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1 I dispositivi didattici e l’on line La conoscenza, secondo diversi autori (Lyotard, 1987; Agostinelli, 2008; Gadamer, 1983), non è un elemento che viene prima o dopo l‟azione, ma è essa stessa intrinseca all‟azione e in essa trova nuove forme e direzioni. I piani della conoscenza si sovrappongono: quanto appreso in altre azioni diviene materiale per l‟azione attuale e terreno da cui nasce la nuova conoscenza. L‟azione, così intesa, va estesa a tutto il mondo esperienziale soggettivo, sia esso mentale, emozionale, fisico e manipolativo. L‟unitarietà tra corpo, mente e tecnica, produce nuove dimensioni di esperienza che si trasformano, per il soggetto, in un “avere conoscenza”, se rielaborate attraverso processi riflessivi che avvengono in azione e sull‟azione (Schön, 1993). In questi processi la scrittura costituisce uno strumento di comprovata efficacia, coniuga la descrizione e la connotazione; talora dalla ricostruzione descrittiva emerge il senso del vissuto, in altre situazioni, è la connotazione che aiuta a costruire, partendo da alcuni elementi significativi, il contesto dell‟avvenimento. Queste considerazioni costituiscono lo sfondo per la progettazione di esperienze di apprendimento on line, spazio/tempo in cui il soggetto sviluppa la rivisitazione di propri vissuti, e quindi vive nuove esperienze a tutti gli effetti e sviluppa competenze riflessive in forte collaborazione con i pari. L‟attività riflessiva si nutre di distanziamento dal vissuto e di progetti per nuove azioni, costruendo situazioni di riattraversamento che danno origine a legami sempre più consapevoli fra gli elementi esperienziali e conoscitivi. La progettazione di percorsi formativi che si avvalgano dell‟uso delle tecnologie si presenta come un compito estremamente complesso che richiede al docente-progettista di costruire coerenza fra pedagogia, didattica e tecniche. Le finalità debbono trasparire dalla struttura didattica, dai materiali e dalle attività; la relazione pedagogica costituisce il tessuto nel quale si andranno a costruire le interazioni fra pari e con gli esperti, la tecnica orienta le azioni possibili e fornisce spazi di interpretazione soggettiva e intersoggettiva. In tale complessità si colloca la realizzazione di dispositivi didattici, già introdotti nel capitolo cinque. La rete che costituisce un dispositivo on line si fonda su un progetto in cui i legami divengono il messaggio in parte esplicito, uguale per tutti, e in parte implicito e personalizzabile. È esplicito in quanto visibile nella struttura didattica, implicito perché è il soggetto che, attraversando i concetti presentati e le attività, scopre e ricostruisce il significato del percorso. I dispositivi Il concetto di dispositivo, se esplorato in diversi domini, assume significati differenti che trovano, nel nostro caso, una complessa integrazione che attinge e integra le conoscenze elaborate nelle diverse scienze. Le interazioni che si vengono a produrre, forniscono una rappresentazione del dispositivo che si articola su diversi livelli, su molteplici interpretazioni relative allo spazio al luogo e al territorio. Si propone di esplorare il concetto di dispositivo nei domini pedagogico, tecnologico e didattico. Dominio pedagogico Il punto di partenza è la visione di Foucault sui dispositivi, a cui fa riferimento Massa (1992) per dar vita alla clinica della formazione, prospettiva pedagogica che a tutt‟oggi viene alimentata dagli studi di diversi autori italiani (Riva, 2001; Cappa, 2009). La clinica della formazione propone l‟organizzazione di dispostivi che hanno come output finale la costruzione del “dispositivo del sé”, ovvero la costruzione intenzionale di un

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I dispositivi didattici e l’on line La conoscenza, secondo diversi autori (Lyotard, 1987; Agostinelli, 2008; Gadamer,

1983), non è un elemento che viene prima o dopo l‟azione, ma è essa stessa intrinseca all‟azione e in essa trova nuove forme e direzioni. I piani della conoscenza si sovrappongono: quanto appreso in altre azioni diviene materiale per l‟azione attuale e terreno da cui nasce la nuova conoscenza. L‟azione, così intesa, va estesa a tutto il mondo esperienziale soggettivo, sia esso mentale, emozionale, fisico e manipolativo. L‟unitarietà tra corpo, mente e tecnica, produce nuove dimensioni di esperienza che si trasformano, per il soggetto, in un “avere conoscenza”, se rielaborate attraverso processi riflessivi che avvengono in azione e sull‟azione (Schön, 1993). In questi processi la scrittura costituisce uno strumento di comprovata efficacia, coniuga la descrizione e la connotazione; talora dalla ricostruzione descrittiva emerge il senso del vissuto, in altre situazioni, è la connotazione che aiuta a costruire, partendo da alcuni elementi significativi, il contesto dell‟avvenimento.

Queste considerazioni costituiscono lo sfondo per la progettazione di esperienze di apprendimento on line, spazio/tempo in cui il soggetto sviluppa la rivisitazione di propri vissuti, e quindi vive nuove esperienze a tutti gli effetti e sviluppa competenze riflessive in forte collaborazione con i pari. L‟attività riflessiva si nutre di distanziamento dal vissuto e di progetti per nuove azioni, costruendo situazioni di riattraversamento che danno origine a legami sempre più consapevoli fra gli elementi esperienziali e conoscitivi.

La progettazione di percorsi formativi che si avvalgano dell‟uso delle tecnologie si presenta come un compito estremamente complesso che richiede al docente-progettista di costruire coerenza fra pedagogia, didattica e tecniche. Le finalità debbono trasparire dalla struttura didattica, dai materiali e dalle attività; la relazione pedagogica costituisce il tessuto nel quale si andranno a costruire le interazioni fra pari e con gli esperti, la tecnica orienta le azioni possibili e fornisce spazi di interpretazione soggettiva e intersoggettiva. In tale complessità si colloca la realizzazione di dispositivi didattici, già introdotti nel capitolo cinque.

La rete che costituisce un dispositivo on line si fonda su un progetto in cui i legami divengono il messaggio in parte esplicito, uguale per tutti, e in parte implicito e personalizzabile. È esplicito in quanto visibile nella struttura didattica, implicito perché è il soggetto che, attraversando i concetti presentati e le attività, scopre e ricostruisce il significato del percorso.

I dispositivi Il concetto di dispositivo, se esplorato in diversi domini, assume significati differenti

che trovano, nel nostro caso, una complessa integrazione che attinge e integra le conoscenze elaborate nelle diverse scienze. Le interazioni che si vengono a produrre, forniscono una rappresentazione del dispositivo che si articola su diversi livelli, su molteplici interpretazioni relative allo spazio al luogo e al territorio.

Si propone di esplorare il concetto di dispositivo nei domini pedagogico, tecnologico e didattico.

Dominio pedagogico Il punto di partenza è la visione di Foucault sui dispositivi, a cui fa riferimento Massa

(1992) per dar vita alla clinica della formazione, prospettiva pedagogica che a tutt‟oggi viene alimentata dagli studi di diversi autori italiani (Riva, 2001; Cappa, 2009).

La clinica della formazione propone l‟organizzazione di dispostivi che hanno come output finale la costruzione del “dispositivo del sé”, ovvero la costruzione intenzionale di un

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progetto di libertà e di autoregolazione all‟interno di sistemi. Ciò è tanto più necessario quanto più l‟individuo, che vive e agisce nella società della complessità e della conoscenza, è chiamato a sviluppare la competenza nel governare il sé, nel costruire continuamente la propria identità coniugando aspetti personali e professionali, creando una coerenza e unitarietà fra i saperi acquisiti in ambiti formali e informali. L‟obiettivo della formazione è quindi dar vita a una cura di sé che permette di ridurre la dissimmetria dell‟individuo nei confronti dei dispositivi di potere: è condizione di possibilità delle pratiche di libertà.

Il dispositivo si presenta allora come occasione che accompagna questo percorso di progressiva cura del sé e che prevede continui processi soggettivi di differenziazione in interazione con il dispositivo. Essere liberi significa riuscire ad affermare la propria differenza; il percorso di soggettivazione ha, quindi, fini e modelli di autonomia propri e ogni individuo è chiamato a costruirne uno personale. È all‟interno di tale attività di soggettivazione che si viene a costruire un‟identità personale.

La creazione delle pratiche di sé è fatta a partire dagli elementi che l’individuo è in grado di reperire nella singolarità del proprio presente storico: queste pratiche non sono tuttavia qualcosa che l’individuo si inventa da solo. Sono degli schemi che trova nella sua cultura e che gli vengono proposti, suggeriti, imposti dalla sua cultura, dalla sua società e dal suo gruppo sociale. (Domenicali 2008, 5)

Ma tali schemi vanno continuamente reinterpretati al fine di giungere a una definizione del sé: “Tu ti sottrai soltanto se ti dai uno stile” (Domenicali, 2008, p.5). In questa direzione, la concezione foucaltiana di dispositivo, come sistema che è finalizzato alla gestione del potere, ha permesso di evidenziare la prospettiva che può assumere colui che ne è il destinatario.

Ma il dispositivo può essere esaminato anche dalla prospettiva della progettazione per dare origine a una paraskeue (equipaggiamento). La paraskeue costituisce quella che si potrebbe definire una preparazione, aperta e insieme finalizzata, dell‟individuo agli eventi della vita. In tale concetto il dispositivo trova la sua finalità, ovvero preparare l‟individuo alla gestione di un avvenire costituito di eventi imprevisti, a non essere hetton, il più debole (Foucault, 2003). Si tratta di esercitare una libertà attiva per contro-effettuare l‟evento, nel senso di riuscire a simularlo, gestirlo, a volte anticiparlo. È la ricerca di soluzioni strategiche che tengano conto della complessità e creino un equilibrio fra le diverse forze presenti nei contesti. Parlare di paraskeue significa dare visibilità, nel dispositivo, alla reificazione dei significati del verbo condurre che “significa al contempo „guidare‟ gli altri e un modo di comportarsi all‟interno di una campo più o meno aperto di possibilità” (Foucault, 1989). La relazione tra dispositivo ed essere hetton, il più debole, sembra in parte ripercorrere il legame, presentato nel primo capitolo, tra la tecnica e l‟uomo come essere carente, animale “non ancora stabilizzato”.

Il potere, che inizialmente era visto come esercizio di colui che predispone, diventa, con il dipanarsi del percorso, una libertà che è essa stessa tecnologia di potere del soggetto rispetto a sé (Domenicali 2008, p.4). Pensare a questo, per il progettista, significa assumere l‟idea che vi saranno comportamenti di reazione dell‟individuo al dispositivo predisposto. All‟interno dell‟intreccio presente nel dispositivo, il soggetto cercherà la possibilità di agire e di pensare rispettando anche il proprio spazio mentale ed esperienziale. Le sue “pratiche di libertà” si manifesteranno in una riposta originale a un problema concreto, si materializzano nell‟elemento della contingenza e non saranno totalmente prevedibili.

Il progettista di dispositivi si trova nella necessità di simulare le possibili reazioni che potranno avere coloro che ne saranno i fruitori e al contempo gli attori. Come evidenziato da autori in altri ambiti di ricerca (Schön, 1993; Gero, 2002; Gero e Kannengiesser, 2004), la simulazione virtuale costituisce quel momento in cui tutte le parti che compongono il

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dispositivo vengono messe in relazione al fine di costruire una gamma di possibili risposte di cui è necessario avere consapevolezza. Una particolare attenzione va posta alla regolazione della dinamica che deve indurre un atteggiamento responsabile e autonomo del soggetto, evitando l‟adeguamento passivo e la resistenza per transitarlo verso pratiche di libertà. Aver cura della libertà significa custodire al massimo l‟apertura del possibile, tenendo aperte le porte all‟evento, e intervenendo sulle condizioni di possibilità del suo accadere. La libertà bisogna volerla e governarla (Corsi, 2003) e l‟intenzionalità nell‟agire è il nutrimento dell‟autonomia. È in questa dualità indissolubile fra autonomia e libertà che il soggetto costruisce un sé all‟interno dei contesti esistenti, apprendendo progressivamente a gestire un personale ed evolutivo progetto formativo. L‟interazione continua e consapevole fra soggetti e dispositivi, produce così diverse soggettivazioni tante quante sono i soggetti partecipanti.

Dominio tecnologico Il termine “dispositivo” trova ampio uso nel linguaggio corrente per denominare gli

artefatti caratterizzati da un funzionamento tecnico. L‟evoluzione di tali tecniche ha prodotto un sempre maggiore distanziamento fra l‟elemento fisico e materiale, e il funzionamento. Si prenda come esempio il grammofono: la musica veniva prodotta dall‟impatto della testina sul disco e vi era una relazione analogica tra la traccia sul vinile e la musica. Si poteva ascoltare una melodia e “guardare” il funzionamento meccanico; l‟azione dell‟ascolto era legata a determinati momenti all‟interno di uno spazio definito. Attualmente la musica si ascolta prevalentemente con gli i-pod, minuscoli oggetti che si integrano perfettamente con il corpo, quasi si nascondono in esso, e che consentono di sentire i brani preferiti in qualsiasi situazione e luogo. Gli oggetti da manipolare sono infinitamente più piccoli e complessi e i processi che stanno alla base del loro funzionamento sono sempre più invisibili e sconosciuti all‟utilizzatore finale. Riprendendo la definizione di Borgmann (1987), un dispositivo tecnologico è un insieme di oggetti tecnici che, aggregati per adempiere a un determinato scopo, tende poi a diventare invisibile all‟aumentare della sua complessità.

La realtà in cui viviamo è pervasa da dispositivi tecnologici complessi che supportano la comunicazione, la ricerca e combinazione di informazioni, ampliano le possibilità delle funzioni corporee, ci consentono innumerevoli azioni quotidiane e hanno assunto una naturalità tale da non poter più essere separabili dall‟azione umana.

L‟informatica ha accelerato fortemente il processo verso “l‟invisibilità” dei dispositivi, consentendo operazioni inimmaginabili fino a un decennio fa. La logica, messa in atto dal costruttore, si pone “accanto” alla logica dell‟utente; attraverso le risposte dell‟artefatto alle singole scelte, il soggetto ragiona sul proprio pensiero e sulle possibilità di funzionamento per raggiungere lo scopo. Usare un nuovo dispositivo tecnologico implica frequentemente procedere per prova ed errore in base a modelli di funzionamento conosciuti in altre occasioni; si manifesta in questa pratica un cambiamento rispetto al passato e ai processi di apprendimento del funzionamento tecnico (es. leggere le istruzioni e provare delle procedure). Ben presto però si rende necessario, per dominare la complessità dei dispositivi tecnologici attuali, costruire simulazioni mentali della serie di azioni e ipotizzarne gli effetti, scoprire modellizzazioni di lavoro. Il pensiero soggettivo interpreta il “pensiero tecnico” e dà vita a pratiche, che richiedono di recuperare e applicare routines, e anche nuove strategie operative. Come evidenziato da Pastré (2004), i processi cognitivi attivati da coloro che utilizzano tecnologie con differente complessità di controllo, sono molto diversi. Il ricercatore ha confrontato le pratiche di alcuni addetti a una pressa che usavano tecnologie digitali per il controllo del funzionamento, con quelle di addetti che utilizzavano tecnologie meccaniche. Il processo dei primi mostrava due attività costanti, ovvero la rappresentazione e la simulazione, mentre i secondi agivano più spesso per prova ed

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errore con relative soluzioni di compensazione. Secondo l‟autore gli addetti più pratici nell‟uso delle tecnologie digitali riuscivano ad avere una visione d‟insieme che consentiva loro di realizzare operazioni complesse. Diverse risultavano le modellizzazioni del sistema attuate dalle due categorie che scaturivano dalla differente tecnica utilizzata.

