I primi italiani in America del Nord

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Fondazione Casa America I primi italiani in America del Nord Dizionario biografico dei liguri, piemontesi e altri Storie e presenze italiane tra Settecento e Ottocento 20,00 DIABASIS Diplomatici, soldati, operai, commercianti, viaggiatori, contadini, artisti, mis- sionari, giornalisti, intellettuali, piccoli avventurieri e perseguitati religiosi e politici: questo dizionario raccoglie le biografie e i frammenti di vita degli emigrati liguri e piemontesi in Canada e negli Stati Uniti tra la fine del Sette- cento e la metà dell’Ottocento. Una emigrazione composita e pionieristica, limitata nel numero ma fortemente intrecciata con i grandi avvenimenti sto- rici di quella parte del continente, la quale era allora attraversata come l’Eu- ropa dai complessi processi di fondazione delle nuove nazioni: la frontiera e la costruzione del territorio nazionale, la fondazione delle città, la guerra e le altre forme di contatto con le popolazioni native, e, negli Stati Uniti, la Rivoluzione, lo scontro tra Nord e Sud, la corsa all’oro. Risultato del lavoro di ricercatori e studiosi di diverse discipline, il volume è un utile strumento di analisi e insieme l’occasione di una piacevole lettura. Fondazione Casa America I primi italiani in America del Nord MONTEFALCONE STUDIUM STUDI e RICERCHE DIABASIS INDICE Repressione, libertà e conoscenza: Gli aspetti dell’emigrazione sabauda in America, Chiara Vangelista Prefazione al Dizionario storico biografico dei liguri e piemontesi in America del Nord, Roberto Speciale Mobilità e migrazione: dal contribuzionismo alle reti di relazioni, Luca Codignola Bo I liguri del Dizionario, Adele Maiello Dal Regno di Sardegna agli Stati Uniti, Maddalena Tirabassi L’attenzione per il sistema politico statunitense: il viaggio di Carlo Vidua (1825-1826), Francesco Surdich Schede Frammenti Indice dei nomi

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Diplomatici, soldati, operai, commercianti, viaggiatori, contadini, artisti, missionari, giornalisti, intellettuali, piccoli avventurieri e perseguitati religiosi e politici: questo dizionario raccoglie le biografi e e i frammenti di vita degli emigrati liguri e piemontesi in Canada e negli Stati Uniti tra la fi ne del Settecento e la metà dell'Ottocento. Un'emigrazione composita e pionieristica, limitata nel numero ma fortemente intrecciata con i grandi avvenimenti storici di quella parte del continente, la quale era allora attraversata – come l'Europa – dai complessi processi di fondazione delle nuove nazioni: la frontiera e la costruzione del territorio nazionale, la fondazione delle città, la guerra e le altre forme di contatto con le popolazioni native, e, negli Stati Uniti, la Rivoluzione, lo scontro tra Nord e Sud, la corsa all'oro.

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Fondazione Casa America

I primi italiani in America del Nord

Dizionario biografi co dei liguri, piemontesi e altriStorie e presenze italiane tra Settecento e Ottocento

€ 20,00 DIA

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Diplomatici, soldati, operai, commercianti, viaggiatori, contadini, artisti, mis-

sionari, giornalisti, intellettuali, piccoli avventurieri e perseguitati religiosi

e politici: questo dizionario raccoglie le biografi e e i frammenti di vita degli

emigrati liguri e piemontesi in Canada e negli Stati Uniti tra la fi ne del Sette-

cento e la metà dell’Ottocento. Una emigrazione composita e pionieristica,

limitata nel numero ma fortemente intrecciata con i grandi avvenimenti sto-

rici di quella parte del continente, la quale era allora attraversata – come l’Eu-

ropa – dai complessi processi di fondazione delle nuove nazioni: la frontiera

e la costruzione del territorio nazionale, la fondazione delle città, la guerra

e le altre forme di contatto con le popolazioni native, e, negli Stati Uniti, la

Rivoluzione, lo scontro tra Nord e Sud, la corsa all’oro.

Risultato del lavoro di ricercatori e studiosi di diverse discipline, il volume è un

utile strumento di analisi e insieme l’occasione di una piacevole lettura.

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MONTEFALCONE STUDIUM STUDI e RICERCHE

D I A B A S I S

INDICE

Repressione, libertà e conoscenza: Gli aspettidell’emigrazione sabauda in America, Chiara Vangelista

Prefazione al Dizionario storico biografi co dei ligurie piemontesi in America del Nord, Roberto Speciale

Mobilità e migrazione: dal contribuzionismo alle retidi relazioni, Luca Codignola Bo

I liguri del Dizionario, Adele Maiello

Dal Regno di Sardegna agli Stati Uniti, MaddalenaTirabassi

L’attenzione per il sistema politico statunitense: il viaggio di Carlo Vidua (1825-1826), Francesco Surdich

SchedeFrammentiIndice dei nomi

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Il volume è pubblicato con il contributo di

Coordinamento editorialeGiuliana Manfredi

RedazioneSara Vighi

Progetto graficoBosioAssociati, Savigliano (CN)

CopertinaEmanuela Nosari

In copertinaRielaborazione grafica da Eduardo Charton, La vuelta al mundo,

Administración del Correo de Ultramar, Paris 1863

ISBN 978-88-8103-668-4

© 2009 Edizioni Diabasisvia Emilia S. Stefano 54 I-42100 Reggio Emilia Italia

telefono 0039.0522.432727 fax 0039.0522.434047www.diabasis.it [email protected]

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Fondazione Casa America

I primi italiani in America del NordDizionario biografico dei liguri, piemontesi e altri

Storie e presenze italiane tra Settecento e Ottocento

Ricerca coordinata da Chiara Vangelista

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Ringraziamenti

Omar Balbiano Renzo Calegari Marco CassiniLuca Codignola Bo Anna D’Albertis Dario Decimo

Maria Camilla De Palma Antonio Gibelli Fedora GiordanoRoberto Maccarini Anna Maria Lazzarino Del Grosso Adele Maiello

Augusta Molinari Cesare Pitto Irene Poggi Yael Razzoli Mauro Reginato Roberto Risso Matteo Sanfilippo Franco Sborgi

Francesco Surdich Maddalena Tirabassi Umberto Torretta

Archivio di Stato di Genova Archivio di Stato di Torino

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Repressione, libertà e conoscenza: gli aspetti dell’emigrazione sabaudain America, Chiara Vangelista

Prefazione al Dizionario biografico dei liguri e piemontesi in America del Nord, Roberto Speciale

Mobilità e migrazione: dal contribuzionismo alle reti di relazioni, Luca Codignola Bo

I liguri del Dizionario, Adele Maiello

Dal Regno di Sardegna agli Stati Uniti, Maddalena Tirabassi

L’attenzione per il sistema politico statunitense: il viaggio di Carlo Vidua (1825-1826), Francesco Surdich

IMMAGINI

Schede

Frammenti

Indice dei nomi

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Partenza da Genova, attracco negli Stati Uniti, fine Ottocento.

