ID. V Matematica · 2019. 9. 12. · LICEO CLASSICO IDONEITÀ AL V ANNO MATEMATICA - Cerchio e...

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LICEO CLASSICO IDONEITÀ AL V ANNO MATEMATICA - Cerchio e Circonferenza - Intersezioni fra Retta e Circonferenza - Funzioni e loro Proprietà - Grafico Logaritmo e Funzione Esponenziale - Limiti di Funzioni / Calcolo dei Limiti - Dominio di una Funzione - Esponenziali e Logaritmi - Dominio Esponenziale - Teorema dei Seni - Teorema del Coseno

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LICEO CLASSICO

IDONEITÀ AL V ANNO

MATEMATICA - Cerchio e Circonferenza - Intersezioni fra Retta e Circonferenza - Funzioni e loro Proprietà - Grafico Logaritmo e Funzione Esponenziale - Limiti di Funzioni / Calcolo dei Limiti - Dominio di una Funzione - Esponenziali e Logaritmi - Dominio Esponenziale - Teorema dei Seni - Teorema del Coseno

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CERCHIO E CIRCONFERENZA

Cerchio e circonferenza in Geometria sono rispettivamente la parte di piano delimitata dalla circonferenza e l'insieme dei punti equidistanti da un punto fissato, detto centro del cerchio. La distanza dei punti della circonferenza dal centro viene detta raggio. Questo formulario è interamente dedicato a circonferenza e cerchio. Partendo dalla definizione, elencheremo nel dettaglio tutte le formule del cerchio, comprese le formule inverse, tra cui in particolare quella per calcolare l'area del cerchio e il perimetro, ossia la cosiddetta formula della circonferenza. Successivamente analizzeremo tutte le proprietà di cerchio e circonferenza, le parti che li costituiscono e tutte le possibili posizioni reciproche tra due circonferenze. Definizione di cerchio e circonferenza Nell'introduzione abbiamo già accennato alla definizione di cerchio e alla definizione di circonferenza. Rivediamole con calma: - si definisce circonferenza il luogo dei punti del piano equidistanti da un dato punto, detto centro della circonferenza; il valore della distanza viene detto raggio; - si definisce cerchio la parte di piano delimitata da una circonferenza.

Attenzione dunque: quando si scrive cerchio, si intende la regione di piano contenuta all'interno della circonferenza. Il cerchio è quindi una figura piana, caratterizzata da

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un'area e da un perimetro. Il perimetro del cerchio coincide con la lunghezza della circonferenza che lo delimita. Formule cerchio e circonferenza Prima di passare all'elenco delle formule del cerchio e delle formule della circonferenza, occupiamoci dei nomi e dei simboli. Indicheremo con r il raggio del cerchio, con d il diametro (doppio del raggio), con 2p il perimetro (lunghezza della circonferenza) e con A l'area del cerchio. Per quanto numerose siano le formule è sufficiente ricordare quelle in grassetto: tutte le altre formule inverse possono essere ricavate facilmente con passaggi algebrici immediati.

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INTERSEZIONI FRA RETTA E CIRCONFERENZA

Un problema molto frequente è quello di individuare le eventuali intersezioni tra diverse curve. In questo caso studiamo l’intersezione fra retta e circonferenza. Le intersezioni fra una retta ed una circonferenza vengono individuate attraverso un sistema di secondo grado formato dalle rispettive equazioni:

1

Per risolvere questo sistema di può ricavare l’espressione della dalla seconda equazione e sostituirla nella prima. Si otterrà così una equazione di secondo grado.

Chiamiamo questo determinante e vediamo quali risultati otteniamo in termini di intersezione tra la retta e la circonferenza a seconda delle soluzioni che il sistema ammette.

1. se il , il sistema ammetterà due soluzioni reali e distinte per cui la retta è secante (tocca la circonferenza in due punti)

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2. se il sistema ammetterà due soluzioni reali e coincidenti, in questo caso la retta è tangente (tocca la circonferenza in un solo punto)

3. se il sistema non ha soluzioni reali, quindi la retta è esterna (non tocca mai la circonferenza)

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FUNZIONI E LORO PROPRIETÀ

La definizione di funzione Dati due sottoinsiemi e (non vuoti) di , una funzione da in è una relazione che associa ad ogni numero reale di uno e un solo numero reale di . Indichiamo la funzione con la seguente notazione:

Il generico elemento di viene detto variabile indipendente, il corrispondente valore di è detto variabile dipendente o immagine. Se ad la funzione associa , diciamo che è immagine di mediante e scriviamo:

L'insieme di partenza viene detto dominio della funzione, mentre il sottoinsieme di

formato dalle immagini degli elementi di , è detto codominio. Funzioni iniettive, suriettive e biettive Data una funzione con e sottoinsieme di .

• è iniettiva se: considerati due valori e appartenenti ad con

allora • è suriettiva se: ogni elemento di è immagine di qualche elemento di . • è biettiva se: è sia iniettiva che suriettiva.

