molti segreti. Le indagini su questo filone d’in-chiesta hanno portato alla scoperta di nuovi e gravi elementi anche a carico del colonnello Camillo Gu-gliemi, uomo del Sismi (il servizio segreto militare, controllato dalla P2 di Gelli), presente anche lui in via Fani al momento dell’agguato contro Moro e la sua scorta ma an-che lui ormai defunto.

Da qui la richiesta di archivia-zione per questo procedimento inoltrata dal procuratore generale al tribunale di Roma perché “non si può procedere contro i defunti” e la contestuale trasmissione degli atti alla Procura disposta sempre da Ciampoli affinché si “proce-da nei confronti di Steve Piecze-nik in ordine al reato di concorso nell’omicidio di Aldo Moro, com-messo in Roma il 9 maggio 1978″, spiegandone i motivi e il ruolo svolto nell’operazione da Piecze-nik, lo psichiatra, esperto di terro-rismo ma soprattutto funzionario dell’amministrazione Usa Henry Kissinger, il quale nei 53 giorni del sequestro Moro sedette sem-pre al tavolo del Comitato di cri-si istituito subito dopo il rapimen-to e concluso il 9 maggio 1978 con il ritrovamento in via Caetani del corpo dello statista DC assassina-to.

Ascoltato dalla nuova Com-missione parlamentare d’inchiesta sul caso Moro, Ciampoli ha det-to: “Bisogna prendere atto che in via Fani, con la moto, non c’erano solo le Br. Sicuramente su quella moto non c’erano né ‘Peppo’ né ‘Peppa’, i due autonomi che in-vece sono presenti in altri episodi. Questo è un dato sicuro. Il proble-ma della moto non inquadrata nel-le forze Br rimane. Questi hanno successivamente sminuito queste presenze non conosciute all’epoca. Oggi però sappiamo che su quel palcoscenico, oltre alle Br, c’erano i nostri servizi segreti e agenti dei servizi segreti stranieri, interessati a destabilizzare l’Italia”.

La procura generale di Roma sottolinea che a carico di Piecze-nik “sono emersi indizi gravi cir-ca un suo concorso nell’omicidio, fatto apparire, per atti concluden-ti, integranti ipotesi di istigazione, lo sbocco necessario e ineludibile, per le Br, dell’operazione milita-re attuata in via Fani, il 16 marzo 1978, ovvero, comunque, di raf-forzamento del proposito crimi-noso, se già maturato dalle stesse Br”. L’ipotesi dunque è che Piec-zenik abbia fatto in modo che le “Brigate rosse” si convincesse-ro, maturassero o rafforzassero la propria idea che la conclusione “ineludibile” del rapimento del le-ader democristiano era la sua uc-cisione.

Mentre Guglielmi, addetto all’Ufficio “R” per il controllo e la sicurezza prestava servizio pres-so la base Nato di Capo Marrar-

giu in Sardegna, che era anche la base di addestramento della strut-tura Stay-Behind “Gladio”, con il preciso compito di addestrare i gladiatori civili e militari in opera-zione di “sbarco e assalto”, mentì spudoratamente ai magistrati giu-stificando la sua pressenza in via Fani affermando che: “Stavo an-dando a pranzo da un collega che abitava in via Stresa, a pochi passi dal luogo della strage”. Il collega del colonnello confermò la visita, durata fra l’altro appena qualche minuto, forse giusto il tempo per procurarsi un alibi, ma negò ca-tegoricamente di avere fissato un appuntamento per il pranzo con Guglielmi. “Se fosse ancora vivo avrei chiesto che fosse indagato per concorso in strage” anche Gu-glielmi, ha aggiunto Ciampoli.

Sul ruolo di Pieczenik il pg ha detto che la sua non fu una sem-plice “consulenza” ma una vera e propria operazione di “guer-ra psicologica”. Oltre alla volon-tà di “eliminare Moro”, che Piec-zenik aveva già rivelato in alcune interviste e nel libro di Emmanuel Amara del 2006 “Abbiamo ucciso Aldo Moro”, il procuratore gene-rale di Roma attribuisce al funzio-nario americano altri due obiettivi precisi: “Mettere le mani sui testi e sui nastri dell’interrogatorio di Moro, costringere le Br al silen-zio” e neutralizzare i contraccolpi politici e diplomatici che si sareb-bero avuti qualora il memoriale di Moro fosse stato pubblicato.

Un silenzio tombale dal mo-mento che niente di quanto rive-

lato da Moro sui “veri e nascosti responsabili” delle stragi, sugli “intrighi di potere, le omertà” di cui parlano le “Br” nei loro comu-nicati verrà reso noto dai brigatisti né allora né mai. “Sul ‘come’ que-sto obiettivo sia stato conseguito possono formularsi soltanto del-le ipotesi – scrive il pg – che non trovano riscontri che le porti fuo-ri dalle secche delle mere supposi-zioni di un ruolo della Nato, o di qualche non meglio precisato ap-parato di sicurezza, o della mala-vita o di tutti quanti insieme”.

“Vero è però che l’interesse sta-tunitense per il sequestro Moro – scrive ancora Ciampoli – arriva solo dopo la pubblicazione del co-municato n. 3 delle Br, il 29 marzo ’78, in cui i brigatisti promettono di rendere note le rivelazioni del prigioniero. E allegano una lettera riservata – resa però pubblica dalle “Br” – in cui Moro scrive al mini-stro dell’Interno Cossiga di rischia-re di dover parlare “in maniera che potrebbe essere sgradevole o peri-colosa... E non fu un caso – spie-ga il pg – che subito dopo questa lettera, giungesse a Roma l’esper-to del Dipartimento di Stato Steve Pieczenik. Il sequestro Moro era all’improvviso percepito come un pericolo serio dagli Usa”, che in una prima fase avevano rifiutato il loro aiuto al governo italiano, rifa-cendosi a un decreto presidenziale di Jimmy Carter che vietava ai ser-vizi d’informazione statunitensi di collaborare con i Paesi stranieri a meno che non fossero in pericolo interessi vitali degli Usa.

Mentre la presenza contem-poranea in via Fani del colonnel-lo Guglielmi e di Bruno Barbaro, l’“uomo dal cappotto di cammel-lo... cognato del colonnello Fer-nando Pastore Stocchi, dirigen-te della base di Capo Marrargiu e collaboratore del generale Vito Miceli” è da porsi “senz’altro in relazione coi tragici eventi che in quella via e in quel giorno si verifi-carono”. E dunque: “Non può farsi a meno di evidenziare la singola-rità della contemporanea presenza in via Fani – sottolinea il procura-tore generale – di due personaggi le cui storie personali conducono, direttamente o indirettamente, alla base di Capo Marrargiu”: la base di addestramento della struttura Stay-Behind “Gladio”. Anche se nel caso del sequestro Moro – nota il magistrato – Gladio rischia di diventare il “paravento” dietro cui si nasconderebbe altro: “Una serie di strutture segrete miliari e civili, infiltrate dagli ex salotini e legate a doppio filo ai servizi segreti dei Paesi occidentali (…) dal «Noto Servizio» al «Sid parallelo», dalla «Rosa dei Venti» ai «Nuclei di Di-fesa dello Stato», che agirono ben oltre i confini dell’anticomunismo democratico”.

Tutto ciò noi lo abbiamo de-nunciato fin dall’inzio e non ab-biamo mai avuto dubbi sul fat-to che le “Br” fossero manovrate dai servizi segreti e dalla P2, e li abbiamo ripetutamente smasche-rati su questo stesso giornale fin dal loro primo apparire sulla scena della “strategia della tensione”.

7 arrestati tra cui 5 ufficiali: “Chiedevano il pizzo come mafiosi”

la marina militare affonda in un mare Che la corruzione regni sovra-

na dentro la macchina statale bor-ghese è una verità confermata dal-la recente inchiesta giudiziaria a Taranto da cui risulta che la Ma-rina militare italiana affonda lette-ralmente in un mare di tangenti.

Dopo lo scandalo che ha porta-to in carcere a Taranto nel marzo 2014 il capitano di fregata Roberto La Gioia e che aveva già allora por-tato alla luce all’interno della Mari-na gravissimi episodi di corruzione, l’inchiesta dei magistrati della città pugliese non ha conosciuto soste, anzi ha appurato che all’interno di questa forza armata vi è un sistema strutturato di corruzione.

Infatti lo scorso 13 genna-io sono stati arrestati - nell’ambi-to della stessa inchiesta che ave-va dieci mesi fa portato in carcere La Gioia - il capitano di vascello Attilio Vecchi in servizio al Co-mando logistico di Napoli, il capi-tano di fregata Riccardo Di Don-na e il capitano di fregata Marco Boccadamo entrambi in servizio a Roma presso lo Stato maggiore della Difesa, il capitano di frega-ta Giovanni Cusmano in forza al

Maricentadd di Taranto, il capita-no di fregata Giuseppe Coroneo che è vice direttore del Maricom-mi di Taranto, il luogotenente An-tonio Summa in servizio al quinto reparto dello stesso Maricommi, oltre al funzionario civile del Mi-nistero della Difesa Leandro De Benedectis.

I magistrati tarantini hanno ac-certato un gigantesco giro di maz-zette e di tangenti che sconcerta per la loro sistematicità e soprat-tutto per la regolarità con cui i mi-litari coinvolti: il capitano La Gio-ia, che nel frattempo ha confessato e anzi ha aperto agli inquirenti l’in-quietante scenario, riceveva ogni settimana, da molti anni e da tut-ti i titolari delle imprese fornitri-ci della base della Marina militare di Taranto, il 10% fisso degli im-porti delle merci e dei servizi, di-spensando poi agli altri sei militari e al funzionario civile una percen-tuale fissa della tangente in base al grado e al ruolo che ricoprivano nell’ingranaggio burocratico de-putato all’emissione dei mandati di pagamento alle imprese.

Insomma, chi a Taranto voleva

lavorare con il porto militare do-veva necessariamente lasciare agli uomini in divisa il 10%, e per chi faceva storie c’era anche la minac-cia di uso della violenza, dal mo-mento che il capitano di fregata La Gioia - questo appurarono già le intercettazioni che avrebbero poi portato al suo arresto - non man-cava di ricordare agli imprendi-tori morosi che i membri dell’as-sociazione a delinquere alla quale apparteneva, ovvero i suoi sodali appartenenti alla Marina militare, erano armati, tanto da far scrivere

ai pm nell’ordinanza di arresto che i membri della banda “chiedevano il pizzo come mafiosi”.

I sette arrestati sono tutti accu-sati di concussione insieme al ca-pitano di fregata la Gioia, che nel frattempo è libero con il solo ob-bligo di firma: fu proprio nell’uf-ficio di quest’ultimo, al quale la Procura di Taranto risalì tramite la denuncia di uno degli imprendito-ri sottoposti al pizzo, che gli inve-stigatori coordinati dal PM Mau-rizio Carbone trovarono i registri dove il capitano La Gioia conta-

bilizzava il numero delle tangen-ti con le percentuali e i relativi de-stinatari che erano identificati solo con delle lettere alfabetiche. Fu in seguito lo stesso La Gioia, interro-gato dagli inquirenti, ad attribuire un nome e cognome ad ogni sigla.

Le intercettazioni telefoniche e ambientali hanno poi dato pie-no riscontro alle accuse del mili-tare, infatti le successive indagini hanno poi permesso di individuare ben sedici imprese che versavano da molti anni il 10% degli introi-ti ai militari, quasi esclusivamente

soldi in contanti ma anche elettro-domestici e buoni di benzina.

Lo Stato maggiore della Mari-na, con forte imbarazzo, ha subito diffuso una nota in cui esprime pie-no sostegno all’azione degli inqui-renti, ma sembra veramente impos-sibile credere che gli otto potessero creare una vera e propria associa-zione a delinquere all’interno della forza armata senza che nessun ap-partenente alla stessa Marina si sia mai accorto di niente.

COSA FARE PER ENTRARE NEL PMLISecondo l’art. 12 dello Statuto, per essere membro del PMLI occorre accettare il Programma e lo

Statuto del Partito, militare e lavorare attivamente in una istanza del Partito, applicare le diretti-ve del Partito e versare regolarmente le quote mensili, le quali ammontano: lavoratori euro 12,00; disoccupati e casalinghe euro 1,50; pensionati sociali e studenti euro 3,00.

Lo stesso articolo dello Statuto specifica che “può essere membro del Partito qualunque ele-mento avanzato del proletariato industriale e agricolo, qualunque elemento avanzato dei conta-dini poveri e qualunque sincero rivoluzionario sulle posizioni della classe operaia... Non può esse-re membro del Partito chi sfrutta lavoro altrui, chi ha e professa una religione o una filosofia non marxista”.

Oltre a ciò occorre accettare la linea elettorale astensionista del Partito.L’ingresso al PMLI avviene dopo l’accettazione della domanda di ammissione il cui modulo va

richiesto al Partito.

di tangenti

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N. 6 - 12 febbraio 2015 governo renzi / il bolscevico 7

RENZI COME BERLUSCONI ATTACCA LA MAGISTRATURA

Assediato dalle inchieste giu-diziarie e giornalistiche che chia-mano in causa i suoi più stret-ti collaboratori e familiari, come dimostrano le tangenti Eni e l’in-chiesta per bancarotta sui maneggi finanziari della sua famiglia; cri-ticato dai magistrati in occasione delle recenti cerimonie di inau-gurazione dell’anno giudiziario per le proposte di riforma di chia-ro stampo piduista della giustizia, la depenalizzazione dell’evasione fiscale, la rinuncia alla lotta con-tro la corruzione e il meccanismo dei termini di prescrizione a tut-to vantaggio dei delinquenti con alla testa il pregiudicato di Arcore; il premier Renzi ha imbracciato la tastiera e alla maniera dei suoi maestri Craxi e Berlusconi ha spa-rato a zero contro quella parte del-la magistratura non ancora alline-ata al regime neofascista e che osa ancora criticare il governo e il suo operato.

