Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

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Friedrich Holderlin La morte di Empedocle PRIMA STESURA ATTO PRIMO Scena prima Pantea, Delia PANTEA Ecco il suo giardino. Nell'ombra misteriosa ove la sorgente scaturisce stava recentemente, quando passai di lì. Tu non l'hai veduto mai? DELIA Oh, Pantea! Solo da ieri con mio padre sono giunta in Sicilia. Ma un tempo, quand'ero ancora bambina, l'ho visto ai giochi d'Olimpia in gara sopra un cocchio. Di lui si parlò molto, allora, e sempre mi è rimasto il suo nome. PANTEA Dovresti vederlo ora! Ora! Si dice che le piante al suo passaggio lo scrutino attente, e le acque sotterranee scaturiscano dove il suo bastone tocca il suolo. Può darsi che tutto ciò sia vero! E se durante i temporali leva lo sguardo al cielo, le nuvole si squarciano e subito appare il giorno sereno. Ma che importa? Devi vederlo, un solo istante, e poi allontanarti! Io stessa lo evito poiché, tremendo, ha in sé il potere di trasformare tutto. DELIA E come vive in mezzo agli altri? Non riesco a comprendere un essere simile. Ha, come tutti noi, quei giorni vuoti in cui ci sembra di essere vecchi e miserabili?

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Friedrich Holderlin

La morte di EmpedoclePRIMA STESURA

ATTO PRIMO

Scena prima

Pantea, Delia

PANTEAEcco il suo giardino. Nell'ombramisteriosa ove la sorgente scaturiscestava recentemente, quando passai di lì.Tu non l'hai veduto mai?

DELIAOh, Pantea! Solo da ieri con mio padresono giunta in Sicilia. Ma un tempo,quand'ero ancora bambina, l'ho vistoai giochi d'Olimpiain gara sopra un cocchio.Di lui si parlò molto, allora,e sempre mi è rimasto il suo nome.

PANTEADovresti vederlo ora! Ora!Si dice che le piante al suo passaggiolo scrutino attente, e le acque sotterraneescaturiscano dove il suo bastone tocca il suolo.Può darsi che tutto ciò sia vero!E se durante i temporali leva lo sguardo al cielo,le nuvole si squarciano e subito appareil giorno sereno.Ma che importa? Devi vederlo, un solo istante,e poi allontanarti! Io stessa lo evito poiché,tremendo, ha in sé il potere di trasformare tutto.

DELIAE come vive in mezzo agli altri?Non riesco a comprendere un essere simile.Ha, come tutti noi, quei giorni vuotiin cui ci sembra di essere vecchi e miserabili?E anch'egli conosce qualche pena umana?

PANTEAL'ultima volta che lo vidi, all'ombradei suoi alberi aveva certo - lui, divino -toccato il fondo del suo dolore.Con grande struggimento, cercando, triste,come se molto avesse perduto,chinava gli occhi al suolo o li innalzava

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verso la penombra del boschetto, quasi la sua vitaavesse preso il volo verso azzurre lontananze,e l'umiltà del suo aspetto regalemi commosse - Anche tu tramonterai,splendida stella, e tra non molto. -Fu il mio presentimento.

DELIAHai già parlato

con lui, Pantea?

PANTEAQuali memorie ridesti! Non molto tempo fagiacevo malata, moribonda. Già mi si annebbiavail giorno chiaro e, intorno al sole,come un fantasma inanimato il mondo vacillava.Allora mio padre, sebbene ostile e avversoa questo grande, quando vide perduta ogni speranza,a lui ricorse, al confidente della Natura:e quando il Magnifico mi porse la pozione,la vita agonizzante si ricomposein armonica magia, e quasi ritornataall'eterea dolcezza dell'infanzia,pur essendo desta, dormii per molti giorniquasi senza bisogno del respiro.E quando con rinnovata gioia l'essere miosi dischiuse al mondo da lungo tempo assente,quando con giovanile curiosità il mio sguardo si riaprial giorno, lui era lì, Empedocle, divino,e quanto a me presente! Nel sorrisodei suoi occhi mi rifiorì la vita,come una nuvola mattutina il mio cuorevolò incontro alla sublime e dolce lucee ne fui il tenero riflesso.

DELIAO Pantea!

PANTEAQuella voce dal suo petto! In ogni sillabarisuonavano tutte le melodie e nelle sue parolelo spirito. Vorrei rimanere ai suoi piediper ore, discepola e figlia,contemplare il suo cielo ed esultarein lui, finché la mia mentesi perdesse nelle sue celesti altezze.

DELIASe lo sapesse, cara, cosa direbbe?

PANTEANon lo sa. Libero da bisogno vive in un mondounicamente suo; sereno come un diopasseggia silenzioso tra i suoi fiori,neppure l'aria osa disturbare la sua felicità

e da lui stessocon piacere crescente nasce e sale l'entusiasmo,finché dalla feconda estasi notturnacome una scintilla scaturisce il pensieroo le serene immagini di future imprese

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gli si affollano nel cuore,e il mondo, la vita fermentantedei mortali, e la più grande Naturasi presentano a lui: allora si sentecome un dio nel suo elemento e la sua gioiaè canto celeste poi tra gli uominiritorna, quando sono in movimentoe nel tumulto irresoluto è necessarioun dominatore; e qui governa il grandepilota e reca aiuto; e quando infinel'hanno guardato bene e alla sua presenza,comunque estranea, vorrebbero abituarsi,prima che se ne accorgano, dilegua:lo attrae tra le sue ombre il quieto mondo vegetale,ove meglio si ritrova, quella vita misteriosache a lui è presente in tutte le sue forze.

DELIAOracolo, come conosci tutto questo?

PANTEACostantemente penso a lui... oh, quanto mi rimaneda riflettere ancora su di lui? E se anche l'avessi capitoa che mi gioverebbe? Essere come lui: questaè la vita, e noi non ne siamo che il sogno.A lungo mi ha parlato di lui Pausania, il suo amicoche non passa giorno senza incontrarlo,e l'aquila di Giove - io credo -non è più orgogliosa di lui!

DELIANon posso biasimare ciò che dici, cara,ma ne sono stranamente rattristata:vorrei e nello stesso tempo non vorreiessere come te. Siete dunque tutti ugualiin quest'isola? Anche noi proviamo gioianel possedere uomini illustri, come coluiche ora è lo splendore delle ateniesiquel Sofocle che primo fra i mortaliintuì la natura luminosa delle verginie nel cuore per pura memorial'accolse...

e ognuna vorrebbevivere nel pensiero di quel grande e,prima di sfiorire, poter serbare la giovinezzaeternamente bella nel cuore del poeta,e cerca e chiede quale delle vergini di Atenesia la severa e tenera eroinaa cui si ispirò nel ritrarre Antigone;e la nostra fronte s'illuminaquando l'amico degli dèi apparenel teatro in un giorno di festa, e siamosenza pena e il nostro cuore non si perdein così doloroso e travolgente omaggio. -Tu ti sacrifichi - sì, egli è troppo grandeperché tu possa mantenere la tua pace,è illimitato e tu senza limiti:lo ami, ma giova a lui? Anima cara,tu stessa hai presagito la sua fine:vuoi forse morire insieme a lui?

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PANTEANon farmi

inorgoglire e non temereper me come per lui! Non sono lui,né il suo tramonto potrebbe mai essere il mio,poiché dei grandi anche la morte è grande...

ciò che accade a quest'uomoaccade, credimi, soltanto a luie se anche avesse offeso tutti gli deisfidando il peso della loro collerae volessi peccare quanto luiper condividerne la sorte, sarei similea chi s'immischia, estraneo,in una lite fra amanti. «Cosa pretendi?»,direbbero gli dèi, «Non puoioffenderci come fece lui».

DELIAForse sei simile

a lui più di quanto tu non creda,perché altrimenti lo ameresti tanto?

PANTEAAnima cara,

neppure io so perché gli appartengo.Se tu lo vedessi! Pensavo che forsesarebbe uscito

tu allora l'avresti vistoallontanarsi. Un desiderio, vero?Ma non dovrei desiderare ancora,poiché sembra che gli dèi non aminole preghiere impazienti dei mortali.Hanno ragione. Ed io mai più... Ma, benignidèi, devo pur sperare e altro non conoscose non lui...Vorrei implorare anch'io, come tuttisoltanto sole e pioggia, se potessi!Mistero eterno: ciò che siamoe cerchiamo, non possiamo trovare:ciò che troviamo, non siamo.Delia, che ora sarà?

DELIANon so se dobbiamo restare o andar via...

Vedo venir tuo padre.

PANTEAMio padre, dici? Andiamo. Vieni!

Scena seconda

Crizia (arconte), Ermocrate (sacerdote)

ERMOCRATEChi è mai laggiù?

CRIZIAÈ mia figlia, se non erro,

e Delia, la figlia di quell'ospite

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che ieri ho accolto in casa mia.

ERMOCRATEÈ un caso o anch'esse lo cercano credendo,come il popolo, che sia scomparso?

CRIZIANon credo che la strana diceria sia giuntafinora alle orecchie di mia figlia.Ma anch'ella, come tutti, è legata a lui.Oh, fosse andato tra i boschi o nei desertioltre il mare o sotto terra, ovunquelo spirito esaltato possa averlo spinto!

ERMOCRATENiente affatto. Lo devono vedereaffinché crolli la loro folle illusione.

CRIZIADove sarà?

ERMOCRATECerto non lontano

L'anima assente, seduto al buiogli dèi gli hanno tolto ogni energiadal giorno in cui, nella sua ebbrezza,davanti a tutti s'è proclamato dio.

CRIZIAIl popolo è ebbro, come lui.Non hanno più leggi, né giudici,né doveri, i loro costumicome placidi arenili sono sommersida frastuoni oscuri.Ogni giorno è una festa sfrenata,è sempre festa, e le modeste ricorrenzeconsacrate agli dèi si sono tuttefuse insieme; ricoprendo tutto di tenebreil mago avvolge cielo e terranella tempesta che ha scatenatoe lui guarda e gioisce del suo spiritonel silenzio della sua dimora.

ERMOCRATEUn potere immenso

ha esercitato su di voi l'anima di quest'uomo.

CRIZIATi dico: non conoscono che lui,e solo da lui vogliono ricevere tutto.È lui che vogliono come dio e re.Davanti a lui io stesso mi prostrai umiliatoquando salvò mia figlia dalla morte.Ermocrate, che pensi di lui?

ERMOCRATEGli dèi lo hanno molto amato.Ma non è il primo che abbiano respinto,più tardi, nelle tenebre dell'incoscienzadalle altezze del loro favore,

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perché nell'eccesso della sua fortunatroppo dimenticò le distanzee si ritenne unico, così è stato punitocon una solitudine infinita.Ma per lui non è ancora suonata l'ora estrema:a lungo viziato non può più tollerare,io temo, l'ignominia, e il suospirito assopito si riaccendenuovamente per la vendetta,e in dormiveglia, pericoloso sognatore,afferma, come i vecchi tracotantiche trasmigrano per le vie dell'Asia,che dalla sua parola un tempo ebbero originegli dei. Allora il mondo immenso, vivo,opulento, sta di fronte a lui come una suaperduta proprietà, e immense vogliegli ardono nel petto, e questa fiamma,dovunque si abbatta, apre un varco.Egli rovescia tutto ciò che il tempoha maturato prima di lui - leggi,costumi e arti e nobili leggende -e non può tollerare tra i viventiné pace né serenità. Non sarà mai in pace.Se per lui tutto andò perduto,tutto vorrà riprendere, e nessun mortalearresterà la furia di questo folle.

CRIZIAVecchio, tu vedi cose senza nome.È giusto quanto dici, e se accadesse,guai a te, Sicilia, così bellanei tuoi giardini e nei tuoi templi!

ERMOCRATELa sentenza degli dèi lo colpiràprima che inizi l'opera. Raduna il popoloaffinché gli mostri il volto dell'uomoche, a quanto dicono, è già salito in cielo.Voglio che siano testimonidell'anatema che sto per scagliargli contro.Verrà scacciato nel deserto selvaggioda cui non potrà più fare ritornoe l'espierà l'ora fatale in cuisi fece dio.

CRIZIAMa se l'audace

domina il popolo debole, non temiper noi e per i tuoi dei?

ERMOCRATELa parola del sacerdote stronca lo spirito d'audacia.

CRIZIAE tu credi che dopo averlo amatoper così gran tempo, vedendolo patirel'onta della maledizione, lo scacceranno dai giardiniin cui amava vivere, e dalla città natale?

ERMOCRATE

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Chi potrà tollerare nella sua patriaun mortale colpito da un giusto anatema?

CRIZIAE se il popolo che lo considera un dioti accusasse di essere blasfemo?

ERMOCRATEIl deliro passerà non appenaavranno rivisto con i loro occhicolui che credono asceso tra gli dei.E già si sono ravveduti: percorrendoieri questa stessa strada, li ho vistiaggirarsi in preda a smarrimento,rattristati, parlando a lungo di lui.Allora dissi loro che oggi li avreiguidati da lui, e che nell'attesarimanessero tranquilli in casa.Per questo ti ho pregato di venire con meper vedere se mi avessero obbedito.Non c'è nessuno qui. Su, vieni!

CRIZIAErmocrate!

ERMOCRATEChe c'è?

CRIZIALaggiù, lo vedo

chiaramente.

ERMOCRATEAndiamo, Crizia,

che non ci irretisca in qualche suo discorso.

Scena terza

EMPEDOCLENel mio silenzio sei giunto con passolieve, giorno splendido, e mi hai trovato,amico, nel buio della grotta, ma non veniviinatteso, e da lontano, da lassù,sopra la terra sentii con chiarezzail tuo ritorno, e il vostro, miei confidenti,agili e operose forze dell'altezza,e voi, vicini come un tempo,alberi felici del mio bosco!Siete ancora cresciuti, e giorno dopo giornoumili, la fonte del cielo vi abbeveravadi luce e l'etere ha versato goccedi vita a fecondare i vostri fiori.O intima Natura che mi stai dinnanzipiù non riconosci l'amico, il prediletto,non riconosci in me quel sacerdoteche ti offriva il suo canto di vitacome sangue immolato con gioia in sacrificio?

Oh, alle sacre fonti ove si raccolgonole acque tranquille che nei giorni torridi

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danno refrigerio a chi ha sete, un tempoin me confluivate, sorgenti di vita,dalle viscere del mondo, e a me venivanogli assetati... Ora sono inaridito,e gioia di me più non hanno i mortali.Sono solo? E anche di giorno quassù è notte?Ahimè, colui che più di ogni altro spinselo sguardo in alto, ora brancola accecato...Miei numi, dove siete? Mi abbandonatecome un mendicante? E avete ripudiatoquesto cuore che amoroso vi aveva presagiti,l'avete stretto in ceppi ignobili,lui che era nato libero, che esisteva perse stesso e non era soggetto ad alcuno?E dovrei sopportare tutto questo,come i deboli che nello spaventoso Tartarostanno inchiodati, giorno dopo giorno, alla pena antica?Io so chi sono; io lo voglio! Voglio farmilargo, e che spunti il giorno! Largo!Per il mio orgoglio! Non bacerò la polveredi questa strada ove già camminai perdutoin un bel sogno. È finita. O dèi fui amato da voi.Vi conoscevo bene, agivo insieme a voi, secondoquanto il mio spirito, da voi guidato, mi dettava,tali vi conoscevo, tali in me vivevate... Oh no!Non era un sogno; con il cuore ti sentivoetere silenzioso, quando l'errore umanomi stringeva l'anima e tu, grande conciliatore,mi guarivi con il tuo respiro,quando bagnavi il mio petto ferito dall'amoree i miei occhi, luce che tutto evolvi,contemplarono la tua divina azione,e tutte voi, potenze eterne...Ombre, nient'altro! È finitae tu, non lo nascondere,la colpa è tua, misero Tantalo.Tu hai profanato il santuario,con tracotante orgoglio hai rotto l'alleanza.Quando i geni del mondo, o sciagurato,in te si fusero amorosi, solo a te pensastie ti illudesti, folle meschino, che i Celesti,i Benigni, si fossero venduti a teper servirti come stolidi schiavi.Non c'è un vendicatore in qualche luogo,e dovrò attirare da solo sulla mia animamaledizione e vergogna? C'è qualcunomigliore di me che strappi dalla mia frontela corona delfica e strappi i miei capellicome si conviene al vate calvo?...

Scena quarta

Empedocle, Pausania

PAUSANIAE voi tutti,

potenti dèi del cielo, cosa vedo?

EMPEDOCLEVa' via!

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Chi t'ha mandato? Per completarel'opera a mio danno? Ti diròtutto, se non sai: ti sia di insegnamento,Pausania; non cercare l'uomo cheamavi, perché non esiste più.E vattene, caro giovane! Il tuo voltom'infiamma l'anima: e, sia un bene o un male,eccessiva è per me, una cosa e l'altra.Ma sia come tu vuoi.

PAUSANIAChe cosa accade? A lungo ti ho atteso, e quando da lontanoti ho visto, resi grazie alla luce del giornoMa qui ti trovo, ahimè, come la querciapercossa da Zeus, squarciatodalla testa ai piedi. Ma non eri solo.Non ho afferrato le tue parole,ma ancora ne odo l'estraneo tono funebre.

EMPEDOCLE

Era la voce di colui che si era vantato di esserepiù che un mortale, perché l'amorosa Natural'aveva colmato di eccessiva felicità.

PAUSANIAPer chi, come te,

è amico di tutto ciò che al mondo esistedi divino, non è mai eccessiva.

EMPEDOCLEParlavo così anch'io

caro, quando il sacro incantonon m'aveva ancora lasciato,quando i geni del mondorispondevano al mio profondo amore.Oh grande Luce! - E sono stati gli uominia insegnarmelo-. Già da tempo,da quando il cuore anelantenon riusciva a trovar la Tuttavivami volsi a te, fidando in te ciecamente,seguendo te, non essendo facileper un mortale riconoscere i puri.Ma quando

il mio spirito fiorì come tu fioriscied esclamai: Tu vivi, e cometra gli uomini ti aggiri serenamente,come, in divina giovinezza, irraggisu tutti il tuo splendore pieno di grazia,e tutti assumono il colore del tuo spirito,così anche la mia vita divennepoesia. Viveva in me la tua animae al pari tuo, il mio cuore apertamentesi donò alla Terra sofferente e solenne, e spesso,nella notte sacra, feci il voto di amare sempre lei,la Fatale, senza timore e in fede, e di non disprezzarenessuno dei suoi misteri. Allora nel boscosi udiva uno stormire diverso e tenerimormoravano i ruscelli dei suoi monti.E tutte le tue gioie, Terra, escluse

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quelle che sorridendo porgi ai deboli,stupende come sono, e calde e vere,maturate d'amore e di fatica, tutte mi donasti,e spesso, stando su monti lontani, stupitomeditavo sul sacro fluire della vita,in preda a commozione per le tue metamorfosi,e presagendo il mio stesso destino, l'eterebagnava con il suo respiro me come teper medicare il mio petto ferito d'amoree come per magia nel suo profondosi scioglievano i miei enigmi...

PAUSANIAOh, te felice!

EMPEDOCLELo fui. Oh, potessi dire come fu, nominareil maturare e l'operare delle forze geniali,portentose, mie compagne, o Natura!Poterle far rivivere ancora una voltaaffinché il mio cuore, muto e devastatonuovamente vibrasse di tutte le tue voci!La mia vita? Per me hanno risonatotutti i suoi canti alati e ho sentito,grande Natura, i tuoi remoti accordi?Abbandonato da tutti, non sono forsevissuto con questa Terra sacra, con questa luce,con te, paterno cielo, da cui maisi separa l'anima mia, e con tutti i viventiin un presente e riunificato Olimpo?Come un reietto ora piango,e in nessun luogo posso sostaree anche tu mi sei strappato... Non dire nulla!L'amore si estingue quando gli dèi ci abbandonano,tu lo sai bene, e ora lasciami, io non saròpiù me stesso e tu non sei più nulla per me.