Classificazione delle funzioni Le funzioni possono essere distinte in funzioni algebriche e funzioni trascendenti. La funzione è algebrica se l'espressione analitica che la descrive, contiene soltanto operazioni di addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione, elevamento a potenza o estrazione di radice. Una funzione algebrica può essere: • razionale intera, se è espressa mediante un polinomio. Se il polinomio è di primo

grado, la funzione si dice lineare; se il polinomio è di secondo grado, la funzione si dice quadratica;

• razionale fratta, se è espressa mediante un quoziente di polinomi;

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• irrazionale, se la variabile compare sotto il segno di radice. Se una funzione non è algebrica, si dice trascendente.

Il dominio di una funzione Data una funzione , si definisce dominio (o campo di esistenza) della funzione e si indica con oppure , l'insieme dei valori reali di per i quali ha significato. Domini delle principali funzioni:

1. RAZIONALI INTERE: :

2. RAZIONALI FRATTE: con e polinomi :

3. IRRAZIONALI: se è pari se è dispari dominio di Esempi

: :

Lo studio del segno di una funzione Quando si studia il comportamento di una funzione nel suo insieme di definizione, è utile sapere quando una funzione è positiva e quando è negativa. In termini grafici, ciò equivale a dire: quando il grafico di una funzione sta al di sopra dell’asse è

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positiva, se invece si trova al di sotto dell’asse allora è negativa. Un numero reale è uno zero della funzione se . Gli zeri di una funzione sono le ascisse dei punti di intersezione del grafico della funzione con l'asse , quindi si determinano risolvendo il sistema:

Di una funzione possiamo studiare il segno, risolvendo la disequazione:

Esempio

Innanzitutto il dominio della funzione è . Ora studiamo il segno della funzione:

risolvendo la disequazione fratta con la regola dei segni. Imponiamo quindi che il numeratore e il denominatore siano maggiori di zero:

Vediamo che per e per .

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Funzioni crescenti e decrescenti L’andamento di una funzione è il suo comportamento al variare di x. Se, quando i valori di x aumentano, la loro immagine aumenta anch’essa, si dice che la funzione è crescente; al contrario, se all’aumentare di x la loro immagine diminuisce, la funzione è decrescente. Vediamo come questo concetto si può esprimere in termini più rigorosi. Una funzione di dominio si dice crescente in un intervallo , sottoinsieme di , se comunque scelti e appartenenti ad , con , risulta

In questo caso si dice che f conserva le disuguaglianze.

Una funzione di dominio si dice decrescente in un intervallo , sottoinsieme di , se comunque scelti e appartenenti ad , con , risulta

In questo caso si dice che f inverte l’ordine.

Una funzione di dice monotòna in un intervallo del suo dominio se in è sempre crescente o decrescente. Funzioni pari e dispari Indichiamo con un sottoinsieme di tale che, se , allora . Una funzione avente come dominio si dice pari se risulta: per ogni

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Indichiamo con un sottoinsieme di tale che, se , allora . Una funzione avente come dominio si dice dispari se risulta: per ogni In particolare una funzione pari è simmetrica rispetto all'asse delle ordinate, mentre una funzione dispari è simmetrica rispetto all'origine degli assi.

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GRAFICO LOGARITMO E FUNZIONE ESPONENZIALE

Soluzioni Con grafico del logaritmo ci si riferisce al grafico della funzione logaritmica y=loga(x), il cui andamento e le cui caratteristiche variano al variare della base a, che per definizione di logaritmo deve essere un numero maggiore di zero e diverso da 1 (a>0, a≠1). Grafico del logaritmo con base maggiore di 1 Il grafico della funzione logaritmo con base maggiore di 1

ha le seguenti caratteristiche: - è una curva che è grafico di una funzione strettamente crescente; - si trova nel semipiano positivo delle ascisse; - interseca l'asse x nel punto di ascissa 1, ossia in ; - cresce molto velocemente per e rallenta la crescita per ; - l'asse y è un asintoto verticale destro; - è simmetrico al grafico della funzione esponenziale con base maggiore di 1 rispetto alla bisettrice del primo e del terzo quadrante. Nella seguente immagine potete osservare in blu il grafico del logaritmo naturale di x y = ln(x), in rosso il grafico del logaritmo in base 10 di x y = log10(x).

In blu il logaritmo naturale y=ln(x), in rosso il logaritmo in base 10 y=log10(x).

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Grafico del logaritmo con base compresa tra 0 e 1 Il grafico della funzione logaritmo con base compresa tra 0 e 1

gode delle seguenti proprietà: - è una curva che è grafico di una funzione strettamente decrescente; - si trova nel semipiano positivo delle ascisse; - interseca l'asse delle ascisse nel punto (1,0); - decresce molto velocemente per 0 < x > 1per poi decrescere molto più lentamente per x > 1; - l'asse delle ordinate è un asintoto verticale destro; - è simmetrico al grafico della funzione esponenziale con base compresa tra 0 e 1 y = ax rispetto alla bisettrice del primo e del terzo quadrante. Nell'immagine che segue abbiamo riportato: in blu il grafico del logaritmo in base 1/2

di , in rosso il grafico del logaritmo in base 1/4 di x .

