Health Magazine Anno1 n°1

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Magazine Timestrale di Salute e Benessere 2015 Anno1 n°1 Diabete e Sedentarietà Dieta Mediterranea Adiposità Localizzata Oncologia e Fertilità Salute e Alimentazione dalla A alla Z

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Prima uscita del trimestrale di Salute e Benessere #salute #benessere #HealthMazine #corradorossi

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MagazineTimestrale di Salute e Benessere 2015

Ann

o1 n

°1

Diabete e Sedentarietà

Dieta Mediterranea Adiposità Localizzata

Oncologia e Fertilità

Salute e Alimentazionedalla A alla Z

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L’idea di creare una rivista me-dica che si occupi di benessere e nutrizione nasce come sfida coraggiosa intesa a coinvolgere

l’interesse di persone disincantate e sconfortate da una drammatica con-tingenza, su argomenti e contenuti che possono anche sembrare traguar-di lontani ma che sono, certamente, motivo di riflessione e auspicio di cambiamenti. L’esigenza di dare voce ai tanti professionisti e studiosi del settore, giovani e meno giovani, capa-ci di dare informazioni serie e precise, è, e sarà nel tempo il nostro “cavallo di battaglia” unita alla passione per la conoscenza. “Health Magazine” non è soltanto un periodico di salute e nu-trizione, ma è quindi l’anello di con-giunzione tra due categorie, l’esperto in materia e coloro che sentono la necessità d’informarsi. Non è nostra intenzione proporre una rivista riser-vata a pochi né tantomeno riservata a chi studia determinati argomenti. La dinamicità stessa di chi ha creduto e crede in questo progetto fa si che “He-alth Magazine” sia una rivista accessi-bile e divulgativa per chiunque. I temi e le argomentazioni che proponiamo sono di sicuro grande interesse per

tutti coloro che, anche per la semplice curiosità, hanno voglia di informarsi e di tenersi sempre aggiornati. E’ un progetto ambizioso il nostro che darà voce alle tante “menti” presenti nella nostra terra.” Menti” che nonostante la crisi economica e le inesorabili leggi di mercato hanno capito che non c’era più posto per le attese passive e rim-boccandosi le maniche, nonostante le difficoltà della nostra amata Calabria, hanno deciso comunque di rimanere qui. Nel ringraziare coloro i quali han-no creduto alla nascita di questo pro-getto, invitiamo anche i lettori a sug-gerire i temi futuri ed eventualmente a indicarci i limiti di questo nostro primo numero. L’augurio che faccio a tutti i lettori e che da sempre faccio a me stesso non è quello di trovare il quadrifoglio, che oltretutto si cerca tenendo la testa bassa, ma è l’invito a guardare in alto, verso il cielo, oltre il confine: così ha fatto il nostro an-tenato in passato quando è divenuto “erectus” per superare l’ostacolo della savana affrontando i pericoli e poter esplorare l’infinito.

EditorialeEDITORIALE

Dott. Corrado Rossi Manager

Direttore ResponsabileHealth Center

Centro Biomedico e Nutrizionale0984/21724

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Magazine

4 HEALTH MAGAZINE

INDICE

Adiposità Localizzata .................................06-07Come combatterla

Helicobacter Pylori .....................................09Un aiuto dal cibo

L’importanza del counselling nutrizionale..11Perdere peso in salute

Influssi antropologici dell’alimentazione ...12-14La centralità dell’olio di oliva

Preservazione della fertilità in oncologia ...16-17Mamma dopo il cancro

La dieta mediterranea ha i suoi Manager ...18-19Nasce “Healthy Italy”

Diabete e sedentarietà ................................22-23

EditoreHealth Center SrlVia Degli Alimena, 6 - 87100 Cosenza

Direttore ResponsabileDott. Corrado Rossi

Vice DirettoreDott. Cristian Chiappetta

Coordinatore della ComunicazioneDr. Ennio Avolio

DistribuzioneHealth Center Srl

Contatti

Per informazioni sugli specialisti:Health Center SrlVia Degli Alimena, 6 - 87100 [email protected]/21724

Per la tua pubblicità Health MagazineVia Degli Alimena, 6 - 87100 [email protected]/5744382

Chiuso in redazione27/04/2015

Health Magazine testata giornalistica trimestrale registrata presso il tribunale di CosenzaNumero 2/2015 In data 24/04/2015ROC n 25533

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L’IMPORTANZA DEL COUNSELLING NUTRIZIONALEPerdere peso in salute11

ALIMENTAZIONELa centralità dell’olio di oliva12

DANNO CARDIOVASCOLARE DA FUMO34

DIABETE E SEDENTARIETÀ22

LA PSICOTERAPIAIeri ed oggi36

Odontoiatria e medicina estetica ................24-25Intervista all’esperto

La Dieta Mediterranea...............................28-29

Psicoterapia umanistica ...........................30-31E analisi bioenergetica

Danno cardiovascolare da fumo ................34-35

La psicoterapia .........................................36-37Ieri e oggi

Collaboratori .............................................38

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L’adiposità localizzata è una condizione frequente in sog-getti che risultano essere in sovrappeso. Una rilevante

percentuale di persone che ini-ziano a praticare attività fisica o diete dimagranti, sono interessa-te prevalentemente alla sola eli-minazione del grasso localizzato. Non a caso la cosiddetta “prova costume” evidenzia spesso ine-stetismi limitati a porzioni ben definite del corpo. Presso il no-stro centro si rivolgono pazien-ti che necessitano di specifici trattamenti indispensabili per eliminare gli accumuli di gras-so localizzato soprattutto nelle gambe, glutei, interno coscia (donne) e nella zona addomina-le o sui fianchi (uomini). L’Heal-th Center utilizza una metodica avanzata che permette median-te un linfodrenaggio meccanico di migliorare visibilmente questi accumuli e ridurre di molti cen-timetri il grasso localizzato me-diante uno strumento chiamato Tri-Active. Il Tri-Active (con me-todologia Dermodynamic) è un innovativo sistema per il tratta-mento del corpo e del viso, parti-

colarmente indicato per combat-tere il problema della cellulite e delle adiposità localizzate, il trat-tamento è indolore ed è adatto per tutti i tipi di pelle. Esso agisce attraverso tre meccanismi:

• un sistema di raffred-damento in grado di ridurre rapi-damente la raccolta edematosa;• un massaggio ad aspi-razione ritmica capace di stimo-lare la pompa linfodrenante;• una profonda stimola-zione laser che favorisce la neo-angiogenesi dei vasi intradermici e il ripristino del microcircolo ar-terioso, venoso e linfatico.

Vediamo come questi tre mecca-nismi agiscono sui diversi siste-mi circolatori soprattutto degli arti inferiori. Le patologie più frequenti che riguardano gli arti

inferiori, soprattutto nel sesso femminile, sono due: le varici e la cellulite. La prima coinvolge il circolo venoso superficiale, la seconda quello linfatico. A causa di una costituzionale dilatazione del circolo venoso superficiale, principalmente a livello delle varici degli arti inferiori, si pro-duce una stasi circolatoria con conseguente edema e gonfiore. Tale situazione, certamente non fisiologica, non determina sol-tanto un problema estetico, ma anche funzionale. Una riduzione del ritorno linfatico, sempre per motivi ereditari, riduce lo smal-timento di liquidi interstiziali e determina la cosiddetta “riten-zione idrica”; questo è il primo momento evolutivo della cellu-lite, che da molti è considerata solo un problema estetico ma che rappresenta invece una vera

Adiposità localizzata: come combatterla

Maggio 2015

Pazienti prima e dopo trattamento con Tri-Active (12 sedute); è possibile notare un netto miglioramento della cellulite con conseguente diminuzione degli inestetismi correlati e riduzione in centimetri degli accumuli di grasso localizzato.

