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domenicani - maggio - giugno - 2012 - n. 3 89 A. XLVI - n. 3 - maggio - giugno 2012 - Sped. A.P. - D.L. 24/12/2003, n.353, conv. in L. 27/02/2004 n.46 - Firenze Aut. n.1800/1967 SPIRITUALITÀ siate perfetti come è perfetto il Padre vostro (p. 97). attualità della Nuova Evangelizzazione (p. 102). BEATIFICAZIONE il nuovo beato domenicano: P. J. Lataste (p. 116). DOMENICANI DOMENICANI

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SPIRITUALITÀ siate perfetti come è perfetto il Padre vostro (p. 97).

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DOMENICANIbimestrale d’informazionedella Provincia Romana di S.Caterina da Siena

Anno XLVI – n. 3maggio-giugno 2012

c/c postale n. 41482894int. Convento S. Domenico

Padri Domenicani 09127 Cagliari – Italia

Autorizzazione delTribunale di Firenze del4 gennaio 1967 - n. 1800

DirettoreP. Eugenio Zabatta o.p.

Responsabile P. Fausto Sbaffoni o.p.

Direzione e Redazione: piazza S. Domenico, n. 5

09127 CAGLIARI

Tel. 055-2656453 cell. 339 18 22 685

e.mail [email protected]

CON APPROVAZIONE ECCLES. E DELL’ORDINE

Sped. Abb. Postale D.L. 24/12/2003, n.353,

conv. in L. 27/02/2004 n.46

copertina: LONDRA. Nazional Gallery,

Filippino Lippi. San Domenico (part.) (1485-1488).

Anno XLVI - maggio - giugno 2012 - n. 3.

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SOMMARIOEditoriale. Procedere più uniti…

P. Eugenio Zabatta op.

CarismaVarrebbe la pena “Predicare al femminile“.

Sr Antonietta Potente op.

SpiritualitàSiate perfetti come è perfetto il Padre….

P. Emilio Panella op.Attualità della Nuova Evangelizzazione

Edoardo Mattei.L’Amore della Carità: S. Caterina.

P. Eugenio Zabatta op.

CronacheVerso il Sinodo dei Vescovi.

a cura di P. E. Zabatta op.S. Antonino, fiorentino…

Manuel Russo.La beatificazione di P. J. Lataste op

R. Barbi.

AttivitàSul Modello di Nazareth.

P. G. Cataldo e F. Fiorito.Annuncio Convegno FLDCronache di attività varie. •••

La stupenda immagine di S. Domenico, con il gi-glio e il libro, fa parte di un quadro che riporta, in uno splendido paesaggio, la B. Vergine che allatta il Bim-bo, tra S. Girolamo e S. Do-menico ai suoi piedi.

L’atteggiamento di S. Do-menico intento alla lettura della Parola ci invita a co-noscere Cristo attraverso la meditazione delle Scritture.so

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SPIRITUALITÀ siate perfetti come è perfetto il Padre vostro (p. 97).

attualità della Nuova Evangelizzazione (p. 102).

BEATIFICAZIONEil nuovo beato domenicano: P. J. Lataste (p. 116).

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editoriale

Procedere più uniti verso la meta

Realizzare nuovi modelli di vita, ricchi di dignità e risolutivi, è il deside-rio di coloro che, al di là di ogni par-ticolare spiritualità o carisma, credono semplicemente nella preziosità della consacrazione a Dio.

Altri volendo farci sapere che è una meta irraggiungibile quella desiderata dai primi, indicano come “spaesamen-to” il periodo indeterminato che sta at-traversando la Vita Consacrata.

Secondo il parere di tutte queste persone, comunque, solo una convinta intercongregazionalità potrà essere fon-te di vita e di futuro.

Oggi “ogni carisma” particolare, se pur ritrova nel proprio alveo nuove spinte direzionali, si riscopre inconsi-stente e in “posizione marginale” se non si presenta a misura del bisogno della società a cui è inviato.

E giacché «riaggiustare ciò che non può più essere riaggiustato” è fatica buttata, con il parere della maggio-ranza – con votazione segreta – ci si è mossi verso l’unificazione o fusione di Congregazioni e Provincie religiose affini per regola e intenti.

Non sempre, però, l’unione ha fatto la forza! Sono sorte nuove problemati-che soprattutto perché i religiosi/e non

sono stati capaci di cambiare il punto da cui guardare le cose.

Tuttavia il verso, la direzione, le de-cisioni sono quelle di mettersi insieme e di difendersi insieme e, per un futu-ro che è difficile da decifrare - diciamo per intuito - è necessario vivere il Van-gelo in termini nuovi.

Proprio perché alla domanda se abbia ancora senso consacrarsi a Dio, corrisponda la risposta, da parte di tut-ti convintamente positiva, è necessario partire dai dati di fatto, ma, attenzione, non sono quei dati che direttamente devono determinare o mettere paura.

Un esempio comune! Oggi troppe opere “sopravvivono” con la presen-za residuale di qualche religioso più intraprendente e con l’apporto quasi totale di dipendenti in attività sempre più “aziendalizzate”, cioè – voglio dire – sempre più prive di quei valori idea-li (carità, gratuità) da cui quasi tutte le opere stesse sono nate. Quando, sen-za esagerazione, la presenza dei pro-fessionisti esterni raggiunge nell’opera anche il 90%, allora, anche se fosse so-lo per la “debolezza” dei numeri (po-chi religiosi), siamo lontani dal vivere il carisma iniziale; ma quanto sarebbe più grave non rendersi conto che l’in-capacità di associarsi in funzione di un

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bene comune, paradossalmente, mette a rischio proprio quelle attività aposto-liche che si volevano salvare.

Oggi la propria identità va rinsalda-ta condividendo i propri carismi in uno scambio reciproco di un qualcosa che “non si possiede come proprietà priva-ta, ma come dono da ricevere e dare”.

Questa, oggi, è una via obbligata se non ci si vuole consegnare a un “ine-vitabile destino” di estraneità e di insi-gnificanza del proprio carisma. Condi-videre, unirsi! Quando l’unione difetta non solo in una Congregazione, ma anche nella piccola Comunità locale, cosa rimane?

Oggi si parla dell’arte carismatica di morire, ”ars moriendi charismatica”, e i richiami storici e perfino biblici non mancano per indicare semplicemente la fine di un’opera, come di un carisma e anche di una forma di vita religiosa.

Si parla, altresì, di autopoiesi, cioè di capacità carismatica di un Istituto di riprodurre se stesso, di ritrovare una reale forza di adattamento del proprio carisma nei nuovi contesti umani e cul-turali. Siamo certamente in un proces-so di morte e di rinascita in cui rimane

determinante il ruolo di coloro che so-no posti alla guida delle Comunità re-ligiose. Una guida – diciamo ora sem-plicemente – che, a sua volta, ci augu-riamo affidata allo Spirito Santo; una guida intelligente, con gli occhi aperti e sostenuta dal dono del consiglio.

In quest’anno, quale tema trattato in preparazione al giubileo dell’Ordi-ne, abbiamo: “Le domenicane e la pre-dicazione”. Dalle molteplici pubblica-zioni e iniziative varie, sembra ci sia da attendersi un prezioso contributo.

Già nel precedente numero del no-stro modesto periodico abbiamo dato spazio alla voce delle consorelle che, giustamente, anche se claustrali, si sen-tono ”predicatrici”. Anche i loro siti elettronici e pubblicazioni varie sono facilmente accessibili per cogliervi un insolito fervore.

Proprio in questi giorni “L’Osserva-tore Romano” si annuncia arricchito da un inserto dedicato alle donne. Un fo-glio mensile che informa sulla vita e la condizione femminile.

Anche questa attenzione per la don-na in genere, per la Chiesa e il mondo, sia auspicio di bene.

(P. Eugenio Zabatta op.).

In prossimità delle ferie estive, formuliamo ai nostri cari amici lettori i migliori auguri per un meritato riposo e per un ritempramento delle energie.

Invitiamo a guardare avanti, sicuri e fiduciosi nella Provvidenza e ringraziamo tutti coloro che in una forma o l’altra, con la comprensione e l’incoraggiamento e con il “contributo economico” non fanno mancare a “Dome-nicani” la possibilità di perseguire le finalità che gli sono state affidate.

Grazie vivissime e cordiali saluti e buone ferie a tutti. La redazione di Domenicani.

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Allora varrebbe la pena…

PREDICARE “AL FEMMINILE”

Nel novenario che l’Ordine ha trac-ciato fino al Giubileo del 2016, c’è l’anno dedicato a “Le Domenicane e la Predicazione”, cioè a tutte quelle donne che pur appartenendo a Con-gregazioni differenti, si sentono “do-menicane” perché si ritrovano tutte «in comunione con lo spirito e le intenzioni di San Domenico» (MA, 224).

“Siamo una famiglia per l’evangeliz-zazione” leggevamo nella lettera che il Maestro dell’Ordine ci ha indirizzato per l’occasione (vedi “Domenicani“ 2012 n. 2). In questo fascicolo «… è opportuno domandarsi se veramente noi donne domenicane stiamo predi-cando, quali sono gli ambiti del nostro annuncio e quale messaggio offriamo».

Questa domanda se la pongono chiaramente le stesse nostre consorelle e la risposta che riferiamo (solo alcuni stralci) è di A. Potente, superiora Ge-nerale dell’Unione S. Tommaso, con il titolo “Predicazione al femminile”.

BOLLETTINO, Dic. 2011, A. XL, n. 4).

Se di femminile parliamo, vorrei che ci rendessimo conto che non stiamo parlando solo di noi. Il femminile non siamo noi con le nostre problematiche, il femminile è qualcosa di più ampio.

Pensare e parlare partendo da que-sta prospettiva, penso che prima di tut-to significhi riconoscere che facciamo parte di questa lunga e difficile storia delle donne, di quelle che ci hanno preceduto e di quelle che ci accompa-gnano oggi. Delle donne della nostra cultura e di quelle di altre culture.

Di quelle donne alle quali, intellet-tuali, politici, uomini di ogni religione e chiesa, quasi sempre hanno voluto negare l’istruzione e la compartecipa-zione, o quelle donne che sono state o continuano ad essere considerate og-getti di ornamento per la società e le culture e proprietà e merci di scambio degli uomini.

Quindi, se parliamo del femmini-le, parliamo dei diritti sociali, politici, educativi, religiosi, così come quelli medici, lavorativi, ecc. che debbono essere riconosciuti alle donne. Di quel-

VERSO IL GIUBILEO DELL’ORDINE DEI PREDICATORI (1216-2016)ottavo centenario dell’approvazione

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le donne i cui cammini di predicazione hanno coinciso con cammini di libera-zione interiore e sociale.

In questo senso la predicazione è di-ventata allora: riprendere e riprendersi la parola, partecipare senza chiedere permesso o chiedendolo con strategie di liberazione; inserirsi nella vita della città o di uno stato, nel mondo cultura-le, lavorativo, ecc.

Quando parliamo di donne, parlia-mo di tante di noi, costrette, in molti paesi, a non poter disporre della pro-pria vita e di quella dei propri figli, par-liamo di uno dei soggetti più allo sbara-glio e più vulnerabile, nelle situazioni di emergenza come guerre, carestie, terremoti: parliamo o pensiamo ai più di 250 milioni di donne affamate nel mondo.

Allora sì, vale la pena parlare di femminile, vale la pena se non sognia-mo solo per noi stesse, ma se – come qualcuno dice – sogniamo anche vec-

chi sogni, sogni riciclati sognati da altri vissuti molto prima che noi nascessi-mo… La pioggia di scintille scaturita dai loro migliori sogni e interpretazio-ni, in qualche modo è ancora in noi… in impulsi, ispirazioni improvvise, e a volte sembra ardere in noi… (Clarissa Pinkola Estès. Forte è la donna, p. 61). Noi vorremmo dunque inserirci nella scia di questi grandi e piccoli sogni, di tante donne, lungo la storia.

Allora penso che parlare di predica-zione al femminile non è una semplice rivendicazione personale o di famiglia, ma una presa di coscienza molto più grande, forse anche perché abbiamo intuito che abbiamo ancora tanto da fare e che il nostro fare è ancora molto assente o ignorato, anche nella storia contemporanea.