In blu il logaritmo in base 1/2 y=log(1/2)(x), in rosso il logaritmo in base 1/4 y=log(1/4)(x).

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Grafico di funzioni con il logaritmo Per tracciare il grafico di una funzione si dovrebbe effettuare lo studio di funzione completo, ma se l'espressione della funzione non è troppo complicata allora possiamo disegnarlo modificando opportunamente il grafico delle funzioni elementari. Attraverso le regole che elencheremo tra un istante sarà possibile tracciare il grafico di alcune funzioni con logaritmi partendo dal grafico del logaritmo, cioè dal grafico della funzione y = loga(x). 1) Se si somma una costante c > 0 all'argomento della funzione logaritmo, il grafico di si ottiene traslando verso sinistra il grafico di y = loga(x) se la costante è positiva, oppure verso destra se la costante c è negativa. 2) Sommando una costante al logaritmo, ossia considerando , il grafico si sposta verso l'alto se la costante è positiva, verso il basso se la costante è negativa. 3) Se compare un modulo applicato all'argomento del logaritmo, ossia y = loga(|x|), bisogna simmetrizzare rispetto all'asse y la parte di grafico che giace nel semipiano positivo delle x. 4) Se compare un modulo applicato all'intera funzione, ossia y = | loga(x)|, si deve ribaltare rispetto all'asse x la parte di grafico che giace nel semipiano negativo delle ordinate. Funzione esponenziale e^x, a^x Una funzione esponenziale per definizione è una funzione data da una potenza in cui la base è costante e l'esponente è variabile. In alcuni contesti, l'espressione funzione esponenziale si riferisce alla specifica funzione con base il numero di Nepero ed esponente variabile: f(x)=ex. In generale si tratta di una funzione con espressione analitica della forma y = ax, o meglio

Nel caso specifico della funzione esponenziale con base data dal numero di Nepero essa viene indicata con y = ex , o meglio

Attenzione, concentrazione: qui proponiamo grafico e tutte le proprietà della funzione esponenziale in un caso ben preciso, quello in cui la base della funzione esponenziale è maggiore di 1.

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Grafico della funzione esponenziale

(in blu y=2x, in rosso y=ex, in verde y=6x)

Proprietà della funzione esponenziale Vediamo le principali proprietà analitiche della funzione esponenziale con base maggiore di 1: dal dominio fino a derivate e integrali. 1) Dominio: 2) È una funzione né pari né dispari. 3) Funzione illimitata superiormente con immagine . 4) Funzione monotona crescente strettamente su tutto il dominio. 5) Convessa su tutto il dominio.

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6) Continua su tutto R e derivabile su tutto R. 7) Limiti agli estremi del dominio:

8) Limite notevole associato:

9) Derivata dell'esponenziale:

10) Integrale dell'esponenziale:

11) Per studenti universitari sviluppo di Taylor (con centro in ) della funzione

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LIMITI DI FUNZIONI / CALCOLO DEI LIMITI Il limite di una funzione è un'operazione, o meglio un operatore, che permette di studiare il comportamento di una funzione nell'intorno di un punto, e grazie al quale possiamo stabilire a quale valore tende la funzione man mano che i valori della variabile indipendente si approssimano a quel punto. Il concetto di limite di una funzione Lo ribadiamo a scanso di equivoci: qui non daremo alcuna definizione rigorosa (lo faremo nelle lezioni successive), perché ci interessa spiegare in cosa consiste il concetto di limite di una funzione reale ad una variabile reale. Studiando le nozioni relative alle funzioni, abbiamo introdotto in particolare la nozione di dominio e abbiamo visto che ogni funzione è caratterizzata da un insieme di punti in cui è definita:

Due esempi che inducono a definire il concetto di limite Abbiamo una funzione

definita su un dominio , e supponiamo che sia della forma

Come facciamo a sapere come si comporta la funzione nei punti di frontiera del dominio? L'insieme dei punti di frontiera (o più brevemente frontiera) in questo caso è data dai punti sulla retta reale.

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In accordo con le notazioni degli intervalli, per i punti non c'è alcun problema, perché essi appartengono al

dominio della funzione e possiamo procedere con valutazioni dirette. Possiamo cioè calcolare . Ma come facciamo a sapere qual è il comportamento della funzione in prossimità dei punti di frontiera del dominio in cui non è definita, ossia Un altro esempio. Se avessimo una funzione definita sull'intero asse reale

come potremmo conoscerne il comportamento all'infinito? Certo, potremmo metterci a calcolare infinite valutazioni per valori crescenti o per valori decrescenti , ma non sarebbe molto pratico. Cos'è il limite di una funzione e a cosa serve Entrambi gli esempi mettono bene in luce l'esigenza che porta a definire la nozione di limite: studiare il comportamento di una funzione in prossimità di un certo tipo di punti in cui non è definita. Il bello è che l'operazione di passaggio al limite che definiremo nelle lezioni successive non si limita ad esaudire questa esigenza, bensì permette all'Analisi Matematica di raggiungere profondità abissali. Cos'è L'operazione di passaggio al limite è una vera e propria operazione che ha come entrate due elementi: una funzione f (x) e il punto x0 in prossimità del quale vogliamo studiarne il comportamento. In Matematica l'operazione di passaggio al limite si scrive nel modo seguente:

e si legge: limite per x che tende a "x-con-zero" di f(x). f (x) è la funzione di cui vogliamo conoscere il comportamento, mentre x0 è il punto in cui vogliamo calcolare il limite. x0 può essere un valore reale, ma in accordo con le definizioni che forniremo potrà essere anche + ∞ oppure - ∞ (che non sono valori reali).

