I Quaderni della Comunicazione 2011 - Csr

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i Q uaderni d ell a comunicazione la guida per orientarsi nel mondo dei media, della pubblicità e del marketing corporate social responsibility unanuovaidea disostenibilità N° 84, settembre 2011 - Poste Italiane Spa - Spedizioni in A.P. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n. 46) Art. 1 comm.1 DCB Milano

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I Quaderni della Comunicazione sono pubblicazioni monotematiche annuali dedicate all'approfondimento. I contenuti sono studiati per fornire un esaustivo supporto professionale di conoscenza del mercato a tutti i professionisti della comunicazione.

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direttore responsabileSalvatore Sagone - [email protected]

coordinamento editorialeTommaso Ridolfi - [email protected]

hanno collaboratoPaolo D’Anselmi, Francesca Fiorentino, Mario Grasso,

Graziana Saponari, Rossella Sobrero

segreteria di [email protected]

art direction e realizzazioneMarco Viale - [email protected]

fotocomposizione e stampaLasergrafica Polver

direttore commercialeMaria Cristina Concari - [email protected]

account directorAndrea Parmigiani - [email protected]

account managerAlessandra Cellina - [email protected]

Andrea Gervasi - [email protected] Zarone - [email protected]

abbonamentiPaola Morello - [email protected]

I Quaderni della Comunicazioneperiodico mensile n° 84 settembre 2011 registrazione tribunale di Milano n° 679, 30/11/2001

Società Editrice ADC Group Srlpresidente: Salvatore Sagone

amministratore delegato: Giulio Bortolussisede legale: via Freguglia, 2 - 20122 Milano; sede operativa: via Fra Luca Pacioli, 3 - 20144 Milano

redazione: tel: +39 02 83.10.23.45 - pubblicità: tel: +39 02 83.10.23.17 - fax: +39 02 36.59.27.35 [email protected]

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I Quaderni della Comunicazione© Copyright 2011 ADC Group SrlFinito di stampare nel mese di settembre 2011 da: Lasergrafica Polver, via Kramer, 17/19 - 20129

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Editoriale

Siamo ormai giunti al sesto appuntamento dei Quaderni della Comunicazione con la Corporate Social Responsibility, un volume che di anno in anno si propone di fare il punto su un tema quanto mai complesso e delicato che nel corso di questi ultimi anni si è evoluto in nuove e sempre più interessanti direzioni.Prima di tutto perché dal terreno organizzativo e gestionale, spesso accademico, ci si è spostati sempre più verso un approccio pratico e concreto all’idea stessa di responsabilità sociale: come del resto sta faticosamente ma inesorabilmente insegnando il Salone ‘Dal dire al fare’, alle teorie e alle parole devono seguire i fatti.In secondo luogo perché anche su questo fronte la keyword di riferimento è diventata ‘integrazione’: come emerge dai convegni, dalle ricerche e

dalle testimonianze di cui parliamo in queste pagine, la pratica della Csr non può essere disgiunta dalla ‘core strategy’ delle aziende. Ciò significa che l’attenzione all’uso delle risorse (energetiche, ambientali e umane), gli interventi nel sociale e nelle comunità di riferimento, non possono venire ‘a valle’ dei processi produttivi e distributivi: solo quando la sostenibilità è considerata effettivamente un elemento strategico di lungo periodo, infatti, è in grado di produrre risultati. Risultati concreti e misurabili non solo in termini valori intangibili, di reputazione e di immagine, ma anche e soprattutto di bottom line e di profitto.Infine perché riprendendo ancora una volta l’headline del Salone, dopo il passaggio dal dire al fare occorre innestare un circolo virtuoso che dopo la fase del fare implica il tornare a dire ciò che si è fatto e si sta facendo. Sono i consumatori, le persone che lo chiedono. Anzi, lo esigono. Diventare ed essere ‘responsabili’ è ormai solo il primo passo: quello successivo è comunicarlo. E occorre farlo in un modo nuovo, che faccia leva sui benefici reali e tangibili che la Green Economy può dare a ciascuno di noi. Un brand ‘sostenibile’ ha davvero una marcia in più. Ed è questa, come recita il titolo del Quaderno, la ‘nuova idea’ della sostenibilità.

Salvatore Sagonepresidente ADC Group

e direttore responsabile news e contenuti di ADVexpress

Una marcia in più

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Editoriale, di Salvatore Sagone 7

PRIMA PARTE: LA GEOGRAFIA DEL MERCATO Capitolo 1. Il brand si fa green 12 Capitolo 2. L’importanza della filiera 16Capitolo 3. Il Salone dell’interattività 32 Capitolo 4. Il valore dell’integrazione 44 Capitolo 5. Il sostenibile peso della RSI 50 Capitolo 6. Avvicinare la Csr ai cittadini 56 Capitolo 7. CRM: investimenti in crescita 60 Capitolo 8. I suoi primi 40 anni 62 Capitolo 9. Giovani e responsabilità 68 Capitolo 10. Separare i belli dagli utili 72

SECONDA PARTE: I PROTAGONISTI British American Tobacco Italia. Dialogo e concretezza 78 CrowdM Italy. Donare è facile come un ‘click’ 82 ENEL. La ‘nuova normalità’ 86 Gruppo Erg. Strategie trasparenti 90 Gruppo Sisal. La responsabilità è vincente 94 Koinética. Imprese e volontariato 98 Renault Italia. Ricominciare da Zero 102Vodafone. Sostenibilità d’Impresa 106

DOVE TROVARLI Gli indirizzi 112

Indice

indice

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la geografia del mercato

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È Toyota a guidare la classifica dei 50 Best Global Green Brands del 2011, uno studio condotto sulla base dell’edizione 2010 dell’Interbrand Best Global Brands (classifica annuale dei brand a più alto valore economico), che per la prima volta ha analizzato e comparato la percezione da parte dei consumatori e la performance concreta e misurabile delle più importanti marche globali nell’ambito della sostenibilità e della Corporate Social Responsibility. Le analisi condotte da Interbrand mostrano che i migliori brand ‘green’ sono quelli che hanno saputo differenziarsi impegnandosi in attività ritenute rilevanti dai consumatori e, allo stesso tempo, hanno implementato strategie di sostenibilità ambientale in diversi processi aziendali, talora misurandone la performance e rendendola di pubblico dominio.Condotta nei primi 10 mercati mondiali - Stati Uniti, Cina, Germania, Francia, Gran Bretagna, Italia, Brasile, Spagna e India – la ricerca ha messo in luce quanto il concetto di sostenibilità influenzi il processo d’acquisto e ha analizzato il grado di conoscenza generale dei consumatori delle azioni di CSR intraprese dalle aziende.Per ogni singolo brand è stata effettuata una duplice valutazione: da un lato sulla percezione che i consumatori hanno del brand

Il brand si fa greenAgli studi pubblicati da Havas ed Edelmann negli scorsi anni, si sono aggiunte nuove ricerche di OgilvyEarth, Landor e Interbrand (con la classifica ‘Best Global Green Brands): segno tangibile della crescente attenzione che il mondo della comunicazione comincia finalmente a prestare al tema del valore aggiunto che Csr e sostenibilità possono dare alle marche.

stesso in termini di sostenibilità; e dall’altro sulla vera e propria performance della marca e dell’impresa, attraverso una metodologia di valutazione basata su dati pubblicamente disponibili (come tutte le analisi Interbrand), sviluppata da Deloitte. Il valore finale attribuito a ogni brand è proprio la risultante tra percezione e performance: la differenza tra questi due fattori rappresenta la distonia tra effettive azioni e le percezioni dei consumatori. Guardando la classifica, ad esempio, Toyota emerge come esempio da manuale di come la sostenibilità possa essere una priorità manageriale e allo stesso tempo diventare un canale preferenziale per il dialogo con i consumatori a livello globale. Un caso di reputazione talmente forte e costruita nel corso di anni, per di più, che nonostante la ‘cattiva’ gestione sotto il profilo comunicativo dei richiami di un gran numero di vetture, la sua immagine di qualità e sostenibilità non ne è risultata scalfita se non in minima parte. L’automotive, del resto, insieme all’elettronica di consumo, guida la classifica Interbrand grazie alla duplice capacità di sviluppare programmi di sostenibilità all’interno delle proprie organizzazioni ma anche di comunicare all’esterno le proprie azioni di Csr.È anche interessante rilevare i gap più profondi fra percezione e performance, sia in

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TOP GREEN BRANDS

1234567891011121314151617181920212223242526272829303132333435363738394041424344454647484950

64,1963,3363,0859,4159,0658,9058,8558,8157,6657,3257,1856,8156,4356,1555,8455,2454,9454,7354,6854,6754,5554,5154,4854,2454,0653,8953,3853,1353,0453,0252,6152,5852,4752,0850,9450,8150,3650,1649,3249,2648,3947,9947,7847,0747,0646,9746,9046,5446,1245,76

Toyota3MSiemensJohnson & JohnsonHewlett-PackardVolkswagenHondaDellCiscoPanasonicHyundaiBMWAppleDanoneL’OréalMercedes-BenzNikeSonyIBMFordAllianzNokiaadidasGESamsungIntelCoca-ColaCanonPepsiMicrosoftXeroxPhilipsShellCaterpillarCampbell’sKellogg’sAvonSAPIkeaSantanderAxaStarbucksNintendoCredit SuisseMcDonald’sCitiBarclaysHSBCUPSAccenture

BRAND SECTOR SCORE GAP*

-7,640,746,442,35

12,881,82

-11,1111,0815,0712,6811,284,90

-0,481,39

22,682,637,834,84

13,93-13,61-0,1317,267,48

-23,1711,7610,63-19,61

7,46-1,98-8,6914,279,884,07

-6,066,90

-16,140,92

-0,20-16,64-5,70-2,72

-13,018,236,25

-27,9611,81

7,1315,86-9,79

-13,18

AutomotiveDiversifiedDiversifiedFMCGElectronicsAutomotiveAutomotiveElectronicsBusiness ServicesElectronicsAutomotiveAutomotiveElectronicsFMCGFMCGAutomotiveSporting goodsElectronicsBusiness servicesAutomotiveFinancial servicesElectronicsSporting goodsDiversifiedElectronicsElectronicsBeveragesElectronicsBeveragesComputer softwareElectronicsElectronicsEnergyDiversifiedFMCGFMCGFMCGBusiness servicesHome furnishingsFinancial servicesFinancial servicesRestaurantsElectronicsFinancial servicesRestaurantsFinancial servicesFinancial servicesFinancial servicesTransportationBusiness services

* Differenziale fra performance e percezione - Fonte: ‘Best Golbal Green Brands’ Interbrand, 2011

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positivo che in negativo. Per esempio, nei casi di L’Oréal, Nokia e HSBC, tale gap è a favore della performance, cioè ‘fanno più di quanto dicono’: si evidenzia quindi un’opportunità per questi brand di rafforzare la comunicazione nei confronti dei consumatori riguardo al proprio reale impegno ambientale. Viceversa, per McDonald’s o Coca-Cola il gap va in senso opposto: non perché non facciano abbastanza, ma perché è l’elevata visibilità e forza di questi brand a influenzare positivamente anche la percezione in termini di sostenibilità.

Consumatori: più parole che fattiPreoccupati per l’inquinamento, gli italiani sono anche consapevoli (spesso più dei consumatori negli altri Paesi europei) che i loro comportamenti a casa e davanti agli scaffali dei punti di vendita sono importanti per la tutela dell’ambiente. È quanto emerge da un’indagine globale svolta da Nielsen lo scorso aprile 2011 in 51 Paesi di Europa, America Latina, Medio Oriente, Africa, Nord America, Asia-Pacifico.Fra le maggiori preoccupazioni degli italiani rispetto all’ambiente al primo posto è ciò che ognuno di noi vive in prima persona: inquinamento dell’aria (86% rispetto al 66% degli inglesi e al 73% dei tedeschi), dell’acqua (86% contro il 64% degli inglesi, il 69% dei tedeschi e l’82% dei francesi), e uso dei pesticidi (80% percentuale molto più alta rispetto a inglesi, tedeschi e francesi), cui seguono quelle per il riscaldamento globale (77%) e la mancanza d’acqua (77%). Per le aziende, ciò significa trovarsi di fronte a un consumatore che nel processo di acquisto non sceglie più solo in base a prezzo, qualità, convenienza, ma valuta il valore complessivo del prodotto: cioè qualità E prezzo E tipo E impatto ambientale della produzione E dello smaltimento E sensibilità sociale della marca.

Aumenta la sensibilità sul tema del rapporto fra aziende e ambiente: da un lato ci si dichiara preoccupati per gli sprechi del packaging (lo fa il 79% degli italiani, superati solo dai francesi, 81%, mentre tedeschi, spagnoli e inglesi lo sono molto meno); dall’altro l’88% degli italiani ritiene molto o abbastanza importante che le aziende implementino programmi per migliorare l’ambiente.Molto positivamente sono quindi percepite le iniziative promosse dalle aziende per generare un impatto positivo sull’ambiente: packaging riciclabili, prodotti a efficienza energetica, fabbricati localmente, acquistati presso le fattorie, con poco o senza packaging, prodotti biologici...In realtà, questo ‘dire’ del consumatore si traduce molto poco in ‘fare’: meno di un italiano su quattro (il 23%) dichiara di avere comportamenti ed effettuare scelte di consumo sostenibili spendendo di più per comprare prodotti eco-sostenibili. Il 37% dei nostri connazionali continua ad acquistare prodotti non eco-sostenibili perché più economici, e sempre il 37% compra qualsiasi prodotto che abbia come discriminante il miglior rapporto tra qualità e prezzo. Se è vero che l’ecosostenibilità incuriosisce e attira sempre più i consumatori, conclude quindi la ricerca Nielsen, per il successo delle strategie di green marketing è necessario convincere il consumatore che oltre all’ambiente gli si garantisce la salvaguardia del proprio portafoglio...

Come ottimizzare la comunicazione ‘green’?Un’altro studio condotto recentemente da OgilvyEarth negli Stati Uniti approfondisce proprio il gap di cui parla Nielsen: secondo l’agenzia specializzata in consulenza in tema di sostenibilità, la forte discrepanza fra

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dichiarazioni e comportamenti dei consumatori è dovuta in buona parte proprio alla scarsa qualità dellacomunicazione ‘ambientalista’ che la maggior parte dei brand ha utilizzato fino a questo momento. In particolare, sostengono i ricercatori, perché nella maggior parte dei casi i messaggi improntati alla sostenibilità sono stati rivolti alla nicchia di consumatori che già adotta comportamenti ‘green’, tralasciando invece il ‘mainstream’, la grande massa di chi vorrebbe o potrebbe ma non lo fa.La comunicazione non solo non ha ridotto il ‘Green Gap’, ma lo ha addirittura cementato – spiega la ricerca –, contribuendo a rendere troppo difficile e costoso un comportamento effettivamente sostenibile dal punto di vista pratico, finanziario e sociale. Per esempio, basta guardare gli scaffali di un supermercato per accorgersi che i prodotti bio, eco-sostenibili o equo-solidali possono avere un premium price superiore fino al 100% in più rispetto ai prodotti ‘normali’: una vera e propria ‘tassa’ sulla sostenibilità...Ma il prezzo non è l’unico fattore che incide sulla scarsa capacità di modificare il cambiamento delle persone: il segmento dei ‘Super Green’ si sente ostracizzato e considerato un ‘freak’ da familiari, amici e vicini, mentre i ‘Middle Green’ temono il giudizio negativo dei propri pari (‘stai esagerando!’) quando si tratta di acquistare green a tutti i costi.Ancora, quasi la metà dei consumatori intervistati ammette che più informazioni riceve sul tema ambientale più prova un senso di colpa, preferendo rifugiarsi in una specie di ‘beata’ ignoranza. In altri termini: sapere che gli orsi polari potrebbero estinguersi non è una valida ragione per spegnere la luce uscendo da una stanza, perché paradossalmente questa informazione potrebbe provocare esattamente l’opposto.

Come chiudere il gap? La ricetta che emerge dallo studio è quella di ‘normalizzare’ i comportamenti sostenibili, fornendo una serie di suggerimenti. Fra questi:• resistere alla necessità di rendere la sostenibilità qualcosa che fa sentire ‘diversi’ o ‘cool’;• eliminare la barriera del prezzo per eliminare il preconcetto che i prodotti sostenibili non sono adatti alle persone ‘normali’;• non rivolgersi, come avvenuto finora, solo alla parte femminile del target ma coinvolgere anche gli uomini: lo stanno facendo con successo molte case automobilistiche, con campagne patinate in cui l’enfasi è sulla performance e il design anche quando i veicoli sono ‘ecologici’;• l’immagine verde a tutti i costi è uno stereotipo che non funziona più: molto meglio concentrarsi sui benefit ‘personali’ di prodotti o servizi;• anziché puntare sull’altruismo – che la ricerca ha mostrato essere controproducente – ridare alla comunicazione green un tono edonistico e di piacevolezza.

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SI DEVE all’iniziativa delle aziende riunite nel Laboratorio PMI-Filiera Sostenibile di Fondazione Sodalitas – Filca Cooperative, Gam Edit, Mazzali e Palm, che hanno tutte ripensato già da tempo il proprio modello di business attorno ai valori della sostenibilità, in collaborazione anche con Bureau Veritas – la ricerca sulla filiera sostenibile realizzata da Gfk Eurisko e pubblicata lo scorso marzo, in cui sono stati coinvolti entrambi gli stakeholder che hanno un ruolo decisivo in questo processo: gli uffici acquisti delle aziende (interviste a 183 imprese rappresentative del mercato italiano, oltre a 8 interviste in profondità, nelle fase qualitativa, ai responsabili uffici acquisti di aziende aderenti a Sodalitas) e i consumatori finali (su un campione di 500 consumatori rappresentativi della popolazione italiana). “L’obiettivo della Ricerca – ha affermato Ugo Castellano, Consigliere Delegato di Fondazione Sodalitas – è stato quello di comprendere come la Sostenibilità venga integrata dalle aziende nella gestione della filiera e come impatti sulle decisioni di acquisto dei consumatori. Ed è significativo il fatto che la Ricerca sia stata promossa da un laboratorio interamente composto da PMI. Una volta tanto sono le piccole e medie

L’importanza della filieraPer i consumatori la sostenibilità del prodotto/servizio è al quarto posto tra i criteri di scelta ma, se comunicata meglio, diventerà un requisito sempre più rilevante. Solo un terzo delle imprese, però, gestisce consapevolmente la filiera in modo sostenibile. Lo afferma una recente e approfondita ricerca realizzata da Gfk Eurisko per Fondazione Sodalitas.

realtà italiane a essere all’avanguardia in tema di sostenibilità”. Fra i risultati della ricerca “Per una Filiera Sostenibile: il punto di vista di imprese e consumatori”, sono emersi i driver principali che spingono le aziende alla sostenibilità di filiera, gli ostacoli che possono frenare questo approccio, i mercati in cui la sostenibilità della catena di fornitura è potenzialmente un elemento costitutivo del valore del prodotto e un criterio decisivo nelle scelte d’acquisto.

Il punto di vista delle impreseLa sostenibilità è ormai un valore di riferimento per il 58% delle imprese intervistate, che attribuiscono la stessa rilevanza alle sue tre dimensioni – gli aspetti sociali, gli aspetti ambientali e la relazione con il mercato – tutte percepite come ugualmente importanti (rispettivamente 83%, 78% e 74%). Solo in un quarto delle aziende del campione esiste attualmente un responsabile della sostenibilità/Csr, che nella grande maggioranza dei casi (71%) riporta direttamente al top management (amministratore delegato, direttore generale o consiglio di amministrazione). Risultano coinvolte nelle politiche di sostenibilità - oltre agli acquisti - le risorse

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umane, la produzione e la comunicazione/relazioni esterne.Oltre un terzo delle imprese considera molto importante la sostenibilità di filiera. Tuttavia, solo una minoranza (29%) delle imprese facenti parte del campione dichiara di avere molta familiarità con questo concetto, mentre una percentuale consistente (45%) dichiara di averne

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‘abbastanza’, a conferma della progressiva integrazione di questa dimensione nella cultura aziendale. La conoscenza risulta più diffusa nelle piccole imprese e nelle aziende che operano anche sui mercati esteri.Tre criteri risultano di primaria importanza nella scelta dei fornitori: la qualità del prodotto/servizio acquistato (96%), i tempi di consegna e le condizioni commerciali

TAV.1 - LA SOSTENIBILITÀ COME CRITERIO DI SELEZIONE DEI FORNITORI

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Esistono nella vostra azienda criteri di selezione dei fornitori ispirati a criteri di sostenibilità? D. Per quali acquisti la sostenibilità è criterio particolarmente importante?

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(entrambi all’89%) e, alle spalle di questi – allineato al servizio post-vendita – si colloca “il rispetto dei criteri etici, sociali e ambientali” (63%), che risulta dunque importante ma non ancora primario agli occhi delle imprese. La maggioranza delle aziende (57%) valuta i fornitori anche in base a criteri di sostenibilità; ma questa valutazione, quando effettuata, riguarda quasi sempre i soli fornitori diretti. Inoltre per la maggioranza delle aziende (53%) la sostenibilità è criterio di scelta applicato tuttavia nella selezione dei soli fornitori ‘critici’, ovvero per le forniture direttamente legate ai prodotti/servizi che l’azienda offre. Solo il 15% del campione applica criteri di

sostenibilità alla scelta di tutti i fornitori. Nella maggioranza dei casi sono tenuti in considerazione sia criteri sociali che criteri ambientali, con una leggera prevalenza accordata al rispetto di standard sociali, in particolare quelli riguardanti i diritti dei lavoratori. La maggioranza (54%) delle aziende ha già avuto occasione di riconoscere almeno una volta un premium price a fornitori che davano maggiori garanzie in termini di sostenibilità, e una percentuale solo leggermente inferiore (49%) si dichiara orientata a farlo di nuovo in futuro. Una netta maggioranza (73%) si riconosce nell’opinione che non necessariamente una fornitura sostenibile debba costare più delle altre.

TAV.2 - L’ASPETTO DI SOSTENIBILITÀ PIÙ RILEVANTE PER LA SCELTA DEI FORNITORI

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Se la vostra azienda seleziona i fornitori anche in base a criteri di sostenibilità/CSR, qual è l’aspetto più rilevante?

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Opinioni e atteggiamenti dei consumatoriLa maggioranza dei consumatori (63%) ha già sentito parlare di sostenibilità, anche se solo il 19% di essi(prevalentemente giovani e con un livello di istruzione alto) ritiene di

conoscerne adeguatamente il significato, con una prevalenza degli aspetti ambientali (83%) su quelli sociali (64%). La responsabilità di uno ‘sviluppo sostenibile’ è attribuita in primo luogo al Governo (86%) e alle Amministrazioni locali

TAV.3 - L’IMPORTANZA DELLA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Quanto è importante la ‘sostenibilità della filiera’ per la vostra azienda? D. Per quali motivi la vostra azienda considera importante la sostenibilità della filiera?

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(82%), ma anche le imprese e i cittadini sono viste da una percentuale molto elevata del campione (superiore al 70%) come investiti dalla responsabilità di garantire la sostenibilità dello sviluppo. Il giudizio sull’attuale impegno delle imprese a favore della sostenibilità è differenziato: un terzo del campione (35%)

esprime un giudizio positivo, un terzo un giudizio critico e un terzo si colloca in posizione intermedia. Solo un terzo dei consumatori (32%) ha sentito parlare di ‘sostenibilità della filiera’(una percentuale che cresce nei soggetti di età più matura e – soprattutto - tra chi ha un titolo di studio superiore). Ma dopo che

TAV.4 - I COMPORTAMENTI IMPORTANTI PER GARANTIRE UNO SVILUPPO SOSTENIBILE

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Per ciascuna delle cose qui sotto elencate indichi quanto è importante, secondo Lei, al fine di garantire uno sviluppo sostenibile.

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il concetto è stato sinteticamente illustrato è una larga maggioranza (76%) a ritenere molto importante che un’impresa garantisca la sostenibilità della propria filiera. Oggi già un quarto dei consumatori italiani sceglie quali prodotti acquistare anche in base alla sostenibilità di filiera. Tre quarti dei consumatori accetterebbero inoltre di pagare di più per un prodotto garantito in termini di sostenibilità.

L’attenzione alla filiera è giudicata in prospettiva importante per tutte le categorie di prodotto ma in particolare per i prodotti alimentari (71%) e per i detersivi (65%). E, almeno in teoria, la maggioranza dei consumatori (76%) sarebbe disposta a pagare di più per un prodotto garantito in termini di sostenibilità (anche se – in maggioranza – solo ‘poco’ o ‘pochissimo’ di più).

TAV.5 - I CRITERI IMPORTANTI AL MOMENTO DELL’ACQUISTO

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. In genere quando acquista un prodotto in quale misura tiene conto di ciascuno dei criteri qui sotto indicati?

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TAV.6 - NON ACQUISTO DI PRODOTTI/MARCHE PERCHÉ POCO SOSTENIBILI

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Nel corso degli ultimi 12 mesi le capitato di non acquistare un prodotto o una marca perché poco sostenibile dal punto di vista ambientale ? D. E dal punto di vista sociale?

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TAV.7 - ACQUISTO DI PRODOTTI/MARCHE PERCHÉ PARTICOLARMENTE SOSTENIBILI

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Nel corso degli ultimi 12 mesi le capitato di acquistare un prodotto o una marca perché particolarmente sostenibile dal punto di vista ambientale ? D. E dal punto di vista sociale?

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Le conclusioniL’indagine ha consentito di tracciare un quadro degli attuali orientamenti delle aziende e dei consumatori italiani nei confronti del tema della sostenibilità e più in particolare della sostenibilità di filiera, tema ormai entrato nell’agenda di (quasi) tutte le aziende e di (quasi) tutti i consumatori, così come la consapevolezza della rilevanza delle sue componenti

costitutive Lo snodo decisivo – per le aziende come per i consumatori – appare oggi il passaggio ‘dal dire al fare’, dai buoni propositi a pratiche coerenti; a una consapevolezza e sensibilità diffusa si accompagnano infatti comportamenti conseguenti solo da parte di minoranze ‘virtuose’.Per quanto riguarda le imprese, infatti, è ormai largamente diffusa la consapevolezza ‘teorica’ della rilevanza

TAV.8 - IL GIUDIZIO SUI SETTORI: LE VALUTAZIONI POSITIVE/NEGATIVE

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Qual è il suo giudizio su ciascuno dei settori qui sotto elencati per quanto riguarda l’attuale impegno a favore della sostenibilità?

