Hurrà Rimini n.3

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Numero unico a cura degli inserzionisti LEGA PRO 2ª DIVISIONE GIRONE A 2012/2013 Rimini-Bassano Domenica 14 ottobre 2012 ore 17,30 n.3 DIVENTA NOSTRO FAN! LA PARTITA DEL CENTENARIO

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LEGA PRO 2ª DIVISIONE GIRONE A 2012/2013

Rimini-Bassano Domenica 14 ottobre 2012

ore 17,30

n.3

DIVENTA NOSTRO FAN!

LA PARTITA DEL CENTENARIO

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Cento candeline, mille storie a tinte biancorosse

Cento di questi giorni, caro vecchio Rimini. Un secolo di auguri!

Ne è passata di acqua sotto i ponti da quel 1912 che pare quasi preistoria, eh?!? Il Belpaese ha cambiato pelle mille volte, ha attraversato due guerre, è finito in ginocchio, è risorto, ricaduto, risorto e combatte ogni giorno fra spifferi di crisi e venti di tempesta. Ti ricorda qualcosa questa altalena dei sentimenti?E quel pallone di stracci attorno a cui hai mosso i primi vagiti? Anche lui ne ha viste di tutti i colori: è stato il fratello, il papà, il figlio di migliaia di italiani. L’ombelico del mondo, il compagno inseparabile, il sogno e l’epicentro di una passione. Ma guardalo ora, lì, fra una trasformazione e l’altra da Jabulani a simil-Tango: ha perso quasi del tutto la sua anima, è sempre più business macchina da soldi e sempre meno gioco. Stritolato fra interessi tv, scommesse, combine e follie varie che fanno passare in

secondo piano la gioia del gol e l’estasi del bimbo che tenta il tiro alla Del Piero o il dribbling alla Messi, emula il cucchiaio di Totti e scimmiotta la punizione alla Cristiano Ronaldo.Salvati, caro vecchio Rimini! Pesca dal passato per proiettarti al futuro più puro che puoi. Guardati indietro per andare avanti. Te lo ricordi quel 1912 in cui ti battezzarono col nome di Polisportiva Libertas, prima della fusione col Dopolavoro Ferroviaro e l’iscrizione all’anagrafe come Rimini del 1940? Hai avuto compagni di gestazione eccellenti, insieme a te sono nati alcuni cardini della civiltà. Il suffragio universale figlio del Governo Giolitti con il voto (quasi) per tutti è il tuo fratello più nobile. Ma erano anche i giorni della comparsa dei Raggi X, della proclamazione della Repubblica Cinese, del primo lancio col paracadute, della proiezione nelle prime sale cinematografiche del kolossal Quo Vadis? Purtroppo anche

del Titanic, ma vogliamo ricordare solo le cose belle e tu ce ne hai regalate tante, una volta uscito dalla sala parto insieme ad Alessandria, Modena, Avellino, Lecco e Marsala. Quante battaglie sui campetti spelacchiati, quanta gavetta prima di bussare ai piani alti! Eccola finalmente la cavalcata vincente: era il 1976 e tu, baldo 64enne preso per mano da Fagni, Carnevali e Gianfranco Sarti, dalle cannonate del mitico ‘bombardone’ Cinquetti e da mister Meucci, hai detto per la prima volta Serie B. Su quella panchina hai ospitato un volto noto come come Osvaldo Bagnoli e addirittura un mago (Helenio Herrera), ma anche tenuto a battesimo nel calcio dei grandi il buon Arrigo da Fusignano che ha poi scalato il mondo in rossonero ed è arrivato a un solo rigore dal Mondiale in azzurro. E come dimenticare quel Maurizio Bruno che la cadetteria te l’ha riconsegnata dopo un solo anno di purgatorio? E quel Leonardo Acori che

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Editoriale

dopo averti tirato fuori dalle sabbie mobili dei maledetti playoff della C2 è stato a tanto così dal volare con te in paradiso? Il destino griffato Vincenzo Bellavista pareva scritto, ma prima gli intrighi di palazzo (Napoli e Genoa ‘dovevano’ salire direttamente insieme alla Juventus senza i pericolosi spareggi), poi la prematura morte del grande patron hanno cancellato l’appuntamento con la Serie A. E’ iniziato un nuovo declino, ma da vera Araba Fenice sei risorto ancora nelle mani di Biagio Amati e del suo staff (l’ultimo di un elenco di presidenti in cui è impossibile non ricordare Gilberto Gaspari e Dino Cappelli): ti

hanno raccolto in Serie D e riportato subito a casa. In quel mondo dei professionisti in cui hai vissuto quasi il 70% della tua esistenza, viste le 9 stagioni in Serie B e le 59 in C.E’ lì che hai scritto la tua storia, vergato pagine indelebili anche contro i mostri sacri: nel vecchio e malandato catino di Piazzale del Popolo intitolato a un grande olimpionico della tua città hai fatto inchinare il monumento Dino Zoff (Coppa Italia 1981, fi nì 1-3 ma la punizione di Bilardi ripetuta in fotocopia resta negli annali) e fermato la Juventus dei campioni del mondo con il gol di Ricchiuti fi nito nelle suonerie dei cellulari. Hai

cresciuto Matteo Brighi, poi arrivato in Nazionale come quell’Alessandro Matri che qui ha mosso i suoi primi veri passi, e fatto da papà a tanti ragazzini che dall’Arco d’Augusto sono passati ai palcoscenici più prestigiosi. Hai steso squadre scudettate e dal pedigree a cinque stelle, esaltato e fatto piangere. Hai regalato gioie e condiviso dolori, ma soprattutto fatto sognare generazioni e generazioni. Bambini cresciuti a pane e Romeo Neri. Cento di questi giorni, caro vecchio Rimini e un altro secolo a tinte biancorosse.Nicola Strazzacapa