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A cosa serve

È per questo motivo che l'operazione di passaggio al limite si legge limite per x che tende a "x-con-zero" e non limite per x uguale a "x-con-zero": il senso dell'operazione di passaggio al limite non consiste nel valutare la funzione in un punto, ma nell'individuare un valore a cui la funzione si avvicina man mano che tende a x-con-zero. IL CALCOLO DEI LIMITI Le operazioni con i limiti Supponiamo sempre che le funzioni abbiamo limite finito. Limite della somma algebrica di due funzioni Se e , con , allora:

.

Limite del prodotto di una costante (diversa da zero) per una funzione Sia un numero reale diverso da zero e sia . Allora:

.

Limite del prodotto di due funzioni

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Se e , con , allora:

.

Limite della potenza Se e , allora:

.

Limite della radice -esima di una funzione Se , , allora:

.

Se è dispari, questo risultato vale anche per . Limite del quoziente di due funzioni Se e , con , allora:

.

Le forme indeterminate Le forme indeterminate che possiamo incontrare nel calcolo dei limiti sono le seguenti:

Esempi di risoluzione di alcune forme indeterminate • La forma indeterminata

.

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Raccogliamo il fattore e il limite diventa:

. La forma indeterminata è così risolta.

• La forma indeterminata

. Raccogliamo il fattore e il limite diventa:

.

I limiti notevoli Illustriamo dei limiti particolari detti notevoli perché fondamentali nelle applicazioni all’analisi.

Ricordiamo che il numero rappresenta il numero di Nepero, che è un numero irrazionale compreso tra 2 e 3.

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La ricerca degli asintoti Per vedere se una funzione possiede gli asintoti occorre innanzitutto esaminare il suo dominio . Se è illimitato, gli asintori orizzontali si determinano calcolando il . Quelli verticali invece calcolando il , dove è un punto

escluso dal dominio, cioè un punto di discontinuità della funzione. Se il grafico della funzione ha un asintoto obliquo di equazione , con , allora e sono dati dai seguenti limiti:

; .

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DOMINIO DI UNA FUNZIONE Il dominio di una funzione è l'insieme su cui è definita la funzione, ossia l'insieme di partenza sui cui elementi ha senso valutare la funzione. Nella pratica è possibile determinare il dominio di una qualsiasi funzione reale di variabile reale mediante una serie di semplici regole. Considerazioni preliminari sul dominio Detto anche insieme di definizione o, più impropriamente, campo di esistenza della funzione. Il dominio di una funzione si indica con Dom(f) e viene talvolta detto dominio naturale della funzione. Per definizione esso è il più grande sottoinsieme di R, (al più tutto R), in cui ha senso valutare la funzione y=f(x). In riferimento alla scrittura precedente il dominio della funzione è semplicemente l'insieme di partenza

Un momento. Abbiamo scritto in cui ha senso valutare la funzione. Cosa significa? Dire ha senso valutare la funzione o è definita la funzione vuol dire che, considerando i valori di X appartenenti a Dom(f) e sostituendo tali valori nell'espressione analitica di F, è possibile fare i calcoli. In altre parole non capitano "cose strane": le operazioni algebriche che ne risultano devono essere ben definite e devono fornire un determinato valore numerico, o meglio un valore reale.

Esempi sul dominio di funzioni 1) Consideriamo la funzione polinomiale

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e consideriamo il punto x=3. Sostituendo tale valore nell’espressione di x facendo i calcoli troviamo

La funzione è quindi definita in x=3 e tale numero reale appartiene a Dom(f).