Dott. Ennio Avolio Biologo Nutrizionista

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

0984/21724

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e propria patologia vascolare. Il Tri-Active interviene in maniera selettiva in questi meccanismi, interrompendo il progressivo ed inevitabile evolversi di queste pa-tologie verso condizioni irreversi-bili. Il freddo riduce l’edema, sia esso di natura venosa o di tipo linfatico; la riduzione del gon-fiore oltre a fornire un beneficio soggettivo, riduce la compressio-ne sui piccoli vasi del sottocute migliorando l’ossigenazione dei tessuti e favorendo l’eliminazio-ne dei prodotti del metabolismo. Questo è il motivo per il quale quando si riduce il gonfiore degli arti inferiori, il beneficio non è solo locale, ma anche generale. Per quanto riguarda la compo-nente laser, diversi studi hanno ampiamente dimostrato la sua efficacia nel migliorare la funzio-nalità del microcircolo e quindi l’ossigenazione dei tessuti cuta-nei e muscolari.Questi tre meccanismi permet-tono, quindi, la riduzione degli inestetismi cutanei con un armo-nioso rimodellamento del corpo e un miglioramento dell’elasti-cità cutanea e sottocutanea. La sensazione di benessere locale e generale è garantita, le varici e le adiposità localizzate migliora-no. Una seduta di Tri-Active dura circa 35-40 minuti e gli effetti benefici si possono osservare già dalla prima seduta; esiste co-munque un preciso programma da rispettare in considerazione della patologia del paziente. Il Tri-Active è sicuro a qualsiasi età e in ogni condizione patologica, non essendo mai state osservate complicanze o effetti collaterali; è importante comunque, come per ogni altra metodica vasco-lare, una precisa indicazione ed una corretta applicazione. E’ di conseguenza indispensabile il consulto di specialisti del setto-

re presenti all’interno dell’Heal-th Center che possano guidare il paziente verso un dimagrimen-to naturale a 360° ripristinando l’omeostasi corporea ovvero la capacità dell’organismo di man-tenere un equilibrio interno stabile, grazie ad un insieme di processi di regolazione e contro-regolazione che agiscono ogni qualvolta si verifica una variazio-ne delle condizioni esterne.

Come fin qui detto il Tri-active può essere un ottimo aiuto per raggiungere l’obiettivo della per-dita di peso, ma è importante tener presente che deve comun-que essere inserito all’interno di un protocollo controllato da spe-cialisti qualificati presenti all’in-terno dell’Health Center per otti-mizzarne i risultati ottenuti e per seguire il paziente in ogni fase del processo di dimagrimento.

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Sono tantissime le persone in Italia ad avere questa patologia e molti non ne sono a conoscenza oppure

sottovalutano la sintomatologia. Da stima effettuata, circa l’87% delle ulcere duodenali e l’80% di quelle gastriche pare che siano di origine infettiva date dal nostro caro gram negativo! Iniziamo dallo stomaco: il succo gastrico è composto da Hcl (Acido cloridrico) e una serie di enzimi digestivi che possono addirittura sciogliere gli alimenti più resi-stenti e i microrganismi più forti. Infatti , fino a qualche anno fa si pensava che lo stomaco fosse sterile. L’Helicobacter è un bat-terio straordinariamente furbo:-sfrutta questa sua protezione in modo tale da potersi moltiplicare proprio nello strato mucoso,di-struggendo l’acido che riesce a raggiungerlo attraverso l’ureasi che trasforma l’urea in bicarbo-nato di ammonio.Agisce lentamente e ci mette an-che 10/15 anni a danneggiare lo

HELICOBACTER PYLORI:UN AIUTO DAL CIBO

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Dott.ssa Valentina MazzucaBiologo Nutrizionista

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

stomaco anche in modo irrever-sibile. Si inizia con mal di stoma-co che può apparire banale e solo passeggero. Poi compare il pro-blema della digestione, il senso di pesantezza, la pancia gonfia, la nausea, bruciori e languori. I test per scoprire la presenza del batterio sono l’Urea Breath Test o quello delle feci. La trasmissione potrebbe avveni-re:attraverso il contatto bocca a bocca,ingestione di cibo o altro materiale contaminato con ma-teriale fecale. Nel campo nutri-zionale, ogni cosa è trattabile e curabile: nello specifico,alcuni

studi hanno confermato il ruolo primario delle crocifere come i broccoli e altre verdure per la re-pressione di alcuni batteri. Il sulforafano, è il responsabile con proprieta’ antiossidanti, an-tinfiammatorie, antibatteriche, ma soprattutto antitumorali. Inoltre, è in grado di inibire l’an-giogenesi e la diffusione meta-statica, riducendo la formazione micro capillare. Tali principi sono stati studiati nella resa di un far-maco - sulforaphane - da poter impiegare oltre ai tre antibiotici attualmente utilizzati per il trat-tamento di H. pylori.

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Spesso fra gli esperti della nutrizione si accendono dibattiti sull’efficacia di diverse tipologie di dieta,

con esito tuttavia il più delle volte non soddisfacente perché il pro-blema dell’efficacia degli schemi dietetici molto spesso non è tan-to legato al loro valore intrinseco, quanto piuttosto all’aderenza agli stessi da parte dei pazienti. Questo concetto emerge da uno studio pubblicato qualche anno fa su JAMA (jurnal of american medical association) da alcuni ricercatori del Tufts-New England Medical Center. La ricerca ha messo a confronto i risultati ad un anno di 4 diversi regimi die-tetici, assegnati con modalità random a 160 soggetti con fattori di rischio cardiovascolare: a 40 soggetti è stata proposta la dieta Atkins (a basso apporto di carboi-drati), a 40 la dieta Ornish (vege-tariana a basso intake lipidico), a 40 la dieta Weight Watchers (ipocalorica bilanciata), e a 40 la dieta a Zona (con percentuali caloriche giornaliere da protei-ne, lipidi e carboidrati rispettiva-mente del 30, 30 e 40% delle kcal/die). Il lavoro non ha evidenziato differenze sostanziali tra i diver-si regimi dietetici in termini di efficacia sul calo ponderale, che appariva al termine dell’anno di osservazione abbastanza so-vrapponibile per le 4 tipologie di dieta. Quindi seppure seguendo diete molto diverse tra loro il calo di peso non era tanto differente tra i vari partecipanti allo studio e questo semplicemente perché dopo poco tempo la maggior par-te dei soggetti non seguiva più le

prescrizioni alimentari. Va però sottolineato che un calo ponde-rale accettabile si verificava in una minoranza dei casi, circa 1/4, indipendentemente dallo schema dietetico assegnato, in altre parole, la diminuzione di peso appariva solo in quei pochi soggetti veramente motivati, che effettivamente avevano seguito le prescrizioni dietetiche. Lo studio ha dimostrato che la dieta personalizzata, intesa come piano alimentare elabora-to dal nutrizionista su misura per uno specifico soggetto, per quan-to possa essere ben costruita risulta totalmente inutile se poi non vi è l’effettiva aderenza alla stessa da parte del paziente. Ecco perché il ruolo del Nutrizionista è e deve essere anche quello di at-tuare una valutazione della reale motivazione al cambiamento dei pazienti, motivazione che inizial-mente sembra molto forte nella maggior parte delle persone, ma che non è sempre basata sulle necessarie conoscenze e sulla di-sponibilità all’impegno concreto. Uno scoglio importante da supe-rare quindi è quello di ottenere l’effettiva adesione al piano die-tetico, o comunque ai cambia-menti richiesti/concordati, che possono consistere ad esempio nella regolarizzazione dei pasti, nell’alimentazione più variata, nel controllo delle porzioni, nella

maggiore attività fisica. Inoltre spesso ci sono altri ostacoli da affrontare che il soggetto che vuole perdere peso presenta: le informazioni errate e i pre-giudizi sull’alimentazione, non solo quelle provenienti da fonti come la televisione, i famigliari, gli amici (“la mia amica è dima-grita quando ha smesso di man-giare pane e pasta”), Internet, ma anche informazioni superficiali o incomplete da altri operatori sa-nitari. Informazioni errate indu-cono spesso anche aspettative non realizzabili;situazioni ambientali e famiglia-ri: avere poco tempo per la pausa pranzo, fare i turni, tornare tardi da scuola, dover preparare per molte persone, avere molte oc-casioni sociali;fattori emotivi e stato dell’umo-re: sono com’è noto di primaria importanza, tenendo presente che riguardano però la persona nella sfera più interiore.Oggi per perdere peso molti si affidano alle diete fai da te, esi-stono anche ad esempio, siti ben organizzati che offrono l’elabora-zione gratuita di piani alimentari ma in queste azioni, manca tutto ciò che si è detto nel presente ar-ticolo e che rende il nutrizionista il miglior alleato per la perdita di peso in salute.

