Health Online 19

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IL PERIODICO DI INFORMAZIONE SULLA SANITÀ INTEGRATIVA maggio/giugno 2017 - N°19 IN EVIDENZA TUMORE ALL’OVAIO, UN MALE SILENTE DIFFICILE DA DIAGNOSTICARE NELLA FASE INZIALE. INTERVISTA ALLA DOTT.SSA ANNA BAGNATO, RICERCATRICE AIRC MALATTIE RARE SCARSA INFORMAZIONE SOLIDARIETÀ La Sindrome da Cromosoma X Fragile AIDS: il Ministero della Salute lavora un vademecum conoscitivo Banca delle Visite, la nuova piattaforma web solidale

Transcript of Health Online 19

Il perIodIco dI InformazIone sulla sanItà IntegratIva

HEALTHmaggio/giugno 2017 - n°19

In evIdenzatumore all’ovaIo, un male sIlente dIffIcIle da dIagnostIcare nella fase InzIale. IntervIsta alla dott.ssa anna Bagnato, rIcercatrIce aIrc

malattIe rare

scarsa InformazIone

solIdarIetà

La Sindrome da Cromosoma X Fragile

AIDS:il Ministero della Salute lavora un vademecum conoscitivo

Banca delle Visite, la nuova piattaforma web solidale

Coopsaluteil primo network italiano in forma cooperativa

al servizio della salute e del benessere

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ITALIA

“La salute è la più grande forza di un popolo civile”

HealtH onlIneperIodIco BImestrale dI

InformazIone sulla sanItà IntegratIva

anno 4° maggio/giugno 2017 - n°19

dIrettore responsaBIlenicoletta mele

dIrettore edItorIaleIng. roberto anzanello

comItato dI redazIonealessandro Brigato

mariachiara manopulogiulia riganelli

dIrezIone e proprIetàHealth Italia

via di santa cornelia, 900060 - formello (rm)

[email protected]

tutti i diritti sono riservati.nessuna parte può essere

riprodotta in alcun modo senza permesso scritto del direttore editoriale. articoli, notizie e recensioni firmati o siglati

esprimono soltanto l’opinione dell’autore e comportano di

conseguenza esclusivamente la sua responsabilità diretta.

IscrItto presso Il regIstro stampa del trIBunale dI tIvolIn. 2/2016 - diffusione telematican.3/2016 - diffusione cartacea

9 maggio 2016

ImpagInazIone e grafIcagiulia riganelli

tiratura 101.905 copie

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potrai scaricare la versione digitale di questo numero e

di quelli precedenti!

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HEALTH

Dalle colonne del nostro periodico affrontiamo, con la massima chiarezza da sempre i temi inerenti la sanità con la ferma convinzione che la salute sia il primo dovere di ciascuno di noi e verso i nostri cari e un diritto sancito costituzionalmente ed in questa prima parte dell’anno 2017 ci sembra opportuno quindi fare il punto della situazione per comprendere bene cosa dobbiamo fare tutti insieme.

Nel 2016 la spesa complessiva che in Italia è stata utilizzata per la sanità ha raggiunto, secondo le più recenti stime, 149 miliardi di euro, dei quali 113 circa di spesa pubblica e poco più di 36 di spesa out of pocket.

La spesa pubblica ha raggiunto un livello che, se correlato alla situazione economica generale e del paese, difficilmente potrà essere incrementato di molto e che, comunque, a fronte di qualsiasi incremento difficilmente potrà soddisfare le necessità sanitarie di ogni cittadino, fermi restando gli attuali indici di invecchiamento della popolazione, di ampliamento della scienza medica e di sviluppo delle tecnologie sanitarie.

Da una recente analisi risulterebbe che, se fossero efficientata la gestione, reso più efficace il modello, razionalizzate le procedure, governate meglio le forniture ed evitati gli sprechi, degli attuali 113 miliardi di euro spesi per la sanità pubblica ben 22 miliardi potrebbero essere meglio finalizzati alle cure ed alla prevenzione.

Al di là di comprendere la validità economica dei parametri stimati quello che ci preme sottolineare è che la spesa sanitaria pubblica richiede oggi indispensabili ed opportuni interventi mirati a garantire una maggiore efficienza, rimanendo però fermo il concetto che la valutazione degli indici sulla vita media e sulla crescita della scienza medica impongono la scelta obbligata di indirizzare questo denaro verso le fasce più deboli della popolazione, essendo impossibile incrementare in modo sensibile l’esborso dello stato ed essendo impossibile che tale esborso sia sufficiente a consentire cure complete a tutti.

Di controverso la spesa privata cresce in maniera sostenuta e la tendenza statistica ci indica che crescerà necessariamente in questo modo per oltre 10 ulteriori anni, ma i dati ci dicono che viene utilizzata non in maniera corretta.

Infatti degli oltre 36 miliardi di euro che gli italiani spendono per la propria salute solo 4,5 miliardi sono intermediati e di questi solo 2,5 miliardi sono intermediati da forme di sanità integrativa mentre altri 2 miliardi sono

intermediati dalla sanità privata.

Si può quindi ragionevolmente sostenere che il mercato della sanità integrativa sarà un mercato in forte crescita per almeno i prossimi 10 anni con evoluzioni sempre più marcate mano a mano che sempre più aziende e cittadini comprenderanno che la soluzione per la salute di dipendenti ed individui sta nella sanità integrativa.

La sanita integrativa, che viene gestita dagli enti a questo dedicati quali Fondi Sanitari, Società di Mutuo Soccorso e Casse di Assistenza Sanitaria, che ricordiamo essere enti senza scopo di lucro governati dalle complete ed articolate legge vigenti, si sta intensamente rinnovando in termini sia di qualità dei servizi offerti che di modalità di erogazione delle prestazioni e sarà in grado di soddisfare le necessità sanitarie di sempre più ampie fasce della popolazione, oltre i circa 9 milioni di associati che oggi già ne usufruiscono, mano a mano che sempre più cittadini vorranno usufruire di questa soluzione, che essendo basata sul concetto di mutualità consente di massimizzare l’efficienza maggiore è il numero degli aderenti.

Diventa quindi sempre più vero il fatto che la sanità integrativa, gestita dagli enti che la legge disciplina essere dedicati a questo, non è una forzatura del sistema ma una scelta opportuna che consente di ottenere un corretto equilibrio tra spesa pubblica, diritti dei cittadini ed equità sociale.

Con questi dati che confermano quello che sosteniamo da tempo la strada è già tracciata e dobbiamo tutti essere consapevoli che non si tratta di valutare delle possibili opzioni ma di seguire con determinazione una scelta strategica che appare ogni giorno sempre più necessaria: l’efficientamento della sanità pubblica e l’ampliamento della sanità integrativa dovrebbero diventare uno modus operandi che ciascun governante, ogni politico, tutti i cittadini e qualsiasi azienda dovrebbe fare proprio.

Solo in questo modo daremo corpo al nostro dovere verso la salute di ciascuno di noi ed al diritto costituzionale ad una buona salute per ognuno, creando un mercato della sanità sano ed in crescita con soluzioni opportune di sanità pubblica e di sanità integrativa.

Una scelta opportuna per operare la quale è sufficiente che ognuno faccia la propria parte con buona pace di coloro che per interessi economici, corporativi o di settore tentano di confondere le acque a dispetto di una chiarezza che è espressa dai numeri, dalla logica, dalle leggi e dai diritti sociali.

A cura di Roberto AnzanelloedItorIale

un mercato in crescita e soluzioni opportune: una scelta necessaria

SoM

MA

RIo

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DoN ARICe denuncia la CuLtuRA DeLLo SCARto

La nuova ReSpoNSAbILItà SANItARIA

uLCeRA peptICA, una malattia da NoN SottovALutARe

bANCA DeLLe vISIte, la solidarietà viaggia sul web

tuMoRe ALL’ovAIo, un male silenteDIFFICILe DA DIAgNoStICARe nella fase inziale

In evIdenza

18MALAttIe RARe: la Sindrome da CRoMoSoMA X FRAgILe

27MeNopAuSA, l’importanza di vIveRLA AL MegLIo

SoM

MA

RIo

34L’ADRoteRApIA contro i tumori NeI NuovI LeA

36

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Le RICetteDeLLA SALute

AIDS: scarsa informazione. Il Ministero della Salute lavora un vADeMeCuM CoNoSCItIvo

30eMoRRoIDI: una patologia tRA tAbù e IMbARAzzo

HeALtH tIpsSapevi che...

sapevi che la pratica dello scrub era già conosciuta in grecia ed in medio oriente? si trattava di un rituale di purificazione da effettuare prima della preghiera. oggi, come pratica di bellezza, viene utilizzata per favorire la nascita di un nuovo strato di pelle, nonché l’ossigenazione. effettua regolarmente questa buona pratica, il risultato sarà una pelle più liscia e rinnovata, ma non dimenticare di utilizzare a fine trattamento una crema idratante.

I reni sono i signori delle acque del corpo: depurano il sangue e mantengono l’equilibrio della pressione ematica nei vasi sanguigni. per mantenerli sani è utile assumere un bicchiere di acqua tiepida la mattina a digiuno, sudare regolarmente e bere tisane o infusi come quelli all’ortica, potente diuretico naturale e previene la formazione della renella, o alla bardana.

Il grano saraceno regola la pressione sanguigna, grazie all’apporto di magnesio. Ha proprietà diuretiche e rafforza l’intestino. grazie al suo alto contenuto di vitamine del complesso B, è consigliato per persone che soffrono di disturbi al fegato.

Il nostro cervello, se allenato, può invecchiare più

lentamente rispetto al nostro corpo. alcuni studi hanno

inoltre evidenziato come certi videogiochi possono

aiutare le persone anziane a tenere la mente in attività.

l’esame audioemtrico è un esame ambulatoriale in grado di fornire indicazioni utili sull’udito del paziente sia dal punto di vista quantitativo che da quello qualitativo. all’interno di una “cabina silente”, lo specialista esegue un’audiometria tonale, misurando la soglia uditiva per via aerea e via ossea, per ricevere informazioni sulla capacità uditiva, e un’audiometria vocale, per valutare la capacità di comprensione delle parole da parte del paziente.

sapevi che l’olio di avocado aiuta a contrastare le smagliature? contiene infatti sostanze come

vitamine a, d ed e ed oltre il 20% di acidi grassi essenziali insaturi, veri rigeneratori della cute.

abbinandolo a qualche goccia di oli vegetali o essenziali (da utilizzare sia durante

il massaggio che in un bagno rigenerante) ne aumenti l’effetto;

i più indicati sono l’olio di rosa mosqueta e l’essenza di neroli.

molto ricco di vitamina c e di

luteina, uno dei più potenti antiossidanti

in natura, il kiwi fa bene al cuore,

alla vista, agli sportivi, combatte

l’invecchiamento e la stitichezza:

meno maturo è il frutto e più forte sarà il suo

potere lassativo.

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Banca delle visite, la solidarietà viaggia sul web

a cura dimariachiara manopulo

Duepuntozero Doxa ha realizzato un’interessante ricerca

per paypal Italia e Rete del Dono. Si chiama “Donare 3.0”,

e conferma come oggi gli italiani siano sempre più digital

anche per quanto riguarda la solidarietà.

