Il Bollettino Domenicani - n.1 Gennaio-Febbraio 2011

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domenicani - gennaio - febbraio 2011 - n. 1 1 A. XLV - n. 5 - novembre-dicembre 2010 - Sped. A.P. - D.L. 24/12/2003, n.353, conv. in L. 27/02/2004 n.46 - Firenze Aut. n.1800/1967 EVENTI Verso l’VIII Centenario dell’Ordine (p. 5) SPIRITUALITÀ Le Costituzioni o Consuetudines (p. 11). DOMENICANI DOMENICANI

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SPIRITUALITÀLe Costituzioni o Consuetudines (p. 11).

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DOMENICANIbimestrale d’informazionedella Provincia Romana di S.Caterina da Siena

Anno XLV – n. 1novembre-dicembre 2011

c/c postale n. 41482894int. Convento S. Domenico

Padri Domenicani 09127 Cagliari – Italia

Autorizzazione delTribunale di Firenze del4 gennaio 1967 - n. 1800

DirettoreP. Eugenio Zabatta o.p.

Responsabile P. Fausto Sbaffoni o.p.

Direzione e Redazione: piazza S. Domenico, n. 5

09127 CAGLIARI

Tel. 070 65 42 98 cell. 339 18 22 685

e.mail [email protected]

CON APPROVAZIONE ECCLES. E DELL’ORDINE

Sped. Abb. Postale D.L. 24/12/2003, n.353,

conv. in L. 27/02/2004 n.46

copertina: ROMA - Basilica di S. Sabina.

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Editorialela Redazione.

Spiritualità domenicanaVerso gli 800 anni dell’Ordine.

P. Eugenio Zabatta op.Le Costituzioni o Consuetudines

a cura di P. E. Z. op.“Metodologia” in S. Tommaso d’Aquino.

P. Eugenio Zabatta op.

Notizie variePistoia, Giornate di Formazione Permanente

fr Gian Matteo Serra op.Napoli, Un’iniziativa per la Famiglia; Roma, Giornata della Gioventù OP. Bibbiena (AR), Conferenze mensili.

Faenza (RA), Processo di beatificazione di P. Domenico Galluzzi. Cerignola (FG), la Positio: riconosciute le virtù del SdD Don Palladino.

Roma, La professione di Sr Maria Perez. Sedilo (OR) commemora Sr Puxeddu. Popoli (PE) , Conferenza su P. Lepidi op.

Emilia Lattanzio.In memoria: P. Carderi op; Sr A. Marlazzi.

Prof. Giovanni Di Giannatale.Pubblicazioni. • • •

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EVENTIVerso l’VIII Centenario dell’Ordine (p. 5)

SPIRITUALITA’Le Costituzioni o Consuetudines (p. 11).

DOMENICANIDOMENICANI

Il prete Pietro di Illiria, tra il 422 e il 432, costruì una prima chiesa sulla casa della matrona romana Sabina, poi divenuta santa. L’interno ha avuto vari restauri. Il campa-nile attuale risale al X secolo.Nel 1219 la chiesa fu affida-ta da papa Onorio III a san Domenico e al suo Ordine di frati predicatori, e da allora è stata la sede del Maestro ge-nerale dell’Ordine. •••

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editoriale

Il filo conduttore dell’ultimo Capito-lo generale dell’Ordine (Roma, 2010) è stato il “ministero della predicazione: riscoprire il carisma dell’essere predi-catori”. È alla luce di questo carisma, ci hanno avvertito i padri capitolari, che si è voluto vagliare i vari settori delle “responsabilità” dell’Ordine e si sono prese decisioni, fatte ordinazioni, dati orientamenti. La predicazione, nostro impegno specifico nel mondo, ha gui-dato i lavori del Capitolo.

Lo sottolinea, con vivo slancio, il nuovo Maestro dell’Ordine, fr Bruno Cadoré, nella lettera di promulgazione degli Atti dei quali ci offre una sinte-si. «Il ministero della predicazione – afferma – costituisce l’essenziale per ciascuno e per l’insieme delle Comuni-tà… essa costituisce il cuore, il suppor-to e il dinamismo delle diverse dimen-sioni della nostra vita… anima il cuore della nostra vita». È alla predicazione, “a mostrare questa Parola” – continua il Maestro – che “dobbiamo consacrare tutta la nostra vita”; predicazione che nello stesso tempo «ci invita ad avere a cuore la costruzione di Comunità che siano focolari viventi di fraternità, di studio e di preghiera, luoghi di rinvi-gorimento nella fede e nella speranza e di proposta di ospitalità e di dialogo per il mondo».

Il Maestro suggerisce di dotarsi di mezzi e di adeguare strutture perché: «1. le nostre Comunità siano allo stesso tempo case di predicazione e di studio; 2. i frati possano ovunque realizzare la predicazione con gioia e libertà; infine

3. si corrisponda alle esigenze aposto-liche locali».

È questo “lo sforzo” che al presente ci viene richiesto e pur tenendo conto delle “risorse umane disponibili… con-tinuare ad attingere con costanza le no-stre forze alla grazia del Vangelo».

È in questa stessa prospettiva, pen-siamo di poter dire, che si è mosso an-che il nostro ultimo Capitolo Provin-ciale (Montecompatri 2009), con una particolare attenzione alle vocazioni e al coinvolgimento delle forze di tutti i rami dell’Ordine presenti nel territorio della Provincia. In ordine alla Predi-cazione, anche allora, non è mancato “l’invito pressante” alle “cooperazioni più ampie”, “allo sviluppo della col-laborazione e ad un più efficace coor-dinamento” (ACP, 2009 pp. 7-8). Ne-gli Atti, il Provinciale fr Daniele Cara, chiedeva “un impegno più generoso ed evangelico nelle nostre attività aposto-liche ed intellettuali (p. 3).

Cogliendo questi messaggi e riferen-doci al particolare compito che, come Redazione di “Domenicani”, ci è stato affidato, anche nel presente fascicolo, con gli articoli e le notizie di famiglia che presentiamo ai nostri gentili lettori, desideriamo contribuire a tener vivo il tema dell’anno che ci prepara al giu-bileo del 2016 e fare eco positiva agli inviti dei capitolari col «prendere par-te nell’incessante opera di “fondazione dell’Ordine”» (ACG, Roma 2010, Let-tera di promulg.).

Per la redazione, P. E. Zabatta op.

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MUOVENDOCI VERSO GLI 800 ANNI DELL’ORDINE

con gratitudine a Dioe con rinnovato amore iniziale

«L’arancio fiorisce ancora» è stato il titolo scelto per quella bella mono-grafia, edita nel 2006 dalle consorelle contemplative domenicane in occasio-ne del loro centenario di fondazione a Prouille in Francia, da parte di S. Dome-nico, e voluta, per usare la loro espres-sione, “per ricordare la nostra nascita avvenuta 800 anni fa” (Intr. p. 3).

Nel libro suddetto, le monache il-lustrano il loro ruolo specifico nella Famiglia domenicana parlando della “precedenza teologica che la contem-plazione occupa nella nostra vita e mis-sione” e della “fecondità del loro silen-zio”. Doveroso accogliere l’invito che

Sin dall’Avvento del 2005 l’Ordine domenicano sta preparandosi a cele-brare l’VIII centenario del suo inizio

che avverrà nel 2016. Il tema generale che accompagna il

nostro cammino è: “Guai a noi se non predichiamo il Vangelo!” (I Cor.

9,16). Queste parole dell’Apostolo, che sono al cuore della nostra vo-

cazione domenicana, sono luce che guidano i nostri passi. Si aggiunge il

tema di ogni anno, che per il 2011 è questo: “Tutti li sentiamo annunzia-re nelle nostre lingue le grandi ope-

re di Dio” (At. 2,11): Predicazione e Cultura / Predicazione Comunitaria.

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fanno a “partecipare alla gioia della lo-ro totale consacrazione” (p. 5).

Riprendiamo adesso quell’immagi-ne dell’arancio! Nessuno allora fece difficoltà ad interpretarla, ma, comun-que, viene spiegata a pagina 57 del li-bro, con mistiche interpretazioni che condividiamo. «Si racconta – vi leggia-mo – che S. Domenico abbia piantato con le sue mani un arancio nel chiostro di Santa Sabina1… icona della Famiglia (monache, frati, suore laici) che si è svi-luppata intorno a S. Domenico e che anche oggi vive sulla scia della sua san-tità» (p. 57).

Sì! «È facile ravvisare in quell’albero un’immagine della Famiglia domenica-na, molteplice nei suoi rami, spuntati da un unico tronco o insieme o in suc-cessive stagioni storiche segnate dalla Provvidenza, con permanente fioritura dell’ansia evangelica ed apostolica che bruciò nel cuore di S. Domenico e che continua ad ardere nel cuore dei suoi figli, eredi della sua forma di vita e di missione»2. Così pure già scriveva nel-la sua relazione al Simposio di Napoli (1982) il P. Abate che allora, a S. Sabi-na, ci viveva. Quel Simposio era croce-via e gli Atti che furono pubblicati sono ancora, per molti aspetti, attuali.

Un’immagine “istruttiva”, certo, quella dell’albero, qual è l’arancio, che è stato sempre caro ai domenicani che l’hanno religiosamente custodito come dono del Fondatore.

Un’immagine del resto comune, l’albero, per indicare una famiglia, un casato. Essa ricorre anche nell’esor-dio della prima riflessione del Con-cilio Vaticano II sulla Vita religiosa in genere, dove questa è paragonata, ap-punto, a «un albero germogliato da un

I santi, immagine di Cristo.

La Chiesa della terra non pos-siede nessun ritratto di Cristo; ma se, lungo i secoli, le avvenisse di desiderare, con desiderio incon-tenibile e sacro, di contempla-re l’icona, la più fedele, del suo Salvatore, ella sa bene come do-vrà fare. Le basterà di sovrappor-re, il più fedelmente possibile, i volti dei suoi innumerevoli santi, perché sia certa che l’immagine che risulterà, dalla composizione sul cliché, sarà l’approssimazione meno imperfetta del vero volto di Gesù Cristo.

(A. M. Besnard, op).

ROMA. S.Maria sopra Minerva. Cappella-Grazioli. IL Salvatore (Perugino?).

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seme sparso da Dio e ramificatosi in modo mirabile e vario nel campo del Signore»3.

Per inciso possiamo considerare che dallo stesso magistero conciliare si de-duce che “il seme” da cui germina l’al-bero della vita religiosa in genere – do-no divino dei consigli evangelici – sotto l’impulso dello Spirito Santo produce poi diverse forme di vita spirituale con altrettante famiglie religiose, ciascuna delle quali, oltre ad avere una forma evangelica di vita propria, riceve dallo stesso Spirito una funzione particolare, specifica, che emana dalla prima, con la quale collabora alla missione della Chiesa4.

In analogia all’albero della vita re-ligiosa che si ramifica nelle varie fami-glie religiose, anche il nostro arancio, quale icona dell’unità di tutto l’Ordi-ne, con i suoi rami indica coloro che lo compongono – monache, frati, suore, laici – tutti «in comunione con lo spiri-to e le intenzioni di S. Domenico»5.

A questo punto è bene ricordare un’Ordinazione dell’ultimo Capitolo Generale che per la sua chiarezza ci è di grande aiuto per capire il ruolo dei vari componenti l’Ordine o la Famiglia domenicana e le relazioni che vigono tra di loro.

«L’Ordine dei predicatori è costituito da coloro che, per la professione (per coloro che seguono i consigli evange-lici, le monache e i frati) o per l’impe-gno verso il Maestro dell’Ordine (per i membri delle fraternite laiche e sacer-dotali che s’impegnano a un modo di vita evangelico adatto alla loro condi-zione) sono integrati all’Ordine» (ACG 2001 Providence, n. 418). Per elemi-nare alcune ambiguità ricordiamo che la nozione di “vita religiosa” designa la

vita consacrata dei membri di un Istitu-to religioso con la professione di voto pubblico di osservare i consigli evange-lici e la vita fraterna in comunione. In tal senso la nozione di vita religiosa non è applicabile ai laici chiamati a vivere la loro partecipazione ai tria munera Chri-sti nel mezzo delle realtà temporali. Per tale ragione è necessario promuove-re e accompagnare la formazione del laicato domenicano sulla base di una solida ecclesiologia e della teologia del laicato»6.

È vero! Tuttavia la diversa identità di ogni ramo non impedisce che anche i laici delle fraternite siano parte inte-grante per formare ed essere una sola famiglia. «I laici incorporati all’Ordine partecipano al carisma di S. Domenico secondo l’unità fraterna nell’unica mis-sione della predicazione della Parola di Dio (ACG 2001 Providence, n. 416). Allo stesso tempo, questa unità si rea-lizza in forme distinte di vita domeni-cana. Ciò si traduce in forme giuridiche diverse (Cost. fondamentale, § IX)7».