2) Consideriamo la funzione

Se però proviamo a calcolare y=f(-5), troviamo che l'espressione della funzione restituisce a denominatore -5+5=0. Da che mondo è mondo non si può dividere per zero, quindi x=-5 non appartiene al dominio della funzione. Di conseguenza il dominio della funzione è tutto l'asse reale escluso il punto x=-5. In simboli

3) Consideriamo la funzione

scegliamo un qualsiasi valore reale x e sostituiamolo nell'espressione, valutando la funzione y=f(x) in tale punto. Nessun problema: il dominio della funzione è tutto l'asse reale

4) Ora consideriamo

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La funzione logaritmica per definizione deve avere argomento positivo. Non c'è niente da capire: il logaritmo naturale è fatto così, lo stesso vale per i logaritmi con base qualsiasi loga(x) (attenzione al fatto che per definizione anche la base a del logaritmo deve essere positiva e diversa da 1). La funzione considerata ha dunque dominio

cioè l'insieme dei numeri reali positivi che possiamo anche denotare con R+ (simboli matematici). 5) Ragioniamo sulla funzione

Qual è la regola per il calcolo della radice quadrata di un numero? Che l'argomento della radice sia non negativo, ossia maggiore o uguale a zero. Possiamo allora valutare tale funzione in qualsiasi x che soddisfi x+2>0, e risolvendo questa semplice disequazione si trova che

ossia il dominio di f è dato da tutte le x che sono maggiori o uguali a -2. 6) Data la funzione

non dobbiamo imporre alcuna condizione perché, trattandosi di una radice cubica, può essere valutata sia per numeri positivi che per numeri negativi.

7) Consideriamo la funzione

La funzione tangente per definizione è data da

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Non potendo dividere per zero dobbiamo richiedere cos(x)=0, condizione che si traduce in

Analogo ragionamento vale per la funzione cotangente

definita da

dunque imponiamo sin(x)=0, che fornisce le soluzioni

Come trovare il dominio di una funzione Fino a qui nulla di così complicato. Ora però vogliamo delle regole generali che ci permettano di calcolare il dominio di una qualsiasi funzione. Prima di procedere lo studente zelante potrebbe sollevare una semplice obiezione: se il dominio di una funzione è l'insieme di partenza, perché preoccuparsi di determinarlo? Risposta: perché nella maggioranza dei casi disporremo solamente dell'espressione analitica della funzione priva della specificazione relativa al dominio. Lo scopo del gioco, qui e nel 99% degli esercizi di Analisi Matematica, richiede di saper calcolare il dominio disponendo unicamente dell'espressione analitica della funzione. Veniamo a noi. Ricordate le equazioni fratte, o le equazioni logaritmiche, o ancora le disequazioni irrazionali? Se sì saprete sicuramente che per risolverle è necessario determinare le condizioni di esistenza prima di iniziare a smanettare con i calcoli. Qui funziona più o meno allo stesso modo. Prima di fare qualsiasi cosa con una funzione,

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dobbiamo stabilire qual è il più grande sottoinsieme su cui essa è definita. Le uniche condizioni sono le seguenti, e non ce n'è nessun'altra.

Ogni volta che c'è una frazione poniamo il denominatore diverso da zero. Se y=f(x) contiene

poniamo

Ogni volta che c'è un logaritmo poniamo l'argomento maggiore di zero e la base maggiore di zero e diversa da 1.

poniamo

Ogni volta che c'è una radice con indice pari poniamo l'argomento maggiore-uguale a zero.

poniamo

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Ogni volta che c'è un arcoseno o un arcocoseno poniamo l'argomento compreso tra -1 e 1, estremi inclusi.

oppure contiene

poniamo

Occhio che tale condizione, essendo una doppia disequazione, racchiude due disequazioni che devono valere contemporaneamente:

Ogni volta che c'è un'arcosecante o un'arcocosecante poniamo l'argomento minore-uguale a -1 o maggiore-uguale a 1

oppure

poniamo

Ogni volta che c'è una esponenziale con base variabile poniamo la base maggiore di zero.

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Ossia: se la funzione è della forma

imporremo

Se non compare nessuno dei personaggi appena citati, il dominio è tutto R. Attenzione al dominio con tangente, cotangente, secante o cosecante! Osserviamo come particolare esempio che la funzione tangente, la funzione cotangente, la funzione secante e la funzione cosecante rientrano per loro stessa definizione nella condizione delle frazioni. Il dominio prima di tutto... Le regole appena elencate dettano specifiche condizioni di esistenza da imporre in presenza di determinati termini. Oltre ad esse c'è una ulteriore, importante regola da prendere in considerazione: il calcolo del dominio viene prima di tutto. Con ciò intendiamo che, disponendo dell'espressione analitica di una funzione, la prima cosa da fare sempre e comunque è osservarne l'espressione e imporre le relative condizioni di esistenza. La prima in assoluto: non possiamo nemmeno effettuare eventuali semplificazioni algebriche, perché così facendo rischieremmo di semplificare eventuali termini e le relative condizioni di esistenza. Dunque, in linea generale: 1) determineremo innanzitutto il dominio della funzione; 2) procederemo ad eventuali semplificazioni algebriche, tenendo a mente che l'espressione semplificata è definita solamente sul dominio determinato al punto 1). Esempio Le funzioni

hanno domini rispettivamente dati da

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e su tali domini possono essere riscritte nella forma

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ESPONENZIALI E LOGARITMI Le potenze con esponente reale: è una potenza con esponente reale. La base è dunque sempre positiva, mentre l’esponente può essere anche negativo o nullo; il risultato è sempre un numero positivo. Proprietà delle potenze:

