Health Online - 15

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IL PERIODICO DI INFORMAZIONE SULLA SANITÀ INTEGRATIVA settembre/ottobre 2016 - N°15 EDUCAZIONE SESSUALE MALATTIE RARE CURIOSITÀ BENESSERE IN EVIDENZA Come affrontare con serenità l’avanzare degli anni A che età è opportuno iniziare a parlarne? Epidermolisi Bollosa: la vita dei bambini farfalla Lo stretto legame tra Salute ed Emozioni TUMORE AL SENO: DALL’UNIVERSITÀ DI CHICAGO ARRIVANO I RISULTATI DI UNA NUOVA RICERCA SECONDO CUI L’OPEINA, CONTENUTA NEL LUPPOLO, DIMINUIREBBE IL RISCHIO DI AMMALARSI

Transcript of Health Online - 15

Il perIodIco dI InformazIone sulla sanItà IntegratIva

HEALTHsettembre/ottobre 2016 - n°15

educazIone sessuale

malattIe rare

curIosItà

benessere

In evIdenza

Come affrontare con serenità l’avanzare

degli anni

A che età è opportuno iniziare

a parlarne?

Epidermolisi Bollosa: la vita dei bambini

farfalla

Lo stretto legame tra Salute ed Emozioni

tumore al seno: dall’unIversItà dI chIcago arrIvano I rIsultatI dI una nuova rIcerca secondo cuI l’opeIna, contenuta nel luppolo, dImInuIrebbe Il rIschIo dI ammalarsI

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ITALIA

health onlIne

perIodIco bImestrale dI InformazIone sulla sanItà

IntegratIva

anno 3° settembre/ottobre 2016 - n°15

dIrettore responsabIleIng. roberto anzanello

comItato dI redazIonealessandro brigato

mariachiara manopulonicoletta mele giulia riganelli

fabio vitale

redazIone e produzIonefabio vitale

dIrezIone e proprIetàhealth Italia

via di santa cornelia, 900060 - formello (rm)

[email protected]

tutti i diritti sono riservati.nessuna parte può essere

riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. articoli, notizie e recensioni firmati o siglati

esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di

conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta.

IscrItto presso Il regIstro stampa del trIbunale dI tIvolIn. 2/2016 - diffusione telematican.3/2016 - diffusione cartacea

9 maggio 2016

ImpagInazIone e grafIcagiulia riganelli

tiratura 100.713 copie

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HEALTH

Il nostro paese è quello, tra tutti quelli dell’Unione Europea, che ha la più alta percentuale di cittadini over 65 anni (pari al 21,7% della popolazione) ed ha una delle più alte aspettative di vita media tra tutti gli stati del mondo (82,7 anni).

Queste informazioni ci gratificano in termini sociali e in relazione alla valutazione della qualità della vita ma pongono un problema sulla tenuta economica dello stato sociale, soprattutto per quanto riguarda gli aspetti previdenziali e sanitari.

Lo Stato italiano, sicuramente non per volontà politica né per scelta ma più semplicemente per un semplice fatto matematico, ha dovuto e dovrà sempre di più concentrare le politiche sociali, previdenziali e sanitarie sulla salvaguardia delle fasce più deboli della popolazione.

Le fasce meno deboli dovranno sicuramente ricorrere in modo diretto a soluzioni integrative che consentano di colmare il gap tra quanto è e sarà in grado di garantire il servizio pubblico e quanto necessita per la tutela reale e concreta di ognuno.

Già da oltre 25 anni il tema è stato affrontato in ambito previdenziale e, mano a mano che le modalità applicative vengono affinate con passaggi successivi sempre più coerenti, è facile intuire che si perverrà a soluzioni che consentiranno alle generazioni più avanti negli anni di salvaguardare almeno parte dei diritti acquisiti ed alle generazioni più giovani di costruirsi un futuro previdenziale più certo tramite l’ausilio degli strumenti integrativi messi loro a disposizione dalla legislazione.

In ambito sanitario il tema è oggetto di discussioni da circa quindici anni ed anche in questo campo le soluzioni integrative sono state correttamente individuate, fiscalmente agevolate e giuridicamente regolamentate.

Quello che ora e subito è necessario fare è rendere edotti tutti i cittadini e tutte le aziende sulla possibilità di sottoscrivere forme di sanità integrativa, in quanto l’argomento non è ancora cosi compenetrato nel tessuto sociale del nostro Paese come invece dovrebbe essere.

I Fondi Sanitari e le Società Generali di Mutuo Soccorso già da tempo offrono soluzioni di sanità integrativa e sostitutiva in grado di soddisfare le necessità dei dipendenti delle aziende, delle famiglie e dei singoli individui, con offerte evolute in termini di strumenti utilizzati e di modelli di gestione.

Le stime economiche ci dicono che nel 2016 le spese sanitarie che gli italiani pagheranno di tasca propria supereranno i 36 miliardi di euro, ma solo poco più di 2 miliardi di queste spese sono coperte tramite gli enti che sono stati istituzionalmente individuati quali gli unici abilitati a gestirle.

Fondi Sanitari e Società Generali di Mutuo Soccorso hanno tutte le caratteristiche sociali e societarie che servono, essendo enti fondati sul concetto della mutualità, operano in un sistema ben regolamentato, seguono modelli normativamente già pienamente definiti, garantiscono prestazioni di qualità, consentono a chi ne usufruisce, siano aziende o privati, di godere di opportune facilitazioni fiscali.

Ed ecco che allora possiamo con sicurezza sostenere che non c’è necessità di null’altro, non servono nuove norme, leggi, regole perché già esistono, è sufficiente spiegare bene a tutti i cittadini ed a tutti gli imprenditori quale è la strada già correttamente ed adeguatamente tracciata, affinché possano seguirla senza indugi.

Molti Fondi Sanitari e diverse Società Generali di Mutuo Soccorso già offrono percorsi dedicati alla prevenzione, utilizzano strumenti sanitari evoluti e device di ultima generazione, hanno sistemi integrati per fornire servizi di qualità ai propri associati ed alcuni enti si sono anche correttamente attrezzati per diffondere i propri servizi tramite esperti della salute, che garantiscono chiarezza informativa e competenza professionale.

È necessario che le grandi aziende (già molte sono sintonizzate sul tema) ma anche quelle più piccole, le famiglie e i singoli individui si rivolgano agli enti di sanità integrativa per garantirsi la copertura del proprio gap sanitario, affinché quei due miliardi di spesa sanitaria per i quali gli italiani già usufruiscono di prestazioni di sanità integrativa e sostitutiva diventino molti di più.

Perché questo significherà che Fondi Sanitari e Società Generali di Mutuo Soccorso, essendo enti senza scopo di lucro, potranno offrire servizi di prevenzione e prestazioni sanitarie sempre migliori, le aziende e le famiglie potranno garantirsi le proprie specifiche necessità sanitarie usufruendo di interessanti vantaggi fiscali, lo Stato potrà dedicare ancora di più le proprie risorse economiche a salvaguardare la salute delle fasce più deboli della popolazione.

Si creerà cosi, nuovamente, un circuito altamente virtuoso che consentirà al nostro Paese di avere un sistema di protezione sanitaria sempre all’avanguardia ed a tutti i cittadini di essere soddisfatti, nel rispetto del diritto alla salute di ciascuno, così come sancito dalla nostra Costituzione.

In conclusione, quindi, il nostro invito a tralasciare l’italico vezzo che ci porta a discutere anche ove le soluzioni sono di facile applicazione e di procedere con sicurezza sui percorsi disegnati per la sanità integrativa e sostitutiva, perché è una strada che già esiste, è una strada sicura e, soprattutto è una strada facilmente percorribile per chiunque lo voglia.

A cura di Roberto AnzanelloedItorIale

una strada esistente, sicura, facilmente percorribile

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Il MUSEo dEL MUtUo SoCCoRSo: la storia della MUtUALItà ItALIAnA

L’InvECChIAMEnto: come affrontarlo felici!

ChIRURGIA PLAStICA: il senso della bELLEzzA oGGI

Lo stretto legame tra SALUtE ed EMozIonI

tUMoRE AL SEno, prevenzione e dIAGnoSI PRECoCE

In evIdenza

21MALAttIE CRonIChE IntEStInALI, conviverci è possibile

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L’obeso è una PERSonA “dEnUtRItA”: un’analisi che va alle CAUSE dELL’obESItà

EPIdERMoLISI boLLoSA: la vita dei bambini farfalla

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39Imparare a conoscere la SCAFoCEFALIA

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ALCoL-AddICtIon: nuova scoperta contro l’alcolismo

LE RICEttEdELLA SALUtE

EdUCAzIonE SESSUALE: a che età è opportuno InIzIARE A PARLARnE?

LEGGE 3/2012 “SALvA SUICIdI”: la bella Sconosciuta

48Calo vaccini, in Italia arrivaLo SPEttRo dELLA dIFtERItE

hEALth tIpsSapevi che...

l’avena è un cereale nutritivo rinforzante; svolge un’azione antiaging, è un antinfiammatorio naturale, fa bene alla pelle grazie alla vitamina e e agli antiossidanti contenuti in essa e regolarizza l’intestino.

Il tarassaco è una pianta fortemente drenante e depurativa: l’assunzione sotto

forma di infuso, grazie all’aggiunta di acqua, ne amplifica le proprietà.

la zucca è un’ottima fonte di vitamine

e di sostanze antiossidanti. In modo particolare

la zucca fornisce al nostro organismo

il betacarotene, indispensabile per

la formazione della vitamina a.

per addormentarti velocemente coricati solo quando sei davvero stanco e ti si chiudono gli occhi, non addormentarti in poltrona o nel divano perché interrompono il sonno. Inoltre dì no a telefono, pc, luci forti, afa e tv, piuttosto prediligi la lettura di un libro. se niente di tutto questo funziona prova con la melatonina o la valeriana.

la polpa e i semi (anch’essi edibili) della papaya hanno proprietà drenanti e contribuiscono al mantenimento del benessere intestinale.

una pulizia attuata troppo energicamente con detergenti aggressivi, asciugamani, carta igienica, corpi estranei quali cotton fioc e simili, espone l’orecchio al pericolo di microabrasioni. le orecchie vanno quindi lavate solo con acqua tiepida.

ciò che occorre contro la cellulite è uno sport aerobico ma a basso-medio impatto, che implichi resistenza senza sforzi o scatti improvvisi. ancora meglio se praticato in acqua, come il nuoto e l’acquagym, che sfruttano i benefici del massaggio naturalmente drenante dell’acqua sui tessuti.

Il finocchio, oltre ad avere poche calorie,

è privo di grassi e ricco di fibre. Inoltre è un potente diuretico

e disintossicante che favorisce

l’eliminazione di liquidi e tossine.

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Lo stretto legame tra salute ed emozioni

a cura dipierfrancesco pergoli campanelli

Secondo la treccani, l’emotività è: “la propensione

maggiore o minore, a seconda degli individui, a reagire

visibilmente di fronte a situazioni piacevoli o spiacevoli”.

Secondo darwin, le emozioni principalmente regolano

la risposta non cognitiva e quasi del tutto priva di

elaborazione cosciente a situazioni ed eventi che ne

richiedano l’immediatezza. Secondo questa logica,

emozioni ed emotività nell’essere umano ci danno una

chiara mappatura del carattere personale di un soggetto.

non a caso, in molte professioni/attività in cui sia messa a

dura prova l’emotività di chi le esegue, viene effettuato

un test psicoattitudinale, proprio per testarne l’influenza sul

soggetto, che a seconda dei casi può essere producente

o meno, basti pensare ad un militare con un’arma in mano.

nei bambini ad esempio, emotività ed emozioni forniscono

una chiave di lettura del loro pensiero più profondo, di ciò

che li turba, di ciò che li fa sentire a loro agio o li rende

felici. Un blocco emotivo ed una difficoltà ad esprimere

le proprie emozioni possono essere segnale di patologie

psichiche più o meno gravi. basti pensare all’Alessitimia,

l’incapacità di esprimere, o peggio ancora percepire e

descrivere, le emozioni proprie e altrui; una patologia che

può portare al totale isolamento del soggetto interessato o

alla morbosa dipendenza da determinate relazioni, e che

spesso sfocia in forte depressione.

l’emotività è quindi un qualcosa di talmente forte che genera

obbligatoriamente un rapporto con la salute fisica. Sono dei

classici ormai gli studi di “cardio-psicologia” come l’Effetto

northridge; una ricerca effettuata a seguito del terremoto

di Los Angeles nel 1994, che dimostrava l’innalzamento

di mortalità per infarto in soggetti terrorizzati dall’evento

catastrofico. Secondo Michael Frenneaux invece, docente

di medicina cardiovascolare all’Università di birmingham,

la depressione raddoppierebbe il rischio di infarto in un

soggetto sano, mentre addirittura lo quadruplicherebbe

in soggetti già cardiologicamente interessati. Addirittura,

secondo uno studio della duke University, i fattori psichici

e sociali sarebbero influenti tanto quanto fumo, obesità ed

ipertensione, in eventi cardiologici.

Le tesi sono confermate anche a livello molecolare, infatti

in caso di depressione o più comunemente di emozioni

negative il corpo rilascia nel sangue alti livelli di “ormoni

dello stress”, come cortisolo ed epinefrina, che a lungo

andare danneggiano vene e arterie aumentando la

pressione sanguigna.