Nicola Strazzacapa

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L’alfabeto biancorosso

Dalla A alla Z, cento anni di biancorosso

A Appartenenza. Oggi più che mai sentimento e tradizione possono diventare la strada per vivere un calcio diverso

B I fratelli Matteo, Marco e Andrea Brighi simbolo della riminesità e del nuovo corso del Rimini con tanti ragazzi legati al nostro territorio che vestono con orgoglio la casacca a scacchi biancorossi

C Il campo dei primi calci a un pallone nella città di Rimini fu il “prato della Sartona” appena fuori il borgo San Giovanni

D Come Dopolavoro Ferroviario, la seconda anima pallonara della città nata nel 1925, che scendeva in campo con la maglia nerocerchiata riproposta quest’anno dai biancorossi. Dalla fusione con la Libertas nacque nel 1939 la Rimini Calcio

E Est, la curva dei tempi migliori che sarebbe bellissimo rivedere

F Questa lettera la tengo per me e cito Giuseppe Fagni “Beppe gol” che era il mio idolo quando mio padre mi portava allo stadio sul cannone della bicicletta tra il 1975 e il 1979

G Come Ivano Gavella romantico del pallone di un’umanità rara e straordinaria. In un calcio ormai arido, l’ex allenatore biancorosso, scomparso a soli 47 anni, è stato una meravigliosa eccezione. Resta nel cuore della gente per il suo modo di intendere il calcio affiancando tattica e tecnica alla voglia di divertirsi, cercando sempre il confronto con l’uomo prima che con il calciatore

H Helenio Herrera. A Rimini è successo anche questo, il mitico mister “tacalabala” della grande Inter arrivò in biancorosso per

la prima volta nel novembre del 1976 (ci ritornò per otto giornate qualche anno dopo), poco dopo l’inizio del primo campionato di serie B. Il Rimini era tra le ultime della classifica e le prime parole del “Mago” furono: “No es un problema para este campeonato” e la folla radunata sotto la sede in via Garibaldi andò in visibilio

I Inno. Nella stagione 1973/74 dopo una “lotta” per decidere tra due inni, “Rimini Vai” composto dal maestro Franco Morri e dal ragioniere Giuseppe Ghirelli, diventò quello ufficiale

L Con Lamberto Soci, storico massaggiatore del Rimini e grande uomo, ricordiamo tutte le persone che hanno affiancato i giocatori biancorossi in questi cento anni di storia

Tel. 0541 791132

Via Marecchiese, 159/ARimini (zona cavalcavia)

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M Cesare Meucci per tutti gli allenatori che si sono alternati sulla panchina biancorossa, con lui il 30 maggio del 1976 dopo 64 anni, il Rimini conquistò la prima storica promozione in B. Per la stagione ricordiamo anche il compianto Gianni Carnevali cannoniere e trascinatore di quella mitica squadra

N Neri. Lo stadio della gesta dei biancorossi prima Ippodromo Flaminio, quindi Stadio del Littorio, Comunale e infi ne Romeo Neri

O Origini. E’ dalla polisportiva Unione Sportiva Libertas che nel 1912, con la nascita della sezione calcio, prende vita la centenaria storia biancorossa

P I Play Off, tra vittorie e sconfi tte, hanno segnato la storia del calcio biancorosso

Q Quattordici, gli anni trascorsi prima della promozione dalla C2 alla C1: un incubo per tutti i tifosi

R Record. Tra i presidenti il commendator Guido Belardinelli, al vertice della società per dieci stagioni, dal 1961/62 al 1970/71. Per i mister Leonardo Acori rimasto sulla panchina del Rimini dal 2002/2003 al 2007/2008. Il “capitano” Gianfranco Sarti, riminese purosangue, 339 presenze. Il bomber “bombardone” Giordano Cinquetti con 60 gol

S Citare solo alcuni calciatori della storia biancorossa sarebbe stato ingiusto, allora abbiamo preso la lettera S, particolarmente fortunata che vale però per tutti: Sarti, Santarini, Scardovi, Sollier, Spadoni, Sartori, Saltutti… Troppa grazia!

T Tina. La Super Tina, storica tifosa biancorossa. Con lei ricordiamo

tutti i tifosi che in questi cento anni si sono innamorati dei colori biancorossi

U La voce del supertifoso Ulderico Marangoni che il 15 ottobre del 1961 in radiocronaca diretta dallo stadio “Amsicora” di Cagliari inchiodò centinaia di sportivi accorsi in Piazza Cavour per assistere alla diffusione della partita poi fi nita 1-1

V Vincenzo Bellavista, “il presidente”. Anche se ricoprì la carica per tre stagioni, è Vincenzo Bellavista il presidente rimasto nel cuore di tutti i tifosi per aver regalato alcuni degli anni più belli della storia biancorossa

Z Zero come i campionati del Rimini in serie A… Per i prossimi cento anni l’augurio è che la formazione biancorossa riesca ad arrivarci

