Ha ancora senso parlare di associazione, oggi? 0... · lare i sistemi alimentari di tutto il...

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#0 il giornale dell’ associa- zione di Gaetano Pascale V ivere in quest’epoca di legami deboli e identità fluttuanti non è sempre facile. I social media ci permettono di incontrarci e di far circolare informazioni come mai era successo prima, ma con altrettanta facilità ci risucchiano nell’apatia e nella solitudine. Nessuna verità è esente da critica. Tuttavia, proprio mentre nascono nuove istanze nei confronti della politica, la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica sembra declinare insieme alle grandi narrazioni di un tempo. Ha davvero senso, in una società come la nostra, parlare (ancora) di vita associativa o di campagne sul ter- ritorio, e quindi anche di tessere, incontri formativi, manifestazioni di piazza? Noi pensiamo di sì, anzi sia- mo certi che tutto questo abbia un significato molto più profondo proprio qui e adesso. Perché è la stessa realtà di oggi, con le incredibili possibilità che ci offre, a rendere chiaro come non tutto possa risolversi con un click. Se in molti campi la società si fa liquida, in altri i rapporti di potere si scoprono più solidi che mai – e per tenervi testa dal basso non è sufficiente qualche mobilitazione estemporanea. Quasi trecento anni fa, Alexis de Tocqueville paragonava il ruolo di ogni associazione, in regime democratico, a «un cittadino illumi- nato e potente, che non può essere assoggettato a piacere, né oppresso in segreto, e che, difendendo i suoi di- ritti particolari contro le esigenze del potere, salva le libertà comuni». Chi pensa che l’associazionismo sia un patrimonio da archiviare in soffitta farebbe bene a guardarsi intorno. Non ci vuole molto ad accorgersi di quanto spesso associazioni e movimenti rappresentino l’unico argine concreto allo strapotere di pochi. Come quelle multinazionali che, attraverso acquisizioni e fusioni, concentrano una forza tale da condizionare – e a volte perfino determinare – le decisioni della politica e dell’economia, oltre alle scelte quotidiane di ciascuno di noi. Il mondo del cibo, da questo punto di vista, è paradigmatico, dal momento che in ogni sua filiera (dalla vendita delle sementi fino alla grande distribuzione) sono non più di una decina le entità in grado di control- lare i sistemi alimentari di tutto il pianeta. Ecco perché vogliamo che Slow Food rimanga un riferimento per tutti quelli che lottano in nome di un mondo più equo e più giusto. Una lotta che fa bene al nostro presente e potrà continuare domani, senza dubbio, a decidere il destino delle libertà comuni. Sei tu che scegli l’8 aprile scendi in piazza con Slow Food In primo piano Sei tu che scegli. Questo è lo slogan che ca- ratterizza lo Slow Food Day, l’evento di Slow Food che l’8 aprile unisce 300 piazze d’Italia. Un fitto programma di feste, incontri e degu- stazioni per far comprendere l’importanza del nostro agire quando ci mettiamo la ca- sacca di consumatore. Siamo noi che sce- gliamo tutti i giorni quando andiamo a fare la spesa. Un gesto inconsapevolmente refe- rendario, perché diciamo sì o no a uno stile di produzione, di distribuzione, di sfrutta- mento della terra. Quindi un gesto che non può essere guidato solo dal 3x2 o dalla fret- ta di portare qualcosa in tavola la sera. Un momento della nostra quotidianità che me- rita più attenzione perché troppe sono le ri- cadute, sia per il presente sia per il futuro, che provoca. Sei tu che scegli e non il pro- dotto (quindi l’industria o la catena di distri- buzione) che con stratagemmi vari si fa sce- gliere. Quindi l’invito è di cercare la piazza più vicina a casa su slowfood.it e venire a vi- vere l’associazione. Ha ancora senso parlare di associazione, oggi? © Foto archivio Slow Food

Transcript of Ha ancora senso parlare di associazione, oggi? 0... · lare i sistemi alimentari di tutto il...

#0il giornale dell’associa-zione

di Gaetano Pascale

V ivere in quest’epoca di legami deboli e identità fluttuanti non è sempre facile. I social media ci permettono di incontrarci e di far circolare informazioni come mai era successo prima, ma con altrettanta facilità ci risucchiano nell’apatia e nella solitudine. Nessuna verità è esente da critica.

Tuttavia, proprio mentre nascono nuove istanze nei confronti della politica, la partecipazione dei cittadini alla vita pubblica sembra declinare insieme alle grandi narrazioni di un tempo.Ha davvero senso, in una società come la nostra, parlare (ancora) di vita associativa o di campagne sul ter-ritorio, e quindi anche di tessere, incontri formativi, manifestazioni di piazza? Noi pensiamo di sì, anzi sia-mo certi che tutto questo abbia un significato molto più profondo proprio qui e adesso. Perché è la stessa realtà di oggi, con le incredibili possibilità che ci offre, a rendere chiaro come non tutto possa risolversi con un click. Se in molti campi la società si fa liquida, in altri i rapporti di potere si scoprono più solidi che mai – e per tenervi testa dal basso non è sufficiente qualche mobilitazione estemporanea. Quasi trecento anni fa, Alexis de Tocqueville paragonava il ruolo di ogni associazione, in regime democratico, a «un cittadino illumi-nato e potente, che non può essere assoggettato a piacere, né oppresso in segreto, e che, difendendo i suoi di-ritti particolari contro le esigenze del potere, salva le libertà comuni». Chi pensa che l’associazionismo sia un patrimonio da archiviare in soffitta farebbe bene a guardarsi intorno. Non ci vuole molto ad accorgersi di quanto spesso associazioni e movimenti rappresentino l’unico argine concreto allo strapotere di pochi. Come quelle multinazionali che, attraverso acquisizioni e fusioni, concentrano una forza tale da condizionare – e a volte perfino determinare – le decisioni della politica e dell’economia, oltre alle scelte quotidiane di ciascuno di noi. Il mondo del cibo, da questo punto di vista, è paradigmatico, dal momento che in ogni sua filiera (dalla vendita delle sementi fino alla grande distribuzione) sono non più di una decina le entità in grado di control-lare i sistemi alimentari di tutto il pianeta. Ecco perché vogliamo che Slow Food rimanga un riferimento per tutti quelli che lottano in nome di un mondo più equo e più giusto. Una lotta che fa bene al nostro presente e potrà continuare domani, senza dubbio, a decidere il destino delle libertà comuni.

Sei tu che sceglil’8 aprile scendi in piazza con Slow Food

In primo piano

Sei tu che scegli. Questo è lo slogan che ca-

ratterizza lo Slow Food Day, l’evento di Slow

Food che l’8 aprile unisce 300 piazze d’Italia.

Un fitto programma di feste, incontri e degu-

stazioni per far comprendere l’importanza

del nostro agire quando ci mettiamo la ca-

sacca di consumatore. Siamo noi che sce-

gliamo tutti i giorni quando andiamo a fare la

spesa. Un gesto inconsapevolmente refe-

rendario, perché diciamo sì o no a uno stile

di produzione, di distribuzione, di sfrutta-

mento della terra. Quindi un gesto che non

può essere guidato solo dal 3x2 o dalla fret-

ta di portare qualcosa in tavola la sera. Un

momento della nostra quotidianità che me-

rita più attenzione perché troppe sono le ri-

cadute, sia per il presente sia per il futuro,

che provoca. Sei tu che scegli e non il pro-

dotto (quindi l’industria o la catena di distri-

buzione) che con stratagemmi vari si fa sce-

gliere. Quindi l’invito è di cercare la piazza

più vicina a casa su slowfood.it e venire a vi-

vere l’associazione.