Rispetto al 2014, nel 2015 sono stati infatti il 4% in più le

persone che hanno voluto fare beneficienza online.

I donatori “regolari” sono un po’ diminuiti, ma sempre più

italiani scelgono di fare una donazione a un’associazione

o di acquistare un regalo solidale per qualche ricorrenza

particolare.

Le associazioni alle quali sono state fatte donazioni nel 2015

sono state principalmente quelle legate alla categoria

“Salute e alla ricerca” (60%),

seguite da “Assistenza sociale”,

“Sostegno e servizi per disabili”

e “tutela dell’ambiente e degli

animali”.

Internet è quindi la chiave di

volta per avere informazioni,

scegliere e decidere come

donare, anche con poco

tempo a disposizione. Sono

sempre di più le charity presenti

sul web che danno agli utenti la

possibilità di fare una donazione

in modo facile e veloce.

Curarsi sta diventando sempre

più costoso: il Servizio Sanitario Nazionale, si sa, soprattutto

in molte regioni italiane ha i suoi (lunghi) tempi, e non tutti

possono permettersi di aspettare la scalata delle liste di

attesa. Allora ci si può rivolgere al privato, con costi ben

diversi…

ed ecco che sceglieresalute, start up del gruppo Health

Italia, nota per essere il “tripadvisor” della sanità, ha deciso

di fare la sua parte, creando la Banca delle visite. Si tratta

di una piattaforma web in cui i cittadini, ma anche le

aziende, possono acquistare una visita medica presente

in un elenco, oppure donare una somma di denaro libera

che concorrerà, assieme alle altre donazioni, all’acquisto

di visite o prestazioni. a custodire le donazioni raccolte ci

pensa la fondazione Basis, un ente no-profit dedicato alla

promozione e lo sviluppo di iniziative culturali, educative,

formative, integrazione sociale e assistenza sanitaria.

L’obiettivo è aiutare chi non può permettersi una visita

medica a pagamento, chi non può attendere i tempi

del Servizio Sanitario Nazionale, e chi ha bisogno di cure

immediate. Sono più di 12 milioni, secondo gli ultimi dati, i

cittadini italiani che nell’ultimo anno, prevalentemente per

motivi economici, hanno rinviato o rinunciato a curarsi.

e allora, perché non aiutarli, donando direttamente una

visita? È la filosofia del caffè sospeso, tanto in voga a Napoli

già nel secondo dopoguerra.

Il cittadino che ne avrà bisogno, potrà richiedere una delle

prestazioni disponibili in Banca. La selezione del beneficiario

della visita è a cura della Fondazione basis. “Ricevuta una

richiesta – ha spiegato giuseppe Lorusso, fondatore di

ScegliereSalute – il cittadino viene messo in contatto con il

medico o il centro. e la onlus paga la prestazione utilizzando

i soldi del conto”.

chi fa una richiesta deve inviare

un’autodichiarazione sulla

privacy e sul proprio stato di

indigenza, assieme a un video

di presentazione: “È un modo

perché ci mettano la faccia –

afferma Lorusso – non abbiamo

altri strumenti per controllare

la buona fede dei nostri

interlocutori. Ma fino a oggi

abbiamo raccolto esperienze

davvero toccanti, che ci fanno

capire la validità del nostro

progetto”.

Sul sito sono disponibili i video di chi ha già avuto una visita in

dono, ma anche l’elenco delle aziende sostenitrici.

La banca delle visite è un progetto di solidarietà forte,

innovativo, e importante, che si serve della rapidità del web

per regalare a più persone possibili – bisognose – la possibilità

di garantire il diritto alla salute.

per maggiori informazioni:

https://www.sceglieresalute.it/la-banca-delle-visite

ua piattaforma web in cui acquistare una visita medica presente in un elenco, oppure

donare una somma di denaro libera che concorrerà, assieme

alle altre donazioni, all’acquisto di visite o prestazioni

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Caritas della ParroCChia di san lorenzo Martire

la Fondazione ha elaborato un sussidio sanitario che consente la copertura di spese per medicinali e spese mediche che il servizio sanitario nazionale non copre

adeguatamente. in questo modo i costi medici sostenuti dalle

famiglie sono alleggeriti e le stesse famiglie sono stimolate a curare e

preservare la loro salute!

Museo del Mutuo soCCorso

la Fondazione ha ereditato da MBa la collezione del Museo del Mutuo

soccorso; il museo, nato con la volontà di raccogliere significative testimonianze sulla storia del movimento mutualistico dal 1886 ad oggi, si prefigge da un lato

di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e dall’altro di promuovere la conoscenza e

la ricerca sul tema della Mutualità.

la Fondazione Basis, costituita per iniziativa congiunta di Mutua MBa, health italia e Coopsalute, insieme di realtà impegnate nel sociale e operanti primariamente nel settore della sanità integrativa, si propone di svolgere le proprie attività nei settori dell’assistenza socio-sanitaria, nella promozione e nella gestione di servizi educativi, culturali, sportivi e ricreativi, nella istituzione di borse di studio ed iniziative volte a migliorare e gratificare l’esperienza didattica, avvalendosi di strutture ricettive e servizi di accoglienza per giovani e per studenti.

Fondazione Basis | Via di santa Cornelia, 9 | 00060 | Formello (rM) | www.fondazionebasis.org | [email protected]

supportarefavorire

promuovereUn servizio dedicato alle realtà che costituiscono espressione della Società Civile!

tra le varie attività, la Fondazione Basis si è dedicata a:

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ulcera peptica, una malattia da non sottovalutare

a cura dinicoletta mele

Disturbi durante la digestione con mal di stomaco

accentuato? potrebbero essere i sintomi dell’ulcera

peptica, ovvero un’erosione, più o meno profonda, del

rivestimento interno dello stomaco o del duodeno, che

si verifica quando l’acidità dei succhi gastrici, necessaria

per digerire i cibi, danneggia le pareti dello stomaco o del

duodeno.

Ne esistono due tipi, distinti sulla base della localizzazione e

delle cause: gastrica o duodenale.

Quali sono le cause e i sintomi della malattia? Come avviene

la diagnosi e quali sono gli esami ai quali sottoporsi? e, se

trascurata, l’ulcera peptica potrebbe dare luogo a delle

complicanze?

L’abbiamo chiesto alla dottoressa federica fabris,

gastroenterologa presso

Healthbay clinic a dubai.

Dottoressa Fabris che

cos’è l’ulcera peptica e

qual è la differenza tra

ulcera gastrica e quella

duodenale?

“Con il termine ‘ulcera

peptica’ si definisce una lesione profonda della mucosa

gastrica o duodenale. L’ulcera gastrica e l’ulcera

duodenale differiscono per localizzazione e a volte per

eziologia, ma hanno in comune il processo fisiopatologico,

le complicanze e un quadro sintomatologico caratterizzato

da dolore o bruciore post-prandiale in regione epigastrica,

tipicamente subito dopo i pasti nel caso di ulcera gastrica

e alcune ore dopo nel caso di ulcera duodenale. Nello

stomaco viene prodotta una grande quantità di acido,

necessario per la digestione del cibo, ma potenzialmente

nocivo per il tratto digerente. esistono quindi dei meccanismi

protettivi, deputati a mantenere l’integrità della mucosa

gastrica e duodenale. Se il bilancio tra elementi protettivi

ed elementi dannosi viene alterato, allora inizia il processo

infiammatorio a carico dello stomaco e duodeno, che

prevede fondamentalmente 3 gradi di severità: iperemia

(arrossamento), erosione (danno superficiale) ed ulcera

(danno profondo). I fattori che possono alterare questo

equilibrio sono molteplici: farmaci quali gli anti-infiammatori

non steroidei (FANS) e l’aspirina, l’infezione da Helicobacter

pylori, l’eccessivo consumo di alcol, l’eccessiva presenza

di sali biliari prodotti dal fegato e rilasciati dalla colecisti,

patologie in cui vengono prodotti ormoni in grado di

stimolare eccessivamente la produzione di acido da parte

dello stomaco, ecc... ulcera gastrica e ulcera duodenale

hanno inoltre in comune le possibili complicanze nel

caso non siano trattate o riconosciute tempestivamente,

principalmente il sanguinamento e la perforazione. Seppur

in declino, l’ulcera peptica resta ad oggi una patologia

alquanto comune, con un’incidenza annua pari al 0.10-

0.19%. Si stima inoltre che ad un certo punto della vita, il

10% della popolazione mondiale svilupperà un’ulcera

peptica”.

Come si fa a capire se si soffre di ulcera peptica?

“Il sospetto di ulcera peptica viene posto in base ai sintomi

lamentati dal paziente e alla sua anamnesi (farmaci assunti,

abitudini alimentari, patologie associate, storia familiare).

In questo caso, lo specialista prescrive un trattamento

farmacologico e ne valuta la risposta, rivedendo il paziente

dopo 2/3 settimane dal primo controllo. nel caso di mancata

risposta (nessun miglioramento dei sintomi) si sottopone il

paziente ad endoscopia (esofagogastroduodenoscopia).

Per avere una diagnosi definitiva, infatti bisogna ricorrere

ad esami radiologici o all’endoscopia. Quest’ultima è

l’esame preferibile, in quanto permette non solo di avere

una visione diretta dello stomaco e duodeno, ma anche di

eseguire biopsie ed eventualmente intervenire per arrestare

un sanguinamento. Grazie all’elevata efficacia del

trattamento medico (farmaci chiamati inibitori di pompa

protonica, detti ppI), l’endoscopia non è indicata in tutti i

pazienti in prima battuta, ma solo nel caso di campanelli

d’allarme o di mancata risposta al trattamento”.

Quali sono i campanelli d’allarme da non sottovalutare?

“Sono una significativa perdita di peso, inappetenza

persistente, vomito ricorrente, segni di sanguinamento,

anemia, difficoltà o dolore alla deglutizione, dolore

improvviso acuto e persistente nella regione epigastrica,

sudorazione profusa, tachicardia”.

per lungo tempi i disturbi dell’ulcera peptica sono stati

attributi a stili di vita scorretti e stress che provocano un

aumento dell’acidità gastrica, invece oggi le cause sono

anche altre. Quali?

“Lo stile di vita gioca sempre un ruolo importante nello

sviluppo dell’ulcera peptica (eccessivo consumo di alcolici,

di cibi grassi, di caffeina, il fumo di sigaretta), ma le due

cause più comuni di ulcera peptica sono l’uso di farmaci

anti-infiammatori (FANS) e l’infezione da Helicobacter Pylori.

Questo batterio è in grado di danneggiare direttamente

la parete gastrica e di causare una eccessiva esposizione

del duodeno all’acidità gastrica. La concomitante

presenza del batterio all’uso/abuso di FANS ha un effetto

nocivo sinergico. va comunque ricordato che l’infezione

da Helicobacter pylori è molto diffusa (più di metà della

popolazione mondiale è portatrice del batterio) ma la

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presenza del batterio nel nostro stomaco non comporta

automaticamente lo sviluppo di ulcera peptica, se i

meccanismi di protezione sono adeguatamente efficaci”.