Gelosi, infatti, di questa unità, tra i vari “rami” per formare un’unica Fami-glia, i responsabili del governo dell’Or-dine – come i Capitoli – hanno sempre avuto a cuore di raccomandare, oltre la vita di preghiera anche la vita comu-nitaria dei religiosi, con le varie osser-vanze che l’assicurano8.

Dalle origini, l’Ordine ha visto nella Comunità – domus praedicationis – la presenza del carisma ricevuto da Dio, e nell’unità e regolare vita comunitaria l’efficacia della predicazione. La vita comunitaria con le sue osservanze, so-stanzialmente contemplativa, è la “fon-te” da cui sgorga l’acqua della predica-zione, il suo carisma. Comunità e Pre-dicazione, per noi, sono così unite che si “valorizzano” a vicenda, tanto che la

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L’albero domenicano con S. Domenico e S. Caterina.

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stessa vita comunitaria è predicazione (ACG 2010 Roma 62 § 3).

A questo proposito cito brevi espres-sioni spigolate negli Atti, al cap. III, an-che per invogliare a leggerli per intero: «L’oggi esige ancora una predicazione profetica, sostenuta da una vita comu-nitaria coerente». «Con l’intento di re-cuperare il senso genuino delle nostre comunità, come vere domus praedi-cationis… rivedere metodi, contenuti ed effetti della predicazione della vita comunitaria… per renderla più creativa e credibile nel mondo attuale». «… la via comunitaria come nutrimento della predicazione (64)… la vita comune è un elemento essenziale e irrinunciabile del nostro carisma di predicazione (65) … recuperare il senso e la necessità della vita comune… la gioia di vivere in comunità (66)».

Infine un’Esortazione (80), dei padri capitolari, ci ricorda i mezzi a cui ricor-rere: «… l’organizzazione della nostra vita religiosa e apostolica passa attraver-so la convocazione regolare dei capitoli e dei consigli» (LCO, 7 § II e 312).

Una graziosissima immagine sim-bolica che è stata pubblicata a ricordo del settimo centenario del nostro Or-dine (1916) è proprio l’albero. In un opuscoletto edito per l’occasione, leg-giamo: «È l’albero domenicano. Ai lati S. Domenico e S. Caterina; Egli, il Pa-dre, colui che concepì il grande ideale e sparse nel giardino della Chiesa il se-me da cui il celeste agricoltore voleva far nascere quest’albero fertile: l’Ordine dei Predicatori; Caterina, la più perfet-ta, forse, certo la più significativa e più meravigliosa incarnazione dell’ideale domenicano. Fra loro due s’innalza l’al-bero (proprio l’arancio). Fra lo svolgersi armonioso dei rami in dodici medaglio-

ni, come altrettanti frutti di quello stesso seme, di quell’unico tronco, l’immagine dei santi e delle sante dell’Ordine»9.

S. Domenico, il fondatore, viene rassomigliato ad un prisma di cristallo purissimo che accoglie in sé un raggio della luce divina e lo rifrange, per amo-re di Dio e delle anime, scomponendo-lo in un’iride meravigliosa di colori: i santi con le loro caratteristiche virtù.

Si passa quindi ad elencare alcuni santi domenicani: un elenco breve che farà piacere conoscere!

«Tommaso d’Aquino: scienza delle cose divine, giunta alle vette più alte che mai mente umana raggiunse, per-ché nutrita in animo verginale e santo, perché attinta nell’orazione.

Pietro da Verona: l’amore ardente e la testimonianza intrepida delle verità forti fino al martirio.

Ludovico Bertrando: l’eroismo infa-ticabile del missionario, la santità che sa generare ed educare santi.

Raimondo di Pennafort: umiltà più profonda in mezzo agli onori, il misti-co seppellimento della volontà umana nella volontà di Dio, l’amore geloso della povertà.

Giovanni di Colonia: l’attaccamen-to al Vicario di Cristo e l’ardentissima amorosa fede nell’Eucaristia, che vin-cono i tormenti e conducono gioiosa-mente al martirio.

Vincenzo Ferreri: la potenza della parola che seduce e trascina le anime, glorificata da Dio con la potenza tau-maturgica.

Pio V: l’amore inflessibile per la giu-stizia, lo zelo indomito nel difendere la Chiesa e la Verità.

Giacinto Odrowaz: il suo amore verso l’Eucarestia e la sua tenera devo-zione alla Madonna sono fonte della sua instancabile attività apostolica.

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Antonino Pierozzi: la prudenza vera e la sapienza illuminata dalla giustizia e dalla carità.

Agnese da Montepulciano: la letizia stupenda della familiarità con la Ver-gine, con gli angeli e con i santi; nel mondo eterno goduto come in antici-pato possesso fin da questo esilio.

Rosa da Lima: l’anima umile e im-macolata che eroicamente si ravvolge di auterità espiatrici.

Caterina de’ Ricci: l’amore di Gesù Crocifisso che assorbe e sublima tutte le energie dello spirito»10.

Ma queste sono soltanto tra le gem-me più fulgide; di quante altre si gloria la famiglia domenicana! Come alle set-te luci colorate dello spettro solare si aggiungono infinite altre luci che l’oc-chio umano non scorge. Anche se me-no conosciute, esse sono tutte preziose agli occhi di Dio.

Nell’elenco, non appare Sant’Alber-to Magno, che oggi veneriamo santo, dottore della chiesa e patrono dei cul-tori delle scienze naturali, perché nel 1916 (settimo centenario) era venerato ancora come beato. Pio XI lo dichiarò santo nel 1931) e Pio XII patrono nel 1941. In questo secolo altri numerosi domenicani sono stati beatificati e ca-nonizzati: l’ultimo S. Francesco Coll y Guitart (2010).

Ci piace terminare questa “visita” nella famiglia domenicana, “la navi-cella di Domenico, tutta larga, tutta gioconda, tutta odorifera; un dilezio-so giardino”, con le parole della nostra santa senese, S. Caterina che ci ripor-ta, anche lei, all’immagine suggestiva dell’albero: «… l’anima è un albero fat-to per amore, e proprio per questo non può vivere d’altro che di amore»11.

S. Caterina, con S. Domenico e tutti

1. S. Sabina, Roma è il convento del Maestro dell’Ordine. L’Arancio o i suoi polloni rinnovati dal primo tronco, si può ancora vedere.

2. P. A. Abate, La partecipazione della FD allo spirito, al carisma, alla missione dell’Ordine dei Predicatori, in Atti del Sim-posio Nazionale della FD (30 ott. 1982).

3. Conc.Vat. II, Lumen Gentium, 43. 4. Le nuove famiglie religiose che in

tutti i periodi storici si formano sono segno e dono dell’inesauribile premura e azione dello Spirito Santo a favore delle anime, per-ché rispondono alle nuove istanze spirituali sopraggiunte nella Chiesa e nel mondo.

5. Capitolo Gen. di Madonna dell’Arco (1974), n. 224.

6. ACG 2010 Roma, n. 232. 7. Ivi, 232.8. Tra le osservanze viene ricordato da-

gli Atti del 2010 (nn. 81 e 82) il silenzio, la clausura, l’abito, le opere di penitenza e… la mensa comune. Anche per il laicato le ri-unioni periodiche richieste devono risulta-re quali espressione di “vita comunitaria”, per cui non devono mai essere disertate (cf. Regola delle Fld, n. 15 e Dir. n. 18).

9. Per il settimo Centenario dell’appro-vazione dell’Ordine domenicano, dicem-bre MCCXVI – MCMXVI, in “Il Rosario – Memorie Domenicane (anno33), Firenze (Tip. Domenicana) p. 23ss.

10. Ivi, p. 26-27. 11. S. CATERINA, Dialogo della Divi-

na Provvidenza, a cura di A. Raschini (ed. ESD), n. 10, p.50.

i santi dell’Ordine, che ci accompagna-no all’evento storico dell’ottavo cente-nario, vogliano ottenerci quelle virtù necessarie alla vitalità e allo sviluppo dell’arancio domenicano: il conosci-mento di sé, legato a quello di Dio; la vera umiltà, la pazienza e l’affetto della carità. A questi “fiori profumati di virtù” seguono, come frutto, la lode di Dio e il dono, a noi, della “Vita durabile“.

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Si propone la presente riflessione alla luce di un numero degli Atti del Capitolo Generale celebrato a Roma (2010). In quel testo, tra l’altro, i capi-tolari ci dicono il loro pensiero sulla relazione tra: “la professione, le costi-tuzioni e la nostra vita” (n. 58).

Un testo breve, ma molto interes-sante che, insieme all’ordinazione che troviamo, sempre negli Atti, riguardo al processo di riorganizzazione delle strutture di governo dell’Ordine “al fi-ne di promuovere la missione apostoli-ca e una regolare osservanza dei frati” (n. 201), hanno suggerito la presente riflessione e commento.

Questi testi degli Atti li troviamo, del resto, in piena conformità con quanto, (a proposito del ruolo che le Costituzioni svolgono in una Famiglia religiosa) leggiamo in Vita consacrata (n. 37) di Giovanni Paolo II. Testi che non dobbiamo lasciar cadere! Oltre all’importante funzione integrativa che le Costituzioni attuano a favore dell’unità delle varie entità di un Ordi-ne religioso, Vita consacrata elencava,

Le Costituzioni sono strumento di discernimento che aiuta a incarnare nel presente, in modo efficace, il dono dello spirito (il carisma) ricevuto attraverso il fondatore.

LE COSTITUZIONI

“CONSUETUDINES”

genesi, interpretazione e osservanza

Tutti uniti, “cor unum et anima una”, alla scuola di S. Domenico per vivere meglio secondo la sua regola, o le costituzioni e secon-do il suo spirito.Incrementare, illustrare, servire la vita domenicana, dove ci tro-viamo, con la parola, gli scritti, le opere.Crescere nell’unione e nella collaborazione; umili e generosi nel compiere la missione affidata alla famiglia domenicana.

La molteplicità delle tensioni, alle quali la vita religiosa apo-

stolica è sottoposta e che il mon-do moderno costringe ad affron-tare, rendono ancora più attuali e preziose le Costituzioni delle

“Famiglie religiose” (Ordini, Congregazioni, Laicati), purché

siano viste, lette e considerate in un’ottica rinnovata.

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quale frutto, anche la promozione alla “fedeltà crea tiva” e l’aiuto ad affronta-re in modo costruttivo le tensioni alle quali, soprattutto oggi, la vita religiosa apostolica è sottoposta.

In parallelo a Vita consacrata, anche il testo degli Atti del Capitolo di Roma (n. 58) insiste sulle funzioni svolte pure dalle nostre Costituzioni. Infatti, dopo l’annunzio iniziale e solenne: «Il libro delle Costituzioni rappresenta il miglior progetto di vita domenicana», l’autore del testo lega giustamente alle Costitu-zioni «la coerenza con la nostra profes-sione» e «la fedeltà alla nostra missione di predicatori». In altre parole, il libro delle Costituzioni «manifesta il cuore della vita e della missione domenicane e riflette le mediazioni di questa vita e di questa missione».

Affermazioni tanto meravigliose quanto vere! Espressioni tanto più bre-

vi e scultoree, quanto più importanti e indispensabili, nel loro contenuto, per ritrovare quei criteri destinati «a favo-rire la piena realizzazione della nostra vita e della nostra missione nelle diver-se regioni in cui è presente l’Ordine e soprattutto a favorire la collaborazione tra le diverse entità dell’Ordine e della Famiglia domenicana» .

Un’altra espressione che nel testo in esame non può passare inosservata, è così formulata: «Il libro delle Costitu-zioni esprime con chiarezza la nostra vocazione e la nostra missione come predicatori della verità, della grazia e della misericordia, seguendo le orme di S. Domenico». In verità è nelle Co-stituzioni – possiamo concludere – che riscopriamo la nostra identità e i mezzi per realizzarla per cui le stesse Costi-tuzioni sono indispensabili ed è la loro migliore osservanza che può assicurarci la ripresa e il successo della missione.

Le Costituzioni considerate in-sieme alla professione religiosa – parola pubblica e solenne che abbiamo pronunziato davanti alla Chiesa e al mondo – si ergono a garantire la serietà della nostra vita e la genuina bontà del nostro im-

VENEZIA. SS. Giovanni e Paolo.Leandro da Bassano. Il papa Onorio III approva l’Ordine dei Frati predi-catori (23 dicembre 1216).