Dott. Emanuele ManesBiologo Nutrizionista

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L’importanza del counselling nutrizionale

per perdere peso in salute

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Il termine “dieta” che etimo-logicamente significa stile di vita, nell’accezione comune è espressione della composi-

zione qualitativa e quantitativa dei cibi che compongono la no-stra alimentazione, in grado di garantire una nutrizione sana ed equilibrata. Il fatto che il termine sia sem-pre più ricorrente è segnale di crescita sociale e culturale dal momento che, nell’immaginario collettivo, è sempre più sostituti-vo del il termine “farmaco” come unico rimedio per la conserva-zione o il ripristino dello stato di benessere . Ciò premesso, per meglio com-prendere il ruolo dell’alimenta-zione in termini antropologici e antropogenetici , dobbiamo fare un salto indietro nel tempo e far risalire a circa diecimila anni fa l’inizio dei problemi derivanti dall’interazione uomo-cibo. In altri termini all’epoca in cui av-

venne l’abbandono della caccia come fonte di nutrimento con la dedizione dell’uomo all’agricoltu-ra e all’allevamento, pratiche che lo resero stanziale e sedentario. Fino ad allora, infatti, per nu-trirsi, era stato costretto a una continua movimentazione, in un contesto di alternanze stagiona-li che rendevano ciclici i periodi di abbondanza alimentare, tipici delle stagioni calde, con quelli di grande carenza, propri delle sta-gioni fredde.Questo, per così dire, stile di vita, durato milioni di anni, aveva de-terminato, attraverso processi selettivi ed evolutivi, la messa a punto di attività metaboliche adeguate alle necessità. Esse do-vevano, nel contempo, far fron-te, nel quotidiano, a continui ed elevati dispendi energetici, oltre che alla necessità di stoccaggio all’interno dell’organismo di so-stanze ad alta potenzialità calo-rica da utilizzare nei momenti di

carestia. In realtà, l’evoluzione della specie Homo si è realizza-ta su un arco temporale di circa 20 milioni di anni di cui solo una frazione minima, pari a non più del 5%, relativo al periodo che va dalla comparsa di forme aggrega-te di vita fino ai nostri giorni. Tra-dotto in termini di cambiamenti, significa che vi è stata una prima fase molto lunga, in cui i processi adattativi e selettivi avvennero in modo costante senza brusche accelerazioni. Successivamente, con lo sviluppo delle prime forme di vita associativa, si assistette ad una dissociazione tra ritmi biologici di adattamento all’am-biente ed evoluzione dei proces-si elaborativi della mente. Questi ultimi, in particolare, presero a manifestare una crescita di tipo esponenziale. L’alimentazione ha rivestito un ruolo centrale in tale contesto.Con lo sviluppo delle tecniche di coltivazione e di allevamento,

Dr. Giovanni Carlo GalloNefrologo

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Influssi antropologici e antropogenetici dell’alimentazione La centralità dell’olio di oliva nella dieta mediterranea

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l’uomo poteva ormai disporre con relativa facilità di quantità di cibo maggiori di quelle che i suoi progenitori sarebbero stati in grado di procacciarsi solo gra-zie a continui spostamenti e con grande dispendio di energie.Ciò determinò la comparsa di ali-menti manufatti, assolutamente differenti per composizione da quelli presenti in natura. Innega-bilmente un fenomeno positivo per lo sviluppo della conoscenza.Di contro la disponibilità di cibi sempre più elaborati andavano conferendo all’alimentazione un potere di sempre maggiore grati-ficazione: se prima si mangiava per vivere, ormai si poteva anche vivere per mangiare.Prezzo di tali mutamenti fu la rottura di un equilibrio costruito in milioni di anni.Solo un’approfondita conoscenza della interazione tra caratteristi-che metaboliche dell’individuo e ambiente in cui vive e lavora consentirà, attraverso l’ottimiz-zazione delle abitudini alimen-tari, il recupero dell’equilibrio perduto Quindi non esiste una dieta uni-versale ma esiste una modalità universale di costruzione della dieta. L’obiettivo della dieta di garan-tire l’apporto energetico attra-verso un corretto rapporto dei macroelementi ( glicidi, lipidi e proteine) non è l’unico, dal mo-mento che è necessario che essa sia anche equilibrata relativa-mente alla presenza di vitamine, sali e oligoelementi che ne ga-rantiscano gli effetti salutistici . Tra le numerose proposte di cui è ricca la letteratura scientifica sembra che la dieta cosiddetta “mediterranea” possegga per gran parte i requisiti di una sana alimentazione.

Non è un caso che nelle regioni che si affacciano sul Mediterra-neo, malgrado le gravi carenze dell’organizzazione sanitaria, si hanno indici di mortalità inferiori che in nazioni molto più evolute in tal senso. Senza entrare troppo nel merito scientifico è ormai appurato che il punto di forza del nutrimento nei popoli mediterranei è la pre-senza di alimenti ricchi di acidi grassi insaturi come l’olio di oliva e il pesce, soprattutto quello az-zurro, di cui il Mare Mediterraneo è particolarmente ricco.L’alimentazione inoltre è ricca di legumi come fonte bilanciata di proteine e carboidrati, di frutta oltre che di verdure e ortaggi so-prattutto quelli ad alta concen-trazione di pigmenti.In altri termini un’alimentazione che associa al mantenimento dell’equilibrio ponderale facil-mente raggiungibile, il valore sa-lutistico in quanto rappresentata da elementi anti aterogeni e anti invecchiamento.Tuttavia per lo stile di vita attuale anche una alimentazione appa-

rentemente sana come quella mediterranea avrebbe scarsi risultati se non si accompagnas-se ad una significativa riduzione dell’apporto dei carboidrati costi-tuenti essenziali di pasta, pane , riso, dolci in genere.E’ indubbio che i carboidrati ab-biano meriti immensi: il primo tra tutti quello di avere, se non ri-solto, molto mitigato il problema della fame nel mondo, grazie alle tecniche di coltivazioni su vasta scala.Inoltre, hanno un basso potere dinamico specifico che ne confe-risce digeribilità e un alto valore energetico che li rende immedia-tamente in grado di far fronte alle richieste metaboliche.Di contro vi sono degli aspetti ne-gativi .Sotto il profilo prettamente ali-mentare, negativi sono la facilità di utilizzo e la gradevolezza o pa-latabilità che hanno finito per so-vra rappresentarli in ogni forma di preparazione dei cibi e infine, per scoperta, ma non ultima, per importanza, la capacità di creare dipendenza.

Perché la Dieta Mediterranea

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Sotto il profilo biochimico , è cer-tamente negativo l’elevato indice glicemico che definisce la capa-cità di una sostanza di stimolare la secrezione di insulina.Il glucosio, il fruttosio e il galatto-sio, che tutti conosciamo, sono le molecole di base degli idrati di carbonio; di esse tuttavia solo il glucosio rappresenta un croce-via metabolico. Vale a dire , tutti gli idrati di carbonio per essere metabolizzati devono essere pri-ma convertiti in glucosio.A sua volta il metabolismo del glucosio è prevalentemente re-golato dall’insulina, un ormone secreto dal pancreas.Dobbiamo infatti tener presente che il glucosio è assimilabile ad una fonte di calore che ben utiliz-zata riscalda o crea lavoro, male utilizzata ustiona. Di esempio sono gli effetti sull’emoglobina, una molecola adibita al trasposto dell’ossigeno, che se esposta a concentrazioni sovrafisiologiche di glucosio va incontro a dena-turazione ( emoglobina glicata) con conseguenti alterazioni fun-zionali .L’attitudine alla sedentarietà, l’utilizzo di pietanze sempre più elaborate e innaturali, la faci-lità di accesso al cibo fa si che la conseguenza più pericolosa dell’istaurarsi del circolo vizioso glucosio-insulina sia un indivi-duo sempre più rappresentato da massa grassa e sempre meno da massa magra, ovvero da cellu-le muscolari che sono quelle che, più delle altre, riescono ad utiliz-zare il glucosio a scopo energeti-co, anche in assenza di insulina. In sintesi. un individuo in grado di trasformare sempre meno in lavoro i carboidrati ingeriti e di depositarne sempre più sotto forma di tessuto adiposo: una

vera intossicazione. Una situa-zione alla lunga devastante per lo stato di salute.Porvi rimedio significa agire es-senzialmente su due fronti.Il primo è comportamentale: vale a dire tentare di incrementare la distanza tra l’uomo e il cibo. Ciò si realizza con l’attività fisica. Basta sostituire un pasto o uno snack con una pedalata, una pas-seggiata a passo svelto, niente di trascendentale. Evitare l’ozio e lo stress che rappresentano i più grossi stimoli all’abuso alimen-tare. Cercare di capire che “ mi piaccio” e “ mi piace” sono con-cetti antitetici.Il secondo, ovviamente, è ali-mentare e si basa essenzialmen-