Ha ancorasenso parlaredi associazione, oggi?

© Fo

to arc

hivio

Slow

Food

Numero 0

A

02 MARZO 2017

All’interno

Con il MinistroMartinaBuono a sapersi:Pac e suolo a cura di Unisg 04

L’intervista

Comacchio:tra sabbie e acquaUno sguardo sul mondo: Le api salvano il nostro cibo 05

L’Italia delle Condotte

Vinitalyo ProWein?Slow Medicine:Perché parliamo di coltivare la salute 06

Pensiero liquido

Il gioco: alla scoperta dell’olioIl mercato:Fagiolo di Sciclie l’asparago di Albenga

07

Play Food

Slow Food Daye Senigallia WineTutto l’anno:Mercati della terraMaster of Food 08

Calendario Appuntamenti

di Sonia Chellini

insieme alimentiamo il futuro.

S O S T I E N I , C O N D I V I D I , A G I S C I ,P E N S A S L O W F O O D . S C O P R I C O M E S U :

S T O R E . S L O W F O O D . I T

SLOW FOOD È UN’ASSOCIAZIONE.I SOCI SONO LA NOSTRA FORZA.

ASSOCIATI, RINNOVA LA TUA ADESIONE O REGALA L’ISCRIZIONE A SLOW FOOD.

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Direttore Valter Musso | Vicedirettore Alessia Pautasso, Elisa Virgillito Coordinamento editoriale Alberto Arossa, Andrea Cascioli | Coordinamento Web Michela Marchi | Redazione Francesca Baldereschi, Eleonora Bergoglio, Enrico Bonardo, Silvia Ceriani, Fabrizio Dellapiana, Paolo Ferrarini, Giancarlo Gariglio, Eleonora Giannini, Eleonora Lano, Camilla Micheletti | Marketing associativo Fabiana Graglia | Slow Food Italia| Via Mendicità Istruita, 14 12042 Bra (Cn) Tel. 0172 419611 www.slowfood.it | Presidente Gaetano Pascale Direttore Generale Daniele Buttignol | Redazione Via Mendicità Istruita, 14 12042 Bra (Cn) Amministrazione Via Mendicità Istruita, 14 12042 Bra (Cn) Tel. 0172 419611 Fax 0172 411299 Concessionaria pubblicitaria Slow Food Promozione srl Via Vittorio Emanuele, 248 12042 Bra (Cn) [email protected] Tel. 0172 419744 | Pro-getto grafico It’s Friday - Creative Studio www.itsfri-day.it | Stampa Italiana Editrice Spa Via Giordano Bruno, 84 Torino Slow Food Editore srl: presidente Roberto Burdese | Direttore responsabile Grazia Novellini | Registrazione Slow 0/2017 Periodico di informazione iscritto al Tribunale di Alba (Cn) Regi-strazione n. 2/96 | Per informazioni e segnala-zioni [email protected] Chiuso in redazione: 18/03/2017

partire dalla seconda metà del secolo scorso, in buona parte

dell’Europa ma con particolare evidenza in Italia, siamo di-

ventati tutti indistintamente cittadini della “società dei consumi”. Da

quel momento l’acquisto di un bene cessa di essere una scelta legata

alla necessità, al gusto o al piacere, circoscritta in un ambito privato o

familiare com’era fino all’immediato dopoguerra, e diventa un feno-

meno di massa influenzato e influenzabile da molteplici fattori ester-

ni, a partire dalla pubblicità. I consumi alimentari non sono rimasti

immuni da questo processo. L’approvvigionamento diretto presso

agricoltori locali, mercati rionali o piccole botteghe e la trasformazio-

ne familiare o tuttalpiù artigianale delle materie prime per la produ-

zione di cibo sono stati fino ai primi anni ’70 una pratica diffusissima,

anche nei contesti urbani. L’arrivo dei primi supermercati e l’affer-

marsi della grande distribuzione organizzata hanno poi conseguente-

mente industrializzato la filiera, creando un divario enorme tra chi il

cibo lo produce e chi lo consuma, e incorporando in molti casi, ormai,

persino il processo di trasformazione (cibi pronti surgelati e non).

Tornare a essere consumatori consapevoli, protagonisti delle proprie

scelte e non elementi passivi di un sistema che, in nome del profitto e

del mercato, disconosce in primo luogo la biodiversità e spesso persi-

no legalità e diritti, è possibile. Costruire percorsi di conoscenza e

sensibilizzazione sulle filiere dell’agroalimentare e favorire il rappor-

to diretto tra agricoltori e cittadini sono due degli elementi centrali

del lavoro di Slow Food e fattori distintivi della filosofia associativa: i

Mercati della Terra sono stati e sono per noi una traduzione proget-

tuale di queste priorità. Oggi la complessità dei fenomeni, non solo

economici, legati alla produzione, distribuzione e consumo di cibo

richiede un ulteriore e più determinato impegno per sondare nuove

strade e trovare ulteriori strumenti. Dovremo individuare nell’etica,

nella condivisione, nella partecipazione e nell’equità gli elementi fonda-

mentali di un nuovo approccio al cibo quotidiano, alternativo ma non in

contrasto con quello vigente. E se è vero che i comportamenti virtuosi di

ciascuno sono in grado man mano di modificare gli assetti anche più

consolidati, i risultati non tarderanno. Potremo allora dire di aver davve-

ro, insieme, alimentato il futuro.

il giornale di Slow Food Italia

© Fo

to di

Alessa

ndro

Vargi

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Ai consumatori un potere enorme: scegliere

Zygmunt Bauman ha intitolato uno dei suoi testi Homo Consumens (era il 2007). In questa maniera identificava e in un cer-to senso certificava una sorta di mutazione antropologica dell’uomo contemporaneo, che costruisce la sua identità, che è incluso o escluso dal circolo del successo e del rico-noscimento sociale, sulla base di ciò che può o non può acquistare, anche in termini di esperienze oltre che di oggetti. Partendo da questa lettura, per molti aspetti triste-mente condivisibile, bisogna però notare che Bauman tralascia un aspetto (in realtà forse perché non era oggetto di quel testo), ovvero quanto gli stili di consumo e le scel-te di consumo possano impattare sull’eco-

sistema integrato del pianeta Terra. Non solo dunque quanto il consumo sia ormai il nostro principale viatico per l’autoaffer-mazione, ma cosa questa deriva significhi nell’interpretazione del nostro rapporto con l’ambiente di cui facciamo parte. Per-ché, che ci piaccia o no, che lo vogliamo o no, dobbiamo essere consapevoli che con-sumare ha un impatto, e che noi che com-piamo l’atto del consumo siamo responsa-bili di quell’impatto. Potrebbe sembrare una banalità. Come membri di Slow Food

sappiamo bene quanto sono importanti i nostri comportamenti individuali, da mol-ti anni parliamo di co-produttori e non di consumatori, battiamo senza sosta sul ta-sto dell’informazione per poter operare scelte consapevoli. Eppure oggi questo è ancora il nodo centrale da sciogliere, ed è anche il campo di azione che più è alla no-stra portata di cittadini. La strada rimane lunga, troppo spesso siamo passivi, ci pie-ghiamo alle logiche più bieche del mercato e della distribuzione, siamo bombardati da una comunicazione che tutto fa tranne che informare seriamente su ciò che ci vuole vendere. Eppure questo è anche un enorme terreno di protagonismo e di citta-dinanza, lo stesso modello di mercato che ci rende homini consumens ci mette in mano un potere enorme, quello di sceglie-re per quale agricoltura, per quale filiera produttiva, per quale approccio al cibo parteggiare. Senza tuttavia dimenticare che, se il sistema di mercato è il principale responsabile del disastro dell’economia agricola, dell’espansione inarrestabile del-la monocoltura, dell’impoverimento della classe contadina, dobbiamo prendere atto che un cambio nello stile di consumo non deve limitarsi a una mera scelta di oggetti, al contrario deve andare nell’ottica di co-struire relazioni nuove e una nuova comu-nità. Io credo che siamo sulla buona strada e che Slow Food stia camminando a passo sostenuto in questa direzione.