PAUSANIATu lo sei ancora, come lo sei stato sempre.Non comprendo perché tu vogliadistruggere a tal punto te stesso.Credo che talvolta anche la tua animasi assopisca, quando troppo si è apertaal mondo, nello stesso modo in cui la terra,che tu ami, si chiude in un profondo sonno.La chiami morta, tu, quando riposa?

EMPEDOCLECon quanto affetto mi vuoi consolare!

PAUSANIATu deridi l'inesperto e pensiche, non avendo conosciuto come tela tua felicità, ora che soffriio venga a dirti solo cose assurde?Dalle tue azioni ti conobbi, quandoallo stato barbaro conferisti forma e senso,e sperimentai la potenza del tuo spiritoe del tuo mondo quando una tua parola nell'istanteconsacrato faceva sorgere in me molti anni di vita,

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e allora si apriva alla mia giovinezza un'era nuovae bella, e come ai cervi mansueti che pensanoalla terra natale quando stormisce lontana la foresta,così spesso mi palpitava il cuore se parlavidella felicità del mondo primitivo, e innanzi a menon disegnavi forse a grandi linee gli anni futuri,come fa l'artista che nel suo quadroinserisce un elemento e colma una lacuna?Non è forse chiaro per te il destino umano?E non conosci con esattezza le forze naturaliche in confidenza, come nessun altro mortale,sai condurre e governare a tuo piacimento?

EMPEDOCLEBasta! Non comprendi che ogni tua paroladetta è una spina per me?

PAUSANIANella tua irritazione devi dunque odiare tutto?

EMPEDOCLERispetta ciò che non comprendi!

PAUSANIAE tu, perché

me lo tieni celato? Perché rendi la tua penaun enigma irrisolto? Credimi, non esiste strazio maggiore.

EMPEDOCLEE nulla è più straziante, mio Pausania,che decifrare il dolore. Non comprendi?Come preferirei che tu non sapessinulla di me e della mia tristezza!No, sacra Natura, non dovrei dirlo!Tu fuggi, vergine, le menti rozze.Io ti ho disprezzata, iomi proclamai signore, altezzosobarbaro! Seguii la vostra semplicità,potenze pure, in eterno giovani, voi che m'educastenella gioia, che mi nutriste di delizie,e poiché sempre uguali a me ritornavate,non onorai, benigni, il vostro spirito.Io ho conosciuto profondamente l'esistenzadella Natura: non potevo amarlacome un tempo. Gli dèi s'erano postial mio servizio, io solo ero dio,e nel mio arrogante orgoglio lo proclamai.Sarebbe stato meglio che non fossinato.

PAUSANIACome? Per una sola parola?

Tu sei eroico: perché ti perdi d'animo?

EMPEDOCLESì, per un'unica parola. Possano gli deiannientarmi così come mi hannoamato!

PAUSANIA

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Gli altri non parlano così?

EMPEDOCLEGli altri! Come potrebbero?

PAUSANIACerto,

uomo prodigioso! Nessuno come tevide così intimamente e amò il mondoimmortale e i geni e le sue forzee, per questo, solo a te fu concesso pronunciarequella parola audace, per questo tu soltantosenti come una sillaba orgogliosapoté strapparti al cuore degli deie per amore verso loro ti sacrifichi.Ah! Empedocle!

EMPEDOCLEGuarda! Chi sta arrivando?

Ermocrate, il prete, e insieme a luila folla del popolo, e Crizia, l'arconte.Cosa vorranno da me?

PAUSANIAA lungo

ti hanno cercato.

Scena quinta

Empedocle, Pausania, Ermocrate, Crizia, Agrigentini

ERMOCRATEEcco l'uomo che voi diteasceso vivo all'Olimpo.

CRIZIAE appare triste, come un mortale.

EMPEDOCLEMiserabili schernitori! godete forsevedendo soffrire uno che v'era apparso grande?E ritenete che sia una preda facile da catturareil forte che è divenuto debole? Soltantoil frutto che maturo cade al suolo vi tentama, datemi ascolto, non tutte le cose maturano per voi..

UN AGRIGENTINOChe ha detto?

EMPEDOCLEAndate via, ve ne prego!

Allontanatevi per la vostra strada, senza interferirecon quella che è solo mia...

ERMOCRATEMa il prete

non ha forse il diritto di parlarti?

EMPEDOCLEAhimè!

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divinità viventi e pure!proprio lui, quest'ipocrita, dovràavvelenare la mia tristezza? Va' via,ti ho risparmiato molte volte: è giustoche tu risparmi me. Te l'ho già detto,conosco te e tutta la tua congrega,e a lungo mi sono chiesto come possatollerarvi la Natura. Sin da giovaneil mio animo pio rifuggiva da voi,corruttori di tutto, e con amoreincrollabile seguiva il sole, il cieloe tutti i messaggeri della grandeNatura, ed era un presagio ancora lontano,poiché nel mio timore capivo perfettamenteche il mio libero amore per gli deivolevate snaturare in servizio ignobile,facendo di me un vostro pari.Via di qui! via! non posso tollerare di aver di frontechi delle cose sacre fa un mestiere.Il suo volto è falso, è freddo e mortocome lo sono i suoi dei. Perché restatequi, perplessi? Andate via!

CRIZIANon prima

che l'anatema ti sia impresso in fronte,tristo e vile bestemmiatore.

ERMOCRATEStai calmo, amico.

Ti avevo ben detto che senza dubbiosi sarebbe incollerito. Avete udito,popolo di Agrigento, mi deridema io non voglio, in lite furibonda,scambiare con lui parole dure e aspre,questo non si addice a un vecchio come me.Siate voi a chiedergli chi afferma di essere.

EMPEDOCLETacete!

A nessuno, lo vedete bene, giovainasprire un cuore ferito. Lasciateche io percorra serenamente il mio camminosacro e quieto verso la morte. Se al sacrificioconducete la vittima, dopo averla liberatadall'aratro, non la pungolate più:nello stesso modo, lasciatemi in pace. Non profanatecon parole amare il mio dolore:è sacro, e appartiene agli dei. E a me,risparmiate le vostre miserie.

PRIMO AGRIGENTINOChe è accaduto, Ermocrate, a costuiper fargli dire parole così strane?

SECONDO AGRIGENTINOCi respinge quasi ci temesse.

ERMOCRATEChe volete? Ha la mente ottenebrata,

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essendosi dinnanzi a voi proclamato dio.Ma poiché non credete mai alle mie paroledomandatelo a lui. Sia lui a dirvelo.

TERZO AGRIGENTINOMa noi ti crediamo.

PAUSANIAA lui credete,

svergognati! Oggi non vi è più graditoil vostro Giove: si è rannuvolato.Il vostro idolo si è fatto scomodo,forse per questo credete a lui? Osservatelo:si affligge e vi cela quello spirito suoche, quando non sarà più, gli adolescentidi un'era senza eroi ricercheranno;e ora gli strisciate intorno sibilando.Vi sembra giusto? o siete così ottusida non sentirvi ammoniti dal suo sguardo?Lui che, essendo mite, è bersaglio dei codardi...Sacra Natura, come puoi tollerareun simile vermicaio nel tuo mondo?E voi mi fissate senza sapere benecosa fare di me, è al prete che dovetechiederlo, a lui che sa tutto.

ERMOCRATEAvete udito come c'insulta in facciail giovane insolente? Cosa non farebbe?Lo può fare, perché il suo maestrofa ciò che vuole. Chi conquista il popoloso che parla a piacere. Non mi oppongoper puntiglio se gli dèi lasciano fare.E molto è quello che tolleranoe tacciono finché all'estremo eccessogiunge il folle ardire. Ma allora il sacrilegodovrà precipitare nella tenebra dell'abisso.

TERZO AGRIGENTINOCittadini, in futuro non voglioavere più nulla a che fare con costoro.

PRIMO AGRIGENTINODite,

come poté costui incantarci?

SECONDO AGRIGENTINOVia, via di qui, discepolo e maestro!

ERMOCRATEÈ dunque l'ora. Invoco voi, tremendedivinità della vendetta! Giovegoverna le tempeste e Poseidone domai marosi, ma voi dal passo lieve,voi dominate le ragioni occultee quando un arrogante esce dalla cullavoi siete presenti, e mentre luicresce e procede superbo verso il crimine,ascoltate il suo cuore che, farneticante,a voi si rivela nemico di ogni dio.

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Anche costui vi è noto, il seduttoreche, subdolo, traviò il popoloe si fece beffa delle leggi patrie.E mai rispettò gli antichi deidi Agrigento e i loro sacerdoti.Né ignoravate, voi tremendi numi,mentre taceva, il suo pensiero spaventoso.Credevi, scellerato, che dovesseroesultare perché al loro cospettorecentemente ti proclamasti dio?Avresti poi regnato in Agrigento,come unico tiranno onnipotente,e tuo sarebbe stato, tuo soltanto,il popolo buono e questo paese bello.Tacquero, essi, e rimasero allibiti;tu invece impallidisti, soffocatodalla maligna rabbia nella buiagrotta dove scendesti per sfuggirela luce del giorno. E ora vieni qui,e mi vomiti contro la tua irae bestemmi i nostri dei.

PRIMO AGRIGENTINOOrmai è chiaro, bisogna giudicarlo!

CRIZIAVe lo dissi, io non ebbi mai fiduciain questo sognatore.

EMPEDOCLEOh, dissennati!

ERMOCRATEE ancora osi parlare

ignori che tra noi non esiste più rapporto,sei divenuto straniero, ignotoa tutti i viventi. La fonte che dissetanon ti appartiene, né quella viva fiammache ci riscalda, e ciò che allieta il cuoredei mortali ti è negato dai sacridei vendicatori. Non ti appartienequesta luce, né la verdeggiante terra,né i suoi frutti, e a te non concede l'ariail suo ristoro quando il tuo pettosospira e ha sete di frescura. È vanala tua speranza di tornare a ciò che è nostro;appartieni agli dèi della vendettae della morte. - E d'ora innanzi guaia chi ascolterà da amico una tua frase,a chi ti rivolgerà il saluto e ti porgerà la mano,a chi al meriggio ti offrirà da bere,o alla sua mensa ti ospiterà,a chi ti concederà di riposare sotto il suo tettose busserai di notte alla sua porta,a chi ti appresterà il rogo funebre quandosarai morto: guai a lui e a te!Vattene! gli dèi della patria,qui dove sorgono i loro sacrari,non tollerano più colui che tutto disprezza.

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AGRIGENTINIVia! vada via! che la maledizione non ci contamini.

PAUSANIAVieni con me! Non andrai via solo. Uno è rimastoche ti rispetta, benché sia vietato.Caro, tu sai come l'affetto dell'amico contimolto di più della maledizionedi questo prete. Anche laggiù, in una lontana terra,potremo trovare il cielo azzurro,io pregherò che illumini il tuo cuore.Anche laggiù, nella Greciasuperba e gloriosa, verdeggiano collinee l'ombra dell'acero è larga, e i mitiventi donano frescura al viandante,e quando in giorni torridi sosteraisul ciglio della strada, con queste mie stesse maniper te coglierò il cibo e attingerò acquadalla sorgente gelida, e curverò i ramisopra il tuo capo, raccoglierò muschio e foglieper il giaciglio, e mentre dormirai, veglieròsul tuo sonno, e innalzerò, se necessario,il rogo che questi infamiora ti negano!

EMPEDOCLEO cuore fedele! - Per me,

cittadini, non vi chiedo nulla:come volete, sia. V'implorosoltanto per questo giovane.Oh, non guardate altrove! Forsenon vi riunivate intorno a me, amici?Non osavate stringermi la mano,venire ad accalcarvi convulsamente intorno a mevi sembrava scortese: mandavateperciò i fanciulli a stringermi la mano,e portavate i bambini in spallao sulle braccia. Ora non sono più quello?Più non riconoscete l'uomo a cui dicevateche, a un suo cenno, eravate prontia mendicare con lui di terra in terrae perfino a seguirlo giù, sino al Tartaro?Bambini! avreste voluto darmi tuttoe spesso ero costretto ad accettarequanto sostentava o rallegravala vostra vita; poi vi rendevo del mioche voi stimavate maggiore di ogni vostro bene.Ora vi lascio; e non mi sia negataquest'unica preghiera: risparmiatequesto giovane. Non vi ha fatto del male,mi ama, ecco tutto, come anche voimi amaste. E dite: non è forsenobile e bello? Ascoltatemi: un giornolo ricercherete. Quante volte dissiche cadrebbero notte e gelo sulla terrae che le anime miseramente perirebberose periodicamente le divinità benigne,per donare nuova linfa al vivere avvizzito,non ci inviassero giovani simili a questo.Sacri, dicevo, vi dovrebbero essere

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simili geni. Proprio per questonon vogliate condannarlo! Promettetelo!

TERZO AGRIGENTINOVa' via! via! Non vogliamo ascoltare nulladi ciò che tu dici.

ERMOCRATECostui avrà la sorte che si è scelta.

Paghi per la sua folle insolenza.Venga con te, e condivida la tua maledizione.

EMPEDOCLECrizia, tu taci? Anche tu, non negarlo,sei turbato. Lo conoscevi, vero?Fiumi di sangue di animali sacrificatinon laveranno questa colpa. Ti prego, amico, parla,sono come ebbri, pronuncia una parola calmaaffinché a questa povera gente ritorni il senno.

TERZO AGRIGENTINOEcco, c'insulta nuovamente! Pensa alla tuamaledizione, e non parlare. Va' viaaltrimenti potremmo usarti violenza.

CRIZIABen detto,

cittadini.

EMPEDOCLEAh sì? Violenza?

Sono ancora vivo e già mi bramano le Arpiefameliche? Non potete attendere il momentoin cui la vita m'abbia abbandonato per profanarela mia salma? Su, venite, sbranatemie spartitevi la preda, e il prete brandiscala vostra esultanza, inviti a mensai vendicatori infernali, a lui cosìfamiliari. Hai paura, scellerato?Non mi conosci? Devo rovinarti l'ignobile scherzo che mi fai?Per i tuoi capelli grigi dovrestidivenire fango, e onore eccessivo per tesarebbe servire come schiavo le Furie.Sei infame! E tu hai osato farti miopadrone? Ma è misero mestiere darela caccia a una fiera sanguinante.Ero ferito: lui lo seppe e al codardocrebbe il coraggio; mi ha catturatoe aizza contro di me le zanne della plebe.Chi laverà l'oltraggio? chi accoglieràquel senzapatria che con i segni dell'ontapassa tra le case altrui e implora dagli deisilvestri un nascondiglio? Vieni, figlio mio!Le loro offese avrei dimenticate.Come però dimenticare te? - Oh, gente senza nomeprecipita verso la tua rovina,soccombi di una morte lentae ti accompagni il prete con la sua neniadi corvo! E poiché ci sono lupidove ci sono cadaveri, se ne trovi

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uno per voi, che beva il vostro sanguee la Sicilia liberi da voi. Inaridiscaquesta terra ove il grappolo purpureo prosperavaper un popolo migliore, e i frutti d'oro tra le frondee il nobile frumento; e lo stranieroappoggiando un giorno il piede sopra i ruderidei vostri templi, chiederà: era qui edificatala città? Adesso andate! Tra un'oraqui non mi troverete più. (mentre si allontanano)

Crizia,vorrei dirti ancora una parola.

PAUSANIA (quando Crizia è tornato indietro)Lascia

che io vada dal mio vecchio padrea prendere congedo.

EMPEDOCLEMa perché?

O dèi, in cosa mai vi ha offeso questo giovane?Va' pure. Ti aspetterò sulla stradaper Siracusa. Partiremo insieme.

(Pausania esce dalla parte opposta.)

Scena sesta

Empedocle, Crizia

CRIZIAChe c'è?

EMPEDOCLEAnche tu mi perseguiti?

CRIZIAChe idea,

io perseguitarti?

EMPEDOCLELo so bene. Tu vorresti

odiarmi, eppure non mi odi. Hai solopaura, ma non avevi nulla da temere.

CRIZIATutto questo è passato. C'è dell'altro?

EMPEDOCLEMai avresti pensato

una cosa simile da solo, ma è stato il pretea importi il suo volere; io non ti accuso.Se almeno tu avessi detto una parolasincera in suo favore, ma tu temeviil popolo.

CRIZIAÈ solo questo

che avevi da dirmi? Ti sono sempre piaciutii discorsi inutili.

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EMPEDOCLEModera le parole,

io salvai tua figlia.

CRIZIAÈ vero, l'hai fatto.

EMPEDOCLETi ripugna e ti vergogni

di parlare con chi è stato maledetto dalla patria.Ti comprendo. Immagina allora che siala mia ombra a parlarti, onorata e risortadal sereno soggiorno della pace.

CRIZIANon sarei venuto al tuo richiamose il popolo non avesse richiesto di saperecosa tu avessi ancora da dirmi.

EMPEDOCLECiò che ho da dirti

non riguarda il popolo.

CRIZIAE cos'hai da dirmi.

EMPEDOCLETu devi abbandonare questo paese; lo dicoper amore di tua figlia.

CRIZIAPensa a te stesso

e degli altri non curarti.

EMPEDOCLENon la conosci?

Non ti rendi conto di quanto sia preferibileche sprofondi totalmente una città di stoltianziché una sola giovane eletta?

CRIZIADi che cosa si può dire

che sia priva?

EMPEDOCLENon la conosci?

E tratti come un cieco il donodegli dei? Nella tua casarisplende invano la dolce luce?Ascolta: l'anima pia non troverà pacetra questa gente, e rimarrà sola,lei così bella, e morirà senza gioia.Lei, la figlia degli dèi, così severae tenera, non potrà mai accettaredi stringere al suo seno uno di questi barbari?Oh, credimi! Chi sta per congedarsi dice il vero.E non stupirti del consiglio!

CRIZIACosa vuoi

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che ti risponda?

EMPEDOCLEParti con lei

verso qualche terra sacra, va' nell'Elladeo a Delo, tra coloro che lei cerca,dove tra i lauri sorgono, in silenziosaassemblea, le statue degli eroi. Qui troveràpace, tra le mute immagini la sua anima bellae delicata si sentirà appagata;tra le nobili ombre svaniràil dolore che in segreto la tormenta.Quando in un giorno festivo e serenola gioventù dell'Ellade si riuniràe quegli ignoti le si faranno intornoa salutarla e, come nube d'oro,la vita lieta di speranze splenderàin tutti i cuori ecco che quest'auroraridesterà il desiderio nella schiva sognatricee tra valorosi conquistatori d'inni e laurinelle nobili gare, ella sceglieràuno che la strappi alle ombrea cui troppo precocemente si è accompagnata.Se questo ti piace...

CRIZIAAncora ti restano tante parole d'oronel tuo affanno?

EMPEDOCLELascia lo scherno!

Chi prende congedo aspira ad essere giovaneancora una volta. È come il lampo estremodella luce che un giorno risplendette tra di noigioiosamente in tutto il suo fulgore. Lascia che si spengaserenamente, e se anche vi ho maledetti, a tua figliadono, se mi è lecito, la mia benedizione.

CRIZIABasta, taci, e non trattarmi da fanciullo.

EMPEDOCLEPrometti che farai come ti dico,e lascia questa terra. Se rifiuti,che preghi e implori la desolata un'aquilache la salvi da questi schiavi, in cielo.È questo il mio consiglio migliore.

CRIZIAOh, dimmi, forse non abbiamo agito giustamentenei tuoi confronti?

EMPEDOCLEE me lo domandi? Io ti ho già

perdonato. Ma farai ciò che ti ho detto?

CRIZIANon posso

decidere così ripidamente.