te nel contrastare la dipendenza dall’insulina.La dieta mediterranea, proba-bilmente, è l’unica che possa consentire l’uscita dal tunnel pri-vilegiando l’utilizzo di alimenti a basso indice glicemico Tra gli altri, certamente il più importante è l’olio d’oliva . Esso rappresenta una fonte calorica di qualità per l’elevata presenza di grassi insaturi, in assenza di co-lesterolo. Peculiarità che consen-tono la riduzione o l’azzeramento della presenza di grassi di origine animale nella preparazione degli alimenti, rendendo possibile una modifica dei rapporti percentuali tra carboidrati e grassi a sfavore dei primi e a favore degli ultimi. Ma c’è di più. Alla riduzione del

carico di glucosio e, di conse-guenza, dello stimolo insulinico va ascritta all’olio d’oliva un’azio-ne diretta inibitoria sulla produ-zione di neurormoni stimolanti il senso della fame e quindi la di-pendenza dai carboidrati. Le proprietà di questo alimen-to, tuttavia, vanno ben oltre gli aspetti più prettamente nutrizio-nali. Ad essi vanno aggiunti gli effetti salutistici presenti in un elenco che con il progredire delle ricerche diventa sempre più cor-poso. Tra i tanti, quelli relativi alle proprietà antinfiammatorie, an-ticancerogene, antiaterosclero-tiche e, più complessivamente, di contrasto all’invecchiamento.In altri termini, non solo alimento ma, e soprattutto, farmaco anzi toccasana dal momento che ogni farmaco ha degli effetti tossici che l’olio d’oliva francamente non possiede. Non esiste modo migliore, per iniziare la giornata che assumere due buoni cucchiai di olio d’oliva. L’ulivo, un albero generoso che per millenni ha fruito degli effetti benefici del sole, della mitezza del clima e delle essenze prove-nienti dal mare Mediterraneo e dai territori da esso lambiti, non poteva che ricompensarci con un frutto, l’oliva, carico di prerogati-ve di eccellenza. E dall’oliva l’olio, un alimento che, fortunatamente, nei secoli non ha subito manipolazioni tali da alterarne le proprietà orga-nolettiche e metaboliche. Che stiamo riscoprendo e imparando a utilizzare e consumare come facevano i nostri progenitori.Se l’uomo è prevalentemente ciò che mangia non è casuale la pre-senza dell’ulivo in territori che fu-rono, a loro volta, culla delle più grandi civiltà.

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“Mamma dopo il cancro”

Recenti studi epidemiolo-gici hanno riportato un in-cremento annuale nell’in-cidenza delle patologie

oncologiche, tale incremento è stato stimato dell’ 1.5% all’anno per la popolazione femminile nelle ultime due decadi. Inoltre, è stato valutato che il 10% dei tu-mori che insorgono nella popola-zione femminile interessa le don-

Ciò significa che esiste una reale possibilità di guarire dal cancro pertanto sempre maggiore at-tenzione si sta focalizzando sugli effetti dei trattamenti oncologici sulla qualità di vita. Uno dei fatto-ri che influenza maggiormente la qualità di vita delle giovani donne è la possibilità di avere una gra-vidanza. Nelle donne colpite da tumore i trattamenti oncologici, come la chemioterapia e la radio-terapia, spesso compromettono o interrompono la funzionalità ovarica, con conseguente perdita della fertilità e insorgenza di una menopausa precoce. Oggi, grazie al progresso nelle tecniche di crioconservazione degli ovociti, degli embrioni e del tessuto ovarico, una diagnosi di tumore non è più necessaria-mente sinonimo di infertilità. La scelta del tessuto da criocon-servare viene fatta in relazione all’età della paziente, alla dispo-nibilità di un partner e ad even-tuali obiezioni etiche o religiose per quanto riguarda il congela-

ne con età inferiore ai 45 anni, quindi donne in età riproduttiva. Tuttavia, grazie alla prevenzione, alla diagnosi precoce e agli inno-vativi protocolli di trattamento, la sopravvivenza a 5 anni, per i tumori ematologici, il cancro del-la mammella ed gli altri tumori frequenti nelle donne di giovane età, ha raggiunto tassi di soprav-vivenza compresi tra l’80 e il 95%.

Preservazione della fertilità nelle pazienti oncologiche Dr.ssa Rita Mocciaro

Medico ChirurgoSpecialista in Ginecologia e Ostetricia

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

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mento degli embrioni. La crioconservazione degli ovoci-ti e degli embrioni rappresentano le procedure standard per pre-servare la fertilità delle pazienti oncologiche e vengono offerte a pazienti che abbiano raggiunto la maturità sessuale. Tali procedu-re prevedono una stimolazione ovarica prima di iniziare il tratta-mento oncologico, numerosi stu-di hanno mostrato la sicurezza della stimolazione in termini di rischio di progressione del tumo-re, in quanto nuovi protocolli di stimolazione ovarica permetto-no di stimolare la crescita dei fol-licoli in tempi brevi mantenendo bassi i livelli di estrogeni (gli or-moni che potrebbero stimolare la crescita di alcuni tipi di tumore). Mentre i dati di efficacia risulta-no essere sovrapponibili a quelli delle pazienti della popolazione infertile non per cause oncologi-che, con un tasso di gravidanze riportato del 40%.La criopreservazione del tessuto

ovarico, invece, può essere ese-guita soltanto in ambito di pro-tocolli di studio, rappresenta la sola opzione per le pazienti pre-pubere ma è indirizzata anche a donne che abbiano raggiunto la maturità sessuale. Tale proce-dura prevede il prelievo e il con-gelamento del tessuto ovarico prima che le pazienti vengano sottoposte a trattamenti oncolo-gici, e successivo reimpianto al termine del trattamento quando la paziente sarà libera dalla pa-tologia oncologica. Il reimpianto del tessuto ovarico è associato ad una ripresa dell’attività ovari-ca nel 93% delle pazienti e quindi ad una concreta possibilità di ot-tenere la gravidanza spontanea. Tuttavia tale procedure è ancora sperimentale ed incerti sono i dati di sicurezza. Altra opzione, ancora ritenuta sperimentale, è rappresentata dalla preservazione farmacolo-gica mediante la somministra-zione dell’analogo del GnRH. Tale

farmaco bloccando, durante il periodo del trattamento onco-logico, l’attività ovarica riduce il danno sui follicoli indotto dagli agenti chemioterapici. Un recen-te studio pubblicato sul New En-gland Journal of Medicine ha mo-strato che la somministrazione dell’analogo del GnRH riduce in modo significativo l’insorgenza della menopausa precoce nelle pazienti sottoposte a trattamenti chemioterapici e, inoltre, miglio-ra in modo significativo il tasso di sopravvivenza.Visti i dati di efficacia e di sicu-rezza delle procedure attualmen-te a disposizione per preservare la fertilità nelle pazienti oncolo-giche possiamo concludere che… “Oggi è possibile diventare mam-me dopo il cancro”.