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della sostenibilità sociale e ambientale. La ricerca ha mostrato la presenza di una minoranza di imprese già attive nella pratica del nuovo paradigma, ma ha al contempo evidenziato i limiti ‘comportamentali’ della maggioranza: solo un quarto delle imprese ha oggi una funzione dedicata a Csr/sostenibilità; solo alcune delle funzioni

aziendali sono coinvolte nelle strategie di sostenibilità; solo un quinto delle imprese redige un Bilancio di Sostenibilità...E la recente crisi economica sembra aver non aver agito come stimolo agli investimenti in Csr/sostenibilità da parte di molte imprese.Anche nella relazione con i fornitori i limiti

TAV.9 - LIVELLO DI ATTENZIONE ALLA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Con quale frequenza le capita di porre attenzione alla sostenibilità della filiera al momento dell’acquisto di un prodotto?

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TAV.10 - IMPORTANZA DELLA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA PER I DIVERSI PRODOTTI

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Per ciascuno dei prodotti qui sotto elencati, indichi in quale misura sarebbe importante fare attenzione all’aspetto della sostenibilità della filiera al momento dell’acquisto.

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sono evidenti: il rispetto di criteri etici, sociali e ambientali è considerato importante ma non primario. La familiarità con il concetto di ‘sostenibilità della filiera’ è ancora limitata e solo un terzo delle imprese la giudica veramente importante. Solo nella metà dei casi è regolare il confronto tra la funzione Sostenibilità e l’ufficio Acquisti, mentre la maggioranza delle imprese dichiara di avere sistemi di controllo sui propri fornitori anche se nella metà dei casi questi sono fondati su ‘autodichiarazione’.

Lo scarto tra il piano dei valori e la pratica quotidiana è evidente anche per i consumatori: è ormai ampiamente condivisa la consapevolezza del contributo che ciascun cittadino può dare alla prospet-tiva di uno ‘sviluppo sostenibile’, ed è pure diffusa la cognizione dei comportamenti concreti che possono essere messi in atto per concorrere alla sostenibilità (in particolare di quelli che oltre a un vantaggio per l’ambiente comportano anche un risparmio economico). Ma i criteri ‘etici’ si collocano solamente

TAV.11 - DISPONIBILITÀ A PAGARE DI PIÙ PER PRODOTTI ‘GARANTITI’

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. In quale misura Lei sarebbe disposto a pagare di più per un prodotto pienamente garantito in termini di sostenibilità della filiera ?

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dopo qualità e prezzo nelle scelte d’acquisto, e solo un terzo dei consumato-ri dichiara di comportarsi coerentemente, escludendo prodotti e marche non sostenibili dai propri acquisti. Infine, il concetto di filiera sostenibile è familiare a pochi anche se – una volta spiegato – la maggioranza ne coglie facilmente la rilevanza, in particolare per alcune categorie di prodotti.

Al tempo stesso – dato di particolare rilevanza – è forte la domanda che i consumatori rivolgono oggi alle imprese: è molto elevata la responsabilità che viene loro attribuita come soggetti in grado di dare un contributo decisivo alla sostenibilità dello sviluppo. Ma è critico il giudizio sul loro attuale livello di impegno e in particolare sulle informazioni fornite a proposito della sostenibilità dei

TAV.12 - LA COMUNICAZIONE ESTERNA E INTERNA

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Nella vostra azienda gli aspetti di sostenibilità del prodotto/servizio vengono valorizzati e comunicati all’esterno? D. E vengono valorizzati e comunicati all’interno?

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prodotti e dei servizi che offrono. Dalla ricerca emerge quindi come oggi ci troviamo in una fase di passaggio, da una sostenibilità che si esprime in un impegno dichiarato ma in azioni ancora sporadiche,

a una sostenibilità che sia davvero parte integrante della qualità di prodotti e servizi per le aziende e criterio primario di scelta per i consumatori. In questa fase un ruolo decisivo spetta alla

TAV.13 - IL GIUDIZIO SULL’INFORMAZIONE DISPONIBILE SULLA SOSTENIBILITÀ DELLA FILIERA

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Qual’è il suo giudizio sull’informazione che è oggi disponibile per i consumatori relativamente alla sostenibilità della filiera dei prodotti che acquistano?

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l’informazione già oggi disponibile. L’aspettativa è rivolta alle imprese, che – come emerso nel corso della ricerca - tendono oggi a comunicare la propria performance di sostenibilità soprattutto agli stakeholder interni all’azienda (69% del campione) piuttosto che a quelli esterni. Le fonti di informazione considerate più affidabili sono le associazioni dei consumatori (56%) e un ente super partes

TAV.14 – LE FONTI DI INFORMAZIONE AFFIDABILI

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

D. Quali fonti considera affidabili per fornire informazioni sulla sostenibilità dei prodotti?

comunicazione, in grado di consolidare una cultura della sostenibilità – in particolare degli aspetti più complessi tra cui la sostenibilità della filiera - e di fornire indicazioni chiare sui comportamenti da mettere in atto. I consumatori chiedono un’informazione più completa e affidabile sulla sostenibilità dei prodotti/servizi con riferimento sia agli aspetti ambientali che a quelli sociali: solo il 19% di loro infatti considera soddisfacente

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(40%) peraltro non specificato; bassa invece l’affidabilità riconosciuta ai media (27%) e ad internet in particolare (17%). Alimentari, detersivi, cosmetici ed elettrodomestici sono le 4 categorie di prodotto sulle quali si ritiene particolarmente importante poter disporre di questo tipo di informazione che, secondo la maggioranza del campione (62%), sarà sempre più al centro delle attenzioni dei consumatori nel prossimo futuro. “I risultati della Ricerca hanno illuminato il percorso del Laboratorio – ha commentato Cinzia Rossini, portavoce del Laboratorio PMI-Filiera Sostenibile di Fondazione Sodalitas –. Ora intravediamo tre possibili aree di sviluppo delle attività: un confronto sui temi con le Grandi Imprese per far rete e opinione; un invito alle PMI a testimoniare

o avvicinarsi alla cultura premiante della sostenibilità; un’azione educativa verso il mercato per far comprendere il vero e profondo valore di un prodotto da filiera sostenibile”.

TAV.15 - IN SINTESI: IL PUNTO DI VISTA DI IMPRESE E CONSUMATORI

Fonte: ”Per una Filiera Sostenibile”, Fondazione Sodalitas/Gfk Eurisko, Marzo 2011

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UN SALONE più vivace e anche molto più ‘visibile’: la settima edizione di Dal Dire al Fare è stata caratterizzata da alcune conferme ma soprattutto da tante novità, che hanno permesso di centrare uno degli obiettivi di quest’anno, ottenendo una maggiore attenzione da parte dei media rispetto alle edizioni passate: oltre 470 uscite su stampa, radio, web e tv, per una readership pari a 274.192.365 di contatti realizzati. Tra le conferme: il gruppo promotore, composto da Regione Lombardia, Provincia di Milano, Milano Metropoli Agenzia di Sviluppo, BIC La Fucina, Fondazione Sodalitas, Koinètica; il Comitato d’Onore con la sua funzione di indirizzo; la collaborazione con l’Università Bocconi che ha garantito il supporto scientifico alla manifestazione. Confermata anche la sede: per il terzo anno la Bocconi ha messo a disposizione alcune aree del prestigioso edificio Grafton di Via Roentgen 1.Le novità principali hanno riguardato allestimento e contenuti: la Mostra completamente digitale, la scelta di quattro aree tematiche, un programma culturale rinnovato, l’introduzione dei Premi Dal Dire al Fare Impresa sociale e Dal Dire al Fare Pubblica Amministrazione.Novità anche sul fronte dei sostenitori della settima edizione: accanto a nomi storici anche

Il Salone dell’interattivitàLa settima edizione di Dal Dire al Fare è stata tutta all’insegna dell’interattività. Molte le novità – la Mostra interamente digitale, la scelta di quattro aree tematiche, un programma culturale rinnovato, l’introduzione dei Premi all’Impresa sociale e alla Pubblica Amministrazione – che hanno reso il Salone più vivace e anche più ‘visibile’.

alcune nuove aziende che per la prima volta hanno deciso di essere presenti alla manifestazione. I main sponsor 2011 sono stati De Cecco, DNV Business Assurance e Fater; gli sponsor Autogrill, Coop Lombardia, ERG, Luxottica, Philips e SAP Italia.Prima volta anche per CONAI – Consorzio Nazionale Imballaggi, che ha sostenuto il Salone e partecipato a diverse attività del programma culturale.

I NUMERI DELLA SETTIMA EDIZIONE

● 3.000 visitatori● 70 organizzazioni presenti● 46 eventi● 140 relatori● 600 studenti● 21 case history alla Maratona delle esperienze● 5 eventi dedicati agli enti locali nello Spazio PA● 9 libri presentati nello Spazio Autori● 3 premi● 48 Racconti della CSR in concorso● 16 istituti superiori alla Mostra Giovani● 500 match tra le organizzazioni presenti

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Le quattro aree tematicheIl Salone 2011 è stato caratterizzato da un percorso articolato in quattro aree tematiche: Competitività sostenibile, Sostenibilità ambientale, Coesione sociale e sviluppo economico, Valorizzazione delle persone. Un percorso che ha contrassegnato tutte le principali attività (la Mostra, i Laboratori etc.) e che ha permesso di approfondire aspetti teorici ma anche di capire come le organizzazioni si impegnano concretamente su questi fronti.La Mostra digitale è stata allestita nel foyer dell’Aula Magna dell’Università Bocconi. Una serie di video e una piattaforma con 16 iPad

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hanno permesso ai visitatori di esplorare gli spazi dedicati alle aziende: pannelli con la presentazione dei progetti, bilanci sociali, video e altri materiali utili ad inquadrare meglio l’impegno dell’impresa. Ogni organizzazione ha scelto un’area e ha portato al Salone le proprie esperienze rispetto al tema scelto. In questo modo sono stati creati quattro percorsi virtuali, contrassegnati da quattro colori utilizzati anche nell’allestimento del foyer.Un’altra innovazione sul piano tecnologico è stata l’applicazione Dal Dire al Fare, scaricabile gratuitamente dall’Apple Store, con tutti i contenuti della Mostra.

L’edizione 2011 del Salone Dal Dire Al Fare è stata caratterizzata da un percorso articolato in quattro aree tematiche – Competitività sostenibile, Sostenibilità ambientale, Coesione sociale e sviluppo economico, Valorizzazione delle persone – caratterizzate dai quattro colori che dominavano gli allestimenti

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I quattro Laboratori – uno per ogni area tematica – hanno rappresentato importanti momenti di approfondimento sugli aspetti più interessanti dei temi trattati nella settima edizione. Ogni Laboratorio ha previsto un intervento di scenario, a cura di un docente Bocconi e di altro ateneo, una riflessione gestita da alcuni studenti sui progetti delle aziende presenti, uno spazio dedicato alle imprese e alle loro buone prassi, un dibattito finale coordinato da un giornalista esperto del tema. Vediamo più da vicino alcuni degli spunti più interessanti emersi dai Laboratori.

● Competitività sostenibileLa ricerca di nuovi prodotti e servizi, il miglioramento del processo produttivo, la scelta di fornitori corretti, una comunicazione che permette al cliente di scegliere in modo consapevole sono alcuni degli aspetti di un nuovo modello di business per l’impresa che

vuole vedere crescere in modo durevole il proprio valore. Una sfida che, in un mercato sempre più globalizzato, si sta giocando in particolare sulla sostenibilità della catena di fornitura. Vanno quindi ripensate le modalità con le quali impostare il proprio business per essere più sostenibili e far crescere la responsabilità del sistema imprenditoriale del nostro Paese.Hanno partecipato a questo Laboratorio: DNV Business Assurance e CONAI – Consorzio Nazionale Imballaggi.

● Sostenibilità ambientaleUn tema che assume dimensioni ampie e diversificate: la riduzione dell’impatto ambientale nel ciclo produttivo (con cambiamenti che costituiscono spesso anche un risparmio economico), l’utilizzo efficiente delle risorse energetiche e la diversificazione di queste fonti, la riduzione degli sprechi etc. Fino ad arrivare all’impegno per la biodiversità e alle azioni per la salvaguardia del patrimonio culturale e per la difesa del territorio. L’impegno delle aziende in questi settori è in costante aumento: nel 2010, secondo uno studio United Nations Global Compact-Accenture, per il 93% dei Chief Executive Officer mondiali la sostenibilità è diventata un elemento fondamentale per il successo delle imprese ed entro dieci anni sarà parte integrante del loro core business. La crisi sta accelerando tale processo: l’80% dei manager intervistati afferma infatti che la crisi ha aumentato l’importanza della sostenibilità. Non solo: secondo The Second Annual Sustainability and Innovation Survey realizzata dal MIT Sloan Management Review con Boston Consulting Group, nel 2011 il 68% delle imprese prevede di aumentare i propri investimenti in sostenibilità.Anche se l’impegno delle imprese è in crescita,

Quest’anno sono stati 46 gli eventi in calendario per il ‘programma culturale’ del Salone, come sempre molto ricco e diversificato. Nella foto, il convegno di apertura ‘Sostenibilità: dalla creazione alla distribuzione del valore’

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sono necessari e urgenti provvedimenti da parte delle istituzioni e la collaborazione da parte dei cittadini. Hanno partecipato a questo Laboratorio: Coop Lombardia, ERG, Ferrarelle.

● Coesione sociale e sviluppo economicoLa longevità e il valore dell’impresa sono collegate al territorio: da un lato perché

l’impresa genera reddito, profitto e lavoro, dall’altro perché il territorio la rende una risorsa collettiva, un bacino di esperienza imprenditoriale, di eccellenza produttiva e creatività a disposizione della comunità.La coesione sociale è un tema che riguarda l’intera società: alle imprese si chiede di occuparsi maggiormente di aspetti che riguardano la vita delle persone, in particolare dei dipendenti, ma anche della comunità in cui l’impresa opera. Un impegno che non deve sostituire quello delle istituzioni, ma che deve essere inteso come un aiuto concreto a favore delle comunità e dei territori. Un rapporto costruttivo e di collaborazione con i diversi soggetti per dare vita a iniziative di sussidiarietà: in questo modo l’impresa valorizza il suo ruolo sociale e viene considerata sempre più un attore responsabile con il quale dialogare e costruire progetti. Il tema è di grande attualità, come ha

All’interno del programma si segnalano anche gli Eventi speciali, lo Spazio Autori e la Maratona delle esperienze (nella foto) durante la quale un pubblico numeroso ha potuto seguire le tante case history proposte dalle organizzazioni presenti

IL COMITATO D’ONORE 2011

Alessandro Beda, Fondazione SodalitasElio Borgonovi, Università BocconiLucia Bormida, Gruppo ERGRoberto Cassago, Provincia di MilanoAntonio De Caro, FerrarelleFilippo Antonio De Cecco, De CeccoSilvio De Girolamo, AutogrillPaolo Giovanni Del Nero, Provincia di MilanoIvan Dompè, LuxotticaWalter Facciotto, CONAIGiorgio Fiorentini, Università BocconiRoberto Ghibaudo, Ricoh ItaliaAndrea Gibelli, Regione LombardiaRenato Grottola, DNV ItaliaEmanuele Invernizzi, Università IULMCarlo Lio, Milano Metropoli Agenzia di SviluppoRoberto Marinucci, FaterGiorgio Merletti, Confartigianato LombardiaEnrico Migliavacca, ANCC-COOPMario Molteni, Università Cattolica del Sacro CuoreLuca Montani, CIFA OngFrancesco Perrini, Università BocconiGuido Podestà, Provincia di MilanoAndrea Prandi, EdisonLorenzo Sacconi, Università di TrentoRossella Sobrero, KoinèticaAntonio Tencati, Università BocconiTiberio Tesi, SAP ItaliaFabio Terragni, BIC La FucinaSergio Tonfi, PhilipsStefano Zamagni, Università di Bologna.

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sottolineato anche Mario Monti, Presidente dell’Università Bocconi, durante il suo intervento al convegno di chiusura del Salone. Secondo Monti la competitività economica si sviluppa e si consolida quando esistono due tipi di coesione: quella tra soggetti che operano nello stesso tessuto sociale e quella tra le diverse generazioni. Una coesione intergenerazionale si crea quando i mercati e i Paesi agiscono pensando al destino delle generazioni future: in questo le imprese possono giocare un ruolo virtuoso attuando i principi della Corporate Social Responsibility. Hanno partecipato al Laboratorio sulla Coesione sociale: De Cecco, Luxottica, SAP Italia.

● Valorizzazione delle personeLa riflessione sulla valorizzazione delle persone comprende gli interventi volti a migliorare la salute, il benessere, l’assistenza sanitaria, l’istruzione. L’impegno per migliorare la qualità della vita dei propri dipendenti e delle persone con le quali l’impresa entra in contatto, porta le organizzazioni a mettere al centro la persona per rispondere alle sue esigenze e per stimolarne creatività, capacità di partecipare, fedeltà. È necessario trovare un equilibrio tra processi tecnici, strategie competitive e valorizzazione delle persone. Ad esempio la valorizzazione della diversità sta diventando un prerequisito per le aziende che hanno scelto di far entrare la responsabilità sociale nel proprio modello di business.Valorizzare le persone è un obiettivo importante per tutte quelle imprese che cercano di creare e consolidare rapporti che nascono e crescono sulla fiducia e sul rispetto reciproco.Hanno partecipato al Laboratorio: Autogrill, Philips.

Il programma culturaleIl programma culturale del Salone è stato come sempre molto ricco e diversificato: quest’anno sono stati 46 gli eventi in calendario.Molto seguito il convegno di apertura ‘Sostenibilità: dalla creazione alla distribuzione del valore’, in cui sono state presentate interessanti testimonianze e alcuni dati su questo tema. Francesco Perrini, direttore del CReSV – Centro Ricerche su Sostenibilità e Valore dell’Università Bocconi, ha illustrato i risultati della ricerca di cui abbiamo già dato conto nel capitolo precedente di questo stesso Quaderno, mentre Andrea Bianchi, del Ministero dello Sviluppo economico – Dipartimento per l’impresa e l’internazionalizzazione, ha

Lo scambio di esperienze, diretto e personale, offre a imprese, pubbliche amministrazioni, organizzazioni non profit l’occasione di conoscersi, confrontarsi, avviare collaborazioni e sviluppare nuove relazioni professionali

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sottolineato che esiste e si afferma sempre più un nuovo modello competitivo con nuove modalità di gestione dell’attività d’impresa attraverso le filiere produttive.Una storia d’eccellenza è stata illustrata da Walter Facciotto, direttore generale CONAI – Consorzio Imballaggi Alluminio, e riguarda l’impegno delle aziende nella prevenzione ecoefficiente, ossia la riduzione dell’impatto ambientale negli imballaggi, prendendo in considerazione l’intero ciclo di vita del packaging, dall’estrazione delle

materie prime al fine vita dello stesso. Il Dossier Prevenzione presentato da CONAI raccoglie le oltre 130 azioni messe in atto da 42 aziende in tema di prevenzione. Gli interventi presentati nel Dossier equivalgono ad una riduzione delle emissioni di CO2 in atmosfera pari a oltre il 30% e l’attività di prevenzione di CONAI ha contribuito, complessivamente, ad evitare all’intera collettività circa 500 milioni di Euro di costi socio-ambientali in oltre 10 anni.La seconda parte del convegno è stata

GLI EVENTI SPECIALI

● A.RES: Artigiani RESponsabili. Il cruscotto della Responsabilità Sociale delle Micro e Piccole Imprese, a cura di Confartigianato Lombardia e BIC La Fucina● Tangenziale Est Esterna di Milano: un dialogo che continua, a cura di TEEM, Tangenziali Esterne● Philips: Livable Cities Award, a cura di Philips● Il secondo Rapporto sulla Responsabilità Sociale d’Impresa del gruppo Ferrero, a cura di Ferrero● Orizzonte ISO 26000: un approccio integrato alla responsabilità sociale per lo sviluppo sostenibile, a cura di De Cecco● DIRE, FARE E… STAMPARE: supporti e tecnologie per uno stampato ecosostenibile, a cura di Arjowiggins e Loretoprint● Lavorare come, lavorare dove, lavorare quanto. Innovazione, giovani e lavoro, a cura di Koinètica● L’innovazione sostenibile di 3M: 30 anni di progetti e risultati concreti, a cura di 3M● La tecnologia digitale per il volontariato e l’inclusione sociale, a cura di BITeB - Banco Informatico, tecnologico e biomedico● Aeroporti di Milano leader europei nella riduzione della “carbon footprint”, a cura di SEA Aeroporti● Aree Produttive Ecologicamente Attrezzate”: un vantaggio competitivo e un beneficio per le imprese, gli enti locali e i cittadini. Quando lo sviluppo industriale sposa la sostenibilità ambientale e la valorizzazione del territorio, a cura di Milano Metropoli Agenzia di Sviluppo● Dalla rendicontazione alla misurazione della sostenibilità, a cura di Fater● Ri-diamo valore ai materiali, creando cultura e ironia, a cura di 13Ricrea e Outin● Pay per Page Green: l’approccio ecosostenibile nelle soluzioni documentali, a cura di Ricoh ● Matching People: il manager una risorsa per l’impresa, a cura di CFMT● CIFA Ong, il business socialmente utile, a cura di CIFA Ong● Il Volontariato d’impresa. Un valore per le aziende, un valore per le persone, a cura di Fondazione Sodalitas● La vetrina dei talenti: le imprese incontrano i giovani creativi, a cura di BIC La Fucina● We make the world run better: l’impegno di SAP sul fronte sostenibilità, a cura di SAP Italia

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dedicata alle imprese: Desideria Cavina del TG5 ha intervistato i main sponsor del Salone sul loro impegno e sulle strategie messe in atto per rendere sempre più competitivo il business. Ciascun relatore del convegno è stato accompagnato sul palco da uno studente di un ateneo diverso: ognuno di loro ha potuto anche porre una domanda agli esperti idealmente a nome dei tanti giovani presenti. Grande partecipazione anche agli eventi organizzati all’interno dello Spazio PA.

Particolarmente interessante l’incontro Regioni ed Enti Locali a confronto, dove è stata offerta una panoramica di progetti realizzati dagli enti pubblici per promuovere la Csr tra le PMI del territorio: dalla valorizzazione delle buone prassi ad attività di sostegno e formazione. Hanno partecipato al dibattito Regione Lombardia, Regione Piemonte, Unioncamere Piemonte, Regione Veneto, Comune di Modena.Nell’incontro Reti, imprese, territorio: uno

Molto seguiti anche i quattro Laboratori di approfondimento, uno per ogni area tematica: ciascuno di essi ha previsto un intervento di scenario, a cura di un docente Bocconi e di altro ateneo, una riflessione gestita da alcuni studenti sui progetti delle aziende presenti, uno spazio dedicato alle imprese e alle loro buone prassi, un dibattito finale coordinato da un giornalista esperto del tema

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scambio di esperienze è stato avviato un confronto tra reti di impresa già attive in diverse parti d’Italia con un focus particolare sul ruolo che Camere di Commercio ed Enti Locali possono assumere per la promozione della Csr sul territorio.La Provincia di Milano, presente al Salone con due assessorati, ha organizzato S&D – Social Dress, iniziativa promossa in collaborazione con l’Università Bocconi, per valorizzare – in vista dell’Expo 2015 – la sostenibilità di atelier, rete distributiva di base, produttori e artisti di moda, cittadini.Il convegno Acquisti pubblici e responsabilità sociale: situazione attuale e prospettive future ha invece affrontato il tema oggi sempre più centrale per l’amministrazione pubblica della sostenibilità nella gestione degli acquisiti negli Enti Locali.

Attenti ai GiovaniIl Salone ha rinnovato anche l’impegno verso i giovani, che hanno risposto positivamente alle diverse proposte e hanno partecipato numerosi alla settima edizione.In un’area dedicata – al piano meno due dell’edificio Grafton – sono state realizzate le diverse iniziative dello Spazio giovani, che, come lo scorso anno, è stato sostenuto da Edison: la Mostra giovani con gli elaborati degli studenti delle scuole superiori sul tema della sostenibilità; il World Café, attività di intrattenimento e riflessione a cui hanno partecipato dieci classi di alcune scuole superiori della provincia di Milano. Alla gestione dello Spazio giovani hanno collaborato due associazioni di studenti universitari: AIESEC e Uniferpi.Dedicato ai giovani, come già nella passata edizione, anche il secondo appuntamento con il concorso I Racconti della Csr. L’iniziativa, aperta a studenti universitari e neolaureati, ha visto la partecipazione di circa 50

studenti che hanno scritto racconti sul tema del volontariato. La giuria – composta da Enzo Argante (Radio 24), Angelo Perrino (affaritaliani.it),Sebastiano Renna (Università di Ferrara), Gino Schiona (CiAl) e Antonio Tencati (Università Bocconi) – ha assegnato il premio a Martina Dei Cas, dell’Università di Trento per il racconto La sarta di Khouribga (che pubblichiamo integralmente nelle pagine successive), che ha ricevuto la ‘Ricicletta’ in palio, una bicicletta in alluminio riciclato offerta da CiAl - Consorzio Imballaggi Allumino.Un ulteriore premio è stato assegnato da Affaritaliani.it a Carlotta Addante, Università di Torino, per il racconto Bartolomeo e C.: un atto d’amore per gli invisibili di Torino. La vincitrice effettuerà uno stage presso la redazione della testata online.

I premi del SaloneTra le novità del Salone 2011 il Premio Dal Dire al Fare Impresa sociale e il Premio Dal Dire al Fare Pubblica Amministrazione per valorizzare l’impegno di organizzazioni (enti locali e imprese sociali) che con le imprese collaborano allo sviluppo della responsabilità sociale sul territorio.Le candidature per la prima edizione dei premi sono pervenute su segnalazione del Comitato d’Onore del Salone, i cui membri hanno proposto soggetti attivi in progetti particolarmente innovativi. Tra i progetti segnalati nella categoria Impresa sociale: agricoltura sociale unita ad interventi lavorativi per persone con disagio psichico e detenuti; tirocini lavorativi per adolescenti e giovani; organizzazione di eventi con percorsi multisensoriali etc. Tra le segnalazioni giunte per il Premio dedicato alla Pubblica Amministrazione: interventi per migliorare la competitività del

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sistema produttivo, soprattutto delle PMI; creazione di Sportelli Csr per sensibilizzazione, formazione, prestazione di servizi, raccolta buone prassi; sostegno alle reti di imprese responsabili sul territorio.