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pegno di studio e di predicazione so-stenuti dalla preghiera.

Il libro delle Costituzioni «non è uno strumento estraneo alla nostra vi-ta» ci assicurano i Padri del Capitolo Generale. L’affermazione, a prima vi-sta generica e comune, in effetti ci può sorprendere, ma in concreto è proprio vero quanto viene detto perché le Co-stituzioni, poste a regola e misura delle nostre decisioni e progetti, coinvolgo-no, caratterizzano e permeano tutta la nostra esistenza.

Si vorrebbe essere capaci, a que-sto punto, di dire in breve come mai i padri capitolari danno tutta questa importanza alle Costituzioni e trovare l’elemento che le rende tanto preziose e determinanti al punto che non pos-siamo non osservarle se vogliamo che la nostra vita religiosa si realizzi piena-mente e non fallisca e la nostra missio-ne si compia.

Nel testo degli Atti, a cui ci siamo ri-feriti, le Costituzioni sono giustamente presentate come “uno strumento”, ma poi viene spiegato che sono strumento indispensabile e tale che, se non osser-vate integralmente, vita e missione fal-liscono e non vi è pienezza.

Le Costituzioni meritano un’atten-zione e una stima totale da parte di tutti i rami della Famiglia domenicana. Ogni ramo, certo, per la parte che gli compete nella famiglia, deve cercare di contribuire alla realizzazione integrale del carisma di S. Domenico, perché integrante è la presenza di ogni ramo nella nostra famiglia.

A questo punto il discorso diventa del tutto domenicano e può contribui-re molto alla nostra spiritualità riflette-re un po’ sulla “storia” e sulla “natura”

delle nostre Costituzioni. Un discorso che interessa non solo i frati e le mona-che, ma anche gli appartenenti al laica-to domenicano: uomini e donne.

Una prima notizia, che anche oggi impressiona, ci avverte che nelle “Pri-me Costituzioni” fu introdotto «tutto ciò che di austero, di bello, di prudente (i primi frati) trovarono nelle Costitu-zioni dei Premostratensi» .

Questa indicazione non la riferiamo per mettere in rilievo quanto fervore animasse la prima Comunità dei fra-ti, attorno a S. Domenico, e neanche per avviare ad un discorso sulla genesi storica delle Costituzioni. Per l’aspetto storico ci si può facilmente servire de-gli studi ben condotti, ad esempio, di P. H. Vicaire e di P. Lippini . Ciò che vorrei qui evidenziare è, invece, non solo l’importanza di primo piano che viene riconosciuta, fin dagli inizi, al-le Costituzioni per realizzare l’ideale evangelico di contemplazione e di pre-dicazione, che Domenico e i suoi com-pagni si proponevano, ma soprattutto per meglio renderci conto della fun-zione specifica che gli Ordini, come il nostro, hanno dato e danno alle Costi-tuzioni, rispetto alle Congregazioni che dal ‘400 in poi sono state fondate.

Una precisazione doverosa si deve ora fare per comprendere il forte ri-chiamo che anche l’ultimo Capitolo dà all’osservanza delle Costituzioni, mes-se in così netta unione con la nostra vi-ta e qualificandole “il miglior progetto di vita domenicana”.

Negli “Istituti di Vita Consacrata” si fa un uso molto disparato del termine: “Costituzioni”. Anche il linguaggio del Magistero della Chiesa non sembra es-sere univoco, persino all’interno di uno stesso documento. Generalmente, tut-tavia, per Costituzioni si intende quel

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complesso di norme che disciplinano la vita personale e comunitaria degli appartenenti ad un Istituto. Ciò che ca-ratterizza tale documento (le Costitu-zioni) è il fatto che esprime l’essenziale dell’Istituto a modo di testo base dal quale partire per applicare la Regola e per vivere, senza tradirlo, il carisma del Fondatore dello stesso Istituto.

Senza volere approfondire l’argo-mento, data la natura della nostra ri-flessione, delle nostre Costituzioni ci interessa mettere in evidenza solamen-te che esse sono frutto di esperienza di vita e non fatte a tavolino, per l’abilità riflessiva di una mente organizzatrice che precisa in modo sistematico (anche se questa non viene del tutto esclusa) ciò che assicuri la vita dell’Istituto.

S. Domenico con i primi frati, che adottarono elementi delle Consuetudi-ni di più stretta osservanza dei Premo-stratensi, redigono le loro Costituzioni a partire da ciò che era stato già frutto di esperienza di intensa vita religiosa e comunitaria.

Di quelle Consuetudini, essi scel-gono ciò che meglio assicurasse la realizzazione del loro nuovo carisma, ma nello stesso tempo, e sta qui la loro intelligenza, prendono ciò che è stato sperimentato come valido perché già fruttuosamente vissuto.

In effetti, a differenza di Costituzio-ni fatte a tavolino, che avranno un’im-postazione prevalentemente legalista e razionalista, quale codice con norme fissate una volta per tutte, le Costituzio-ni dettate dall’esperienza, dalle diverse situazioni già vissute, si presentano, per il vaglio già fatto, con un’imposta-zione decisamente più storica ed esi-stenziale.

Un’ esperienza che include natural-mente una lettura sapienziale dei fatti,

cioè con la mediazione di un atten-to discernimento spirituale che colga nell’esperienza il carisma dell’Istituto.

Ci sembra proprio questo il caso delle Costituzioni o Consuetudines do-menicane!

L’esperienza da cui nascono le no-stre Costituzioni aiuta meglio a cogliere la natura, il significato profondo e con-seguentemente a capire come le stesse Costituzioni devono essere usate.

Il testo degli Atti del Capitolo Gene-rale di Roma (n. 58), a cui abbiamo fat-to riferimento, indicando il libro delle Costituzioni come «uno strumento non estraneo alla nostra vita» ci fa capire che non è sufficiente una pur fedele esecuzione, ma ci è utile saper coglie-re, vivo, nelle Costituzioni, il carisma della predicazione voluto da S. Dome-nico e da noi abbracciato.

Proprio in ordine alla realizzazione

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LE COSTITUZIONI

Le Costituzioni non solo presuppon-gono un discernimento del Fondatore dell’Istituto, che va conosciuto, ma lo esigono anche dopo: sono criteri di vita che devono aiutare a realizzare il cari-sma dello stesso Fondatore.

Le Costituzioni sono nel giusto mez-zo tra il piano carismatico-spirituale e quello giuridico-istituzionale: pertanto, non sono soltanto un libro di dottrine da apprendere teoricamente su temi inerenti alla vita consacrata – per esem-pio l’obbedienza, la povertà, il gover-no, la comunità, la formazione, ecc. -, né una semplice raccolta di buoni con-sigli spirituali, né un codice legislativo o una raccolta di leggi e di norme da applicare rigorosamente e direttamente alla realtà, ma piuttosto vogliono susci-tare, orientare e guidare un’esperienza spirituale, quella della vita stessa della Congregazione o Ordine o del singolo membro. Sono progetto e strumento di vita.

Le Costituzioni svolgono, inoltre, una importante funzione unitiva e inte-grativa di tutta la famiglia religiosa, tra le varie comunità e dei singoli membri tra di loro; funzione integrativa tra vi-ta comunitaria e apostolato o missione che si attua in attività varie.

(cf Civ. Cattolica, 3635 (2001) p. 458.

di questo carisma sono valido strumen-to le Costituzioni. Queste, infatti, non sono la verbalizzazione della Volontà di Dio da attuare hic et nunc, ma sono l’espressione dell’identità e del carisma proprio dell’Ordine, voluto da Dio co-me strumento, mezzo, criterio perché l’Ordine e ogni singolo membro possa trovare la forma concreta dell’operare secondo lo Spirito, in modo che la Vo-lontà di Dio sia compiuta.

Le Costituzioni – essendo «il miglior progetto di vita domenicana» - sono scritte per essere vissute: non sono semplici enunciati da capire come se fossero una raccolta di buoni consigli spirituali.

Esse hanno una vera forza obbli-gante – nel giusto mezzo tra carisma e legge – che ci assicura “la fedeltà alla nostra missione di predicatori” (n. 58).

p. eugenio zabatta.

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“penso cheil compito

principale nella mia vita sia

quello di esprimere Dio in

ogni mio pensiero ed in ogni mio

sentimento.

(Contra Gentes, L. 1, c. 3).

S. Tommaso è nato a Roccasecca (FR), tra il 1225 e il 1227. Il padre fu Landolfo de Aquino, di origine longo-barda. La madre Teodora di Chieti. Da piccolo è alunno dei Benedettini di Montecassino. Adolescente frequenta l’università di Napoli dove conosce ed entra tra i Domeni-cani. È alunno di S. Alberto a Colonia. Diventato Magister insegna a Parigi, Roma, Viterbo, Orvieto, Napoli. ha scritto molte opere tra cui la Summa Theologiae, il Contra Genti-les, Commenti alla S. Scrittura e ad autori vari.

A 49 anni (7 marzo 1274) muore a Fossanova mentre era in viaggio verso Lione per il Concilio.

Canonizzato da Giovanni XXII (18.07.1323), da Pio V fu dichiarato Dottore della Chiesa (11.04.1567). Leone XIII lo proclamò patrono delle Scuole cattoliche (07.03.1880).

Arezzo. S. Domenico. San Tommaso.

Affresco di Spinello aretino.

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Anche quest’anno, a san Domenico di Cagliari, c’è stata la S. Messa presie-duta dall’arcivescovo, concelebrata dal preside e alcuni docenti della facoltà teologica e assistita da numerosi semi-naristi. Una celebrazione annuale, per la festa di san Tommaso patrono degli studenti, ormai divenuta tradizionale e sempre attesa. Qualcosa di simile, con conferenze e tridui di preghiera, avvie-ne anche altrove, ma si aggiungono al-tre importanti coincidenze che ci por-tano a parlare, ai nostri gentili lettori, di san Tommaso.

Proprio in questi giorni è stato pub-blicato, per le edizioni vaticane, il vo-lume: “S. Tommaso e l’Islam” ordinato al dialogo interreligioso1 e ugualmente, è in questi giorni che abbiamo avuto la notizia della beatificazione di Giovan-ni Paolo II2.

Il libro è in riferimento specifico all’opera “Contra Gentes” del santo dottore, dove suggerisce le regole e il modello, sempre validi, che devono accompagnare il fervore del dialogo in-terreligioso sulla verità di Dio. Anche la notizia della prossima beatificazione di Giovanni Paolo II, già alunno dell’An-

TRA MEDITAZIONE E STORIA

Studio e Insegnamento.L’attualità della metodologia di

S. TOMMASO d’AQUINO

«Il gigantesco sforzo intellet-tuale di S. Tommaso d’Aquino fu stimolato, sostenuto, orien-

tato da un cuore ricolmo di amore per Dio e per

il prossimo».La celebrazione annuale

della festa del patrono delle scuole cattoliche;

la recente pubblicazione del volume “S. Tommaso e l’Islam”

dalle edizioni vaticane; l’annuncio della beatificazione

di Papa Giovanni Paolo II, motivano la nostra riflessione:

un particolare riferimento al dialogo interreligioso.

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gelicum, che nel suo lungo magistero più volte si è riferito a san Tommaso3, ci dà motivo di ricordarne l’insegnamento nel nuovo contesto attuale. Papa da soli alcuni mesi, egli intervenne con mol-to calore in occasione del centenario dell’enciclica Aeterni Patris di Leone XIII4 aderendo pienamente al proposito stesso dell’enciclica.

Ricordando questo documento, egli spiegava che «lo scopo primario al quale mirò il grande Pontefice, Leone XIII, compiendo quel passo di storica importanza, fu di riprendere e di svi-luppare l’insegnamento sui rapporti tra fede e ragione così com’era stato pro-posto dal Concilio Vaticano I».

Erano tempi in cui si lanciavano «violenti attacchi da parte dei nemici della fede cattolica e della retta ragio-ne»; e Leone XIII, con affermazione solenne e impegnativa, propose come modello la figura e il pensiero di Tom-maso d’Aquino.

Secondo Giovanni Paolo II, tre gran-di doti fanno di Tommaso non solo un grande filosofo, ma l’esempio del vero studioso cristiano5.

«La prima dote – ha detto – è indub-biamente quella di aver professato un pieno ossequio della mente e del cuore alla divina Rivelazione; ossequio rinno-vato sul letto della morte, nell’abbazia di Fossanova, il 7 marzo 1274. Quanto sarebbe proficuo che anche oggi tutti i filosofi e teologi cattolici imitassero il suo sublime esempio!».