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Maggio 2015

A poche settimane dall’a-pertura delle porte dell’Expo di Milano 2015 si sono riuniti nel Borgo

Antico di Altomonte, in Calabria, i Manager della Dieta Mediterra-nea, Green Economy e Sosteni-bilità Ambientale per discutere del Diritti Umani all’accesso al Cibo “Sano”. Presente tra i Docen-ti ospiti la professoressa Luana Gallo, direttore del Master edito dal Di.B.E.S.T. – Dipartimento di Biologia, Ecologia e Scienze della Terra dell’Unical (Università di Ar-cavacata di Rende). Si tratta della prima giornata di lavori dei Ma-nager dalla data dell’istituzione dell’Associazione Healthy ITALIA (www.healthyitalia.it) che li vede riuniti con lo scopo di concen-trare all’interno di una sola orga-nizzazione, la loro esperienza di Ambasciatori della Dieta Mediter-ranea, riconosciuta dall’Unesco quale Patrimonio Immateriale dell’Umanità. I lavori sono stati dedicati alla Biennale della Die-ta Mediterranea promossa dalla

Fondazione Culturale “Paolo di Tarso” e già condivisa da nume-rosi e prestigiosi Partner del Sud Italia e del Mediterraneo, che prenderà vita tra Calabria e Puglia nel 2016 (www.dietamediterrane-aexpo.it), esattamente un anno dopo l’Expo di Milano 2015, con il fine di attuare i contenuti della Carta di Milano ma anche e so-prattutto per tornare alla centra-lità dell’Essere Umano. La “Bien-nale della dieta mediterranea per i diritti umani al cibo sano”, infatti, prenderà vita nell’Anno Santo della Misericordia indetto da Papa Francesco e si propone approfondimenti concreti non solo sulle questioni già sviluppa-te da Milano Expo 2015 che discu-teranno dei diritti umani al Cibo, bensì al Cibo “Sano”. Particolare, questo, che presuppone una fer-ma presa di posizione a tutela dell’Agricoltura Sostenibile e del-la Salute Umana che non tollera, ad esempio, gli OGM proposti dalle multinazionali del cibo ed estremamente dannosi alla sa-

lute umana. La Biennale, inoltre, nasce per dare lustro e centralità alle fertili e soleggiate Terre del Mezzogiorno d’Italia che il pro-getto della Fondazione “Paolo di Tarso” candida a “Casa conviviale delle Nazioni del Mediterraneo”. Ed è proprio nel Borgo antico di Altomonte seduti alla nota tavola dell’Hotel Barbieri, che i Manager hanno redatto la richiesta diretta alla Fondazione “Paolo di Tarso”, di poter contribuire all’organiz-zazione della Biennale. La spe-cializzazione dei Manager di He-althy Italia (www.healthyitalia.it) è quanto occorre ad una grande organizzazione che desidera pro-muovere l’Agricoltura Sostenibile e gli alimenti della Dieta Medi-terranea e si è brindato al primo successo dei Manager di Healthy Italia. La biennale della Dieta Me-diterranea si propone di istituire nel Mezzogiorno d’Italia un’orga-nizzazione permanente capace di attrarre le Nazioni verso uno dei luoghi più fertili del mondo e dove, ancora, è possibile parlare

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di Cibo “Sano” e del Diritto Uma-no ad accedervi. Non si tratta di filosofia ma di una realtà che ha una logica ben precisa che sta crescendo dal basso, giorno dopo giorno, e sta aggregando piccole e grandi organizzazioni. Tra esse Università, Comuni, Scuole, Par-chi Nazionali e migliaia di Giova-ni. Ma non è tutto qui. La Bien-nale, infatti, si propone anche di lavorare sul concetto di “Politica” per riabilitarne la vera funzione sociale. Un’occasione importan-te per ridiscutere la politica da intendere quale vocazione ad una missione alta, espressio-ne di carità umana e autentico servizio verso il prossimo. Chi sono i manager della dieta me-diterranea e della sostenibilità

ambientale? Sono giovani esper-ti (ma non solo giovanissimi) provenienti da diversi ceppi for-mativi come gli studi in Agrono-mia, Pubblica Amministrazione, Economia, Biologia, Ambiente, Nutrizione, riuniti e formati nel Di.B.E.S.T. - Dipartimento di Biolo-gia, Ecologia e Scienze della Terra all’interno del Master in “Green Economy, Dieta Mediterranea e Sostenibilità Ambientale: Mana-gement in Sicurezza, Qualità ed Economia Agroalimentare” diret-to dalla professoressa Luana Gal-lo. Questo Master ha colmato un vuoto strategico nel settore ed è il primo in un contesto interna-zionale ad avere offerto questo tipo di specializzazione, capace di aprire le porte ad un futuro più

consapevole nella direzione della gestione del Patrimonio Cultura-le ed economico rappresentato dalla Dieta Mediterranea, indivi-duata dalle Nazioni Unite quale modello alimentare idoneo al futuro dell’umanità fondamen-talmente per due motivi: è meno idrovoro e contrasta le malattie non trasmissibili come cancro, diabete, obesità, malattie car-diovascolari e respiratorie. Non a caso le Nazioni Unite tramite l’UNESCO - l’Organizzazione che si occupa dell’Educazione, della Scienza e della Cultura – hanno proclamato la Dieta Mediterra-nea Patrimonio Immateriale dell’Umanità

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La Redazione ringrazia

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MagazinePR XEN Ia

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Più è lungo il tempo speso in comportamenti seden-tari maggiore è il rischio di diabete, secondo un’a-

nalisi del Diabetes prevention program (Dpp), studio multicen-trico pubblicato nel 2002 sul New England Journal of medicine. Il Dpp si proponeva di verificare se un calo di peso ottenuto con modificazioni dello stile di vita o con la terapia a base di metfor-mina, potesse prevenire o ri-tardare la comparsa di diabete

di tipo 2 nei partecipanti allo studio, tutti sovrappeso e pre-diabetici, ossia con glicemie più alte del normale ma non ancora patologiche. Il nuovo studio pub-blicato su diabetologia, prima autrice Bonny Rockette –Wagner del Dipartimento di epidemiolo-gia all’università di Pittsburgh in Pennsylvania, descrive i risultati ottenuti randomizzando 3232 adulti in sovrappeso a un inter-vento sullo stile di vita, all’assun-zione quotidiana di metformina

oppure a un trattamento con placebo. <L’intervento sullo stile di vita prevedeva strategie com-portamentali come l’automoni-toraggio glicemico e almeno 150 minuti di attività fisica moderata la settimana > spiega la ricer-catrice, ricordando che i parte-cipanti venivano incoraggiati a limitare i comportamenti seden-tari. E dopo 3 anni di follow-up, il tempo medio giornaliero speso a guardare la tv risultava signifi-cativamente ridotto nei soggetti

Dott.ssa Francesca GermanoBiologo Nutrizionista

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

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PER PREVENIRE IL DIABETEva ridotta la sedentarietà

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PER PREVENIRE IL DIABETEva ridotta la sedentarietà

avviati alle modifiche dello stile di vita rispetto i gruppi metfor-mina e placebo: 22 contro 3 e 8 minuti, rispettivamente. <Ma la scoperta interessante è che in tutti i gruppi, fatti i necessari ag-giustamenti per l’attività fisica e altri fattori confondenti, ogni ora al giorno trascorsa a guardare la tv si associa ad un aumento del 3,4% delle probabilità di sviluppa-re diabete > aggiunge l’autrice, precisando che la sedentarietà è stata valutata con questionari somministrati da intervistatori che comprendono indicazioni sul tempo impiegato in attività a basso dispendio energetico. Nell’arco del follow-up, durato in media 3,2 anni, è emersa una riduzione media del tempo se-dentario nel gruppo stile di vita rispetto i trattati con metformina o placebo. <Combinando i dati di tutti i partecipanti, abbiamo no-tato un’associazione diretta del rischio del diabete con il tempo

trascorso alla televisione, evi-dente anche dopo aggiustamen-to per età, sesso, braccio di trat-tamento e grado di attività fisica nel tempo libero, e attenuato dal peso in funzione del tempo > sot-tolinea Bonny Rockette –Wagner , aggiungendo che nel Dpp l’inter-vento sullo stile di vita è risulta-to efficace nel ridurre il tempo sedentario, e che in tutti i bracci di trattamento gli individui meno sedentari avevano un minor ri-schio di diabete. <Oltre ad au-mentare l’esercizio fisico, i futuri programmi di intervento sullo sti-le di vita dovrebbero sottolineare la necessità di ridurre le attività a scarso dispendio energetico: guardare al tv, usare il computer o stare seduti mentre si ci sposta o si va a lavoro. Tali comporta-menti sedentari, infatti, sono potenziali fattori di rischio per il diabete e la sindrome metaboli-ca, indipendentemente dall’atti-vità fisica svolta>.

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IMPORTANTE RELAZIONE TRA ODONTOIATRIAE MEDICINA ESTETICA:

L’odontoiatria dei nostri gior-ni, a livello europeo si è avvi-cinata sempre di più alla pra-tica della medicina estetica

del viso e non solo. Svariati fattori hanno contribuito all’estensione delle proposte terapeutiche di medicina estetica nello studio dentistico. Praticare trattamenti del viso significa pensare ad un completamento dell’estetica del sorriso del nostro paziente, che deve includere anche il tratta-mento del collo e del décolleté, e l’odontoiatra rischia di mini-mizzare il proprio lavoro se non inserisce il suo splendido dipinto (la bocca) in una cornice adegua-ta (il viso). E’ chiaro a tutti che il benessere di una persona passa anche per la naturalezza delle labbra, del contorno bocca, del viso, del collo e del décolleté e sta alla nostra sensibilità , pre-parazione, proporre trattamenti estetici secondo scienza, cono-scenza e coscienza. L’improvvi-sazione, affidandosi a messaggi

pubblicitari più o meno leciti, ma sicuramente accattivanti, circa l’utilizzo di apparecchiature di medicina estetica(radiofrequen-za, veicolazione transdermica, soft surgery o chirurgia non abla-tiva ecc.) concesse in “comodato d’uso gratuito”, non conoscendo-ne il funzionamento, le indicazio-ni e soprattutto le controindica-zioni, costituisce un vulnus per la nostra professione, esponendoci a conseguenze spiacevoli.

