Friedrich Nietzsche (1844 – 1900)

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VITA E OPERE

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Nietzsche e il suo tempo

• Si forma in un contesto dominato dal positivismo e dal socialismo al suo stadio iniziale, che Nietzsche considera in termini negativi, come segni della massificazione della società, della sua trasformazione in gregge – Il positivismo perché crede di individuare nel

sapere scientifico la risoluzione di tutti i mali

– Il socialismo perché costruisce una società di eguali

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L’ambiente familiare e la formazione

• Nato a Röcken (vicino a Lipsia, Weimar, Jena, Bonn… in Sassonia) nel 1844

• Il padre è un pastore protestante, lo inizia da piccolissimo alla lettura della Bibbia e dei testi sacri

• Dopo la morte del padre cresce in un ambiente tutto femminile (la sorella Elizabeth osteggerà il suo amore per la 21enne russa Lou Andreas-Salomé, che rifiuterà comunque la sua proposta di matrimonio)

• Dipolmatosi nel 1864 studia filologia classica a Bonn e Lipsia; il suo professore a Lipsia, il celebre latinista e filologo Ritschl, lo esalta come un genio e gli fa avere un incarico di docente di filologia classica a Basilea a soli 25 anni. Vi rimane dal 1869 al 1879 e qui conosce Wagner

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Gli anni dell’insegnamento e il crollo psichico

• Gli anni dell’insegnamento sono felici • Approfondisce l’analisi del mondo classico e compone La nascita della

tragedia dallo spirito della musica (1872), ma l’opera è accolta con ostilità • Nel 1879, anche per problemi di salute, si dimette dall’insegnamento e

inizia a girovagar tra Germania, Francia, Svizzera e Italia • La sua solitudine si acuisce. Anche Così parlò Zarathustra del 1883, oggi

considerata una delle più importanti opere filosofiche di tutti i tempi, non riscuote successo

• Il 3 gennaio 1889, avviene il crollo psichico: a Torino abbraccia un cavallo maltrattato dal vetturino, è la rivelazione della follia, la malattia che lo accompagnerà fino alla morte, salvo brevi sprazzi di lucidità

• Viene accudito a Weimar dalla madre e poi dalla sorella, fino alla morte (25 agosto 1900)

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Le fasi del pensiero nietzscheano

1. Scritti giovanili (periodo wagneriano-schopenhaueriano): La nascita della tragedia (1872), Considerazioni inattuali (1872-1876)

2. Periodo “illuministico” o “genealogico”: Umano, troppo umano (1878-1880); Aurora (1881); La gaia scienza (1882)

3. Scritti del “meriggio”: Così parlò Zarathustra (1883-1885)

4. Scritti del “tramonto”: Al di là del bene e del male (1886); Genealogia della morale (1887); Il caso Wagner, Crepuscolo degli idoli, L’Anticristo, Nietzsche contra Wagner (1888)

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QUESTIONI GENERALI

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La denuncia delle menzogne millenarie dell’umanità e l’ideale di un oltre-uomo

• Distruzione di miti e credenze che gli uomini hanno costruito per poter sopportare il caos della vita

• Messa in discussione del tipo di uomo prodotto dalla civiltà occidentale e delinea un nuovo modello di umanità: il super-uomo o oltre-uomo (Übermensch)

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Il carattere asistematico e multidimensionale del pensiero di Nietzsche

• Comunicazione filosofica non lineare e multiforme: aforisma, poesia in prosa, annuncio profetico, simboli, allegorie, parabole

• Pensiero antisistematico: il sistema nascondo un desiderio di «totalità», di comprensione totale, assoluta della realtà; ma tale pretesa è illusoria e destinata al fallimento

• «orizzonti aperti» e i discorsi multidimensionali, ovvero suscettibili di essere interpretati secondo una pluralità di significati

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IL PERIODO GIOVANILE Prima fase

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Il dionisiaco e l’apollineo La cultura greca come sintesi di apollineo e dionisiaco

La nascita della tragedia (1872) A differenza delle interpretazioni tradizionali che descrivono l’Ellade come mondo dell’equilibrio e dell’armonia… …all’origine della cultura greca ci sono due principi opposti