Chi sono i soggetti a rischio?

“I consumatori cronici di FANS/

aspirina, gli obesi, gli anziani, gli

immunocompromessi, i pazienti con

estese ustioni o traumi cerebrali”.

È importante che l’ulcera peptica sia

riconosciuta e curata tempestivamente,

perché nel tempo può portare a

complicazioni talvolta molto serie. Quali

possono essere le complicanze di una

diagnosi tardiva?

“l’ulcera peptica non trattata può andare

incontro a complicanze severe, quali il sanguinamento (più

comune), la perforazione e l’occlusione gastrointestinale,

quest’ultima soprattutto nei casi cronici e recidivanti.

L’associazione tra ulcera peptica e sviluppo del cancro

gastrico non è ad oggi chiara ed è tutt’ora argomento di

ricerca e dibattito”.

Quali cure vengono proposte al paziente?

“Il farmaco di prima scelta è l’inibitore di pompa protonica

(ppI), in grado di ridurre drasticamente la produzione di

acido da parte dello stomaco. possono poi essere aggiunti

farmaci in grado di formare uno strato protettivo sulla

mucosa gastrica. È poi necessario eseguire la ricerca

dell’Helicobacter pylori (o nelle feci o con un test del

respiro) e nel caso di positività, è raccomandato un regime

di eradicazione che consiste nell’associazione di 2 o 3

antibiotici da assumere assieme al ppI e possibilmente a

probiotici. Con la scoperta dell’Helicobacter pylori e la

sua eradicazione, si è osservata una drastica riduzione

dei casi di ulcera peptica cronica o recidivante. Nel

sospetto di sanguinamento da ulcera peptica il paziente

verrà sottoposto a gastroscopia e nel caso sia necessario,

verranno attuate le tecniche endoscopiche necessarie ad

arrestare l’emorragia. Se non vi sono poi controindicazioni

assolute, è necessario sospendere l’assunzione di FANS”.

potrebbe anche essere necessario

l’intervento chirurgico?

“Fortunatamente con l’avvento di

medicine in grado di ridurre l’acidità

di stomaco e tecniche endoscopiche

in grado di arrestare un possibile

sanguinamento, entrambe altamente

efficaci, la chirurgia è necessaria solo

in quei pochi casi in cui non è stato

possibile arrestare un’emorragia o vi è

una perforazione del tratto digerente”.

una volta diagnostica l’ulcera peptica si deve seguire uno

specifico piano alimentare? Quali sono i cibi da eliminare?

In generale è consigliata una dieta equilibrata, limitando

il consumo di cibi grassi, evitando sostanze irritanti per lo

stomaco, quali agrumi, caffeina ed alcolici e possibilmente

l’assunzione di FANS e aspirina”.

È possibile prevenire questa malattia?

“purtroppo non è possibile un’azione preventiva perché

anche un soggetto sano può sviluppare la malattia, con

meno probabilità rispetto al soggetto a rischio. Abitudini di

vita sane e la non assunzione di determinati farmaci riduce

il rischio ma non lo previene”.

I suoi consigli quali sono?

“Nel caso di sintomi persistenti - non un semplice mal di

stomaco accusato il giorno prima - rivolgersi ad un medico

specialista”.

ScegliereSalute

ITALIA

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a cura dilucrezia anzanello La nuova

responsabilità sanitaria

La Legge n. 47 dell’8 marzo 2017 (cd. Legge gelli dal nome

del Ministro proponente) ha profondamente innovato il

sistema di responsabilità professionale sanitaria a distanza

di soli cinque anni dalla riforma operata dal Decreto

Legge n. 158 del 13 settembre 2012, meglio noto come

Decreto balduzzi.

L’incipit della Legge è dedicato ad un’affermazione

di principio che, richiamando il dettato costituzionale

dell’art. 32, afferma l’importanza della sicurezza delle cure

da realizzarsi anche attraverso la prevenzione e gestione

del rischio sanitario.

Nel proseguo, la Legge insiste sulla istituzione di un

osservatorio nazionale delle buone pratiche sulla sicurezza

in sanità avente l’obiettivo e lo scopo di monitorare i

dati, di ciascuna regione, attinenti al rischio sanitario ed

all’onere finanziario del contenzioso oltre a focalizzarsi

sulla realizzazione ed introduzione, nel nostro ordinamento,

delle buone pratiche clinico assistenziali quali linee guida

di orientamento da redigersi ad opera di enti e istituzioni

pubbliche e private nonché dalle società scientifiche e

dalle associazioni tecnico-scientifiche delle professioni

sanitarie.

Si sottolinea come il richiamo alle buone pratiche ed

alle linee guida accreditate dalla comunità scientifica

fosse già presente nel Decreto balduzzi con un’incidenza

piuttosto rilevante in termini di responsabilità penale del

medico.

La Legge Gelli effettua però un passaggio ulteriore e

invece che richiamarsi, generalmente, a quelle pratiche

già accolte dalla comunità scientifica ne dispone la

composizione in esito ad un lavoro congiunto da parte dei

vari rappresentanti ed operatori del settore.

In punto di responsabilità penale, la Legge, abrogando

la disposizione del Decreto balduzzi, introduce un nuovo

articolo nel nostro codice penale e, precisamente l’art.

590-sexies rubricato “Responsabilità colposa per morte o

lesioni personali in ambito sanitario”, con il quale si dispone

che: “Se i fatti di cui agli articoli 589 e 590 sono commessi

nell’esercizio della professione sanitaria, si applicano

le pene ivi previste salvo quanto disposto dal secondo

comma. Qualora l’evento si sia verificato a causa di

imperizia, la punibilità è esclusa quando sono rispettate le

raccomandazioni previste dalle linee guida come definite

e pubblicate ai sensi di legge ovvero, in mancanza di

queste, le buone pratiche clinico-assistenziali, sempre che

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le raccomandazioni previste dalle predette linee guida

risultino adeguate alle specificità del caso concreto”.

Nella ridisegnata cornice della responsabilità, dunque, la

punibilità risulta essere esclusa, senza più alcun riferimento

testuale alla declinazione in colpa grave o lieve, qualora

l’imperizia del sanitario abbia dato luogo al verificarsi di

un evento e (i) siano state rispettate le raccomandazioni

previste dalle linee guida o le buone pratiche clinico-

assistenziali e, ancora, (ii) tali raccomandazioni risultino

pertinenti alle peculiarità del caso.

La riforma interviene anche sul tema della responsabilità

civile della struttura sanitaria e del professionista sanitario

e, seppur nell’affiorare di modelli di tipo no fault, ne

individua come cardine l’elemento del dolo e della colpa.

Ciò significa che la struttura sanitaria - sia essa pubblica

o privata - che si avvalga dell’opera professionale di

operatori sanitari, anche se volontariamente selezionati

dal paziente e non dipendenti della struttura, risponde, a

titolo di responsabilità contrattuale, delle condotte dolose

o colpose di questi ultimi ai sensi di quanto previsto dagli

articoli 1218 e 1228 del codice civile.

Quanto alla responsabilità del singolo professionista,

questa ricade nella sfera della responsabilità

extracontrattuale (con conseguenti differenze in termini

di prova e prescrizione del diritto) costituendo così un

doppio binario di responsabilità che segue i dettami

della tipologia contrattuale per le strutture sanitarie e,

diversamente, soccorre alla disciplina ex art. 2043 cod.

civ. per la configurazione della responsabilità aquiliana

degli esercenti la professione sanitaria.

Al fine di ridurre il contenzioso in materia sanitaria, il

legislatore ha introdotto l’obbligo di esperire previamente

un tentativo di conciliazione in tutti quei casi nei quali un

soggetto intenda incardinare un’azione di risarcimento

del danno derivante da responsabilità sanitaria. Il

procedimento di conciliazione deve concludersi entro

sei mesi dalla presentazione della domanda e richiede la

partecipazione di tutte le parti, ivi comprese le compagnie

di assicurazione alle quali la Legge pare affidare un ruolo

centrale nel nuovo sistema di responsabilità.

L’articolo 10 della Legge in esame sancisce infatti

l’obbligo, per le strutture sanitarie, di dotarsi di una

copertura assicurativa per la responsabilità civile verso

terzi anche qualora le prestazioni sanitarie siano svolte in

regime di libera professione intramuraria ovvero in regime

di convenzione con il servizio sanitario nazionale nonché

attraverso la telemedicina. I professionisti che operano

in contesti diversi rispetto a quelli summenzionati o che

prestino la propria attività in strutture sanitarie secondo

il regime libero-professionale, sono a loro volta tenuti

a sottoscrivere idonea copertura assicurativa come

già richiamata dal Decreto balduzzi ed in virtù delle

disposizioni del Decreto Legge 138/2011.

Non solo. La Legge gelli obbliga l’esercente la prestazione

sanitaria operante a qualunque titolo, in strutture sanitarie

o sociosanitarie pubbliche o private, a provvedere alla

stipula di un’adeguata polizza di assicurazione per colpa

grave. una simile previsione è funzionale a rendere

effettivo l’obbligo di rivalsa previsto dall’articolo 9 della

Legge ed esercitabile dalla struttura sanitaria nei confronti

dell’professionista quando quest’ultimo non abbia preso

parte all’azione giudiziale o stragiudiziale del risarcimento

del danno e l’evento si sia verificato per causa a lui

imputabile in base ad un giudizio fondato sul dolo o la

colpa grave.

In tema di assicurazioni sono poi certamente da sottolineare

due ulteriori aspetti. Da un lato, l’introduzione dell’azione

diretta del danneggiato nei confronti della compagnia

di assicurazione e dall’altro, la positivizzazione di una

clausola di tipo claims made (in deroga al regime classico

di loss occurence ex art. 1917 cod. civ.) con retroattività

decennale, a cui si affianca una cd. sunset clause per i

casi di cessazione definitiva dell’attività professionale.

ultima annotazione riguarda il Fondo di garanzia per

i danni derivanti da responsabilità sanitaria previsto

dall’articolo 14. Il legislatore, presumibilmente ispirandosi

ai modelli no fault già citati in precedenza, ha introdotto

la concorrenza del fondo di garanzia nel risarcimento del

danno sanitario per i seguenti casi:

a) il danno risulta essere sia di importo eccedente rispetto

ai massimali previsti dai contratti di assicurazione stipulati

dalla struttura sanitaria o sociosanitaria (sia essa pubblica

o privata) ovvero dall’esercente la professione sanitaria;

b) la struttura sanitaria o sociosanitaria (pubblica o

privata) ovvero l’esercente la professione sanitaria risultino

assicurati presso una compagnia di assicurazione che, al

verificarsi del sinistro e in fase di sua liquidazione, si trovi in

stato di insolvenza o di liquidazione coatta amministrativa;

c) la struttura sanitaria o sociosanitaria (pubblica o

privata) ovvero l’esercente la professione sanitaria siano

sprovvisti di copertura assicurativa per recesso unilaterale

dell’impresa assicuratrice ovvero per la sopravvenuta

inesistenza o cancellazione dall’albo dell’impresa

assicuratrice stessa.

Il Fondo costituisce quindi, in aggiunta all’obbligo di

assicurazione, un ulteriore strumento di tutela del paziente

che abbia subito un danno nell’esercizio dell’attività

sanitaria in termini di certezza del risarcimento.