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EMPEDOCLEDecidi bene.

Che lei non rimanga dove soccomberebbe.E che ricordi, dille, colui che un giornofu caro agli dei. Lo farai?

CRIZIAE me lo chiedi? Lo farò, certo.E ora, infelice, va' per la tua strada. (Esce.)

Scena settima

EMPEDOCLESì!

Vado per il mio cammino, Crizia,e so dove conduce. E mi prende vergognaper avere esitato così a lungo.Perché attendere tanto, sino a perderefelicità e giovinezza e spirito, e chepiù nulla mi rimanesse se non follia e miseria.Quante volte, quante volte una voce mi ammonì!Sarebbe stato bello allora. Ma ora è necessario.O dèi misericordiosi! Dei del silenzio!La parola insofferente precorre l'uomoe non lascia che maturi in pace l'oradella riuscita. Molte cose sono consumatee ora tutto è più facile. A tuttosi aggrappa il vecchio stolto! E quandoun giorno, fanciullo spensierato,giocava sulla terra verdeggiante,era più libero di quanto lo sia oggi.Oh, distacco! Non mi si lascia neppure la dimorache mi ospitò... Anche questo, o dèi!

Scena ottava

Empedocle, tre suoi schiavi

PRIMO SCHIAVOTu parti, Maestro?

EMPEDOCLESì, parto, mio caro...Va' a prepararmi il bagaglio, quel tantoche possano reggere le mie spalle,e portalo là fuori sulla strada; questosarà il tuo ultimo servizio.

SECONDO SCHIAVOO dèi!

EMPEDOCLEVoi

siete stati al mio serviziovolentieri sin dalla cara infanzia,e crescemmo insieme in questa casadi mio padre e mia, ed estranea al mio cuoreè la fredda parola del comando.Qui non avete patito mai il destino

Page 22: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

d'essere schiavi. Liberamente, ne sono certo,con me verreste là dove è necessario che io vada.Ma non posso tollerare che vi tormentila maledizione del prete. Il mondo si apredinnanzi a voi e a me, lo sapete bene,e spetta a ognuno scegliere la propria sorte.

TERZO SCHIAVOOh, no!

Non ti lasceremo. Non lo possiamo.

SECONDO SCHIAVOChe ne sa il prete di quanto tu ci sia caro?L'anatema colpisca altri, non noi.

PRIMO SCHIAVOSe noi ti apparteniamo, lasciacistare con te. Non è da ieri, infatti,che viviamo insieme, anche tu l'hai detto.

EMPEDOCLEO dèi, io non ho avuto figli e vissisolo con costoro, e nonostante questomi sento ancora legato a questo asiloove dormivo, e lotto come in un sogno.Orsù, miei cari, è necessario!Basta parlarne, ve ne prego,fate come se non fossimo più vivi.Non voglio che quell'uomo maledicatutti coloro che m'amano... Per questonon potete seguirmi, ve l'ho detto.Entrate in casa, prendete ciò che vi servee senza indugio fuggite, affinchénuovi padroni non vi catturino: diventerestein tal caso schiavi di un vigliacco.

SECONDO SCHIAVOCon parole così aspre tu ci scacci?

EMPEDOCLELo faccio per voi e per me. Ormai siete liberi!Assumete ora la vostra vita virilmente,chiedete agli dèi che vi diano conforto;siete solo all'inizio. I mortali sorgonoe tramontano. Non indugiate più a lungo!Fate come ho detto.

PRIMO SCHIAVOPadrone del mio cuore,

vivi, non perire!

TERZO SCHIAVONon ti rivedremo

Dunque più?

EMPEDOCLE (in tono imperioso)Non domandate,

è vano!

SECONDO SCHIAVO (mentre si allontanano)

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Come un mendico dovrà dunque vagare,sempre incerto della propria vita?

EMPEDOCLE (seguendoli con lo sguardo)Addio, vilmente vi ho allontanati,

o miei fedeli. Addio, casa paterna,dove sono vissuto. E voi, alberi,che con un canto di gioia io, l'amico degli dèi,ho consacrato: voi, custodidella mia pace, morite e rendeteai venti il vostro spirito, poiché all'ombrala rozza plebe si trastulla e dovefui felice, mi si dileggia.Ahi, messo al bando, o dei? e questo preteha forse imitato, senz'anima e senza vocazione,quello che voi, celesti, m'infliggete? Voi aveteabbandonato me che vi oltraggiai, o elementi!E ora costui mi scaccia dalla patria!L'anatema che contro di me lanciaisi rivolge contro me stesso per bocca della plebe?Ahimè, colui che un giorno intimamentevisse con voi, beati, e per la gioiaproclamò suo il mondo, dove potrà riposarenon sa, né trova pace nel suo cuore.Dove conducete, strade dei mortali? Sietemolteplici, ma qual è la mia? qualela più veloce? la più breve? Indugiare è vergognoso.Miti numi, nello stadio guidavo, spensierato, il cocchiosu fumanti ruote e voglio così rapidamente riunificarmia voi, benché l'impazienza sia pericolosa.

(Esce.)

Scena nona

Pantea, Delia

DELIATaci, cara fanciulla,

frena il tuo dolore! Che nessuno ci senta.Entrerò nella sua casa. Può darsi che ci sia,e ancora una volta potrai vederlo.Ma nell'attesa taci... Devo forseentrare?

PANTEASì, entra, cara Delia.

Io cercherò di calmarmi, affinché il cuorenon mi si schianti, se mi apparirà quel grandein quest'amara ora fatale.

DELIAO Pantea!

PANTEA (sola, dopo una breve pausa)Non posso farlo... D'altronde sarebbe

una vergogna, come entrare là senza passione.L'hanno maledetto? No, non è possibile.O nero enigma, alla fine mi schianterai!Come sarà?

(Pausa. Angosciata, a Delia che ritorna)

Page 24: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

Cosa hai trovato?

DELIAAhimè, tutto è morto

e deserto.

PANTEAÈ partito?

DELIATemo di sì. Le porte

sono aperte, ma dentro non c'è nessuno.Ho chiamato, ma solo l'eco ha risposto.Non ho voluto indugiare...Oh! La poverina è muta e pallida, mi guardacome fossi un'estranea. Non mi riconosci?Anima cara, il tuo dolore è il mio.

PANTEAAndiamo, vieni!

DELIAMa dove?

PANTEADove? Io stessa

l'ignoro, dèi buoni. Sciagura!Nessuna speranza! E tu, luce d'oro,invano splendi, lassù in alto.Egli è partito. Come posso sapere, desolata,se i miei occhi sono ancora limpidi?No, non è possibile! È troppo temerario,questo gesto, troppo mostruoso. E tuttaviavoi l'avete compiuto. Dovrei ancora viveretra uomini simili, e tacere? E piangere,poiché non mi resta altro?

DELIAPiangi, mia cara! È preferibile piangerepiuttosto che tacere o parlare.

PANTEADelia,

qui passeggiava, e questo giardino m'era tanto carosolo perché a lui piaceva tanto.Quando mi sentivo insoddisfatta della vita e tristee con altri mi aggiravo, schiva, per questi colli,quante volte il mio sguardo cercava queste vettedi alberi e pensavo: là lui vive!Così mi rasserenavo. Mentalmentevivevo con gioia al suo fianco.Conoscevo le sue ore. Il mio pensierosi accompagnava a lui più fiduciosoe con lui, così caro, dividevoi miei puerili crucci... Ah, crudelmentehanno infranto, gettata nella strada,l'effigie del mio eroe: chi l'avrebbe pensato?Oh, cento primavere numerose volte augurai,stolta, a lui e ai suoi giardini.

Page 25: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

DELIABuoni dèi, perché privarla di questocaro conforto e di questa dolce gioia?

PANTEACosa dici?

A noi veniva come un nuovo solesplendido e gentilmente attraeva a sécon fiori d'oro i giovani immaturi.Da tempo la Sicilia era in attesa di lui.Sull'isola non regnò mai mortaleche fosse pari a lui. Intuivanoche dei geni del mondo era alleato.E tu con grande affetto li stringesti tuttial petto. Per questo devi vagare oltraggiatodi terra in terra, con il veleno in cuoreche ti hanno dato come viatico?

Questo gli avete fatto, giudici sapienti!Ma non lasciate che io mi allontani impunita!Giacché io lo venero, voglio dirveloin faccia se voi non lo sapevate, e alloraesiliate anche me dalla vostra città.E se mio padre, il folle, ha maledettolui, che maledica anche me!

E voifiori del cielo, splendide stelle,appassirete anche voi? E calerà la notte,o padre Etere, sulla tua animaquando i tuoi chiari figli innanzi a tesi spegneranno? Lo so, è necessarioche cada tutto ciò che è divino.Ma la sua caduta mi ha resa veggente,e quando incontro un genio splendido,si dichiari uomo o dio,so presagire l'ora per lui infausta...

DELIAO Pantea, l'altezza dei tuoi lamentimi atterrisce. È simile a te anche lui?Nutre lo spirito orgogliosodi dolore, e si esalta soffrendo?Non voglio crederlo, ne avrei paura.Quale sarà mai la sua sorte?

PANTEATu vuoi

tormentarmi? Cosa ho dunque detto?Non vorrò mai più... voglio essere paziente,più non voglio, o dèi, vanamente aspirarea quanto mi vietaste, e accetteròtutto quello che vorrete donarmi.Tu sei sacro! e se anche non mi fosse datoincontrarti, potrò gioire poiché quitu hai vissuto. Voglio rimanere calma, affinché da me,sconvolta, non si allontani la sua nobile immaginee il frastuono del giorno non scaccil'ombra fraterna che, se il mio passo sarà lieve,resterà al mio fianco.

Page 26: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

DELIAO sognatrice, cara! Ma lui vive ancora!

PANTEAVive? È vero, vive! Notte e giornovaga nel vasto mondo. Oscure nubigli fanno da tetto e la dura terraè il suo giaciglio. Il vento gli scompigliai capelli e la pioggia e il piantogli rigano le guance e il soleasciuga le sue vesti nell'ardente meriggioquando attraversa deserti privi d'ombra.Evita le strade frequentate, cammina tra dirupicon i predoni che, stranieri come lui,sono sospetti a tutti, ma non sannodel suo bando; dimora presso di loroche dividono con lui il rustico cibocon cui ristorare il corpo nel cammino.Ecco come vive, e neppure questo è certo!

DELIAÈ spaventoso, Pantea.

PANTEASpaventoso?

È così che sai dare conforto?E tra non molto loro verrannoe diranno, parlottando tra loro,che giace, ferito a morte, su una strada.Lo tollereranno gli dei: non hanno forsetaciuto quando con vergogna e infamiafu scacciato dalla patria in esilio?E tu come finirai? Esausto e prostratoa terra segnerai il cammino con tuo sanguementre il vile cacciatore ti afferrae sbatte la tua testa morente contro la roccianon smetterai la lotta, aquila fiera!E lo chiamaste beniamino di Giove!

DELIANon così, anima cara!Non dire parole simili. Se tu sapessiquanto mi fai pena! T'implorereiin ginocchio, se servisse.Calmati, e allontaniamoci da qui.Molto può ancora mutare, Pantea.Potrebbe anche darsi che il popolo si penta.Tu sai come l'amava. Andiamo. Vieni!Io pregherò tuo padre e tu mi aiuterai.Chi può dirlo? Forse riusciremo a conquistarlo.

PANTEAO dèi! sì, dovremmo riuscire!

ATTO SECONDOZona dell'Etna. Capanna rustica

Scena prima

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Empedocle, Pausania

EMPEDOCLEPerché mai sei qui?

PAUSANIAQuanto fa bene,

caro, sentire finalmente una tua parola!Anche per te è così? Quassù non ha valorel'anatema, e la nostra terra è lontana.Su queste alture si respira più liberamentee l'occhio può nuovamente contemplareil giorno, e l'affanno non turba piùil nostro sonno; forse troveremo mani umaneche ci offriranno il cibo abituale.Hai bisogno di cure, mio diletto. E il montesacro, paterno accoglierà e concederàriposo ai suoi ospiti erranti.Se lo desideri, per qualche tempo resteremoin questa capanna... o vuoi che domandise per caso qualcuno ci offre un asilo?

EMPEDOCLESi può tentare, ma qualcuno sta già uscendo.

Scena seconda

I precedenti, un contadino

CONTADINOCosa volete? La stradascende di là.

PAUSANIAOspitaci a casa tua

buon uomo, e non badare al nostro aspetto.Aspro è il cammino e spesso chi soffresembra sospetto... che gli dèi ti dicano,se lo vogliono, chi siamo.

CONTADINOSenza dubbio un tempo dovete aver vissutomeglio di ora. Questo credo. Ma la cittànon è lontana da qui. Di certo là avreteun amico che possa ospitarvi. È preferibileandare da lui che da un estraneo.

PAUSANIAAhimè!

L'ospite potrebbe vergognarsi di noise ci vedesse giungere in questo stato.Ma non gratuitamente l'estraneo ci darebbequel poco che gli abbiamo chiesto.

CONTADINODi dove siete?

PAUSANIAA che serve saperlo?

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Se ci ospiterai noi ti daremo dell'oro.

CONTADINOAll'oro si schiudono molte porte,ma non la mia.

PAUSANIAChe significa? Portaci

pane e vino, ed esigi il tuo compenso.

CONTADINOVi sarà più facile trovarli altrove.

PAUSANIAParole dure! Ma potrai almeno darmidel lino per fasciare i piedisanguinanti di quest'uomo, straziatidalle pietre del sentiero... GuardaloEgli è il benefattore di Siciliaè più dei vostri principi, e ora è quidavanti alla tua porta, pallido e sofferente,e mendica pane e l'ombra della tua capannae tu glieli neghi? Mortalmente stancoe assetato tu lo lasci qui, fuori,in questo giorno in cui il sole ardentespinge nelle loro tane persino gli animali?

CONTADINOVi riconosco. Sciagura! Costui è il maledettodi Agrigento. Ne avevo già il sospetto.Andate via!

PAUSANIAPer il Tonante, non andremo via!

Voglio, amico diletto, che costui sia garantedi te, mentre vado in cerca di cibo. Riposasotto quest'albero... e tu, ascolta: se dovesseaccadergli una disgrazia, da parte di chiunque,verrò di notte, e prima che te ne renda conto,darò alle fiamme la tua casa di paglia.Pensaci bene!

Scena terza

Empedocle, Pausania

EMPEDOCLENon angustiarti, figlio mio!

PAUSANIAPerché parli così? Che io mi preoccupiper la tua salvezza mi sembra giusto.E costui pensa che nulla valga la salvezzadell'uomo cui fu inflitta la condannae può darsi che gli prenda la vogliadi ucciderlo, non fosse altro che per il mantello,perché a loro sembra assurdoche lui si trovi ancora tra i viventi.Non lo sai?

Page 29: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

EMPEDOCLESì, lo so.

PAUSANIALo dici

sorridendo, Empedocle?

EMPEDOCLECuore fedele!

Ti ho ferito. Non lovolevo.

PAUSANIASono solo insofferente, ecco tutto.

EMPEDOCLENon preoccuparti per me, amico caro. Prestosarà tutto finito.

PAUSANIACosa intendi dire?

EMPEDOCLEPresto

lo vedrai.

PAUSANIACome stai? Vuoi che vada in cerca di cibo

nei campi? Ma se non ne hai bisognopreferirei restare qui, oppure, ancor meglio,andiamo alla ricerca di un rifugiosu per il monte.

EMPEDOCLEGuarda! Qui vicino risplende

l'acqua di una fonte, che certo è anche nostra.Prendi il tuo recipiente, la zucca svuotata,affinché il mio spirito possa ristorarsi.

PAUSANIA (alla fonte)Limpida e fresca

e viva sgorga, padre, dalla terra scura!

EMPEDOCLEBevi. Poi attingi dell'acqua e portamela.

PAUSANIA (porgendo da bere)Gli dèi ti siano propizi.

EMPEDOCLEIo libo a voi,

miei numi, per la vostra lunga benevolenza!E a te, Natura, per il mio ritorno.Ormai tutto è mutato. E voi, geni benigni,prima che vi raggiunga, siete là? Deve fiorireprima che maturi!... Figlio mio, sii sereno e ascoltami:non si parli più di ciò che è stato.

PAUSANIATu sei mutato e il tuo sguardo risplende

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come quello di un vincitore. Non comprendo.

EMPEDOCLEOggi potremo rimanere ancora insieme,come giovani, a parlare di molte cose.È facile trovare un'ombra amicaove intimi e fedeli confidentisi uniscano sereni in un dialogo d'amore;o mio diletto, non abbiamo forse, comebuoni fanciulli con un grappolo,saziato il cuore in un istante bello,e tu non hai voluto accompagnarmiperché nessuna delle nostre ore solenni,neppure questa, si perdesse senza nulla in cambio?Con pena l'hai conquistata, è vero, ma neppurea me gli dèi fanno doni gratuiti.

PAUSANIAOh, parla! Spiegami ogni cosa affinché anch'iopossa essere lieto come tu lo sei.

EMPEDOCLEMa non vedi? Oggi ritorna

il tempo splendido della mia esistenza,ancora più grande è quello che verrà.Su, figlio, saliremo fino alla cimadell'Etna antico e sacro, giacché gli deisono più che altrove presenti sulle altezze.Con questi occhi, oggi stessovoglio vedere dall'alto fiumi, isole e il mare;e mentre indugiano sopra le acque d'oro,mi benedica il sole declinante,stupendo e giovane, che io amai per primo.Ed ecco splendere intorno a noisilenti le immortali stelle, e dalleprofonde voragini salire il fuocodella terra, e lo spirito che tuttomuove accarezzarci in volto. Allora...

PAUSANIATu mi spaventi,

perché ti esprimi per enigmi.Appari sereno e dici grandi cose,ma preferirei vederti triste.Non ti brucia l'affrontoche ti fecero, e stimi così pocotutto ciò che sei?

EMPEDOCLEO dèi, anche costui deve

tormentarmi e turbarmi con parole rozze?Se questo vuoi, va' pure! Per la vitae per la morte, non è più il tempodi commentare ciò che soffroe ciò che sono. È tutto lontano:non voglio più saperne. Non sono doloriche, sorridenti e ben nutriti,s'attaccano ad un seno triste e gioioso:sono morsi di vipere, e non sonoil primo cui gli dèi abbiano messo

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in cuore queste Erinni velenose.L'ho meritato? Posso perdonartil'inopportuno monito; hai davantiagli occhi il sacerdote e nelle orecchiei clamori di scherno della plebe ela nenia che ci fu fraternamentecompagna quando uscimmo dalla nostra cara città.Con me - per tutti i numi che mi guardano -non avrebbero osato agire come hanno fattose fossi stato l'uomo di un tempoQuale vergogna! Uno solo dei miei giornimi ha dato in pasto a questi vili... Taci!Voglio che svanisca, voglio che sia sepolto profondamente,più profondamente di quanto un mortale sia mai stato sepolto.

PAUSANIAAh! Quanto ho fatto male a turbargliil cuore sereno, l'anima sublime;più angosciante di prima è ora l'affanno.

EMPEDOCLESmetti di piangere

e non turbarmi più; col tempotutto si risolve in bene. Presto con i mortalie gli dèi mi sarò riconciliato, e già lo sono.

PAUSANIAPossibile? Guarisce la tua tremenda tristezzae più non ti senti solo e misero?E tu consideri le azioni umaneinnocenti come la fiamma accesa sul focolare?Lo dicevi spesso, ora s'è nuovamente avverato?Allora benedico la sorgenteda cui è rifiorita la tua nuova esistenza.Domani scenderemo lieti verso il mareche ci trasporterà verso una riva sicura.Che importanza avranno le fatiche e gli affannidel viaggio, se lo spirito è sereno?

