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I determinanti della salute

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  • I determinanti della salute

  • 1

    1.1.1 Introduzione

    Il fenomeno dell’inquinamento atmo-sferico è connesso al modello di svi-luppo economico e sociale. Le diversetipologie di combustione utilizzate perautotrazione, per attività domestiche eper la produzione industriale dannoluogo ad una serie di inquinanti diinteresse tossicologico che destanomolta preoccupazione a causa dell’ele-vato numero di persone esposte,soprattutto in aree urbane. L’inqui-namento atmosferico urbano infattirappresenta oggi il problema principa-le sia dal punto di vista ambientale chesanitario, considerato che gran partedella popolazione vive nelle zoneurbane ed in esse si concentrano lagran parte delle attività antropichepotenzialmente inquinanti. Il rapportodel 2007 sullo Stato di Salute nel-l’Unione Europea, relativo al Pro-gramma di Azione Comunitaria inSalute Pubblica, ha evidenziato chel’inquinamento atmosferico, soprat-tutto in relazione al particolato fine, èil fattore ambientale responsabile delpiù alto impatto sanitario per il nume-ro di casi di malattia e di decessi. Ilrapporto indica che in molte cittàeuropee, circa il 90% della popolazio-ne è esposta a livelli di inquinamentoatmosferico superiori ai livelli massimiindicati dalle linee guide dell’OMSsulla qualità dell’aria e recenti stimemostrano che circa 20 milioni di per-sone accusano ogni giorno sintomi

    respiratori associati con l’inquinamen-to atmosferico causato dal traffico vei-colare urbano e dagli impianti diriscaldamento.

    La letteratura scientifica disponibileè oggi ricca di studi che evidenziano ilruolo dell’inquinamento dell’aria co-me determinante della salute umana.La ricerca infatti è in grado di docu-mentare un ampio spettro di effettisulla salute, acuti e cronici, che vannodai sintomi respiratori, alla morbositàe alla mortalità per cause cardiologi-che, respiratorie e al tumore al polmo-ne. Questi esiti sanitari si riferiscono alivelli di concentrazione a cui general-mente sono esposte popolazioni urba-ne in ogni parte del mondo, sia inpaesi sviluppati che in via di sviluppo.

    Tale progresso conoscitivo consenteoggi lo sviluppo di programmi diricerca basati su approcci innovativi emultidisciplinari che prevedono l’inte-razione degli epidemiologi con chimi-ci, fisici, meteorologi, tossicologi, bio-logi molecolari e medici clinici.

    Anche in Italia, la ricerca epidemio-logica sugli effetti sanitari dell’inqui-namento atmosferico ha registratorilevanti miglioramenti qualitativi.Importanti esempi sono rappresentatidai progetti multicentrici condottinegli ultimi anni, quali SIDRIA “Studiitaliani sui disturbi respiratori nell’in-fanzia”; APHEA “Air Pollution andHealth: a European Approach”;MISA “Metanalisi italiana degli studisugli effetti a breve termine dell’inqui-

    Ambiente

    1.1 Aria atmosferica

  • namento atmosferico”; SISTI “StudioItaliano sulla Suscettibilità agli effettidella Temperatura e dell’Inquinamen-to atmosferico”. I risultati di questistudi hanno evidenziato effetti sullasalute che per frequenza ed intensità, eper le concentrazioni di inquinanti acui si riferiscono, sono confrontabili aquelli ottenuti da studi analoghi con-dotti in altri paesi europei e negli altricontinenti.

    Grazie alla solida evidenza scientifi-ca ora disponibile e alla buona qualitàdelle reti di monitoraggio ambientale,che forniscono misure giornalieredegli inquinanti, è possibile valutare,sempre con minore incertezza, l’im-patto sanitario dell’inquinamento del-l’aria sulle popolazioni urbane. InItalia la valutazione più recente è statacondotta sulla popolazione residentenelle 13 principali città, basandosi suidati di monitoraggio atmosferico rela-tivi al periodo 2002–2004. Lo studioha stimato che il solo rispetto del valo-re di concentrazione di 40 µg/m3 per ilPM10, fissato dalla Direttiva europeadel 1999, avrebbe potuto comportareuna riduzione di 3.321 decessi attri-buibili al PM10 e avrebbe inoltrepotuto consentire una riduzione del9,5% delle ospedalizzazioni per bron-chiti acute nei bambini sotto i 15 anni.La quantificazione degli effetti è note-volmente maggiore se si consideracome valore di riferimento 20 µg/m3,livello che era previsto raggiungereentro il 2010 ma che appare ora moltolontano visto che non è stato ripropo-sto nella recente Direttiva 2008/50/CE.Stime di impatto rilevanti, sebbeneinferiori a quelle del particolato,riguardano l’esposizione ad ozono:oltre 500 decessi, pari allo 0,6% deltotale e corrispondenti a circa 6.000anni di vita persi, sono attribuibili aconcentrazioni di ozono superiori a75µg/m3 nelle 13 città italiane.Tra ipiù recenti progetti di ricerca multi-centrici a livello nazionale va menzio-nato il progetto EPIAIR, “Inquina-mento Atmosferico e Salute: Sorve-

    glianza Epidemiologica ed Interventidi Prevenzione” del CCM (Centronazionale per la prevenzione e il con-trollo delle malattie) del Ministero delLavoro, della Salute e delle PoliticheSociali avviato nel 2007. Il progettoha valutato l’impatto dell’inquina-mento atmosferico sulla mortalità in10 città italiane (Milano, Mestre,Torino, Bologna, Firenze, Pisa, Roma,Taranto, Cagliari e Palermo) nel perio-do 2001-2005. I risultati sono relativialla associazione tra inquinamentoatmosferico da polveri (PM10) e gas(NO2 ed ozono) e mortalità per tuttele cause naturali (esclusi cioè gli inci-denti e le altre cause violente), le causecardiache, cerebrovascolari e respira-torie nel breve periodo. Il rapporto ap-profondisce anche alcuni temi scienti-fici su cui è incentrata l’attenzione alivello internazionale: la latenza tem-porale (lag) tra esposizione ed effetto,l’impatto di più inquinanti, l’identifi-cazione delle caratteristiche individua-li di tipo sociale, demografico e clinicoche individuano i gruppi di popolazio-ne maggiormente sensibili agli effettidell’inquinamento atmosferico.

    1.1.2 Rappresentazione dei dati

    Lo stato della qualità dell’aria è unadelle emergenze ambientali che piùpreoccupa gli amministratori locali ecentrali e che coinvolge quotidiana-mente tutti i cittadini. Gli inquinantipiù critici per le elevate concentrazio-ni presenti in atmosfera sono PM10,NO2 e O3. La situazione dell’inquina-mento dell’aria nelle principali cittàitaliane, così come documentata nel-l’Annuario dei dati ambientali del2007 dell’APAT (Agenzia per la Pro-tezione dell’Ambiente e per i ServiziTecnici) e dai risultati del progettoEPIAIR non è positiva. In Italia, nel2006, il 61% delle stazioni di monito-raggio per il PM10 ha disatteso ilvalore limite giornaliero; nell’estatedel 2007, invece, il 93% delle stazioni

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  • di monitoraggio per l’ozono ha regi-strato superamenti del livello di riferi-mento per la protezione della saluteumana. Tenendo conto della evidentedifferenza di densità di monitoraggiotra il Nord e il Sud Italia (maggiore alNord e minore al Sud), le città del-l’area padana rispetto alle città delresto d’Italia “consumano” più velo-cemente i 35 giorni di superamentodei 50 µg/m3 per il PM10 consentiti

    dalla legge. Considerando i limiti nor-mativi esistenti, che vedevano valorilimite di media annuale per il PM10da rispettare al 2005 di 40 µg/m3, lostudio EPIAIR (Tabella 1) mostra chemolte città si situano al di sopra diquesto limite: Milano (media di 51,5µg/m3), Mestre (media di 48 µg/m3),Torino (media di 53,9 µg/m3),Bologna (42,5 µg/m3), Taranto (mediadi 50,3 µg/m3), altre sono di poco

    221Ambiente

    NO2 μμg/m3 PM10 μμg/m3

    media giornaliera media giornaliera

    media (dev st) 50° 90° pct media (dev st) 50° pct 90° pctMilano 59 (23) 57 88 52 (32) 43 95Mestre-Venezia 38 (14) 36 58 48a (33)a 39a 88a

    Torino 66 (20) 64 92 55a (34)a 44a 102a

    Bologna 52 (18) 50 75 43a (25)a 36a 76a

    Firenze 46 (19) 44 68 38 (18) 35 61Pisa 30 (11) 29 45 34 (15) 31 53Roma 62 (16) 62 82 39 (16) 37 59Taranto 26 (11) 24 41 50b (21)b 48b 81b

    Cagliari 34 (16) 33 54 32 (12) 30 48Palermo 52 (16) 51 74 35 (19) 32 52

    O3 μμg/m3 CO mg/m3

    massimo giornaliero massimo giornaliero delle medie mobili delle medie mobili

    su otto ore su otto ore

    media (dev st) 50° 90° pct media (dev st) 50° pct 90° pctMilano 91 (34) 89 138 1,9 (1.0) 1,7 3,3Mestre-Venezia 91 (30) 88 131 1 (0.6) 0,8 1,8Torino 115 (39) 113 170 2,1 (1.1) 1,8 3,6Bologna 91 (31) 89 131 1,2 (0.6) 1 2Firenze 96 (24) 96 125 1,3 (0.7) 1,1 2,4Pisa 99 (21) 99 127 1,7 (1.1) 1,4 3,1Roma 105 (25) 103 140 1,8 (1.0) 1,6 2,9Taranto 78 (21) 78 104 1,5 (0.5) 1,4 2,1Cagliari 81c (19)c 79c 108c 1 (0.5) 0,9 1,6Palermo 87 (18) 86 111 1,8 (1.1) 1,6 3,3

    a: Periodo 2002-2005b: Periodo 2001-2004c: Periodo 2003-2005

    Quando i dati non sono distribuiti in modo normale, è opportuno affiancare ai valori di media e deviazione standard i valori di alcunipercentili, per evidenziare meglio la fluttuazione dei dati. La rappresentazione del 90° percentile permette inoltre di valutare le concen-trazioni osservate rispetto a specifici valori soglia fissati dalla normativa; ad esempio il 90° percentile per il PM10 nei confronti del valo-re limite di 24 ore per la protezione della salute umana, di 50 μg/m3, da non superare più di 35 volte l’anno.

    Tabella 1 – Statistiche descrittive degli indicatori elaborati per gli anni disponibili nel periodo 2001-2005 (perl’ozono le elaborazioni riguardano i semestri aprile-settembre). Progetto EPIAIR, CCM (Ref 2)

  • sotto il limite: Roma (39,4 µg/m3),Firenze (38,2 µg/m3). La situazione èaltrettanto preoccupante per il biossi-do di azoto. La concentrazione diozono ha avuto caratteristiche diversenegli anni e nel 2003 le elevate tempe-rature si sono associate a livelli diozono critici. Rispetto al valore mediocalcolato per città per gli anni disponi-bili nel quinquennio 2001-2005, si èavuto nella stagione calda dell’anno2003 un incremento medio delle con-centrazioni di ozono del 13%. Varimarcato peraltro che il limite norma-tivo è da considerare come valoresoglia di contenimento del danno, noncome limite di protezione della salute,non essendoci dimostrazione di unvalore soglia in letteratura che si siadimostrato in grado di proteggere lasalute umana.