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Prefazione al Dizionario biografico dei liguri e piemontesi in America del Nord

Roberto Speciale

Con questa pubblicazione mettiamo la prua sull’America del Nord.Lo facciamo con un approccio storico-culturale e cioè la redazione di undizionario dei primi italiani (liguri, piemontesi, sardi, savoiardi) che sisono avventurati negli USA e nel Canada tra il Settecento e l’Ottocento.Questo è il frutto di un lavoro di ricerca coordinato dalla professoressaChiara Vangelista e che ha visto la collaborazione di alcuni docenti univer-sitari e ricercatori. Il lavoro, anche se contenuto dal punto di vista quan-titativo, è significativo e i nomi individuati sono di notevole interesse.Parliamo di quasi un centinaio di biografie. Non è stato semplice metterleassieme ma costituiscono la prima ricerca riferita ad un ambito territo-riale italiano circoscritto e a un periodo definito. Ci auguriamo che possasollecitare altre e più consistenti ricerche. La Fondazione Casa America hasvolto qualche anno fa un’attività simile per l’America Latina mettendo as-sieme 2100 nomi che ha raccolto nel “Dizionario storico biografico deiLiguri in America Latina”*, ma l’iniziativa aveva un ambito geograficopiù ampio, non conteneva analoghi limiti temporali, ed ovviamente inAmerica del Sud e in particolare sul Rio della Plata si è assistito ad un’e-migrazione precoce (soprattutto ligure), ancora prima della grande emi-grazione del Novecento, di più grande dimensione.

La missione storica della nostra fondazione è, e continuerà ad esserein buona misura, rivolta all’America Latina ma ora vogliamo esplorareanche la parte nord del continente per valorizzare gli aspetti culturali delpassato e del presente più coerenti con i nostri obiettivi. Con questo vo-lume riaffermiamo questo intento che già avevamo voluto sottolinearecon la pubblicazione “Garibaldi. Iconografia tra Italia e Americhe” pub-blicata da Silvana Editoriale nel 2008, nella quale con le immagini e conalcuni saggi storici avevamo testimoniato la diffusione del mito del gene-rale anche in America del Nord.

* Edizione Affinità Elettive, Ancona 2006.

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Nel libro di Andrew F. Rolle “Gli emigrati vittoriosi. Gli italiani chenell’Ottocento fecero fortuna nel West americano” sono già contenute,mi sembra, alcune spiegazioni della difficoltà di queste ricerche.L’au tore afferma che: “La scarsità delle ricerche sull’influenza esercitatadagli stranieri nel West americano ha reso possibile quella deformazionedei fatti per cui si è ritenuto che la composizione del West fosse essenzial-mente anglo-americana”. E scrive: “… gli italiani pur contribuendo al paridei francesi, degli olandesi e dei tedeschi alla colonizzazione dell’Ame-rica, non pervasero di sé la società e la politica americana e non formarononel West delle sacche etniche durature”. Stiamo parlando ovviamente delperiodo precedente alla grande emigrazione che porterà più di 13 milionidi italiani in America del Nord e si fa riferimento esplicito al West men-tre per le città dell’East la situazione è in parte diversa. L’autore cita poil’opinione di Eric Hoffer che afferma che gli italiani “vennero con l’ar-dente desiderio di mutare la vecchia identità europea e di rinascere anuova vita; ed è naturale che fossero forniti di una illimitata capacità diimitare ed assimilare il nuovo”. Insomma, ritornando a Rolle, per tuttiquesti motivi: “l’italiano letteralmente scomparve come entità etnica. L’ac-culturazione fu talmente rapida che la ricostruzione della storia degli im-migrati italiani nel West è impresa molto difficile”. Ed è un vero peccatoperché tanti segni sembrano indicare invece una presenza attiva di emi-grati italiani in quel periodo in alcune città e territori, lungo il corso delMississippi o sulle coste atlantiche e pacifiche. Probabilmente erano nel-l’ordine delle migliaia (ma la popolazione complessiva era scarsa allora: almomento dell’indipendenza si contavano 3 milioni di americani) ma mipiace pensare che gli italiani abbiano avuto un’incidenza non trascura-bile. Già precedentemente vi furono, con tutta probabilità, degli italianial seguito della presenza spagnola o francese nel continente come dimo-strerebbe la costituzione dei reggimenti canadesi Italia e Carignano nelSeicento. Lo storico piemontese Carlo Botta nei suoi due volumi “Storiadella guerra dell’indipendenza degli Stati Uniti d’America”, pur non in-teressandosi a questi aspetti e mirando solo a ricostruire gli avvenimentie le tappe più significative dell’indipendenza americana, ed esclusivamenteattraverso giornali inglesi e francesi, probabilmente fa riferimento in qual-che caso, senza volerlo, a questa presenza italiana. Per esempio ricorda

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da chi era capeggiata la rivolta nel Massachusetts e cita questi nomi: Gio-vanni Averino, Enrico Velles, Stefano Cleverlino, Enrico Basso, Benia-mino Edesso. Se non c’è una sua involontaria italianizzazione, che perònon mi sembra che compia in altri casi, è facile scorgere in quei nomi delleorigini italiane. Ed anche tra gli inglesi in America vi sono queste traccese viene richiamato il medico Tommaso Mofatto e poi tal Giovanni Co-nelli, agente di collegamento tra gli inglesi e gli indiani poi preso prigio-niero dagli americani e del quale non conosciamo la fine ma possiamoimmaginarla. Ed ancora quando gli americani per contrastare la potenzainglese sui mari costruiscono nuove navi a Philadelphia e nel Rhode Islandle chiamano, guarda caso, Caboto, Colombo, Andrea Doria. In particolareil nome di Andrea Doria potrebbe svelare la presenza, tra i costruttori oi marinai, di persone di origine italiana. Ed infine, ritornando al libro diRolle, è chiaro il riferimento a comunità italiane quando ci si riferisce allacostituzione di colonie che portano il nome di Genoa, Genoa Bluff, Turin,Garibaldi, Verdi. Nel suo racconto di viaggio, nella seconda metà dell’Ot-tocento, Vigna Del Ferro quando raggiunse San Francisco la descrissecome “la città degli Stati Uniti con la maggiore componente latina” e fupreso dall’entusiasmo quando constatò che i quattro quinti dei pescatorierano genovesi! Nella biografia che pubblichiamo in questo volume l’ec-clesiastico ANTOINE CAUVIN (v.) di Nizza, rispondendo al nunzio aposto-lico di New York nel 1853, che gli chiede maggiori informazioni sugliimmigrati italiani, divide in due la comunità: gli italiani propriamente dettiarrivati di recente e i genovesi da più tempo oltreoceano. Insomma unastoria affascinante in parte ancora da scrivere, se ve ne fossero le tracce, eche testimonierebbe il ruolo avuto dai primi “italiani” nelle diverse tappedella formazione di quegli stati. Un’emigrazione precedente a quella grandeemigrazione che caratterizzerà il Novecento e imprimerà un carattere mar-cato, in particolare agli Stati Uniti. Un’emigrazione pionieristica, molto li-mitata nel numero ma forse fortemente intrecciata con i grandi avvenimentistorici di quella parte del continente, si potrebbe dire costitutiva di queglistati: la guerra di indipendenza, la costruzione delle città, lo scontro traNord e Sud, la corsa all’oro, le guerre contro i pellerossa.