● Dal Dire al Fare ‘Impresa Sociale’La Giuria – composta da Giorgio Fiorentini

(Università Bocconi), Dario Bolis (Fondazione Cariplo), Elio Silva (Il Sole 24 Ore), Andrea Di Turi (L’Avvenire) e Federico Versace (Vigeo) –ha assegnato la targa premio alla cooperativa sociale CAUTO, Cantiere Autolimitazione, per il progetto di selezione rifiuti e recupero materiali provenienti dalla media e grande distribuzione per scopi sociali. Il progetto prevede la strutturazione di un modello

Il Salone ha rinnovato l’impegno verso i ragazzi, che hanno partecipato numerosi alla settima edizione e hanno risposto positivamente alle diverse proposte e attività dello ‘Spazio Giovani’, gestito in collaborazione con due associazioni di studenti universitari, AIESEC e Uniferpi

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innovativo per la gestione completa dei rifiuti prodotti dai supermercati e dalla Grande Distribuzione Organizzata con particolare attenzione alla frazione organica. Con questo sistema vengono poste in campo tre azioni vincenti: incremento dell’attività di selezione e aumento della raccolta differenziata (vantaggio ambientale); implementazione donazioni di alimenti (vantaggio sociale);

creazione di nuovi posti di lavoro e risparmio della GDO e della Pubblica Amministrazione (vantaggio economico-occupazionale).A differenza di altri modelli esistenti, il progetto prevede che i costi siano sostenuti dalle aziende della GDO (e non dai beneficiari) in quanto viene svolto un servizio di gestione rifiuti aziendali. La distribuzione degli alimenti a scopo benefico diviene così un passaggio funzionale alla prevenzione dei rifiuti e non un costo. La parte rimanente dei rifiuti (imballaggi) viene differenziata, i rifiuti organici vengono ritirati da allevatori del territorio.

● Dal Dire al Fare ‘Pubblica Amministrazione’Tra i progetti iscritti, la Giuria – composta da Elio Borgonovi (Università Bocconi), Riccardo Mussari (Università degli Studi di Siena), Stefano Rolando (Università IULM), Mauro Bonaretti (Comune Reggio Emilia) e Luca Brivio (CONAI) – ha premiato la Camera di Commercio di Rimini per il progetto PercoRSI di responsabilità sociale, un’iniziativa pluriennale sviluppata in collaborazione con l’associazione di promozione sociale Figli del Mondo. PercoRSI da tempo opera per mettere in rete soggetti diversi interessati alla creazione a Rimini di un Distretto Economico Responsabile (DER), un territorio capace di unire crescita economica, coesione sociale e tutela ambientale.

Sempre nello Spazio Giovani, sostenuto da Edison, ha avuto luogo il ‘World Café’, attività di intrattenimento e riflessione cui hanno partecipato dieci classi di alcune scuole superiori della provincia di Milano

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LA SARTA DI KHOURIBGA

Cammino curva sotto il peso dell’acqua, mentre mia figlia mi precede correndo. Yasmine l’ho chiamata, che nella mia lingua significa gelsomino, anche se questo fiore non l’ho mai visto. Qui nella provincia di Khouribga si vedono solo i monti Atlante. Io mi sento proprio come quel gigante lontano, con addosso tutto il peso del mondo.Il secchio è colmo: mi fermo a prendere fiato nello spiazzo dove sorgerà il pozzo, il pozzo che cambierà la mia vita.Ho avuto un’infanzia povera e felice, mi hanno insegnato ad essere fiera delle mie origini berbere e dei miei occhi dardeggianti.“Ti sposerai con un uomo ricco” dicevano, e infatti così è stato.Sono la moglie del secondogenito del capo villaggio. Amo mio marito, come lui ama me. Forse proprio per questo se n’è andato in Italia a far fortuna e non l’ho più rivisto. Da un anno non ho sue notizie.Sono anche una sarta, ma lavoro in sordina, perché non sta bene che una madre stia così tante ore immersa tra tessuti colorati e lontana dalle pareti domestiche. Certo, se una casa l’avessi forse ci trascorrerei più tempo, ma vivo dell’elemosina dei genitori di mio marito.

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Un giorno è arrivata in paese un’associazione italo-spagnola e io mi sono rallegrata, pensando che le cose sarebbero cambiate. Hanno costruito una mediateca, piena di sedie, tavoli, computer e ci hanno promesso la scuola. Ma mio suocero è stato irremovibile: “Prima ci serve un pozzo”, ha tuonato di fronte al consiglio riunito e agli stranieri esterrefatti.La sera l’ho supplicato di ripensarci. Gli ho spiegato che forse se i ragazzi ricevessero un’istruzione, la nostra non sarebbe la provincia con il più alto tasso di emigrazione clandestina di tutto il Marocco. Poi gli ho mostrato con veemenza Yasmine che dormiva beata, ma nemmeno la vista di sua nipote ha smosso quella vecchia volpe del deserto.Due ore dopo ho preparato il tè per Karim lo scafista che portava al capo villaggio le provvigioni e gli omaggi del suo superiore. È stato quella sera che ho deciso di partire. Volevo solo che mia figlia andasse a scuola, ma gli italiani sembravano non capire, o forse capivano anche troppo bene, ma non potevano fare niente.Chiudo gli occhi e rivivo il viaggio per mare, lo sbarco… Dio solo sa come ho fatto ad arrivare a Verona. L’ultima volta mio marito mi aveva chiamato da lì.Riapro gli occhi e osservo le mie mani. Non sono più segnate dal lavoro. Sono chiare e lisce. Sollevo lo sguardo: fuori è buio e la neve cade turbinando.La finestra mi restituisce due volti di donne, entrambe a capo coperto. Io da un berretto e la mia interlocutrice da un velo blu. Osservo a lungo Omaima e sua figlia Yasmine, che gioca sul tappeto. Mi sembra impossibile essermi immedesimata tanto a fondo nella sua storia, eppure è successo. Sulla mia maglia troneggia un cartellino che mi definisce volontaria di una onlus, ma mi rendo conto che quella con la volontà d’acciaio in questa stanza è Omaima, che vuole solo poter tessere i fili della propria vita senza che sul più bello qualcuno le strappi il telaio di mano. Abbiamo entrambe vent’anni. Io ho un foglio bianco davanti, lei un universo alle spalle.Non so se riusciremo a trovare suo marito, ma ce la stiamo mettendo davvero tutta. Ci sediamo sul divano accanto a Yasmine e l’abbracciamo. Siamo due donne e una bambina, piene di demoni, ma consapevoli di avere una squadra alle spalle, pronta a soccorrerci in caso di emergenza. Vorremmo solo che dall’Alto Atlante si tornasse a vedere la volta celeste e non l’inferno quotidiano di un popolo sommerso.Ho portato qualche scampolo di stoffa ad Omaima. Ridendo mi promette che mi farà una sciarpa. Ma è un sorriso che non si allarga agli occhi.Si mette all’opera e capisco che l’unica cosa che avrebbe voluto dalla vita è la possibilità concreta di viverla fino in fondo, forse nella sua terra o forse in un’altra, forse con un marocchino o con uno straniero, forse maestra o semplice sarta di Khouribga, ma artefice del proprio destino, come io sto provando ad essere del mio.

Martina Dei CasUniversità degli Studi di Trento

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LA SOSTENIBILITÀ può contribuire alla tenuta del tessuto economico e sociale, favorire la fiducia nel mercato e l’accelerazione della ripresa dalla crisi. Questi i principali messaggi emersi dal Forum Csr 2011, l’appuntamento annuale che l’Associazione Bancaria Italiana dedica alla responsabilità sociale d’impresa che si è svolto a Roma lo scorso gennaio. Giunto alla sua sesta edizione, quest’anno dal titolo ‘Sostenibilità e core business aziendale: un’integrazione che dà valore’, l’evento è stato realizzato in partnership col Csr Manager Network e il Forum per la Finanza Sostenibile, le principali reti italiane che lavorano per la promozione operativa della sostenibilità del business. Hanno partecipato 320 esperti di banche, imprese, istituzioni, organismi internazionali, università, organizzazioni del non profit. I partecipanti hanno ricevuto un documento creato ad hoc, frutto della collaborazione tra ABI e UNI, che contiene la nuova norma internazionale Uni Iso 26000:2010 sulla responsabilità sociale delle organizzazioni.“Tra le banche cresce la consapevolezza che la responsabilità d’impresa è parte integrante dell’attività e come tale può portare reale beneficio: per stare meglio sul mercato, per sviluppare il business, per rendere patrimonio il brand e le conoscenze - ha spiegato Giovanni Sabatini, direttore generale ABI –. L’integrazione

Il valore dell’integrazioneNumerosi i temi dibattuti nel corso della sesta edizione del Csr Forum, organizzato dall’Associazione Bancaria Italiana: in particolare, si è parlato della difficile, ma possibile, integrazione della sostenibilità nel business, ed è stata presentata la ricerca del Csr Manager Network dedicata a ‘Sostenibilità e gestione delle risorse umane’.

della Csr nel business deve essere sostanziale, fare parte di strategie, processi, operazioni, delle relazioni quotidiane con gli interlocutori. Allora può efficacemente contribuire alla tenuta del

Giovanni Sabatini, direttore generale ABI

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tessuto economico e sociale, favorire la fiducia nel mercato e l’accelerazione della ripresa dalla crisi. Le politiche messe in campo dalle banche, anche in questo specifico contesto economico, hanno forti componenti di promozione e di so-stegno allo sviluppo delle famiglie, delle imprese e del Paese in generale”.

Banche in prima lineanel reporting ‘integrato’Il mondo creditizio si conferma attore di primo piano nelle politiche di Csr. Secondo le ultime rilevazioni ABI, la quasi totalità dell’industria bancaria italiana in termini di totale attivo, pari all’80% del sistema, ha formalizzato l’impegno di Csr. Banche che rappresentano più del 75% del totale attivo di sistema pubblicano un

capitolo4

Rendiconto di sostenibilità. Consolidata anche la prassi di allegare e di distribuire il Rendiconto con il bilancio d’esercizio. Se la sostenibilità diventa infatti parte integrante del business dell’impresa, la comunicazione si fa ‘integrata’. Nel corso del Forum ampio spazio è stato dedicato al reporting integrato, frontiera della rendicontazione che catalizza gli interessi di diverse organizzazioni di esperti contabili e di professionisti della sostenibilità. Al Forum ha partecipato Paul Druckman, co-chair dell’International Integrated Reporting Committee (www.integratedreporting.org); in Italia è nato il gruppo per il Report integrato, promosso dall’Oscar di Bilancio-Ferpi, cui ABI partecipa. Reporting integrato non significa più

Gli oltre 320 esperti presenti alla sesta edizione capitolina del Csr Forum hanno ricevuto un documento, nato dalla collaborazione tra ABI e Uni, che contiene la nuova norma internazionale sulla responsabilità sociale delle organizzazioni

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corporatesocialresponsibility

informazioni, ma una diversa qualità delle informazioni che vengono comunicate al mercato e agli stakeholder, che devono essere significative, chiare e trasparenti per chi le riceve. Su questo versante, peraltro, ABI ha avviato una task force con le banche e con le Associazioni dei Consumatori, per adottare set informativi efficaci nelle procedure e nelle comunicazioni che interessano i clienti, modificandone forme e contenuti.Per valorizzare le attività di rendicontazione delle imprese, soprattutto delle piccole e medie, ABI, Confindustria e Ministero dello Sviluppo Economico hanno firmato al Forum un protocollo d’intesa con l’obiettivo di promuovere la maggiore diffusione della sostenibilità e la relativa rendicontazione di fattori sociali, ambientali e di governance come elementi integrativi degli ambiti finanziari, capaci di facilitare il dialogo tra banca e impresa, con particolare attenzione alle PMI.Le attività volontarie delle aziende non bastano per creare una domanda consapevole. Questo è sicuramente un ambito in cui si apre uno spazio di intervento, non invasivo, da parte delle politiche pubbliche. I rappresentanti della Commissione Europea e del Ministero dello Sviluppo Economico hanno illustrato come i temi della responsabilità d’impresa siano già leve della loro politica industriale. L’attenzione alla dimensione sociale e ambientale riguarda anche gli aspetti macro, nell’integrare gli indicatori che misurano la crescita di un paese, come dimostra il lavoro che l’Istat intende avviare per individuare elementi ulteriori rispetto al Pil.

Sostenibilità e gestionedelle risorse umaneNel corso del convegno organizzato, il Csr Manager Network, l’associazione che riunisce i responsabili delle politiche ambientali e sociali delle maggiori imprese italiane, ha presentato i risultati della ricerca ‘Sostenibilità e gestione

delle risorse umane’, realizzata con il supporto di ALTIS (Alta Scuola Impresa e Società dell’Università Cattolica di Milano) e ISVI (Istituto per i valori d’impresa).L’assunzione della responsabilità sociale quale leva strategica per le imprese può migliorare le condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori, fare delle aziende dei luoghi più attenti al benessere dei propri collaboratori anche al di fuori del contesto lavorativo, accrescere produttività e motivazione delle persone, e in prospettiva, essere un elemento di attrazione dei talenti sul mercato del lavoro e di remunerazione delle risorse: queste le principali evidenze dello studio, che ha interessato un campione di Csr Manager e Responsabili Risorse Umane (HR manager). Secondo la ricerca, il tema della sostenibilità è divenuto d’interesse, e in qualche misura prioritario, anche per gli HR manager indicando la possibilità di una crescente affermazione della sostenibilità tra i principi di gestione delle Risorse Umane. Si evidenzia infatti, per la prima volta, un forte allineamento tra Csr Manager (87,5%) e HR manager (80,5%) nel giudicare la Csr come elemento strategico essenziale per lo sviluppo di lungo periodo della competitività (vedi Tavola 1).Secondo i manager intervistati, per essere sostenibile un’azienda deve prestare primaria attenzione a salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, seguono formazione, pianificazione delle carriere e comunicazione interna, mentre aspetti quali lo sviluppo della carriera e le prestazioni monetarie assumono minore importanza (vedi Tavola 2).Dall’analisi emerge inoltre come le aziende animate da una concezione strategica della responsabilità sociale punteranno sempre più a un’attenzione alle persone nella loro completezza, e quindi anche al di fuori del contesto lavorativo e per l’intero ciclo di vita professionale. Tre in particolare gli aspetti chiave:

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capitolo4

• Benessere dei lavoratori. Chi ha giudicato la Csr come strategica ha dato maggiore valore ad iniziative quali: prestare attenzione alla salute (programmi di prevenzione per stili di vita sani; prevenire, monitorare e ridurre lo stress; garantire il benessere psico-fisico dei lavoratori in partnership con le comunità locali. Secondo i manager non esiste quindi possibilità di essere sostenibili se il benessere dei lavoratori non diventa elemento centrale della gestione delle risorse;

• Conciliazione. L’attenzione alla Csr come variabile strategica porta a considerare più rilevanti iniziative di valorizzazione dell’eterogeneità culturale e di genere,

l’attenzione al tema delle conciliazione vita-lavoro e la sensibilità verso i bisogni familiari dei lavoratori/lavoratrici;

• Occupabilità. Si privilegiano iniziative per mantenere le persone occupabili attraverso programmi di formazione e supporto durante tutta la carriera professionale del personale; l’accesso all’istruzione e formazione di base (obbligo formativo); l’offerta di servizi di outplacement, di sostegno alla mobilità e attività di mentoring (supporto di carriera individualizzato da parte di senior manager).

“La ricerca ha mostrato un forte allineamento tra Direttori del Personale e Csr Manager e

TAV.1 - L’ORIENTAMENTO DEI MANAGER VERSO LA SOSTENIBILITÀ

OrientamentoCsr come elemento strategicoLa responasabilità sociale è essenziale per garantire profitti nel lungo periodoLa responsabilità sociale è un fattore critico per la sopravvivenza dell’impresaL’efficacia complessiva di un’azienda è influenzata dal suo livello di responsabilità socialeLe imprese hanno una responsabilità verso la società che va oltre la massimizzazione del profitto

Csr come elemento subordinato al profitto Se la sopravvivenza dell’azienda è a repentaglio, bisogna dimenticarsi della responsabilità socialeLa cosa più importante per l’impresa è fare profitto, anche se questo significa aggirare le regolePer rimanere competitiva in un ambiente globale, l’impresa può trascurare la responsabilità socialeL’efficienza è più importante per un’azienda rispetto all’essere considerata socialmente responsabile

M

5,89

5,45

5,06

6,20

2,07

1,10

1,72

3,37

Scala da 1 (per nulla d’accordo) a 7 (pienamente d’accordo)Fonte: ‘Sostenibilità e gestione delle risorse umane’, Csr Manager Network Italia, 2010

SD

1,12

1,02

1,57

1,17

1,36

0,40

1,04

1,65

M

5,85

5,49

5,05

6,22

2,10

1,05

1,76

3,61

SD

0,99

0,90

1,50

1,15

1,20

0,22

0,94

1,58

M

5,92

5,42

5,06

6,19

2,04

1,15

1,69

3,17

SD

1,23

1,13

1,64

1,20

1,50

0,50

1,13

1,69

Totale HR Manager CSR Manager

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48

corporatesocialresponsibility

TAV.2 – LA PRIORITÀ DELLE INIZIATIVE PER LA SOSTENIBILITÀ

IniziativePrioritariePrestare attenzione alla sicurezzaPrestare attenzione alla soddisfazione e alla motivazioneInvestire nel talento e nelle competenze delle persone

SecondarieRafforzare la reputazione dell’impresa come affidabile e socialmente responsabilePrestare attenzione alla salute dei lavoratoriOffrire programmi di formazione durante tutta la carriera professionale del personaleValorizzare l’etrogeneità culturale e di genereRealizzare programmi formativi e di supporto alle carriere allineati agli obiettivi di business dell’aziendaOffrire un ambiente di lavoro attrattivo e sfidantePrestare attenzione al tema della conciliazioneEssere un’azienda sensibile ai bisogni familiariPrevedere programmi per sviluppare i futuri leaderOffrire opportunità di carriera

RinunciabiliRealizzare iniziative di sensibilizzazione degli impiegati su aspetti ambientali da parte del top managementPrevenire, monitorare e ridurre lo stressPrevere programmi di training finalizzati al miglioramento delle performance ambientaliPromuovere condizioni ergonomiche del posto di lavoroFavorire l’accesso all’istruzione e formazione di baseProgettare i ruoli aziendali per la responsabilizzazione degli individui verso le performance ambientaliProgettare politiche retributive e sistemi di benefit personalizzatiFavorire l’invecchiamento attivoOffrire servizi di outplacement e supporto alla mobilitàPrevedere servizi di mentoringPrevedere stage/tirocini e programmi di apprendistatoGarantire il benessere psico-fisico dei lavoratori in partnership con le comunità localiDefinire programmi di sviluppo internazionale di carriera per i lavoratori e le loro famiglie

Scala da 1 (per nulla d’accordo) a 7 (pienamente d’accordo) - Fonte: ‘Sostenibilità e gestione delle risorse umane’, Csr Manager Network Italia, 2010

M

6,56,16,0

5,8

5,85,6

5,65,6

5,55,55,55,45,1

4,9

4,94,7

4,74,64,6

4,6

4,54,44,44,44,3

4,1

SD

0,90,81,1

1,0

1,21,1

1,21,0

1,11,01,01,31,2

1,2

1,21,2

1,31,61,3

1,3

1,31,51,41,41,3

1,6

M

6,66,16,1

5,8

5,95,8

5,75,8

5,85,35,35,65,0

5,0

5,04,6

5,04,64,4

4,4

4,84,44,34,44,4

4,2

SD

0,80,91,1

1,1

1,10,9

1,11,0

1,11,21,11,21,2

1,3

1,01,2

1,21,71,3

1,2

1,41,41,51,61,1

1,6

M

6,46,16,0

5,9

5,85,4

5,55,4

5,35,65,65,35,1

4,9

4,84,8

4,34,64,8

4,8

4,34,44,44,34,2

4,0

SD

0,90,71,2

1,0

1,41,2

1,31,0

1,00,90,91,31,1

1,2

1,31,2

1,31,51,3

1,4

1,21,61,41,31,4

1,6

Totale HR Manager CSR Manager

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49

capitolo4

l’esistenza di un terreno fertile di collaborazione per il prossimo futuro – ha osservato Caterina Torcia, presidente del Csr Manager Network – per favorire una crescente affermazione anche della sostenibilità tra i principi di gestione delle risorse umane. Il dibattito è aperto, ma è realistico attendersi che le aziende più sostenibili saranno anche quelle più attente al benessere dei lavoratori, e il Csr Manager può svolgere un ruolo importante per una concreta integrazione della sostenibilità nell’organizzazione e nell’operatività aziendale promuovendo innanzitutto la condivisione degli obiettivi”.Molti i punti sollevati dalla ricerca che restano aperti e che saranno oggetto di approfondimenti successivi. Csr e HR Manager hanno ritenuto, per esempio, che la sostenibilità nella gestione delle risorse

umane debba prevalentemente manifestarsi come attenzione alle esigenze delle persone già presenti nell’organizzazione, piuttosto che in termini di posizionamento distintivo sul mercato del lavoro e di attrazione di potenziali futuri lavoratori. L’indagine ha suggerito tuttavia che quest’ultimo aspetto è destinato ad assumere in futuro una sempre maggior importanza. Tre in particolare i punti critici: nell’attività di reclutamento non si presta ancora sufficiente attenzione all’orientamento alla sostenibilità della persona; nella definizione dei compiti afferenti a una mansione non sono ancora specificati quelli di natura sociale e ambientale; la dimensione socio-economica molto raramente entra nei sistemi di valutazione e incentivazione.

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corporatesocialresponsibility

LA PRIMA evidenza che emerge dalla ricerca, condotta da Business International e Amref su un panel di 150 top manager italiani, è la condivisione dell’idea di Csr: la responsabilità sociale è considerata una priorità strategica al pari di interessi aziendali tradizionali come la tecnologia, il talento e i clienti, una strada da percorrere per stare sul mercato ed essere competitivi (Tav. 1). Le aziende stanno modificando il loro modello di business integrando in esso la sostenibilità, nella convinzione che costituisca un fattore discriminante nella preferenza del consumatore e un vantaggio economico per il futuro.

Nuova mentalitàSi registra un significativo cambiamento di men-talità delle aziende che ora, rispetto al passato, ritengono a stragrande maggioranza che gli aspetti correlati alla sostenibilità dovrebbero essere integrati nel business. Secondo la ricerca, il 75% degli intervistati ha intrapreso iniziative di Csr, mentre il 12% afferma di volerle avviare nei prossimi 3 anni, ritenendo che la sostenibilità sia importante per il successo futuro delle loro aziende (TAV.2).Nonostante la percezione strategica della Csr, esistono al livello operativo ancora dei ritardi: la sostenibilità non è intimamente intessuta nella trama del business. I dirigenti devono ancora ricorrere a compromessi fra le pratiche che

Il sostenibile peso della RSIBusiness International, in collaborazione con Amref, ha realizzato la ricerca “Il sostenibile peso della Responsabilità Sociale” sull’adozione di politiche di Csr da parte delle aziende e sulla partnership ONG-imprese. I risultati raccolti evidenziano l’approccio alla responsabilità sociale e le modalità di interrelazione tra ONG e Settore for-profit.

soddisfano gli obiettivi aziendali di breve termine e quelle che contribuiranno a realizzare le esigenze di sostenibilità. Il ruolo del BoardL’adozione di politiche di Csr ha avuto come effetto la creazione di una cultura capillare e condivisa all’interno dell’azienda, coinvolgendo tutte le funzioni aziendali e puntando sulla comunicazione interna e sulla formazione. Oggi ,rispetto a 4-5 anni fa, c’è infatti: una consapevolezza sia da parte dei vertici aziendali che del middle management; una organizzazione/gestione molto più strutturata; più sistematicità nella misurazione e nel monitoraggio.Per dare forza e continuità all’azione viene giudicato essenziale l’impegno personale del Top Management (Tav.3), attraverso la coerenza nei comportamenti e la diffusione e integrazione della cultura della sostenibilità in tutte le scelte strategiche e operative.

La motivazioneIl fattore citato maggiormente tra quelli che spingono le aziende ad agire sui temi della sostenibilità è la brand reputation, selezionato da una percentuale dell’82% come uno dei loro primi tre fattori, seguito da coinvolgimento dei dipendenti (58 per cento), miglioramento del rapporto con le comunità locali (46 per cento) (Tav.4).

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La recessione economica globale ha contribuito alla percezione pubblica che il business stesso sia in parte colpevole della crisi economica, percezione che ha danneggiato le relazioni delle aziende sia con i consumatori che con gli stakeholder. In questo contesto, la dimostrazione di essere corporate responsabili può contribuire considerevolmente a riconquistare la fiducia della società: la costruzione e il mantenimento di una brand reputation positiva possono

capitolo5

contribuire a creare vantaggio competitivo, costituendo una strada percorribile per uscire dalla crisi.

Le aree di impegno prioritarioLe tre principali aree in cui si collocano i progetti per essere percepiti come responsabili sono: tutela dell’ambiente (85%), miglioramento della salute e del sistema sanitario (38%) e diffusione dell’istruzione (37%). (Tav.5)

CSR ITALIAN SUMMIT 2011

La data da segnare in agenda è quella del 20 ottobre: Business International organizza infatti, in collaborazione con Amref, il primo Csr Italian Summit. Aziende ed esperti della Csr si riuniranno a Milano per capire come l’impegno nella Responsabilità Sociale d‘Impresa può rafforzare la competi-tività dell’azienda e contribuire a migliorarne la performance economica.Attraverso la presentazione di casi aziendali e il dibattito con testimonianze autorevoli, il Forum costituisce un’occasione di confronto su approcci e strategie utili alla diffusione di una nuova cultura sulla Responsabilità Sociale di Impresa, intesa come strumento strategico e funzionale all’attività aziendale, che non solo testimonia l’assunzione di responsabilità e consapevolezza della propria po-sizione all’interno della società, ma assegna un ruolo sempre più attivo e partecipe agli stakeholders interni ed esterni, ai dipendenti, ai consumatori e all’ opinione pubblica.www.businessinternational.it

TAV.1 - QUANTO RITIENE STRATEGICA LA CSR PER IL SUO SUCCESSO?

Fonte: “Il sostenibile peso della Responsabilità Sociale”, Business International/Amref, 2011

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corporatesocialresponsibility

L’attività produttiva ha un importante impatto sull’ambiente, e l’adozione di iniziative relative al risparmio energetico e alla protezione dell’ambiente si sono moltiplicate, consentendo di diminuire i costi delle imprese e di ridurre gli sprechi in ogni fase del processo. La risposta ai cambiamenti climatici è vista non solo come mezzo di gestione del rischio ma anche come un’opportunità di crescita, sfruttando la crescente domanda di prodotti e servizi ‘responsabili’. Infatti, i consumatori sempre più sensibili alle tematiche ambientali e orientati a scegliere prodotti e imprese impegnate sul fronte della protezione ambientale, spingono le aziende ad investire in tecnologie e strategie che contribuiscano alla ricerca e all’adozione di processi e prodotti basso impatto ambientale (riduzione emissioni, risparmio di risorse, miglioramento dell’efficienza energetica, ecc…).Al secondo posto come causa sociale, il ‘Miglioramento della salute e del sistema sanitario’ raggiungibile attraverso una serie di interventi sia infrastrutturali che culturali, atti a

creare nelle persone la consapevolezza e la sensibilizzazione sugli aspetti sanitari: le vaccinazioni, le donazioni di sangue, di depurazione delle acque compresse, l’uso del preservativo. Il miglioramento dei servizi igienico-sanitari costituisce un investimento ad alta redditività economica e sociale in quanto riduce i costi sanitari diretti e indiretti e aumenta le aspettative di vita. La diffusione dell’istruzione è considerato dal campione oggetto d’indagine come fattore necessario per poter contribuire allo sviluppo globale e ridurre il divario economico con i paesi più poveri, per tre ordini di motivi: assicurare uno sviluppo economico sostenuto; creare una forza-lavoro qualificata e di talento; dotarsi di leader attuali e futuri, nel business, nel governo e nella società civile, in grado di gestire e affrontare a loro volta i problemi della sostenibilità.