Francesco Pancari

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La squadra di tutti i tempi

Handanovic, Vitiello, Bianchi…

Una squadra, seppur virtuale, che si saprebbe far rispettare anche in

serie A. E’ il Rimini del Centenario, votato da ben 18.840 tifosi biancorossi, un vero e proprio record, sul sito d’informazione Newsrimini.it. Il numero uno è quel Samir Handanovic, portiere “para rigori”, in Romagna nel 2006/2007, passato la scorsa estate dall’Udinese all’Inter. I terzini sono Roberto Vitiello, in maglia a scacchi dal 2006 al 2010, di proprietà del Siena ma squalifi cato per lo scandalo calcioscommesse, e Walter Bianchi, pupillo di Arrigo Sacchi, sotto l’Arco d’Augusto nei primi anni ‘80. Al centro della difesa due grandi capitani di epoche diverse: Renato Vanzolini, con la fascia al braccio per ben dieci anni dal ‘48 al ‘58 (in assoluto il più votato, con 5.192 preferenze), e Luca D’Angelo, attuale allenatore dei biancorossi, dopo aver vestito la casacca a scacchi dal 2001 al 2006 (è l’unico capitano nella storia del Rimini ad aver alzato un trofeo, la Supercoppa di C).Sulla mediana Giuseppe Donatelli, in Riviera dal ‘79 all’82, e Matteo Brighi, riminese doc cresciuto nel

vivaio biancorosso, in prima squadra dal ‘98 al 2000, prima di passare alla Juventus e vestire la maglia della Nazionale italiana.E in avanti un poker di attaccanti da brividi: il lughese Valerio Spadoni, a Rimini nei primi anni ‘70, poi alla Roma; Daniele Vantaggiato, in biancorosso dal 2007 al 2009 e che ora giocherebbe nel Padova se non fosse stato fermato per lo scandalo calcioscommesse; Sergio Floccari, in maglia a scacchi dal 2003 al 2006, ora alla Lazio, autore di gol bellissimi, compreso quello considerato dai tifosi biancorossi, tramite un altro sondaggio su Newsrimini.it, il più bello di tutti i tempi con il 54% delle preferenze (slalom partendo da centrocampo in Cesena-Rimini del campionato 2003/’04); e Adrian Ricchiuti, l’argentino più amato dai riminesi, autore tra il 2002 ed il 2009 di 55 reti, compreso il primo storico gol subito dalla Juventus in serie B, prodezze che hanno contribuito non poco a far raggiungere al Rimini il momento più brillante della sua storia centenaria.In panchina il secondo portiere Giorgio

Ghezzi (in Riviera dal ‘47 al ‘49 prima di vestire le maglie di Inter e Milan), i difensori Dario Baccin (in Romagna negli anni 2000) e Sergio Santarini (nella sua Rimini dal ‘63 al ‘67, poi bandiera della Roma e nazionale azzurro), i centrocampisti Nando De Napoli (biancorosso nell’82/’83, poi al Napoli e in Nazionale) e Gianluca Di Giulio (il regista della scalata dalla C2 alla B) e gli attaccanti Capucho Jeda (2006-2008) e Giordano Cinquetti (a Rimini in tre riprese negli anni 70 e 80 e bomber biancorosso di tutti i tempi, con i suoi 60 gol).Allenatore l’ex Ct della Nazionale Arrigo Sacchi, alla guida del Rimini nei primi anni ‘80 e considerato il tecnico che ha rivoluzionato il calcio. Viceallenatore Leonardo Acori, il tecnico della scalata dalla C2 ai vertici della serie B (nel 2007-2008 il Rimini chiuse al settimo posto con 69 punti, record in cadetteria). Presidentissimo Vincenzo Bellavista, che a suon di investimenti e scelte azzeccate ha fatto toccare al Rimini il punto più alto della sua storia.

Roberto Bonfantini

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Il Re del gol

Cinquetti, “bombe” e non solo…Avevo tredici anni quando

la prima domenica di settembre del 1982, insieme a mio padre, andai allo stadio per la partita di coppa Italia Rimini-Vicenza. Dopo la drammatica retrocessione dalla B di tre mesi prima, non vedevo l’ora di tornare al Neri per andare a vedere quel giocatore di cui tanto mi aveva parlato per anni proprio mio padre, quello che con le sue “bombe” aveva trascinato il Rimini alla prima promozione tra i cadetti nel 1976. Quel giocatore si chiamava Giordano Cinquetti, veniva da Verona ma la maglia a scacchi gli era rimasta nel cuore (non a caso allena ancora la Berretti biancorossa) dopo averlo lanciato in serie A dove aveva giocato con Perugia, Pescara e Udinese. E a Rimini ad allenarlo trovò un illustre sconosciuto chiamato Arrigo Sacchi: “Segnai quattro gol in quella coppa Italia – ricorda Cinquetti – e giocai sempre fino alla settima giornata. Poi mi infortunai al menisco ma il recupero fu breve. Solo che da quella partita mister Sacchi non mi fece più giocare. Peccato, quel Rimini era più forte di Triestina e Padova che furono promosse in B”. Durante la settimana l’allenamento del Rimini era d’obbligo più dei compiti di scuola. Non me ne perdevo uno. Mai visto tirare in porta (nemmeno negli anni a seguire) con quella potenza e quella precisione. Ma quel piede non aveva solo la dinamite. Ricordo un gol da cineteca alla Roma di Liedholm e Cerezo in coppa Italia: un pallonetto degno di Maradona. E tra i tanti gol segnati, la doppietta contro la Virescit del 26 ottobre 1986, un distillato delle sue qualità: una bomba terrificante da quaranta metri e un tocco vellutato a scavalcare il portiere in uscita: “Me li ricordo bene. Il gol contro la