La storia della predicazione al fem-minile è molto lunga; inizia molto tempo fa, perché è la storia di tante ri-vendicazioni e di tanti sacrifici e dato che la predicazione non è un semplice

ROMA. Piazza S. Pietro. Domenicane di S. Sisto in colloquio con il Papa Benedetto XVI

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viaggio in mezzo alla vita e alle proble-matiche degli altri, allora possiamo di-re che questa lunga storia delle donne, è una storia di predicazione.

Questo titpo di storia comprende, per esempio, tutte quelle opere delle mistiche dell’Europa del trecento in-corporata, la maggior parte delle vol-te, nelle opere e nella predicazione dei padri (Eckart, Tauler, Susone…) di-ventati poi famosi e riconosciuti come creatori delle correnti mistiche, ma in realtà sostenuti dalla vita spirituale di molte donne.

La storia delle donne è quella che inizia nel momento stesso della nascita della democrazia moderna in Europa, per esempio, quando nella rivoluzione francese, la categoria di ”uguaglian-za tra fratelli” esclude le donne dalla cittadinanza politica, e si sospinge fi-no al conflitto generato da uno dei più importanti documenti della storia moderna: la Dichiarazione dei diritti della donna e della cittadina del 1792, di Olympe de Gouges, che successiva-mente verrà ghigliottinata.

Questa lotta continuerà e sarebbe interessante fare un elenco di tutte le iniziative, le proposte, gli scritti delle donne fino ad oggi, per cogliere da vi-cino questo processo di liberazione.

È la predicazione di Virginia Wolf, che nel 1938 mentre in Europa avan-zava il sistema nazista e fascista, for-mula una critica al concetto di patria e alla politica competitiva e violen-ta degli uomini, con il suo bellissimo saggio: “La società delle estranee”, da cui riscatto un bellissimo adagio, mol-to importante per tutte noi anche nella logica della predicazione domenicana: «Non ho patria, non voglio patria alcu-na, in quanto donna la mia patria è il mondo intero».

A questa breve memoria di predica-zioni di liberazione interiore e socia-le, ciascuna potrebbe aggiungere altre narrazioni. Personalmente mi piace-rebbe ricordare quello che accade oggi in Iran, con la così detta Onda Verde, questo movimento spontaneo che nac-que in questi ultimi anni per rivendi-care i diritti fondamentale dei cittadini, degli studenti, ecc… e di cui parte im-portante sono le donne con le loro mi-cro resistenze per modificare la società iraniana.

Una predicazione solidale, dunque, non paurosa, senza protezione; una predicazione solidale con le rivendica-zioni di altri, come è sempre stata la predicazione femminile lungo i secoli.

In questa lunga e bella storia di ri-vendicazione, di ricerca di dignità e di spazio, la predicazione è qualcosa di molto più complesso e profondo e non solo una questione di collabora-zione con i padri e di riconoscimento nell’Ordine.

(Per il testo integrale: Bollettino dell’Unione S. Tommaso, Dic. 2011, A. XL, n. 4).

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VATICANO. Piazza S. Pietro. Un quadro usuale che offre il centro della Cattolicità per le grandi occasioni.

Preghiera dell’Angelus con il Papa.

«Tutti i fedeli sono invitati e tenuti a perseguire la santità e la perfezione del proprio stato. Perciò tutti si sforzino di rettamente dirigere i propri affetti, af-finché dall’uso delle cose di questo mondo e dall’at-taccamento alle ricchezze, contrariamente allo spiri-to della povertà evangelica non siano impediti di tendere alla carità perfetta»

(Costituzione dogmatica Lumen Gentium, 42).

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A chi non è capitato di dare una scrollatina di spalle per liberarsi dei propri pesi? Capita, anzi, per un sen-so di rimorso coltoci a mezza via, di gettare cavallerescamente i nostri pesi sulle spalle altrui. Così tacitiamo la no-stra coscienza con la scappatoia della legge del compenso.

Da un pezzo i cristiani hanno scrol-lato dalle proprie spalle il peso del do-vere della santità e l’hanno trasferito su quelle più capaci dei preti, dei frati e delle monache. Il peggio è che pare sia subentrata la convinzione che la santi-tà sia un affare che riguardi esclusiva-mente i preti, i frati e le monache.

E non per disprezzo. La santità è qualcosa di troppo grande, di troppo nobile, di troppo superiore perché pos-sa sporcarsi le mani nella vita monoto-na e dozzinale della famiglia, nell’am-biente corrosivo e iperteso delle fabbri-che e degli opifici, nei vicoli sdruccio-levoli della politica e del commercio. Resti pure di casa dove si trova, tra le mura delle canoniche conventi e mo-nasteri, con pace sua e nostra.

Ma bisogna dire che questo svisa-mento di Cristianesimo non è tutta col-

pa dei fedeli. La nostra indiscreta e in-sistente esaltazione dello stato religio-so presentato, non senza una punta di gelosa vanteria, come lo stato ufficiale nella Chiesa di «professione di santità» ha inconsciamente inculcato nei fedeli la convinzione di un nostro accaparra-mento della santità cristiana. Prerogati-va che i fedeli pare ci abbiano ricono-sciuta con non eccessivo rammarico.

Ma ne abbiamo pagato subito lo scotto. A chi non è capitato d’aver do-vuto sorbirsi, da parte di semplici fede-li, una tiritera sulla mancanza di umil-tà, povertà, carità, castità, pazienza, generosità, disinteresse in sacerdoti e religiosi? loro che «sono tenuti» a co-deste virtù e alla santità?

E chi non ha rilevato il disappunto dei medesimi «semplici fedeli» quan-do si è fatto notar loro che a tali ed al-tre virtù siamo tenuti tutti - sacerdoti, religiosi e laici - e allo stesso titolo: in forza cioè del battesimo per il quale accettiamo il Vangelo ed in particolare il «discorso della montagna», dalla pri-ma all’ultima parola?

Ma non è facile far capire queste co-se, soprattutto a chi è abituato a esigere

Sempre orientati verso il giubileo dell’Ordine (2016) e con l’intento di arrivarci preparati anche interiormente, offriamo ai nostri affezionati lettori questa medita-zione sulla chiamata alla santità nella Chiesa. Meditazione suggerita alla luce dei documenti del Concilio Vaticano II.

Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste

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da sacerdoti e religiosi virtù evangeli-che che egli non ha, a chi si lancia fret-tolosamente a raschiar le croste al pros-simo senza avvertir le proprie, a chi in-somma ha preso il brutto vezzo di sca-ricare sulle spalle altrui i pesi propri.

***Ed ecco il Concilio Vaticano II (1962-

65) che, nel suo documento centrale - quello sulla Chiesa - ci presenta un in-tero capitolo sotto un titolo che fa pro-prio bene pronunciare a sillabe piene: «L’Universale Vocazione alla Santità nella Chiesa» (Costituzione dogmatica sulla Chiesa, Lumen Gentium, c. V). Un capitolo sfuggito alla penna dei cronisti e pubblicisti del Concilio e che invece è al cuore di tutto il rinnovamento della Chiesa inteso dal Concilio stesso.

Il popolo di Dio, costituito dall’ele-mento divino e umano insieme, acco-glie anche peccatori; per questo sente il bisogno di una continua penitenza e

purificazione (ibid., n. 8). Anche nella coscienza di non essere ancora «sen-za macchie né rughe» (Ef. 5, 27), deve sentire e seguire la legge della sua vita che lo porterà alla conformazione per-fetta al suo Capo e Modello, il quale è «santo, innocente, immacolato» (Ebr. 7, 26). Cristo infatti ha costituito la sua Chiesa e per essa ha dato la sua vita, «perché fosse resa santa» (Ef. 5, 26). Così, «siccome colui che vi ha chiama-ti è santo, voi pure dovete esser santi in tutta la vostra condotta, come sta scrit-to: Sarete santi perché io sono santo» (1 Pietro 1, 15-16).

Ma «Chiesa» sono tutti gli incorpo-rati a Cristo nella misura in cui, in forza del battesimo, costituiscono col Cristo un solo corpo. Per questo tutti i bat-tezzati son chiamati alla realizzazione della santità della Chiesa. È la conclu-sione più stringente di tutta la dottrina ecclesiologica. E il Concilio l’afferma con chiarezza palmare: «Tutti nella

PALERMO.Mosaico della Cattedrale di

Monreale.Gesù salva

Pietro dalle acque.

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Chiesa, appartengano alla gerarchia o siano da essa guidati, sono chiamati al-la santità, secondo la parola dell’Apo-stolo: Questa è la volontà di Dio, la vo-stra santificazione» (1 Tess. 4, 3; Costi-tuzione sulla Chiesa, n. 39).

È sempre il rispetto della legge di vita che spinge alla fioritura e matura-zione il germe di santità che «lo Spirito ha diffuso nei nostri cuori» (Rom. 5, 5). Per cui «è evidente che tutti i fedeli, di qualsivoglia stato od ordine di vita, so-no chiamati alla pienezza e alla perfe-zione della carità» (Costituzione sulla Chiesa, n. 40).

È la santità stessa del Padre che ab-biamo vista rivelata nel Signore Gesù: «Siate perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste» (Matt. 5, 48). Per que-sto, nella diversità delle membra e del-le funzioni, il Corpo di Cristo è vivifi-cato da «un’unica santità»: la santità degli adoratori dell’unico Padre, sotto l’azione dell’unico Spirito, sulle orme

dell’umiltà e della povertà dell’unico Signore Gesù (Costituzione sulla Chie-sa, n. 41).

Unica santità nella molteplicità dei ministeri.

I Pastori realizzeranno la loro san-tità nell’umile e fedele continuazione dell’ufficio Sacerdotale, Pastorale ed Episcopale di Gesù. Nell’esercizio del ministero pastorale, dell’offerta del sa-crificio, dell’annuncio della Parola, fa-ranno la propria santità e quella dei fe-deli.

I Presbiteri e i Diaconi, coadiutori del Vescovo, eserciteranno presso i fe-deli la funzione della mediazione sal-vifica del Sacerdozio del Cristo, al ser-vizio della Chiesa e dei battezzati. E lì, si farà la loro santità.

I Coniugi e i Genitori cristiani trove-ranno nella famiglia il luogo naturale della loro santificazione. Faranno eser-cizio di continua donazione d’amore

FIRENZE. S.Maria Novella.

La Chiesa militante, part.,

di Andrea di Bonaiuti (attivo 1346-1379).

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nella comunità familiare, nelle angu-stie e ristrettezze economiche, nelle preoccupazioni e problemi familiari, nella procreazione ed educazione dei figli; quasi «testimoni e cooperatori della fecondità della Chiesa, in segno e partecipazione dell’amore con cui Cri-sto amò la Chiesa sua Sposa» (ibid., n. 41).

Simile posto di attività santificante in seno alla Chiesa è riservato anche alle persone vedove o non sposate. La Chiesa è capace di dare senso e positi-vità ad ogni forma e condizione di vita umana, anche a quelle che il mondo ritiene fallimenti.

Coloro poi che operano nella so-cietà, soprattutto in lavori umili e du-ri, si sentano collaboratori di Dio nella ricostruzione di un ordine temporale che sia un preludio alla ricapitolazione di ogni cosa nel Cristo e alla sacralità del Regno di Dio. E lì, nel mondo, nel cuore delle realtà profane, attraverso la presenza e la testimonianza cristiana, mentre dimostrano che niente è irrime-diabilmente estraneo alla grazia, rea-lizzeranno la loro santità, la santità dei cittadini del Regno di Dio.

Non ultimo posto occupano nella costruzione della santità della Chiesa coloro che trovano la loro perfezione nell’unione a Cristo sofferente per il mondo. Si uniscono a lui, continuan-do nel tempo la mediazione salvifica del dolore, vivendo la «beatitudine di coloro che soffrono» nell’accettazione delle infermità, malattie, angustie del secolo presente, compresi l’odio e la persecuzione.

«Così ciascun fedele, nelle condi-zioni, mansioni e circostanze della sua vita. e per mezzo di esse, crescerà nel-la santità di giorno in giorno, se saprà prendere tutto con fede dalle mani del

Padre celeste e collaborare alla realiz-zazione della Sua volontà, dando a tut-ti testimonianza nel servizio nelle cose temporali dell’amore con cui Dio ha amato il mondo» (ibid., n. 41).