Sono conosciute anche le relazioni tra stress e disturbi

dermatologici; la pelle infatti è uno degli organi che già

di per sé esprime gli stati emotivi dell’uomo, ad esempio

arrossiamo se messi in imbarazzo. La dermatologia è però

una delle specializzazioni più complicate e variabili, oggetto

di continui aggiornamenti e studi anche contrastanti

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l’uno con l’altro. C’è quindi da dire che, ad esempio, la

cosiddetta “Dermatite da Stress” ha un significato spesso

differente da specialista a specialista. Certo è che molti

disturbi cutanei sono esternazioni di malesseri interiori

derivanti da emozioni negative.

Anche lo stomaco risente di stress ed emozioni negative, chi

di noi non si è mai sentito dire almeno una volta nella vita

“mi farai venire l’ulcera”. Ebbene, questa è una vecchia tesi

più volte screditata, anche se ultimamente dei ricercatori

statunitensi l’hanno riportata in auge affermando che,

di due soggetti con gli stessi fattori fisici che determinino

un’ulcera, quello colpito da uno stress maggiore ha una

lesione più estesa. Altri studi dimostrano invece l’esistenza

della “gastrite nervosa”, e cioè una irritazione delle

mucose dello stomaco conseguente alla non esternazione

di stati d’animo. I soggetti più colpiti sono infatti quelle

persone che tendono a “tenersi dentro” emozioni negative

come rabbia o ansia, spesso anche contraendo la zona

addominale e mostrando atteggiamenti remissivi.

La gastrite nervosa, è solo una delle tante patologie

cosiddette autoimmuni, e cioè non scatenate da fattori

esterni ma direttamente dal proprio corpo.

Parlando di longevità invece, l’Università di California

e San Francisco (UCSF) ha pubblicato diversi studi

sull’invecchiamento cellulare derivato da Stress,

dimostrando con analisi di laboratorio come i soggetti esposti

a continue emozioni negative abbiano un invecchiamento

neurobiologico precoce e comunque molto più rapido

rispetto ad un soggetto meno esposto. Studi simili certificano

che le stesse esposizioni aumentano il rischio di patologie

oncologiche, favorendo lo stress

ossidativo cellulare ed il rilascio

di radicali liberi, nonché, come

detto in precedenza, di ictus e

patologie cardiologiche.

“Siamo ciò che mangiamo”,

frase di Feuerbach, ripresa

anche dalla Fondazione veronesi

in merito alla tematica sulla

relazione tra dieta e cancro. Se

è infatti ormai chiaro e palese

che una dieta corretta è una

componente fondamentale ed

importantissima per la nostra

salute, lo potrebbe essere anche il nostro pensiero ed

emotività. di seguito riporto un paragrafo eloquente del

blog MEdICItALIA :

“Quando si ha un pensiero il nostro cervello produce

una sostanza chimica che viene definita neuropeptide;

quando una cellula del cervello vuole comunicare con

un’altra produce un neuropeptide che si attacca alla

cellula ricevente e viene inglobata in essa. Il nostro sistema

immunitario è composto da monoliti, cellule che hanno

recettori per i neuropeptidi, questo significa che il nostro

sistema immunitario intercetta i nostri pensieri, e molto

spesso le cellule immunitarie producono neuropeptidi.

Quindi c’è una grande connessione tra il pensiero e la

salute, e possiamo dire che pensiamo con il corpo.”

Secondo quanto detto quindi, la qualità dei nostri pensieri

ha grande influenza sulla qualità di vita delle nostre cellule.

Effettivamente, tutti gli studi realizzati su popolazioni

particolarmente longeve, hanno come fattore comune la

positività del pensiero dei soggetti

esaminati. Luoghi come hunza

(regione del Pakistan) o l’isola di

okinawa, i cui abitanti oltre che

seguire per tradizione una corretta

alimentazione a basso contenuto

calorico, prevalentemente

a base di frutta e verdura di

stagione, ed essere attenti ad

un costante (ma non intensivo)

esercizio fisico, sono pervasi da

un aurea di felicità e positività;

bassissimo indice di criminalità,

ospedali quasi inesistenti o

comunque vuoti, assenza di manicomi e presenza quasi

nulla di polizia, sono altri elementi comuni in questi luoghi

così lontani e diversi culturalmente e geograficamente, ma

estremamente vicini concettualmente. vita sociale attiva,

curiosità e positività verso il prossimo ed il futuro, sono

tutti elementi naturali che garantiscono una buona salute

mentale e contribuiscono all’equilibro psicofisico.

hanno quindi ragione all’Università del Maryland nel dire

che 15 minuti al giorno di risate allungano la vita?

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a cura dinicoletta mele

L’espressione ‘Chirurgia plastica’ desta sempre molto

interesse soprattutto tra le donne, categoria molto

attratta dai ritocchi estetici. Seno, glutei, labbra, zigomi e

naso, sono le parti del corpo più gettonate per il ritocco.

Secondo un’indagine condotta dall’International Society

of Aesthetic Plastic Surgery (ISAPS), che ha coinvolto

circa 35.000 chirurghi plastici e ha analizzato i principali

trattamenti estetici realizzati nel 2015, l’Italia risulta essere

tra la top ten (nono posto con 418.760

interventi, l’1,9% del totale) dei paesi in

cui viene eseguito il maggior numero

di trattamenti estetici. Una persona su

10 viene dall’estero per farsi operare

nel bel Paese, in particolare dalla

Russia, Romania e Svizzera.

L’intervento al seno è quello più

richiesto. Il mondo dello showbiz è

pieno di donne che hanno fatto ricorso al chirurgo plastico

e ormai questo fenomeno in espansione è seguito anche

da chi non calca i palcoscenici più famosi del mondo. tra

le 10 rifatte più famose del web c’è Lana del Rey, cantante

indie che ha voluto migliorare il profilo delle sue labbra

grazie all’aiuto del bisturi. Pamela Anderson, continua a

conquistare le copertine dei magazine internazionali dove

è sempre visibile il suo continuo ricorso al chirurgo plastico.

Anche Paris hilton, l’ereditiera della famiglia hilton, non

ha saputo resistere alla tentazione del bisturi, tanto da

sottoporsi ad intervento di rinoplastica per avere un naso

più proporzionale al suo viso e ad un intervento al seno per

aumentarlo di volume.

C’è chi non riesce proprio a fare a meno

della mano chirurgica per cambiare

aspetto tanto da diventarne dipendente.

È il caso di nicole Kidman che, alle prese

con le iniezioni di botulino per bloccare

le rughe sul viso, è dovuta ricorrere

ad una cura per disintossicarsi dalla

tossina botulinica. L’ex di Tom Cruise ha

dichiarato di essere riuscita a uscire dal

tunnel del botox ed essere finalmente

serena e consapevole della sua bellezza.

La consapevolezza della propria bellezza

è un concetto che oggi ha bisogno

di essere rispolverato, come anche

capire bene e modificare il cliché

che non rende merito al valore e alla

professionalità della chirurgia plastica. di cosa parliamo,

quindi, quando parliamo di chirurgia plastica? Che cosa

vuol dire “bellezza” oggi?

Questi sono stati i temi centrali discussi nel corso del 65esimo

Congresso Nazionale della Società Italiana di Chirurgia

Plastica Ricostruttiva ed Estetica - SICPRE - “Oltre l’idea

Plastica” che si è svolto a torino ed ha aperto le porte a

tutti coloro, anche non addetti ai

lavori, interessati all’argomento.

“Per la prima volta negli oltre 80

anni di storia della Società abbiamo

deciso di dare il via al congresso

con un incontro aperto a tutti. oltre

l’idea Plastica è stato concepito con

due scopi: da un lato contribuire a

modificare un cliché che davvero non

rende merito alla Specialità, dall’altro, fornire ai cittadini

una conoscenza in più, di fondamentale utilità dopo un

tumore, ma forse ancor di più dopo un trauma: come

l’esperienza del Cto ha ampiamente dimostrato, infatti,

solo l’intervento sinergico di ortopedici e chirurghi plastici

permette di salvare la funzionalità degli arti traumatizzati,

rendendo possibile tornare a camminare e correre dopo

incidenti anche gravissimi”. Le parole del dott. Fabrizio

Malan, ex presidente di SICPRE 2016 e Direttore del reparto

di Chirurgia Plastica presso il CTO Centro Traumatologico

di Torino.

dottor Malan, spesso alla parola chirurgia plastica

corrisponde la ricerca di una bellezza

perfetta, perché?

“Chirurgia plastica è ricerca del miglior

equilibrio possibile tra forma, funzione e

armonia, per il massimo benessere psico-

fisico del paziente. È una Specialità che si

arriva ad esercitare al termine di 5 anni di

scuola di Specializzazione dopo la laurea

in Medicina e Chirurgia e che accanto

a una grande capacità tecnica richiede

uguale tatto e finezza psicologica nella

relazione col paziente, nella promozione

di un’idea di bellezza non stereotipata

e replicabile secondo i soliti cliché, ma

piuttosto da intendersi come opera

unica, in grado di esaltare l’individualità

di ognuno”.

chirurgia plastica: il senso della bellezza oggi

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15

La chirurgia plastica svolge un ruolo fondamentale nel

risolvere problemi di chi non sta certamente facendo un lifting,

ma spesso lotta in un lungo percorso ricostruttivo allo scopo

di ritornare a camminare o di attenuare i segni di

un’esperienza terribile come quella di un tumore

Si fa spesso confusione tra chirurgia estetica e plastica.

Qual è la differenza?

“La chirurgia plastica “plasma” i tessuti e questo può

avvenire a scopo ricostruttivo o a scopo estetico. va da sé

che la chirurgia ricostruttiva ha lo scopo più nobile di ridare

forma e funzione dopo un intervento demolitivo, spesso

per motivi oncologici, o dopo un trauma importante.

tuttavia bisogna chiarire che la chirurgia estetica non è la

chirurgia del superfluo o della vanità. Può esserlo talvolta

ma, spesso, permette a persone che soffrono di complessi

legati al loro aspetto di acquisire sicurezza in se stesse

e ad assumere un atteggiamento diverso verso di sé e

quindi anche verso gli altri. Un brutto naso, delle orecchie

marcatamente a sventola, un seno quasi assente, possono

incidere negativamente sulla psiche di chi soffre per queste

situazioni, e conseguentemente limitarne le potenzialità

come persona”.

oggi c’è un abuso della chirurgia plastica, come nel caso

di molte donne del mondo dello spettacolo. In che modo

frenare la dipendenza da bisturi? Le è mai capitato di dire

di no ad una richiesta eccessiva?

“Le richieste eccessive o impercorribili sono in realtà

piuttosto rare fra le pazienti moderne che sono in genere

molto preparate ed informate (anche se non sempre le

informazioni che si ricavano in rete sono scientificamente

corrette), tuttavia in questi casi non mi limito a sconsigliare

l’intervento, ma cerco di capire quale sia il motivo di

richieste abnormi e di indirizzare verso un percorso di

riflessione che permetta di rimodulare le proprie aspettative

e i propri obiettivi”.

Si parla poco di chirurgia plastica come specialità post

trauma. In che modo, secondo lei, è possibile modificare il

cliché che non rende merito alla Specialità?

“Io capisco bene che la chirurgia estetica abbia un

appeal maggiore perchè tratta di persone in salute che

migliorano il loro aspetto eliminando difetti o esaltando

delle qualità. L’argomento è più leggero, qualche volta

pruriginoso e con uno spazio per il pettegolezzo, per cui

non pretendo di cambiare questa percezione un po’

superficiale. Come specialista in chirurgia plastica e per

tutto il tempo in cui sono stato Presidente della Società

Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica,

ho cercato di far passare il messaggio che non è “solo”

chirurgia estetica. La chirurgia plastica svolge un ruolo

fondamentale nel risolvere problemi molto gravi e chi è

ricoverato in un Reparto ospedaliero di Chirurgia Plastica

non sta certamente facendo un lifting, ma spesso lotta

in un lungo percorso ricostruttivo allo scopo di ritornare a

camminare o di attenuare i segni di un’esperienza terribile

come quella di un tumore”.

Quali sono i suoi consigli?

“Per tutti coloro che si rivolgono a un chirurgo plastico,

il consiglio è sempre quello di verificare che si tratti

realmente di uno specialista. In Italia esistono molti medici

che esercitano la chirurgia estetica senza essere specialisti.

bisogna ricordarsi che un intervento chirurgico, anche se

a scopo estetico, deve essere eseguito da professionisti

competenti in strutture adeguate. Purtroppo la Chirurgia

non è una scienza esatta e i rischi possono esserci anche

in interventi apparentemente banali, la scelta attenta del

professionista e della struttura in cui opera non azzera i

rischi, ma certamente li riduce di molto.

Infine, un consiglio che definirei più filosofico: ricordiamoci

che lo scopo della chirurgia plastica estetica non è quello

di stravolgere le caratteristiche di una persona, ma è quello

di aiutare le persone ad avere un aspetto il più possibile

corrispondente all’immagine che esse hanno di sé”.

La chirurgia plastica, quindi, non è solo una possibilità a

disposizione di vanesi e narcisi alla ricerca della perfetta

bellezza. non è come sembra.

L’allestimento museale è stato progettato per offrire al visitatore un quadro completo ed esaustivo sulla storia delle società di mutuo soccorso. Il percorso si apre con dei pannelli informativi che raccontano, in una sequenza cronologica, il fenomeno del mutualismo e continua con delle grandi teche espositive in cui è racchiusa una notevole varietà di materiale documentario, nonché un ragguardevole insieme di medaglie, spille, distintivi ed alcuni cimeli di notevole rarità, riconducibilli ad oltre duecentro tra enti e società di mutuo soccorso, con sedi in Italia e all’estero.

All’interno del museo è presente uno spazio multifunzionale nel

quale coesistono un archivio storico, una biblioteca e un centro

studi. Inoltre, è stato riservato uno spazio per ospitare ogni forma

d’arte: mostre, concerti di musica e rappresentazioni teatrali.