Questa capacità di rappresentarsi un processo materiale sotto forma di un modello mentale dà all’azione una nuova ampiezza. Il soggetto può mettere in opera una regolazione proattiva, che gli permette di anticipare gli avvenimenti prima che essi arrivino. Egli può sviluppare una strategia d’insieme per risolvere i suoi problemi, poiché egli può rappresentarsi l’insieme delle tappe che possono condurle allo scopo. Egli non è più condannato a una condotta per prova ed errore, con una successione molto caratteristica di fasi di disorientamento e di riorientamento (Pastré, 2004, p.33).

L‟uso delle tecnologie porta dunque a due risultati: una facilitazione nello svolgimento di alcune pratiche di produzione e contemporaneamente una complessificazione nel governo delle tecnologie che supportano le pratiche stesse. L‟equilibrio necessario a rendere le tecnologie un reale supporto ai processi e non un ostacolo a essi, si gioca nel realizzare costantemente un dialogo fra progettisti di tecnologie e utilizzatori in una continua ricerca di usabilità e accessibilità. L‟obiettivo è quello di creare relazioni uomo-tecnologia che supportino il potenziamento del pensiero e delle associazioni, delle rappresentazioni e delle connessioni che lo alimentano.

Dominio didattico Il concetto di dispositivo viene sempre più utilizzato in ambito didattico per ripensare

il processo di apprendimento e insegnamento nel suo manifestarsi e quindi ai supporti necessari per renderlo efficace. Secondo Calvani con il termine “dispositivo” non si fa riferimento “solo a strumentazioni fisiche, ma anche ad apparati culturali, concettuali e normativi: un programma di azione, una strategia didattica, una griglia di lavoro al pari di un‟interfaccia software, sono ugualmente dispositivi, cioè supporti per orientare le dinamiche acquisitive” (Calvani, 2007). La classificazione, che l‟autore propone, riporta diverse “famiglie” di dispositivi: teorici (modelli di apprendimento e di istruzione), didattici (strategie didattiche), progettuali e attuativi (modelli curricolari/ambienti costruttivisti). Vi sono anche dei dispositivi di valutazione che vanno a indagare il profitto/processo/progetto/sistema. Tutto ciò che riguarda la formazione si traduce in dispositivi, dal modello, all‟applicazione, fino alla valutazione.

Damiano cerca di focalizzare il concetto di dispositivo indicandolo come un “plesso di fattori attivi che condizionano, indirettamente, ma efficacemente, le performance dell‟apprendimento” (Damiano, 2006, p.72). Si riprende in questo caso l‟importanza che assume l‟organizzazione interna degli elementi al fine di direzionare, o almeno orientare, le azioni dei soggetti.

Anche Perrenoud utilizza il termine “dispositivo” per definire la situazione progettata dal docente affinché gli studenti siano nella possibilità di svolgere un compito, di realizzare un progetto, di risolvere un problema. Il dispositivo didattico è dunque una struttura il soggetto, la sua devoluzione e la sua integrazione.

Non esistono perciò dispositivi intesi come struttura invariante, poiché tutto dipende dalla disciplina, dagli alunni, dalle opzioni dell‟insegnante, dai contenuti. “Praticare un percorso di progetto induce certi dispositivi. Il lavoro per situazioni problema ne induce altri, i percorsi di ricerca altri ancora.” (Perrenoud, 2002, p.34). Ma vi è un‟ulteriore precisazione: “Ogni dispositivo si basa su ipotesi relative all‟apprendimento e al rapporto con il sapere, con il progetto, con l‟azione, con la cooperazione, con l‟errore, con l‟incertezza, con la riuscita e l‟insuccesso, con l‟ostacolo, con il tempo” (Perrenoud, 2002, p.37). Ritorna quindi l‟importanza della prospettiva iniziale con la quale si affronta la situazione formativa.

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Ulteriore contributo è dato da Berten (1999) secondo il quale essi costituiscono un modo di considerare l‟ambiente naturale o costruito dall‟uomo come luogo non di acquisizione o di trasmissione di saperi, ma come una rete di mediazione dei saperi a partire dalla quale, possono emergere delle acquisizioni e delle trasmissioni. Ma nella misura in cui si tratta di una mediazione, non si può determinare ciò che sarà appreso.

Infine, secondo Agamben (2006), che riprende Foucault, il dispositivo è la rete che si costruisce fra gli elementi, ha una funzione strategica, è l‟incrocio fra relazioni di potere e di sapere dei vari soggetti che lo popolano. L‟autore approfondisce la sua disamina presentando anche la funzione più direttiva che può assumere il dispositivo. “Comune a tutti questi termini è il rimando a una oikonomia, cioè a un insieme di prassi, di saperi, di misure, di istituzioni il cui scopo è di gestire, governare, controllare e orientare in un senso che si pretende utile i comportamenti, i gesti e i pensieri degli uomini” (Agamben 2006, p.20).

Ampliando ulteriormente la già ampia classe dei dispositivi foucaltiani, Agamben definisce “dispositivo” “qualunque cosa abbia in qualche modo la capacità di catturare, orientare, determinare, intercettare, modellare, controllare e assicurare i gesti, le condotte, le opinioni e i discorsi degli esseri viventi” (Agamben 2006, p.21), rimarcandone la funzione orientativa verso le attività e i processi.

Per sintetizzare, si sottolineano alcuni passaggi che aiutano a ricostruire la trama che costituisce il dispositivo. È uno spazio-tempo intenzionalmente predisposto per supportare un cambiamento soggettivo e dipende dalle prospettive con cui, chi progetta, guarda a un problema. Al suo interno vi sono strumenti e attività che danno vita a una partecipazione determinata da come il soggetto in formazione interpreta il dispositivo. Le azioni che attiva provocano la creazione di nuove routine e di pratiche non tutte previste dal progettista, sempre e comunque frutto di un‟interazione attiva del soggetto con la tecnologia utilizzata. Il focus del dispositivo è nella gestione della mediazione fra un prospettato dal progettista e un realizzato dal soggetto che lo interpreta.

Il dispositivo può essere considerato efficace quando produce nei soggetti pratiche di libertà, nel senso di auto-progettazione e definizione identitaria, provoca un mutamento nella percezione del sé in rapporto ai problemi e alla possibilità di affrontarli e risolverli.

Se nella società della conoscenza il dispositivo provoca un mutamento della percezione del sé, in altri approcci esso può essere funzionale ad altre finalità. Ad esempio, in un approccio comportamentista il dispositivo è nella capacità di segmentare i compiti e fornire al soggetto, passo dopo passo, conoscenze e abilità verificandone poi l‟acquisizione.

Ambienti di apprendimento on line come spazio, luogo, territorio Foucault introduce il termine eterotopia per definire lo spazio che costituisce il

dispositivo. È “un frammento di spazio fluttuante, cioè una porzione di territorio che ha tre proprietà: quella di essere autonomo, centripeto e in relazione di separatezza rispetto al resto del mondo. Si tratta di uno spazio che vive per sé e che è chiuso su se stesso”, ma nello stesso tempo in relazione al mondo (Orsenigo, pp. 62-3). Un‟immagine, che può visualizzare un eterotopo, è la nave, spazio autonomo in cui vigono, spesso, regole diverse da quelle della vita a terra; spazio che sviluppa al proprio interno soggettivazioni attraverso un dialogo continuo fra gli individui, fatto di simboli, di uso di tecnologie, di pratiche diverse, di frequentazione di spazi legati a funzioni specifiche. Ma tutto questo sistema, pur essendo un “luogo senza luogo”, è in continuo dialogo con il mondo che lo circonda (nel caso della nave l‟altro è il mare) e a esso si conforma nelle azioni.

La formazione si sviluppa in un‟eterotopia, uno spazio/tempo, nella quale vi è la possibilità di fare un‟esperienza altra rispetto a quella ordinaria, pur rimanendo in contatto con la realtà, anzi permettendone una visione diversa. È uno spazio dal quale si entra e

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dal quale si esce in base a decisioni soggettive e di progetto personale, che si frequenta per porsi in sperimentazione di sé e di una realtà possibile.

La scuola e l‟ambiente di apprendimento on line costituiscono a tutti gli effetti un‟eterotopia, nella quale l‟esperienza può diventare più intensa in base alla frequenza, alle relazioni che si stabiliscono. In essa i partecipanti si creano uno “spazio da vivere” che costituisce, al contempo, una zona di passaggio e una zona di sosta. Si tratta di vivere una diversa esperienza che abbia in sé la possibilità di creare una riflessione sull‟esperienza stessa. È uno spazio nel quale si connettono e si ripensano gli altri spazi della vita, ma in un modo particolare, con una forma di distanziamento che facilita una cura del sé e del proprio agire.

Ogni eterotopia ha un “sistema di apertura e di chiusura”. Costituisce qualcosa di definito e i percorsi che in esso trovano compimento, divengono veri momenti di trasformazione, quando operano delle rotture, fanno emergere dei conflitti sopiti e presentano piste di soluzione, fanno rivedere i vissuti secondo prospettive diverse.

Alcune eterotopie sono preposte per amministrare il passaggio, ovvero per creare quell‟intervallo in cui si crea un cambiamento di stato. Il soggetto che vi entra, ne esce “modificato” sia per effetto di processi di etero valutazione, a esempio una certificazione, o come risultato di un processo auto-valutativo.

Foucault parla di “spazio” e di “luogo” come sinonimi. Nel caso della strutturazione di ambienti on line alcuni autori distinguono i due termini. Lo “spazio” viene visto sostanzialmente come contenitore all‟interno del quale si collocano le azioni e i percorsi progettati, è uguale per tutti; è l‟ambiente on line così come si presenta all‟inizio di un percorso corredato degli elementi caratterizzanti il cammino di formazione previsto. L‟ambiente diventa “luogo” quando, da spazio creato da altri, ovvero da dispositivo così come viene progettato inizialmente, è gestito liberamente e intenzionalmente dai partecipanti per costruire una conoscenza condivisa e si presenta quindi denso di relazioni (Wahlstedt et al., 2008). Solo se il dispositivo attiva comportamenti di partecipazione personalizzata e di collaborazione, si intensificano e si ampliano le connessioni fra i partecipanti, si crea una devoluzione del percorso formativo stesso e una gestione progettuale dell‟ambiente anche da parte degli utenti stessi. Secondo Harrison (1996), siamo collocati in uno spazio, ma agiamo in un luogo. Nella realizzazione di un ambiente di apprendimento in generale e on line in particolare, si progetta uno spazio/tempo la cui affordance determina la possibilità di farlo diventare un reale dispositivo formativo, luogo di soggettivazione in cui i significati personali, culturali e sociali, si evolvono e si strutturano secondo dinamiche temporali. Si attua in tal modo il passaggio da “spazio” a “luogo”, da “space” a “place” (Dourish, 2006).

Altro termine che viene collegato all‟ambiente della formazione come dispositivo è “territorio”. La metafora che permette di analizzare il processo formativo che avviene in un territorio è quello della coltivazione. Vi è un tessuto sostanziale, ovvero lo spazio organizzato nel quale vi sono alcune funzioni predisposte, pronte a rispondere a qualsiasi intervento, come accade nel caso dei sali minerali, che sono disponibili per la crescita della pianta, o delle particelle organiche microscopiche che permetteranno la conservazione dell‟acqua. La struttura dei dispositivi crea la possibilità di modificare l‟aspetto dell‟ambiente e dei processi che in esso si sviluppano, attraverso la predisposizione di attività e di strumenti (tool) che vengono utilizzati dai partecipanti, dando vita a una vera e propria coltivazione dell‟esistente per produrre un risultato nuovo, in funzione del gruppo di soggetti che agiscono. La loro azione produce artefatti che vanno a implementare la molteplicità dei materiali; un esempio è dato anche da un intervento in forum, prodotto che si genera su un territorio comune e che dimostra, al proprio interno e a seconda del posto in cui viene posizionato, le relazioni che si stabiliscono per la costruzione di conoscenze all‟interno della comunità.

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Altro fattore sono i sistemi di scambio/condivisione. Tali comportamenti si concretizzano nelle diverse forme di partecipazione quali leggere gli elaborati degli altri componenti della comunità, dare e fornire informazioni, porre problemi e domande, scambiare opinioni e suggerimenti, creare e regolare le routines partecipative e individuali. L‟ambiente on line al termine del percorso formativo apparirà quindi come il territorio coltivato: sulla base di funzioni predisposte nei dispositivi, in rapporto ai fattori esterni (le condizioni in cui ogni soggetto può e vuole operare in rapporto anche ai differenti contesti in cui vive la propria quotidianità), si creeranno dei prodotti, ciascuno diverso dall‟altro, ciascuno legato comunque alla situazione vissuta e alla connessione creata fra il sé e il fuori da sé. Il sapere, sviluppato soggettivamente, diviene forma di potere rispetto al compito, alla situazione, al contesto, creando anche piacere nella pratica di soggettivazione. Il dispositivo, nel passaggio dall‟essere predisposto da altri ad essere interpretato dal soggetto, costruisce progressivamente un “dispositivo del sé”. Mentre questo processo di dipana, rimangono alcune tracce (artefatti, scritture, progetti …) che rappresentano la trasformazione dall‟acquisizione e strutturazione di sapere verso un potere, una capacità di azione i cui risultati si renderanno disponibili per la formazione propria e degli altri.

La progettazione della formazione on line Riprendendo la visione foucaltiana, l‟atto di progettare i dispositivi è simile

all‟operato del potere-governo che struttura un campo per libertà possibili, campo che cerca di prevedere e controllare. La formazione on line si pone come situazione in cui i soggetti sono posti di fronte a un campo di possibilità in cui esistono differenti modi di condotta, molteplici reazioni emotive e cognitive, diversi tipi di comportamento che si interfacciano con un sistema tecnologico e didattico il quale propone i possibili comportamenti e tipologie di intervento. I dispostivi e i tool inducono diverse abitudini-routines relative al contesto, permettono pratiche che non sarebbero possibili attraverso interventi formativi realizzati solo con incontri in presenza. Come affermava de Kerchkove (1993), lo schermo è una fra le molteplici psico-tecnologie che aiuta a trasferire i processi mentali su un diverso spazio, permettendo così di governare il flusso delle proprie associazioni mentali, mostrando, attraverso artefatti (scritture, video …), ciò che il pensiero del soggetto sta elaborando. Lo schermo mostra la sovrapposizione dinamica dei media, consente di visualizzare l‟intersezione fra i messaggi che ogni media contiene, può sviluppare, attraverso questa visualizzazione, processi associativi veloci e inusuali.

All‟interno di un ambiente on line il soggetto è contemporaneamente “condotto” dal dispositivo e conduce se stesso e gli altri in una continua interazione che modifica il dispositivo stesso.