Roma fu fantastico, fintai il tiro forte e scavalcai Tancredi. Con la Virescit, il primo fu su punizione: tiravo da molto lontano perché la porta mi sembrava vicina. L’assist per il secondo gol me lo fece Mirko Fabbri. Quello fu un grande campionato, la notizia del ripescaggio in C1 arrivò quando eravamo in ritiro: cinque o sei “anziani” e per il resto tutti ragazzini della Primavera. Ma facemmo molto bene”. Con sessanta gol Giordano Cinquetti è il capocannoniere della storia biancorossa e, a meno di un clamoroso ritorno di Ricchiuti (55 gol) al Rimini, è destinato a rimanere tale forse anche per i prossimi cento anni. Ma il mitico “bombardone” non sa scegliere il più bello: “Sarebbero sessantuno e magari anche di più con le regole in vigore oggi. Ma va bene così, tanto i record sono fatti per essere battuti. I gol sono tutti belli, anche se ci può essere quello più spettacolare o quello che ti fa vincere una partita o un campionato. Fa piacere perché significa che qualcosa di buono l’ho fatto anch’io per questa squadra. Ormai mi sento riminese dentro, del resto sono quarant’anni che sono qui, me ne andai da Verona che ne avevo venti”. Qualche rammarico per non aver indossato la maglia a scacchi in B? “Del resto quando il Rimini era in B, io ero in A. Ricordo la disperazione di mister Meucci quando andai al Perugia dopo la promozione”. Forse quel calcio era più bello anche perché visto con gli occhi del ragazzino, ma di certo quei gol di Giordano Cinquetti li porterò sempre con me.

Cristiano Cerbara

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Il personaggio

Sergio CampanaProbabilmente l’unica cosa rimasta

uguale è il ‘Romeo Neri’. O meglio lo stadio di Rimini, perché il ginnasta Romeo Neri a cui è stato intitolato l’impianto, all’epoca era ancora in piena attività. Parliamo degli anni Quaranta, quando Rimini era bombardata dai tedeschi e poi colma di soldati alleati. Sergio Campana volava sulla terra battuta per difendere la porta della squadra biancorossa. Nell’anno del centenario del Rimini Calcio, Campana arriva alla nostra chiacchierata sulla sua bici azzurra, portamento fi ero e grinta tipica dei numeri uno a rendere incredibile la riga della carta d’identità che recita: nato nel 1924. Una storia ricca di passione calcistica, la sua. Racchiusa in una mente lucida che snocciola divertenti aneddoti, in un album di foto in bianco e nero e schizzi autografi e in un quaderno fi tto fi tto di originali ritagli di giornale.“Ho debuttato nel Rimini nel 1939 con la squadra Ragazzi. Contro l’Imo-lese perdemmo 3-1 (ma nell’articolo del giornale viene sottolineata “la grande prova del portierino, a cui non vanno ascritti demeriti per il risulta-to”, ndr). Poi però l’anno seguente mi ruppi il braccio e rimasi fermo”.La frattura non bastò a fermare la car-riera del portiere riminese, quasi un predestinato. “In porta nella prima squadra c’era Morri, che anni dopo diventò anche presidente. Siccome in allenamento non c’era la rete perché costava troppo, io che facevo il rac-cattapalle tentavo di parare i palloni che passavano dietro di lui. Un gior-no, nell’estate del ‘42, mi disse: ‘Sta tranquillo Sergio, che tra poco vieni te qui davanti. Io vado a fare la guer-ra’”. E Morri aveva davvero ragione: l’anno dopo feci il mio debutto in pri-

ma squadra”.Due i tratti distintivi di quel Rimini che, ironia della sorte, ricalcano quel-li della nuova era biancorossa: “Erava-mo la difesa più giovane del campio-nato di serie C: io, Pesaresi e Veroli avevamo dai diciassette ai diciannove anni. E la squadra per nove undice-simi era formata da riminesi. Rimasi in biancorosso fi no al 1947, poi mi subentrò un’altra pietra miliare del calcio come Ghezzi che arrivava dal Cesenatico. Io fui venduto al Faenza”.Prima di cambiare maglia, nell’estate del 1943, un intrigo di mercato e la crudeltà del confl itto, ne fermarono la defi nitiva ascesa. “Andai per due mesi alla Roma campione d’Italia, ma poi il contratto non venne fi rmato: il Rimini chiedeva centomila lire, i gial-lorossi arrivano a sessantaquattromila e non se ne fece nulla. E poi i miei mi rivollero a casa. Per fortuna, visto che qualche giorno dopo iniziarono i terribili bombardamenti su Roma. Mi rimane comunque l’orgoglio di avere giocato per qualche mese con lo scu-detto sul petto”.Un contratto che salta per trenta-seimila lire. Ma quanto guadagnava il portiere del Rimini negli anni ‘40? Campana ride: “Non avevamo lo sti-pendio. Ci davano quaranta lire ad ogni partita vinta. Diciamo l’equiva-lente di sette, otto ingressi al cine-ma. Ma all’esordio contro l’Ascoli feci davvero una grande partita, il giorno dopo venne da me Gino Amati e me ne portò cinquanta”.Erano altri tempi, quelli in cui “nella minestra c’erano due fagioli”, quelli in cui “quando presi una botta all’oc-chio in partita un tifoso macellaio mi portò una bistecca da mettere sull’e-matoma, ma dopo qualche ora me la mangiai, perché era tanto che non

