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E Diu al disè: - La tiere che si taponi di vert... E al sucedè propit cussì... e Diu al viodè ch’al leve ben (Gjenesi 1, 11-12) “che se non fossero li boschi dalli quali ai tempi debiti et opportuni si serviamo saressemo isforzziati a bandonare il paese et morirssi di fame” (Vicinia comune di Muzzana, 12 luglio 1598 ASU, ANA, notaio Di Marco Lorenzo, b.3333) la bassa collana / 72 Luisa Bianco – Giuliano Bini – Benvenuto Castellarin Adelmo Della Bianca – Enrico Fantin – Vittorino Gallo Fabio Prenc – Francesco Sguazzin – Roberto Tirelli I boschi della Bassa Friulana a cura di Giuliano Bini

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E Diu al disè:- La tiere che si taponi di vert...

E al sucedè propit cussì...e Diu al viodè ch’al leve ben

(Gjenesi 1, 11-12)

“che se non fossero li boschidalli quali ai tempi debiti et opportuni

si serviamo saressemo isforzziatia bandonare il paese et morirssi di fame”

(Vicinia comune di Muzzana, 12 luglio 1598ASU, ANA, notaio Di Marco Lorenzo, b.3333)

la bassacollana / 72

Luisa Bianco – Giuliano Bini – Benvenuto CastellarinAdelmo Della Bianca – Enrico Fantin – Vittorino GalloFabio Prenc – Francesco Sguazzin – Roberto Tirelli

I boschidella Bassa Friulana

a cura di Giuliano Bini

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Fabio Prenc

I boschi della Bassa Friulananell’antichità

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A pagina precedente.

Fig. 1. Gli insediamenti di età romana della Bassa Pianura Friulana occidentale.

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A proposito di silva lupanica

In occasione dei preparativi per la stesura diquesto lavoro mi sono spesso imbattuto nella silvalupanica, la foresta che i Romani avrebbero incon-trato al loro arrivo in questi territori (1).

Per saperne di più sono partito da internetattivando sia la ricerca dalla parola chiave “silvalupanica” che ricerche multiple utilizzando lemmiquali “bosco”, “selva”, “Basso Friuli”, “età roma-na” etc.

Si è così attivato un cospicuo numero di linksalle home pages di Comuni, di Enti territoriali e dinumerose realtà socio-economiche della zona.All’interno di questi siti web ampio spazio vienedato ai boschi oggetto del presente volume e se nerimanda l’origine direttamente all’epoca preromanaperiodo in cui vi sarebbero stati tre grandi boschi: lasilva phaetontea, dalla Livenza verso ovest, la silvadiomedea, dall’Isonzo verso le propaggini carsiche,e la silva lupanica, tra Isonzo e Livenza. Le fontiantiche cui generalmente si rimanda sono il geo-grafo greco Strabone (ca. 64 a.C. - 19 d.C., autoredei Geographica, vissuto anche a Roma), Plinio ilVecchio (autore della Naturalis Historia, morto nel79 d.C. durante l’eruzione del Vesuvio) e il poetaMarziale (39 o 40 - 102 d.C.). Sempre all’internodella “rete” una bella rappresentazione grafica diquesta suddivisione la dà Paola Tubaro nella suaGeografia. Scheda 3.2.9. Il bosco planiziale: la sto-ria realizzata nell’ambito del Progetto IntegratoCultura del Medio Friuli (figg. 2-3), riprendendo laTav. 118 che G. G. Corbanese pubblica nel volumeIl Friuli, Trieste e l’Istria, I, Dalla preistoria allacaduta del Patriarcato di Aquileia (Del Bianco,Udine 1983).

Per verificare la fonti relative a queste tre sil-vae mi sono rivolto all’utilissimo studio di VannaVedaldi Iasbez, La Venetia orientale e l’Histria. Lefonti letterarie greche e latine fino alla cadutadell’Impero Romano d’Occidente (Studi e Ricerchesulla Gallia Cisalpina, 5, Quasar, Roma 1992), che atutti gli effetti si può considerare una sorta di “PagineBianche” sulle fonti letterarie antiche per il nostroterritorio.

Orbene di silva phaetontea, di silva diomedeae di silva lupanica nemmeno una traccia. Nessunafonte antica di età romana ne parla: né Strabone néPlinio né Marziale.

Prima di approfondire la ricerca ritengo siacomunque utile definire anche il valore del terminelatino silva che significa “selva, bosco, foresta” maanche “parco, piantagione, boschetto, macchia” eancora più semplicemente “albero, alberi”.

Silva phaetontea

Partiamo dunque da Marziale e dalla lettura diparte di un suo epigramma (MART. IV, 25 = VEDALDIIASBEZ, La Venetia cit., n. 139, p. 167):

Aemula Baianis Altini litora villiset Phaetontei conscia silva rogi

Le spiagge di Altino emule delle ville di Baiae la selva conscia del rogo di Fetonte

Ecco dunque la silva phaetontea! Ma Marzialeparla di una “selva che vide la pira funeraria sullaquale fu bruciato il corpo di Fetonte” (2). Inoltre nelverso precedente – ricordiamo che il poeta vive nel Isecolo d.C. – parla di un paesaggio di tutt’altro aspet-to e ci presenta le spiagge di Altino le cui abitazioni(termine sottinteso dall’autore) fanno a gara con “leville di Baia”, e Baia, lungo la costa campana, era l’o-mologa nell’antichità della nostra Costa Smeralda, unazona in cui solo i “vip” della corte imperiale romana edel Senato potevano permettersi di avere la villa d’o-tium. Da questi due versi si desumono un paesaggio incontrasto con la visione di una silva oscura e imprati-cabile e un’areale limitato alle spiagge di Altino, sem-pre che all’et del secondo verso si possa dare anche unvalore di “congiunzione geografica”, che, altrimenti,la localizzzione della silva sarebbe impossibile, tantopiù che all’interno dello stesso pensiero, solo tre versidopo, Marziale parla del Timavo.