– l’apollineo: l’impulso a dare forma e misura alla realtà – Il dionisiaco: l’originario aspetto caotico e vitale dell’esistenza

• la vita ha un carattere originariamente dionisiaco: è caotica, tragica, assurda, senza senso l’apollineo rappresenta l’esigenza umana di reagire a questo caos, fornendogli una forma, nel tentativo di rendere più accettabile la vita

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Dioniso

• Inizialmente fu un Dio arcaico della vegetazione, in particolare legato alla linfa vitale che scorre nei vegetali, la linfa che si ritrae nel mondo ctonio durante i mesi invernali e che poi torna a scorrere vivida in quelli estivi, ed infatti gli erano cari tutti quei frutti ricchi di succo dolce, come l'uva, il melograno o il fico. Successivamente venne identificato in special modo come Dio del vino, dell'estasi e della liberazione dei sensi, quindi venne a rappresentare l'essenza del creato nel suo perenne e selvaggio fluire, lo spirito divino di una realtà smisurata, l'elemento primigenio del cosmo, l'irruzione spirituale della zoé greca, ossia l'esistenza intesa in senso assoluto, il frenetico flusso di vita che tutto pervade. Questo dio rappresenta in particolare lo stato di natura dell'uomo, la sua parte animale, selvaggia, istintiva, che resta presente anche nell'uomo più civilizzato, come una parte originaria insopprimibile, che può emergere ed esplodere in maniera violenta se viene repressa anziché compresa ed incanalata correttamente.

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Il dionisiaco e l’apollineo La nascita della tragedia

• La nascita della tragedia è da collegarsi con i canti corali in onore di Dioniso, recitati nelle processioni dai seguaci vestiti da satiri (si concedevano sfrenatezze e si abbandonavano agli istinti)

• Successivamente i poeti vi aggiunsero elementi formali-razionali: la vicenda, i dialoghi, allo scopo di rappresentare l’originaria esperienza del caos attraverso un principio di ordine e armonia

• La vita, infatti, per sua natura è dominata da un fondo oscuro e terribile che l’arte ha la funzione di sublimare. Ciò che per sua natura è insopportabile, il tragico dell’esistenza, attraverso la messa in scena diventa sopportabile

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Il dionisiaco e l’apollineo Le fasi della cultura greca

1. In un primo tempo, apollineo e dionisiaco vivevano separati 2. V secolo a.C., tragedia attica (Sofocle, Eschilo), i due impulsi si

armonizzano 3. Prevale l’apollineo, già con Euripide (ruolo preponderante dei

dialoghi rispetto alla musica, sviluppo razionale della trama), ma soprattutto con Socrate e la nascita della filosofia (spiegazioni razionali e rassicuranti, esalta il concetto e reprime ciò che è vitale, la passione e gli istinti). Da Socrate in poi l’Occidente tenderà a concepire la realtà come dotata di ordine e razionalità, che all’uomo, in quanto essere razionale, spetta di disvelare. Il mondo, tuttavia, è così ridotto ai suoi soli aspetti logici, gli unici che la ragione filosofica può far emergere, tralasciando tutti gli aspetti irrazionali, caotici, instabili, che sono la forza più profonda e originaria della realtà.

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Il dionisiaco e l’apollineo Il ritorno ai greci. La musica. Wagner

• Il processo di decadenza della civiltà occidentale può essere arrestato solo ritornando agli antichi greci e facendo rinascere l’ideale della cultura tragica incentrata sull’arte, e in particolare sulla musica, di cui Wagner è il più alto rappresentante (le sue grandi opere tragiche, come il ciclo dell’Anello del Nibelungo, sono in grado di far emergere la forza vitale dionisiaca, esse sono cariche di passione e energia e sembrano evocare qualcosa di profondo e primordiale)

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La concezione della storia Contro lo storicismo. Oblio e futuro

• La seconda delle quattro Considerazioni inattuali (1873-1876), intitolata Sull’utilità e il danno della storia per la vita (1874)

• La civiltà occidentale si caratterizza per un eccesso di storia, che indebolisce le capacità creative degli uomini. Riduce gli uomini a semplici imitatori del passato (coscienza epigonale, epigono significa imitatore).