Casi particolari: La funzione esponenziale: Ogni funzione del tipo Se

RxeRacona x ÎÎ +,a x

( )( )

nm

n m

nn

n

nn

n

n

nnn

nnn

mnmn

mnmn

aa

aaa

eparticolarinba

ab

ab

baba

baba

aaaaaa

=

=÷øö

çèæ=÷

øö

çèæ=÷

øö

çèæ=

=

×=×

=

--

-

+

11,

::

:

1,00,11 0 === axx

+® RRf : ( )+Î= Rapositivorealenumeroaconay x ,edecrescentsempreocrescentesempreoèleesponenziafunzionelaa ,1¹

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Le equazioni e le disequazioni esponenziali: Una equazione esponenziale contiene sempre almeno una potenza in cui compare l’incognita nell’esponente: . Per risolvere un’ equazione esponenziale, si devono scrivere come potenze con la stessa base.

Esempio:

Una disequazione esponenziale contiene almeno una potenza con l’incognita all’esponente. Per risolvere le disequazioni esponenziali si tiene conto che:

Esempio 1:

Esempio 2:

La funzione logaritmica: Ogni funzione del tipo , con a numero reale positivo e diverso da 1.

ba x =bea

3443338127 43 =®=®=®= xxxx

yxalloraaaeaseyxalloraaaease

yx

yx

<><<

>>>

,10,1

23321222 32 >®>>=> xxalloraachevistox

5131

31

31 5

<<=÷øö

çèæ>÷

øö

çèæ xalloraachevisto

x

RRf ®+: xy alog=

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Le equazioni e le disequazioni logaritmiche: Una equazione logaritmica contiene sempre l’incognita nell’argomento di almeno un logaritmo. Esempio:

Fra le disequazioni logaritmiche consideriamo quelle del tipo: Per la risoluzione si deve tener conto della regola:

E risolviamo il sistema formato da: condizioni di esistenza dei logaritmi e la disequazione che si ottiene dalla disuguaglianza degli argomenti. Esempio:

( )

( ) ( )

esistenzadiervallonellèperchèeaccettabilsoluzionexxx

perchèxxxECeRisoluzion

x

int'887117

01ln1ln7log707..:

07ln

=+==-

==->®>-

=-

( ) ( )xBxA aa loglog >

yxallorayxeaseyxallorayxease

aa

aa

<><<>>>

,loglog10,loglog1

( )

5intint'52

132..02

3log2log31

31

>îíì

>>

îíì

<>->-

<-

xèervallidueitraersezionelxx

nedisequaziodisegnoilcambiaregolalaperquindiaperchèxECx

x

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DOMINIO ESPONENZIALE Come si determina il dominio dell'esponenziale? Il dominio dell'esponenziale è sempre tutto R o varia a seconda dei casi? Potreste mostrarmi qualche esempio sul calcolo del dominio della funzione esponenziale a base variabile? Il dominio dell'esponenziale si trova imponendo che la sua base sia una quantità maggiore di zero ed aggiungendo eventuali condizioni di esistenza dell'esponente.

Pertanto non è vero che il dominio della funzione esponenziale è tutto R. Tale affermazione è vera solo nei casi in cui: - la base è un numero maggiore di zero e - l'esponente è una quantità definita in tutto l'insieme R dei numeri reali. Qui di seguito abbiamo riportato alcuni esempi sul dominio dell'esponenziale, mettendo in evidenza alcuni dei casi più frequenti negli esercizi. Dominio esponenziale in base e Il dominio della funzione esponenziale in base e è dato dal dominio del suo esponente, quindi per trovare il dominio della funzione esponenziale avente come base il numero di Nepero basta imporre le eventuali condizioni d'esistenza del suo esponente. Esempi

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Dominio esponenziale fratta Se la funzione esponenziale presenta ad esponente una funzione razionale fratta, per trovare il dominio dobbiamo: - imporre che la base sia maggiore di zero e - imporre le eventuali condizioni di esistenza della base e - imporre che il denominatore sia diverso da zero. Esempio Per trovare il dominio di

dobbiamo risolvere il seguente sistema di disequazioni

da cui si ottiene

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le cui soluzioni sono

e coincidono col dominio della funzione in esame. Dominio esponenziale sotto radice Quando l'esponenziale è il radicando di una radice con indice pari, per trovare il dominio dobbiamo: - imporre che tutto il radicando sia maggiore o uguale di zero; - imporre che la base dell'esponenziale sia maggiore di zero; - imporre le eventuali condizioni di esistenza della base dell'esponenziale; - aggiungere eventuali condizioni di esistenza dell'esponente. Esempio Trovare il dominio della funzione

Dal momento che la base dell'esponenziale è un numero maggiore di zero, per calcolare il dominio della funzione data è sufficiente imporre le seguenti condizioni

Poiché la funzione esponenziale è sempre positiva, indipendentemente dal valore dell'esponente, la disequazione esponenziale

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è soddisfatta per ogni x ad eccezione dei valori che annullano il denominatore dell'esponente, che troveremo risolvendo la seconda relazione del sistema