Ancora una considerazione. Anche in America del Nord, come inAmerica Latina nello stesso periodo, la gran parte di questa prima emigra-

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zione italiana veniva dal Nord. Fino al 1876 in tutti gli Stati Uniti l’85%degli italiani e la quasi totalità nel West proveniva dalle regioni settentrio-nali del Paese. Indagando quindi, come noi abbiamo fatto, in questa por-zione del Nord-Ovest d’Italia abbiamo valutato uno spicchio con si derevoledell’emigrazione totale fino a quel periodo. Rimangono fuori personalitànotevoli come, per esempio, alla fine del Seicento il cartografo FrancescoKino (o Chino o Chini), trentino, del quale si conserva una sua statua nelCampidoglio o il bergamasco Giacomo Costantino Beltrami, personalitàdi assoluto rilievo, geografo ed esploratore, e tanti altri.

In conclusione ho avuto un’idea strana della quale do conto. Ho rilettoo, in qualche caso, letto per la prima volta alcuni libri di autori europei sul-l’America, quelli che avevo a disposizione o che conoscevo, per vedere sein quegli autori vi fossero cenni diretti o indiretti all’emigrazione europeae particolarmente a quella italiana. Ho già detto di Carlo Botta. Ho ripas-sato poi Alexis de Tocqueville “La democrazia in America”, un librostraordinario. Nato nel 1805 (come Mazzini e lo stesso anno in cui Boli-var viene in Italia e giura di lottare per l’indipendenza dell’America Latina)compie un viaggio negli Stati Uniti nel 1831 per conoscerne le istituzionie la democrazia e pubblica la prima parte del suo studio nel 1835. L’autoreha altri intenti ovviamente, e nella sua opera non c’è nulla di quello che po-tevo sperare. Vi sono però due passaggi che mi hanno colpito e che misembra interessante citare. Il primo: “Alla fine del secolo scorso arditi av-venturieri cominciarono a puntare sulla vallata del Mississippi. Fu unaspecie di nuova scoperta dell’America e ben presto il grosso dell’emigra-zione si diresse verso quella zona facendo sorgere nuove società in pienodeserto. Stati di cui qualche anno prima non esisteva neanche il nome pre-sero il loro posto nella Unione Americana. Proprio nell’Ovest si può ve-dere la democrazia giunta al suo ultimo limite”. Gli “avventurieri” comeparte costitutiva dello stato e come sale della democrazia! Parlando poidella Marina americana e del commercio si domanda perché essa stia sba-ragliando la concorrenza. Non è il costo della costruzione delle navi né lapaga perché dice Alexis de Tocqueville “La paga dei marinai americani èpiù elevata di quella dei marinai d’Europa e ne è prova il gran numero dieuropei che si trovano nella marina degli Stati Uniti”. Notizia interessanteper noi! La spiegazione sulle capacità concorrenziali sta nel fatto che gli

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americani sfidano, secondo Tocqueville, ogni pericolo e perciò naviganopiù rapidamente e a costi più bassi, “mettono una specie di eroismo nellaloro maniera di fare il commercio”. Il secondo libro ottocentesco è “Ame-rica” di Charles Dickens. Nato nel 1812 va per la prima volta negli StatiUniti poco dopo Tocqueville, nel 1841. Per lui l’America è la terra pro-messa, ne è un entusiasta apologeta, ne ritorna irritato e deluso. Salvo Bo-ston, le cascate del Niagara e qualche cosa del Canada, vede tutto innegativo: la stampa, i diritti d’autore negati, il cibo, la sporcizia, le condi-zioni di vita, il carattere degli americani, la schiavitù, la situazione dei ma-nicomi in America. Dickens conosce ed apprezza l’Italia ma in Americaovviamente cerca altre cose anche se a Boston vede, sorprendentemente,“un cielo degno dell’Italia”. C’è, dal nostro punto di vista, solo un cennodi un certo interesse: “Come sono tranquille le strade! Come? Non ci sonosuonatori ambulanti e grattate di strumenti a corda? No, nulla del genere.E di giorno non ci sono burattini, cani danzanti, orchestrine, giocolierioppure organetti? No. Niente di tutto questo. Ah sì, ricordo un organettoe una scimmia che ballava… a parte ciò nulla di vivace”. C’è in queste pa-role il riflesso di una situazione molto diffusa allora in molte città europeeed anche a Londra, e presente evidentemente anche in America, costituitada girovaghi, per lo più italiani, spesso bambini (una specie di tratta) pro-venienti in particolare dall’Appennino tra Liguria, Emilia e Toscana, unasorta di emigrazione della quale non andare troppo fieri. E poi arrivato aSaint Louis incontra le missioni cattoliche: “C’è un collegio di gesuiti e unconvento per le suore del Sacro Cuore…c’è anche, per giunta, una catte-drale dedicata a San Francesco Saverio e un ospedale…da qui partonomissionari per le tribù indiane”; così in effetti vediamo anche in alcunebiografie contenute in questo dizionario. Tra i libri del Novecento ho ri-letto “America” di Franz Kafka, scritto tra il 1911 e il ’14, ma qui c’è pocoda dire perché l’autore non è stato in America, scrive sulla base di rac-conti orali degli anarchici cechi e dei suoi familiari e alla fine questo nonè certamente il racconto più ottimistico della cosiddetta “trilogia della so-litudine” dei romanzi di Kafka. E poi ho letto “America primo amore” diMario Soldati. L’autore s’imbarca a Genova sul Conte Biancamano nel no-vembre del 1929, in un periodo quindi molto posteriore a quello da noiesaminato, durante la Grande Crisi, e rimane due anni. “L’America – dice

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Soldati – è terra di europei fuggiaschi e ribelli… l’America è uno stato d’a-nimo, una passione. E qualunque europeo può, da un momento all’altro,ammalarsi d’America, ribellarsi all’Europa e diventare americano”. Qua elà ritrova un po’ d’Italia. Dice l’autore: “E così Bronx, East Side, perfinoHarlem: nonostante l’autenticità ignota al Quartiere cinese, l’emigrato la-tino vi circola subito a suo agio, vi ritrova sempre qualche cosa di Barcel-lona, Marsiglia, Genova o Napoli”. Quella che frequenta Soldati è peròun’America molto diversa, quella della Grande Crisi e anche di Al Ca-pone. Ci sono molti emigrati italiani, nelle città soprattutto, ma è un’altraemigrazione. È interessante proprio per questo, risalta la distanza rispettoal periodo precedente anche attraverso le parole ironiche e un po’ aristo-cratiche di Soldati. Lo si vede nella descrizione di un invito a pranzo di unafamiglia italoamericana, meridionale: le urla, la musica, la quantità di cibo.“Tagliati fuori dall’America come dall’Italia hanno riprodotto, cristalliz-zato… la mentalità e la società italiana come erano all’epoca della loroemigrazione… è possibile riconoscere la società provinciale e borghese diAvellino, o di Aquila, Benevento, Potenza, eccetera, prima della guerra.Uno storico serio dell’epoca umbertina dovrebbe vivere un anno aBrooklyn o a Bronx. Come certi glottologi per studiare il francese parlatodel Seicento vanno al Canada…”. Non c’è più la rapida assimilazione, lanon distinguibilità dell’immigrazione italiana precedente. Infine nel vo-lume di John Steinbeck L’America e gli americani, una raccolta di scrittibrevi in un periodo a noi più vicino, fin troppo. La cosa che personal-mente più mi ha incuriosito è il racconto sulla sua polemica con il giornale«l’Unità» in Italia nel 1952, ma questo non ci riguarda. Di Steinbeck, checome dice lui stesso viene da una famiglia massonica affiliata alla loggia deiCavalieri di Colombo, mi sembra interessante citare la seguente afferma-zione che si ricongiunge all’inizio di questo intervento e a ciò che Rolle ri-cordava sulle difficoltà a ricostruire la storia degli italiani seppure riferitoa ben altro periodo. “… i giovani dei vari gruppi etnici hanno negato leproprie radici e la propria lingua d’origine. Malgrado la rabbia, il di-sprezzo, la gelosia, i ghetti, la segregazione, in questa terra chiamata “Ame-rica” stava succedendo qualcosa. I suoi abitanti erano americani. Le nuovegenerazioni volevano essere americane più di quanto volessero essere po-lacche, tedesche, italiane o inglesi. E ci sono riuscite. Da nazione poliglottal’America è diventata la nazione dove si conoscono meno le lingue”.