***L’unica santità, nella molteplicità

delle membra del Corpo di Cristo, è re-alizzata attraverso la fedeltà alle virtù evangeliche predicate e testimoniate dalla vita del Cristo.

E prima tra tutte, la carità; l’amore che rende presente Dio in noi perché Egli è appunto amore (I Giov. 4, 16); e che ci mette a servizio dei fratelli.

È la pienezza della legge, il distinti-vo del discepolo di Gesù (Costituzione sulla Chiesa, n. 42).

La castità rende il cristiano sensibile ed aperto alle cose di Dio, e, nella sua massima espressione - verginità o celi-bato - fa del cristiano un dono indiviso e graditissimo al Padre celeste (ibid.).

L’umiltà fa rivivere nel fedele il mi-

Il «discorso della montagna» è la «ma-gna carta» della santità del cristiano.

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stero dell’incarnazione del Verbo che «essendo ricco volle farsi povero» (2 Cor. 8, 9) «riducendosi a forma di schiavo,... obbediente fino alla morte» (Fil. 2, 7-8).

La povertà infine ci ridarà il senso e l’ansia della libertà di spirito che è la condizione dei veri figli di Dio (Cost. sulla Chiesa, n. 42).

Sono soltanto brevi spunti. Ma so-no stimoli per un profondo e sincero, esame di coscienza. È un chiaro riman-do al «discorso della montagna», la «magna carta» della santità del cristia-no, «i comandamenti del Nuovo Testa-mento». È lì che dobbiamo misurare la nostra statura di cristiani. Vi troveremo il programma per ogni vero discepolo di Gesù, i criteri unici di giudizio e di valutazione per ogni discorso o atto di Cristianesimo.

Ricostruiremo, lì, la nostra idea del «Cristiano». Una parola che significa «esemplare della santità di Dio nel Cri-sto», e che abbiamo svuotata di signifi-cato fino a ridurla al rango di sinonimo di «uomo». Dobbiamo rimeditare tutti, in umiltà, i capitoli 5-7 dei vangelo di S. Matteo. Comprenderemo che cosa vuole Gesù dal suo credente; che cosa significa «Vangelo»; qual è l’impegno della santità nel fedele, sia esso sacer-dote o laico.

Comprenderemo soprattutto che la santità cristiana non sta di casa di dirit-to in nessun luogo, fosse pure convento o monastero. Sta di casa - se si vuo-le - nel cuore di ogni battezzato nella misura in cui ogni cristiano raccoglie il soffio dell’«amore del Cristo che le Spi-rito ha diffuso nei nostri cuori»

P. Emilio Panella op.Originale in “Il Rosario” 1967, allepp. 17-21. • • •

16 novembre 1964

COSTITUZIONE DOGMATICA

LUMEN GENTIUM

SULLA CHIESA

CAPITOLO V (nn. 40-41).Vocazione universale alla santità

nella Chiesa.

È dunque evidente per tutti, che tutti coloro che credono nel Cristo di qualsiasi stato o rango, sono chiama-ti alla pienezza della vita cristiana e alla perfezione della carità e che tale santità promuove nella stessa società terrena un tenore di vita più umano.

Per raggiungere questa perfezione i fedeli usino le forze ricevute secon-do la misura con cui Cristo volle do-narle, affinché, seguendo l’esempio di lui e diventati conformi alla sua immagine, in tutto obbedienti alla volontà del Padre, con piena genero-sità si consacrino alla gloria di Dio e al servizio del prossimo. Così la santi-tà del popolo di Dio crescerà in frutti abbondanti, come è splendidamente dimostrato nella storia della Chiesa dalla vita di tanti santi.

Nei vari generi di vita e nei vari compiti una unica santità è coltivata da quanti sono mossi dallo Spirito di Dio e, obbedienti alla voce del Padre e adorando in spirito e verità Dio Pa-dre, camminano al seguito del Cristo povero, umile e carico della croce, per meritare di essere partecipi della sua gloria.

Ognuno secondo i propri doni e uffici deve senza indugi avanzare per la via della fede viva, la quale accen-de la speranza e opera per mezzo della carità. •••

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L’incontro di formazione dei laici do-menicani, annunciato sul numero scor-so di questa rivista, avrà come oggetto l’Anno della Fede il cui inizio coincide-rà con la XIII Assemblea Generale Or-dinaria del Sinodo dei Vescovi dedicata a: “La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana”. Tutto questo mi stimola ad alcune considera-zioni sul significato e sull’attualità della nuova evangelizzazione e come questa mi coinvolga come laico domenicano.

• La prima considerazione sulla nuova evangelizzazione è di ordine se-mantico e riguarda la confusione esi-stente tra evangelizzazione e catechesi. Spesso i due termini appaiono come sinonimi con il significato di testimo-nianza, verbale e non, della Salvezza. Parliamo di catechesi ai lontani o di evangelizzare i battezzati non pratican-ti con il presupposto di portare la no-stra personale esperienza come forza propulsiva per la conversione.

Nei dizionari abbiamo una prima efficace distinzione fra i due termini: evangelizzare significa predicare la pa-rola del Vangelo per convertire al Cri-stianesimo, mentre catechesi è l’istru-

L’ATTUALITÀ DELLA

NUOVA EVANGELIZZAZIONEcome coinvolga il laico domenicano

RIPRENDERE SOPRATTUTTO

LA PARTE DESTRA

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zione delle dottrine elementari del Cri-stianesimo.

Infatti la Dei Verbum1 afferma chia-ramente che l’evangelizzazione non è indottrinamento ma testimonianza. L’Evangelii Nuntiandi2, specificando il contenuto dell’evangelizzazione, af-ferma la priorità assoluta dell’annuncio del Regno di Dio, rispetto al quale tutto diventa “il resto”.

Di contro, l’esortazione Catechesi Tradendae3 definisce la catechesi co-me “un insegnamento della dottrina cristiana, generalmente dato in modo organico e sistematico, al fine di inizia-re alla pienezza della vita cristiana […] tra catechesi ed evangelizzazione non c’è separazione o opposizione, e nem-meno un’identità pura e semplice”.

Appare evidente la dinamicità dell’azione missionaria della Chiesa: evangelizzare è annunciare il keryg-ma e l’accettazione intima della predi-cazione suscita la prima conversione. Ai convertiti è proposta la catechesi per istruirli e fortificarli nella fede. La testimonianza silenziosa della propria fede, espressa nella moltitudine dei ge-sti quotidiani dal sorriso all’attenzione al prossimo, è una cifra importante di

quel complesso di azioni che attirano l’osservatore (il cosiddetto miracolo morale) e lo muovono allo “stupore” e al dubbio: perché lo fa? Questa è la pre-evangelizzazione (o pre-catechesi) cioè il preparare il terreno, la disposi-zione, l’ascolto all’annuncio del keryg-ma.

La “nuova evangelizzazione” dun-que si riferisce alla predicazione del kerygma ai non-credenti, al primo an-nuncio di salvezza, alla Buona Novella di Cristo Risorto.

• La seconda considerazione ri-guarda l’aggettivo “nuova”. La “Nuo-va Evangelizzazione” presuppone una “Vecchia Evangelizzazione”: si stabili-sce implicitamente un “prima” (= vec-chia) e un “dopo” (= nuova) postulan-do un evento discriminante capace di chiudere un’epoca e aprirne un’altra.

In altre parole, il problema erme-neutico della “Nuova Evangelizza-zione” non è comprendere cosa sia l’evangelizzazione ma cosa sia il nuo-vo. Abolire l’aggettivo “nuova” signi-fica ignorare i cambiamenti sociali, politici ed economici della società e la necessità da parte della Chiesa di

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NUOVA EVANGELIZZAZIONEcome coinvolga il laico domenicano

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rinnovarsi e trovare parole nuove per evangelizzare.

Personalmente identifico questa “linea di confine” nel periodo storico 1968-1989. In questa epoca la tensio-ne sociale e la spinta innovativa si con-cretizzavano in una forza esplosiva per abbattere le strutture della società e costruirne di nuove. Sappiamo quanti e quali ideali nacquero e la violenza con cui si espressero, ma sappiamo anche che questi progetti crollarono insieme al muro di Berlino.

La società uscita da quell’epoca è un novus senza continuità con quella precedente, le generazioni dei padri non hanno insegnamenti da passare a quelle dei figli e questi, indottrinati dai mass media, conoscono già tutto e addirittura insegnano loro ai genito-ri. Questi sono gli anni della X gene-ration, Y generation, digital natives… Se questa è la linea di demarcazione, possiamo tracciare le caratteristiche del “vecchio” e del “nuovo” e quindi

comprenderne le differenze e il diverso approccio all’evangelizzazione che il “nuovo”, l’oggi, richiede.

Limito il campo vastissimo dell’ana-lisi a tre elementi specifici: la geografia dell’evangelizzazione, il ruolo del Cri-stianesimo nella società e l’identità dei fedeli.

•• I luoghi geografici del “prima” sono caratterizzati dalle grandi aree inesplorate del mondo o quelle non an-cora battute dalle missioni evangelizza-trici della Chiesa. Evangelizzare signifi-ca andare in paesi lontani a parlare di Cristo a chi non lo aveva mai sentito nominare. La nascita del villaggio glo-bale ha cancellato questi luoghi remo-ti e l’evangelizzazione ha raggiunto il raggiungibile: oggi chi non conosce (= sa chi è) Cristo? Certamente esiste an-cora una percentuale di estranei, ma questi non raggiungono quella densità di struttura da costituire un’emergenza

ROMA. Capitolo Generale (2010). Chiamati nella Chiesa a proclamare la Parola.

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o una priorità assoluta. Il mondo oggi conosce (= sa chi è) Cristo.

•• È cambiato il ruolo del Cristiane-simo nella società passando da tessu-to connettivo, da elemento aggregante e unificatore a opzione nel panorama culturale offerto, una tappa, più o me-no importante, nel percorso personale di maturazione. Abbiamo assistito alla costruzione di culture indifferenti se non contrarie al cristianesimo che han-no generato il relativismo culturale così fortemente denunciato dal papa.

•• In ultimo i fedeli hanno arretrato il loro campo di azione rinchiudendo-si nell’intimismo spirituale incapace di orientare l’azione pubblica. Dallo scan-dalo pubblico provocato dagli eretici o dai “miscredenti” in una società catto-lica, siamo arretrati al nascondimento della propria fede tanto da non provare imbarazzo a sedere negli scranni con abortisti, divorzisti e massoni. La fede è diventata un fatto privato.

Il “nuovo” dunque è caratterizzato dalla globalizzazione, dove tutti cono-scono e accedono a tutto, dal relativi-smo, che diminuisce il cristianesimo a opzione culturale, dall’intimismo, la conosciuta dicotomia fra vita pubblica e privata.

Riproporre i metodi passati o igno-rare i cambiamenti del “nuovo” è im-possibile, anzi deleterio. Qual è dun-que la “evangelizzazione nuova” per questi tempi? Come portare il kerygma ad un uomo che già conosce, o preten-de di conoscere, il Cristo? Cosa fare, dunque?

Mentre la prima evangelizzazione poteva presupporre la dimensione re-ligiosa e ricollegarsi a essa, la seconda evangelizzazione deve anzitutto sco-prire le domande religiose sepolte e ri-portarle alla coscienza.

Annunciare il kerygma significa af-frontare le sofferenze dell’uomo: la cri-si della pretesa scientista, la precarietà del futuro, il rapporto con il creato, la difficoltà di progettazione del futuro…

Servono annunciatori preparati, for-mati, costituiti con studio e “vita con-templativa” che sappiano proporre, con parole nuove, il kerygma all’uomo di oggi prospettando, nella concretez-za della vita quotidiana, una vita diver-sa.

Le risposte che i cristiani sono chia-mati a dare nascono da domande esi-stenziali: perché sposarsi? perché fare figli? Perché non abortire, divorziare, avere rapporti sessuali pre / extra co-niugali? Perché non fare soldi, ubria-carsi ogni tanto, fumare uno spinello quando capita. Perché la sofferenza? Perché curare sempre l’immagine? Per-ché pur sapendo cosa è bene si compie il male?

