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4. Il linguaggio medico come linguaggio specialistico
Il linguaggio medico possiede due caratteristiche che lo contraddistinguono da
qualsiasi altro linguaggio specialistico, ovvero la ricchezza terminologica e la
ricaduta sulla lingua comune (cfr. Serianni 2005:115). Per quanto riguarda la
ricchezza terminologica, una prova si può avere consultando un dizionario, nel
quale, circa un lemma su venti è di ambito medico. Il forte impatto sulla lingua
comune si deve, invece, al fatto che nel corso dell’esistenza è quasi impossibile
non trovarsi ad affrontareil diffuso interesse per i problemi di salute e al fatto che
c’è sempre piùha determinato un grande sviluppo nella comunicazione
divulgativa.
Ma quali sono le ragioni che spiegano l’imponenza del lessico medico? Secondo il
linguista Serianni, le ragioni principali sono tre. La prima è che, almeno fino al
pieno Novecento, i termini medici furono formati da composti di base greca senza
ricorrere all’ampliamento semantico di termini già presenti nella lingua comune.
La seconda si basa sul forte individualismo che caratterizza la professione del
medico. Egli ambisce a lasciare una propria traccia linguistica, come nel caso
della denominazione di una nuova patologia,. della quale ancora non si era a
conoscenza.
La terza ragione, infine, è rappresentata dalla complessità e dalla varietà
dell’oggetto di studio, come l’anatomia e la patologia (cfr. Serianni 2005:116).
I termini medici possono essere classificati in base ai seguentid alcuni criteri (cfr.
Serianni 2005:121):
criterio semantico;
criterio formale;
criterio sociolinguistico
Secondo Serianni, conCon il criterio semantico si distinguono (Serianni
2005:121),
tecnicismi dell’anatomia (ulna, massetere);
della fisiologia (metabolismo, midriasi);
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della patologia (glaucoma, setticemia);
relativi alla strumentazione e alle metodiche di analisi (endoscopio,
radiologia);
appartenenti a scienze strettamente connesse con la medicina (narcisismo,
estrogeno, ecc...).
Il criterio formale, invece, prende come riferimento la forma linguistica, perciò
classificando i tecnicismi in (cfr. Serianni 2005:121):
tecnicismi monorematici non analizzabili: singole parole di cui non si
riesce intuitivamente a risalire al significato, come timo, epilessia;
tecnicismo monorematici analizzabili: singole parole il cui significato
richiama quello del greco antico o del latino, come i termini con suffissi (-
ite) o prefissi (-ipo);
tecnicismi polirematici: più parole che costituiscono un’unica unità
lessicale come afta epizootica.
La classificazione mediante criterio sociolinguistico porta alla conclusione che
alcuni termini sono entrati nel parlare comune e hanno assunto significati
simbolici. Un esempio è il termine medico fegato, che oltre ad essere un
tecnicismo, è anche una parola comune con annessa fraseologia idiomatica (avere
fegato).
Questi tipi di tecnicismi sono chiamati tecnicismi specifici. Come scrive Serianni,
infatti (2005:127):,
per indicare il piccolo osso che forma la parte terminale della colonna vertebrale dobbiamo adoperare obbligatoriamente il tecnicismo coccige (ferma restando la possibilità di spiegarci ricorrendo a una perifrasi o magari all’iperonimo osso, accompagnato da deittici [...] (Serianni 2005:127),
Parallelamente ai tecnicismi specifici, nel linguaggio medico sono presenti anche i
tecnicismi collaterali. Secondo Serianni i tecnicismi collaterali sono, ovvero:
(2005:127),
vocaboli (nomi, aggettivi, verbi e in misura ridotta costrutti) altrettanto caratteristici di un certo àmbito settoriale, che però sono legati non a effettive
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necessità comunicative bensì all’opportunità di adoperare un registro elevato, distinto dal linguaggio comune [...] (Serianni 2005:127),
Si prendano come esempio queste frasi (Serianni 2005:128):
Un il paziente dirà che sente (avverte, prova) un forte dolore alla bocca
dello stomaco;
Il paziente accusa (o lamenta, riferisce) vivo dolore nella regione
epigastrica (cartella clinica scritta dal medico).
Ora si mettono a confronto i termini utilizzati nel primo caso, ovvero
Confrontiamo le parole della lingua comune di cui si avvale un paziente per
spiegare i sintomi al medico e con i tecnicismi collaterali, utilizzati dal medico al
momento della scritturanella compilazione della cartella clinica:.