“Oggi – ha postato il premier su Facebook con tono ducesco – di nuovo le contestazioni di alcu-ni magistrati che sfruttano iniziati-ve istituzionali (anno giudiziario) per polemizzare contro il gover-no... Bisogna valorizzare i giudi-ci bravi, dicendo basta allo strapo-tere delle correnti che oggi sono più forti in magistratura che non nei partiti... La memoria dei ma-gistrati che sono morti uccisi dal terrorismo o dalla mafia ci impo-ne di essere seri e rigorosi... Non vogliamo far ‘crepare di lavoro’ nessuno, ma vogliamo un siste-ma della giustizia più veloce e più semplice. E, polemiche o non po-lemiche, passo dopo passo, ci ar-riveremo”.

Nel mirino, in particolare, lo sfogo del procuratore generale di Torino Marcello Maddalena, che ha paragonato Renzi al Napoleo-ne della Fattoria degli animali di Orwell, ma soprattutto il discor-so del presidente della Corte di

Appello di Bologna Giuliano Lu-centini che nelle conclusioni della sua relazione per l’inaugurazione dell’anno giudiziario sotto le due torri ha fra l’altro affermato che attribuire la lentezza della giusti-zia italiana alle ferie dei giudici è uno “sconsolante accostamento”. In particolare Lucentini ha puntato il dito contro il pericolo “che corre il Paese se i suoi giudici sono de-legittimati”, aggiungendo di aver pensato “che, finito un certo pe-riodo di tempo, le cose potessero cambiare. Certo, non siamo più additati come disturbati mentali, non si dice più che taluni di noi - quelli stessi, per vero, impegnati in ben noti processi - sono mafio-si, criminali, irresponsabili”. Però, ha proseguito, Lucentini “mi sba-gliavo, perché le cose sono sostan-zialmente rimaste quelle di pri-ma. Quello che è cambiato è solo il metodo, che è diventato media-ticamente più sottile, e dunque di maggior suggestività”. Quindi Lu-centini ha ricordato l’esempio del-le ferie dei magistrati. “Non mi in-teressa, pur essendoci molte cose da dire, niente affatto liquidabi-li con quell’irrispettoso ‘Brrr, che paura...’ - ha premesso, riferendosi alle parole con cui il premier Mat-teo Renzi a settembre liquidò le osservazioni critiche dell’Anm - la questione delle ferie, cioè se sia stato giusto ridurle oppure no, che è cosa del tutto secondaria - ha ag-giunto - Quel che conta è lo scon-solante accostamento delle due proposizioni”.

A stretto giro di Facebook a Renzi è arrivata anche la repli-ca ufficiale dell’Associazione na-zionale magistrati che rilancia le critiche arrivate a fine gennaio da molte sedi giudiziarie, non tanto sulle ferie, ma sulle riforme man-cate in tema di giustizia: “Il pro-blema non sono i magistrati, ma le promesse mancate, la timidez-za in materia di prescrizione e cor-

ruzione, la proposta, alla vigilia di Natale, di depenalizzare l’evasio-ne fiscale fino al 3%”. Secondo il “sindacato” delle toghe presiedu-to da Rodolfo Sabelli, “le critiche che vengono dai magistrati sono dettate dalla delusione: noi ripo-nevamo e vorremmo riporre fidu-cia nella volontà di fare le buone riforme, ma chiediamo coerenza tra parole e fatti”. Il modo per fare i processi in modo “più veloce e più semplice”, come chiede il pre-mier, c’è: “Blocchi la prescrizio-ne almeno dopo la sentenza di pri-mo grado, introduca sconti di pena ai corrotti che collaborano con la giustizia, estenda alla corruzione gli strumenti della lotta alla ma-fia: i casi di corruzione clamoro-si più recenti e più noti non sono

indiscrezioni”. In sintesi: “Accan-to alla messa alla prova, alla non punibilità per tenuità del fatto, al processo civile telematico, sono troppe le riforme timide o assen-ti”, lamenta l’Anm. Che, inoltre, esorta il governo a trovare “le ri-sorse per coprire le oltre 8.000 scoperture nell’organico del per-sonale amministrativo”.

All’associazione magistrati non va giù neppure l’accenno di Renzi ai “magistrati morti uccisi dal terrorismo o dalla mafia”, la cui memoria “ci impone di essere seri e rigorosi”. “Non si può non trovare di cattivo gusto il richiamo ai magistrati uccisi”, puntualiz-za l’Anm. “Noi stessi siamo mol-to cauti nel richiamarci al ricordo dei colleghi caduti per il loro ser-

vizio: lo facciamo solo per onora-re la loro memoria e il loro sacri-ficio, non per accreditare la nostra serietà”. Quanto alle correnti, con-tinua l’Anm, “riaffermiamo il va-lore delle diverse sensibilità che costituiscono una risorsa dell’as-sociazionismo, da sempre respin-giamo ogni degenerazione ispirata a logiche di potere”.

Polemiche che il nuovo Ber-lusconi democristiano Renzi cer-ca di sfruttare a proprio vantaggio per mettere definitivamente il ba-vaglio ai magistrati come ha chie-sto il viceministro della Giustizia Enrico Costa (Ncd) a cominciare proprio dall’abolizione delle ce-rimonie di inaugurazione dell’an-no giudiziario perché: “Dalla Cas-sazione alle corti d’Appello sono

numerosi questi annuali incon-tri nel corso dei quali si ripetono, stucchevolmente, cifre e commen-ti, non di rado (come quest’anno) con richiami più confacenti a sin-dacalisti che non a vertici di uffici giudiziari”. Numeri e riflessioni, in queste occasioni, che “si ripeto-no uguali, verrebbe voglia di dire tediosamente uguali”. Così come sono diventate “ripetitive” anche “talune contrapposizioni al potere legislativo ed esecutivo”. Dunque, invoca Costa, “come nel mondo universitario sono diventate prive di seguito le inaugurazioni degli anni accademici, così nel mondo giudiziario potremmo interrogarci sulla valida permanenza o meno di simili sfilate, specie di quelle pe-riferiche”.

ATTRAVERSO UNA POSTILLA AL FAMIGERATO DECRETO “MILLEPROROGHE”

Renzi regala a Mediaset per ancora un anno e mezzo frequenze tv che non gli appartengono Di rinvio in rinvio l’azienda di Berlusconi continua a occupare lo spazio assegnato ad altri operatori

Il governo Renzi continua nella sua opera di favoreggia-mento nei confronti degli inte-ressi privati di Silvio Berlusconi: dopo il tentativo di depenaliz-zazione del reato per cui (guar-da caso) è stato definitivamente condannato il neoduce, ora, con una postilla inserita nel decre-to legge milleproroghe, che do-vrà essere convertito in legge dal Parlamento, il governo intende di fatto rinviare di circa un anno e mezzo l’immissione sul mercato di apparecchi televisivi che rice-vono trasmissioni in tecnologia Dvb T2, il digitale terrestre di ul-tima generazione.

Il governo Monti aveva fis-

sato la partenza della nuova tec-nologia per gennaio 2015, ma il gruppo Mediaset si è sempre opposto con tutte le sue forze all’entrata in vigore di tale siste-ma in quanto occorre riorganiz-zare un gruppo di frequenze, che l’azienda utilizza, collocate su banda 700 e che andrebbe asse-gnata agli operatori telefonici.

Quindi il passaggio a Dvb T2 potrebbe comportare l’acquisi-zione da parte dei concorrenti di numerosi canali che ora Media-set utilizza per l’offerta a paga-mento resa possibile dal digitale terrestre che non a caso il go-verno Berlusconi introdusse allo scopo di acquisire più reti, argi-

nando le aziende che possono far concorrenza sulla televisione sa-tellitare e mettere altresì in diffi-coltà la Rai, costretta a investire 500 milioni di euro per l’introdu-zione di canali tematici.

Insomma, l’unico che ci ha veramente guadagnato finora con il digitale terrestre è Berlu-sconi e le sue aziende, a discapito sia della Rai sia dei tanti operato-ri telefonici e televisivi che non riescono a vedersi assegnate fre-quenze.

Il sistema Dvb T2 tra l’altro è fondamentale anche per il nuo-vo sistema di internet veloce, e il rinvio della messa in opera di tale tecnologia rallenta tutti quei

cambiamenti che vedono nel-la digitalizzazione il loro punto di forza: insomma Matteo Ren-zi come Penelope che di giorno tesseva la tela e di notte la disfa-ceva, proclama solennemente a parole (di giorno) di impegnar-si fino in fondo per la digitaliz-zazione della pubblica ammi-nistrazione e del settore della giustizia ma sottrae preziose ri-sorse per tali importanti innova-zioni per fare (di notte) un fa-vore al suo compare Berlusconi che ha tutto l’interesse a non la-sciarsi strappare le frequenze che altrimenti sarebbero impie-gate dai concorrenti e anche per scopi pubblici.

COLLABORATE CON Invito agli operai, lavoratori, precari, disoccupati, pensionati, donne, giovani, studenti

il bolscevico mette a disposizione di tutti i suoi lettori non membri del PMLI, senza alcuna discriminazione ideologica, religiosa, politica e organizzativa, fatta salva la pre-giudiziale antifascista, alcune rubriche affinché possiate esprimere liberamente il vostro pensiero e dare il vostro contributo personale alla lotta contro il governo, le giunte locali, le ingiustizie sociali, la disoccupazione, il neofascismo e i mali vecchi e nuovi del capitali-smo, per l’Italia unita, rossa e socialista.

Alla rubrica “LETTERE” vanno indirizzate le opinioni di sostegno al Bolscevico, al PMLI e ad ogni sua istanza anche di base, nonché le proposte e i consigli tendenti a migliorare il nostro lavoro politico e giornalistico.

Alla rubrica “DIALOGO CON I LETTORI” vanno indirizzate le questioni ideologiche e politiche che si intendono dibattere con “Il Bolscevico”, anche se sono in contraddizione con la linea del PMLI. Le lettere non devono superare le 3.600 battute spazi inclusi.

Alla rubrica “CONTRIBUTI” vanno indirizzate le opinioni riguardanti l’attualità politica, sindacale, sociale e culturale in Italia e nel mondo.

Tali opinioni non necessariamente debbono coincidere in tutto con quelle del PMLI, ma non devono nemmeno essere contrapposte alla linea del nostro Partito. In tal caso non si tratterebbe di un contributo alla discussione e all’approfondimento dei temi sollevati dal PMLI e da “Il Bolscevico”, ma di un intervento contraddittorio adatto tutt’al più alla rubrica “Dialogo con i lettori”.

Alla rubrica “CORRISPONDENZA DELLE MASSE” vanno indirizzate le denunce e le cronache di avvenimenti sociali, politici, sindacali che interessano la propria fabbrica, scuola e università e ambiente di vita, quartiere di abitazione, città o regione.

Sbatti i signori del palazzo in 1ª paginaLibere denunce dei lettori

Alla rubrica “SBATTI I SIGNORI DEL PALAZZO IN 1ª PAGINA” vanno indirizzate le denunce delle ingiustizie, angherie, soprusi, malefatte e mascalzonate che commettono ministri, governatori, sindaci, assessori, funzionari pubblici, insomma chiunque detenga del potere nelle istituzioni borghesi.

Utilizzate a fondo queste rubriche per le vostre denunce, vi raccomandiamo solo di essere brevi, concisi, chiari... e coraggiosi. Usate la tastiera o la penna come spade per trafiggere i nemici del popolo, come un maglio per abbattere il palazzo, come scope per far pulizia delle idee errate e non proletarie che i revisionisti e i rifor-misti comunque mascherati inculcano alle masse lavoratrici, giovanili, femminili e popolari, come un energetico per incoraggiare le compagne, i compagni e le masse ad andare fino in fondo nella lotta di classe contro il capitalismo, per il socialismo.

La Redazione centrale de “Il Bolscevico”

LE CORRISPONDENZE VANNO INVIATE A:[email protected]

IL BOLSCEVICO - Via del Pollaiolo 172a - 50142 FIRENZE Fax 055 5123164

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8 il bolscevico / PMLI N. 6 - 12 febbraio 2015

Articolo della Commissione per il lavoro di organizzazione del CC del PMLI

PERCHE’ OCCORRE PRATICARE LA LINEA DEL FRONTE UNITO

Il lavoro di fronte unito è fon-damentale per legarsi alle masse, unirle e aiutarle a risolvere i loro problemi immediati, per eleva-re la loro coscienza politica e sot-trarle alla direzione e all’influenza dei riformisti, per rompere l’isola-mento del Partito, per combattere i governi centrale, regionale e locali e il capitalismo.

Questi sono i motivi principa-li e fondamentali che devono spin-gere tutte le istanze del Partito a prestarvi la necessaria attenzio-ne e ad avanzare su questo fron-te nevralgico del nostro lavoro po-litico.

Come ha detto il compagno Giovanni Scuderi, Segretario ge-nerale del PMLI, nel suo magi-strale discorso “Applichiamo gli insegnamenti di Mao sulle classi e il fronte unito”: “Il Partito svolge un ruolo fondamentale pure nel-le lotte immediate e a lungo ter-mine del proletariato e delle mas-se, ma in queste lotte da solo può arrivare fino a un certo punto. Ha quindi bisogno di allearsi con al-tri partiti, gruppi e movimenti sul-le questioni politiche, sindacali, sociali, ambientali, culturali di comune interesse, al limite anche con delle forze acomuniste e an-ticomuniste. In questi casi le dif-ferenze ideologiche e strategiche vanno poste in secondo piano. Praticare queste alleanze vuol dire fare fronte unito. Si tratta di un tema di vitale importanza per lo sviluppo, la costruzione e il ra-dicamento del PMLI e per far bene il lavoro di massa”.