    Per quanto riguarda la concentra-zione numerica di particelle ultrafini(PUF), attualmente, tranne che per lacittà di Roma, in Italia non sonodisponibili serie temporali di significa-tiva durata. Nella stazione di rileva-mento romana dell’Istituto Superiore

    di Sanità sono state infatti misurate leconcentrazioni di polveri fini (PM10 ePM2.5) e PUF fin dal 2001 (Figura 1).Benché nel corso del periodo di moni-toraggio sia stata osservata una conti-nua diminuzione della concentrazionenumerica di PUF, i valori assolutirestano ancora elevati se confrontaticon quelli riscontrati in altre città delnord Europa e in considerazione deipotenziali effetti sanitari negativi asso-ciati alle PUF. L’andamento delle con-centrazioni medie di PM10 e PM2.5nel corso degli anni 2000 è rimastoinvece relativamente stabile, malgradola diminuzione delle emissioni prima-rie e di precursori del particolatoatmosferico registrata dalle stimemodellistiche. D’altro canto, questasituazione è risultata comune a moltedelle maggiori città europee, come èstato evidenziato anche dall’AgenziaEuropea per l’Ambiente.

    Il progetto EPIAIR ha esaminato276.205 residenti nelle 10 città, di etàuguale o superiore ai 35 anni, e decedu-ti nel comune di residenza nel periodo2001-2005. Per ogni soggetto sono

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    Figura 1 – Concentrazioni di polveri fini (PM10 e PM2.5) e PUF presso la stazione di rilevamento dell’ISS (Roma,2002-08)

  • state acquisite informazioni sulla causadi morte, sul luogo del decesso, sullevariabili socio demografiche e sui rico-veri in ospedale nei due anni preceden-ti il decesso. Le concentrazioni giorna-liere degli inquinanti sono state raccol-te dalle strutture ambientali delle varieregioni attraverso le centraline fisse dimonitoraggio (centraline di back-ground). L’analisi statistica ha tenutoconto dei fattori temporali rilevanti,inclusi temperatura, umidità ed epide-mie influenzali. I risultati (Figura 2)sono espressi come incremento percen-tuale (%) per 10 µg/m3 di ciascuninquinante; l’analisi per l’O3 è stataristretta al solo semestre caldo. L’analisidella associazione inquinante-mortalitàè stata condotta prima in ciascunacittà, quindi le stime di impatto com-plessive sono state ottenute mediantemeta-analisi, dando conto della etero-geneità tra le città. La Tabella 2 riporta

    i risultati per ogni inquinante e per lediverse cause di morte.

    È stato riscontrato un effetto imme-diato del PM10 su tutte le cause dimorte esaminate, con latenze chevanno dal lag 0 per la mortalità cere-brovascolare, al lag 0-3 per la mortali-tà respiratoria. Le stime di associazionesono molto elevate (e statisticamentesignificative) per la mortalità respirato-ria (3,22%), coerenti (e statisticamentesignificative) per la mortalità naturale(1,33%) e quella cardiaca (1,25%);l’incremento è più contenuto (e nonstatisticamente significativo) per lamortalità cerebrovascolare (1,08%).

    L’associazione tra NO2 e mortalitàpresenta valori omogenei per le variecause di morte, con effetti prolungati(lag 0-5) e molto evidenti per tutte lecause: gli incrementi percentuali dirischio variano da 3,48% per la mor-talità respiratoria a 2,09 per la morta-

    223Ambiente

    Figura 2 – Risultati meta-analitici per le 10 città italiane relativi all’associazione tra inquinamenti atmosferici emortalità per cause naturali. Progetto EPIAIR, CCM (Ref 2)

    Inquinante Mortalità naturale Mortalità cardiaca Mortalità Mortalità respiratoriacerebrovascolare

    Lag % IC 95% Lag % IC 95% Lag % IC 95% Lag % IC 95%PM10 (μg/m3) 0-2 0,80 (0,41;1,19) 0-2 1,14 (0,53;1,76) 0,00 0,62 (-0,44;1,70) 0-3 2,29 (1,03;3,58)

    NO2 (μg/m3) 0-5 2,09 (0,96;3,24) 0-5 2,63 (1,53;3,75) 0-5 2,35 (-0,13;4,89) 1-5 3,48 (0,75;6,29)

    O3 (μg/m3) 0-5 1,54 (0,92;2,15) 0-5 2,29 (1,09;3,50) 3-5 1,36 (0,09;2,64) 0-5 2,78 (0,29;5,34)

    Tabella 2 – Risultati meta-analitici per le 10 città italiane relativi all’associazione tra inquinanti atmosferici e mor-talità (età 35+ anni), per causa del decesso e lag. Progetto EPIAIR, CCM (Ref 2)

    I grafici riportano per ogni inquinante e per ogni lag gli incrementi percentuali di rischio (e gli intervalli di confidenza al 95%) corri-spondenti a variazioni di 10μg/m3 dell’inquinante – 2001-2005 (periodo aprile-settembre per l’ozono).

    Sono riportati incrementi percentuali di rischio, ed intervalli di confidenza al 95%, corrispondenti a variazioni di 10μg/m3 dell’inqui-nante – 2001-2005 (periodo aprile-settembre per l’ozono).

  • lità naturale; anche la mortalità cere-brovascolare presenta incrementi ele-vati del 2,35%.

    L’associazione tra ozono e mortalitàcausa-specifica mostra andamentisimili a quanto osservato per l’NO2,con latenze lunghe (0-5 giorni) pertutti i gruppi ad eccezione della morta-lità cerebrovascolare, per cui si osser-va un effetto ritardato (lag 3-5). Lestime d’effetto sono sempre elevate: sipassa da un incremento del rischiopari a 2,78% per la mortalità respira-toria, ad un incremento dell’1,36%,per la mortalità cerebrovascolare, constime intermedie del 2,29% per lecause cardiache e dell’1,54% per quel-le naturali.

    L’analisi di EPIAIR ha consideratovari fattori di suscettibilità e ha messoin evidenza come le persone più anzia-ne (specie le donne per quanto riguar-da l’ozono) e quelle con particolariproblemi di salute (malattie cardiova-scolari e respiratorie) sono più vulne-rabili agli effetti dell’inquinamento. Irisultati dello studio evidenziano comel’inquinamento atmosferico, special-mente quello originato dal traffico vei-colare, rimanga il problema ambienta-le più rilevante per la salute pubblicanelle città italiane.

    1.1.3 Esposizione e valutazione cri-tica dei dati

    Come già indicato, gli inquinantipiù critici per le elevate concentrazio-ni presenti in atmosfera, nonostante ladiminuzione nelle emissioni registratanegli ultimi anni, continuano a esserel’ozono nei mesi estivi, il PM10 neimesi invernali e il biossido di azoto.Infatti, la riduzione delle emissioni dipolveri, NOx e composti organicivolatili non metanici (COVNM), regi-strata negli ultimi anni, sia a livelloeuropeo sia nazionale, non ha com-portato un miglioramento della quali-tà dell’aria a causa della complessitàdel fenomeno “inquinamento”, che

    richiede non interventi di emergenzama misure integrate e di lungo perio-do. L’impatto sanitario dell’inquina-mento atmosferico non è trascurabile,considerando che gli inquinanti citatiraggiungono le concentrazioni più ele-vate nelle aree urbane dove la densitàdi abitanti è la più alta.

    Sulla base di recenti stime circa il28% della popolazione europea èstata esposta nel 2005 per più di 35giorni a concentrazioni di PM10 supe-riori a 50 µg/m3. La probabilità disuperamenti del limite giornaliero di50 µg/m3 è maggiore del 75% neipaesi dell’Europa dell’Est e, in Italia,nell’intera pianura padana, mentre ècompresa tra il 50 e il 75% nelle areeurbanizzate della Spagna, Portogallo,Grecia, Italia, in alcuni paesi balcani-ci, Belgio e in Olanda. Complessi-vamente nei paesi dell’Unione Eu-ropea è stato stimato un numeromedio di morti premature pari a 830per milione di abitanti, che corrispon-de a 373.000 decessi prematuri nei 25paesi dell’Unione. Queste stime sonomolto simili a quelle fornite dal pro-gramma “Clean Air for Europe”(CAFE) dell’Unione Europea, che hacalcolato circa 348.000 morti prema-ture attribuibili alle emissioni antro-pogeniche di particolato primario edei suoi precursori nel 2000. Il pro-gramma CAFE ha anche stimato chein Italia alle emissioni di PM2.5 del2000 possa essere attribuibile una per-dita media di 8.6 mesi di attesa di vita(intervallo nei 15 paesi europei com-preso tra 3,1 in Finlandia e 13,6 inBelgio). Le politiche previste dallaComunità Europea per ridurre leemissioni di polveri sospese, se attua-te, potrebbero essere in grado dirisparmiare entro il 2020 3,2 mesi divita per i cittadini europei e 3,4 mesidi vita per la popolazione italiana.Complessivamente nei paesi dell’Unio-ne Europea si potrebbero evitare80.000 morti premature e risparmiarepiù di un milione di anni di vita, men-tre per l’Italia avremmo circa 12.000

    224 I determinanti della salute

  • morti premature in meno e 170.000anni di vita in più. L’implementazionedelle politiche relative alla riduzionedelle emissioni determinerebbe ancheimportanti risparmi economici. NellaUE si stima un vantaggio monetarioannuo compreso tra i 58 e i 161miliardi di euro evitando la mortalitàprematura, mentre con la diminuzionedelle malattie dovute al particolatoatmosferico si risparmierebbero intor-no ai 29 miliardi di euro l’anno. InItalia le cifre relative oscillerebbero da9 a 23 miliardi di euro l’anno e fino a5 miliardi di euro l’anno, rispettiva-mente.

    In questo contesto, un ulteriore ele-mento su cui riflettere è che nel 2008 icosti di combustibili e carburanti e larecessione economica hanno favoritouna contrazione del 3,8% nei consumipetroliferi rispetto al precedente anno,con punte di riduzione del 30% nellegrandi città. Viene stimato che la ridu-zione dei consumi ha comportato unrisparmio di mezzo milione di tonnella-te di anidride carbonica; inoltre neiprimi 5 mesi del 2008 si è avuta unadiminuzione del 10% del numero diimmatricolazioni delle auto e un aumen-to, soprattutto nelle maggiori aree urba-ne, dell’utilizzo del bus. Nel contempo siè notato un lieve incremento dei consu-mi di carburanti alternativi (metano eGPL) per effetto delle politiche attuatesia a livello regionale che nazionale.

    Per quanto concerne i sistemi dirilevamento degli inquinanti atmosfe-rici, il numero di stazioni utilizzatecontinua a crescere negli anni, con unincremento di circa il 23% nel 2006rispetto all’anno precedente. Questoaumento, che ha interessato in parti-colar modo le regioni del sud Italia edelle isole maggiori, ha colmato par-zialmente la carenza di informazionirilevata in passato per queste aree.Con l’incremento del numero di sta-zioni che comunicano dati, sono cre-sciute anche le serie di dati che hannouna rappresentatività temporale con-forme ai criteri normativi: tutto ciò

    indica un miglioramento dell’attivitàdi monitoraggio e della comunicazio-ne di informazioni dal livello locale aquello nazionale. Nonostante i miglio-ramenti registrati, le reti di monitorag-gio per la qualità dell’aria sono attual-mente oggetto di un processo diaggiornamento e revisione che vedecoinvolte le regioni, il Ministerodell’Ambiente e il sistema delle agen-zie ambientali in relazione alla necessi-tà di rendere il sistema conforme alleprescrizioni delle norme nazionali ecomunitarie vigenti. La razionalizza-zione delle reti di monitoraggio preve-de infatti variazioni nel numero, nellatipologia e collocazione delle stazionidi monitoraggio e l’introduzione dellamisura del PM2.5. In tale contestosarebbe auspicabile anche il monito-raggio della concentrazione numericadi particelle ultrafini (PUF), almenonelle reti esistenti delle principali cittàitaliane.