Previa prenotazione, ogni artista potrà esporre o esibirsi

gratuitamente all’interno dello spazio dedicato.

Il Museo del Mutuo Soccorso, nato dalla volontà di valorizzare la storia delle società di mutuo soccorso, si prefigge di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della mutualità. visitando il museo si ha la possibilità di conoscere da vicino le società di mutuo soccorso, le loro tradizioni e l’importanza sociale che hanno ricoperto nelle varie vicende storiche del nostro Paese.

La struttura accoglie i visitatori anche con visite guidate e per le scuole sono pensati percorsi e laboratori didattici tematici. Sono, inoltre, previste aperture straordinarie nelle quali sarà possibile visitare le mostre in corso, assistere agli spettacoli e partecipare ad eventi e attività didattiche

Apertura:dal lunedì al venerdì previa prenotazione

11.00 - 13.00 | 15.00 - 18.00 Ultimo ingresso 17.30 (ingresso libero)

Info e prenotazioni:+39 337 1590905

[email protected]

Indirizzo:Palasalute

via di Santa Cornelia, 900060 - Formello (RM)

17

a cura diredazione health online

tutti invecchiamo: i primi capelli bianchi, qualche ruga,

non riuscire più a fare le ore piccole “come una volta”,

sono tutti piccoli sintomi di un processo lunghissimo che ci

accompagna per buona parte della nostra vita.

L’invecchiamento è un processo caratterizzato da un

progressivo indebolimento delle capacità di difesa

dell’organismo nei confronti delle variazioni ambientali e

da una graduale perdita delle riserve funzionali.

Coinvolge tutti gli organi e tutti gli apparati, ma risulta

più evidente e più facilmente quantificabile a livello

cardiovascolare, renale e respiratorio. Il declino delle

funzioni fisiologiche inizia intorno ai 30 anni, con un

andamento lento e costante.

negli ultimi anni, grazie alla riduzione della mortalità

neonatale ed infantile, al diffuso miglioramento delle

condizioni di vita e alle maggiori possibilità di prevenire

e curare le malattie, sempre più persone raggiungono

un’età avanzata.

Poiché le cellule, come è stato dimostrato da esperimenti

in vitro, si riproducono un numero di volte direttamente

proporzionale alla sopravvivenza media della rispettiva

specie di appartenenza, si può ipotizzare che esista

una sorta di “orologio biologico”, in base al quale

invecchiamento e longevità sono programmati e definiti

sin dal momento della nostra nascita.

tutti gli studiosi sono concordi nel ritenere che

l’invecchiamento rappresenti una conseguenza

dell’accumulo di mutazioni nel dna dei mitocondri, le

centraline energetiche delle nostre cellule. L’attività

metabolica cellulare si esprime attraverso processi ossidativi

che, se eccessivi, possono portare un invecchiamento

precoce. In realtà senza ossigeno e conseguente

ossidazione non potrebbe esistere la vita come noi la

intendiamo; l’ossigeno è come un carburante e quindi il

suo utilizzo genera delle scorie definite “radicali liberi” (ROS

o RoMS). Senza produrre RoS non riusciremmo a produrre

energia, non si potrebbero svolgere reazioni metaboliche

essenziali e l’uomo sarebbe indifeso nei confronti delle

infezioni. La funzione ottimale dell’organismo vivente

è legata ad un equilibrio tra sostanze ossidanti ed

antiossidanti adeguatamente bilanciate fra loro. se

prevalgono i processi ossidativi, la cellula entra in una

condizione di stress in grado di portarla all’autodistruzione.

L’organismo cerca di controllare la produzione di radicali

liberi attraverso sistemi enzimatici specializzati, che si

l’invecchiamento: come affrontarlo felici!

17

18

avvalgono di un vasto gruppo di sostanze di varia natura

definite antiossidanti, come alcune vitamine (vitamina E,

vitamina C, vitamina A, ecc.), alcune sostanze lipidiche

come lo squalene, l’acido lipoico ed il coenzima Q10,

alcuni metalli quali il selenio e lo zinco, degli aminoacidi

come la taurina, o sostanze complesse come l’albumina e

la ceruloplasmina.

Alcuni di questi antiossidanti possono avere localizzazioni

miste, ovvero essere circolanti (es. vitamina C, vitamine

del gruppo B, bioflavonoidi) o all’interno delle cellule

(es. coenzima Q10) o ancora nelle membrane cellulari

(es. vitamina E, beta-carotene, vitamina A). La maggior

parte delle sostanze antiossidanti essenziali vengono

assunte dall’organismo

con l’alimentazione o in

minima parte prodotti

autonomamente.

Ma sulla durata della nostra

vita influiscono tantissimi

fattori: l’alimentazione,

l’attività fisica, le intossicazioni

croniche dovute al fumo,

all’alcol o all’uso di droghe, lo

stress e le malattie.

Invecchiando i parametri

vitali più importanti

non si modificano e i

loro valori nell’anziano

sono sostanzialmente

sovrapponibili a quelli di

una persona giovane. Le

modificazioni dell’organismo indotte dall’invecchiamento

sono normali e si realizzano in maniera graduale e

armonica: ci sono quindi tutte le condizioni per viverle in

maniera non traumatica.

Per saperne di più, abbiamo intervistato il dottor roberto

manopulo, gerontologo e geriatra presso la Casa di Cura

villa Maria di Rimini.

Quali sono i fattori che più di tutti influiscono sul nostro

modo di invecchiare?

La genetica svolge sicuramente un ruolo importante,

quindi essere figli di genitori longevi depone sicuramente in

modo favorevole. Peraltro, dipende solo da noi fare valere

l’opportunità che ci viene offerta, astenendoci dal fumo,

assumendo alcolici in quantità moderata, svolgendo una

attività fisica in maniera costante, seguendo una dieta

povera di grassi, ricca di fibre e che preveda anche una

assunzione controllata di proteine.

Il declino delle funzioni fisiologiche secondo i medici inizia

intorno ai 30 anni. Come mai così presto?

Il discorso è generale, legato

alle modificazioni intrinseche

delle cellule. Il nostro

organismo in base alle attuali

conoscenze è in linea teorica

programmato per vivere fino

a 120 anni. Saranno i nostri

stili di vita ad accelerare

o ritardare il processo a

seconda dei casi.

Perché nell’anziano i parametri

vitali non si modificano e sono

sovrapponibili a quelli di una

persona giovane? Come è

possibile?

Sono i parametri di riferimento delle funzioni essenziali,

che in un soggetto senza malattie in atto, si mantengono

sostanzialmente stabili. In realtà cambiamenti ve ne sono,

ma per alcuni apparati il nostro organismo ha meccanismi

di compenso in grado di mantenere l’omeostasi, cioè

l’equilibrio complessivo delle varie funzioni. basta pensare

al fatto che si può vivere anche con metà fegato, senza

avere conseguenze o senza la milza asportata ad esempio

per un trauma, o con un solo rene. La funzione renale

peraltro declina progressivamente nel tempo, anche se i

CARDEACASSA MUTUA

La forza di un sistema mutualistico è determinata dalla consapevolezza che la contribuzione di ogni singolo Socio produrrà un vantaggio comune a tutti, senza arricchire soggetti terzi che si limitano a calcolare il rischio e, di fatto, a scommettere sulla nostra salute, peraltro a fine di lucro.

Una mUtUa che tUtela, Una mUtUa che previene,Una mUtUa che Unisce!

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19

valori di creatininemia che la misurano si mantengono nel

range di normalità, per una riduzione delle masse muscolari

legate all’età. Le cellule del nostro cervello, i neuroni,

quando muoiono, non possono essere sostituite da nuove

e questo comporta un progressivo declino cognitivo

fisiologico. Gli stimoli affettivi e quelli della vita di relazione,

se intensi, contribuiranno a far sì che le funzioni delle cellule

morte possano essere in parte assunte da quelle superstiti,

limitando i danni.

Quali sono i rischi connessi ad una vita sedentaria?

In primo luogo l’aumento di peso, un più rapido

invecchiamento dell’apparato cardiovascolare, un

più facile incremento di valori di pressione arteriosa,

l’insorgenza di alterazioni metaboliche, come il diabete e

l’ipercolesterolemia.

L’attività fisica è molto importante. Ma purtroppo non tutti

dopo una giornata trascorsa in ufficio hanno tempo e

voglia di andare in palestra, o di dedicarsi

ad uno sport di squadra. C’è una soluzione?

basterebbe una camminata al giorno di 5

Km a passo veloce. oppure l’utilizzo a casa

di una cyclette per 20-30 minuti al giorno, o

15-20 minuti di ginnastica.

Perché l’alimentazione è tanto importante

se vogliamo “invecchiare bene?”

ormai tutti gli studi sono concordi

nel riconosce i vantaggi di una dieta

mediterranea, povera di grassi animali,

ricca di frutta e verdura, dosando in maniera

equilibrata zuccheri e proteine, anche in

rapporto al movimento svolto nella giornata. Per condire i

cibi deve essere utilizzato olio extravergine di oliva. Ci aiuta

a mantenere un peso corporeo ottimale e con una giusta

attività fisica allontana le malattie metaboliche.

Per l’organismo gli antiossidanti sono importantissimi. ormai

sempre più diffusi anche sotto forma di integratori. Lei ne

consiglia l’uso?

Sì, certamente, anche se non bisogna abusarne e

soprattutto non devono essere intesi come un sostituto di

abitudini di vita corrette.

Quanto conta l’attività mentale per mantenersi giovani?

È fondamentale. Una vita ricca di affettività, piena di

interessi e di motivazioni lavorative, unita a relazioni sociali

adeguate, contribuisce a mantenere vivace il nostro

cervello e previene in generale le malattie, stimolando

anche le difese immunitarie.

Qual è dunque la ragione per cui alcune

persone hanno una vita più lunga di altre?

a parità di condizioni razziali, genetiche

ed ambientali, favoriscono un migliore

invecchiamento una vita regolare,

una dieta controllata e l’attività fisica e

mentale. una vita di relazione ricca di

attività creative e stimolanti e di interessi

culturali è un elemento fondamentale per

il benessere psicofisico. L’aspettativa di

vita è strettamente collegata non solo alla

corretta cura del proprio fisico, ma anche

ad una attenzione adeguata alle esigenze

psichiche.

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adulta su due sia completamente avulsa dall’adottare una linea di prevenzione

medica adeguata.Prerogativa di una società di Mutuo

Soccorso non può, pertanto, essere “solo” quella di garantire l’accesso privilegiato alla

salute attraverso una valida integrazione al Sistema Sanitario Nazionale, ma deve forzatamente infondere la cultura della

prevenzione intesa come cura di sé stessi, poiché in essa stessa risiede l’unica via

utile a soddisfare la crescente domanda di assistenza che la sanità pubblica non riesce

– e non riuscirà - ad accontentare. Per tale motivo Mutua MBA ha deciso

di raccogliere interviste, analisi e studi di settore, ma soprattutto consigli pratici,

esercizi e ricette culinarie per innescare l’attitudine a prendersi cura di noi stessi, con l’intento di prevenire il più possibile

malattie e infortuni.

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21

a cura dialessia elem

Le Malattie Infiammatorie Croniche Intestinali (MICI)

sono principalmente due: la malattia di Crohn e la colite

ulcerosa.

Conviverci non è semplice, ma è possibile.

La malattia di Crohn è un’infiammazione cronica che

può colpire teoricamente tutto il canale alimentare, dalla

bocca all’ano, ma che si localizza prevalentemente

nell’ultima parte dell’intestino tenue, chiamato ileo (ileite),

e/o nel colon destro/cieco (ileocolite), oppure solo nel

colon in una sua qualsiasi parte (colite).

È frequente nei Paesi occidentali ed

è rara, se non assente, nei Paesi in via

di sviluppo. In Italia, si stima che siano

tra 160 e 200mila le persone colpite

da MICI, prevalentemente di età

giovanile (20-30 anni), più’ raramente

della terza età (60-70 anni).

La malattia di Crohn è definita

‘malattia cronica’ perché presenta un

decorso caratterizzato da periodi di benessere (remissione)

alternati ad altri in cui i sintomi sono presenti (riacutizzazioni),

senza uno stato di guarigione totale.

I sintomi più comuni, anche se variabili da caso a caso, sono

dolori addominali (talvolta, se acutissimi, possono simulare

un attacco d’appendicite) associati a diarrea e, talora, a

febbre. Il dolore si localizza nella sede dell’ombelico o nella

parte destra dell’addome e spesso si presenta dopo i pasti.

Ad oggi le cause sono ignote. non è una malattia contagiosa

e non è ereditaria. esiste, tuttavia, una predisposizione

familiare nello sviluppo di questa malattia e un aumentato

rischio per la progenie di averla a sua volta. tale rischio è

difficile da quantificare perché gli studi in questo ambito

sono pochi.

Modificare il proprio stile di vita e seguire un’adeguata

alimentazione, sono azioni importanti che possono aiutare

a controllare i sintomi e allungare gli intervalli di tempo

tra le riacutizzazioni. Non ci sono prove scientifiche dirette

sul fatto che quello che si mangia provochi una malattia

infiammatoria intestinale. Alcuni cibi e bevande, durante

la riacutizzazione della malattia, possono aggravare i

sintomi. Può essere utile redigere un diario alimentare per

tenere traccia di quello che si sta mangiando e di come ci

si sente. Se si scopre che alcuni alimenti stanno causando

sintomi particolari, si può provare a eliminarli.

la diagnosi precoce è fondamentale. non c’è un esame

diagnostico specifico, ma una visione interna dell’intestino

è possibile con la risonanza magnetica e la tac. La

colonscopia con esame istologico rivela ulcere e fistole del

Crohn, il grado e il tipo di aggressione nel tessuto intestinale.