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Servono testimoni credibili perché “sempre con forza, ci domandano: Credete veramente a quello che an-nunziate? Vivete quello che credete? Predicate veramente quello che vivete? La testimonianza della vita è divenuta più che mai una condizione essenziale per l’efficacia profonda della predica-zione”.

Il “luogo” della missione è là dove abitano i non-credenti e questa non è più o non solo la lontana terra dei Cu-mani ma è la nostra stessa città dove non si battezzano più i figli, dove si vi-ve o convive in situazioni matrimonia-li difficili e irregolari, dove si coltivano sentimenti anti religiosi. La missione non è solo la predicazione itinerante ma anche quella “stanziale”.

Anche noi laici siamo veri dome-nicani e diciamo, con S. Tommaso d’Aquino, che dobbiamo contemplare e far parte agli altri le cose contempla-te: contemplari et contemplata aliis tra-

dere. Dobbiamo tutti confrontarci con un identico dubbio: quale contempla-zione faccio nella mia vita per trade-re? Ciò che era fin da principio, ciò che noi abbiamo udito, ciò che noi abbia-mo veduto con i nostri occhi, ciò che noi abbiamo contemplato e ciò che le nostre mani hanno toccato, ossia il Ver-bo della vita quello che abbiamo vedu-to e udito, noi lo annunziamo anche a voi, perché anche voi siate in comunio-ne con noi. La nostra comunione è col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo (Gv.

Gli Apostoli sono stati testimoni del-la Risurrezione: questa hanno contem-plato e questa hanno predicato. Dove, io laico domenicano, vedo il frutto di questa contemplazione? E se non la ve-do significa che l’evangelizzazione si è fermata!

La Costituzione Fondamentale esige che i Laici Domenicani “si distingua-no in modo peculiare nella Chiesa, sia per la propria vita spirituale, sia per il servizio di Dio e del prossimo”, perché

ROMA. Capitolo Generale (2010). Tutto è ordinato alla evangelizzazione.

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“quali membri dell’Ordine ne parteci-pino la missione apostolica… secondo la condizione propria dei laici”(n. 4) e “rendono innanzitutto testimonianza della propria fede, si dimostrano dispo-nibili alle necessità dei loro contempo-ranei e lavorano al servizio della veri-tà” (n. 5). Allora ne deriva da ciò che i Laici Domenicani devono distinguersi nella Chiesa in una maniera particola-re, sia per la propria vita spirituale che per il servizio di Dio e quello del pros-simo. Queste tre attività si possono sin-tetizzare nel binomio “contemplazione – predicazione”.

La Regola del Laicato esorta i com-ponenti della Famiglia a “tenere presen-te che l’azione apostolica sgorga dalla pienezza della contemplazione”(n. 7) e che “la loro propria specifica vocazio-ne è ad un tempo, in modo inscindibile, contemplativa e apostolica” (n. 10).

È possibile per i Laici vivere la con-templazione? Essa consiste nell’eser-cizio pieno delle virtù teologali (fede, speranza e carità), potenziate dai cor-rispondenti doni dello Spirito Santo ed è possibile a tutti, perché i doni dello Spirito Santo sono sempre a disposizio-ne di tutti e se essi non agiscono in noi, non è per difetto dello Spirito di Dio, ma è per colpa nostra e a causa della nostra fiacchezza che impedisce il loro funzionamento nella nostra vita… .

Nell’ultimo incontro dei Provinciali dell’Ordine, ho trovato molto interes-sante l’intervento di Fr. Michael Masca-ri su “Lo studio domenicano e la nuova evangelizzazione: prime impressioni”. Cito due affermazioni (la traduzione è mia).

La prima: “Certamente come Do-menicani, la nostra è una visione filo-sofica e teologica che mostra la fonda-

1. CONC. VAT. II, Cost. dog. “Dei Ver-bum”, sulla Divina Rivelazione.

2. Pp. PAOLO VI, Esort. Ap. “Evangelii Nuntiandi” (08.12.1975).

3. Pp. GIOVANNI PAOLO II, Esort. Ap. Catechesi Tradendae (16.10.1979).

mentale unità, intelligibilità e significa-to di tutta la creazione. Nonostante che la nostra tradizione tomista continua a fornirci questa visione come evidente, non possiamo affermarla così sempli-cemente nel nostro mondo come i pri-mi apostoli che proclamarono il keryg-ma”. La seconda: “Lo studio domeni-cano deve fare molto di più che farci atterrare nel neo-tomismo della prima metà del XX secolo o persino nel tomi-smo storico del secondo”.

Non suona come un forte richia-mo, fatto in una sede autorevole, a ri-scoprire la genuinità del carisma di S. Domenico? L’evangelizzazione si ridu-ce a studiare e insegnare? Ma lo studio non è forse lo strumento precipuo per l’evangelizzazione, cioè annunciare il kerygma?

Concludendo! La nuova evangeliz-zazione coinvolge in maniera partico-lare il laico domenicano esortandolo ad una vita spirituale e comunitaria più intensa, ad un impegno di vita più in-cisivo, alla testimonianza meno timida anzi opportuna e inopportuna, quasi a mettersi in prima fila nella missione. Insomma abbandonare i nostri amati libri e studi e spendere nella strada il nostro tempo per parlare di Dio con le persone, cioè… dopo il “contemplata” ci sia anche il “tradere”.

Edoardo Mattei (fra Mattia)Fraternita di Santa Caterina da Siena in S. Sisto Vecchio a Roma.

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TERAMO. Chiesa San Domenico. Il Crocifisso e S. Caterina da Siena.

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Santa Caterina, domenicana, elabo-ra gli elementi dell’amore (della carità) in una forma e con un linguaggio tutto personale, molto incisivo ed espressivo al massimo.

L’amore è tutto, vivifica tutto! Crea-zione e Redenzione sono frutto dell’a-more che è il: “dolce legame che legò il Figliolo di Dio in sul legno della San-tissima Croce”.

Senza l’amore non c’è vita, non c’è esistenza: “l’anima non può vivere sen-za amore, ma sempre vuole amare al-cuna cosa, perché ella è fatta d’amore”. L’amore è “ciò per il quale l’uomo ogni cosa ha, e trova di avere”. L’amore è costitutivo della stessa persona perché “tale diventa la creatura quale è quella cosa che ella ama”. E l’amore esercita, specialmente sulle anime elette, un’in-cessante attrattiva: esso è l’elemento fondamentale di ogni santità.

Ma cos’è all’origine dell’amore di carità? Dove si trova e come si raggiun-ge questo amore?

Per comprendere la natura dell’amo-re, la necessità di esso, il fine, i suoi ef-

fetti benefici di cui parla S. Caterina, bisogna partire dalla dottrina della “co-noscenza di sé”.

La “conoscenza di sé”, per Cate-rina, è l’elemento dominante, il prin-cipio propulsore della vita interiore. Ma detiene questo primato solamente in quanto porta all’amore e sostiene l’amore che è la perfezione dell’uomo.

Per conoscere se stessi, infatti, non bisogna fare un’analisi astratta e im-personale, ma è necessario rientrare in sé stessi per cogliere l’essenza della propria esistenza. Questa conoscenza genera umiltà, che è radice delle virtù reali e ci fa capire che noi siamo nien-te; ci fa comprendere che “noi siamo coloro che non siamo da noi”. Il nostro essere viene da Dio che è tutto, mentre noi creature non siamo nulla.

Non trovando in se stesso una ra-gione sufficiente di esistenza, l’uomo allora cerca “Qualcuno” che abbia la ragione di esistere in Se stesso. Que-sta coscienza spinge l’uomo ad appog-giarsi a Dio: ciò genera comunione con Lui, e pienezza per l’uomo. “Io sono il

La breve riflessione che proponiamo ci parla della carità, cioè dell’amore verso Dio e il prossimo in Santa Caterina che, in un’immagine cara a noi Domenicani la vediamo con San Domenico ai piedi della Madonna del Rosario.

Il senso che noi diamo alla parola “amore” ha forse bisogno di essere “alimentato“ dall’esempio che la santa senese ci offre continuamente.

L’AMORE DELLA CARITÀ in Santa Caterina da Siena ag

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fuoco e voi le faville” dice l’Eterno Pa-dre alla santa.

L’uomo infatti è “qualcosa“, solo se unito a Dio. L’uomo è fatto per questa comunione d’amore con Dio: per natu-ra è disposto a questa comunione.

Scrive S. Caterina: “Ricevemmo da Dio la disposizione ad amare… fummo creati ad immagine sua: avemmo cioè la memoria, l’intelletto, la volontà. Sic-ché dunque la disposizione all’amore abbiamo avuto da Dio”.

La creatura ha perciò l’amore come sua natura. Ad immagine di Dio, che è Amore, anche la natura della creatura è costituita dall’amore. Ugualmente tutti gli altri esseri umani, che non sono che altri “se medesimi”, sono fatti di amore. L’amore è elemento essenziale, identi-co in tutti noi: e per questo siamo posti in comunione gli uni con gli altri.

La conoscenza dell’amore di Dio in sé stessi, e nel prossi-mo, porta l’uomo a voler bene. Scrive: “Colui che conosce sé conosce Dio e la bontà di Dio in sé e perciò l’ama” (lett. 37); “L’uomo è un arbore fatto per amore e perciò (però) non può vivere d’altro che d’amore”. L’amore cioè consegue alla co-noscenza di sé stessi e da que-

sta si passa alla conoscenza dell’amore di Dio. Ora chi conosce la bellezza e la bontà di Dio non può non amarlo. “Appena l’anima, dice Caterina, ha tro-vato e veduto in sé tanta bontà del Suo Creatore, levasi e cresce in tanto amore e desiderio …”.

Allora cos’è l’amore? Santa Caterina parlando dell’amore invita alla dispo-nibilità, interiore ed esteriore. L’interio-re è disponibilità verso Dio, che riposa nell’anima mediante la grazia santifi-cante; la seconda indica i rapporti con il prossimo, il quale diventa il ponte tra noi e Dio. Andiamo a Dio attraverso il prossimo e dobbiamo riversare nel prossimo l’amore di Dio.

Se ricordiamo la concreta dedizio-ne che S. Caterina ebbe per il prossimo ammalato, lebbroso o appestato allora capiremo il livello di carità a cui lei era

FIRENZE. S. Jacopino.Madonna con il Bambino e i Santi

Domenico e Caterinadi J. VIGNALI (1595-1664).

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giunta; e se pensiamo che “per la Chie-sa e per il popolo cristiano si consuma-va tutta” allora riconosceremo in Cate-rina l’esempio più fulgido di carità, di amore.

Ai suoi figli spirituali che circonda-vano il suo letto di morte confidò: “Te-nete per fermo, figliuoli carissimi, che ho dato la vita per la santa Chiesa; e questo io credo per una grazia eccezio-nale che mi ha concesso il Signore”.

L’amore ha un’interna forza che… infonde negli altri il bene, porta il ri-medio, dà l’aiuto. Ritorna la parola di Gesù: “Non c’è amore più grande del dono della vita”

Anche a noi, che ne chiediamo la protezione e vogliamo imitarla, Santa Caterina da Siena, dottore della Chie-sa e Patrona d’Italia e d’Europa, voglia con la sua intercessione ottenerci dal Signore e dalla Regina del Rosario fi-ducia, ardimento, coraggio e dedizione piena.

(a cura di P. Eugenio Zabatta op).

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). La parola della santa è un crisma di grazia

In questo anno dedicato alla pre-dicazione delle donne, sono prese a modello coloro che si sono “distin-te” nel parlare.

«Nell’Antico Testamento l’eroica Debora incitò il popolo d’Israele op-presso a scrollarsi di dosso la domi-nazione straniera e anche la Madre del Signore non tacque quando alle nozze di Cana disse ai presenti· “Fa-te quello che vi dirà” (Gv 2,5).

E ancora meno tacque Maria Maddalena quando, di ritorno dal sepolcro vuoto, si affrettò ad annun-ciare agli Apostoli la risurrezione di Cristo.

A spezzare in maniera partico-larmente significativa i limiti al par-lare imposti dalla tradizione (1 Cor 14,34) furono alcune sante, come Ildegarda di Bingen, che scrisse ope-re stupefacenti e non ebbe timore di predicare alle folle convenute sulle pubbliche piazze di più di una città, e Brigida di Svezia e Giovanna d’Ar-co o Teresa d’Avila.