L’OPINIONE

di Carlo Petrini

Un cambio di stiledi consumo chiedela costruzione di

nuove relazioni

Etica, condivisione, partecipazioneed equità,sono elementi fondamentali dell’approccio al cibo quoti-diano

Il 75% del mercato mondiale dei semi è nelle mani di 10

multinazionali che vendono pochi ibridi uguali in tutto il

mondo. Intanto scompare, e senza rimedio, il sapere mil-

lenario grazie al quale i contadini hanno selezionato le

sementi delle varietà migliori, quelle più adatte alle carat-

teristiche di ciascun territorio. Per questo, Slow Food, con

Eataly, l’Università di Palermo e la ditta sementiera Arcoi-

ris, ha promosso il progetto Seminiamo la biodiversità. Nei

punti vendita Eataly si trovano i semi di 40 varietà tradizio-

nali italiane, certificati biologici e prodotti da aziende di

piccole dimensioni. Intanto si stanno individuando molte

altre varietà locali e nuovi potenziali produttori di semi da

coinvolgere. Info su: www.slowfood.it e www.eataly.net

Seminiamo la biodiversità

rima di parlare di etichette narranti facciamo un po’ di storia. Non voltate pagina

sbuffando: non è mia intenzione iniziare con gli Egizi e seguire nei secoli l’evolversi

dei modi in cui sono stati raccontati i prodotti alimentari. Però c’è un momento

storico che va messo in evidenza, altrimenti non comprendiamo ciò di cui stiamo

parlando. A partire dal XX secolo l’industria si appropria della produzione di cibo e grazie a una

serie di rivoluzionarie innovazioni (l’uso di additivi e coadiuvanti tecnologici, la pastorizzazio-

ne, l’uso di scatole di latta, di surgelati, del sottovuoto) può distribuire su larga scala gli alimen-

ti, con durate e distanze fino allora inimmaginabili. In quel momento si spezza il legame diretto

tra consumatore e produttore e si impone la necessità di descrivere ciò che è contenuto in quel-

la determinata confezione. Ecco l’etichetta moderna, ed ecco anche i primi travisamenti.

L’etimologia della parola ci dice che in qualche modo l’etichetta stabilisce regole e comporta-

menti, sancisce un rapporto. L’industria stravolge questo rapporto e lo modifica a suo uso e

consumo. Osserviamo questa confezione di formaggio degli anni 60. [Figura 1] Il rapporto

produttore/consumatore è sintetizzato nel logo: la grafica ci suggerisce che non hai bisogno di

sapere nulla di questa crescenza, se non che è pro-

dotta da Galbani, e devi fidarti. E Galbani (dico Gal-

bani, ma potrei dire uno qualsiasi dei marchi impor-

tanti dell’agroalimentare italiano) vuol dire qualità.

Eccola la parolina magica, qualità. Se c’è una parola

completamente svuotata di ogni significato è questa.

Voi conoscete un produttore, uno, che ammetta di

non fare qualità? Dunque se tutto è qualità, fa fede il

logo, il marchio di fabbrica. Tutta la pubblicità degli

anni ‘70- ‘80 e parte dei ‘90 mira a blindare questa vi-

sione del mondo. Poi le cose iniziano a cambiare.

I marchi Bio, Biodinamico, Fairtrade, Dop, Igp si af-

fermano e vanno a sovrapporsi, in alcuni casi a fagoci-

tare, quelli aziendali. Questi marchi collettivi presup-

pongono una narrazione, altrimenti non si capisce

perché il consumatore li scelga quando il costo è più

elevato. Le industrie capiscono di essere un passo in-

dietro e iniziano a cambiare l’impostazione delle eti-

chette. [Figura 2] Si aggiungono ricette, consigli di

conservazione, claim ecologici, slogan evocativi (“dove

c’è Barilla c’è casa”) in una sorta di horror vacui che

dovrebbe essere percepito come narrazione ma che

narrazione non è. Nulla di illegale, per carità, ma si

dovrà pure ammettere che questa sorta di cortina fu-

mogena mira a coprire le omissioni, ovvero l’omissio-

ne: non mi dice esattamente com’è fatto quel prodot-

to, dalla materia prima, al territorio di coltivazione,

dall’alimentazione degli animali al processo di lavora-

zione. Ed è la piccola grande intuizione delle nostre

etichette narranti applicate, per ora, ai Presìdi Slow

Food e su alcuni prodotti di Alce Nero. Narrazione e

non storytelling (parola odiosa, che puzza lontano un

miglio di marketing), esatta e meticolosa anche a co-

sto di risultare un poco notarile e fredda. [Figura 3]

L’etichetta narrante è un atto di coraggio da parte del

produttore e di fiducia nel consumatore: lunga, ingom-

brante, ma decisiva nel colmare il distacco produtto-

re-consumatore che la moderna distribuzione impone.

Abusata in pub-blicità,la paro-

laqualità

haperso valore

di Piero Sardo

L’etichetta narrante colma il distacco produttore-consumatore

3.

03MARZO 2017il giornale di Slow Food Italia

«Ecologico e digitale. Sono i due assi sui quali possiamo costruire il futuro modello agricolo italiano, per salvaguardare la nostra biodiversità e valorizzare i tratti distintivi delle nostre produzio-ni.» Con queste parole il Ministro delle politiche agricole Maurizio Martina disegna, nella chiacchierata che ci ha concesso, quelle che sono per lui le linee guida della futura politica agricola.

Quali provvedimenti per dare una centralità vera all’a-gricoltura, rispettosa dell’ambiente e dell’uomo, e dare concrete possibilità ai giovani? «In questi anni abbiamo la-vorato per mettere al primo posto la tutela del reddito dei produt-tori, soprattutto dei piccoli. L’agricoltura è tornata al centro dell’a-genda economica e sociale. Lo dimostrano i nostri interventi per lo sgravio fiscale, per gli incentivi ai giovani con i mutui a tasso zero e l’esenzione totale per 3 anni dal pagamento dei contributi previdenziali che ora sono realtà. C’è ancora tanto da fare, ma ab-biamo tracciato una strada nuova.»

È possibile un cambio di direzione per la Pac, in modo da destinare più risorse all’agricoltura che tutela la biodiver-sità, l’ambiente e la salute? «Vogliamo una Pac diversa. La spesa agricola deve puntare alla tutela concreta del reddito degli agricoltori, alla qualità dei prodotti, alla gestione sostenibile delle risorse e valo-rizzazione delle aree rurali. Produrre di più con meno, deve essere il principio guida. Una Pac più semplice e in grado di garantire futuro alle nostre filiere. L’agricoltura deve essere valorizzata come bene co-mune, per la sua capacità di generare nuove forme di welfare.»