Silva diomedea

Dopo Marziale riprendiamo in mano Straboneper rileggere la sua descrizione dell’area circostante ilTimavo (STRAB. V, 1, 8 = VEDALDI IASBEZ, La Venetiacit., n. 127, p. 164) che così suona:

’!" #$%&' () %&' µ*+&' %,- ’.(/0,* 1#2 34/5"%,- 67,µ8(,*9 :;%2" <=7," µ"8µ>9, %5 ?0µ#*,"@A7µB"# CD/ E+47 1#2 <A;,9 :1F/4F)9...

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320 I boschi della Bassa Friulana

Sopra e alla pagina successiva. Figg. 2-3. La Scheda didattica 3.2.9. Geografia. Il bosco planiziale: la storia. In gial-lo è evidenziato il passo in cui si narra dell!esistenza della silva lupanica tra III e II secolo a.C.

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“Proprio in fondo all’Adriatico esiste ancheun santuario di Diomede, il Timavo, degno di esserericordato; vi è un approdo e un famoso boscosacro...”.

Strabone ricorda dunque un bosco connesso alsantuario ma il valore di <A;,9 è solamente quello di“bosco sacro” non di selva nell’accezione di foresta.

La Vedaldi ricorda come “il fatto che il santua-rio menzionato da Strabone non sia citato da nessunaltro autore in rapporto al Timavo, fa supporre che ilgeografo greco abbia trasferiro la notizia di pesodalla sua fonte (in questo caso con tutta probabilitàPolibio o Posidonio), senza curarsi di verificare se, adistanza di un secolo e mezzo, essa fosse ancora vali-da”. Sui legami tra il Timavo e l’eroe greco essa con-corda inoltre con l’ipotesi secondo cui “l’introduzionedel culto e del mito di Diomede in Italia, e presso ilTimavo in particolare, andrebbe collocata nella faseantica del periodo che va dal VI al IV secolo a.C., inconnessione cioè con la frequentazione dell’altoAdriatico dal parte dei mercanti ionici e di tutta lagrecità dell’Asia Minore in genere”.

Nel passo immediatamente successivo Stra-bone (V, 1, 9) colloca in un luogo non ben identifica-bile altri due boschi sacri dedicati ai culti di EraArgivae di Artemide Etolica. Taluni studiosi hanno ipotizza-to una sovrapposizione areale tra l’heróon diomedeo equesti due “boschi sacri”, tuttavia nessun elementoautorizza a localizzarli né al Timavo, ragion per cui laVedaldi Iasbez esclude questo passo dalla sua silloge,né in qualunque altro preciso luogo del Veneto.

Comunque sia, Strabone parla di “boschisacri” e silva diomedea risulta un’“invenzione” mo-derna (3) al pari di silva phaetontea.

Silva lupanica

Da una ricerca più mirata in rete ho potuto sta-bilire che la più antica attestazione di silva lupanica –assieme a quella di silva phaetontea – ricorre in unostudio di Adolfo di Bérenger (4), Dell’antica storia egiurisprudenza forestale in Italia (Treviso-Venezia1859-1863) dove alla pagina 6 lo studioso scrive: “...avanzi di selva Lupanica... che estendevasi dal-l’Isonzo alla Livenza, confinandovi colla Fetontea,ossia Silva-magna, diradata dagli Etruschi e dai Celtie forse distrutta dai Paflagoni e dagli Euganei allor-ché approdarono alle spiagge dell’Adriatico...”.

Non ho potuto consultare l’originale e verifi-care se, a sua volta, egli rimanda ad altri autori pre-cedenti. Alla metà dell’Ottocento è dunque già “esi-stente” la silva lupanica. Chi ne sia statol’“ispiratore” o l’“inventore” è un tema che non sonoriuscito a svolgere in questa sede.

Il passo del di Bérenger è comunque figlio delsuo tempo e per fortuna le “scienze dell’antichità”negli ultimi decenni hanno cercato di avvicinarsisempre più alle scienze “esatte” abbandonando lostile “romanzato” di queste righe.

Delle tre silvae date come certezze cartogra-fabili, le fonti antiche non ne parlano. E tanto basta.

Vediamo allora cosa ci racconta l’archeologia.

I boschi e l!archeologia

Dei boschi della Bassa Friulana nell’antichitàmi ero già occupato nel 1992, parlando in breve delterritorio di Palazzolo dello Stella (5), e nel 2002, inoccasione di uno studio complessivo sulla BassaFriulana (6).Adistanza di pochi anni non è inutile peròriprendere in mano il discorso anche alle luce dellenuove acquisizioni.

Quali boschi?

Riguardo alla specie di cui erano composti iboschi, giova ricordare i risultati delle indagini effet-tuate nel sito archeologico del Fortin (Comune diCarlino - fig. 5), presso la sponda sinistra delloZellina (7), che attestano la presenza, durante la fre-quentazione del sito, di boschi dominati dalla querciacaducifoglia, dalla quercia peduncolata (la farnia) edal carpino (8). Parimenti i carotaggi (indagini condot-te per mezzo di trivelle, anche ad elevate profondità,che pemettono l’asportazione di campioni di depositiindisturbati disponibili anche per la lettura geologica earcheologica) eseguiti ad Aquileia e nel suo immedia-to circondario hanno offerto dati analoghi e indicanoanch’essi una sostanziale continuità nella presenzadelle essenze dagli inizi del I millennio a.C. ad oggi:sono stati infatti rinvenuti resti di quercia (tra cuighiande), di carpino, di ontano, di olmo e di cornioloe sanguinella, piante tipiche del sottobosco; sono stati

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inoltre individuati resti di vinaccioli di vite, di fico,gusci di noce e di mandorla (9).