EMPEDOCLESei proprio un fanciullo. Non ricordiche nulla è dato gratuitamente ai mortali?Ma esiste un rimedio. Tu, giovane eroico,no, non impallidire! Se l'anticamia fortuna, sia pur inconcepibile,riporta a me, già appassito, la divina giovinezzache m'imporpora le guance, non sarà certo un male!Va', figlio! Non vorrei rivelare interamenteil mio disegno, il mio desiderio.Non ti si addice, non te ne appropriare,lascialo a me, come io lascio a te il tuo.Che c'è?

PAUSANIAUna grande folla. Giungono

dal basso.

EMPEDOCLELi riconosci?

Page 32: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

PAUSANIANon credo

ai miei occhi.

EMPEDOCLECome? vogliono che diventi pazzo furioso,

e con immenso cordoglio e rabbia dovrò scenderelà dove speravo di giungere in pace.Sono Agrigentini.

PAUSANIANon è possibile.

EMPEDOCLESogno forse?

È lui, il mio nobile avversario,il prete col suo seguito... Vergogna!Così meschina è dunque la battagliain cui ho ricevuto ferite, e per combatterminon si sono trovate forze più degne?È terribile battersi con gente disprezzabile.Ahimè, in quest'ora sacra, mentre l'animasi prepara e si armonizza con la Natura,sempre pronta al perdono, la plebaglianuovamente mi assale e mescola grida ferocie insensate al mio cantodi cigno. E sia! Venite! Ve ne faròpentire. Troppo ho risparmiato semprela maligna plebaglia e a sufficienzaospitato nella mia casa i falsi mendicanti.Ancora non mi avete perdonatoil bene che vi feci? Ora non voglio io.Venite, sciagurati! Se necessario,anche furente posso raggiungere i numi.

PAUSANIAAh, come finirà tutto questo?

Scena quarta

Detti, Ermocrate, Crizia, Popolo

ERMOCRATENon temere!

Né ti spaventi il rumoreggiare di coloroche ti espulsero. Ti hanno perdonato.

EMPEDOCLEImpudenti! Non pensate ad altro?Cosa volete? Eppure dovreste conoscermi!Mi ha marchiato, ma vuole la rissa,questa plebe senza cuore, per sentirsi viva?E dopo aver scacciato e ripudiato l'uomoche temevano, tornano a cercarlo affinchéla sua sofferenza stimoli il loro spirito?Aprite gli occhi e vedrete a qual puntosiete vili, e che il dolore possa paralizzarele vostre lingue grottesche ed esecrande.Sciagurati, non sapete arrossire? La Naturapietosa priva della vergogna il malvagio,

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affinché la paura della grandezza non l'uccida.Come potrebbe diversamente sostenerla?

ERMOCRATEEspiasti tutto il male commesso.La miseria ti ha segnato a sufficienza;guarisci e poi ritorna: il popolo buononuovamente ti accoglie nella patria.

EMPEDOCLEIn verità, mi annuncia gran venturail pio messaggero di pace. Giornoper giorno dovrei assistere al ballomacabro in cui vi rincorrete l'un l'altro,in cui vi scimmiottate, senza posa, inquieti,vagabondi, come ombre d'insepolti,accozzaglia meschina, abbandonatadagli dei; grande onore è l'essere vicinoalle vostre ridicole arti di miserabili!Non mi fosse data miglior sorte, vorrei viveremuto, straniero, fra gli animali dei monti,sotto la pioggia e il fuoco del sole,spartire il pasto con le bestie, pur dinon tornare alla vostra miseria.

ERMOCRATEÈ così che ci ringrazi?

EMPEDOCLESe osi farlo,

dillo nuovamente e solleva gli occhi verso questaluce che tutto vede; ma perchénon rimanesti a casa e venisti qui,sfrontato, a strapparmi l'estrema parolache ti accompagnerà fino all'Acheronte?Sai cosa hai fatto? E che t'ho fatto, io?Mi limitai ad ammonirti, e t'incatenòle mani la paura e a lungo in ceppiti esasperò la rabbia, che il mio spiritoimprigionava. Non avevi pace,a tal punto ti tormentava la mia vita.Oh, più che sete o fame la più altanobiltà reca affanno ai vigliacchi.Era proprio necessario che tu osassi venirmidinnanzi? Mostro, hai potuto illudertidi rendermi simile a te, solo imponendomisul volto la maschera della tua grave ignominia.Stupida idea, codesta! Se anche il tuo tossicomi porgessi, il mio guardingo genionon si unirebbe a te, e con il mio sangueda te avvelenato, ti rigetterebbe.Inutile: seguiamo vie diverse.Muori di morte vile, com'è giusto,con il sentimento vuoto dello schiavo.Destino diverso è il mio, diverso cammino,o dèi che, presenti alla mia nascita,mi prometteste un giorno...Se ne stupisce l'uomo esperto in ogni cosa?Il tuo disegno è compiuto, e i tuoi intrighinon raggiungono la mia felicità. Lo comprendi?

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ERMOCRATEÈ certo che non comprendo chi delira.

CRIZIAErmocrate, ora basta! Non fai che esasperarela sua collera di oltraggiato.

PAUSANIASe le vostre intenzioni erano buone,perché, stolti, prendeste con voiil freddo sacerdote e sceglieste come conciliatorelui che è abbandonato dagli dèi, che non sa amare:per il dissidio e la morte, non per la pace,lui e i suoi pari furono disseminati tra i viventi.Ora lo capite, ma se l'aveste inteso allora!Non poco si sarebbe risparmiatoad Agrigento. Hai fatto molto, Ermocrateda quando vivi: hai sottratto agli uominimolteplici gioie, le hai uccise con il terrore,numerosi figli di eroi hai strangolato in fasce,e, come il fiore del prato, cadde giovanee forte la Natura sotto i colpi dellatua falce. Molto io stesso potei vedere,altro mi fu narrato. Quando un popolo deve perire,basta che le Furie mandino un uomoche sparga l'illusione e convinca del misfattoogni uomo che sia esuberante di vita.Infine, appresa l'arte, lo strangolatoreattacca, deridendo il sacro, l'uomo unicoe riesce, fatto rivoltante, nell'intentoche il più divino cada per mano del più volgare.Procedi, Empedocle, lungo il cammino che hai scelto!Non posso impedirlo, anche se il sanguemi brucia nelle vene. Ma costui,che ha ricoperto d'infamia la tua vita,questo pervertitore, io lo saprò stanarequando mi lascerai, e se anche si rifugiassesull'altare, a nulla gli servirà,dovrà seguirmi perché conosco il suo elemento,lo trascinerò alla palude morta, e se implorerà gemendoavrò pietà dei suoi capelli bianchicome egli la ebbe di quelli altrui:che sprofondi!

(a Ermocrate)Lo capisci? Io mantengo la parola data.

PRIMO CITTADINOPausania, non è necessario che tu attenda!

ERMOCRATECittadini!

SECONDO CITTADINOIntendi usare ancora la lingua?

Con le tue menzogne tu ci traviasti,ci rendesti malvagi, fosti tu a rapirci l'amoredel semidio. Non è più lui. Non ci riconosce.Con occhi pieni di dolcezza ci guardavaun tempo l'uomo regale; ora il suo sguardo

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mi sconvolge il cuore.

TERZO CITTADINOEppure eravamo

simili agli antichi al tempo di Saturnoquando il sublime viveva tra noi da amico,ognuno aveva gioia in casa propriae non chiedeva di più. Perché addossastia noi la sua maledizione, quandola scagliò, peso indimenticabile?Non poté farne a meno, e i nostri figli,divenuti grandi, ci diranno: Aveteucciso il messaggero degli dèi!

SECONDO CITTADINOPiange! Oggi mi sembra ancora più grande e caro.E tu continui a opporti a lui fingendodi non vedere, mentre le tue ginocchianon si piegano dinnanzi a lui.A terra! giù!

PRIMO CITTADINOE tu

vorresti ancora atteggiarti a idolo, cosìti piacerebbe continuare? Piega la fronte, giù!Ti premerò il piede sulla nuca sin quandonon avrai annunciato che al Tartarosei sceso spinto dalle tue menzogne.

TERZO CITTADINOSai cos'hai fatto? Sarebbe preferibileper te aver commesso un sacrilegio!Noi l'adoravamo ed era giusto: luici avrebbe resi liberi come dei.Ma come una peste inattesa la tua malvagitàci assalì, e così perdemmo e cuore e voce,in un delirio odioso, e ogni gioiache da lui avevamo avuto in dono.O infamia! Infamia. Come forsennatiesultammo quando oltraggiasti mortalmentel'uomo amatissimo. Tutto questo è irreparabile.E se anche tu morissi sette volte non potrestimutare ciò che hai fatto a lui e a noi.

EMPEDOCLEIl sole volge al tramonto,figli, e questa stessa nottedevo riprendere il cammino. Tropposi è già discusso. Il passatosi dilegua totalmente e per il futuroci lasceremo in pace a vicenda.

PAUSANIATutto è dunque indifferente?

TERZO CITTADINORitorna e amaci ancora!

SECONDO CITTADINORitorna a vivere

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in Agrigento! Da un romanoho saputo che la loro grandezzaera dovuta a Numa, il re. Vieni, o divino!Sii il nostro Numa! Già si pensavache avresti dovuto essere re. Sii il nostro re!Per primo così ti saluto, e tutti lo desiderano.

EMPEDOCLELa nostra non è più un'epoca di re.

I CITTADINI (allibiti)E tu chi sei?

PAUSANIAL'esempio di come si sappia rifiutare

una corona, cittadini.

PRIMO CITTADINONon riusciamo a comprendere

le tue parole, Empedocle.

EMPEDOCLEL'aquila

custodisce forse i nati nel nidoindefinitamente? Sì, provvede a loroquando sono ciechi, e sotto le sue alidormono gli implumi la loro esistenza dolce,crepuscolare. Ma quando vedono la lucedel sole e sono maturate le loro aliessa li lancia fuori dal nidoaffinché inizino a volare.È vergognoso volere ancora un re.Siete troppo invecchiati; diverso era il tempodei vostri padri. Non è possibile aiutarvi,se non vi aiutate da voi stessi.

CRIZIAPer tutti gli dèi celesti, perdona! Grandetu sei, e tradito!

EMPEDOCLEFu ben triste il giorno,

che ci divise, arconte.

SECONDO CITTADINOPerdona e rimani con noi! Il soledella nostra terra risplenderà più amicoper te qui che in ogni altro luogoe se rifiuti il potere tuo di dirittoabbiamo per te doni e altri onori,corone verdi e splendidi nomi e bronzoimperituro, per la tua erma.Vieni! Avrai i nostri adolescenti,i puri che non t'hanno offeso mai;purché tu rimanga vicino a noi, siamo prontiad accettare che tu rifugga da noie che tu viva nei tuoi giardini solitarifino a dimenticare il torto che hai subìto.

EMPEDOCLE

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Per una volta ancora, luce originariache mi nutristi, e voi, giardini dellamia giovinezza e della gioia, che io vi ricordinei giorni della gloria, quando tra questo popolovivevo sereno e senza subire offesa.Cari, siamo riconciliati, e ora vi lascio!È preferibile per voi non vedere piùquel volto che offendeste, maggiore gioiavi darà il ricordo dell'uomoche amaste, e avrete saldo il cuore.In giovinezza eterna vivrà tra voi la mia immagineE molto più belli, quando sarò lontano, risuonerannoi canti di esultanza che mi avete promesso.Separiamoci prima che stoltezzae vecchiaia ci separino; già lo sperimentammo,e restiamo uniti, noi che, nell'istante voluto,sapremo liberamente scegliere l'ora del distacco.

TERZO CITTADINOCosì ci vuoi lasciare disperati?

EMPEDOCLEMi offriste, cittadini,

una corona! In cambio prendeteciò che ho di sacro. Da tempo lo tenevo in serbo.Molte volte nelle notti serene, quando in altosi apriva il mondo bello, e l'aria con tuttoil firmamento mi circondava come un nembodi pensieri gloriosi, in me sentivourgere più che mai la vita;con il nascere del giorno vi avrei dettola parola, severa, contenuta.E con lieta impazienza già evocavodall'Oriente la prima nube d'oroper la nuova festa, quando il mio cantosolitario si fosse unito a voi in un coro di gioia.Ma il mio cuore sempre si richiudevae attendevo che l'ora maturasse.Oggi è il mio giorno autunnale e il fruttocade da solo.

PAUSANIAOh, avesse parlato prima! Forse

non avrebbe patito tutto questo.

EMPEDOCLECari, non vi lascio disperati.Non temete! Solitamente i mortalirifuggono da quanto è nuovo e a loro estraneo,ma aspirano a rimanere immobili nella loro sedesolo le piante e gli animali felici.Costretti nel loro breve cerchiosono unicamente tesi a sopravvivere,e altro non sanno. Eppure alla fine, trepidi,devono uscirne e riunificarsi,morendo, agli elementi, per rinnovarsi,come in un bagno, in una giovinezza nuova.All'uomo invece è data la grande gioiadi ritrovare la gioventù da se stesso.E dalla morte purificatrice che essi

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hanno scelto nel tempo adatto, rinascono,come Achille dallo Stige, i popoli.Assecondate la Natura prima che s'impadronisca di voi!Da tempo avete sete dell'insolito, come da un corpogravemente infermo l'anima di Agrigentovuole abbandonare gli antichi schemi.Coraggio, osate! Ciò che avete ereditato, le vostreconquiste, ciò che i padri vi hanno detto e insegnato,leggi e costumi, nomi di antichi dèi,tutto dimenticate con ardimento, e rinascendoalzate gli occhi alla Natura divina.E quando alla luce del cielo lo spiritos'infiamma, e un tenero soffio di vitavi gonfia il petto come al primo giorno, e le selve, cariched'aurei frutti, stormiscono e sgorganosorgenti dalla roccia: quando la vita universale,spirito di pace, vi conquista e come sacracantilena culla la vostra anima;allora, trasparendo le delizie come da un bel velo,splenderà più luminosa la terra verdeggiante,e il monte, il mare, e stelle e nubi, e nobilienergie, come essenze eroiche, sorgerannodinnanzi a voi, e il vostro pettocome di chi si prepara alla battaglia,palpiterà, con bramosia di agire,in un mondo bello e vostro.Allora stringetevi le mani, stipulate un patto, i beni dividetetra voi, come Dioscuri fedeli, azioni e gloria.Siano tutti uguali. Sopra giuste normecome agili colonne, riposi nuova vitae sia la vostra unione saldamente cementata dalla Legge.E allora, o geni della Naturae delle sue metamorfosi, voi che,così sereni in abissi e altezzescoprite la gioia, e sotto forma di penae di felicità, di pioggia e di sole,la recate da un mondo infinitamente lontanoalla mente degli umili mortali - il popolo liberovi invita alle sue feste, ospitale e devoto,poiché, quando ama, l'uomo dona il suo meglio,se la schiavitù non gli serra e imprigiona il petto...

PAUSANIAPadre!

EMPEDOCLEAllora, o Terra, i cuori umani ti riameranno;e come il fiore sboccia dalle tue tenebre,così vedrai fiorire per te di gratitudine il roseodelle guance dall'intima vita e dal sorriso felice.E

Inghirlandato con amore, scende il ruscelloscrosciante, cresce tra benedizioni,diviene fiume, e con l'eco di spiaggevibrando, viene ripetuto, di te degno,oceano paterno, l'inno in lode della gioia.Si sente rinnovato vicino a te, divino sole,in comunione celeste il genio umano, e ciò che plasmaappartiene a te come a lui. Piacere, coraggio,

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vitalità gli rendono agevoli,come i tuoi raggi, le sue gesta.E più non muoiono le cose belle nel pettotristemente muto. Molte volte il cuore dei mortalidorme, come nobile grano, dentro un guscio morto,finché giunge il suo tempo; e con amoreintorno ad essi alita sempre l'etere,

e con le aquile il loro sguardobeve la luce dell'alba, ma non dona, questa,la sua benedizione ai trasognati,e il loro sopore si alimenta dello scarsonettare che gli dèi porgono giornalmentealla Natura, finché si stancano di questo vivereangusto, e il petto nel remoto gelosi sente prigioniero come Niobe,lo spirito si sente più robustodi ogni leggenda e, memore del suo principio,ricerca la vita e la vivente bellezzae gioiosamente si sviluppa in presenzadei puri. Allora sorge un nuovo giornodiverso da ogni altro, la Natura

e stupito,incredulo, come a un nuovo incontrodopo un periodo disperato, l'amatoabbraccia l'essere caro che credeva morto,così il cuore

sono loro!gli dèi da così lungo tempo assenti, i vivi,i buoni,

tramontare con l'astro della vita!Addio! Queste furono le parole del mortaleche con amore esita ancorafra voi e gli dèi che lo hanno chiamato.Nel giorno del distacco il nostro spiritoprofetizza, e dice il vero chi non torna.

CRIZIADove vai? Per l'Olimpo viventeche alla fine hai dischiuso a me che sonovecchio e cieco, non partire! Solose sei vicino, l'anima rinnovata di questo popoloprospera e si riproduce in rami e frutti.

EMPEDOCLEQuando sarò lontano parleranno per mei fiori del cielo, le costellazioni fiorenti,e quelli che dalla terra germinano a migliaia.La divina Natura non richiede discorsi;e una volta presente non vi lasciamai soli e il suo attimo rimaneincancellabile; e vittoriosa agisce in eternola sua fiamma celeste, rendendovi felici.Quando poi giungeranno gli splendidi giorni di Saturno,rinnovati e più virili, ricordateil tempo perduto ed al tepore del geniosi rinnovi la leggenda dei padri!

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Salga alla luce della primaveracome una musica e alla festa vengadal regno delle ombre l'immensomondo dimenticato degli eroi e insieme all'aureanube della tristezza vi circondino,nella vostra letizia, le memorie!

PAUSANIAE tu? e tu? ahimè, non voglio annunciarloa questa gente felice...

che non immagini ciò che accadrà!No! tu non puoi.

EMPEDOCLEI desideri! Siete fanciulli, eppurecercate di sapere, e questo è giustoe comprensibile. Tu sbagli! diteal potere che può molto più di voi.Ma invano, o stolti! Giacché la vita, comele stelle, prosegue la sua corsa verso la perfezione.Non vi è nota la voce degli dei?Prima ancora d'apprendere, ascoltando,la lingua dei miei antenati, al primo sguardo,al mio primo respiro, già la intesi, e semprela considerai superiore alla parola umana.M'incitavano: in alto! e ogni spirare di vento eccitala mia ansiosa nostalgia, e se anche volessiindugiare qui, sarebbe come sel'adolescente si dilettasse, goffo,con i suoi giochi d'infanzia. Ah, senz'animavivrei come schiavo in tenebra e vergognadavanti a voi ed ai miei numi.

Ho vissuto; e come dalle vettedegli alberi si stacca il fiore e il fruttod'oro, come dal suolo buio spunta il fiore e ilnello stesso modo da fatiche e da pene maturòper me la gioia e scesero dal cielo forze amiche.Nelle profonde valli, o Natura,si riunificano le fonti delle alture,e vennero tutte le tue gioie nel mio pettoper trovar pace, un'unica felicità.E quando consideravo la bellezza della vita,una sola preghiera rivolgevo agli dei:che se un giorno non avessi sopportatopiù la felicità della mia giovane forza, senza vertigine,e se la ricchezza della mente, come accade ai vecchibeniamini dei numi, si fosse trasformatain stoltezza, mi ammonissero fulmineamente,mi mandassero nel cuore un destino inatteso,affinché potessi intendere che eragiunta l'ora della mia purezza,e avessi ancora il tempo di salvarmi in una giovinezza rinnovatae, amico dei celesti, non divenissi tra la mia genteuna vergogna, uno scandalo o uno zimbello.

