Il problema di Empedocle

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www.risparmiolandia.it Il problema di Empedocle I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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I RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE

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EmpedocleI RACCONTI DEL BOSCO DELLE VENTI QUERCE - FIABA DI MAURO NERI - ILLUSTRAZIONI DI FULBER

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Tutti, al Villaggio, volevano bene ad Empedocle, lo spauracchio che era già vecchio quando Tisana la Dolce e Casoletta erano state spaventapulci-ne appena nate. Fragile come un vaso antico, zoppicante e tutto tremante, Empedocle un giorno divenne anche sordo. Sordo come una campana rot-ta… e fu la fine della pace!

– Empedocle, stai andando nell’or-to? – chiese una mattina Chiomadoro al vecchietto che stava attraversando Piazza Pulita.

– Certo che ho il bastone storto! – rispose quell’altro con voce gracchian-te da vecchietto. – È sempre stato così, il mio bastone da passeggio, e non ho alcuna intenzione di cambiarlo con uno nuovo!

– No, Empedocle: non ti ho chiesto notizie del tuo bastone…

– Cosa? Il minestrone? Il minestrone di ieri sera? Buonissimo… era ottimo, grazie!

– Empedocle! Ma vuoi starmi a sentire?

– E perché ti dovrei punire? Lo sai che sei strana, stamattina, Chiomado-ro?

– Ah, sarei io ad essere strana?!?!– Ehi, dov’è?– Chi? Che cosa?– La rana… hai detto che c’è una

rana... nella fontana? In mezzo alla stra-da? Nel fosso? Comunque io adesso vado nell’orto a zappare… ciao, Chio-madoro!

Quel pomeriggio, poi, nella “Cioccola-

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teria” di Casoletta…– Carissimo Empedocle, vuoi un

caffè? – chiese la spauracchia.– E quando mai io bevo il tè? Fammi

un caffè, invece…– Con un goccio di latte?– È vero, sono un po’ matte, al gior-

no d’oggi, le spauracchie più giovani… tutto quel trucco, quei versetti, quelle moine… e il latte? Perché non mi metti un goccio di latte nel caffè?

– Un dolcetto? – Sì sì… anche il belletto sul volto

si mettono, quelle poverine… Non ci sono più le spaventapasseri di un tempo… Avresti per caso un dolcetto, Casoletta?

– Ecco una pasterella…– Ma certo che sei bella, amica mia:

non sei mica una spauracchia coi grilli per la testa, tu! Comunque, ottima questa pasterella…

Quella sera, infine, sulla piazza del Villaggio…

– Vieni qui, dai Empedocle! – strillò Quantobasta, che stava chiacchieran-do con Dindondolo e Gellindo Ghian-dedoro. – Che ne diresti di andare a giocare a carte?

– Chi è che parte? Tu, Gellindo? Oppure tu, Dindondolo? E dove volete andare? Non vi trovate bene qui, nel vostro Villaggio? No no: lasciate per-dere i viaggi e andiamo tutti a giocare a carte!

– Una partita a brìscola? – propose lo scoiattolino.

– Chi mescola le carte? D’accordo:

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cominciamo dagli anziani, ché hanno più esperienza… Mescolo io il primo mazzo – sorrise Empedocle sedendosi sul muretto.

Gellindo guardò di sfuggita Quanto-basta, che gli fece un cenno col capo.

– Nonno Empedocle, io e il farmaci-sta torniamo subito. Aspettaci qua!

– Dobbiamo aiutare Empedocle a risolvere il suo problema! – esclamò Quantobasta quando furono un po’ distanti. – Sta diventando sordo come una campana e nemmeno se ne accor-ge!

– Al Villaggio passiamo tutti la gior-nata a urlare a squarciagola per farci capire – aggiunse Abbecedario, che si era aggiunto ai due amici. – Ma cosa possiamo fare?

– Domani scendiamo alla Grande Città in Valle e vediamo di trovare un rimedio – propose Gellindo. E gli altri furono d’accordo.