Di recente Franca Maselli Scotti e MauroRottoli hanno presentato in maniera sistematica i risul-tati delle numerose indagini condotte in ambito aqui-leiese sui resti di vegetazione (10), di seguito si riportaper esteso il paragrafo relativo alla vegetazione fore-stale e delle radure.

“In base all’esame di legni e carboni... lacopertura forestale... non sembra essersi significativa-mente modificata dall’età del Ferro in poi. Si trattaperò di indicazioni molto parziali, basate su pochedeterminazioni, che possono inoltre risentire di sele-zioni operate per scopi tecnologici.

Già nei livelli protostorici il bosco risulta com-posto da quercia (Quercus sez. Robur) e carpino (Car-pinus betulus), ma sono consistenti le specie che con-notano aspetti del suolo a drenaggio minore o decisa-mente più scadente, come frassino (Fraxinus sp.), olmo(Ulmus sp.) e ontano (Alnus glutinosa incana), que-st’ultimo presente anche tra i reperti carpologici. Lamodesta presenza di quercia (addirittura assente neicarboni finora analizzati dell’US di età repubblicana,ma abbondante negli scavi 1998 di due insulae deiquartieri nord di Aquileia) potrebbe indicarne, più cheuna reale minore consistenza, un uso preferenziale perla carpenteria rispetto ai focolari. In questo senso, lapresenza nell’US 2134sup. (di età repubblicana) digrosse schegge lignee non combuste di quercia, olmo,ontano e pomoidee (cioè di pero e/o melo e/o bianco-spino) potrebbe essere legata all’accumulo di scarti dilavorazione per fondazioni lignee o altri usi edili.

Tra i resti carpologici, appaiono ghiande diquercia e sanguinello (Cornus sanguinea) nei livellirepubblicani e resti di corniole (Cornus mas) nei livel-li protostorici. Sono, queste ultime, piante di sottobo-sco o di margine forestale, ambienti in parte simili aquelli di diffusione del nocciolo (Corylus avellana),che possono in qualche modo confermare l’ipotesidella presenza intorno al sito di formazioni forestalidiscontinue, con quercia e carpino dominanti. Si puòinoltre pensare al proseguimento della coltivazionedel corniolo, come albero da frutta, in età protostori-ca, secondo una prassi diffusa a partire dall’età delBronzo che si è poi man mano persa.

Altri elementi, per ricostruire l’ambiente, sonoforniti dalle segnalazioni di felce aquilina (Pteridiumaquilinum), fragola (Fragaria vesca/viridis), agrimo-nia (Agrimonia eupatoria) e erba di San Giovanni(Hypericum perforatum) che indicano ambienti dove

la vegetazione arborea è quasi scomparsa o è sostitui-ta da boscaglie discontinue.

Particolarmente interessante il ritrovamento diuna faggiola (Fagus sylvatica) nei livelli protostoricie di un carbone di faggio in quelli repubblicani.Trattandosi di una specie con qualche interesse ali-mentare, ma che ben difficilmente poteva essere sog-getta a commercio, l’interpretazione più probabile èche il frutto provenga da un albero posto nell’imme-diata vicinanza del sito, mentre per il carbone non sipuò escludere una provenienza alloctona. Non è laprima volta che resti di faggio sono stati rinvenutifuori dall’areale attuale (ormai spiccatamente monta-no), anzi la letteratura archeobotanica è ricca di cita-zioni in proposito, che di volta in volta hanno sottoli-neato una maggiore diffusione a bassa quota dellaspecie e/o una commercializzazione del legname apartire dall’età del Ferro. Il ritrovamento del fruttotenderebbe a confermarne la sua presenza (anche solocome relitto) nella pianura friulana fino ad epocarecente. A tal proposito ricordiamo le segnalazioni delNeolitico (Sammardenchia e Fagnigola; Palù diLivenza) e ancora dell’età del Ferro (MonterealeValcellina e Palse di Porcia). Anche in età romana èpossibile che qualche individuo sopravvivesse in loco:qualche rara pianta compariva nella pineta diRavenna fino al secolo scorso”.

La continuità nelle caratteristiche salienti deiboschi dal passato è confermata anche da vari moder-ni esiti toponomastici come Alnicco, Cesarolo,Corgnolo, Nogaro, Porpetto, Roveredo, solo per farealcuni esempi.

Quanti boschi e quanti uomini?

Più difficile risulta invece stabilire l’estensionedel manto boschivo nelle varie fasi storiche per la cuidefinizione risulta ovviamente indispensabile la cono-scenza della qualità e della quantità della presenzaumana, che in breve si può così riassumere: durante ilneolitico e l’età del bronzo la fitta presenza di insedia-menti abitati presuppone l’esistenza di ampie aree col-tivate alternate ai boschi; durante la successiva età delferro la situazione muta repentinamente con l’abban-dono di gran parte del territorio e la persistenza dipoche aree abitate che segnano il repentino ritorno delbosco esteso a tutto il territorio.

Un continuum boscato, ecco quale dovevaessere il territorio che trovarono i Romani. La

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necessità di terra da coltivare e di legna da ardereper le attività sia domestiche che per quelle legatealla produzione ceramica e di laterizi dovettecomunque dare decisivo impulso alla pratica deltaglio estensivo e alla sostituzione del bosco con unpaesaggio caratterizzato dalla “piantata” padana:campi coltivati divisi da filari di alberi collegatil’uno all’altro da festoni di viti. Rari sono i datidocumentari disponibili per l’età romana che riman-dano genericamente alla presenza di “boschi sacri”nell’hinterland urbano e di un bosco non consacra-to, anch’esso genericamente collocato nel circonda-rio di Aquileia (11).