Quali sono le iniziative più urgenti di cui ha bisogno l’agricol-tura europea? «Maggiore flessibilità, equa redistribuzione delle risor-se e rafforzamento degli strumenti per gestire le crisi di settore. La politi-ca agricola europea, così come è impostata oggi, non riesce sempre a dare risposte soddisfacenti né per la salvaguardia del reddito degli imprendi-tori agricoli né ai contribuenti. La riforma è l’occasione per rafforzare gli strumenti disponibili prevedendo, ad esempio, l’estensione del modello delle Organizzazioni comuni di mercato ad altri settori come latte, carne o cereali, migliorarne la competitività, incrementare la capacità di adat-tamento alle turbative dei mercati.»

Cosa risponde a Carlo Petrini e Olivier De Schutter che dichiarano: «Biso-gna andare oltre la Pac e definire una Politica Alimentare Comune, che pon-ga al centro il cibo che consumiamo ogni giorno, con tutto quello che com-porta scegliere? «L’Italia sta già facendo sentire la sua voce in Europa per ribadire il valore centrale del cibo. Non è una commodity, ma frutto di un lavoro che coinvolge atti-vamente i consumatori che possono diventare co-produttori come ha ricordato Petrini. Con l’approvazione della legge contro gli sprechi alimentari, ad esempio, abbiamo propo-sto un modello unico che rende più semplice per le aziende donare che sprecare e può diventare modello per gli altri Paesi. Un’eredità concreta della Carta di Milano che abbiamo sottoscritto mettendo il cibo al centro delle grandi sfide globali dei prossimi anni.»

Gran parte del futuro delle aree terremotate passa dall’agricoltura. «È stata una delle peggiori tragedie sismiche del nostro Paese. Abbiamo stanziato risorse per aiu-tare gli allevatori e gli agricoltori come mai in passato. Ora dobbiamo proseguire nella gestione della prima fase che è ancora di emergenza. Ricostruire e dare nuovo slancio all’economia locale non è solo un dovere morale ma un impegno concreto.»

L’agricoltura in molte aree è sentinella del territorio e baluardo contro lo spopolamento. Che cosa si può per queste aree? «Valorizzare meglio le produ-zioni delle aree interne dove l’agricoltura svolge un ruolo non solo economico, ma sociale. Anche di inclusione e integrazione dei nuovi cittadini che vengono dall’estero. Siamo al lavoro con il gruppo di Fabrizio Barca proprio per approfondire queste possibilità. In questo contesto si inserisce anche la creazione della Banca delle terre agricole che era

attesa da anni e che ora è partita con i pri-mi 8mila ettari a disposizione.»

Agricoltura e burocrazia. Cosa si sta facendo per una reale semplificazio-ne che tenga conto delle esigenze di tutti i produttori? «Molto è stato fatto con Campolibero. I piccoli agricoltori ita-liani si sono visti azzerare le pratiche per la domanda unica dei contributi europei. Nel vino, dal 1 gennaio, è operativo il registro telematico che consente di eliminare i regi-stri cartacei, dove stiamo gestendo la com-plessità del passaggio. Andiamo avanti ascoltando le esigenze delle imprese.»

Qual è, a oggi, il provvedimento del suo Ministero che la rende più orgo-glioso? «In tre anni di Governo abbiamo realizzato molte cose, come la più grande riduzione fiscale del settore primario con la cancellazione di Imu, Irap e Irpef agrico-le e un taglio delle tasse da 1,3 miliardi. Ma il traguardo più importante è l’approvazio-ne della legge contro il caporalato, attesa da anni. Una grande battaglia di civiltà e giustizia. Ora abbiamo strumenti più forti per tutelare i diritti di migliaia di persone e difendere le aziende oneste dalla concor-renza sleale di chi sfrutta i lavoratori.»

L’agricoltura deve essere

valorizzata come bene comune,

per la sua capa-cità di generare nuove forme di

welfare

Il suolo è l’unico comparto ambientale terrestre in cui si incontrano, interagiscono e s’interfac-ciano contemporaneamente tutti gli altri com-parti ambientali, ovvero è l’unico ecosistema terrestre in cui convivono litosfera, atmosfera, idrosfera, biosfera (uomo incluso).

La Pac (Politica Agricola Comunitaria) è una tra le più importanti politiche europee, prevista fin dalla fondazione della Comunità Economica.

Era il 1958 quando iniziò a operare, ovvero in un momento storico in cui l’Europa cambiava faccia e aveva bisogno di una strategia comune per affron-tare le difficoltà della popolazione rurale, in gran parte ancora molto povera, e per incentivare l’inno-vazione di un settore agricolo che aveva bisogno di aumentare la propria efficienza: in quell’anno, sen-za aiuti alimentari americani, l’Europa avrebbe an-cora sofferto la fame. Contemporaneamente, que-sta politica avrebbe portato maggiore stabilità dei mercati e derrate alimentari a prezzi accessibili.

Oggi nella Pac vengono concentrate più di un terzo delle risorse economiche della Comunità Europea, ma il panorama sociale, economico e ambientale è fortemente cambiato. Per come lo conosciamo, lo strumento Pac non è più adeguato ad affrontare le sfide del nostro tempo: non riesce infatti a inter-cettare e risolvere le istanze dell’agricoltura soste-nibile e di piccola scala, mentre rimane molto alta la quota di risorse a vantaggio della grande agri-coltura industriale e delle sue lobby.

In queste settimane si è aperta la consultazione pub-blica che si protrarrà nei prossimi mesi, dando il via al dibattito sulla riforma. Pur riconoscendo il ruolo fondamentale che la Pac ha ricoperto in passato con-tro la lotta alle ristrettezze del Dopoguerra, i tempi sono sicuramente maturi affinché diventi sempre più uno strumento in grado di affrontare la sfida dei cambiamenti climatici, della produzione di energia, della gestione sostenibile delle risorse.

Nonostante sia la base per la produzione del 99% del cibo destinato all’uomo, e l’habitat di oltre un terzo delle specie viventi del pianeta, il suolo è stato troppo a lungo considerato inerte: un semplice supporto da far fruttare il più possibi-le, ricorrendo a lavorazioni molto aggressive che non tengono conto dei suoi equilibri, e dei rischi legati alla biodiversità che custodisce, nell’illu-soria convinzione che sia una risorsa infinita e indistruttibile.

Sono proprio queste lavorazioni aggressive, con particolare riferimento alla meccanizzazione e all’uso massiccio di ammendanti chimici, che oggi minacciano fortemente il suolo e la sua fer-tilità compattandone la struttura, distruggendo gli aggregati naturali, dilavando i nutrienti, e impattando sulla biodiversità microbica. Senza parlare della cementificazione selvaggia.

Sebbene il suolo sia fortemente minacciato, non ci sono norme comunitarie coerenti in grado di tutelarlo come è fondamentale che sia. Al con-trario, il suolo è un patrimonio comune che deve essere riconosciuto come tale, fondamentale per la resilienza ambientale e per la vita. È necessa-rio proteggerlo da erosione, impermeabilizza-zione, perdita di materia organica e contamina-zioni.