Paziente
Parole comuni
Medico
Tecnicismi collaterali
sente accusa
forte vivo
bocca dello stomaco regione epigastrica
Come si può osservare,Appare evidente che i tecnicismi collaterali del medico
rendono modificano il registro elevato ma ai fini comunicativi non ci sono
cambiamenti rilevanti. Quindi, i tecnicismi collaterali appartengono allo stile
espositivo dei medici, i quali possono scegliere di ricorrere ad essi o di mantenersi
nel registro della lingua comune.
I tecnicismi collaterali, a differenza di quelli specifici, non sono stabili: essi,
infatti, sono legati alle esigenze del registro stilistico, perciò presentano dei
margini di oscillazione (cfr. Serianni 2005:130). In più, essi non si limitano al
lessico ma “investono anche strutture più profonde” (Serianni 2005:131), come le
parti del discorso e la microsintassi. Nel primo caso, ovvero le parti del discorso,
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“ è notevole [...] il ricorso agli aggettivi di relazione” (Serianni 2005:131). Alcuni
esempi sono: fosse nasali e bulbo oculare. Osservando questiDagli esempi, si
comprende che la struttura generale di questo tipo di tecnicismo collaterale è
nome generico + aggettivo portatore del significato specifico. Tuttavia, questo è
solo un casoesempio. Serianni, infatti, ha studiato diversi testi e ne ha ricavato una
casistica molto ricca, che viene riportata di seguito riportata (2005:131):
evento + agg. : per indicare un episodio non meglio precisato di rilevanza patologica, evento trombotico, eventi cardiovascolari acuti, ecc...;
in sede + agg.: per indicare una determinata localizzazione, in sede otologica, in sede retrosternale, ecc...;
su base + agg.: per indicare una certa eziologia, il dato posto a fondamento di una diagnosi, la premessa clinica di un certo processo, una patologia su base psicosomatica; questo tecnicismo collaterale concorre con di origine + agg., coma di origine diabetica, ecc...;
di tipo + agg.: per indicare il dato saliente di una patologia, inquadrandola dal punto di vista nosografico, addensamento di tipo lombare, ecc...;
rischio + agg.: per indicare la probabile insorgenza di una certa patologia, soggetti a rischio cefalalgico, ecc... .
La microsintassi, invece, rende il linguaggio medico anonimo, in quanto si omette
l’articolo indeterminativo “in oggetti, soggetti e nomi del predicato in posizione
postverbale al singolare”(Serianni 2005:133). Un esempio di questo tipo di
microsintassi è la frase “è stata dimostrata intolleranza alimentare verso alcuni
alimenti”(Serianni 2005:133). Si nota, infatti, che il termine intolleranza non è
preceduto dall’articolo indeterminativo. Tuttavia, l’articolo non è omesso solo nel
caso precedentemente descritto ma anche nei complementi indiretti retti da
preposizione. In questo caso si tratta di omissione di articoli determinativi il che
comporta l’uso di preposizioni semplici al posto di quelle articolate. Un esempio è
“passaggio di liquido ascitico in cavità pleuritica”(Serianni 2005:133). Anche in
questo caso il termine cavità è anticipato dalla sola preposizione semplice in, che
sostituisce la preposizione articolata nella. Un altro caso in cui l’articolo non
viene espresso è il seguente (Serianni 2005:133),
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con alcuni nomi trattati alla stregua di nomi propri e precisamente: a) nomi latini di batteri, virus e altri microrganismi con i relativi derivati italiani (per esempio streptomicina, dal nome del genere Streptomyces); b) nomi registrati di medicinali (con qualche oscillazione).
Serianni offre poi svariati esempi dei due casi e qui si riporta un esempio per
ciascuno per rendereAltri esempi contribuiscono a chiarire il concetto più chiaro
(Serianni 2005:134):
a) “è necessario escludere una concomitante infezione da Treponema pallidum”;b) “Supradyn va assunto in dose di una compressa […] al giorno”.