Con l’alto medioevo si assiste ad un repentinoabbandono delle residenze di età romana sparse sulterritorio e l’accentramento della popolazione inpoche piazze forti, più facilida difendere, attorno allachiesa di riferimento. Le pro-duzioni ceramiche e lateriziescompaiono e le tecniche edi-lizie si rifanno a tecnologiepiù povere segnate dall’uso dilegno e paglia. Il bosco tornaad espandersi e cancella ildisegno territoriale romano:certo gli spazi coltivati nonsaranno mancati ma la loroestensione non è definibile.

Con il basso medioevola situazione diventa più chia-ra per il diffondersi di docu-menti scritti, così, in una attodel Patriarca Popone, stilatoin data 13 luglio 1031, èriportata la donazione alCapitolo di Aquileia delle“villam de Mariano et villamde Carlinis et villam SanctiGeorgi... cum... campis, vi-neis, pratis, pascuis, cultis etincultis, cum aquis, aquarumde cursibus ac molendis,insulis, a mari et a flumine,quod dicitur Cornum, usquead aquam, quae diciturArvuncus, cum paludibus etpiscationibus, cum silvis etvenationibus...”; documentoquesto che smorza in parte i

contenuti di un altro precedente di due anni, redattoil 12 ottobre 1029, con il quale l’imperatore CorradoII faceva atto di donazione al Patriarca Popone diuna “sterminata selva, che si estende dal fiumeIsonzo al mare; dalla Strata Ungarorum fino alNoncello e alla Meduna e alla Livenza e da qui finoal mare” (12).

Visto dunque che quel continuum boscato(anonimo ma che in sostanza corrisponde alle variesilva phaetontea, silva diomedea e silva lupanicadella tradizione popolare) che i Romani trovaronoal loro arrivo fu da essi stessi intaccato in manieraenergica (13) per le loro attività produttive vediamocome si configura la presenza romana sul territorioalla luce delle indagini che si sono susseguite nelcorso degli ultimi 30/40 anni nella Media e Bassa

Fig. 4. Il settore di Media e Bassa Pianura Friulana oggetto della presente rela-zione di sintesi.

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Friulana e per farlo ripropongo in maniera sinteticai dati di un mio recente studio (14).

La presenza romana

Estensione in superficie degli insediamenti

Le aree archeologiche destinate ad usi abitati-vi sono genericamente distinguibili in due grandigruppi: la “Villa” e la “Stuttura abitativa”. La diffe-renza tra la “Villa” e le altre realtà abitative è imme-diatamente percepita dall’enorme disparità sia quan-titativa che qualitativa in relazione ai materiali archi-tettonici e di arredo restituiti. Non entro nel meritodella definizione delle tipologie insediative minori ein questo caso si è adottato un termone generico“Stuttura abitativa”, al cui interno sono state fatteconfluire realtà notevolmente varie (figg. 4 e 1).

Per valutare il diverso peso anche economicodelle presenze abitative così individuate si è misura-ta la superficie dello spargimento archeologico suiterreni arati, ipotizzando che ad uno spargimentomaggiore corrisponda una realtà edilizia di dimen-sioni maggiori, benché non esistano in regione datiche permettano di istituire rapporti tra l’ampiezzadelle relative strutture sepolte e lo spargimento in

superficie di materiale archeologico e questi possonomutare in funzione di numerose variabili prima fratutte l’utilizzo moderno del suolo.

Le “Ville”

Le “Ville” della Bassa Pianura, nei siti prossi-mi al mare e a corsi d’acqua, sono spesso realizzate inpietra e possono presentare un alzato anche su duepiani. Man mano che ci si inoltra nel retroterra preva-le l’edilizia in mattone cui segue quella in ciottoli flu-viali. Anche le coperture si modificano: la scarsa pre-senza di imbrices nella Media Pianura attesta (in nega-tivo) coperture lignee e straminee a differenza dellaBassa dove sono diffuse le coperture in tegulae eimbrices. Di norma le “Ville” della Bassa sembranopiù “ricche” di quelle della “Media” anche per quantoriguarda l’utilizzo di materiali edilizi. Giova ripetereche la sola presenza di tegulae tra gli spargimenti nonè indicatore di copertura del tetto in laterizio; le tego-le venivano infatti ampiamente utilizzate per la costru-zione di muri: erano più facili da realizzare e più sem-plici da maneggiare rispetto ai mattoni; potevano esse-re utilizzate anche se rotte in quanto le “alette” funge-vano ottimamente da guida nel filo dei muri (15).

Nell’area presa a campione ne sono state do-cumentate 100. In 28 casi non disponiamo di daticirca l’estensione dello spargimento in superficie.

Numero Superficie Media Pianura Bassa Pianuratotale superficie totale superficie

4 > 01.500 – 4 3.4008 da 02.000 a 02.500 8 17.900 –4 da 03.000 3 9.000 1 3.0003 da 04.000 1 4.000 2 8.0006 da 05.000 4 20.000 2 10.0004 da 06.000 3 18.000 1 6.0005 da 07.000 a 07.700 1 7.700 4 28.5002 da 08.000 2 16.000 –2 da 09.000 1 9.000 1 9.00015 da 10.000 6 60.000 9 90.0009 da 15.000 2 30.000 7 105.0007 da 20.000 – 7 140.0001 da 25.000 – 1 25.0001 da 40.000 1 40.000 –1 da 50.000 – 1 50.000

Totale 72 32 230.600 40 477.90028 ignota 18 10

Totale 100 50 50

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Numero Superficie Media Pianura Bassa Pianuratotale superficie totale superficie

10 > 00.500 6 1.450 4 1.4506 da 00.600 2 1.200 4 2.4006 da 01.000 6 6.000 –8 da 01.200 a 01.800 5 7.200 3 4.5008 da 02.000 4 8.000 4 8.0004 da 02.500 2 5.000 2 5.0004 da 03.000 2 6.000 2 3.0001 da 03.500 1 3.500 –5 da 04.000 a 05.000 3 13.800 2 9.0005 da 06.000 a 07.000 – 5 32.0001 da 10.000 – 1 10.000