A tal proposito, People4Soil (una rete libera e aperta di Ong e istituzione europee, di cui fanno parte circa 400 realtà) ha lanciato una petizione (si può sottoscrivere su www.salvailsuolo.it) che si propone di raccogliere un milione di firme in Europa entro la fine dell’anno per obbligare il Parlamento Europeo a discutere una proposta in questo senso.

buono a sapersi

CHE Cos’èla Pac?

Ha senso par-lare di suolo?

a cura dell’Università

degli Studi di scienze

gastronomiche di Pollenzo

www.unisg.it

di Valter Musso

Il MinistroMartina

Maurizio Martina

è nato a Calcinate (Bg) il 9 settembre

1978, ha conseguito il Diploma di

maturità presso l’Istituto tecnico

agrario di Bergamo e si è poi laureato in

Scienze politiche.Il 22 febbraio 2014

è stato nominato Ministro delle

politiche agricole alimentari

e forestali, con delega a Expo Milano 2015.

Tutela del reddito degli agricoltori,

occupazione giovanile e ricambio

generazionale, semplificazione burocratica per

le imprese, sostegno all’export sono stati

i temi principali della sua guida del

Mipaaf.

Numero 004 MARZO 2017

L’intervista

il giornale di Slow Food Italia

© Il

lustra

zione

di M

atteo

Barac

co

L’Italia delle Condotte

l nostro viaggio inizia appena superata la curva all’inizio del paese: lasciamo alle spalle la piatta pianura per farci conqui-stare da uno spettacolo emozionante creato da giochi di ac-

qua e lingue di terra. Siamo all’ingresso di Comacchio, la “piccola Venezia” nel Parco del Delta del Po, dove la millenaria convivenza tra la terra e il mare ha modellato un territorio unico. Un luogo slow da visitare con calma a piedi, in bici e in barca. Questa pitto-resca cittadina lagunare, nata da un borgo di pescatori, è caratte-rizzata da un intreccio di canali, ponti ed edifici monumentali. Comacchio sorge su tredici isolette, collegate da undici ponti, e culmina nel magico intreccio dei Trepponti, capolavoro architet-tonico del Seicento, simbolo della città. Dalle scalinate dei Trep-ponti lo sguardo si perde tra i colori del cielo e angoli incantevoli: dalla storica pescheria con tredici banchi di marmo, tredici come le isolette, al Museo della Nave Romana, imbarcazione commer-

ciale rinvenuta nei pressi della città. Lasciato il ponte l’altra tappa è il bellissimo porticato dei Cappuccini, edificato nel Seicento, che ci conduce al Santuario di Santa Maria in Aula Regia. Ma chi dice Comacchio dice anguilla, e quindi è d’obbligo la visita all’antica fabbrica della Manifattura dei Marinati un tempo luogo di lavora-zione delle anguille e delle acquadelle, dove ancora oggi nel perio-do autunnale è possibile ammirare la preparazione dei marinati. L’anguilla è ottima allo spiedo e ai ferri, in inverno interessante è il brodetto bruèt con l’anguila, da non perdere quella cucinata con le verze coltivate nei terreni prosciugati delle valli; lo stesso pesce, marinato, è all’origine di una storica attività conserviera, la prepa-razione tradizionale oggi Presidio Slow Food. Lasciata la città ci immergiamo nelle valli: si inizia a percorrere l’argine che costeg-gia Valle Fattibello. Di fianco a noi i bilancioni dei pescatori e le torri di avvistamento per il birdwatching ci accompagnano in que-sto viaggio fuori dal tempo. L’obiettivo è il Casone Foce, un tempo importante Stazione da pesca, oggi ottimo ristorante di pesce pre-parato secondo le ricette della tradizione. Questo è il punto di par-

tenza per la nostra gita in battello. La barca è infatti il mezzo idea-le per visitare uno dei luoghi più suggestivi del delta, la Salina di Comacchio, rifugio di colonie di uccelli acquatici tra cui i fenicot-teri rosa. Il delta del Po è un susseguirsi di scenari unici che cam-biano di continuo e si presentano diversi in ogni stagione. Per scoprire e conoscere meglio questo luogo incantato vi consigliamo il Museo del Delta Antico nell’antico Ospedale degli Infermi di Comacchio dove sono esponsti reperti archeologici che racconta-no l’evoluzione del territorio e degli insediamenti umani del delta. Dal punto di vista gastronomico, oltre alla regina incontrastata delle valli, l’anguilla, non mancano altre ricette che uniscono i sa-pori di mare e di terra. Partiamo dal riso del Delta del Po Igp, da accompagnare ai vini del Bosco Eliceo, Sauvignon, Fortana e Merlot tutti Doc. La sacca di Goro offre le condizioni ottimali per l’allevamento e la pesca di cozze, ostriche ma soprattutto della fa-mosa vongola verace di Goro. Insomma, un territorio da scoprire grazie alle sue moltissime ricchezze naturalistiche e gastronomi-che. Vi aspettiamo!

UNA PAUSABar Ragno, via Cavour 1, sotto la storica loggia dei Mercanti del grano, vicino alla Torre dell’Orologio

DOVE MANGIARETrattoria da Vasco e Giulia, via Muratori, 21 Tel. 0533 81252

DOVE ACQUISTAREl’anguilla marinata Presidio Slow Food:La Manifattura dei Marinati, Cso Giuseppe Mazzini, 200.

la mortalità delle api è scesa conside-revolmente: ma i pesticidi non sono scomparsi. Oggi, ad esempio, c’è un dibattito aperto sul glifosato. E gli apicoltori sono diventati dei veri e propri paladini dell’ambiente, consci che se non si pone un freno alle so-stanze che provocano la morte delle api ci saranno ripercussioni nella produzione di cibo.Ci sono già realtà che hanno intra-preso strade diverse e innovative. Malles (Bz), in Alta Val Venosta, è il primo comune al mondo ad aver san-cito, tramite referendum, il divieto di pesticidi in agricoltura. Ma non è tutto: in Svizzera, nel 2018, si terrà un referendum per abolire i pesticidi

sintetici. Sempre il prossimo anno, in Francia, un emendamento alla legge sulla biodiversità dovrebbe bandire i neonicotinoidi. In India, lo Stato di Sikkim si è dichiarato “orga-nico”. Da oltre dieci anni le autorità hanno proibito l’uso di pesticidi, constatando l’aumento della produt-tività agricola e il ritorno delle api selvatiche, importanti indicatori del benessere della biodiversità.Si calcola che solo in India, senza gli impollinatori, un terzo della produzio-ne di frutta e verdura andrebbe persa. Una perdita per il paniere alimentare stimata in 726 miliardi di dollari an-nuali. «Non solo si potrebbero perdere soldi. Stiamo parlando di perdita di

cibo, fondamentalmente di fame» spiega Parthib Basu, direttore del Centro degli impollinatori dell’Uni-versità di Calcutta. Le storie di conta-dini e contadine che abbiamo incon-trato in questo Paese dimostrano la forte dipendenza tra apicoltura e agri-coltura. Come quella di Neema Rame-sh Bilkule, agricoltrice di un remoto villaggio nel cuore dell’India, a sei ore da Mumbai. Grazie alle api è riuscita a migliorare le condizioni di vita e il be-nessere della sua famiglia: la produzione di melanzane, mango, peperoncino è aumentata tra il 30 e il 60 per cento.