    Il processo di aggiornamento con-sentirà dunque di disporre di informa-zioni più rappresentative, omogenee econfrontabili su tutto il territorio na-zionale, con maggiori dettagli sulle di-verse componenti del particolato.Inoltre, attualmente, il monitoraggioambientale e molti modelli di disper-sione degli inquinanti utilizzati nellevalutazioni d’impatto sono principal-mente finalizzati, come in tutta Eu-ropa, a monitorare la conformità coni valori limite stabiliti per legge. Inuovi indirizzi europei sollecitanoinvece un monitoraggio non più solofinalizzato alla compliance legislativama anche alla valutazione ed al moni-toraggio dell’esposizione della popola-zione e alla valutazione dell’efficaciadegli interventi ambientali adottati.

    1.1.4 Indicazioni per la program-mazione

    La situazione relativa all’inquina-mento atmosferico nel nostro Paeserisulta complessa e necessita di solu-

    225Ambiente

  • zioni di intervento integrate su diversicampi, che devono riguardare l’ambi-to locale, regionale e nazionale. A taleproposito la Commissione Europea,nella Comunicazione “Verso una stra-tegia tematica sull’ambiente urbano”,indica, fra i settori prioritari nei qualiè possibile ottenere risultati significati-vi, il trasporto urbano sostenibile, lalogistica urbana, l’edilizia sostenibile,l’energia e la produzione sostenibile.

    Le informazioni disponibili sullesorgenti di inquinamento rappresenta-no un importante elemento per identi-ficare le principali aree di interventodelle politiche sanitarie-ambientali. Atal riguardo una sostanziale riduzionenel carico di patologie potrebbe essereraggiunta attraverso politiche finaliz-zate alla riduzione delle emissioni dadue principali sorgenti: trasportourbano e produzione energetica, cherappresentano attualmente i due mag-giori fattori che contribuiscono alleemissioni primarie in Italia.

    Per quanto riguarda il particolato,guadagni sulla salute possono essereottenuti riducendo le concentrazioniattraverso strategie diverse. Poichénon è dimostrata la presenza di alcu-na soglia nella relazione tra inquina-mento dell’aria e i suoi effetti nocivisulla salute, gli effetti dell’inquina-mento atmosferico diminuirannoproporzionalmente alla diminuzionedella concentrazione media, per tuttigli esiti sanitari considerati. Ciòsignifica che interventi di tipo diversoche producano la stessa diminuzionemedia della concentrazione annuaprodurranno lo stesso beneficio sani-tario. La combinazione di politicheche riducano il numero totale di vei-coli circolanti, favoriscano l’immis-sione nel mercato automobilistico diveicoli con emissioni minime e per-mettano la circolazione solo di veico-li a basso impatto inquinante, po-tranno avere un risultato tangibilesulle concentrazioni ambientali equindi sulla salute. In ambito urbano,le emissioni dei veicoli a motore

    devono essere ridotte sostanzialmenteal minimo attraverso politiche chemirino a limitare in maniera drasticae generalizzata il trasporto privato,diminuiscano la dimensione mediadei veicoli per fluidificare il traffico,ed incentivino il trasporto pubblico.Nel quadro di un obiettivo generaledi riduzione delle emissioni, partico-lare attenzione dovrebbe essere dedi-cata a situazioni locali circostanziate.In particolare, le concentrazioni delPM10 e PM2.5 risultano generalmen-te maggiori nelle città settentrionali,rispetto a quelle dell’Italia centrale emeridionale. Queste differenze sonoprobabilmente dovute a differenzenel sistema dei trasporti, nelle attivitàindustriali, e nelle emissioni derivantidai sistemi di riscaldamento a livellocittadino e regionale insieme a fattoriclimatici. Ad esempio le città dellapianura padana hanno alte concen-trazioni di PM10 e PM2.5 a causa diintenso traffico urbano locale e regio-nale e intense attività industriali,combinate con condizioni climaticheche limitano la dispersione dell’inqui-namento. In queste circostanze leazioni intraprese da un comune perridurre le emissioni dei veicoli amotore probabilmente porteranno amodesti risultati. Sono necessarie,invece, iniziative intraprese a livelloregionale e nazionale, che consideri-no tutte le sorgenti emissive antropi-che (industriali e civili), per una ridu-zione degli inquinanti primari esecondari che consenta la diminuzio-ne dell’esposizione nella popolazioneed il conseguente miglioramentodella salute. È chiaro dunque che inconformità con quanto previsto dallanormativa vigente, le amministrazio-ni competenti in materia devono pre-sentare piani e programmi di risana-mento laddove sono stati registratisuperamenti dei limiti della qualitàdell’aria. Tali piani comprendonouna molteplicità di azioni strutturalie non, quali azioni sulla qualità e sultipo dei combustibili, sull’introduzio-

    226 I determinanti della salute

  • ne di sistemi avanzati di abbattimen-to delle emissioni, azioni sul trafficoper una mobilità sostenibile, azionisugli impianti di riscaldamento, azio-ni sull’inquinamento industriale eazioni su attività agrozootecniche eutilizzo delle biomasse. Tali pianiavranno una loro credibilità e unapossibile riuscita solo se integrati sularga scala e se preceduti da valuta-zioni ex–ante della loro efficacia.

    Per quanto riguarda l’ozono, i livel-li di fondo dell’inquinante sono inaumento. Strategie di abbattimentodei livelli di ozono dovrebbero pren-dere in considerazione l’intera estate, enon solo i giorni di picco, e riguarda-re provvedimenti che limitino i livellidei precursori prodotti dal traffico.

    I risultati del programma di sorve-glianza EPIAIR, viste le documentatericadute dell’inquinamento sulla salu-te, giustificano ampiamente la sorve-glianza e il monitoraggio epidemiolo-gico continuo nelle città italiane comemezzo di valutazione periodico delServizio Sanitario Nazionale, utileanche come strumento di advocacyper le azioni nei confronti delle altreamministrazioni. Tale programmadeve essere continuo, basato su datiaffidabili e sottoposti a continui con-trolli di qualità, deve coinvolgere leistituzioni ambientali e sanitarie edeve fornire una fotografia aggiornatadella situazione nel nostro Paese.

    Sul piano della ricerca scientifica,anche se le conoscenze acquisite suglieffetti dell’inquinamento sono molte-plici e consistenti, diversi aspettidevono essere ancora approfonditi. Atal riguardo il Programma Strategico“Ambiente e Salute”, relativo allaricerca finalizzata del Ministero delLavoro, Salute e Politiche Sociali, infase di realizzazione, comprende treprogetti di ricerca sull’inquinamentoatmosferico che hanno caratterenazionale e che riguardano aspettirilevanti quali: i) il ruolo del partico-lato ultrafine nei meccanismi patoge-netici degli effetti cardiorespiratori

    prodotti dall’inquinamento urbano,ii) gli effetti a breve termine dell’in-quinamento atmosferico in aree urba-ne: particolato ultrafine, fattori disuscettibilità individuale, interazioneinquinamento-temperatura, iii) glieffetti a lungo termine dell’inquina-mento atmosferico in adulti e bambi-ni.

    In conclusione, in relazione agliobiettivi del Protocollo di Kyoto e agliaccordi sui cambiamenti climatici, sisottolinea come interventi mirati allariduzione delle emissioni di gas serra(es. risparmio energetico) comportinoanche riduzioni delle emissioni inqui-nanti e si ritiene pertanto auspicabileche gli stessi siano perseguiti in viaprioritaria. Per minimizzare i costi diquesta azione è necessario quindidisporre di adeguati strumenti cono-scitivi e di stima che consentano divalutare, in modo preventivo, i costi ei benefici associati ai possibili inter-venti, assicurando una pianificazionesinergica e ottimale dal punto di vistadei costi, a livello nazionale, regionalee locale.

    Bibliografia essenziale

    APAT. Annuario dei dati ambientali, 2007.www.apat.it, www.sinanet.apat.it.

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    Relazione conclusiva della CommissioneNazionale Emergenza InquinamentoAtmosferico, 2006.

    227Ambiente

  • 1.2.1 Introduzione

    I cittadini europei, compresi gli italia-ni, trascorrono in media più del 90% delloro tempo negli ambienti confinati nonindustriali (ambienti “indoor”), qualiabitazioni, uffici, scuole, edifici commer-ciali. La qualità dell’aria indoor dipendein parte dalla presenza di sorgenti inter-ne ed in parte dall’aria esterna (aria“outdoor”). I contaminanti outdoorhanno un vario grado di penetrazione(ad esempio per il PM2.5 il grado dipenetrazione è del 50-90%); gli inqui-nanti possono essere assorbiti dallesuperfici indoor o interagire con altriinquinanti, come i terpeni. È noto che gliambienti interni possono essere conta-minati da un vasto numero di agenti chi-mici, fisici e contaminanti biologici. Inpresenza di fonti interne di con-taminazione e bassi livelli di ricircolodell’aria, i livelli degli inquinanti indoorriscontrati possono essere significativa-mente elevati, anche di gran lunga supe-riori rispetto a quelli rilevati all’esterno,talvolta anche 10-20 volte maggiori,come nel caso della formaldeide.

    La qualità dell’aria indoor è unimportante determinante di salute per iseguenti motivi: una larga parte dellapopolazione trascorre il proprio tempoin ambienti confinati e il tempo di espo-sizione all’inquinamento indoor è estesoalle ventiquattro ore (non al solo orariodi lavoro); la maggior parte delle esposi-zioni ambientali avvengono prevalente-mente negli ambienti indoor e l’esposi-zione indoor è dominante rispetto aquella outdoor, a prescindere dalla fontedegli inquinanti; il rischio espositivo,oltre a interessare una parte estesa dellapopolazione, risulta di particolare gravi-tà per alcuni gruppi più suscettibili,quali bambini, anziani, malati cronici,che trascorrono negli ambienti indooruna percentuale di tempo particolar-mente elevata; l’esposizione agli inqui-nanti presenti nell’aria indoor può esse-

    re responsabile della comparsa di speci-fiche patologie o dell’aggravamento dipatologie preesistenti, in particolare ingruppi di soggetti ipersuscettibili; inquesti ultimi decenni, per vari motiviconcomitanti, si è assistito ad un rapidoscadimento della qualità complessivadell’aria di questi ambienti. L’inquina-mento indoor, inoltre, ha importantiimplicazioni sociali ed economiche. InEuropa il 4,6% delle morti per tutte lecause ed il 31% delle inabilità, DALY(Disability Adjusted Life Years), neibambini (da 0 a 4 anni di età) sono attri-buibili all’inquinamento indoor.

    I bambini piccoli trascorrono lamaggior parte del loro tempo a casa ea scuola, per cui la qualità e la sicurez-za di questi ambienti è un fattoredeterminante per la loro salute. Nellemura domestiche più della metà deibambini europei sono regolarmenteesposti al fumo passivo; inoltre, alme-no il 15% dei bambini e degli adole-scenti vivono in case molto umide e incondizioni microclimatiche che contri-buiscono allo sviluppo e peggioramen-to delle crisi asmatiche.