A caratterizzare il linguaggio medico concorrono anche dei alcuni tecnicismi
collaterali che hanno a che fare concollegati all’uso di preposizioni e locuzioni
preposizionali, e così classificati . Essi si possono classificare nel seguente modo
(Serianni 2005:135):
a con valore modale, in luogo di altre preposizioni come di, da, con: eventi clinici a carattere aterosclerotico;
da con valore causale invece di ‘causato da’, ‘dovuto a’: dermatiti da contatto; a carico di, seguito dal nome del distretto anatomico colpito o della funzione
compromessa: tra le malformazioni a carico dell’anca la più diffusa è la lussazione congenita;
a livello, seguito da di/del + nome del distretto anatomico o dal corrispondente aggettivo di relazione: il ferro alimentare viene assorbito in larga parte a livello del duodeno;
in presenza di, col valore di un semplice con, ma con l’intento di sottolineare una certa evenienza di interesse patologico[…]: in presenza di un esantema andrà sempre eseguito un attento esame delle mucose;
in assenza di ‘senza’, locuzione speculare alla precedente: gravi ostacoli alle arterie coronarie in assenza di manifestazioni anginose o elettrocardiografiche.
Per concludere, si prendeprendiamo in esame l’ultima tipologia di tecnicismi
collaterali, ovvero i tecnicismi collaterali lessicali. Essi sono i più numerosi e
possono essere divisi incosì classificati (cfr. Serianni 2005:140):
nomi generali: termini “di estrema latitudine semantica”, come danno,
fatto, fenomeno; es. Dosi elevate possono determinare danni a carico del
sangue;
sinonimi di registro più elevato rispetto a forme della lingua comune: es.
esordio/inizio, inibire/impedire, pregresso/precedente;
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scarti semantici: sono parole che generalmente si riferiscono a soggetti
umani ma che in questo caso vengono adoperate in riferimento ad enti
inanimati, es. difetto/mancanza, carenza; oppure sono parole che cambiano
la connotazione, “da positiva a non marcata”, es. apprezzare/riscontrare.
4.1. Influenze dalle altre lingue
Nel corso dei secoli, il linguaggio medico è stato influenzato da diverse lingue,
che hanno lasciato un segno nel lessico della medicina. Queste lingue sono il
greco, il latino, l’arabo, il francese e l’inglese. Facendo Seguendo un percorso
cronologico, il greco è stata la prima lingua che ha contribuito alla formazione del
linguaggio medico. Testimonianze, seppur in numero piccoloridotto, di termini
greci nell’italiano medico, si hanno sin dal Medioevo (cfr. Serianni 2005:168).
Essi sonoSi tratta di termini come alopecia, clistere e collirio, che sono presenti in
documenti del Trecento. Secondo Serianni, “nei primi secoli il tramite
fondamentale per l’ingresso di grecismi in italiano è costituito dai volgarizzamenti
dei testi latini” , tuttavia continua affermando cheanche se “è pur vero che in molti
casi il traduttore interviene con perifrasi o sostituzioni che non permettono al
grecismo di radicarsi” (2005:169). Il linguista fornisce poi alcuni esempi per
sostenere quanto detto, i quali sono aneurisma, colon, perithoneo. Risale,
peròinvece, al Settecento la formazione moderna di grecismi medici (cfr. Serianni
2005:169). Questo avviene tramite derivazione di termini del greco classico, ad ed
un esempio si ha con il prefisso flebo- che “ha dato vita a numerosi altri termini di
formazione moderna da flebite a fleboclisi” (Serianni 2005:170).
Dopo il greco, l’altra la lingua antica che ha segnato il lessico medico è il latino,
anche se i . C’è da dire che i Romani non produssero testi medici ma ne tradussero
una gran quantità dal greco. Da questo si ha come risultatoIn tali traduzioni in cui
compaiono “forme greche adattate morfologicamente al latino e non, calchi
semantici, ed anche una certa terminologia indigena [...]” (Serianni 2005:170).
Alcuni esempi si ritrovano nei termini occhio, cuore, polmone. Quando si parla di
greco e latino, il problema che sorge riguarda la pronuncia: si deveQuanto alla
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pronuncia, ovvero se sia opportuno seguire quella greca o quella latina? Per
rispondere a questa domanda ci si avvale della casistica realizzata da, Serianni e
riportata nello schema seguenteseguente prevede i seguenti casi (2005:174):
convergenza tra accentazione latina e greca, es. paralisi, lat. paràlysis, gr. parálysis;
casi di divergenza in cui ha prevalso l’accentazione alla latina, es. artrosi, lat. arthròsis, gr. árthrōsis;
casi di divergenza in cui ha prevalso l’accentazione alla greca, es. colera, lat. chòlera, gr. choléra e tutta la serie dei suffisati in –ia, come glicemìa, cardiologìa, ecc... ;
casi di divergenza in cui nessuna delle due accentazioni prevale nettamente, es. molti tecnicismi in –osi, anastomòsi dal lat. anastomòsis / anastòmosi dal gr. anastómōsis.