Costruire un dispositivo Come già esplicitato precedentemente, il dispositivo si presenta come uno spazio-

tempo attrezzato che risponde a un‟esigenza formativa e mette in atto una strategia. La polisemia che contraddistingue il termine dispositivo, induce a pensare a un meccanismo, ma anche alla combinazione di pezzi del meccanismo stesso in funzione dello scopo. Ma come si costruisce un dispositivo?

Ai fini della progettazione, è utile pensare a dispositivi che si articolino su diversi livelli, recuperando quindi i significati fin qui esplorati e assegnati a questo termine.

Il primo livello è dato dalla formazione stessa, situazione pedagogico-culturale che è preposta all‟attivazione e accompagnamento del cambiamento (Cappa, 2009).

La formazione si suddivide in dispositivi di secondo livello, che rispondono a differenti idee sui processi di professionalizzazione, di aggiornamento, di socializzazione secondaria, ovvero in relazione alle diverse prospettive con cui si intendono attivare i

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processi trasformativi. Fra questi vi è anche l‟e-learning la cui realizzazione si manifesta in un artefatto concettuale e tecnologico di un progetto pedagogico didattico, e comporta la visualizzazione-specificazione di una granularità che rimanda alla predisposizione di dispositivi di terzo livello, quelli specificamente didattici.

La progettazione dei tre livelli di dispositivi richiede, rielaborando quanto suggerito da Pastré e Samurçay (2004), quattro passaggi fondamentali per governare il processo da attivare: - individuazione del campo di azione e analisi dei relativi compiti e delle attività; - modellizzazione della situazione formativa e simulazione, che il progettista opera per

ipotizzare come i destinatari interpreteranno la rete intrinseca al dispositivo; - analisi delle competenze maturate dai soggetti nella loro esperienza e che vengono

mobilitate nella risoluzione del compito presentato nella situazione formativa; - analisi dell‟evoluzione delle conoscenze e competenze che si manifesta nel percorso.

Il dispositivo per la formazione on line Alla luce di quanto precedentemente espresso, nel dispositivo che si predispone

per la formazione on line dovrebbero trovare una reificazione: - il progetto pedagogico del docente/progettista che individua, quali obiettivi

fondamentali, la soggettivazione e l‟educazione ad auto-educarsi in modo permanente, l‟assunzione di comportamenti relativi alla riflessione e riflessività. Il presupposto è la valorizzazione della conoscenza ed esperienza del soggetto, la comprensione e potenziamento della motivazione dell‟individuo;

- l‟articolazione di tempi (aree, moduli) per creare riattraversamenti e quindi legami forti, per connettere gli aspetti molteplici. Questa articolazione deve consentire la costruzione di una “storia dei passaggi” attraverso processi riflessivi, di un‟idea del viaggio che connetta formale e informale, che dia visibilità all‟interdisciplinarietà, alla costruzione di senso dell‟esperienza formativa, alla connessione dei diversi processi;

- le condizioni per dare senso ai frammenti di conoscenza-esperienza, per creare l‟ascolto/scambio/condivisione, per connotare la propria conoscenza e dare un significato, per analizzare il rapporto pratica e teoria in modo specifico e analitico, per comprendere i criteri delle scelte, per dare spazio a linguaggi e rappresentazioni molteplici in cui il linguaggio diventa l‟azione reificata, per gestire il rapporto fra esperto e non esperto;

- in altri termini il dispositivo racchiude il progetto pedagogico, le finalità e gli obiettivi, i compiti, le attività e i materiali, i tempi e gli spazi, le modalità di monitoraggio e valutazione. Essendo il dispositivo un sistema complesso, anche una piccola variazione di uno dei suoi componenti trasforma il dispositivo in modo profondo. In tal senso il dispositivo è sempre collegato ad un contesto e in esso trova una sua completa reificazione. Nella parte restante del capitolo verranno presentati alcuni schemi di dispositivi pur sapendo, che essi possono essere solo indicazioni di massima che vanno poi completate e articolate nella progettazione situata.

La costruzione dei dispositivi che concretizzano il processo formativo, richiede, quindi, l‟intreccio coerente fra il punto di vista del formatore-progettista, le possibili risposte degli utenti e le possibilità dell‟LMS utilizzato, compresa la sua flessibilità. Per giungere a tale realizzazione, è opportuno seguire alcune indicazioni.

La prima indicazione per la costruzione di dispositivi, trova analogie con le caratteristiche che un ambiente dovrebbe avere per supportare il passaggio, precedentemente descritto, dall‟essere percepito come spazio all‟essere vissuto come “luogo” (Wahlstedt et al., 2008; Giannandrea, 2009): - l‟ambiente è conforme alle aspettative: i corsisti si aspettano che il luogo supporti e

renda possibile l‟apprendimento, sostenendo le azioni e i processi cognitivi;

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- l‟ambiente consente differenti tipi di accesso: questo significa che per accedere all‟area di lavoro non è necessario effettuare sempre gli stessi passaggi, ma sono consentiti accessi diretti, mirati, che aiutano a focalizzare immediatamente il compito. Sono presenti strade diverse e prospettive multiple;

- l‟ambiente fornisce contenuti e materiali considerati “di valore” dalla comunità: i contenuti proposti sono riconoscibili e proiettano i corsisti in una zona di sviluppo prossimale consentendo, in relazione a specifiche competenze, la rappresentazione di un‟azione possibile;

- l‟ambiente presenta caratteristiche “adattive” e facilita la personalizzazione: i corsisti diventano veri e propri abitanti del luogo, si sentono a proprio agio e apprendono progressivamente a personalizzare i propri spazi e ad abitare gli spazi comuni, trovando risposte ai bisogni individuali e collettivi;

- nell‟ambiente sono consentite diverse modalità di utilizzo dei diversi tool: l‟abitare gli spazi privati e pubblici crea, per il corsista, la possibilità di costruire un proprio ritmo di partecipazione e di sviluppo di relazioni (Rossi et al., 2007);

- nell‟ambiente si sviluppano proprietà sociali e valori della comunità (membership, comportamenti appropriati): si originano concordanze sulle regole sociali per vivere la rete e si giunge alla condivisione di valori quando, al posto di fenomeni quali lurker o flamming, si realizzano processi collaborativi e di continua negoziazione di conoscenza.

La seconda indicazione riguarda gli spazi che inizialmente costituiscono il terreno sul quale si svilupperà il percorso. Le diverse evoluzioni del web hanno consentito la predisposizione e l‟uso degli spazi in direzione di una sempre maggiore potenzialità degli utenti di diventare dei prosumer, produttori e consumatori al tempo stesso. Da spazi aperti a tutti, ma immodificabili (i siti), e spazi individuali protetti dalla vista di altri (protetti da pw e gestibili dal solo soggetto), si è giunti, nel web 2.0, a spazi collettivi nei quali tutti possono essere autori, e a spazi personali, anche se aperti ovvero visualizzabili da altri.

Un dispositivo costituisce uno spazio cellulare che funziona attraverso due operazioni, la “clausura” e il “quadrillage” (Orsenigo, 2009, p.52). La clausura indica un luogo che è specifico per ogni soggetto e chiuso su se stesso. Il “quadrillage”, invece, garantisce l‟inserimento del dispositivo specifico in una architettura più ampia deputata al controllo, e permette un‟assegnazione di senso degli spazi individuali.

Dispositivi didattici per l’e-learning Il percorso formativo può essere articolato in tre dimensioni che dipendono

dall‟organizzazione della didattica: aree, moduli e dispositivi. Assumendo questo tipo di struttura, si hanno le seguenti caratterizzazioni delle parti componenti. L‟area è l‟unità di durata temporale più ampia, segna i passaggi che si vogliono imprimere al percorso, ha un‟identità determinata dal traguardo che si intende raggiungere e da un nucleo tematico ampio e articolato.

All‟interno dell‟area, il modulo è una struttura autonoma ad alta omogeneità (Domenici, 1998), rappresenta un passo del percorso e va visto nella sua autonomia, ma anche nella sua collocazione nella struttura generale, per cui molte conoscenze, sviluppate nel modulo precedente, sono necessarie al modulo successivo e costituiscono un‟occasione di riattraversamento di un contenuto proposto.

Il modulo è a sua volta composto da dispositivi didattici che si presentano come unità strutturate, ma flessibili, pronte a raccogliere i comportamenti individuali e della collettività per orientarli, assecondarli e ampliarne la portata, evitandone le derive non produttive. Ogni dispositivo didattico propone spazi e i tempi, strumenti, attività e possibili interazioni fra tutti i suoi componenti. La sua struttura, generata dal progettista, si presta a trasformazioni che nascono in contesto. Le conoscenze che permeano i diversi dispositivi

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costituiscono progressivamente la rete dei contenuti; la frequenza e le modalità d‟uso dei tool costruiscono le pratiche condivise in un continuo intreccio, mentre le relazioni interpersonali trasformano gli spazi in luoghi e territori.

I dispositivi didattici sono il cuore pulsante dell‟attività in rete. Ciascuno di essi si presenta come un modello da contestualizzare e da integrare con molteplici attività e tecniche a seconda degli obiettivi, del target, del posizionamento del dispositivo nel percorso stesso.

I dispostivi possono essere raggruppati in tre tipologie: - istruzionali; - per la collaborazione e la regolazione; - per la riflessione e l‟autovalutazione.

Se i termini istruzionale, collaborazione, autovalutazione e riflessione sono facilmente interpretabili, il termine regolazione merita un chiarimento. Per regolazione si intende la competenza necessaria a risolvere specifici problemi in cui più che applicare leggi date, occorre in base al contesto scegliere un equilibrio tra energie, leggi, bisogni opposti. Nei compiti mirati alla regolazione occorre operare delle scelte e individuare un processo progettuale.

Si può agire anche di metissage fra le tipologie dei dispositivi, andando a rinforzare ora l‟uno, ora l‟altro aspetto, a condizione che tutte le varie proposte supportino una coerenza globale e siano finalizzate alla creazione di un processo che attiva la soggettivazione e la consapevolezza dei percorsi individuali e collettivi.

Osservando il modello elaborato da Rossi (Fig.1), si nota come le tipologie di dispositivi nascano dalle diverse reti che si creano in base al peso assegnato a differenti polarità per dare origine ad ambienti di apprendimento. La trama sempre diversa, a seconda delle scelte del progettista, nasce dall‟intreccio fra persona e comunità, etero-direzione e auto-direzione, acquisizione e regolazione, individualizzazione e personalizzazione e costituisce la reificazione del progetto formativo, così come viene presentato al corsista-destinatario. Poi sarà la sua interpretazione a rafforzare o indebolire i diversi fili della trama.

Figura 1 - Rappresentazione delle polarità che sostengono l’individuazione dei dispositivi. (Rossi e Toppano, 2009, 191)

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Verranno ora descritti alcuni dispositivi didattici per l‟on line. Essi vanno analizzati come architetture generali ed esemplificazioni di esperienze pregresse con cui colloquiare durante la progettazione; non possono mai essere considerati come strutture da replicare in modo meccanico. Il dispositivo va costruito in contesto, integrando molteplici attività e tecniche in funzione dei soggetti in formazione, della scelta didattica del docente-progettista, degli obiettivi, del target, del posizionamento del dispositivo nel percorso stesso.

Saranno ora presentati alcuni dispostivi e poi uno studio di caso nel quale tali dispositivi sono stati curvati in relazione a uno specifico contesto.

Dispositivi per attività istruzionali

Dispositivo 1- Studio individuale con approccio istruttivista.

Il dispositivo “Studio individuale con approccio istruttivista” può presentare due forme che si diversificano a seconda della tipologia dei materiali, dell‟autoconsistenza degli stessi, della loro granularità e della presenza/intervento del tutor o del docente.

Trentin (2008) parla di un e-learning content-driven quando i materiali sono il vero e proprio mediatore dei saperi. La fruizione degli e-content e dei software didattici non è mediata né da un docente-tutor, né da altri pari. L‟e-content richiede una progettazione accurata in quanto “il compito del materiale non è solo quello di veicolare i contenuti, ma anche di chiarire obiettivi e struttura dell‟intervento didattico; (essi) offrono strumenti per la valutazione formativa, oltreché una costante guida didattico-metodologica tesa a condurre passo passo l‟utente nella fruizione del percorso formativo” (Trentin, 2008, p.44). I software didattici sono programmi che consentono al fruitore di conseguire un preciso obiettivo formativo e possono, talvolta, essere inglobati nell‟e-content. Ne sono un esempio le simulazioni che attivano l‟utente affinché compia determinati passaggi e acquisisca specifiche abilità. Gli obiettivi non possono essere complessi e prevedono dei passaggi lineari per il loro conseguimento in quanto il lavoro è totalmente autogestito dall‟apprendente.

Un secondo dispositivo per lo studio individuale presenta la seguente struttura: nella pagina introduttiva viene esplicitato il percorso, gli obiettivi, le consegne e si illustrano i materiali disponibili. Vengono poi inseriti i materiali stessi e i compiti da svolgere. Infine sarà presente una verifica, generalmente di tipo quantitativo.

Solitamente, tale dispositivo si concretizza in un processo lineare che vede il singolo corsista impegnato nella consultazione di semplici learning object dai quali trarre gli elementi fondamentali per lo studio e l‟approfondimento tematico.

I learning object, generalmente, sono materiali testuali, lezioni-video del docente, animazioni, sincronizzazioni (Fig. 2).

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Figura 2. Esempio di sincronizzazione con mappa dei contenuti affrontati.

In talune occasioni, vengono presentate anche simulazioni di attività che devono poi essere riprodotte dal corsista. Talvolta vengono proposti anche strumenti di autovalutazione per permettere allo studente di costruire un monitoraggio sul proprio apprendimento, per avere dei feed-back relativi al proprio metodo di studio. Gli strumenti di autovalutazione, come ad esempio questionari con risposta chiusa sui contenuti e relativa possibilità di controllare quali siano le risposte esatte, permettono al soggetto di avere una maggiore consapevolezza dei livelli raggiunti e delle modalità di procedere nel proprio lavoro e quindi di prepararsi al meglio alla prova finale.

Il dispositivo può anche prevedere strumenti di comunicazione con il tutor o con i propri pari. In esso si possono creare occasioni di confronto con il docente per avere spiegazioni o chiarimenti durante lo studio. Inoltre possono essere utilizzate le chat audio-video per effettuare lezioni frontali in cui il docente espone i contenuti e risponde ai dubbi e alle domande di chiarimento formulate dagli studenti.

Va precisato che la comunicazione è quasi esclusivamente orientata ai contenuti disciplinari e al processo formativo e assume una forma prevalentemente stellare.

Nel dispositivo istruzionale può essere presente un forum o una bacheca per raccogliere le domande degli studenti relative sia ai contenuti, sia all‟organizzazione del percorso.

Un dispositivo così strutturato trova il suo punto di forza nella linearità del percorso che permette una prevedibile gestione dei tempi e dei contenuti affrontati; al contempo, però, tale linearità “obbliga” lo studente ad assumere la logica del percorso e ad agire secondo traiettorie necessarie e predefinite per il raggiungimento dei risultati.