    I dati del Rapporto della Commis-sione indoor del Ministero del Lavoro,Salute e Politiche Sociali (1999), cheevidenziano la presenza in Italia dipatologie specifiche (es. asma, allergie,legionellosi ed alcune forme di cancro)e di situazioni di disagio sensorialenegli occupanti di abitazioni, uffici e diedifici pubblici, correlabili alla cattivaqualità dell’aria indoor, ha posto all’at-tenzione la necessità e l’urgenza di defi-nire a livello nazionale una strategiaper la tutela e la promozione della salu-te negli ambienti confinati.

    1.2.2 Rappresentazione dei dati

    Recentemente si sono conclusi dueprogetti europei, a cui hanno parteci-pato anche gruppi di ricerca italiani,

    228 I determinanti della salute

    1.2 Aria indoor

  • che si sono occupati della valutazionee gestione dell’impatto della qualitàdell’aria indoor sulla salute dellapopolazione europea: 1. Progetto EnVIE (“European Coor-

    dination Action for Indoor AirQuality and Health Effects”) che haindividuato quali sono le principalipatologie causate o aggravate dal-l’esposizione a fattori di rischioindoor ed ha indicato quali strategieadottare per ridurne l’impatto sullasalute della popolazione europea.

    2. Progetto europeo INDEX (“Criticalappraisal of the setting and imple-mentation of indoor exposure limitsin the UE”) che, sulla base di unprocesso di valutazione del rischio,ha identificato 14 composti chimicipotenzialmente presenti in ariaindoor che necessitano di una speci-fica regolamentazione.Lo scopo del progetto ENVIE è

    stato quello di valutare l’impatto sullasalute dell’inquinamento indoor, intermini di patologie causate o aggra-vate dall’esposizione a fattori dirischio presenti nell’aria indoor e difornire indicazioni per una strategiaeuropea di prevenzione. Il progetto hasintetizzato i risultati ottenuti daglistudi condotti negli ultimi venti anni,con particolare riferimento a quantoemerso dalla ricerca effettuata a livel-lo europeo e internazionale da parte dienti di ricerca o di istituzioni qualil’Unione Europea e l’OrganizzazioneMondiale della Sanità. Di seguito sifornisce un’analisi sintetica dei risulta-ti del progetto relativamente alle prin-cipali patologie identificate.

    Malattie allergiche e asma. Le ma-lattie allergiche respiratorie rappresen-tano patologie di comune riscontro, lacui incidenza sta aumentando in tuttaEuropa. L’asma colpisce la popolazio-ne adulta europea nella misura del 3-8%, mentre la prevalenza nella popo-lazione pediatrica è maggiore; unrecente studio multicentrico ha indica-to che la prevalenza di sintomatologiaasmatica nei bambini si colloca tra il

    2,5% e il 37%. Nell’ambito degliambienti indoor, gli agenti responsabi-li dell’insorgenza e/o dell’aggravamen-to di malattie allergiche includono siaagenti microbici che chimici. Tra iprimi si annoverano gli allergeni pro-dotti dagli acari della polvere o prove-nienti da animali domestici, le endo-tossine prodotte da batteri gramnegati-vi, le spore e i frammenti fungini, lecellule batteriche e metaboliti microbi-ci. Tra le sostanze chimiche in grado discatenare un attacco di asma vi sono laformaldeide e composti aromatici e ali-fatici. Inoltre è noto che l’esposizioneal fumo è in grado di determinare lacomparsa di sintomatologia asmatica;anche il particolato ultrafine, cosìcome il fumo prodotto dalla combu-stione di legname e carburante rappre-senta un fattore di rischio. Vi sonosegnalazioni di una associazione tra lapatologia asmatica e l’esposizioneindoor a ftalati, a materie plastiche ingenerale ed a prodotti chimici risultan-ti dalla ozonolisi dei terpeni.

    Tumore del polmone. In Europa iltumore del polmone rappresenta laprincipale causa di morte per cancro.La maggior parte dei casi di tumoredel polmone insorge in soggetti fuma-tori, tuttavia una quota non trascura-bile insorge anche in soggetti che nonhanno mai fumato. Tra le sostanzecancerogene presenti nell’aria indoorsono da segnalare il radon ed il fumodi tabacco. Il radon è considerato laseconda causa del tumore del polmo-ne. Un recente lavoro che ha valutato13 studi epidemiologici condotti inEuropa ha permesso di stimare checirca il 9% delle morti per tumore delpolmone può essere attribuito adesposizione domestica a radon. Ilfumo passivo è classificato come can-cerogeno del gruppo I dalla IARC.Uno studio recente ha indicato comelo 0,5% dei casi di tumore del polmo-ne nell’uomo ed il 4,6% dei casi ditumore nelle donne può essere ricon-dotto a esposizione a fumo passivo.Tra le cause di tumore del polmone

    229Ambiente

  • devono essere anche annoverati i pro-dotti di combustione. I primi dati rela-tivi all’insorgenza di tumore del pol-mone in soggetti esposti a particolatorisalgono agli anni novanta; recentistudi indicano che un aumento delPM2.5 di 10 µg/m3 risulta associatoad un incremento di mortalità pertumore del polmone del 14%. Anchel’esposizione a prodotti di combustio-ne diesel può aumentare il rischio ditumore del polmone, così come l’espo-sizione a vapori di oli di cottura e aprodotti di combustione del carboneutilizzato per usi domestici.

    Broncopneumopatia cronica ostrut-tiva (BPCO). Le stime attuali indicanonella BPCO la quinta causa della mor-bilità globale. Una recente revisionedella letteratura mondiale sulla BPCOconfluita nello European Lung WhiteBook indica in Europa una prevalenzadi BPCO rilevante dal punto di vistaclinico compresa tra il 4 e il 10% dellapopolazione adulta. Il fumo attivo è ilpiù importante fattore di rischio per losviluppo di BPCO. Si stima infatti checirca il 70% dei casi di BPCO sianoattribuibili al fumo di sigaretta, tutta-via una quota non trascurabile di casidi BPCO è stata messa in relazionecon altri fattori di rischio. Il fumo pas-sivo è stato associato ad aumentatorischio di sviluppo di BPCO, con unrischio relativo stimato nell’intervallo1,68-5,63. La combustione di biomas-se è stata ampiamente investigatacome fattore di rischio per BPCO inparticolare nei paesi in via di sviluppo;una revisione degli studi epidemiologi-ci nel mondo ha stimato il rischio diBPCO attribuibile a biomasse pari a1,8 negli uomini e pari a 3.2 nelledonne. Vi è inoltre evidenza che l’e-sposizione a lungo termine a muffe eumidità sia associata ad aumentatorischio di tosse o dispnea nell’adulto.

    Infezioni delle vie respiratorie. Lacontaminazione microbica degliambienti indoor è frequente ed è ingrado di causare infezioni a caricodelle vie aeree soprattutto nei soggetti

    ipersuscettibili. La via di trasmissionepiù comune è quella aerea, da personaa persona o da sorgente a persona.Molteplici sono le malattie infettiveche si possono contrarre in ambienteindoor, tra cui la tubercolosi, sindromiinfluenzali, nuove malattie come laSARS e la legionellosi. La legionellosiè prevalentemente sostenuta dallaLegionella pneumophila che è unmicroorganismo che utilizza comereservoir i sistemi acquatici, qualiimpianti di condizionamento, conden-satori, umidificatori, tubature dell’ac-qua (in quest’ultimo caso l’esposizioneavviene durante l’aerosolizzazioneprodotta durante l’utilizzo di acqua,come avviene nelle vasche di idromas-saggio, docce, sistemi di irrigazione,innaffiamento, etc). L’incidenza inEuropa è passata da 360 casi nel 2000a 765 nel 2005; casi letali sono fre-quenti soprattutto in soggetti anziani ein soggetti immunocompromessi.

    Malattia cardiovascolare. La malat-tia cardiovascolare (MCV) rappresen-ta la principale causa di morte nelmondo industrializzato. Tra i fattoridi rischio indoor di MCV vi sono ilfumo passivo e l’esposizione a partico-lato ed a monossido di carbonio.L’esposizione a fumo passivo può esse-re responsabile dell’insorgenza didanno cardiovascolare e si stima che ilrischio ad esso attribuibile sia nellamisura del 25-30%. Molti studihanno dimostrato l’esistenza di unnesso tra l’esposizione a particolatooutdoor e la mortalità/morbilità car-diovascolare. Vi è anche evidenza chel’esposizione a particolato indoor siaassociata ad aumentato rischio dimalattia cardiovascolare; tuttaviaulteriori studi sono necessari, soprat-tutto per definire il ruolo della quotaultrafine. Oltre ad essere responsabiledi avvelenamenti acuti letali e di tossi-cità nei confronti dello sviluppo fetale,vi sono evidenze che l’esposizione abassi livelli di monossido di carbonio(CO) possa essere responsabile dell’in-sorgenza di malattia cardiovascolare.

    230 I determinanti della salute

  • Livelli di CO tipicamente riscontratiin ambiente indoor sono associati ainsorgenza di effetti avversi in indivi-dui fisiologicamente stressati dall’eser-cizio fisico o da condizioni mediche,che li rendono più suscettibili ai bassilivelli di CO. I gruppi a rischio dieffetti avversi includono i bambini e isoggetti affetti da malattia cardiova-scolare, da BPCO e i soggetti anemici.

    Disturbi irritativi, alterazione delcomfort (Sindrome dell’edificio mala-to). L’esposizione a inquinanti presen-ti nell’aria indoor può causare l’insor-genza di sintomatologia aspecifica,quale irritazione delle vie respiratorieo oculare, cefalea, affaticamento, alte-razione del comfort. È stato coniato iltermine di “sindrome dell’edificiomalato” per descrivere gli edifici in cuila maggior parte degli occupanti riferi-sce la comparsa di sintomatologiaaspecifica riconducibile alla perma-nenza al loro interno, senza che tutta-via possa essere posta una specificadiagnosi o riconosciuta una specificacausa. Recenti studi hanno dimostratoche gli effetti avversi della scarsa qua-lità dell’aria indoor si manifestanoanche in termini di ridotta resa lavora-tiva o scolastica. Le sostanze respon-sabili dell’insorgenza della sintomato-logia includono sostanze chimichequali i composti organici volatili, gliaerosol e il particolato; la presenza dialtri fattori ambientali quali rumore,vibrazioni, affollamento e fattori ergo-nomici inadeguati può svolgere unruolo concausale.

    Il progetto INDEX ha avuto comeobiettivo l’identificazione dei compo-sti chimici presenti in aria indoor, peri quali è prioritario procedere a rego-lamentazione, al fine di limitare i ri-schi per la salute della popolazione. Lesostanze chimiche per cui è stata valu-tata come prioritaria la regolamenta-zione sono: formaldeide, monossidodi carbonio, biossido di azoto, benze-ne, naftalene. Per ciascuna di questesostanze, sulla base dei dati tossicolo-gici disponibili, sono stati suggeriti dei

    limiti di esposizione necessari pergarantire l’assenza di comparsa dipatologie, oltre che le principali misu-re preventive. Le sostanze del secondogruppo includono composti chimici incui la regolamentazione assume uncarattere di priorità inferiore: acetal-deide; orto-, para- e meta-xilene,toluene, stirene. Infine il terzo gruppodi sostanze comprende quei compostiper i quali sono necessarie ulterioriricerche (ammoniaca; delta-limonenee alfa-pinene).