In maniera simpaticamente gran-diosa “trascura” il precetto paolino Caterina da Siena. Ella non agisce da sconsiderata né in modo preci-pitoso bensì, dopo essere stata chia-mata, segue il comando divino per-ché sempre gli ordini di Dio stanno al di sopra delle consuetudini uma-ne. Caterina non parlava per ambi-zione, piuttosto perché Dio le aveva ordinato di farlo. Di lei ricordiamo il Libro della Divina Provvidenza e le 381 lettere.

(cf W. Nigg, Caterina da Siena, ed Paoline (1980) p. 10).

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La preparazione alla prossima XIII Assemblea generale del sinodo dei ve-scovi sulla “nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristia-na”, che si terrà a Roma dal 7 al 20 ot-tobre, sta procedendo speditamente.

Il 16 febbraio scorso, i membri del Consiglio ordinario del Segretariato generale del sinodo si sono riuniti per lavorare all’elaborazione dell’ “Instru-mentum laboris”, in base alle indica-zioni giunte da ogni parte del mondo sui Lineamenta.

Mentre procede questa prepara-zione, restano ancora degli interroga-tivi a cui è necessario dare una rispo-sta più chiara. Tra questi, ad esempio, occorre precisare meglio il significato dell’espressione “nuova evangelizza-zione” e ciò che riguarda i soggetti che devono promuoverla. Inoltre - e ciò che ci riguarda più da vicino - qual è il ruolo della vita consacrata che nei Li-neamenta non sembra riscuotere suffi-ciente attenzione?

Facilmente dovranno essere gli stes-

si religiosi, competenti in vita consa-crata, a dover indicare l’importanza e l’incidenza che, nella evangelizzazio-ne, può avere la vita religiosa che, già per se stessa, è offerta a Dio gradita, or-dinata all’incremento della Parola: ogni chiamato è anche inviato.

Ma, al di là di ogni ruolo e dove-re, è chiaro che anche per coloro che appartengono alla Vita di particolare consacrazione, la “nuova evangelizza-zione” richiede una conversione delle persone, come delle strutture pastorali, per fare in modo che, evangelizzatori e strumenti, lungi dal mettere in ombra il Volto di Dio, aiutino a vedere la forza del Dio vivente.

È in questo sforzo – mettere in luce il vero Volto di Dio – che possiamo ri-trovare il ruolo importante che spetta, senza dubbio, alle persone consacrate.

La “Vita Religiosa”, intesa nei sui elementi essenziali, ha avuto origine dal Vangelo, e questo solo elemento l’ha resa evangelica ed evangelizza-trice. Non occorre “fare” più cose per

VERSO IL SINODO DEI VESCOVI

Religiosi e religiose impegnati per la“Nuova Evangelizzazione”.

«Noi siamo della famiglia dei “predicatori”, uomini e donne, prima di tutto perché noi impegniamo la nostra vita

in questa avventura di evangelizzazione che, in qualche modo, ognuno secondo il suo stato di vita e il suo ministero, definisce

la“vita” che noi desideriamo condurre ancor prima che descrivere delle “azioni”». (Lettera del Maestro. 2012)

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essere se stessa; nel suo prezioso valo-re spirituale, non occorre, come nota il Maestro dell’Ordine nella sua lettera, “descrivere delle azioni”, ma si defini-sce già dal fatto di “essere” vita consa-crata a Dio e al prossimo.

Proprio per questa sua natura la Vi-ta Consacrata è chiamata a svolgere un ruolo fondamentale nella “nuova evangelizzazione”, soprattutto perché ha come missione fondamentale di an-nunciare, rendere visibile e credibile ciò che dice S. Giovanni: «Dio ha tanto amato il mondo, da dare il Figlio unige-nito… perché il mondo sia salvato per mezzo di Lui” (Gv 3,16-17).

La “nuova evangelizzazione” non può essere che “la buona notizia”, nuo-vamente data all’umanità nelle nuove situazioni in cui attualmente si trova. La Vita Consacrata offre ancor oggi la sua “capacità profetica” che per lo stile di vita comunitaria che unisce uomini e donne di cultura e strati sociali diver-si, potrà misurarsi con le nuove frontie-re sociali, culturali e religiose e inserirsi la dove ci sono i poveri nel corpo e nel-lo spirito, “che sono sempre con noi”.

Nel corso della storia della Chiesa i diversi Ordini, Congregazioni e Istituti hanno corrisposto con la loro propria missione, secondo i vari carismi, al pia-no di Dio e all’esigenze spirituali e ma-teriali dell’umanità.

A queste Istituzioni più antiche, si uniscono, certo provvidenzialmente, l’impulso delle “nuove forme di vita re-ligiosa” che particolarmente dal dopo Concilio si sono moltiplicate, ma tut-te, in modo vario e ricco, mostrano la radicalità evangelica e la testimoniano con gioia, nella semplicità della vita e ancora nella fraternità e nella generosa donazione agli altri.

(a cura di P. E. Zabatta op).

TRE GRANDI EVENTInella Vita della Chiesa

I dinamismi di evangelizzazione e celebrazione della fede danno vi-ta a tre grandi eventi nella vita della Chiesa a partire da ottobre: l’inizio dell’Anno della fede, i cinquant’an-ni dell’apertura del Concilio ecu-menico Vaticano II e il Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione per la tra-smissione della fede cristiana.

“Evangelizzare nella fede” può sintetizzare questi sviluppi della vi-ta della Chiesa: l’evangelizzazione come ragion d’essere della Chiesa e la fede come adesione dell’uomo, in continua conversione, alla Perso-na di Cristo.

“L’uomo e Dio: la missione del-la Chiesa di annunciare la presenza e l’amore di Dio”. È stato questo lo slogan del II Simposio dei Vescovi dell’Africa e dell’Europa, che si è svolto a Roma, dal 13 al 17 febbra-io. Su questo slogan di fondo che era il sottotitolo del Simposio, i par-tecipanti hanno riflettuto sull’Evan-gelizzazione oggi: Comunione e collaborazione pastorale tra l’Africa e l’Europa.

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Sant’ Antonino è, assieme a San Za-nobi (sec. V), il patrono della diocesi fiorentina, e le sue spoglie mortali ri-posano nella chiesa del suo Convento, cioé in S. Marco di Firenze.

A vari secoli dalla sua morte, rima-ne molto del suo operato: si può dire che non è stato per nulla dimenticato, né dai suoi confratelli e nemmeno dal-la sua diocesi. Lo spirito di Antonino aleggia ancora negli ambienti che ha frequentato, e chi li abita o occupa le cariche, un tempo sue, non può non ri-pensare alla figura del “fraticello” esile nel corpo ma gigante nello spirito.

Anche quest’anno, il 10 maggio, per la sua festa è stato ricordato in tutte le comunità domenicane del mondo e in particolare nella nostra Provincia Ro-mana e nella Diocesi fiorentina, per le quali egli è stato uno dei grandi santi.

Come di tradizione, per la festa, si svolgono due funzioni parallele: una nella basilica di San Marco ed una in Cattedrale dove il suo successore lo ri-corda, appunto, assieme a San Zanobi.

Quest’anno le funzioni in S. Marco si sono svolte in modo più solenne ri-spetto agli anni scorsi. Per iniziativa del superiore e parroco, P. Antonio Coco-licchio, alla memoria liturgica si è ag-giunto un momento di condivisione e di fraternità fra la comunità di S. Mar-co, unita al P. Provinciale Daniele Cara e ai postulanti della Provincia, anch’es-si invitati, ed i presuli successori di S. Antonino: S. Em. Giuseppe card. Beto-ri, Arcivescovo di Firenze ed il suo au-siliare S. E. Mons. Claudio Maniago.

Il cardinale ha risposto all’invito della Comunità domenicana ed è sta-to ospite, per la prima volta, nell’antico

Note di cronaca di Manuel Russo

SANT’ANTONINO fiorentino-frate-vescovo-santo

FIESOLE. San Domenico. Panoramica della Chiesa e del Convento.

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Convento dell’osservanza. Dalla sua persona traspariva un vivo interesse per la realtà di S. Marco e si è soffermato ad ammirare il chiostro di S. Domeni-co e la stanza occupata dal “sindaco-santo”. Si è anche intrattenuto fraterna-mente con i giovani postulanti che in questo periodo stanno facendo un per-corso di conoscenza dell’Ordine tanto amato da Antonino.

Nel pomeriggio i postulanti, assie-me al P. Cocolicchio e al P. sacrista di S. Marco, si sono organizzati per il ser-vizio liturgico in tutti i suoi minimi par-ticolari, dalla preparazione dell’altare, ai paramenti, all’addobbo della cap-pella del nostro santo vescovo.

La celebrazione eucaristica è stata presieduta da S. Ecc. mons. Maniago, accompagnato da un diacono perma-nente di S. Maria del Fiore, dal P. Pro-vinciale e da altri sacerdoti domenica-ni e non; in chiesa oltre al laicato del nostro Ordine e ai devoti del santo, vi erano le “chiarine” di Palazzo Vecchio ed in via del tutto eccezionale il sinda-co, Matteo Renzi.

Durante l’omelia, Mons. Maniago ha ricordato a tutti il motivo per cui esistono i santi, ed in particolar modo i santi patroni; come, attraverso il loro esempio, ci si possa avvicinare al Cri-sto; ha presentato S. Antonino come dispensatore di consigli; quale lavora-tore indefesso nella vigna del Signore e, cosa più importante di tutte, ci ha ricordato che non bisogna solamente leggere il Vangelo, ma bisogna viverlo, giorno dopo giorno. Sì! Proprio come hanno fatto i santi; come ha fatto An-tonino: fiorentino, frate domenicano, vescovo ma soprattutto vero ed instan-cabile “attuatore” del Vangelo.

(Manuele Russo). •••

Antonino nacque a Firenze nel 1389 da una famiglia di notai: la lo-ro casa esiste tuttora e si trova nei pressi della Cattedrale. Di costitu-zione esile ma di ingegno e di fede robusti, fu affascinato dall’Ordine domenicano e nel 1405 venne ac-colto dal beato Giovanni Dominici a Fiesole dove ricevette la sua alta formazione teologica ed umana.

Dopo essere stato priore del con-vento romano di S. Maria sopra Mi-nerva ove promosse il processo di canonizzazione di S. Caterina, fu priore al convento di S. Marco a Fi-renze che Cosimo de’Medici, per consiglio del pontefice Eugenio IV, ne aveva promosso la costruzione.

Le sue opere non passarono inos-servate tanto che nel 1446, dopo la morte del vescovo Zabarella, il papa Eugenio IV lo consacrò arcivescovo di Firenze.

Fino alla sua morte, avvenuta a Montughi nel 1459, egli si adoperò in modo instancabile, per tutta la sua diocesi: visitò le parrocchie, fon-dò varie associazioni di beneficen-za, provvide agli orfani e alle per-sone più indigenti. Insegnò con gli scritti; diresse i cuori con il consiglio.

È stato elevato alla gloria degli al-tari nel 1523 da papa Adriano VI.

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In Francia a Besançon, il cardinale Angelo Amato, per incarico del S. Pa-dre, ha presieduto il rito di Beatifica-zione di P. Jean-Joseph Lataste, dome-nicano, che nella sua pur breve vita ha dato una fondamentale testimonianza di misericordia e accoglienza del pros-simo più bisognoso.

Il P. Jean-Joseph Lataste, al battesi-mo Alcide per un po’ di tempo condus-se un’esistenza da laico, pur prestando servizio caritativo con le Conferenze di San Vincenzo. Fu quando, a breve distanza, morirono l’amata fidanza-ta Cecile, la sorella suora e l’anziana nutrice, che Alcide si abbandonò com-pletamente a Dio e abbracciò la vita religiosa entrando nell’Ordine dei Frati Predicatori.

Come ricorda il cardinale Amato: “egli ordinato sacerdote nel 1863, de-dicò i pochi anni di ministero – morì infatti nel 1869 a 37 anni - alla predi-cazione e alla fondazione di una con-gregazione religiosa femminile, dedita al ricupero umano e spirituale delle donne incarcerate”.