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Così si chiude il cerchio nonostante gli italoamericani del Novecentoche mantengono le radici, anche troppo forse, e le mischiano con il paesedove vivono. Forse oggi vi sono le condizioni per recuperare con più di-stacco le proprie origini e per ricostruire una grande storia che non è statafatta solo da inglesi ma che comprende anche gli italiani del Settecento edell’Ottocento.

È uscito per la prima volta in Italia un testo di John F. Kennedy cheparla dell’immigrazione negli Stati Uniti, al cui esercito lui stesso rivendicala sua appartenenza. È un testo molto bello che va letto soprattutto da chiguarda solo con disprezzo le migrazioni dei popoli. Quasi all’inizio citaFranklin Delano Roosevelt che dichiara: “Ricordate sempre che tutti noi,io e voi in special modo, discendiamo da immigrati e rivoluzionari.”

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Dal Regno di Sardegna agli Stati Uniti

Maddalena Tirabassi

La storia delle migrazioni dalla penisola italiana in epoca preunitarianon ha ricevuto che di recente l’attenzione della ricerca, anche se la lungadurata del fenomeno costituisce un tratto caratterizzante l’esperienza ita-liana rispetto agli altri paesi europei (Pizzorusso, 2007; Pizzorusso G. eSanfilippo, 1990; Romano, 1992; Franzina, 2005; Gabaccia, 2003). Gliormai numerosi studi effettuati sulla cosiddetta montagna Mediterranea,che comprendo tutte le zone montane italiane, lo hanno ampiamente di-mostrato (Albera, Corti, 2000).

È solo il momento dell’unificazione politica del paese che scandisceuna data significativa per i movimenti migratori: da quel momento l’emi-grazione iniziò anche a essere registrata, attraverso il controllo nell’emis-sione dei passaporti e, dal 1876, i censimenti, che si iniziarono a tenere ascadenza decennale, entrando a far parte dei fenomeni di competenza delnuovo stato. Come ricorda Dora Marucco (2001, p. 62), fu l’armatore li-gure Jacopo Virgilio a sollecitare la compilazione di statistiche generalisull’emigrazione. In secondo luogo, per i suoi effetti sui confini: un pro-blema riguardante l’analisi di fenomeni migratori su scala regionale de-riva infatti dalla difficoltà a definire i confini di queste ultime. I confiniamministrativi non sempre coincidono con quelli sociali, economici e cul-turali che attraversano il territorio e che determinano quella che è stataanche definita come produzione storica dei luoghi.

Alcune regioni, peraltro, sono storicamente ben caratterizzate, graziea una lunga tradizione amministrativa risalente a stati preunitari, come ilPiemonte e la Liguria, eredi del regno di Sardegna (Audenino e Tirabassi,2008). Fu proprio il Regno di Sardegna che registrò, nel 1850, ottomilapresenze di sudditi negli Stati Uniti. I rapporti consolari del Regno Sa-baudo, conservati presso l’Archivio di Stato di Torino, che sono stati og-getto di una recente analisi da parte di Marco Mariano e Duccio Sacchi,costituiscono una preziosa fonte per l’analisi delle migrazioni preunitariedal Piemonte e dalla Liguria (Mariano e Sacchi, 2007). A partire dalla

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prima sede consolare istituita nel 1919 a Philadelphia, si trovano le primedescrizioni delle comunità italiane, soprattutto liguri, presenti nel paese.A metà degli anni venti si potevano contare viceconsolati nelle principalicittà della costa orientale: Boston, New Orleans, Norfolk, Charleston eSavannah. Nell’ottica della ricerca biografica che qui viene presentata, lafonte è tanto più importante, in quanto, come fanno notare Mariano eSacchi, il servizio consolare era composto da funzionari e consoli reperitisul territorio, che erano prevalentemente commercianti del Regno di Sar-degna. La loro funzione di trait d’union tra la comunità e le élite localeviene ampiamente documentata traverso i rapporti consolari. Come notalo storico Giovanni Pizzorusso, in questi anni “lo studio microanaliticodi casi singoli o di famiglie è necessario ai fini della ricostruzione dei flussi”(Pizzorusso, 2001).

L’emigrazione italiana verso gli Stati Uniti in epoca preunitaria fu in-fatti caratterizzata dalla sua eterogeneità: le centinaia di esuli e rifugiatipolitici in seguito al fallimento delle insurrezioni per l’Unità nazionale ita-liana, vennero ad aggiungersi a un numero considerevole di artisti, musi-cisti ed esponenti del mondo letterario, professori, artigiani, com mercianti,venditori ambulanti, artisti di strada (fra i quali i “piccoli schiavi del-l’arpa”) figurinai lucchesi (Durante, 2001; Incisa di Camerana; Franzina,1995). Queste avanguardie dell’emigrazione di massa negli Stati Uniti che,come risulta dal censimento del 1880 risultano solo 44.230, sono quindispinte a varcare l’Oceano da diverse motivazioni politiche ed economi-che. Il rientro in patria era il primo obiettivo degli esuli politici, ma al-meno per un po’ furono costretti a fare la vita degli emigranti: negli StatiUniti spesso privi di un mestiere, si improvvisano insegnanti. E proprio adue di essi si deve la fondazione delle prime scuole italiane a Boston eNew York (Franzina, 1995, p. 112).

Una corrente importante in questi anni è quella degli artisti italiani il-lustrata dalla storica Regina Soria che dedica all’argomento un diziona-rio biografico, American Artists of Italian Heritage, 1776-1945 (1993).Soria elenca 350 artisti: scultori e pittori, ma anche scalpellini, intaglia-tori di marmo, figurinai e stuccatori, fabbricanti di burattini, intagliatoridel legno, poster designers, di fatto chiunque lavorasse nelle arti figura-tive. Alcune delle icone americane sono state prodotte da italiani: da ci-tare lo scultore del Campidoglio, Giuseppe Franzoni, Enrico Causici,

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scultore della prima statua di Washington e dei busti di Jefferson eMoore, Costantino Brumidi, che introdusse in America la tecnica del-l’affresco. Tutti questi artisti esercitarono un ruolo importante nel “darforma” all’America prima che la grande ondata migratoria giungesse aplasmare a sua volta il panorama.