SOFT SURGERY: La Chirurgia non Ablativa è una tecnica di chirur-gia dermatologica semplificata che si pratica mediante uno stru-mento (PLEXR) che consente di far sublimare i tessuti trattati senza causare danni ai tessuti circo-stanti. Questa tecnica è nata dal-la necessita di intervenire su pa-tologie o inestetismi, dove risulta difficoltoso l’utilizzo del laser (per il coefficiente di riflessione o di assorbimento) o del diater-mocauterio (per la bassa con-

duttanza elettrica del tessuto) o del Felc (per la sua incapacità di trattare tessuti vascolarizzati). Con il PLEXR l’incremento termi-co per effetto Joule coinvolgerà unicamente i tessuti più esterni sublimando sia su tessuti cattivi conduttori sia, a differenza del Felc, su tessuti normoconduttori (macchie cutanee, nevi, condilo-mi, fibromi, rughe, verruche, xan-telasmi,cicatrici,cheloidi), senza causare avvallamenti, discromie, e, molto importante, senza dover usare anestetici, tranne che per particolari tipologie d’intervento. La parte trattata, inoltre, raffred-dandosi automaticamente per evaporazione dei liquidi lesiona-li durante l’intervento (nel caso di patologie a conduttanza termica uguale a quella dei tessuti sani), non surriscalda i tessuti circo-stanti, evitando danni ai tessuti perilesionali. Non è necessario ricorrere all’uso di anestetici iniettabili, punti di sutura e me-dicazione con cerotti o creme an-

Dr. Walter AmedeoDentista

Studio Dentistico Amedeo-Lo ScalzoVia Giacomo Mancini, 26 Int. 1 - Cosenza

Tel. 0984 75385 - Cell.347.6458005

Maggio 2015

Intervista al Dott. Walter Amedeo

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tibiotiche, intervenendo sui tes-suti senza alcun sanguinamento della zona trattata.

RADIOFREQUENZA : Apparecchia-tura “touch & go”efficace nel campo della Medicina Estetica. Questo dispositivo medico sfrut-ta la Radiofrequenza per indurre una biostimolazione dei distretti corporei che hanno perso ela-sticità, evitando un eccessivo surriscaldamento dei tessuti e il conseguente danno cellulare. L’aumento controllato e localiz-zato della temperatura favorisce il ricompattamento delle fibre di collagene e produce un effetto li-fting immediato, con progressivo miglioramento nei giorni succes-sivi. • Apparecchiatura che sfrutta le onde elettromagneti-che in un range di frequenze dai 550 kHz ai 4 MHz. Tutte le parti a contatto con la cute sono realiz-zate in materiale biocompatibile. Metodica non invasiva e in conti-nua evoluzione Radiofrequenza resistiva con elettronica di ulti-ma generazione• Sistema interattivo con ricono-scimento della cute• Erogazione della potenza con-trollata in uscita• Potenza effettiva 100W• Sistema di emissione graduale del segnale• Programmazione intuitiva me-

diante monitor touch screen per i vari distretti corporei con para-metri reimpostati• Manipoli (bipolari e monopolari) ergonomici con sonda in acciaio medicale• Manipoli bipolari con anelli con-centriciTrattamento viso:• Rughe• Acne• Lassità cutanea del: Profilo mandibolare, Sottomento, Guan-ce, Sopracciglia, Decolleté.

FILLER : I filler sono materiali che vengono iniettati nel derma o nel tessuto sottocutaneo allo scopo di riempire una depressione o di aumentare i volumi. Sono Tran-sitori in quanto il loro effetto co-smetico-clinico cessa dopo qual-

che tempo. Tra i più adoperati vi sono l’acido ialuronico, che è uno zucchero presente in tutte le spe-cie animali e che non richiede al-cun test prima dell’inoculazione ed il collagene, ambedue consi-derati filler transitori.

CONCLUSIONITutte le tecniche ed i materiali descritti sono estremamente semplici poco invasive, con risul-tati duraturi nel tempo ,a condi-zione che ad usarle sino persone competenti ed informate, estre-mamente professionali,e ci con-sentono di integrare La nostra professione di Dentisti offrendo ai nostri pazienti oltre alla cura dei propri denti anche l’estetica di tutto il viso.

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La Dieta Mediterranea, pro-clamata nel 2010 dall’UNE-SCO patrimonio culturale dell’umanità, è caratteriz-

zata da un modello nutrizionale, rimasto immutato per secoli, costituito principalmente da ce-reali, olio di oliva, frutta fresca o secca, verdure, pesce, latticini e carne, molti condimenti e spezie, il tutto accompagnato da vino o infusi. Essa, intesa soprattutto come modo di vita si è sempre carat-terizzata nel rispetto per il terri-torio e per la biodiversità, nella conservazione e nello sviluppo delle attività tradizionali e dei mestieri delle comunità del Me-diterraneo. I princìpi più importanti della die-ta mediterranea sono contenuti nelle prima piramide alimentare (nata nel 1992 a cura del diparti-mento dell’agricoltura statuni-tense).

Il cui intero impianto venne poi rielaborato nel 2005.

Tale stile di vita mediterraneo, come hanno dimostrato molti studi e ricerche, può risultare uti-le alla prevenzione e anche alla cura di molte patologie assai dif-fuse nel mondo occidentale.Ad esempio può servire a ridur-re il rischio di diabete come so-stiene uno studio della “Atene Harokopio University”, il quale ha accertato che nelle persone sane che seguono questo tipo di dieta il rischio di diabete si ridu-ce del 21%, indipendentemente dall’età, sesso, razza o cultura, ri-spetto alle persone del gruppo di controllo. Nelle persone, poi, a ri-schio malattie cardiovascolari, il rischio di diabete arriva a ridursi del 27%, sempre rispetto ai parte-cipanti al gruppo di controllo che aveva seguito altri regimi dieteti-ci controllati.

E’ stato evidenziato, inoltre, come essa sia valida non solo a prevenire gli infarti e allontanare l’Alzheimer e la demenza senile, ma anche ad abbassare l’infiam-mazione cronica e dunque a proteggere l’organismo da tutte quelle malattie che si sviluppano proprio su base infiammatoria. Secondo uno studio spagnolo, infatti, pubblicato sul Canadian Medical Association Journal (CMAJ), una tale dieta aiuta cuore e arterie e la sua azione è effica-ce contro la cosiddetta sindrome metabolica, costituita da una se-rie di squilibri metabolici da ca-talogarsi come fattori di rischio cardiovascolare, di diabete e di morte precoce.La sindrome in genere viene dia-gnosticata quando sono presenti

La Dieta Mediterranea

tre o più di cinque fattori di ri-schio: girovita di grandi dimen-sioni, pressione alta, bassi livelli di colesterolo buono (o HDL), tri-gliceridi e glicemia alti. Gli effetti benefici sulla salute derivereb-bero da alcune sostanze presenti negli ingredienti della dieta me-diterranea e, tra questi, gli acidi grassi monoinsaturi (che si trova-no nell’olio d’oliva), che possono sostituire gli acidi grassi saturi. Secondo poi uno studio della Co-lumbia University Medical Scho-ol, pubblicato sul Clinical Journal of American Society of Nephrolo-gy (CJASN), è stato scoperto che accertato che l’alimentazione tende a svolgere un ruolo di pri-mo piano nella progressione di una malattia renale cronica.Secondo questa ricerca seguire strettamente i principi della die-ta mediterranea può ridurre il ri-schio di sviluppare una malattia renale cronica fino al 50 per cen-to e del 42% di andare incontro al rapido declino della funzione renale.Un’ulteriore conferma della va-lidità di questa dieta anche a livello genetico arriva dalla ricer-ca americana del Brigham and Woman’s Hospital di Boston che ha verificato nei soggetti presi in esame (tutte donne) che osser-vavano una dieta mediterranea una caratteristica particolare: la