Il tutor è prevalentemente un istruttore, secondo la definizione di Collins e Berge (1996) che segue il percorso di acquisizione. La mediazione dei saperi è quindi interamente delegata al docente che ha progettato il dispositivo e i materiali; il tutor segue le fasi e organizza il lavoro dei singoli partecipanti.

Dispositivo 2- Studio di gruppo con approccio istruttivista

Pur mantenendo un approccio istruttivista, è possibile prevedere modalità di lavoro che vengano svolte in gruppo. Tale attività presuppone la presenza di una puntuale organizzazione interna al gruppo, una suddivisione del lavoro in vista di un risultato di apprendimento ben definito. Sono esempi di questa tipologia di lavoro di gruppo il modello STAD e Jigsaw II di Slavin (1978, 1986). Gli insegnanti che usano lo STAD (Student Team Achievement Divisions: Squadre di apprendimento di gruppo) presentano un nuovo argomento, poi dividono la classe in gruppi eterogenei di quattro membri. L'insegnante fa una lezione; i membri del gruppo approfondiscono da soli le informazioni in base ai

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materiali forniti dal docente e quindi assistono gli altri compagni del gruppo. Vengono assegnati quiz settimanali e annotati i punteggi individuali.

Il modello JIGSAW II risulta efficace quando l'obiettivo didattico è quello di imparare contenuti piuttosto che abilità. L‟attività segue il seguente percorso: la classe viene suddivisa in gruppi. Ogni studente, nel gruppo composto da quattro/cinque membri (A-B-C-D-E, A1-B1-C1-D1, ecc.), riceve un foglio di informazioni e materiali su un argomento diverso. Dopo aver letto il materiale, gli studenti che hanno approfondito lo stesso argomento (B-B1-B2-B3, ecc.) si incontrano formando un “gruppo di esperti” temporaneo e cercando di eliminare i reciproci dubbi emersi nello studio individuale. Successivamente gli studenti ritornano nei rispettivi gruppi (A-B-C-D, ecc.) per comunicare agli altri membri tutto quello che sanno su quell'argomento. Alla fine di questo processo, viene dato un quiz individuale su tutta la tematica.

Il metodo JIGSAW, se attivato nella didattica on line, potrebbe prevedere le seguenti fasi: - il docente propone le indicazioni per le fasi successive e la puntualizzazione

sull‟argomento in una lezione iniziale che può esere erogata con un‟audio-video-chat o con un video erogato in streaming, o con un testo.

- sono forniti i materiali specifici per ogni partecipante di ogni gruppo (A-B-C-D-E); - si compongono i “gruppi di esperti” (B-B1-B2-B3) che discutono in forum o chat quanto

studiato individualmente al fine di giungere ad una sintesi condivisa e che sarà reificata in un testo elaborato con un word processor o, in modo più strutturato, con un wiki oppure con una serie di lezioni video;

- le sintesi vengono utilizzate per favorire lo studio dei membri dei gruppi iniziali; durante lo studio gli esperti di ogni argomento possono fornire chiarimenti agli altri membri del gruppo utilizzando un forum o una chat;

- viene effettuato un test finale per la verifica degli apprendimenti. Nell‟elaborazione delle sintesi da parte del gruppo di esperti può essere utilizzato il

wiki, con cui è possibile, anche, costruire un glossario, strumento indispensabile per focalizzare i concetti sui quali il gruppo costruisce il proprio prodotto. La produzione delle sintesi e del glossario, possono avere un ruolo significativo sia per l‟insegnamento sia per l‟apprendimento in quanto, da un lato permette agli studenti di chiarificare i nodi fondamentali e, al docente, di controllare la pertinenza delle definizioni e la struttura imposta al lavoro. Il controllo della correttezza viene svolto così dal docente, ma anche dal gruppo che progressivamente dà vita a un sapere di cui tutti sono partecipi. La costruzione del glossario potrebbe essere realizzata anche dagli studenti più esperti, così come previsto in talune forme di lavoro per gruppi, per poi sottoporre agli altri il compito della verifica e attivare quindi percorsi di ricerca e approfondimento anche in coloro che hanno difficoltà a partecipare alla parte iniziale di stesura.

INSERTO wiki Il dispositivo è essenzialmente istruttivista in quanto i materiali e i contenuti sono

strutturati dal docente, ma inserisce nella catena docente-studente, il segmento studente-studente, creando uno spazio che fa emergere interpretazioni relative alla tematica. Va anche precisato che piccole modifiche al processo potrebbero inserire elementi di regolazione. Ad esempio, se viene richiesto agli studenti di ricercare e scegliere in modo autonomo i materiali per gli approfondimenti, verificandone la pertinenza e la coerenza, il processo assume un profilo differente, simile a quello che successivamente verrà presentato come metodo Sewcom.

In questa tipologia di dispositivo, ma anche in altre, può essere inserita l‟interrogazione a coppie effettuata con una chat audio video, in modo da consentire l‟utilizzo di diverse tecniche per la verifica. Oltre all‟acquisizione dei concetti, in questo

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caso, è possibile vedere come gli studenti costruiscono un‟esposizione e manifestano una proprietà linguistica. Abbinando test e interrogazione, il confronto fra diverse performance aiuta il docente a comprendere il livello di conoscenza acquisito dal corsista.

Dispositivi per attività di regolazione e collaborative.

Dispositivo 3- Condivisione

Perché un gruppo possa divenire una comunità e possa elaborare conoscenza, è necessario che abbia un vocabolario in comune e condivida alcuni contenuti presenti nelle varie attività. Diviene pertanto necessario sviluppare attività che consentano di condividere concetti, metodi ed epistemologie e questo è importante, in particolare, nella fase iniziale di un corso. Le direzioni per condividere concetti, linguaggi e metodi sono essenzialmente due: confrontare le varie esperienze soggettive per evidenziare interpretazioni, euristiche, concettualizzazioni costruite in contesti diversi, oppure dare vita a una ricerca collettiva in relazione all‟argomento esaminato.

Nel primo caso si parte da discussioni, da narrazioni individuali, da studi di caso che facciano emergere le posizioni di ciascuno e le distanze o i punti di contatto esistenti. La molteplicità di posizioni viene successivamente rivista e si procede a una negoziazione dei vari significati e a una sintesi, se possibile. Nel secondo caso assumono un ruolo importante sia la competenza di ricercare in internet (come, ad esempio, usare correttamente degli operatori booleani, avere un‟ontologia di riferimento) e operare con i social network. Queste due direzioni possono essere poste in successione, oppure svilupparsi parallelamente; molto dipende dal tipo di comunità e dalla modalità di apprendimento che le è consona. Frequentemente la ricerca e l‟uso dei social network possono essere inseriti in un unico dispositivo e il social network ha il ruolo di organizzare i materiali raccolti e le idee costruite. Si pensi ad esempio ai socil bookmarking, quali DEL.ICIO.US (Fig. 4) o DIIGO, usati durante la ricerca per archiviare e commentare, anche attraverso i tag, i siti più significativi. Al termine dell‟attività si ottiene una repository condivisa e strutturata di siti web; tale attività facilita la condivisione di un vocabolario e di riferimenti culturali comuni.

Figura 3. Immagine di del.icio.us (http://delicious.com/)

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La presenza di applicazione del web 2.0 nei LMS, è sicuramente un elemento caratteristico dell‟e-learning 2.0. Va però specificato che la funzione e la finalità della stessa applicazione si modificano se essa è interna a un LMS o se opera autonomamente. Se un‟applicazione del web 2.0 è inserite in un LMS, in fase progettuale è importante far sì che le indicazioni e la struttura dei tool a disposizione garantiscano il mantenimento del ritmo di lavoro e l‟attenzione sul focus.

Come detto precedentemente, nella realizzazione di un vocabolario comune, un tool spesso utilizzato, è wiki, nel quale la pagina iniziale è l‟indice dei termini contenuti e ogni pagina successiva è dedicata ad uno specifico termine. La possibilità di elaborare in modo collettivo tale wiki, garantisce un confronto e l‟esplicitazione dei sfaccettature anche connesse ai vari concetti.

Dispositivo 4- Negoziazione

La negoziazione dei significati, secondo Wenger, “implica l‟interazione di due processi costitutivi che chiamerò partecipazione e reificazione” (Wenger, 2006, 64). Essa si manifesta nella creazione di nuovi e comuni significati, di un nuovo “mondo” che la comunità produce a partire dalle esperienze individuali.

La partecipazione è un‟esperienza vissuta in una comunità sociale e per questo è un processo che va a costruire le identità; ciascuno sperimenta se stesso in relazione con altri, prendendo coscienza del proprio agire e sentire, costruendo progressivamente il senso di appartenenza. Essa coinvolge quindi l‟intera persona nel suo pensare, parlare, sentire, in base alle diverse soggettività individuali e culturali di provenienza.

Nelle pratiche on line, lo strumento maggiormente utilizzato per la prima fase è il forum in cui i vari elementi della comunità esplicitano i loro punti di vista e criticano le posizioni degli altri membri. In realtà il processo produce, da un lato una maggiore chiarezza delle proprie posizioni e dall‟altro, un‟osmosi fra i punti di vista dei vari partecipanti. Il processo che avviene in un forum utilizzato per la negoziazione è simile ad un percorso di argomentazione in cui è necessario esplicitare la propria posizione, individuare gli elementi a sostegno di essa e sottolineare gli aspetti carenti di altre posizioni. Dopo un certo lasso di tempo, la negoziazione raggiunge un grado di saturazione e, se si proseguisse nella discussione, non si otterrebbero ulteriori risultati.

Molto spesso, durante dibattito, le varie posizioni presenti sono in parte confluite in alcune maggiormente consistenti, ma ciò non emerge in modo così evidente dalla lettura del forum ed è a questa fase della negoziazione che è opportuno inserire il processo di reificazione.

La reificazione è il trattamento di un‟astrazione come fosse un ente reale o un oggetto materiale e concreto, è il processo con cui si dà forma all‟esperienza, producendo oggetti che congelano questa esperienza in una “entità materiale”. Reificare è un fare, progettare, rappresentare, denominare, codificare e descrivere, ma anche interpretare, usare e riusare, decodificare e ricomporre per dare una forma a un‟idea. Nella negoziazione, la reificazione inizia nel momento in cui, partendo dalla lettura del forum, si evidenziano e rappresentano le posizioni chiave e le relative argomentazioni in una produzione testuale o multimediale. I tool utilizzati per la reificazione possono essere o strumenti per la scrittura collaborativa (wiki) o semplici word processor.

Due elementi vanno evidenziati nella progettazione e gestione di un dispositivo di negoziazione. Da un lato occorre operare una scelta corretta dei tempi in quanto il progettista deve saper cogliere il momento esatto in cui interrompere la discussione e avviare la reificazione. Una discussione troppo prolungata potrebbe incidere sulla motivazione e rendere ridondante il dibattito. Un tempo troppo breve non consentirebbe una adeguata argomentazione delle varie posizioni.

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Un secondo elemento è relativo a chi costruisce la reificazione. Dalle esperienze effettuate sono emerse due soluzioni: nella prima è il docente-tutor che rilegge il forum, lo sintetizza e fornisce una restituzione al gruppo di lavoro; in altre situazioni viene chiesto a gruppi di 4-5 persone, di effettuare questa attività. In questo secondo caso si ottengono diverse proiezioni dello stesso dibattito che la comunità riesamina al fine di far emergere le diverse prospettive con cui può essere esaminato il processo appena terminato.

È importante sottolineare un aspetto che permette di comprendere meglio le implicazioni soggettive che avvengono nella negoziazione. “Mentre nella partecipazione riconosciamo vicendevolmente noi stessi, nella reificazione proiettiamo noi stessi sul mondo; e non dovendo riconoscerci in quelle proiezioni, attribuiamo ai nostri significati un‟esistenza indipendente. Questo contrasto fra reciprocità e proiezione è una differenza importante tra partecipazione e reificazione” (Wenger, 2006, 72). La negoziazione favorisce quindi un decentramento, un poter guardare a un prodotto della comunità in modo critico, attento al significato senza per questo avvertire il problema dell‟etero-valutazione.

Costruire dispositivi per la negoziazione significa creare un equilibrio fra le seguenti tensioni: implicito/esplicito, formale/informale, individuale/collettivo, privato/pubblico. Innumerevoli sono quindi le possibilità di combinazioni di attività e tool. Eccone alcuni esempi: - l‟insieme degli interventi presenti in un forum per discutere su uno specifico tema può

trovare forme di reificazione in una scrittura collaborativa che ne sintetizzi e organizzi i significati concordati. Successivamente la comunità assume il prodotto della reificazione come materiale comune sul quale attivare processi di approfondimento e di revisione negoziata. I tool interni all‟LMS funzionali alla prima fase di lavoro possono essere integrati da link esterni a social software;

- le narrazioni individuali su uno specifico problema vengono esaminate collettivamente e originano una discussione dalla quale emergono i nodi rilevati rispetto alla situazione indagata. Successivamente, tali nodi, trovano una loro organizzazione in mappe elaborate a piccoli gruppi. In questo caso i tool a disposizione possono essere il forum, cartelle per upload di documenti, tool per la produzione di mappe collaborative.

- diverse modalità di lavoro vengono proposte a vari soggetti per far sperimentare percorsi differenti. In base alla riflessione soggettiva sul percorso effettuato e il confronto nella comunità, si giunge a una modalità negoziata di lavoro da utilizzare per attività successive. Anche in questo caso, diversi tool (mappe, wiki, forum…) vanno utilizzati per dare vita a modelli operativi con combinazioni finalizzate a evidenziare i passaggi organizzativi e cognitivi.

Dispositivo 5- Progettazione

In diverse situazioni formative viene richiesto ai corsisti, di procedere a una progettazione per risolvere un problema, per realizzare un artefatto o per contestualizzare le conoscenze acquisite

Un dispositivo predisposto per siffatto obiettivo (Fig. 5), si può articolare in quattro fasi: - definizione del problema e posizionamento soggettivo rispetto al problema stesso; - individuazione delle risorse e dei vincoli di progetto; - articolazione del progetto, - valutazione del progetto.

Il docente propone, in forma narrativa o descrittiva, una situazione problematica che riprende casi reali, al fine di sollecitare il recupero della conoscenza e delle competenze sviluppate dai corsisti nei rispettivi ambiti professionali. Con un tool per la discussione (ad esempio, un forum) o attraverso la tecnica del role playing, la classe virtuale esamina

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approfonditamente il problema presentato dal docente o da un componente e ciascuno esprime le proprie posizioni a favore di un comportamento da assumere, di un‟iniziativa da prendere. Al termine del dibattito vi è la possibilità di raccogliere e sintetizzare come la comunità ha interpretato il problema e quali possano essere gli spazi di azione.

Un secondo passaggio viene sollecitato dal docente o dal tutor, affinché vi sia un chiarimento sulle risorse presenti nel contesto presentato e sui vincoli di azione in esso impliciti. Nel caso in cui un problema reale venga posto da uno o più corsisti, questi saranno intervistati dagli altri partecipanti (tramite chat audio-video o anche solo testuale oppure utilizzando un forum), al fine di fornire tutte le indicazioni necessarie alla scelta.