Bibliografia

AA.VV., La via delle Americhe. L’emigrazione ligure fra evento e racconto, SAGEP, Genova1989.

ALBERA D., CORTI, P. (a cura di), La montagna mediterranea. Una fabbrica d’uomini? Mo-bilità e migrazioni in una prospettiva comparata (secoli XV-XX), Gribaudo, Cavallermag-giore 2000.

Archivio storico dell’emigrazione italiana, anno 2, 1, 2006, Modelli di emigrazione regio-nale dall’Italia centro-settentrionale, anno 3, 1, 2007, Modelli di emigrazione regionaledall’Italia centro-meridionale.

AUDENINO P., TIRABASSI M., Storia e storie. Migrazioni italiane dall’Ancien Régime a oggi,Bruno Mondatori, Milano 2008.

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Dal Regno di Sardegna agli Stati Uniti 35

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Maddalena Tirabassi36

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I M M A G I N I

Canada. Regione dei Grandi Laghi.

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Veduta del porto di Québec.

Veduta del fiume Hudson.

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S C H E D E

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Sono di seguito elencati gli autori delle schede presenti nell’opera. Ad ogni autoreviene indicata a fianco la corrispondente sigla identificativa, che il lettore troverà altermine del testo di ogni scheda, prima delle indicazioni bibliografiche.

Luca Codignola Bo lcAnna D’Albertis ad’aDario Decimo ddMaria Camilla De Palma mcdpFedora Giordano fgAnna Maria Lazzarino Del Grosso amldgAlessandro Pagano apCesare Pitto cpIrene Poggi ipYael Razzoli yrRoberto Risso rrMatteo Sanfilippo msFrancesco Surdich fsUmberto Torretta ut

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AFFRANCHINO, ANGELO SJBorlasca, Genova 14 ago. 1834 – Santa Clara, California 13 lug. 1879

Entrò come novizio della Compagnia di Gesù il 10 novembre 1852. Di costi-tuzione cagionevole, nel 1856 venne ricoverato in una casa di salute di pro-prietà dell’Ordine a Bertinoro (Forlì). Ristabilito, nel 1859 fu mandato inInghilterra, a Stonyhurst, per prepararsi all’ordinazione. Nel 1860 ottennel’incarico di insegnante di greco, latino, inglese e spagnolo nel Collegio diSant’Ignazio a San Francisco (California). Appassionato di musica, per moltianni svolse anche la funzione di maestro del coro e compose una messa chevenne pubblicata. Nel 1866 fu trasferito a Santa Clara in California, puntod’appoggio per i pellegrinaggi religiosi nell’America del Nord: da qui, infatti,iniziò la sua opera missionaria. Nel 1877 ritornò definitivamente a SantaClara, dove morì nel 1879. yr

BIBLIOGRAFIA

Dizionario biografico dei liguri, Consulta ligure, Genova 1992, tomo I, pp. 58-59; G. MCKE-VITT, Brokers of Culture: Italian Jesuits in the American West, 1848-1919, Stanford Univer-sity Press, 2006.

AMATEIS, LUIGI

Torino 13 dic. 1855 – West Falls Church, Virginia, 16 mar. 1913

Studiò architettura all’Istituto di Tecnologia e scultura all’Accademia Realedi Belle Arti, entrambi a Torino e ricevette una medaglia d’oro dall’Accade-mia per il suo eccezionale lavoro. Nel 1880 gli fu conferita una medagliad’argento all’Esposizione Nazionale a Torino. Proseguì gli studi artistici aParigi e Milano, per poi decidere, nel 1883, di emigrare negli Stati Uniti.Soggiornò prima a New York, dove eseguì alcune sculture, in particolare per

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le imprese di McKim, Mead e White. Venne naturalizzato cittadino ameri-cano e nel 1889 sposò Dora Ballin da cui ebbe quattro figli. Dopo il matri-monio, A. si trasferì a Washington, dove fondò la Scuola di Architettura e diBelle Arti alla Columbia University. Dal 1892 al 1902 fu il direttore del Di-partimento di Belle Arti in quella Università. Tra alcuni dei suoi lavori piùconosciuti, vi sono le porte bronzee (1909) progettate per l’entrata principaleoccidentale del Parlamento degli Stati Uniti, un monumento agli eroi dellarivoluzione del Texas (1900) a Galveston e i busti di alcuni importanti per-sonaggi tra, i quali il presidente Chester A. Arthur, il generale Winfield ScottHancock e il filantropo Andrew Carnegie. A. eseguì numerosi monumenti inTexas. Quattro delle sue sculture si trovano a Galveston: oltre al monumentoagli eroi commissionato da Henry Rosenberg, una statua dello stesso Rosen-berg (1906), un monumento eretto sulla tomba del generale John BankheadMagruder e un monumento bronzeo ai soldati confederati della Guerra Ci-vile americana (1894-1912). Altri suoi lavori in Texas includono “Spiritodella Confederazione” (1907) a Houston e “Chiamata alle Armi” (1907-1908) a Corsicana. I suoi lavori furono presentati alla Pan-American Expo-sition di Buffalo nel 1901 e al Louisiana Purchase Exposition di Saint Louisnel 1904. Esibì le sue opere anche all’Accademia Nazionale del Disegno diNew York e alla Società d’Arte di Philadelphia. Fu membro della Societàdegli Artisti di Washington, della Società Nazionale di Scultura e della So-cietà Nazionale d’Arte. Suo figlio, Edmond Romulus Amateis, divenne unimportante scultore durante la prima metà del ventesimo secolo. yr

BIBLIOGRAFIA

R. SORIA, American Artists of Italian Heritage, 1776-1945: A Biographical Dictionary, As-sociated University Presses, London and Toronto 1993.

SITOGRAFIA

TSHA Online: a digital gateway to Texas history http://www.tshaonline.org/handbook/online/articles/AA/fam2.html

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AMATIS, PAUL

? – Charleston, dic. 1736

I primi italiani giunti in Georgia erano stati ingaggiati come operai specializ-zati per lavorare nelle fabbriche tessili della seta perché erano considerati i la-voratori migliori in Europa. Molti erano emigrati dal Piemonte a Lione doveavevano lavorato con profitto nelle aziende tessili locali e da qui erano partitiper l’Inghilterra e poi per il Nuovo Mondo.Il generale Oglethorpe, quando aveva fondato la Georgia nel 1732, avevaposto come obiettivo quello di farne un importante centro per la lavorazionedella seta. Il commercio di questo prodotto con la Gran Bretagna creavamolto profitto e la domanda era in continua crescita.Tra i primi italiani a giungere in Georgia si trova citato il piemontese A. che la-sciò l’Inghilterra il 16 novembre 1732 per stabilirsi nella nuova colonia. Appenagiunto chiamò suo fratello Nicholas che era residente a Lione, il quale partì nel1733 con altre sette persone. Tra queste troviamo Giacomo Luigi Camuso conla moglie e 3 figli, indicati come di origine piemontese, mentre per gli altri viag-giatori non è specificato il nome. Gli italiani avevano firmato un contratto di la-voro a Londra che prevedeva un salario di 25 pounds all’anno per 4 anni, unacasa e 100 acri di terra per nucleo famigliare. Alla fine dei 5 anni del contrattoA. avrebbe ricevuto i soldi per pagare il viaggio di ritorno in Europa, oppure unasomma qualora decidesse di rimanere in Georgia. A. morì nel 1736 a Charleston,in South Carolina. A. si era sposato con Catherine, che morì nel 1739. ip