«La seconda dote è il grande rispetto da lui professato per il mondo visibile, quale opera, e quindi vestigia e imma-gine di Dio creatore. A torto quindi si è osato tacciare san Tommaso di natura-lismo e di empirismo.

La terza dote, infine, che indusse Leone XIII a proporre l’Aquinate come modello di ottimi studi a professori e ad alunni è la sincera e totale adesione da lui sempre conservata, nei confronti del magistero della Chiesa, al cui giu-dizio egli sottomise tutte le sue opere, durante la vita e in punto di morte.

Chi non ricorda la commovente professione che egli volle pronunciare nella cella del convento di Fossanova, in ginocchio davanti all’Eucaristia, pri-ma di riceverla come viatico per la vita eterna?».

Queste doti, congiunta con la gran-de acutezza speculativa e l’impegno di studio, hanno dato i loro frutti: la dot-trina di Tommaso «ha incontrato nel corso dei secoli il favore preferenziale non solo dei ‘dotti’, ma anche del su-premo magistero della Chiesa».

L’apologia del pensiero tomista fatta dalla “Aeterni Patris” fu dunque giusta e saggia, tanto che lo stesso concilio Vaticano II «raccomanda lo studio e l’insegnamento del patrimonio peren-ne della filosofia, del quale una parte insigne è costituita dal pensiero del dottore angelico».

Quali i motivi profondi, dottrinali, per i quali l’insegnamento di san Tom-maso merita studio ed accettazione convinta da parte della gioventù dei nostri tempi?

Anzitutto il suo spirito di apertura e di universalismo, “caratteristiche che è difficile trovare in molte correnti del pensiero contemporaneo. Si tratta di apertura all’insieme della realtà in tutte le sue parti e dimensioni, così come è richiesto dall’intelligenza in nome del-la verità obiettiva ed integrale, concer-nente la realtà. Apertura questa, che è anche una significativa nota distintiva

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della fede cristiana, della quale la cat-tolicità è contrassegno specifico.

Ma ciò che rende san Tommaso an-cora importante, e che fa di lui una lu-ce-guida per noi oggi, è precisamente quello che lui ha fatto nella teologia al suo tempo. E mi spiego.

Oggi, da molti si dice che san Tom-maso ha lavorato con modelli di pen-siero e di esperienza che a noi appa-iono superati, perché, nel frattempo, il pensiero e la cultura non si sono certo fermati.

«Ma ciò che non cessa di coinvol-gerci nella teologia di san Tommaso – scriveva E. Schillebeeckx - è il suo me-todo e l’approccio squisitamente tomi-sta a tutti i problemi teologici.

Da una parte, un’apertura univer-sale alla tradizione cristiana; è questo il motivo per cui san Tommaso voleva consultare direttamente i testi e i do-

cumenti autentici di tutta la tradizione patristica (cioè i Padri della Chiesa), sia latina, sia greca. In molti settori della sua teologia (per esempio per quanto riguarda la Grazia e i Sacramenti) egli ha fatto una sintesi tra la tradizione la-tina agostiniana e la tradizione greca orientale.

Dall’altra parte, egli stava in ascolto di tutto quello che “il mondo”, i filoso-fi, potevano dire a riguardo dell’uomo, della condizione umana. Era avido di conoscere i grandi filosofi greci, i filo-sofi arabi, i filosofi ebrei, medievali, ec-cetera».

Insomma, al suo tempo, la sua te-ologia era una teologia fondata sulla Bibbia e sulla grande tradizione cri-stiana, e, insieme aperta a tutto ciò che l’uomo, in quanto uomo, poteva di-re sulla realtà e sull’uomo che vi vive dentro. In altre parole, alla prospettiva

LA SOMMA TEOLOGICA di San Tommaso.

Dopo la morte di Urbano IV, di origine francese (1264), «maestro fr Tommaso era tornato a Roma e, nel convento di S. Sabina, dove era ancora vivo il ricordo di S. Domenico, concepì l’idea di scrivere un nuovo grande manuale di teologia, da sostituire alle Sentenze di Pietro Lombardo. (…).

L’opera allora iniziata sarebbe stata l’impegno più assor-bente di fr Tommaso e di fr Reginaldo: rispettivamente architetto e mano-valanza per la costruzione di un edificio gigantesco, in cui sarebbero state imbastite 612 questioni con 2669 articoli, per la soluzione di oltre diecimila difficoltà ed obiezioni».

«La Summa Theologiae rimane la più grande opera teologica del cristia-nesimo, tradotta in tutte le principali lingue moderne, compreso il cinese e il giapponese; mentre già nel Medioevo era stata tradotta in greco, in arabo, in armeno» (P. Tito Centi op., Nel segno del Sole, San Tommaso d’Aquino, ed S. Sisto (1982) Roma pp. 38-39 e 40). • • •

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religiosa, teologica e teologale che po-tremmo chiamare verticale, egli assu-me anche una prospettiva orizzontale per cui Tommaso vede non solo la re-lazione tra l’uomo e Dio, ma anche tra l’uomo e le cose, partendo dal valore delle cose in sé stesse e nella propria autonomia, prima di riferirle a Dio.

«Questi metodi e questo approccio – continua Schillebeeckx – rendono san Tommaso ancora attuale; in tal sen-so noi dobbiamo fare ciò che ha fatto san Tommaso, ma nella nostra epoca. La nostra è un’epoca che gode di una tradizione cristiana più lunga di quella che san Tommaso aveva a disposizio-ne; inoltre possiede metodi scientifici più raffinati e collaudati; un’epoca che conosce una tradizione filosofica pluri-forme e ha a disposizione scienze uma-ne e tecniche scientifiche nuove…

Seguendo la sua traccia, san Tom-maso ci invita a fare nel nostro tempo ciò che lui ha fatto nel suo: scrutare, da fedele completo, tutte le risorse delle grandi tradizioni cristiane e, contem-

poraneamente, utilizzare l’apporto del-le scienze umane moderne.

Definirsi “tomista” e trascurare i frutti dei metodi scientifici odierni in teologia e i frutti della psicologia, della sociologia e delle scienze critiche, sa-rebbe una contraddizione in termini: si-gnificherebbe ripetere ciò che san Tom-maso ha detto, senza fare ciò che san Tommaso ha fatto. Dobbiamo ascolta-re la Parola di Dio nella Bibbia e nella Chiesa di tutti i tempi, pur continuan-do ad ascoltare il mondo, anche se con l’atteggiamento critico di chi non vuole “accordarsi” al mondo»6.

In questo senso, san Tommaso resta una guida esemplare, una luce per noi tutti, uno dei maestri più grandi.

Oltre il ricco contenuto tomistico c’è non meno prezioso il suo metodo che di quel contenuto è garanzia e fon-damento. Chi ascolta la realtà naturale e religiosa alla maniera di san Tomma-so, potrà dire cose importanti, che sono più forti della moda effimera di studiare e di insegnare.

In ricorrenza del VII centenario del-

Il Dottore Angelico modello del dialogo

L’11 gennaio 2011 a Roma, presso la “Libreria Internazionale Paolo VI” è stato presentato il libro: “S. Tommaso e l’Islam”, Città del Vaticano, Libreria ed. Vaticana, 2010 p.p. 79). Il volume è il primo dei “Quaderni Aquinati”, nuova collana edita dal-la Vaticana e contiene gli Atti del Convegno svolto ad Aquino il 7.III.2009. I presentatori del libro sono stati: il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pont. Cons. per il dialogo interreligioso e l’arcivescovo Jean Louis Bruguès, segr. Della Congr. Per l’educazione cattolica.

Nella lectio magistralis di Joseph Ellul, pubblicata nel libro, si raccomanda di notare: «la sua (di Tommaso) curiosità intellettuale e il suo vedere i sapienti ebrei e musulmani come compagni di viaggio nel lungo cammino verso la verità»: (L’Oss. Rom., 10-11 gennaio 2011, p.4).

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la sua morte a Fossanova (Fr) nel 1974, cinque anni prima del I centenario dell’Aeterni Patris di cui abbiamo rife-rito, in ogni dove, a livello nazionale e internazionale, furono tenute celebra-zioni in onore di san Tommaso. Inau-gurate in Campidoglio il 7 marzo 1974 le celebrazioni si conclusero a Bogo-tà con il Congresso Panamericano nel 1975. Iniziative culturali, per un collo-quio con san Tommaso, a Biblos in Li-bano, furono promosse dall’UNESCO. In Italia il Congresso internazionale (Roma-Napoli); in Unione Sovietica la traduzione in russo della Contra Genti-les; in Vaticano la mostra di incunaboli e manoscritti di san Tommaso…

L’allora Papa Paolo VI, in quella cir-costanza, indirizzò al Maestro dell’Or-dine una lettera che è un vero monu-mento di grata testimonianza che la Chiesa rende all’incomparabile Mae-stro. Vi si parla del contesto socio-cul-turale del tempo di san Tommaso, ma soprattutto dei valori permanenti della dottrina e del suo metodo; dell’esem-pio per la nostra età.

«Il ritorno di san Tommaso – segna-lava Paolo VI –, in modo certo inaspet-tato ma formidabile, convalida la saggia indicazione che il supremo magistero ha dato di lui come guida autorevole e insostituibile degli studi filosofici e te-ologici. Per molti segni appare, ancora una volta, quale vivo interesse susciti il suo pensiero anche nel nostro tempo».

L’insegnamento di S. Tommaso che fa ritorno, meglio il suo metodo di proposta della verità soprannaturale, a motivo del suo realismo e della sua obiettività, diventa punto di incontro anche con correnti filosofiche e reli-giose radicalmente opposte al pensiero cristiano.

“La voce dell’incomparabile figlio

di san Domenico parla ancora ai no-stri spiriti, come quella di un maestro vivente, di cui ci è prezioso ascoltare l’insegnamento, per un suo contenuto tuttora valido e attuale” .

(a cura di p. eugenio zabatta).

1. Tommaso d’Aquino e l’Islam, Città del Vaticano, 2010, pp.79. Il volume, il primo della collana “Quaderni Aquinati”, contiene gli Atti del convegno svolto ad Aquino (FR) il 7 marzo 2009.

2. L’Osservatore Romano, sabato 15 gennaio 2011, pp. 1 e 8. La cerimonia di beatificazione, presieduta dal Papa Bene-detto XVI, suo immediato successore, av-verrà il 1 maggio in S. Pietro-Roma, proprio il giorno dedicato alla Divina Misericordia, istituito dal papa polacco.

3. Soprattutto in: Redemptor Hominis, Fides et ratio che Giovanni Paolo II si rifà all’insegnamento di San Tommaso che “ec-celle per il suo realismo e la sua obiettività: è la filosofia dell’essere e non dell’apparen-za”. Benedetto XVI parlando di San Tom-maso affermava: “Il mio venerato Predeces-sore, il Papa Giovanni Paolo II, nella sua Enciclica Fides et ratio ha ricordato che san Tommaso «è sempre stato proposto dalla Chiesa come maestro di pensiero e model-lo del retto modo di fare teologia»” (n. 43). In Avvenire 3 giugno 2010 a pagina 22.

4. L’Aeterni Patris è la terza lettera en-ciclica di papa Leone XIII, promulgata il 4 agosto 1879. Con questa vuole rilanciare la filosofia tomista reputata come la più adeguata per la riforma di una società in via di secolarizzazione, e la più congeniale al messaggio cristiano.

5. Giovanni Paolo II ricordava i cento anni della celebre enciclica di Leone XIII, Aeterni Patris, nella sede dell’Angelicum di Roma (1979).

6. Edward Schillebeeckx, intervista ri-portata in Famiglia Cristiana, marzo 1974, p. 56. • • •

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Anche quest’anno si è svolto nel convento san Domenico di Pistoia il tradizionale incontro, a livello provin-ciale, ordinato alla formazione perma-nente.

Dal 28 al 30 dicembre, a farla da padrona è stata Santa Caterina da Sie-na, patrona della Provincia.

«Santa Caterina, una storia contem-poranea», questo il filo conduttore affi-dato ad Alessandra Bartolomei Roma-gnoli, docente alla Pontificia Università Gregoriana e sr Elena Ascoli, entrambe studiose del pensiero della santa.

L’argomento è stato scelto in occa-sione del quarantesimo anniversario della proclamazione di Santa Caterina da Siena a Dottore della Chiesa e a Pa-trona d’Europa.

Il P. Alessandro Salucci, promotore provinciale della formazione perma-nente, nella presentazione del tema dell’incontro, definiva Caterina da Siena come «santa… rivestita di un possente spirito profetico… che seppe veicolare ai bisogni della Chiesa e del mondo del

suo tempo» e che «andrebbe riscoperta per la sua pungente attualità».