• Lo storicismo, al pari del positivismo, favorisce l’idolatria del fatto. • È indispensabile una certa dose di oblio, senza il quale non si può

essere in grado di fare qualcosa di nuovo nel presente e di progettare il futuro. Ciò non significa che la storia e la memoria siano sempre e comunque negative. Ci sono tre modi di concepire la storia, ognuno presenta vantaggi e svantaggi

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La storia monumentale

• La storia monumentale, ci fa conoscere i grandi uomini del passato e le loro azioni gloriose, fornendoci esempi e modelli di comportamento.

• Questa funzione della storia è utile soprattutto a quanti svolgono funzioni di prestigio e hanno bisogni di maestri a cui ispirarsi.

• Il rischio di questa storiografia è la mitizzazione del passato, facendoci vedere solo ciò che è bello e giusto e cancellando invece gli accadimenti drammatici o nefasti.

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La storia antiquaria

• La storia antiquaria, è seguita da chi nei confronti del passato nutre un vero e proprio sentimento d’amore e quasi di nostalgia e si riconosce erede della tradizione.

• Questa funzione è utile per custodire il passato e farne tesoro…

• … ma può anche degenerare in una “cieca furia collezionistica” e nella tendenza a “mummificare la vita”, rendendo difficile il cambiamento della società.

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La storia critica

• La storia critica, è propria di chi intende porsi di fronte al passato in termini critici, cercando di individuarne non solo gli aspetti positivi, ma anche quelli negativi.

• Questa è la funzione maggiormente utile per la vita perché ci aiuta a liberarci dal peso del passato e ci spinge a ricostruirci daccapo e liberamente.

• Anche in questo caso tuttavia vi è un rischio, quello di presumere di poter fare del tutto a meno del passato, di cui, invece, comunque siamo il risultato.

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IL PERIODO ILLUMINISTICO Seconda fase

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Il metodo genealogico

• Umano, troppo umano (1878-1880); Aurora (1881)

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Il ripudio di Wagner e Schopenhauer. Dalla cultura tragica alla scienza.

• Ripudio di Wagner (eccessivo spirito religioso, antisemitismo, cercare in modo esasperato la redenzione dell’uomo, la musica come mezzo per arrivare a qualcosa di superiore) e Schopenhauer (ascesi, negazione dei tratti vitali), considerati ora come emblemi della decadenza moderna

• Di fronte a questa decadenza, la soluzione non è, come aveva pensato in precedenza, il ritorno alla cultura tragica dei Greci. Anzi, il nichilismo della cultura europea non va arrestato, bensì assecondato, in modo da favorirne al più presto il compimento

• Questo obiettivo può essere perseguito solo dal filosofo educato agli ideali della scienza. Per scienza è da intendersi non tanto un insieme di contenuti particolari, quanto un metodo di indagine: sottoporre la cultura a critica radicale e smascherare le false credenze e quindi emancipare gli uomini dagli errori che gravano sulle loro menti

• Simbolicamente il “leone”, che “morde” e “lacera”. Mentre l’uomo che vive ancora legato alle regole dettate dalla tradizione di cui si porta dietro il peso è simboleggiato dal “cammello”.

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Il metodo critico e storico-genealogico

• Metodo scientifico = metodo critico e storico-genealogico. – Critico, in quanto ogni cosa – conoscenze, credenze, valori –

viene sottoposta alla regola del “sospetto”; – storico-genealogico, in quanto si va a ricercare la vera origine

(genealogia) di quei valori che tutti reputano eterni e divini, mostrando come in realtà essi abbiano un fondamento umano e siano il prodotto di un determinato contesto storico.

• Dietro l’assolutezza dei valori si celano sempre, secondo Nietzsche, motivazioni e interessi umani (anzi troppo umani). Più avanti, nella Genealogia della morale, parlerà di una “chimica delle idee e dei sentimenti”, alludendo con ciò al metodo di mostrare come cose “nobili” come i valori, siano in realtà niente altro che “composti” di cose “vili”, come i bisogni e gli interessi degli uomini.

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La filosofia del mattino

• “filosofia del mattino” = quella filosofia che consente di liberare gli uomini dalle tenebre del passato (smaschera le credenze).