Era il 15 settembre 1864 quando pa-dre Lataste entrò per la prima volta nel carcere femminile di Cadillac-sur-Ga-ronne. Ci andò per obbedienza, sen-za credere molto in questo apostolato, ma spinto dal suo folle amore per Dio e per la donna, sia quella pura e inno-cente che aveva amato nella sua ex fi-danzata, sia per quella peccatrice, ma

che poteva essere redenta, come erano le detenute. Se ne trovò davanti 400 e propose loro di considerarsi come mo-nache di clausura, separate, come que-ste, dal mondo, e dalle quali potevano apprendere la gioia della preghiera.

Iniziò con una notte di Adorazione davanti al Santissimo Sacramento, al quale padre Lataste era particolarmen-te dedito: “Il Beato Padre Lataste fu un uomo eucaristico. Da giovane, a Bor-deaux, fu assiduo all’adorazione not-turna del Santissimo Sacramento. Da sacerdote fu promotore della comunio-ne frequente, anche quotidiana”.

Il giovane frate rimase sconvolto dal raccoglimento delle detenute e dalla forza della loro fede. Come devoto di S. Maria Maddalena, era convinto che Dio non facesse differenza tra le donne innocenti e le peccatrici, ma che pe-sasse le anime “solo secondo il peso dell’amore”.

Viveva però nella Francia di forte re-taggio giansenista, secondo cui la gra-zia salvatrice è concessa da Dio solo ai predestinati dalla sua Volontà. Non era possibile, quindi, per quelle ex pro-stitute, ergastolane, emarginate, entra-re in un convento. Fu così che fondò la Congregazione delle Suore Domeni-cane di Betania, dove convivevano ra-gazze “perbene” ed ex ragazze di vita, ignorando le une il passato delle altre, contemplando la vita fraterna senza discriminazioni, dedicando la vita al-

Beatificazione di Padre

JEAN-JOSEPH LATASTE “l’apostolo delle carceri”

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la preghiera e allo studio, ma anche al servizio nelle carceri. Tutto ciò, Padre Lataste ne era convinto, era possibile grazie alla forza purificatrice dell’Eu-caristia.

Il cardinale Amato cita alcune pa-role che scrisse il nuovo Beato: “Penso che questo sublime sacramento d’amo-re non sia stato istituito come ricom-pensa per le anime pie e ben disposte, ma anche come un rimedio per distrug-gere il veleno del male, come una pi-scina per lavare le piaghe dell’anima, come un balsamo per guarirle, come un cordiale per ritrovare la forza e il coraggio di cui abbiamo bisogno”.

Padre Lataste è un precursore del-le idee sull’amore di Dio, espresse da Giovanni Paolo II nell’enciclica “Dives in Misericordia”. Per lui la Misericordia era fondamentale, soprattutto se ac-compagnata da un attaccamento totale all’Eucaristia.

Nella Lettera Apostolica di beatifi-cazione, il Santo Padre Benedetto XVI riscontra tre caratteristiche nella santi-tà eroica del nostro Beato. Egli fu un infaticabile predicatore della Divina Misericordia, un apostolo generoso del recupero umano e spirituale delle detenute e un fondatore sapiente della Congregazione delle Suore Domenica-ne di Betania. (R. Barbi).

La Famiglia Religiosafondata dal Beato Lataste

La congregazione venne fonda-ta dal frate domenicano francese Marie-Jean-Joseph Lataste (1832-1869). Nel 1864 venne inviato dal suo priore a predicare un ritiro spiri-tuale nel carcere femminile di Cadil-lac, che ospitava donne condanna-te ai lavori forzati per reati come il furto, l’infanticidio, l’aborto e l’omi-cidio.

Lataste ebbe l’intuizione di ini-ziare una nuova famiglia religiosa per offrire alle ex detenute la possi-bilità di condurre vita fraterna in co-munità con altre donne dal passato integro (un pilastro della vita comu-nitaria a Betania sarebbe stata la di-screzione sul passato che avrebbe consentito a ogni religiosa di poter vivere una vita nuova quali che fos-sero i suoi precedenti) e il 14 agosto 1866, a Fresnes, istituì la congrega-zione delle “Suore di santa Maria Maddalena di Betania” (dette poi Domenicane di Betania).[2]

L’istituto, affiliato all’Ordine dei Frati Predicatori dal 1º novembre 1888, ricevette il pontificio decreto di lode il 12 aprile 1902 e l’appro-vazione definitiva della Santa Sede il 23 agosto 1910; le sue costituzio-ni vennero approvate il 17 giugno 1931.

Cadillac è un comune francese di 2.465 abitanti situato nel dipartimento della Gironda nella regione dell’ Aqui-tania.

Fresnes è un comune francese di 25.577 abitanti situato nel dipartimen-to della Valle della Marna nella regione dell’Île-de-France.

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VII INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIEMILANO 2012

SUL MODELLO DI NAZARETH

il futuro della famiglia e della società umana

I nostri amici del sabato sera durante la Veglia Pasquale, hanno acceso dal Cero pasquale altri “due ceri” che simbolicamente “ar-dessero”: uno per la “ragione” e l’altro per la “fede”, affinché nella società attuale, i diritti umani siano riconosciuti e rispettati fin dal concepimento nel grembo materno. Questi amici, che da qualche tempo seguiamo con la preghiera e il sostegno morale per la loro “predicazione pro vita”, ci suggeriscono la seguente riflessione.

Le Assemblee legislative, al fine di regolare giuridicamente i problemi di ragione e di fede, sono spesso sollecita-te a prendere decisioni, coinvolgendo talora anche la consulta popolare.

Tuttavia nelle società multiculturali, le leggi, a livello nazionale e interna-zionale, non possono dipendere solo dalle scelte del corpo elettorale o di quello legislativo.

Quando c’è in gioco la scelta ultima tra il bene e il male, infatti, la volontà della maggioranza non basta più. En-trano altre e più profonde considera-zioni fondamentali per la dignità stessa

dell’uomo e per il futuro dell’umanità.Principi e valutazioni volti, soprat-

tutto e nella verità, alla tutela della fragile condizione dell’essere umano, specialmente nei suoi stadi iniziali o terminali di vita e alla promozione di una civiltà più umana e solidale.

Certamente alla luce delle nuove conquiste scientifiche e “biblico-teolo-giche”, è importante difendere la ma-dre e, nel grembo materno, difendere, attraverso la madre, la vita e lo svilup-po fisico dei concepiti; ma la vita e lo sviluppo spirituale, già nel grembo ma-terno, per i concepiti, specie se con-

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dannati all’aborto, non sono forse più importanti di quelli fisici?

Da questo mese di maggio 2012 nelle parrocchie degli Stati Uniti entra in vigore il testo del rito della benedi-zione dei bambini nel grembo mater-no: il testo e la prassi hanno ricevuto l’approvazione della Santa Sede.

Si tratta soltanto di una benedizio-ne, ma potrebbe costituire un prece-dente significativo, in alcuni casi spe-cifici, per il rito ancora più importante del battesimo, ”prima Pasqua dei bam-bini”, nel grembo materno?

Ai fini dell’”opus salutis”, i nascituri vanno difesi come i nati.

Benedetto XVI ha ricordato che: «tutta la Chiesa, in tutto il suo essere e il suo agire, quando annuncia, celebra e opera nella carità, è tesa a promuovere lo sviluppo integrale dell’uomo; perché l’autentico sviluppo riguarda unitaria-mente la totalità della persona in ogni

sua dimensione»; collaborando effica-cemente all’unità «della famiglia uma-na, nelle legittime diversità»(Caritas in Veritate, 11, 53 e 76).

A Milano, nel contesto della “Fie-ra internazionale della Famiglia”, 29 maggio - 3 giugno 2012, si è celebrato il “VII Incontro Mondiale delle Fami-glie” sul tema: ”La Famiglia, il lavoro e la festa”. Il 31 maggio ci sono state ses-sioni plenarie mattutine e pomeridiane anche in altri paesi e città: Bosio di Pa-rini (Lc), Varese, Brescia, Bergamo, Pa-via, Como, e Lodi.

Un “Congresso teologico pastorale” di ampio respiro, quindi, con 31 eventi in programma, 27 Paesi rappresentati, 104 relatori tra cui 4 cardinali, 7 vesco-vi e 24 professori universitari.

In preparazione a tale “lncontro Mondiale” e per l’avvento di leggi a fa-vore della famiglia e della vita nascente il Gruppo Laico Interdiocesano del Sa-

«Se uno non rinasce dall’acqua e dallo Spirito Santo non può en-trare nel regno dei cieli» (Gv 5,5): la Chiesa ha sempre ritenuto che i bambini non debbano essere privati del battesimo (CCC 1250).

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bato Sera, con l’Assistente ecclesiastico padre Giacinto Cataldo o.p., convinto che Parola di Dio e preghiera siano i polmoni che alimentano il respiro della vita sociale e ogni azione anche del-la Chiesa, ha deciso, in questo mese di maggio di affidare la causa della fami-glia e della vita alla Madre di Dio con il Rosario e altre preghiere.

“La storia – spiega il padre assisten-te – ha più volte dimostrato che là dove non si rispetta il diritto alla vita del na-scituro, anche altri diritti sono, prima o poi, calpestati. Occorre pertanto rispet-tare la vita in ogni fase del suo sviluppo e in ogni circostanza.

È un fatto scientifico che ogni nasci-turo sia, dall’inizio del suo sviluppo, un essere umano unico e irrepetibile: “deve essere difeso nella sua integrità” (CCC. 2323); perché “l’autentico svi-luppo riguarda unitariamente la totalità

della persona in ogni sua dimensione” ( Caritas in Veritate, 11).

Papa Benedetto XVI ha incontrato le famiglie del mondo, il 2 giugno – festa delle testimonianze – e il 3 giugno ha celebrato la S. Messa conclusiva.

Per tale circostanza, è stata scelta dal Pontificio Consiglio per la famiglia l’icona simbolo, “Famiglie sul modello di Nazareth”.

Elevata come auspicio di speranza, quell’immagine diverrà ufficiale per i prossimi Incontri mondiali, a comin-ciare da quello in celebrazione.

Si tratta di mettere in circolazione buoni progetti che rilancino idee nuo-ve, che mostrino esperienze di bene a favore della famiglia; partendo dalla stessa famiglia, cellula sociale e pic-cola Chiesa, secondo il progetto ori-ginario del Creatore e Redentore del mondo, che, per salvare tutti, volle in-

I bambini vengono battezzati nella fede dei genitori, o di chi per loro, in rappresentanza della Chiesa madre e società universale «che tutta intera ge-nera tutti e ciascuno» (Introduzione al rito del battesimo dei bambini, n. 2).

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carnarsi facendosi uomo nel grembo di Maria, vergine laica della discendenza regale di Davide e sposa di Giuseppe; questi, uomo giusto, laico e falegname, dopo aver accolto, nella sua casa, Ma-ria gestante e il nascituro Gesù, s’inte-ressò concretamente perché, “in fretta” e con sacrificio personale, essi, Maria e Gesù, raggiungessero Elisabetta, anzia-na e gestante al sesto mese.

Elisabetta era bisognosa dell’aiuto necessario, per portare a compimen-to, nella casa di Zaccaria, il lieto even-to del nascituro Giovanni, “santificato nel grembo” e costituito “precursore” e “battezzatore” di Gesù.

Tutto avveniva in adempimento di “ogni giustizia” che presiede al piano della salvezza (Mt 3, 15).

“La Chiesa, conclude il P. Giacin-to, fin dagli inizi del suo cammino si è trovata a dover affrontare situazioni impreviste riguardanti la famiglia, e ne ha indicato la risoluzione lasciandosi guidare dallo Spirito Santo.

Anche oggi, alla luce della ragione e della fede (come dai ceri simbolici), si vuole fare il punto sulle nuove sfide di uno sviluppo plenario per tutti, sulle nostre storie di lavoro e di festa, incon-trando famiglie di tutto il mondo che, come noi e con noi, sono alla ricerca, nella verità, di uno stile evangelico per la vita quotidiana.

Ci muoviamo coniugando insieme carità e giustizia che sono azioni spi-rituali e non soltanto sociali. È, infatti, sul modello di Nazareth che si prepara il futuro della famiglia e della società mondiale maggiormente unite e solida-li pur nelle loro legittime differenze”. (D. Raio). (da COSMOGGI. A. XVIII n. 5 - maggio 2012).