È possibile quindi accedere alla terza fase di lavoro in cui la classe virtuale viene divisa in sottogruppi che hanno a disposizione tool per partecipare e reificare: forum, chat, messaggistica istantanea, lavagna condivisa, wiki, autore per mappe. I corsisti possono utilizzare anche i materiali già analizzati dei quali hanno raccolto una selezione in base alla significatività.

L‟evoluzione della discussione, seguita dal tutor e/o dal docente, solitamente fa emergere l‟esaustività delle tematiche trattate o la necessità di fornire ancora altre prospettive, esemplificazioni e informazioni.

L‟ultima fase prevede il confronto fra i diversi progetti elaborati dai sottogruppi. È interessante esplorare come, a partire da una medesima situazione di partenza, possano scaturire soluzioni diverse. Nel momento in cui tutti prenderanno visione dei progetti degli altri e saranno posti nella necessità di giustificare le scelte effettuate e le proposte risolutive, si attiverà la parte più interessante di discussione e di argomentazione.

È questo un momento estremamente delicato, in quanto si vivacizzano le dinamiche personali e interpersonali, più o meno positive, in occasione di etero e co-valutazioni, specie tra adulti professionisti. Il tutor o il docente divengono figure fondamentali per esemplificare “un‟etica della parola” (Cifali, 2007), per commentare e offrire così una modalità comunicativa positiva che funga da modellizzazione per tutti. Sono di aiuto, nella ricerca di un distanziamento soggettivo e di un reale clima collaborativo, l‟individuazione di indicatori fondati sulle teorie condivise e opportunamente argomentati, nonché esemplificazioni che permettano la dissipazione progressiva dei dubbi sulle molteplici interpretazioni.

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Figura 5. Esempio di strutturazione di un dispositivo per la simulazione di una progettazione.

Nei dispositivi relativi alla regolazione e collaborazione, diverse sono le funzioni svolte dal tutor. Si rende necessario esercitare competenze tecnologiche, metodologiche e relazionali per fornire sostegno emotivo, individuale e collettivo (holding), per individuare e sviluppare potenzialità (coaching), per dare supporto allo sviluppo personale e della progettualità di gruppo (counseling), per attivare forme di supporto allo sviluppo cognitivo (pastoral care). Il tutor è a tutti gli effetti un mentore che guida e sostiene, ascolta e fornisce alla comunità il senso della presenza e al docente informazioni per curvare il percorso didattico in funzione del percorso didattico che la comunità sta interpretando. Riconducendo alla classificazione di Collins e Berge (1996) si può parlare di un tutor facilitatore ma anche moderatore, attento alla valorizzazione di tutte le risorse presenti.

Una diversa categorizzata vien fornita da Jonassen (1999) che suggerisce tre modalità per l‟attività del tutor: - modeling. Il tutor si pone come esempio su come svolgere una data attività; - coaching. Il tutor segue lo studente nell‟esecuzione del compito; - scaffolding. Il tutor riesamina le attività svolte dallo studente dopo l‟esecuzione del

compito stesso e supporta la riflessione dello studente. Le tre modalità indicano anche un successivo distanziamento del tutor durante le

attività svolte; in particolare è centrale per la terza tipologia la competenza del tutor nell‟individuare l‟equilibrio tra scaffolding e fading.

Dispositivi con attività di riflessione e autovalutazione

Dispositivo 6- Riflessione e bilancio di competenze

a. La riflessione

Sia nei percorsi di apprendimento in età scolare, sia in quelli di formazione professionale, la riflessione sui propri processi, da parte dello studente o dell‟adulto, sulle azioni e durante l‟azione, costituisce un passaggio ineludibile in un‟ottica di sviluppo della

EFFETT UARE LA

SIM ULAZIONE DI UNA

PROGET TAZIONE

IL PROBLEMA E IL

POSIZIONAMENTO

SOGGETT IVO/

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lezioni in video rela tivi al la

progettazione, valu tazione,

costruzione di ambienti

d i apprendimento

L 'E-PORTFOLIO: LA SELEZIONE DEI MAT ERIALI SIGNIFICATIVI, ANNOTAZIONI NEL BLOG PERSONALE

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competenza. Predisporre un dispositivo per la riflessione richiede di considerare diversi elementi: - l‟oggetto della riflessione; - i tempi della riflessione; - i tool per dare visibilità ai processi riflessivi.

Riflettere è stabilire un dialogo con se stessi e con i mondi di significato che sono stati creati nelle comunità culturali/sociali di appartenenza di ciascun individuo, ed è utile a comprendere i fattori che determinano i mutamenti e le direzioni in cui si orientano i cambiamenti. Tale dialogo è supportato da una serie di azioni del soggetto in rapporto con altri, dalla possibilità di disporre di documentazioni e di artefatti utili a costruire processi di riconoscimento, di ricordo e di costruzione di senso.

Secondo Striano (2001), che riprende Habermas, si possono individuare tre diversi focus per la riflessione. Nel caso della razionalità tecnica, il soggetto viene invitato a riflettere sull‟applicazione pratica di modelli teorici per individuare se e quali elementi siano stati affrontati e come. Si tratta di analizzare la coerenza tra teoria e prassi per capire come si possano influenzare e modificare reciprocamente. L‟ottica della razionalità tecnica favorisce una “riflessione come mediazione strumentale dell‟azione”.

Un secondo tipo di riflessione può essere identificato come riflessione sull‟agire educativo in termini euristici, di scoperta, di indagine, sull‟indagine. È questa la riflessione sulla pratica per focalizzare quale conoscenza individuale e sociale sia stata costruita o possa essere costruita. La comprensione sia dei momenti di anticipazione, sia di quelli successivi all‟azione, si nutre dei pensieri sviluppati durante (in) l‟azione e dopo (on) l‟azione. La complessità degli elementi scoperti, insieme a un processo di valutazione, permette di identificare quelle che possono essere considerate “buone pratiche”, oggetti su cui si va a costruire una personale e/o collettiva idea.

Un terzo tipo di riflessione è legato più alla complessità dell’identità e indaga le condizioni che hanno determinato l‟azione, ovvero le credenze, i preconcetti e le teorie. Serve a ricostruire gli orientamenti personali concretizzando un tipo di pensiero critico-emancipativo (Habermas 1963) atto a promuovere la trasformazione e il cambiamento (Montalbetti 2005). La risorsa umana, nella sua multiforme capacità di dare senso agli eventi (memoria) e di progettare consapevolmente un percorso formativo personalizzato (proiezione), è all‟origine di una concezione di “capitalismo personale” (Bonomi e Rullani 2005) che valorizza quello che nella visione razionale e tecnica era definito quasi pericoloso, ovvero l‟autonomia di giudizio e il coinvolgimento personale (Wenger 2006). La valorizzazione della persona, con tutta la sua carica emotivo-motivazionale, è il processo che può garantire l‟impegno di ciascuno per far fronte a problemi complessi, inaspettati, per non perdere occasioni e opportunità non previste.

In base a queste tre possibili tipologie di riflessione, i dispositivi si diversificano sia per le attività richieste, per gli spazi e per i tempi. Ma vi sono anche passaggi comuni e aggregazioni di tool che si ritrovano in differenti occasioni in cui il focus sia la riflessione.

Nel caso dell‟e-portfolio, è necessario progettarne la struttura in rapporto al percorso formativo in cui viene inserito. Il modello di e-portfolio proposta da Danielson, Abrutyn (1998), Barrett (2000, 2005), ripreso e sviluppato da Rossi e Giannadrea (2006), vede la combinazione di spazi per la selezione di materiali, la connessione fra gli stessi, la proiezione e la pubblicazione. Per la selezione è possibile utilizzare sia cartelle per upload e download di documenti, sia social software, sia repository on line appositamente predisposte dal soggetto; per la connessione possono essere utili mappe che permettono di linkare ai nodi i vari documenti, ma anche scritture narrative o espositive che consentano di ricostruire “il filo rosso” che lega i materiali selezionati. La proiezione consiste nella definizione di un prossimo traguardo formativo a partire dai livelli di competenza acquisiti e auto o co-valutati e si realizza attraverso tool con form predefinite

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o con tool per una scrittura implementabile (come avviene per wiki). La pubblicazione, infine, è il momento in cui il soggetto decide di condividere parte delle proprie scritture private con i membri della comunità al fine di arricchire di ulteriori dettagli e prospettive il proprio lavoro riflessivo e avviene in spazi pubblici come il forum, cartelle condivisibili.

La struttura dell‟e-portfolio può essere integrata anche con l‟introduzione di blog, visibili al solo autore (Rossi et al., 2007), per costruire dei diari in itinere, per raccogliere annotazioni, ottenendo una sorta di “scritture grigie” (Cifali, 2007) da elaborare successivamente.

Nello sviluppo del percorso previsto da un dispositivo per la riflessione, il ruolo del docente può variare in termini di direttività, a seconda degli scopi e del percorso formativo stesso. Se la riflessione è funzionale alla sola autovalutazione e costruzione di consapevolezza fra pari, il corsista è libero di organizzare e gestire le attività in funzione di propri ritmi e bisogni. A seconda delle possibilità tecniche e degli obiettivi formativi, può utilizzare semplici spazi per scritture più o meno formali o creare link che rimandano ad altri spazi, a esempio verso dei Personal Learning Environment come ELGG, in cui il soggetto si confronta con altre comunità esterne e agisce in un progressiva costruzione di un personale spazio di apprendimento.

Nel caso in cui sia necessario mantenere un focus molto preciso per la riflessione, il docente fornisce stimoli-guida sotto forma di domande, di affermazioni da sviscerare, secondo una tempistica precisa che aiuti, al termine dell‟attività formativa, un bilancio soggettivo e della comunità in relazione al percorso (Kortagen,1993; Magnoler, 2007).

b. Il bilancio di competenze.

La valutazione delle competenze sviluppate in un percorso formativo e la loro certificabilità, pone, anche a livello europeo, la necessità di costruire modalità operative e strumenti in grado di rilevare quanto il soggetto sia riuscito a elaborare, in termini di competenza, nel proprio percorso formale e nelle attività non formali e informali. Esaminando anche le esperienze maturate in Francia fin dal 1971 e nel Quebec negli ultimi decenni, si evidenziano due direzioni che la costruzione di un bilancio di competenze può seguire. È possibile partire da un‟esplorazione delle competenze e delle attività in atto per identificare quali traguardi raggiungere, oppure stabilire l‟obiettivo di competenza da raggiungere per identificare come pervenire al traguardo desiderato. I due processi si presentano molto diversi in quanto il primo valorizza e si fa carico pienamente delle caratteristiche soggettive e del curriculum formativo esperienziale, costruisce il percorso partendo da queste per giungere a una personalizzazione del traguardo desiderato; il secondo parte da un traguardo ideale al quale il soggetto si adatta e che cerca di raggiungere costruendo una serie di attività a esso pertinenti.

Anche nell‟ambito di un singolo percorso formativo è possibile riprodurre queste due direzioni, ferma restando la necessità di attivare nel soggetto, l‟attenzione e la riflessione sui personali percorsi di apprendimento e di gestione delle situazioni. L‟autovalutazione è un passaggio fondamentale per comprendere ciò che la valutazione esterna della performance, anche applicata a famiglie di situazioni, non riesce a cogliere in termini di processo. La famiglia di situazioni, o insieme di compiti, corrisponde a una certa competenza e ne supporta sia la progettazione, sia la valutazione. Come rileva Pellerey, “c‟è un‟ipotesi che sottende questa proposta, che la famiglia di situazioni presa in considerazione presenti un nucleo concettuale, un invariante, un procedimento comune presente in esse. Padroneggiare questo nucleo o invariante o procedimento comune permette di trasferire più agevolmente la competenza da una situazione all‟altra” (Pellerey, 2004, 103). L‟operazione di mobilitazione delle conoscenze, dei pattern esistenti, è governata dal soggetto che va quindi opportunamente supportato e sollecitato per

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individuare i fattori che ostacolano o favoriscono il suo procedere nella soluzione di problemi sempre diversi.

In questo dispositivo, può essere utile fornire al soggetto, come riferimento iniziale, un profilo di competenze relativo alla sua professionalità. All‟interno di esso vanno individuate e analizzate le competenze da potenziare che trovano in una rubrica uno strumento utile per la valutazione di prodotti e prestazioni; la sua articolazione permette anche di giungere alla formulazione di un giudizio, di un voto finale. Viene utilizzata in modo congiunto da studenti e docenti e anche autonomamente dagli studenti per valutare un proprio compito. Si compone di diverse parti: le dimensioni (la competenza progettuale), i criteri (le condizioni che permettono il monitoraggio delle abilità o della prestazione), gli indicatori (le misure specifiche, esempi concreti di una prestazione), i livelli (articolazione delle descrizioni della prestazione) e le àncore (esempi di prodotti che si collegano ai livelli) (Wiggins, 1998).

La rubrica, strumento spesso collegato al portfolio, consente ai vari attori di condividere un piano comune necessario all‟attivazione del controllo sia della progettazione, e quindi della validità delle attività e dei dispositivi proposti, sia della partecipazione del corsista. È opportuno definire una scansione temporale per l‟autovalutazione in rapporto alla rubrica in modo da consentire non solo il confronto con il cammino del singolo soggetto, ma anche della comunità.

Per la rubrica possono essere utilizzati vari tool o meglio un mush up di tool, anche in questo caso, opportunamentecombinati: possono essere utili gli spazi di scrittura da aggiornare in itinere usando wiki, ma anche particolari spazi dotati di form implementabili in diversi momenti (Fig. 6), una mappa per raccogliere le produzioni che fungono da àncore per descrivere i livelli raggiunti, un tracciamento che permetta al corsista di visualizzare tutte le attività svolte e le valutazioni ricevute o auto-assegnate in base a rubriche condivise.

Figura 6. Esempio di form per l’autovalutazione in itinere e di una mappa per la connessione

L’accoglienza

Un discorso particolare riguarda l‟Accoglienza, il momento di apertura di un corso di formazione on line. In essa si rende visibile la struttura, la finalità del percorso, si presenta l‟ambiente e si avvia la costruzione delle relazioni fra pari e con gli esperti.

La fase di accoglienza e di avvio del percorso formativo è estremamente importante per creare la devoluzione da parte del corsista. La sua struttura essenziale (Fig. 7) si contrappone alla complessità dei significati che vengono comunicati, più o meno

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esplicitamente, per cui si rende necessario chiarire non solo le parti, ma soprattutto le prospettive e le linee guida che ne determinano la progettazione.

I problemi da affrontare nel momento iniziale di un corso sono relativi: - al percorso e alla sua articolazione; - all‟uso della piattaforma; - alla partecipazione soggettiva e alla costituzione della comunità e del clima sociale.

La chiarezza delle indicazioni relative al percorso comune, all‟uso dei tool e alla navigazione è un fattore fondamentale per introdurre tutti i partecipanti e indirizzarli verso pratiche comuni. Sono necessari perciò dei materiali quali: - un tutorial per l‟uso dell‟ambiente on line che può essere solo testuale, iconico, o anche

multimediale; - un contratto formativo che espliciti finalità, obiettivi, criteri di valutazione,

comportamenti richiesti, vincoli di lavoro; - l‟esplicitazione della prospettiva teorica nella quale trova fondamento il processo

formativo proposto;

- ruoli, funzioni e riferimenti degli attori implicati.