È ormai certo che la diminuzione degli insetti impollinatori abbia impat-to sulle nostre tavole, nonché effetti tangibili e quotidiani su salute, am-biente e biodiversità: un fenomeno di cui si sta occupando, ad esempio, il progetto Hunger For Bees (www.journalismgrants.org/projects/hun-ger-for-bees) realizzato grazie alla collaborazione del Centro europeo di giornalismo. Secondo la Fao, il 75% delle coltivazioni mondiali dipende in gran parte dall’impollinazione. Inoltre, i ricercatori dell’Università di Harvard hanno evidenziato - in uno studio pubblicato sulla prestigiosa rivista The Lancet - come senza le api i Paesi in via di sviluppo potrebbero ridurre la produzione di cibo di un terzo, con un forte rischio per la salute delle persone. In sostanza, senza l’indispensabile attività degli impollina-tori, circa 71 milioni di persone potrebbero soffrire di malnutrizione do-vuta alla mancanza di vitamina A. Non c’è un solo fattore determinante dietro la moria delle api. Le cause sono sinergiche: cambiamenti climati-ci, monocolture, malattie e pesticidi. Secondo una ricerca realizzata da Greenpeace nel 2014 in dodici Paesi europei i pollini più contaminati da pesticidi sono stati rilevati in Italia, in particolare nei pressi di vigneti e coltivazioni intensive. Grazie alla sospensione dell’uso dei neonicotinoidi

di Monica Pelliccia

e Adelina Zarlenga

UNO SGUARDOSUL MONDO

Le api salvano il nostro cibo e il nostro futuro: difendiamole

PropríaeNeema

Ramesh BilkuleAgricoltricee apicoltrice

del Dhule,villaggio

di Kevdipada Maharastra,

India. Agosto 2016.

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La gastronomia della natura

a cura della Condotta Slow Food

di Ferrara Terre e Sabbie

Comacchio:tra sabbiee acqua

05MARZO 2017il giornale di Slow Food Italia

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Slow Food Italia e Slow Food Editore, nell’ottica di un nuovo percorso e un progetto più strutturato per la difesa della produ-zione di oli buoni, puliti e giusti in occasione dell’annata olearia 2016-2017 hanno deciso di sostituire la con-sueta pubblicazione cartacea della Guida extravergini con una nuova sezione online del sito slowine.it, inti-tolata Progetto olio: qui, sono raccolti i risultati delle degustazioni dei vari panel regionali con l’elenco dei pro-duttori selezionati e la segnalazione degli oli degustati. Gli oli, in base ai punteggi ottenuti, sono divisi in due differenti categorie: “ci sono piaciuti” e “ci hanno emozionato”. Segnalate con il simbolo della Chiocciola si tro-vano le aziende che meglio interpreta-no i valori organolettici, territoriali e ambientali in sintonia con la filosofia di Slow Food. Progetto olio è un modo nuovo e accessibile a tutti per dare il giusto risalto al lavoro che quotidia-namente questi produttori fanno per salvaguardare lo straordinario patri-monio che è rappresentato dall’olivi-coltura italiana e si arricchirà di tante iniziative nel corso dell’anno, legate alle manifestazioni di Slow Food e ad altri momenti specifici di promozio-ne, educazione e tutela. Per saperne di più collegatevi al sito slowine.it e veni-teci a trovare durante il Vinitaly, nello spazio di Slow Food, qui vi racconte-remo il nostro nuovo progetto sull’olio extravergine! (GG)

Dal 20 al 30 marzo, Slow Food ha aderito alla Settimana internaziona-le contro i pesticidi, organizzata dal Pesticide Action Network (Pan) con l’intento di informare i consumatori e di incentivarli all’uso di metodi al-ternativi (seguiteci su www.slowfo-od.it). Nati per eliminare i parassiti dei raccolti, i pesticidi hanno un im-patto gravissimo sulla nostra salute e sull’ambiente. Nel lungo periodo, molti di questi danneggiano l’agri-coltura stessa, compromettendo la produttività del terreno e la qualità del raccolto e distruggendo la biodi-versità animale e vegetale.

Settimanainternazionale controi Pesticidi:un’agricoltura alternativa è possibile!

Nella nostra cultura trattare le patologie in atto con opportune terapie e condurre una vita sana sono i due più comuni principi applicati alla salute. Entrambi richiedono la presenza di un esperto che prescrive le terapie e individua gli elementi ambientali dannosi da rimuovere. Spetta al paziente mettere in atto le indicazioni ricevute. Un modello che funziona, certo, ep-pure in qualche modo incompleto. La medicina così intesa è efficace nel ri-parare i danni e nel ridurne le cause accertate, ma resta centrata sul mal-funzionamento che solo un esperto è in grado di individuare e riparare. Ma la salute non è solo riparazione o prevenzione di guasti: la salute è uno stato dinamico di equilibrio continuo, e che è possibile trovare anche nel corso di gravi malattie. In altre parole è possibile individuare elementi di salute in tutti i momenti della vita, anche i più sfavorevoli. Il medico, in quest’ottica, non somiglia più a un meccanico ma, piuttosto, a un coltivatore che si pone in relazione con un essere vivente. Se una macchina si rompe non può aggiustarsi da sola; se una pianta viene ferita può in certa misura curare e guarire se stessa. Se una pianta soffre il giardiniere non si precipita a sovraccaricarla di interventi, ma si domanda: «Di cosa ha bisogno? Più sole? Più acqua?». E poi la domanda più impor-tante: «Quali tra le sue risorse possono essere esplorate e favorite?». Gli interventi dipen-

Vinitalyo ProWein?Il dubbioamletico

initaly o ProWein? Ormai questo è diventato un tormentone tra moltissimi produttori. Infatti, molti vignaioli sono messi di fronte a questa scelta di campo, anche perché partecipare a tutte e due le fiere è complicato dal

punto di vista sia del budget sia del tempo che bisogna dedicare a entrambe. Due eventi alla fine piuttosto differenti, quello italiano è senza dubbio più caciarone, con molto più pubblico coinvolto, ma non tutte le persone che arrivano a Verona sono del settore, la domenica è la giornata dedicata soprattutto ai consumatori. A Düsseldorf è tutto molto più professionale con inviti solo al cosiddetto pubblico trade (importatori, distributori, agenti, ristoratori, sommelier, stampa, ecc…) e quindi gli immensi padiglioni della fiera paiono molto più sgombri e talvolta si ve-dono i produttori annoiarsi un po’ perché non vengono presi d’assalto dalle orde dei “barbari”. Naturalmente il risvolto della medaglia è che a ProWein i pochi appunta-menti programmati sono quasi sempre di alto profilo e i servizi (parcheggi, metro, treni, toilette) funzionano tutti alla grande. Insomma, due filosofie differenti che mettono a dura prova i produttori quando devono operare la loro scelta. Ci sentiremmo di aggiungere, però, un dettaglio, che potrebbe far pendere la bilan-cia da una parte ben precisa. Da un lato Vinitaly è la fiera del vino italiano, gli ope-ratori internazionali che vengono sono interessati solo al “nostro” vino, dall’altra a Düsseldorf il Bel Paese è solo uno dei tanti protagonisti, non certo il principale. E quindi la domanda è questa: è giusto battersi e supportare la fiera che si propone di fare promozione dei bianchi e rossi italici anche se i servizi offerti non sono pro-prio impeccabili? È indubbiamente una scelta strategica quella che si deve operare, buttarsi nel mare magnum del vino internazionale, mettendo in conto che la sfida sarà ancora più complicata e globalizzata, oppure giocare la partita nel proprio sta-dio, con i tifosi urlanti che ti supportano? La scelta per il momento propende forse per la seconda ipotesi, ma il ProWein deve essere per noi italiani non tanto un mo-dello che per forza non raggiungeremo mai, ma piuttosto uno sprone per migliorare la formula e i servizi. Non siamo più i padroni del mondo, il nostro posto al sole va conquistato con un’iniezione di professionalità, perché oltre a essere creativi dob-biamo offrire un servizio impeccabile. E ora buon Vinitaly a tutti!