Questo discorso, nel quale il compagno Scuderi affronta anche la questione delle classi nel nostro Paese, dev’essere studiato e ristu-diato perché contiene la corretta

analisi e tutte le indicazioni neces-sarie per fare un corretto lavoro di fronte unito, ovviamente esso va integrato con lo studio dei Docu-menti del Partito, in particolare i

Documenti dell’Ufficio politico, della Commissione di organizza-zione, della Commissione giovani e della Commissione per il lavo-ro di massa e dei testi dei Maestri sulle questioni di cui ci occupia-mo.

Ad esempio vi sono due docu-menti particolarmente importanti da studiare, anche se redatti diver-si anni fa: “Lottiamo e formiamo un vasto fronte unito per l’univer-sità pubblica, gratuita e governata dalle studentesse e dagli studenti” e “Lottiamo e formiamo un gran-de fronte unito per abolire il pre-cariato”, entrambi dell’Ufficio po-litico del PMLI, oltre al già citato discorso del compagno Scuderi.

Ciò che si evince, in partico-lare e nella sostanza, è che ogni

militante del Partito deve pren-dere coscienza che il fronte unito per le lotte immediate (non trat-tiamo qui del fronte unito antim-perialista e di quello per il sociali-smo) dev’essere realizzato sempre e in ogni campo, da quello politi-co a quello sindacale e sociale, da quello femminile a quello giova-nile e studentesco, da quello am-bientale ed ecologico a quello cul-turale. Il che significa che occorre unirsi con tutti coloro che su que-stioni specifiche si battono per le nostre stesse rivendicazioni. Ci si può trovare a fianco partiti, gruppi ed elementi indesiderati, anche di destra, ma non dobbiamo temere di trovarci in queste situazioni e di violare così la linea del Partito. La purezza del Partito non si preserva evitando il contatto con elementi che lo criticano o posizioni diver-se, ma lavorando con tali elementi coerentemente in base alla linea e alle direttive del Partito e battendo le posizioni errate.

In questi casi quello che conta sono le diverse motivazioni, l’in-dipendenza e l’autonomia del Par-tito.

Com’è scritto nel capitolo “Praticare un’abile e lungimirante politica di fronte unito” del Rap-porto dell’Ufficio politico presen-tato dal compagno Scuderi al 2° Congresso nazionale del PMLI (6-7-8-novembre 1982): “Per le battaglie quotidiane di ordine po-litico, economico, sindacale e so-ciale che interessano i lavoratori e le masse, non dobbiamo discrimi-nare i nostri alleati sulla base di pregiudiziali strategiche che non sia quella antifascista, ma esclusi-vamente su questioni di ordine tat-tico e operativo in relazione agli obiettivi concreti e immediati che si vogliono raggiungere insieme”.

Non possiamo quindi allearci con i fascisti, anche se ci posso-no essere delle convergenze di fat-to, ma non possiamo nemmeno la-vorare in comitati in cui vi siamo presenti solo noi e gruppi “ultra-sinistri”, possiamo farlo invece se sono presenti anche sindacati, as-sociazioni antifasciste, partiti del-la “sinistra” borghese, non possia-mo cioè impantanarci con chi ci porterebbe ad isolarci rispetto alle masse anche se le posizioni fosse-ro sostanzialmente corrette.

Il fronte unito va praticato in particolare nel sindacato, nel mo-

vimento operaio, nei luoghi di la-voro, nelle scuole, nelle universi-tà e nel movimento studentesco, poiché solo attraverso il lavoro di massa sindacale e studentesco possiamo aiutare le larghe mas-se lavoratrici, disoccupate, pen-sionate, femminili, studentesche a risolvere i loro problemi, avere un’influenza su di loro, ottenere la loro fiducia e conquistarle alla nostra causa. Ma anche nei nume-rosi comitati cittadini che sorgono ad esempio contro le devastazioni ambientali e per la difesa dei ter-ritori.

La politica di fronte unito va praticata sia apertamente come Partito che come singoli militanti e simpatizzanti del Partito in base alle diverse situazioni.

Quando lavoriamo all’interno di organismi di massa non dobbia-mo mai rimanercene in “un ango-lo”, non dobbiamo farci condizio-nare dai momentanei rapporti di forza sfavorevoli, dobbiamo ten-dere ad esercitarvi un’influenza sempre maggiore fino a conqui-starne progressivamente l’egemo-nia, la nostra direzione può emer-gere e imporsi in base alle nostre idee, alle nostre proposte, al no-stro impegno, alla nostra coeren-za e alle nostre capacità politiche e organizzative.

Come ha detto il compagno Scuderi nel Rapporto alla 4ª Ses-sione plenaria allargata del 5° Co-mitato centrale del PMLI (apri-le 2014), “Dobbiamo sforzarci di unire, mobilitare e guidare le mas-se sulla base delle loro rivendica-zioni attraverso le organizzazioni di massa da noi o da altri promos-si, dentro e fuori i luoghi di lavo-ro e di studio, nei quartieri e nelle città. Praticando una larga politi-ca delle alleanze e di fronte uni-to per isolare il nemico principa-le o l’avversario principale, unire tutte le forze che vi si oppongono, a cominciare da quelle della sini-stra dei movimenti, neutralizzare le forze intermedie e stabilire un corretto programma di lavoro uni-tario”.

Le istanze del Partito han-no avute numerose esperienze di fronte unito nel passato, ricordia-mo quelle storiche di Firenze per il Centro sociale e di servizi, il Comitato giovani dell’Isolotto e il movimento per Firenze denuclea-rizzata e ne stanno facendo tuttora

di importanti a Rufina, Biella, Na-poli, Ischia, Castelvetro, Modena, Caltagirone ma si può realizzare il fronte unito anche per ricorda-re i Grandi Maestri del proleta-riato internazionale come succes-so quest’anno in occasione della Commemorazione del 91° Anni-versario della scomparsa di Lenin a Cavriago che ha visto in piazza PMLI, PCd’I e Anpi.

Le occasioni di certo non man-cano e non mancheranno, sia sul piano sindacale contro il Jobs Act e la controriforma del lavoro, sia sul piano studentesco contro la “Buona scuola” di Renzi, ma an-che per le battaglie contro le gran-di (e inutili) opere, gli inceneritori e quant’altro a cui lo “Sblocca Ita-lia” ha dato ulteriore impulso. Nei prossimi referendum, se ci saran-no, come quello sul pareggio di bi-lancio nella costituzione, noi dob-biamo prendere parte attiva nei comitati appositi.

Dobbiamo poi insistere nel fare appello a tutte le forze politiche, sociali, sindacali, culturali e reli-giose che si professano di sinistra, che hanno capito l’inganno del Berlusconi democristiano Ren-zi a fare fronte unito per spazzar-lo via senza indugio e con la mas-sima determinazione, conducendo contro di esso una dura opposizio-ne di classe e di massa nelle fab-briche, in tutti i luoghi di lavoro, nelle scuole e nelle università, nel-le piazze, nelle organizzazioni di massa, specie sindacali e studen-tesche.

Non importa se poi queste for-ze, o parte di esse, non ci seguiran-no nella nostra lotta contro il capi-talismo e per il socialismo. Il PMLI andrà avanti lo stesso, sicuro che con lo sviluppo della lotta di classe acquisterà nuovi alleati rivoluzio-nari, soprattutto a livello sociale, a cominciare dal proletariato.

In definitiva, è dalla partecipa-zione attiva e conseguente, e dal ruolo di avanguardia che il nostro Partito sarà in grado di svolgere nel lavoro di fronte unito che pas-sa lo sviluppo e il radicamento del PMLI e la maturazione dei tempi per il successo della lotta per il so-cialismo in Italia.

La Commissione per il lavoro di organizzazione del CC

del PMLI

Firenze, 10 settembre 2006. Il compagno Giovanni Scuderi, Segretario generale del Partito, mentre pronuncia l’importante discorso “Applichiamo gli insegna-menti di Mao sulle classi e sul fronte unito” a nome del CC del PMLI per il 30° anniversario della scomparsa di Mao. A fianco un aspetto della sala (foto Il Bolscevico)

Firenze. Il Comitato per il Centro sociale e di servizi a Villa Vogel festeggia in piazza dell’Isolotto il 1° Maggio 1983 pre-sentando la raccolta di 10 mila firme al Comune di Firenze per l’apertura di un centro sociale e di servizi autogestito dalla popolazione del quartiero

vOLANTINAggIO DEL PMLI A NAPOLI

Domenica 8 febbraio dalle 11,00

via Benedetto CroceLa Cellula “Vesuvio Rosso” di Napoli del PMLI

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N. 6 - 12 febbraio 2015 PMLI / il bolscevico 9Volantinaggio dell’Organizzazione di Modena del PMLI

VOLANTINAGGIO ANTIMPERIALISTA ALLA MASERATI DI MODENA

Interesse tra la classe operaia per il volantino dell’Ufficio politico del PMLI sui fatti di Parigi �Dal corrispondente dell’Organizzazione di Modena del PMLIGiovedì 29 gennaio i compa-

gni dell’Organizzazione di Mo-dena del PMLI si sono portati davanti ai cancelli dello stabi-limento Maserati di Modena in Via Divisione Acqui per diffon-dere il volantino contro l’im-perialismo dell’Ufficio politi-co del PMLI sui fatti accaduti a Parigi.

C’è molta confusione tra le masse popolari su questo argo-mento, le istituzioni borghesi serve del capitalismo non hanno per niente denunciato le politi-che imperialiste del governo del Berlusconi democristiano Renzi e del governo francese del guer-rafondaio Hollande, non hanno denunciato la presenza dei sol-dati attualmente presenti all’e-stero anzi ne hanno giustificato

le “missioni di pace” dopo l’at-tacco al “Charlie Hebdo”. Que-ste misure antiterrorismo non servono assolutamente a nul-la anzi mettono a duro rischio la popolazione, per questo l’I-talia deve ritirarsi dai paesi in cui é presente con la forza mi-litare coerentemente all’artico-lo 11 della Costituzione ed usci-re dall’Unione Europea e dalla Nato.

Con la nostra presenza da-vanti alla Maserati abbiamo contribuito ad una presa co-scienza di classe contro l’impe-rialismo tra la classe operaia più avanzata, gli operai della Mase-rati vantano di un’avanguardia operaia molto forte che sta lot-tando contro le politiche capita-liste e fasciste del Valletta con il maglione blu Marchionne, ne è un esempio l’ultimo sciopero di 4 ore del 19 gennaio con un’a-

desione dell’80% indetto dalla FIOM per il riconoscimento sa-lariale dove gli operai modene-si sono stati classificati di “serie B” e sono stati trattati diversa-mente dagli altri operai dello stabilimento di Grugliasco (To-rino), nonostante le vendite e la produzione vadino bene.

La presenza dei marxisti-le-ninisti modenesi è stata apprez-zata e c’è stato interesse per il comunicato stampa redatto dall’UP del PMLI, unitamente stampato con il manifesto “Per vincere” sul retro, come indica-to dal CC. Il nostro studio delle realtà locali ha identificato negli operai della Maserati una delle avanguardie operaie modenesi più attive e la invitiamo a dia-logare e a stringersi al PMLI per costruire un fronte unito per spazzare via il governo del Berlusconi democristiano Ren-zi contro il capitalismo, per il socialismo. L’Organizzazione

locale non mancherà di essere presente davanti alle fabbriche in lotta tra la classe operaia poi-ché solo la nostra presenza atti-va e il nostro studio delle realtà

locali porterà ad un radicamen-to ottimale per alimentare il Gi-gante Rosso.

Teniamo alta la bandiera an-timperialista, per la libertà dei

popoli, per l’indipendenza e la sovranità dei paesi, per il socia-lismo!

Coi Maestri e il PMLI vince-remo!

I lavoratori della Maserati di Modena in sciopero il 19 gennaio 2015

Il 1° febbraio a 91 anni, a Orsago (Treviso)

E’ MORTO L’EX PARTIGIANO MARIO BREDAFERVENTE LETTORE E SOSTENITORE DE “IL BOLSCEVICO”

Il 1 febbraio 2015 si è spen-to all’età di 91 anni il compagno partigiano Mario Breda di Orsago (Treviso). Egli era un fervente let-tore e sostenitore de “Il Bolscevi-co” che ha lottato tutta la sua vita contro le discriminazioni di classe e le ingiustizie sociali.

Dalla lotta partigiana contro l’oppressore nazista e fascista alle lotte contro il capitalismo moder-no e la corruzione, il compagno Mario non ha mai smesso di cre-dere negli ideali del comunismo. Era un uomo che pensava e agiva con una coerenza rara, rifiutando onori e ricchezza per essere libero di parlare e agire sul terreno.

Infinite sono state le lotte por-tate avanti anche davanti al tribu-nale per la salvaguardia ambien-tale e dei diritti sociali. Numerosi

erano i clandestini che si rivolge-vano a lui per un aiuto materiale. Era solito ripetere a tutti noi figli e nipoti “aiutate sempre questa gen-te che scappa dalle guerre e dalla miseria, perché oggi tocca a loro domani potrebbe toccare a voi”.

La sua grande delusione è sta-ta la politica dei partiti della “si-nistra”, una politica che basata sul neoliberalismo ha dimentica-to completamente i bisogni della classe operaia, dei disoccupati e dei più poveri e che ha permesso a 10 famiglie italiane di detene-re la ricchezza dell’Italia. Questa era per lui la grande vergogna e il grande tradimento della Costitu-zione per la quale aveva visto mo-rire tanti compagni giovani duran-te la Resistenza.