Dott. Pier Francesco BrunoSociologo

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parte finale dei loro cromosomi, i c.d. telomeri, si presentano più lunghi rispetto ad altri soggetti presi in esame. Essendo la minore lunghezza dei telomeri correlata a una minore aspettativa di vita, a maggiori rischi di patologie croniche e influenzata da stili di vita, obe-sità, abitudini alimentari, risulta evidente come la dieta mediter-ranea possa agire positivamente sui cromosomi, elemento chiave della vita. Per quanto riguarda, però, il pranzo che viene portato oggi sulle nostre tavole, pur seguen-do questo tipo di alimentazione, presenta differenze, non mini-mali: cinquant’anni fa sarebbe stato considerato per la presenza di alimenti ricchi di grassi, come salumi, pesce, carni e dolci, un pranzo da riservare ai giorni di festa e da consumare solo in ri-correnze particolari,Molti italiani, poi, pur convinti di seguire una dieta mediterra-nea, in realtà seguono una vera

e propria dieta condizionata dal-le proposte commerciali delle grandi industrie alimentari che difficilmente potrebbe essere ricondotta a uno stile di sana ali-mentazione. Infatti, solo poco più del 50% de-gli italiani si indirizza al consumo di frutta, verdura e legumi, men-tre la restante parte è portata a privilegiare tutti quei prodotti che gli americani definiscono

con disprezzo “cibo spazzatura” (junk food), costituito da una quantità eccessiva di pasta indu-striale, pane bianco, farine raffi-nate, carne e proteine animali, queste ultime indicate da molti come concause di gravi patologie tumorali. Scarsa attenzione viene prestata agli oli e condimenti, alla stagio-nalità dei prodotti (non vengono consumati abbastanza alimenti freschi, di stagione e di origine locale) ed si esagera con zucche-ri raffinati e dolci, uniformando pericolosamente le abitudini ali-mentari dell’infanzia al consumo frequente di merendine, dolcetti e biscotti confezionati. Eppure, come abbiamo visto, ba-sterebbe poco per adeguarsi a uno stile di vita più sano, ricco di alimenti naturali, che consenta di sentirsi meglio e prevenire nu-merose malattie.

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La psicologia umanistica na-sce negli anni Settanta, negli Stati Uniti, sotto l’influenza di quella corrente filosofica

definita come fenomenologico – esistenziale e, fa convergere in sé, il contributo di autori di diver-si orientamenti, sia filosofici che psicologici, che contrari ad ogni forma di riduzionismo psicolo-gico, si fanno interpreti e porta voci della necessità di riportare al centro dell’indagine psicolo-gica la sfera della soggettività e dell’esperienza vissuta.Gli psicologi umanistici era-no convinti che la concezione dell’uomo proposta da queste due correnti di pensiero fosse frammentaria e riduzionista e non fornisse una spiegazione convincente della realtà umana.Il comportamentismo riduceva l’uomo ad una macchina anima-ta unicamente da meccanismi stimolo-risposta rispetto alle sollecitazioni ambientali, col-locandolo in una dimensione astorica e precostituita (il setting sperimentale), trascurandone la dimensione soggettiva ed inte-riore a favore di una sterile ogget-tività. La psicoanalisi freudiana, invece, forniva una impostazione biologica dell’uomo, dominato da forze pulsionali inconsce, talora distruttive, che lo plasmano. Un

uomo schiacciato dalla propria infanzia, condizionato da una natura che andava incontro ine-vitabilmente al conflitto con le norme sociali e destinato a speri-mentare intoppi nel suo sviluppo.In entrambe le scuole di pensie-ro, quindi, venivano trascurati gli elementi fondamentali di una personalità sana e consapevole: l’intenzionalità, la creatività, il libero arbitrio.Gli psicologici umanisti, invece, per primi proposero una visione dell’essere umano come “perso-na globale”, e “unica” nella sua singolarità. Si tratta una visione sia olistica dell’uomo, in quanto attribuisce pari valori alle com-ponenti biologiche, psicologi-che e sociali, che ottimistica, in quanto, ne sottolinea le poten-zialità positive: non siamo solo de terministicamente condizio-nati dalla nostra storia, ma piut-tosto, sono le nostre motivazioni e le nostre risorse a determinare cosa facciamo della nostra vita.La psicologia umanistica sposta il focus dell’attenzione dall’uo-mo malato all’uomo sano con un significativo ribaltamento nella concezione di “salute “ e di “ma-lattia”. Questi elementi, consi-derati nel “qui ed ora” dell’espe-rienza dell’ individuo, rendono la Psicologia Umanistica una vera e

propria Psicologia della Salute, intesa come sviluppo e accre-scimento delle potenzialità della persona. Cambia, ovviamente, anche la modalità di approccio alla problematica umana, sia in termini di metodi che di obietti-vi della ricerca psicologica. Non si ricercano più i “perché” di un fenomeno ma si cerca di com-prenderlo nella sua interezza. L’obiettivo diventa la compren-sione del soggetto nella sua to-talità individuale: l’organismo è un agente attivo che entra in un complesso sistema di relazioni con il mondo, per cui non si può comprenderne un singolo com-portamento se non si conosce la sua storia personale, le sue aspi-razioni, se non si colgono, cioè, la sua visione del mondo e la sua “struttura esistenziale”. Si tratta di una psicoterapia in cui la funzione del terapeuta è quella di creare un’ atmosfera di empa-tia e di accettazione comprensi-va, dove trova spazio non tanto un’interpretazione ma una chia-rificazione in cui si lascia lavora-re il “paziente” nel suo percorso di rivalutazione edespressione di sé . Lo psicote-rapeuta riconosce, così, nel pa-ziente non solo un essere umano al qualerapportarsi con rispetto ed em-

Psicoterapia Umanisticae Analisi Bioenergetica:un connubio inscindibile

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Dott. Cristian ChiappettaPsicologo Psicoterapeuta

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

0984/21724

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patia, ma anche una persona che può essere per se stessa lo stru-mento migliore di esperienza e di crescita. Lo psicoterapeuta, quin-di, non è più l’“esperto” che svelaall’individuo in difficoltà i perché a lui sconosciuti della propria sofferenza (come nella psicoa-nalisi), o che lo addestra a pen-sare in modo più efficace e ad emettere comportamenti più adeguati (come nell’approccio cognitivo - comportamentista): è, invece, un facilitatore, che, rico-noscendo e valorizzando l’unicità dell’esperienza umana, affianca la persona nel processo di evolu-zione, promuovendo in essa un processo autonomo di analisi e risoluzione del problema.Nella mia formazione presso l’I-stituto di Psicoterapia Psicouma-nitas di Roma ho avuto modo di conoscere e imparare delle tec-niche corporee che utilizzo con i miei pazienti e con cui ho otte-nuto ottimi risultati; per spiega-re cos’è l’Analisi Bioenergetica sento il bisogno di esternare due frasi dei miei docenti che rimar-ranno per sempre scolpite nella mia anima e nella mia mente: “Le parole sono spesso scuse per non sentire” Dott. Antonio Lo iacono; “Il corpo è il teatro delle emozioni”Dott.ssa Rossella Son-nino. Partendo dall’assunto che la persona umana può e deve essere studiata nella sua inte-

rezza, il corpo ha cominciato ad essere protagonista in psicotera-pia grazie proprio alla psicologia umanistica che al suo interno ha visto confluire la Bioenergetica di Lowen, la quale si fonda sull’im-portante contributo di W. Reich. A lui si riconosce il merito di aver ampliato ed esteso la tecnica analitica per includervi tutto ciò che ha a che fare con l’espressio-ne e le attività fisiche del pazien-te. L’Analisi Bioenergetica cerca di comprendere la persona nella sua corporeità attraverso l’e-spressione corporea e i processi energetici connessi. Questi pro-cessi, cioè, la produzione di ener-gia attraverso la respirazione e il metabolismo e la scarica di ener-

gia nel movimento, rappresenta-no le funzioni basilari della vita. È una forma di terapia che associa il lavoro sul corpo con quella sul-la mente. Una tesi fondamentale della bioenergetica è che mente e corpo si influenzano a vicenda: quello che succede nella mente si riflette sul corpo e viceversa. Noi “non abbiamo un corpo” ma “siamo il nostro corpo”, espres-sione della nostra vitalità, del nostro passato, del nostro pre-sente e delle nostra esperienza personale e interpersonale, delle nostre consapevolezze, dei no-stri processi inconsci, dei nostri moti, e delle nostre emozioni. L’analisi bioenergetica si avvale, pertanto, di tecniche specifiche e sistematiche nel processo psico-terapeutico e che intervengono tanto sul piano verbale quanto su quello corporeo, cercando di rafforzare il contatto con la ter-ra/realtà del corpo (grounding), intensificando la vibrazione na-turale del corpo e approfonden-do la respirazione, sviluppando una coscienza psicologica, am-pliando le possibilità espressive di movimento e di fluidità co-municativa. In definitiva l’analisi bioenergetica è una tecnica che pone le sue fondamenta proprio sull’importanza d’entrare in con-tatto con se stessi, con il proprio vissuto corporeo e con le sue sensazioni ed emozioni.