Totale 58 31 52.150 27 75.35042 ignota 30 12

Totale 100 61 39

Media Pianura Bassa Pianura

Ville 32 230.600 40 477.900 Totale 708.500Strutture abitative 31 52.150 27 75.350 Totale 127.500

Totale 282.750 Totale 553.250

Da questa “pesatura” delle aree di spargimen-to si evincono alcuni dati interessanti. Il numerodelle “Ville” nelle due zone è identico a documenta-re dunque forme di occupazione del territorio tuttosommato analoghe (benché la superficie dei territoridi Media Pianura – anche tenendo conto della fasciadelle risorgive – sia leggermente superiore). Taledato va comunque letto alla luce di un altro elemen-to: le “Ville” della Bassa occupano una superficiedoppia rispetto a quelle della Media. Questi risultati,pur significativi, vanno comunque bilanciati alla lucedelle realtà di cui si ignora la superficie, soprattuttoin Media Pianura dove rappresentano 1/3 del cam-pione.

Lo stesso rapporto circa le dimensioni deglispargimenti, ma in forma meno evidente, si può isti-tuire per le “Strutture abitative” in cui, per altro, l’in-cidenza delle presenze di cui si ignora la superficie èaltamente significativa soprattutto in Media Pianuradove è pari al 50% dei casi.

Emerge altresì chiaramente come l’impattodelle “Ville” sul territorio sia maggiore rispetto aquello delle “Strutture abitative”: in entrambi i terri-tori il rapporto tra la superficie occupata dalle primerispetto alle seconde è di circa 5:1.

Non è cosa semplice affrontare quindi il temadella superficie agraria pertinente alle singole realtàanche perché in questa breve nota non si tiene contodell’esistenza di elementi insediativi a carattereaccentrato come ad esempio mansiones e mutationes(lungo la via Annia la mutatio ad Undecimum – SanGiorgio di Nogaro –, l’abitato con approdo fluvialedi Palazzolo dello Stella e la mutatio ad Paciliam –Latisanotta –; lungo la via Postumia la zona diCodroipo). Appare tuttavia evidente che, visti inumeri, non ci si trova davanti a latifondi ma a pro-prietà di media estensione e soprattutto che queste sisono mantenute pressoché costanti nel numero perquasi cinque secoli a partire dalla metà del I secoloa.C.

Le “Strutture abitative”

Per quanto riguarda le “Strutture abitative”,

nell’area presa a campione ne sono state documenta-te 100. In 42 casi non disponiamo di dati circa l’e-stensione dello spargimento in superficie.

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Fabio Prenc, I boschi della Bassa Friulana nell’antichità 327

Non è possibile stabilire se e in qual misura laproprietà agraria fosse suddivisa anche tra i residentinelle “Strutture abitative”. Non è escluso che le evi-denze di dimensioni minori si possano identificarecon strutture di servizio collegate alle “Ville”. Neicasi di quelle di dimensioni maggiori sembra plausi-bile tuttavia ipotizzare che fossero unità autonomeindipendenti dalle “Ville”.

Altro dato statistico apparentemente apprez-zabile è dato dal rapporto tra le “Strutture abitative”pari a 2:1 a favore di quelle presenti in Media

Pianura. Sembra dunque di poter affermare che inBassa Pianura si sia sviluppata una proprietà legataalla “Villa” di dimensioni maggiori mentre in Mediasia prevalso un modello caratterizzato da “Ville” piùpiccole e “Strutture abitative” più numerose.

Datazione degli insediamenti

In 10 casi di “Villa” e in 33 casi di “Strutturaabitativa” non sono noti elementi datanti (tra paren-tesi e con “?” sono indicate datazioni dubbie).

Sviluppo cronologico delle “Ville”avanti Cristo | dopo Cristo

Datazione (secolo) II I I I II I II III IV V VIMedia 43 6 (8?) 16 (6?) 39 43 39 35 32 18 4Bassa 47 3 9 33 47 35 24 22 18 4datate 90 9 (8?) 25 (6?) 72 90 74 59 54 36 8non datate 10

Totale 100

Sviluppo cronologico delle “Strutture abitative”avanti Cristo | dopo Cristo

Datazione (secolo) II I I I II I II III IV V VIMedia 45 1 (4?) 4 (2?) 29 45 32 23 23 13 3Bassa 22 1 2 12 22 11 5 4 4 3datate 67 2 (4?) 6 (2?) 41 67 43 28 27 17 6non datate 33

Totale 100

Occupazione del territorio in Media Pianuraavanti Cristo | dopo Cristo

Datazione (secolo) II I I I II I II III IV V VI43 ville 6 (8?) 16 (6?) 39 43 39 35 32 18 445 strutture abitative 1 (4?) 4 (2?) 29 45 32 23 23 13 3

7 (12?) 20 (8?) 68 88 71 58 55 31 7

Occupazione del territorio in Bassa Pianuraavanti Cristo | dopo Cristo

Datazione (secolo) II I I I II I II III IV V VI47 ville 3 9 33 47 35 24 22 18 422 strutture abitative 1 2 12 22 11 5 4 4 3

4 11 45 69 46 29 26 22 7

I I: prima metà I secolo a.C. I II: seconda metà I secolo a.C.

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328 I boschi della Bassa Friulana

Anche da queste tabelle si possono ricavareinteressanti dati: appare evidente la scarsa incidenzadella presenza romana sul territorio nell’ambito del IIsecolo a.C. e ancora nella prima metà del I secoloa.C. Tale situazione muta radicalmete nella secondametà del I secolo a.C. e si consolida in quello suc-cessivo. Tutti gli indicatori segnano una flessione apartire dal II secolo d.C. che prosegue nel III rima-nendo poi stabile fino al tracollo del V secolo. Il VIsecolo segna l’abbandono della campagna e delpopolamento sparso e le presenze umane sono ricon-ducibili a occupazioni temporanee e/o ad aree sepol-crali.