• Mostrare la natura illusoria della metafisica, della religione, della morale e ha come presupposto l’idea che ogni uomo (“viandante” della vita), è chiamato a creare la propria esistenza momento per momento senza certezze precostituite.

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La morte di Dio (la fine delle illusioni metafisiche)

• La gaia scienza (1882) • “Il carattere complessivo del mondo è caos”. • Le grandi teorie del passato – dalla metafisica alla religione, dalla morale alla scienza - hanno

cercato di mostrare l’esistenza di un ordine nella realtà, che tuttavia non esiste. Esse hanno quindi svolto un funzione consolatoria e rassicurante, ma non sono altro che favole, costruite dagli uomini perché hanno preferito illudersi piuttosto che sopportare l’idea di un modo irrazionale e privo di senso.

• A partire da Socrate, dice Nietzsche, gli uomini hanno perso il coraggio dell’eroe tragico e non sono più riusciti a sopportare “lo sguardo dell’orrido” che rappresenta il vero volto dell’essere, per questo hanno elaborato “diverse forme di menzogna”, che dipingono l’immagine, falsa, di un cosmo ordinato e razionale, per evitare il pensare tragico, ma vero, di vivere in un universo che “danza sui piedi del caso”.

• L’immagine di un cosmo ordinato non è altro che una costruzione mentale: “C’è un solo mondo ed è falso, crudele, contraddittorio, corruttore, senza senso… La metafisica, la morale, la religione, la scienza vengono prese in considerazione solo come diverse forme di menzogna”, che gli uomini hanno prodotto per convincere se stessi e i loro figli che il mondo è qualcosa di logico, prevedibile e provvidenziale (“la vita deve ispirare fiducia”. “L’amore, l’entusiasmo, Dio… tutte finezze di un estremo inganno di sé, tutte seduzioni che spingono a vivere!”).

• L’idea di un mondo vero dietro quello apparente e concreto nasce con Platone • Di tutte le menzogne, quella di Dio è la più antica (“la nostra più lunga menzogna”). All’origine

dell’idea di Dio c’è la paura dell’uomo di fronte al natura tragica dell’esistenza (confronta questa posizione con quella di Marx e Feuerbach).

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L’annuncio dell’uomo folle

• Gaia scienza: l’uomo folle, il filosofo-profeta, annuncio la morte di Dio. • Dio = fondamento dell’assolutezza di ogni valore e dell’ordine razionale del mondo, è morto. • Gli uomini del mercato che ascoltano l’annuncio ne ridono, non si rendono conto che sono proprio

loro ad aver ucciso Dio. Essi, rappresentano simbolicamente gli intellettuali dell’Ottocento, i quali non sono ancora in grado di accettare fino in fondo le conseguenze della cultura moderna che essi hanno costruito, una cultura che intende fare a meno del fondamento religioso e metafisico.

• Ma l’uccisione di Dio ha delle conseguenze ben più grandi di quello che gli uomini pensano, è un evento così grande che può essere rappresentato solo da immagini paradossali, come bere tutto il mare, cancellare l’orizzonte, dissolvere il sole. La gravità consiste nel fatto che con Dio sono morti tutti i punti di riferimento stabili, tutti i valori tradizionalmente accettati perdono il loro fondamento. Con Dio viene meno la possibilità di una verità assoluta.

• Simbolicamente, è come precipitare nello spazio vuoto, dove mancano l’alto e il basso. Le ripercussioni psicologiche sono il senso di “vertigine” e lo “smarrimento”. Per vincere questa vertigine bisogna che gli uomini si facciano dei (cioè creatori essi stessi, simbolicamente: dare un senso al mondo a partire da sé; costruire significati propri senza accettare quelli già precostituiti), che diventino degli “oltreuomo”. Il racconto del folle si conclude con la constatazione di essere in anticipo sui tempi: “Questo enorme avvenimento è ancora per strada e sta facendo il suo cammino”.