Comunque non rinunciava a

sperare che ci sarebbero stati nel futuro degli uomini coerenti e di buona volontà che avrebbero lot-tato per difendere quei valori di li-bertà e giustizia che sembravano per ora svaniti.

Muore con lui un uomo, parti-giano comunista di grande valore.

PROFONDE CONDOGLIANZE DEL PMLI E DE “IL BOLSCEVICO” PER LA SCOMPARSA DI MARIO BREDA

I marxisti-leninisti italiani non scorderanno mai ciò che ha fatto per il PMLI e per la causa del proletariato“Sarà per sempre nei nostri cuori e gli assicuriamo che nel suo ricordo e col suo esempio andremo fino in fondo nella lotta contro il capitalismo, il fascismo, e i loro servi, contro ogni ingiustizia sociale, per il socialismo”

Cari familiari, parenti, com-pagni e amici di Mario Breda, vi esprimiamo le profonde condo-glianze dei marxisti-leninisti ita-liani per la scomparsa del compa-gno Mario. Purtroppo la distanza geografica non ci consente di es-sere presenti in questo doloroso momento, ma lo siamo col pensie-ro e col cuore.

Mario Breda era un compa-gno modesto, coerente e sensibi-le ai problemi delle masse popo-lari alle quali ha dedicato tutta la vita, non avendo paura di affron-tare l’oppressore nazista e fascista anche con le armi come partigia-no. I suoi figli possono essere fieri e orgogliosi di aver avuto un pa-dre esemplare, così come lo siamo noi, che dal 1993 ci è stato vicino

come abbonato a “Il Bolscevico” e, successivamente, come sosteni-tore anche sul piano economico.

Non ci scorderemo mai ciò che ha fatto per il nostro Partito e per la causa del proletariato e del so-cialismo. Sarà per sempre nei no-stri cuori e gli assicuriamo che nel suo ricordo e col suo esempio an-dremo fino in fondo nella lotta contro il capitalismo, il fascismo, e i loro servi, contro ogni ingiusti-zia sociale, per il socialismo. Que-sta nuova società, che era la sua grande aspirazione, porterà anche il suo nome.

La sua scomparsa lascia un gran vuoto e pesa moltissimo. Come dice Mao, “Tutti devono morire, ma non tutte le morti hanno uguale valore. Un anti-

co scrittore cinese, Szuma Chen, disse: ‘Tutti gli uomini muoio-no, ma la morte di alcuni ha più peso del Monte Tai, e la morte di altri è più leggera di una piu-ma’. La morte di chi si sacrifica per gli interessi del popolo ha più peso del monte Tai, ma la morte di chi serve i fascisti, di chi serve gli sfruttatori e gli oppressori, è più leggera di una piuma”.

Compagno Mario, non hai spe-so invano la tua vita, riposa in pace, con la stima e la riconoscen-za delle compagne e dei compagni che continueranno a tenere alti i tuoi valori e i tuoi ideali di classe e rivoluzionari.

Il Partito marxista-leninista italiano e “Il Bolscevico”

suo organo

L’ex partigiano Mario Breda col faz-zoletto dell’ANPI

CALENDARIO DELLE MANIFESTAZIONI E DEGLI SCIOPERI

7121720

FEBBRAIOUSB lavoro privato - Sciopero del personale soc.

ferroviarie Gruppo FSI, NTV, TRENORD

Ospol-Csa - Sciopero nazionale di 24 ore dei vigili urbani con corteo a Roma

LICTA, ANPCAT - Sciopero del personale del trasporto aereo ENAV

UNICA, UILT-UIL/ANPAV - Sciopero del personale del trasporto aereo ENAV e Alitalia

Accade nulla attorno a te?RACCONTALO A ‘IL BOLSCEVICO’

Chissà quante cose accadono attorno a te, che riguardano la lotta di classe e le condizioni di vita e di lavoro delle masse. Nella fabbrica dove lavori, nella scuola o università dove studi, nel quartie-re e nella città dove vivi. Chissà quante ingiustizie, soprusi, malefatte, problemi politici e sociali ti fanno ribollire il sangue e vorresti fossero conosciuti da tutti.

Raccontalo a “Il Bolscevico’’. Come sai, ci sono a tua disposizione le seguenti rubriche: Lettere, Dialogo con i lettori, Contributi, Corrispondenza delle masse e Sbatti i signori del palazzo in 1ª pa-gina. Invia i tuoi ``pezzi’’ a:

Via A. del Pollaiolo 172/a - 50142 FirenzeFax: 055 5123164 - e-mail: [email protected]

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2 il bolscevico / documento dell’UP del PMLI N. 23 - 12 giugno 2014

www.pmli.it

Sede centrale: Via Antonio del Pollaiolo, 172a - 50142 FIRENZE Tel. e fax 055.5123164 e-mail: [email protected]

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IL PROLETARIATO AL POTEREITALIA UNITA, ROSSA E SOCIALISTA

Spazziamo via il governodel Berlusconi democristiano Renzi

LAVORO8 ORE

SCIOPERO GENERALE DI

Giù le mani dall'articolo 18 e dallo Statuto dei lavoratori

Abolizione del precariato e assunzione di tutti i precari

Rinnovo dei contratti di lavoro del Pubblico impiego

PARTITO MARXISTA-LENINISTA ITALIANO

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N. 6 - 12 febbraio 2015 calabria / il bolscevico 11

OLIVERIO NEOGOVERNATORE PD DELLA REGIONE CALABRIA PRESENTA UNA GIUNTA DI BORGHESI, NEOFASCISTI E FILOMAFIOSI

L’assessore De Gaetano (ex PRC ora PD) votato dalla ’ndranghetaParte malissimo il neo gover-

natore della Regione Calabria Ma-rio ‘palla palla’ Oliverio (PD).

Dopo oltre 2 mesi dalle elezio-ni regionali del 23 novembre che lo hanno visto raccattare 490mila voti su oltre 1 milione e 800mila aventi diritto, il 60% dei quali si è astenuto, e che quindi lo vedono rappresentare poco più di 2 cala-bresi su 10, uno in meno del pre-decessore, il fascista mal-ripulito e condannato Scopelliti, ha final-mente presentato la sua giunta.

Anzi mezza giunta: gli resta-no ancora da nominare 3 assessori giacché una, la Lanzetta, si è già dimessa. Dei 4 assessori già nomi-nati poi ben 3 sono sotto inchiesta.

Il ritardo nella presentazione della giunta è dovuto alla lotta in-testina fra i capibastone locali del “centro-sinistra”, in particolare del PD (Oliverio stesso è espres-sione della “sinistra” interna e non dei renziani del segretario regio-nale Magorno) e anche degli al-leati di fatto del PD cioè i fratelli Antonio e Pino Gentile dell’NCD, che si sono accordati (anche se non ufficialmente, non ancora al-meno) con lui, come ampiamente previsto in campagna elettorale, nonostante che Oliverio conti una maggioranza di 19 deputati regio-nali su 30.

Alleanza dovuta all’enorme potere che i Gentile hanno nel settore dei lavori pubblici come nella sanità regionale, in partico-lare nell’Asp cosentina e frutto ap-punto anche delle divisioni inter-ne alla coalizione “vincente” che rischiavano di rendere i 4 voti di maggioranza troppo “ballerini” specie in una regione dove il tra-

sformismo politico borghese la fa da padrone e che si è concretizza-ta fin dalla prima seduta del nuovo consiglio regionale con l’elezione a presidente del consiglio di Anto-nio Scalzo del PD (che “palla-pal-la” non avrebbe voluto nemmeno ricandidare perché rinviato a giu-dizio a Catanzaro per illeciti nella gestione dell’Arpacal, agenzia re-gionale protezione dell’ambiente e che invece con grande faccia di bronzo ha poi imposto sullo scran-no più alto di Palazzo Campanel-la), e l’elezione a vicepresidenti proprio di Pino Gentile (in pas-sato sindaco di Cosenza, assesso-re uscente ai lavori pubblici delle giunte regionali Scopelliti e Stasi della destra oltreché avversario, perdente, dello stesso Oliverio alle provinciali di Cosenza del 2009) e di Francesco D’Agostino della li-sta Oliverio Presidente.

Gli assessori nominati sono: Vincenzo Ciconte, cardiologo, vi-cepresidente della giunta con dele-ga al bilancio, dal 2010 è deputato regionale del PD.

Carlo Guccione, assessore al lavoro e politiche sociali, vecchio rottame portaborse di Adamo ed Oliverio stesso, proviene dal PCI revisionista come loro, fu segre-tario della FGCI di Cosenza ed è membro della direzione nazionale del partito del Berlusconi demo-cristiano Renzi. Sia Ciconte che Guccione sono indagati dalla Fi-nanza per il caso “Rimborsopoli”, cioè per rimborsi non dovuti per-cepiti dai consiglieri regionali.

Maria Carmela Lanzetta, far-macista, ex sindaco di Monaste-race (Reggio Calabria) ed ex mi-nistro degli affari regionali del

governo Renzi, rispedita in Cala-bria per volere del nuovo Berlu-sconi anche per liberare la poltro-na per altri arnesi rimasti a bocca asciutta, con la delega alle Rifor-me Istituzionali, Cultura e Pubbli-ca Istruzione.

Antonino “Nino” De Gaetano, reggino, una vita nel PRC, oggi nel PD, in passato assessore co-munale a Reggio con Falcomatà senior, poi assessore al lavoro con Agazio Loiero, non ricandidato in consiglio regionale perché ha su-perato le due consiliature conse-cutive, ma voluto da Oliverio in giunta come assessore al Lavori Pubblici Infrastrutture eTrasporti.

Proprio la nomina di De Gae-tano ha aperto un caso politico na-zionale, il neo assessore, indagato anche lui per “rimborsopoli” sem-bra inoltre organico alla famigera-ta ‘ndrina dei De Stefano-Tegano, temibile ’ndrina del quartiere Ar-chi nel nord di Reggio Calabria, tanto che, in chiave voto di scam-bio, manifesti e materiale eletto-rale di De Gaetano furono trovati nel 2010, durante le regionali nel-le quali correva con Rifondazio-ne, proprio nel bunker di Giovan-ni Tegano, lì nascosto da latitante, considerato fra i primi 30 più peri-colosi d’Italia, condannato all’er-gastolo per omicidio e associazio-ne mafiosa.

“Cumpare Giuvanni’ viene ar-restato il 26 aprile dello stesso anno dopo essere stato fra i più potenti e sanguinari capimafia di sempre, fautore negli anni ’70 del-la rottura con la vecchia ‘ndran-gheta agro-pastorale di “Ntoni Macrì e la nuova, da lui e sodali diretta, che entra nei salotti buo-

ni, nella massoneria, gestisce le grandi opere, gli appalti, si insinua nell’alta finanza producendo fra l’altro un fiume di morti ammaz-zati, la prima e la seconda guerra di ’ndrangheta che trasformaro-no nei decenni passati l’intera re-gione e Reggio in particolare ap-punto in un vero e proprio teatro di guerra.

De Gaetano sembrerebbe es-sere stato sostenuto anche dalla ’ndrina Strangio di San Luca, al-leata dei Tegano.

Non è ufficialmente indaga-to anche se il procuratore Federi-co Cafiero De Raho, sostiene che sono in corso accertamenti, però in una missiva della polizia di sta-to che ne chiedeva l’arresto, nega-to allora dai magistrati, nell’ambi-to del processo “Il Padrino” della DDA di Reggio del 2012 che nello scorso dicembre ha portato all’ar-resto di 25 esponenti della temibi-le ’ndrina reggina si legge che vi era nelle regionali del 2010 “l’im-pegno della cosca di Archi dei Te-gano nel far propaganda elettora-le a favore dell’esponente Nino De Gaetano, attraverso in particolare l’attività di mediazione dei fratelli Pellicanò, Giovanni e Francesco, associati apicali della predetta as-sociazione a delinquere di stampo ’ndranghetista”.

De Gaetano si difende e si dice disposto a dimettersi nel caso in cui il tutto dovesse essere prova-to, ma con la sua nomina la frit-tata, per Oliverio è ormai fatta: Maria Carmela Lanzetta si dimet-te da assessore perché dice: “Non ci sono le condizioni di chiarezza sulla posizione dell’assessore De Gaetano”.

Si muove perfino lo stesso go-verno Renzi tramite il sottose-gretario alla presidenza del con-siglio Graziano Del Rio con un messaggio di disapprovazione della nomina di De Gaetano ad assessore.

Oliverio difende la nomina di De Gaetano sostenendo che sicco-me non vi sono indagini su di lui, la scelta sarebbe legittima ed il re-sto solo “disinformazione”.

Insomma vorrebbe far crede-re che tutto è a posto o che al li-mite ha effettuato una scelta non ponderata, ma è credibile che un vecchio dinosauro della politica (occupa poltrone ininterrottamen-te dal 1980) effettui una nomina in odore di ’ndrangheta che co-munque è un danno anche per la sua già screditata immagine e per quella della sua giunta, appena in-sediata (e nemmeno tutta)? Pro-prio lui poi che ha lavorato per anni per scalare Palazzo Alaman-ni? Lo vada a raccontare a qual-cun altro!

La verità è che “palla-palla” e compari oggi più di ieri sono al servizio della borghesia della qua-le è parte integrante la ’ndranghe-ta, e questa nomina dimostra che sono appunto al servizio diretto anche delle ’ndrine e dei loro in-teressi.

Oliverio sa benissimo chi è De Gaetano e chi sono i Tegano, la verità è che la sua giunta è una giunta borghese, neofascista e fi-lomafiosa a tutti gli effetti, come e peggio di quella di Scopelliti.