Tra il II e la prima metà del I secolo a.C. risul-ta evidente (anche se il dato è percentualmente esi-guo) una maggiore presenza romana in MediaPianura rispetto a quella della Bassa.

Spunti di ricerca

Innanzitutto mi chiedo se tra gli abitantidelle “Ville” e gli altri la documentazione archeolo-gica oltre ad attestarne la diversa ricchezza docu-menti anche culture diverse e se vi sia una qualchepercepibile differenza culturale tra le due zone cam-pione.

Mi chiedo poi, il dato è statisticamente rile-vante benché il campione sia ridotto, per quali ragio-ni – di carattere economico? – i territori di MediaPianura siano stati occupati in maniera più diffusadurante il II secolo a.C.

Stante la sostanziale lunga durata delle“Ville” e delle “Strutture abitative”, la tipologia deireperti archeologici indica strategie economichediverse tra le varie aree nel corso dell’età romana?Quale sfruttamento del suolo prevale: l’agricolturao l’allevamento? E nel secondo caso si tratta di tan-sumanza o allevamento stanziale?

La maggior estensione degli spargimentinella Bassa indurrebbe poi a pensare anche ad unrelativo maggior numero di persone residenti. Perdefinire numeri assoluti non sussistono elementi dicalcolo.

È difficile dunque istituire rapporti in ter-mini quantitavi assoluti tra presenza umana eboschi.

Per quanto attiene invece all’estensione deiboschi in età romana è molto interessante l’ipote-

si di lavoro prospettata in questo volume daGiuliano Bini (16). Lo studioso, profondo conosci-tore della realtà locale di Palazzolo dello Stella,considerando che ad una parte dei terreni copertidelle aree boscate in età medievale e moderna lìnote corrisponde un vuoto totale di resti di insedia-menti di età romana propone – accanto ad altre con-siderazioni relative agli usi civici di questi boschi –di far risalire indietro nel tempo l’origine di questearee boscate fino all’età romana. È un’ottima ipote-si di lavoro e la sua applicabilità sul territorio andràvalutata caso per caso alla luce delle singole realtàlocali (17).

Per quanto riguarda gli altri terreni occupatidal bosco fino a tempi recenti ma che in età romanaerano invece sede di abitazioni (e di aree coltivate),la ricerca archeologica ha permesso di datare conprecisione il suo “ritorno” come nel caso della villadella Coluna in territorio di Carlino (18), in cui la pre-senza umana è documentata ininterrottamente dal I,se non dal II secolo a.C., fino al VI-VII secolo d.C.,e solo dopo questa data il bosco si reimpossessa diquell’area, per rimanervi fino agli anni Cinquanta delNovecento (fig. 5; cfr. anche fig. 6 per il territorio deiGalli).

Quali animali?

Analisi di laboratorio sono state condotteanche sui resti animali provenienti da scavi archeo-logici (19); i risultati appaiono però poco incisivi perquel che riguarda le conoscenze sulla fauna deiboschi: i dati riguardano infatti i resti di macella-zione dai quali risulta evidente il massiccio consu-mo di bovini, caprovini e suini rispetto agli animaliselvatici quali cervo, capriolo e cinghiale e che taleforbice si amplia dall’età repubblicana (II-I secoloa.C.) proseguendo verso l’età imperiale. In partico-lare per cervi e caprioli sono assenti, tra gli scarti dimacellazione, i palchi che probabilmente venivanodirottati verso i laboratori artigianali per la lavora-zione del corno.

A livello di curiosità ricordiamo che tra lespecie documentate vi sono l’orso bruno (Aquileiamercato, Verzegnis, Trieste...), il cammello (Aquileiamercato), il leone (Trieste) e l’alce (Trieste), proba-bilmente utilizzati nei ludi circensi.

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Dopo silva lupanicaun!altra fantasia: Alsa(ma questa volta il reo è confesso)

Parafrasando un’espressione di CornelioCesare Desinan secondo cui molto spesso si possonoavanzare “ipotesi non esatte, ma in fondo coraggio-se” e di ipotesi coraggiose e poi rivelatesi esatte neltempo ne sono state fatte, mi permetto di tirare fuoridal cassetto un’idea rimasta parecchi anni, per pudo-re, nel limbo dei pensieri o solo vagamente accenna-ta: si tratta di una proposta etimologica o forsemeglio una “paraetimologia dotta” per il nome delfiume Ausa, Alsa in latino.

L’idronimo Alsa è riportato da Plinio ilVecchio nella sua Naturalis Historia nel libro III, alparagrafo 126, 18 (VEDALDI IASBEZ, La Venetia cit.,

n. 58, p. 116), che costituisce la più antica descri-zione geografica della Bassa Friulana: questi, dopoaver ricordato i fiumi del Veneto e aver citato lacolonia di Iulia Concordia, ricorda:

Flumina et portus Reatinum, TiliaventumMaius Minusque, Anaxum, quo Varamus defluit,Alsa, Natiso cum Turro, praefluentes Aquileiamcoloniam XV (milia) passum a mari sitam.

“Il fiume Reatinum con il suo porto; il fiumeTiliaventum Maius con il suo porto; il fiumeTiliaventum Minus con il suo porto; il fiumeAnaxum con il suo porto, e il Varamus, suo affluen-te, con il porto nel luogo della confluenza; il fiumeAlsa con il suo porto; il fiume Natiso con il Turrus,che scorrono presso la colonia di Aquileia posta a15 miglia dal mare” (20).