Mi hanno esaudito. Un potente monitomi fu inviato, unico è vero, mabastante. Se non lo intendessi, sarei

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come il ronzino che non avverte lo spronee attende di essere costrettodalla sferza. E allora non chiedeteche a voi ritorni l'uomo che vi amò,per breve tempo nato, e tra di voifu come straniero; orsù, non esigeteche per i mortali arrischi ciò che a lui è sacroe l'anima! Un commiato bello infattici fu dato, e ciò che possiedo di più caroho potuto infine donarvi dal mio cuore.Perciò lasciatemi. Che potrei fare ancora tra voi?

PRIMO CITTADINOCi serve il tuo consiglio.

EMPEDOCLEInterrogate questo giovane, senza vergogna!La saggezza più alta nascerà dal suo spirito nuovo,se a lui porrete quesiti grandi e solenni.L'antica Pizia, la sacerdotessa, da fonte giovaneattingeva i responsi degli dei.Giovani sono i vostri stessi dei.Mio caro, volentieri vado via; dopo di me tu vivrai;io fui soltanto la nube del mattinoinattiva e fuggevole, e sono fioritosolitario, quando il mondo era immerso nel sonno,mentre tu sei nato nel giorno luminoso.

PAUSANIAOh, dover tacere!

CRIZIATu non tentare, caro,

di persuadere te stesso e noi! Tutto è buioai miei occhi e non riesco a vedere cosa intendi fare,né posso dire: resta! Aspetta ancora un giorno!Spesso l'attimo ci afferra meravigliosamentee siamo trascinati via con la fuggente vita.La bellezza di un'ora spesso sembrapredisposta da tempo, eppureè solo l'ora che ci abbaglia, e così soloquesta noi distinguiamo nel passato.Perdona! Non intendo schernirelo spirito del più potente, néquesto giorno; comprendo che è necessariolasciarti, posso solamente assistere,anche se l'anima è triste...

TERZO CITTADINONo, no!

Non andrà fra stranieri, né oltre il mare,alle rive dell'Ellade o in Egitto,dai suoi fratelli che da tanto temponon hanno visto più il sublime saggio...pregatelo, pregatelo che resti!Presentimenti e brividi mi vengonoda quest'uomo pacifico, ma terribilee sacro, che attraversa la mia vita,e dentro a me si fa più luce e anchetenebra: un gran destino vedi e

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dentro di te, lo porti volentieri;stupendo è il tuo pensiero. Ma ricordaanche coloro che ti vogliono bene,i puri, e quelli che hanno errato per poipentirsi. Tu, benigno, hai donato generosamente;ma che sarà senza di te? Non puoirestar con noi ancora un po' di tempo?

EMPEDOCLEO cara ingratitudine! Eppure io, a sufficienza,vi diedi di che vivere. È destino vostrodi vivere fin tanto che avete fiato; non mio. Per tempodeve congedarsi colui dalla cui bocca lo spiritoha parlato. La Natura divina si rivelaspesso in questo modo e così la stirpe umananelle sue ricerche può riconoscerla. Ma una voltache il mortale, a cui di delizia ha colmatoil cuore, l'abbia proclamata, fateche infranga il vaso, affinché a usi diversinon serva e il divino non si trasformiin opera umana. Lasciateche questi eletti muoiano, lasciateche gli spiriti liberi, al tempo stabilitoe con amore, agli dèi si sacrifichino, primache in prepotenza e superbia e vergogna si spengano.E questa è la mia sorte, ne sono coscientee da tempo, dai giorni della giovinezza, l'ho predettaa me stesso. Rispettatela! Domani,non trovandomi più, potrete dire:«Non doveva invecchiare, né contare i giorni,né essere schiavo di affanni e malattie,

non visto si è congedato; mano umananon l'ha sepolto, e nessun occhio sadelle sue ceneri, perché niente altroa lui si addice; infatti innanzi a luinell'ora lieta e sacra della mortegli dèi sono apparsi senza velo...Alla luce e alla terra egli era caro, e lo spirito,lo spirito del mondo destava in lui il suo stesso spirito,in cui esse vivevano, e al quale morendo fa ritorno».

CRIZIAÈ inesorabile, purtroppo, e il cuoresi vergogna di dirgli altre parole.

EMPEDOCLEVieni Crizia, e porgimi le mani.E così voi, voi tutti. - Tu, dilettorimarrai fino a sera con l'amico,tu, giovane e fedele. Non piangete,poiché sacra è la mia morte e già... oh, aria,aria che circondi chi è rinato,quando cammina per sentieri nuovi,io già ti sento, come il naviganteche, giunto presso i boschetti in fioredell'isola natia, sente il suo cuorepalpitare più forte e il volto segnato dal temposi trasfigura nel ricordo dell'aurea gioventù beata.Oblio! Riconciliazione!...

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L'animo mio vi benedica; andatee salutate la città paternae le campagne; quando un giorno andretenel sacro bosco a venerare i numidella Natura, a purificare gli occhidagli affanni quotidiani, e là saretericevuti con canti amici, scesida serene altitudini, alloraun mio suono aleggerà in quel cantoe, nell'amoroso coro del mondo bello,ascolterete ancora la mia parola - tanto più stupenda.Ciò che vi ho detto, mentre ancora vivo,non è molto, ma forse un raggio luminoso lo porterà giùattraverso i banchi di nuvole del crepuscolo,fino alla fonte quieta che vorrebbedarvi la sua benedizione. Alloraripenserete a me.

CRIZIAO uomo sacro,

sì, sacro! Sono dominato da te,riconosco con venerazione il tuo destino,ma non intendo dargli un nome.Era proprio necessario? Tutto accaddecon estrema rapidità. Quando vivevi ancorain Agrigento, nel tuo quieto regno,non ci badavamo, ed ora ci sei toltoall'improvviso. La gioia viene e ci lascia,ma non appartiene a noi mortali,e lo spirito sfugge alle domandee prosegue per la sua via. Chi potràmai dire che hai vissuto con noi?

Scena quinta

Empedocle, Pausania

PAUSANIAÈ fatto. Ora allontana anche me.Ti sarà facile.

EMPEDOCLENo, no!

PAUSANIALo so, non dovrei parlare così al sacrostraniero, ma io non intendo reprimereil mio cuore. Tu stesso l'hai viziato,l'hai allevato alla tua scuola...e finché fui solo un ragazzo incolto,considerai un mio pari quel sublime maestroche si degnava di conversare con me da amico:le sue parole mi sembravano familiarida molto tempo. Tutto ormaiè passato, Empedocle. Ti chiamo ancoraper nome, ancora stringo la tua manofiduciosa, prima che mi lasci, e ho l'impressione,mi sembra, che tu non possa abbandonarmi.Spirito della mia giovinezzafelice, mi abbracciavi dunque invano,

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ti aprii il mio cuore invano nel piaceredi una vittoria e con grandi speranze?Non ti riconosco più. È stato un sogno.Non posso crederci.

EMPEDOCLENon hai dunque compreso?

PAUSANIAComprendo il mio cuore

che, fedele e orgoglioso, batte e freme per il tuo.

EMPEDOCLEE allora concedi almeno l'onore al mio.

PAUSANIASolo nella morte c'è onore?

EMPEDOCLEMi hai inteso.

E l'anima tua lo conferma: non esistealtro per me.

PAUSANIAAhimè, è dunque vero?

EMPEDOCLEChi

riconosci in me?

PAUSANIA (affettuoso)Figlio d'Urania,

come puoi dubitarne?

EMPEDOCLE (con amore)E tu vuoi che sopravviva,

come uno schiavo, al giorno del mio disonore?

PAUSANIANo.

Non voglio, per il tuo magico spirito,fare oltraggio, neppure se l'amoreme l'ordinasse. Muori dunque, caro, e renditestimonianza di te stesso! Se è necessario.

EMPEDOCLELo sapevo,

anima eroica, che non mi avresti lasciatosenza donarmi gioia.

PAUSANIADov'è il dolore ormai? Un chiaroredi aurora ti circonfonde il capo, e il tuo sguardo mi dona,per una volta ancora, i suoi possenti raggi.

EMPEDOCLEE sulle tue labbra, baciandole, io imprimole promesse: tu diverrai grande,come giovane fiamma brillerai, sapraitrasmutare tutto ciò che è mortale

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in fuoco e anima che con te s'innalzinel sacro etere. Non invano, caro,con te sono vissuto, e sotto un cieloclemente, fin dal primo aureo istante,molteplici gioie inconsuete a noi si aprirono,e il mio giardino quieto e la mia casate le riporteranno alla memoria, in primavera,quando passerai per quei luoghi e sentirairivivere intorno a te quello spirito che ci unì:tu gli renderai grazie, e rendigli grazie ora,o figlio, figlio della mia anima.

PAUSANIAPadre

ringrazierò, ma solo quando mi sarà toltaquesta estrema amarezza.

EMPEDOCLEMa è anche bello, caro,

ringraziare finché la gioia indugia,prossima a lasciarli, tra coloro che si stanno separando.

PAUSANIADovrà dunque svanire? Non lo comprendo,e a te che servirebbe

EMPEDOCLECosì da mortale, impavido in tutto il mio vigorediscendo ora per la via che ho scelto io stesso.Questa è la mia felicità, è il mioprivilegio.

PAUSANIAOh taci! Non ripetermi

la cosa spaventevole! Tu respiri ancora,ascolti la parola dell'amico,e vivace fluisce il tuo preziososangue dal cuore, eretto guardi il mondochiaro, e limpido è il tuo sguardo al cospetto degli dèi,il cielo splende sulla tua fronte libera,e per la gioia universale il tuo geniomagnifico risplende sulla terra,e tutto ciò dovrebbe ora perire!

EMPEDOCLEPerire? Ma

quello che si ferma è simile al fiume,incatenato dal gelo. Figlio stolto! Dorme forsee si arresta il sacro, puro spirito della vitain qualche luogo affinché tu possa legarlo?Sempre gioioso, mai lo vedrai languire entro prigioniné indugiare in un luogo senza speranza.Vuoi sapere dove vada? Le deliziedi un mondo lui deve assaporare senzafinire mai... Giove Liberatore!...Entra e prepara per me la mensa affinchéancora una volta possa assaporare il fruttodello stelo e il vigore della vite,e grato e lieto sia il mio commiato,ed alle dolci Muse che mi amarono

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il nostro canto nuovamente s'innalzi... Fallo figlio!

PAUSANIAMeravigliosamente mi soggioga la tua parola,a te devo cedere, devo ubbidirti. Voglio e al tempo stessonon voglio.

(Esce.)

Scena sesta

EMPEDOCLE (solo)Ah, Giove Liberatore? Sempre più

si avvicina la mia ora e dai dirupigiunge sino a me il fido araldo della notte,il vento della sera, messaggerod'amore. È maturato il tempo. Palpita,o cuore mio, muovi le tue ondegiacché lo spirito sta sopra di tecome astro luminoso, mentre in cielotrasmigrano le nubi senza patria,sempre in fuga. Che sento? Mi stupiscocome se la mia vita cominciasse,perché tutto è diverso e solamente oraio sono. Sono... e per questo dunque un desiderio ardenteti assaliva mentre riposavi nella tua quiete religiosa?Per questo la vita ti fu così lieve,perché tu sperimentassi le gioie del trionfatorein un'unica, ma perfetta azione?Vengo. Morire? Un solo passo mi separa dalle tenebre,ma tu, occhio mio, vorresti ancora vedere.Concluso è il tuo servizio solerte!Ora è necessario che la Notte per qualche tempocopra di ombre la mia fronte.Ma gioiosa ora si liberi la fiammadal mio coraggio. Un brivido di desiderio?Come? La morte infine infiammala mia vita? e tu, Natura, mi porgiil calice tremendo e spumeggiante,affinché il tuo cantore possa berel'entusiasmo supremo! Sono felice,non cerco altrove il luogo della fine.Arco d'Iride che sovrasti cascate,dove l'onda si dissolve in nebbiad'argento, a te somiglia la mia gioia...

Scena settima

Pantea, Delia

DELIAMi hanno detto: diversamente pensanogli dèi e i mortali. Quanto sembra solenne agli uni,appare scherzo agli altri. Per gli deispirito e virtù sono realtà solenni, ma è giocoper loro il lungo tempo e l'affannarsi umano.Mi sembra che più da dio che da uomopensi il vostro amico.

PANTEANon mi stupisce

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che arda per il desiderio di raggiungerei suoi dei. Cosa gli hanno dato gli uomini?Il suo popolo ha forse alimentatoquello spirito sublime, o la loro vita inconcludentegli ha corrotto il cuore?Prendilo, portalo via, Natura, tu chetutto hai donato a lui, e lui a noi!Più caduchi sono i tuoi prediletti,lo so bene, diventano possentie nessuno sa dire comee poi a loro volta scompaiono,i fortunati.

DELIAVedi, credo dia più felicità

dimorare lietamente tra gli uomini.Me lo perdoni, lui, l'Incomprensibile.E il mondo qui è così bello.

PANTEASì, è bello,

e ora più che mai bello. Non può lasciareche quell'audace si separi da lui privo di doni.Leva lo sguardo ancora verso te, luce celeste?E tu lo vedi, Delia, mentre io forsenon potrò più rivederlo? Con lo stesso amore si guardanoi fratelli eroici prima di separarsiper raggiungere il luogo del riposo,ma al mattino non si vedranno forse nuovamente?Parole! Certo, buona fanciulla, il mio cuorerabbrividisce come il tuo, e vorreiche quello non accadesse, ma ne ho vergogna.Lui farà quel gesto: non sarà forse sacro?

DELIAChi è quel giovane straniero che scendedal monte?

PANTEAÈ Pausania. Dunque così dobbiamo

ritrovarci, orfano del padre?

Scena ottava

Pausania, Pantea, Delia

PAUSANIAForse Empedocle è qui? O Pantea,tu gli sei devota, vieni quassù,puoi ancora vederlo, il viandante solenne,sul suo cammino di tenebre.

PANTEAMa dove si trova?

PAUSANIALo ignoro. Mi ha fatto allontanaree quando non l'ho più visto.L'ho chiamato lungo tutta la montagna, masenza trovarlo. Tornerà, ne sono certo.

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Mi promise, da amico, di rimanere sino a notte.Almeno venisse! L'ora a me più carafugge più rapida di una freccia.Ancora una volta sarei felice con lui,e anche tu, Pantea, e anche lei, la nobilestraniera che una sola volta poté contemplarequesta stupenda immagine di sogno.Vi spaventa la sua fine, manifesta,che però nessuno osa nominare; lo credo,ma la rifiutereste se avesteveduto quale vita abita e fiorisce in lui.Poiché in sua presenza straordinariamente si dissolveciò che ai mortali sembra triste e spaventoso.E tutto è luminoso per il suo sguardo beato.

DELIAQuanto lo ami! Eppure invanolo pregasti, e molto l'hai pregato,l'austero, di rimanere e di vivereancora a lungo tra i mortali.

PAUSANIAAvrei forse potuto?

Egli domina la mia anima quandomi espone il suo volere. Oh, è bene tutto questo!Non dispensa che gioia anche quando si rifiuta,e più profondo risuona l'eco e l'accordodel cuore che vibra con lui quanto piùl'imperscrutabile insiste nel suo volere.Non è soltanto vana persuasione, puoicredermi, perché egli sa essere maestro di vita;numerose volte, quando orgoglioso e modestotaceva nel suo mondo, io lo contemplavocon un presentimento oscuro e incomprensibileche colmava la mia anima, turbandola.La presenza del puro, dell'intangibilemi angosciava; ma quando la parolagli scoccava decisiva dalle labbra,era come se un cielo di delizie risuonassein lui, in me, e io ero vinto senza riserve,e mi sentivo più profondamente libero.Oh, se almeno potesse sbagliare! Riconoscereipiù profondamente la sua verità inesauribile,e se morisse vedrei dalle sue ceneridivampare più luminoso il suo genio.

DELIAAnima grande! La morte dell'uomo grandeti esalta, ma a me procura solo strazio.L'essere mortale, bimbo estraneo, perché ricordarlo,non appena si è dischiuso al mondo,non appena si è animato e ha trovato il conforto familiare,è subito respinto da un freddo destino,lui, nato innocente, un tempo,e neppure agli eletti è dato riposaretranquilli nella loro gioia; anche i miglioripassano sulla sponda degli dèi della morte,e partono lieti suscitando in noila vergogna di rimanere tra i mortali.

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PAUSANIAOh, per i supremamente Felici! Non condannareil Sublime a cui la gloriaprocurò così grande sventura,che deve morire perché la sua vita fu troppo bella,perché troppo fu amato dagli dei.Se si oltraggia un altro che non sia lui,è perdonabile, ma lui, se a lui

cosa può il figlio degli dèi?Sopra di lui, infinito, il colpo è senza fine.Mai volto più nobile subì un'offesapiù rivoltante! Avrei dovutoassistere,

SECONDA STESURA

Personaggi

EMPEDOCLEPAUSANIAPANTEADELIAERMOCRATEMECADEANFAREDEMOCLE, AgrigentiniILA

La scena è in parte in Agrigento, in parte sulle pendici dell'Etna.

ATTO PRIMO

Scena prima

Coro di Agrigentini in lontananza Mecade, Ermocrate

MECADEOdi il popolo ebbro?

ERMOCRATECercano lui.

MECADELo spirito di quell'uomoè possente tra di loro.

ERMOCRATELo so, com'erba seccala gente prende fuoco.

MECADEQuando esagita così la follaè come il fulmine di Giove quando ghermiscela foresta, e anche più spaventevole.

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ERMOCRATEPer questo agli uomini noi bendiamogli occhi, affinché non si nutranodi eccessiva luce.Il divino non devemostrarsi a loro.Né al loro cuore è datotrovare cosa viva.Non conosci gli antichiche sono chiamati prediletti dèi celesti?Nutrivano se stessicon energie del mondoe, alzando gli occhi luminosi verso l'alto,sentivano presentequanto è immortale;e per questo, superbi,non chinavano mai la fronte.E nulla poteva sostenere la loro potenza,e tutto si trasformava dinnanzi a loro.

MECADEE lui?

ERMOCRATELa familiare intimitàcon i numi lo ha resotroppo potente.La sua parola risuona al popolocome venisse dall'Olimpo.Gli sono gratiperché rapisce al cielola fiamma della vitae la rivela ai mortali.

MECADENon conoscono che lui,è il loro dio,è il loro re.Dicono che Apolloedificò la città ai troiani,ma è preferibile, aggiungono,godere l'aiuto di un uomo grande.Affermano di lui molte cose oscuree non rispettano legginé doveri né costumi.Una cometa è divenutoil nostro popoloe fortemente temo che questo segnoesprima un presagio minacciosoche egli cova in silenzio.

ERMOCRATECalmati, Mecade!Non lo farà.

MECADETi senti più potente?

ERMOCRATEChi comprende,

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è più forte dei forti.E perfettamente conosco quest'uomo straordinario.Crebbe troppo fortunato;sin dalla sua giovinezza fu viziato:basta un nonnulla per sviarlo.Espierà il suo amore eccessivoper i mortali.

MECADEHo l'impressioneche non durerà a lungo.Ma sarà durato pur sempre troppose cadrà solo dopo la riuscita.

ERMOCRATEÈ già caduto.

MECADEChe dici?

ERMOCRATENon te n'accorgi? I poveri di spiritohanno traviato il suo grande spirito,i ciechi il seduttore.Egli gettò al popolo la propria anima;e rivelò magnanimamente al volgo il favore degli dèi,ma per vendetta l'eco vuota di un cuore inertesi prese gioco del folle.Sopportò per un poco;se ne accorò paziente,non trovò spiegazione all'errore; e intanto crebbel'ebbrezza popolare; rabbrividivanoosservando che il petto gli tremavaparlando, e dicevano:Non è così che gli dèi parlano!E all'orgoglioso rattristato quegli schiavidiedero nomi che non voglio riferirti.Infine l'assetato prende il tossico:l'infelice entra in disaccordocon se stesso e non trova chi gli sia simile,si conforta con la furibonda adorazione,accecato, diviene simile a quei superstiziosi;perduta la sua forza,brancola nelle tenebre,non sa uscirne,ma noi lo aiuteremo.