Mancano dunque 3 assessori da nominare, che completeranno la giunta dopo la definitiva appro-vazione del nuovo statuto regio-

nale le cui ipotesi di riforma sono tutti in chiave federalista e presi-denzialista, con tanto di ridimen-sionamento dei poteri del consi-glio regionale (i cui membri sono 30 e non più 50 come la scorsa consiliatura) a tutto vantaggio di quelli della giunta e del suo pre-sidente.

Bisogna combattere la giun-ta del rinnegato Oliverio al servi-zio della borghesia e della ’ndran-gheta, (la quale come dimostrano le vicende di questi giorni conti-nua a crescere anche fuori dalla Calabria, vedi l’Expo, le vicende della ricostruzione post terremoto in Emilia, i fatti di Roma, e così via), e che opera in perfetta siner-gia con il governo del Berlusconi democristiano Renzi e con la Ue imperialista.

Lavorando perché il crescen-te astensionismo venga concepito come un voto dato al PMLI e al socialismo, innescando la lotta di classe fuori dalle marce istituzio-ni borghesi in camicia nera, per il lavoro, lo sviluppo e l’industraliz-zazione della Calabria e dell’inte-ro Mezzogiorno.

Lottiamo contro la giunta re-gionale filomafiosa del rinnegato Oliverio!

Creiamo le istituzioni rappre-sentative delle masse fautrici del Socialismo basate sulla democra-zia diretta e a carattere permanen-te: le Assemblee Popolari e i Co-mitati Popolari!

Per la Calabria al servizio del popolo e dal popolo governata!

Per l’Italia Unita, Rossa e So-cialista!

Giordano - provincia di Cosenza

PROVINCIA DI REGGIO CALABRIA

A Taurianova la disoccupazione è alle stelle Quella giovanile al 54,1%

I disoccupati devono organizzarsi in Comitati di lotta e le masse devono unirsi al PMLI �Dal corrispondente dell’Organizzazione di Taurianova del PMLII comuni della Calabria sono

tra i più poveri d’Italia, con il più basso pil pro capite e con il più alto tasso di disoccupazio-ne. Uno di questi è Taurianova, un comune della Piana di Gioia Tauro, con una popolazione di 15.000 abitanti, nella provincia di Reggio Calabria. Come tan-ti comuni della regione, esso è martoriato quotidianamente dal-la criminalità organizzata, dalla disoccupazione e dalla corruzio-ne. Infatti fu uno dei primi comu-ni della Repubblica a destituire il sindaco per infiltrazioni mafiose (1991). Il tasso di disoccupazio-ne è altissimo, in presenza di un generalizzato sfruttamento del lavoro in nero.

In Calabria l’economia è con-centrata maggiormente nell’agri-coltura, dove lavorano gli immi-grati senza una paga adeguata e

le relative norme sulla sicurezza sul lavoro. I dati forniti dall’I-stat e da altri organi statistici se-gnalano una disoccupazione del 22,8%, ma non vanno prese per veritiere; oltre al fatto che tale percentuale è di gran lunga supe-riore alla media nazionale che è del 13,4%, sono dati incompleti, una grossa parte delle masse di-soccupate non si iscrive nemme-no all’ufficio di collocamento, e quindi appare una percentuale più bassa. Basti pensare che la disoccupazione reale ha raggiun-to quasi il 50%. La disoccupazio-ne giovanile in provincia di Reg-gio Calabria, ufficialmente è del 54,1%. Una enormità. Oltre 10% in più rispetto al dato nazionale.

Ciò è dovuto principalmente a tre fattori: la mancanza di in-vestimenti da parte del governo centrale del Berlusconi demo-cristiano Renzi e le incapacità dei governi locale e regionale e la situazione economica attuale

in Calabria, che non è ancora al livello delle regioni del Centro e del Nord, infine la crisi economi-ca del capitalismo. Mentre mol-te altri parti di Italia hanno gros-si introiti provenienti dal settore agricolo il comune di Taurianova non è sviluppato a livello indu-

striale. Inoltre, lo Stato italiano capitalista e borghese fa impor-tare dall’estero prodotti agrico-li che se prodotti qui darebbero probabilmente molto lavoro.

Drammatica è la disoccupa-zione giovanile, infatti i giovani taurianovesi spesso sono spinti

ad abbandonare la scuola supe-riore o sono confinati in istitu-ti tecnici e professionali e pochi hanno accesso all’Università. Quindi non hanno le competenze per lavorare, ed ecco che spesso si danno al lavoro nero, compor-tando all’80% di disoccupazione tra i giovani. Il Jobs Act dei pa-droni capitalistici, gli stage e il lavoro a tempo determinato sono la rovina lavorativa dei giovani taurianovesi.

L’amministrazione locale sembra impossibilitata a far fron-te alla crescente disoccupazione; al comune manca anche il sin-daco che è stato destituito per la terza volta nel 2013, a seguito di infiltrazioni mafiose. Ma anche quando c’era non faceva niente per migliorare la situazione la-vorativa. I partiti più votati era-no il PD, M5S e Forza Italia, ov-viamente grandi partiti borghesi che non hanno mai tentato di aiu-tare il piccolo comune calabre-

se con politiche occupazionali. La maggior parte dei nuovi con-tratti sono a tempo determinato rendendo di fatto nulla la cresci-ta lavorativa. Il quadro della si-tuazione occupazionale ed eco-nomica generale del comune di Taurianova non è, quindi, rosea ma è la norma di tutti i comuni calabresi.

I disoccupati devono reagire, organizzarsi in comitati di lotta per battersi per il lavoro stabile, a salario intero, a tempo pieno e sindacalmente tutelato. Voglia-mo altresì rivolgere un appello alle masse di Taurianova a unirsi al PMLI contro la disoccupazio-ne, la miseria, lo sfruttamento, le ingiustizie sociali, la ’ndranghe-ta, il capitalismo, i governi bor-ghesi, per il socialismo.

Ispirati agli Appelli del-le compagne e dei compagni di Uras e di Caltagirone!

Con i Maestri e il PMLI vin-ceremo!

Cosenza, 12 dicembre 2014. Un momento della manifestazione per lo sciope-ro generale nazionale

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12 il bolscevico / cronache locali N. 6 - 12 febbraio 2015

Comunicato della Cellula “Stalin” di Forlì del PMLI

LA COLPA DELLO STERMINIO NAZI-FASCISTA

RICADE SUI REGIMI CAPITALISTI EUROPEI

Invitiamo le studentesse e gli studenti ad approfondire la storia del movimento

operaio nazionale e internazionaleNella sua lettera agli stu-

denti in occasione della Giornata della Memoria la dirigente dell’Ufficio di Am-bito territoriale per le provin-ce di Forlì-Cesena e di Rimini, Agostina Melucci, ha denun-ciato come nella storia si sia-no ripetuti numerosi stermini, a partire da quello sistematico compiuto nei lager nazi-fasci-sti contro ebrei, omosessua-li, nomadi, oppositori politici (in particolare comunisti). Ad un certo punto però la Meluc-ci chiama in causa, comple-tamente a sproposito, Pol Pot e Stalin. Se coinvolgere Pol Pot, indomito combattente per l’indipendenza e la liberazio-ne nazionale della Cambogia, è prima di tutto fuori luogo, accusare Stalin è come mini-mo un errore storico e politi-co madornale, in quanto è sta-ta l’Unione Sovietica di Stalin a dare il contributo maggiore nella lotta contro il nazi-fasci-smo, ed è stata l’Armata Rossa sovietica, 70 anni fa, ad apri-

re i cancelli di Auschwitz, così come di molti altri campi di sterminio.

Ciò che omette di dire poi, è che non è del fantomatico “male” la colpa dello stermi-nio ivi perpetrato, bensì dei re-gimi nazi-fascisti, che andaro-no al potere grazie al sostegno e all’appoggio delle borghe-sie nazionali spaventate dal-la spinta propulsiva della vit-toriosa Rivoluzione d’Ottobre del 1917.

Invitiamo le studentesse e gli studenti a non fermarsi a quanto racconta la scuola bor-ghese classista con i suoi libri revisionisti e anticomunisti e ad approfondire la storia del movimento operaio naziona-le e internazionale e della lotta dei popoli oppressi e sfruttati studiando anche i libri del pro-letariato, antifascisti e antim-perialisti.

Cellula “Stalin” di Forlì del PMLI

Forlì, 27 gennaio 2015

PRESA DI POSIZIONE DEL SEGRETARIO PROVINCIALE DEL PCD’I DI REGGIO EMILIA

No al fascismo vecchio e nuovo. Fuori i fascisti

dalle nostre cittàNon bastava la presenza di un

drappello di nostalgici fascisti, con tanto di vessilli della repubblichet-ta di Salò, durante la commemo-razione partigiana a Fabbrico il 27 febbraio. Ora, apprendiamo con preoccupazione che, sempre il comune di Fabbrico, il 30 genna-io è stato scelto come sede di un presidio dei fascisti di Forza Nuo-va. Non fosse la cosa tanto seria, bisognerebbe capire che cosa hanno fatto i cittadini di Fabbrico per meritarsi la costante presen-za nelle loro strade dei “fascisti del nuovo millennio”? E su questo qualche risposta, gli ultimi am-ministratori della città, compreso quello da poco eletto, potrebbero iniziare a darne, se sono in grado.

Forza Nuova sarà a Fabbrico per presidiare l’hotel dove sono stati accolti poco più di una deci-na di profughi, in fuga dalla fame e dalla guerra. E fino a prova con-traria e fino a che il governo Ren-zi-Berlusconi non l’avrà smantel-lata col patto del Nazareno, è la Costituzione che garantisce il di-ritto dei profughi ad essere accolti e difesi. Ancora una volta tuttavia, dobbiamo fare i conti con l’indiffe-renza delle istituzioni e delle forze preposte all’ordine pubblico, che tollerano la presenza di partiti po-litici che si ispirano chiaramente al fascismo vecchio e nuovo e che quindi si pongono, per loro stessa volontà politica, al di fuori del det-tato costituzionale. E ripetiamo,

su Fabbrico pesa la medesima in-differenza per altri fascisti durante la commemorazione partigiana del 27 febbraio e temiamo che questa di Forza Nuova, non sia una semplice casualità. E ancora una volta dobbiamo amaramente constatare come le scusanti di comodo e le ragioni del “quieto vi-vere”, purtroppo abbiano un peso molto maggiore di quelle morali, del buon senso e del rispetto per la storia da cui è nata la Costitu-zione.

Gli episodi come quello a Cre-mona di pochi giorni fa, dove una partita di calcio è stato il pretesto per un’adunata squadrista fasci-sta, per ammazzare quasi una persona, non sono più tollerabili e non sono più tollerabili le scuse di comodo, del “tanto non fanno nul-la”. Sempre alle estreme conse-guenze bisogna andare incontro, prima di prendere provvedimenti? Solo un giorno fa si è festeggia-to il Giorno della Memoria, tutti pronti a condannare nazismo e fascismo, ma purtroppo dal gior-no dopo e questa è la conferma, alle parole non seguono i fatti. Lo abbiamo già detto, sulla memoria non si può stare con un piede in due staffe, l’indifferenza è abulia, è vigliaccheria, è parassitismo. Se la domanda è il fascismo, l’indiffe-renza non è certo la risposta.

Alessandro Fontanesi, Segretario provinciale PCdI

di Reggio Emilia

UNO STUDENTE DEL COLLETTIVO “OMBRE ROSSE” PROVOCATO E PICCHIATO DA SQUADRISTI DI FORZA NUOVA

Vile aggressione nazifascista al liceo scientifico “Leonardo Da Vinci” di Milano

SOLIDARIETA’ MILITANTE DEL PMLI �Redazione di MilanoDopo i terribili fatti di Cremona,

dove 60 squadristi nazifascisti di Casapound si sono presentanti fuori dal Centro Sociale “Dordoni” aggredendo gli 8 compagni che si trovavano nello spazio e feren-do gravemente Emilio, sabato 31 gennaio a Milano altri squadristi, stavolta nazifascisti di Forza Nuo-va, si sono presentati fuori da una scuola, il Liceo scientifico “Leo-nardo da Vinci”, e hanno aggredito uno studente del collettivo che si era rifiutato di prendere il loro vo-lantino.

Era da poco suonata la campa-nella che segna la fine delle lezio-ni quando alle 12,15, fuori dall’u-scita del Liceo, gli studenti si sono trovati, per la seconda volta in tre settimane, una squadra di nazifa-scisti di Forza Nuova composta da giovani diffusori di volantini firmati “Lotta Studentesca” come di consueto accompagnati da un gruppo di picchiatori dall’età me-dia che si aggira intorno ai trenta-

quarant’anni.La prima provocazione e ripe-

tute minacce, verbali e sui social network, di ripresentarsi davanti al Liceo si sono rivelate concrete ma questa volta non si sono limitati ad un volantinaggio. Un giovane fascista si è avvicinato ad un mili-tante del Collettivo “Ombre Rosse” del Liceo Leonardo e dell’Unione degli Studenti Milano, (il cui volto già era loro noto dalla preceden-te occasione nella quale, insieme agli altri studenti del Collettivo, aveva avuto un diverbio col grup-po nazifascista) che si è rifiutato di prendere il volantino e dopo averlo provocato, gli è andato fac-cia a faccia, l’ha strattonato e, a dimostrazione della vigliaccheria fascista, l’hanno preso in due e trascinato alcuni metri dove, un terzo, gli ha sferrato un pugno in faccia. Il compagno ora sta bene ma ciò non sminuisce la gravità dell’accaduto.