Ad oggi, non è ancora stata scoperta una terapia in grado

di dare una guarigione definitiva. La terapia medica che

viene seguita è, a seconda dei casi, di tipo chirurgico

e/o di tipo farmacologico, attraverso la somministrazione

di mesalazina, immunosoppressori, farmaci biologici e

cortisonici.

L’attesa di vita è la stessa della popolazione generale, ma

si raccomanda di non abbandonare le cure.

In che modo è possibile informare, aiutare, sostenere

e assistere e le persone colpite da

MICI? da oltre vent’anni è presente

sul territorio l’Associazione nazionale

A.M.I.C.I. onlus, costituita da persone

affette da colite ulcerosa o malattia di

Crohn e dai loro familiari.

da poco è nata anche la Fondazione

A.M.I.C.I., allo scopo di promuovere

la ricerca. Abbiamo intervistato il

Presidente della Fondazione A.M.I.C.I, il dott. Gianfranco

Antoni.

da cosa nasce l’idea di dar vita ad un’associazione

nazionale costituita da persone colpite da MICI?

“La comunità dei malati di MICI si è radunata intorno a

questo simpatico acronimo, AMICI, fin dai primi anni ’90. È

stato lo scambio di esperienze e una valutazione comune

sulla necessità di fare un salto di qualità che ha spinto tutti

ad unirsi per dare vita, più di cinque anni fa, ad un’unica

associazione nazionale. Maggiore rappresentatività,

migliore coordinamento, più alta qualità di proposte e di

impegno sono le ragioni di fondo di questa scelta, che si è

rivelata vincente ai fini del sostegno più efficace ai malati

di MICI”.

Quanto è importante

per i pazienti e per i loro

familiari avere un punto

di riferimento importante

come l’Associazione?

“All’esordio, la condizione

psicologica del cittadino

a cui viene diagnosticata

una malattia

cronica intestinale è

naturalmente difficile.

malattie croniche intestinali, conviverci è possibile

21

22

Poche le informazioni e la conoscenza sulla patologia,

spesso scarno il contributo medico al di là della diagnosi

clinica, rara la possibilità per un malato di avere un confronto

nel quartiere, tra i vicini, in famiglia o nell’ambiente di

lavoro. Le nostre patologie hanno, infatti, una prevalenza

assai limitata, che oscilla tra 160 e 200mila pazienti, su una

popolazione di riferimento di 58 milioni di abitanti.

Ecco perché è importante la presa in carico da parte

di altri malati attraverso l’Associazione. vari sono i modi:

un opuscolo in ambulatorio, la ricerca su internet, il

passaparola. Abbiamo frequenti manifestazioni di

riconoscimento da parte di soci, che ci attestano come

avere, all’esordio, un punto di riferimento amico e solidale,

sia la migliore risposta per affrontare al meglio la propria

convivenza con la cronicità”.

Quali sono le principali attività che svolge l’Associazione e

la neo-nata Fondazione? Quali sono i progetti per il futuro?

“AMICI si rivolge ai cittadini con MICI e all’insieme dei

decisori in Sanità, politici, sanitari e amministrativi, con

due importanti strumenti: l’Associazione, rivolta soprattutto

ai pazienti e alla loro tutela, e la Fondazione, varata da

pochi mesi, che ha lo scopo di incentivare e promuovere

la ricerca in Italia su queste malattie. Pensiamo che questo

doppio agire ci consentirà non solo di ottenere risultati

in ambito sociale e socio-assistenziale, come stiamo già

facendo, ma anche sul fronte della migliore terapia

possibile e, in prospettiva, della sconfitta dell’aspetto

cronico della malattia, obiettivo ad oggi utopico, ma al

quale non dobbiamo mai rinunciare”.

vivere con questo tipo di patologie non è semplice,

ma possibile. Lei convive con la malattia di Crohn, può

raccontare la sua esperienza?

“La cosa più importante che ho imparato, ma non

23

subito, è conoscere la malattia senza subirla, perché

modificherebbe in modo drammatico la qualità di vita,

e senza sottovalutarla, perché in qualsiasi momento essa

prevarrebbe sul quotidiano, facendomi ripiombare nella

gestione dell’emergenza o, addirittura, dell’urgenza

chirurgica. È proprio su questo difficile rapporto che è il

tema della convivenza con la cronicità, che si inserisce

e dà un aiuto insperato la comunità dei malati riunita

intorno ad AMICI”.

Una MICI è molto invalidante sotto tanti punti di vista e

l’aspetto psicologico non è da sottovalutare. Qual è il

modo giusto per conviverci?

“Ognuno ha il suo modo, ma il più efficace penso

sia quello di accettarla, conoscerla e, non sembri

paradossale, rispettarla. Ciò significa accettare i limiti del

proprio corpo e del proprio agire quotidiano in relazione

alla fatica e allo stress. L’accettazione, poi, da parte dei

familiari e la solidità di una dimensione affettiva, complice

e partecipe, aiuta senz’altro a convivere e a superare i

tanti momenti difficili che la malattia impone.

va anche detto che il ritardo alla diagnosi è, spesso,

significativo, e questo incide non solo sul percorso

terapeutico più utile, ma anche sullo stato psicologico

complessivo. negli ultimi anni le cose sono migliorate, ma

solo vent’anni fa l’errore di diagnosi e, conseguentemente

di terapia, era frequente. Questo è accaduto a me e

a tanti altri malati affetti da tale patologia. la diagnosi

precoce è quindi una necessità sulla quale l’attività di

amIcI si concentra, con iniziative di approfondimento

e di conoscenza dei sintomi di malattia al suo esordio.

Altrettanto importante è poi l’aderenza, cioè il rispetto

delle modalità della prescrizione medica. Il ‘fai da te’

non è mai consigliabile e tanto meno lo è in presenza

di una malattia cronica il cui monitoraggio e controllo

clinico sono alla base di un’efficace remissione. Fatta

la diagnosi corretta, possibilmente precoce, individuato

il percorso terapeutico più appropriato, è necessario

porre in essere tutti quegli accorgimenti di vita necessari

affinché la convivenza con la propria patologia sia la più

serena ed equilibrata possibile. Questo è uno sforzo che

non può che essere fatto dal paziente, nella ricerca di un

rapporto positivo con se stesso, la patologia e le persone

che stanno intorno a lui. Ciò richiede tempo e il supporto

di un’Associazione di malati affetti dalle stesse patologie

può essere di grande aiuto, per comprendere i tanti

strumenti assistenziali disponibili, a volte non conosciuti,

e scambiare esperienze utili a meglio comprendere

il proprio stato di salute. Infine, il suggerimento che la

mia esperienza personale si sente di proporre è quello

di non cercare in viaggi della speranza, in centri lontani

dalla propria residenza o all’estero, la risposta benefica

e risolutiva. occorre, al contrario, costruire un rapporto

stabile con il proprio gastroenterologo di fiducia sul

territorio, stabilizzare comportamenti, organizzazione e

stili di vita, affinché il percorso terapeutico sia supportato

da un’aderenza e una volontà del paziente di portare in

remissione la malattia”.

Le malattie Infiammatorie Croniche Intestinali si

combattono anche grazie alla ricerca che sta andando

avanti per trovare presto una cura definitiva.

Lo dimostra il risultato di uno studio europeo, effettuato

in 49 strutture ospedaliere tra il Canada, l’Europa, gli Stati

Uniti e Israele e che ha coinvolto 212 malati di Crohn

(pubblicato su “the Lancet” - www.thelancet.com), di cui

è primo autore Silvio danese, responsabile del Centro per le

malattie infiammatorie croniche intestinali dell’Ospedale

humanitas di Milano e docente di humanitas University.

Lo studio ha dimostrato che dopo 24 settimane l’iniezione

di staminali ha portato nel 50% dei pazienti alla completa

cicatrizzazione delle fistole causate dall’infiammazione

del tessuto di rivestimento della parete dell’intestino. Si

tratta di una delle principali conseguenze della malattia,

di formazioni che nel 70-80% dei casi non rispondono ai

tradizionali trattamenti farmacologici e chirurgici.

“Abbiamo dimostrato che, nonostante vi sia un buon

grado di risposta clinica in alcuni pazienti, i rischi della

procedura con cellule staminali emopoietiche possono

sovrastare i possibili benefici. Più promettente sembra

l’uso delle cellule mesenchimali da tessuto adiposo

perché, oltre alla loro capacità di generare nuove linee

di cellule di grasso, osso e cartilagine, rilasciano intorno a

sé sostanze che sembrano capaci di modulare l’attività

del sistema immunitario e quindi dell’infiammazione”, così

ha spiegato le recenti novità il professor danese.

dott. Antoni, grazie a questo studio si è aggiunto un nuovo

tassello al mosaico del percorso verso una cura per la

malattia. Lei cosa ne pensa?

“Passi avanti, piccoli o grandi, si compiono con continuità

e determinazione, grazie soprattutto a quei centri che sono

impegnati, oltre che nella clinica, anche nella ricerca.

Questo vale per la ricerca da voi citata e commentata

dal dr. danese, come per la recente ricerca di un gruppo

che opera alla Cleveland Clinic, che ha fatto diversi studi

sulle caratteristiche della flora batterica in corso di MICI.

C’è anche all’orizzonte un nuovo farmaco, frutto di

una ricerca tutta italiana. Insomma, le cose si muovono

e conto che la Fondazione possa essere d’impulso e

d’incentivazione a nuovi terreni di sviluppo nella ricerca

per combattere le MICI”.

Per tutti coloro che intendono conoscere ed iscriversi ad

A.M.I.C.I. i contatti sono i seguenti:

amiciitalia.net - 388/3983544 - [email protected]

24

L’invenzione della macchina a vapore, in grado di convertire

l’energia termica del vapore in lavoro meccanico,

determinò un cambiamento epocale. La rivoluzione

industriale si propagò in brevissimo tempo modificando

radicalmente ogni aspetto della vita economica e sociale

di collettività a carattere prettamente agricolo.

Con l’industrializzazione si diffuse il “sistema fabbrica”: masse

di lavoratori furono costrette a una difficile condizione

sociale e civile, con turni di lavoro di 13-15 ore giornaliere.

Per garantirsi aiuti in caso di malattia, infortunio o

disoccupazione i lavoratori cominciarono ad associarsi

dando vita alle Società di Mutuo Soccorso.

E a Formello, in via di Santa Cornelia, c’è un museo

particolare, il Museo del Mutuo Soccorso, che dà a tutti

la possibilità di conoscere da vicino questi sodalizi, le loro

tradizioni e l’importanza sociale che hanno rivestito nelle

varie vicende storiche del nostro Paese.

health online ha intervistato la curatrice del Museo, la

dott.ssa marzia di vetta.

Come è nata l’idea di realizzare il Museo del Mutuo

Soccorso?

“Il Museo nasce dalla volontà di valorizzare la conoscenza

e la ricerca sul tema della mutualità ma si prefigge

anche di promuovere ogni forma d’arte che si cimenti

con tematiche e valori cari alla mutualità: solidarietà,

fratellanza, equità, uguaglianza.

La collezione attuale, grazie a una continua attività

di recupero e salvaguardia, si compone di numerose

testimonianze sulla storia della mutualità italiana,

riconducibili ad oltre duecento tra enti e società di mutuo

soccorso, con sedi in Italia e all’estero. Il Museo offre anche

la possibilità di esporre ad artisti, o a chiunque voglia dare

testimonianza della mutualità in senso più ‘moderno’. non

è quindi solo passato, ma vuole anche rappresentare

il presente e il futuro della mutualità e dei valori a cui si

ispirano le società di Mutuo Soccorso.

Abbiamo lasciato spazio per l’esposizione di opere relative a

tutti i temi importanti per le Società di Mutuo Soccorso, come

la fratellanza, la solidarietà, il rispetto ma anche la salute o il

lavoro. A breve, ad esempio, grazie ad una collaborazione

con il dIF, il Museo diffuso di Formello, ospiteremo una

bellissima opera di un artista contemporaneo, vito

bongiorno, che con le sue opere dichiara lo stato di

fragilità in cui versa il nostro paese. nell’ottica dei principi

di fratellanza e solidarietà mi piacerebbe che il Museo

ospitasse mostre di artisti diversamente abili, che con le

loro opere possano dimostrare come le difficoltà - che a

volte neanche immaginiamo - possano essere superate,

dando vita a interessanti risultati.

Abbiamo poi organizzato un concorso fotografico il

cui obiettivo è raccontare – attraverso un soggetto,

un momento, una situazione o un luogo simbolo – la

Fratellanza, intesa come comunanza di intenti, di ideali

e aspirazioni indotti dal sentimento di benevolenza. Il

concorso ha come scopo quello di raccogliere fondi,

attraverso la vendita delle foto partecipanti, da destinare

a cura diredazione health onlineIl museo del mutuo soccorso:

la storia della mutualità italiana

ai progetti della Fondazione bASIS. La partecipazione è

libera e gratuita, aperta a foto-amatori, professionisti e

associazioni di volontariato. Le 20 foto vincitrici verranno

esposte proprio al Museo per tutta la durata della mostra

‘scatti di fratellanza’, la cui inaugurazione è prevista per

marzo 2017.

Il termine ultimo per inviare le foto è il 31 dicembre 2016, e il

regolamento completo è disponibile sul nostro sito internet,

www.museomutuosoccorso.it”.

Avete in programma altre iniziative?