Gli approcci delle due intervenen-ti sono stati diversi e complementari. Quello della prof.ssa Bartolomei Ro-magnoli ha accentuato la contestua-lizzazione storica di Caterina, in parti-

PISTOIA. INCONTRO DI FORMAZIONE PERMANENTE

NOTIZIE VARIE

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colare il suo ruolo che si colloca bene nella corrente mistica della sua epoca, ma che conserva lineamenti di assolu-ta unicità. Caterina è una mistica trini-taria, passata per la purificazione, la kenosi, del suo corpo, per raggiungere uno stadio di ambiguità che deve esse-re modellato, trasfigurato al fine di po-ter essere strumento co-redentore col Redentore Gesù Cristo. Caterina è stata inoltre ispiratrice di tutta una corrente di “piccole “ (nel senso geografico) mi-stiche che al suo seguito saranno a loro volta profetiche nell’ambito del luogo in cui esse vivono, proprio come Cate-rina lo è stata per la Chiesa universale.

Sr Elena Ascoli ci ha fatto invece gu-stare la voce di Caterina, invitandoci a non stancarci di scoprirla, di leggerla ad alta voce, perché Caterina parlava… dettava! Abbiamo gustato una Caterina messa in parallelo con vari filosofi, e in particolare con Jean Paul Sartre.

I frati presenti, una ventina, hanno avuto il tempo di porre anche doman-

de chiarificatrici, e quindi di arrivare ad un dibattito che verteva soprattutto sulle possibilità di attualizzazione del pensiero di Caterina: cosa ci dice Cate-rina oggi, e come dire Caterina oggi!

L’ultimo giorno lo si è dedicato ad una presentazione degli “Atti“ dell’ulti-mo Capitolo generale elettivo di Roma da parte del nostro priore provinciale, fr. Daniele Cara, e del suo socio fr Al-do Tarquini, seguito da una discussione aperta.

Non sono mancati i momenti ricrea-tivi, compresa una ricca tombolata di fine anno, con premi utili e tecnologi-ci! La fine dell’anno 2010 si avvicina-va, ma prima di partire è stato già fis-sato l’appuntamento per la formazione permanente del prossimo anno, e sarà nello stesso periodo!

Da parte di chi ha partecipato, un grazie a chi ha organizzato le giornate e alla Comunità di Pistoia che fraterna-mente ci ha ospitato.

Fr. Gian Matteo, O.P.

c/o Couvent ST. Hyacinthe, cp. 224 rue du botzet 8 - CH-1705 Fribourg

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Riprendendo il tema, “la Chiesa nel cuore”, trattato dalla conferenza episcopale campana riunita a Pompei, alcuni giorni prima, il “Gruppo Laico Interdiocesano del Sabato Sera” di Sant’Anastasia (NA) guidato dal do-menicano P. Giacinto Cataldo, ha organizzato un incontro di preghiera, martedì 20 aprile 2010, nella cappel-la del Crocifisso della basilica di san Domenico Maggiore di Napoli.

Tema dell’incontro, è stato: «Non basta avere la Chiesa sulle labbra occorre averla nel cuore».

Le riflessioni che hanno accom-pagnato la preghiera dei numerosi partecipanti, sono state dedicate ai diritti della vita plenaria e ai diritti ci-vili ed ecclesiali della vita nascente

Pensando di contribuire all’inten-to proposto dalla Conferenza Episco-pale Campana a Pompei, l’iniziativa è stata aperta a tutti.

Preghiera e meditazioni sono sta-te accompagnate anche da domande e interventi vari, riguardanti l’identità battesimale del cristiano, la fedeltà alla Chiesa e all’uomo.

Preghiera privilegiata è stata il Rosa-rio di Maria con le “Litanie dell’Ordine dei Frati Predicatori“; preghiera soste-nuta dall’intenzione particolare: “Lo sviluppo plenario e la tutela dei diritti umani dei nascituri di ogni popolo e nazione”. Sì! Non basta avere la Chiesa sulle labbra. Occorre averla tra le brac-cia e nel cuore.

A proposito del Rosario, strumento che ci consente di accogliere e pregare

per chi non può pregare, si è voluto os-servare che i primi due misteri si riferi-scono proprio a coloro che non sono in grado di parlare. È il caso dei concepiti che desiderano affermare il loro diritto alla vita e che in base al Rosario diven-tano i destinatari delle preghiere.

Lo spunto di riflessione ha offerto l’occasione per un ulteriore approfon-dimento che ha preso in considerazio-ne il grembo della donna nella sua al-tissima dignità progettuale.

Il nascituro, pur restando nel grem-bo materno, è già da ritenersi il “me-diatore“ della famiglia, colui in funzio-ne del quale la coppia programma tutte le scelte per il futuro.

Nell’occasione è stata raccolta an-che una toccante testimonianza di co-me il Padre Misericordioso possa dona-re la salvezza anche nel grembo della madre sancendo il primato della vita anche nella sua fase embrionale. • • •

NAPOLI. S. DOMENICO MAGGIORE

Un iniziativa per la famiglia e per la vita.

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S. Maria del Sasso è stato sempre luogo di preghiera, di arte e cultura.

I Padri domenicani, custodi del San-tuario del Sasso, per andare incontro all’esigenze d’informazione e formazio-ne religiosa sulle principali questioni di fede, oggi in discussione e che rischia-no di oscurare o eliminare la consape-volezza dei principi e dei valori del Van-gelo e della Rivelazione, hanno ritenuto importante mettere a disposizione oc-casioni d’incontro, di istruzione e di te-stimonianza con autorevoli personalità del momento, su tematiche più urgenti e attuali.

I padri invitano a partecipare nume-rosi alle conferenze.

II GIORNATA NAZIONALE DELLA GIOVENTù DOMENICANA

ROMA 30 APRILE/1 MAGGIO 2011STEP by STEP:

in cammino con S. Caterina e Giovanni Paolo II

I responsabili, della Pastorale domenicana giovanile, si sono riuniti a Roma, sabato 22 gennaio 2011, ed hanno deciso questa data per l’incontro. Era stato ipotizzato di farlo a Siena (stessa data), e presentare la figura di S. Caterina nel suo rapporto con la Chiesa. La notizia della Beatificazione di Giovanni Paolo II, a Roma, proprio per quelle data, ha suggerito la nuova proposta.

Il programma: - SABATO 30 APRILE: Ore 15,30 visita ai luoghi domenicani: da S. Sabina a S. Maria sopra la Minerva (vespro e cena) verso S. Pietro. - DOMENICA 1 MAGGIO: in piazza S. Pietro per la Beatificazione.

Nella riflessione del pomeriggio ci aiuteranno p. Christian Steiner op e sr Elena Zanardi op (suora Domenicana S. Maria del Rosario – Iolo).

Per la Commissione, sr Barbara Faretra op. • • •

Questo il programma:

Giovedì 20 Gennaio - ore 21.00: On Avv. Carlo Casini; Giovedì 10 Febbraio - ore 21.00: Dott. Magdi Cristiano Allam Giovedì 31 Marzo - ore 21.00:Don Bruno FasaniSabato 16 Aprile - ore 21.00: S.E.Mons. Flavio Roberto Carraro.

Nel mese di maggio e giugno, altri eventi, sempre a carattere culturale e anche spettacolare, completeranno le attività annuali.

I Padri domenicani del Santuario.

BASILICA SANTUARIO SANTA MARIA DEL SASSOBIBBIENA ( AR )

Incontri mensili su visione cristiana della vita e del mondo

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Volentieri, anche da queste pagine, esprimiamo la nostra sincera partecipa-zione alla gioia delle nostre consorelle domenicane di clausura del monastero Ara Crucis di Faenza.

Esse sono giustamente liete e grate al Signore per l’apertura del processo diocesano per la beatificazione del lo-ro fondatore, P. Domenico Galluzzi, domenicano1.

Siamo loro vicini con la preghiera perché è tutto l’Ordine che è lieto di vedere riconosciuta la santità dei suoi figli che, con la grazia del Signore, in molteplici forme, realizzano a pieno il carisma e il proposito di S. Domenico, che unisce tutti.

Quale lo scopo specifico della fon-dazione del monastero di clausura da parte di P. Domenico?

La fondazione del monastero risale all’8 settembre 1955, festa della Nativi-tà della Vergine Maria e il progetto del

P. Domenico – ha affermato il vescovo di Faenza – fu di «inserire le monache dell’Ara Crucis nella missione aposto-lica della santificazione dei presbiteri, seguendo l’esempio di S. Domenico che aveva unito le prime sorelle do-menicane al sostegno della missione evangelizzatrice dei frati predicatori»2.

Con gradimento anche noi notiamo come l’apertura di questo processo ar-rivi a proposito in occasione della an-cora recente chiusura dell’Anno sacer-dotale, voluto dal Papa Benedetto XVI per richiamare l’attenzione di tutto il popolo cristiano sulla santificazione dei presbiteri.

«Un cammino di preghiera e di of-ferta della vita per la riparazione sacer-dotale. Questo pensiero viene riportato con forza dal Papa Benedetto XVI ai nostri giorni, con l’invito a pregare e fare penitenza per riparare i peccati dei presbiteri» (Ivi) e più ancora – aggiun-giamo - per la loro santificazione. Sì! Per la loro santificazione! Quest’ultimo aspetto, “la santificazione di se stessi per santificare gli altri” ci sembra il ve-ro messaggio, in positivo, del P. Dome-nico. Messaggio o carisma che egli ha voluto consegnare alla Comunità delle monache da lui fondate.

P. Domenico ha dato inizio, profe-ticamente, a quanto nel nostro tempo diventa più urgente fare: pregare e san-tificarsi per la santità della gerarchia della Chiesa – vescovi, sacerdoti e dia-coni - che Cristo ha voluto per assicu-rare quella unità per la quale il mondo crederà nella sua opera redentrice.

FAENZA. MONASTERO ARA CRUCISSabato 30 ottobre: Apertura del processo diocesanoper la beatificazione di P. Domenico Galluzzi, op.

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Una Comunità di preghiera

«Io prego per loro»

Come rendere visibile, e con qua-li segni concreti, la fecondità della vita apostolica delle consorelle do-menicane di Ara Crucis?

Esse stesse ci hanno pensato pre-sentandosi semplicemente come “granello di senape”, nascosto in terra: in analogia alla loro vita clau-strale di nascondimento.

Ma un granello di senape, il più piccolo dei semi, può diventare un albero. Pure le consorelle sanno di poter disporre di una forza straordi-naria che è la preghiera a cui dedi-cano, in modo specifico, la loro vita. E proprio alla preghiera invitano tut-ti gli amici proponendo l’iniziativa chiamata:

«Io prego per loro»per formare una reale comunità

di preghiera a favore dei Sacerdoti e della loro opera apostolica: predica-zione del Vangelo e amministrazio-ne dei Sacramenti.

Per coloro che vogliono aderire lasciamo l’indirizzo del monastero: via degli Insorti, 27 - 48018 Faenza (RA). tel: 0546/21399 • • •

1. È l’atto del processo canonico col quale si approvano i titoli, per un Servo di Dio morto in fama si santità, per essere onorato con culto pubblico e poi conse-guire il titolo di beato.

2. Omelia di Mons. Claudio Stagni, ve-scovo di Faenza, per l’apertura del proces-so (30.X.2010).

P. Domenico Galluzzi

LA VITA.Padre Domenico Giovanni Galluzzi

nacque il 15 gennaio 1906 da Dome-nica Bacchiani e Giuseppe Galluzzi.

Nel 1928 entrò tra i frati domenica-ni di Bergamo. Nel ’36 venne ordinato sacerdote e subito fu scelto come sot-tomaestro degli studenti e dal 1941-44 maestro dei novizi.

Tra il 1944-45 si ammalò grave-mente a motivo delle fatiche e degli strapazzi subiti durante la guerra. Nel 1946, ancora a Bologna, fu riconferma-to maestro dei novizi.

Nel ’48 passò a Faenza e dal 1951-55 si dedicò nella fondazione del Mo-nastero Ara Crucis. Da qui si irradiò sempre più la sua opera e offrì il suo servizio assolvendo a delicati incarichi di fiducia anche nella Diocesi. Per 44 anni egli è stato a Faenza espressione concreta della bontà di Dio, accoglien-do per la direzione spirituale sacerdoti, religiosi e religiose.