16

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18

malattie rare: la Sindrome da cromosoma X fragile

a cura dinicoletta mele

La Sindrome dell’X fragile è una condizione genetica

a trasmissione ereditaria. È la sindrome più frequente di

ritardo mentale dopo la Sindrome di Down.

Si stima che l’incidenza della Sindrome sia di 1 caso su 4.000

maschi e 1 su 6.000 femmine, ma tale dato può variare a

seconda delle aree geografiche.

È stata descritta per la prima volta nel 1943 da due medici

inglesi, Martin e bell, ma solo negli anni Settanta divenne

chiaro che la presenza di queste caratteristiche poteva

essere ereditaria per un difetto nella forma del cromosoma

X, da cui il nome X Fragile. Nel 1991,

poi, grazie ai progressi sullo studio

del DNA, è stato definitivamente

identificato il gene responsabile e

dal 2001 la Sindrome dell’X fragile

è inserita nell’elenco delle Malattie

Rare.

La Sindrome può manifestarsi

in modo diverso da bambino

a bambino, i sintomi possono

comparire anche molto tempo

dopo la nascita e spaziano dal

ritardo nello sviluppo cognitivo - da

lieve a grave - alle difficoltà nella

gestione delle emozioni, da quadri

di epilessia (circa 1/3 dei bambini

ha convulsioni frequenti) a comportamenti di tipo autistico.

Allo stato attuale non esiste una cura, la diagnosi precoce

è fondamentale per l’attivazione di percorsi di riabilitazione

e strategie educative mirate.

Lo scorso marzo, presso il centro del policlinico di Modena,

in occasione della X giornata Internazionale per le Malattie

Rare, è stato organizzato dalla Scuola di Specializzazione

in pediatria di uNIMoRe in collaborazione con l’Azienda

ospedaliero-universitaria di Modena e con l’Associazione

Italiana SXF - nata nel 1993 su iniziativa di un piccolo gruppo

di genitori di persone diagnosticate e di alcuni ricercatori,

che oggi conta circa 350 soci attivi a livello nazionale e

numerosi contatti - un incontro dal titolo “Conoscere e

riconoscere la Sindrome da cromosoma

X Fragile” con l’obiettivo di approfondire

la conoscenza della Sindrome e cercare

di costruire a Modena un percorso di

presa in carico dei pazienti.

Health online ha intervistato il professor

Lorenzo Iughetti, Direttore della Scuola

di Specializzazione in pediatria del

policlinico di Modena.

prof. Iughetti quali sono stati i punti fondamentali affrontati

nel corso dell’incontro?

“L’incontro ha fornito una panoramica completa della

sindrome dell’X Fragile. In particolare, la dott.ssa olga

Calabrese, responsabile uo genetica Medica, ha

incentrato il suo intervento sulle basi genetiche della

malattia (in particolare mutazione e premutazione con

assenza o presenza di metilazione). La dott.ssa Simona

F. Madeo, responsabile dell’Ambulatorio Malattie Rare

uoC pediatria, invece ha illustrato i quadri clinici e il

percorso diagnostico, la dott.ssa

patrizia bergonzini, Ambulatorio di

Neuropediatria uoC pediatria, ha

affrontato gli aspetti neurologici

specifici della condizione e Daniela

Nasi, dell’Associazione Italiana

Sindrome X Fragile, ha portato il

punto di vista della famiglia e del

paziente. Nel corso dell’incontro

è stata sottolineata la necessità

di un approccio multidisciplinare,

diagnostico prima e terapeutico

poi. Quest’ultimo punto è stato

fortemente evidenziato in

quanto necessario per garantire

al paziente e alla famiglia una

diagnosi più precoce possibile,

un corretto follow-up clinico e terapeutico e l’attivazione

di percorsi di supporto alla famiglia per la gestione del

paziente”.

Quali sono le cause della Sindrome e come riconoscerla?

“La Sindrome X-Fragile è causata da una mutazione nel

gene FMR1 (Fragile X Mental Retardation 1) che provoca

l’espansione di triplette Cgg >200 che determina il

deficit o l’assenza di espressione di FMRP (Fragile X Mental

Retardation protein).

Le manifestazioni cliniche in epoca prepuberale sono

subdole. Il bambino può presentare lievi dismorfismi

(macrocrania, padiglioni auricolari ampi,

strabismo, occhi alonati), valgismo degli

arti inferiori, iperlassità legamentosa,

obesità, macrorchidia che diventano,

però, più evidenti in epoca postpuberale.

Nella prima infanzia importanti indizi

diagnostici sono rappresentate da:

ipotonia, ritardo del linguaggio, ritardo

mentale da lieve a severo, autismo

(60% circa dei maschi con Sdr X

19

“Subito dopo la diagnosi viene avviato

il percorso di follow-up specialistico

concordando i controlli con i genitori,

la famiglia viene inviata presso il servizio

di neuropsichiatria infantile del territorio

per la necessaria presa in carico e

l’attivazione dei percorsi fisioterapici,

logopedici e di sostegno scolastico. Si

contatta il pediatra di Comunità, con

cui viene fatta comunicazione della

patologia agli operatori scolastici per

garantire un’adeguata gestione sia

di apprendimento che relazionale, in

attesa dell’attivazione del sostegno

scolastico. Si danno i riferimenti

dell’associazione ai genitori per

permettere loro di confrontarsi con gli

altri genitori e condividere le esperienze,

in modo da non sentirsi soli in una fase così delicata come

quella della comunicazione della diagnosi”

per una qualità di vita migliore per le persone affette dalla

malattia rara, la speranza è quella di avere la cura. Quali

sono gli studi e le attività di ricerca?

“Non vi sono al momento dati su terapie geniche risolutive.

Sono in atto progetti di ricerca, anche in Italia, su terapie

sperimentali (per ora testate solo su animali) volte a

migliorare gli aspetti comportamentali”.

A Modena si sta pensando di costruire un percorso di presa

in carico dei pazienti. Può spiegarci esattamente qual è

l’obiettivo a cui sperate di arrivare?

“L’obiettivo che vogliamo raggiungere è quello di rendere

sempre più preciso il lavoro del gruppo multidisciplinare,

in modo da garantire alle famiglie un chiaro percorso

diagnostico-terapeutico che coinvolga in modo strutturato

i servizi territoriali, i pediatri di libera scelta e le scuole, sempre

in collaborazione con le famiglie che rappresentano il

punto cardine per una corretta gestione di questi pazienti”.

Può raccontare un’esperienza che le è rimasta

particolarmente nel cuore?

“In realtà ogni paziente rappresenta un pezzo importante

nella mia pratica clinica. Nello specifico, i pazienti affetti

da malattie rare sono sempre legati ad esperienze

emotivamente coinvolgenti, in quanto in genere il percorso

diagnostico è lungo, vissuto spalla a spalla con il bambino

e con i genitori, i quali vivono questo percorso con ansia

e nell’attesa di avere delle risposte. Quando si riesce ad

arrivare alla diagnosi il momento è sempre emozionante

perché i genitori sono combattuti tra il sollievo di potere

dare finalmente un “nome” alla condizione del proprio

bambino e dall’altra dalla perdita della speranza di sentirsi

dire “non ha nulla”.

Fragile), collera, iperattività, disturbo

dell’attenzione, timidezza, ansia, scarso

contatto visivo, tendenza a mordere le

mani, hand flapping, disturbi del sonno,

epilessia. Fondamentale, inoltre, come

in tutti i percorsi diagnostici in medicina,

è una corretta anamnesi familiare,

in quanto la presenza in famiglia di

condizioni compatibili con sindrome

dell’insufficienza ovarica primitiva

X-Fragile associata (FXpoI) o sindrome

atassia/tremori X-Fragile associata

(FXtAS) sono utili nell’indirizzare verso la

diagnosi”.

Quanto è importante la diagnosi

precoce?

“Nel caso della Sindrome X-Fragile (come nella maggior

parte delle malattie genetiche) la diagnosi precoce non

permette di arrestare l’evoluzione della patologia. La

diagnosi precoce, però, è fondamentale per mettere in

atto le terapie mirate e ci permette di programmare il

follow-up multispecialistico adeguato oltre ad evitare al

bambino e alla sua famiglia esami e accertamenti non

necessari”.

ogni bambino è diverso e non è semplice diagnosticare

la malattia, c’è chi ha impiegato più di 2 anni. È così?

“Il problema delle malattie rare è proprio nella loro rarità,

che le rende malattie “orfane”, poco conosciute e

spesso poco riconosciute. Come dicevo prima, i sintomi

in epoca prepuberale possono essere molto sfumati

e a volte fuorvianti per cui spesso si arriva alla diagnosi

tardivamente”.

Ad oggi non esiste una terapia risolutiva, ma si procede al

trattamento dei sintomi per migliorare la qualità di vita dei

pazienti, in che modo?

“nei pazienti con sindrome X-fragile la terapia di

supporto è fondamentale, in particolare la presa in

carico presso la neuropsichiatria infantile, con la messa

in atto dei percorsi di fisioterapia e di logopedia. Il

follow-up multidisciplinare permette, inoltre, di gestire

le complicanze (otorinolaringoiatriche, oculistiche,

endocrinologiche, neurologiche, gastroenterologiche,

ortopediche, cardiologiche) e, laddove possibile, di

prevenirle. Tutto ciò garantisce al nostro paziente una

qualità di vita migliore con la possibilità di inserirsi nella

società, sfruttando al meglio le proprie potenzialità”.

La cura di un bambino X Fragile necessita di una forte

collaborazione tra medici, famiglia e contesto sociale

ed educativo. Che tipo di dialogo si stabilisce e qual è il

lavoro che si porta avanti con le famiglie?

20

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21

a cura dialessandro notarnicola don arice denuncia la

cultura dello scarto

La cura degli anziani è un bisogno emergente e questo

è un dato innegabile del nostro tempo, detto con

chiarezza dalle statistiche e dalle proiezioni IStAt che

periodicamente arrivano sulle nostre scrivanie e che ci

costringono ad aggiornare numeri crescenti e risposte

disattese.

L’impressione, però, è che questo cambiamento sia

poco, molto poco, all’attenzione concreta e operativa

dei responsabili della cosa pubblica, presi soprattutto da

questioni di bilancio e meno dalla risposta concreta alla

domanda di salute e di cura di questi pazienti, e purtroppo

anche all’attenzione della comunità ecclesiale in

generale, che con una certa fatica rimodula la sua azione

pastorale legando i processi alle situazioni concrete nelle

quali ci si viene a trovare. Sono queste le dichiarazioni di

don Carmine Arice, direttore dell’Ufficio nazionale per la

pastorale della salute della Cei, la Conferenza Episcopale

Italiana, il quale trattando uno degli argomenti più attuali

del nostro tempo e della nostra cultura, la vecchiaia,

riflette su tutti i grandi temi dell’esistenza umana: il senso

della vita, la dignità del vivere e del morire, il rapporto

intergenerazionale, la dignità della persona, il valore del

corpo, l’allocazione etica delle risorse, la qualità della

cura e, in particolare, la considerazione della morte.