    1.2.3 Esposizione e valutazione cri-tica dei dati

    I risultati del progetto ENVIEhanno consentito di valutare le princi-pali patologie che possono essere cau-sate o aggravate dall’esposizione adaria indoor ed ha individuato i fattoridi rischio e le rispettive sorgenti pre-senti negli ambienti indoor. In partico-lare è emersa la necessità di prevenirel’esposizione a fumo passivo, a radon,a particolato di origine indoor e out-door, ad agenti biologici (microorga-nismi e allergeni) ed a composti orga-nici volatili. Un maggior rischio dicancro al polmone è stato associatoall’esposizione al fumo di tabaccoambientale (ETS) ed ai prodotti didecadimento del radon, contribuendoin modo significativo al rischio cance-rogeno complessivo della popolazionegenerale. Inoltre, altri dati dimostranoche l’inquinamento indoor può rap-presentare un importante cofattorenella genesi delle malattie cardiova-scolari e di altre malattie sistemiche, inconsiderazione del fatto che talimalattie hanno una frequenza elevatae quindi anche un piccolo aumentopercentuale del rischio può determina-re l’insorgenza di migliaia di nuovicasi a livello di popolazione.

    Il progetto INDEX ha identificatoun gruppo di sostanze chimiche la cuiesposizione indoor, in base alla valuta-zione dei rischi sulla popolazione

    231Ambiente

  • europea, deve essere regolamentata invia prioritaria (formaldeide, monossi-do di carbonio, biossido di azoto, ben-zene, naftalene, acetaldeide, orto-,para- e meta-xilene, toluene, stirene).

    I due progetti di ricerca europeihanno indicato l’urgente necessità dicolmare il vuoto legislativo tuttora esi-stente in materia di qualità dell’ariaindoor e di fornire in breve tempoall’Europa un quadro legislativo diriferimento completo.

    1.2.4 Indicazioni per la program-mazione

    La riduzione del livello di inquina-mento indoor richiede la definizionedi politiche a livello europeo e nazio-nale e l’attuazione di misure preventi-ve da intraprendere sia livello indu-striale che individuale.

    I due progetti ENVIE-INDEXhanno indicato che le politiche di pre-venzione per ridurre e contenere irischi correlati all’aria indoor dovreb-bero fondarsi sulla necessità di defini-re sia politiche generali, sia politichespecifiche, che regolamentino aspettisingoli che possono contribuire almiglioramento della qualità dell’ariaindoor.

    In sintesi, gli interventi di sanitàpubblica proposti possono essere rag-gruppati come politiche generali e co-me politiche concernenti la costruzio-ne degli edifici, la ventilazione, i pro-dotti di consumo, gli aspetti di manu-tenzione degli edifici e comportamentidegli occupanti.

    Per quanto riguarda le politichegenerali, è necessario diffondere infor-mazioni relative alla qualità dell’ariaindoor e ai rischi correlati insieme allemodalità per prevenirli. A livellocomunitario, appare necessario svilup-pare protocolli armonizzati di monito-raggio dell’aria, così come tecniche diindagine, tali da assicurare la possibi-lità di confronto dei dati. È necessarioattuare campagne di monitoraggio

    degli effetti sulla salute, per verificarel’efficacia delle misure preventiveadottate. È, inoltre, utile definire lineeguida di esposizione ad inquinantiindoor, in particolare per abitazioni escuole. Un settore nel quale la norma-tiva sulla qualità dell’aria indoor puòessere introdotta pienamente è quellodella costruzione degli edifici. È neces-sario integrare le politiche sulla quali-tà dell’aria indoor con quelle dello svi-luppo urbano e soprattutto del consu-mo energetico degli edifici. In conside-razione del fatto che l’aria ambientalecondiziona l’aria indoor, è necessarioprivilegiare l’utilizzo di fonti energeti-che che minimizzino l’inquinamentodell’aria e progettare edifici a bassoconsumo energetico. A livello comuni-tario, è necessario disporre di proto-colli armonizzati per la valutazionedell’aria indoor e per l’etichettaturadei materiali di costruzione, di appa-recchiature e dei prodotti. Sempre inambito comunitario, è necessario svi-luppare linee guida per il controllodell’umidità e per abbattere la forma-zione di muffe, nell’ambito dellacostruzione, utilizzo e manutenzionedegli edifici. Per quanto riguarda l’ab-battimento dell’esposizione a radon, lemisure preventive da adottare preve-dono la costruzione di case con criteriradon-free, in particolare per quellecostruite nelle aree a maggior rischio(prone-areas). A livello europeo ènecessario sviluppare linee guida percontrollare l’esposizione a inquinantie umidità di origine indoor e outdoor.Un ulteriore aspetto da regolamentareè quello del ricambio dell’aria degliambienti indoor e del funzionamentodei sistemi di ventilazione/condiziona-mento, al fine di raggiungere un ade-guato ricambio e bonifica dell’aria. Ènecessario stabilire l’obbligo di verifi-ca dello stato di manutenzione degliimpianti. È inoltre opportuno bandirel’utilizzo di sistemi di combustionesenza adeguati sistemi di scarico,applicare alle stufe a gas adeguatisistemi di aspirazione, rendere obbli-

    232 I determinanti della salute

  • gatorio l’utilizzo di sistemi di rileva-mento del monossido di carbonio.Risulta utile anche procedere a regola-mentazione della produzione e utilizzodei prodotti di consumo, con riferi-mento allo sviluppo, a livello comuni-tario, di protocolli standardizzati pertestare la qualità dell’aria indoor.

    Infine, per quanto concerne le atti-vità di manutenzione degli edifici ed icomportamenti degli occupanti, ènecessario disporre di manuali di ispe-zione e manutenzione e sensibilizzarel’opinione pubblica nei confronti deicomportamenti volontari. In partico-lare, per quanto concerne il fumo pas-sivo, la normativa applicata in Europache bandisce o prevede restrizioni peril fumo nei luoghi di lavoro e nei luo-ghi pubblici è stata adottata nellamaggior parte dei paesi membri; tutta-via, per le abitazioni o altri ambientiindoor privati, misure preventive ana-loghe non sono state ancora sufficien-temente sviluppate. Per quest’ultimocaso, è possibile indire campagneinformative volte a sensibilizzarel’opinione pubblica sull’argomento,focalizzando l’attenzione sulla prote-zione dei rischi per la salute, in parti-colare dei bambini.

    A livello internazionale si segnalache l’Organizzazione Mondiale dellaSanità sta predisponendo delle specifi-che “Linee guida per la qualità del-l’aria indoor”. Le linee guida si artico-leranno in sezioni inerenti singoliinquinanti, agenti microbiologici eprodotti di combustione.

    A livello europeo la prevenzione edil controllo delle patologie correlateagli ambienti indoor sono obiettiviprioritari della Strategia per l’ambien-te e salute dell’Unione Europea. Lastrategia, denominata anche iniziativa“SCALE”(Science, Children, Aware-ness, Legal instrument, Evaluation),sostiene l’importanza di proteggereprima di tutto la salute dei bambinidalle minacce dell’ambiente, qualeinvestimento essenziale per assicurareun adeguato sviluppo umano ed eco-

    nomico. Gli obiettivi della strategiasono sviluppati anche nel piano euro-peo d’azione per l’ambiente e la salute2004-2010, che ha costituito unimportante contributo alla IV Con-ferenza intergovernativa Ambiente eSalute, organizzata dall’OMS RegioneEuropa (Budapest giugno 2004). Iltema della prevenzione delle malattiecorrelate agli ambienti indoor trovariscontri tangibili anche nel NuovoProgramma d’azione comunitario nelcampo della sanità pubblica (2008-2013).

    A livello Nazionale la Commissioneindoor (DM 8.4.1998) nel suo rappor-to ha evidenziato la presenza in Italiadi situazioni di rischio per la salute peri principali inquinanti presenti nel-l’aria interna. Ha definito le aree prio-ritarie di intervento e le indicazionitecniche per la realizzazione di un“Programma nazionale di prevenzioneindoor”. Sulla base di tali indicazionisono stati emanati i seguenti provvedi-menti in materia di inquinamentoindoor. � Accordo del 27 settembre 2001, tra

    Ministro della Salute, Regioni eProvince Autonome, recante, G.U.del 27 novembre 2001, n. 276 S.G.,S.O. n. 252. Fornisce le linee diindirizzo tecnico indispensabili allarealizzazione del Programma Na-zionale di Prevenzione indoor eanalizza gli strumenti e le strategieai diversi livelli (governativo, regio-nale, locale) per la realizzazione delProgramma;

    � Piano Nazionale Radon proponeuna serie di azioni, nel medio elungo periodo, per la riduzione delrischio associato all’esposizione alradon in Italia. Nel 2006 il Piano èstato parzialmente finanziato dalCentro di Prevenzione e Controllodelle Malattie (CCM) nell’ambitodel progetto “Avvio del Pianonazionale radon per la riduzionedel rischio di tumore polmonare inItalia”. Il progetto Pnr-Ccm rap-presenta quindi il primo stadio di

    233Ambiente

  • realizzazione a livello regionale delPNR;

    � Accordo del 5 ottobre 2006 recan-te Linee Guida per la definizione diprotocolli tecnici per la manuten-zione predittiva sugli impianti diclimatizzazione (GU n.256 del3.11.2006);

    � Linee guida per prevenzione e con-trollo legionellosi del 4.4.2000 (GUdel 5.5.2000, SG n.103);

    � Accordo del 13 gennaio 2005 tra ilMinistro della salute, le regioni e leP.A. di Trento e di Bolzano recan-te: Linea Guida recanti indicazionisulla legionellosi per i gestori distrutture turistico-recettive e ter-mali, (GU del 4 febbraio 2005 SGn. 28);

    � Linee di indirizzo per la realizzazio-ne nelle scuole di un Programma diprevenzione per i fattori di rischioindoor per asma e allergia. [È incorso l’istruttoria per l’acquisizionedella veste giuridica di AccordoStato Regioni].Infine, il Ministero del Lavoro,

    Salute e Politiche Sociali con la Legge3/03, art. 51 di tutela della salute deinon fumatori, ha inteso dare prioritàassoluta alle azioni impositive volte alla

    prevenzione ed al controllo del fumopassivo negli ambienti chiusi, medianteuna più rigida applicazione della nor-mativa vigente sul divieto di fumo edisponendo controlli e norme sanzio-natorie più severe.

    Bibliografia essenziale Fanger OP. What is IAQ? Indoor Air 2006; 16:

    328-34. Franchi M, Carrer P, Kotzias D, et al. Working

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    WHO, 2006. Air Quality Guidelines. GlobalUpdate 2005. World Health Organisation,Regional Office for Europe, Copenhagen.484 pp.