MECADENe sei così certo?

ERMOCRATELo conosco.

MECADERicordo un suo discorso superboche ultimamente pronunciò nell'àgora.Non so cosa il popolo prima gli avessedetto; giungevo in quel momento,ero lontano... «Voi mi onorate»rispondeva «e questo è giusto,

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essendo muta la Natura, estranei vivonol'uno all'altro il sole e l'aria e la terrae i loro figli, in solitudine,quasi non si appartenessero.Con energia perpetua nello spiritodivino le immortali e libere forzedel cosmo ruotano intornoall'altrui vita fugace,ma, come piante selvaggesu selvaggio suolo,tutti i mortali, nutriti scarsamente,sono seminati nel grembo degli dèi,e morto apparirebbeil suolo se uno non lo curassesuscitando vita.E questo campo è mio. La forza e l'animain me scambiando, insieme fondonoi mortali e i numi.E con calore più intenso le potenzeeterne il cuore abbracciano anelante,e più forti nella libertàprosperano i sensibili mortali,e tutto si ridesta! Giacché ioconcilio quanto è diverso,la mia parola dà nome all'ignoto;io governo l'amore dei viventi:ciò che a uno manca,io prendo da un altro,unifico animando e trasformoringiovanendo il mondo titubante,e a nessuno somiglio e nello stesso tempo a tutti».Così parlava l'arrogante.

ERMOCRATEÈ ancora poco. In lui c'è anche di peggio.Conosco lui, come conosco i figli del cieloviziati, che non sentono nullatranne la loro stessa anima.Quando l'attimo li scuote- e sono fragili, esposti a perire facilmente -nulla più li placa, una brucianteferita li tormenta, un inguaribile fermentohanno nel petto. Anche lui! per quantosembri tranquillo, da quando ha in odioil popolo, gli ardono nel cuore brame da tiranno.O lui o noi! Non è un dannose lo sacrifichiamo. Il suo tramontoè necessario.

MECADENon irritarlo! Non alimentare la fiammache cova in lui, lascia che si estingua!Lascialo! Non offrirgli un pretesto!Se non lo trova per compiere un atto audacese può sbagliare solo a parole,morirà da stolto e irrilevante per noi sarà il danno.Un valido nemico lo rende tremendo.Soltanto allora avverte il suo potere.

ERMOCRATE

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Tu temi lui e tutto, misero uomo.

MECADEVorrei solo risparmiarmi il rimorso,vorrei salvare quanto è possibile salvare.Ma questo non serve al prete, che sa tutto,né al santo, che rende sacra ogni cosa.

ERMOCRATEOh, inesperto, cerca di capire primadi offendermi. Lui deve cadere;se si potesse risparmiarlo, credi,lo farei più di te. Essendo lui più vicinoa me che a te. Ma dammi ascolto:più rovinoso che la spada e il fuocoè lo spirito dell'uomo, il simile agli dèi,quando non sa tacereo custodire celato il suo segreto.Se silenzioso rimane nel profondoe svela quanto occorre, è propizio,ma è fuoco divorante se oltrepassa i limiti.Perisca dunque perché mette a nudoe l'anima e gli dèi e, temerario,vuole esprimere l'inesprimibile,e versa e sperpera come se fosse acquala ricchezza pericolosa che possiede.È peggio di un omicida; e tu vorrestidifenderlo? Rassegnati: è il suo destino.Lui se l'è scelto e vivere come luie come lui perire, in pena e follia,possa chiunque il divino tradiscae, sconvolgendo misteriosi arcani,nelle mani del volgo lo trasmette.Deve cadere!

MECADETanto grave sarà dunque la pena per chi ha donatoil meglio della sua anima ai mortali?

ERMOCRATELo faccia pure, interverrà la Nemesi.Dica parole grandi ed avviliscala vita pudicamente celata,porti alla luce l'oro degli abissi,usi ciò che agli uomininon è dato in uso,il primo a sprofondare sarà lui.Non gli hanno già confuso la mente? La sua animatraboccante e tenera non si è ormaiinselvatichita per il suo popolo?Come ha potuto trasformarsi in despota costuiche divideva tutto con tutti?L'uomo buono! Si è fatto così insolenteche mortali e dèi per lui contano quantoun gesto delle mani.

MECADEDici cose tremende, sacerdote, male tue parole oscure sembrano vere. E sia!Sarò al tuo fianco. Ma non so

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da che parte prenderlo. Per quanto unosia grande, non è arduo giudicarlo.Ma essere più potente del prepotenteche come un mago il popolo trascina,mi sembra cosa ben diversa, Ermocrate.

ERMOCRATEÈ fragile la sua magia, e piùdel necessario ci ha spianato la strada.Il suo malumore nell'ora adattasi mutò, a suo segreto sdegno controse stesso incrudelisce, se anche avesseil potere, non saprebbe apprezzarlo; l'affliggeil suo tramonto e ritornando indietrocerca la vita di un tempo, il dio,che con le chiacchiereha smarrito.Raduna il popolo! Io lo accuso,invoco su di lui la maledizione, voglioche siano presi da orrore per il loro idolo,che lo scaccino nel fondo di un desertoe là, senza ritorno,espierà per aver svelatoai mortali più del necessario.

MECADEMa di quale delitto intendi accusarlo?

ERMOCRATELe parole che mi hai riferitobastano.

MECADECon accuse così fragili pensi

di strapparlo dal cuore del popolo?

ERMOCRATEQualunque accusa ha forza, nel momento opportuno,e questa non è lieve.

MECADEQuand'anche lo accusassi di omicidio dinnanzi a loro,sarebbe inutile.

ERMOCRATEAppunto! Sono disposti a perdonareuna colpa evidente, i superstiziosi,ma l'invisibile deve essere inquietanteper loro, deve accecarli, e solo allorali commuove, tanto sono ottusi.

MECADEL'hanno nel cuore: frenarli e dirigerlinon ti sarà facile! Lo amano!

ERMOCRATELo amano? Sì, fin quando fioriscee splende

ne sono bramosi.Ma che se ne faranno, ora che è triste

Page 55: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

e desolato? Non c'è più nulla che possagiovare loro e abbreviare la loro noia.Il campo è mietuto e abbandonato.Ora a piacimento v'imperversanole tempeste e i nostri passi.

MECADEProvoca la sua collera! Provocalo e vedrai!

ERMOCRATELo spero, Mecade! Lui è paziente.

MECADESì, la sua pazienza li conquisterà.

ERMOCRATETutt'altro.

MECADETu non rispetti nulla e perderaite stesso e me e lui e tutto.

ERMOCRATEStimo scarsamente, in verità,le bizzarrie e i sogni degli umani.Vorrebbero essere dèi e come talivenerare se stessi,e per un poco dura.Temi che il sofferente, che il pazienteli conquisti? Gli si rivolteranno contro,quegli stolti, del suo doloreintenderanno il caro inganno,senza pietà rinfacceranno all'uomoadorato d'essere anch'egli un debole:e ben gli sta, poiché si mescolacon loro.

MECADEVorrei restarmene fuori da questa storia, sacerdote.

ERMOCRATEConfida in me e non temere quanto è necessario.

MECADEEccolo. Cerca te stesso, spiritosmarrito, tu che stai perdendo tutto.

ERMOCRATEAndiamo via! Lasciamolo!

Scena seconda

EMPEDOCLE (solo)Nel mio silenzio sei giunto con passolieve, o giorno bello, e mi trovastio amabile, nel buio della grotta,ma non venivi inaspettato, e da lontanoda lassù, sopra la terra, sentii con chiarezzail tuo ritorno; ed anche voi, mie forzefamiliari e operose dell'altezza;

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e voi, vicini ancora come sempre,alberi felici del mio bosco!Siete cresciuti ancora nel frattempo,ogni giorno su voi pioveva lucedal cielo e l'etere versava goccedi vita a fecondare i vostri fiori.Schietta Natura che mi stai dinnanzi,più non conosci l'amico, il prediletto?non riconosci in mequel sacerdote che ti dedicava un canto vivo comesangue sparso con gioia sull'altare?Oh, per le sacre fonti,là dove le acque dalle vene della terrasi raccolgonoe nel giorno torridoristorano chi ha sete! in me,in me, sorgenti di vita,sgorgando dalle viscere del mondoconfluivate un giorno, e a me venivanogli assetati... ma ora?Addolorato? sono proprio solo?E anche durante il giorno qui fuori è notte?Colui che più d'ogni altro spinse lo sguardoin alto, ora brancola accecato di qua e di là...di qua e di là...Miei numi dove siete?Ahimè, mi abbandonatecome un mendicante,e questo cuore,che amoroso vi aveva presagito,voi lo ripudiatee lo serrate in miserevoli catenelui ch'era nato per vivere libero,e non soggetto a nessun altro? E dovrebbecontinuare a vivere così coluiche a lungo fu viziatoe con tutti i viventi, nel bel tempo sacro,sentì beato la loro vita e li ritennecuore di un mondo e delle sue regali forze divine,così dannato nell'animo dovrebbe andarsene,ripudiato, senza amici,l'amico degli dei?Pascersi del suo nulla e della notte,tollerare l'intollerabile,come i deboli che nel tenebroso Tartarostanno inchiodati allo sforzo quotidiano.A tal punto sono caduto? Non per niente:una cosa, una, hanno dovuto lasciarmela,stolto, sei pur lo stesso e t'immaginid'essere debole. Una volta ancoravoglio esser vivo. Voglio! La salvezzao la maledizione! Non pensareumilmente che non ci siano forze nel tuo petto!Voglio far largo intorno a me,con la mia stessa fiamma illuminarmi!Così sarai contento, povero spirito prigioniero,e in un mondo tuo ti sentirailibero e grande e ricco... e ancora solo, ahimè, ancora solo?

Ah! Solo! Solo! Solo!

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Non più, miei dèi,io vi ritrovo,non più, Natura,torno alla tua vita.Mi hai messo al bando! È vero,non ti rispettai,sopra di te mi sollevai superbo, ma non fosti tuad abbracciarmi un giorno con le tue ali tiepide,o tenera, a salvarmi dal sonno?Il folle che rifiutava il nutrimentotu, pietosa, ammaliante, l'hai attiratoal tuo nettare affinché crescesse e fiorissee, divenuto ebbro e potente,ti schernisse in faccia? O Spirito,Spirito, tu che mi crescesti grande,è il tuo signore che allevasti:vecchio Saturno, allevasti un nuovo Giove -ma più debole e insolente.Poiché, lingua ingiuriosa egli non sa che insultarti,non esiste un vendicatore in qualche luogo, e devo da me stessoinvocare sulla mia anima scherno e maledizione?Devo essere solo anche in questo?

Scena terza

Pausania, Empedocle

EMPEDOCLESento che il giorno volge al tramonto, amico.E presto sarà buio per me, e freddo.È come un ritorno, o caro, ma non verso il riposo,come per l'uccello quando, rallegrato dalla preda,nasconde il capo in un sonno beato e ristoratore,sino al risveglio. Diverso è il mio destino.Risparmiami i lamenti. Lasciali a me!

PAUSANIACome mi sei divenuto estraneo,Empedocle! Più non mi riconosci?E io non so più riconoscerti, o magnifico?Come hai potuto mutare così, nobile volto,come hai potuto divenire un enigma,e come può il dolore prostrare a tal puntoi beniamini della terra? E tu non sei uno di loro,forse? Guarda, tutti ti sono gratie in aurea gioia non ci fu un altropotente come te fra i suoi concittadini.

EMPEDOCLEMi onorano? Oh, di' loroche desistano... gli ornamentinon mi si addicono, e seccanoanche le verdi fogliesull'albero divelto.

PAUSANIAMa stai ancora ritto e acque sorgiveirrorano le tue radici e tra le tue vette spiradolcemente il vento, di cibo non effimerosi alimenta il tuo cuore: al di sopra di te s'impongono

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energie ben più immortali.

EMPEDOCLELa giovinezza, caro, mi riporti alla memoria.

PAUSANIAAncora più bella mi sembra l'età matura.

EMPEDOCLEE quando essa declina, volentierigli occhi dei morituri guardano indietroancora una volta con gratitudine. Che tempi erano quelli!O voluttà d'amore, quando l'anima,sprofondata nel sonno degli infanti,mi fu destata da dèi come Endimione,si schiuse e li sentì viventi, i sempregiovani grandi Geni della vita:e tu, o sole splendido!Non furono uomini a insegnarmelo;ma il cuore, dominato da immortale amore,mi spinse verso gli immortali,verso di te, verso di te, luce silente,e nulla di più divino m'apparve.E come tu la vita non risparminel tuo giorno e, serena, spensierata,prodighi l'aurea tua ricchezza, così io, che ti appartengo,donavo con gioia il meglio del mio cuoreai mortali; e il mio cuore liberosenza paura si donava totalmente, come te,alla Terra severa, al destino che porta,e spesso in confidenza le promisidi dedicarle, in gioia giovanile,l'intera mia vita sino alla fine;così strinsi con lei il patto mortale.Da allora fu diverso lo stormire degli alberi nel boscoe teneri mormorarono le sorgenti dei suoi monti...Tutte le gioie, Terra, vere, calde, piene, frutto d'amoree di fatica, tutte mi donasti. E molteplici volte,quando sulle tacite alture con stuporemeditavo sull'eterno errare umano,turbato dal tuo mutare,nel presentire il mio stesso declino,per me, come per te, spirava l'eteree medicava il mio petto ferito dall'amore;come i fumi di un fuoco i miei affannisvanivano nel sublime azzurro.

PAUSANIAFiglio del cielo!

EMPEDOCLESì, io lo fui e vorrei narrare,evocare, o Natura, ancora una voltal'operare delle forze del tuo genio,stupende, che mi furono compagne,affinché il mio petto, muto e desolato,risuonasse di tutte le tue voci.Lo sono ancora? O vita! Hanno risuonato per me, grandeNatura, tutte le tue melodie?e ho udito la tua armonia antica?

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Io, solitario, non ho forse vissutocon questa sacra Terra e questa Luce,con te, Etere paterno,da cui l'anima mia non può separarsi,e con tutti i viventi, io, l'amicodei numi, nel presente Olimpo? Sonoreietto, sono solo, e il doloremi è compagno di giorno e condivideil giaciglio con me nelle mie notti.La buona sorte non è con me... Va'!non domandare! Immagini ch'io sogni?Guardami! e non stupirtise sono precipitato così in basso, o caro;una strana maledizione, quandola loro felicità trabocca,è riservata ai figli del cielo.

PAUSANIANon posso tollerare un simile discorso!Tu? No, non posso tollerarlo.Non devi angosciare così la tuaanima e la mia. È segno infaustoquando lo spirito dei potenti,il sempre sereno, comincia ad offuscarsi.

EMPEDOCLEL'hai notato? Significa che prestosi abbatterà a terra tra tempeste.

PAUSANIANon ti crucciare, caro! Che vi fece,o dèi della morte, questo puro,per ottenebrargli a tal puntol'anima? Non hanno dunque nulladi proprio i mortali in alcun luogo, e finoal loro cuore sale il tormentoe il Fato eterno regna anche nel pettodei più forti? Via, domina l'angoscia,esercita il potere, tu che piùdi ogni altro sei potente. Riconosci chi seida questo mio amore: pensaa te stesso, e vivi!

EMPEDOCLETu non conosci te stesso né me, morte né vita.

PAUSANIAConosco poco la mortea cui raramente ho pensato.

EMPEDOCLEVivere in solitudinee senza dèi, questa è la morte.

PAUSANIALasciala, io ti conosco, dalle tue azioniti riconobbi; del tuo spiritosperimentai la potenza e il suo mondo,quando una tua parolain sacri istanti faceva nascere

Page 60: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

una vita di molti anni, e per me,adolescente, si aprivaun'era nuova e grande. Come al cervo mansueto,quando sente stormire la selva in lontananzae pensa al luogo in cui è nato, così spessoa me palpitava il cuore quando tu, che conosci i giorni puri,mi parlavi della felicità originaria e innanzi a tesi apriva nella sua interezza il destino umano.Non disegnavi forse davanti a me le grandi lineedel futuro con lo sguardo sicuro dell'artista che inseriscel'elemento mancante? E non conoscipiù di ogni altro le forze della Natura,al punto che segretamente e familiarmentele guidi e le governi a tuo piacimento?

EMPEDOCLEProprio così. Tutto, tutto io conoscoe domino, come opera miaio riconosco e guido a piacimento,signore degli spiriti, la vitadi tutti! Il mondo mi appartiene e ogni forzami è soggetta e serva,

la Natura, bisognosadi un signore, si è posta al mio servizio.E se ancora accoglie onori lo deve a me.Che mai sarebbe il mare e il cielo,e le isole e le stelle, e quanto all'occhio umanosi offre, che mai sarebbe questo spento suonodi cetra se io non gli infondessisuono e anima e parola? Cosasarebbero gli dèi e il loro spiritose io non li affermassi? Dimmi, chi sono io?

PAUSANIADeridi pure insieme a te, nel malumore,ciò che rende splendidi i mortali,la loro attività, la loro parola, amareggiamil'animo, e spaventami come fossi ancora bambino;ma dillo chiaro: in odio tu hai te stessoe chi ti ama e chi vorrebbe emularti.Vorresti esser diverso da chi sei,del tuo onor non ti appaghi e ti sacrifichiad altri. Tu non vuoi restare, e vuoiandare a fondo. Ahimè, dentro al tuo pettoalberga meno pace che nel mio.

EMPEDOCLEOh, innocente!

PAUSANIAE tu accusi te stesso?

Di che cosa? Non far che il tuo doloremi sia sempre un enigma! Mi strazia.

EMPEDOCLECon calma deve agire colui che pensa,deve far evolvere la vitaintorno a sé, favorirla, e renderla serena

poiché, con alto significato,

Page 61: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

con tacita energia la grande Naturaaccoglie colui che presagisce, affinchéplasmi il mondo e ne evochi lo spirito;da profonde radicis'eleva in lui l'aspirazione possente.Molto egli può e magnificaè la sua parolache il mondo trasformae tra le sue mani

Fine del secondo atto(della seconda stesura)

PANTEAErrore umano, tu, così vanonon gli avrai viziato il cuore?Tu, così misero, che cosagli hai donato? E ora che lui desiderariunificarsi ai suoi dèi,si stupiscono, gli stolti, comese avessero creato loro la sua anima sublime.Non per nulla, Natura,tu che tutto donasti a lui,sono più caduchi di ogni altroi tuoi prediletti. Lo so bene:vengono, diventano possentie nessuno sa dire come, e a loro volta poiscompaiono, i felici! Oh, lasciateli!

DELIANon è dunque bellodimorare tra gli uomini?Il mio cuore altro non conosce,si placa in questo, ma ai miei occhiappare tristemente cupa e minacciosala fine dell'Incomprensibile, e anche tu,Pantea, lo esorti a partire?

PANTEADevo. Chi potrebbe tenerlo?Dirgli: sei mio?se egli della sua vita è l'unico padronee ha come legge solo il suo spirito,per salvare l'onore dèi mortaliche gli hanno fatto oltraggiodovrebbe rimanerequando il padre, l'Etere,gli apre le braccia?

DELIAPerò splendidae amica è la terra.

PANTEASì, splendida ed ora più che mai.Non la deve lasciare un audacesenza ricevere i doni.Forse egli indugia ancorasulle tue verdi alture,

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o Terra, sempre mutevole,e oltre le onde dei tuoi collicontempla, laggiù, il libero maree gode l'estrema gioia. Forse non lo vedremopiù. Buona fanciulla, il mio cuorerabbrividisce come il tuo, e vorreiche ciò non fosse, ma me ne vergogno.Lui farà quel gesto: non sarà dunque sacro?