Partnership ONG-aziende Nonostante la gran parte delle aziende intervistate ritenga utile e necessario dotarsi di

TAV.2 - HA AVVIATO INIZIATIVE DI CSR?

Fonte: “Il sostenibile peso della Responsabilità Sociale”, Business International/Amref, 2011

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capitolo5

politiche di Csr nei processi di business, c’è da notare un’anomalia nella loro realizzazione, in particolare nella partnership con le ONG: il 62%delle imprese non collabora con partner esterni

specializzati per la realizzazione della ‘cause sociali’. (Tav.6)La situazione è dovuta ad un ritardo italiano di carattere culturale: infatti, pur avendo una

TAV.3 - DOVE SI COLLOCA LA FUNZIONE DEDICATA ALLA CSR?

Fonte: “Il sostenibile peso della Responsabilità Sociale”, Business International/Amref, 2011

TAV.4 - QUALI SONO I PRINCIPALI FATTORI PER LO SVILUPPO DI PROGETTI DI CSR?

Fonte: “Il sostenibile peso della Responsabilità Sociale”, Business International/Amref, 2011

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corporatesocialresponsibility

sensibilità elevata su tematiche a carattere globale (come precedentemente evidenziato), le aziende preferiscono stabilire dei rapporti

con associazioni locali (21% ), sulla base di un meccanismo di conoscenza diretta e personale, in modo da poter avere un riscontro effettivo

TAV.5 - QUALI SONO LE CAUSE CHE RITIENE PIÙ IMPORTANTE SOSTENERE?

Fonte: “Il sostenibile peso della Responsabilità Sociale”, Business International/Amref, 2011

TAV.6 - LA SUA AZIENDA LAVORA CON QUALCHE PARTNER ESTERNO PER SVILUPPARE I PROPRI PROGETTI DI CSR?

Fonte: “Il sostenibile peso della Responsabilità Sociale”, Business International/Amref, 2011

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capitolo5

dell’intervento ed un immediato ritorno di immagine. In questa situazione, la relazione instauratasi tra Imprese Private e ONG è di tipo ‘spot’: l’Impresa elargisce donazioni puntuali di breve periodo e l’ONG riceve passivamente la donazione e si concentra a realizzare il progetto concordato.Anche se già attualmente si registrano delle best practices nella cooperazione, è utile procedere verso un’evoluzione della partnership tra imprese e ONG: esperienze di relazioni di lungo periodo evidenziano come la collaborazione porta alla creazione di valore aggiunto e rendimenti di scala crescenti.

Conclusioni Le aziende saranno chiamate a fornire, sempre più in futuro, non solo prodotti di qualità superiore, ma anche un impegno strutturato sul tema della sostenibilità. In questa prospettiva, sta tramontando la visione di chi considera la responsabilità sociale come una scelta opzionale, separata dalla governance dell’impresa.La Csr non deve, pertanto, essere considerata

come un costo, ma come un investimento a medio/lungo termine che, se integrato nella gestione aziendale, condiziona positivamente la performance dell’impresa e la sua competitività, migliorandone le prospettive di sviluppo e diminuendo il ‘profilo di rischio’.Naturalmente, obiettivi simili presuppongono la diffusione di una cultura d’impresa orientata al dialogo con gli stakeholder, sia interni che esterni, con la finalità di creare un contesto improntato alla fiducia e al soddisfacimento dei reciproci bisogni. In conclusione, si sta diffondendo tra le aziende la considerazione che i benefici derivanti da comportamenti socialmente responsabili ripagano le imprese degli sforzi sostenuti creando un vantaggio competitivo duraturo, dove l’attenzione alle istanze degli stakeholder consente di qualificare in maniera distintiva l’offerta di un’azienda nel mercato di riferimento.

TAV.7 - SE SÌ, COME È STATO SCELTO IL PARTNER DELL’INIZIATIVA?

Fonte: “Il sostenibile peso della Responsabilità Sociale”, Business International/Amref, 2011

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corporatesocialresponsibility

IL FUTURO della Csr è legato non solo all’ampliamento del numero di imprese che la praticano ma anche alla diffusione della cultura della responsabilità sociale e della sostenibilità tra i cittadini. Per questo è necessario avviare una nuova fase dove la comunicazione può giocare un ruolo determinante per far arrivare alle persone messaggi chiari che consentono di capire come le strategie virtuose delle organizzazioni (imprese, pubbliche amministrazioni e organizzazioni non profit) possono portare vantaggi concreti: dal miglioramento della qualità della vita alla crescita del benessere della collettività.Le recenti evoluzioni sociali, gli ultimi avvenimenti internazionali, la rapida innovazione tecnologica confermano l’esigenza di cambiamento. I presupposti culturali e gli strumenti tecnici esistono: bisogna ora decidere come e quando attivare strategie di comunicazione adeguate a rispondere a un mercato che cambia rapidamente. Affrontiamo il tema del cambiamento della comunicazione da tre punti di vista: i contenuti, l’approccio, gli strumenti.

1. I contenutiPortare l’attenzione sui problemi ma anche sulle possibili soluzioni, promuovere nuovi

Avvicinare la Csr ai cittadiniLa comunicazione crossmediale gioca un ruolo chiave nel percorso verso la responsabilità sociale. Ma per avvicinare i cittadini e i consumatori a tematiche serie e importanti, come quelle riguardanti la sostenibilità, non è necessario utilizzare toni drammatici: basta invitarli a compiere piccoli gesti quotidiani, concreti e perfino divertenti.

stili di vita e di consumo, valorizzare i valori veri. Ma anche affrontare i temi della vita quotidiana che stanno a cuore alle persone: un’alimentazione più corretta, una mobilità più sostenibile, un consumo più responsabile, una maggior capacità di conciliare i tempi dedicati al lavoro e alla famiglia. Per poter dimostrare che sono impegnate su questi

Rossella Sobrero, presidente e fondatore di Koinètica

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fronti, le imprese stanno modificando le loro politiche e, di conseguenza, le loro strategie di comunicazione. Uno degli ambiti maggiormente esplorati in questi ultimi mesi è quello della sostenibilità ambientale: i problemi per il futuro del pianeta, che preoccupano molto i consumatori, spingono il mondo della produzione e della distribuzione a intervenire per ridurre l’impatto ambientale dei processi e dei prodotti.Alcune recenti indagini mostrano che l’interesse di manager e imprenditori su que-sto fronte è in significativo aumento. Per esempio, uno studio realizzato nel 2010

capitolo6

da United Nations Global Compact-Accenture, evidenzia che per il 93% dei chief executive officer mondiali la sostenibilità è diventata un elemento fondamentale per il successo delle imprese ed entro dieci anni sarà parte integrante del loro core business. E la crisi sta accelerando tale processo: l’80% dei manager intervistati afferma infatti che è aumentata l’attenzione alla sostenibilità. Trend positivo anche secondo The Second Annual Sustainability and Innovation Survey, indagine realizzata dal MIT Sloan Management Review con il Boston Consulting Group: nel 2011 il 68% delle imprese prevede di aumentare i propri

Per modificare atteggiamenti e comportamenti delle persone, avvicinandole ai concetti che sono alla base della Csr, si possono rendere divertenti alcuni semplici gesti quotidiani: è da questo assunto che è nata l’iniziativa ‘The Fun Theory’ di Volkswagen, pluripremiata a Cannes e in moltissimi altri Award internazionali

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corporatesocialresponsibility

investimenti in sostenibilità.Le aziende riconoscono il valore della sostenibilità come opportunità per la crescita del loro business ma anche per la riduzione dei costi nel medio e lungo termine. Questo significa migliorare anche il controllo della filiera produttiva e il rapporto con fornitori e partner. Un processo produttivo più efficiente permette all’organizzazione di ottenere due risultati: ridurre l’impatto ambientale e contenere i costi.

2. L’approccio Per arrivare in modo diretto ai cittadini, alcune imprese che hanno adottato strategie di Csr utilizzano la comunicazione per promuovere comportamenti sostenibili attraverso messaggi semplici e chiari. E, quando possibile, anche

divertenti. Un esempio, molto citato in questi ultimi tempi, è l’iniziativa The Fun Theory realizzata da Volkswagen. Secondo l’azienda, infatti, per modificare atteggiamenti e comportamenti è bene rendere divertenti alcuni gesti quotidiani. “Noi crediamo che la via più semplice per cambiare in meglio i comportamenti delle persone sia rendere le cose divertenti da fare. Abbiamo chiamato questa teoria The Fun Theory”.Una teoria che promuove gesti semplici e divertenti che creano interesse, spirito di emulazione e contribuiscono al cambiamento dei comportanti delle persone. Per esempio, spingono un maggior utilizzo delle scale normali anziché mobili, trasformando le scale in una tastiera che suona; oppure incoraggiano la raccolta differenziata attraverso cassonetti musicali allestiti come videogiochi. The Fun Theory parte infatti dal principio che spesso le persone non riflettono sulle possibili alternative che si presentano loro: usano le scale mobili per comodità, anche se il comportamento più corretto sarebbe utilizzare le scale normali (fa bene alla salute e si risparmia energia). Oppure lasciano le bottiglie o le lattine per strada quando basterebbero pochi passi per raggiungere un cassonetto o una campana per la raccolta differenziata.Ma cosa succede quando le scale si trasformano in una enorme tastiera di pianoforte da suonare mentre le persone salgono? Dove l’esperimento è stato fatto si è registrato un aumento del 66% di coloro che hanno scelto di utilizzarle. E cosa succede quando i cassonetti diventano musicali o si trasformano in grandi flipper sui quali vengono segnati i punti di chi raccoglie di più? Dove sono stati introdotti si è registrato un significativo aumento del materiale raccolto (in un solo giorno 72 chili

Uno degli esempi pratici tratto dalla campagna crossmediale The Fun Theory: cosa succede quando le scale di uscita da una stazione della metropolitana si trasformano in un’enorme tastiera di pianoforte da suonare mentre le persone salgono? Dove l’esperimento è stato fatto si è registrato un aumento del 66% di coloro che hanno scelto di utilizzarle a discapito delle scale mobili

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capitolo6

in più rispetto al cassonetto a pochi metri di distanza). Queste iniziative si collocano in un progetto più ampio, Think Blue Volkswagen, che promuove un uso più razionale delle risorse e, naturalmente, una modalità più ecosostenibile alla guida dell’auto. Un modo per informare il consumatore ma anche stimolarlo a diventare protagonista attivo del cambiamento.

3. Gli strumenti Per comunicare i valori (ma anche i fatti concreti che derivano dall’adozione di politiche di Csr da parte delle imprese) diventa sempre più importante realizzare campagne crossmediali che permettono di integrare, declinare, diversificare i messaggi per raggiungere i diversi target o lo stesso pubblico in momenti diversi della giornata.La comunicazione crossmediale richiede spesso minori investimenti economici (rispetto, per esempio, al solo utilizzo dei media classici) ma un maggior impegno in termini di creatività, tempo, disponibilità a esplorare nuove strade. È necessario infatti uno sforzo maggiore se si vuole sfruttare l’opportunità che ogni media offre, al di là degli aspetti tecnici che pure bisogna conoscere e saper governare. Creare ecosistemi digitali, dove le persone che producono nuovi contenuti possono trovare uno spazio per condividerli: di fronte a grandi problemi sociali è importante che intervengano non solo coloro che sono chiamati ad assumere decisioni ma anche un pubblico attivo, capace di proporre nuove idee, disponibile a fornire un proprio contributo alla ricerca di soluzioni possibili.I nuovi media – che, come dicono in molti, nuovi non sono – hanno il vantaggio di consentire all’organizzazione che ha deciso di lavorare sulla creatività, sulla ricerca di nuovi linguaggi, su messaggi semplici e diretti, di raggiungere più facilmente gli obiettivi che

si è posta. Sul web i messaggi, se coinvolgenti, riescono a passare in modo contagioso: un effetto virale appunto, che consente alle campagne di raggiungere un grande numero di persone.

In conclusioneAnche se oggi sono ancora poche le campagne che propongono contenuti di valore e un approccio più coinvolgente utilizzando strategie crossmediali, la logica vuole che sarà questa la strada che molte organizzazioni percorreranno a breve.Il rischio è che siano sempre le stesse aziende a sperimentare nuove strade: perché sono grandi e meglio organizzate, perché hanno più possibilità di investire in ricerca e innovazione. Mentre le organizzazioni medio-piccole rischiano di non saper rispondere alla sfida di un mercato che cambia rapidamente. Un problema che rimane aperto è come raggiungere le fasce più deboli e fragili della popolazione: il gap tecnologico tra le persone con diversi livelli culturali sembra in questo momento allargarsi, non certo ridursi.Questo nuovo scenario rappresenta comunque, pur con alcune difficoltà, un’occasione eccezionale per le imprese impegnate in percorsi di Csr. Grazie alla comunicazione possono infatti valorizzare fattori distintivi quali la sostenibilità e la vicinanza ai valori dei consumatori e degli altri stakeholder. Significa comunicare che l’attenzione alla qualità della vita delle persone e al futuro del pianeta è sincera. Significa promuovere campagne per modificare stili di vita e comportamenti individuali. Significa condividere le preoccupazioni dei cittadini ma anche contribuire alla crescita di una nuova cultura.

Rossella Sobreropresidente e fondatore di Koinètica

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PUR A FRONTE di un leggero calo nel nu-mero di annunci pianificati (10.743 rispetto agli 11.599 del 2009), secondo gli ultimi dati resi noti da lo scorso maggio, nel 2010 gli investimenti in Cause Related Marketing hanno continuato a crescere nonostante il perdurare della crisi economica. Come evidenzia l’Osservatorio promosso da Fondazione Sodalitas insieme a Nielsen Media Research, il totale lordo di tali investimenti ha raggiunto la cifra di 198 milioni di euro, pari a una crescita del 3.3% rispetto all’anno precedente.In particolare, la carta stampata continua ad attrarre la parte ampiamente prevalente degli investimenti (80% complessivo tra quotidiani e periodici). La radio (35.45%) e la televisione (29.47%) prevalgono tuttavia per numero di annunci pubblicati. Ancora molto basso il ricorso a Internet come canale per campagne di CRM.Rispetto al totale del mercato italiano dell’advertising, il Cause Related Marketing attualmente vale lo 0.58%, e come illustrato dalle tabelle qui a fianco i settori che hanno investito maggiormente in campagne di CRM sono l’abbigliamento (24.1% dl totale), finanza/assicurazioni (14.7%), oggetti personali (13.4%) e cura della persona (11.8%).

CRM: investimenti in crescitaNonostante la crisi, nel 2010 gli investimenti in campagne di Cause Related Marketing sono aumentati. Secondo i dati dell’Osservatorio promosso da Fondazione Sodalitas e Nielsen Media Research, il mezzo più usato rimane la stampa, mentre fra i settori merceologici primeggia l’abbigliamento. Top spender del 2010 è stata Banca Mediolanum.

Le dieci aziende big spender in Cause Related Marketing nel 2010 sono state: Banca Mediolanum, Micys company (Pupa), Louis Vuitton, Miroglio Fashion (Elena Mirò), Oviesse, Pomellato, Procter & Gamble, Inticom (Yamamay), Thun, Oroverde.Se aggregate, queste 10 aziende più attive nel CRM rappresentano il 50% del totale investito nel 2010.

TAV.1 - IL CAUSE RELATED MARKETING IN ITALIA

Totale AnnunciInvestimento Lordo (euro .000)

Gen/Dic201010.743

198.376

Gen/Dic 200911.599192.017

Differenza

-7.3%+3.3%

Fonte: “Osservatorio sul Cause Related Marketing” Fondazione Sodalitas/Nielsen Media Research (maggio 2011)

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capitolo7

TAV.3 - I SETTORI TOP TEN PER INVESTIMENTI IN CRM NEL 2010

Fonte: “Osservatorio sul Cause Related Marketing” Fondazione Sodalitas/Nielsen Media Research (maggio 2011)

SETTORIAbbigliamentoFinanza/assicurazioniOggetti personaliCura della personaMedia/editoriaAlimentariBevande/alcooliciGestione casaDistribuzioneTempo libero

INVESTIMENTI LORDI (%)47.89129.23526.55123.33016.0308.4418.3097.6957.2676.064

NUMERO DI ANNUNCI (%)24,114,713,411,88,11,34,23,93,73,1

TAV.4 - LE AZIENDE TOP TEN PER INVESTIMENTI IN CRM NEL 2010AZIENDABanca MediolanumMicys company (Pupa)Louis VuittonMiroglio Fashion (Elena Mirò)OviessePomellatoProcter & GambleInticom (Yamamay)ThunOroverde

VALORI LORDI (.000)27.42720.62312.33510.6968.2386.9146.6826.4045.1953.806

% QUOTA DI MERCATO131065433321

Fonte: “Osservatorio sul Cause Related Marketing” Fondazione Sodalitas/Nielsen Media Research (maggio 2011)

TAV.2 – I MEDIA UTILIZZATIGEN/DIC 2010TelevisioneQuotidianiPeriodiciRadioAffissioniCinemaInternet

INVESTIMENTI LORDI (%)1841391

0,60

0,4

NUMERO DI ANNUNCI (%)29,4714,3112,0735,458,68

00,02

Fonte: “Osservatorio sul Cause Related Marketing” Fondazione Sodalitas/Nielsen Media Research (maggio 2011)

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“PER MOLTE persone sinonimo di comunicazione sociale, Pubblicità Progresso è una Fondazione creata dalle principali associazioni del mondo della comunicazione. Nel 2011 Pubblicità Progresso compie 40 anni, un anniversario importante che abbiamo voluto festeggiare organizzando un’edizione straordinaria della Conferenza Internazionale della Comunicazione Sociale e realizzando un libro, edito da RAI ERI, in distribuzione dal prossimo novembre”: queste le parole con cui Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso, anticipa alcune delle iniziative in fase di realizzazione nei prossimi mesi. Vediamole più nei dettagli.

La Conferenza InternazionaleL’appuntamento con la ConferenzaInternazionale della Comunicazione Sociale è fissato per il 18 novembre 2011 a Milano, nell’Aula Magna dell’Università IULM: sarà un evento molto particolare anche grazie alla presenza di personaggi in arrivo da tutto il mondo che si confronteranno sulle modalità organizzative e sulle attività delle associazioni che nei diversi Paesi si occupano di comunicazione sociale. Tra gli altri saranno presenti: Kate Emanuel, senior vicepresident AD Council, USA; Pim

I suoi primi 40 anniPubblicità Progresso è nata quando ancora di Csr non si parlava. Nel 2011 festeggia il suo 40° anniversario, celebrato con un volume speciale - la cui prefazione è firmata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano - e con un’edizione straordinaria della Conferenza Internazionale della Comunicazione Sociale, il 18 novembre a Milano.

Slierings, direttore SIRE, Olanda; Salvador Villalobos, presidente esecutivo Consejo de la Comunicacion, Messico; Georgy Molodtsov, direttore creativo

Alberto Contri, presidente della Fondazione Pubblicità Progresso

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Social Advertising Laboratory, Russia.Alla Conferenza si parlerà, fra le altre cose, anche del tema degli indicatori e della necessità di nuovi strumenti per misurare lo sviluppo sociale. Se per anni si è parlato solo di PIL, Prodotto Interno Lordo, oggi sempre più spesso si fa riferimento al FIL, Felicità Interna Lorda, o al BIL, Benessere Interno Lordo: termini, questi ultimi, che tentano di definire standard di vita sulla falsariga del PIL, ma che tengono conto di diverse dimensioni della società (vedi box).Il programma dell’evento, molto articolato, prevede anche una tavola rotonda con i creativi di diversi Paesi per un confronto

capitolo8

sui nuovi media e l’approccio crossmediale alla comunicazione e la premiazione degli studenti universitari vincitori del concorso ‘On The Move’.

Via G. Mercalli 11 - 20122 MilanoTel. 02 58304448 - Fax 02 [email protected] www.pubblicitaprogresso.orgpubblicitaprogresso.wordpress.com

Board di direzione: Alberto Contri, presidente; Consiglieri: Francesco Celentano, Franco Meroni (AAPI); Gianfranco Moretti, Massimo Guastini (ADCI); Luigi Ferrari, Nando Pagnoncelli (ASSIRM); Fidelio Perchinelli, Rossella Sobrero (AssoComunicazione); Ennio Mazzei (FIEG); Giorgio Floridia, Vincenzo Guggino (IAP); Marco Ainio, Massimo Ciampa (Publitalia ‘80); Francesco Devescovi, Carlo Romeo (RAI); Pasquale Diaferia, Antonio Margoni (TP); Donatella Consolandi, Alessandro Ubertis (Unicom); Giovanna Maggioni (UPA);

Attiva dal 1971 (prima come Associazione e poi, dal 2005, come Fondazione), Pubblicità Progresso è entrata nel vocabolario quotidiano degli italiani, diventando sinonimo di ‘pubblicità sociale’. Con la sua attività e grazie al contributo di chi ne fa parte (utenti, organizzazioni professionali, imprese e organizzazioni di mezzi, interassociazioni), Pubblicità Progresso ha promosso e promuove l’impiego della comunicazione sociale di qualità tra gli strumenti operativi di enti, istituzioni, pubblica amministrazione e organizzazioni non profit.Ha dimostrato concretamente l’utilità di unintervento più professionale nel campo della comunicazione sociale. Ha contribuito a valorizzare la pubblicità italiana e i suoi operatori.In virtù di tutto questo la Fondazione Pubblicità Progresso è oggi una delle espressioni più alte e rappresentative delle organizzazioni del mondo della comunicazione e dei professionisti che ne fanno parte.

FONDAZIONE PUBBLICITÀ PROGRESSO

DONAZIONE DEL SANGUE – 1971 (Agenzia di pubblicità: McCann Erickson; Casa di produzione: Union Film e Recta Film)

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NUOVI INDICATORI PER MISURARE LO SVILUPPOUno degli argomenti centrali che saranno affrontati nel corso della Conferenza Internazionale di novembre è la necessità di rivedere alcuni indicatori che oggi paiono su-perati. È in atto infatti un cambiamento di visione e una piccola rivoluzione nei parametri con i quali si misura il be-nessere dei Paesi. In che modo il rapporto tra crescita eco-nomica e benessere può essere valutato con efficacia? Esistono situazioni frequenti in cui ad un aumento del Prodotto Interno Lordo (PIL) si riscontra una diminuzione della qualità della vita. Un esempio recente di errata correlazione tra consumi e indici utilizzati per valutare il benessere può essere quel-lo del Giappone che, dopo il disastro di Fukushima, ha visto alzarsi in modo significato il proprio PIL. O ancora, il consumo di carburante degli autoveicoli imbottigliati nel traffico e ogni altro analogo esempio di spreco di risorse. Il Prodotto Interno Lordo non costituisce quindi uno stimatore della crescita dei beni prodotti, ma della quantità di prodotti scambiati con denaro. Non misura, infatti, la crescita dei beni e del benessere ma solo quella delle merci e degli scambi di tipo commerciale.Ad affermarlo non sono solo alcuni filosofi e sociologi ma anche autorevoli economisti.Uno dei primi a criticare il concetto di PIL fu Robert Kennedy. In un discorso del 1968, evidenziava infatti

che questo termine “Misura tutto, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta” e che quindi “Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell’indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto Nazionale Lordo (PIL)”.Il termine FIL è stato coniato nella metà degli anni Settanta dal re del Bhutan Jigme Singye Wan-gchuck per evidenziare il suo impegno per la costruzione di un’economia coerente con la cultura tra-dizionale del suo paese, basata sui valori spirituali del buddhismo. A questo sovrano illuminato è stato riconosciuto il merito di aver offerto per primo una visione unificatrice del processo di pianificazione quinquennale e dei relativi documenti di programmazione che guidano i piani economici di quel paese.Il termine BIL, che si può tradurre in “indicatore di vita buona” (Better Life Index), o in “Benessere Interno Lordo”, è stato lanciato dall’OCSE in una recente riunione del G8 a Dauville. Il BIL si propone si rappresentare, meglio degli indicatori classici, l’effettivo benessere dei cittadini di un paese. Si basa su sette parametri, di cui alcuni particolarmente interessanti: per esempio, le reti sociali su cui contare in caso di bisogno, il grado di fiducia nelle istituzioni, l’ambiente, la conciliazione tra vita e lavoro etc. In questo processo di cambiamento, la comunicazione sociale ha un ruolo importante: può contribuire infatti a modificare preconcetti, stili di vita e comportamenti errati.

Jigme Singye Wangchuck, ex sovrano del Buthan e ideatore della definizione di “Gross National Happiness”, Felicità Interna Lorda

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capitolo8

La comunicazione sociale in ItaliaLa pubblicazione, che si apre con la prefazione del Presidente della Repubblica (vedi box), offre ai lettori una riflessione importante sul significato della comunicazione sociale e sul ruolo giocato da Pubblicità Progresso in questi anni.Nelle varie sezioni del libro si susseguono interviste e testimonianze di alcuni dei personaggi che hanno avuto un ruolo significativo nella storia dell’organizzazione: presidenti, creativi, esperti, ricercatori sociali etc. Un contributo significativo è quello di alcuni membri dell’Advisory Board della Fondazione che, partendo dalle parole chiave della Carta dei Valori, propongono riflessioni su creatività, coesione sociale, contaminazione,

responsabilità etc. Contributi di personaggi illustri del mondo della cultura come Aldo Bonomi, direttore Istituto di ricerca Aaster; Michele De Lucchi, architetto e designer; Giuseppe De Rita, presidente della Fondazione Censis; Carlo Petrini, presidente di Slow Food e dell’Università di Scienze Gastronomiche; Salvatore Veca, filosofo; Giorgio Vittadini, presidente Fondazione per la Sussidiarietà; Stefano Zamagni, presidente dell’Agenzia per il Terzo settore.Nell’ultima sezione del libro sono state inserite, quasi fosse un catalogo, tutte le campagne di questi ultimi 40 anni e una sintesi delle principali attività che la Fondazione realizza: mostre, conferenze, concorsi, progetti formativi etc.

A DIFESA DEL VERDE – 1972 (Agenzia di pubblicità: Ata-Univas; Casa di produzione: R.P.A.)