Morì 13 gennaio 1992 mentre la comunità dell’Ara Crucis celebrava la Liturgia dei Vespri. Dopo la sua morte, sono state realizzate molte opere reli-giose e laicali che mentre assicurano un prezioso servizio ai fedeli, ricorda-no il carisma e la grande forza spiritua-le di P. Domenico Galluzzi. •••

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«Un sacerdote pugliese, don Anto-nio Palladino, il cui nome appare nella lista dei nuovi venerabili, di cui il Papa ha ufficialmente riconosciuto le virtù eroiche e ha autorizzato la pubblica-zione del decreto.

Nato a Cerignola (Foggia) l’11 no-vembre 1881 e ordinato sacerdote il 6 gennaio 1905 ad Ascoli Satriano (FG), nel 1909 fu nominato primo parroco di San Domenico in Cerignola. Nel 1917 divenne terziario domenicano e prima formò una Fraternita domenicana, per poi avviare, nel 1923, la fondazione della Congregazione delle Domenica-ne del Santissimo Sacramento.

Promotore di molteplici opere pa-storali e sociali si ammalò alla fine del 1924 e si spense a Cerignola il 15 mag-gio 1926» (Avvenire, 15 12.2011).

Era entrato nel seminario di Ascoli Satriano ad 11 anni, e, iniziati gli stu-di della scuola media fino alla teologia che coronò con la laurea presso l’Apol-linare di Roma, maturò una particolare affezione a S. Tommaso che unì a quel-la di San Domenico, una volta parroco della chiesa a questi dedicata.

In effetti, divenuto egli stesso terzia-rio domenicano nel 1917, promosse la formazione del laicato domenicano, maschile e femminile. In seguito con-cepì il progetto di fondare una comuni-

tà religiosa consacrata al Cuore Eucari-stico di Gesù. Lo confidò inizialmente a cinque ragazze che con il parere fa-vorevole del vescovo cominciarono a vivere comunitariamente. A loro se ne aggiunsero, via via, altre, ma nel 1926 moriva don Palladino.

Fu Ripalta Vasciaveo, una delle pri-me ragazze che, l’anno successivo, coronò quel progetto e con l’approva-zione del vescovo nacque la nuova Fa-miglia religiosa che fece la professione dei voti (1927) . Al fondatore seguiva la fondatrice della Congregazione che prendeva il nome di Domenicane del Santissimo Sacramento di Cerignola, con il quale, oltre al nome della loca-lità di origine, veniva evidenziata la spiritualità domenicana e il profondo amore al Sacramento dell’Eucaristia di don Antonio Palladino.

«Il ministero parrocchiale, la sua opera di “fondatore” e la sua inten-sa azione sociale – ha scritto l’attuale vescovo di Cerignola, Mons. Marcello Semeraro -, benché ambiti alquanto di-versi fra loro, essi s’intersecano quasi a formare un’unità e si illuminano re-ciprocamente». Don Antonio era sem-pre in attività per fondare associazioni, fraternità o gruppi in modo da formare i fedeli alla fede cattolica e aiutarli a

Figura esemplare di parroco diocesanoe di terziario domenicano

Riconosciute le virtù eroiche di

Don ANTONIO PALLADINO

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migliorare le loro condizioni sociali ed economiche. I frutti furono molti e per tutti i ceti: operai e professionisti.

È quanto ritroviamo nella positio su-per virtutibus di don Palladino formata da due grossi volumi: l’informatio e il Summarium, sufficiente documenta-zione richiesta sulla sua vita – da ra-gazzo fino alla sua letale malattia – per procedere per la beatificazione.

Grati della sua opera, un’enorme folla partecipò ai suoi funerali affer-mandone la santità di vita.

Questo “servo di Dio” fu sempre so-stenuto da una fede solida e profonda e ciò che lo ha caratterizzato è l’unità

che egli ha saputo stabilire tra “l’impe-gno ascetico-spirituale e l’impegno pa-storale e socio-caritativo”, ha detto uno dei consultori della positio.

In effetti è proprio questo che le te-stimonianze dei parrocchiani afferma-no: tutte le iniziative pastorali di don Antonio sono dovute alla sua fede in-crollabile e sono state sempre alimen-tate da un grande spirito di preghiera.

Pensiamo alle sue lunghe ore di pre-ghiera dinanzi al tabernacolo, anche di notte; pensiamo ai tempi afflitti da gra-vi disagi socio-economici e al luogo, molto disastrato, in cui viveva!

Don Palladino ebbe grande fidu-cia nella Provvidenza divina e in essa confidava nel moltiplicare, coraggiosa-mente, le sue iniziative per i poveri ai quali, con l’aiuto concreto comunicava la stessa fiducia. Si applica bene a don Palladino quanto S. Gregorio diceva dei buoni sacerdoti: «Egli fu un uomo totalmente proteso verso Dio e total-mente disteso verso i fratelli».

Auguriamo alle nostre consorelle domenicane e alla diocesi di Cerigno-la di vedere presto elevato agli onori dell’altare il loro padre e pastore.

Il cronista.

ROMA. Castelgandolfo. Suore Domenicane del SS.mo Sacramento. (vecchia foto).

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Il 3 ottobre 2010, con la prima pro-fessione, Sr Maria Pia si unisce alle con-sorelle claustrali della Comunità del Ro-sario a Monte Mario di Roma.

Alla cerimonia della professione, nelle mani della M. Priora Sr Angelica, presiede S. Ecc.za Mons. Louis Brugues, domenicano della Provincia di Tolosa. Riportiamo alcuni brani della sua bella omelia.

«… Nel breve brano del profeta Abacuc, che abbiamo appena ascolta-to, c’è una piccola frase che dà senso a questa celebrazione e al passo che sta compiendo la nostra consorella Sr M. Pia: “Il giusto vivrà per la sua fede”.

Perché entrare in un monastero? Per vivere la fede, la fede cristiana.

Mi si farà presente, senza dubbio, che è possibile vivere questa fede in tut-te le condizioni: nel matrimonio, nella vita professionale, politica, nel servizio al prossimo… . È vero! Ogni battezza-to deve vivere la fede là dove si trova. Ma in un monastero o in un convento, il domenicano, fratello o sorella, non si accontenta di vivere la sua fede; egli vuole, come il giusto evoca dal profeta, vivere della fede in modo esclusivo, di quella fede che viene direttamente da Dio, per quella grazia che Dio gli fa di

conoscerlo già adesso come Lui si co-nosce, di elevarlo fino alla sua propria conoscenza.

La fede precede l’amore. Non si può dire che si ama qualcuno se non lo si conosce. Vivere la fede alla sua radice. Vivere la fede nella sua più grande ra-dicalità. Vivere la fede in una intimità unica con Colui che ci introduce, via via, nella Sua vita, “a passo di cono-scenza e di amore”, diceva S. Tommaso d’Aquino. (…)

La stessa frase del profeta Abacuc può essere tradotta legittimamente con una variazione significativa. Non solo può leggersi: “il giusto vivrà per la sua fede”, ma anche: “il giusto vivrà per la sua fedeltà“. Il dono di Dio richiede una libera risposta dell’uomo, e questa risposta non può che essere una pro-messa di fedeltà.

Tra qualche minuto Sr M. Pia dirà (con la formula della professione) di volersi impegnare nella fedeltà verso Dio attraverso le diverse mediazioni umane, voglio dire attraverso i diversi gradini dell’obbedienza.

Nella scelta di pronunciare soltanto il voto di ubbidienza, il nostro Ordine ha voluto mettere l’accento sulla pro-messa della fedeltà. Peraltro, è la parola

ROMA. Monastero S. Maria del Rosario.

PROFESSIONE DI SR MARIA PIA PEREZ

dalla omelia di S. Ecc. Mons. Louis Brugues

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che apparirà con più forza nell’ultima domanda che, tra poco, la priora farà a Sr M. Pia: fedele nella professione dei consigli evangelici.

In un’epoca in cui i cambiamenti sono così frequenti e le promesse così fragili, è ben ragionevole impegnarsi in una fedeltà che dovrebbe durare, a par-tire dalla professione solenne, verso la quale è ordinata la professione di oggi, tutta la vita?

La fedeltà che è in questione non è anzitutto la nostra, ma quella di Dio. Dio è una roccia di fedeltà: “Egli man-tiene la sua alleanza e il suo amore per mille generazioni con coloro che lo amano e osservano i suoi comanda-menti” (Dt 7,9). Il Cristo è stato chia-mato: “il Testimone fedele”, perché egli ha pronunciato le parole stesse della fedeltà. Ha realizzato le aspirazioni di tutti i secoli ed ha dato corpo all’atte-sa dei patriarchi, dei profeti e del suo antenato Davide. Nella sua persona e

nell’alleanza che suggella il suo sacrificio, la fedeltà divina e la fedeltà umana coincidono ormai in modo totale.

Dio aveva già donato all’uomo un consenso as-soluto! La fedeltà diventa, così, il sigillo di tutta la vi-ta cristiana. Colui che ha ricevuto il battesimo è en-trato nella fedeltà di Cristo: egli non è più nella fedel-tà per le sue proprie forze, ma lo è per la forza stessa di Dio (…).

(da l’omelia di Mons. Brugues op.) • • •

Sr Maria Pia ci parla della sua vocazione alla vita di clausura.

«Nel 2005, chiesi di fare esperien-za in monastero, era novembre, in quei giorni la comunità si preparava a fare gli esercizi spirituali annuali. Mi ricor-do che il Padre predicatore illustrò mol-to bene la spiritualità domenicana e la vita di San Domenico: mi impressiona-rono tanto le sue veglie, il suo pianto, la sua umile forte e fiduciosa preghiera al Padre per la salvezza di tutta l’uma-nità, lo zelo, l’amore appassionato per Dio, per la sacra scrittura letta e riletta, meditata, vissuta in tutte le sue espres-sioni. “Ecco - mi dissi - la strada da prendere, ecco i sentimenti da acquisi-re: lo zelo per la gloria di Dio, e l’ansia per la salvezza delle anime… Questa è la mia via!”.

Ora che sono entrata tocca a me,

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con la forza di Dio e di Maria, corri-spondere e vivere generosamente la sua chiamata.

È arrivato il giorno della mia consa-crazione al Signore. È un passo molto importante che mi supera totalmente, che non avrei mai potuto fare da sola, da me, se Dio non mi avesse tirata a se. Che avvenimento grande! Non mi rendo conto ancora che cosa Dio vuole fare di me, cosa mi vuole comunicare e farmi partecipe.

Sono felice! Come dice bene nell’omelia sua Eccellenza il Vescovo Jean Louis Brugùes che ha fatto durante la celebrazione della mia professione: faccio dono di tutta me stessa a Dio si-cura della Sua Fedeltà e del Suo Amo-re. Lui mi ha chiamata e sono certa che porterà a termine l’opera che ha inizia-to, e io in tutti i modi cercherò di rin-novare il mio “sì” gioioso ogni giorno della mia vita.

Già da quando ho messo piede in monastero (che ho conosciuto cercan-do lavoro) nel mio cuore mi sono dona-ta a Dio, desidero conoscerlo profon-damente, e riempirmi del suo Amore, della sua Parola e dei suoi sentimenti, insomma fare Comunione con Lui e soddisfare la mia volontà di pregare per la salvezza di tutto il mondo: cosa che sento molto urgente e assolutamente necessaria…

Ringrazio la Madre Priora e la co-munità che mi hanno accolto e ringra-zio tantissimo Dio per avermi fatto en-trare nell’Ordine dei Predicatori: Lui ci conosce e sa dove portarci.

Mi affido a voi tutti, pregate per me perché, con l’intercessione della Ma-donna, del nostro Padre S. Domenico e di tutti i Santi possa perseverare con gioia e zelo fino alla fine».

(dalla relaz. di Sr M. Pia Perez O.P.).

ROMA. Monastero S. Maria

del Rosario. Professione di

Sr M. Pia Perez op.

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A Sedilo, nella parrocchia San Gio-vanni Battista, la locale Fraternita ha voluto commemorare Sr Maria Gabriel-la Puxeddu, suora domenicana, nel pri-mo anniversario della sua morte, con la celebrazione di una S. Messa.

Sr Gabriella è nata a Sedilo, prov. di Oristano, nel 1906, ma è morta, all’età di 93 anni, in Città del Guatemala, il 3 agosto del 2009 ed è ivi sepolta, nel cimitero Villa di Guadalupe.

È stato scritto nel biglietto-ricordo, che per questo anniversario le conso-relle laiche hanno preparato: «In tanti anni di missione, Sr Gabriella, non ha mai dimenticato la Sardegna, Sedilo e la lingua sarda con le poesie e canti

dell’adolescenza nel paese di origine». Ma neppure la Fraternita e gli abitanti di Sedilo si sono dimenticati di lei perché l’hanno sempre aiutata nelle sue opere missionarie e ora si augurano che que-ste “continuino e crescano” ancora.