P. G. Cataldo e F. Fiorito • • •

INCONTRO MONDIALE DELLE FAMIGLIE A MILANO (3 giugno 2012)

In tutti gli interventi pubblici tenu-ti in questi giorni nel capoluogo lom-bardo, Benedetto XVI non ha fatto che ribadire tenacemente, con tono mite ma fermissimo, i capisaldi della dottrina cattolica sulle grandi que-stioni della vita umana, della sessua-lità, della famiglia: idee incompatibi-li con qualsiasi banalizzazione, e al contrario estremamente controverse, ma fondamentali, nella concezione cattolica della società imperniata sul-la dignità della persona umana.

In tal senso, e richiamandosi al-lo storico discorso tenuto qualche mese fa davanti al parlamento tede-sco, davanti alle autorità politiche lombarde il Pontefice ha ricordato quanto sia fragile ed incoerente una democrazia fondata su una conce-zione di puro “positivismo” giuri-dico, svincolata da una concezio-ne etica dell’essere umano. E come viceversa un regime di libertà, non confessionale ma laico, in cui “nes-sun uomo è padrone di un altro uo-mo”, sia tale soltanto quando le leggi trovino “giustificazione e forza nella legge naturale, che è fondamento di un ordine adeguato alla dignità della persona umana”.

E’ da questo necessario legame, non da una posizione “oscurantista” o antimoderna sui diritti individuali, che deriva la netta, inequivocabi-le opposizione della Chiesa, ancora una volta sottolineata dal papa, a qualsiasi legge che consenta la “de-liberata soppressione” della vita de-gli individui più deboli, cioè l’aborto e l’eutanasia. •••

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Il Consiglio Provinciale dei Laici di S. Domenico ha dedicato l’annuale convegno di Formazione all’importan-te documento della Santa Sede: La let-tera Apostolica in forma di Motu Pro-prio “Porta Fidei” di Benedetto XVI.

Con questa lettera apostolica viene indetto l’ Anno della Fede che durerà dall’11 ottobre 2012, cinquantesimo anniversario dell’apertura del Conc. Vat. II al 24 novembre 2013, solennità di Cristo Re dell’Universo.

Questo al fine di rispondere con op-portune iniziative da parte delle diocesi e delle parrocchie, degli Istituti religio-si e di tutte le realtà ecclesiali antiche e moderne il cammino della fede di ognuno di noi. “Partecipando all’apo-stolato con i frati e le suore dell’Ordi-ne, i membri delle fraternite prendano parte attiva alla vita della Chiesa sem-pre pronti a collaborare con le altre as-sociazioni apostoliche” (Reg. delle Fld, II/9).

Cercheremo in questo Convegno, voluto in prossimità dell’inizio dell’An-no della Fede, di approfondire i conte-

nuti della lettera di Benedetto XVI alla luce del carisma domenicano.

Noi domenicani dobbiamo esse-re in prima linea: è l’amore di Cristo che colma i nostri cuori e ci spinge a evangelizzare per riscoprire la gioia nel credere e ritrovare l’entusiasmo nel co-municare la fede come esperienza di grazia e di gioia.

Seguendo l’esempio di San Dome-nico, di S. Caterina da Siena e di quan-ti ci hanno preceduto, fortificati dalla comunione fraterna rendiamo testimo-nianza della nostra fede al servizio del-la verità.

Come recita la nostra Regola, riflet-tiamo sugli scopi particolari della for-ma di apostolato nella Chiesa di oggi, e ispirati dal carisma dell’Ordine siamo consapevoli che l’attività apostolica promana dall’abbondanza della con-templazione .

Per informazioni più dettagliate, co-municare con:

335 679 0915 (P. G. Imbrighi)347 623 5137 (Costa)Fax: 06 361 1311

CONVEGNO DI FORMAZIONE DEI LAICI DOMENICANI

SASSONE (ROMA)

5 – 6 – 7 ottobre 2012

tema: Lettera Ap. “PORTA FIDEI” di Papa Benedetto XVIalla luce del carisma domenicano

ANNUNCIO & PRENOTAZIONI

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Informiamo intanto tutti gli interes-sati che:

La quota di partecipazione è com-prensiva dell’iscrizione al Convegno, della pensione completa e della escur-sione in pullman prevista nel pome-riggio di sabato all’Abbazia greca di S. Nilo, a Castelgandolfo e al lago di Albano.

La sottostante scheda sia inviata con la fotocopia della ricevuta fiscale entro il 15 luglio 2012. Indirizzo: Consiglio Provinciale Laici Domenicani – Via C. Beccaria, 23 – 00196 ROMA

Oppure Fax numero: 06 36 11 311

SCHEDA DI PARTECIPAZIONE

nome . . . . . . . . .

indirizzo . . . . . . . .

tel. o cell. . . . . . . . .

Se si prenota la camera doppia ag-giungere il nominativo della persona.

. . . . . . . . . .Ci si prenota presso: L’Istituto Madonna del Carmine di

Sassone. Entro il 15 luglio 2012 effet-tuare un versamento di €. 30 quale an-ticipo pro-capite, mediante:

Versamento con bollettino postale sul c/cp n. 36725968 intestato a:

“Il Pulcin della Minerva” - Roma.Il saldo è di €. 115 in camera sin-

gola e di €. 105 in camera doppia, a persona per due giorni .

Per raggiungere Sassone:al Raccordo Anulare di via Appia

Nuova, uscita al n. 23.da Stazione Termini: 16,11 - 17,11

- 18,11 19,11:

Lettera Apostolica“PORTA FIDEI”di Papa Benedetto XVI

La “porta della fede” (cfr At 14,27) che introduce alla vita di comunione con Dio e permette l’ingresso nella sua Chiesa è sempre aperta per noi.

(…) L’interrogativo posto da quanti lo ascoltavano è lo stesso anche per noi oggi: “Che cosa dobbiamo compiere per fare le opere di Dio?” (Gv 6,28). Conosciamo la risposta di Gesù: “Que-sta è l’opera di Dio: che crediate in co-lui che egli ha mandato” (Gv 6,29). Credere in Gesù Cristo, dunque, è la via per poter giungere in modo definiti-vo alla salvezza (…).

Alla luce di tutto questo ho deciso di indire un Anno della fede. Esso avrà inizio l’11 ottobre 2012, nel cinquan-tesimo anniversario dell’apertura del Concilio Vaticano II, e terminerà nella solennità di Nostro Signore Gesù Cristo Re dell’Universo, il 24 novembre 2013.

Nella data dell’11 ottobre 2012, ri-correranno anche i vent’anni dalla pub-blicazione del Catechismo della Chie-sa Cattolica, testo promulgato dal mio Predecessore, il Beato Papa Giovanni Paolo II, allo scopo di illustrare a tutti i fedeli la forza e la bellezza della fede.

Questo documento, autentico frut-to del Concilio Vaticano II, fu auspicato dal Sinodo Straordinario dei Vescovi del 1985 come strumento al servizio della catechesi e venne realizzato mediante la collaborazione di tutto l’Episcopato della Chiesa cattolica. E proprio l’As-semblea Generale del Sinodo dei Ve-scovi è stata da me convocata, nel me-se di ottobre del 2012, sul tema de La nuova evangelizzazione per la trasmis-sione della fede cristiana. •••

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Sabato 12 maggio dopo la riunione di Consiglio nella sede della Provincia abbiamo avuto il piacere di essere rice-vuti da padre Bruno Cadorè nella sala di S. Caterina del Convento di S. Sabi-na. Ho presentato al Maestro il gruppo dei nostri Consiglieri, ai quali si erano aggiunti alcuni confratelli delle Frater-nite di Roma e di Montepulciano, de-scrivendo la composizione e l’attività del Consiglio, e tra l’altro l’iniziativa del prossimo ottobre del nostro Con-vegno di formazione a Sassone dedi-cato quest’anno alla Lettera Apostolica “Porta Fidei” di S. S. Benedetto XVI alla luce del carisma domenicano.

Il P. Maestro, che era accompagnato da P. Bernardino Prella, Socio del Ma-estro per l’Italia e la Penisola Iberica, e da P. David Michael Kammler, Promo-tore generale del Laicato, ci ha amabil-mente intrattenuto ricordandoci il va-lore del Laicato domenicano e del suo

dovere di intervenire nella situazione etica e spirituale di oggi.

Dopo questo felice incontro abbia-mo partecipato alla Santa Messa nella sala capitolare del Convento, celebrata da P. Bernardino Prella che nell’ome-lia ha ricordato la misericordia di Dio Padre tramite Gesù Cristo Figlio. Il P. Daniele G. Cara padre provinciale e P. Alberto Viganò promotore dei Laici hanno concelebrato al rito.

Sono seguite una visita doverosa alla Cappella di San Domenico, al Chiostro e alla Basilica di S. Sabina: luoghi sug-gestivi, assai legati alla storia dell’Or-dine dei Predicatori. Ricorderemo con piacere queste ore trascorse nel “cuore dell’Ordine” con il Padre Maestro, de-gnissimo successore del Santo Fonda-tore Domenico.

Pier Giorgio Imbrighi, presidente fld della Prov. Romana.

IL CONSIGLIO DEI LAICI IN VISITA AL MAESTRO DELL’ORDINE

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ROMA. S. Sabina. Sala Santa Caterina. Il P. Maestro dell’’Ordine, P. B. Cadoré, accoglie il Consiglio dei Laici della Provincia Romana di S. Caterina.

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Oggi, sabato 26 Maggio 2012 alle ore 17.30 si svolge la cerimonia di ac-coglienza per la nostra sorella Caterina Di Trapani e la cerimonia della mia pro-fessione perpetua, nella Fraternita laica domenicana “Beato Angelico”, presso la chiesa di San Marco di Firenze.

Arrivo in chiesa, dove sono già at-tesa da alcune consorelle, che, dopo il saluto, propongono di recitare insieme il rosario, mentre aspettiamo tutti gli altri. Al Rosario sono molto devota: è una tradizione di famiglia e mio padre e mia madre lo recitano insieme tutti i giorni, da anni.

Una volta iniziata la cerimonia, do-po il canto dei Vespri mi sento partico-larmente emozionata ricordando, tra

l’altro, come già da ragazza avevo avu-to desiderio di consacrarmi totalmente a Dio nella novità evangelica di San Domenico il quale mi ha sempre ac-compagnata. Ricordo poi il giorno del matrimonio e la nascita della mia bam-bina, ma ciò che mi rallegra maggior-mente è costatare che sono esauditi, da Dio, in quel momento, questi due miei desideri, apparentemente contrastanti tra loro ma uniti nella grazia di Gesù e realizzati come e quando è piaciuto a Lui. La vita di famiglia e ora quella di consacrazione in modo definitivo, nel-la Regola della fraternita domenicana, decisa, come sono di camminare die-tro l’esempio del Santo Padre Domeni-co, “araldo del Vangelo”.

Dopo la cerimonia religiosa segue la festa, l’accoglienza affettuosa delle consorelle e dei confratelli, gli auguri, gli abbracci, le foto, ed infine il rinfre-sco nella nostra sede, dove Giovanna ha già preparato tutto! Parlo ora con gli uni, ora con gli altri della mia gioia nel cuore che Gesù mi ha concesso esau-dendo il mio desiderio di appartenere alla Chiesa, incorporata nell’Ordine dei Predicatori.

Che il Signore mi dia anche il dono di comunicare questa mia felicità ad altri e invitare tutti a unirsi a noi in que-sta novità di vita nella preghiera, nello studio e nella predicazione. Desiderio che ho avuto fin da ragazza, con i miei successi e le mie delusioni, ma sempre guardando al Volto del Salvatore.

Alberta Miele (Suor Maria Chiara o.p.).

FIRENZE. Comunità domenicana di S. Marco. Cerimonia di Accoglienza e di Professione nella FLD.

FIRENZE. Chiesa di San Marco.

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In preparazione alla festa annuale di S. Caterina da Siena, durante il triduo di preghiera, per il 27 aprile 2012, la Comunità dei religiosi e dei Laici Do-menicani hanno organizzato una con-ferenza che è stata molto partecipata ed ha ottenuto vero gradimento.