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IL PERIODO DI ZARATHUSTRA

Terza fase

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Così parlò Zarathustra

• Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno (1883-1885) • L’opera più nota di Nietzsche • Stile letterario singolare: “poesia pensante” o “pensiero poetante”, ricco di

immagini e parabole e carico di un tono profetico. • Lo Zarathustra del titolo fa riferimento al profeta persiano (Zarathustra o

Zoroastro) che, vissuto tra il 1000 e il 600 a.C., fondò la religione dello “zoroastrismo”. Per Nietzsche egli è stato il primo a tradurre la morale in termini metafisici (a fondare la morale su valori assoluti, eterni, trascendenti, divini) e anche il primo ad accorgersi dell’errore della morale.

• Il progetto dell’opera è contenuto nell’annuncio della discesa che si trova nel suo incipit. A trent’anni (N.B. l’età in cui Gesù comincia il proprio insegnamento) Zarathustra “…si ritira ancora per dieci anni in montagna, nella solitudine, e giunto così vicino all’essenza di tutte le cose, comincia il suo “tramonto”, la sua discesa tra gli uomini, per portar loro l’insegnamento, che prima annuncia sul mercato e poi ai singoli…”.

• I temi di base dell’opera sono tre: il superuomo, l’eterno ritorno, la volontà di potenza.

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Le tre metamorfosi dello spirito

• Nel primo discorso Zarathustra narra delle tre metamorfosi dello spirito. Lo spirito diventa cammello, il cammello leone, il leone fanciullo: – Il cammello rappresenta l’uomo che porta i pesi della

tradizione – Il leone rappresenta l’uomo che si libera dai fardelli

della metafisica e dell’etica (libertà “da”, ma non ancora libertà “di”)

– Il fanciullo rappresenta l’oltreuomo, cioè quella creatura non risentita, di carattere dionisiaco, che sa dire sì alla vita e inventare se stessa al di là del bene e del male (spirito libero)

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Il superuomo

• Il superuomo è colui che è in grado di: – Accettare la dimensione tragica (dionisiaca) dell’esistenza – Dire sì alla vita: rimanere fedeli alla terra, ovvero ai valori

del corpo, inteso non più come prigione o tomba dell’anima ma reale modo di essere dell’uomo nel mondo

– Reggere la morte di Dio e la perdita delle certezze assolute

– Far propria la prospettiva dell’eterno ritorno – Emanciparsi dalla morale del cristianesimo – Porsi come volontà di potenza – Superare il nichilismo – Affermarsi come attività interpretante e prospettica

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L’eterno ritorno

• La teoria dell’eterno ritorno dell’uguale, ovvero l’idea che ogni cosa e tutte le vicende del mondo si ripetono eternamente, è presentata da Nietzsche come “il più abissale dei miei pensieri”.

• In una pagina della sua autobiografia (Ecce homo) Nietzsche racconta di essere stato “folgorato” da questa idea durante una passeggiata in montagna, a Sils Maria, in Alta Engadina, un giorno dell’agosto 1881.

• La prima formulazione si trova nell’aforisma 341 della Gaia scienza: • “Questa vita, come tu ora la vivi e l’hai vissuta, dovrai viverla ancora una volta e

ancora innumerevoli volte, e non ci sarà in essa mai niente di nuovo, ma ogni dolore e ogni piacere e ogni pensiero e sospiro, e ogni indicibilmente piccola e grande cosa della tua vita dovrà fare ritorno, e tutte nella stessa sequenza e successione - e così pure questo ragno e questo lume di luna tra i rami e così pure questo attimo e io stesso. L’eterna clessidra dell’esistenza viene sempre di nuovo capovolta e tu con essa, granello della polvere!”

• Di fronte alla prospettiva dell’eterno ritorno si possono avere due reazioni: 1) il terrore, tipica dell’uomo; 2) l’accettazione entusiastica, tipica del superuomo.

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L’eterno ritorno

• La formulazione più rappresentativa della teoria dell’eterno ritorno si trova in Così parlò Zarathustra, nel discorso intitolato “la visione e l’enigma”, in cui descrive la “visione del più solitario tra gli uomini”.

• Zarathustra narra di una salita su un impervio sentiero di montagna (simbolo del faticoso innalzarsi del pensiero), durante la quale egli, con il nano che lo segue, giunge di fronte a una porta carraia sulla quale è scritta la parola “attimo” (il presente) e dinnanzi alla quale si uniscono due sentieri che “nessuno ha mai percorso sino alla fine”, in quanto si perdono nell’eternità. Uno di essi porta all’indietro (il passato) e l’altro porta in avanti (il futuro). Zarathustra chiede al nano se le due vie siano destinate a contraddirsi in eterno; la risposta del nano è “Tutte le cose diritte mentono… Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo”; Zarathustra conclude: “non dobbiamo tutti esserci stati un’altra volta?... non dobbiamo ritornare in eterno?”.