Il Comitato lombardo del PMLI, esprime la propria solidarietà mi-

litante antifascista agli studenti del Collettivo “Ombre Rosse” e al compagno vilmente aggredito da-gli squadristi forzanovisti. Inoltre tiene a denunciare come questa aggressione nazifascista sia frutto del regime neofascista imperante nel nostro Paese, imposto dal-la grande borghesia e rafforzato dalle politiche neofasciste e pidu-iste del governo Renzi, e lo spa-zio sempre maggiore che questo regime e le sue istituzioni danno alle organizzazioni di matrice na-zifascista.

Concordando appieno col Col-lettivo “Ombre Rosse” che afferma che “chi oggi vorrebbe riportare in vita il fascismo non merita altro che isolamento e opposizione” e “condanna fermamente quanto successo” chiedendo “la chiusura di tutte le organizzazioni fasciste in questo Paese”, il PMLI riven-dica la messa fuori legge di For-za Nuova, Casapound e di tutti i gruppi nazifascisti in base alla XII disposizione transitoria finale

(comma primo) che vieta sotto qualsiasi forma la riorganizzazio-ne del disciolto partito fascista, ed in base alle leggi n. 645 del 20 giu-gno 1952 e n. 205 del 25 giugno 1993 che puniscono l’apologia del fascismo e le pratiche xenofobe e discriminatorie che tale ideologia si porta dietro.

Inoltre invita tutte le forze so-ciali, sindacali, democratiche e antifasciste, in particolare la clas-se operaia e gli studenti, a mobi-litarsi per dare una forte e decisa risposta di piazza e di massa alla crescente teppaglia fascista che rialza la testa grazie anche al cli-ma politico che le marce istituzioni borghesi e il governo del Berlu-sconi democristiano Renzi in testa stanno imprimendo al Paese con politiche economiche e sociali (attacchi ai sindacati, ai diritti dei lavoratori, all’istruzione pubblica, ecc.), e controriforme istituzionali, di matrice ferocemente neofasci-sta e piduista sempre più simili a quelle del ventennio mussoliniano.

Manifestazioni “non autorizzate” contro Casapound e per il 25 Aprile

INDAGATI 38 ANTIFASCISTI LECCESIComunicato del Centro sociale “Binario 68”

�Dal corrispondente della Cellula “Nerina ‘Lucia’ Paoletti” di LecceTrentotto le notifiche delle inda-

gini preliminari giunte a frequen-tatori del Centro sociale “Binario 68” di Lecce in base alle indagini della Digos e della procura del capoluogo salentino. Gli episodi contestati sono due.

Il primo riguarda la manifesta-zione di sabato 6 settembre 2014, la seconda risale al 25 Aprile scorso, in occasione del 69° Anni-versario della Liberazione.

Nei giorni 5, 6 e 7 settembre vi fu una “Festa nazionale” dei fa-scisti di Casapound a Surbo, pae-sino a pochi chilometri da Lecce.

Parteciparono a tale iniziativa esponenti politici locali e non, pri-mo tra questi il nazileghista Mario Borghezio e la ex sindaco lec-cese, ex missina e ora senatrice Adriana Poli Bortone.

La manifestazione antifasci-

sta del 6 settembre a Lecce, con almeno 600 partecipanti tra cui il PMLI, percorse tutta la città presi-diata da un fitto schieramento di “forze dell’ordine” comprendenti polizia, carabinieri e guardia di finanza.

La suddetta manifestazione non era autorizzata anche per-ché, sostenevano gli organizzato-ri, le autorità non avrebbero mai dato il consenso ad un corteo antifascista in quella particolare situazione.

La Digos, diretta dal vice que-store Raffaele Attanasi continua ad indagare “per identificare altri individui che hanno partecipato alle manifestazioni in precedenza indicate”.

Il Centro sociale “Binario 68” ci ha inviato un comunicato in meri-to alla vicenda in cui si denuncia tra l’altro: “I neofascisti agiscono su due fronti, uno istituzionale di ‘legalità’ in cui si  muovono attra-

verso candidature, rappresentan-ze ed associazioni, ed uno più concreto, fatto di violenza squa-drista e ronde fra le strade atte a intimidire ed aggredire chiunque esca fuori dai loro schemi men-tali. Azioni omofobe e razziste da sempre pilastri portanti della loro ‘ideologia’ e sistematicamente di-storte dall’azione dei mass media”.

Inoltre, si afferma: “Non ci stu-piamo del fatto che gli scribacchi-ni a braccetto con la questura, ab-biano preso la palla al balzo per diffondere la solita informazione marcia e malsana finalizzata a criminalizzare, agli occhi dell’o-pinione pubblica, qualsiasi forma di lotta non istituzionalizzata che parte dal basso... ci preme ribadi-re la nostra solidarietà e complici-tà ai compagni recentemente col-piti da 140 anni di condanne per essersi opposti alla devastazione del territorio portata dal TAV in Val Susa, e contro lo sfruttamento e i

soprusi che lo Stato perpetra co-stantemente sulle vite di tutti noi. Sappiamo bene che il potere mira ad intimorire ed a disgregare le lotte, ma questo non accadrà!

Tutte le denunce, gli arresti e le condanne non potranno mai fer-mare la nostra voglia di combat-tere ed opporci alle ingiustizie di questa società malata e sempre più alla deriva.

Contro i fascisti in camicia nera e in doppio petto, non un passo indietro!”.

Una parte dell’imponente schiera-mento di polizia che avev militarizza-to la città contro le manifestazioni di protesta degli antifascisti

FUORI LA POLIZIA ANTIDROGA DALLE SCUOLE FIORENTINE

�Redazione di FirenzeAnche quest’anno la questura

di Firenze guidata da Raffaele Mi-cillo (ex dirigente della polizia di Stato a Palazzo Chigi), in accordo con alcuni presidi delle scuole fio-rentine ha organizzato una vera e propria retata all’interno degli isti-tuti con poliziotti e cani anti droga.

Una prassi di chiaro stampo repressivo alla quale purtroppo gli studenti fiorentini non sono nuovi. Se trovati in possesso di sostanze stupefacenti per uso personale i ragazzi incorrono nella segna-lazione al prefetto, se sorpresi a cedere le dosi ad altri rischiano denuncia per spaccio.

Il questore Micillo si difende affermando che la perquisizione avviene esclusivamente in ac-cordo con i presidi, ma anche se fosse così non sarebbe né giusto né ammissibile. Le scuole non possono essere date in mano alla polizia. Gli insegnanti e le or-ganizzazioni studentesche che ci stanno a fare? In ogni caso il pro-blema della droga non si risolve certo con la repressione e senza il coinvolgimento delle studentes-se e degli studenti.

Comunque non tutti i presidi hanno aperto le porte alla polizia

come il preside dell’istituto Marco Polo, Ludovico Arte, che si è rifiu-tato di far entrare la polizia nell’i-stituto, e ha affermato giustamen-te che gli studenti vanno aiutati e non umiliati e che più volte nel cortile della scuola sono avvenu-te ispezioni a sua insaputa, con studenti perquisiti e messi a terra perché sospettati di spaccio. Arte ha inoltre aggiunto che occorre potenziare i metodi di ascolto e di informazione verso gli studenti.

Purtroppo quella di Arte è una voce isolata a Firenze, poiché la maggior parte dei presidi degli istituti fiorentini lasciano campo li-bero ai poliziotti ritenendo il meto-do efficace al disincentivo dell’uso di droga.

Su questa questione è inter-venuto anche il sottosegretario all’Istruzione Gabriele Toccafondi (ex consigliere comunale fiorenti-no, ex coordinatore fiorentino PDL e ora NCD), invocando “il pugno duro” contro gli studenti.

Il PMLI è al fianco degli stu-denti e afferma che la droga è un problema politico, un prodotto e

uno strumento di oppressione per frenare la lotta di classe da parte delle classi sfruttatrici. Anche tra gli studenti fiorentini purtroppo vi è un’alta percentuale di utilizzo della droga, così come dell’alcool, da addebitare però non agli stu-denti/giovani stessi ma allo sfa-scio e alla degenerazione della società capitalistica in generale.

Gli studenti fiorentini devono ribellarsi a questa repressione poliziesca e come affermato dal Documento della Commissione giovani del CC del PMLI dal titolo “Giovani, date le ali al vostro fu-turo” “...prendete in mano il vostro futuro, osate ribellarvi contro il capitalismo, i suoi governi, la sua cultura, le sue proposte, le sue idee e i suoi stili di vita, gettatevi nella lotta di classe e battetevi in prima fila per l’Italia unita, rossa e socialista, per realizzare un futuro privo dello sfruttamento dell’uo-mo sull’uomo, la disparità tra la donna e l’uomo, le disuguaglian-ze territoriali, la disoccupazione, il razzismo, la povertà, la guerra imperialista, e per creare le con-

dizioni per l’abolizione delle clas-si. Non c’è nulla di impossibile al mondo per chi osa scalare le vette più alte”.

Per limitare la diffusione della droga il PMLI rivendica principal-mente:

a) una scientifica, capillare e corretta informazione da parte del servizio pubblico sulle caratteristi-che e le conseguenze delle so-stanze stupefacenti, in particolare nelle scuole;

b) l’istituzione di una politica di “riduzione del danno” per i consu-matori di droghe pesanti attraver-so la somministrazione controlla-ta di eroina e metadone da parte di strutture pubbliche;

c) la legalizzazione della pro-duzione, della distribuzione e del consumo delle droghe leggere;

d) programmi terapeutici e iniziative finalizzate al recupero medico e sociale dei tossicodi-pendenti;

e) la depenalizzazione del re-ato di consumo e di piccola de-tenzione di droghe come eroina, cocaina, ecc.;

f) l’incarcerazione, forti pene detentive e la confisca dei beni ai produttori e ai grandi trafficanti di sostanze stupefacenti.

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N. 6 - 12 febbraio 2015 cronache locali / il bolscevico 13In provIncIa dI BarI

I lavoratori occupano il supermarket “auchan” di Triggiano

Dal corrispondente �della Cellula “Rivoluzione d’Ottobre” di BariIl supermarket “Auchan” di

Triggiano (Bari) chiuderà e sem-brerebbe voler trascinare nel gor-go del suo fallimento ben 119 la-voratori. La notizia sulla decisione del colosso distributivo francese di cessare l’attività, motivandola col calo delle vendite, era giunta già a marzo del 2014. Era previ-sto che il supermarket sarebbe sta-to chiuso definitivamente per no-vembre 2015 ma la direzione ha bruciato le tappe e aveva deciso di predisporre la chiusura per febbra-io di quest’anno.

Una decisione presa sfacciata-mente e che ha portato a uno stallo delle trattative: le rappresentanze sindacali stavano infatti cercando di favorire la riassunzione degli ex dipendenti di “Auchan” presso altri centri commerciali. Una pro-spettiva poco chiara e rassicuran-

te: si parla di reintegrare 40 degli 87 occupati a tempo pieno presso l’“Apulia Distribuzione”, società che ha affermato di voler rileva-re parte dello spazio occupato in precedenza da “Auchan”; i 16 di-rigenti saranno trasferiti presso al-tri punti vendita in Italia.

I sindacati hanno quindi cer-cato di portare a 50 il numero dei reintegrati ma la vertenza vener-dì 30 gennaio si blocca; alcuni dei lavoratori, che avevano già orga-nizzato un presidio permanente all’interno dell’ipermercato che ospitava “Auchan”, decidono di occuparlo e passano la notte all’in-terno. Un atto forte e deciso di lot-ta contro una decisione spregiudi-cata e padronale ma che non dura molto: una possibile denuncia per occupazione abusiva e l’interven-to della Digos, portano il presidio a spostarsi fuori nel piazzale anti-stante. La lotta dei lavoratori por-ta però a un risultato importante

perché il giorno successivo “Au-chan” comunica, con una racco-mandata alle sigle sindacali, la re-voca del licenziamento collettivo

dei 119 dipendenti ma contempo-raneamente specifica la decisione di chiudere definitivamente. Le aziende che subentreranno a “Au-chan” dovranno assorbire il 70% dei lavoratori precedentemente as-sunti mentre il 10% ha rinunciato con incentivi al prosieguo del rap-porto di lavoro e per il 20% si cer-ca una soluzione occupazionale.

Il capitalismo continua a fare vittime mentre i suoi colossi va-cillano e a farne le spese sono sempre i lavoratori, costretti a un futuro incerto nel marasma dei fal-limenti.

Cacciati dalla DigosGrande gioia rivoluzionaria

per il nuovo militante calabrese del pMLI

Cari compagni,con grande gioia rivoluzionaria

e marxista-leninista saluto l’in-gresso nel PMLI del compagno Francesco di Taurianova (Reggio Calabria) che consente al Partito del proletariato, della riscossa e del socialismo, dopo diversi anni, di essere di nuovo presente con una istanza di base nella nostra stupenda e martoriata regione!

Nel rispetto del centralismo de-mocratico (e tenendo presente che viviamo in due città molto distanti), sono a sua disposizione per ogni aiuto che mi sarà possibile dargli e di cui dovesse avere bisogno per l’attività politica (banchini, volan-tinaggi, manifestazioni, articoli e così via) per dare anche in Cala-bria al PMLI un corpo da Gigante Rosso, combattere il capitalismo e i suoi governi nazionali, regionali e locali e marciare verso l’Italia unita, rossa e socialista!

Il PMLI cresce dunque sempre più sia in qualità che in quantità, acquisendo nuovi militanti e sim-patizzanti in varie zone d’Italia, a dimostrazione “che la devozio-ne assoluta alla rivoluzione e la propaganda rivoluzionaria fatta tra il popolo non vanno perdu-te, anche quando interi decenni dividono il periodo della semina da quello del raccolto” (Lenin).

Rossi auguri di cuore al com-pagno Francesco e a tutti i nuovi militanti del PMLI!

Uniti, coi Maestri e il PMLI vin-ceremo!