vedevo la carne”.Tempi duri. Ma anche un calcio mi-gliore? “Beh, di certo non si parlava di scommesse. Anche se nel campio-nato del 1944 ne successero di tutti i colori. Soprattutto con il Carpi che era primo in classifi ca mentre noi seguivamo a un punto: all’andata a quindici minuti dalla fi ne con gli emiliani in vantaggio ci negarono un gol-fantasma e il nostro pubblico fece invasione di campo. L’arbitro venne picchiato e svenne. E la gente smise solo perché dal Pio Felice (la struttura dietro lo stadio, ndr) i soldati polac-chi spararono in aria raffi che di mitra. Pesaresi, che era stato espulso, tornò in campo e diede un ceffone all’arbi-tro, che aveva sette costole rotte, fa-cendolo rinvenire. Il nostro difensore venne squalifi cato a vita, ma per for-tuna del Rimini fu riabilitato l’anno seguente. Al ritorno a Carpi eravamo ancora sotto di un punto e la società, con un grande sforzo, sabato ci portò in ritiro a Bologna. Solo che erava-mo giovani e la sera andammo tutti al casino a spassarcela con le donne. Perdemmo la partita 6-0. E anche il campionato”.Finita la sua esperienza riminese, Campana andò a Faenza per tre sta-gioni, ma a ventisei anni decise di smettere con il calcio giocato. “All’e-poca facevamo un solo allenamento a settimana, ma io studiavo Legge e non potevo permettermi di perdere tempo con il calcio. La passione però è rimasta: insieme a Edgardo Barosi nel ‘58 fondammo il Rimini Rivie-ra, con centinaia di bambini. Poi la Stella Adriatica. In seguito ho alle-nato per tanti anni i ragazzi del Ri-mini: io e Gianfranco Sarti eravamo tecnici del vivaio, fi nché un nuovo dirigente ci diede il benservito, io ero

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troppo vecchio, lui vagabondo. Così ce ne andammo entrambi, non senza rammarico. Ero talmente vecchio, che poi allenai a Sant’Ermete altri quat-tro anni. Pazienza. Anche se in que-sta città non c’è molta riconoscenza, sono rimasto legato alla maglia a scacchi biancorossi”.Da quanto non viene allo stadio? Sarà al ‘Neri’ per la festa del centenario? “L’ultima partita che ho visto è stata Rimini-Juventus, nonostante le ore di fi la per comprare il biglietto. Cer-to che verrò alla festa del centenario! Intanto ho dato numerosi contributi alla bella mostra allestita in piaz-za...”.

Giorgia Bertozzi

GRATIS AL NERI CON IL CORRIERE ROMAGNAHa preso il via la scorsa settimana la grande iniziativa del Corriere Romagna legata ai primi 100 anni di vita della Rimini Calcio. Dalla partita con il Bassano, il Corriere mette a disposizione dei lettori 100 biglietti per poter entrare gratuitamente al Romeo Neri. Partecipare all’iniziativa e vincere i biglietti (10 a partita: 3 per la tribuna e 7 per la curva Est) è semplice. E’ suffi ciente ritagliare il coupon presente sul Corriere, rispondere negli appositi spazi alle tre semplici domande sul club biancorosso e consegnare il tagliando nella redazione di Rimini in piazza Tre Martiri 43/A il mercoledì antecedente la partita casalinga in questione dalle ore 15.30 alle ore 16.30. Dopo la partita del Centenario, gli appassionati potranno vincere i biglietti per altre 9 gare che i biancorossi giocheranno al Romeo Neri. Queste le altre 9 partite per le quali il Corriere metterà a disposizione dei lettori 10 biglietti: Rimini-Venezia (28 ottobre), Rimini-Fano (11 novembre), Rimini-Castiglione (2 dicembre), Rimini-Milazzo (16 dicembre), Rimini-Renate (6 gennaio), Rimini-Pro Patria (20 gennaio), Rimini-Bellaria (17 febbraio), Rimini-Casale (3 marzo) e Rimini-Santarcangelo (17 marzo).

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I giocatori del Rimini in serie A, in Nazionale e nelle coppe europee

Biancorossi d’elite

Nella lunga storia del Rimini che dura da cent’anni, sono

centocinquanta i giocatori che hanno militato sia nel Rimini che in Serie A. Troverete a parte due liste, una riguardante i giocatori che sono partiti da Rimini per una brillante carriera in Serie A, e un’altra che riguarda i giocatori arrivati a Rimini sul finire della loro attività. La lista dei giocatori partiti da Rimini è guidata da Sergio Santarini con 406 gare seguito nell’ordine da Giorgio Ghezzi 341 e da Fernando De Napoli 311, che presto sarà superato da Matteo Brighi attualmente al Torino, e che sta migliorando il suo bottino di 301 gare ottenuto al termine del campionato scorso. Per quanto concerne i giocatori arrivati quasi a fine carriera, la testa della classifica è detenuta da Mario Bertini, già alla Fiorentina e all’Inter con 308 gare,

seguito da Luciano Chiarugi con 290, al terzo posto Piergiorgio Negrisolo con 256, che fu autore dei due gol del Rimini segnati all’Olimpico di Roma in una storica vittoria contro la Lazio nel 1982 per due a uno. Sono nove i giocatori che hanno giocato anche in Nazionale. Per primo ricordiamo il grandissimo Giorgio Ghezzi nativo di Cesenatico che negli anni ‘50 disputò sei partite. Franco Tancredi altro portiere ne giocò dodici, Cristiano Doni che partecipò al Mondiale 2002 in Giappone Corea del Sud con l’allenatore Trapattoni fece sette presenze e un gol e poi Luca Bucci con tre, Zoratto una e ultimamente Matri con cinque gettoni e un gol. Floccari e Consigli sono stati soltanto convocati. Vanno aggiunti a questi i due prodotti riminesi Sergio Santarini e Matteo Brighi che hanno disputato rispettivamente due e quattro partite

in Nazionale. Inoltre il portiere Samir Handanovic attualmente all’Inter è portiere della Nazionale slovena. Ricordiamo inoltre che nella Nazionale giovanile, quando indossavano la maglia del Rimini, sono andati in Nazionale Sergio Santarini per una gara e Andrea Consigli per nove. Matteo Brighi oltre alle quattro partite in Nazionale A ha giocato per 35 gare (con due gol) nella Nazionale Under 21. Tra i giocatori arrivati a Rimini con una carriera luminosa alle spalle, Mario Bertini ha giocato venticinque partite in Nazionale e Luciano Chiarugi tre. Oltre alla Nazionale alcuni di loro hanno conquistato degli scudetti: ben quattro per De Napoli (due con il Napoli come titolare e due con il Milan come riserva), tre per Ghezzi, tutti da titolare – due con l’Inter e uno con il Milan - poi Chiarugi, che ha vinto lo scudetto