“Il 9 ottobre scorso abbiamo partecipato a FaMu, la

Giornata nazionale delle Famiglie al Museo. Abbiamo

dedicato una giornata intera ai bambini, organizzando

giochi e gare, con l’obiettivo di far loro conoscere il

mondo delle società di Mutuo Soccorso. I bambini erano

in tutto e per tutto soci di una società di mutuo soccorso,

dovevano rispettare lo statuto e sottostare a regole ben

precise, rispettose dei valori della mutualità. Il rispetto dello

statuto e degli altri, l’uguaglianza, la solidarietà, le regole

dello stare insieme: attraverso il gioco abbiamo cercato

di trasmettere tutto questo, cercando nello stesso tempo

di divertirli ed intrattenerli. C’è stata una grandissima

partecipazione, l’evento è stato un successo, devo dire

anche grazie al supporto dell’Associazione La Mage. Per

questo abbiamo deciso, per i prossimi mesi, di pensare veri

e propri percorsi dedicati alle scuole e ai ragazzi”.

Per quanto riguarda la collezione permanente, c’è

un’opera a cui è particolarmente affezionata?

“Una sola no, ce ne sono tante. Abbiamo davvero

tantissimi cimeli che raccontano nei particolari tutti gli

aspetti della vita istituzionale e celebrativa di questi

sodalizi. L’attaccamento dei soci, le regole molto stringenti

che si davano, e che tutti rispettavano. E poi ci sono gli

Statuti: ne abbiamo uno in cui Garibaldi viene nominato

presidente perpetuo, altri di società di Mutuo Soccorso

italo-americane, altri ancora di società di Mutuo Soccorso

femminili. Insomma, la collezione è ampia, racconta in

maniera completa la storia di questo mondo purtroppo ai

più ancora sconosciuto. Invito tutti a venire a trovarci.

Direzione operativa eD

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Della sanità integrativa

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ansi vuole diventare il soggetto capace di tutelare, aggregare e sostenere le diverse forme mutualistiche operanti in italia, che garantiscono la salute di circa ¼ della popolazione italiana.

“Auspichiamo il benessere e la salute per tutti i cittadini, come diritto fondamentale dell’uomo

e patrimonio sociale della collettività”

www.sanitaintegrativa.org [email protected]

26

a cura dinicoletta mele

Dall’Università di Chicago i risultati di una nuova ricerca

per diminuire i rischi: Health Online ne ha parlato con la

Dott.ssa Annalisa Perego, senologa

È il più frequente tumore femminile e, stando ai dati,

colpisce 1 donna su 8 oltre i 40 anni. È il cancro al seno.

dall’analisi dei dati dei registri tumori italiani, si stima

che in Italia siano diagnosticati circa 46.000 nuovi casi/

anno di carcinoma della mammella. oltre ad essere il

primo tumore per frequenza, il cancro della mammella

è anche la principale causa di

mortalità oncologica nella donna,

anche se, grazie a diagnosi precoci

e terapie sempre più efficaci, la

sopravvivenza è in netto aumento.

Per combattere la neoplasia

gli strumenti principali sono la

prevenzione e la diagnosi precoce.

health Italia ha intervistato la

dottoressa annalisa perego,

chirurgo senologo presso l’Italian

Medical center Dubai.

Quanto è importante la

prevenzione? E come deve essere

fatta?

“La prevenzione per il tumore della mammella è

fondamentale, come lo è per tutti i tipi di tumore. Sono

stati identificati molti fattori di rischio, alcuni modificabili,

come gli stili di vita.

tra le abitudini dannose si possono citare, per esempio,

un’alimentazione povera di frutta e verdura e ricca di

grassi animali, il fumo, l’obesità , una vita sedentaria

e l’assunzione per più di 5 anni di terapia ormonale

sostitutiva postmenopausa.

L’allattamento al seno protratto oltre

l’anno risulta invece essere protettivo

contro l’insorgenza del tumore.

vi sono però purtroppo anche altri

fattori di rischio non modificabili da

parte della donna, come l’età (la

maggior parte di tumori del seno

colpisce oltre i 40 anni), un periodo

fertile breve (prima mestruazione

tardiva e menopausa precoce) e

fattori genetici.

La prevenzione del tumore del seno

deve cominciare a partire dai 20 anni

con l’autopalpazione eseguita con regolarità ogni mese.

È indispensabile, poi, dopo i 30 anni, proseguire con visite

annuali del seno eseguite da uno specialista senologo

e associate ad ecografia bilaterale. Raggiunti i 40 anni,

all’ecografia va affiancata anche la mammografia, per

aumentare il potere diagnostico delle indagini”.

Ricordiamo che ottobre è stato il mese della

prevenzione...

“In tutto il mondo la campagna

di prevenzione ha come obiettivo

quello di sensibilizzare un numero

sempre più ampio di donne

sull’importanza vitale della

prevenzione e della diagnosi

precoce dei tumori della

mammella, informando il pubblico

femminile anche sugli stili di vita

correttamente sani da adottare

e sui controlli diagnostici da

effettuare.

spesso si tende ad andare dal

medico solo quando si accusano

dei disturbi. In genere, le forme

iniziali di tumore del seno non hanno

nessuna manifestazione clinica e non provocano dolore.

Uno studio effettuato su quasi mille donne con dolore al

seno ha dimostrato che solo lo 0,4% di esse aveva una

lesione maligna, mentre nel 12,3% erano presenti lesioni

benigne, come ad esempio le cisti, e nel resto dei casi

non vi era alcuna patologia ed il dolore era provocato

solo dalle naturali variazioni degli ormoni durante il

ciclo. Il tumore si può manifestare con noduli palpabili o

addirittura visibili, anche se in genere questi sono segni

di una forma tumorale già avanzata

e non di una forma identificata in

fase precoce. Importante segnalare

al medico anche alterazioni

del capezzolo, secrezioni da un

capezzolo solo (se la perdita è

bilaterale il più delle volte la causa

è ormonale), cambiamenti della

pelle (aspetto a buccia d’arancia o

retrazioni) o della forma del seno.

Con il miglioramento delle tecniche

radiologiche e della maggior

consapevolezza della donna, la

maggior parte dei tumori del seno

tumore al seno, prevenzione e diagnosi precoce

27

In evIdenza

28

oggigiorno viene diagnosticata quando non dà ancora

segno di sé e si vede solo con la mammografia e

l’ecografia. Si parla in tal caso di lesione preclinica, cioè

un tumore ancora allo stato iniziale, quando è più facile

da curare”.

Individuare la neoplasia nella fase iniziale aumenta

notevolmente la possibilità di curarla in modo definitivo?

“Certamente! se la malattia è scoperta in fase precoce,

la sopravvivenza dopo 5 anni dalla diagnosi raggiunge

anche il 98%. negli ultimi 20 anni i tassi di guarigione sono

raddoppiati grazie a diversi fattori, tra cui il miglioramento

delle terapie, l’anticipazione diagnostica e la presa di

coscienza delle donne”.

Secondo i risultati di una ricerca realizzata dall’Università

di Chicago e pubblicati sulla rivista scientifica Chemical

Research in Toxycology, è emerso che la birra, o

meglio il luppolo, diminuirebbe il rischio di cancro

al seno. Secondo i ricercatori, il luppolo ha proprietà

protettive contro il cancro al seno, in quanto la pianta

contiene l’opeina, conosciuta anche con il nome

di 8-prenilnaringenina, che è un fitoestrogeno molto

potente. Per essere efficace, però, si deve assumere

come integratore alimentare, quindi in capsule. La

ricerca in qualche modo è partita al contrario.

da tempo l’opeina è utilizzata contro il nervosismo, i

disturbi del sonno, per stimolare l’appetito o ancora

per combattere le vampate di calore tipiche della

menopausa. Queste capacità della pianta sono state

confermate da diversi studi clinici, tanto che l’utilizzo del

luppolo per la cura di questi problemi è universalmente

riconosciuto, grazie all’azione sedativa esercitata dal

lupulone e dall’umulone contenuti nel luppolo.

29

indica la presenza del tumore in una famiglia, (linea

materna o paterna) senza che vi sia una evidente

trasmissione della malattia da una generazione alla

successiva o sia riconosciuto un gene responsabile,

mentre il termine ereditario suggerisce la presenza

di una mutazione dimostrata

dal test genetico di alcuni geni

(bRCA1-bRCA2) che si possono

trasmettere ai discendenti. Il 5-7%

dei tumori alla mammella sono di

tipo ereditario, dal 15 al 20% sono

di carattere familiare e in circa

il 70-75% il tumore è sporadico

cioè correlato a fattori ambientali

in individui che non presentano

familiarità, né ereditarietà.

Le donne che rientrano nelle

prime due categorie sono

considerate soggetti ad alto

rischio di sviluppo del tumore

mammario e seguono un percorso

di prevenzione leggermente diverso. dovranno sottoporsi

a controlli clinici e radiologici più ravvicinati nel tempo,

prevedendo anche in molti casi l’utilizzo della risonanza

magnetica, aumentando in tal modo la possibilità di una

vera e propria diagnosi precoce”.

La prevenzione è un’arma molto importante per

combattere i tumori e la diagnosi precoce consente di

individuare nella fase iniziale la neoplasia e procedere

così ad una terapia mirata.

“La salute è il primo dovere della vita” (oscar Wilde), non

dimentichiamolo mai.

I ricercatori americani volevano capire se questa

sostanza fosse un fattore di rischio per il tumore al seno,

perché la terapia ormonale sostitutiva in alcuni casi

è ritenuta un fattore di rischio. hanno così applicato

l’estratto del luppolo a due diverse linee di cellule del

seno per monitorare l’effetto sul

metabolismo degli estrogeni delle

cellule.

Le loro ricerche però hanno

dimostrato esattamente il

contrario. Secondo i loro risultati,

il luppolo ha un effetto protettore

e diminuisce il rischio di sviluppare

il cancro al seno, poiché lo stesso

processo potrebbe attivare

le sostanze chimiche che

impediscono i tumori in via di

sviluppo.

Per il professor bolton, capo del

team di scienziati, la ricerca ha

dimostrato che il luppolo sarebbe

particolarmente efficace per tenere lontano il cancro

al seno nelle donne sottoposte a trattamento ormonale

sostitutivo (hrt) durante la menopausa.

dottoressa Perego, cosa ne pensa?

“Questa nuovissima ricerca appena pubblicata potrebbe

portare ad ottimi risultati in termine di prevenzione della

malattia, ma ovviamente è solo allo stadio iniziale. I

risultati sono stati ottenuti per il momento solo in vitro.

A questo punto non ci resta da far altro che aspettare

che la ricerca di Chicago possa in qualche modo essere

confermata da ulteriori studi anche in vivo, cioè su gruppi

di donne, ma già questo primo tassello mira a comporre

un mosaico senz’altro interessante”.

I progressi della medicina e degli esami di screening,

negli anni, hanno permesso una diagnosi precoce,

consentendo così una diminuzione dell’indice di

mortalità.

L’ecografia in 3D, la sonda molecolare per una diagnosi

nel corso dell’intervento chirurgico, sono alcuni esempi

di come oggi si hanno a disposizione strumenti importanti

per combattere il cancro al seno.

dottoressa, oltre alla prevenzione è di primaria importanza

anche la diagnosi precoce, soprattutto quando ci sono

più casi in famiglia. Si stima che circa il 5-7% dei tumori

del seno è ereditario, legato cioè alla presenza nel dnA

di alcune mutazioni nei geni bRCA1 e bRCA2. È così?

quali sono i suoi consigli?

“In linea generale, tumore familiare è un termine che

3030

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a cura di mariachiara manopulo epidermolisi bollosa:

la vita dei bambini farfalla

bambini farfalla li chiamano. È una bella espressione, ma

purtroppo nasconde una brutta malattia: l’epidermolisi

bollosa. Una patologia di cui si parla poco, ma che

purtroppo ha pesantissime ricadute sulla vita di chi ne

soffre e di chi se ne prende cura.

Sotto il nome di epidermolisi sono racchiuse diverse

genodermatosi, cioè malattie genetiche della cute,

rare, caratterizzate da pelle fragilissima e dalla ricorrente

formazione di bolle, prodotte da microtraumi.

La nostra pelle è formata da due strati: l’epidermide,

lo strato esterno, e il derma, lo strato interno. Il derma è

legato all’epidermide dalla giunzione dermoepidermica

che garantisce, con un grande numero di filamenti di

ancoraggio, un legame sicuro fra i due strati. le persone

affette da eb, per errori genetici, hanno alcuni difetti nelle

proteine responsabili dell’aderenza tra epidermide e

derma, come il collagene, la laminina, le cheratine e le

integrine. Non ci sono i filamenti di ancoraggio, e qualsiasi

azione generante attrito tra i due strati (come sfregamento

o pressione) provoca piaghe e vesciche. dolorosissime.

Fino ad oggi, sono stati identificati 13 geni responsabili della

maggior parte dei casi di epidermolisi bollosa.

Se presente in forma lieve, consente di condurre una vita

normale. Ma le forme più gravi possono essere mortali,

anche nei neonati. È una patologia genetica, e può quindi

essere ereditata con modalità autosomica dominante o

autosomica recessiva. nel primo caso, un genitore con

un gene mutato ha il 50% di probabilità di trasmettere

la malattia ad ognuno dei suoi figli; nel secondo caso,

entrambi i genitori sono portatori sani di un gene associato

alla malattia e la probabilità che la trasmettano ai bambini

è del 25% a ogni gravidanza. nelle coppie in cui è stato

tracciato il difetto genetico alla base della Eb, è possibile

la diagnosi prenatale durante la gravidanza.

In tutto il mondo, l’epidermolisi bollosa colpisce 1 bambino

su circa 17.000 nati, circa 500 mila persone, in Italia 1 su

82.000, per un totale di circa 1.500 pazienti sul territorio

nazionale.