Un ricordo dunque e un meritato ri-conoscimento per Sr Gabriella, conso-rella e concittadina, perché non è stata una missionaria comune, ma veramen-te straordinaria.

Sr Gabriella è un giusto vanto per la Fraternita domenicana e di grande ono-re per il paese dove è nata.

Durante la celebrazione della S. Messa, il Parroco di Sedilo, don Ago-stino Carboni, ha ricordato qualcuna

SEDILO (OR). La Fraternita domenicana commemora

Sr M. Gabriella Puxeddu op

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delle sue opere e a quale livello le ha condotte. Solo le scuole per i ragazzi e le case per anziani che ha aperto, nei suoi lunghi anni di missione, sono molte. «Si è fatta vicina a tutti coloro che avevano bisogno: con la sua cari-tà e con la sua cultura». Le sono grate anche le Suore della Congregazione di San Sisto, a cui apparteneva, non fos-se altro che per le numerose vocazioni alla vita religiosa che ha attirato con il suo esempio.

Suor Gabriella aveva ricevuto una medaglia d’oro di riconoscimento da parte del Presidente del Guatemala, Alvaro Arzù, che la stimava molto e la riteneva sua consigliera. Alla cerimonia era presente anche il nostro Presidente, Giorgio Napolitano, che le conferì la stella della solidarietà italiana e il titolo di “Cavaliere della Repubblica Italia-na”.

Alla celebrazione della S. Messa di

anniversario, oltre ai compaesani era-no presenti conoscenti e familiari dei paesi vicini, invitati dalla nipote, Si-gnora Lauranna e naturalmente c’erano anche le domenicane di S. Sisto resi-denti a Sassari. Pur essendo sepolta in Guatemala, abbiamo voluto coronare questo anniversario di Sr Gabriella an-dando processionalmente al cimitero, presso la cappella di famiglia, dove è stata esposta una sua fotografia. Riposi nella pace.

Nella Missione aperta da Sr Ga-briella, nella capitale del Guatemala, operano attualmente alcune suore che oltre alla catechesi offrono assistenza e insegnamento a piccoli e grandi. Una di loro, Sr Diana, insegna nel Colegio S. Martin, dove operano i nostri confra-telli: P. Ottavio Sassu e P. Giorgio Pitza-lis. Tra le due opere c’è, naturalmente, aiuto e collaborazione reciproca.

(notizia ricevuta dalla Fld di Sedilo)

GUATEMALA. Dolores: Colegio S. Martin. Con alcuni alunni e professori del collegio sono presenti il vescovo, Mons. Mario Bernardo Fiandri, P. Ottavio e P. Giorgio.

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Grazie all’iniziativa di don Panfilo, nostro parroco e assistente della Fld, e grazie alle notizie comunicateci dalla pronipote del P. Lepidi, abbiamo potu-to conoscere un insigne padre domeni-cano, nostro concittadino, che ora sen-tiamo più vicino e più nostro.

Nel pomeriggio del 23 dicembre 2010, ci siamo riuniti presso “l’Uni-versità della terza età” di Popoli per la conferenza in memoria dell’illustre do-menicano che nel lontano 20 febbraio 1838 ebbe i natali nella nostra città.

La pronipote di P. Lepidi, presente per l’occasione, prima della conferen-za ha tracciato a grandi linee la vita dello zio e del loro casato.

Abbiamo quindi ascoltato con at-tenzione e vivo interesse la conferenza,

dettata da don Panfilo, che con la sua parola lineare, ma che arriva al cuore, ha illustrato la figura del P. Lepidi met-tendo in evidenza le sue rare capaci-tà intellettuali e le sue virtù morali che hanno suscitato in noi stima e ammira-zione. Fu filosofo neotomista, teologo e maestro aperto ai problemi sociali e nel contempo religioso esemplare. Le cariche di prestigio da lui ricoperte; l’insegnamento teologico e giuridico

Popoli commemora un illustre concittadino

P. ALBERTO LEPIDI opgrande teologo domenicano e religioso esemplare

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da lui assolto in vari importanti Studi e Università; il movimento rinnovato-re della filosofia cristiana che lo vide protagonista, sono stati i temi toccati dall’applaudito conferenziere.

Breve profilo di vita.Padre Alberto Lepidi, entrò nell’Or-

dine domenicano quando aveva solo 17 anni ed iniziò il noviziato nel con-vento di S. Sabina a Roma. Si chiamava Alfonso, ma rivestendo l’abito bianco-nero volle chiamarsi Alberto.

A 18 anni si trasferì a Viterbo nel convento S. Maria della Quercia dove intraprese gli studi di filosofia e teolo-gia laureandosi a 22 anni.

Diventato sacerdote fu mandato a Lovanio, in Belgio, ad insegnare e si distinse talmente che presto diven-ne “reggente” degli studi. Sempre co-me reggente fu chiamato a Flavigny in Francia dal 1868 al 1873.

Ritornato in Belgio furono moltissi-

mi gli studenti che accorsero alle sue memorabili lezioni.

Nel 1885 il Maestro dell’Ordine, Giuseppe La Rocca, che lo aveva co-nosciuto a Lovanio lo chiamò a Roma al Collegio-Università S. Tommaso che allora aveva sede alla Minerva.

Per il suo insegnamento, ormai mol-to apprezzato, il numero degli studen-ti aumentò a tal punto che l’aula delle sue lezioni divenne insufficiente: con gli studenti c’erano anche vescovi e professori a sentirlo.

Nel 1897 Papa Leone XIII, che lo sti-mava molto, lo volle Maestro dei Sacri Palazzi Apostolici (Teologo del Papa), prestigioso incarico che mantenne per 28 anni durante il pontificato di Leone XIII, Pio X, Benedetto XV e Pio XI.

Morì il 31 luglio 1925 all’età di 87 anni e 69 di professione religiosa.

Le sue spoglie riposano al Verano di Roma, nella cripta dei Padri Predicatori (domenicani). (E. Lattanzio).

POPOLI. Sala Conferenze. Don Panfilo e la nipote di P. Lepidi tengono la relazione.

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La Fld popolese festeggia la B. Vergine del Rosario

Ottobre, un mese per noi speciale! E lo è sia perché riprendiamo le nostre attività e sia perché lo iniziamo con il triduo e la festa della Madonna del Ro-sario che ci sta tanto a cuore.

Abbiamo pregato per l’unità della Chiesa, per l’unione nelle famiglie e perché tutti riscoprano la bellezza e la preziosità del Rosario. La festa del Rosario istituita da S. Pio V, dopo la vittoria a Lepanto sui musulmani che minacciavano l’Europa intera, ci ripor-ta ai problemi attuali del dialogo inter-religioso.

Siamo sempre molto liete di ren-dere onore a Maria che è per noi mo-dello di ogni virtù. A Lei che è Madre della Chiesa e che come domenicane invochiamo anche patrona e vestia-

ria dell’Ordine. Il rosario con il quale esprimiamo alla Vergine Santissima il nostro affetto, è la nostra nota peculia-re e forma della nostra predicazione, in quanto dalla contemplazione dei mi-steri della Vita di Cristo scaturisce an-che la parola.

Anche noi dobbiamo dare il nostro piccolo contributo affinché non si spen-ga mai l’amore per questa devozione e che torni ad essere la preghiera della famiglia.

La festa, che ha visto la presenza massiccia di tutta la comunità di Popoli si è conclusa con la supplica alla Ma-donna e con il suggestivo omaggio flo-reale. A Lei affidiamo lo sviluppo della fraternita che in questa festività ha de-ciso di fare due adunanze al mese nel desiderio di alimentare di più anche la nostra vita spirituale.

Emilia Lattanzio, segretaria. •••

POPOLI (PE).Chiesa S. Domenico.Un gruppo di Laiche domenicane

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Il 6 dicembre 2010 si è spento il Padre Benedetto M. Carderi, domeni-cano, storico insigne, benemerito per i tanti qualificati studi sul passato ec-clesiastico e civile della nostra città di Teramo e della nostra provincia.

In segno di gratitudine e riconosci-mento del lavoro svolto, gli fu conferita la cittadinanza onoraria nel 1999 dal sindaco A. Sperandio, per iniziativa e su proposta dell’Associazione culturale «Teramo nostra».

Nato a Morlupo il 23/02/1914 e battezzato con il nome di Giovanni Battista, dopo gli studi elementari, nel 1929, entrò nell’Ordine dei Domenica-ni, compiendo il noviziato tra il 1929 e il 1930 nel Convento di Pistoia, dove emise la professione semplice dei voti il 10/10/1930.

Dopo gli studi medio-classici e teo-logici fu ordinato sacerdote l’8/11/1936 nella chiesa missionaria vincenziana di Roma. Successivamente, dal Superiore provinciale, fu inviato nella Pontificia Università “Angelicum” di Roma, dove,

tra gli altri, ebbe come professore di te-ologia dogmatica R. Garrigou-Lagran-ge, autorevole esponente del tomismo, conseguendo la licenza con ottimi voti nel 1939.

Esercitò il suo ministero nei seguen-ti conventi: Pistoia (1929-1934; 1939-1942;1991-1999); poi a Roma-Minerva (1934-1939; 1970-1980); Roma–Santa Maria Maggiore (1955-1956); a Luc-ca (1942-1945; 1953-1955); a Teramo (1945-1953; 1956-1970; 1980-1991); Fiesole (dal 1999 fino alla morte).

In ciascuno dei predetti conventi svolse l’ufficio di bibliotecario; fu prio-re nei Conventi di Lucca e di Teramo, ed archivista della Provincia Romana dal 1970 al 1980. Fu anche “lettore” di Filosofia e di Storia ecclesiastica e civile nello Studio Generale di Pistoia per tre anni scolastici, dal 1939 al 1942.

Nel 1945 fu destinato nel convento di S. Domenico di Teramo, che era stato riaperto nel 1939, diventandone Priore nel 1949. La sua presenza nella nostra città, più o meno costante per circa un

P. BENEDETTO M. CARDERI o.p.

Morlupo (Rm) 23 febbraio 1914Fiesole (Fi) 6 dicembre 2010.

IN MEMORIA

COLORO CHE CI HANNO PRECEDUTO NELLA PACE DEL SIGNORE

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cinquantennio fino al 1991, essendo stato trasferito per brevi periodi in altri conventi (come quello di Lucca negli anni ’50 e di S. Maria sopra Minerva negli anni ’70), coincide con il periodo più intenso e significativo della sua at-tività di religioso e di studioso.

Si adoperò per potenziare la «cat-tedra cateriniana», fondata nel 1947, con la collaborazione dei PP. Ignazio Olivetto e Gerardo Cappelluti (un altro illustre religioso, che fu solido punto di riferimento, per dottrina ed umanità, di molti liceali teramani negli anni ’60); poi per il restauro del convento di San Domenico, commissionando, tra l’al-tro, la pala di S. Domenico al pittore Giovanni Melarangelo; per la costitu-zione di una ricca biblioteca, che dotò di tutte le opere di S. Tommaso non-ché dei maggiori autori della Patristi-ca Occidentale (patrimonio acquisito da qualche anno dalla Biblioteca pro-vinciale di Teramo, insieme con altri preziosi documenti di archivio); per la formazione della Fraternita laicale do-menicana (il cosiddetto Terz’ordine), di cui fu assistente spirituale.

L’attività storica, svolta senza sot-trarre tempo agli impegni ministeria-li e sacerdotali, che nel Quaderno di Famiglia, pubblicato nel 1977, consi-derò prioritari, ha avuto come oggetto prevalente di indagine le origini e gli sviluppi dei Domenicani a Teramo e in Abruzzo in genere.

Tra questi studi spicca Dal carcere alla commenda. Mons. M. Milella Do-menicano, Vescovo di Teramo (1962), che, sulla base di documenti dell’Ar-chivio di stato e vescovile, dimostra che il Milella fu ingiustamente accu-sato di cospirare contro il governo na-zionale per il ripristino del regime bor-bonico, essendo perseguito sulla base

di indizi e congetture, senza nessuna prova. Trattamento non dissimile era stato riservato ad altri presuli delle pro-vince napoletane (eccetto il mons. V. D’Alfonso di Penne, che, pilotato dal suo potente vicario, mons. L. Dionisi, di orientamento liberale, plaudeva al nuovo governo, contando puntualmen-te il Te Deum, per le principali ricor-renze nazionali indette dal Re).