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Il fumo di tabacco è un fatto-re di rischio di malattie car-diovascolari. E’ un fattore di rischio modificabile . Fumare

aumenta il rischio di malattia co-ronarica , ictus cerebrale ,infarto e malattie vascolari periferiche a qualsiasi livello di pressione ar-teriosa .Il fumo passivo è anche associato

Danno cardiovascolare da fumoad aumentato rischio di patolo-gia cardiovascolare .L’uso di tabacco riduce il cole-sterolo HDL . La sospensione del fumo migliora altri fattori di ri-schio cardiovascolare . In un re-cente studio , il colesterolo LDL diminuiva del 5,6 % ed il coleste-rolo HDL aumentava del 3,4% in soggetti che avevano smesso di fumare e di masticare gomma nicotinica per almeno 12 setti-mane .Nel fumo di tabacco vanno distin-ti due tipi di componenti : - sostanze allo stato gassoso : la più importante per gli effetti sull’organismo è l’ossido di car-bonio ( CO ) ;-sostanze allo stato di sospen-sione : ( che pur disperdendosi nell’aria rimangono allo stato solido ) . Esse sono la nicotina ed il catrame ( che contiene alcune centinaia di sostanze , in gran

parte idrocarburi ) . L’ossido di carbonio ( CO ) che si genera con il fumo di tabacco è un gas nocivo che si lega all’e-moglobina dei globuli rossi , che non può perciò più legarsi all’os-sigeno . Così una parte dei globuli rossi non può trasportare ossige-no e , quindi , diminuisce l’ossige-nazione dei tessuti .La nicotina ed il CO favoriscono il deposito di grassi sulla parete delle arterie e questo determina un restringimento ed un induri-mento dei vasi . Ne deriva un ral-lentamento della circolazione , che può avere gravi conseguenze ( come la formazione di trombi ) a livello del cuore ( infarto ) , del cervello ( ictus ) e degli arti infe-riori ( arterite ) .La nicotina provoca la mobilizza-zione delle catecolamine , per cui si può avere : a) aumento della frequenza car-

Dr. Giuseppe ChiappettaCardiologo

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

0984/21724

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diaca ;b) aumento della contrattilità atriale e ventricolare ;c) aumento della velocità di conduzione nell’atrio , nel nodo atrio-ventricolare e nel ventrico-lo d) aumento dell’eccitabilità mio-cardica e della suscettibilità del ventricolo alla fibrillazione .Fumare o essere esposti a fumo passivo produce numerosi effetti sul cuore e sui vasi sanguigni . La nicotina contenuta nella sigaret-ta aumenta temporaneamente la pressione sanguigna , il batti-to cardiaco e di conseguenza la

quantità di sangue pompata dal cuore . Il monossido di carbonio ( CO ) riduce la quantità di ossi-geno presente nel sangue . Inol-tre , il fumo di sigaretta incide negativamente sulle piastrine e aumenta la densità del sangue . Tutti questi effetti danneggiano il sistema cardiovascolare . Il fumo è il principale fattore di rischio per il sistema vascolare periferi-co , favorendo la formazione di trombi a livello degli arti inferiori e superiori . Tra le persone con vasculopatie periferiche la mag-gioranza sono fumatori . Il fumo di sigaretta è uno dei principali

fattori di rischio per l’infarto . Più sigarette una persona fuma , più è a rischio d’infarto . L’angi-na pectoris si verifica quando il cuore non riceve una sufficien-te quantità di ossigeno ; questo provoca un forte dolore al petto. Ogni anno più di 500.000 persone in Europa , 90.000 delle quali in Italia , muoiono in conseguenza dell’utilizzo del tabacco . Molte di queste morti sono premature ed in media le vittime perdono 21 anni di aspettativa di vita . Il 30% delle morti correlate al fumo di tabacco sono dovute a malattia cardiovascolare .

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36 HEALTH MAGAZINE

Negli ultimi anni, si sono verificati dei cambia-menti radicali nell’ambi-to della psicologia; che

in un primo momento, hanno portato ad un netto miglioramen-to, soprattutto, nell’acquisizione di nuove metodologie rivolte al benessere della collettività. Il primo cambiamento si verificò negli anni ‘70, con l’introduzione della psicologia come percorso di studi universitario che aveva e ha tutt’ora, il compito di far acquisi-re agli studenti le basi della psi-cologia ed elementi di medicina. Dopo aver conseguito la laurea in psicologia, ogni soggetto può scegliere una scuola di specializ-zazione in psicoterapia, in base “all’approccio terapeutico” ver-so cui mostra interesse. Infatti, tra le più annoverate, troviamo la psicoterapia cognitivo-com-portamentale, la sistemico rela-zionale, la sistemico familiare e

la psicodinamica; quest’ultima, le comprende tutte, in quanto nasce e si sviluppa per miglio-

rare quei lati oscuri che gli altri approcci terapeutici non sono riusciti a migliorare perché trop-

Dott. Cristian ChiappettaPsicologo Psicoterapeuta

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0984/21724

La Psicoterapia:Ieri e Oggi

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La Psicoterapia:Ieri e Oggi

po ancorati al concetto di “psi-coanalisi”, che considerano il paziente parte di un percorso terapeutico prestabilito da con-dizionamenti. La Psicodinami-ca, invece, considera il paziente come parte integrante della re-lazione terapeutica, infatti, nella terapia psicodinamica paziente e terapeuta stringono “un’alleanza terapeutica”; ciò significa che il terapeuta deve saper accogliere il paziente e creare un rapporto empatico, che servirà durante il percorso terapeutico per rendere manifeste le dinamiche emozio-nali del paziente e, cercare insie-me ad esso, di carpire le proprie motivazioni estrinseche ed in-trinseche. Oggi, purtroppo, è evi-dente come ci sia una scarsa in-formazione circa le attività dello psicologo, dello psicoterapeuta e di quel poco che è rimasto della psicoanalisi. In tutto ciò bisogna considerare che, per mancanza

di tutela e informazioni errate su questo settore professionale, molte persone incorrono in delle figure parallele che non hanno delle qualifiche per svolgere un percorso psicoterapico e che con grande disinvoltura e superfi-cialità si arrogano il diritto di far intraprendere dei percorsi che

portano al nulla. È importante, a mio avviso, effettuare dei con-trolli da parte del paziente, sul tipo di orientamento che il tera-peuta segue e se risulta iscritto ad un albo; tutto ciò rientra nei diritti del paziente, a tutela della sua salute psichica e delle risorse economiche da impiegare.

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38 HEALTH MAGAZINE

Dott. Cristian ChiappettaPsicologo Psicoterapeuta

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Dr. Giuseppe ChiappettaCardiologo

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

Dott. Pier Francesco BrunoSociologo

Dr. Walter AmedeoDentista

Studio Dentistico Amedeo-Lo ScalzoVia Giacomo Mancini, 26 Int. 1 - Cosenza

Dott.ssa Francesca GermanoBiologo Nutrizionista

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

Dr.ssa Rita MocciaroMedico Chirurgo

Specialista in Ginecologia e OstetriciaHealth Center

Centro Biomedico e Nutrizionale

Dr. Giovanni Carlo GalloNefrologo

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

Dott. Emanuele ManesBiologo Nutrizionista

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

Dott.ssa Valentina MazzucaBiologo Nutrizionista

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

Dott. Ennio Avolio Biologo Nutrizionista

Health CenterCentro Biomedico e Nutrizionale

Dott. Corrado Rossi Manager

Direttore ResponsabileHealth Magazine

HannoCollaborato

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