    234 I determinanti della salute

    1.3.1 Introduzione

    Nel passato decennio, l’obiettivoprioritario è stato il raggiungimento diuna copertura totale del territorio conun servizio di erogazione regolare peri bisogni della popolazione. La Legge36/94, (cosiddetta Legge Galli) si erariproposta di rinnovare il sistema sullabase di Ambiti Territoriali Ottimali(ATO), nel rispetto dell’unità di baci-no idrografico, con il superamentodella frammentazione delle gestioni, alfine di istituire i Servizi Idrici Integrati(SII), costituiti dall’insieme dei servizi

    pubblici di captazione, adduzione edistribuzione di acqua ad usi civili, difognatura e di depurazione delleacque. Lo scopo fondamentale eraquello di superare una realtà estrema-mente frammentata, sia territorial-mente che in conseguenza dello spez-zettamento del ciclo idrico (acquedot-ti, fognatura e depurazione), con lapresenza di molteplici aziende pubbli-che di proprietà degli enti locali, ed ilraggiungimento, in ciascun ATO, diun servizio che, con adeguate dimen-sioni gestionali, potesse essere svoltosecondo criteri di efficienza, efficacia

    1.3 Acqua

  • 235Ambiente

    ed economicità. A ciascun ATO, infat-ti, è demandato il compito della predi-sposizione di un Piano d’Ambito che,attraverso l’identificazione dei costitotali (gestione, manutenzione e inve-stimento) dell’intero SII, definisca ilfabbisogno infrastrutturale per con-sentire significativi investimenti.L’innovazione tecnologica è oltremo-do necessaria per fare fronte alle pro-blematiche che derivano dall’applica-zione delle Direttive Comunitarie, inmateria di qualità delle acque da distri-buire e di quelle da scaricare nel corpiidrici ricettori. Le grandi spinte in que-sto senso sono state proprio determina-te dal recepimento con il D.lgs 2 feb-braio 2001, n. 31, della Direttiva98/83/CE relativa alla qualità delleacque destinate al consumo umano e,con il D.lgs 3 aprile 2006, n. 152, dellaDirettiva 2000/60/CE relativa agliobiettivi di qualità. Quest’ultima haintrodotto importanti principi inmateria di tutela delle risorse e dellagestione di servizi idrici, fra i quali:l’uso solidale e la salvaguardia delleacque pubbliche per le generazionifuture; il risparmio e rinnovo dellarisorsa idrica nel rispetto del patrimo-nio idrico e dell’ambiente; la prioritàdell’uso della risorsa idrica per il con-sumo umano; l’unicità del ciclo inte-grato che comprende il servizio diacquedotto, di fognatura e di depura-zione per concentrare in questo artico-lato processo le capacità gestionali chedovranno garantire livelli di efficienzaed economicità; l’individuazione diuna nuova organizzazione dei serviziidrici basata su criteri idrografici eamministrativi.

    1.3.2 Rappresentazione dei dati

    Allo scopo di rappresentare sinteti-camente i dati più significativi, si èscelto di valutare alcuni differentiindicatori: presenza di Servizi IdriciIntegrati; qualità dell’acqua destinataal consumo umano; deroghe ai valori

    di parametro; prelievi di acqua perscopo idropotabile.

    Presenza di Servizi Idrici Integrati Le resistenze al cambiamento hanno

    dilatato enormemente i tempi previstiper la sua attuazione e, solo in quest’ul-timo biennio (2007-2008), si è conclusala fase di insediamento su tutto il terri-torio nazionale degli ATO per la gestio-ne del SII. Da un’analisi dei dati dispo-nibili risulta che solo la metà degli ATOhanno completato il procedimento diaffidamento del servizio. Secondo l’ulti-mo annuario delle statistiche ambienta-li, pubblicato recentemente dall’Istat, eriferito al 31 dicembre 2007, la percen-tuale di popolazione residente in comu-ni in cui opera il gestore del SII è pari al60% della popolazione totale, con unaumento del 20,6% rispetto al 2005, econ l’esclusione del Trentino-Alto Adi-ge, dove la legge non si applica in forzadi una sentenza della Corte Costituzio-nale del 1994 (Figura 1).

    Qualità dell’acqua destinata al consu-mo umano

    L’indicatore “qualità dell’acqua de-stinata al consumo umano” è diventa-to sempre più rilevante nella valuta-zione dello stato sanitario di un paese.

    La recente entrata in vigore del D.Lgs. 31/01 ha portato numerose inno-vazioni per quanto concerne i control-li analitici che devono essere effettuatied i relativi valori di parametro chenon devono essere superati per far sìche i servizi preposti possano emettereun giudizio di idoneità al consumoumano dell’acqua. In particolare sonostati modificati i parametri microbio-logici, indicatori di contaminazionefecale, coliformi fecali e streptococchi,con l’introduzione dei parametriEscherichia coli ed enterococchi, sicu-ramente più validi e significativi perindicare una contaminazione.L’allarme giunge, peraltro, da nuoveemergenze: nell’ultimo decennio sonostati scoperti almeno 35 agenti patoge-ni, nuovi o riemersi dopo lunghi anni

  • di inattività, con presenza di ceppimodificati ed altamente pericolosi,tutti trasmissibili attraverso l’acqua.Attualmente il livello conoscitivo/orga-nizzativo è tale da non consentireun’efficiente ed efficace correlazionetra patologie diagnosticate/denunciatee probabilità di correlazione con ilconsumo di acqua infetta, ma il pro-blema rappresenta una priorità nellapolitica sanitaria del nostro paese.

    Per quanto concerne gli inquinantichimici, la nuova normativa pone par-ticolare attenzione agli inquinantiantropici e soprattutto ai pesticidi,fitosanitari e loro metaboliti. Propriol’introduzione di quest’ultima voce è ilrisultato di lunghi anni di studi chehanno rilevato la persistenza ed ilrischio di inquinamento di falde,anche profonde, da parte di prodottidi degradazione la cui presenza inge-nera doppie conseguenze: per prima, ilrischio di una tossicità intrinseca,spesso sconosciuta, della sostanza; perseconda, la probabilità che tali sostan-ze modifichino equilibri chimico-fisici

    delle acque, alterando la capacità del-l’acqua stessa, per fenomeni di ossido-riduzione, di liberare elementi natura-li, presenti negli strati rocciosi attra-versati dalle acque, in quantità supe-riori al passato. Un esempio tipico diquesto fenomeno è dato dall’arsenico,la cui presenza, pur di origine natura-le, è andata aumentando per la presen-za di inquinanti antropici.

    Inoltre, l’uso estensivo di fertilizzan-ti azotati per l’agricoltura e la mancan-za di protezione dai rifiuti azotati pro-venienti dagli allevamenti intensivi dianimali, rappresentano un grave pro-blema per la presenza di nitrati nelleacque a cui le nuove imposizioni nor-mative stanno cercando di porre limite.

    Non deve inoltre essere sottovaluta-to il grado di inquinamento connessoa prodotti di degradazione derivantidai trattamenti di disinfezione e pota-bilizzazione delle acque, su cui lacomunità scientifica sta investendonotevoli risorse, sia per studi conosci-tivi relativi al fenomeno, sia per l’ela-borazione di tecniche alternative.

    236 I determinanti della salute

    Figura 1 – Percentuale di popolazione residente in comuni in cui opera il gestore del Servizio idrico integrato perregione al 31 dicembre 2007

    FONTE DATI: Istat, Rilevazione Enti gestori dei servizi idrici 2007.

  • DerogheCon l’entrata in vigore del nuovo

    disposto normativo e dei nuovi valoriparametrici più restrittivi, alla lucedella realtà geologica del territorio ita-liano, è stato necessario utilizzare inmaniera massiva l’istituto delle deroghesu ampie zone, in particolare per l’arse-nico, utilizzando come Valori MassimiAmmissibili i valori di parametro invigore precedentemente, considerandoche in alcune aree geografiche non erapossibile l’erogazione di acqua con altrimezzi congrui, ma soprattutto assicu-rando che la deroga non rappresentas-se un potenziale pericolo per la salute.

    Infatti, i valori parametrici si basa-no sulle conoscenze scientifiche dispo-nibili, e, tenuto conto del principio diprecauzione, vengono scelti al fine digarantire che le acque destinate al con-sumo umano possano essere consuma-te in condizioni di sicurezza nell’interoarco della vita. L’esistenza o meno dieffetti sulla salute dipende, oltre chedalle specifiche sostanze in questione,dai valori di concentrazione e dalperiodo di superamento.

    Le deroghe per il parametro arsenico,nel primo periodo di attuazione, hannoriguardato territori delle regioni Pie-monte, Lombardia, Trentino Alto A-dige, Toscana e Lazio, per una popola-zione complessiva, nel gennaio 2004, di1.430.000 unità. L’onerosità delle opereinfrastrutturali necessarie all’abbatti-mento non ha consentito una riduzionesignificativa della popolazione coinvol-ta, anche se, per i territori in deroga nelprimo triennio, si è passati da un valoremedio di concentrazione nell’acqua delparametro arsenico di 43mcg/l a unvalore medio di 18mcg/l (di poco supe-riore al valore obiettivo di 10mcg/l).Inoltre, all’interno delle medesimeregioni e anche in altri territori del cen-tro-sud, l’applicazione di metodiche dimonitoraggio più accurate, e soprattut-to il passaggio graduale delle piccolegestioni comunali a gestori di grandidimensioni (pubblici, privati o misti,spesso frutto di aggregazione e fusione

    con le cosiddette mutiutilities), ha fattoemergere, nel corso del 2007 e 2008,realtà territoriali che in precedenza nonerano state individuate. A dicembre2008, la popolazione interessata risultadi circa 1.200.000 unità, ma va invecesottolineato che è stato significativa-mente ridotto il livello di arsenico pre-sente nell’acqua effettivamente erogatache, nei territori oggetto di deroga agennaio 2004, aveva un valore medio di43mcg/l, mentre attualmente presentaun valore medio di circa 20mcg/l.

    Un discorso a parte va fatto per ilparametro “trialometani”, categoriadi sottoprodotti della disinfezione, peril quale, ad oggi, sono ancora in vigo-re deroghe che coinvolgono circa cin-que milioni di abitanti. La formazionedi trialometani (THM) nell’acqua èlegata alla reazione che si ha tra l’ipo-clorito, utilizzato come ossidante edisinfettante, e composti di originenaturale presenti nell’acqua in quanti-tà estremamente variabile, soprattuttoper acque di origine superficiale.

    La risoluzione del problema passaattraverso una completa ristrutturazio-ne degli impianti di trattamento, elimi-nando l’uso di ipoclorito, introducen-do il biossido di cloro o la conversionein biologico. D’altro canto la Direttiva98/83/CE, sulla base degli orientamen-ti stabiliti dall’OMS per la qualità del-l’acqua potabile, e sul parere del comi-tato scientifico della Commissionedell’Unione Europea, ha fissato il valo-re del suddetto parametro in 100mcg/l,mentre in fase di recepimento, nel D.Lgs. 31/01 è stato introdotto un valoredi 30mcg/l, e le deroghe vengono fissa-te nell’ambito di un VMA di 80mcg/l.Ad oggi l’acqua erogata, ad es.dall’Acquedotto Pugliese, presentavalori medi di 45mcg/l, quindi menodella metà di quanto stabilito dallaDirettiva europea.

    Prelievi di acqua a scopo idropotabileI dati più recenti, relativi al 31

    dicembre 2007, raccolti per il rappor-to triennale all’UE, presentano un pre-

    237Ambiente

  • lievo a scopo idropotabile dell’entitàdescritta nella Figura 2.

    1.3.3 Valutazione critica dei dati

    Analizzare i prelievi regionali dafonti superficiali e da fonti sotterraneerispetto al totale prelevato è importan-te, al fine di avere un quadro dellosfruttamento delle risorse idrichesuperficiali e sotterranee per questaspecifica destinazione d’uso. Da questeinformazioni ne deriva la valutazionein continuo tra il rapporto necessitàigienico sanitaria di acqua di buonaqualità ed equilibrio idrogeologico.