CONTRO IL RAZZISMO – 1990 (Agenzia di pubblicità: Saatchi & Saatchi; Casa di produzione: Gamma Film)

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A FAVORE DEL VOLONTARIATO – 1991 (Agenzia di pubblicità: Feel Good; Casa di produzione: Gamma Film)

SICUREZZA SUL LAVORO – 2008 (Agenzia di pubblicità: Life, Longari & Loman; Casa di produzione: Mercurio Films)

CAMPAGNA 40 ANNI – 2011 (Art director & Copy: Andrea Fiamenghi, Pasquale Diaferia;

Direzione Creativa: Alberto Contri)

E ALLORA? – 2003 (Art director & Copy: Maurizio Marani, Enzo Sterpi; Casa di produzione:

Central Groucho)

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capitolo8

LE PAROLE DEL PRESIDENTE(…) La pubblicità è un tassello del com-plesso insieme della comunicazione. In occasione del 150esimo anniversario della fondazione dello Stato Italiano, non dob-biamo dimenticare il ruolo svolto dalla comunicazione nel costruire culturalmente l’unità nazionale che – è bene sottolinearlo – è un processo mai concluso, che riguarda non solo il nostro passato, ma coinvolge il nostro presente e il nostro futuro. E non solo incontra difficoltà, ma può compiere pericolosi arretramenti. Nella paziente tes-situra dell’unità la comunicazione ha sem-pre avuto ed avrà un ruolo fondamentale. In un passato, ormai non più recente, la

televisione italiana ha contribuito a diffondere e rafforzare la capacità di utilizzare una lingua comune, a dare le basi di una cultura nazionale condivisa: a far conoscere i grandi classici della letteratura, del teatro, della musica, dell’arte e a far apprezzare lo spettacolo di qualità. Purtroppo negli ultimi anni la televisione sembra rivolta a soddisfare un consumo poco selettivo, e a solleticare esibizionismi individualistici. Oggi è quindi ancora più importante realizzare attraverso altri canali iniziative di comunicazione finalizzate a stimolare solidarietà, a valorizzare esperienze di volontariato, a sollecitare i cittadini perché si impegnino in tutte quelle attività che contribuiscono a creare coesione sociale. Rilevo quindi con piacere che nel campo dell’impegno civile ‘Pubblicità Progresso’ ha ampliato il suo raggio di azione: dalla formazione degli operatori delle Onlus alle mostre itineranti, dai concorsi per universitari alla Mediateca online con le più significative campagne sociali del mondo, dall’iniziativa della musica per il sociale alle Conferenze Internazionali su temi coinvolgenti e di ampio respiro come la felicità, il dono, il futuro delle giovani generazioni. Questo libro presenta l’interessante storia dell’organizzazione, ne contestualizza l’operato e le campagne for-nendo un quadro dinamico che aiuta a capire meglio le ragioni per le quali queste iniziative sono state realizza-te. Inoltre, grazie al contributo di accademici e operatori del settore viene analizzato il contesto dei cambiamenti avvenuti in questi quaranta anni nella società italiana, nei mass media e nella comunicazione e alcuni illustri rappresentanti dell’Advisoy Board della Fondazione commentano dal loro punto di vista i temi che Pubblicità Progresso ha inserito nella propria Carta dei Valori. Non manca uno sguardo sul futuro della comunicazione so-ciale nell’era del web e del social networking. Ecco perché non abbiamo tra le mani un mero volume celebrativo, ma un testo utile per conoscere la storia e lo stato dell’arte della comunicazione sociale nel nostro Paese.A questa organizzazione, che ha saputo dare un significativo esempio di attività volontaria socialmente utile, a quanti hanno portato e portano avanti un lavoro impegnativo offrendo con gratuità il massimo della loro com-petenza e professionalità, al suo Presidente Alberto Contri ritengo giusto rivolgere un sincero ringraziamento, insieme con un sentito augurio per questo bel quarantesimo compleanno.

(Dalla prefazione del Presidente Giorgio Napolitano al volume “Pubblicità Progresso. La comunicazione sociale in Italia”)

Il Presidente Giorgio Napoilitano insieme ad Alberto Contri

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DAGLI ANNI Trenta del secolo scorso, quando la Csr ha mosso i primi passi per poi fermarsi sino agli anni Settanta, sono sicuramente cambiate tante cose per il mondo della Responsabilità Sociale d’Impresa. Nel marketing politico ci si rifà al principio che a cambiare sono soprattutto gli strumenti del comunicare la politica. Questo principio, a mio avviso, possiamo adattarlo tranquillamente anche alla Csr. Oggi non possiamo non parlare del rapporto tra aziende e web, tra web e comunicazione d’impresa responsabile. Per fare ciò, colgo l’occasione per portare alla vostra attenzione alcuni numeri che si rifanno al report 2011 realizzato da Extrapola, azienda leader nel monitoraggio dell’informazione online, e presentato al Salone Dal Dire al Fare a maggio. L’interattività sembra ormai alla base del rapporto con la comunità in cui sono inserite le imprese. Dall’analisi bimestrale di 30.000 siti web di vario tipo, forum, blog e newsgroup italiani, è emerso un quadro giovane e molto vivace. Soprattutto, e non poteva essere altrimenti, sui social network.I temi caldi? L’ambiente su tutti col 36%. Poi la trasparenza nel comunicare le attività aziendali con il 32,7% e il 20,4% per la responsabilità sociale d’impresa territoriale

Giovani e responsabilitàAscolto e interattività sono alla base del rapporto fra le imprese e le comunità in cui sono inserite, e il rapporto tra aziende e web, tra web e comunicazione d’impresa responsabile, ha luogo sempre più attraverso i social network. Un dialogo che ha nei giovani un interlocutore privilegiato, perché nessuno, più di loro, è attento e interessato al futuro.

che riguarda la comunicazione rivolta al territorio e alla comunità dove l’impresa opera. Sulla Rete si parla soprattutto di imprese (61%) rispetto alla Pubblica

Mario Grasso, delegato nazionale UniFERPi

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Amministrazione e agli enti non profit. Chiaro segnale di come la politica italiana sia ancora indietro su molti aspetti compresi la comunicazione pubblica, il bilancio sociale, l’applicazione della legge 150/2000 e l’elenco potrebbe allungarsi.L’energia e il settore banking sono oggi tra i più presenti sul web. La risposta a questa presenza sta nella possibilità di poter investire anche durante il periodo di crisi economica.Ma se è vero che si tratta di una questione di investimenti, allora bisogna pensare anche al futuro. Un futuro che deve vedere i giovani protagonisti come sottolinea il presidente di Extrapola, Stefano Marioni, in un’intervista per wisesociety.it: “La responsabilità sociale d’impresa è vicina alle giovani generazioni perché parla di futuro. E chi più dei giovani è interessato al futuro? Sono loro a indirizzare oggi la crescita del trend, premiando le aziende che fanno progetti guardando al domani: perché essere sostenibili non significa solo piantare alberi, ma pensare in modo sostenibile”.

Ragazzi, Csr e lavoroTuttavia, se le buone intenzioni non mancano, lo scenario per i nuovi arrivati sul mondo del lavoro non è dei migliori. Infatti, secondo i dati Alma Laurea 2011, oggi il 16,2% dei neolaureati italiani è disoccupato a un anno dal conseguimento del titolo di studio. Nel 2008 erano l’11%. Trend negativo anche per le condizioni contrattuali proposte per il primo impiego: i contratti atipici oggi interessano più di quattro laureati su dieci. I rapporti di lavoro stabili sono passati dal 50,7% al 46,2%. In pericolosa crescita anche il numero dei giovani ‘senza contratto’: è attualmente in questa situazione il 6,5% dei laureati (il doppio rispetto al 2008).

capitolo9

http://www.ferpi.it/ferpi/associazione/uniferpi http://uniferpi.wordpress.comhttp://www.facebook.com/uniferpihttp://twitter.com/uniferpi

Coordinatore Nazionale UniFERPI: Giovanna Fabiano

Comitato direttivo: Mario Grasso, Delega Nazionale in supporto alle attività del Coordinatore Nazionale; Matteo Viganò, Consigliere DelegatoTerritoriale Milano; Nicola Tatalo, Consigliere Delegato Territoriale Gorizia; Federica Carini, Consigliere Delegato Territoriale Roma; Silvia Zanatta, Consigliere Delegato Territoriale Padova; Gianluigi Cioffi, Consigliere Delegato Territoriale Napoli.

UniFERPi è la sezione studenti della FERPI e nasce dalla consapevolezza che i giovani rappresentano il futuro della professione. Ne fanno parte giovani studenti che hanno intrapreso il proprio percorso di studi spinti dal desiderio di entrare in contatto con il mondo delle relazioni pubbliche, per diventare sin da subito professionisti. La sua mission è instaurare e rafforzare le relazioni tra il mondo professionale e quello universitario attraverso lo scambio reciproco di strumenti e di esperienze tra i professionisti di oggi e quelli di domani. Le sue attività e le iniziative comprendono:• road show presso le sedi universitarie italiane per promuovere UniFERPi;• incontri informali che favoriscano le relazioni tra i giovani e tra i giovani e i professionisti;• partecipazione a concorsi, convegni a livello locale, nazionale e internazionale;• organizzazione di eventi, seminari di approfondimento, convegni di interesse universitario, tour presso le aziende;• collaborazione per promozione di eventi organizzati da terzi;• partecipazione attiva all’organizzazione di eventi promossi da professionisti;• partecipazione gratuita ai seminari di aggiornamento professionale che FERPI indirizza ai soci professionisti; • progetto FERPi Mentore, che vuole creare delle figure di riferimento per gli iscritti UniFERPi.

UNIFERPI

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I guadagni, infine, perdono ancora peso, risultando sempre meno capaci di coprire le spese medie di una persona adulta.D’impatto le parole del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in occasione del messaggio di fine anno 2010: “Investire sui giovani, scommettere sui giovani, chiamarli a fare la propria parte e dare loro adeguate opportunità. Che questa sia la strada giusta, ho potuto verificarlo in tante occasioni”. Ma allora cosa dovrebbe fare un giovane appena laureato per entrare nel mondo del lavoro? Quale rapporto instaurare con le

imprese del territorio?La bacchetta magica purtroppo non è a nostra disposizione per ottenere le soluzioni ai problemi che si presentano quotidianamente sia nella vita da neo-laureati che da professionisti della comunicazione.Sicuramente tanta voglia di mettersi in gioco e determinatezza, creare relazioni di qualità con professionisti affermati, essere curiosi e non sentirsi mai arrivati.

Il Salone delle esperienzeA tal proposito, mi piace raccontarvi la mia

Lo Spazio Giovani del Salone Dal Dire Al Fare: un momento di confronto e di apprendimento fondamentale per i giovani e gli studenti che si stanno avvicinando al mondo del lavoro

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capitolo9

esperienza a Dal Dire al Fare, il Salone della Responsabilità Sociale d’Impresa nel 2011. Già nel 2010 avevo partecipato ed avendo vissuto una simpatica esperienza, ho deciso di ripeterla anche quest’anno.Durante l’edizione di quest’anno ho avuto modo di partecipare alla Maratona delle esperienze, una sorta di ‘speaker’s corner’ delle aziende che presentavano le proprie attività di Csr, e allo Spazio giovani con i Racconti della Csr, iniziativa destinata agli studenti universitari e ai neolaureati con l’obiettivo di coinvolgerli nella stesura di un racconto sul tema del volontariato.La Maratona delle esperienze è stata un’occasione unica per approfondire la conoscenza di diverse aziende operanti nei più svariati settori. Una due giorni in cui i responsabili aziendali hanno mostrato i loro progetti, si sono confrontati con i presenti e hanno avuto la possibilità di rafforzare la propria rete di relazioni professionali.Altra attività coinvolgente è stata quella dei Racconti della Csr. Ho avuto da subito le idee chiare sull’argomento da sviluppare (le attività che ho svolto per diversi anni con i ragazzi dell’associazione culturale Centro Studi Acitrezza) e mi sono industriato per raccontare la mia esperienza. Non ho vinto, peccato, ma partecipare è stato davvero bello ed emozionante.In tutto questo un ruolo fondamentale l’ha avuto Uniferpi, la sezione studenti della FERPI, Federazione Relazioni Pubbliche Italiana. Grazie a Uniferpi ho avuto modo di partecipare al Salone e di gestire la Maratona delle esperienze.Nel mio album personale dei ricordi universitari ci sarà sicuramente il Salone Dal Dire al Fare. Un’occasione per confron-tarsi e crescere sia dal punto di vista professionale che umano. Un piccolo investi-mento in impegno personale e tempo che

sono sicuro produrrà grandi frutti nel mio domani lavorativo.Per chiudere, una riflessione sul ruolo della Csr per i giovani. Credo che non bisogna mai stancarsi di dire che l’ascolto sta alla base di una nuova fase della comunicazione d’impresa. I professionisti del domani do-vranno avere questo punto fermo nella loro attività: dialogare con la propria comunità, capire le sue esigenze e mettere in atto del-le strategie comuni per ottenere dei risultati migliori in termini ambientali e sociali. E rimboccarsi le maniche, giorno dopo giorno.

Mario Grassodelegato nazionale Uniferpi

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VALORI E STAKEHOLDER: chi e che cosa conta quando la funzione-obiettivo è il bene comune e l’approccio è quello della responsabilità? Quali sono le cose importanti e quali i pubblici e i gruppi sociali di riferimento?Nell’attuale dibattito politico e sociale, i valori sono largamente sbandierati pur essendo definiti solo in modo assai vago: che cosa significano esattamente tali valori? I potenziali stakeholder non sono identificati e non sanno neppure quali siano i loro eventuali interessi. Ma quando qualsiasi cosa è connessa a qualsiasi altra, il valore del tuo lavoro e il tuo benessere dipendono dal valore del mio lavoro. Di conseguenza ogni lavoratore – operaio o manager, ricco o povero – deve essere considerato responsabile del proprio lavoro.In questo scenario, i valori che sono nascosti nella società e nell’economia diventano essenziali. Una volta che l’intero quadro è definito, potremmo scoprire che la soluzione è proprio accanto a noi e che i nostri vicini la conoscono già. L’interesse personale (non l’egoismo) e la concorrenza (non quella che porta a puntarsi il coltello alla gola) devono essere riapprezzati ed estesi anche al settore pubblico.

Separare i belli dagli utiliAncora una volta – dopo ‘Il guadagno della CS(ir)R’ nel 2008, ‘CSR si è, non si fa’ nel 2009, e ‘Dalla CSR alla politica’ nel 2010 – Paolo D’Anselmi prosegue e consolida anche sul nostro Quaderno il percorso della sua analisi critica: anticipiamo in queste pagine un estratto dal suo nuovo libro dedicato a ‘Valori e Stakeholder nell’Era della Responsabilità Sociale’.

La posizione dei valoriOltre a quelli su cui si fonda il modello di processo che ho proposto – lo stakeholder ignoto, l’attuazione, la divulgazione e

Paolo D’Anselmi (www.paolodanselmi.com) è analista di politiche pubbliche. Lavora per Alfa Scarl – controlli e benchmark, e insegna all’Università di Roma Tor Vergata. Ha lavorato per McKinsey, Datamat e il Consiglio Nazionale delle Ricerche. È ingegnere elettronico e ha un master dalla Harvard Kennedy School

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la micro-etica – emergono e si rivelano altri valori:

• ho dimostrato come la concorrenza generi un comportamento da ‘coltello alla gola’ quando è assente, ancor più di quando è presente, lasciando spazio a forme di interazione fra le persone ancora più aspre;• la concorrenza e i mercati – mercati regolamentati e controllati in modo appropriato – sono driver di accountability [responsabilità];

capitolo10

• l’accountability conduce all’utilità sociale del lavoro;• l’accountability può essere considerata un sinonimo di contributo sociale positivo, e non deriva necessariamente da un’azione cosciente o volontaria;• la maggior parte dell’accountability nell’economia è imposta dalla concorrenza – quasi il 75% della popolazione lavorativa è ‘accountable’, talvolta anche senza la sua esplicita volontà (questa è la fascia di persone ‘utili’);

VALUES AND STAKEHOLDERS IN AN ERA OF SOCIAL RESPONSIBILITYDopo “Il Barbiere di Stalin” del 2008, “Values and Sta-keholders in an Era of Social Responsibility” è il titolo del nuovo libro di Paolo D’Anselmi, appena uscito da Palgra-ve Macmillan (272 pagine, 65 sterline).Partendo dalla Corporate Social Responsibility e analiz-zando ciò che è, ciò che non è e ciò che vorrebbe che fosse, D’Anselmi ne allarga il raggio d’azione a qualsiasi organizzazione economica (pubblica e privata), svilup-pando il concetto di ‘dare conto del lavoro’ come dovere da parte di chiunque all’interno della società.Fortemente critico della responsabilità e della sosteni-bilità per come appaiono nei Bilanci Sociali delle gran-di aziende, l’autore analizza tali rapporti presentandoli come casi ‘in pillole’ per dimostrare come la responsa-bilità sia qualcosa che riguarda tutte le organizzazioni, e che uno dei suoi driver fondamentali sia la concorren-za. E proprio la concorrenza, interna ed esterna, diventa la lama per affilare la performance sociale di qualsiasi organizzazione (non a caso, il sottotitolo inglese recita ‘Cut-throat competition?’, concorrenza spietata).Nella costruzione di questa analisi, D’Anselmi propone

una soluzione in termini di processo, fondata su quattro valori: lo stakeholder ignoto, la divulgazio-ne, l’attuazione e la micro-etica.Un contributo al dibattito sulla Csr assolutamente originale, in conclusione, che evidenzia come la piccola e media impresa non abbia ancora preso coscienza del suo potenziale competitivo, di-pendenti e imprenditori insieme, che potrebbe trasformarla in uno dei protagonisti principali della catena del valore.

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• tendiamo ad apprezzare gli intellettuali e le persone istruite, anche se potrebbero non essere libere dall’ambiguità e dalla cattiva volontà quando si tratta di accountability per il loro lavoro (questi sono i ‘belli’);• il lavoro stesso è qualcosa di ben diverso dall’amministrazione del lavoro;• il lavoro è un valore e gli stakeholder lo valutano, senza dimenticare l’entusiasmo per i tecnicismi.

Abbiamo mostrato come la Csr sia un dovere di tutti i lavoratori, nel settore privato come in quello pubblico, e forse le Nazioni Unite potrebbero aggiornare il Global Compact per aprirlo a tutte le organizzazioni – prime fra tutte quelle governative. L’abuso delle persone da parte dei governi non si limita ai soli casi dittatoriali, ma comprende anche le forme di governo democratiche: una coalizione di lavoratori può facilmente approfitare o abusare della maggioranza di coloro il cui lavoro è soggetto alla concorrenza. Abbiamo rivalutato il valore umano fondamentale dell’eguaglianza tra i lavoratori rispetto alle proprie condizioni di lavoro per quanto riguarda lo stare sul mercato e il valore sociale del lavoro stesso.La realtà attuale è vista come un lottare contro le intemperie dove l’obiettivo deve essere evitare il peggio; l’ideale è tentare di perfezionare ciò che è intrinsecamente imperfetto, cercando di migliorare una realtà che è di per sé confusa e disarmonica.

Altri valori, al contrario, sono stati de-enfatizzati: il valore del futuro, di per sé, e la guida per le future generazioni emergono come pura retorica quando si considera il valore dell’approccio al presente, e la responsabilità non è qualcosa che si fa, ma qualcosa che si è. Anche se fossimo l’ultima generazione sulla terra dovremmo spegnere la luce quando

usciamo da una stanza. Solo nel presente possiamo seminare per il futuro.Al tempo stesso, dovremmo cominciare a pensare al nostro ‘ambiente’ morale interiore nello stesso modo in cui ci stiamo abituando a pensare all’ambiente fisico esterno. Ci siamo in un certo senso lasciati trasportare dall’interesse personale e dall’egoismo, e abbiamo troppo timore per parlare di moralità e coscienza. Abbiamo erronamente scambiato il sapere con l’essere. La conoscenza è stata scambiata per esistenza. Mettiamo l’accento sulle regole, trascurando il modo in cui ci comportiamo e procediamo nel nostro lavoro all’interno di queste regole. Prestiamo troppa attenzione alla nostra identità e troppo poca a quanto ne siamo all’altezza nelle nostre azioni quotidiane: non esiste DNA per il comportamento organizzativo. Aspiriamo a uno stato di stabilità che ci è impossibile raggiungere. Altrettanto limitata è la rilevanza delle affermazioni universali di principio: ciò che è ‘buono’ qui e adesso potrebbe simultaneamente non esserlo altrove. Le sollecitazioni etiche più estreme potrebbero essere irrilevanti rispetto a ciò che dovremo fare lunedì mattina al lavoro.

La posizione degli stakeholderCi sono molte persone ignare del proprio valore sociale; hanno bisogno della protezione della ragione in sostituzione di un’azione collettiva che non c’è:

• le piccole e medie imprese hanno un interesse diretto nella società e nell’economia nel loro complesso, ma si comportano come se non ne avessero;• abbiamo rifocalizzato la nostra attenzione – non (solo) sui poveri, ma anche su chi lavora;• la maggior parte dei lavoratori non ha alcuna rappresentanza;

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• i sindacati si autolimitano all’amministrazione del lavoro (salario, vacanze, benefit, pensioni).

C’è un ruolo per i rappresentanti delle PMI e delle élite, a livello locale e nazionale, nel monitorare i governi e la qualità del contesto sociale. La concorrenza, come la conosciamo, è una nozione economica verticale e settoriale: ma esiste anche una concorrenza orizzontale, fra gruppi di persone, che deve essere portata in primo piano.

I prossimi passiÈ necessario distinguere la saggezza convenzionale acquisita attraverso i sondaggi di opinione fra gli esperti (come nel caso di alcune statistiche della Banca Mondiale o del World Economic Forum), dalle condizioni della società effettivamente misurabili:

• dobbiamo misurare la quantità di super-retribuzione del lavoro in regime di monopolio e i costi del non-governo;• dobbiamo analizzare l’intera popolazione

lavorativa soggetta a concorrenza;• dobbiamo attuare una reportistica integrata per le PMI; e• dobbiamo condurre uno studio interculturale delle diverse interpretazioni di concorrenza all’interno della società.

Talvolta la nostra prospettiva sul lavoro è offuscata da un pregiudizio intellettuale, sovrastimando la consapevolezza e la cultura rispetto allo sforzo e alla fatica. Continuiamo invece a sottostimare il contributo sociale delle persone più deboli, dei brutti, dei non istruiti, degli ignoranti o dei maleducati, di chi è spesso ingordo – persone che, tuttavia, sono moderate dalla concorrenza e assolvono ai propri doveri, facendo notevoli sforzi lavorativi e contribuendo alla competitività delle nazioni. Ciò che abbiamo di fronte e che ci aspetta è il compito ‘pasoliniano’ di separare i belli dagli utili.

Paolo D’Anselmi

DEMAND FOR ACCOUNTABILITY

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i protagonisti

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INTERVISTA a Massimiliano Di Domenico, Head of Corporate Communication, CSR & Reputation British American Tobacco Italia.

Sono sempre più numerose le imprese che stanno affrontando la questione della sostenibilità come ‘catalizzatore’ di innovazione per trovare nuove risposte e nuove prospettive di crescita: come e quanto questa visione è applicata all’interno della vostra azienda? La responsabilità sociale d’impresa costituisce uno dei pilastri della strategia del Gruppo British American Tobacco che è l’unica multinazionale del settore ad essere inclusa sia nel Dow Jones Sustainability World Index che nel Dow Jones Sustainability Europe Index. Anche per British American Tobacco Italia, parte del Gruppo, la CSR non è un’innovazione ma è da sempre parte intergrante della cultura aziendale. Siamo, infatti, convinti che l’unica strada da percorrere per crescere e prosperare, contribuendo a migliorare anche l’ambiente in cui operiamo, sia quella di agire sostenibilmente. È per questo che per noi la cultura della responsabilità sociale si fonda sul rispetto di precise regole definite nei Principi Aziendali, negli Standard di Condotta aziendale e negli Standard Internazionali di Marketing.

Si parla ormai di CSR ‘integrata’, e perciò capace di attraversare e quasi ‘

Dialogo e concretezzaPer British American Tobacco Italia comunicare la propria condotta responsabile è essenziale: tanto che l’impegno dell’azienda in tal senso è ancora maggiore rispetto a quello di aziende operanti in altri settori, e l’efficacia delle attività in questo ambito costituisce il presupposto fondamentale per la comunicazione delle stesse.

plasmare’ ogni attività: dalla mission strategica alla supply chain fino al minimo impatto del packaging e del consumo dei prodotti stessi. Potete illustrarci come British American Tobacco traduce tutto ciò nella

Massimiliano Di Domenico, Head of Corporate Communication, CSR & Reputation British American Tobacco Italia

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Via Amsterdam, 147 - 00144 RomaTel. 06 52871www.batitalia.com

British American Tobacco Italia S.p.A. è nata ufficialmente il 1 giugno 2004 dalla fusione con ETI S.p.A. per l’acquisizione della quale British American Tobacco, il gruppo più internazionale del settore, si è aggiudicata la gara per la privatizzazione il 16 luglio 2003. British American Tobacco Italia con la sua forte connotazione di azienda dai fondamenti italiani ma dal respiro internazionale, ha assunto un ruolo di grande valore strategico per il sistema eco-nomico nazionale collocandosi al secondo posto tra gli operatori del settore in Italia, il secondo mercato più importante d’Europa, con la presenza di oltre 25 marchi internazionali (tra cui Lucky Strike, Pall Mall, Dunhill, Vogue e Kent) e nazionali (tra cui MS).

pratica quotidiana della CSR? Quali gli obiettivi che vi siete posti e le metriche attraverso cui ne valutate i risultati? In British American Tobacco Italia la CSR è integrata a tutti gli effetti in ogni attività. Esiste, infatti, una struttura di Governance della CSR costituita da un Comitato che definisce le linee strategiche; da dei Comitati esecutivi che le implementano e da un CSR Manager cui è affidato il coordinamento. Inoltre, fin dal 2007, il Gruppo ha sviluppato la propria ‘Agenda di So-stenibilità’ basata su cinque macroaree: Sviluppo di prodotti a minor rischio, Mercato, Ambiente, Catena di fornitura, Persone e Cultura. A livello locale, ogni mercato ha la responsabilità di implementare le proprie attività all’interno delle macroaree assicurando così alla CSR massima permeabilità in tutti gli ambiti ritenuti chiave. Un processo rigoroso e strutturato di Social Reporting si qualifica, infine, come unostrumento indispensabile per migliorare la nostra efficacia, per comunicare le nostre posizioni, illustrare la nostra cultura responsabile, condividere i problemi dell’Azienda con i nostri stakeholder, dimostrando loro che hanno il potere di incidere sulle decisioni strategiche al fine di ottenere la loro comprensione e costruire partnership solide e proficue. A questo si aggiunge il monitoraggio e la gestione di tutte le attività che possono avere impatto sulla

BRITISH AMERICAN TOBACCO ITALIA

britishamericantobaccoitalia

reputazione dell’Azienda stessa e le politiche di Corporate Social Investment atte a sviluppare e monitorare la strategia degli investimenti nelle comunità di riferimento.