I bambini con questa malattia vengono chiamati

“bambini farfalla”, proprio per la fragilità della loro pelle,

paragonabile alle ali di una farfalla. In Sud America, invece,

32

comparire carcinomi squamo cellulari, che si sviluppano

generalmente nelle sedi soggette a trauma e a lesioni

bollose ricorrenti, in particolare a livello delle estremità

del corpo e della lingua. È molto difficile diagnosticare

correttamente questi carcinomi, soprattutto se il medico

non è esperto e non conosce bene questa

patologia. vengono spesso confusi con

lesioni erosive o verrucose croniche, e

quindi non vengono adeguatamente e

tempestivamente gestiti, fino ad assumere

dimensioni notevoli. E a quel punto, può

essere necessaria l’amputazione dell’arto o

di parte di esso, con tutte le conseguenze

anche psicologiche che questo comporta. Il carcinoma

squamocellulare può essere trattato anche con sedute

di radio o chemioterapia ma ha spesso, in ogni caso,

conseguenze letali.

Le forme gravi possono provocare anche la completa

chiusura delle mani. Le dita dei bambini si uniscono

gradualmente e poi si chiudono, provocando, nei casi

i piccoli malati sono definiti “Bambini Pelle di Cristallo“.

Purtroppo, poiché è molto rara, sono pochi gli investimenti

nella ricerca.

La pelle di un malato non può guarire completamente e

in maniera corretta: le ferite e il processo di cicatrizzazione

sono purtroppo cronici. ogni trauma o danno

subito dalla pelle è irreversibile e la disabilità

causata dalla malattia si accentuerà nel

corso della vita del malato. nel 2006 è

stato effettuato il primo trapianto al mondo

di pelle geneticamente modificata in un

malato di Eb giunzionale. Ma a parte questo,

non esistono cure risolutive per la Epidermolisi

bollosa.

nelle forme gravi possono essere coinvolti anche organi e

apparati, come l’esofago, che si può restringere fino ad

occludersi, e spesso è necessario ricorrere alla chirurgia,

che comporta comunque benefici limitati. A volte ci

può essere un’altra, gravissima, complicanza: possono

33

più gravi, la completa perdita dell’uso delle mani sin da

piccolissimi.

la malattia ha un forte impatto anche per chi convive con

il malato. cambiare le medicazioni può richiedere diverse

ore al giorno. E sia malato che famigliari devono purtroppo

convivere con la disinformazione che c’è nei confronti di

questa malattia, oltre che con la diffidenza della gente.

Per cercare di attirare l’attenzione sulla malattia è stata

recentemente realizzata una indagine da parte di Doxa,

finanziata da Debra Italia Onlus, una associazione senza

scopo di lucro che supporta su tutto il territorio italiano

bambini e adulti affetti da Epidermolisi bollosa (Eb).

Fondata nel 1990 su iniziativa di familiari e pazienti,

l’associazione ha in particolare l’obiettivo di promuovere

attività di assistenza socio sanitaria, di diffondere la

conoscenza tra malati, familiari e medici, e di supportare

la ricerca su questa grave e sconosciuta malattia.

L’indagine ha coinvolto un campione composto da

volontari affetti da epidermolisi

bollosa giovani e adulti e alcuni

caregivers, per un totale di 33

partecipanti provenienti da

tutt’Italia. venti pazienti su 30

soffrivano di epidermolisi bollosa

distrofica recessiva, la forma più

grave. con le loro testimonianze

è stato possibile capire le

caratteristiche principali della

malattia: fragilità e imprevedibilità,

impossibilità di acquisire

autosufficienza ed emancipazione,

dolore fisico e psicologico.

health online ha contattato la presidente dell’associazione,

Cinzia Pilo: le abbiamo chiesto di raccontarci qualcosa di

più sulla ricerca e sulla vita delle persone affette da questa

malattia, ai più sconosciuta.

L’epidermolisi bollosa è una malattia di cui si parla ancora

troppo poco. Quanto è difficile assistere un bambino, o

anche un adulto, che ne è affetto?

L’assistenza delle persone affette da questa terribile

malattia genetica rara è affidata alle famiglie. Come

io stessa, da madre di un bambino affetto da questa

patologia e da Presidente di debra Italia ho più volte

sottolineato, l’impatto della malattia è decisamente

sottovalutato. non è accettabile che la gestione quotidiana

delle medicazioni, che rappresentano attualmente l’unico

trattamento esistente, venga gestito dai genitori dei

bambini, che sopportano perciò un eccessivo carico sia

fisico che psicologico. La ricerca da noi commissionata ha

evidenziato come, peraltro, questo meccanismo generi

delle distorsioni anche nelle relazioni tra i famigliari: da un

lato i genitori si sentono inutili nonostante il loro continuo

sforzo per migliorare le condizioni di vita dei propri figli,

perché non esiste cura e comunque la malattia degenera

con l’età; dall’altro i ragazzi, soprattutto con l’adolescenza,

desiderano non dipendere sempre da qualcuno. Questo

rapporto di dipendenza reciproca che si crea è perciò

deleterio per tutti.

La vostra ricerca è la prima che indaga su questo mondo.

Avete raccolto tantissime testimonianze di pazienti, giovani

e adulti, e caregivers. Quali sono state le cose che vi hanno

colpito di più?

Le affermazioni che ci hanno colpito di più riguadano

la diversa percezione del dolore da parte dei pazienti e

dei loro caregivers e la necessità di maggiore autonomia

denunciata dai malati di EB. Mentre la soffrenza fisica dei

propri figli costituisce il primo grande problema denunciato

dai caregivers, la mancanza di

autonomia e il desiderio di una

vita più emancipata è il dato

denunciato come primo problema

da molti ragazzi farfalla.

nel nostro Paese è garantita una

assistenza adeguata a questi

malati? Cosa si potrebbe e si

dovrebbe fare in più?

nel nostro Paese sono presenti due

centri multidisciplinari specializzati

nella gestione della malattia,

la cui nascita è stata peraltro

stimolata dalla nostra associazione debra Italia, presso

l’ospedale Maggiore Policlinico a Milano e l’ospedale

bambino Gesù a Roma, più alcuni centri monodisciplinari

per l’odontoiatria a torino, la chirurgia della mano a

Catania e di dermatologia a bari. Come evidente perciò,

abbiamo necessità di spostarci in diverse parti d’Italia

per ricevere l’indispensabile assistenza da personale

specializzato.

Esistono tre temi sui quali si deve e si può fare di più:

diffondere ulteriormente la formazione di personale

specializzato in altri centri ospedalieri in Italia, in modo

da garantire alle nostre famiglie un accesso più facile

alle cure; la concessione ai malati di Eb, in maniera

non discriminata in relazione al territorio di residenza, di

tutto lo specifico materiale indispensabile e insostituibile

occorrente per le medicazioni quotidiane, come da

prescrizione nei protocolli redatti dai medici specializzati

in EB; infine l’assistenza infermieristica domiciliare deve

essere concessa da parte delle ASL in tutta Italia.

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Il Fondo Garanzia Salute nasce nell’ottica di offrire un servizio in linea con i principi cardine cui si ispira una Società di Mutuo Soccorso, la solidarietà e la cooperazione, che riconoscono

nella sanità integrativa l’unica forma di assistenza concreta e sostenibile che opera senza scopo di lucro.

La volontà di diffondere il più possibile il principio di prevenzione ha spinto Mutua MBA ad affidarsi a Radio Radio, emittente radiofonica romana che sin dalla sua nascita si è caratterizzata come talk radio, ed elaborare per gli ascoltatori un’offerta di 9 sussidi:

Pop, Rock, Techno e Dance dedicati agli under 65, Jazz, Classica, Blues, Country e Folk per gli over 65.

La sanità d’eccellenza per le

famiglie di Radio Radio!

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a cura di prof. dott. aldo liguori,Direttore dell’Istituto Paracelso

L’obeso è una persona “denutrita”: un’analisi che va

alle cause dell’obesità

Se la medicina moderna ha messo a punto armi affilate per

il trattamento delle più temibili malattie, resta la necessità

di trovare i mezzi per dare benessere all’uomo affannato

del 21° secolo.

Sembra poterci pensare la millenaria agopuntura,

medicina tradizionale cinese, che è attenta alle necessità

di benessere della singola persona.

Le sue metodiche, messe a punto e periodicamente

perfezionate negli oltre 3.300 ospedali cinesi, sembrano

offrire strumenti sempre più efficaci.

È il caso del trattamento del dolore cronico intrattabile,

curabile attraverso la puntura multipla e indolore del

padiglione auricolare; delle patologie debilitanti croniche

con continue riacutizzazioni, trattate con la tecnica

indolore dell’ago infuocato; dell’obesità, che finalmente

trova una reale soluzione con la metodica della dietologia

cinese.

In tema di obesità, la Medicina Tradizionale Cinese

definisce l’obeso una persona indebolita per una carenza

del processo di assimilazione.

di conseguenza, per poter assimilare una sufficiente

quantità di nutrienti, l’obeso è costretto ad assumere

maggiori quantità di cibo, che comportano maggiori

quantità di scorie.

Ne risulta uno squilibrio metabolico e una insufficiente

eliminazione delle scorie, che si accumulano soprattutto

sotto forma di adipe.

L’approccio al trattamento dell’obeso quindi non può che

agire tenendo conto di tutti i meccanismi patogenetici e in

particolare dello stato di carenza del processo assimilativo,

che evolve in eccesso ponderale.

Il completamento di tutto l’iter terapeutico permette non

solo di raggiungere e mantenere il peso corretto ma anche

di stabilizzare il fisiologico processo di assimilazione.

Il protocollo tCM-CAo (traditional Chinese Medicine

Combined Approach to obesity), messo a punto dall’Istituto

Paracelso di Roma e applicato da medici competenti su

tutto il territorio nazionale, sarà presto a disposizione degli

assistiti MbA.

Gli effetti benefici del protocollo sono visibili già dopo i

primi giorni:

• Azione immediata diretta sulle masse adipose più voluminose e rimodellamento della figura, nell’imprescindibile rispetto della massa magra.

• Stato di benessere fisico.

• Sostegno al tono psicofisico e psicocomportamentale.

• Una perdita ponderale che avanza con progressione piuttosto dinamica.

• Assenza degli effetti collaterali che compaiono a seguito di perdita ponderale, come inestetismi dei tessuti cutanei che risultano invece tonici ed elastici.

• Riequilibrio di tutte le funzioni organiche.

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a cura dialessia elem

Che cosa si intende per educazione alla sessualità?

Per tabù, per imbarazzo, spesso non si parla di sesso, anche

se confrontarsi, senza necessariamente entrare nell’intimità

di ognuno, è importante.

Molti sono i dubbi e le domande che i genitori si pongono

sulla sessualità dei propri figli.

Per questo abbiamo intervistato la sessuologa Marinella

Cozzolino e, prima di capire qual è l’età e il modo giusto

per iniziare a parlare di sesso ai

bambini, le abbiamo chiesto:

“che cos’è il sesso?”

“Il sesso non è il rapporto

sessuale. Sesso è senso di

abbandono e appartenenza.

È la meravigliosa sensazione di

essere desiderati. non si può

vivere bene senza. Il desiderio

è il motore delle nostre energie.

È buon umore ed entusiasmo,

adrenalina pura. Il sesso è

corteggiamento e seduzione,

mettersi in gioco e vincere. È

appagamento per ansie e paure. È desiderio che unisce,

è voglia di stare insieme, voglia di stare bene. È carica e

ricarica. Chi fa l’amore ha gli occhi che brillano, lo sguardo

sereno e rilassato di chi è contento e fiero di sé. Chi fa

l’amore trasmette amore e benessere. È portatore sano di

allegria ed entusiasmo. Il sesso è positività, è un peccato

che non se ne parli”.

Che cosa si intende per educazione alla sessualità?

“L’educazione alla sessualità, soprattutto se impartita a un

figlio, è una parte fondamentale dell’educazione che un

genitore deve trasmettere. Comprende il riconoscimento

del suo corpo e della sua identità sessuale, l’essere

maschio o femmina per intenderci, e il rispetto per la

diversità dell’altro. non si può pretendere il rispetto senza

conoscenza. Ai bambini dobbiamo dare gli strumenti

adeguati per saper vivere.

Per tabù, per imbarazzo,

spesso non si parla di sesso

anche se confrontarsi, senza

necessariamente entrare

nell’intimità di ognuno, è

importante.

non credo si tratti di tabù nel

senso canonico del termine.

non è imbarazzo, pudore o

vergogna, è paura di scoprire

un mondo, il nostro mondo

sessuale, fatto di mancanze,

tradimenti o particolari fantasie.

La consapevolezza maggiore

che mi hanno dato i miei ventitré anni di esperienza clinica

è che la maggior parte della gente non vive una sessualità

sana e solo per questo ha difficoltà a parlarne. Se si ha

difficoltà tra adulti, la situazione si complica ancor di più

quando sono i bambini a fare delle domande.

Partiamo dal presupposto che molti genitori non hanno gli

strumenti per affrontare le domande dei bambini. Il mondo

della sessualità è fluido, in costante evoluzione. I bambini

possono chiedere informazioni in merito a profilattici,

penetrazione, sperma ma anche omosessuali, famiglie

omosessuali, travestiti e travestitismo. Potrebbe non essere

facile, per chi non ha gli strumenti per farlo, rispondere a

queste domande e soprattutto capire fino a che punto

spingersi. Per questo sarebbe necessario, in maniera

graduale, che se ne parlasse a scuola”.

dottoressa, secondo lei, qual è l’età giusta per iniziare

a parlare di sesso ai propri figli e quanto è importante

confrontarsi, non solo tra noi adulti, ma anche con i più

piccoli?