In città, Gellindo, Quantobasta e Abbe-cedario accompagnarono Empedocle da un dottore che cura le orecchie degli spaventapasseri…

– Mi dispiace, signori, ma il vostro amico ha un solo problema: l’età! Le sue orecchie vanno bene, sono solo un po’ dure per gli anni che si sono accu-mulati sulle spalle di Empedocle… Voi continuate a urlargli e abbiate molta pazienza…

I nostri amici andarono poi in un ne-gozio che vendeva occhiali, bastoni e trombette per spauracchi ammalati, ma non riuscirono nemmeno ad entrare…

– Io non voglio vivere con trombe o trombette appese alle orecchie! – si ribellò il povero Empedocle, che puntò i piedi e non ci fu verso di farlo ragio-nare.

– Ma oggi possiamo mettere delle cosine piccole piccole che nessuno vede – cercò di convincerlo il commes-so uscito sulla strada per convincere il vecchietto ad entrare.

– Né grandi né piccole – strillò l’anziano spauracchio, – io non voglio nulla… lasciatemi così come sono!

A quel punto…– Ci sono!! – urlò all’improvviso

Gellindo Ghiandedoro sfoderando un sorriso da orecchio a orecchio!

– Ma no che non ti bastono! – rispo-se Empedocle nascondendo il bastone da passeggio dietro la schiena. – Chi ti ha messo in testa certe idee!

– Ho trovato il modo di comunicare con Empedocle senza strillare come dei matti! – disse lo scoiattolino saltel-lando felice.

– Fatti? Certo che voglio fatti, io, mica chiacchiere!

– Venite… venite con me… Andiamo in cartoleria!

In cartoleria?A parte che Empedocle aveva capi-

to “diavoleria”, e si agitò ancor di più, Quantobasta e Abbecedario scrollaro-no le spalle e seguirono il loro piccolo amico.

Sapete che cosa ordinò, al cartolaio, il nostro Gellindo?

– Mi potete dare dieci bloc notes

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grandi e diciamo venti pennarelli neri e rossi? Empedocle – chiese poi rivolto al vecchio spauracchio sordo come una campana, – tu sai scrivere, vero?

– Se voglio vivere? Almeno fino al centocinquant’anni, cari miei! – rispose il vecchietto.

– Ho chiesto se sai scrivere! – strillò Gellindo stirandosi le corde vocali.

– Uèè, che c’è da urlare a quel modo! Ho capito ho capito: certo che so scrivere…

– E allora d’ora in poi gli spaventa-passeri del Villaggio comunicheran-no con te scrivendo le domande col pennarello nero su questi cinque bloc notes e tu scrivendo le risposte col pennarello rosso su questi altri cinque bloc notes. Semplice, no?

Il sistema di Gellindo Ghiandedoro funzionò a dovere: la calma tornò a regnare sul Villaggio e il povero Empe-docle tornò ad essere connesso ai suoi amici.

“Empedocle, stai andando nell’orto?”

scrisse la mattina dopo Chiomadoro su un bloc notes.

“Certo, vado a zappare l’insalata…”scrisse per tutta risposta Empedocle sul suo bloc notes.

“Hai bisogno di una mano?”“Se vuoi venire ad aiutarmi,

procurati una pappa…”“Cos’è che devo procurarmi?

Una... pappa?”“È quel che ho detto… una pappa,

pi… a… pi… pi… a!”“Per far che cosa?”

“La pappa serve per pappare la terra dell’insalata, cara la mia Chiomadoro!”

– Ma forse volevi scrivere una “zap-pa”! – strillò a quel punto la povera spauracchia disperata.

Nel sentire l’urlo spazientito di Chiomadoro la vita del Villaggio si bloccò per alcuni istanti e poi…

“Ma certo” scrisse Empedocle con un sorrisetto furbo… “certo che volevo

scrivere “zappa”… era solo che avevo un po’ di nostalgia

delle vostre urla… Eh! Eh! Eh!”

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