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con la Fiorentina, Bertini con l’Inter, Chiodi con il Milan, Tancredi con la Roma, Favero e Matri con la Juventus. Walter Bianchi con il Milan e Umberto Calcagno con la Sampdoria, invece, lo hanno vinto ambedue come riserva. Risultano vincitori di una Coppa dei Campioni Ghezzi con il Milan e Favero con la Juventus e, da riserve, Sartori nel Manchester United e Gaudenzi nel Milan. Per Chiarugi c’è invece la vittoria in una Coppa delle Coppe. Insomma, pur non avendo disputato alcun campionato di Serie A e non moltissimi campionati di Serie B (nove), l Rimini ha comunque lanciato diversi giocatori verso la Serie A e la Nazionale che riempiono d’orgoglio l’animo degli sportivi riminesi.

Giuseppe Bernabè

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L’allenatore

Li ricorda tutti, uno ad uno e ruolo per ruolo. Come se trent’anni non

fossero mai passati. Difesa a zona e pressing: la rivoluzione del calcio di Arrigo Sacchi è partita da Rimini all’inizio degli anni 80. Poi arrivarono scudetto e Coppe dei Campioni con il Milan di Van Basten e la finale sulla panchina della Nazionale ai Mondiali del ‘94. Ma i grandi campioni non hanno oscurato quei ragazzi biancorossi che nell’estate dell’82 l’allenatore di Fusignano prese per mano con passione nel campionato di C1. “E’ stata la prima società professionistica ad offrirmi una panchina – racconta il tecnico romagnolo che ora è il coordinatore delle Nazionali giovanili -. Prima avevo allenato per quattro anni nei dilettanti e per tre la Primavera del Cesena vincendo lo scudetto. Accettai subito la proposta del presidente Cappelli”. L’accoglienza non fu di quelle trionfali. “Anzi, a Rimini c’era molta diffidenza nei miei confronti per due motivi: non avevo un curriculum importante e soprattutto venivo da Cesena. Ma la diffidenza durò poco. Quella squadra era composta da giocatori giovanissimi e una decina di ragazzi più esperti. Gaudenzi, Zannoni e Zamagna arrivavano dal settore

giovanile, dall’Avellino avevamo preso De Napoli e Pecoraro Scanio. L’inizio non fu semplice, ma alla fine disputammo un ottimo campionato, tanto che nell’estate successiva molti di quei giovani finirono in società importanti. Poi decisi di andarmene”. Perché? “Mi avevano venduto un giocatore senza dirmi nulla e così decisi di accettare la proposta della Fiorentina. Più tardi capii che le ragioni di quella cessione (Zoratto era stato venduto al Brescia, ndr) erano economiche e assolutamente condivisibili. Al presidente avevo suggerito di prendere come allenatore Materazzi, ma i soldi erano pochi e molti calciatori erano stati inevitabilmente ceduti”. Un incontro allo stadio di Riccione e l’anno successivo sboccia nuovamente l’amore. “Lì Cappelli e Montesi mi hanno chiesto di tornare a Rimini. Non ho detto subito sì perché non mi piacevano le minestre riscaldate. Ma Duilio Cavalli, allora cronista de Il Resto del Carlino, mi aveva fatto notare che le minestre buone sono buone anche se riscaldate”. Ritorna il Rimini di Sacchi. “Squadra ancora una volta molto giovane e pochi soldi da spendere. In pochissimi ci credevano. Tanto che proposi un gioco ai

giornalisti. Ognuno doveva scrivere e chiudere in una busta come sarebbe finito quel campionato. Solo Marino Ferri scrisse che quattro squadre peggio del Rimini forse si sarebbero potute trovare. Ci davano per spacciati anche gli avversari. Uno di questi era mister Galeone, lui allenava la Spal e lo disse in un’intervista. Prima di Natale si giocò Rimini-Spal”. Come andò a finire? “I tifosi avevano fotocopiato quell’intervista e tappezzato lo spogliatoio della Spal. Chiudemmo quel campionato al quarto posto con grande soddisfazione e io me ne andai con grande dispiacere e con una riconoscenza che conservo ancora verso quel presidente, quei dirigenti e verso una città che mi ha voluto bene. Sa una cosa? Tutt’ora la domenica guardo sempre il risultato del Rimini”. Mister Sacchi al ‘Neri’ ci tornò con i suoi campioni nell’aprile del 1988. “Con il Milan per un’amichevole del giovedì. Sentivo riconoscenza verso quel club che mi aveva aiutato in tutto. Cappelli è stato un personaggio unico nel mondo del calcio. Lo faceva per passione anche rimettendoci”.