“C’è da rallegrarci per gli ultracentenari, triplicati in pochi

anni, con un trend in aumento di anno in anno: si è passati

– spiega don Arice – dalle 5.650 persone che avevano

raggiunto o superato i 100 anni nel 2002, a oltre 19.000

nel 2015 (nel 2015 le donne rappresentano l’83,8% del

totale degli ultracentenari). L’aspettativa di vita, anche

21

22

se con qualche leggera flessione in quest’ultimo anno, nel

nostro paese rimane ancora di 82,8 anni (80,3 M – 85,2 F)

e il numero degli ultraottantenni, che oggi superano il 6%,

dovrebbero raddoppiare nel 2050”. Certamente, spiega

il direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale della

salute della Cei, non ci si può rallegrare per i 3,5 milioni di

ultrassessantacinquenni (su 12,5 milioni) non autosufficienti

spesso polimorbidi e quindi complessi.

Circa l’1,2 milioni di persone affette da patologie

neurodegenerative nel giro di

due decenni aumenteranno,

concorrendo così al formarsi

di una società sempre più

vecchia, molto pesante a

gestirsi economicamente per

la mancanza di un numero

sufficiente di contribuenti e

decisamente impegnativa

da gestire. In Italia i posti letto

nelle strutture assistenziali per

anziani, non superano i 290.000

(naturalmente con una

concentrazione al Nord Italia 3 volte superiore a quella del

Sud), il che vuol dire che la maggioranza dei nostri vecchi

restano a casa, spesso soli e, per chi può permetterselo,

con badanti che affrontano questo mestiere senza

un’adeguata preparazione. Ciò che, inoltre, rende la

questione più problematica è la crisi dell’istituto familiare

che vede una città come Milano capitale dei single. Nel

2016, per questa città che non raggiunge il milione e mezzo

di abitanti, il Comune ha censito nuclei monofamiliari più

del doppio delle coppie: 379.035 contro 164.435.

In città come Milano o come Roma non è poi così raro

che si ritrovino anziani morti diversi giorni dopo il loro

decesso (se non settimane) anche se la cronaca non

è così scandalizzata e indignata nel darne notizia.

Altrettanto frequente è la presenza di anziani che non

potendo provvedere a far la spesa da soli, a cucinare

adeguatamente, a reperire le medicine necessarie,

vedono peggiorare la loro povertà di salute, aggravando

situazioni già molto precarie sia per loro che per la spesa

sanitaria. “umanamente parlando – spiega don Arice nel

suo interessante saggio che prende avvio dalla lettura

dello studio del sociologo e

teologo Armando Matteo “tutti

muoiono troppo giovani” – il

quadro è davvero drammatico

e all’orizzonte si fatica a vedere

movimenti in controtendenza

che facciano presagire

una ripresa, una svolta che

può avvenire soprattutto se

aumenta in modo deciso la

natalità. In particolare, ritengo

che la ferita più importante

nella società contemporanea

l’abbia ricevuta, e continua a riceverla proprio la famiglia,

istituto cardine di ogni vera e sana comunità umana”.

Come denunciano le istituzioni laiche e la Chiesa stessa,

la famiglia, oggi, è maltrattata sia da un punto di vista

economico che da un punto di vista etico; la denatalità,

infatti, va letta come un’amara conseguenza di questo

fenomeno. per tale ragione, don Carmine Arice auspica

un ripensamento delle politiche familiari, in campo civile,

per evitare un autoannientamento, e di una vera pastorale

familiare in campo ecclesiale, attenta e premurosa,

capace di discernere e accompagnare ogni situazione

nella sua singolarità, ma sempre ferma nell’annunciare il

vangelo della famiglia e della vita.

“Considerare la cura degli anziani

nel nostro tempo – conclude

– significa non dimenticare il

pericolo che corrono ‘i vecchi’

di essere tra le vittime più illustri

della cultura dello scarto, tante

volte denunciata da papa

Francesco. Nei primi giorni del suo

pontificato, la parola del Papa

fu chiara: ‘La cultura dello scarto

tende a diventare una mentalità

comune, che contagia tutti. La

vita umana, la persona, non sono

più sentite come valore primario

da rispettare e tutelare, specie se

è povera o disabile, se non serve

ancora – come il nascituro –, o

non serve più – come l’anziano’.

24

tumore all’ovaio, un male silente difficile da diagnosticare nella fase inziale

a cura dialessia elem

In Italia il tumore maligno all’ovaio, o carcinoma ovarico -

ovvero tumore epiteliale che origina dalle cellule epiteliali

che rivestono superficialmente le ovaie e costituiscono

più del 90% delle neoplasie ovariche maligne - colpisce

circa 4.490 donne ogni anno (fonte Registro dei tumori,

2012), è al nono posto tra le forme tumorali, e costituisce il

2,9% di tutte le diagnosi di tumore.

Il carcinoma ovarico è un male silente, difficile da

diagnosticare nella fase iniziale perché non da sintomi

precisi che possono far pensare alla neoplasia.

La conseguenza della diagnosi tardiva influenza

pesantemente l’esito delle cure.

Secondo la Federazione Internazionale di ginecologia

e ostetricia (FIgo), negli stadi iniziali (stadio I) la

sopravvivenza a cinque anni è pari all’85%; negli stadi

avanzati la sopravvivenza a cinque anni scende al 25%.

I campanelli d’allarme da non sottovalutare sono

quando si presentano insieme, o all’improvviso, i seguenti

sintomi: addome gonfio, aerofagia (disfunzione apparato

digerente), o il bisogno di urinare frequentemente; in

questi casi il consiglio è quello di rivolgersi al ginecologo il

quale, grazie all’ecografia pelvica, sarà in grado di dare

una prima importante indicazione diagnostica.

Non esistono al momento programmi di screening

scientificamente affidabili per la prevenzione del tumore

dell’ovaio, ma alcuni studi hanno dimostrato che una

visita annuale dal ginecologo che esegue la palpazione

bimanuale dell’ovaio e l’ecografia transvaginale di

controllo possono facilitare una diagnosi precoce.

I fattori di rischio sono la lunghezza del periodo ovulatorio,

ossia il menarca (prima mestruazione) precoce, la

menopausa tardiva e il non aver avuto figli.

Anche l’età è un elemento importante, come dimostra il

fatto che nella maggior parte dei casi la patologia viene

identificata dopo l’ingresso in menopausa, tra i 50 e i 69

anni.

Circa un caso su dieci di cancro alle ovaie è dovuto ad

alterazioni genetiche. Secondo una stima del National

Cancer Institute, una percentuale tra il 7% e il 10% di

tutti i casi è il risultato di una alterazione genetica, che si

tramanda nelle generazioni.

È doveroso ricordare che l’esistenza in famiglia casi di

tumore dell’ovaio non dà la certezza che esso si ripresenti

in tutte le donne imparentate, ma solo che queste ultime

24

25

hanno un rischio più elevato rispetto alla

popolazione generale.

Il carcinoma ovarico colpisce ogni anno, a

livello mondiale, 225mila donne.

“È il tumore femminile a cui le donne riescono

a sopravvivere di meno. È un male silente,

difficile da diagnosticare precocemente,

con un alto tasso di recidiva e di resistenza

ai farmaci”. Lo ha affermato nel corso

dell’intervista rilasciata a Health online, la

dottoressa Anna bagnato, ricercatrice alla

guida del laboratorio di Modelli preclinici

e nuovi agenti terapeutici dell’Istituto

Nazionale tumori Regina elena di Roma,

nonché storica ricercatrice AIRC e volto

dell’Azalea della Ricerca 2017.

Dottoressa, dopo la diagnosi quali sono le cure alle quali

viene sottoposta la paziente?

“Le donne colpite dal carcinoma dell’ovaio vengono

sottoposte a intervento chirurgico. La citoriduzione

primaria ad oggi è considerata il trattamento standard

per questa neoplasia. In relazione al tipo e alla diffusione

del tumore può anche essere eseguita in laparoscopica

o mediante un trattamento chirurgico mini-invasivo, con

l’ausilio del sistema robotizzato Da vinci.

Dopo la chirurgia il trattamento di scelta per il carcinoma

ovarico è la chemioterapia a base di platino. Il

trattamento standard è

quello di sei cicli a base di

paclitaxel e di carboplatino.

Delle pazienti che rispondono

alla chemioterapia, circa il

70% va purtroppo incontro

a una recidiva e dev’essere

sottoposta a ulteriori cicli di

cure. Il più grande ostacolo

nella cura del carcinoma

ovarico è l’insorgenza della

resistenza alla chemioterapia”.

La malattia quindi può ripresentarsi e non rispondere più

ai farmaci. per questo, oggi la ricerca è focalizzata sulla

messa a punto e sull’identificazione di combinazioni di

farmaci capaci di abbattere la resistenza del tumore.

Dottoressa, a che punto è arrivata la ricerca?

“Negli ultimi anni sono stati fatti molti progressi, scoprendo

nuovi farmaci molecolari mirati (come il bevacizumab

e l’olaparib), progettati per interferire

con uno specifico bersaglio cellulare.

grazie ad AIRC abbiamo scoperto

che la combinazione di Macitentan,

farmaco approvato per il trattamento

dell’ipertensione arteriosa polmonare, con

i chemioterapici è in grado di sensibilizzare

nuovamente il tumore ai farmaci. Le

ultime novità nella lotta a questo big

killer delle donne vanno proprio in questa

direzione. Di recente è stato approvato il

farmaco bevacizumab che, insieme alla

chemioterapia, si è dimostrato efficace

contro le recidive resistenti ai farmaci.

Con lo stesso scopo è stato approvato

anche il farmaco olaparib. Infine sono in

corso studi incentrati sull’immunoterapia. L’approccio

immunoterapico, focalizzato nello stimolare la risposta

immune dei pazienti, è una delle sfide oggi più promettenti

e, in futuro, potrebbe rivelarsi un obiettivo vincente”.

Qual è l’impatto del tumore sulla vita della donna?

“ogni tumore ha un forte impatto a livello psicologico.

È indubbio che il carcinoma ovarico colpisce

profondamente la donna nella sua identità femminile

(perdita della funzionalità ovarica), con reazioni legate

anche all’età in cui viene diagnosticato il tumore e

all’invasività delle cure. per questo è importante intervenire

anche tramite il counseling

da parte di un esperto per

aiutare la donna a recuperare

un’adeguata qualità di vita.

È necessario promuovere

approcci multidisciplinari

con diversi professionisti, che

possano seguire la paziente

dalla diagnosi sino al periodo

che segue i trattamenti

chirurgici e la chemioterapia,

per supportarla in questo

importante periodo della vita”.

La sfida della ricerca è quella di sconfiggere il carcinoma

ovarico e l’AIRC anche quest’anno, in occasione

della festa della mamma, ha organizzato il consueto

appuntamento “L’Azalea della Ricerca”, un fiore che è

sbocciato in oltre 3.600 piazze italiane per la salute delle

donne. obiettivo dell’iniziativa è infatti quello di portare

nuovi fondi ai migliori ricercatori italiani impegnati a

rendere i tumori femminili sempre più curabili.