Ha parlato la professoressa Alessan-dra Romagnoli, docente alla Pontificia Università Gregoriana di Roma. Il tema da lei trattato è stato: «Santa Caterina Mistica e poetessa». Al termine della conferenza ha avuto luogo il dibattito.

Nel giorno della festa, per la Mes-sa solenne in onore della santa senese, come gli anni scorsi hanno preso parte i vari gruppi e associazioni che la invo-cano come patrona. Tra questi le dame della Pasfa, le Crocerossine, l’Oftal, la Fraternita Domenicana con le Associa-zioni del Rosario.

CAGLIARI-Villanova. Chiesa di S. Domenico. Notizie di cronaca: attività culturali e pastorali.

Anche il mese di Maggio è iniziato con particolare fervore e preparazione con la recita quotidiana del S. Rosario prima del canto dei vespri.

Martedì, 8 Maggio, dinanzi all’ar-tistico simulacro della Santa Vergine del Rosario, le signore Rina Mascia e Gabriella Lai, alla presenza del P. As-sistente, P. Giancarlo Uccheddu e del Presidente dell’Arciconfraternita del Rosario, Gian Pietro Banchiero, hanno fatto la cerimonia di ammissione e so-no state accolte da numerosi confratelli e consorelle presenti.

Ha fatto, poi, seguito la celebra-zione della S. Messa, presieduta dal P. Christian Steiner e accompagnata da canti mariani, eseguiti dal coro della chiesa. Ha concluso la solenne Sup-plica alla Regina del S. Rosario, fatta coralmente, seguita dalla benedizione.

CAGLIARI. Il meraviglioso chiostro stile aragonese catalano.

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Stamani 6 maggio, qui al Sasso di S. Maria, aleggia un’aria pulita, pro-fumata di silenziosa campagna verde, piena di fiori gialli. Una temperatura “frizzina”che ti fa respirare a pieni pol-moni. C’è già tanta gente che è arrivata in auto e a piedi e si affretta, compo-sta e quasi silenziosa, a raggiungere a gruppetti il chiostro del Santuario per poi distribuirsi tutt’intorno al prato, a fianco della chiesa, su e giù per le sca-lette verso la terrazza dove si trova una fontana e tanti vasi pieni di rigogliose margherite profumate.

È presente anche un coro di ragaz-

zi e ragazze, una trentina, proveniente dalla provincia di Pistoia, invitati ad animare, con i loro canti, la liturgia del-la S. Messa. Con noi, Laici Domenicani di Arezzo (siamo in 12), sono presenti anche le Fraternite di Montepulciano e di Pratovecchio. Siamo accolti caloro-samente dai confratelli della fraternita di Bibbiena e durante l’attesa ci scam-biamo fraterni saluti.

Arrivano, intanto, nei loro abiti bian-chi, i Padri Domenicani, Serrotti Giu-seppe e Serrotti Giovanni, che, subito circondati dai presenti e quasi contesi per un rispettoso saluto, hanno un’at-

Al Santuario di S. Maria del Sasso di Bibbiena

CONVEGNO DELLE FRATERNITEDELLA TOSCANA

6 maggio 2012

BIBBIENA. S. M. del Sasso. Alcuni flasch della giornata d’incontro.

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tenzione particolare per tutti. Anche loro, e si nota, sono felici di incontrare tante persone riunite per la festa.

Si attende l’inizio della santa Mes-sa, prevista oggi un’ora prima. È Padre Giuseppe che celebra nella chiesa gre-mita di fedeli, tutta addobbata a festa per l’occasione. La partecipazione è intensa e corale e tutti ci uniamo ai canti che vengono intonati.

In seguito i Confratelli laici, scesi in cripta, con spirito domenicano, hanno recitato il Santo Rosario dinanzi alla immagine della Madonna del Buio. Poi tutti, laici e religiosi, abbiamo consu-mato il pranzo insieme, nei locali del Santuario, prolungando in armonia e in buona convivialità la giornata.

Nel pomeriggio, il P. Giuseppe Ser-rotti ci ha intrattenuti per una riflessio-ne sulla lettera del Santo Padre: “Porta Fidei”. È intervenuto, con una sua ri-flessione, anche il confratello di Bib-biena, Mauro Righi.

A conclusione di questa giorna-ta, nell’antico coro che si trova dietro l’altare centrale della chiesa, abbiamo recitato, con le monache di clausura, i vespri del giorno. La madre superiora, Suor Candida, ci ha consegnato il libro che raccoglie le testimonianze di vita di Sr Petra Giordano o.p. (1912–2006), comunicandoci l’avvio del processo di beatificazione di questa consorella. Te-stimonianze che riguardano i 72 anni da lei vissuti in clausura, interamente dedicati al Signore.

È giunta la sera! Che bello aver tra-scorso questa giornata in serenità e tor-nare a casa più ricchi e consapevoli dei doni che il Signore ci ha concesso.

Gastone DragoniPresidente della Fld aretina.

POPOLI (PE). In festa per S. Caterina.

Con l’entusiasmo, che sempre ci accompagna, abbiamo celebrato, la fe-sta di S. Caterina da Siena, festa che ci ha dato molta soddisfazione per la sua buona riuscita.

Da tempo non ricordavamo una co-sì grande partecipazione di fedeli che, come noi, hanno molto apprezzato le omelie di P. Simone, che ci hanno fatto conoscere meglio S. Caterina.

Immensa perciò è stata la nostra ammirazione per lei che ha saputo ben armonizzare contemplazione ed azio-ne; profonda la nostra devozione che le abbiamo dimostrato, in questi giorni, frequentando assiduamente le funzio-ni, il Rosario e la S. Messa.

Sono state partecipi alla festa diver-se Associazioni che fanno promozione umana nella nostra Comunità e s’ispi-rano alla santa senese: tra cui l’Avis, l’Avnis, il Centro Arcobaleno che si oc-cupa dei disabili ed un gruppo di infer-miere del nostro ospedale.

Molto commovente, durante la pre-ghiera dei fedeli, è stata l’invocazione del rappresentante di ciascuna di quel-le Associazioni che, per intercessione di S. Caterina, hanno chiesto al Signore di saper svolgere sempre la propria atti-vità con pazienza e amore.

Emozionante è stato anche il mo-mento in cui noi della Fraternita, da-vanti al nostro Assistente Don Panfilo e alla Priora Paola Gagliardi, abbiamo rinnovato la professione domenicana.

Ricca tutta la Liturgia resa ancor più solenne dai canti eseguiti dai ragazzi dell’Acr, canti che hanno coinvolto an-che noi (…). Emilia Lattanzio,

segretaria della Fld di Popoli •••

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Provincia Romana Santa CaterinaBiblioteca Domenicana - firenzeMemorie Domenicane

SANTITÀ E MISTICA

FEMMINILE TRA MEDIOEVO

ED ETÀ MODERNA

Ciclo di presentazioni di libriInvito alla lettura

Firenze, Sala “Chiostrini”Convento di S. Marco

19 aprile - 14 giugno 2012

Santità e mistica femminile tra Me-dioevo ed Età Moderna: è il tema del ciclo di presentazioni di libri organiz-zato dalla Biblioteca Domenicana di Santa Maria Novella, diretta da P. Lu-ciano Cinelli O.P., in questa primavera 2012, dal 19 aprile al 14 giugno, che rinnova un prestigioso appuntamento culturale dei Domenicani fiorentini.

A causa dei lavori di ristrutturazione del Salone delle conferenze attiguo al-la biblioteca, gli incontri avranno luogo

TERAMO – S. Domenico

La Priora, Maria Di Curzio, nella Casa del Padre.

La Fraternita laicale domenicana di Teramo comunica la morte della Priora Maria di Curzio e invita tutti ad una preghiera di suffragio per la sua anima benedetta.

La Comunità domenicana, alla quale è appartenuta per più di 60 anni, la ri-corda con riconoscenza, stima e affetto e la ringrazia per l’insegnamento e la testimonianza donati con dignità, sem-plicità, fedeltà e speranza nel Signore Risorto. La ringrazia per l’incrollabile fede in Cristo, per la devozione alla Madonna e per l’amore al carisma del Santo Padre Domenico.

La Priora Di Curzio con coraggio, spirito di sacrificio e amore, per cin-que anni dopo la partenza dei frati domenicani da Teramo, è riuscita con la saggezza e l’autorevolezza che le erano proprie, a guidare la Fraternita nelle attività di formazione e di carità verso il prossimo. R.I.P.

La Fraternita di Teramo.

TERAMO. Campanone di San Domenico.

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presso la Sala ‘Chiostrini’ del convento di San Marco, con la partecipazione di un nutrito e variegato pubblico che sta assistendo ad un singolare défilé tutto al femminile.

Alcune tra le più conosciute studio-se italiane di Storia medievale e mo-derna, infatti, si stanno avvicendando nell’illustrare alla cittadinanza fioren-tina i frutti migliori della storiografia contemporanea sul tema complesso e spesso ideologizzato della santità e della mistica ‘al femminile’.

Dalla rude esperienza eremitica al-tomedievale di Chelidonia sui monti del Lazio, alla promozione del culto per santa Monica, la madre di S. A-gostino, nella Roma rinascimentale, fino alla fioritura mistica domenicana dell’Italia centrale, con Lucia da Nar-ni e Caterina de’ Ricci, una seleziona-ta galleria di sante e di mistiche viene presentata all’attenzione di lettori, sen-sibili alle grandi tematiche rivisitate o-gni anno presso la Biblioteca Domeni-cana di S. Maria Novella.

Una formula dinamica di dialogo tra il libro, il suo soggetto, l’autore e il pubblico è, dunque, ciò che si vuol perseguire con questo ciclo annuale di presentazioni.

Accolti in casa domenicana’ e con il patrocinio del Comune di Firenze, au-tori e lettori possono, così, instaurare uno scambio fruttuoso di idee e anima-re una circolazione del sapere al con-tempo di alto livello e ‘diffusa’, come nella migliore tradizione domenicana.

Il tema di quest’anno si rivela, inol-tre, particolarmente interessante e pros-simo all’odierno, acceso dibattito sul ruolo della donna nella società e nella Chiesa, questione cara alla riflessione di molti cattolici così come di numero-si non credenti. Il silenzioso raccogli-

mento penitenziale e mistico di molte delle grandi protagoniste della storia della spiritualità, presentate ai lettori quest’anno in San Marco sembra, per certi versi, eludere queste grandi do-mande. È, infatti, nel dire il ‘non dici-bile’ e nell’incarnare l’invisibile che si misura la sfida della mistica cristiana, in particolar modo di quella femminile, portata a rappresentare con il corpo le verità proclamate dai predicatori nelle piazze e dai pulpiti.

Agli attenti lettori che intervengono con entusiasmo, anche quest’anno, al-la presentazione di libri promossa dai domenicani fiorentini il piacere di leg-gere tra le righe di storie di donne spe-ciali, in ascolto di silenzi femminili che non hanno mai cessato di parlare, e di far scrivere.

Pierantonio PiattiPontificio Comitato di Scienze Storiche

S. Caterina in estasi di Annibale CARRACCI

A COLORI

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“DOMENICANI” n. 3 / 2012maggio - giugno 2012

PROVINCIA ROMANA DI SANTA CATERINA piazza S. Domenico, n. 5 - 09127 CagliariTel. 055-265 64 53 - cell. 339 18 22 685

ccp. 41 48 28 94e.mail: [email protected]

“Erano totalmente votati all’Evangelizzazione”

“Nella famiglia domenicana le donne: monache, suore di vita apostolica,

laiche domenicane, membri di istituti secolari – apportano un contributo

essenziale alla missioneevangelizzatrice dell’Ordine.

Piuttosto che parlare di predicazione, ho scelto la

definizione della nostra missione data ai tempi della fondazione dell’Ordine: totalmente votati

all’evangelizzazione della Parola di Dio.

Noi siamo della famiglia dei“predicatori”, uomini e donne, prima di tutto perché noi impegniamo la nostra vita in questa avventura di evangelizzazione che, in qualche

modo, ognuno secondo il suo stato di vita e il suo ministero, definisce

la“vita” che noi desideriamo condurre ancor prima chedescrivere delle “azioni”.

Dalla Lettera del Maestro dell’Ordine, gennaio 2012