Fino all’età umanistica, ha rilievo anche la lingua araba ha un ruolo nel linguaggio
medico. È noto che iI medici arabi hanno contribuito al rinnovamento della
medicina nel basso Medioevo (cfr. Serianni 2005:176) e gli arabismi che sono
sopravvissuti fino ad oggi, anche se pochi, appartengono per lo più all’anatomia: e
sonoè il caso di nuca, poi o dei i calchi pia madre, dura madre e vena safena.
Per quanto riguarda il francese, Serianni afferma che (2005:180),
l’influsso francese nella lingua medica italiana è di proporzioni ingenti, ma difficilmente precisabile in assenza di studi. La gran parte dei francesismi medici rientra infatti nella categoria degli xeno-latinismi o xeno-grecismi: tecnicismi foggiati con materiale latino o greco che avrebbero potuto essere diffusi da qualsiasi altra lingua romanza.
Tuttavia parole la cui origine èParole di origine francese sono tabagismo dal
franceseda tabagie, ovvero ( fumeria) e mentoniero, (relativo al mento), dal
franceseda menton (cfr. Serianni 2005:180). È da citare la presenza di prestiti non
adattati, tra i quali il più antico e conosciuto è bisturi (cfr. Serianni 2005:180).
Infine, la lingua che ha esercitato ed esercita tutt’ora grande influenza sulla lingua
medica italiana è la lingua inglese. Secondo Serianni si possono distinguere
cinque categorie di anglicismi, ovvero (2005:186):
generici o occasionali, spesso possibili anche al di fuori della lingua medica, e tendenzialmente sostituibili con termini italiani: screening della popolazione, indagine, esame;
relativi alla patologia, tra cui alcuni radicati nell’uso da tempo: shock emorragico;
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relativi alla chirurgia: bypass, shunt/raccordi; relativi alla diagnostica: breath-test, follow-up; di ambito biologico: teoria dell’undefilling, scarso riempimento.
4.2. La formazione delle parole
Nel linguaggio medico si riscontra un grande uso di composizione e derivazione
vengono spesso utilizzate nella formazione delle parole. In linguistica “la
composizione è la combinazione di due elementi liberi”(Serianni 2005:195). Tale
principio e applicatoa alla lingua medica è risulta nella combinazione di due o più
termini latini o greci. Un esempio è il termine gastroenterologia, composto dalle
parole greche, gaster/stomaco, enteron/intestino e logos/discorso. La derivazione,
invece, è “la combinazione di un elemento libero, cioè adoperabile anche come
parola autonoma e di un affisso (prefisso o suffisso), cioè di un elemento che non
può essere usato da solo” (Serianni 2005:195). Nel linguaggio medico i suffissi
tipici sono –ite, -osi e –oma,
e si riferiscono in particolar modo alla patologia.
Il suffisso –ite, indica un processo infiammatorio che colpisce l’organo alla base;
es. bronchite: infiammazione dei bronchi. Il suffisso –osi indica un’affezione non
infiammatoria spesso a carattere degenerativo. Si contrappone a –ite, con il quale
a volte, forma delle coppie come artrite/artrosi. Inoltre –osi svolge in molti casi la
funzione di iperonimo per riferirsi ad un gruppo di patologie con una caratteristica
comune. Un esempio è avitaminosi, ovvero, un insieme di disturbi contraddistinti
dall’assenza di vitamine.
Infine, il suffisso –oma è il suffisso che indica i tumori: la base della parola, cioè
la radice, può indicare il distretto anatomico colpito. Tuttavia non sempre questo
suffisso può anche indica un tumore ma può riferirsi anche a patologie di altro
tipo, come in granuloma o ematoma, in cui sta significare “lesione occupante
spazio”(Serianni 2005:202).
Una spiegazione a parte merita il suffisso –ismo, i cui derivati “si lasciano
ricondurre a tre tipologie fondamentali” (Serianni 2005:203). La Nella prima
tipologia vede la base che “può indicare l’elemento esterno responsabile di una
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certa patologia” (Serianni 2005:203), es. botulino/botulismo, alcol/alcolismo,
ecc... . Nella seconda tipologia, la base può indicare “la patologia stessa, talvolta
con valore iperonimico” (Serianni 2005:203), es. adenoide/adenoidismo,
sonnambulo/sonnambulismo, ecc... . La terza tipologia ricorre all’introduzione di
prefissi come iper-o ipo- nella base, es. ipertiroidismo, ipotiroidismo, ecc... .