Figura 7. Esempio di struttura della fase di Accoglienza.

Una riflessione particolare merita la scrittura, che può essere vista, forse, come un dispositivo nel dispositivo. Scrivere pubblicamente è una pratica non sempre familiare o sperimentata, la difficoltà di vedere il proprio pensiero fissato su uno schermo, consultabile da tutti e immodificabile, produce iniziali resistenze che possono essere ovviate attraverso un‟attenta serie di proposte che partono da situazioni e problemi noti che mettono liberamente in gioco pensieri e opinioni, per arrivare, col proseguo del percorso, a una maggiore formalizzazione delle attività (Magnoler, 2008).

La prima attività di scrittura nell‟accoglienza, è solitamente quello di fare una propria presentazione per raccontarsi agli altri. Successivamente si invitano i corsisti a esprimere le loro opinioni su un tema lanciato dal formatore in un forum, a descrivere le proprie aspettative in rapporto al percorso (in un blog o in una pagina di diario inserita nell‟e-portfolio). Sono scritture che non possono essere “valutate”, che forniscono la possibilità di esprimere il proprio pensiero in un clima di accettazione e curiosità reciproca, che consentono di porre le basi dei comportamenti futuri in rete, supportati anche da una

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modellizzazione implicita fornita dal tutor o dal docente esplicitata nelle risposte ai diversi interventi.

Nell‟Accoglienza si attuano tre tipologie testuali, suggerite da Cifali (2007): - le savoir en jachére. Permette di sviluppare l‟abitudine a esplicitare, a leggere gli

interventi altrui per capire la differenza tra le proprie e le altrui opinioni e posizioni, iniziare un dialogo con altri e con se stessi attraverso le letture dei propri testi;

- la construction de connaissance. Non è ancora il processo di partecipazione, negoziazione e reificazione, ma costituisce lo spazio-tempo in cui il pensiero personale e dei vari partecipanti si confronta con i pensieri interni ad altre scritture fornite a hoc dal docente. In questa breve fase non si costruiscono risposte e posizioni, ma si esplorano insieme le possibili pratiche di discorso e di confronto;

- le journal de cours. Prende avvio in questo primo momento, la costruzione della documentazione dell‟esperienza formativa, ripensando la propria professionalità, si manifestano le attese e le prime impressioni sul percorso iniziato. Si inizia a focalizzare quali strategie di formazione sono state particolarmente efficaci nel proprio percorso professionale per capire come autoregolare il proprio apprendimento. Le scritture sono private, visibili solo all‟autore.

Il dispositivo per l‟Accoglienza deve prevedere uno spazio libero di prova dell‟uso dei tool e degli strumenti di navigazione, senza alcuna indicazione operativa se non quella di sperimentare liberamente. La compresenza di uno spazio totalmente informale e di un secondo spazio in cui le scritture appaiono nelle prime forme di organizzazione, è estremamente utile per non creare “paure” dell‟errore.

In questo primo momento di attività on line si identificano anche i significati assegnati alle azioni di mediazione e di accompagnamento e i corrispondenti comportamenti del tutor e del docente. Il docente realizza la mediazione attraverso la progettazione del dispositivo che ha la funzione di “traghettare verso” indicando possibili piste operative. Il suo accompagnamento si concretizzerà nell‟intervenire nel discorso collettivo attraverso azioni dirette (scrivere nel forum) o indirette (inserire materiali di approfondimento in risposta a bisogni e interpretazioni che emergono dalla comunità). Colui che è implicato quotidianamente nell‟esperienza, ma che deve essere capace anche di distanziarsene, è il tutor, attore con altri attori in ogni momento del percorso. La sua sensibilità professionale è necessaria per cogliere i cambiamenti avvenuti e quelli da indurre, per capire le difficoltà e le potenzialità. La sua opera di mediazione si concretizza in un allestimento, in accordo col docente, dell‟ambiente on line, per renderlo sempre più consono al tipo di partecipazione che si va realizzando in itinere. Il suo agire è fortemente condizionato dalla comprensione dei processi interpretativi che la comunità attua in relazione ad attività e al percorso. Per entrambi, docente e tutor, inizia, nel momento dell‟accoglienza, una riflessione in itinere che induce anche l‟analisi reciproca delle pratiche al fine di costruire una sinergia tra le diverse azioni.

L‟accompagnamento può essere rivolto al singolo attraverso risposte a richieste poste nel blog personale dal corsista stesso, tramite messaggeria istantanea o chat, oppure attraverso interventi pubblici in forum a specifici post; può essere dato alla comunità attraverso indicazioni di lavoro, di tempi, di usi dei tool e in questo caso gli spazi della bacheca o del forum per i quesiti più frequenti (FAQ - Frequently Asked Questions), si prestano pienamente a tale funzione.

Spazi specifici quindi per funzioni specifiche. Evitare navigazioni difficili e ricerche prolungate attraverso la predisposizione di spazi dedicati, aiuta il corsista a chiarire progressivamente dove operare e come rintracciare velocemente ciò di cui ha bisogno.

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Uno studio di caso: il master per insegnanti in servizio. Progettare la formazione significa pensare alla costruzione di un‟eterotopia, di uno

spazio/tempo in cui il soggetto possa vivere, parallelamente all‟agire quotidiano, un‟esperienza che gli permetta di sviluppare dei processi di soggettivazione, di conoscenza che si trasformino in un potere d‟azione, in consapevolezza del sé attuale e permetta di dare impulso a un progetto di auto-regolamentazione e realizzazione personale e professionale. La progettazione di un master che si collochi in una direzione di long life learning deve quindi realizzare un‟esperienza significativa che consenta al soggetto di far dialogare formale e informale, di mobilitare tutte le risorse personali per affrontare nuove situazioni problematiche e per trovare risposte a quelle che già incontra nella vita professionale.

Perché la formazione on line degli insegnanti Formare gli insegnanti in servizio è una fra le esigenze sempre più pressanti nel

mondo della scuola per adeguare la professionalità docente all‟impegno di fornire reali proposte e pratiche per l‟educazione delle generazioni future. La difficoltà di costruire un progetto unitario per favorire la professionalizzazione dopo il completamento della formazione iniziale, è tuttora un problema spinoso e si rileva, sul territorio nazionale, una parcellizzazione pressoché infinita di iniziative a livello ministeriale, regionale, provinciale, di enti per la ricerca e la formazione che operano anche a livello di singole istituzioni scolastiche. Ormai tramontata un‟ottica trasmissiva in cui l‟esperto “insegnava come si insegna”, la valorizzazione della conoscenza professionale (Shulman, 1987) e della filosofia educativa (Seldin, 2004) è divenuto il presupposto fondamentale per costruire una nuova strada verso la professionalizzazione consapevole, autoregolata e auto-progettata dal soggetto che decide liberamente se e come interagire con il formatore o con il ricercatore nell‟ottica di una Nuova Alleanza (Damiano, 2006).

La difficoltà di costruire dispositivi formativi che si realizzino in presenza nelle scuole con calendarizzazioni rigide, nonché la ristrettezza economica in cui versa la scuola impediscono frequentemente di fruire direttamente di esperti presenti in tempi che rendano significativa l‟esperienza stessa di formazione. Inoltre i rapporti tra scuola e università per la ricerca e per la formazione si presentano sempre più difficoltosi sia in termini di costi monetari e temporali, sia di impiego di risorse umane.

Una pratica, attivata da diversi anni dall‟Indire, ora Ansas, ha creato una conoscenza diffusa sull‟e-learning. Tale istituzione ha gestito, e sta tuttora gestendo, la formazione in servizio e la formazione iniziale dei neo immessi in ruolo per consentire una adeguata diffusione sul territorio nazionale della formazione che si avvalga delle “nuove tecnologie”. L‟e-learning, gestito sulla piattaforma For e PuntoEdu, attiva una serie di azioni (consultazione di progetti realizzati, produzione di materiali, studio teorico, documentazione di esperienze, discussione e confronto con altri colleghi) all‟interno di classi virtuali. Ogni attività determina la maturazione dei crediti che, al termine del percorso, permettono di conseguire il riconoscimento formale. I docenti della formazione sono esterni al percorso. Ad essi è assegnato il compito di costruire i materiali, più precisamente dei Learning Object, successivamente aggregati dai gestori della piattaforma; i LO costituiscono l‟elemento centrale dell‟attività e contengono proposte operative e descrizioni di esperienze o studi di caso. Le figure che interagiscono con gli insegnanti in formazione sono i tutor, ovvero loro colleghi solitamente più esperti nell‟uso delle tecnologie.

Il modello formativo Nel caso di studio è descritto il Master universitario, erogato dalla Facoltà di

Scienze della formazione dell‟Università degli studi di Macerata.

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Il master di primo livello è stato realizzato in collaborazione tra l‟Università degli Studi di Macerata e l‟IFOR di Matera nell‟anno 2006-07, nel 2007-08; nella versione del 2008-09 ha partecipato alla progettazione e realizzazione anche l‟Università degli Studi del Molise. Nelle diverse edizioni il percorso del master ha subito dei cambiamenti conseguentemente alle osservazioni effettuate dai partecipanti al termine dell‟esperienza, in rapporto agli approfondimenti teorici dei docenti e dei tutor, alle valutazioni sui risultati conseguiti dai corsisti in termini di conoscenze e competenze. Le tematiche affrontate nelle tre diverse edizioni sono però comuni: la professionalità docente e la formazione oggi, la competenza nella progettazione didattica e nella ricerca educativa, l‟uso didattico delle tecnologie e la documentazione di percorso per la riflessione sulla personale evoluzione professionale. Il master prevede il raggiungimento di 60 crediti in un anno, 1.500 ore di lavoro distribuite fra attività on line, studio personale, Project Work o stage da realizzare presso una scuola, costruzione della tesi finale comprensiva di documentazione del Project Work e di scritture relative alla riflessione sul percorso.

Nell‟ultimo anno è stata adottato un diverso LMS, OLAT, per rispondere ai bisogni di personalizzazione dei percorsi dei corsisti e di gestione della progettazione e degli spazi on line da parte di tutor e docenti.

Il modello formativo che ha fornito le coordinate per la progettazione del percorso è l‟Analisi di Pratica (AdP) (Altet, 2000) e propone due traiettorie: pratica-teoria-pratica e teoria-pratica-teoria. L‟applicazione dell‟AdP ha trovato ampi riscontri nelle IUFM (Instituts Universitaires Formation des Maîtres) francesi e in gran parte del mondo francofono che effettua la ricerca sulla formazione degli insegnanti; tale modello si sviluppa esclusivamente in presenza, presso le sedi universitarie. I suoi punti di forza riguardano: - il recupero e valorizzazione della conoscenza tacita dell‟insegnante in formazione; - la presenza di esperti in diverse scienze (pedagogiche, sociologiche, pscicologiche,

disciplinari); - la documentazione di esperienze che permettono di realizzare analisi pluriprospettiche.

Il modello formativo delle IUFM necessita di fruire di risorse umane e temporali, nonché economiche, che pongono attualmente dei problemi anche alle politiche scolastiche francesi. Per tale questione è stato progettato un percorso che adotta lo stesso modello, ma che risulta maggiormente sostenibile grazie all‟uso delle tecnologie dell‟on line ed è stata progressivamente formalizzato in un modello definito Analisi di Pratiche On Line, d‟ora in poi denominato APOL (Magnoler, 2008).

La struttura è così organizzata: a una prima fase di accoglienza e posizionamento, succedono le due direzioni formative pratica-teoria-pratica (P-T-P) e teoria-pratica-teoria (T-P-T). L‟ultima fase è costituita da una riflessione finalizzata ad alimentare un bilancio soggettivo di competenze (Fig. 8).

Figura 8. Il modello APOL

Il percorso del master si sviluppa in una continua ricorrenza fra esplicitazione e produzione di saperi teorici-pratici per giungere alla costruzione di saperi pedagogici (Altet, 2006), consapevoli e modificabili intenzionalmente. La durata del percorso è annuale e

T EORIA-PRASSI-T EORIA PRASSI-TEORIA-PRASSI

ACCOGLIENZA E POSIZIONAM ENTO

BILANCIO DI COMPET ENZE

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prevede tre aree suddivise in sette moduli. La riflessione e la riflessività costituiscono azioni continue che vengono alimentate attraverso l‟uso di differenti saperi-strumenti, costituiti da concetti operativi utili a verbalizzare le pratiche, e tool. Il risultato atteso è la costruzione soggettiva di consapevolezza del proprio habitus in relazione a specifici compiti professionali e la produzione/uso di nuovi schemi per la riflessione sull‟azione e nell‟azione. Come già evidenziato da Bourdieu (1995), l‟habitus, principio non scelto di tutte le “scelte”, determina in modo quasi automatico le decisioni del soggetto in base a una serie di percezioni, concettualizzazioni, costruzioni di senso che si sono stratificate nel gruppo sociale e professionale, assunte attraverso la quotidianità da ogni soggetto. Il legame fra senso comune e habitus è molto forte, in quanto entrambi aiutano la conformità delle pratiche e la loro costanza attraverso il tempo, tendono ad assicurarne la difesa operando una scelta fra le informazioni in modo da non essere messi in discussione; l‟habitus seleziona anche le esperienze che permettono un proprio rafforzamento e tralascia l‟evento. Il principio di economia regola la loro azione, in riferimento all‟intenzione, alla produzione, all‟interpretazione. Ma la professionalità esige lo sviluppo di un‟autonomia e della capacità di rendere conto delle proprie azioni, di avere consapevolezza della propria etica (Altet, 2009), per cui la formazione professionale non può prescindere dal creare un tempo per la riflessione sull‟azione e per integrare i diversi saperi professionali. Obiettivo della formazione è andare oltre il senso comune o l‟applicazione senza senso critico (prescription non interrogées), costruire un lavoro sulle proprie rappresentazioni per esserne maggiormente consapevoli e poterne disporre in modo flessibile.

Il percorso del master si sviluppa quindi intorno ad uno specifico nucleo: effettuare, attraverso azioni di esplicitazione, analisi di scritture relative alle esperienze dei partecipanti e percorsi di interpretazione di modelli e teorie, per attivare, attraverso processi di riattraversamento e specifici strumenti, pratiche di riflessioni sostenibili.

L‟iter prevede che nella prima Area vi sia una costruzione collettiva di conoscenza sulla professionalità docente e sui saperi che costituiscono il patrimonio della comunità; nella seconda Area si procede alla focalizzazione di saperi e competenze da approfondire e/o modificare anche attraverso pratiche reali in classe; nell‟Area finale vi è un bilancio personale necessario per una consapevolezza necessaria all‟attivazione di un cambiamento di pratiche anche nella propria realtà professionale.

Vengono ora descritte le due direzioni (T-P-T e P-T-P) e le varie aree, evidenziando i dispositivi che si costituiscono come “entità” utili a favorire continui riattraversamenti, riprese e sviluppi di teorie e riflessione sulle pratiche. Nell‟illustrare le attività connesse ai dispositivi, si presentano alcune, fra le diverse combinazioni, che sono state realizzate nelle edizioni dei master, tenendo conto sia della tipologia dei partecipanti, sia del tipo di piattaforma utilizzato; saranno anche resi noti i risultati formativi in base alla valutazione effettuata dai docenti e tutor.