    Infatti il progressivo deterioramentoqualitativo e quantitativo delle risorsespinge l’uomo ad utilizzare sempre più

    le acque profonde di miglior qualità,mentre tali acque dovrebbero essereconservate come riserva strategica,visto anche il lungo periodo di rigene-razione che le caratterizza. L’abusoindiscriminato della captazione diacque sotterranee è un fenomeno diffu-so e crescente, soprattutto nelle aree incui insistono insediamenti umani,urbani e industriali, contribuendoanche alla desertificazione delle areecostiere e all’intrusione delle acquesalate nelle falde sotterranee.

    1.3.4 Indicazioni per la program-mazione

    La normativa specifica relativa allaprotezione dei corpi idrici sotterranei

    238 I determinanti della salute

    Figura 2 – Percentuale di acqua superficiale, invasi, laghi e fiumi, o costiera di transizione o sotterranea di ricari-ca artificiale nel triennio 2005-2007

    FONTE DATI: ex Ministero della Salute. Rapporto triennale all’UE.

  • (Direttiva 2006/118/CE) è, al mo-mento, in fase di recepimento ed intempi brevi dovrebbe diventare ope-rativa sul territorio nazionale. Infatti,si tratta di un dispositivo di comple-tamento normativo fondamentale siaper la definizione degli standard diqualità ambientale, sia per la raziona-lizzazione dell’utilizzo delle risorseumane e finanziarie destinate al mo-nitoraggio.

    Il problema dei costi relativi almonitoraggio è già da anni oggetto diattente valutazioni da parte di tutte leautorità sanitarie, e già, per le acquedestinate al consumo umano, il D.Lgs. 31/01 ha introdotto la facoltà chegli enti locali preposti ai controlli ana-litici delle acque possano ridurre lafrequenza di monitoraggio dei para-metri, sulla base di una conoscenzaapprofondita delle caratteristiche deipropri territori di competenza, com-prese le pressioni e gli impatti antropi-ci che potrebbero determinare rischi dideterioramento delle risorse.

    Purtroppo, il ritardo nell’attuazionedei sistemi organizzativi per la gestionedei servizi idrici integrati, fa sì cheancora non sia stata raggiunta, sul ter-ritorio italiano, una significativa utiliz-zazione delle informazioni. Dai dati

    trasmessi dalle regioni per il rapportotriennale all’UE relativo agli anni 2005-2006-2007, solo pochissime AziendeSanitarie Locali hanno applicato, nelcitato triennio, minime e/o sporadicheriduzioni di frequenza, sia per parame-tro sia per punto di prelievo.

    È auspicabile che, anche con l’attua-zione della Direttiva 2006/118/CE,con l’interscambiabilità delle informa-zioni e con l’introduzione di piani dimonitoraggio mirato, si possa rag-giungere un sistema economicamentesostenibile, in grado di individuarepriorità di intervento e miglioramentodei livelli di conoscenza tra rischiambientali e rischi sanitari, allo scopodi invertire le tendenze di degradodegli ecosistemi acquatici e degli ecosi-stemi terrestri che ne dipendono.

    Bibliografia essenziale Direttiva 2006/118/CE sulla protezione delle

    acque sotterranee dall’inquinamento e daldeterioramento.

    D. Lgs. 31/01, recepimento della Direttiva98/83/CE concernente la qualità delle acquedestinate al consumo umano.

    D. Lgs. 152/06. Norme in materia ambientale.Legge 36/94, Disposizioni in materia di risorse

    idriche.Istat. Annuario Statistiche Ambientali, 2

    dicembre 2008.

    239Ambiente

    1.4.1 Radiazioni ionizzanti

    Gas radon – Esposizione dei datiL’esposizione al radon ed ai suoi

    prodotti di decadimento rappresentaun fattore di rischio accertato per iltumore polmonare (gruppo 1 dellaIARC - International Agency forResearch on Cancer). Le stime delrischio di tumore polmonare connessoall’esposizione al radon sono statebasate, fino a pochi anni fa, principal-mente sugli studi epidemiologici su

    coorti di minatori di miniere sotterra-nee di uranio, caratterizzate da valorimolto alti di concentrazione di radon.I risultati così ottenuti sono stati estra-polati ai valori più bassi di concentra-zione di radon, riscontrabili nelle abi-tazioni e nei normali luoghi di lavoro,e sulla base di tali estrapolazioni moltiStati ed Organismi Internazionalihanno emanato norme o raccomanda-zioni per limitare l’esposizione alradon. In Italia, il D.Lgs 241/00, cheha recepito la Direttiva 29/96/Euratom

    1.4 Radiazioni

  • modificando ed integrando il D.Lgs230/95, ha introdotto la regolamenta-zione dell’esposizione al radon nei luo-ghi di lavoro. Le incertezze connesseall’estrapolazione dei risultati deglistudi epidemiologici sui minatorihanno spinto ad effettuare studi epide-miologici (di tipo caso-controllo), pervalutare direttamente il rischio ditumore polmonare connesso all’esposi-zione al radon nelle abitazioni. Dati ivalori di esposizione generalmente piùbassi rispetto alle miniere, è necessarioanalizzare in modo combinato i dati dimolti studi per aumentarne la potenzastatistica. Negli ultimi quattro annisono stati pubblicati i risultati delleanalisi combinate di tutti i principalistudi epidemiologici di tipo caso-con-trollo condotti in Europa (13 studi,incluso uno effettuato in Italia), nelNord-America (7 studi) e in Cina (2studi). I risultati di questi studi epide-miologici hanno dimostrato che l’espo-sizione al radon nelle abitazioni au-menta in modo statisticamente signifi-cativo il rischio di tumore polmonare,e che tale aumento è proporzionale allivello di esposizione. In particolare,l’analisi combinata degli studi europeiha permesso di stimare che ad ogniincremento di 100 Bq/m3 di concen-trazione di radon media, corrispondeun incremento del rischio del 16%circa. Inoltre è stata evidenziata unaforte sinergia tra il radon ed il fumo disigaretta, a causa della quale il rischiodovuto all’esposizione al radon è mol-to più alto (circa 25 volte) per i fuma-tori che per i non fumatori. Anche peri non fumatori, comunque, vi è unincremento di rischio significativo.Una delle principali novità di tali ana-lisi è che il rischio aumenta in modostatisticamente significativo non soloper elevate esposizioni al radon, maanche per esposizioni prolungate aconcentrazioni di radon medio-basse,che non superano i 200 Bq/m3. Diconseguenza, i casi di morte per cancropolmonare attribuibili al radon inItalia sono circa 3.000 (da 1.000 a

    5.500) all’anno, la maggioranza deiquali tra i fumatori a causa degli effet-ti sinergici di radon e fumo.

    Gas radon - Indicazioni per la pro-grammazione

    Sulla base di questi risultati si stan-no sviluppando a livello sia nazionale(in diversi Paesi, tra cui il Canada, laGermania, il Regno Unito) che inter-nazionale (nelle raccomandazioni diorganismi internazionali, in particola-re dell’Organizzazione Mondiale dellaSanità) nuovi approcci finalizzati aridurre i rischi connessi all’esposizioneal radon. Tali approcci non sono piùincentrati esclusivamente sulla ridu-zione dei valori più elevati di concen-trazione di radon nelle abitazioni e neiluoghi di lavoro, ma considerano giu-stificati anche interventi (incluso quel-li normativi) finalizzati alla riduzionedi concentrazioni di radon medio-basse, tenendo conto anche del rap-porto costo/efficacia.

    Una delle strategie di intervento conmigliore rapporto costo/efficacia con-siste nell’introdurre in fase di costru-zione per i nuovi edifici (e non soloper quelli situati in zone a maggiorepresenza di radon) semplici accorgi-menti costruttivi che riducano l’in-gresso del radon e che facilitino (e ren-dano più efficace) l’eventuale successi-va installazione di sistemi attivi diriduzione della concentrazione diradon. L’adozione di tali accorgimentiin fase di cantiere ha un costo general-mente molto limitato, sostanzialmentetrascurabile rispetto al costo comples-sivo dell’edificio, ed ha solitamente uneffetto positivo anche in relazioneall’isolamento dall’umidità del terre-no. Questa strategia, già adottata inpassato da alcuni Paesi quali l’Irlanda,si sta ora diffondendo come uno deisistemi più efficaci per ridurre il nume-ro complessivo di effetti sanitari attri-buibili al radon. Ad esempio, l’HealthProtection Agency (UK) ha raccoman-dato nel maggio di quest’anno l’esten-sione a tutti gli edifici di nuova costru-

    240 I determinanti della salute

  • zione del livello base di protezione(cioè la posa di una membrana imper-meabile al radon), prima non richiestonelle zone a bassa probabilità di alteconcentrazioni di radon.

    Una tale strategia di prevenzioneandrebbe applicata in Italia il primapossibile, in quanto ogni edificio dinuova costruzione realizzato senza que-ste tecniche preventive potrà aver biso-gno, soprattutto nelle zone a maggiorepresenza di radon, di un successivointervento di mitigazione, che avrà uncosto più elevato ed un’efficacia inferio-re, ad edificio già costruito. In partico-lare, negli strumenti urbanistici (piani dicoordinamento, PRG, regolamenti edi-lizi, ecc.) di tutti gli enti preposti allapianificazione e controllo del territorio(in particolare le amministrazionicomunali) andrebbe introdotta la pre-scrizione per i nuovi edifici di adottaresemplici ed economici accorgimenticostruttivi, finalizzati alla riduzione del-l’ingresso di radon ed a facilitare l’in-stallazione di sistemi di rimozione delradon che si rendessero necessari suc-cessivamente alla costruzione dell’edifi-cio. Analoghe prescrizioni dovrebberoessere adottate per quegli edifici sogget-ti a lavori di ristrutturazione o manu-tenzione straordinaria, che coinvolganoin modo significativo le parti a contattocon il terreno (attacco a terra).

    Per ridurre il rischio di tumore pol-monare in Italia, il Ministero delLavoro, Salute e Politiche Sociali -CCM ha affidato all’ISS la realizzazio-ne del Piano nazionale radon, predi-sposto nel 2002 da un’apposita com-missione del Ministero del Lavoro,Salute e Politiche Sociali con esperti didiversi enti ed amministrazioni, nazio-nali e regionali. Il primo progetto delCCM (“Avvio del Piano NazionaleRadon per la riduzione del rischio ditumore polmonare in Italia”, termineprevisto 31/12/2009) include alcunedelle azioni previste dal PianoNazionale, selezionate in modo dapermettere l’avvio complessivo delpiano medesimo. In particolare, il pro-

    getto prevede l’istituzione dell’archi-vio nazionale radon, lo sviluppo dellamappatura delle concentrazioni diradon negli edifici, la valutazione deirischi associati all’esposizione e la pro-duzione di adeguamenti normativi elinee guida.