Fig. 5. A sinistra la zona tra Carlino e San Giorgio in una carta degli inizi del XIX secolo: sono chiaramente eviden-ti i tracciati della strada Chiamana e della strada Coluna (da PAOLO FORAMITTI, Il Friuli di Napoleone, Monfalcone - GO1994). A destra estratto della Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 (da PRENC, All!ombra cit., p. 270, fig. 39).

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330 I boschi della Bassa Friulana

L’Alsa è ricordato sempre nella stessa formada:Aurelio Vittore, San Gerolamo e Landolfo Sagace(VEDALDI IASBEZ, La Venetia cit., nn. 59-61, pp. 116-117), secondo i linguisti deriva da una base “paleoeu-ropea” ais/aus con il significato di ‘fonte’, significa-to estremamente appropriato per un fiume di risorgi-va (21).

A suo tempo proposi, quasi di sfuggita, la pos-sibilità di pensare, con qualche forzatura, per Alsa adun assimilazione semantica con il non lontanoFrigidus intendendo ‘acqua fresca’, o magari, conaltre forme connesse con la possibilità che il corsodel fiume in antico toccasse alcune aree di interessereligioso (22). Questa seconda ipotesi si collega alpasso pliniano più su riportato per esteso e per la cuilettura si è già proposto di riconoscere una particolarevalenza religiosa per il comprensorio Anaxum-Vara-mus. Se questa dinamica interpretativa che porta alla

menzione di Varamus, affluente dell’Anaxum, è cor-retta la medesima potrebbe essere applicata pureall’Alsa, lungo il quale, a parte il portus pliniano, dicui per altro non ci sono tracce archeologiche (23),non si collocano agglomerati di rilievo, con la neces-sità di individuare lungo il suo corso uno o più ele-menti attinenti la sfera del culto. Ed a questa riman-da immediatamente l’iscrizione su blocco di arena-ria, forse parte in un altare, de doneis / L(ucius)Babrinius L(uci) f(ilius) / K(aeso) Vibius K(aesonis)f(ilius) (24), databile non oltre la metà del II secoloa.C. e rinvenuto in corrispondenza dell’attraversa-mento del fiume da parte dell’Annia. In attesa poi dispecifiche indagini geo-morfo-pedologiche, non parefuori luogo ipotizzare che in antico il corso dell’Alsa,dopo aver superato l’Annia, raggiungesse le due areesacre documentate a Strassoldo (25), per arrivare finoa Sevegliano, in prossimità della via Postumia e di

Fig. 6. A sinistra la zona tra Carlino e San Giorgio in una carta degli inizi del XIX secolo: è ben chiaro in carta il boscoin località Galli (da FORAMITTI, Il Friuli cit.). A destra estratto della Carta Tecnica Regionale in scala 1:10.000 (da PRENC,All!ombra cit., p. 268, fig. 37).

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uno dei principali snodi viari del Friuli, dove è statariconosciuta l’esistenza di un’area di culto già a par-tire dal IV-III secolo a.C. e successivamente monu-mentalizzata all’incirca alla metà del II, in concomi-tanza con la realizzazione della Postumia stessa (26).

Con pudore, lo ribadisco, e conscio di nonavere le competenze nel campo mi piacerebbe peròriconoscere in Alsa la forma latinizzata del nominati-vo plurale neutro di <A;,9, <A;#, e riconoscervi ilfiume che attraversa o che permette di raggiungerearee di culto alle divinità: “boschi o recinti sacri”,certo attraverso un non semplice passaggio semanti-co: chiamare un corso d’acqua “i boschi”.

D’altra parte, proprio in relazione alla mobi-lità semantica dei nomi, mi pare opportuno ricordareche il “toponimo Arcia, che viene nominato a propo-sito di un bosco sacro in prossimità di Aquileia(S.H.A., Max. 28, 8), e di cui non esite altra attesta-zione, viene di solito identificato con l’idronimoAlsa, o con un abitato dello stesso nome lungo ilfiume” (27).

Note:

1 - Vedi ad esempio Francesco SGUAZZIN, I boschi diMuzzana del Turgnano ovvero i resti più estesi dell’anti-ca foresta Lupanica, “la bassa” - collana/6, Latisana - S.Michele al Tagliamento 1986 (Ribis, Udine, 19912, conaggiunte e illustrazioni a colori; Ribis, Udine, 20003, conulteriori aggiunte e nuovi ritrovamenti.

2 - Giovanni CANDIDO, Commentarii de i fatti d’Aquileia,Venetia 1544, libro primo, p. 13 così traduce:

“le ultime ville à le Baiane ugualie quella selva ove Fetonte arditohebbe il sepolcro...”.

Ringrazio Giuliano Bini per avermi segnalato questopasso del Candido assieme a quello del di Manzanocitato alla nota successiva.

3 - Francesco DI MANZANO, Annali del Friuli ossia rac-colta delle cose storiche appartenenti a questa regio-ne, I, Udine 1858, a pagina 31 – traendo spunto daquanto in precedenza scritto dal Filiasi – parla di “unaselva o bosco di platani [che] stava anticamente pocolungi d’Aquileja ed era consacrata a Diomede: per-ché gli antichi avevano costume di render onore agliDei ed agli Eroi entro all’oscurità delle selve”.

4 - Adolfo di Bérenger fu Direttore del Regio IstitutoSuperiore Forestale che aveva la sua sede, già dal1869, nella foresta demaniale di Vallombrosa, in loca-lità Paterno.

5 - Fabio PRENC, La vegetazione, in Alla scoperta di unterritorio/2. Topografia romana del Comune di

Palazzolo dello Stella, “la bassa” - archeologia/3,Trieste 1992, pp. 13-15.