Saluti marxisti-leninisti.Giordano - Paola (Cosenza)

Mirabile analisi politica del pMLI

sull’inganno grecoCare compagne e cari compa-

gni del PMLI,ho apprezzato l’articolo sulle

elezioni in Grecia per la mirabile analisi politica. Bene avete fat-to a richiamare l’attenzione sulla questione dell’ennesimo inganno perpetrato ai danni delle masse popolari. È una pratica ed un ri-chiamo che mi serve e ci serve a non smarrire la rotta ed il nostro comune obbiettivo, anche alla luce di quello che l’imbroglione Marco Rizzo sta cercando di fare qui in Italia. Il PMLI è l’unico e solo Par-tito che rappresenta le istanze del proletariato, tutto il resto è falsità!

W il PMLI, coi Maestri vinceremo!Un caro saluto rosso.Andrea, operaio del Mugello

(Firenze)

Grazie dell’articolo sulle elezioni in Grecia

Grazie compagni dell’articolo sulle elezioni in Grecia, lo giro ad altri.

Sul KKE cercherò di saperne di più di quel che dice Wikipedia.

Saluti.Nicola Spinosi - Firenze

Bufera sull’assessore regionale al “lavoro” nappi

aSSUnZIonI pILoTaTE aLL’arLaSla giunta antipopolare Della Campania guiData Da CalDoro taCe

Redazione di Napoli �La pace bipartisan in Campania

tra la destra e la “sinistra” del re-gime neofascista sembra conclu-dersi con l’avvicinarsi delle elezioni amministrative regionali.

Ha destato non poco clamore la denuncia del consigliere regionale PD Antonio Marciano relativamen-te ad alcune assunzioni pilotate all’Arlas, l’“Agenzia per il lavoro e l’istruzione della Regione Campa-nia”. Infatti, per gestire il progetto “Garanzia Giovani”, un program-ma da ben 191.610,955 euro, nel 2014 sembrerebbero essere stati selezionati una ventina di giovani, attraverso un’agenzia interinale, la “Gi Group” con sede a Pomigliano d’Arco, che serviranno all’Agen-zia per l’attività di call center per il programma europeo “Garanzia Giovani”.

Si tratta di giovani assunti con contratti part-time a decorrere dal 1 dicembre e per la durata di 6 mesi, proprio sotto la campagna elettorale per le amministrative re-gionali.

Secondo il consigliere Marcia-no, tra i selezionati spiccherebbero una serie di giovani che fanno rife-rimento alle liste del Nuovo centro destra o parenti di dirigenti sempre dello stesso partito dell’assesso-re al Lavoro, Severino Nappi. Un numero che ha posto dubbi sul-la trasparenza della selezione di “Garanzia Giovani”. Tra i giovani “selezionati” spiccano anche noti fascisti riciclati nel Ncd, come Alessandro Sansoni, ex picchiato-re del gruppo nazifascista “Area”, poi confluito nel Msi, poi AN e attuale membro dell’assemblea nazionale del partito del gerarca dell’Interno Angelino Alfano. A questi si aggiunge Mario Piscopo (candidato nel 2011 al consiglio comunale di Napoli con la lista Udeur-Popolari per il Sud, com-ponente dell’assemblea nazionale Ncd); Maria Coppola (consigliere VII Municipalità Miano-Secondi-gliano, eletta in “Forza del Sud” e da dicembre 2014 passata in Ncd); Antonio Capolongo (figlio di Gio-vanni Capolongo, consigliere co-

munale di Cicciano e componente dell’assemblea nazionale Ncd); Teresa Paola Marrone (componen-te dell’assemblea nazionale Ncd); Lucia Sangiovanni (figlia di un componente della segreteria par-ticolare dell’assessore regionale al Lavoro); Marco Tagliaferri (con-sigliere comunale Marano in quota Ncd); Vincenzo Maiorino (per un periodo collaboratore al gruppo Ncd in Consiglio Regionale).

Particolarmente significativo il silenzio dell’assessore al “lavoro” Nappi, nonché del presidente Cal-doro e della sua giunta antipopola-re, mentre la componente del PD, nonostante la denuncia di un suo consigliere, non ha chiesto le im-mediate dimissioni dell’esecutivo della casa del fascio, conferman-do l’opposizione di cartone fatta in cinque anni. A dimostrazione che sia la destra che la “sinistra” di regime, incluse le sue coperture meritano di essere severamente punite alle prossime elezioni regio-nali con l’astensionismo.

consiglio comunale “infuocato” a caltagirone (catania)

aI proBLEMI dEL SISTEMa ScoLaSTIco L’aMMInISTraZIonE Bonanno rISpondE aUToIncEnSandoSI

non abboccare ai giochetti di “Sicilia democratica”Dal corrispondente �dell’Organizzazione di Caltagirone del PMLILo scorso 19 gennaio si è tenu-

ta una riunione del Consiglio co-munale di Caltagirone (Catania) durante la quale la giunta comuna-le legata al “centro-destra” ha su-bìto critiche da parte di alcuni con-siglieri. Essi, infatti, hanno fatto notare la gravità di certi fenome-ni all’interno dell’ambiente scola-stico, come quello della mancata erogazione di energia elettrica in alcune scuole della città.

Sempre per ciò che concerne la scuola, è stata affrontata la que-stione delle proteste da parte de-gli assistenti ai disabili, i quali non percepivano lo stipendio da mesi. Si è, inoltre, discusso dell’ipoteti-co dimensionamento scolastico.

I consiglieri che hanno conte-stato l’operato del sindaco Bonan-no hanno denunciato la superficia-lità con cui l’amministrazione si è occupata delle faccende riguar-danti il sistema scolastico.

A tutto ciò il neopodestà ha ri-sposto affermando che: “il com-portamento dell’Amministrazione è stato inappuntabile, tant’è che al Comune non è stato mosso al-cun addebito, e in linea con quan-to previsto dal regolamento comu-nale”.

Ad opporsi all’amministrazio-ne comunale calatina è la “nuova” creazione di Lino Leanza, “Sici-lia democratica”. Il “nuovo”-vec-chio movimento siciliano si allea con l’amministrazione regionale di Crocetta, con l’amministrazio-ne comunale catanese guidata da

Bianco (il quale ha persino par-tecipato all’inaugurazione di tale movimento) e, chiaramente, con il PD e si avvale di sei parlamentari e un assessore regionale.

Tuttavia, per opporsi davve-ro e con successo alle politiche antipopolari regionali e locali, le masse studentesche devono lot-tare contro le istituzioni borghe-si e con la prospettiva del socia-lismo, il solo sistema che potrà risolvere in maniera definitiva i problemi che si vivono quotidia-namente all’interno delle scuole. Occorre iniziare a comprendere l’enorme quantità di inganni che si celano dietro tutti i partiti ed i movimenti borghesi, anche quel-li più ammantati di “nuovismo” e all’apparenza più vergini poli-ticamente.

La GIUnTa E IL SIndaco dI FaLconE qUErELano IL GIornaLISTa anTonIo MaZZEo

Sotto processo per aver denunciato infiltrazioni criminali

e mafiose nel messineseIl giornalista messinese Anto-

nio Mazzeo, impegnato nei temi della pace, della militarizzazione, dell’ambiente, dei diritti umani, della lotta alle criminalità mafiose, è sta-to querelato dal Comune di Falco-ne per un’inchiesta pubblicata sul periodico “I Siciliani giovani” (n. 7 luglio-agosto 2012), dal titolo “Fal-cone comune di mafia fra Tindari e Barcellona Pozzo di Gotto”. Querela per la quale il Pubblico ministero del Tribunale di Patti (Messina), Fran-cesca Bonanzinga, ha chiesto l’ar-chiviazione, depositata il 7 febbraio 2013, perché “la critica mossa dal giornalista non si risolve in un attac-co sterile e offensivo nei confronti del denunciante ma in un’amara riflessione sulla storia del Comune di Falcone, ove, il denunciante vie-ne menzionato solo perché facente parte della gestione dell’Ammini-strazione Comunale”. Quindi: “non sussistono elementi sufficienti per sostenere l’accusa in giudizio nei confronti dell’odierno indagato per il reato di cui all’art. 595 cp (diffa-mazione a mezzo stampa)”.

L’inchiesta giornalistica, scrive Mazzeo, si era soffermata su una serie di vicende che avevano inte-ressato la vita politica, sociale, eco-nomica e amministrativa della pic-cola cittadina della costa tirrenica del messinese (speculazioni immo-biliari dalle devastanti conseguenze ambientali e paesaggistiche; lavori di somma urgenza post alluvione del 2008 dal forte impatto sul fragi-lissimo territorio; ecc.); alcuni pas-saggi erano stati dedicati inoltre alle origini e alla dinamica evolutiva del-le organizzazioni criminali presenti nel territorio, organicamente legate alle potenti cosche mafiose di Bar-cellona Pozzo di Gotto.

Il 24 agosto 2012, una settimana dopo la pubblicazione dell’inchie-sta, la giunta comunale di Falcone con il sindaco Santi Cirella, aveva deliberato all’unanimità – onde tu-telare l’immagine e la rispettabilità del paese – di conferire l’incarico all’avvocato Rosa Elena Alizzi per sporgere querela nei confronti del giornalista. Il 20 ottobre 2012 la denuncia-querela veniva pre-sentata al Comando Stazione dei Carabinieri di Falcone. Contro la ri-chiesta d’archiviazione depositata dal Pm di Patti, l’Alizzi ha presen-tato opposizione il 29 dicembre 2012. “Nell’articolo pubblicato, il giornalista Mazzeo non è rimasto affatto imparziale, dimostrando di aderire, sic et simpliciter, alla tesi propugnata da rappresentanti dell’opposizione politica dell’at-tuale amministrazione, non rispet-tando i limiti di verità e continenza indefettibili per il legittimo eserci-zio del diritto di cronaca”, scrive la Alizzi. “Titolo, catenacci, aggettivi sovrabbondanti, accostamenti suggestionali, decontestualizza-zioni, omissioni, tutto conducente in un’unica direzione, quella mani-festata nelle righe conclusive, del

pezzo: annullare la volontà popo-lare”. Per l’avvocato e il comune tirrenico, “l’unica finalità dell’arti-colo è l’abbattimento dell’attuale Amministrazione e dell’odierno Sindaco”.

Guai dunque a provare ad ana-lizzare le contraddizioni sociali e le infiltrazioni criminali di un territorio, dar voce alle opposizioni o porre interrogativi sulle scelte e gli inter-venti di chi governa l’ente locale, conclude Mazzeo. Specie poi se le “presunte” vicende criminali o le perplessità e i dubbi sull’opera-to politico-amministrativo trovano eco sui media nazionali o nelle sedi istituzionali. “A riprova della gran-de capacità lesiva della condotta dell’indagato – conclude Alizzi - non si può non evidenziare la cir-costanza che in data 20 novembre 2012, l’on. Antonio Di Pietro abbia presentato un’interpellanza parla-mentare indirizzata a vari organi, in cui, richiamando espressamente l’articolo in questione, ha chiesto l’accesso della commissione pre-fettizia per valutare la sussistenza dei requisiti finalizzati allo sciogli-mento degli organi politici del co-mune di Falcone”.

Direttrice responsabile: MONICA MARTENGHIe-mail [email protected] Internet http://www.pmli.itRedazione centrale: via A. del Pollaiolo, 172/a - 50142 Firenze - Tel. e fax 055.5123164Iscritto al n. 2142 del Registro della stampa del Tribunale di Firenze. Iscritto come giornale murale al n. 2820 del Registro della stampa del Tribunale di FirenzeEditore: PMLI

ISSN: 0392-3886chiuso il 4/2/2015

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triggiano (Bari) i lavoratori della auchan occupano il supermecato contro i licenziamenti

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N. 6 - 12 febbraio 2015 esteri / il bolscevico 15LA BANCA EUROPEA STAMPA UNA VALANGA DI EURO PER AIUTARE IL CAPITALISMO A USCIRE DALLA CRISISecondo l’ultima rilevazione, i

prezzi al consumo nella zona euro sono scesi a gennaio dello 0,6%, una diminuzione che segue quella dello 0,2% registrata nel dicembre scorso; persino la locomotiva eu-ropea, la Germania, ha registrato un dato ancora più negativo con i prezzi al consumo calati dell’1,3% sul mese precedente. Con un livel-lo di inflazione al momento nega-tiva ma stimata allo 0,3% per il 2015 si prospetta per l’Europa il pericolo concreto della deflazione, un indice della profonda crisi eco-nomica che continua a stringere in una morsa il Vecchio continente. Questi dati hanno fornito acqua al mulino delle ragioni di quella parte della borghesia europea che spin-geva per tentare altre soluzioni che non fossero solo quelle di una poli-tica economica ancorata alle rigide regole di bilancio che hanno det-tato legge finora. Se ne è fatta in-terprete la Banca centrale europea (Bce) che nel direttivo del 22 gen-naio ha deciso di lanciare un piano da 60 miliardi di euro al mese di acquisti di titoli pubblici, inclusi i

titoli di Stato con scadenze fra 2 e 20 anni. Il piano partirà il prossimo marzo e proseguirà “almeno fino a settembre 2016” e comunque fino a quando l’inflazione si riporterà a un livello di circa il 2%.

Il piano annunciato dal presi-dente della Banca centrale euro-pea, l’italiano Mario Draghi, nella conferenza stampa al termine del Consiglio direttivo prevede com-plessivamente acquisti per 1.140 miliardi nell’arco di 19 mesi. Una valanga di euro che la Bce stampe-rà per aiutare il capitalismo euro-peo a uscire dalla crisi. Si tratta di un tentativo certamente superiore a quello del ridicolo Piano Juncker da 21 miliardi di euro diluiti in tre anni messo in cantiere dalla nuo-va Commissione europea. Ma non è detto che funzioni.