Va precisato che i dispositivi non si collocano in rigida sequenza temporale, in quanto alcuni si attuano parallelamente agli altri, come accade nel caso del dispositivo per la riflessione.

La prima Area - Accoglienza e posizionamento

L‟obiettivo di questa fase è la costruzione della comunità, comprese le pratiche d‟uso dell‟ambiente on line, e la condivisione, fra docenti, tutor e corsisti, del modello di riferimento. Le attività previste (Fig. 9), sono: - consultare i tutorial contenenti le istruzioni per il funzionamento dei tool; - scrivere, nella pagina personale, la propria presentazione in modo da fornire agli altri

partecipanti i primi elementi per una conoscenza reciproca; - discutere in un Blog personale con gli altri membri della comunità. Questa prima forma

di interazione avviene in uno spazio “protetto” e ciò facilita la scrittura di post anche da

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parte di coloro che hanno maggiori difficoltà a esporsi subito all‟intera comunità (Rossi et al., 2007);

- interagire con altri in spazi informali, come la zona Caffè, per alimentare un dialogo e una familiarità maggiore, che vada oltre gli adempimenti del percorso formale;

- scrivere le proprie aspettative rispetto al percorso formativo in uno spazio personale e ripensare a quali sono state, nella propria storia personale, le iniziative di formazione che sono risultate più efficaci. Questa scrittura costituisce un primo momento di riflessione sulla propria storia professionale per focalizzare stili personali di lavoro e di studio. Lo spazio è solitamente presente nell‟e-portfolio inserito nell‟ambiente on line o in una cartella privata collegata alla pagina personale;

- effettuare un primo bilancio di competenze in rapporto ad alcuni profili professionali forniti;

- utilizzare i tool appositamente predisposti per attività di prova sapendo che quanto viene effettuato non produrrà nessun danno all‟ambiente per prendere familiarità con gli strumenti dell‟ambiente;

- prendere visione del contratto formativo e interagire con docenti e tutor per eventuali chiarimenti.

Talvolta si richiede anche la compilazione di un questionario iniziale con risposte chiuse a scelta multipla per fornire notizie sulla storia professionale (livello scolastico in cui si opera, anni di servizio, precedenti esperienze formative on line …) utili ai docenti e tutor per mettere a punto la progettazione e per costruire i gruppi di lavoro.

La fase di accoglienza ha una durata di una o due settimane, tempo che si ritiene sufficiente per consentire un accesso di tutti all‟ambiente e lo svolgimento delle attività descritte. In questo periodo, la presenza dei tutor deve essere molto intensa per dare a tutti la percezione di attenzione, per fornire feed-back continui, per dare spiegazioni tecniche utili alla navigazione nell‟ambiente e per l‟uso dei tool.

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Figura 9. Rappresentazione in mappa della struttura per l’Accoglienza.

La seconda area - (1)Teoria-pratica-teoria

La traiettoria T-P-T parte da una conoscenza decontestualizzata per giungere a una competenza in situazione. La proposta di lavoro si articola nei seguenti passaggi in cui il soggetto è impegnato a: - comprendere e conoscere. Le azioni che svolge sono di decodifica, di riconoscimento,

di interpretazione, di inquadramento teorico e di strutturazione in mappe/scritture; - confrontare, classificare, fare anticipazioni, fornire spiegazioni; - mobilitare in un contesto le conoscenze acquisite. La situazione predisposta pone il

soggetto nella necessità di recuperare la nuova conoscenza in modo funzionale a un compito, sia esso una verifica o un‟applicazione, oppure di produzione;

- riflettere sul processo di apprendimento e sul processo di trasformazione della conoscenza, dopo la sperimentazione in contesto. Generalmente si giunge a una nuova teorizzazione che va a coniugare il sapere «esperto» generato dalla ricerca e il sapere «esperto» prodotto dagli insegnanti.

Dispositivo per lo studio individuale con approccio collaborativo.

Si predispone una struttura nella quale sono presenti materiali appositamente preparati in base al target. Le attività propongono l‟esplorazione teorica delle prospettive attuali sulla formazione dei docenti, sulla professionalità docente per una società della

COSTRUIRE LA

COM UNITA'

CONOSCERSI

RESPONSABILITA'

IMPRESA COM UNE

PRESENTAZIONE,

RUOLI E FUNZIONI

LE NOST RE

OPINIONI

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L 'E-PORTFOLIO: IL POSIZIONAMENT O PERSONALE RISPET TO AL PERCORSO:

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forum per d iscutere

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conoscenza, così come viene delineata attraverso i profili di competenze elaborati da autori di diverse nazioni e da diverse agenzie per la valutazione e formazione dei docenti.

L‟organizzazione concettuale viene suggerita dalla grafica e dal posizionamento dei materiali stessi (vengono distinti in spazi diversi i materiali obbligatori e quelli di approfondimento). L‟ontologia di riferimento è generata dal docente e il tutor sostiene i corsisti nella scoperta e assunzione di tale ontologia. La quantità e l‟organizzazione dei materiali può variare in seguito alla rilevazione di bisogni e di problemi emersi dalle scritture nel forum. In esso avviene un‟interazione fra i componenti della classe virtuale e il docente, finalizzata alla chiarificazione dei concetti e all‟interpretazione effettuata dai partecipanti. Non sono previste prove oggettive di valutazione, ma solamente indicazioni per aiutare il soggetto a focalizzare gli elementi nuovi che ha acquisito e ad evidenziare i conflitti fra le conoscenze esistenti e quelle proposte o fra conoscenze e pratiche.

Dispositivo per la negoziazione.

L‟attività centrale è costituita dalla sintesi, in piccolo gruppo, della discussione avvenuta precedentemente. Ogni gruppo ha la possibilità di scegliere uno strumento di reificazione, ovvero un testo collaborativo, una mappa, un video, un file audio. Il passaggio contribuisce a recuperare gli interventi individuali e ad assegnare un significato collettivo alla discussione. È il primo momento in cui la comunità pone le basi di una conoscenza comune e co-costruita, di una visione condivisa rispetto a un tema e che verrà successivamente utilizzata per l‟attività on line, permette di creare una base comune senza la quale, il rischio di incomprensioni reciproche sarebbe sicuramente maggiore. La scrittura asincrona favorisce, proprio per il differimento nel tempo di domande, risposte, un tipo di documentazione che sostiene l‟ascolto e l‟analisi critica del pensiero di altri.

Una diversa proposta di negoziazione, realizzata in due edizioni del master, ha prodotto un profilo professionale dell‟insegnante comunemente concordato. I corsisti sono stati impegnati dapprima in una ricerca individuale, successivamente in una condivisione delle scritture ritenute significative per giungere alla reificazione di un unico testo contenente un profilo professionale dell‟insegnante considerato adeguato e sostenibile per la comunità. Tale profilo ha costituito il riferimento comune per effettuare attività di autovalutazione e riflessione sui traguardi raggiunti da ciascun partecipante al percorso formativo. In questa esperienza i dispositivi per la condivisione, per la negoziazione e per la riflessione, si sono succeduti per dare origine a diverse forme di attività individuale, collettiva, a scritture pubbliche e private creando un costante riattraversamento della tematica. Di estrema importanza sono proprio le alternanze che si sono manifestate tra aspetti teorici e pratici, tra scritture individuali (appunti e annotazioni presenti nei blog durante la ricerca personale) e scritture per la comunità nelle quali avveniva una sorta di sintesi e di ulteriore significazione.

Dispositivo per la progettazione.

La conoscenza della comunità prodotta nel momento della negoziazione, se sviluppata, a esempio, sul tema della progettazione didattica, diventa strumento per procedere a un‟analisi di casi. Essi vengono individuati fra esperienze realizzate e narrate dagli stessi corsisti oppure predisposti dal docente. Se si lavora su casi proposti dai corsisti, generalmente ci si trova a dover fruire di esemplificazioni di «una buona pratica», di un modello ritenuto efficace o di un problema irrisolto. È produttivo, per permettere la riflessione sul caso proposto al suo autore e per mobilitare le conoscenze e la riflessione in altri corsisti, suddividere la classe virtuale in piccoli gruppi e creare l‟occasione per un‟intervista a più voci (generalmente attraverso una chat). Colui che viene intervistato ha la possibilità di guardare al proprio modello o problema rivedendolo alla luce della

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conoscenza precedentemente costruita, mentre gli altri sono impegnati in due azioni cognitive: riconoscere nel modello proposto le conoscenze condivise e attivare un‟analisi di coerenza all‟interno del modello stesso. Il pregio di questo tipo di studio di caso si manifesta nell‟attivare virtualmente percorsi di riconoscimento che possono successivamente, in situazioni reali, dar vita a una serie di riflessioni e di trasferimenti di strategie e strutture analizzate operando con dei «se…allora» oppure «ogni volta che….».

Se invece i casi vengono proposti dal docente, si presentano altre due tipologie (Reynolds, 1980) che sviluppano diversi processi di analisi e di recupero di conoscenze. Uno “studio di caso orientato alla decisione” pone i soggetti nella situazione di dover porre attenzione a come si presenta il problema e a quali informazioni possono essere utili per la sua risoluzione. La discussione in gruppo porta alla definizione delle cause del problema, all‟individuazione di diverse scelte e quindi anche alla loro argomentazione. Insieme i corsisti valutano la pertinenza e spesso fanno riferimento anche a esperienze personali per avvalorare la decisione presa. Lo “studio di caso orientato all‟individuazione del problema” fa emergere le famiglie di problemi alle quali ciascuno fa riferimento per guardare al caso su cui si discute (Fig. 10). In questa occasione si possono far emergere le prospettive attraverso le quali viene definita la relazione che lega i vari elementi presenti nel caso stesso.

La conoscenza acquisita e approfondita con gli studi di caso, viene poi mobilitata in diverse attività, reali e virtuali. Una prima possibilità è costituita dalla realizzazione di una “simulazione di tipo esperienziale” (Gredler 1996). L‟insegnante in formazione viene posto nella condizione di sperimentare come progettare, a esempio un compito autentico, in piccolo gruppo. Nelle indicazioni di lavoro e nei materiali forniti dal docente o dal tutor, sono presenti una descrizione del contesto, i vincoli e le risorse alle quali è possibile attingere, l‟obiettivo da conseguire e il tempo nel quale realizzarlo. Si agisce «come se …», attivando così una forma di learning by doing virtuale: si sperimenta la mobilitazione delle proprie conoscenze e si riflette sui problemi connessi a tale operazione, si approfondiscono i possibili effetti dell‟artefatto prodotto, si prende coscienza di eventuali errori e del come sono stati costruiti miglioramenti grazie al feed back di altri. La dilatazione dei tempi dovuti all‟attività asincrona, permette di effettuare una continua circolarità fra studio e proposte individuali, di esaminare le altrui proposte, di valutare collettivamente la pertinenza. Il gruppo confronta le proprie conoscenze in situazione.

Per la progettazione più che un tool specifico, sono utilizzati più tool tra loro connessi e sinergici. Occorre, ad esempio, che il piccolo gruppo di progetto possa confrontarsi e reificare la progettazione. Per il confronto potranno essere utilizzati il forum, la chat, l‟instant messaging, mentre per la reificazione wiki, un editor di mappe, un upload di documenti. Inoltre l‟e-portfolio potrà mantenere traccia delle riflessioni e delle annotazioni personali dei singoli docenti in formazione.

Una seconda possibilità di lavoro, successiva all‟analisi di caso, è data dal role playing. In questo caso, la situazione può prevedere che un docente debba spiegare ai colleghi come progettare, a esempio, una situazione problema, e seguire il gruppo affinché si giunga alla costruzione del progetto finale. A ciascun componente del gruppo il docente o il tutor assegnano un ruolo funzionale a indurre il protagonista del role playing a fornire spiegazioni, argomentazioni e affrontare contemporaneamente dinamiche di contrapposizione o di solidarietà. Tale tecnica si presenta come uno strumento efficace di rappresentazione di una situazione reale sia per insegnanti in servizio, sia per studenti in formazione. Affrontarla, anche se virtualmente, pone il soggetto protagonista nelle necessità di ripensare il livello di appropriazione delle conoscenze e delle proprie competenze relazionali. Tale esperienza viene rivisitata dalla comunità virtuale per approfondire, anche grazie alla possibilità fornita dalla piattaforma di salvare le audio-video-chat e le chat testuali, di analizzare le domande e le interazioni avvenute così da

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fornire a tutti l‟occasione di comprendere la chiarezza delle domande e l‟esaustività delle risposte.

Successivamente, alle attività di gruppo e alle progettazioni realizzate nell‟ambiente on line, vi è una fase di applicazione della conoscenza acquisita con la comunità virtuale, nell‟ambito del proprio contesto lavorativo. Nel caso del master, il Project Work o lo stage da realizzare in 300 ore (comprensive di progettazione, confronto con il docente, realizzazione in classe, documentazione e valutazione, riflessioni finali), prevede l‟applicazione in contesto delle conoscenze sviluppate.

Dispositivo per la riflessione e bilancio di competenze

La traiettoria Teoria-Pratica-Teoria trova una sua conclusione proprio nell‟azione riflessiva e nella produzione di una nuova teorizzazione da parte dei partecipanti. Questa nuova conoscenza deriva dalle precedenti esperienze fra loro integrate e riviste. La riflessione in azione tracciata dalle scritture presenti nei Blog e dalle scritture presenti nelle prime sezioni del Diario del Project Work permettono, a posteriori, di realizzare un‟ulteriore rivisitazione complessiva, una riflessione on action che attiva apprendimenti acquisiti in ambito formale (l‟attività on line con la comunità virtuale e i docenti) e in ambito informale, durante il lavoro. Se le scritture nel Blog costituiscono una forma di documentazione di un apprendimento implicito o reattivo (Eraut, 2000) atto solo a fissare alcune esperienze selezionate fra quelle vissute, la scrittura più strutturata richiesta nel Diario del Project Work, contribuisce a creare il ponte fra un apprendimento deliberativo (Eraut, 2000), nato sempre nell‟informale, e una strutturazione delle conoscenze teoriche. Si determinano in tal modo nuove visioni teorico-pratiche che ogni soggetto costruisce per se stesso, per dare unitarietà e coerenza al proprio agire e progettare (scoperta di modellizzazioni personali), e che diviene successivamente, nel momento della pubblicazione, materiale di studio e di negoziazione per l‟intera comunità on line.

Inserto 2 IL DIARIO DEL PROJECT WORK (DPW) Parallelamente l‟insegnante in formazione viene chiamato a utilizzare una sezione

del portfolio in cui è presente una rubrica utile a costruire, con scritture auto valutative condivise con il docente del master, un bilancio delle competenze. I tool utilizzati sono generalmente una form con campi testuali definiti (un campo per ogni dimensione della rubrica), il Blog personale visibile solamente al docente e al proprietario, una cartella contenente la documentazione del progetto realizzato a scuola e il DPW, sui quali discutere per collegare aspetti teorici e pratiche attivate.

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Figura 10. Schermata che presenta una parte del dispositivo per la progettazione (realizzato su piattaforma Unimc).