DELIAChi è quel giovaneche scende dal monte?

PANTEAÈ Pausania. Così dunque dobbiamoritrovarci, orfano del padre tuo?

Ultima scena del secondo atto

Pausania, Pantea, Delia

PAUSANIADove si trova lui? O Pantea!Gli sei devota, tu, lo cerchi,vuoi rivederlo, ancora una volta,il tremendo viandante, cui solo è datopercorrere gloriosamente quel camminoche nessun altro segue senza maledizione.

PANTEAE pio secondo lui e grandeè ciò che tutti temono?Dove si trova lui?

PAUSANIA.Mi ha fatto allontanare, e da alloranon l'ho più rivisto. L'ho cercatoper tutto il monte, là in alto, senza trovarlo.Ritornerà, ne sono certo. Mi promiseda amico di rimanere fino a notte.Almeno venisse! L'ora a me più carafugge più rapida di un dardo.Saremo ancora felici insieme a lui,tu, Pantea, e anche lei,la nobile straniera che solo una voltal'avrà veduto, meteora stupenda.Della sua morte, voi che piangete,avete avuto notizia?O dolenti, guardatelo,il sublime, nel suo fiorire,se mai la tristezzae ciò che ai mortali sembra spaventosonon abbia a mitigarsi al suo sguardo beato.

DELIAQuanto lo ami! Eppure invanol'hai pregato, l'austero? Più potente di luiè la preghiera, o giovane, e avresti riportatouna splendida vittoria!

Page 63: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

PAUSANIAAvrei forse potuto?Egli afferra la mia anima quandomi manifesta il suo volere,al punto che anche il suo rifiuto dona solo gioia.E il cuore gli risuona più profondoquanto più quell'essere mirabilesi tiene fermo a se stesso.Non è soltanto vana persuasione,credimi, quando della vitasa essere dominatore.Quando, così grande nella sua modestia,taceva nel suo mondo,io lo guardavocon un presentimento oscuro,la mia anima era sveglia e pregnama non riuscivo a sentirla, e mi angosciavaquasi la presenza dell'intangibile. Ma la parola risolutiva usciva dalle sue labbrae un cielo di gioia vibrava in luie in me e, senza che vi resistessimi afferrava, ma io mi sentivo più libero.Potrebbe sbagliare, ancora più profondamentericonoscerei in lui sempre il vero;e se muore, la fiamma del suo Genio si alzeràpiù chiara per me dalle sue ceneri.

DELIATi esalta, anima generosa, la mortedei grandi, ma i cuoridei mortali amano scaldarsi anchea una tiepida luce e fissanolo sguardo su ciò che non muore. Oh, dimmi,cosa può ancora vivere e durare? Il destinosradica gli uomini più quieti, e se, cari a lui,si spingono lontano, pieni di presagi,subito li respinge, e muoreinsieme alle loro speranze la giovinezza.Nel suo fiore non rimaneniente di mortale - e, anche i migliori,passano dalla parte degli deidella morte, anche loro, e vannocon gioia, e ci fanno vergognaredi restare mortali.

PAUSANIACondanni

DELIAPerché, Natura,ai tuoi eroi rendicosì facile il morire?Troppo volentieri,Empedocle, tu ti sacrifichi.Il destino rovescia i deboli, e agli altri,ai forti, poco importa reggere o soccombere,e alla fine come i deboli diventano.Ciò che hai sofferto tu, Sublime,nessun servo lo potrà soffrire,

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e più povero di ogni altro mendicantehai percorso questa terra.È proprio vero che i miserinon sono miserabiliquanto i vostri prediletti, o numi,se l'ignominia si abbatte su di loro.Ma lui restò sereno.

PANTEASì, non è forse vero?Poteva non farlo?Anche al potere che lo abbatte,sempre sopravvive il genio. Pensavateche una spina potesse fermarlo?I dolori fanno più rapido il suo volocome l'auriga nello stadio, minacciato dal pericoloquando la ruota comincia a fumare,corre tanto più rapidamentea conquistare la corona.

DELIASei a tal punto felice?

PANTEANon solo nel fiore e nell'uva purpureasi manifesta la sacra energia; la vitasi nutre di dolore e beve,al pari del mio eroe,la gioia anche dal calice mortale.

DELIAAhi, fanciulla, ècosì che cerchi conforto?

PANTEANo certo! Ma sono feliceche quanto temiamo, se proprio deve accadere,sia sacro, sia magnifico.Altri eroi non furono, come lui,assunti fra gli dei?Affranto scendeva con gran piantiil popolo dal monte; non ho vistouno che imprecasse contro lui,poiché non fuggì in segreto, disperando,ma tutti avevano potuto ascoltarlo,e anche nel dolore i loro voltirisplendevano per ciò che aveva detto...

PAUSANIACosì festoso scendel'astro ed ebbre splendonole valli della sua luce?

PANTEAOh, sì, festoso scendel'austero, il tuo prediletto, o Natura!il tuo fedele, la tua vittima!Oh, coloro che temono la mortenon ti amano, l'affannoingannevole copre i loro occhi,

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il loro cuore non batte contro il tuo,separati da te, inaridiscono... Oh, sacro Tuttofervido, vivente, per dirti grazie,per testimoniare di te che sei immortale,sorridendo l'audace getta le sue perlenel mare da cui vennero.Così doveva accadere.Così esigono lo spiritoe il tempo che matura.Poiché almeno, ciechi, una voltaavevamo necessità del prodigio.

TERZA STESURA

Personaggi

EMPEDOCLEPAUSANIA, suo amicoMANES, un egizioSTRATONE, signore di Agrigento, fratello di EmpedoclePANTEA, sua sorellaSEGUITOCORO di Agrigentini

ATTO PRIMO

Scena prima

EMPEDOCLE (uscendo dal sonno)Vi chiamo a me, al di sopra dei campi,da lente nubi, voi, cocenti raggidel meriggio, perfettamente maturi,per sapere da voi che il nuovo giorno è nato.Oggi tutto è diverso e sono svanitigli affanni umani! quasi mi crescesserole ali, qui in alto mi sento bene e lievee ricco, in questa splendida dimoradove il padre Etna mi ospita e mi porgeil calice di fuoco, colmo fino all'orlodi spirito, e cinto di fioriche egli stesso per sé fa prosperare.E quando la bufera sotterraneasi ridesta festosa e gioiosamente si lancia,verso le nubi, ove risiede il mio simile,il Tonante, anche il mio cuore s'innalza.Con le aquile levo un canto alla Natura.Non pensavo che in terra stranieraper me fiorisse una vita nuova, quandooltraggiosamente mi scacciò dalla città,il mio regale fratello. Non sapeva,il sapiente, quale dono mi facessesciogliendomi dai patti umani, quando mi dichiaròfuori dalla legge, libero come un'ala nel cielo.Così si volle e così tutto fu compiuto.Per questo con scherno ed esecrazione il popolo,che pure mi apparteneva, si armò contro il mio spirito,

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mi espulse e non vanamente le risa stridenticento volte ripetute risuonano nelle mie orecchie,mentre il sognatore, quello stolto,già si allontanava e si scioglieva in pianto.Per Minosse, l'ho senza alcun dubbio meritato!E fu salutare; il veleno sanai malati e un peccato punisce l'altro.Molto ho peccato sin dalla giovinezza,nessuno d'amore umano amai, serviicome possono servire acqua e fuoco, ciecamente,nessuno quindi con me fu umano,il volto mi infangaronoe trattarono me come te,o Natura, che tolleri ogni cosa;anche me tieni, e fra te e me un barlumedel nostro antico amore già rifiorisce.Tu chiami e più vicino mi attiri.Oblio: come una vela fortunatasalpai dalla riva, l'onda della vita

da me stessoe quando l'onda cresce ed il suo abbracciomaterno mi circonda dimmi, che maidovrei temere? Altri, è certo, possonosbigottirsi. È questa la loro morte.Oh, da me perfettamente conosciuta, e spaventevole,e magica fiamma! Come stai silenziosa,ora qui ora là, come eviti te stessae come fuggi, anima, tutto ciò che vive!Per me viva diventi e ti mostri,a me più non ti celi, per me sei anima avvinta,chiara, poiché non ho paura.È morire che voglio. È mio diritto.O dèi, come un'aurora intorno e al di sottopassa mugghiando l'antica rabbia!Giù, nell'abisso, ogni lutto precipiti!Cuore in pena, di te non ho bisogno.Non è più possibile esitare. Anche il diomi chiama -

(scorge Pausania)ma quest'anima troppo fedele debbo

salvare. Il mio cammino non è il suo.

Scena seconda

Pausania, Empedocle

PAUSANIASembra che ti sia destato in letizia, caro viandante.

EMPEDOCLEHo già esplorato, caro, e non invano,la nuova patria; mi è dolceil deserto, anche tu amerai

il nobile ostello,questo nostro Etna.

PAUSANIACi hanno esiliati, oltraggiando te,la tua bontà, ma da tempo, devi credermi,eri divenuto intollerabile per loro;

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nel profondo delle loro rovine, nella loro nottedisperata, splendeva una luce eccessiva.Ora, per completare l'opera, indisturbatinella tempesta senza sponde, mentre una nubecopre gli astri, facciano girare la loro nave in cerchio.Oh, lo so, divino, ti evita la frecciache colpisce e abbatte gli altri.E senza danno, come al caduceola domestica serpe, intorno a tesi accalcava da sempre il volgo infidoche tu istruivi e stringevi al tuo petto.Lasciali! Che barcollino, deformi,fuggendo la luce, ebbri sulla terra che li regge,e in infiniti desideri e angosceche si sfianchino correndo... e l'incendio brucifin quando non si spenga... Qui sosteremo tranquilli!

EMPEDOCLESì, sostiamo in pace; s'aprono immensidinnanzi a noi i sacri elementi.Si muovono immutabili e incessanti,lieti nella loro forza, intorno a noi.Contro le salde sponde il mare anticoondeggia e si placa, e la montagna salecon il risuonare dei suoi fiumi, e fluttua e frusciala verde selva di valle in valle.E in alto fiammeggia la luce, il cielo placalo spirito e il desiderio più segreto.Qui sostiamo tranquilli!

PAUSANIAEcco, tu rimarrai

su queste alture, vivendo nel tuo mondo,io ti servirò, provvedendo a ciò che occorre.

EMPEDOCLEHo bisogno di poco, e volentieri da oggiquel poco io stesso voglio procurarmi.

PAUSANIAMa, caro, ho già pensato a qualcosadi cui certamente avrai subito bisogno.

EMPEDOCLEChe cosa?

PAUSANIACome non sapessi

cosa basta alla tua ascetica grandezza.E il minimo vitale, soffertoe già reso tua intima natura,anche se povera cosa, è già molto.Mentre eri immerso nel sonno sotto il sole ardente,qui sulla nuda terra, pensavoche un suolo più morbido e la fresca nottein un asilo sicuro sarebbero preferibili.E inoltre noi, sospetti a tutti,siamo troppo vicini alle dimore degli uomini.Non volendo rimanere lontano da te lungo tempo,corsi più su ed ebbi la ventura di scoprire

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un luogo tranquillo.Una gran rupe, cinta dalle querce,s'innalza in mezzo alla montagna, e nei pressisgorga una fonte, in gran numero verdeggianoutili piante, e come giaciglio sono disponibilifogliame ed erbe in abbondanza.Là nessuno potrà oltraggiarti, e un silenzio profondocirconderà le tue meditazioni e il tuo sonno.Con te vicino la grotta sarà per me un sacrario.Vieni, vedrai tu stesso, e non dirmi che sono incapacedi servirti. A chi altro potrei essere utile?

EMPEDOCLESei fin troppo utile.

PAUSANIACome potrei?

EMPEDOCLESei

troppo fedele: un bimbo stolto.

PAUSANIALo dici tu. Ma a me sembra molto saggioappartenere a colui per cui nacqui.

EMPEDOCLENei sei sicuro?

PAUSANIAPerché non dovrei? Perché

mi avresti offerto le tue manibuone quando, errando su questa rivapovera di eroi, cercavoun dio che mi salvasse?Perché con sguardo fermo nella quietedella tua orbita, nobile luce,saresti sorto nella mia penombra?Da allora sono diverso, e tuo, più vicinoa te e con te più solitario, solal'anima mia cresce più libera e lieta.

EMPEDOCLETaci, taci!

PAUSANIAPerché? Che c'è? A tal punto

ti turba, caro, una parola amica?

EMPEDOCLEVieni con me, ma taci, porta rispetto,e non mettere in ansia anche il mio cuore.Non avete forse reso i miei ricordiun pugnale? ancora vi stupitee venite al mio cospetto per inquisirmi.No, tu sei senza colpa: io però, figlio mio,non riesco a tollerare ciò che mi è troppo vicino.

PAUSANIAE me, tu respingi proprio me? Oh, pensa a te,

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sii chi tu sei, guardami in faccia e dimmiquello di cui più che mai ho bisogno:una parola buona e generosa.

EMPEDOCLECiò che ami, sii tu a dirlo a te stesso,per me quello che è passato, più non esiste.

PAUSANIACerto, conosco bene il tuo passato,ma noi due siamo rimasti, l'uno all'altro.

EMPEDOCLEParliamo d'altro, è preferibile, figlio mio!

PAUSANIAPossiedo dell'altro?

EMPEDOCLENon mi comprendi?

Vattene! Te l'ho detto e ora lo ripeto,non è bello che, non richiesto,tu rimanga qui ad assediare la mia anima,sempre al mio fianco, quasi non sapessifare diversamente, con triste angoscia.A te non appartengo, tu lo sai,né tu appartieni a me, e le tue stradenon sono le mie: il mio mondo fioriscealtrove. E il mio pensiero non è di oggi,è conchiuso fin da quando sono nato.Solleva la fronte e osa! Ogni unitàsi spezza, non muore l'amore fin quando è in boccioe l'albero svettante della vitasi fende e si scinde gioiosamente e liberamente.Nessun legame dura com'è, figlio.È necessario separarci.Non ostacolare, indugiando, il mio destino!

Oh ammira! Inebriata e divina splende la superficiedella terra, rivolta verso di te.e ovunque corre un fremito, un fruscio,quella danza giovane e lievecon cui le folle solenni e pie festeggianolo Spirito, l'antico nostro padre.Anche tu vai e senza barcollareresta con loro e di sera pensa a me.Io ho necessità di una sala silenziosa,a grandi altezze, vasta, poiché ho bisognodi pace, troppo pigre per il giuococonvulso e affannato dei mortalisono le mie membra, e se una volta anch'iolevavo il canto con gioia giovanile,oggi la mite cetra è in pezzi.O melodia che mi sovrasta! Era un gioco.E puerilmente osavo anche imitarvi,in me risuonava un'eco insensibile,ed anche incomprensibile... ma orapiù seriamente ascolto voi, voci divine.

PAUSANIA

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Più non ti conosco, e tristeè ciò che dici, ma tutto è enigma.Ma io, proprio io, che mai ti ho fatto,perché a tuo piacimento tu mi affliggaed il tuo cuore si rallegri e desideriliberarsi anche di me, dell'ultimo.Non lo temevo, perché noi esiliati,evitando tristemente le dimore umane,fuggiamo insieme nel notturno orrore,e pertanto non c'ero, caro, quandoinsieme con le lacrime la pioggiadel cielo rigava il tuo volto,guardavo quando a mezzodì asciugavisorridendo la tua rozza veste da schiavoal sole sulla rena priva d'ombra,quando per ore come una bestia feritalasciavi l'impronta del tuo piede sanguinantesopra le pietre del sentiero.Non per questo abbandonai la casa e accettaigli insulti di mio padre e della gente:perché dalla tua sede e dal ritirotu mi gettassi via come un utensile usato.E vuoi andare lontano? ma dove? dove?Voglio accompagnarti, sebbene non sia, come te,in intimo legame con la Natura,sebbene non come a te s'apre il futuro,ma la mia mente nel divino buiobatte gioconda le ali, e non ancorasi sgomenta per gli sguardi più potenti.Fossi anche un debole, diverrei pari a teche sei forte, poiché tanto ti amo.Per Eracle divino, anche se tu scendessia colpire i Titani per placarei potenti laggiù, dall'alta vettafin nella valle senza fondo, e se tu osassientrare nel sacrario dell'abissodove si cela il cuore della terraprima che si levi il giorno,e l'oscura madre ti rivela le sue pene, figlio della Nottee dell'Etere, è certo, fino a laggiù ti seguirei.

EMPEDOCLEResta dunque!

PAUSANIAChe intendi?

EMPEDOCLETi sei consegnato

a me, sei mio, e dunque non chiedere!

PAUSANIAE sia!

EMPEDOCLENuovamente ripetilo, figlio, eternamentemi doni il tuo sangue e la tua mente?

PAUSANIACome se avessi lanciato una parola nell'aria,

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una promessa fra sonno e veglia?Incredulo! lo dico e lo ripeto:anche questo, anche questo non risale a oggi,dal giorno in cui nacqui fu stabilito.

EMPEDOCLEIo non sono più me stesso, Pausania,e non ho più da sopravvivere per altri anni,semplice bagliore che presto sarà spento,suono di cetra...

PAUSANIACosì risuonano le note,

così insieme svaniscono nell'aria.E l'eco amica le ripete.Non volere tentarmi ancora e lasciami,non rifiutarmi l'onore che mi appartiene!O forse non ho, al pari di te, sufficienti dolori?Possibile che tu voglia ancora amareggiarmi?

EMPEDOCLEO cuore disponibile a tutti i sacrifici! Per mecostui getta via la giovinezza dorata.E io? Per la terra e il cielo! E mentrel'ora fugge, tu mi resti vicinoe fiorisci per me, gioia dei miei occhi!Ti tengo in braccio come sempre,come se tu fossi mio, la preda mia,e ancora il dolce sogno mi seduce.Sarebbe magnifico se sul rogo funebrenon uno solo, ma una coppia festantesalisse, unita, sul declinare del giorno;volentieri trascinerei con me chi mi fu carocome nobile fiume ogni suo ruscello,per libare alla sacra Notte.Ma è preferibile che ognuno percorra la stradache un dio gli ha destinato.È più innocente e non nuoce in nulla.È giusto ed equoche ogni uomo appartenga a se stesso.E poi più lieve e più sicurosembra il carico all'uomo, quando è solo.Così crescono nel bosco anche le quercee, pur essendo antiche, una ignora l'altra.

PAUSANIACome tu vuoi! Non mi oppongo.Tu me lo dici, e vere, care e giustesono queste tue ultime parole.Dunque ti lascio! e non disturberòpiù la tua pace; hai ragione,non sono fatto per vivere in silenzio

EMPEDOCLEMa non sei in collera?

PAUSANIACon te? con te?

EMPEDOCLE

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Che vuoi dire, allora? Ma sai già dove andare?

PAUSANIASii tu a comandarmi.

EMPEDOCLEHo già dato l'ordine estremo.

Pausania, il mio governo è concluso.

PAUSANIADammi un consiglio, padre mio!