Procedendo col metodo risolutivo per le equazioni di secondo grado troviamo che

Pertanto il dominio della funzione è

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TEOREMA DEI SENI Il teorema dei seni in Trigonometria stabilisce che in un triangolo qualsiasi il rapporto tra la misura di un lato ed seno dell'angolo opposto ad esso è costante. In altri termini i rapporti tra le lunghezze dei lati ed i seni dei rispettivi angoli opposti sono uguali. Enunciato: dato un triangolo qualsiasi i rapporti tra le misure dei lati ed il seno degli angoli opposti sono costanti e coincidono tra loro. L'enunciato può essere espresso in forma equivalente come segue: in un triangolo qualsiasi, ogni lato è in proporzione diretta con il seno dell'angolo opposto. Con riferimento alla figura seguente possiamo esprimere il teorema dei seni con la seguente formula:

Si noti che nella figura abbiamo usato l'usuale nomenclatura per lati e angoli, chiamando a, b, c i tre lati del ed indicando con i rispettivi angoli opposti. Enunciato completo del teorema dei seni Dal momento che un triangolo è sempre inscrivibile in una circonferenza (il cui centro è detto circocentro ed è il punto di incontro degli assi dei lati del triangolo), possiamo enunciare il teorema dei seni in una forma equivalente e a ben vedere più esaustiva della precedente.

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Enunciato equivalente: in un triangolo qualsiasi il rapporto tra un lato ed il seno dell'angolo opposto è costante e coincide con il diametro della circonferenza in cui è inscritto. Volendo esprimere il teorema dei seni in formule, scriveremo

dove con R indichiamo il raggio della circonferenza in cui è iscritto il triangolo.

Dimostrazione del teorema dei seni Per dimostrare il teorema dei seni è sufficiente applicare il teorema della corda ai tre lati. Se ad esempio consideriamo il lato a, possiamo scrivere

da cui, dividendo ambo i membri per il seno dell'angolo

Sempre in forza del teorema della corda la misura del lato b è data dal prodotto tra il diametro della circonferenza circoscritta ed il seno dell'angolo B che insiste su di esso, ossia

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Dividendo ambo i membri per il seno dell'angolo:

Infine, ripetendo lo stesso ragionamento per il terzo ed ultimo lato C, abbiamo

il che ci porta, dopo aver diviso ambo i membri per il seno dell'angolo, ad avere

Il teorema è così dimostrato. Applicazioni ed esempi sul teorema dei seni Come abbiamo anticipato all'inizio, il teorema dei seni è utile per risolvere qualsiasi triangolo. Nella pratica esso ci consente di: - calcolare la misura di un lato conoscendo la misura di un altro lato e l'ampiezza di due angoli; - determinare l'ampiezza di due angoli conoscendo la misura di due lati e l'ampiezza del terzo angolo; - determinare la lunghezza del raggio o del diametro della circonferenza circoscritta al triangolo una volta nota l'ampiezza di un angolo e la misura del lato opposto. Si noti che, a seconda dei casi, si può sempre partire dalla formula che abbiamo enunciato in precedenza ed effettuare semplici passaggi algebrici per ricavare le formule inverse del teorema dei seni, in modo che esaudire le richieste dei vari problemi. Esempio sul teorema dei seni Risolvere il triangolo caratterizzato dalle seguenti proprietà: un angolo misura 30°, il lato opposto ad esso misura 2 centimetri ed uno degli altri due lati è lungo 4 cm. Svolgimento: prendendo come riferimento la figura iniziale sul triangolo, consideriamo i dati forniti dalla traccia del problema

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Risolvere il triangolo vuol dire trovare le misure mancanti, nel nostro caso la misura del terzo lato e l'ampiezza degli altri due angoli. Grazie al teorema dei seni possiamo scrivere

e da tale relazione possiamo ricavare l'ampiezza dell'angolo B. Infatti, dividendo ambo i membri per B otteniamo

da cui passando al reciproco di entrambi i membri

Sostituendo i dati in nostro possesso e ricordando che il seno di 30° vale 1/2, si ha:

Essendo il seno di 90° pari ad 1 ne deduciamo che , ossia abbiamo a che fare con un triangolo rettangolo. L'ampiezza dell'angolo si può calcolare facendo ricorso alla formula sulla somma degli angoli interni di un triangolo:

Per individuare la misura del lato c possiamo riutilizzare il teorema dei seni mediante la relazione

o, visto che il triangolo in esame è rettangolo, far ricorso alla formula del teorema di Pitagora.