In evIdenza

L’allestimento museale è stato progettato per offrire al visitatore un quadro completo ed esaustivo sulla storia delle società di mutuo soccorso. Il percorso si apre con dei pannelli informativi che raccontano, in una sequenza cronologica, il fenomeno del mutualismo e continua con delle grandi teche espositive in cui è racchiusa una notevole varietà di materiale documentario, nonché un ragguardevole insieme di medaglie, spille, distintivi ed alcuni cimeli di notevole rarità, riconducibilli ad oltre duecentro tra enti e società di mutuo soccorso, con sedi in Italia e all’estero.

All’interno del museo è presente uno spazio multifunzionale nel

quale coesistono un archivio storico, una biblioteca e un centro

studi. Inoltre, è stato riservato uno spazio per ospitare ogni forma

d’arte: mostre, concerti di musica e rappresentazioni teatrali.

previa prenotazione, ogni artista potrà esporre o esibirsi

gratuitamente all’interno dello spazio dedicato.

Il Museo del Mutuo Soccorso, nato dalla volontà di valorizzare la storia delle società di mutuo soccorso, si prefigge di salvaguardare e rendere fruibile al pubblico i beni attualmente in dotazione e di promuovere la conoscenza e la ricerca sul tema della mutualità. visitando il museo si ha la possibilità di conoscere da vicino le società di mutuo soccorso, le loro tradizioni e l’importanza sociale che hanno ricoperto nelle varie vicende storiche del nostro paese.

La struttura accoglie i visitatori anche con visite guidate e per le scuole sono pensati percorsi e laboratori didattici tematici. Sono, inoltre, previste aperture straordinarie nelle quali sarà possibile visitare le mostre in corso, assistere agli spettacoli e partecipare ad eventi e attività didattiche

Apertura:Dal lunedì al venerdì previa prenotazione

11.00 - 13.00 | 15.00 - 18.00 ultimo ingresso 17.30 (ingresso libero)

Info e prenotazioni:+39 337 1590905

[email protected]

Indirizzo:palasalute

via di Santa Cornelia, 900060 - Formello (RM)

27

a cura dimariachiara manopulo menopausa, l’importanza

di viverla al meglioCon la parola “menopausa” si indica di solito il climaterio,

il momento della vita della donna in cui cessano le

mestruazioni, ma sarebbe più corretto chiamare così

solamente l’ultima mestruazione. È preceduta dalla pre-

menopausa, un periodo, che può essere anche piuttosto

lungo, in cui il ciclo mestruale è irregolare, e si possono

presentare vampate di calore e sudorazioni notturne.

Dopo 6-12 mesi consecutivi di assenza totale di mestruazioni,

si entra nella post-menopausa.

La menopausa arriva in genere tra i 45 e i 53 anni. possono

verificarsi casi di menopausa prematura, tra i 40 e i 45 anni,

di menopausa precoce, se ha luogo prima dei 40 anni,

mentre dopo i 53 anni si parla di menopausa tardiva.

La variabilità dell’inizio della menopausa da donna a donna

dipende, oltre che dalla differente riserva ovarica alla

nascita, anche da molti altri fattori. Il primo è l’ereditarietà:

le figlie tendono ad andare in menopausa alla stessa età delle loro mamme. Il secondo è il fattore etnico: le donne

africane entrano in menopausa prima e le giapponesi

dopo rispetto alle donne europee. Conta anche lo stile di

vita, fumare, ad esempio, anticipa la menopausa da un

anno e mezzo a tre, perché ha un effetto tossico sull’ovaio

e distrugge una rilevante quota di follicoli. Le gravidanze e

la pubertà tardiva tendono a ritardarla, così come, ma è

per ora solo un’ipotesi - la contraccezione ormonale, per

effetto del blocco temporaneo della crescita dei follicoli. un

ciclo più lungo, e quindi una ovulazione meno frequente,

comporta un consumo minore di follicoli e una riserva più

duratura, per cui tende a ritardare la menopausa.

A qualsiasi età arrivi, la menopausa condiziona l’insorgenza di

fattori di rischio cardiovascolari, rispetto alle donne di pari età

non in menopausa.

Quali sono i sintomi della menopausa? vampate di calore,

secchezza vaginale, disturbi del sonno, sudorazione, difficoltà

nel controllare il peso corporeo, instabilità emotiva. A medio

lungo termine, la caduta dei livelli di estrogeni provoca

alterazioni a livello del metabolismo osseo, lipidico e glucidico

che incrementano il rischio di osteoporosi, malattie cardio

cerebro vascolari, diabete, sovrappeso e obesità.

La terapia ormonale sostitutiva (tos) viene utilizzata per

contrastarne i sintomi, ma ci si può sottoporre anche a

terapie ormonali selettive, che aiutano a contrastare la

sintomatologia senza però incorrere negli effetti collaterali

della tos convenzionale. Ad esempio, c’è il tissue Selective

estrogen Complex (tSeC) o Complesso estrogeni tessuto-

Selettivo, una terapia ormonale sostitutiva indicata per le

donne che presentano intolleranza al progestinico, l’ormone

che viene usato nella tos.

o ancora, il tibolone, un farmaco che riduce gli effetti negativi

della toS convenzionale su tessuti sensibili agli ormoni, come

27

28

l’utero e la mammella. È uno steroide sintetico dalle proprietà

estrogeniche, progestiniche e androgeniche, appartenente

alla famiglia degli SteAR (Selective tissue, estrogenic Activity

Regulator), dei regolatori selettivi dell’attività estrogenica

tessutale. viene metabolizzato dall’organismo e utilizzato

dove c’è una carenza ormonale; può esercitare un’attività

estrogenica, progestinica e/o androgenica, grazie

all’azione dei suoi metaboliti che presentano proprietà

differenti nei vari distretti dell’organismo femminile. Come

la toS convenzionale, riduce i sintomi tipici del periodo

menopausale e può prevenire la perdita di massa ossea

che, se trascurata, può degenerare in osteoporosi.

Si tratta di un passaggio delicato e importante per tutte le

donne. Per alcune può rappresentare un sollievo, la fine di

mestruazioni dolorose, la liberazione dai contraccettivi, ma

per altre può essere un momento di tristezza – magari per un

figlio non arrivato.

È molto importante viverla in maniera serena e tranquilla.

entro il 2030, l’aspettativa di vita

delle donne occidentali sarà di 90

anni: la menopausa quindi sarà

una fase sempre più centrale, e le

accompagnerà per buona parte

della loro vita. Il modo migliore per

viverla è pensarla come un nuovo

inizio, e non una fine: con questo

evento, fisiologico e naturale,

quello che cambia è la fertilità,

oltre all’assetto ormonale che la

determina. È una fase della vita.

Ciclicamente, Sigo, Società Italiana di ginecologia e

ostetricia, promuove delle campagne di sensibilizzazione

e informazione. L’ultima è “Love Yourself - Menopausa da

oggi cambia qualcosa’, realizzata con la collaborazione

di MenopausaoK, un progetto di educazione di MSD Italia.

L’obiettivo è promuovere un nuovo modo di affrontare la

menopausa, dinamico, attraverso l’amore e la riscoperta

di sé, la prevenzione, l’utilizzo delle risorse terapeutiche per

contrastarne i sintomi a breve e a lungo termine.

Sul portale MenopausaoK sono state diffuse diverse

videointerviste, che la testimonial della campagna, tosca

D’Aquino, ha fatto alla Love band, un team di ginecologhe,

ponendo dubbi e domande che riguardano le donne in

menopausa: dalla forma fisica all’alimentazione, dalla cura

della pelle alla sessualità. È anche possibile fare il test “e tu di

che menopausa sei?”, per ricevere consigli più personalizzati.

“Questa campagna si propone di accrescere la

consapevolezza delle donne sull’importanza di mantenere uno stile di vita equilibrato durante la menopausa e fornisce loro gli strumenti per rendersi conto con più prontezza dei cambiamenti che avvengono nel loro corpo, affrontando queste situazioni senza chiudersi in loro stesse”, ha

dichiarato Nicola Surico, presidente della Sigo e ordinario

di ginecologia e ostetricia, università piemonte orientale

(Novara).

Secondo il sondaggio “Come vivi la menopausa” condotto

pochi mesi fa dalla Società Italiana di ginecologia e

ostetricia su oltre 2mila italiane tra i 40 e i 60 anni, il 61%

afferma di sentirsi peggio di prima della fine del ciclo

mestruale, il 76% lamenta un aumento di peso, il 68 presenta

disturbi urinari, irritazione e secchezza vaginale e il 3% soffre

di sbalzi d’umore.

per aiutare le donne a prepararsi al meglio ad affrontare

questa fase, la professoressa Rossella Nappi, professore

di ostetricia e ginecologia dell’università degli Studi di

pavia, Ambulatorio di endocrinologia ginecologica e della

menopausa – IRCCS policlinico San Matteo – e membro

del Consiglio direttivo della Società Internazionale della

Menopausa ha selezionato sul portale MenopausaoK 10

consigli importanti.

• Tieni un calendario del ciclo mestruale: è una buona

abitudine sempre, ma soprattutto dopo i 40 anni: per

riconoscere precocemente piccole variazioni nel

ritmo e nella quantità del

sanguinamento, oltre che

nella comparsa di sintomi

correlati al ciclo mestruale e di

sanguinamenti irregolari.

• Informati, se possibile, sull’età

dell’ultima mestruazione

materna: è molto frequente che

nella famiglia ci possa essere

una predisposizione genetica

a entrare in menopausa con

un certo anticipo ed è meglio

esserne consapevole per non trovarsi ad affrontare una

menopausa prematura impreparate, soprattutto sul

versante psicologico e di coppia.

• Fai una visita ginecologica periodica e segui regolarmente

i programmi di prevenzione, come il pap-test e il sangue

occulto nelle feci.

• Tieni il peso corporeo sotto controllo, riducendo le calorie

e aumentando al tempo stesso l’attività fisica.

• Tieni d’occhio il giro-vita, è importante per la prevenzione

cardiovascolare. Se il grasso si deposita a livello della vita

(più di 88 cm) può rappresentare un campanello d’allarme.

• Misura regolarmente la pressione arteriosa: se supera i

130 su 80, meglio approfondire con il proprio medico.

• Controlla ogni anno i valori di glicemia, colesterolo tot,

colesterolo HDL(“buono”), trigliceridi: se i valori sono sulla

soglia del rischio (glicemia > 110 mg/dl; colesterolo HDL

< 50 mg/dl; trigliceridi > 150 mg/dl) è opportuno tenere

d’occhio l’alimentazione e confrontarsi con il proprio

medico.

• Fai una autopalpazione mensile della mammella e

almeno una mammografia tra i 40 e i 45 anni

• Fai un esame di coscienza sulle “cattive abitudini”, come

fumo e alcol.

• Ricostruisci se ti è possibile la storia familiare, importante

per la prevenzione dal punto di vista oncologico, del

rischio cardio-metabolico e cerebrovascolare, oltre che

sulla possibilità di andare incontro a una frattura ossea.

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emorroidi: una patologia tra tabù e imbarazzo

a cura dinicoletta mele

Le emorroidi sono un argomento di cui ancora si parla con

un certo pudore.