BIBLIOGRAFIA

G. SCHIAVO, Italians in America Before Civil War, The Vigo Press, New York-Chicago 1934.

AMICO, MATTEO

Loano, Savona 1827 – Callao, Perù 1868

Fin da giovane A. lavorò nei cantieri navali del porto di Loano come maestrod’ascia, nell’epoca in cui l’industria dei velieri non era ancora stata minacciatadalla concorrenza della navigazione a vapore. Nel 1846 lavorò alla costruzionedi un veliero che venne fatto salpare alla volta del Pacifico. Si imbarcò comemembro dell’equipaggio e approdò sulle coste americane. Dopo aver toccato

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numerosi porti dell’Atlantico e del Pacifico, il veliero giunse a San Francisconel 1849, quando in California era scoppiata la cosiddetta febbre dell’oro: comequasi tutti i membri dell’equipaggio, decise di disertare per dedicarsi allaricerca dell’oro, attività che lo impegnò per diversi anni. In seguito intrapreseun viaggio verso il Perù e giunse a Callao, dove risiedeva già suo fratello Sante.Qui arrivò l’altro fratello, Francesco, insieme alla moglie Maddalena Massa. Ifratelli A. decisero di stabilirsi definitivamente a Callao, dove si dedicarono alcommercio di cabotaggio nei porti peruviani a bordo di vari brigantini. Nel1860 A. sposò Rosa Valle, figlia di una coppia di emigranti di Sori, dalla qualeebbe due figli, uno dei quali morì prematuramente. Nel 1868 scoppiòun’epidemia di febbre gialla che mieté molte vittime tra la popolazione di Limae del Callao: tra queste A., il quale, contratta l’epidemia quando era sul suobrigantino nel porto di Hualco, riuscì a far ritorno a Callao, dove morì. yr

BIBLIOGRAFIA

G. BONFIGLIO, Dizionario storico biografico degli italiani in Perù (a cura di L. GuarnieriCalò Carducci), Collana dell’Istituto italo-latino americano, Il Mulino, Bologna 1998; G.BONFIGLIO, F. CROCI, El baúl de la memoria: testimonios: escritos de inmigrantes italianosen el Peru, Fondo Editorial del Congreso, Lima 2002, pp. 37-70.

SITOGRAFIA

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APPIA, GIORGIO EDOARDO

Francoforte sul Meno, Germania 8 gen. 1827 – Parigi, Francia 19 set. 1910

Figlio di Paolo, pastore della Chiesa Vallone di Francoforte sul Meno, ma ori-ginario delle Valli Valdesi, A. compì gli studi classici a Boenigheim e Hanau, equelli teologici a Bonn, ad Halle e infine a Ginevra, dove terminò gli studi di teo-logia sotto la guida dei professori Cellérier, Diodati, Pilet, Chenevière. Sostennela tesi di teologia all’Università di Strasburgo nel 1853. L’11 agosto dello stessoanno venne consacrato nelle Valli valdesi con altri quattro candidati. L’annosuccessivo fu chiamato come professore al Collegio e alla Scuola Normale diTorre Pellice, dove aveva già insegnato l’anno precedente, e vi rimase fino al1857, svolgendo un’intensa attività anche come predicatore d’occasione nelle

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chiese della zona. In questi anni, nell’estate del 1856, compì un lungo viaggionella Francia meridionale per visitare e organizzare i numerosi valdesi che vi sierano stabiliti in quegli anni. Nel 1858 intraprese un viaggio fino a Parigi, mavenne presto richiamato con insistenza alla sua attività nelle Valli, dove divenneministro della Chiesa di Pinerolo dal 1858 al 1860. Il 12 luglio 1859 sposò ElenaSturge, nipote di Giuseppe Sturge, filantropico quacchero di Birmingham. Inseguito venne chiamato come ministro della Chiesa di Palermo, dove rimasedal 1861 al 1862, e in quella di Napoli dal 1862 al 1865. Andò poi a Firenze inqualità di professore della Scuola Valdese di Teologia, dove esercitò dal 1866 al1867. Fra il 1867 e il 1868 si recò, a sue spese, in America con lo scopo di cer-carvi i mezzi finanziari per la costruzione di una chiesa valdese a Napoli. L’annoseguente si trasferì a Parigi chiamato come pastore della Chiesa Luterana dellacapitale francese e cappellano della Casa delle Diaconesse. Vi rimase per qua-rantun anni consecutivi, fino alla sua morte, avvenuta il 19 settembre 1910.Fu un uomo di grandi talenti, il più illustre rappresentante della famiglia val-dese degli Appia. A. fu anche scrittore e pubblicò la sua tesi di teologia Essaibiographique sur Moïse, The Vaudois emigrants in South America, L’Exil et laRentrée des Vaudois. Recits authentiques, Guillaume III et son rôle dans l’his-toire de la Rentrée, in Bull. Soc. Hist. Vaud. n.6, 1889, Chants et chanteurs dela Réforme, Noël à travers les âges. yr

BIBLIOGRAFIA

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AVEZZANA, GIUSEPPE

Chieri, Torino 19 feb. 1797 – Roma 25 dic. 1879

Figlio di commercianti, A. si trasferì in giovane età, nel 1812, a Torino per se-guire l’attività paterna. In questo stesso anno, preso dall’entusiasmo rivoluzio-nario scatenato dalle imprese di Napoleone, si arruolò volontario nell’esercitonapoleonico, prendendo parte alle campagne del 1813-1814. A soli 15 anni lasua attitudine militare lo portò prima a entrare tra i leggendari Ussari e poi nellaGuardia d’onore imperiale. Nelle file francesi A. sarebbe rimasto fino al 1815:costretto a riparare fortunosamente al disastro napoleonico e a un serio infor-tunio alla gamba, ritornò a Torino dove, grazie all’interessamento del padre, riu-