LE DATEVerona

dal 9 al 12 Aprile -

Padiglione10 / E4-F4

di Giancarlo Gariglio

V

SLOWMEDICINE

I saporidel vinoAl Vinitaly ci sarà la possibilità di sfogliare, fresco di stampa,il nuovo libro di Fabio Pracchia, colonna portante della redazione di Slow Wine.Il volume vuole suggerire un metodo diverso per la degustazione, che permetta di incontrare e accogliere il valore delle differenze che la viticoltura contemporanea è in grado di esaltare. Lasciandoci alle spalle la rigidità formale della degustazione analitica,oggi siamo finalmente in grado di restituire al vino valori storici, geografici e identitari, e questo libro ci insegna come farlo.

Prossimeuscitedi Slow FoodEditore– 19 aprileRicettedi Toscana– 3 maggioRicettedi Liguria– 10 maggioInsalatedi stagione

Pensiero liquido

Perché parliamodi coltivare la salute

di Giorgio Bert

La relazione tramedico e paziente è

la cura.E quindi coltivare

significa anche coltivarsi:

la relazione di cura costituisce salute,

cioè equilibrio, armonia, scambio,

reciprocità.

Numero 0 il giornale di Slow Food Italia06 MARZO 2017

Il nostro stand ospita una grande libre-

ria con tutte le ultime novità di Slow

Food Editore. Due saranno gli appun-

tamenti organizzati dalla nostra asso-

ciazione: il primo martedì 11 alle ore

15,30 sala Polifunzionale del Sol&Agri-

food dal titolo Extravergine: una filiera

fragile, un’agricoltura da proteggere.

Slow Food Italia presenta i dati della

raccolta 2016 e illustra una nuova fase

di progettazione a sostegno dell’olivi-

coltura in occasione dell’uscita del

manuale Il mondo dell’olio: storia, pro-

duzione, uso in cucina dell’extravergi-

ne. Mercoledì 12 alle ore 11, una degu-

stazione (gratuita con prenotazione:

info su slowine.it) dedicata allo spu-

mante Alta Langa, bollicine piemonte-

si la cui qualità è in continua crescita.

Lo stand della nostra associazione è

dedicato al racconto dei progetti rivolti

al vino: dalla parte editoriale, grazie

alla Guida Slow Wine, a quella educati-

va, riassunta nei Master of Food, fino a

quella di promozione culturale e com-

merciale, con il Progetto Vino capita-

nato dalla Banca del Vino. Un modo

differente di raccontare il vino buono,

pulito e giusto, proporlo, farlo cono-

scere e anche berlo.

Slow Food a Vinitaly

dono allora dalla relazione tra la pianta e il giardiniere. Talvolta è la pianta stessa a suggerire le terapie, talaltra è lui a proporle in base a ciò che osserva e conosce. Da que-sti ragionamenti nasce Coltivare la salute, un’idea di Slow Medicine che segue la con-vinzione che la salute incarni il miglior equilibrio possibile tra aspetti diversi della vita: biologico, psichico, sociale, ambienta-le. Oggi, Coltivare la salute è un progetto concreto, un programma alimentare stu-diato per mantenere gusto e palatabilità dei pasti destinati ai degenti, rivolto ai pazienti del dipartimento di oncologia clinica degli Ospedali Civili di Brescia. Perché mangiare bene e con gusto permette di trovare piace-re anche in condizioni di fragilità.

Secondo il mito, Zeus, padre degli dei, avrebbe indetto una gara fra i suoi figli: colui che avesse offerto alla Grecia il dono più utile avrebbe avuto in premio Atene e tutta la regione dell’Attica. Quando Atena, dea della sapienza, gli offrì un nuovo albero, l’olivo, Zeus non ebbe esitazioni e la decretò vincitrice: l’olivo sarebbe stato senza dubbio il dono più prezioso per il popolo greco. Proprio per questo motivo nell’antica Grecia l’olivo era considerato un albero sacro. Durante le Olimpiadi ai vincitori era consegnato un ramo d’olivo in se-gno di “armistizio” con le città avversa-rie e venivano premiati con un’anfora contenente grandi quantità di olio d’oli-va. Altro che medaglia d’oro!

Sia i popoli orientali che quelli euro-

pei hanno sempre considerato l’olivo

un simbolo di pace. A quale animale,

anch’esso simbolo di pace, è nor-

malmente associata questa pianta?

ASSOCIA A OGNI DETTO

SULL’OLIO IL SIGNIFICATO

CORRETTO. (METTI UNA X)

L’OLIO APPARTIENE ALLA CATEGORIA

DEI GRASSI: collega ciascun grasso

alla categoria corrispondente

L’olio? Divino!

A cura di Slow Food Educazione

di Francesca Baldereschi

Scicli, nella parte sudoccidentale della Sicilia, fon-da la sua economia sull’agricoltura, un tempo le-gata più a olivi, mandorle e carrubi e oggi dedicata alle coltivazioni intensive di primizie. La coltiva-zione del fagiolo risale all’inizio del ‘900, quando il cosaruciaru aveva un peso importante nell’eco-nomia agricola locale. Al tempo gli era riservata un’area speciale, le cannavate, fatta di terreni allu-vionali, freschi e permeabili, localizzati lungo il torrente Modica-Scicli. I coltivatori nel periodo del raccolto lo portavano nelle città vicine vende-vano ai negozianti spuntando un buon prezzo. Era presente in tutti i negozi di alimentari. Poi è quasi totalmente scomparso e solo alcuni affezio-nati contadini lo hanno coltivato nei propri orti per non perdere la possibilità di mangiarlo in una buona zuppa di verdure o con le cotiche. Il cosaru-ciaru (in dialetto “cosa dolce”) si riconosce per via del suo colore bianco-panna con piccole screzia-ture marroni intorno all’ilo. Un Presidio ha riuni-to gli agricoltori di Scicli che ancora coltivavano cosaruciaru - alcuni dei quali hanno circa ot-tant’anni, e sono stati proprio loro i protagonisti principali di questo recupero - mettendo su carta un disciplinare di produzione che ne garantisca la conservazione e la coltivazione sostenibile.

GLI ASPARAGISono disponibili confezioni da 3 kg al prezzo di 45 €(le spese di spedizione da concordate conil produttore)

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In Italia la tradizione dell’asparagicoltura ha salde radici nel passato. Nell’antica Roma era diffusa in tutta la penisola. La caduta dell’Impero segna an-che l’inizio della sua progressiva decadenza, tanto che nel Medioevo si trovano coltivazioni di aspara-gi quasi esclusivamente nei monasteri, a uso offici-nale. L’interesse rinasce nel 1500, ma si sposta nell’Europa centro-settentrionale. Di lì si espande verso Sud e ritorna in Italia nel 1800. Un esempio importante di questa tradizione è rappresentato dall’asparago violetto di Albenga: inconfondibile per i turioni molto grossi e per il colore viola inten-so che sfuma, scendendo, verso la base. Ma è so-prattutto in tavola che questa varietà porta doti esclusive: la morbida carnosità, la delicatezza del sapore, dolce e burroso e, non ultima, l’assenza dell’aggressività olfattiva dei suoi affini. Nonostan-te queste qualità, la superficie della piana di Alben-ga destinata a tale coltura è diminuita: nel 1936 il violetto era coltivato su circa 335 ettari, su 10 nel 2000. La ragione del declino è la scarsa produttivi-tà, unita a un problema di manodopera: la coltiva-zione rimane, infatti, completamente manuale. Per sostenere gli sforzi dei pochi agricoltori rimasti è stato creato un Presidio Slow Food. Insieme ai produttori riuniti in associazione si lavora per co-ordinare attività commerciali e promozionali per far conoscere il violetto al di fuori dei confini liguri.