La malattia emorroidaria è una patologia del canale anale

molto frequente. Secondo le stime, in Italia ne soffrono circa

tre milioni di pazienti, le donne sono leggermente più a

rischio per via della gravidanza e del parto.

Le emorroidi sono dei piccoli cuscinetti vascolari normalmente

presenti all’interno del canale anale dei soggetti di tutte le

età. esse svolgono una importante funzione, partecipano

al meccanismo della continenza insieme agli sfinteri. Infatti,

in condizioni di riposo, i cuscinetti emorroidari si gonfiano di

sangue e chiudono il canale anale; viceversa, durante la

defecazione, si sgonfiano, favorendo il passaggio delle feci.

La patologia emorroidaria ha inizio quando i legamenti di

parks che tengono in sede le emorroidi diventano per vari

motivi (stipsi cronica, gravidanza e parto, predisposizione

genetica) lassi, ciò causa la discesa (prolasso)

delle stesse nella parte più bassa, fino, in

alcuni casi avanzati, alla fuoriuscita completa

dal canale anale. In questa nuova posizione

innaturale, le emorroidi prolassate si gonfiano,

il loro epitelio si assottiglia e tendono a

sanguinare e/o a fuoriuscire durante la

defecazione. per questo, in termini medici, è

più corretto parlare di prolasso emorroidario

invece che di emorroidi.

In generale, le emorroidi sono una fastidiosa

e “imbarazzante” patologia, della quale ne

soffrono molte persone, che spesso non lo ammettono.

La parola-tabù è stata sdoganata dalla serie televisiva

statunitense “Dottor House”, dove in una delle puntate, il

personaggio principale interpretato dall’attore Huge Laurie,

chiese ad un paziente: “ehi! Le conosci le emorroidi? No.

Allora va su google e mangia un po’ di crusca invece delle

frittelle”.

La storia racconta che ne soffrirono anche personaggi illustri,

come Napoleone bonaparte e Karl Marx, e donne famose

bellissime come Marilyn Monroe e Liz taylor.

perché c’è paura e vergogna nel parlare di emorroidi? e

come si riconosce il disturbo anale? Lo abbiamo chiesto

alla dottoressa Valentina Giaccaglia, chirurgo generale,

esperta di proctologia nonché responsabile di un centro

specializzato a Dubai, negli emirati Arabi uniti.

“Da sempre la patologia anale - ha spiegato la dottoressa

giaccaglia - è vissuta dai pazienti di tutte le età come un

qualcosa di imbarazzante, perché riguarda una parte

del corpo molto intima ed è collegata all’atto della

defecazione, momento anch’esso molto delicato e vissuto

in privato”.

È una malattia molto frequente, ma non è facile stabilirne

la diffusione, proprio perché molte persone che soffrono di

emorroidi non consultano mai il medico. Sulla base della sua

esperienza, quanti sono in media i pazienti che si rivolgono

a lei per risolvere il problema? Le donne sono più a rischio

rispetto agli uomini?

“Moltissimi pazienti soffrono di emorroidi, ma solo una

piccola parte di loro si reca dal medico, molto spesso

quando la situazione è già avanzata. Le donne, a causa

della gravidanze e del parto, sono più predisposte allo

sviluppo del prolasso emorroidario: si stima che questo

affligga circa 1/3 delle donne, per poi aumentare ai 2/3 in

età più avanzata”.

C’è una certa predisposizione familiare e stagionalità?

“vi è una certa predisposizione familiare, dovuta alla

maggiore lassità dei legamenti di parks,

unita spesso ad abitudini dietetiche scorrette che portano alla stipsi cronica. La

patologia emorroidaria è più tipica delle

stagioni calde, perché l’aumento della

temperatura favorisce la vasodilatazione e

quindi il manifestarsi della stessa”.

Quali sono i fattori di rischio? Anche il

consumo eccessivo di caffè, fumo e

forte stress incidono? L’obesità favorisce il

problema emorroidario?

“I principali fattori di rischio sono stipsi cronica e gravidanze

con parto naturale. anche l’obesità favorisce la patologia emorroidaria, a causa dell’aumento della pressione sul pavimento pelvico dovuta all’eccesso di grasso addominale. Caffè, cibi piccanti, alcolici e superalcolici

peggiorano la sintomatologia ma da soli non causano

la patologia. Il fumo non è stato correlato alle emorroidi,

mentre lo stress indirettamente sì, perché porta ad abitudini

alimentari scorrette e alla stipsi.

Come si riconosce il disturbo anale? e quando rivolgersi allo

specialista?

“I principali segni delle emorroidi sono il sanguinamento

(rosso vivo) in seguito alla defecazione, la presenza di uno o

più noduli all’esterno dell’ano, il senso di pesantezza a livello

anale e la difficile ed incompleta evacuazione”.

Le emorroidi sono esterne o interne e a seconda della

gravità sono classificate in stadi. Può spiegare meglio cosa

si intende?

“Le emorroidi sono sempre inizialmente interne, quando

poi prolassano (cioè scivolano verso il basso nel canale

30

31

anale posizionandosi troppo

vicino all’ano) possono

uscire esse stesse dal canale

anale, oppure causare

l’ingrossamento delle

cosiddette emorroidi esterne.

Le emorroidi di I grado sono

ingrossate, ma rimangono

nella loro sede anatomica.

Nel II grado prolassano

durante la defecazione,

tornando spontaneamente

in sede. Nel III grado, le

emorroidi arrivano all’esterno

del canale anale in seguito

alla defecazione e vengono

ridotte manualmente.

Nel IV grado infine, il prolasso è esterno e non è più riducibile”.

Come viene effettuata la visita ambulatoriale e in cosa

consiste il test emorroidale mediante proctoscopio?

“La visita in ambulatorio, dopo la raccolta dell’anamnesi,

si svolge con il paziente in decubito laterale sinistro, con

le ginocchia al petto (posizione di Sims). Il medico dopo

l’esplorazione rettale, potrà completare la visita con la ano

proctoscopia, che permette di visualizzare in modo diretto

il canale anale e, nel caso della video-proctoscopia, di

registrare e stampare immagini per il paziente. Sia la visita

che la proctoscopia sono indolori e non hanno bisogno di

preparazione intestinale precedente all’esame”.

Qual è la terapia più indicata e quali sono invece le azioni

da evitare?

“nei casi meno gravi la terapia medica con pasticche, creme e supposte, oltre ad una alimentazione corretta, è più che sufficiente a risolvere il problema. Sono da evitare

applicazioni di ghiaccio locali, di acqua e sale, così come

di acqua troppo calda, mentre andrebbero preferiti bidet

con acqua tiepida. Quando la patologia è già avanzata,

la terapia chirurgica è la più adeguata per risolvere

definitivamente il problema.

un’altra soluzione quindi, quando la malattia è in uno

stato avanzato, è l’intervento chirurgico con strumenti

all’avanguardia. Quando consiglia la chirurgia e quali sono

oggi i vantaggi?

“La chirurgia è indicata nei

pazienti con sanguinamento

che non risponde a terapia

medica, nella stipsi severa

correlata a prolasso rettale

e nelle emorroidi di Iv grado

(cioè sempre esterne).

Salvo casi particolarmente

complessi, l’intervento si

svolge in Day Hospital, con

l’ausilio di tecniche mini-

invasive che consentono una

netta riduzione del dolore nel

periodo post operatorio e

una più rapida ripresa delle

normali attività”.

Può verificarsi una ricaduta di una crisi emorroidaria?

“Le ricadute possono avvenire dopo la terapia medica,

dopo la chirurgia invece sono meno frequenti, specie se

l’intervento viene effettuato in un centro specializzato”.

I farmaci aiutano a stare meglio e a superare la crisi, ma

anche è importante sottoporsi ad una visita di controllo?

Quante volte l’anno?

“È consigliabile la visita ai primi sintomi per poter risolvere

senza chirurgia. poi è raccomandabile un follow-up

annuale”.

Anche seguire un’alimentazione adeguata e non fare una

vita sedentaria sono elementi importanti per combattere la

malattia?

“Una dieta corretta ricca di fibre (frutta e verdura) e di

acqua (almeno 1.5 litri di acqua al dì) sono i capisaldi della

prevenzione e del trattamento delle emorroidi, perché

prevengono la stipsi”.

Sulla base di quanto detto, quali sono i suoi consigli?

“Il mio consiglio è di mettere da parte il pudore e rivolgersi ad

un medico specializzato in proctologia. La visita è indolore

e oggi l’evoluzione della medicina permette di risolvere il

problema con semplici terapie mediche o con intervento

mini invasivo”.

32

aIds: scarsa informazione. Il Ministero della Salute lavora un vademecum conoscitivo

a cura dialessandro notarnicola

Il telefono verde AIDS e ISt (Infezioni sessualmente trasmesse)

dell’Istituto superiore di sanità (Iss) festeggiano i primi 30

anni di impegno nella sanità pubblica e, nel corso di una

conferenza stampa tenutasi martedì 20 giugno presso la

sede del Ministero della Salute alla presenza del ministro

beatrice Lorenzin, è stato illustrato il bilancio dei circa 800

mila interventi di counselling telefonico, in risposta a più di 2

milioni di domande, svolti in questo periodo. Dall’analisi dei

contenuti di questi interventi emerge come siano diminuiti i

giovani utenti - gli under 25 - e come sia invece accresciuta

in generale la disinformazione sui temi della prevenzione:

12 persone su 100 di tutte le età pensano infatti ancora che

il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare e

bagni pubblici.

Circa la metà degli utenti che compongono il numero,

inoltre, afferma di non aver mai eseguito il test Hiv, pur

dichiarando di aver avuto un comportamento a rischio.

Rimangono invece costanti le richieste di consulenza legale

con riferimento a stigma, discriminazione sul posto di lavoro,

violazione della privacy, accesso alle cure. per questo l’Iss,

in occasione del trentennale del telefono verde AIDS e

ISt, ha realizzato un opuscolo informativo, “La bussola sui

diritti esigibili dalle persone sieropositive” che potrà essere

scaricato gratuitamente dal sito dell’Iss.

Approfondendo la questione dell’analisi delle telefonate,

queste vengono effettuate in maggioranza da uomini (75,4

per cento); da persone che dichiarano di aver avuto rapporti

33

eterosessuali (56,8 per cento); da giovani appartenenti alla

fascia di età compresa tra i 25 e i 39 anni (57 per cento).

In diminuzione, tuttavia, risultano essere le donne, scese dal

33 per cento nel decennio 1987-1997 al 13,9 per cento nel

decennio 2007-2017, e i giovani che sono passati dal 23,3

per cento nel decennio 1987-1997 all’11,9 per cento nel

decennio 2007-2017. Le prime perché con ogni probabilità

hanno un accesso facilitato ai servizi di prevenzione

territoriali per la salute della donna, i

secondi perché sembrano prediligere

altri canali informativi, quali Internet,

ad esempio.