Una delle principali attività di British American Tobacco Italia nell’ambito della responsabilità sociale – ne avevamo parlato sul Quaderno dello scorso anno – è il multistakeholder dialogue: entrando maggiormente nei dettagli, quali sono le tematiche, i gruppi interessati e la metodologia con cui il dialogo avviene?Consideriamo il multistakeholder dialogue essenziale per comprendere a fondo le aspettative dei nostri interlocutori ed agire di conseguenza. L’ultimo dialogo effettuato è stato rivolto a due tematiche fondamentali quali la prevenzione del fumo minorile e la lotta al commercio illecito utilizzando un approccio qualitativo ideato e gestito con il supporto dei ricercatori di GfK Eurisko. Il principale strumento utilizzato è stato quello delle Tavole Rotonde aperte agli stakeholder di riferimento. L’intero

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processo di dialogo - realizzato in accordo ai principi di materialità, rispondenza e completezza così come definiti nello standard Accountability AA1000 Stakeholder Engagement Standard (2005) - è stato, poi, sottoposto a verifica indipendente (affidata alla Ernst & Young), a garanzia della qualità dell’intero processo. In sede di dialogo, abbiamo rinnovato il nostro impegno su tali tematiche attraverso: il supporto alla realizzazione di programmi in grado di affrontare le

problematiche connesse all’educazione, alla sensibilizzazione e all’accesso al prodotto da parte di minori; il supporto all’innalzamento del limite minimo di età per la vendita dei prodotti da fumo da 16 a 18 anni; la collaborazione con le Autorità preposte alla lotta al contrabbando e alla contraffazione sia a livello nazionale che europeo. In quest’ultimo ambito, il nostro impegno a livello di Gruppo è stato suggellato nel 2010 con la firma di uno storico accordo di cooperazione con l’OLAF, la principale agenzia della Commissione Europea preposta a contrastare il mercato illecito.

Pur rientrando sotto l’ombrello della CSR, per tutte le attività che in qualche modo riguardano cultura, sociale, ambiente e territorio, British American Tobacco Italia adopera la definizione di Corporate Social Investment: quali sono le più significative? E quali obiettivi si propongono?British American Tobacco Italia identifica tre temi quali ambiti preferenziali per le attività di CSI: Agricoltura sostenibile ed ambiente, Sostegno allo sviluppo, Sostegno alla comunità. Nel primo ambito si collocano gli investimenti in progetti ambientali come quelli a salvaguardia della biodiversità; il secondo vede la promozione di programmi nelle Università e di ricerche in aree dedicate alla CSR, in partnership con importanti istituti e think tank italiani; mentre nel terzo si configurano quelle attività di supporto ad associazioni di volontariato o organizzazioni umanitarie per l’attuazione di progetti a favore delle categorie socialmente svantaggiate.

British American Tobacco Italia è un’azienda fortemente impegnata sul fronte della responsabilità, anche se in realtà – soprattutto sul fronte dei consumatori e dell’opinione pubblica – la notorietà dei suoi prodotti e dei suoi marchi in un certo senso la ‘sovrasta’: come si coniuga o si declina

Il dialogo di British American Tobacco Italia con i propri stakeholder è stato rivolto a due tematiche fondamentali quali la prevenzione del fumo minorile e la lotta al commercio illecito, utilizzando un approccio qualitativo ideato e gestito con il supporto dei ricercatori di GfK Eurisko

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questa responsabilità con i diversi brand che fanno parte del vostro portafoglio?Proprio perché operiamo in un settore controverso, per noi responsabilità sociale vuol dire innanzitutto gestione responsabile del prodotto. Non a caso, infatti, le tematiche scelte per il multistakeholder dialogue sono state le stesse emerse a seguito di un confronto diretto con i consumatori sui temi relativi proprio alla gestione del prodotto. Inoltre, nel 2001 il Gruppo ha adottato degli stringenti Standard

Internazionali di Marketing che testimoniano l’impegno concreto dell’Azienda a condurre le attività di marketing in modo corretto, rivolgendosi esclusivamente a consumatori adulti e consapevoli dei rischi derivanti dal consumo dei prodotti del tabacco. Nel 2007 gli Standard sono stati aggiornati e resi ancora più restrittivi e British American Tobacco li ha immediatamente adottati.

Ancora in tema di brand, e quindi anche di marketing e comunicazione: è risaputo che il vostro settore è uno dei più regolamentati in assoluto sotto questo profilo. Per questa ragione, anche la semplice e necessaria comunicazione di attività legate alla CSR potrebbe innescare una sorta di effetto ‘greenwashing’ facendo pensare comunque a obiettivi di ordine commerciale. È un rischio che prendete in considerazione? Come vi regolate di conseguenza? Le modalità di comunicazione delle nostre attività di CSR sono del tutto differenti dalle nostre comunicazioni commerciali. Quest’ultime, infatti, seguono strettamente la normativa in vigore e gli Standard Internazionali di Marketing.Comunicare la nostra condotta responsabile è per noi essenziale tanto che il nostro impegno in tal senso è ancora maggiore rispetto a quello di aziende operanti in altri settori. Allo stesso tempo consideriamo l’efficacia delle nostre attività il presupposto fondamentale per la comunicazione delle stesse. È per questo che con orgoglio continueremo a comunicare le nostre attività e soprattutto i risultati ottenuti.

Il processo rigoroso e strutturato di Social Reporting – come ad esempio il Bilancio di Sostenibilità – di British American Tobacco rappresenta uno strumento indispensabile per illustrare la cultura responsabile dell’azienda, migliorarne l’efficacia e condividere i problemi con i propri stakeholder

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UN VERO e proprio ‘hub’ in cui convergono le diverse esigenze delle Onlus e Ong, quelle dei loro sostenitori e quelle delle aziende interessate a una forma di Csr innovativa e concreta. 1ClickDonation è tutto questo e anche qualcosa di più. Ideata da CrowdM e pienamente funzionale dallo scorso luglio, la piattaforma di donazione è il punto d’incontro tra organizzazioni no profit di qualsiasi genere, le aziende interessate a offrire loro un aiuto concreto e, soprattutto, le community online di utenti e consumatori che possono prendere parte attiva nel processo di donazione.A spiegarne meccanismo, funzionalità e caratteristiche è Silvio Stafuzza, fondatore e ceo di CrowdM: “Attraverso 1ClickDonation – afferma –, i sostenitori delle organizzazioni no profit, che ci piace definire ‘clickers’, possono usufruire di un sistema di donazione semplice da usare, trasparente e a costo zero, che permette loro di partecipare attivamente alle attività di CSR delle aziende, proponendo in prima persona le organizzazioni e associazioni beneficiarie, e sostenendole con le loro preferenze. Contemporaneamente, le Onlus e le Ong hanno a disposizione uno strumento ideale per promuovere la propria causa, incontrare nuovi sponsor, incentivare l’advocacy riguardo alle proprie attività, e rafforzare il rapporto con i sostenitori attraverso internet. Le aziende, infine, possono efficacemente portare avanti attraverso 1ClickDonation le proprie politiche sociali”.

Donare è facile come un ‘click’1ClickDonation è l’innovativa piattaforma messa a punto da CrowdM attraverso la quale, sostenendo organizzazioni no profit e iniziative benefiche, le aziende possono dar vita a una nuova forma di Corporate Social Responsibility nella quale gli utenti e i consumatori diventano protagonisti, potendo scegliere in prima persona a quale Organizzazione no profit il brand farà una donazione.

Come funziona esattamente 1ClickDonation? Che cosa chiedete e quali sono i benefit che offrite sia al mondo no profit sia alle aziende che decidono di partecipare?Il funzionamento della piattaforma è semplice e virtuoso per tutte le parti in causa. Attraverso il sito le aziende si possono impegnare a offrire il proprio sostegno attraverso beni o servizi specifici (contributi economici, donazioni di prodotti durevoli, di beni di consumo, di derrate alimentari, di medicinali... etc) a una o più

Silvio Stafuzza, fondatore e ceo di CrowdM

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Largo Don Bonifacio 1 - 34125 TriesteTel. 040 9896704 - Fax 040 46063277Via Pietrasanta 14 - 20121 [email protected]://www.crowdm.com

Board di direzione: Silvio Stafuzza, Andres Furioso, Stefano Chermaz

Anno di fondazione: 2009

Addetti:15

organizzazioni una volta che queste abbiano raggiunto una soglia prestabilita di click o ‘like’.Allo stesso tempo, gli enti interessati all’offerta aziendale possono attivarsi promuovendo l’iniziativa attraverso i propri canali in modo da coinvolgere rapidamente il più alto numero possibile di sostenitori e raggiungere così la soglia di click necessaria all’ottenimento della donazione in tempo per rientrare nel numero di no profit fissato dall’azienda.Attraverso ‘1Click’ si innesca un processo di competizione virtuosa fra le varie organizzazioni, che avranno tutto l’interesse a richiamare i propri sostenitori e a invitarli a esprimere la propria preferenza per loro. In cambio della donazione, sia la Onlus che l’azienda partner dell’iniziativa riceveranno attenzione e maggiore visibilità sul web e sui social media. Quello che proponiamo alle aziende è infatti di differenziare gli investimenti online, dedicando parte del budget media al sostegno di iniziative benefiche, senza per questo perdere visibilità, anzi...Sia le Organizzazioni no profit che le aziende hanno sul sito 1Click una sezione dedicata, dove le prime potranno raccontare con una ‘scheda’ le loro attività, i valori che le guidano e altro, mentre le seconde potranno richiedere informazioni o quotazioni, proporre iniziative e, successivamente, visualizzare l’andamento delle azioni in corso e proporre ulteriori partnership.Veniamo agli utenti: cosa devono e che cosa possono fare attraverso 1ClickDonation?Tutto è riassumibile in tre azioni chiave: scegli, vota e condividi. È sufficiente infatti collegarsi al sito 1ClickDonation.com o

CROWDM ITALY

crowdmitaly

alla sua pagina Facebook (http://www.facebook.com/1clickdonation), cercare la propria organizzazione del cuore (oppure, se non c’è ancora, caricarla), votare e condividere la scelta sul Wall Facebook degli amici, invitandoli a fare altrettanto. Attraverso il sito, poi, gli utenti possono informarsi sulle iniziative in corso e sulle organizzazioni coinvolte, scegliendo fra quelle presenti a chi donare il proprio click. Il click/like è infatti un gesto semplicissimo e a costo zero che chiunque compie migliaia di volte ogni giorno e che in questo modo di trasforma in un contributo importante a una causa.Nel caso preferisse donare il click a un’organizzazione che non sia ancora registrata sulla piattaforma avrà sempre la possibilità di candidarla, e questa verrà aggiunta a 1ClickDonation, una volta superata una rapida validazione, volta esclusivamente a garantire la serietà delle Onlus partecipanti.La donazione di un click, inoltre, non precluderà

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l’accesso ad altre campagne (attivate da altre aziende), per le quali l’utente potrà di nuovo esprimere la propria preferenza ed effettuare la donazione.Oltre a questa interazione, qualsiasi utente ha anche la possibilità di proporre nuove Onluspartner, commentare e votare le cause proposte, e condividere tutti i contenuti di 1ClickDonation con i propri amici sui social network, oppure su

siti e blog in generale, in modo da promuovere le attività e le associazioni alle quali si sente maggiormente vicino.

La donazione di click, sul sito o attraverso i social network, punta naturalmente a innescare un effetto ‘virale’: pensate sia possibile ‘gestirlo’ in qualche modo?La centralità che l’utente deve mantenere nel processo di donazione è senz’altro un aspetto rilevante e collegato alla neutralità della piattaforma rispetto agli sponsor: se infatti il bene materiale è messo a disposizione dall’azienda partner, sono i click degli utenti che rendono possibile l’operazione. Per questo motivo saranno incentivate le azioni di ‘diffusione’, e si possono pensare modalità per le quali una rappresentanza degli utenti sia invitata al momento della consegna, e faccia da ambasciatrice della community 1ClickDonation. Ogni aspetto di 1ClickDonation è ottimizzato per poter essere condiviso in ambito social, tanto è vero che è stata realizzata una sezione del sito dedicata alla promozione di 1ClickDonation e alle singole iniziative, dalla quale gli utenti possono visualizzare diverse tipologie di banner, video, patch e badges, da poter copiare e includere sui propri siti, profili social e blog.Oltre a tutto ciò, stiamo progettando applicazioni specifiche 1ClickDonation per i maggiori social network, ognuna disegnata per integrarsi con le caratteristiche del medium specifico e sfruttarne quindi appieno le potenzialità; probabilmente in futuro la donazione del click potrà avere una declinazione come ‘check in’ di Foursquare, oppure come ‘re-tweet’ di contenuti 1Click via Twitter. Riteniamo importante che l’applicazione 1Click all’interno dei social network faccia compiere all’utente quelle stesse operazioni che svolge abitualmente in quell’ambito, in modo che l’utilizzo della piattaforma non sia ostacolato dalla necessità di apprendere nuovi procedimenti

Il sito 1ClickDonation.com ha un aspetto pulito e una struttura lineare, in modo da non costituire un elemento di distrazione, ma servire piuttosto come strumento immediato ed intuitivo per chi vuole fare la propria donazione. L’aspetto minimal è inoltre un elemento utile per rimarcare la neutralità della piattaforma rispetto alle aziende

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o di agire secondo schemi differenti da quelli con i quali l’utenza ha familiarità.

Una curiosità ma anche un tema di non poco conto: come sono trattati i dati degli utenti registrati?Tengo a sottolineare il fatto che 1ClickDonation è uno strumento indipendente e libero, che si lega alle aziende con lo scopo di permettere le donazioni e solo per un periodo di tempo ben definito; i dati che raccoglie dai sostenitori servono a certificare l’avvenuta donazione, e non vengono in alcun modo trasmessi ad altri,

a meno che l’utente non specifichi la propria volontà in tal senso. Per esempio, tornando al discorso dei social network, se l’utente darà il proprio consenso, il certificato di donazione potrà essere convertito in ‘status’ di Facebook e/o in post su Twitter.

Prima azienda a credere e ad aderire al progetto è stata Citroën: può raccontarci brevemente lo svolgimento di questa case history?Il progetto è ancora in corso ma può essere utile per comprendere come mettere in pratica quanto detto finora. In una prima fase, tra luglio e agosto 2011, gli utenti hanno potuto esprimere liberamente il proprio supporto a diverse organizzazioni dalla fanpage Citroën di Facebook (www.facebook.com/citroenitalia), dal sito www.citroen.it e dal sito www.1clickdonation.com: a una delle prime tre selezionate dalla stessa Citroën ( COOPI-Cooperazione Internazionale, Fondazione Veronesi e Vis), a una candidata ex novo o a una di quelle suggerite da altri utenti. Le organizzazioni stesse sono state invitate ad autocandidarsi, purché avessero un sito internet dal quale reperire informazioni sulla loro attività, in modo da garantire serietà e trasparenza dell’operazione. Questa fase elettiva si è chiusa il 26 agosto, con oltre 1.650 Organizzazioni iscritte, un totale di oltre 145.000 click donati e 270.000 visitatori in soli 40 giorni. Le due Onlus che hanno ottenuto il più alto gradimento dagli utenti sono state invitate a partecipare alla piattaforma 1ClickDonation, insieme alle tre già selezionate. A ciascuna delle cinque partecipanti, Citroën ha donato una Grand C4 Picasso, mentre nella seconda fase, quella che avrà ricevuto il maggior numero di click, si aggiudicherà anche un Citroën Jumpy. Il successo al primo progetto è stato tale da indurre Citroën a premiare una organizzazione in più alla quale andrà un Berlingo.

Gli utenti sono stati i protagonisti della prima campagna di solidarietà sviluppata attraverso 1ClickDonation e che è anche stata la prima grande iniziativa di Corporate Social Responsability di Citroën Italia (nell’immagine la fanpage Citroën su Facebook dedicata all’iniziativa)

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INTERVISTA Intervista a Gianluca Comin, Direttore Relazioni Esterne Enel.

Cosa vuol dire oggi essere un’impresa ‘sostenibile’?L’etica del profitto come strumento unico per misurare la capacità competitiva dell’azienda oggi non basta più a giustificare l’agire d’impresa. Alle imprese viene ormai richiesto di essere protagoniste nella definizione dei nuovi modelli di sviluppo che la società nel suo insieme sta ricercando. Modelli che devono nascere da un dialogo paritario, da una conversazione aperta e trasparente tra le aziende e tutti gli altri componenti della società, volta alla formazione di una nuova opinione pubblica. Questo cambiamento non è semplicemente la conseguenza della crisi finanziaria iniziata nel 2008 o della velocità del cambiamento tecnologico e sociale degli ultimi trent’anni. Parliamo di una ‘nuova normalità’ composita e ambigua, certamente inaspettata, che ha messo in discussione attori, modelli e comportamenti consolidati. Tutto ciò impone elasticità, per gestire la velocità del cambiamento, e nuovi approcci, per poter innovare e trasformare il cambiamento in opportunità. Questa ‘nuova normalità’ richiede di perseguire il benessere collettivo al pari degli interessi specifici. Non è un caso che l’Osservatorio del Capitale Sociale di Demos-Coop abbia recentemente identificato

La ‘nuova normalità’Per Enel, il raggiungimento di una competitività sostenibile è possibile solo attraverso un impegno costante, da rinnovare nel corso degli anni come parte di una strategia di crescita basata su solidità finanziaria e redditività, sul coinvolgimento dei diversi attori sociali, su una politica di gestione delle risorse ambientali definita e condivisa.

come parole di successo nell’attuale contesto comunicativo i termini ‘bene comune’ e ‘partecipazione’, mentre ‘individualismo’ è definito come parola impopolare.Si tratta di piccoli segni, che concorrono però a mostrarci una tendenza più vasta: quella

Gianluca Comin, Direttore Relazioni Esterne Enel

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Viale Regina Margherita 137 - 00198 RomaTel. [email protected]

Anno di fondazione: 1962

Addetti: 78.313

Fatturato 2010: EBITDA 17.480 milioni di euro

Enel è un’azienda che si sviluppa in modo organico e responsabile nel mercato globale dell’energia con una strategia di solidità finanziaria e redditività del piano industriale di lungo periodo nel pieno rispetto degli stakeholder, dell’etica e dell’equilibrio tra le variabili economiche, ambientali e sociali.Dal 2002, il Bilancio di Sostenibilità testimonia l’impegno di Enel nella responsabilità d’impresa, in accordo con i Dieci Principi del Global Compact delle Nazioni Unite.Enel è presente nei maggiori indici mondiali di sostenibilità Dow Jones Sustainability Index World (DJSI) e FTSE4Good, e ciò si riflette anche nella base azionaria, nella quale 64 fondi etici detengono il 19% delle azioni in possesso dei fondi di investimento istituzionali (dati a giugno 2011).Enel, insieme a Endesa, è una delle compagnie ad essere inclusa nel Global Compact LEAD: 56 imprese leader nella promozione della sostenibilità a livello globale.

che porta la strategia d’impresa ad intrecciarsi sempre più strettamente con il ‘divenire’ della società globale e locale: in questo contesto, le imprese, soprattutto le grandi multinazionali, sono divenute un punto di snodo cruciale tra economia e società.

In quest’ottica, la CSR può essere intesa come una nuova filosofia d’impresa?La sfida per la costruzione di ‘un’altra economia’, come la definirebbe Paul Krugman, che garantisca il superamento dell’attuale congiuntura negativa, attribuisce alle imprese e alle loro scelte strategiche un ruolo di attore sociale inedito quanto fondamentale per poter creare non solo nuovo valore economico, ma anche e soprattutto nuovi valori che consentano di ricostruire fiducia e affidabilità.È per queste ragioni che da più parti si parla di ‘integrazione sociale dell’impresa’, come di una nuova visione del rapporto tra business e società, e la Corporate Social Responsibility (CSR) è divenuta una priorità ineludibile per i leader aziendali di tutto il mondo. Su questa tendenza i professori Porter e Kramer, in un articolo comparso qualche mese fa su Harvard Business Review, affidano un ruolo centrale alla cosiddetta corporate citizenship delle imprese, ovvero alla loro capacità di integrare le preoccupazioni sociali e le sfide ecologiche dei contesti nei quali operano, attraverso politiche e processi che tengano in

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considerazione l’impatto sui loro stakeholder interni ed esterni. Un’integrazione sempre più profonda della sostenibilità nel business che viene sintetizzata nel passaggio dalla classica CSR al CSV (Creating Shared Value), esprimendo efficacemente il nuovo focus sulla creazione di valore sia per l’impresa sia per la società.

Secondo la graduatoria stilata dall’Unctad, l’istituzione delle Nazioni Unite dedicata al commercio e allo sviluppo, nel suo World Investment Report 2011 Enel è la società a partecipazione statale con più attività

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estere al mondo. Come si è modificata la vostra responsabilità d’impresa adesso che siete una multinazionale dell’energia?Enel è presente ormai in 40 Paesi di 4 Continenti: le multinazionali hanno oggi la responsabilità di diffondere nel mondo l’etica del lavoro e della sostenibilità, affiancando con funzioni di stimolo e proposta le istituzioni nazionali e sopranazionali. Per questo dobbiamo collaborare tutti, imprese e istituzioni, per costruire un quadro di regole certe e condivise, valide in ogni parte del globo. In questa

direzione, l’esperienza reale delle imprese multinazionali può essere determinante.Naturalmente, occorre essere sempre consapevoli che l’integrazione di business e sostenibilità rappresenta un processo e un traguardo. Il raggiungimento di una competitività sostenibile, infatti, è possibile solo attraverso un impegno costante, da rinnovare nel corso degli anni come parte di una strategia di crescita basata su solidità finanziaria e redditività, sul coinvolgimento dei diversi attori sociali, su una politica di gestione delle risorse ambientali definita e condivisa.Per quanto riguarda in particolare il settore delle utility elettriche, in un mondo dove due terzi della popolazione non ha ancora raggiunto un adeguato livello di benessere, è nostra responsabilità che l’energia di domani sia abbondante, a costi ragionevoli e rispettosa dell’ambiente. Perché l’elettricità è innanzitutto uno strumento per garantire lo sviluppo economico e per migliorare le condizioni di vita delle persone.In quest’ottica, mi piace ricordare che Enel è stata ammessa, insieme a Endesa, nel Global Compact LEAD, l’iniziativa creata dalle Nazioni Unite che riunisce le 56 migliori aziende mondiali, punti di riferimento per la sostenibilità economica, sociale e ambientale.

Veniamo agli strumenti con i quali Enel concretizza il suo impegno nella CSR. Tra questi, certamente uno dei più importanti è il Bilancio di Sostenibilità. Come si è evoluto questo fondamentale strumento direndicontazione?In Enel abbiamo lavorato con tenacia da 10 anni per integrare gli aspetti della sostenibilitàall’interno di tutta la strategia e organizzazione aziendale. Quest’anno il Bilancio di Sostenibilità si presenta con una veste editoriale innovativa, che razionalizza l’articolazione complessiva dei contenuti e facilita la lettura del documento.

L’appuntamento con il Sustainability Day intende dar voce a nuove idee e definire le migliori pratiche nel campo della sostenibilità a livello globale, ed è inoltre uno dei primi esperimenti in Italia di comunicazione della sostenibilità attraverso i New Media

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Per la prima volta, è anche presente un capitolo dedicato alla Sostenibilità all’interno della Relazione sulla Gestione del Bilancio Consolidato 2010, proprio per garantire a tutti gli stakeholder una valutazione sempre più integrata delle performance aziendali, finanziarie e non: è il nostro percorso di avvicinamento al One Report, uno strumento complesso, che richiede un’integrazione dei sistemi e dei processi aziendali. Il Bilancio di Sostenibilità 2010 è disponibile anche in versione navigabile interattiva nella sezione Sostenibilità di enel.com.Infine, è da ricordare che il Bilancio di Sostenibilità di Enel ha ottenuto il massimo livello di A+ di conformità e applicazione alle linee guida della Global Reporting Initiative. Il riconoscimento premia per il quinto anno consecutivo il nostro impegno orientato a una rendicontazione della responsabilità d’impresa basata su standard rigorosi e riconosciuti a livello internazionale. Infine, è da ricordare che Enel è entrata a far parte delle compagnie che supporteranno il GRI nella definizione della prossima generazione di linee-guida (G4) per la rendicontazione della sostenibilità.

Qual è il legame tra ‘sustainability’ e ‘profitability’?Negli ultimi anni gli investitori di tutto il mondo hanno acquisito maggiore consapevolezza sull’importanza degli ‘investimenti responsabili e sostenibili’, con un numero sempre maggiore di fondi orientato a tali logiche di investimento.Nell’azionariato di Enel abbiamo una note-vole presenza di investitori SRI. In particolare, nell’ultima analisi della base azionaria di Enel che risale a giugno 2011, le istituzioni orientate a questo tipo di investimento rappresentano: il 19% del flottante istituzionale; il 10% del flottante totale; il 6.9% del totale delle azioni emesse. La fiducia del mercato nell’impegno sostenibile di Enel è dimostrata anche dal fatto che siamo presenti, per il settimo anno consecutivo,

nel DJSI (Dow Jones Sustainability Index) e siamo inoltre stati riammessi nel FTSE4Good: i due principali indici globali di sostenibilità.

Oltre alla rendicontazione, quali sono le iniziative che Enel mette in atto per sensibilizzare gli stakeholder sulle tematiche della CSR?Crediamo che il modo migliore per affrontare sfide globali sia promuovere un confronto globale: per questo organizziamo ogni anno il Sustainability Day, un’occasione per diffondere una nuova cultura orientata alla responsabilità, che ha fatto dialogare esperti internazionali, manager di fondi etici, rappresentanti della società civile e delle istituzioni internazionali.Un appuntamento che nasce per dar voce a nuove idee e definire le migliori pratiche nel campo della sostenibilità a livello globale, ma che è soprattutto tra i primi esperimenti in Italia di comunicazione della sostenibilità attraverso i New Media. Anche chi non era fisicamente a Madrid - dove l’evento ha avuto luogo - ha avuto la possibilità di seguire i lavori in streaming on line e interagire con quanto accadeva in sala grazie a Twitter, dove venivano commentati in diretta gli interventi degli esperti. Risultato, un boom di contatti con oltre 2.700 spettatori provenienti da tutto il mondo.Inoltre, in occasione del Sustainability Day, Enel ha commissionato, per il secondo anno consecutivo, una ricerca all’Economist Intelligence Unit, che ha intervistato 280 top manager di imprese internazionali, in Asia, Europa Occidentale e Nord America. Dalla ricerca emerge come le aziende riconoscano alla sostenibilità un ruolo sempre più centrale nella strategia a lungo termine: risulta diffusa, anche nelle economie emergenti, la consapevolezza che le pratiche di sostenibilità ambientale, sociale e di governance possono favorire e consolidare le prospettive di un’impresa al pari di una buona gestione finanziaria.