EMPEDOCLESenza dubbio molte cose

dovrei dire, ma taccio, la mia linguaquasi non vuol servire più al colloquiomortale e a pronunziare vane parole.Vedi, carissimo, è diverso, e prestorespirerò più libero e più lieve;come la neve là sull'Etna eccelsoalla luce solare si riscaldae si scioglie e splende, e dal monte precipitaa ondate e l'arco d'Iride fiorentes'incurva alla caduta delle onde,così dal mio cuore si stacca e scorre e ondeggia,così per me muore ciò che il tempo ha riunito,i pesi cadono, e rischiaratala vita eterea fiorisce sopra ogni cosa.Ora procedi con coraggio, o figlio,imprimo, baciandoti, promesse sulla tua fronte,nella lontananza appaiono i monti dell'Italia,è la terra operosa dei romanilà potrai condurre vita prospera, là ove lietilottano i combattenti nell'arena -città di eroi! e anche tu, Taranto!e voi, fraterni portici, ove spesso,ebbro di luce, passeggiavo con il mio Platonee ogni anno, ogni giorno erano nuovi per noi,giovani alunni di quella sacra scuola.Va' a trovarlo, salutalo per me il mio vecchio amicoin riva al suo fiume, il fiorito Ilisso,ove dimora. E se il tuo cuorenon troverà riposo, raggiungi l'Egitto e interrogai fratelli. Là potrai udire la gravecetra di Urania e i suoi mutevoli suoni.Là ti apriranno il libro del destino.Va', non temere! Tutto ritorna.E ciò che deve accadere, è già compiuto.

(Pausania esce.)

Scena terza

Manes, Empedocle

MANESNon indugiare! Non esitare più a lungo.Va' via, va' via, affinché presto ritorninocalma e luce, o fantasma!

EMPEDOCLE

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Ma cosa dici? Da dove vieni?Uomo, chi sei?

MANESUn miserabile,

della tua stessa stirpe, un mortale come te.Inviato per tempo a te che ti consideriprediletto del cielo, ad annunciarti la colleradel cielo, di quel dio che non resta inoperoso.

EMPEDOCLETu lo conosci?

MANESA lungo te ne parlai

sulle rive del Nilo lontano.

EMPEDOCLESei tu? Tu qui?

Non mi stupisco. Da quando sono mortoai vivi, per me risorgono i morti.

MANESNon rispondono i morti se li interroghi.Ma se può servirti una parola, ascolta.

EMPEDOCLEGià sento la voce che mi chiama.

MANESCosì con te si parla?

EMPEDOCLEPerché parlare, straniero?

MANESSì, sono straniero come tra i fanciulli.Perché siete come fanciulli, voi greci. L'ho dettoinfinite volte. Ma non vorresti narrarmicome hai vissuto tra la tua gente?

EMPEDOCLECosa mi riporti alla memoria? A cosa mi chiami ancora?Vissi come dovevo.

MANESEd io da tempo

lo sapevo, già allora te lo predissi.

EMPEDOCLEEbbene, che aspetti? Perché mi minaccila fiamma di quel dio che conosco così bene,cui servo come docile trastullo;e perché, cieco, il mio diritto sacro giudichi!

MANESIo non modifico quanto dovrai vivere.

EMPEDOCLESei qui per verificare a qual punto siamo giunti?

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MANESOh, non schernire e onora la tua festa,incorona il tuo capo e orna di fiorila vittima che non si abbatte vanamente.La morte, la fulminea, lo sai,dall'inizio è decretataper i dissennati tuoi pari. Così tu vuoi,e così sia! Ma non devi sprofondarecon l'anima ottenebrata come hai ora. Possiedouna parola per te, meditala bene nella tua ebbrezza!A uno solo conviene questo temponobilita uno solo il tuo peccato.È uno più grande di me: come la vitevive di terra e cielo quando pregnadel sole alto sorge dal suolo buio,così lui, che da Luce e Notte è nato.Fermenta il mondo intorno a lui, qualunquesommovimento o rovina si consumi nel pettodei mortali, lui è l'unico a non esserne stravolto nel profondo.Per il regno in ansia, il dominatore del tempodomina bieco sopra la rivolta.Si spegne il suo giorno, guizzano i lampi,ma quella fiamma che scende dall'alto,con ciò che preme dal basso, crea discordia.Quell'uno, il nuovo salvatore, riuniscesereno i raggi celesti, e amorosostringe quanto è mortale al proprio petto,e in lui si placa il dissidio del mondo.E riconcilia gli uomini e gli deiche vivono nuovamente uniti come un tempo.Ed affinché, una volta apparso, il figlionon sia più potente dei genitori, e il sacrospirito della vita non rimangaprigioniero e obliato a causa di lui, che è l'unico,si getta, idolo del suo tempo, allo sbaraglio,e lui stesso spezza, affinché una mano puracompia ciò che per lui, puro, è necessario,quella felicità che ritiene eccessiva,e restituisce, purificato, il suo possessoall'elemento che l'ha dato alla luce.Sei tu costui? lo stesso? lo sei tu?

EMPEDOCLETi riconosco dal parlare oscuroe anche tu, onnisciente, mi riconosci.

MANESOrsù, dimmi chi sei, e chi sono io.

EMPEDOCLEMi tenti ancora, ancora, e in questo giornovieni da me, mio spirito malvagio?Perché non mi lasci, o vecchio, allontanare in pace?E osi avvicinarti e provocarmiaffinché m'inoltri adirato lungo le vie sacre?Ero un fanciullo ignaro del mondo,che si muoveva estraneo dinnanzi ai miei occhi,e le sue forme grandiosemeravigliosamente blandivano

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il mio cuore assopito e inesperto.E con stupore udivo fluire le acque.Vedevo il sole che fioriva, e la quieta terraaccendersi di una luce di giovinezza.Nacque in me un canto e luminoso mi divenneil cuore offuscato, quando pregai con inni,quando i presenti, stranieri deidella Natura, chiamai per nome,e lo spirito mio si fondeva nella parola,nella felice immagine l'enigmadella vita trovava soluzione.Così crebbi sereno e già un destino diversosi preparava. Più violentadi flutti, la selvaggia ondata umanami colpì il petto, e dal tumulto mi salivala voce di un popolo miserabile all'orecchio.E quando udii, silenzioso sotto un porticato,esplodere nella notte il lamento del popolo in rivoltache, stanco di vivere, invase la campagna,distruggendo di sua mano la propria casae i templi abbandonati per il disgusto,quando vidi che i fratelli si evitavano l'un l'altro,che gli amanti passavano senza vedersi, e il padrenon conosceva il figlio, e incomprensibilierano divenute le leggi e le parole umane,colsi con orrore il senso di tutto questo:il dio si separava dal mio popolo!L'udii allontanarsi e alzai lo sguardo all'astro silenziosoda cui era disceso. Andai allora per offrirmi a lui in espiazione.Dopo si ebbero ancora molti giorni splendidi.Parve alla fine un rinnovamento, e ricordandol'età dell'oro, in cui regnava sovranala fiducia, mattino chiaro e forte,il mio risentimento svanì e anche quello del popolo.E stringemmo legami saldi e liberie invocammo i nostri dèi viventi.Ma, se per gratitudine m'incoronava il popolo,se a me si univa sempre più tenacemente,e solo a me, spesso provavo turbamento:quando un paese deve morire, alla finelo spirito si sceglie un estremo dettoin cui si levi il suo canto di cigno,l'estrema vita. Questo presagivo, mavolli servirlo. E ora tutto è compiuto. Ormainon appartengo più ai mortali. Oh, consumazionedel mio tempo! Tu, Spirito, che ci nutristi,che regni in segreto alla luce del giorno e nella nube,e tu, Luce, e tu, tu, madre Terra!Qui rimango, sereno, giacché mi si preparala nuova ora, da lungo tempo stabilita.Non più in immagine, non come sempre,nella fortuna fugace dei mortali,ma nella morte, io scopro il vivente,e oggi stesso lo incontrerò, oggiin cui il signore del Tempo per me e per sé,come segno di festa, prepara un uragano.Conosci questa calma? e il silenziodel dio insonne? Attendilo qui!A mezzanotte tutto sarà compiuto.Se, come dici, sei il confidente

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del Tonante e se la tua anima vive in armoniacon quella di lui che di ogni cammino è esperto,vieni con me ora che, troppo soloil mio cuore si lamenta di questa terra e,memore dell'antica unità, l'oscura madretende le sue braccia di fuoco all'eteree il sovrano giunge nel suo raggio,seguiamolo indizio che gli siamoparenti, qui nelle sue sacre fiamme.Ma se resterai in disparteperché vuoi negarlo a me? Se non è datoa te in possesso, perché togliermeloe ostacolarmi? A voi, geni, che mi fostevicini nei miei primi passi, a voiche progettate il futuro, dicograzie d'avermi concesso di finirela lunga serie delle mie sofferenzecon una libera morte e secondo la legge divina.Frutto proibito per te! Lasciami andaree se non puoi seguirmi, non giudicare!

MANESMisero, il dolore ti ha esaltato.

EMPEDOCLEPerché non mi guarisci tu, impotente?

MANESTu sai chi siamo? E ne sei certo?

EMPEDOCLEDevi essere tu a dirmelo, tu che tutto vedi!

MANESBisogna restare calmi, figlio, e imparare sempre.

EMPEDOCLETu fosti il mio maestro, sii oggi il mio discepolo!

MANESNon mi hai già detto tutto?

EMPEDOCLENo, di certo!

MANESEd ora vai?

EMPEDOCLENon ancora, vecchio!

Da questa generosa terra verdeggiante,i miei occhi non devono separarsi senza gioia.Vorrei pensare ancora al tempo perduto,ai cari amici della giovinezzache vivono nelle liete città dell'Ellade,anche al fratello che mi ha maledetto: dovevaessere così; ora lasciami, e quando laggiùil giorno sarà tramontato, tu mi rivedrai.

Coro finale del primo atto

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(Progetto)

Mondo nuovo

e pende - volta di bronzo -il cielo sopra a noi, la maledizione paralizzale membra degli uomini e i rigeneranti, allietantidoni della terra sono come pula,si beffa di noi, con i suoi doni, la madree tutto è apparenza -Oh quando, quando

già si apronoi flutti sopra la siccità.

Ma dov'è lui?

Affinché scongiuri lo spirito vivente

APPENDICI

PIANO DI FRANCOFORTE

Empedocle(Tragedia in cinque atti)

Atto primo

Empedocle, il cui carattere e la cui filosofia da molto tempo l'hanno indotto all'odio per la cultura, al disprezzo di ogni occupazione troppo specifica, di ogni interesse rivolto a oggetti estranei, nemico mortale di ogni esistenza univoca e perciò insoddisfatto, indeciso, sofferente, anche in situazioni di vita realmente belle, semplicemente perché si tratta di situazioni particolari, che potrebbero soddisfarlo fino in fondo solo se vissute in una grande accordo con il tutto vivente; semplicemente perché egli non può, con il cuore che si accorda a ogni cosa, vivere e amare in tali situazioni con il profondo fervore di un dio, libero e aperto come un dio; semplicemente perché è vincolato alla legge della successione dal momento che il suo cuore e il suo pensiero abbracciano il presente -

Empedocle è particolarmente esasperato da una festa degli Agrigentini, per la quale è abbastanza vivamente e sarcasticamente biasimato dalla moglie, che molto aveva sperato nell'influenza di questa festa e l'aveva benevolmente persuaso a prendervi parte; egli coglie l'occasione di questo dispetto e di questa lite domestica per seguire il proprio segreto proposito abbandonare la città e la casa e rifugiarsi in una regione solitaria dell'Etna.

Scena prima

Discepoli di Empedocle con gente di popolo. I primi vogliono persuadere gli altri a entrare anch'essi nella scuola di Empedocle. Uno dei discepoli, il prediletto di Empedocle giunge in quel momento, rimprovera agli altri il loro proselitismo e gli ordina di andarsene perché è l'ora in cui il maestro ama raccogliersi da solo nel giardino.

Scena secondaMonologo di Empedocle.Preghiera alla Natura.

Scena terzaEmpedocle con la moglie e i bambini.

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Teneri pianti della moglie a causa dell'umore cupo di Empedocle. Scuse affettuose di quest'ultimo. La moglie gli chiede di partecipare alla grande festa e di divertirsi.

Scena quartaFesta degli Agrigentini. Esasperazione di Empedocle.

Scena quintaLite domestica. Addio di Empedocle, che parte senza dire dove ha intenzione di andare.

Atto secondo

Empedocle riceve sull'Etna la visita dei propri discepoli dapprima quella del suo prediletto, che lo emoziona non poco e quasi lo strappa alla solitudine del suo cuore, poi quella degli altri, che ancora una volta lo riempiono d'indignazione contro l'indigenza umana, benché egli li rimandi tutti in modo solenne e infine consigli anche al suo prediletto di abbandonarlo.

Scena primaEmpedocle sull'EtnaMonologo. Orazione più fervida di Empedocle che si vota alla Natura.

Scena secondaEmpedocle e il suo prediletto.

Scena terzaEmpedocle e i suoi discepoli.

Scena quartaEmpedocle e il suo prediletto.

Atto terzo

Empedocle riceve sull'Etna la visita della moglie e dei figli. Alle loro tenere preghiere, la moglie aggiunge la notizia che gli Agrigentini gli erigono quello stesso giorno una statua. L'onore e l'amore, i soli legami che ancora lo uniscono al reale, lo riconducono alla ragione. I discepoli giungono pieni di gioia, il prediletto gli si getta al collo. Vede la propria statua eretta, ringrazia pubblicamente il popolo, che gli tributa un'ovazione.

Atto quarto

Gli invidiosi di lui apprendono da alcuni dei suoi discepoli le dure parole che egli ha proferito sull'Etna davanti a loro contro il popolo; intendono approfittare di questa circostanza per aizzare contro di lui il popolo, che infatti abbatte la sua statua e lo caccia dalla città. Proprio allora egli matura la decisione, che covava in sé da molto tempo, di unirsi per mezzo della morte volontaria alla Natura infinita. Con questo intendimento, prende una seconda volta, più profondamente più dolorosamente, congedo dalla moglie e dai figli e ritorna sull'Etna. Evita il suo giovane amico, stimandolo abbastanza per credere che egli non si lascerà ingannare dalle parole consolatorie con cui ha rassicurato la propria moglie, e che potrebbe capire le sue vere intenzioni.

Atto quinto

Empedocle si prepara alla morte. I motivi contingenti della sua decisione ora si cancellano completamente in lui, ed egli la considera come una necessità che scaturisce dal suo essere più profondo. Nelle brevi scene in cui appare ancora qua e là con gli abitanti della regione, egli trova ovunque conferma del suo modo di pensare, della sua decisione. Avendo intuito la verità, il suo prediletto ritorna, ma egli subisce a tal punto l'ascendente dello spirito e dei grandi moti dell'anima del maestro, che obbedisce ciecamente al suo ordine e si allontana. Poco dopo, Empedocle si precipita nelle fiamme dell'Etna. Il suo prediletto, che vaga nella zona, inquieto e ansioso, trova poco più tardi i sandali di ferro del maestro, che il fuoco dell'abisso, eruttando, aveva restituito, li riconosce, li mostra alla famiglia di Empedocle, ai suoi

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seguaci fra il popolo, e si unisce a costoro sui fianchi del vulcano per portare il cordoglio e celebrare la morte del grand'uomo.

PROGETTO DELLA TERZA STESURA

Etna

1EMPEDOCLE

2EMPEDOCLE, PAUSANIACommiato

3EMPEDOCLE, IL VEGLIARDONarra la sua storia.

Saggio. Io temo l'uomo che agli dèi

Perché ti adiri col tempo che mi partorì,con l'elemento che mi educò

Empedocle esce.impara a comprenderle, le vie che percorro

Pausania. L'avversario. Ciò che ha indotto costui alla decisione estrema di indurre il popolo a bandirlo, è in primo luogo il suo desiderio di conquistare un punto di partenza per le sue imprese e l'incertezza della situazione dopo lo scoppio della discordia tra il popolo ed Empedocle, ma senza dubbio anche l'odio verso la sua superiorità, e poiché sembra che il popolo ora rimpianga la sua assenza e lui stesso soffre per la lontananza di quello, il più grande, che gli piacerebbe avere, in qualità di inferiore, presso di sé, e anche il legame segreto che lo unisce ad Empedocle, il sentimento di un'originaria non comune attitudine e di un reciproco destino tragico, lo induce a un sincero rimpianto; al primo grido di malcontento che il popolo alza contro l'esilio di Empedocle, egli stesso propone di richiamarlo. Nulla, dice, dev'essere accaduto per sempre, non sempre è giorno e neppure notte, e poiché il superbo tenta la sorte dei mortali, riprenda pure a vivere. Pausania.

IL VEGLIARDO, IL REVegliardo,di riflessione ideale

Re, di riflessione eroica.

Messo.Vegliardo.

Il re prega suo fratello...Re sopraffatto acconsente.Ma non vuole essere più consigliato, non vuole mediatore alcuno fra sé e suo fratello, e il vecchio deve andarsene.

Ora, va, non ho bisogno di mediatori.E si allontana, infatti,Monologo del Re. Entusiasmo del figlio del destino.

EMPEDOCLE E IL RE

EMPEDOCLEmia è questa regione,...

lasciate il folle....uomo intelligente

EMPEDOCLE

Page 80: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

Ma una madre comune ci ha nutriti

REQuanto tempo è già passato?

EMPEDOCLEChi può contare gli anni... ma

Passaggio dal soggettivo all'oggettivo

Mentre sta per partire, il Re incontra un messo che annuncia l'avvicinarsi del popolo. Nella sua emozione recita il canto della beatitudine, passa poi all'indignazione e ordina che gli armati si nascondano affinché, al suo primo segnale, ... Alla fine gli si annuncia che la sorella e Pausania stanno per giungere.

LA SORELLA, PAUSANIASorella ingenua idealeCerca EmpedoclePausania

EMPEDOCLEingenuo, ideale

Sorella interroga il Revuol riconciliare entrambiparla del popolo.Prega Empedocle di ritornare.

Ferite. Oblio.

Empedocleeroico ideale

Perdonare è tutto.Pausania vede i delegati del popolo che si avvicinano.Sorella teme l'esito: la folla ambigua, il dissidio tra questa ed Empedocle, quello tra l'altro fratello e lei, il dissidio che solo ora sembra aprirsi tra i due fratelli.

EMPEDOCLEresta calmo, la conforta; pacifica, dice, dev'essere questa sera, freschi venti, e messaggeri d'amore, e disceso amichevolmente dalle celesti alture, il giovane solare canta il suo inno alla sera, e piena d'aurei suoni è la sua lira.

DELEGATI DEL POPOLOLo incontrano nella loro figura più vera, come egli stesso li ha veduti, come si specchiavano in lui, tutti intorno a lui, la cui morte è il suo amore, è il desiderio profondo, di incatenarli a sé così saldamente come ogni altra volta, ma quanto più gli si avvicinano col loro spirito, quanto più vede se stesso in loro, tanto più si rafforza quella decisione che ormai è divenuta dominante in lui.

ABBOZZO PER LA CONTINUAZIONE DELLA TERZA STESURA

+ Coro. Avvenire

Atto II

Scena IPAUSANIA, PANTEA

Scena IISTRATONE, SEGUITO

Scena IIISTRATONE, solo

Page 81: Holderlin Friedrich - La Morte Di Empedocle

Coro ?

Atto III

EMPEDOCLE, PAUSANIA, PANTEA, STRATONE

MANESSeguito di Stratone.Agrigentini.Coro? ?

Atto IV

Scena I

EMPEDOCLE, PAUSANIA, PANTEALirica oEpica?

Scena IIElegiaca eroicaer. el.EMPEDOCLE

Scena IIILirica er MANES, EMPEDOCLE

Scena IVEMPEDOCLE

Atto V

MANES, PAUSANIA, PANTEA, STRATONE,+ AGRIGENTINI, SEGUITO DI STRATONE

+ Manes, l'esperto universale, il veggente stupefatto dai discorsi di Empedocle e dal suo spirito, afferma che egli è l'eletto che uccide e rianima, in cui e mediante cui un mondo si dissolve e al tempo stesso si rinnova; che anche l'uomo, il quale ha patito così mortalmente il tramonto del suo paese, potrebbe presagire così la sua nuova vita. Il giorno seguente, alla festa di Saturno, andrebbe annunciata loro l'ultima volontà di Empedocle.