Fagiolo cosaruciaru di Scicli

Asparagoviolettodi Albenga

Il Mercato

Scopriamo con disegni e curiosi-tà il mondo dell’olio extra-vergine di oliva, un alimento impor-tante della nostra dieta quotidiana. Conosci questo alimento? Mettiti alla prova!

_ _ L _ _ _ A

GIOCA

!OLIO DI GOMITO

[1] Si intende un lavoro manuale particolarmente faticoso, esercitato soprattutto dalle braccia. [2] Si utilizza per indicare la fatica esercitata du-rante la raccolta delle olive, effettuata appoggian-dosi sui gomiti.

LISCIO COME L’OLIO

[1] Riferito al mare o a un lago, si intende calmo, senza increspature.[2] Si utilizza per indicare una situazione che è sfuggita di mano, scivolata via come l’olio.

COMPLETA IL DISEGNO CON LE FOGLIE E LE OLIVE MANCANTI E COLORA

RICONOSCI LA PIANTA

DELL’OLIVO E COLORALA

COMPLETA LE FRASI

[1] Al contadino non far sapere ______________[2] Gallina vecchia_________________________[3] Una mela al giorno ______________________[4] La verità è come l’olio: viene_________________

OLIO DI GIRASOLE

BURRO

OLIO EXTRAVERGINE DI OLIVA

STRUTTO

MARGARINA

OLIO DI MAIS

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SLOW FOOD È UN’ASSOCIAZIONE.I SOCI SONO LA NOSTRA FORZA.

ASSOCIATI O RINNOVA LA TUA ADESIONE SU STORE.SLOWFOOD.IT

insieme alimentiamo il futuro.

07MARZO 2017

SPERIMENTA Prendi un recipiente, versa

dell’acqua e in seguito dell’olio. Cosa osservi?

Agitando il recipiente cosa succede ai due

liquidi? Si mescolano tra di loro? Aspetta un po’

e vedi cosa accade. Prova a rifare l’esperimento

utilizzando acqua e aceto e nota le differenze.

CONSIGLIO PER TE Una merenda a base di

pane e olio extravergine di oliva può essere

un’ottima alternativa alle merendine!

LO SAICHE?

L’olio si estrae anche dal nocciolo

dell’oliva e non solo dalla polpa?

PROVA

il giornale di Slow Food Italia

Calendario appuntamenti

8 AprileSlow Food Day In 300 piazze d’Italia. Passeggiate, incontri, laborato-ri, mercati, visite ad aziende, scambi di semi, musiche: appuntamenti diversi per dare voce a chi produce il nostro cibo quotidiano e far crescere nel consumatore la consapevolezza del proprio ruolo, l’importanza del-la scelta al momento dell’acquisto. Cerca l’appunta-mento più vicino a casa tua su slowfood.it/slowfood-day/ e vieni a trovarci.

23 aprile Senigallia Wine FestivalAl Foro Annonario, nel centro storico, si svolgerà la prima manifestazione dedicata al vino marchigiano.La giornata sarà caratterizzata da degustazioni, laborato-ri e mercato del vino.

18 - 21 maggioSlow Fish | Genova, al Porto AnticoCome ogni due anni, anche questa ottava edizione - dedicata al tema La rete siamo noi – riunisce a Geno-va pescatori, artigiani, cuochi, ricercatori e rappresen-tanti delle istituzioni da tutto il mondo che condivido-no e sostengono un approccio buono, pulito e giusto alla filiera ittica, alla biodiversità marina e all’equili-brio delle acque dolci. Vi aspettiamo in Casa Slow Food per incontrare, conoscere i nuovi progetti della Chiocciola e sfogliare le nuove pubblicazioni di Slow Food Editore. Da qui si salpa per scoprire tutte le no-vità di quest’anno, come la Cucina dell’Alleanza, un vero e proprio teatro con i cuochi attenti alla tutela della biodiversità, i Master of Food a tema cibo-salute, i Fish-à-porter nel Mercato, una cucina nello stile del-la Boqueria di Barcellona, l’area Mixology, e gli spazi Pizza n’ Fish e Punto gamberi. Ingresso libero. Tutte le info sono su www.slowfood.it

Tutto l’annoMercati della TerraSono tra gli appuntamenti più significati che caratte-rizzano l’attività di Slow Food. Ecco una panoramica di quanto avviene in Italia:Alba: ogni sabatoAgropoli: ogni terza domenica del meseAnguillara Sabazia: ogni prima domenica del meseBergamo: ogni secondo e quarto sabato del meseBra: ogni terza domenica del meseBracciano: ogni prima domenica del meseCairo Montenotte: ogni secondo sabato del meseCalamandrana: ogni sabatoCittà di Castello: ogni venerdìCostiera Sorrentina: ogni secondo e quarto sabato del meseFrascati: ogni sabatoImola: ogni venerdìL’Aquila: chiuso la domenica e il lunediLentini: ogni sabatoMilano: ogni primo e terzo sabato del meseModena: ogni terza domenica del meseMontecatini Terme: ogni sabatoMontecompatri: ogni prima e terza domenica del meseMonte Porzio Catone: ogni seconda e quarta domeni-ca del mesePadernello: ogni terza domenica del meseProcchio: ogni sabatoSaluzzo: il mercoledì e il sabato di ogni settimana e ogni prima e terza domenica del meseSanta Maria delle Mole: ogni prima domenica del meseSarzana: ogni sabatoTerracina: prima domenica del meseTivoli: ogni seconda domenica del meseUmbertide: ogni sabatoValdarno-Marzocco: ogni secondoe quarto sabato del meseVignola: ogni venerdìSeguici su: www.mercatidellaterra.com

Master of FoodIn tutta Italia. Corsi per scoprire il gusto di saperne ancora di più: imparare non solo a riconoscere il piacere del cibo e il valore del convivio, ma anche a scegliere il cibo di tutti i giorni. Lezioni partecipate con simulazioni, degustazioni, giochi sensoriali, esercitazioni in cucina, imparando attraverso il sa-per fare e il saper scegliere. I corsi sono divisi in categorie diverse dalla birra al cioccolato, dall’olio al vino, ma anche spesa quotidiana e tecniche di cu-cina e molto altro ancora: su www.slowfood.it/edu-cazione/master-of-food-slowfood/ per scoprire il corso che più ti interessa più vicino a casa tua.

IL TUO 5XMILLE per aiutare i contadini di tutto il mondo. Non costa nulla, ma può fare molto. Passate parola! CODICE FISCALE 94105130481. Per informazioni www.fondazioneslowfood.com

Numero 0 il giornale di Slow Food Italia08 MARZO 2017