Gli acquisti dei titoli di Stato saranno effettuati sulla base delle quote che ogni banca centrale na-zionale detiene nel capitale del-la Bce. Vale a dire che il 17,9% saranno Bund tedeschi, il 14,1% Oat francesi, il 12,3% Btp italia-ni, l’8,8% Bonos spagnoli e così

via. Detto in altre parole i maggio-ri utilizzatori dello strumento fi-nanziario della Bce sarà la Germa-nia, che non ne avrebbe bisogno, o quantomeno molto meno bisogno di molti altri paesi in difficoltà. La Bce potrà acquistare per un impor-to massimo che non superi il 33% del debito di ciascun Paese. Inoltre per ogni emissione non potrà ac-quistare più del 25% dei titoli sul mercato.

La Bce comunque non si ac-collerà completamente il rischio dell’operazione finanziaria ma solo del 20% della cifra impe-gnata. La “solidarietà” conces-sa dai cosiddetti “falchi”, guida-ti dal capo della Bundesbank Jens Weidmann, non è andata oltre. Sa-ranno le banche centrali dei Pae-si interessati a garantire la restan-te quota dell’80%. Una linea di compromesso definita nel diretti-vo della Bce per avere l’assenso all’operazione da una parte dei 19 governatori delle banche nazionali e dei sei membri del Comitato ese-cutivo che erano contrari, dal tede-sco Weidmann, all’olandese Klaas

Knot ai rappresentanti di Lettonia, Lituania, Lussemburgo e Slovac-chia.

Nella conferenza stampa di presentazione del piano, Draghi ha sorvolato sulle contraddizioni interne alla Bce, definendole se-condarie rispetto la possibile effi-cacia del progetto, e ha affermato che il consiglio ha deciso “a larga maggioranza” di lanciare “ades-so” il cosiddetto “quantitative ea-sing”. Ha tenuto a precisare che “sarebbe un grande errore pensa-re che questo piano sia un incenti-vo all’espansione dei bilanci degli Stati (cioè a continuare a aumen-tare il proprio debito, ndr): non è assolutamente un finanziamento del debito ed anzi è stato costruito perché si evitasse questo”. Fra gli obiettivi del piano rimane un pun-to fermo, ha precisato Draghi, “che le riforme strutturali siano attuate dai singoli Stati in modo credibile ed efficace”.

In gergo si chiama quantitative easing (allentamento quantitativo, ndr) quell’azione che compie una banca centrale andando sul merca-

to per comprare titoli di cui sono pieni i bilanci delle banche com-merciali e per pagarli stampa mo-neta che immette nel sistema. La prima conseguenza dovrebbe es-sere quella che il prezzo dei tito-li sale perché c’è più domanda e il loro rendimento, cioè il tasso di interesse che ogni Stato paga per finanziare il proprio debito, scen-de. E di conseguenza scendono gli interessi sul debito, la zavorra che affossa i bilanci di Paesi come l’I-talia.

Fra le conseguenze attese dell’operazione vi sarebbe una di-minuzione dei tassi di interesse su mutui e prestiti fatti dalle ban-che; con il tasso principale di rifi-nanziamento già al minimo stori-co dello 0,05% chiesto dalla Bce quando dà i soldi alle banche non ci sarebbe più spazio per una ul-teriore riduzione. Altro effetto è il deprezzamento dell’euro rispet-to alle altre monete, soprattutto al dollaro, che dovrebbe favorire le esportazioni. Infine le banche, al-leggerite dai titoli di Stato, avreb-bero più liquidità per fare prestiti o

investimenti a meno che non siano bloccate dal rispetto delle norme bancarie comunitarie definite ne-gli accordi di Basilea e dai requi-siti della stessa Bce.

Il termine quantitative easing è salito agli onori della cronaca dei non addetti nel 2009, quando la Federal Reserve americana varò il primo programma di acquisto di titoli del Tesoro e di titoli immo-biliari americani dopo il fallimen-to della banca d’affari Lehman Brothers nel settembre del 2008. L’evento che segnò l’avvio del-la devastante crisi finanziaria e in seguito economica soprattutto dei paesi capitalisti occidentali che continua ancora. Il programma ap-plicato negli Usa di Obama sembra cominci ora a dare risultati anche se a beneficio delle grandi aziende capitaliste e della finanza mentre il reddito medio delle masse popola-ri resta ancora basso. Non ha inve-ce funzionato in Giappone che no-nostante la valanga di yen stampati e immessi nel mercato non ha mi-nimamente intaccato l’andamento della crisi economica.

La nuova dottrina militare di Putin ritiene la Nato il nemico n.1 e conferma l’uso delle armi nucleari

Il nuovo zar considera minacce esterne la creazione e il dispiegamento del sistema strategico di difesa antimissilistica degli UsaAggiornando il precedente do-

cumento del 2010 Mosca ha reso nota a fine dicembre scorso la sua nuova dottrina militare che tiene conto di quelle che il nuovo zar Vladimir Putin considera i nuovi rischi alla “sicurezza nazionale” della Russia. Il documento firma-to il 26 dicembre da Putin sotto-linea “l’emergere di nuove mi-nacce alla sicurezza nazionale” e indica quali minacce esterne prin-cipali il potenziamento della Nato nei paesi confinanti la Russia e la destabilizzazione di alcuni pae-si, vedi l’Ucraina, sotto la spinta dei concorrenti imperialisti ame-ricano e europeo. Constatando la crescente minaccia rappresentata dalla “espansione del potenziale militare della Nato verso i con-fini russi”, il documento confer-ma la possibilità del ricorso alle armi nucleari in risposta all’uso di armi, atomiche o meno, contro Mosca.

Dopo che l’Ucraina ha abban-donato lo status di nazione “non allineata”, primo passo verso un’eventuale richiesta d’adesione alla Nato, il Cremlino ritiene che l’Alleanza militare imperialista occidentale sia il nemico numero uno. Una Nato che negli sviluppi della crisi Ucraina sta espanden-do il suo potenziale militare nei paesi Baltici, in Polonia, Bulgaria e Romania.

Il documento considera una “minaccia per la Russia” il prota-gonismo della Nato ma anche la creazione e il dispiegamento del sistema strategico di difesa anti-missilistica promosso dall’ammi-nistrazione Bush e confermato da quelle di Obama; “il dislocamen-to di sistemi d’arma strategici di precisione non atomici” per Mo-sca “rompe la stabilità globale e infrange i rapporti di forza fin qui determinatisi nella sfera missili-stico-nucleare”. Lo scudo anti-missile europeo è ritenuto da Pu-tin una “minaccia agli equilibri

strategici del Continente”.Negli aggiornamenti del tipo

di minacce il documento inserisce anche il Prompt Global Strike, il sistema di difesa americano che ha l’obiettivo di condurre attacchi militari convenzionali ovunque nel mondo in 60 minuti.

La nuova dottrina militare rus-sa conferma invece l’uso delle armi nucleari. Il documento di-chiara esplicitamente che “il nu-cleo delle politiche militari russe è la prevenzione della guerra ato-mica e di ogni altro tipo di con-flitto” ma che “Mosca si riserva il diritto di usare armi nucleari nel caso essa o i suoi alleati si-ano sotto attacco atomico o non atomico”. E a dare corpo a que-sta minaccia, poco prima del-la pubblicazione del documento, l’agenzia Tass aveva annuncia-to con enfasi il successo del lan-cio di prova del missile balisti-co intercontinentale RS-24 Yars dal cosmodromo militare di Ple-setsk nel nord-ovest russo. Men-tre in contemporanea alla notizia dell’aggiornamento della sua po-litica militare Mosca annunciava la partenza dai cantieri di Seve-rodvinsk verso le basi della flot-ta del Nord di due sommergibili atomici lanciamissili della clas-se “Borea”, il “Vladimir Mono-makh” e l’“Aleksandr Nevskij”, destinati alla flotta del Pacifico.

La crisi dell’Ucraina e più in generale la situazione ai confi-ni meridionali della Russia occu-pano largo spazio nel documento dove sono definiti minacce ester-ne anche “la presenza di focolai di tensione interetnici e intercon-fessionali, l’attività di formazio-ni radicali armate internazionali, delle compagnie militari private straniere nella zone adiacenti ai confini della Russia e alle fron-tiere dei suoi alleati, come pure le dispute territoriali e la cresci-ta del separatismo e dell’estremi-smo in alcune aree del mondo”.

Sono “pericolosi” per Mosca quei “processi di instaurazione, negli stati limitrofi, di regimi la cui po-litica minaccia gli interessi della Russia” ma anche “l’attività sov-versiva dei servizi segreti stranie-ri” così come il “possibile uso” all’interno della Russia “di forze politiche e movimenti sociali, fi-nanziati e controllati dall’ester-

no”. Attività che tra l’altro avreb-bero l’intenzione di influenzare la popolazione, in particolare dei giovani, per “minare le tradizioni storiche, spirituali e patriottiche di difesa della Patria”. Una posi-zione sposata appieno dai movi-menti di destra europei, coccolati da Putin in funzione anti-Ue, che di recente guardano con attenzio-

ne a Mosca e soprattutto ai suoi rubli.

Se la Nato è il nemico nume-ro uno, gli amici stanno nell’Or-ganizzazione del trattato di sicu-rezza collettiva (Csto), analogo orientale della Nato che inclu-de Armenia, Bielorussia, Kaza-kistan, Kirghizistan e Tagikistan. Stanno nell’Organizzazione per

la cooperazione di Shangai (Sco), e in particolare la Cina con la qua-le Putin ha definito accordi di al-leanza strategica; sono le potenze imperialiste emergenti, i partner della Russia nel gruppo dei Brics (Brasile, India, Cina e Sudafri-ca), indicati nel documento come partner fondamentali per la sicu-rezza della Federazione russa.

Denunciavano la continuità con la dittatura sconfitta nel 2011

IL GOLPISTA SISI REPRIME LE MANIFESTAZIONI NELL’ANNIVERSARIO DELLA RIVOLTA CHE CACCIÒ MUBARAK

23 morti, 97 feriti e oltre 500 arrestiIl 25 gennaio 2011 piazza Tahrir

al Cairo divenne il centro della ri-volta popolare che neanche due set-timane dopo, l’11 febbraio, portò alla cacciata dell’allora presidente Hosni Mubarak e alla fine della sua trentennale dittatura. Quell’insieme di partiti e organizzazioni progres-siste laiche, islamiche, socialiste, li-berali e sindacali hanno promosso una serie di manifestazioni in tutto il paese per denunciare nel quarto anniversario della rivolta la conti-nuità del regime attuale guidato dal presidente, ex generale, Abdel Fa-tah el-Sisi con quello di Mubarak. Un regime insediatosi dopo il golpe del 3 luglio 2013 e costrinse alle di-missioni il presidente islamista Mo-hamed Morsi.

Il bilancio dei tre giorni di scon-tri che hanno segnato in tutto il pa-ese il quarto anniversario della ri-volta registra 23 morti, 97 feriti e oltre 500 arresti in particolare nelle manifestazioini al Cairo e a Ales-

sandria.Piazza Tahrir era stata chiusa

preventivamente con sbarramenti di filo spinato e un massiccio schie-ramento di blindati e i Fratelli mu-sulmani, i partiti liberali e le orga-nizzazioni progressiste e socialiste avevano invitato i loro sostenitori a non forzare l’ingresso nella piazza simbolo delle rivolte ma a manife-stare nei quartieri circostanti.

La protesta era iniziata già il 23 gennaio con manifestazioni al Cai-ro e a Alessandria, manifestazioni disperse dalla polizia che nella città alla foce del Nilo aveva causato la morte di una ragazzina di 17 anni. La repressione poliziesca si ripete-va nella capitale il 24 gennaio dove moriva una giovane attivista di un piccolo partito di sinistra colpi-ta alla schiena da proiettili di gom-ma sparati a distanza ravvicinata da un agente. Due assassini che erano solo il preludio di una giornata di sangue, quella del 25 gennaio, con i

manifestanti che si scontravano per tutta la giornata con la polizia nelle manifestazioni che si tenevano nel-le due principali città del paese..

In un discorso alla nazione te-nuto il 24 gennaio, il presiden-te Abdel Fatah el-Sisi elogiava il desiderio di cambiamento mostra-to quattro anni fa, aggiungeva però che “ci vuole pazienza per raggiun-gere tutti gli obiettivi di quella ri-voluzione” e assicurava che il suo governo era impegnato per la de-mocrazia. La continuità sbandie-rata dal golpista Sisi era non con gli obiettivi di quella rivolta ma col precedente regime di Mubarak. Confermata dal pugno duro sulle manifestazioni di piazza dell’op-posizione.

Nel sottolineare la vittoria dell’eroico popolo egiziano che aveva costretto Mubarak alle di-missioni salutavamo nel 2011 quel-la vittoria storica che incoraggiava le lotte di tutti i popoli e che po-

teva aprire nuovi scenari nella re-gione, soprattutto se il popolo egi-ziano fosse riuscito a far fallire le manovre di una parte dei vertici militari che volevano solo ripulire la facciata del regime, sostituirlo con uno nuovo ma sostanzialmen-te uguale.

I vertici militari, vera e propria colonna portante e parte integrante della borghesia egiziana, dato che controllano il 40% dell’economia del paese, avevano contribuito alla caduta della dittatura di Mubarak, abbandonandolo al suo destino e dopo la parentesi del governo isla-mista di Morsi (giugno 2012-lu-glio 2013), dimostratosi incapa-ce di rappresentare le istanze di cambiamento condivise coi ma-nifestanti in pazza Tahrir, si sono ripresi con Sisi il diretto control-lo del paese. Ma anche l’opposi-zione non si è fermata ed è torna-ta in piazza nell’anniversario della rivolta.

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