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L’eterno ritorno

• A questo punto la scena si trasforma e c’è una visione nella visione: • “Vidi un giovane pastore rotolarsi, soffocato, convulso, stravolto in viso,

cui un greve serpente nero penzolava dalla bocca. [...] La mia mano tirò con forza il serpente, tirava e tirava invano! Non riusciva a strappare il serpente dalle fauci. Allora un grido mi sfuggì dalla bocca: "Mordi! Mordi! Staccagli il capo! Mordi!", così gridò da dentro di me: il mio orrore, il mio odio, il mio schifo, la mia pietà, tutto quanto in me buono o cattivo gridava da dentro di me, fuso in un sol grido. [...] Il pastore, poi, morse così come gli consigliava il mio grido: e morse bene! Lontano da sé sputò la testa del serpente; e balzò in piedi. Non più pastore, non più uomo, un trasformato, un circonfuso di luce, che rideva! Mai prima al mondo aveva riso un uomo, come lui rise!" ».

• Questa scena simbolicamente complessa sta ad indicare il fatto che l’uomo può trasformarsi in creatura superiore e ridente (il superuomo) solo a patto di vincere la ripugnanza soffocante del pensiero dell’eterno ritorno (il serpente, emblema del circolo) e di prendere una decisione coraggiosa nei suoi confronti (il morso alla testa del serpente).

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L’eterno ritorno

• Recupera la visione ciclica del tempo tipica della Grecia presocratica, opposta a quella rettilinea di tipo cristiano-moderno.

• Si rifiuta l’idea che ogni momento ha senso solo in funzione degli altri, come se ogni attimo fosse un figlio che divora il padre (struttura edipica del tempo) ed è destinato a sua volta a essere divorato dal proprio figlio. Nella concezione lineare del tempo è impossibile essere felici nell’esistenza, poiché nessun momento ha in sé un significato autosufficiente.

• Credere nell’eterno ritorno invece significa: – Ritenere che il senso dell’essere non stia fuori dell’essere, in un oltre

irraggiungibile, ma nell’essere stesso – Disporsi a vivere la vita, e ogni attimo di essa, come coincidenza di

essere e di senso.

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La volontà di potenza Volontà di potenza come autoaffermazione

• Frammenti postumi • “Questo mondo è volontà di potenza”, la volontà di

potenza si identifica con la vita stessa, intesa come forza espansiva e autosuperantesi.

• La molla fondamentale della vita non sono gli impulsi autoconservativi, né la ricerca del piacere, ma la spinta ad autoaffermarsi (volontà di superare continuamente se stessi, di crescer di espandersi attraverso un atto di libera creazione).

• Übermensch = continuo superamento di sé, autopotenziamento, autocreazione, libera produzione di sé al di là di ogni piano prestabilito.

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Volontà di potenza come creatività

• L’arte, intesa come forza creatrice, è la suprema forma di vita. Il mondo è “un’opera d’arte che genera se stessa”. L’artista è la “prima visibile figura dell’oltreuomo”. Inizialmente Nietzsche aveva esaltato l’arte. Nella fase illuministica ne aveva denunciato i limiti (e aveva esaltato il metodo genealogico-scientifico). Nell’ultimo periodo torna a rivalutarla.

• La volontà di potenza come creatività pone “i valori delle cose, crea un senso alle cose, un senso umano”.

• La volontà di potenza ha un’essenza ermeneutica o interpretativa, è “la forza con cui nel corso della storia gli uomini progettano e instaurano valutazioni e interpretazioni”, per dare un senso all’insensatezza caotica del mondo.