“Non esiste un’età giusta nello specifico, ma una piccola

regola c’è: quando i bambini fanno una domanda significa

che sono interessati e incuriositi da quell’argomento

e, per questo, sono pronti a comprenderne la risposta.

ovviamente, in base all’età si cercherà di usare le parole

educazione sessuale: a che età è opportuno iniziare a parlarne?

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più adatte. Solo a partire dalla quinta elementare si può

completare l’informazione parlando di penetrazione come

risposta alla domanda: come entra il semino di papà nella

pancia?”.

È importante insegnare il nome scientifico delle parti intime

come si fa con le altre parti del corpo?

“Sì, le cose vanno chiamate con il proprio nome. Si parlerà

di pene e vulva. Si parte da competenze precise per poi

spiegare loro che l’utilizzo inutile di termini volgari rende

volgare il tutto e rischia di portare l’adulto a non rispondere

più a nessuna domanda”.

In una società digitalizzata dove tutto è alla portata di

tutti è facile che i bambini arrivino a carpire informazioni

sbagliate. Lei cosa ne pensa?

“Internet fa danni enormi, soprattutto ai preadolescenti. Si

stima che tra i 10 e gli 11 anni la maggior parte dei bambini

abbia già visto scene di sesso molto esplicito. Il rischio è

l’ansia da prestazione che li accompagnerà negli anni

futuri rispetto alla sessualità”.

In conclusione, quali sono i suoi consigli?

“Nella maggior parte delle classi i bambini fin dalla prima

elementare parlano molto di organi genitali e di sessualità.

ne sanno di più di quanto immaginiamo. non sono solo

bimbi di prima elementare se qualcuno o molti tra loro

hanno fratelli maggiori. In classe arrivano informazioni di

ogni tipo. Il primo consiglio è di parlare con la scuola e

chiedere, quantomeno in quinta elementare, un incontro

con un esperto che possa dare informazioni corrette,

laiche e non tendenziose ai bambini.

Se proprio ciò non fosse possibile, devono necessariamente

pensarci i genitori: possono farsi aiutare da un libro specifico

o chiedere a un sessuologo di parlarne direttamente con i

bambini o di istruire i genitori affinché possano poi parlare

con i bimbi senza timori”.

Coopsalute è una cooperativa che nasce dalla volontà di costituire un unico punto di incontro tra la domanda e l’offerta di prestazioni e servizi socio- sanitari-assistenziali.

Peculiarità di Coopsalute è infatti quella di stipulare accordi e convenzioni con società di Mutuo Soccorso, Casse di Assistenza, Fondi Sanitari e Compagnie di Assicurazione da un lato e Cooperative, Società di Servizi e liberi professionisti dall’altro.Essere Cooperativa significa agire insieme per il benessere dell’ individuo e il miglioramento della qualità della vita, in un’ottica solidaristica e mutualistica.

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Monitorando costantemente il mercato e i suoi mutamenti e i cambiamenti dei bisogni della collettività, Coopsalute, plasmandosi attorno ad essi, riesce a fornire prestazioni sempre innovative e attuali garantendo anche il costante supporto della sua Centrale Salute H24.

Coopsalute, convenzionata tra l’altro con oltre 20 Fondi Sanitari, casse di Assistenza e Società di Mutuo Soccorso, fruitori dei suoi servizi, intende proseguire la sua crescita, divenendo il principale punto di riferimento per tutti gli attori dello scenario socio-sanitario-assistenziale, il “regista” attraverso il quale le parti si incontrano, nel soddisfacimento di bisogni condivisi.

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CoopsaLute si occupa di reperire, all'interno del suo network, le prestazioni richieste.

L'assistito usufruisce del servizio adatto alle proprie necessità.

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a cura di monica valentini Imparare a conoscere

la scafocefaliaIl cranio è costituito da ossa piatte e da suture; con la

crescita le suture si chiudono è così si forma il cranio.

È senza dubbio la struttura ossea più complessa del corpo

umano, essendo formato da 25-28 ossa sia pari che impari,

spesso con forma altamente irregolare, e connesse fra loro

con una certa variabilità.

La maggior parte di queste ossa sono piatte, formate da

due tavolati, uno esterno più spesso, ed uno interno meno

spesso, e da uno strato centrale spugnoso a bassa densità.

Lo spessore delle ossa varia generalmente in base alla

copertura muscolare, per cui saranno più sottili quelle parti

del cranio ricoperte da un numero di muscoli o da una

massa muscolare maggiore rispetto a quelle relativamente

esposte.

Le ossa del cranio sono interconnesse da articolazioni

fibrose dette suture, che tendono a chiudersi con

l’invecchiamento, ciascuna entro un range di tempo più o

meno definito, anche se non mancano eccezioni.

Le suture del cranio sono articolazioni fisse del tipo delle

sinfibrosi presenti tra le ossa del cranio e caratterizzate da

tessuto connettivo fibrillare denso.

la scafocefalia consiste nella fusione prematura sagittale;

quando le suture vanno incontro ad una veloce fusione, il

cervello, che spinge all’interno della scatola cranica, farà

crescere il cranio nella direzione consentita dalla sutura

rimasta aperta.

La testa del bambino appare molto allungata fin dalla

nascita, mentre la regione peritiale appare decisamente

ristretta.

La scafocefalia è la craniostenosi più frequente ed in

genere non comporta pressione endocrina elevata.

L’incidenza è di un bambino su 2000, con frequenza

maggiore nei maschi, inoltre non raramente è ereditaria.

La craniostenosi è una malformazione della struttura

cranica che consiste nella fusione precoce di una o più

suture craniche del neonato.

La presenza di asimmetrie nella struttura cranica è spesso

indicativa di una craniostenosi.

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Talvolta la diagnosi può essere resa più difficoltosa a causa

di tre diverse craniostenosi, ovvero quella della sutura

sagittale, quella della sutura coronale e quella della sutura

metopica.

La scafocefalia rientra tra le primarie forme di craniostenosi

ed è più frequente nei parti gemellari.

di norma si effettuano

due indagini. La prima è la

radiografia, con la quale

si possono osservare con

precisione le anomalie ossee,

poi si procede con una tAC,

per verificare lo stato del

cervello.

davanti a questa

malformazione si interviene

solo chirurgicamente;

l’operazione consiste

nell’asportazione della sutura

chiusa, che comporta quindi un ampliamento degli spazi

saturali ed incrementando il diametro biparitale fino a

normalizzare le curvature craniche.

L’intervento viene effettuato secondo la tecnica PI GRECo

SQUEEzE, ovvero per mezzo di un’incisione cutanea

dietro l’orecchio per asportare dei piccoli listelli ossei

parallelamente alla sutura sagittale e alle suture coronali.

Il momento migliore per effettuare questa operazione è

quando il neonato ha 9-10 mesi.

diversamente, superata questa età, la procedura

chirurgica è differente, vengono impiantati nel cranio i

SPRInGS.

Una volta asportata tutta la sutura nello spazio che rimane

vengono inseriti degli espansori (springs), che possiamo

immaginare come molle caricate. nel corso del tempo

gli espansori si allargano così da spingere le ossa verso

l’esterno, determinando l’aumento del diametro trasverso.

Gli springs vengono rimossi

dopo circa 4-5 mesi.

Il rischio mortalità che le

statistiche riportano è di 1

bambino su 100 operati, ma

nei reparti di neurochirurgia

pediatrica la sicurezza

aumenta decisamente e

addirittura in alcuni reparti

neurochirurgici pediatrici

italiani che operano da

decenni non si sono mai

registrati casi di mortalità.

Altre complicanze possono purtroppo riguardare

un’incisione troppo profonda o un rimodellamento non

ottimale, che comportano purtroppo la necessità di più

interventi in successione, ma anche questa complicazione

è praticamente nulla nei reparti pediatrici abituati a

intervenire sulle craniostenosi.

I centri di eccellenza in Italia per questo intervento sono

l’Ospedale Gemelli di Roma, il Gaslini a Genova, e il Mayer

a Firenze, all’avanguardia per esperienza e tecniche di

intervento.

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Siamo una delle più grandi realtà nel panorama della Sanità Integrativa e lo dobbiamo al lavoro, alla passione e alla professionalità che mettiamo in ogni sfida che dobbiamo affrontare.Siamo impegnati nella ricerca costante di nuovi traguardi da raggiungere, forti di un credo che vede la Salute e il Benessere della persona al centro di ogni nostra attività, diritti fondamentali da tutelare e promuovere.In questi anni abbiamo formato professionisti della Salute, sposando i principi di una Società moderna e collaborativa in cui tutti possano contribuire alla costruzione di un sistema socio-assistenziale solido, orientato sulla Cura Totale della persona.Insieme abbiamo creato una rete efficiente e ben organizzata sul territorio credendo nei nostri progetti, ma soprattutto nelle persone che ci hanno dimostrato, nel tempo, dedizione e disponibilità a formarsi. Persone che, ogni giorno, ci consentono di scrutare l’orizzonte con serenità e voglia di fare e alle quali vorremmo dire il nostro grazie.

ITALIA

“La salute è la più grande forza di un popolo civile”

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legge 3/2012 “salva suicidi”: la bella Sconosciuta

a cura diredazione health online

In questo numero di health online abbiamo deciso

di affrontare un tema molto importante ed attuale: il

sovraindebitamento di famiglie ed imprese.

Abbiamo intervistato omar brugnoli, CEo di Libera debito.

Ci racconti qualche cosa di lei, e di cosa si occupa L.d.

49 anni, Consulente Aziendale, da molti anni collaboro con

i principali istituti di credito. In questi ultimi anni, ho vissuto

con i miei clienti e con le banche la profonda crisi che ci

ha colpito.

Proprio da questo nasce Libera debito, una società

di consulenza di ispirazione

cristiana, che vanta un esperienza

consolidata in tema di analisi e

gestione dei rapporti debitori di

privati ed aziende.

La nostra società si avvale

di uno staff di avvocati e

commercialisti esperti in diritto

bancario e fallimentare distribuiti

capillarmente su tutto il territorio

nazionale.

Ci può spiegare cosa significa “sovraindebitamento”?

La crisi ha preso forza nel 2008, e in questi 7 anni sono

fallite più di 80.000 imprese, la perdita di 1.000.000 di posti

di lavoro, un indebitamento di oltre 500 miliardi di Euro

tra mutui, prestiti e finanziamenti. L’ammontare di rate

non pagate è di 60 miliardi, più di 1.400.000 abitazioni

all’asta, conseguenza finale più di 1000 suicidi per motivi

economici.

da qui la legge cosiddetta 3/2012 che permette di salvare

famiglie ed imprese dalla sovraesposizione debitoria.

Perché siamo arrivati a questi livelli di sovraindebitamento?

I motivi che hanno portato al sovraindebitamento sono

principalmente 3: gli imprevisti come la perdita improvvisa

del posto di lavoro, la diminuzione del reddito (diminuzione

fatturato, ore di lavoro etc.), malattie o decessi di un

componente della famiglia.

Un secondo fattore è causato dall’Economia globale: la

facilità di accesso al credito negli anni passati, l’aumento

dei tassi di interesse sui prestiti, la pressione fiscale e

l’aumento del costo della vita.

terzo ed ultimo motivo,

è la cattiva gestione dei

redditi, ovvero un esagerata

propensione al consumo, spese

eccessive, determinate spesso

da una cattiva educazione

finanziaria.

Perché viene chiamata legge

salva suicidi?

La legge 3/2012 è stata soprannominata dagli addetti ai

lavori “legge salva suicidi”. Si tratta di una procedura di

ristrutturazione dei debiti destinata ai privati ed alle piccole

imprese che permette la cancellazione dei debiti pregressi

(discharge) del debitore ivi compresi quelli verso il fisco

(Equitalia).

Il debitore che si trova schiacciato dal carico dei debiti

accumulati, non sarà più costretto a rinunciare al proprio

futuro, ma avrà una seconda opportunità per ripartire da

zero, pianificando la propria vita e quella della sua famiglia.

A chi è rivolta questa legge?

La legge 3/2012 è rivolta a: persone fisiche, famiglie,

artigiani, ditte individuali, società agricole, professionisti,

start up, fideiussori e tutte le società escluse dalle procedure

concorsuali.

Quali sono i vantaggi?

I vantaggi principali sono notevoli: ripianare i debiti con

Banche, finanziarie, fisco, Equitalia, ed in molti casi permette

di sospendere vendite all’asta. La legge fornisce un aiuto

concreto a famiglie ed imprese tutelando l’individuo,

permettendo di ripartire da zero.

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Quale è il metodo che utilizza Libera debito e che tipo di

assistenza viene fornito?

Il metodo utilizzato per accedere alla pratica di

sovraindebitamento è molto semplice; in primo luogo viene

effettuato un Check Up, che ha come obiettivo quello di

fotografare la situazione del soggetto.

L’analisi si basa su alcuni criteri fondamentali: la capacità

reddituale e/o patrimoniale del soggetto ovvero i motivi

che hanno portato il soggetto al sovraindebitamento.

Attraverso queste informazioni, viene effettuata una pre-

analisi in modo da verificare, la fattibilità della pratica di

sovraindebitamento.

Se la pratica ha esito positivo viene redatta una proposta

di ristrutturazione del debito compatibile, che verrà

presentata unitamente al ricorso per l’accesso alla

procedura.

Come avviene l’analisi per sapere se si può rientrare o

meno nella legge?

L’analisi delle situazioni di sovraindebitamento avviene

tramite l’uso di un software contabile approvato ed una

piattaforma on line che consente la ricostruzione e la

valutazione della situazione economica e finanziaria del

cliente in tempo reale e con un metodo scientifico ed

oggettivo.

Un ultimo messaggio finale?