AUn’altra caratteristica tipica del linguaggio medico è il suppletivismo. In
linguistica il suppletivismo è “un fenomeno per cui, nell'ambito di uno stesso
paradigma, le diverse forme derivano da radici diverse” (Beccaria 2004:314).
Nella lingua medica si incontra il suppletivismo sin dai tempi di Vesalio, ovvero
dal ( XVI secol)o: infatti l’intervento del noto anatomista e medico fiammingo in
ambito anatomico, ha avuto come conseguenza una presenza rilevante di termini
latini in anatomia, mentre nel lessico patologico ha prevalsoprevale la lingua
grecagreca con una grande quantità di termini greci. Un caso, poi, tipico di
suppletivismo “è rappresentato dal paradigma costituito da una base nominale (di
trafila popolare) e un aggettivo di relazione di trafila dotta tratto dal latino o, più
spesso dal greco” (Serianni 2005:204). Esempi sono ciglio/ciliare; fegato/epatico,
tosse/bechico, ecc... .
In ultima analisi, si prendono in considerazione gli eponimi e gli acronimi.
Gli eponimi sono denominazioni di una malattia, di uno strumento o di un organo
che fanno riferimento al nome dello scienziato che li ha studiati o scoperti. (cfr.
Serianni 2005:211). Ad esempio morbo di Parkinson, morbo di Alzheimer,
sindrome di Capgras, ecc... . Tuttavia gli eponimi non fanno solo riferimento a
scienziati e studiosi, ce ne sono alcuniAlcuni eponimi che prendono
nomederivano anche dalla letteratura o dalla mitologia. Esempi E’ il caso di sono
tendine di Achille, sindrome di Pickwick o bovarismo.
Queste denominazioni sono state spesso criticate a causa dell’opacità provocata
dal nome proprio che impedisce di dedurne il significato in mancanza di una
conoscenza specifica. A tale caratteristica si aggiunge poi “la chiusura iniziatica
della corporazione medica rispetto all’esterno” intenzionata a non turbare il
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paziente con un’eccessiva trasparenza sulla patologia della quale è affetto
(Serianni 2005:210).
L’acronimo, inveceinfine, è formato dalle lettere iniziali di parole, frasi o
definizioni. e in medicina ve ne è un’alta concentrazioneconcentrazione Tale uso è
frequente nei referti, ovvero nei “testi scritti da un medico e idealmente destinati
ad altri specialisti” (Serianni 2005:213). Un esempio di acronimo è TAC,
tomografia assiale computerizzata, tra l’altro anche calco dall’inglese CAT,
computerized axial tomography. Inoltre è importante dire cheData la derivazione
dall’inglese, “solo in minima parte gli acronimi riferiti alla medicina come scienza
e pratica clinica riproducono l’ordine delle parole dell’italiano” (Serianni
2005:214). Tra i rari eEsempi sono abbiamo VES, velocità di
eritrosedimentazione o ECG elettrocardiogramma, ma nella maggior parte dei
casi, infatti, si preferisce l’ordine inglese come nel caso di AIDS, invece che
SIDA (usato invece nel francese).
4.3. Lo stile
Lo stile del linguaggio medico rispecchia le caratteristiche di qualsiasi altro
linguaggio specialistico (si rimanda perciò al capitolo 3 paragrafovedi 3.1.1.),.
Tuttavia ha dellepur presentando alcune sue peculiarità. Innanzitutto si dà più
importanza al nome che al verbo, perciò vi è unoL’uso dello stile nominale è
frequente, e che si manifesta nei seguenti modi (cfr. Serianni 2005:255):
frasi nominali, ovvero senza la presenza di un verbo di modo finito, es.
azione cardiaca ritmica tachicardica, non edemi declivi;
nome come concentrato di carica informativa, al verbo è invece “affidato il
compito di un semplice vettore sintattico, semanticamente generico”, es.
sono stati riportati alcuni disturbi gastro-intestinali;
riduzione dei parametri morfologici verbali (modo, tempo, persona)
effettivamente adoperati e adoperabili, es. possono insorgere, raramente,
superinfezioni da batteri resistenti.