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scì a entrare nell’esercito sabaudo con il grado di sottotenente. A. però non riu-scì ad aderire alle idee reazionarie, al sentore di nuove insurrezioni, l’ufficiale ab-bandonò la divisa per legarsi ai cospiratori. Partecipò ai moti del 1821 e sfuggìalla pena capitale andando in esilio in Spagna, dove combatté tra i costituzionalicontro il corpo di spedizione della Santa Alleanza comandato dal duca d’Angou-leme, sotto le insegne del quale militava anche Carlo Alberto di Savoia. Cadutoprigioniero, fu deportato a New Orleans. Dopo pochi mesi riuscì a fuggire inMessico, nella cittadina di Pueblo Viejo. Qui si mise subito in evidenza per l’in-traprendenza e la preparazione tecnica. Avute notizie circa un progetto gover-nativo mirante a creare un insediamento urbano e un porto sul fiume Panuco,riuscì a ottenere un incarico e si gettò con entusiasmo nella progettazione e nellarealizzazione di quella che sarà la città di Tampico. In pochi anni la nuova cittàdivenne un vivace centro commerciale e allo stesso A. verrà richiesto di organiz-zarne la difesa contro l’esercito spagnolo che, agli ordini del generale Barradas,tentava la riconquista del Messico. Nel giugno 1827 partecipò alla guerra d’in-dipendenza del Messico combattendo alla difesa dello Stato di Tamaulipas con-tro gli invasori spagnoli. A. nell’assedio diede grande prova di coraggio e diacume strategico, resistendo fino all’arrivo dei rinforzi e adoperandosi poi perla riedificazione della stessa città. Nel 1832 A. tornò ad abbracciare le armi, que-sta volta contro il vice presidente Bustamante, colpevole di aver eliminato il pre-sidente Guerrero con l’inganno. A Ciudad Victoria, a San Luis de Potosí, ilpiemontese fece ancora una volta mostra della sua eccellente preparazione mi-litare sconfiggendo l’esercito usurpatore e salendo al grado di generale dei quat-tro stati d’oriente della Repubblica. Nel 1834, stabilitosi a New York per aprireuna casa di commissioni, A. entrò nei salotti dell’intellettualità romantica e av-venturosa. Qui conobbe Maria Mourogh, una ricca ragazza irlandese che pre-sto sposò. Maria gli diede sei figli prima di morire in un incidente nel 1850. Dueanni più tardi A. ne sposò la sorella Fanny, divenendo padre altre due volte,prima di rimanere ancora vedovo. I drammi familiari arriveranno alla fine di unperiodo costellato di successi personali in campo militare. Nel 1848 infatti A. siimbarcò alla volta di Genova per partecipare ai moti nazionalistici. Divenutotriumviro della città, A. deve combattere anche contro i vari dissidenti accettan-done le richieste: in nome della città si opporrà così all’ingresso dell’esercito sa-baudo comandato da Lamarmora, organizzando ancora una volta le operedifensive. Capitolata Genova, A. si imbarcherà con 450 uomini fedeli su unanave americana per raggiungere Roma. Qui conobbe Bixio e Mameli ed entrònella cerchia della giovane repubblica romana. Nominato Ministro della guerra

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della città nel 1849, A. diede a Garibaldi i gradi di generale dell’esercito, orga-nizzò la strategia difensiva e ottenne l’illusoria vittoria contro i francesi del ge-nerale Oudinot. Anche l’esperienza romana durò però soltanto pochi mesi e A.tornò a lavorare a New York con GARIBALDI (V.). Nel 1860 ritornò per combat-tere con le camicie rosse al Volturno. Per i suoi numerosi servigi egli viene in-quadrato nell’esercito regolare nel 1861, meritandosi l’Ordine Militare di Savoiaall’assedio di Capua. Nel 1862 fu ammesso nell’esercito italiano con il grado digenerale e collocato a riposo nel 1866. In questo stesso anno, nonostante la ca-rica di deputato del parlamento italiano (venne eletto per cinque legislature),combatté ancora con Garibaldi nella battaglia del lago di Garda e l’anno suc-cessivo partecipò alla battaglia di Mentana. Terminata l’epoca delle guerre, A.resterà vicino ai numerosi italiani all’estero interessandosi soprattutto dei pro-blemi legati alla migrazione verso il Venezuela e il Brasile. Nel 1878 diede vita,insieme ad un gruppo di patrioti, alla Società Italia Irredenta, che ebbe anchel’appoggio di Garibaldi, Saffi, Carducci, e ne fu il presidente. A. morì nel 1879,vivendo fino alla fine di una piccola pensione. yr

BIBLIOGRAFIA

F. DURANTE, Italoamericana. Storia e letteratura degli italiani negli Stati Uniti 1776-1880,Mondadori, Milano 2001.

SITOGRAFIA

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AVOGADRO COLLOBIANO, AUGUSTO OTTAVIO MARIA MARCELLINO

Chambery, Savoia 18 giu. 1783 – Torino 10 mar. 1858

A. discendeva dall’antica casata nobiliare degli Avogadro, ramo di Collo-biano, conti e signori di Vigliano, Valdengo e Montecavallo. Era figlio diLuigi Ottavio (1748-1836) e di Marianna Caresana di Carisio († 1802). A. fupaggio di Vittorio Amedeo III e poi intraprese la carriera diplomatica al ser-vizio del Regno di Sardegna: dal 1806 al 1817 servì alla corte di Napoli. Inseguito fu segretario di legazione in Portogallo, in Brasile e a Costantino-poli, oltre che ministro in Baviera, in Russia e nella stessa Napoli. Sposò Au-gusta di Gruben († 1872), dama di croce stellata.

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Nel 1838 C. giunse a Washington come incaricato d’affari sardo e si occupòdella stesura e approvazione del trattato commerciale tra Torino e Washing-ton. Nel 1838 erano state aperte le relazioni diplomatiche tra la corte sabaudae gli Stati Uniti ed erano in corso importanti trattative per la stesura di trat-tati commerciali bilaterali. Dal 1838 al 1842 C. rivestì la carica di console delRegno di Sardegna nella sede di New York.Nel 1843 arrivò il suo successore a Washington e C. fu trasferito come mini-stro plenipotenziario a St. Pietroburgo. ip

BIBLIOGRAFIA

H.R. MARRARO, L’unificazione italiana vista dai diplomatici statunitensi, Istituto per la Sto-ria del Risorgimento italiano, Roma 1971, A. MANNO, Il patriziato subalpino, Torino 1906;V. SPRETI, Enciclopedia storico-nobiliare italiana, Arnaldo Forni, Sala Bolognese 1981.

BALBO, ANTONIO

B. era piemontese e si era trasferito a Filadelfia, dove nel 1853 fondò il setti-manale La Gazzetta italiana. Il giornale aveva un taglio patriottico e cattolicoche attirò le attenzioni negative della comunità degli esuli politici italiani ri-fugiati negli Stati Uniti. Il gruppo più ostile al giornale era quello degli anti-clericali e, in particolare, B. fu impegnato in causa legale contro un exsacerdote di cui ci è giunto solamente il cognome, Baldassarre, che lo avevadenunciato per diffamazione e aveva vinto la causa. B. dovette scontare unanno di prigione e ciò pose fine alla pubblicazione del giornale. ip

BIBLIOGRAFIA

F. DURANTE, Italoamericana. Storia e letteratura degli italiani negli Stati Uniti, 1776-1880,Mondadori, Milano 2001.

BARRETTO SPINOLA, FRANCIS

Stony Brook, New York 19 mar. 1821 – Washington, D.C. 14 apr. 1891

Figlio di un emigrato genovese di nobile famiglia e di una donna di origineirlandese il cui padre aveva combattuto con George Washington, B.S. vissein una realtà prettamente rurale, prima di trasferirsi, ancora ragazzo, a