In generale i quesiti hanno riguardato

soprattutto le modalità di trasmissione

dell’Hiv (25,8 per cento) e le

informazioni relative ai test (22,1 per

cento). “proprio i dati del telefono

verde dimostrano come sia sempre

più importante elevare il livello di consapevolezza sui

comportamenti corretti in materia di salute”, ha affermato

Walter Ricciardi, presidente dell’Istituto superiore di sanità

sottolineando che la disinformazione nel corso di questi

trent’anni è passata dall’11,4% rilevato nel primo decennio

al 13,6% rilevato negli ultimi anni. “Relativamente all’Hiv, per

esempio, in 12 telefonate su cento effettuate da persone di

tutte le età – ha proseguito Ricciardi – emerge ancora che

il rischio di contrarre l’infezione sia legato a baci, zanzare

e bagni pubblici. La richiesta costante di informazioni su

tematiche legali, inoltre, ci ha convinti a produrre, proprio in

quest’occasione, uno strumento informativo di orientamento

per la tutela dei diritti delle persone con Hiv nell’ottica anche

della tutela del diritto all’accesso alle cure”.

“Abbiamo lavorato a una campagna di comunicazione sui

social rivolta proprio ai giovanissimi, che manderemo alla

presidenza del Consiglio dei ministri per una valutazione”.

Lo ha annunciato il ministro della Salute, beatrice Lorenzin,

spiegando che la campagna è

stata studiata insieme a uno staff

di blogger e si rivolge ai ragazzi per

evidenziare i rischi di una malattia su

cui recentemente si sono generate

“false sicurezze”. Ma se con i farmaci

l’Aids diventa una malattia cronica,

ancora non si cura, hanno ricordato

gli esperti. “oggi purtroppo spesso

la diagnosi arriva ai giovani con una

malattia conclamata”, ha osservato il ministro sottolineando

“l’abbandono dell’uso del preservativo come strumento di

protezione, e il fatto che non c’è un ricorso periodico ai test.

Insomma, rispetto agli anni ’80 e ’90 c’è una sottovalutazione

della malattie sessualmente trasmesse e delle complicanze.

occorre educare in particolare i giovani a una protezione

della propria Salute e a una maggiore consapevolezza”.

Anche con progetti nelle scuole: “Con il Miur si collabora

molto, ma questo è un lavoro che ci impegnerà moltissimo

nei prossimi anni”, ha concluso.

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L’adroterapia è una tecnica oncologica innovativa

che prevede l’utilizzo di fasci di particelle, protoni e ioni

carbonio (particelle atomiche più pesanti e dotate di

maggiore energia degli elettroni, e quindi più precise

ed efficaci), che colpiscono in modo mirato e preciso

le cellule tumorali, preservando i tessuti sani. In questo

modo l’adroterapia permette di somministrare dosi

più intense di radiazioni, aumentando le possibilità di

successo del trattamento in pazienti con determinate

caratteristiche.

È una tecnica innovativa e non è sostitutiva della

radioterapia, ma è necessaria nei casi in cui non è

possibile trattare il tumore con la tradizionale radioterapia

ai raggi X, o per curare i tumori non operabili perché

troppo vicini a organi o tessuti sensibili come occhi, nervi,

cervello o intestino, che devono essere preservati dagli

effetti collaterali delle radiazioni.

L’adroterapia, con la firma del Decreto Ministeriale

sui nuovi Livelli essenziali d’Assistenza (LeA), è entrata

definitivamente a far parte delle terapie sostenute dal

Sistema Sanitario Nazionale.

grazie al provvedimento, tutti i cittadini potranno avere

accesso diretto alle cure, servizio che fino ad oggi era

erogato solo all’interno del Sistema Sanitario Regionale

di Lombardia ed emilia Romagna. I pazienti provenienti

da altre regioni potevano accedere alle cure solo dopo

l’autorizzazione della propria ASL di residenza.

In Italia è presente uno dei 6 centri al mondo che

effettua l’adroterapia con protoni e ioni carbonio per

tumori non operabili e resistenti ai tradizionali trattamenti

radioterapici, la Fondazione CNAo, Centro Nazionale di

Adroterapia oncologica. Health online ha intervistato il

presidente, erminio borloni.

L’adroterapia è stata inserita nei nuovi Livelli essenziali

d’Assistenza (LeA). Quali sono le novità?

“grazie al decreto del presidente del Consiglio dei Ministri

sui nuovi Livelli essenziali d’Assistenza (LeA), tutti i pazienti

potranno avere accesso diretto all’adroterapia senza

dover sostenere i costi delle cure, che saranno a carico del

Sistema Sanitario Nazionale.

È un risultato importante ed è incoraggiante perchè

l’adroterapia è la cura più indicata per molti tumori che

non sono operabili o che non rispondono alla radioterapia

convenzionale ai raggi X”.

Quali sono i tumori trattati con l’adroterapia?

“Il decreto sui nuovi LeA prevede trattamenti di

adroterapia (protoni e ioni carbonio) per dieci patologie

L’adroterapia contro i tumori nei nuovi lea

a cura dinicoletta mele

35

tumorali: cordomi e condrosarcomi della base del cranio

e del rachide, tumori del tronco encefalico e del midollo

spinale, sarcomi del distretto cervico-cefalico, paraspinali,

retroperitoneali e pelvici, sarcomi delle estremità

resistenti alla radioterapia tradizionale (osteosarcoma,

condrosarcoma), meningiomi intracranici in sedi

critiche (stretta adiacenza alle vie ottiche e al tronco

encefalico), tumori orbitari e periorbitari (ad esempio

seni paranasali), incluso il melanoma oculare, carcinoma

adenoideo-cistico delle ghiandole salivari, tumori solidi

pediatrici, tumori in pazienti affetti da sindromi genetiche

e malattie del collageno associate ad un’aumentata

radiosensibilità, recidive

che richiedono il

ritrattamento in un’area

già precedentemente

sottoposta a radioterapia.

grazie agli ioni carbonio

trattiamo anche altre

patologie radioresistenti,

come tumori al pancreas,

al fegato, prostata ad alto

rischio, recidive di tumori

del retto e glioblastomi

operati. Ci auguriamo che

presto anche le patologie

attualmente non previste

possano rientrare tra i nuovi LeA, grazie ai lavori della

Commissione ministeriale”.

Quali sono gli strumenti dell’adroterapia?

“I fasci di protoni e ioni carbonio sono prodotti da un

acceleratore di particelle (sincrotrone), simile a quelli del

CeRN di ginevra, alla cui realizzazione hanno lavorato 600

aziende e a cui hanno collaborato numerosi enti tra cui

INFN (Istituto Nazionale di Fisica Nucleare), le università

di pavia e Milano, il politecnico di Milano e il CeRN di

Ginevra. Il sincrotrone del CNAO può generare sia fasci

di protoni che di ioni carbonio, particelle più pesanti e

dotate di maggiore energia, capaci di spezzare con

maggiore forza il DNA delle cellule tumorali e impedire

loro di riprodursi”.

Ad oggi quanti sono i pazienti curati presso il vostro

centro?

“Dal 2011 a oggi abbiamo già trattato con adroterapia

oltre 1200 pazienti, italiani e stranieri. pur considerando

che il periodo di osservazione dei pazienti è ancora

breve, l’adroterapia si è rilevata efficace nel contrastare

e fermare la malattia in

percentuali comprese tra

il 70% e l’80% dei casi, a

seconda delle tipologie

di tumore trattate. Sono

dati analoghi a quelli

rilevati in giappone, dove

l’adroterapia è utilizzata

dall’inizio degli anni ’90.”

Quali sono gli obiettivi per il

futuro?

“Continuare a lavorare con

le istituzioni per estendere

l’utilizzo dell’adroterapia a tutte le patologie per cui

si sta dimostrando efficace e incrementare l’attività

di ricerca. Ad esempio, vogliamo portare avanti studi

clinici per la misurazione dell’efficacia dell’adroterepia

su tumori del pancreas, del polmone e dell’encefalo. per

il 2017 è previsto il completamento di una nuova sala

sperimentale del CNAo dove il fascio di ioni carbonio

sarà utilizzato per esperimenti di radiobiologia e per

ricerca industriale, con test su componenti elettronici.

In programma ci sono inoltre studi su una nuova forma

di radioterapia (boron Neutron Capture therapy - bNCt),

che consentirà di colpire i tumori metastatizzati”.

36

Le RICette DeLLA SALute

Come di consueto abbiamo il piacere di presentare ricette sane e gustose per promuovere uno stile di vita corretto ed equilibrato, che parta proprio dalle nostre tavole.Non sempre “piatto saporito” equivale a dire “sano” per questo è importante incentivare, per noi che abbiamo a cuore la salute dei nostri lettori, la riscoperta di gusti e ingredienti genuini e proporre soluzioni che preservino da patologie più o meno rischiose.In questo numero Health online ha il piacere di presentare una ricetta elaborata con Miglio Fitowell, l’innovativa linea di prodotti vegetali ad alto contenuto proteico pensata per apportare all’organismo più proteine salubri possibili, senza ricorrere ad un uso smodato della carne e dei suoi derivati.

per scoprire le altre ricette Fitowell visita il sito www.fitowell.com

Crocchette di broccoli e Miglio

Ingredienti

250gr di broccoli lessi150 gr di miglio cotto

3 cucchiai di farina di risoSale rosa (integrale)

PepeOrigano

PangrattatoAcqua q.bOlio evo

Procedimento

In una terrina aggiungete i broccoli, il miglio, due pizzichi di sale, due pizzichi di pepe e amalgate per bene.

In una ciotola mettete la farina e un bicchiere di acqua (la pastella deve essere fluida).

Preparate le crocchette con le mani.Trasferite le crocchette nella pastella e poi nel pangrattato.

Cuocete in una padella antiaderente con un cucchiaio di olio fino a doratura.

Buon appetito!

di “Riganelli Alessandro Azienda Agraria”

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Spesso l’importanza e i benefici che contraddistinguono i prodotti ricchi di proteine di origine vegetale vengono sottovalutati e l’apporto giornaliero della componente

proteica avviene per lo più tramite il consumo di carne e suoi derivati.

Vi è ampio accordo nel mondo scientifico, nel consigliare una dieta basata sul minor utilizzo di carne, di buona qualità, alternata a fonti proteiche di origine vegetale.Seguire una dieta il più possibile varia, infatti, assicura all’organismo tutti i nutrienti

necessari a vivere in salute e favorisce un migliore benessere psico-fisico.

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L’innovazione dei Sussidi che mette a disposizione dei propri associati identifica da sempre MBA come una vera “Sanità Integrativa” volta a migliorare la qualità di vita degli aderenti.

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La Selvotta Suite è un’elegante Guest House nel cuore del Parco di Vejo, a pochi chilometri dallo storico comune di Formello ed a soli 17 Km a nord della città di Roma.

La bellezza del bosco di querce e la vicinanza al Parco della Selvotta rendono questa location unica nel suo genere, offrendo un’oasi di pace per varie specie di animali la cui compagnia sorprenderà piacevolmente i propri ospiti.

La camere, curate nei dettagli in forme e colori, dispongono tutte di servizi privati con doccia, asciugacapelli, TV, riscaldamento autonomo, aria condizionata, frigobar, cassaforte e Wi-Fi free. Su richiesta inoltre, è possibile usufruire del servizio lavanderia.

www.laselvottasuite.it | [email protected] della Selvotta, 23 | 00060 | Formello (RM)