Donatella Filippi

Il Rimini di Arrigo Sacchi

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BOLOGNA-RIMINI 1-3, 25 settembre 2006, campionato di serie B

Sotto il diluvio, il più bel Rimini

Un Centenario è fatto di ricordi, immagini, informazioni, libri

sfogliati ed episodi fortunatamente vissuti di persona. Scegliere “La Partita”, nell’arco dei miei quarant’anni divisi tra tifo e lavoro, diventa un’operazione difficile. Potrei raccontare la mia prima volta al Romeo Neri, non una partitella qualsiasi ma il 4-1 alla corazzata Sambenedettese trafitta dai “quattro dell’apocalisse” Asnicar, De Carolis, Cinquetti e Lorenzetti. Oppure due derbissimi con il Cesena: il 2-2 in rimonta il 7 dicembre 1980 con due rigori alla vecchia Fiorita o il più recente storico colpaccio al Manuzzi a firma di Greco e Ricchiuti che spedì i cugini in serie C. Da vero interista non posso dimenticare le sfide contro il Milan (la sciarpa “Mai stati in B” è un cimelio che conservo con cura) e soprattutto con la Juve. Ancor più dell’1-1 al Neri con suoneria del gol di Ricchiuti piazzata sul telefonino, l’eroico 0-0 di Torino con lo stadio che profumava di serie B. Ma la partita che scelgo è Bologna-Rimini 1-3 del 25 settembre 2006, probabilmente l’esaltazione collettiva del gioco di Leo Acori, condottiero del più bel Rimini della storia, almeno recente, che proprio da quella sera prese consapevolezza della propria forza. Entrare al Dall’Ara è una sensazione

particolare, logicamente veniamo quasi snobbati all’ingresso: siamo stati sempre i “cugini poveri” per il Cesena, figuriamoci cosa poteva essere il Rimini per la “Dotta”. Il calendario non ci ha dato una mano nell’anno degli oltre cinquemila abbonati: la sbornia per la prima con la Juve viene pagata a Marassi dove il Genoa ci dà una lezione, i fantasmi di un ko contro il Frosinone vengono spazzati via dalla rimonta Jeda-Moscardelli ed eccoci al posticipo televisivo di Bologna, che tanto televisivo non fu perché Sky bidonò i suoi abbonati. Alla lettura delle formazioni, i padroni di casa (intesi come giornalisti e spettatori) con quella superiorità tipicamente bolognese, si chiedevano dove potesse andare quella squadretta di nani, soprattutto là davanti. E invece furono soprattutto i nani, con quel moto perpetuo per tutto il campo e per tutti i novanta minuti, a mandare in tilt la squadra rossoblù. Pagano, Valiani, Ricchiuti e Jeda giocavano a memoria, s’infilavano dappertutto, a cucire ci pensava il miglior Tasso versione biancorossa che giocava al fianco dell’indisciplinato ma devastante Barusso. Dietro il quartetto Baccin, Peccarisi, Milone e Regonesi e soprattutto sicurezza Handanovic che complessivamente

ha vissuto una seratina tranquilla. Si parte e nell’aria c’è la sensazione che si può fare. Il primo tempo è sostanzialmente equilibrato, ma al fischio finale ci manca qualcosa. Nella ripresa comincia a piovere, per il Bologna invece sarà un diluvio. Dopo tre minuti Jeda approfitta di un errore della difesa di casa e arriva l’1-0. La gioia dura tre minuti, Mingazzini con una “busonata” fa 1-1, ma è un fuoco di paglia che la pioggia spegne subito. Il Rimini incanta su un prato degno di una serie B, non come le gobbe del Neri: tocchi di prima, lanci di quaranta metri sempre a segno, solidità difensiva, le legnate di Barusso. Al 19’ ci prova anche Tasso in una delle rare proiezioni offensive, Antonioli ci mette i guanti ma proprio sui piedi di Ricchiuti che ci riporta avanti. Dall’Ara in silenzio e tramortito cinque minuti più tardi quando Barusso la piazza nell’angolino concludendo alla grande il suo personalissimo tiro al bersaglio. Vedere i tifosi rossoblù lasciare lo stadio una decina di minuti prima della fine è una goduria speciale per chi, sportivamente parlando, ha sempre festeggiato le legnate alle squadre bolognesi, non importa che fosse calcio, basket e baseball.

Carlo Ravegnani

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L’intervista

Tornare nel calcio che conta

L’Ac Rimini festeggia il centenario. In prima fi la, a tagliare idealmente

la grande torta in questo giorno di festa, un personaggio simbolo come Paolo Bravo, trait d’union tra il Rimini degli anni d’oro della serie B e il Rimini guidato dal presidente Amati. Bresciano di nascita e romagnolo acquisito, ha abbandonato la maglia a scacchi biancorossi per indossare giacca e cravatta, ma senza rinunciare ai lunghi capelli alla Renegade, che ne hanno fatto un’icona della storia recente del sodalizio di Piazza del Popolo. Paolo, tu del Rimini sei stato anima da calciatore, prima di esserlo da dirigente. Il ricordo più grande che porti nel cuore, legato a questa maglia?“Tanti momenti indimenticabili, ne scelgo comunque due: il primo è il gol promozione con il Chieti che ci ha regalato la serie B, il secondo la partita a Torino con la Juventus”.A distanza di tempo, c’è il rimpianto per non aver raggiunto la serie A? Era un campionato diffi cile, con le nobili decadute (Juve, Napoli e Genoa), ma l’organico del Rimini era formato da giocatori che poi hanno fatto benissimo nella massima serie. “E’ una squadra che nella serie B di ora farebbe sfracelli, all’epoca invece facevi fatica a tenere il passo di quelle grandi squadre. Abbiamo fatto grandi