La seconda area - (2) Pratica-teoria-pratica

La traiettoria Pratica-Teoria-Pratica prende avvio da una conoscenza personale formatasi nei vari contesti di esperienza, che viene successivamente confrontata con una conoscenza prodotta negli ambiti di ricerca. L‟obiettivo finale è la trasformazione consapevole della pratica testimoniata da scritture di tipo riflessivo e auto-co-valutativo.

La proposta si articola nei seguenti passaggi: - analisi delle pratiche in rapporto a un particolare tema; - individuazione di interpretazioni comuni e di pratiche ritenute efficaci in rapporto al

tema. Rilevazione della persistenza di nodi critici; - revisione del problema attraverso i contributi teorici; eventuali cambiamenti di schemi e

di prospettive; - ritorno alla pratica attraverso la progettazione e realizzazione di azioni didattiche.

Dispositivo per la condivisione

Nel primo step l‟ambiente di apprendimento si presenta quasi vuoto, come se attendesse di essere popolato da una conoscenza che non è ancora stata definita. Le indicazioni di lavoro che vengono fornite sono prevalentemente orientate a far produrre narrazioni delle pratiche personali, senza alcuna indicazione di lunghezza o di costruzione della narrazione stessa. In alcuni casi è stato richiesto di condividere dei prodotti personali che fossero una dimostrazione della conoscenza e della competenza (a esempio un progetto didattico).

La conoscenza esplicitata nella comunità, tramite gli artefatti presentati, diviene così materiale su cui effettuare riflessioni e ricerche, come a esempio, un‟individuazione collettiva delle ricorrenze nelle interpretazioni e nelle proposte che viene poi schematizzata da gruppi di corsisti o dal tutor o dal docente. Tutor o docenti permettono, con i loro interventi, di supportare l‟analisi, di giungere ad alcune sintesi funzionali alla prosecuzione del lavoro. La comunità può arricchire tali sintesi attraverso la segnalazione di materiali nei quali siano descritte pratiche ritenute «efficaci», quasi a costituire delle ancore come in una rubrica (Wiggins 1998; Comoglio 2003).

Un‟ulteriore analisi, effettuata dal docente o dal tutor, porta all‟individuazione di nodi critici e alla formulazione di domande che innescano un conflitto cognitivo e il bisogno di progettare un percorso formativo condiviso per la risoluzione dei dubbi.

Dispositivo per la negoziazione.

I problemi e i quesiti sollevati vengono affrontati attraverso un confronto con la teoria e la conoscenza prodotta in ambiti formali di ricerca. È il docente che seleziona particolari risorse da sottoporre ai corsisti e propone chiavi di lettura che facciano riferimento alle produzioni della comunità scientifica. La comunità si confronta con altri linguaggi e significati, e produce rappresentazioni, costruite attraverso processi di astrazione, che poi confronta con le formalizzazioni proposte dai ricercatori. Ad esempio, nel percorso svolto nel master 2008-09, le attività di condivisione avevano fornito un repertorio di narrazioni e di rappresentazioni di processo di progettazione che erano state successivamente analizzate nel Forum finale (Fig. 11). Ne erano emerse le ricorrenze e le regolarità, nonché le divergenze. I docenti avevano posto successivamente a disposizione della comunità alcuni materiali di approfondimento quali lezioni audio-video, documenti scritti, risorse presenti in rete, per approfondire gli aspetti rilevati.

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La comunità, nello sviluppo di questo dispositivo, si confronta quindi con modelli differenti, con prospettive teoriche molteplici alle quali si sommano le prospettive dei vari partecipanti. Il processo di negoziazione si nutre quindi degli elementi presenti in uno sfondo complesso dal quale emergono, attraverso continue proposte e revisione delle stesse, varie modellizzazioni concordate che valorizzano le diversità soggettive e di contesto.

Figura 4 - Esempio del dispositivo della condivisione in una direzione Pratica-Teoria-Pratica (realizzato su piattaforma Olat).

Dispositivo per la progettazione.

La fase di progettazione non prende avvio da una situazione data, ma da una modellizzazione scelta tra quelle proposte dai corsisti. Ciascuno di essi la interpreterà per adattarla al proprio contesto scolastico nel quale realizzerà il Project Work o lo stage.

Contemporaneamente, sempre a gruppi, gli insegnanti vengono impegnati nella progettazione in piccolo gruppo avvalendosi di altri materiali di approfondimento forniti dai docenti (ad esempio sul new assessment, sul concetto di competenza per la scuola …). È questo procedere virtuoso tra progettazione in simulazione e progettazione reale che permette di esplicitare i passaggi, di condividere dubbi e di trovare soluzioni non ipotizzate dal singolo soggetto grazie all‟interazione con altri.

La terza area - La riflessione

Il master si conclude con una terza area che riassume, organizza e rivisita le azioni attuate nelle precedenti aree e favorite dalle funzionalità dell‟ambiente on line.

Dispositivo per la riflessione e il bilancio di competenze.

Nella precedente fase (realizzazione del Project Work), gli insegnanti in formazione sono invitati a utilizzare il Blog personale o uno spazio Appunti (a seconda del tipo di piattaforma utilizzata) per annotare le osservazioni sul lavoro in classe. Tali scritture vengono rivisitate in fase di riflessione dopo l‟azione, per comprendere quali conoscenze teorico-pratiche siano state utilizzate nella pratica realizzata e come questa le abbia re-interpretate. Alcuni testi personali e scritture grigie sono produzioni libere, altri sono provocati da domande dei docenti che orientano la ricerca di elementi significativi. La rilettura costituisce una riscoperta dei processi che la conoscenza teorica, prima, la sua rivisitazione in base all‟esperienza, poi, hanno indotto.

Un particolare strumento sperimentato e rivelatosi efficace per guidare la riflessione, mantenendo il focus sulla progettazione didattica, è il Diario del Project Work, precedentemente descritto, che propone alcuni quesiti in base ai quali ricostruire il processo partendo dal bilancio iniziale, attraversando l‟esperienza, fino a comprendere i

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cambiamenti professionali presenti nelle scritture del bilancio finale. L‟analisi dei risultati relativi all‟uso di questo strumento (Magnoler, 2007), ha permesso di evidenziare come la connessione delle scritture, la rivisitazione della documentazione dell‟esperienza e il confronto per la costruzione di un bilancio personale e una proiezione, abbiano favorito lo sviluppo di una consapevolezza sui cambiamenti relativi alle competenze personali e la intenzionalità nel dirigere il cambiamento. Se all‟inizio del percorso gli insegnanti si erano concentrati sui saperi per insegnare e da insegnare, al termine del master hanno dimostrato di aver acquisito pratiche riflessive organizzate che rimandano alla costituzione di una sapere pedagogico, consapevole, intensionale e suscettibile di una continua e progettata modificazione.

La valutazione delle competenze richiede una serie di documentazioni che

consentano di focalizzare i cambiamenti avvenuti nei diversi partecipanti al percorso formativo. I passaggi che vengono suggeriti ripercorrono le fasi di costruzione del portfolio proposte da H. Barrett. Durante il percorso i soggetti selezionano materiali che ritengono significativi per la loro conoscenza e li depositano nell‟area preposta (Fig. 12). Successivamente connettono materiali, scritture prelevate dal proprio Blog o dal Diario del Project Work, per ricostruire significati e dare senso alle diverse conoscenze ed esperienze. La reificazione avviene utilizzando il tool Mappe. Un ultimo passaggio è la ricostruzione del proprio percorso analizzando le scritture depositate nello spazio Riflessione all‟inizio del master e le diverse Proiezioni realizzate durante le attività. La Proiezione viene stilata in base a una Rubrica che contiene le dimensioni e gli indicatori riferiti a ogni competenza. I corsisti sono tenuti a collegare almeno a ogni dimensione, un prodotto in modo da poter rendere condivisibile gli elementi su cui fonda l‟analisi che sottende il processo auto-valutativo. L‟auto-valutazione viene successivamente confrontata con i docenti. Il confronto fra docente e corsista non avviene esclusivamente in questo specifico momento, in quanto in ogni attività svolta è presente una restituzione individuale o collettiva da parte del docente.

Un diversa forma per realizzare la Proiezione potrebbe essere data da una intervista in video-chat tra docenti o tutor e corsisti al fine di individuare, attraverso la rivisitazione del percorso, le direzioni di miglioramento e di incremento delle proprie competenze in rapporto al profilo professionale.

Il bilancio delle competenze soggettive si avvale anche della valutazione formale, elaborata in base a criteri conosciuti a tutti gli attori del percorso, che ogni corsista riceve al termine di ogni area.

Figura 12. Struttura del e-portfolio (realizzata con piattaforma Unimc)

Il bilancio di competenze previsto dal modello vuole essere soprattutto orientativo e

supportare la definizione di che cosa è cambiato rispetto al primo posizionamento realizzato nella fase della costruzione della comunità. Sul recupero della storicità del cambiamento, sul viaggio di scoperta (Sarchielli et al., 2001) si fonda una nuova strategia

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di sviluppo. È anche il tempo per fissare i nuovi modelli elaborati a livello personale e di comunità, non prima esistenti.

Tre spazi sono preposti a questa funzione di recupero e rivisitazione: il portfolio personale, il blog personale in cui il corsista si confronta con il docente e il forum, una «piazza» nella quale si condividono impressioni e risultati finali, cercando di coniugare anche in questa fase la riflessione personale con un confronto nella comunità.

Conclusioni La disamina effettuata sui dispositivi interpretati in un‟ottica pedagogica, didattica e

tecnologia, richiede al progettista di e-learning di costruire una coerenza interna fra aspetti legati alle finalità e quelli connessi al funzionamento delle tecniche. Quest‟ultime debbono fornire il supporto adeguato affinché il soggetto potenzi le proprie possibilità di trasformare in un potere per l‟azione il suo sapere, che si alimenta di una continua dialettica fra formale e informale, fra teoria e pratica, fra azioni individuali e collettive. Agire significa fare esperienze che saranno a loro volta, tramite la riflessione, trasformate in un avere esperienza (Jedlowski, 1994). La formazione deve quindi essere un‟eterotopia che permette di alimentare il processo di costruzione dell‟identità personale e professionale, di una work identity (Illeris, 2004) che si pone come perenne dialettica tra soggetto, contesto e azioni.

Progettare dispositivi formativi attraverso l‟utilizzo di dispositivi didattici e tecnologici, significa costruire quella logica che consente anche di modificare in tempo reale la struttura del dispositivo didattico o tecnologico senza perdere il senso complessivo del percorso e adeguando gli obiettivi in un‟ottica di ampliamento delle possibilità di personalizzazione. Aggiungere un forum, implementare dei materiali, predisporre un nuovo spazio di lavoro, sono azioni che generalmente si rendono necessarie per i progettisti che attuano un costante processo di monitoraggio e di riflessione in azione. Il professionista riflessivo, come afferma Schön, ascolta il contesto e lo modifica, ma la logica che utilizza è interna alla struttura del dispositivo e l‟elemento nuovo, che va a integrarsi nell‟esistente, consente di approfondire e di rispondere a un bisogno, senza perdere di vista l‟organicità dell‟esperienza in atto.

Inserti Inserto 1 - il wiki Per facilitare la produzione di testi in gruppo, il docente si può avvalere di tool per la

scrittura collaborativa. Uno dei tool più utilizzati è wiki, “un particolare tipo di sito web che consente a più utenti di creare e modificare le pagine” (Fini, 2009). La caratteristica essenziale di un wiki consiste nel fatto che ogni versione è salvata in uno storico. Pertanto è possibile verificare quale modifica abbia apportato ogni utente in un successivo salvataggio ed è possibile per altri utenti ripartire da versioni precedenti all‟ultima, qualora non venissero accettate le modifiche apportate.

Molte sono le tipologie dei wiki e molte sono le case produttrici di software che offrono, anche free, la possibilità di implementare un wiki personale nel proprio server in housing o di importare la struttura del wiki nella server farm dell‟utente.

Anche le caratteristiche non sono sempre le stesse. In molte strutture di wiki, ad esempio, è presente, oltre alla pagina con il testo, la pagina per la discussione, in cui il gruppo si confronta per decidere come strutturare il testo o per motivare i cambiamenti apportati.

Nella Fig. 3 è presentato il wiki presente in OLAT. I comandi principali sono ARTICOLO, per accedere al testo, DISCUSSIONI per accedere al forum in cui il gruppo dibatte, ELABORAZIONE PAGINA, per operare sul testo in modalità autore e, infine, VERSIONI/AUTORI,

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per recuperare le versioni precedenti e per confrontare a due a due tali versioni evidenziando le modifiche apportate dai vari autori.

Figura 5. Esempio di Wiki che contiene il forum (Discussioni), e il tracciamento delle versioni degli autori

Inserto 2 IL DIARIO DEL PROJECT WORK (DPW) La progettazione didattica si realizza attraverso diverse fasi che ne rendono visibile

la complessità e che si sviluppano non solo in successione, ma anche in contemporaneità. Entrano in gioco la filosofia educativa dell‟insegnante e le sue concezioni sull‟insegnamento e sull‟apprendimento, i vincoli posti dalle risorse presenti nel contesto scolastico e culturale, le diversità presenti negli studenti.

Per governare la progettazione iniziale, l‟attuazione in classe, la riprogettazione e la valutazione di un percorso didattico, l‟insegnante deve attuare una riflessione continua in azione e sull‟azione. Per facilitare tutto questo, anche in base alle esperienze effettuate da Kortagen (1993), è stato predisposto un Diario del Project Work (DPW) suddiviso in quattro sezioni nelle quali sono presenti domande-stimolo. Ogni sezione corrisponde ad un particolare passaggio riflessivo che sostiene l‟analisi dell‟azione successiva.

Il DPW è dunque suddiviso nelle seguenti sezioni: - la prima sezione è finalizzata a rendere consapevole l‟insegnante sull‟esistenza delle

motivazioni, delle percezioni e delle prospettive personali che determinano le scelte, prima e durante elaborazione del progetto;

- la seconda sezione, da completare dopo la messa a punto del progetto, serve a focalizzare le decisioni prese in itinere e a far rivisitare il processo che le ha determinate. Vengono poste domande relative ai problemi incontrati, agli approfondimenti che si sono resi necessari, ai criteri e agli indicatori previsti per valutare, alla coerenza complessiva del progetto;

- la terza sezione, da completare dopo la realizzazione in classe del progetto. Viene richiesto di raccontare l‟accaduto per trarne le prime indicazioni, per identificare i cambiamenti attivati durante l‟attività con gli studenti e le motivazioni che hanno prodotto uno scostamento dal progetto iniziale;

- la quarta sezione comprende domande utili ad analizzare e sintetizzare il lavoro svolto e le competenze maturate. I quesiti posti aiutano a confrontare il progettato con il realizzato, a scoprire la modellizzazione creata da ciascun docente, ad individuarne elementi di trasferibilità in altri contesti. È sempre in questa sezione che l‟insegnante individua piste di miglioramento del proprio agire professionale in base alla disamina effettuata.

Il DPW è quindi la documentazione riflessiva di un‟esperienza, presenta una rivisitazione dell‟agito per suggerire all‟insegnante in formazione traiettorie necessarie a costruire consapevolmente un proprio sé professionale.