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COME AFFERMA il presidente del Gruppo ERG, Edoardo Garrone, “L’azienda realmente ispirata da un approccio sostenibile si muove per interrogare la comunità di riferimento, cerca di comprenderne radici culturali, storia ed evoluzione, istanze e tendenze di sviluppo. In quest’ottica, l’azienda costruisce, insieme agli stakeholder, progetti e azioni volti a promuovere il territorio, nella convinzione che l’attività industriale sia uno degli elementi che - solo se in sinergia con altri, come il fervore culturale, l’adeguatezza delle reti di assistenza sociale, lo sviluppo armonico dell’urbanistica, etc. - possa contribuire efficacemente al benessere di un luogo e della popolazione che lo occupa”.Sono del resto sempre più numerose le imprese che affrontano la questione della sostenibilità come ‘catalizzatore’ di innovazione per trovare nuove prospettive di crescita: a Claudio Pirani, responsabile Csr, chiediamo quindi come e quanto questa visione sia applicata all’interno di ERG?“Nell’ottica di una strategia multi energy – è la risposta –, il Gruppo ERG è fortemente orientato all’Innovazione e sostiene alcune importanti iniziative di ricerca: nel 2008 è stato avviato un progetto molto ambizioso relativo al fotovoltaico organico, che ha dato vita al consorzio DyePower. L’obiettivo è quello di realizzare entro il 2012 una linea pilota per fabbricare i primi pannelli fotovoltaici organici,

Strategie trasparentiPer ERG, sostenibilità vuol dire coniugare strategie e obiettivi di business (con particolare attenzione alle Energie Rinnovabili), efficace gestione dei rischi, esigenze crescenti di trasparenza e responsabilità sociale e ambientale. E lo stato di avanzamento di ogni impegno assunto è costantemente monitorato e comunicato a tutti i suoi stakeholder.

semitrasparenti e architettonicamente integrabili. Inoltre, nel Luglio 2011 l’Università di Milano-Bicocca e il Gruppo ERG hanno siglato un accordo per la costituzione del Consorzio DeltaTi Research che ha tra i suoi obiettivi lo sviluppo di una metodologia industriale per la produzione di convertitori termoelettrici basati su silicio nano-strutturato”.

Quali sono gli obiettivi del Gruppo ERG in termini di rendicontazione della Sostenibilità?Il nostro obiettivo è principalmente quello di arricchire il Rapporto di Sostenibilità che

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Torre WTC, Via de Marini, 1 – 16149 GenovaTel. 010 24011 - Fax 010 [email protected]

Board di direzione: Riccardo Garrone, presidente onorario; Edoardo Garrone, presidente; Giovanni Mondini, vice presidente; Alessandro Garrone, amministratore delegato.

Responsabile CSR: Claudio Pirani.

Anno di fondazione: 1938

Addetti: 714 (al 31 Dicembre 2010).

Fatturato 2010: 7.899 milioni di euro (ricavi consolidati al 31 Dicembre 2010).

La Sostenibilità in ERG nasce per coniugare tre elementi diversi ma ugualmente importanti: strategie ed obiettivi di business (con particolare attenzione alle Energie Rinnovabili) efficace gestione dei rischi, esigenze crescenti di trasparenza e di responsabilità sociale ed ambientale. Il Gruppo ERG si pone l’obiettivo di “creare valore” e contribuire allo sviluppo sostenibile del territorio. Questo impegno si concretizza innanzitutto attraverso la gestione trasparente delle attività, lo sviluppo di pratiche sempre più efficaci per il controllo dei loro impatti e un dialogo costante con i propri stakeholder.

pubblichiamo annualmente: per noi è uno strumento di comunicazione molto importante che documenta le performance in campo ambientale, sociale ed economico. Di anno in anno vorremmo rendere sempre più esaustiva l’informativa fornita nel Rapporto, sia per migliorare il livello di comunicazione verso i nostri stakeholder, sia per adottare in modo sempre più rigoroso le linee Guida GRI. Per il 2010 abbiamo confermato il raggiungimento del Livello A di applicazione delle suddette Linee Guida, integrando il Rapporto, rispetto all’edizione 2009 (pubblicata nel giugno del 2010), con le informazioni richieste dall’Electric Utilities Sector Supplement (approvate dal GRI nel 2009).

Una delle caratteristiche della moderna Csr è quella che prevede un approccio alla sostenibilità capace di attraversare quasi ogni attività aziendale: dalla mission

GRUPPO ERG

gruppoerg

strategica alla supply chain, dall’efficienza degli impianti alla sicurezza e al benessere dei dipendenti. Quali sono le aree che avete individuato e con quali risultati?Il Gruppo ERG, relativamente a ciascuna categoria di stakeholder, ha assunto impegni che, concretizzati nelle proprie attività quotidiane, sono volti a traguardare un miglioramento delle performance e uno sviluppo durevole a favore delle generazioni future. Annualmente lo stato di avanzamento viene monitorato e rendicontato all’interno del Rapporto di Sostenibilità.Nella tabella che segue si presenta la situazione rilevata al 31 dicembre 2010.

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Al di là della rendicontazione vera e propria, la comunicazione è l’anello che completa la catena del valore della responsabilità sociale. Quali altri mezzi e canali utilizzate?

Sicuramente un canale privilegiato è la comunicazione web, in continua evoluzione, che permette un aggiornamento rapido, tempestivo e sempre ‘al passo con i tempi’: il nostro sito è

Area di Impegno/Obiettivo

Pacchetto Energia

Sicurezza

Sistemi di Gestione HSE

Persone

Territorio

Clienti

Innovazione

Fornitori

● Migliorare l’efficienza energetica nel Termoelettrico del 20% al 2011● Aumentare la produzione di energia da fonti rinnovabili, in particolare eolico● Evitare emissioni di CO2 per 1,2 Mton al 2013

● Raggiungere l’obiettivo “Zero infortuni” attraverso lo sviluppo di una solida cultura della sicurezza basata sulla interdipendenza di tutti i lavoratori

● Completare la certificazione integrata secondo gli standard ISO 14001 e OHSAS 18001 per tutti i siti industriali entro il 2010

● Perseguire l’eccellenza manageriale attraverso il sistema di competenze aziendali e le linee guida del modello di sviluppo manageriale ERG

● Contribuire allo sviluppo sostenibile del territorio attraverso interventi strutturati in campo economico, sociale ed ambientale

● Porre al centro della strategia commerciale il cliente e l’efficienza del servizio al cliente

● Sostenere la strategia multi-energy con adeguate iniziative nel campo della ricerca ed innovazione

● Garantire correttezza e trasparenza delle operazioni, adottando le best practice internazionali in tema di responsabilità sociale

● +20% di efficienza energetica nel Termoelettrico● La produzione da rinnovabili è aumentata di sette volte dal 2006● 586 kton di CO2 evitate dal 2006

● Consolidato il Progetto Sicurezza (fase 2) con focus sul fattore umano quale elemento chiave per garantire prevenzione e protezione dai rischi ● Mantenimento di indici di frequenza e gravità ridotti e in linea con gli anni precedenti

● In via di implementazione nella centrale ERG Power avviata nel 2010. Negli altri siti 91% di certificazioni già ottenute

● 26.339 ore di formazione manageriale dal 2007● Indice medio di formazione pari a 5,1 giorni/uomo

● Circa 2 milioni di Euro nel 2010 per attività con valenza per il territorio e circa 10 milioni di Euro complessivi dal 2006*

● Rispetto del tempo di risposta al cliente a fronte di reclami scritti: > 99%● Numero di chiamate al call center con risposta entro 30 secondi: >75%

● Avviati i progetti Fotovoltaico organico e Geotermia

● Implementazione della nuova piattaforma web per la qualifica dei Fornitori

Stato

* Fino al 2009 il dato è comprensivo di ISAB S.r.l.

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diventato un insostituibile punto di riferimento per comunicare ai nostri stakeholder non solo informazioni relative al business, ma anche le nostre iniziative di Sostenibilità attraverso la sezione dedicata, aggiornata e complementare al Rapporto annuale. Inoltre, da due anni, anche per quanto riguarda la pubblicazione della reportistica Corporate, privilegiamo la comunicazione online rispetto alla formula tradizionale su carta stampata, fornendo agli utenti oltre al consueto file scaricabile, anche la versione interattiva sia del Bilancio Annuale sia del Rapporto di Sostenibilità consentendo una fruizione più dinamica ed ‘ecologica’ che rivela la nostra attenzione all’Ambiente.

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L’homepage della versione interattiva del rapporto di sostenibilità Erg

Il parco eolico ERG di Hetomesnil, nel Nord della Francia

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INTERVISTA Intervista a Emilio Petrone, ceo Sisal.

Sono sempre più numerose le imprese che interpretano la sostenibilità come ‘catalizzatore’ di innovazione per trovare nuove risposte e nuove prospettive di crescita: questa ‘vision’ è applicata all’interno di Sisal?L’attenzione al sociale e la vocazione all’innovazione sono valori che guidano Sisal fin dalle sue origini, quando nel 1946, tramite il gioco, ha ridato agli italiani speranza e voglia di sognare e ha contribuito con i proventi della ‘schedina Sisal’ alla ricostruzione degli stadi di calcio distrutti dalla guerra.L’agire responsabile esiste dunque da sempre ed è connaturato e radicato nel mondo di fare business dell’azienda e nei suoi valori di riferimento. Oggi le linee guida del nostro business sono l’Innovazione e la Ricerca e Sviluppo, da cui sono derivati giochi di successo come Vinci per la Vita – Win for Life e Si Vince Tutto SuperEnalotto.Sisal ha inoltre investito nell’innovazione applicata al digital gaming e ha creato un’ampia offerta di servizi al pubblico su tutto il territorio nazionale. La crescente importanza dell’innovazione ha portato alla creazione di una divisione dedicata chiamata Product and Business Innovation Unit.Perché un business sia sostenibile è fondamentale

La responsabilità è vincentePerché un business sia sostenibile è fondamentale che sia presente un impegno di lungo termine nella sostenibilità a livello economico, finanziario e sociale: ed è esattamente questa la strada scelta da Sisal, dove l’agire responsabile esiste da sempre ed è connaturato e radicato nel mondo di fare business dell’azienda e nei suoi valori di riferimento.

che sia presente un impegno di lungo termine nella sostenibilità a livello economico, finanziario e sociale. Le scelte fatte ci hanno permesso di raggiungere ottimi risultati, sia dal punto di vista economico e finanziario che dal punto di vista del contributo al sistema Paese. La creazione

Emilio Petrone, ceo Sisal

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Via Tocqueville, 13 – 20154 MilanoTel. 028868971Fax 02 [email protected]

Board di direzione: Emilio Petrone, ceo.

Anno di fondazione: 1946

Addetti: 1.200

Fatturato 2010: volume d’affari di 11,3 miliardi di euro, in crescita del 20,2% rispetto al 2009.

Sisal gestisce dal 1946 i giochi pubblici affidati in concessione e opera con una rete di 45.000 punti capillarmente distribuiti sul territorio nazionale. Oggi Sisal fa parte di un Gruppo, operante in Italia. Sotto la capogruppo Sisal Holding Finanziaria operano le società controllate, dirette e indirette, Sisal Slot, Sisal Bingo e Sisal Match Point. Sisal è attiva nel comparto dei giochi con SuperEnalotto, Vinci per la Vita - Win for Life e Vinci per la Vita - Win for Life Gold e offre un’ampia gamma di servizi al cittadino. Sisal Match Point è attiva nel settore delle scommesse con circa 4.000 punti vendita - di cui 160 fra agenzie e negozi. Sisal Slot è attiva nel settore degli apparecchi d’intrattenimento, con oltre 30.000 apparecchi collegati, dei quali 10.000 di proprietà. Sisal è attiva anche online attraverso internet e mobile con Sisal Poker, Sisal Bingo, Sisal Skill Games e Sisal Casinò. Da settembre 2010 il Gruppo ha lanciato sul mercato Sisal Wincity, il nuovo concept retail che unisce gioco a intrattenimento e socializzazione. Dal 2009 Sisal ha avviato un programma di Responsabilità Sociale e di Gioco Responsabile e nel 2011 ha ottenuto dalla European Lottery Association la certificazione sul Responsible Gaming.

di valore ci ha quindi dato modo di investire in Responsabilità Sociale sviluppando una strategia che coinvolge tutti gli stakeholder di riferimento.La Responsabilità Sociale oggi ricopre per Sisal un ruolo di primo piano, ed è parte integrante della strategia di crescita dell’azienda. Tutto questo è stato possibile grazie alle brillanti indicazioni strategiche e al supporto fornito dall’Amministrazione Autonoma dei Monopoli di Stato, in particolare sulla creazione di uno specifico programma di Gioco Responsabile e su partnership con attori chiave nella comunità. Tutto ciò è riflesso anche nella mission della società: “Essere leader nella gestione del gioco responsabile, intrattenendo i giocatori, ovunque si trovino, con giochi innovativi e sicuri che contribuiscano a realizzare i loro sogni e le loro speranze”. Partendo da queste basi, entro il 2016 vogliamo raggiungere una posizione di assoluta eccellenza sul piano della Responsabilità Sociale e della Sostenibilità.

Si parla ormai sempre più spesso di Csr ‘integrata’: come si traduce tale concetto nella pratica quotidiana della Csr? Quali gli obiettivi che vi siete posti e le metriche attraverso cui ne valutate i risultati?La Responsabilità Sociale di Sisal si presenta oggi come un modello di gestione strategica dell’azienda che prevede un confronto costante con tutti gli stakeholder di riferimento. Si va così affermando una concezione della Responsabilità Sociale d’impresa basata sulla consapevolezza della crescente interdipendenza tra i risultati economici e i benefici sociali. È all’interno di questo scenario che Sisal ha

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sviluppato la propria strategia focalizzata sul cliente–consumatore e sulle sue esigenze. Una strategia che offre ai clienti attuali e potenziali di Sisal una conoscenza più approfondita dei prodotti, scelte consapevoli e una cultura del divertimento sano ed equilibrato. Questo percorso è stato affiancato da un’intensa attività

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di promozione di una cultura dell’agire responsabile sia all’interno dell’Azienda sia nella comunità di riferimento.Il modello proposto da Sisal mette in sinergia l’entertainment con il gaming ed è basato sullo sviluppo di un’ampia offerta di gioco in contesti di intrattenimento e socializzazione sicuri e di qualità, anticipando le esigenze, gli orientamenti e i mutamenti in atto da parte dei clienti – consumatori.All’interno del modello di business sviluppato si colloca l’impegno etico di Sisal con un programma dedicato alla comunità e al gioco responsabile, oggetto di una campagna stampa e di una serie di iniziative a supporto del giocatore e del ricevitore. Con la campagna Gioca il Giusto, Sisal sostiene l’AAMS nel programma di comunicazione e sensibilizzazione del ‘Gioco Legale e Responsabile’.Con questa campagna desideriamo così orientare i giocatori verso il gioco inteso come forma di svago, praticato in modo consapevole e trasmettendo al tempo stesso l’idea di divertimento sano e positivo. Il segno distintivo Gioca il giusto è stato adottato in ogni sito web del Gruppo, in tutte le campagne pubblicitarie, su SisalTV e su tutte le schedine di gioco.

Sul fronte ‘programmatico’ della sostenibilità, quali aree di intervento avete individuato come prioritarie? Quali le azioni messe in pratica e i risultati conseguiti?A partire dal suo primo Rapporto Sociale nel 2009, Sisal si è fortemente impegnata nel sostenere un programma distintivo di Responsabilità Sociale focalizzato sul Gioco Responsabile, elemento centrale nelle strategie di sviluppo della società e nel suo nuovo approccio di business. Impegno che ha ora trovato conferma nella Certificazione ottenuta da Sisal, lo scorso 14 febbraio, per il rispetto dei ‘Responsible Gaming Standards’, i più recenti standard internazionali stabiliti dalla European Lotteries (EL) in tema di Gioco Responsabile.Sin dall’inizio Sisal ha scelto per il proprio programma di Responsabilità Sociale un percorso originale e di grande utilità sociale che prevede interventi a favore della comunità e in particolare dei giovani nelle varie fasi della loro vita. Le principali linee di attività sono: Sisal Junior Stars, Sisal Academy, Sisal per lo Sport, Sisal per le Arti, Sisal per la Ricerca. Con i nostri partner individuiamo un progetto da sviluppare insieme e da sostenere sin dalla prima fase di ideazione, e poi procedere alla fase di realizzazione e di monitoraggio dei risultati conseguiti.Lo stesso approccio ci ha guidato nello sviluppo e realizzazione del programma di Gioco Responsabile, declinato in 10 aree di intervento principali che includono:1. Ricerca2. Formazione del Personale3. Programma di coinvolgimento della Rete e degli operatori4. Meccanismi di valutazione e monitoraggio nello sviluppo dei giochi5. Meccanismi di prevenzione e monitoraggio nei giochi da remoto

Il segno distintivo Gioca il giusto è stato adottato in ogni sito web del Gruppo, in tutte le campagne pubblicitarie, su SisalTV e su tutte le schedine di gioco

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6. Regole nella comunicazione commerciale7. Assistenza per la gestione delle patologie da gioco8. Educazione e sensibilizzazione dei giocatori9. Coinvolgimento degli stakeholder10. Sistemi di reportistica

Per ciascuna di queste aree Sisal si è data obiettivi strategici e Linee Guida per la realizzazione delle attività svolte nel 2010 e ha assunto precisi impegni di sviluppo per il 2011.

Sostenibilità e profittabilità: qual è secondo voi il legame fra questi due valori d’impresa? Sono conciliabili? E come possono essere declinati e attuati contemporaneamente?La capacità di integrare aspetti sociali ed ambientali all’interno della strategia core aziendale è un aspetto che contribuisce a realizzare capacità di innovazione e buone performance. L’adozione di driver sociali e ambientali sostenibili può impattare positivamente sulla competitività dell’organizzazione attraverso:• la richiesta di dialogo e cooperazione tra tuttigli stakeholder

• la creazione di luoghi di lavoro allineati all’innovazione• l’identificazione di nuove opportunità aziendali attraverso le sfide poste dalla società

Una vera sostenibilità, che sia trasversale ad aree fondamentali quali ambiente lavorativo aziendale, mercato d’azione, ambiente e comunità, può rappresentare pertanto uno strumento strategico integrativo di crescita della Società.

Quali ‘regole’ vi siete dati in termini di comunicazione per evitare i possibili contraccolpi di quello che in ambiti diversi è definito come greenwashing (inteso come informazione o comunicazione non veritiera o comunque deviante)?L’agire responsabile di Sisal non sarebbe credibile se non si traducesse anche in un dialogo interno con e tra le Risorse Umane dell’azienda, affinché la Responsabilità Sociale sia sempre più un modo condiviso di vivere e percepire l’azienda da parte di tutti coloro che partecipano ogni giorno alla sua crescita.Infine, il coinvolgimento di Sisal in tema di Csr si traduce anche in un impegno di rendicontazione alla comunità dell’attività svolta, sulla base di indicatori che investono l’intera catena di generazione del valore. Tutto questo nella piena consapevolezza che ogni azione intrapresa debba assumere una valenza economica ma anche sociale e di sviluppo sostenibile per l’intera collettività, a livello nazionale e internazionale.Ritengo che una rete di 45mila punti vendita capillarmente distribuiti sul territorio nazionale e connessi online real time, costituisca un asset di grande valore da utilizzare non solo per la raccolta di gioco. Questo principio ha guidato la scelta di contribuire in modo attivo al sostegno alle campagne di raccolta fondi quali, ad esempio, Airc, Telethon, Save the Children.

L’impegno verso la Responsabilità Sociale di Sisal ha trovato conferma nella Certificazione ottenuta per il rispetto dei ‘Responsible Gaming Standards’, i più recenti standard internazionali stabiliti dalla European Lotteries (EL) in tema di Gioco Responsabile

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INTERVISTA a Marcella Semenza, Responsabile Social Media Koinètica.

Come nasce l’idea di ‘Volontari per un giorno’?“Non so cosa cercavo, avevo tutto... il punto era che non volevo solo avere, volevo anche dare (...)”: quante volte ci è capitato di sentire frasi come questa. Ci siamo chiesti come fare a mettere a disposizione le nostre reti di conoscenze e la nostra capacità di comunicare per favorire il volontariato, quell’agire gratuito e solidale che favorisce la coesione sociale.Da sempre infatti, ci sono persone che desiderano mettere a disposizione parte del loro tempo per gli altri ma non sanno come fare e organizzazioni non profit che hanno bisogno di tanti volontari per realizzare le attività a favore della collettività (dall’aiuto a chi si trova in difficoltà alla salvaguardia dell’ambiente) ma faticano a trovarli.Per questa ragione, in occasione dell’Anno Europeo del volontariato abbiamo, insieme a KPMG, dato vita a Volontari per un giorno, che non ha fatto altro che facilitare il matching tra due mondi vicini che spesso faticano ad incontrarsi, in particolare attraverso la creazione di un sito web. Abbiamo quindi deciso di creare una rete di soggetti disponibili a mettersi in gioco con questo obiettivo.

Imprese e volontariatoKoinètica opera per favorire la crescita di una cultura sempre più attenta alla Responsabilità Sociale, cui da quando è nata dedica energie, idee, passione. Con il suo lavoro mostra che quando la CSR è una scelta strategica produce stabilmente nuovi frutti e opportunità. Nel 2011 ha messo in gioco le proprie competenze per il progetto ‘Volontari per un giorno’.

E chi avete messo ‘in rete’? Con quale logica avete scelto i partner da coinvolgere?Abbiamo pensato che fosse indispensabile avere nel gruppo promotore sia rappresentanti del Terzo Settore, sia soggetti che fossero espressione del mondo delle imprese. Inoltre

Marcella Semenza, Responsabile Social Media Koinètica

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Via Settembrini, 9 - 20124 MilanoTel. 02 6691621 (r.a.)Fax 02 [email protected]

Koinètica nasce nel 2002 con la missione di essere partner per lo sviluppo e la comunicazione della Responsabilità Sociale. La sua attività è utile quando si crede nella CSR ma si è incerti sul percorso da intraprendere, quando si è già in cammino ma si vuole che la Responsabilità Sociale entri più incisivamente nell’organizzazione, quando si vuole valorizzare il tragitto compiuto comunicandolo ai vari interlocutori. Koinètica offre un approccio originale, che consente di: • sviluppare nuovi “racconti” e nuovi significati dell’impresa e dei suoi prodotti• realizzare percorsi modulari che rispettano identità e tempi dell’interlocutore• progettare specifici “prodotti” per i vari ambiti della CSR• valorizzare gli aspetti di Responsabilità Sociale a volte presenti in modo nascosto nell’impresa. A disposizione dei clienti, un’ampia rete di contatti con opinion leader della CSR e con organizzazioni del Terzo Settore.

abbiamo ritenuto opportuno coinvolgere anche qualcuno che fosse quotidianamente in contatto con i giovani.La rete si è formata nel giro di poche settimane, grazie anche ai buoni contatti che da anni coltiviamo con tante realtà diverse. Si sono quindi uniti al progetto come promotori: Ciessevi Milano, Forum del Terzo Settore Lombardia, CSR Manager Network, Fondazione Sodalitas, Fondazione Iulm. Una vera e propria rete per sollecitare i cittadini a provare per un giorno l’esperienza di volontariato ma anche per sensibilizzare imprese e istituzioni locali. In un secondo momento altri soggetti hanno dato il proprio sostegno attraverso forme di collaborazione diverse: dalle aziende, che hanno offerto ai propri dipendenti la possibilità di partecipare alle attività previste (tra le altre, L’Oreal, ABB, IBM e altre ancora), ad alcune organizzazioni (Milano Altruista, AIM, AIESEC, ecc.) che hanno partecipato attivamente alla fase di promozione. Anche la Fondazione Cariplo ha apprezzato l’iniziativa e ha dato il proprio patrocinio.L’iniziativa è stata inoltre inserita nel programma di attività del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, referente italiano dell’UE per l’Anno Europeo, i cui obiettivi sono: riconoscere l’importanza delle attività di volontariato, rafforzare le organizzazioni del settore, aumentare la consapevolezza del valore del volontariato e della cittadinanza attiva.

In Italia la comunicazione è ancora poco utilizzata per cercare volontari. Nella vostra iniziativa ha avuto invece un ruolo decisivo: è proprio così?Sì, lo confermo. Senza comunicazione, questo progetto non avrebbe avuto il successo che ha avuto. Per sensibilizzare imprese e cittadini milanesi, abbiamo infatti realizzato una campagna – che ha utilizzato web, affissioni,

KOINÈTICA

koinètica

stampa e RP – partita a giugno e proseguita anche nei mesi di luglio e agosto.Naturalmente non avevamo un budget e abbiamo quindi cercato di ottenere spazi gratuiti e di sfruttare al massimo tutte le possibili interazioni tra mezzi a nostra disposizione. Ogni attività di comunicazione è stata sviluppata quanto più possibile in sinergia con le altre, per riuscire a ottenere il risultato che ci eravamo posti. Il punto di riferimento di ogni azione di comunicazione è sempre stato il sito web: il luogo dove domanda e offerta si incontrano.Il sito www.volontariperungiorno.org, creato ad hoc e online da fine aprile, rappresenta quindi il cuore del progetto: le associazioni di volontariato hanno pubblicato la propria ‘offerta’ (oltre 8.000

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i posti messi a disposizione); cittadini e imprese, che in questo caso rappresentano la ‘domanda’, hanno potuto scegliere le attività ritenute più interessanti. Collegandosi al sito gli utenti avevano la possibilità di scegliere tra le numerose iniziative proposte, a seconda del proprio interesse personale. Le attività infatti sono state suddivise in quattro aree di interesse: aiuto alla persona, ambiente/animali, cultura, impegno civile e relazioni internazionali.A fine luglio le visite al sito sono state oltre 12.000, di cui più di 8.000 sono visitatori unici. Il tempo medio speso sul sito è stato di circa 6 minuti, la percentuale di abbandono è piuttosto bassa (meno del 30%) e in soli tre mesi abbiamo avuto circa 100.000 visualizzazioni di pagina. L’area del sito che ha riscontrato maggior inte-resse è quella dove sono presentate le attività dedicate all’aiuto alla persona. Anche i social media hanno avuto un ruolo importante nella promozione dell’iniziativa. Si è deciso infatti di utilizzare LinkedIn e Facebook per aumentare la visibilità della campagna e riuscire a creare un buon passaparola.La campagna ha utilizzato anche uno strumento capillare, visibile, di forte impatto quale l’affissione dinamica: sono stati infatti realizzati manifesti per le fiancate tram e bus e cartelli volanti per l’interno vetture. Inoltre, grazie alla disponibilità di alcuni media, sono stati concessi spazi gratuiti sulla stampa: Vivimilano, Corriere Milano, City.Anche in assenza di un ufficio stampa dedicato, grazie alla rete di alcuni promotori siamo riusciti ad avere risultati interessanti: oltre 40 articoli, 2 interviste radio, 80 presenze su siti e portali.Un’azione importante è stato anche il flashmob realizzato a fine maggio presso l’Università Bocconi di Milano, durante la settima edizione di Dal Dire al Fare, il Salone della Responsabilità Sociale d’Impresa. Circa 20 ragazzi, tutti con una maglietta bianca, si sono ‘intrufolati’ negli spazi

del Salone e hanno tappezzato pareti, pavimenti, ascensori con centinaia di post-it colorati, con su scritto ‘DIVENTA VOLONTARIO!’ e il sito web dell’iniziativa: www.volontariperungiorno.it. L’incursione è durata solo 5 minuti, ma ha riscosso forte interesse tra i presenti, portando un picco di visite sul sito (circa 700) in un solo giorno.Altre azioni sono state portate avanti dai promo-tori dell’iniziativa: volantinaggio, presentazioni in convegni, mailing e diverse attività

La campagna per l’iniziativa ‘Volontari per un giorno’ ha utilizzato uno strumento capillare, visibile, di forte impatto quale l’affissione dinamica: manifesti per le fiancate tram e bus e cartelli volanti per l’interno vetture

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koinètica

di relazioni pubbliche utilizzando le reti di ciascun partner.