• La volontà di potenza ha un carattere creativo e redentore rispetto al tempo, in quanto il superuomo si libera dal peso del passato, il macigno del “così fu” si scioglie nel “così volli che fosse” (amor fati, di matrice stoica)

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Volontà di potenza e dominio

• Questa accezione, anche se non è la principale, è pur presente in diversi passi, non solo nei frammenti postumi, ma anche nei testi approvati per la stampa:

• “La vita è essenzialmente appropriazione, offesa, sopraffazione di tutto quanto è estraneo e più debole, oppressione, durezza, imposizione di forme proprie” (Al di là del bene e del male)

• “La lotta per l’uguaglianza dei diritti è già un sintomo di malattia” (Ecce homo)

• Nel concetto nietzscheano di volontà di potenza albergano aspetti antidemocratici e antiegualitari, che fanno parte della componente reazionaria del suo pensiero, che spinge Nietzsche a individuare il soggetto della volontà di potenza non in un’umanità democratica vivente in modo libero e creativo, ma in una specie di aristocrazia di “spiriti dominatori e cesarei”.

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SCRITTI DEL TRAMONTO Quarta fase

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La critica della morale e la trasvalutazione dei valori

• Genealogia della morale (1887); Al di là del bene e del male (1886) • La morale secondo Nietzsche è stata sempre considerata come un

fatto. È mancato il problema della morale. Il primo passo da compiere è di mettere in discussione la morale stessa (Genealogia della morale).

• Nietzsche intraprende un’analisi genealogica della morale, al fine di scoprirne la genesi psicologica effettiva. Egli ritiene che i pretesi valori della morale siano nient’altro che una proiezione di determinate tendenze umane, che il filosofo ha il compito di svelare (Genesi sociale dei comportamenti etici).

• La morale non è altro che una maschera, dietro cui l’uomo europeo ha sempre nascosto la sua autentica natura. Come copre, con gli indumenti, il corpo, l’uomo, sotto l’abito morale, nasconde la propria debolezza e mediocrità.

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La critica della morale e la trasvalutazione dei valori

• La morale serve a un gruppo di uomini per soggiogare gli altri: agli uomini forti per sottomettere i deboli (cfr Marx), ma anche ai deboli per sottomettere i forti.

• La morale cristiana, infatti, è prodotta dall’istinto di vendetta degli uomini inferiori, per invidia nei confronti degli spiriti liberi e grandi; per questo produce e diffonde una tavola dei valori in cui al centro ci sono la passività e la rassegnazione, cercando di trasformare in alti ideali morali quelli che invece sono soltanto tratti di debolezza e fragilità. La morale nasce dalla gran massa degli uomini deboli (il gregge), che con i suoi precetti vuole sottomettere i pochi uomini superiori, uniformando tutti a un livello mediocre.

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La critica della morale e la trasvalutazione dei valori

• Critica l’ascetismo religioso, ovvero la morale di colui che rinuncia a se stesso.

• L’asceta è colui che essendo debole vuole combattere le energie e le forze vitali possedute da alcuni uomini superiori, allo scopo di affermare se stesso. “Ha da difenderlo questo suo gregge, ma contro chi? Contro i sani”.

• Questa morale è quella degli schiavi. Essa predica l’umiltà, la fratellanza, la democrazia e l’egualitarismo. È la morale del risentimento, prodotta da uomini mediocri, incapaci e repressi, sopraffatti dall’invidia: non potendo essere eroici, si rivalgono imponendo a tutti i propri meschini principi, ossia povertà, obbedienza, ascetismo, negazione della sessualità e sacrificio della gioia di vivere. La società contemporanea è conformista e omologata.

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La critica della morale e la trasvalutazione dei valori

• Contrapposta alla morale degli schiavi Nietzsche individua la morale dei signori, tipica del mondo classico, espressione di un’aristocrazia che esaltava i valori della forza, della salute, della gioia, della fierezza.

• Questa morale è stata cancellata dall’avvento della religione ebraico-cristiana, che al guerriero, che amava le virtù del corpo, sostituisce la figura del sacerdote, che ama lo spirito.

• Così la morale del coraggio e dell’orgoglio è stata destituita da quella dell’umiltà e dell’obbedienza; la morale del corpo e della sensualità da quella dello spirito e della castità.

• Buono = “nobile e forte” è diventato buono = “umile, povero, infelice, sofferente”.