cose, anche se un po’ di rammarico c’è per non aver raggiunto i playoff”.La Cocif ha lasciato ed è arrivato Biagio Amati. Nell’estate del 2009 hai iniziato una nuova avventura dietro la scrivania, ripartendo quasi da zero…“Ringrazio il presidente che mi ha dato questa possibilità. Ho tanto da imparare ancora, penso di aver fatto degli errori, ma anche cose positive. E’ un onore aver fatto parte del Rimini come calciatore, è un onore farlo ora da dirigente. Mi tolgo il cappello comunque davanti al presidente Bellavista, alla sua famiglia e alla Cocif: a noi giocatori ci hanno trattato come re”.In questo momento il campionato del Rimini non è decollato. La società non ha fatto grandi proclami, eppure i giocatori sentono una grossa pressione.“La vittoria del campionato non è nei nostri obiettivi. La pressione è data dall’importanza della piazza, tenuto conto anche della nostra storia recente. Basta poco però per trasformare questo peso in euforia”.La società ha confermato piena fi ducia a mister Luca D’Angelo…“Luca fa un lavoro straordinario, chiaramente è responsabile del rendimento della squadra, come lo siamo noi dirigenti e tutti i giocatori. Nessuno lo ha però messo in discussione. Finora le partite giocate

sono state complicate da situazioni particolari, in primis infortuni ed espulsioni”. Forse hanno inciso anche le diffi coltà degli Under. Alcuni come Brighi e Vittori hanno fatto esperienza in Serie D, altri, più giovani, hanno invece bisogno di più apprendistato. “Abbiamo puntato sugli Under che abbiamo cresciuto in casa, ma non siamo contrari a quelli provenienti da altri vivai - Maita è un esempio - proprio perché altri ragazzi del nostro settore giovanile non erano ancora pronti per questo campionato. Non nego però che sia molto meglio vedere in campo giocatori nati e cresciuti nel Rimini”.Tornando al grande Rimini di serie B, Leo Acori si è accasato al San Marino, sei rimasto deluso della sua scelta?“No, quando hai un rapporto profondo con un allenatore, come io ho con Leonardo, la speranza è che faccia sempre bene, dovunque alleni. Gli auguro di fare bene, è un tecnico capace e una persona seria”. Il Rimini soffi a sulle candeline della torta per i 100 anni: il tuo desiderio?“Ovviamente l’auspicio è che il Rimini possa a tornare a calcare campi importanti e far parte nuovamente del calcio che conta: è una maglia, una città, una piazza che lo merita”.

Riccardo Giannini

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Tavola rotonda

Il rapporto tra club e tifosi nel convegno degli Amici del Rimini

Sabato 29 settembre, si è tenuto presso il Centro Congressi Sgr il

convegno dal titolo: “Supporters e partecipazione nelle società sportive: un ruolo nuovo, possibile e necessario”, promosso dall’associazione “Amici del Rimini Calcio” con la collaborazione di Supporters Direct.

I lavori sono iniziati in mattinata con una tavola rotonda per gli “addetti ai lavori” alla quale hanno preso parte le delegazioni di dodici Azionariati italiani: Verona, Vicenza, Venezia, Modena, Torino (ToroMio), Lucca, Ancona, Roma, L’Aquila, Cava, Taranto e Lecce. Tra i gruppi si è fatto il punto sugli obiettivi fi nora raggiunti dai vari trust, per poi passare a discutere sui rapporti con le istituzioni, in primis quelle calcistiche. Sebbene tutti siano concordi nel ritenere fallimentare la condotta di tali istituzioni, è altrettanto vero che bisognerà trovare il modo di cercare un confronto con chi gestisce il mondo del pallone, per il bene di tutti. In quest’ottica si è

tornati a parlare della possibilità di dar vita ad una Federazione Nazionale degli Azionariati Popolari italiani: un’idea sulla quale in molti al tavolo si sono trovati d’accordo, mentre qualcuno ha posto il dubbio che i tempi non siano ancora maturi e che alcuni aspetti vadano affrontati prima di unirsi sotto un unico nome.Terminati i lavori della mattina, la giornata è proseguita nel pomeriggio con il convegno pubblico, inserito nel calendario delle celebrazioni del Centenario biancorosso, convegno al quale hanno partecipato ospiti di rilievo tra cui l’avvocato Umberto Calcagno (Vice Presidente della A.I.C.), Candido Farneti (Delegato Nazionale dell’AIAC), Pippo Russo (scrittore, giornalista, sociologo dell’Università di Firenze) ed un rappresentante della Supporters Direct Europe, Ben Shave, da Londra. Il Presidente del Rimini, Biagio Amati, l’assessore allo Sport del Comune di Rimini, Gian Luca Brasini ed il Presidente dell’Associazione Amici, Federico Morri, hanno fatto

gli onori di casa. Nell’ultima parte dell’incontro ci sono stati poi gli interventi di rappresentanti di alcuni trust intervenuti all’incontro che hanno esposto le proprie esperienze locali raccogliendo l’interesse dei presenti in sala. Tutti i relatori si sono trovati d’accordo nell’affermare la centralità che devono avere i tifosi nel presente e nel futuro del calcio, di cui sono e devono essere considerati parte integrante, come garanzia di trasparenza e di legame con il territorio. Due valori, purtroppo, sempre più rari nel calcio moderno. Senza dimenticare che la presenza dei tifosi all’interno delle società, come ha sottolineato il presidente Amati, consente loro di capire e condividere i meccanismi e le diffi coltà che un club deve affrontare oggi nel fare calcio.

Ivan Raffaelli Comitato Direttivo

Amici del Rimini Calcio

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