Tutti volontari naturalmente... oppure avete ricevuto qualche tipo di sostegno?Certamente, chi ha collaborato alla campagna lo ha fatto perché ci credeva e non ha ricevuto alcun compenso. Per fortuna la Commissione Europea ci ha aiutato, sostenendo i costi di produzione dei materiali della campagna.

E i volontari cosa dicono?Abbiamo ricevuto alcune mail dai ‘volontari per un giorno’ molto contenti dell’esperienza fatta. Anche su Facebook, qualcuno ci ha lasciato dei post di ringraziamento. Questo ci ha reso molto felici. Volontari per un giorno ha permesso a tante persone di capire la ricchezza di questa esperienza. E di diventare volontari non solo per un giorno ma, speriamo, per sempre. Una curiosità a mio parere particolarmente interessante e su cui riflettere è proprio la tipologia del volontario: ben il 74% dei partecipanti sono donne e solamente il 26% uomini.

Secondo lei, quanto questa campagna ha contribuito alla crescita della cultura del ‘volontariato d’impresa’?Purtroppo il volontariato d’impresa è una pratica ancora poco diffusa anche tra le aziende che da anni sono impegnate in percorsi di Csr.Certamente non basta una campagna per cambiare le cose, ma l’interesse è in crescita: lo testimoniano le aziende che hanno aderito alla prima edizione di Volontari per un giorno. Koinètica, per quello che la riguarda, continuerà a promuovere il volontariato di impresa e a supportare le organizzazioni anche in questo tipo di progetti. Anche perché il volontariato d’impresa – quando è sviluppato con una metodologia corretta – produce risultati estremamente interessanti. Come si rileva da diverse ricerche, fa aumentare la capacità di lavoro in team, fa crescere l’autostima, il senso di appartenenza e sviluppa maggior fidelizzazione e ‘lealtà’ dei dipendenti verso l’impresa, riducendo persino l’assenteismo.

In occasione del Salone Dal Dire Al Fare, una ventina di ragazzi ha dato vita a un flashmob tappezzando pareti, pavimenti e ascensori dell’Università Bocconi con centinaia di post-it colorati, con su scritto ‘DIVENTA VOLONTARIO!’ e il sito web dell’iniziativa: www.volontariperungiorno.it

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INTERVISTA a Luciano Ciabatti, direttore marketing di Renault Italia.

Come e quando è cominciato il percorso di Renault sul terreno della Responsabilità Sociale? E qual è stato il ruolo di Renault Italia nell’implementazione di pratiche responsabili e sostenibili rispetto agli input della casa madre? La responsabilità sociale è un concetto strettamente legato all’identità di Renault: un’azienda che ha sempre messo in primo piano le persone piuttosto che i prodotti. In effetti la storia di Renault è una storia di innovazioni, e questo è abbastanza comune in aziende di successo, ma soprattutto è una storia che racconta la vocazione a rendere accessibile al più grande numero di persone queste innovazioni. I francesi parlerebbero facilmente di ‘democratisation’ dei progressi, e credo che questo termine sia facilmente traducibile e comprensibile a tutti. D’altronde Renault è sempre stata, e continuerà ad essere, un’azienda popolare, nel senso più nobile che possiamo dare a questa parola, e questo sia nei confronti dei clienti che del personale. Questa identità ci ha portato a scrivere grandi pagine del libro dell’automobile: per fermarci al solo dopoguerra, potrei iniziare dalla mitica R4, veicolo che ha segnato più di qualche generazione di automobilisti,

Ricominciare da ZeroFare della mobilità sostenibile e renderla disponibile a tutti: questa la mission di Renault, sostenuta da un piano più ampio per migliorare tutto il processo di realizzazione dei suoi veicoli, a cominciare dalla progettazione e dalla fabbricazione. Come testimonia la gamma ‘Zero Emissioni’, disponibili alla vendita entro la prima metà del prossimo anno.

rappresentando al meglio l’epopea della motorizzazione di massa e caratterizzando un periodo sociale di forti contrasti e grandi conquiste qual è stato il ’68. Ma in un’epoca di auto cosiddette ‘a due volumi’, forse non molti ricordano che la prima vettura con il portellone posteriore è stata la

Luciano Ciabatti, direttore marketing di Renault Italia

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Via Tiburtina, 1159 - 00156 RomaTel. 06 41561 - Fax 06 4115376www.renault.it

Board di direzione: Jacques Bousquet, presidente.

Anno di fondazione: 1968

Addetti: al 31/12/2010 erano complessivamente 375

Fatturato 2010: 1.658.676.000 euro

Da molti anni Renault integra nella propria visione strategica d’impresa una forte attenzione agli effetti dei propri prodotti e del proprio sviluppo nel contesto sociale e ambientale e, ancora più in generale, all’influenza esercitata al di là del perimetro più strettamente commerciale. La responsabilità sociale di Renault si traduce in modo particolare nella promozione di una mobilità sostenibile per tutti, una mobilità cioè in cui i progressi tecnologici, la qualità, la sicurezza, il rispetto ambientale non siano vantaggio di pochi, ma una condizione accessibile a tutti. In particolar modo, la sfida ambientale è perseguita da Renault già da alcuni anni attraverso cicli produttivi e sviluppi di tecnologie e di nuove generazioni di motori a basse emissioni di CO2, sino al progetto di sviluppo della mobilità a zero emissioni.

R16: un’auto che all’epoca doveva apparire ben strana in mezzo a tanti veicoli con il bagagliaio. E, per restare su questo tema, potremmo provare a ricordare quegli strani paraurti in lamiera cromata che avevano le automobili ancora fino ai primi anni ’80: facevano sembrare un’auto venuta da un altro pianeta la straordinaria R5, la prima auto con i paraurti in plastica integrati alla carrozzeria: all’epoca li chiamavamo i ‘fascioni’.Oggi la quasi totalità delle auto integra queste innovazioni e non ci rendiamo quasi più conto di quale svolta abbiano rappresentato; così come non riusciamo a immaginare le nostre strade senza le tante monovolume che vi circolano e dobbiamo rendere omaggio all’Espace che ha introdotto questo nuovo modo di interpretare l’automobile e alla Scenic che lo ha reso ancora più alla portata di tutti. Insomma, Responsabilità Sociale per Renault è sempre stato far beneficiare la più grande massa di persone dei progressi che l’automobile ha portato nelle nostre vite, facendo si che la mobilità fosse davvero per tutti.

Si parla ormai di Csr ‘integrata’, e perciò capace di attraversare e quasi ‘plasmare’ ogni attività aziendale: dalla mission strategica alla supply chain, dall’efficienza degli impianti alla sicurezza e al benessere dei dipendenti... Come si traduce in Renault tale principio di ‘integrazione’ nella pratica quotidiana della Csr? Quali obiettivi vi siete posti e attraverso quali metriche ne valutate i risultati?La Mission di Renault è chiara: fare della mobilità sostenibile e renderla disponibile a tutti. Ma questa Mission sarebbe ben poca cosa se non ci fosse un

RENAULT ITALIA

renaultitalia

piano più ampio per migliorare tutto il processo di realizzazione dei nostri veicoli, a cominciare dalla progettazione e dalla fabbricazione. Il nostro programma Eco2, per esempio, è un modo diverso rispetto al resto del mercato per affrontare il nodo cruciale della sostenibilità nell’intero ciclo di vita del prodotto. Non ci preoccupiamo solo di fare motori dai bassi consumi, poco inquinanti e montati su veicoli più efficienti, ma cerchiamo di costruirli in fabbriche rispettose dell’ambiente, grazie alla riduzione dell’energia utilizzata, alla limitazione nell’utilizzo dell’acqua e al suo riciclaggio, al controllo delle sostanze tossiche utilizzate nei processi costruttivi, all’utilizzo di materiali riciclati e al controllo del processo di recupero dei materiali quando l’auto dovrà essere rottamata.

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Per questo tutti i nostri veicoli identificati con il Label Eco2 sono costruiti in fabbriche che certificano i processi secondo la norma ISO 14001, integrano da un minimo del 7% fino a un massimo del 17% di plastiche riciclate, a fine vita sono riciclabili al 95%, oltre a dover emettere meno di 120g/km di CO2. Infine, la nostra responsabilità sociale d’impresa si concretizza anche in azioni quotidiane che consentono di avere uno stile di lavoro coerente con i valori della nostra Mission: comportamenti responsabili che vanno dalla limitazione dell’uso della carta al riciclaggio dei rifiuti. Anzi per potenziare questi comportamenti abbiamo appena lanciato un progetto che vede tutti i dipendenti delle società del Gruppo Renault in Italia lanciarsi in un concorso su piccole e grandi idee di sostenibilità: il Renault Green Project premierà le migliori cinque idee in questo campo con altrettanti premi verdi. Questo è solo uno dei tanti modi con cui i collaboratori partecipano alla vita aziendale diventando parte attiva dei risultati e dei successi del Gruppo.

Il tema della sostenibilità sta diventando sempre più una vera e propria leva per la competitività delle imprese su qualsiasi mercato, internazionale, nazionale e anche

locale: da un lato, dunque, marketing e comunicazione sono indispensabile sostegno dei valori del brand; dall’altro, però, dietro la comunicazione si annida sempre il rischio di innescare il cosiddetto effetto ‘greenwashing’. È un rischio che prendete in considerazione? Come vi regolate di conseguenza? E a monte, quali standard applicate nell’area del marketing?Il rischio di percepire come semplice greenwashing lo slancio di un’azienda verso la tutela dell’ambiente è sicuramente importante. Renault, però, rispetto a questa problematica ha una posizione forte, che nasce dalla solidità di un progetto a 360 gradi, basato sulla volontà di rendere l’automobile, e la mobilità in generale, compatibile con la qualità della vita e la preservazione dell’ambiente per le generazioni future. La sostanziale differenza, rispetto ad altri approcci, è che noi partiamo da una riflessione sul nostro business, produrre e vendere automobili, per capire come renderlo adeguato alle esigenze di una società che evolve e che si deve prendere cura del benessere delle persone nel presente e nel futuro. È difficile dunque parlare di greenwashing in questo caso, e lo è a maggior ragione se pensiamo che Renault sta investendo 4 miliardi di euro nel progetto dei veicoli a Zero Emissioni, scommettendo sullo sviluppo del mercato dell’elettrico, che oggi è praticamente inesistente e sulla volontà del resto della società e delle istituzioni di creare una rete di infrastrutture capace di accompagnare questo sviluppo.Proprio per questo gli sforzi che facciamo per comunicare sul nostro progetto Z.E. sono indirizzati alla più vasta platea possibile: a chi possiede un’automobile come a chi non la possiede, alla stampa specializzata e non, alle associazioni, alle istituzioni e agli enti locali.

La gamma ‘Zero Emissioni’ che Renault Italia inizierà a commercializzare anche in Italia nei prossimi mesi

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Alla luce di quanto detto finora, potete raccontarci come è nata e si come si sta sviluppando – sia sul fronte operativo che della sua comunicazione – la vostra gamma ‘Zero Emissioni’?Il progetto Z.E., Zero Emissioni, è la concretizzazione della nostra voglia di rendere accessibile a tutti la mobilità sostenibile. Prima di tutto partiamo dal concetto di ridurre a zero le emissioni inquinanti durante l’utilizzo del veicolo, e questo oggi si può fare solo con la propulsione 100% elettrica. Emissioni zero significa niente anidride carbonica ma anche e soprattutto niente composti dell’azoto e dello zolfo (piogge acide), niente idrocarburi incombusti e niente particolato (particolarmente pericolosi per la salute). In più, non ci limitiamo ad un’auto da mettere nel listino ma proponiamo una intera gamma, composta da quattro veicoli, tutti disponibili alla vendita entro la prima metà del prossimo anno. Partiamo da un veicolo commerciale, il Kangoo Z.E., particolarmente adatto alle consegne cittadine, passiamo per la Fluence, una grande berlina che misura 4,80 m, per avere infine la ZOE, una vettura dello stesso segmento della Clio. La gamma inoltre è completata da un mezzo profondamente innovativo, la Twizy, che con le sue quattro ruote e l’impostazione di ispirazione motociclistica a due posti, uno davanti l’altro, inventa un nuovo modo di vivere

la mobilità urbana. Per sostenere questo ambizioso programma stiamo lavorando ovviamente a un piano di comunicazione importante, che si appoggia sui media classici ma che si svilupperà in forze anche sui canali non convenzionali. Siamo già andati on-air con un il film d’animazione 3D “Le souffle extraordinaire”, realizzato da Luc Besson e proiettato nei cinema prima delle proiezioni di film 3D.Poi abbiamo presentato la nostra campagna per l’elettrico con il film “Electric Life”. Ci siamo basati su un’idea semplice: se siamo stati capaci di passare all’elettricità per molte cose, dal rasoio al computer, dal distributore di bevande al registratore di cassa, perché non farlo per l’automobile? Stiamo anche portando i nostri veicoli elettrici vicino alle persone, attraverso i Road Show che nei prossimi mesi gireranno l’Italia, per permettere a tutti di guidare, almeno una volta, un’auto elettrica. Ovviamente siamo solo all’aperitivo, perché i primi mezzi ZE arriveranno in Italia tra novembre e gennaio. Non resta allora che aspettare, perché anche la comunicazione sarà all’altezza della novità. Sono sicuro che tra qualche anno, come ci è successo per il portellone della R16 o per i paraurti della R5, in un mondo pieno di auto elettriche, faremo fatica a ricordarci delle nostre tanto care ma molto inquinanti auto a benzina o gasolio!

La campagna televisiva ‘Electric Life’, realizzata da Publicis, per promuovere le vetture elettriche della gamma Z.E.

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IL SUCCESSO di un’azienda nel lungo periodo dipende anche dalla sua capacità di soddisfare o addirittura anticipare i bisogni culturali, sociali ed economici del paese. Dall’ascolto attento dei vari portatori di interesse derivano cultura, sensibilità interna e tutte le iniziative che rendono concreto il principio di sostenibilità.Essere un’azienda responsabile, infatti, per Vodafone Italia significa essere consapevoli che l’integrazione di considerazioni economiche, ambientali e sociali nella gestione di un’impresa è condizione imprescindibile per essere competitivi. Per questa ragione, da diversi anni, l’azienda ha scelto di intraprendere il cammino della Responsabilità d’Impresa, tradotto successivamente nello sviluppo di politiche sostenibili condivise a livello di Gruppo (responsabile del coordinamento della strate-gia di sostenibilità) e locale (team dedicati allo sviluppo della sostenibilità e dotati di autonomia operativa e gestionale collaborano a livello centrale e locale con le altre funzioni aziendali per garantire che le attività siano coerenti ed integrate con i principi adottati).I passaggi fondamentali messi in pratica in un’ottica di gestione responsabile sono l’ascolto, il dialogo e la rendicontazione trasparente verso tutti gli stakeholder – azionisti, dipendenti, clienti, partner commerciali e fornitori, governi, autorità, comunità, società e ambiente –

Sostenibilità d’Impresa Essere un’azienda responsabile per Vodafone Italia significa essere consapevoli che l’integrazione di considerazioni economiche, ambientali e sociali nella gestione di un’impresa è condizione imprescindibile per essere competitivi. Convinzione che l’azienda concretizza in iniziative come portare la banda larga nei piccoli comuni e il progetto ‘Infamiglia’.

con l’obiettivo di creare relazioni mutuamente favorevoli basate sulla trasparenza, la fiducia e il consenso nelle decisioni: solo così è possibile creare e sostenere la capacità di creare valore per tutti gli interlocutori diretti e indiretti.Il percorso di coinvolgimento degli stakeholder

Maria Cristina Ferradini, Head of Sustainability and Foundation Vodafone Italia

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Sede Direzionale:Via Caboto, 15 - 20094 Corsico (MI)Tel. 02.41431www.vodafone.it

Anno di fondazione: Costituita il 9 dicembre 1999

Addetti: 8.055 (al 31 marzo 2011)

L’impegno di Vodafone nella Responsabilità di Impresa si concretizza attraverso lo sviluppo di numerose politiche dedicate alla ‘sostenibilità’, nell’obiettivo di anticipare e soddisfare i bisogni culturali, sociali ed economici del Paese. Nel corso dell’ultimo anno, in particolare, sono stati sviluppati progetti per ridurre il Digital Divide geografico e culturale. Dal 2010, Vodafone ha scelto di dare evidenza del contributo dell’azienda nei confronti del Paese nella convinzione che sia importante non solo fare business in modo responsabile ma essere il motore di una società più sostenibile.In stretta sinergia con le politiche di sostenibilita’ dell’azienda opera la Fondazione Vodafone Italia, costituita nel 2002.

si articola attraverso momenti di ascolto interno ed esterno: focus group, questionari di gradimento sul Bilancio di Sostenibilità, indagini annuali di clima interno, sondaggi sulla percezione delle attività di Corporate Responsibility, ricerche di mercato fino ad arrivare alla definizione delle priorità di azione dell’azienda rispetto alle tematiche ritenute di maggiore interesse per gli stessi stakeholder.

Una strategia in evoluzioneEd è proprio perché vissuta come ‘percorso’ che la strategia di Vodafone in questo ambito continua a maturare ed evolversi: nel corso dell’ultimo anno, infatti, tale strategia è stata rivista e semplificata per contribuire più efficacemente allo sviluppo sostenibile dei paesi in cui l’azienda opera, attraverso una gestione efficiente delle risorse e degli impatti che ha sul mercato. I cardini attorno cui ruota la nuova strategia sono presto detti: costruire un rapporto di sempre maggiore fiducia con i clienti e operare all’insegna dell’innovazione. A sostegno di questo cammino il Gruppo Vodafone ha definito una missione, tre obiettivi strategici all’interno dei quali l’azienda identifica e sviluppa progetti di sostenibilità.Alla base, sia a livello di Gruppo che a livello locale, c’è un sistema valoriale condiviso a partire dai Business Principles, che fissano le modalità attraverso cui Vodafone opera, nel rispetto delle leggi e degli standard internazionali universalmente riconosciuti e sono un’importante testimonianza del modo di fare impresa di Vodafone.In condivisione con il management dell’azienda, l’area sostenibilità di Vodafone Italia, guidata da Maria Cristina Ferradini, Head of Sustainability and Foundation, ha identificato alcune aree di attenzione conside-rate particolarmente rilevanti per l’azienda e gli stakeholder di riferimento: quella del Digital Divide geografico e culturale e – attraverso la

VODAFONE OMNITEL N.V.

vodafoneomniteln.v.

Fondazione Vodafone Italia, nata nel 2002 dal-la volontà di Vodafone Omnitel N.V. di creare una struttura autonoma completamente dedicata ad attività di servizio e di solidarietà sociale – la filantropia d’impresa. La decisione su quali aree portare avanti è maturata in collaborazione con i diversi stakeholder, e le possibili criticità emerse dal confronto e dal dialogo con loro sono state raccolte e trasformate dall’azienda in opportunità di crescita e sviluppo. Per ciascun’area sono stati identificati temi specifici sui quali l’azienda si è impegnata a sviluppare diversi progetti.

Il Digital DivideL’intera Industria delle Telecomunicazioni ha

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un ruolo primario nel contribuire a creare una società sostenibile nel lungo periodo: nonostante la crisi, Vodafone non ha mai smesso di investire per lo sviluppo di infrastrutture veloci e di quali-tà, necessarie per costruire piattaforme e offrire servizi per tutti i segmenti della società. La diffusione della banda larga, infatti, è fattore chiave per il futuro del nostro paese, e inciderà in modo crescente sullo sviluppo dei singoli cittadini, della società civile e delle imprese. In Italia il 12% della popolazione, pari a circa 7 milioni di cittadini, è in digital divide: non ha accesso a internet a velocità sufficiente per fruire dei più moderni servizi di comunicazione elettronica (PA digitale, social network, e-commerce...). In particolare Vodafone ha stimato che a fine 2010 ci fossero ancora circa 1.800 comuni italiani privi di banda larga.

Da queste premesse è nato il progetto ‘1000 Comuni’, un piano di investimento complessivo fra 1 e 1,5 miliardi di euro con il quale l’azienda si è impegnata, a partire da gennaio 2011, a coprire almeno un comune al giorno nei prossimi tre anni estendendo la copertura radio alla quasi totalità dei comuni italiani, partendo da quelli in digital divide totale, oltre a continuare ad investire sul miglioramento della qualità e della copertura di rete dove è già presente. Il primo traguardo è stato festeggiato lo scorso maggio con la pubblicazione del libro fotografico “I primi cento”, che illustra appunto tutte le località già connesse grazie a Vodafone Italia.Al 1 settembre 2011 i comuni raggiunti erano ormai 245.

L’homepage del portale ‘inFamiglia’ (infamiglia.vodafone.it), dove adulti e ragazzi possono trovare indicazioni, suggerimenti e chiarimenti per conoscere e utilizzare le tecnologie ed evitarne i rischi più diffusi

La copertina del libro “I primi cento”, testimonianza fotografica di tutte le località già connesse grazie al progetto ‘1000 Comuni’ di Vodafone Italia

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User generated ‘value’Il digital divide geografico, però, non è l’unico: altrettanto serio e problematico è infatti il gap sul fronte culturale e generazionale: quello, cioè, che vede da un lato i cosiddetti ‘digital native’, bambini e ragazzi fra gli 8 e i 13 anni in particolare, altamente ‘alfabetizzati’ sull’uso delle tecnologie digitali di ogni genere (internet, naturalmente, ma anche telefonini e smartphone, videogiochi e tutti gli altri apparecchi elettronici di consumo per l’entertainment), e dall’altro i loro genitori e parenti più maturi ma che in moltissimi casi non hanno alcuna consuetudine all’uso di tutto ciò (secondo la ricerca ‘Bambini e Nuovi Media’ condotta da People in collaborazione con Terres des Hommes Italia Onlus), solo il 18% si considera a suo agio nelle gestione del rapporto tra i propri figli e i nuovi media.Acquisita la consapevolezza del problema, ancora una volta grazie al dialogo con gli stakeholder e a ricerche dedicate, Vodafone ha perciò deciso di mettere a punto una serie di iniziative che favorissero lo scambio di esperienze fra generazioni, offrendo non solo infrastrutture e piattaforme, ma tutte le informazioni di base e la cultura necessarie per un uso efficiente e responsabile delle tecnologie mobile e fissa.Da questi presupposti è nato il progetto del portale ‘inFamiglia’ (infamiglia.vodafone.it), dove trovare indicazioni, suggerimenti e chiarimenti per conoscere e utilizzare le tecnologie ed evitarne i rischi più diffusi. Il portale è uno spazio di discussione aperto in cui condividere le proprie esperienze, esprimere dubbi o richiedere chiarimenti, e allo stesso tempo confrontarsi con un team di esperti: una mamma, un tecnologo e un comunicatore che si occupano rispettivamente dei temi legati alla genitorialità, alla tecnologia e all’approfondimento dei principali temi legati all’uso dei nuovi media,

sono infatti a disposizione per un confronto diretto, informale e continuo: si possono leggere i loro post sul blog e consultare le loro risposte ai quesiti posti dagli utenti in un apposito forum. Il sito ospita diverse sezioni in cui sono stati classificati i principali argomenti: gli amici, dove si spiegano i meccanismi dietro a Facebook, Twitter, blog, forum e chat; le ricerche, dedicata a Google, Yahoo! e Wikipedia; i cellulari, in cui sono dettagliate in modo chiaro e sintetico tutte le principali funzioni dei telefonini; l’intrattenimento, riferita a YouTube ma anche a problematiche come cyberbullismo, sexting e al download di contenuti illegali; i giochi, dove sono indicate regole di buon senso per limitarne l’uso e non creare dipendenza; e altre ancora.Dal punto di vista della comunicazione, in tutto questo il ruolo di Vodafone è perfettamente trasparente: il brand non fa leva su benefit di prodotto o commerciali, ma diventa ‘facilitatore’ di un dialogo aperto e sincero fra le persone, riuscendo quindi a gestire i contenuti generati dai suoi stessi utenti. Un ottimo esempio di quanto i teorici della nuova comunicazione definiscono ‘co-creazione di valore’.

Per rendere più gradevole e divertente il portale, Vodafone ha utilizzato anche i suoi testimonial Luca e Paolo – già protagonisti della web comedy ‘Panetteria Maiello’ – attraverso puntate ad hoc dedicate all’uso responsabile dei new media

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dove trovarli

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ABI EVENTI Via delle Botteghe Oscure, 46 00186 Roma Tel. 06 6767376 www.abieventi.it

BRITISH AMERICAN Via Amsterdam, 147 00144 Roma Tel. 06 52871TOBACCO ITALIA www.batitalia.com

BUSINESS Piazza della Repubblica,59 00185 Roma Tel. 06 845411INTERNATIONAL www.businessinternational.it [email protected]

CROWDM ITALY Largo Don Bonifacio 134125 Trieste Tel. 040 9896704 Via Pietrasanta 14 20121 Milano www.crowdm.com [email protected]

ENEL Viale Regina Margherita 137 00198 Roma Tel. 83051 www.enel.com [email protected]

FONDAZIONE Via G. Mercalli, 11 20122 Milano Tel. 02 58304448PUBBLICITÀ www.pubblicitaprogresso.org [email protected]

GRUPPO ERG Torre WTC, Via de Marini, 1 16149 Genova Tel. 010 24011 www.erg.it [email protected]

GRUPPO SISAL Via Tocqueville, 13 20154 Milano Tel. 028868971 www.sisal.it [email protected]

KOINÉTICA Via Settembrini, 9 20124 Milano Tel. 02 6691621 www.koinetica.net [email protected]

RENAULT ITALIA Via Tiburtina, 1159 00156 Roma Tel. 06 41561 www.renault.it

VODAFONE Via Caboto, 15 20094 Corsico (MI) Tel. 02.41431OMNITEL N.V. www.vodafone.itSede Direzionale

Strutture presenti

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i Quaderni della comunicazionela guida per orientarsi nel mondo dei media, della pubblicità e del marketing

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