• Questi ideali si sono trasmessi attraverso il cristianesimo ai Romani e a tutto l’Occidente. Il cristianesimo ha imposto il senso della colpa e del peccato, ha creato una massa di persone risentite e represse, che proprio per la loro profonda frustrazione si sono rivelate spesso dispotiche e aggressive.

• L’invettiva di Nietzsche non è rivolta contro la figura di Cristo (santo anarchico), ma contro la Chiesa e i suoi rappresentanti.

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La critica della morale e la trasvalutazione dei valori

• Da ciò la proposta Nietzsche di una trasmutazione o inversione dei valori: contrapporre ai valori anti-vitali della morale tradizionale una nuova tavola di valori a misura d’uomo e del suo carattere mondano. L’esistenza dell’uomo è interamente terrestre: l’uomo è nato per vivere sulla terra e non c’è altro mondo per lui. L’uomo è sostanzialmente corpo

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Il problema del nichilismo e del suo superamento

• Prima accezione di nichilismo = atteggiamento di fuga e disgusto nei confronti del mondo (platonismo e cristianesimo).

• Seconda accezione = la specifica situazione dell’uomo moderno che, non credendo più in un senso o scopo metafisico finisce per avvertire lo sgomento del vuoto e del nulla

• L’uomo dapprima si è immaginato dei fini assoluti e delle realtà trascendenti (il mondo vero) e in seguito, avendo scoperto che tali fini non esistono e che l’essere non è né “uno” (ciooè una totalità razionale ed ordinata) né “vero” (non esiste un’unica verità) né “buono” (la realtà non si conforma alle nostra aspettative etiche), è piombato nell’angoscia nichilista (nichilismo come stato psicologico).

• L’equivoco del nichilismo moderno porta a ritenere che il mondo, non avendo più significati forti (metafisici) non ha un senso. In realtà i significati, secondo Nietzsche, pur non essendo assoluti esistono come prodotti della volontà di potenza, che affrontando il caos dell’essere impone ad esso i propri fini: la coscienza sostituisce l’autorità.

• Nietzsche in quanto nichilista radicale supera il nichilismo stesso. Il nichilismo è uno stadio intermedio, un no alla vita che prepara il grande sì ad essa, attraverso la volontà di potenza (= libera istituzione di significati): “DARE UN SENSO… posto che nessun senso vi sia già”.

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Il prospettivismo

• Non esistono cose o fatti, ma solo interpretazioni di cose o fatti. “Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni: <<ci sono soltanto fatti>>, direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare nessun fatto in sé”.

• Il mondo non ha un senso, ma innumerevoli sensi, interpretazioni, angoli prospettici diversi.

• Ma anche il soggetto risulta una costruzione interpretativa (il cogito è semplicemente una “formulazione della nostra abitudine grammaticale, che fa corrispondere a un fare uno che fa”).

• Il prospettivismo nietzscheano e il criticismo kantiano presentano una differenza: per Kant la realtà è fenomenica, ma intersoggettiva e scientificamente conoscibile, quindi anche oggettiva, in quanto le forme a priori sono trascendentali (appartengono a tutte le menti), per Nietzsche esistono molteplici e mutevoli punti di vista sul mondo

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Il prospettivismo

• Gli oggetti della scienza non sono entità già esistenti, ma oggetti la cui configurazione cambia con il mutare del contesto teorico (es. per un aristotelico la Terra è un pianeta immobile, per un copernicano invece esistono i moti di rivoluzione). L’interpretazione scientifica non si limita a “decodificare” la struttura della realtà, ma la “crea”.

• All’immagine del filosofo “sacerdote della conoscenza”, Nietzsche accosta, almeno nel periodo illuministico, quella della scienza come creatività: il rigore delle sue formulazioni non esclude, anzi presuppone, un atteggiamento di grande libertà nei confronti delle costruzioni sistematiche del passato.

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Il prospettivismo

• Nietzsche critica anche la crescente specializzazione e la visione atomizzata del mondo. La scienza finisce per non offrire più una visione complessiva del mondo e della realtà. Critica inoltre il principio di causalità (sulla scorta di Hume).

• Problema della scelta. Prospettivismo non significa che tutte le interpretazioni siano equivalenti. Il criterio di scelta risiede nella vita stessa, cioè nella salute e nella forza, nella volontà di potenza.