    1.4.2 Radiazioni non ionizzanti

    Radiazione ultravioletta – Esposizio-ne dei dati

    L’esposizione eccessiva alle radiazio-ni ultraviolette (UV) è in grado di acce-lerare molti processi degenerativi acarico sia della cute (melanomi, carci-nomi spinocellulari e basaliomi, non-ché invecchiamento precoce del tessutocutaneo), sia dell’occhio, anche conmanifestazioni patologiche precoci. Ilsole rappresenta certamente la fontenaturale più significativa di esposizio-ne agli UV, anche se negli ultimi annisono andate grandemente aumentandosorgenti artificiali di radiazione ultra-violetta, come le lampade abbronzanti.Secondo la IARC, la radiazione solareè compresa fra i cancerogeni certi(gruppo 1), mentre le radiazioni UV ditipo A, B e C, così come l’esposizionealle lampade e ai lettini solari per l’ab-bronzatura artificiale, sono considera-te cancerogeni probabili (gruppo 2A). Idanni da esposizione agli UV sonodocumentati, anche se in misuraincompleta o parziale, soltanto per leneoplasie cutanee correlate o correla-bili con l’esposizione a queste radiazio-ni. Il numero di individui che si amma-la di melanoma è purtroppo in cresci-ta, anche se non si può escludere unacomponente legata a possibile sovra-diagnosi. In Italia ogni anno muoionocirca 1.500 persone a causa di questaneoplasia della cute e circa 7.000 per-sone ne ricevono una prima diagnosi.Fonti Istat (2005 – 2006) rivelano chela mortalità per melanoma aumentadell’1,5% annuo (nel 2000 il melano-ma ha fatto registrare un aumento didecessi pari al 19,9% negli uomini in

    241Ambiente

  • una fascia d’età compresa tra i 15-39anni) e l’incidenza dello stesso è al+10% annuo. Le stesse fonti definisco-no il melanoma il tumore con la piùalta dinamica oggi conosciuta. La velo-cità di crescita corrisponde a quasi unraddoppio (100%) del tasso ogni diecianni. Purtroppo non si riscontra nessu-na flessione in questa tendenza allacrescita sistematica dell’incidenza delmelanoma.

    Come nella maggior parte dei Paesieuropei, le scarne norme italiane nonprevedono il rispetto di limiti di espo-sizione specifici. Nell’esercizio praticodella protezione, i limiti raccomandatidalla Commissione internazionale perla protezione dalle radiazioni nonionizzanti (ICNIRP) sono, di norma, iriferimenti d’obbligo. Per quantoriguarda l’esposizione professionale, sitratta di un problema sottovalutato,nonostante le attività occupazionalioutdoor possano implicare esposizionisignificative soprattutto in particolariperiodi dell’anno.

    Radiazione ultravioletta - Indicazioniper la programmazione

    I programmi di informazione ed e-ducazione sanitaria già avviati, do-vrebbero essere integrati tenendo contodella necessità di cambiare i concettiradicati nella popolazione che collega-no l’esposizione al sole al benessere el’abbronzatura alla buona salute, ren-dendola consapevole che l’esposizioneal sole può costituire un rischio per lasalute, ed informare sui rischi che com-porta l’utilizzo abituale delle lampadeabbronzanti. Tale progetto potrebbeconcretizzarsi obbligando i gestori dei“solarium”, con apposita legge, adinserire in tutti i centri abbronzanti unmanifesto che evidenzi i rischi connessiall’esposizione dei raggi UVA e UVBdelle lampade abbronzanti ed un mani-festo in cui siano visibili quali tipologiedi nei siano pericolosi e soggetti ad uncontrollo specialistico.

    È necessario fornire informazioniriguardanti le caratteristiche fenotipi-

    che dei soggetti a maggior rischio; chipresenta caratteristiche come carna-gione, capelli ed occhi chiari presentainfatti un’incidenza di melanoma piùelevata. È altresì indispensabile infor-mare sui tempi di una corretta esposi-zione solare in relazione alle propriecaratteristiche fenotipiche, e sullecaratteristiche delle protezioni solaricontenenti soli filtri UVB (che riducen-do il rischio delle scottature favorisco-no esposizioni prolungate agli UVAche potrebbero aumentare il rischio ditumori cutanei) in attinenza allaRaccomandazione 2006/647/CE, edinformare altresì che il fattore di pro-tezione dei prodotti solari è inefficacese inferiore a 20. Si deve incrementarel’informazione rivolta ai genitoririguardo la pericolosità di esporre alleradiazioni solari UV i bambini (0-14anni) nelle fasce orarie 11-16. Le fre-quenti scottature solari, soprattuttonel periodo infantile, aumentanoinfatti le possibilità di sviluppare ilmelanoma, e nei bambini è cruciale lanecessità di utilizzare creme solari adaltissima protezione.

    La familiarità, cioè la presenza dellastessa malattia in altri membri dellafamiglia, è un ulteriore criterio signifi-cativo per una più adeguata prevenzio-ne. Lo studio e l’analisi della storia cli-nica in ogni singola famiglia permette-rebbe di definire il rischio di ricorrenzaper melanoma tra i diversi membridella famiglia, e l’attuazione di testgenetici mirati consentirebbe l’identifi-cazione degli individui predisposti allacomparsa di questo particolare tumore.

    Sul versante della prevenzione occu-pazionale, è necessario che il “sistemaistituzionale”, di cui al Titolo I del D.Lgs. 81/08, trasferisca ai datori dilavoro il concetto che l’esposizione allaradiazione solare deve essere conside-rata un rischio per i lavoratori outdo-or, e come tale deve rientrare nellavalutazione dei rischi: vanno quindimesse in atto le misure di prevenzionedisponibili per ridurre il rischio da UV,inclusa l’informazione ai lavoratori e

    242 I determinanti della salute

  • la formazione sui comportamenti cor-retti per ridurre l’esposizione.

    Campi elettromagnetici – Esposizionedei dati

    Esiste una diffusa preoccupazionenel pubblico per i possibili effetti noci-vi per la salute dell’esposizione a campielettromagnetici, sia a frequenze estre-mamente basse (ELF, in primo luogo lafrequenza di 50 Hz della corrente elet-trica) sia alle frequenze più elevate(radiofrequenze, RF). Peraltro, lo svi-luppo di nuove tecnologie e la conse-guente moltiplicazione delle sorgentipone continuamente nel pubbliconuovi interrogativi, che richiederebbe-ro risposte chiare e tempestive. Un pos-sibile ruolo cancerogeno dei campimagnetici ELF è stato suggerito solo inrelazione alla leucemia infantile. Perquesta patologia alcuni studi epidemio-logici hanno evidenziato un’associazio-ne statisticamente significativa. Aibambini in studio esposti a livelli dicampo magnetico superiori a 0,4 µTera associato un rischio doppio di con-trarre la leucemia rispetto a quelli espo-sti a meno di 0,1 µT. In contrasto con irisultati epidemiologici, la ricerca dilaboratorio su animali esposti in condi-zioni controllate o su sistemi cellularinon ha fornito elementi a sostegnodella cancerogenicità dei campi magne-tici ELF, né ha permesso di individuaredei meccanismi biofisici che possanospiegare un ruolo dei campi magneticiELF nella cancerogenesi. Nel 2001 laIARC ha classificato i campi magneticiELF nel gruppo 2B possibilmente can-cerogeno per l’uomo. Nel 2007,l’Organizzazione Mondiale della Sanità(OMS) ha pubblicato la monografia“Extremely Low Frequency Fields”relativa a tutte le possibili conseguenzesanitarie delle esposizioni a campi elet-trici e magnetici ELF. In merito aitumori, l’OMS ha confermato le valu-tazioni già espresse dalla IARC, e haconcluso che per i tumori infantilidiversi dalla leucemia, e per i tumorinegli adulti, le evidenze scientifiche a

    favore dell’ipotesi di un’associazionecon l’esposizione a campi magneticiELF sono molto più deboli che per laleucemia infantile. Per quanto riguardale conoscenze relative a patologie qualidepressione, suicidi, malattie cardiova-scolari, disfunzioni riproduttive, malat-tie dello sviluppo, modificazioni immu-nologiche, effetti neurocomportamen-tali e malattie neurodegenerative,l’OMS ha concluso che le evidenzescientifiche a favore di un’associazionecon l’esposizione a campi magneticiELF sono di nuovo molto più deboliche per la leucemia infantile. Volendoquantificare la dimensione dell’ipoteti-co rischio, se veramente i campi magne-tici ELF fossero cancerogeni, su 49.000nuovi casi di leucemia infantile stimatinel 2000 in tutto il mondo, da 100 a2.400 casi potrebbero essere attribuibi-li ai campi magnetici a 50/60 Hz.Secondo stime relative alla situazioneitaliana, non più di 1 caso di leucemiainfantile, su circa 400 che si verificanoogni anno, potrebbe essere attribuitoall’esposizione ai campi magneticigenerati dalle linee elettriche.

    Sul versante delle RF, sulla base divari studi epidemiologici condotti su uti-lizzatori di telefoni cellulari, su soggettiesposti in ambito lavorativo, o su popo-lazioni residenti in prossimità di impian-ti trasmettitori, non vi sono evidenzeconvincenti di incremento del rischio ditumori. Inoltre, numerosi studi condottisu animali non hanno accertato alcunruolo dei campi a radiofrequenza nellosviluppo del cancro, né da soli né inassociazione a cancerogeni noti.

    Esiste infine il tema della cosiddettaipersensibilità elettromagnetica. Esi-stono soggetti che presentano o lamen-tano sintomi soggettivi, attribuitiall’esposizione sia a ELF che RF, comedisturbi del sonno, affaticamento,stress, formicolii sul viso, sensazione dibruciore della pelle, eruzioni cutanee,dolori muscolari, bruciore agli occhi,disordini dell’apparato digerente. Sonostati effettuati numerosi esperimenti incondizioni controllate, ed è emerso

    243Ambiente

  • chiaramente che, fatte salve pocheeccezioni, questi sintomi sono reali main nessun caso vi è correlazione tra lasintomatologia accusata e l’esposizio-ne a campi elettromagnetici, ma piut-tosto con la percezione che il soggettoha della sussistenza o meno. Coeren-temente, l’OMS, data l’assenza di spe-cifici criteri diagnostici e di qualsiasievidenza scientifica di una relazionecausa-effetto, ha raccomandato diindicare il fenomeno non come iper-sensibilità ai campi elettromagnetici,ma come intolleranza idiopaticaambientale attribuita (dal portatore) aicampi elettromagnetici, inserendolonel contesto più ampio dell’intolleran-za idiopatica ambientale, una sindro-me che comprende diverse condizionicome la sensibilità ad agenti chimici ela stanchezza cronica.

    Campi elettromagnetici - Indicazioniper la programmazione

    La diffusa preoccupazione sui rischiattribuiti ai campi elettromagnetici, chein alcune situazioni assume livello divero e proprio allarme, ha contribuito acreare notevoli tensioni sociali, conimportanti conseguenze politiche, eco-nomiche e sanitarie, queste ultime lega-te alla considerazione che l’ansia, tantopiù se ingiustificata o esagerata, costi-tuisce un attacco alla salute. È quindi dinuovo cruciale il ruolo della comunica-zione. Il Ministero del Lavoro, Salute ePolitiche Sociali, riconoscendo l’impor-tanza di una corretta informazione ecomunicazione nel settore della tuteladagli effetti sulla salute dei campi elet-tromagnetici, ha quasi completato conil CCM il progetto “Salute e campi elet-tromagnetici (CAMELET)”. Il proget-to, di durata triennale, è stato sviluppa-to dall’Istituto Superiore di Sanità edha avuto come obiettivo la creazionepresso il CCM di una struttura di rico-nosciuta competenza per la valutazionedei dati scientifici, la stima dei rischisanitari e la relativa comunicazione alpubblico. Tra i principali risultati figu-rano la raccolta e traduzione di docu-

    menti internazionali, la predisposizionedi opuscoli e fogli informativi e la rea-lizzazione del sito web www.iss.it/elet.Molto rimane da fare però in termini dicampagne attive di comunicazione.

    Per quanto riguarda l’intolleranzaidiopatica ambientale attribuita aic