Un motto di Arturo Graf:

“nessun uomo che viva può pagare tutti i suoi debiti ma

bisogna almeno riconoscere quelli che non si possono

pagare”.

Questo è il nostro aiuto concreto come Libera debito!

per informazioni: www.liberadebito.it

mail: [email protected]

Caritas della ParroCChia di san lorenzo Martire

la Fondazione ha elaborato un sussidio sanitario che consente la copertura di spese per medicinali e spese mediche che il servizio sanitario nazionale non copre

adeguatamente. in questo modo i costi medici sostenuti dalle

famiglie sono alleggeriti e le stesse famiglie sono stimolate a curare e

preservare la loro salute!

Museo del Mutuo soCCorso

la Fondazione ha ereditato da MBa la collezione del Museo del Mutuo

soccorso; il museo, nato con la volontà di raccogliere significative testimonianze sulla storia del movimento mutualistico dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato

di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e dall’altro di promuovere la conoscenza e

la ricerca sul tema della Mutualità.

la Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBa, health italia e Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della sanità integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio-sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi, nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti.

Fondazione Basis | Via di santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (rM) | www.fondazionebasis.org | [email protected]

supportarefavorire

promuovereUn servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile!

tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:

a cura di alessia elem alcol-addiction: nuova

scoperta contro l’alcolismo

Si è scoperta la causa biologica responsabile della

dipendenza da alcol.

La ricerca arriva dall’Università di Linköping, in Svezia, e

potrebbe portare a ulteriori sviluppi nella ricerca di nuove

strategie.

Lo studio ha individuato un enzima che si “spegne” nelle

cellule nervose del lobo frontale quando si sviluppa la

dipendenza dall’alcol: la riduzione dell’attività dell’enzima

coinvolto nella comunicazione tra neuroni nella corteccia

prefrontale sarebbe così la causa biologica dell’alcolismo.

Gli esperti sono arrivati a questa conclusione dopo

aver indotto, per sette settimane, una dipendenza a

dei ratti, esponendoli 14 ore al giorno ai vapori di alcol.

Successivamente hanno sottratto questi stessi ratti all’alcol

per tre settimane e hanno notato i sintomi tipici, quali un

comportamento ansioso e l’aumento della dose di alcol

quando fosse disponibile.

Estelle barbier, ricercatrice del Center for Social and

Affective Neuroscience de l’Université Linköping en Suède,

ha trovato nei ratti in “astinenza”, dopo tre settimane di

privazione, una diminuzione nell’espressione dell’enzima

prdm2 nel cervello, in particolare nella corteccia

prefrontale. barbier ha spiegato che “la funzione di questo

enzima è di aggiungere un gruppo metile a istoni, che

sono proteine che si trovano nel cuore del dnA dei geni.

Questo cosiddetto enzima epigenetico aiuta a regolare

l’espressione dei geni coinvolti nella neurotrasmissione

e promuove il rilascio dei neurotrasmettitori nelle sinapsi

(spazio tra i neuroni). Una riduzione dell’attività della

Prdm2 conduce ad una diminuzione nell’espressione di

questi geni e quindi ad una probabile diminuzione della

neurotrasmissione”.

I roditori comunque hanno continuato a bere alcol,

nonostante la sua proprietà negativa, a differenza dei

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che hanno superato i limiti del consumo abituale oltre i

quali si rischia di incorrere in problemi di salute.

Il consumo abituale eccessivo riguarda il 15,5% degli uomini

e il 6,2% delle donne, le ubriacature occasionali il 10% degli

uomini e il 2,5% delle donne.

11,1% è la percentuale di donne che bevono alcol tutti i

giorni, meno di un terzo degli uomini, che arrivano al 33,8%.

Resta significativa la differenza di consumo tra maschi e

femmine: solo una donna su due beve alcolici almeno una

volta nel corso dell’anno, mentre lo fanno oltre tre uomini

su quattro. beve alcol tutti i giorni oltre il 52% degli over 65.

18-24 anni è la fascia di età in cui avvengono più spesso

le ubriacature, con un dato complessivo del 21% della

popolazione. In particolare, il 21,5% è il picco dei maschi

tra i 18 e i 19 anni che si sono ubriacati nel 2014, contro il

7,9% delle femmine nella fascia 20-24.

L’abuso di alcol fa male e comporta dei seri rischi per la

salute e i giovani sono la categoria più sensibile.

ratti normali che si sono disinteressati a questa bevanda

contaminata. “Il comportamento compulsivo spingerà

gli alcolisti a continuare a bere, nonostante siano

consapevoli di perdere il loro lavoro e la loro famiglia, o di

provocare incidenti d’auto”, ha inoltre spiegato il biologo

molecolare. ha ricordato che una delle parti del cervello

che controlla i comportamenti compulsivi, impulsivi e il

processo decisionale, è la corteccia prefrontale. tuttavia,

è proprio in questa zona del cervello che hanno trovato la

diminuzione dell’enzima.

Lo studio, è bene ricordare, è stato svolto interamente nel

ratto, ma aver individuato l’enzima associato al consumo

di alcol, pone le basi di un percorso nell’individuare nuove

strategie per combattere la dipendenza.

Secondo i dati diffusi dall’Istituto nazionale di Statistica

(IStAt) relativi al 2014 e ottenuti su un campione di circa

24mila famiglie, in Italia sono 8milioni 265mila le persone

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La Selvotta Suite è un’elegante Guest House nel cuore del Parco di Vejo, a pochi chilometri dallo storico comune di Formello ed a soli 17 Km a nord della città di Roma.

La bellezza del bosco di querce e la vicinanza al Parco della Selvotta rendono questa location unica nel suo genere, offrendo un’oasi di pace per varie specie di animali la cui compagnia sorprenderà piacevolmente i propri ospiti.

La camere, curate nei dettagli in forme e colori, dispongono tutte di servizi privati con doccia, asciugacapelli, TV, riscaldamento autonomo, aria condizionata, frigobar, cassaforte e Wi-Fi free. Su richiesta inoltre, è possibile usufruire del servizio lavanderia.

www.laselvottasuite.it | [email protected] della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM)

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Calo vaccini, in Italia arriva lo spettro della difterite

a cura dimariachiara manopulo

Complice il calo dei vaccini, è ritornata in Italia la difterite,

una malattia che pensavamo ormai debellata. La notizia

è stata data nel corso di un congresso di pediatria che

si è svolto a metà novembre a Firenze, dal presidente

dell’Istituto superiore di sanità (Iss), Walter Ricciardi: “Si

è verificato un primo caso di nodulo difterico, spia di un

contatto con il batterio che non si è evoluto nella malattia,

perché il microrganismo è stato contrastato dal sistema

immunitario”. Ricciardi ha poi aggiunto: “Ci attendiamo

anche in Italia il ritorno della poliomielite”.

Lo scorso anno la copertura vaccinale per la malattia nel

nostro Paese è scesa sotto la soglia del 95%, raccomandata

dall’organizzazione Mondiale della Sanità (oms), che

garantisce l’ “immunità di gregge”, cioè riesce anche

a proteggere le persone non vaccinate dal contagio.

Attualmente la copertura media è del 93,5%, ma in alcune

Regioni la percentuale è molto più bassa. Purtroppo il

problema è serio, anche perché,

credendola una malattia ormai

scomparsa dai nostri territori,

molte aziende hanno cessato

la produzione di antitossina

difterica, per cui, alcuni Paesi

non possono reintegrare le

scorte, Italia inclusa. nel nostro

Paese, l’ultimo caso pediatrico,

mortale, risale al 1991 ma,

secondo gli esperti, con il calo delle vaccinazioni le cose

potrebbero cambiare.

Anche altri Paesi d’Europa corrono lo stesso rischio.

Qualche mese fa, in belgio, la difterite ha ucciso un piccolo

di 3 anni. L’anno scorso, invece, in Spagna è morto un

bambino di sei anni, il primo caso dall’ultimo registrato nel

1986. nessuno di loro era stato vaccinato.

Ma cos’è la difterite, e quali sono i sintomi? Si tratta di

una malattia infettiva acuta, provocata dal batterio

Corynebacterium diphtheriae: una volta entrato nel nostro organismo, rilascia una tossina che può danneggiare, ma anche distruggere, organi e tessuti.

Gli organi coinvolti – come è spiegato sul sito di Epicentro,

il Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza e

promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità

- cambiano a seconda del tipo di batterio: il più diffuso colpisce la gola, il naso e a volte anche le tonsille; un altro tipo, presente soprattutto nelle zone tropicali, causa ulcere della pelle. l’infezione può anche colpire gli organi genitali femminili o la congiuntiva, la membrana che ricopre il bulbo oculare e la parte interna delle palpebre. Ci si può

ammalare ad ogni età, ma la malattia riguarda soprattutto

i bambini piccoli non vaccinati.

Si trasmette per contatto diretto con una persona infetta,

oppure con oggetti contaminati da secrezioni delle lesioni

di un paziente. Il periodo di incubazione può durare da

due a cinque giorni. Quando il batterio colpisce l’apparato

orofaringeo, causa mal di gola, un po’ di febbre, perdita

dell’appetito. Nel giro di due o tre giorni, sulla superficie

delle tonsille e della gola si forma una membrana grigiastra,

che si infiamma. Le lesioni possono anche sanguinare

e assumere un colore verdastro o nero. L’infezione può

anche provocare gonfiore del collo e ostruzione delle vie

respiratorie.

dalla difterite si guarisce, ma possono a volte insorgere gravi complicanze per il cuore: aritmie, con rischio di arresto

cardiaco, miocardite, insufficienza cardiaca progressiva.

Secondo il Centro nazionale di epidemiologia, sorveglianza

e promozione della salute dell’Istituto superiore di sanità,

la difterite va sospettata nella diagnosi differenziale nelle seguenti patologie: faringiti batteriche e virali, mononucleosi infettiva, sifilide orale, candidosi, angina di vincent. La diagnosi viene

confermata dall’esame

batteriologico delle lesioni.

Gli individui ammalati vanno

subito trattati con l’antitossina e antibiotici (eritromicina o

penicillina), e, per evitare il contagio, tenuti in isolamento.

dopo un paio di giorni di terapia non sono più contagiosi.

Chiaramente, la prevenzione è fondamentale: e in questo

caso prevenzione significa vaccinazione. Il vaccino,

disponibile dal 1920, contiene la tossina batterica, trattata

in maniera tale da non essere più tossica per l’organismo,

ma comunque in grado di stimolare la produzione di

anticorpi protettivi da parte del sistema immunitario. Questo vaccino viene di solito somministrato in combinazione con quello contro il tetano e contro la pertosse. oggi si tende a

vaccinare i bimbi con il vaccino esavalente, che protegge

anche contro la poliomielite, l’epatite virale b e le infezioni

invasive da Haemophilus influenzae B.

In particolare, si consiglia il vaccino a:

1)tutti i bambini nel primo anno di vita

2)tutti gli adulti non vaccinati

3)persone che si recano nelle zone dove la malattia è

endemica.

Il vaccino è costituito da tre dosi, che vanno somministrate

al terzo, quinto e dodicesimo mese di vita. vengono poi

eseguite due dosi di richiamo, a 6 e 14 anni, per rendere la

protezione totale. Si possono poi fare richiami ogni 10 anni,

per conservare una buona immunità.

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LE RICEttE dELLA SALUtE

Come di consueto abbiamo il piacere di presentare ricette sane e gustose per promuovere uno stile di vita corretto ed equilibrato, che parta proprio dalle nostre tavole.non sempre “piatto saporito” equivale a dire “sano” per questo è importante incentivare, per noi che abbiamo a cuore la salute dei nostri lettori, la riscoperta di gusti e ingredienti genuini e proporre soluzioni che preservino da patologie più o meno rischiose.In questo numero health online ha il piacere di presentare una ricetta elaborata con Grano saraceno Fitowell, l’innovativa linea di prodotti vegetali ad alto contenuto proteico pensata per apportare all’organismo più proteine salubri possibili, senza ricorrere ad un uso smodato della carne e dei suoi derivati.

per scoprire le altre ricette Fitowell visita il sito www.fitowell.com

Polpette di amaranto, grano saraceno, riso integrale e mais

Ingredienti per 3 persone

50g di grano saraceno50g di amaranto

50g di riso integrale140g di mais (in scatola)

1 cucchiaio di fecola di patateOlio extravergine d’oliva

SalePepeCurry

Pangrattato

Procedimento

Cuocete il grano saraceno, l’amaranto e il riso integrale seguendo le indicazioni scritte sulla confezione.

Successivamente versateli in una terrina capiente e aggiungete il mais, la fecola di patate, 1 cucchiaio d’olio, sale, pepe, 1 cucchiaino di curry, 1 cucchiaio di pangrattato e amalgamate il tutto con cura. Realizzate le vostre polpette con le mani e subito dopo trasferitele

nel pangrattato.Cuocete 2 minuti per lato in una padella antiaderente con un

cucchiaio d’olio, oppure in forno preriscaldato a 200° per circa 15 minuti, fino a doratura.

di “Riganelli Alessandro Azienda Agraria”

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Spesso l’importanza e i benefici che contraddistinguono i prodotti ricchi di proteine di origine vegetale vengono sottovalutati e l’apporto giornaliero della componente

proteica avviene per lo più tramite il consumo di carne e suoi derivati.

Vi è ampio accordo nel mondo scientifico, nel consigliare una dieta basata sul minor utilizzo di carne, di buona qualità, alternata a fonti proteiche di origine vegetale.Seguire una dieta il più possibile varia, infatti, assicura all’organismo tutti i nutrienti

necessari a vivere in salute e favorisce un migliore benessere psico-fisico.

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