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Brooklyn dove troverà lavoro come impiegato nel consiglio cittadino. A soli22 anni fu nominato Consigliere al Common Council di Brooklyn e nel 1844fu ammesso nell’ordine degli avvocati, per essere in seguito eletto nel Boardof Supervisors di Kings County. Inizialmente aderì al partito Whig, ma in se-guito divenne un democratico e un sostenitore del Tammany Hall: da quelmomento non abbandonerà più le sue convinzioni politiche. Allo scoppiodella Guerra di Secessione, si schierò a favore della chiamata alle armi in-detta dal Governatore Morgan dello Stato di New York e si mise al comandodi quattro reggimenti. Ottenne il grado di generale e venne ferito in due oc-casioni. Terminata la guerra, riprese la sua carriera politica di successo, riu-scendo a farsi rieleggere più volte nella legislature dello stato di New York.Dal 1886 concorse per entrare nel Congresso degli Stati Uniti, dove fu elettoper due mandati. B.S. fu il primo italo-americano ad entrare a far parte delCongresso degli Stati Uniti d’America. È ricordato soprattutto per aver pe-rorato un disegno di legge per erigere un monumento a Brooklyn che ricor-dasse i patrioti morti nelle navi-prigione inglesi durante la RivoluzioneAmericana. Recentemente è stata messa in discussione la sua origine, che nonsarebbe italiana (se non per discendenza remota) ma portoghese. Gli Spinolafurono infatti un’antica famiglia nobiliare genovese di vocazione politica ghi-bellina, attiva nel Comune di Genova già nel XII secolo. ap

SITOGRAFIA

http://www.niaf.org/milestones/year_1886.asphttp://en.wikipedia.org/wiki/Francis_Barretto_Spinola

BASSINI, CARLO

Cuneo 1812 – Irvington, New Jersey 26 nov. 1870

Figlio di genitori musicisti, sin da bambino fu allievo dei migliori maestri diviolino del suo tempo e a vent’anni si diplomò con il massimo dei voti comestrumentista. Subito dopo il diploma, B. partì con una compagnia operisticagenovese verso il Sud America. Poco dopo il suo arrivo all’estero, ottenne l’in-carico di direttore della compagnia. Grazie al denaro guadagnato durante latournée in Sud America, B. partì per New York per tentare di intraprenderela carriera da solista, ma la decisione si rivelò fallimentare. Diede un concertoche ebbe scarso successo e si trovò senza risorse finanziarie. Iniziò allora a

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impartire lezioni di musica e di canto, rinunciando così alle sue ambizioni didirettore d’orchestra. B. si rivelò un ottimo insegnante e un buon compositore.Fino alla sua morte, avvenuta nel 1870, visse dando lezioni di canto, redi-gendo manuali, componendo opere. Collaborò inoltre come critico musicalecon L’Eco d’Italia, periodico pubblicato da Giovanni Francesco Secchi de Ca-sali. Fra i suoi scritti: Art of Singing: an Analytical, Physiological and PracticalSystem for the Cultivation of the Voice (Boston, 1857), un manuale di cantoedito ancora ai giorni nostri; Melodic Exercises (1865), Method for the Tenor(1866), Method for the Baritone (1868) e New Method (1869). Alcune delle suemigliori composizioni: A te accanto, canzone d’amore dedicata alla fidanzatadeceduta poco prima del matrimonio, O Salutaris, preghiera per soprano, eThere is Light in the Sky, composta poco tempo prima la sua morte. yr

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BAUBI, JOSEPH E PETER

Moconesi, Genova 1845 – Waterbury, Connecticut, 1924 (Joseph)Moconesi, Genova sett. 1847 – Waterbury, Connecticut 24 ott. 1934 (Peter)

Giunsero a Waterbury agli inizi degli anni ’70 dell’Ottocento; i due furono iprimi italiani ad arrivare in paese, pionieri di una comunità etnica che già nel1920 potrà vantare quasi diecimila anime. Il cognome “Bauby”, di per sé benpoco italiano, fu probabilmente frutto di una delle innumerevoli incompren-sioni che si venivano a creare tra gli emigranti e i funzionari delle dogane sta-tunitensi. Nel 1872 aprirono un negozio di frutta a Waterbury, sfruttando laloro conoscenza dei grossisti italiani di New York che col passare degli annidivenne un luogo di riferimento per i cittadini, il “Bauby Corner”. Joseph sisposò con una compaesana, Candida Musante e Peter la sorella di lei, Rosa.Nel 1916 estesero la loro attività con la vendita di sigari e giornali. La discen-denza di Joseph sarà il ramo della famiglia maggiormente legato al negozio;dei figli di Peter, quelli più noti alla comunità furono Charles e Frederick,che divennero avvocati, Joseph Jr., vicesceriffo, e Mary, impegnata in nume-rose attività di beneficenza. ap

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BIBLIOGRAFIA

AA.VV., La via delle Americhe. L’emigrazione ligure tra evento e racconto, SAGEP, Genova 1989.

SITOGRAFIA

http://www.findagrave.com/cgi-bin/fg.cgi?page=pv&GRid=31890609

BAVASTRO, GIUSEPPE

Sampierdarena, Genova 27 mag. 1760 – Algeri 10 mar. 1833

Eroe leggendario di ben tre mari, partecipa al servizio della Francia alleGuerre Napoleoniche e, tra le altre imprese, vince due navi inglesi tra Tarifae Tangeri, e giunge ad ottenere, nel 1804, le insegne di Cavaliere della Legiond’Onore. Le sue capacità e la sua fama di comandante di corsa lo porteranno nelNuovo Mondo, dapprima nella lotta per l’indipendenza della Nueva Gra-nada (Venezuela, Colombia, Ecuador), poi nei Caraibi come corsaro perconto dell’Isola di Margherita. Vi furono voci, mai confermate, di aggres-sioni da lui condotte anche verso navi statunitensi.Nel 1821, probabilmente stanco di una vita condotta tra guerre e pericoli, di-rige la sua nave, la Poupe, a New Orleans. Qui, per cinque lunghi anni, con-durrà un vita da “corsaro in pensione”, comprando una tenuta e vivendo dagentiluomo coltivatore di cotone. In questo periodo passa le sue giornate siacon i notabili più in vista della città, sia tra la gente comune del porto. Ènoto che in questi anni respinse diverse richieste di Simon Bolívar, che inten-deva riportarlo in Venezuela.Il suo ritiro terminò nel 1826, quando tornò in Europa per poi imbarcarsi alservizio della Francia nello sbarco di Algeri del 1830. Nominato governa-tore del porto di Algeri morirà, detenendo tale carica, in seguito ad una ca-duta da cavallo. ap

BIBLIOGRAFIA

AA.VV., Dizionario storico biografico dei Liguri in America Latina, a cura di FondazioneCasa America, Affinità Elettive, Ancona 2006; L. GRASSIA, Sioux, cowboy e corsari. L’Ame-rica degli “altri” italiani, CDA&Vivalda, Torino 2008.

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Cataratta del Niagara.

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Dizionario biograficodegli emigranti italiani del Nordovest

nell’America del Nordalle originidei nostri

flussi migratorinel loro contributo

di lavoro carne e sanguealla costruzione degli USA e del Canada

così come– pensatori diplomatici

missionari scienziatidi ritorno –

alla conoscenza culturale e al dibattito politico europeo

questo libroviene stampato

nel carattere Simoncini Garamondsu carta Arcoprint delle cartiere Fedrigoni

dalla tipografia SAGI di Reggio Emiliaper conto di Diabasisnel mese di dicembre

dell’annoduemila

nove

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