6 - Fabio PRENC, All’ombra dei Veneti dei Celti e deiRomani e del loro lungo cammino lungo la via Anniatra ad Undecimum e ad Paciliam. La Bassa friulanatra IV secolo a.C. e V secolo d.C., in Kurm – Ipotesie riscontri sulla presenza dei Celti e di altre popola-zioni preromane nella Bassa Friulana, “la bassa” -collana/49”, Pasian di Prato 2002, pp. 225-310, inpart. I boschi, pp. 235-236.

7 - PRENC, All’ombra cit., pp. 277-278 e figg. 39 e 51.8 - Samuel Piercy EVANS, Serena VITRI 1991, Recenti

indagini archeologiche in un insediamento dell’etàdel ferro ai margini della laguna, in “Annuario 1990”,S. Giorgio di Nogaro (Udine), pp. 120-126.

9 - Franca MASELLI SCOTTI, Aquileia, in Tesori dellaPostumia. Archeologia e storia intorno a una grandestrada romana alle radici dell’Europa (Catalogo dellaMostra), Milano 1998, pp. 421-425, in part. p. 421, eFranca MASELLI SCOTTI, Aquileia e il suo territorioagli albori del II sec. a.C., in Optima Via (Atti delConvegno, Cremona, 13-15 giugno 1996), Cremona1998, pp. 465-471, in part. p. 467.

10 - Franca MASELLI SCOTTI, Mauro ROTTOLI, Indaginiarcheobotaniche all’ex essiccatoio nord di Aquileia: iresti vegetali protostorici e romani, in “AntichitàAltoadriatiche”, 65, 2007, pp. 783-816.

11 - Silvio PANCIERA, Vita economica di Aquileia in etàromana, Aquileia 1957, p. 20; Anna GIACOMARRA, Leforeste e l’utilizzo del legname in epoca romana.Aspetti del problema nell’area transpadana orientale,tesi di laurea, Università degli Studi di Trieste, a.a.1988-89, pp. 50-52.

12 - Carla MARCATO, Diego NAVARRIA, Claudio GAIO,Carlino. Toponomastica e Immagini, Udine 1994,passim.

13 - Nei nostri territori è presente un’unica iscrizioneriferita ad attività connesse con il bosco, proviene daAquileia dove fu rinvenuta nel 1772 e attualmenterisulta dispersa: Silvano / sacrum / sectores / mate-riarum / Aquileienses / et incolae / posuerunt / etmensam. Si tratta della dedica di un’ara e di un simu-lacro a Silvano eseguita dall’associazione professio-nale dei tagliatori di legna (sectores materiarum).Cfr. Corpus Inscriptionum Latinarum, Berolini, V,817; Johannes Baptista BRUSIN, InscriptionesAquileiae, Udine 1991, I, 333; Maurizio BUORA,Introduzione e commento alla Fundkarte vonAquileia di H. Maionica, Quaderni Aquileisi, 5,Trieste, pp. 78-79.

14 - Fabio PRENC, Centuriazione e occupazione del terri-torio di Aquileia: tra presenze e assenze, in “AntichitàAltoadriatiche”, 65, 2007, pp. 97-126, in part. pp.110-115.

15 - Cfr. Brunella PORTULANO, Michel URBAN, Materiali etecniche murarie nel Basso e Medio Friuli in etàromana, Varie dal Passato, 3, Editreg, Trieste 2001.

16 - Cfr. supra, pp. 171-175 e fig. 4.17 - La possibilità che tali aree in antico fossero adibite

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332 I boschi della Bassa Friulana

alla coltivazione anziché a bosco potrebbe essere veri-ficata esclusivamente dalla presenza sulla superficieagricola di sparsi materiali ceramici o affini, possibiliindicatori di concimazione.

18 - PRENC, La vegetazione cit., p. 15 e PRENC, All’ombracit., pp. 273-277.

19 - Gabriella PETRUCCI, Sfruttamento della fauna nel ter-ritorio di Aquileia: trasformazione, consumo e distri-buzione dei prodotti. I dati dell’archeozoologia, in“Antichità Altoadriatiche”, 65, 2007, pp. 755-782.

20 - Fabio PRENC, Il territorio tra Concorida e Aquileianella Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e breviappunti a proposito di una proprietà della gens Titia,in “Quaderni Friulani di Archeologia”, 10, 2000, pp.71-90, in part. 71-78.

21 - Cornelio Cesare DESINAN 1990, Toponomastica earcheologia del Friuli prelatino, Pordenone, pp. 11,68.

22 - Fabio PRENC, Sulle tracce della storia di un fiume per-duto, in “Quaderni Friulani di Archeologia”, 9, 1999,pp. 82-99, in part. p. 93.

23 - Carla MARCATO, Da Alsa ad Aus(s)a: storia di unidronimo, in “Alsa”, 1, 1988, pp. 2-6. L’Autrice con-nette all’idronimo Alsa il toponimo Alsuanum, citatoda Cassiodoro e riferito da alcuni a Porto Buso, daaltri a Porto Anfora ma che potrebbe essere collegatocon il Portus Alsa pliniano.

24 - Corpus Inscriptionum Latinarum, Berolini, I2, 2822;Johannes Baptista BRUSIN, Inscriptiones Aquileiae,Udine 1991, I, 22.

25 - Cfr. Maria Josè STRAZZULLA, Le terrecotte architet-toniche della Venetia romana, Roma 1987, pp. 134-136.

26 - Maurizio BUORA, Die Terrakotta-Austattung einesrepubblikanischen Tempels in Sevegliano bei Aquileia,in 2. Internationales Kolloquium über Probleme desprovinzialrömischen Kunststoffes, Veszprém 1991, pp.63-82; Sevegliano romana. Crocevia commerciale daiCelti ai Longobardi, a cura di Maurizio BUORA,Cataloghi e Monografie Archeologiche dei CiviciMusei di Udine, 10, Trieste 2008.

27 - VEDALDI IASBEZ, La Venetia cit., pp. 117-118.

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