La tesi enunciata dal P. Carderi su-scitò qualche reazione di dissenso tra gli storici locali, ma non fu mai né di-scussa né verificata con uno studio se-rio delle fonti. E pertanto la sua inter-pretazione è destinata a campeggiare, fino a quando qualcuno avrà il tempo e la pazienza di riesaminare i documen-ti d’archivio, esplorando anche quel-li dell’Archivio Segreto Vaticano, dai quali forse potranno venire dati utili per intendere se e in che misura il Mi-lella fu coinvolto nei moti reazionari in atto nella nostra provincia, che aveva-no l’epicentro tra Ripattoni, Mosciano S. Angelo e Giulianova (dove una parte considerevole, in accordo col Vesco-vo, avrebbero avuto anche i Passionisti dell’Annunziata).

A questo studio, si aggiunsero i seguenti: La Provincia domenicana d’Abruzzo detta Provincia di S. Cate-rina da Siena (1969), in cui sono rico-struiti i limiti geografico-giuridici delle province religiose, con particolare ri-guardo a Teramo; La soppressione dei Domenicani nell’Abruzzo Teramano. Saggio storico con appendici (1964), in cui esamina accuratamente la soppres-sione stabilita dalle leggi napoleoniche dei vari conventi domenicani abruz-zesi, soffermandosi dettagliatamente su quello di Teramo; I Domenicani nella Diocesi di Penne (1976), che ricostru-isce la presenza dei frati predicatori a

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Penne dalle origini (alto Medioevo) al-la soppressione francese. Tra le esplo-razioni archivistiche si ricordano Testi-monianze domenicane (1970), desun-te dai protocolli notarili dell’Archivio di Stato di Teramo, assai utili per l’ana-lisi degli aspetti civili, tradizionali e re-ligiosi della nostra provincia; Carrellata notarile (1973), che rintraccia i riferi-menti alla vita domenicana sempre ne-gli atti notarili conservati nel predetto Archivio; infine il Cartulario Aprutino Domenicano, pubblicato tra il 1988 e il 1993, in 6 voll., di grande rigore e precisione, dotato di un imponente corpus storico-critico, che ne fa un mo-numentum aëre perennius.

Tra gli altri studi di storia ecclesia-stica, segnaliamo la Testimonianza sa-cerdotale aprutina nel settennio della Restaurazione (1815-1822), pubblicata negli atti del Convegno sul II centenario della nascita di N. Palma (la quale con-tiene tre relazioni, tra cui, fondamen-tali, Clero e Carboneria nel Teramano e Le missioni nella Diocesi di Teramo);

Tre vescovi in mezzo secolo (P. Tacco-ne, M. Milella, F. Trotta), relazione pre-sentata nel Convegno sull’Abruzzo e il teramano nella seconda metà dell’800 (1980), in cui illustra con ricca docu-mentazione e perspicua scrittura la figura e l’operato dei presuli che do-minarono la scena del II Ottocento a Teramo, tornando sulla “questione Mi-lella” per rimarcare ancora una volta l’estraneità del vescovo ai moti filo-borbonici e mostrarne la saggezza e la lungimiranza sotto il profilo dottrinale e pastorale.

Si tralasciano gli articoli che il P. Carderi pubblicò in riviste e giornali locali, e le comunicazioni presentate in alcuni convegni storici. Anche questi contributi, pur limitati nell’estensione, sono di notevole pregio, per l’accura-tezza dell’analisi, la ricchezza delle fonti, la profondità argomentativa, e infine per il garbo espressivo, che con-sente di leggere agevolmente ogni suo lavoro.

Prof. Giovanni Di Giannatale. •••

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P. Benedetto Carderi, nel 1945 fu mandato a S. Domenico di Teramo, che era stato ria-perto nel 1939. La sua presenza nella città è durata circa un cinquantennio fino al 1991. Gli fu conferita la cittadinanza onoraria nel 1999 dal sindaco A. Sperandio, per iniziati-va e su proposta dell’Associazione cultura-le «Teramo nostra». Foto di Teramo (a sini-stra) e di S. Domenico di Fiesole (sopra).

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Le consorelle contemplative, sr Ago-stina e sr Alessandra, nel monastero di Querceto a Sesto Fiorentino, ci comu-nicano la notizia dell’«abbraccio allo Sposo Celeste» di Sr Maria Annunziata Marlazzi op., sabato 29 gennaio 2011 alle h. 2,00.

Nata a Scandicci (Fi) il 09/07/1919 ha vestito l’abito dell’Ordine Domeni-cano il 31 maggio 1943; ha emesso la Professione semplice il 20 novembre 1944 e la Professione solenne il 20 no-vembre 1947.

Esse chiedono, insieme alle altre lo-ro consorelle di Pratovecchio, di unirsi alla preghiera di suffragio per l’anima benedetta di Sr Annunziata.

Da alcuni anni, la consorella defun-ta - assistita con grande affetto e cari-tà dalle due consorelle - soffriva nella impossibilità di muoversi, ma tutto sop-portando con gioiosa rassegnazione e pazienza esemplari.

Ogni volta che ci raggiunge la no-tizia del ritorno al Padre di una nostra

Sr M. Annunziata Marlazzi op

domenicana di clausura

Nata a Scandicci (Fi) il 09/07/1919.Morta a Querceto (Fi) 29/01/2011

consorella claustrale, si risveglia in noi il dovere di ringraziare, con la defun-ta, anche tutta la sua Comunità per la testimonianza, per la fedeltà e il loro servizio.

Nella consorella che ci precede, nel regno di Dio, trova fruttuoso com-pimento il servizio di carità che, nel-lo spirito delle nostre Costituzioni, ha svolto a vantaggio dei confratelli dedi-ti all’apostolato della predicazione e dell’insegnamento.

Infatti «Le monache dell’Ordine, per volontà di S. Domenico, con la lo-ro vita religiosa contemplativa, mentre danno la testimonianza della preghie-ra, del silenzio e della penitenza, si de-dicano totalmente alla comunione con Dio, dalla quale la vita apostolica dei frati e quella degli altri ceti della Fami-glia domenicana, ricevono nutrimen-to» (LCO, 142).

La storia di un monastero, di una co-munità, di una claustrale! Rimane mi-steriosa e affascinante la loro attrazio-ne! Non è forse un mistero di speranza quello che ci lascia ogni claustrale che nel silenzio e nella fede – in silentio et in spe – ha testimoniato la fedeltà al programma del fondatore: essere predi-catrice nella preghiera e nell’esempio di vita? RIP. •••

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La comunità contemplativadi “S. Maria della Neve e S. Domenico”

annuncia l’abbraccio allo Sposo Celestedi

Sr. Maria Annunziata opsabato 29 gennaio 2011 alle h.2,00

Nata a Scandicci (Fi) il 09/07/1919ha vestito l’abito dell’Ordine Domenicano

il 31 maggio 1943,ha emesso la Prima Professione il 20 novembre 1944

e la Professione solenne 20 novembre 1947

Comunicheremo appena possibile il giorno delle Esequie, intanto chiediamo per la sua anima la preghiera di suffragio

GRAZIEsr. M. Pia e sorelle

Monastero Domenicane - Pratovecchio, Arezzo

La sua mano sulla mano della novizia ci assicura la sua preghiera dal Cielo dove ora la sua intercessione è ancora più potente

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PUBBLICAZIONIalcune riviste delle Congregazioni domenicane.

Queste ultime due pagine di “Do-menicani” le abbiamo riservate quasi sempre per l’informazione delle recenti stampe di spiritualità domenicana che ci sono pervenute in redazione. Som-mate, via via, non sono state poche: alcune di alto pregio, altre riguardan-ti più l’informazione. Alcuni dei nostri lettori, sappiamo, si sono potuti servire dell’indicazione data per procurarsi i libri desiderati.

Non abbiamo mancato di indicare anche periodici e riviste domenicane di formazione, di natura molto simili a “Domenicani”, delle altre Provincie domenicane italiane.

In questo numero aggiungiamo la presentazione di alcune riviste, sempre al livello informativo, pubblicate dalle Congregazioni femminili domenicane. Il motivo che ci muove a farlo non è una semplice curiosità, né solo un ge-sto di fraterno interessamento, essendo loro della stessa Famiglia, ma soprat-tutto lo facciamo alla luce della mu-tua collaborazione che ci viene giusta-mente raccomandata e, quindi, per la necessaria conoscenza che dobbiamo avere gli uni degli altri.

Le riviste, pur essendo piccole espressioni delle singole famiglie reli-giose, sono molto preziose: diventano una delle vie percorribili di collabo-razione, specialmente nei settori della predicazione e della pastorale in ge-nere. La “rivista” rivela spesso, per sua natura, “l’atmosfera” che circola e il “tono” delle comunità.

VOCE FRATERNA, anno IV, via Dru-so, 2 – 00184 Roma.

Congregazione delle Suore Dome-nicane Missionarie di San Sisto.

Redaz. Sr Rosa Lo Proto. e-mail: [email protected]

PICCOLE LUCI, anno XXI, piaz-za Landino, 25 – 52015 Pratovecchio (AR). Domenicane di clausura di Prato-vecchio. Redaz. Sr Mirella Soro.

e-mail: [email protected]

L’ARBORE DELLA CARITÀ, anno LXI, via Appia Antica, 226 – 00178 Ro-ma. Unione S. Caterina da Siena delle Missionarie della Scuola.

e-mail: [email protected]

BOLLETTINO, anno XXXIX, via Cit-tadella, 28 – 50144 Firenze.

Suore Domenicane Unione S. Tom-maso d’Aquino. Redaz. Sr Barbara Fa-retra.

e-mail: cittadella [email protected]

ALLEZ, ALLEZ PETITES, anno IV, Congregazione delle Suore Dome-

nicane di Santa Caterina da Siena.Redaz. Sr Barbara Bonfantee-mail: [email protected]

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R. LUFRANI op., La Verità vi ren-derà liberi, quando la scienza è cu-stode della fede, ed. Rocchi (2010) Cagliari.

Il volumetto di 80 pagine, rac-coglie tre interessanti conferen-ze dettate dall’autore riguardanti Qumran, l’Egitto faraonico, la Via dell’Esodo.

P. Riccardo è professore di to-pografia di Gerusalemme all’Ècole Biblique ed esperto in archeologia. Nel testo, oltre alle particolari no-tizie di storia e luoghi biblici che aprono nuovi orizzonti alla com-prensione del testo sacro, con entu-siasmo giovanile, egli ci “racconta” anche le esperienze personali di vi-ta e di studio, e diventa “contagio-so” perché il desiderio di visitare i luoghi santi diventa forte.

È importante che gli argomenti proposti, che per loro natura susci-tano interesse – leggiamo nell’intro-duzione – siano suffragati da studi seri, altrimenti si corrompe il testo sacro e la sua interpretazione. Una lettura piacevole e insieme istrutti-va che raccomandiamo.

Per le ordinazioni rivolgersi a: Alberto Fazzini, Convento San Do-menico, 5 - 09127 Cagliari. •••

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Il fine del nostro studio

Il fine dello studio domenicano è la predicazione. La «casa di studi» è la

«casa di predicazione».L’uomo evangelico (vir evangelicus) che era

Domenico aveva chiaro fin dal principio il pro-posito e la finalità dello studio, per sé e per i

suoi frati: la predicazione. E l’ambito dello studio non aveva per lui

limiti. Domenico ascoltava e scrutava con fede la Parola di Dio, era attento agli orien-

tamenti della Chiesa, prestava particolare at-tenzione alle culture nascenti del suo tempo.

In relazione a questi tre ascolti, lo studio ci conferisce l’intelligenza della Scrittura,

rafforza la contemplazione che ci trasforma in amici di Dio e risveglia la nostra

preoccupazione per tutte le quaestiones disputatae sulla giustizia, la pace, i diritti

umani, la sofferenza dei poveri, degli esclusi e delle vittime, che ci interpellano.

Allo stesso tempo lo studio e la ricerca della verità si trasformano in un esercizio

di misericordia e di compassione.San Domenico e i primi frati studiarono per entrare in contatto con gli eretici e

per discutere e dialogare con loro sulla base degli strumenti filosofici del loro tempo. Lo studio continua ad essere necessario

oggi nell’Ordine non solo per l’insegnamento ma anche e soprattutto

per il ministero della evangelizzazione, per il dialogo con la cultura.

(atti CG Roma 2010, n, 54).

“DOMENICANI” n. 1 / 2011gennaio - febbraio 2011

PROVINCIA ROMANA DI S. CATERINA DA SIENApiazza S. Domenico, n. 5 - 09127 CagliariTel. 070-65 42 98 - cell. 339 18 22 685

fax 070-662837 - ccp. 41 48 28 94e.mail: [email protected]

arancio diS. Sabinavedi cartolina

ROMA - Basilica S. Sabina: l’arancio di S. Domenico.