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TEOREMA DEL COSENO Il teorema del coseno, o teorema di Carnot in Trigonometria, consiste in una formula per calcolare la misura di un lato di un triangolo qualsiasi a partire dalle misure degli altri due lati e dal coseno dell'angolo tra essi compreso. Il teorema del coseno o di Carnot è un teorema fondamentale della Trigonometria che permette di risolvere un qualsiasi triangolo. In questa lezione ne forniremo l'enunciato e ne daremo la dimostrazione. Teorema del coseno (o teorema di Carnot) Enunciato: in un triangolo qualsiasi il quadrato della misura di un lato è dato dalla somma dei quadrati delle misure degli altri due lati, meno il loro doppio prodotto moltiplicato per il coseno dell'angolo tra essi compreso. Ebbene, l'enunciato del teorema di Carnot potrebbe sembrare un po' ingarbugliato. In realtà è molto più semplice di quanto sembri: vi suggeriamo di fare riferimento alla seguente figura e di capire la logica del teorema. In questo modo non avrete problemi a ricordarne la tesi e potrete ricavare la formula del teorema del coseno in un attimo, ogniqualvolta vi serva. Disegniamo un triangolo qualsiasi e adottiamo la solita nomenclatura per lati e angoli

Il precedente enunciato si traduce in tre formule del teorema di Carnot, una per ciascuno dei tre lati del triangolo. Fissiamo la nostra attenzione sul lato a. Il teorema

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di Carnot ci dice che il quadrato di tale lato (a2) è uguale alla somma dei quadrati degli altri due lati (b2+c2) a cui va sottratto il loro doppio prodotto (2bc) moltiplicato per il coseno dell'angolo compreso tra essi cos(a). Pertanto applicando il teorema del coseno al lato a risulta che

Ripetendo lo stesso ragionamento possiamo scrivere una formulazione del teorema del coseno anche per gli altri due lati del triangolo: per il lato b, tenendo conto che B è l'angolo compreso tra i lati a, c

e per il lato c, tenendo presente che è l'angolo compreso tra i lati a, b

Dimostrazione del teorema del coseno Proponiamoci ora di dimostrare il teorema di Carnot e per farlo vediamo come ricavare la formula relativa al lato a. Dalla generalità del ragionamento seguirà la validità dell'enunciato per ognuno dei lati del triangolo.

Disegniamo un triangolo ABC e tracciamo l'altezza relativa al lato b.

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Prendiamo in considerazione il triangolo rettangolo ABD e utilizziamo su di esso i teoremi goniometrici sui triangoli rettangoli, grazie ai quali possiamo esprimere: - il lato BD in funzione dell'angolo a e del lato AB:

da cui si vede che il cateto BD è dato dal prodotto tra l'ipotenusa AB ed il seno dell'angolo opposto. - Il lato AD in funzione di AB e del coseno di a

in quanto in un triangolo rettangolo (nel nostro caso ABD) un cateto (AD) è uguale al prodotto tra l'ipotenusa (AB) e il coseno dell'angolo adiacente (a). Ora, per costruzione, il lato DC è dato dalla differenza tra AC e AD, ossia

Sostituiamo in tale relazione l'espressione di AD scritta in precedenza

Applichiamo ora il teorema di Pitagora al triangolo rettangolo BCD

e sostituiamo:

Così facendo ricaviamo

Non ci resta che sviluppare il quadrato di binomio

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e raccogliere a fattor comune il termine AB2

Infine, per la relazione fondamentale della trigonometria, giungiamo a

Abbiamo finito. Rinominando riusciamo a scrivere la precedente relazione nella forma

che è ciò che volevamo dimostrare. Osservazioni sul teorema del coseno 1) Il teorema di Carnot può essere dimostrato anche con il teorema delle proiezioni , di cui ci occuperemo nella prossima lezione. Dopo averlo studiato sarebbe didatticamente interessante che voi provaste a proporre un'opportuna dimostrazione da soli. 2) Il teorema del coseno non è altro che una generalizzazione del teorema di Pitagora applicabile ai triangoli qualsiasi. Supponendo infatti che α sia un angolo retto, per tale teorema abbiamo

Essendo il coseno di 90° uguale a zero, ricadiamo proprio nella formulazione del teorema di Pitagora

infatti il lato a, essendo quello opposto all'angolo retto, è proprio l'ipotenusa e gli altri due lati b e c saranno quindi i cateti. Utilizzo del teorema del coseno

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Il teorema del coseno è utile per risolvere i triangoli qualsiasi nei seguenti casi: - se si conosce la misura di due lati e l'ampiezza dell'angolo tra essi compreso; - se è nota la misura dei tre lati del triangolo. Vi facciamo notare che non ha senso scrivere esplicitamente alcuna delle formule inverse del teorema di Carnot, dal momento che sarebbero inutilmente complicate nella loro generalità. È molto più conveniente ricordare la formulazione generale del teorema e svolgere di volta in volta i passaggi algebrici necessari per raggiungere i risultati richiesti dai problemi. Esempio di applicazione del teorema del coseno Sapendo che due lati di un triangolo misurano 5 e 8 centimetri, e sapendo che l'angolo tra essi compreso è ampio 60°, calcolare la misura del terzo lato. Svolgimento: facendo riferimento alla figura del triangolo iniziale, supponiamo che siano

Grazie al teorema di Carnot possiamo trovare immediatamente la misura del lato c

Ricordando che il coseno 60° di vale (valori delle funzioni trigonometriche) e facendo qualche conticino, abbiamo

la cui radice quadrata è uguale a 7, per cui c = 7 cm.