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L’uso della diatesi passiva è un altro aspetto dello stile del linguaggio
medicostilistico tipico. Per Serianni la diatesi passiva afferma che essa (2005:257)
,
risponde allo scopo pragmatico di assicurare la progressione tema-rema,
rrealizzata da dislocazioni nella lingua parlata: la sicurezza del farmaco riguardo a
questo particolare settore non è stata ancora stabilita; ed è un modo per garantire la
cancellazione dell’agente, cioè la spersonalizzazione tipica del discorso medico-
scientifico (nella frase attiva, il soggetto implicito di hanno sarebbe ovviamente “i
medici, gli scienziati”).
Per quanto riguarda l’emotività, è risaputo che i testi medici mancano di emozioni
o di pareri del medicosoggettivi, anche se nel passato, almeno fino a tutto
l’Ottocento i medici introducevano il proprio parere clinico con espressioni di
circostanza, dolendosi rammaricandosi dei fastidi di un malato più o meno illustre.
Nel linguaggio medico moderno, ciò che emerge, invece, è la velatura eufemistica
che permette al medico di non presentare brutalmente al paziente una realtà
sgradita, pur senza occultarla. Spesso la velatura eufemistica si compie realizza
con l’uso di acronimi come Ca o K per carcinoma, di HD per Hodgkin Disease
(cfr. Serianni 2005:263).
Le metafore e le similitudini sono due altri aspetti dello stile del linguaggio
medico. Addirittura inIn epoche in cui non esisteva la diagnostica per immagini, il
ricorso alla metafora era il metodo più economico per comunicare nuove
acquisizioni descrittive, come per esempio muso di tinca. Ancora oggi, comunque,
nei referti diagnostici si possono incontrare metafore quali cuore a scarpa, lesioni
polmonari a vetro smerigliato, il che sottolinea come ci si avvalga ancora della
figuralità. Anche le cure per le malattie vengono rappresentate da metafore, alcune
delle più ricorrenti sonodel tipo, la lotta contro il cancro, essere colpiti da ictus,
debellare la febbre ecc... .
La similitudine, invece, può essere classificata in base “al figurante evocato”, che
può riguardare (Serianni 2005:269),
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a) l’ambito biologico e medico, familiare allo scrivente; b) il mondo vegetale e animale che cade nell’esperienza quotidiana; c) immagini e oggetti eterogenei di immediata evidenza.
In ultima istanza è doveroso accennare all’importanza dei nomi dei colori nel
linguaggio medico. Ve ne sono in grande varietà ed incidono sia in ambito
anatomico che patologico. In passato, era nell’analisi delle urine che si trovavano
la maggior parte dei colori, come : acqueo, verdiccio, citrino, ranciato, rossigno,
lionato, fuligginoso, rugginoso, nericcio. Tuttavia Serianni ha individuato sei
gruppi di aggettivi composti da colori, così che ha schematizzandoli to nel
seguente modo (2005:276):
aggettivi semplici (rosso, verde, giallo) e alterati (rossiccio, verdastro,
giallognolo); a volte accompagnati da suffissi come –astro, -etto, iccio,
-igno, -ognolo;
aggettivi doppi formati da due colori diversi, es. albo-cereo, bianco-bleu,
ecc...;
aggettivi doppi formati da due colori in cui il primo indica un colore, il
secondo il chiaro-scuro o il lucente-opaco, es. bianco fosco, rosso carico,
rosso scuro, ecc...;
aggettivi di relazione tratti da termini che indicano un referente
tipicamente dotato di un certo colore es. acqueo, amarantaceo, latteo,
ecc...;
aggettivi di relazione tratti da termini di àmbito biologico, es. epatico che
sta per rosso bruno;
sostantivi indicanti referenti dal colore caratteristico, richiamati come
termini di riferimento esemplari e universalmente noti, es. amaranto caffè,
cenere, ecc... .
Concludendo, attraverso questa panoramica sul linguaggio medico si è potutoDa
quanto finora detto, è possibile affermare la rilevanza degli aspetti lessicali nel
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linguaggio medico, dominato osservare come il fulcro sia nel lessico. Esso è
composto da tecnicismi che sono la costante dei testi medici, sia scritti che orali, e
che variano in quantità e qualità a seconda della tipologia del testo. Infine, la
precisione terminologica e l’attenzione alla lingua sono due basi portanti del
linguaggio medico che il medicochiunque gestisca professionalmente (dunque
anche come traduttore) questo tipologia testuale dovrà sempre avere come
riferimentipunto di riferimento.
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