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Durante la proiezione di questa diapositiva il relatore si presenta ed effettua unrapido giro di interviste per la conoscenza dell’aula.

Il docente dovrebbe entrare in aula con un’idea precisa del tipo di attivitàsvolta dalle aziende di provenienza dei discenti (in relazione al rischio diincendio) e sul loro livello di conoscenza degli argomenti oggetto del suointervento; ad ogni modo, il momento iniziale delle presentazioni èfondamentale per tracciare una mappa dell’aula e saggiare il livello generalecon qualche domanda o approfondendo un caso o una notizia da adottare comeesempio.

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Con il programma sono presentati gli argomenti che saranno trattati durante ilcorso.

L’introduzione illustrerà gli obblighi normativi a cui tale corso è legato.

L’incendio e la prevenzione incendi descriverà, da una parte, i principi fisicidell’incendio e le conseguenze del suo sviluppo, dall’altra, le misure atte aprevenirne l’insorgenza.

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Nella Protezione antincendio saranno illustrati tutti i dispositivi utili acombattere l’incendio ed a limitare i danni conseguenti al suo sviluppo.

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Nella sezione legata alle Procedure da adottare in caso di incendio, dopo alcunicenni sul piano di emergenza e sui comportamenti generali da assumere inpresenza di un incendio, saranno illustrate le procedure connesse al contrastodiretto dell’incendio, alla segnalazione, all’evacuazione delle persone ed allerelazioni con i soccorritori.

Infine, ad ausilio delle Esercitazioni pratiche, vengono riportati alcuniapprofondimenti sulle caratteristiche dei mezzi di estinzione, sui dispositivi diprotezione individuale (DPI) e sul loro uso.

Alla fine di ogni sezione saranno richiamati gli argomenti già trattati a scoporiepilogativo.

Il corso termina con alcune indicazioni pratiche che pur non facendo parte deiprogrammi ministeriali minimi previsti dall’allegato IX del DM 10/03/98, sonostati ritenuti molto utili per lo svolgimento efficace e sicuro dell’incarico diaddetto antincendio.

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Questa sezione è strutturata per essere trattata in pochi minuti, come parteintroduttiva del corso.

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Secondo quanto sancito nel D.Lgs. 81/2008 (art. 46), Testo Unico sulla salute esicurezza sul lavoro, la prevenzione incendi è una funzione di preminenteinteresse pubblico, diretta a conseguire gli obiettivi di sicurezza della vitaumana, di incolumità delle persone e di tutela dei beni e dell’ambiente.Da questo principio generale derivano disposizioni specifiche anche pergarantire la sicurezza sul lavoro.In questa slide si riporta l’esplicito richiamo del D.Lgs. 81/08 alla tutela deilavoratori contro l’incendio.

Approfondimento: l’espressione “Prevenzione Incendi” è comunemente usataper indicare il complesso di misure preventive e protettive necessarie aconseguire un livello di sicurezza antincendio accettabile. Il significatooperativo dell’espressione “Misure di Prevenzione Incendi” è alquanto diverso,perché tale espressione indica specificamente il complesso di misure finalizzatea ridurre la PROBABILITÀ di sviluppo di un incendio, complementari alle “Misuredi Protezione dagli Incendi”. Queste ultime, nel loro insieme, hanno lo scopo diridurre le CONSEGUENZE dell’incendio. Tali concetti saranno sviluppati indettaglio più avanti.

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Tra i compiti del datore di lavoro, in materia di prevenzione incendi, sonoespressamente previste la designazione, la formazione e l’aggiornamento degliaddetti antincendio.

Scopo di questo corso è proprio quello di fornire la formazione specifica aisoggetti destinati a ricoprire il compito di addetto antincendio.

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Si illustra la fonte normativa dei contenuti dei corsi che saranno sviluppati inquesto testo.

In particolare, si fa presente che il DM 10/03/1998 “Criteri generali di sicurezzaantincendio e per la gestione dell’emergenza nei luoghi di lavoro”, benchéemanazione del D.Lgs. 19 settembre 1994 n. 626 (abrogato dal nuovo TestoUnico), è stato mantenuto in vigore dal legislatore, che ne ha fatto espressamenzione nell’articolo 46 del D.Lgs. 81/2008, ribadendone la validità qualelinea guida generale della prevenzione incendi nei luoghi di lavoro.

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Secondo quanto previsto dall’art. 2 e dagli allegati I e IX del DM 10/03/1998, ilprogramma e la durata dei corsi devono esser graduati in base al livello dirischio delle attività lavorative in cui si troveranno ad operare gli addetti:basso, medio, elevato.

I livelli di rischio incendio sono definiti nel modo seguente:

1. Luoghi di lavoro a rischio di incendio bassoluoghi di lavoro dove sono presenti sostanze a basso tasso di infiammabilità e le condizioni locali e d’esercizio offrono scarse possibilità di sviluppo di principi di incendio ed in cui, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata.

2. Luoghi di lavoro a rischio di incendio medio:luoghi di lavoro dove sono presenti sostanze infiammabili e/o le condizioni locali e/o d’esercizio che possono favorire lo sviluppo di incendi ma nei quali, in caso di incendio, la probabilità di propagazione dello stesso è da ritenersi limitata.

3. Luoghi di lavoro a rischio di incendio elevato:luoghi di lavoro dove sono presenti sostanze altamente infiammabili e/o per le condizioni locali e/o d’esercizio sussistono notevoli probabilità di sviluppo di incendi e nella fase iniziale sussistono forti probabilità di propagazione delle fiamme, ovvero non è possibile la classificazione come luoghi a rischio di incendio basso o medio.

Suggerimento: far notare come la classificazione individui, come criteri

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distintivi, la presenza o meno di sostanze infiammabili, la possibilità o meno disviluppo di incendi e, nel caso in cui l’evento nefasto si verifichi, la possibilità diuna sua propagazione.

A titolo informativo, il DM 03/08/2015, il c.d. Codice di Prevenzione Incendidistingue i provvedimenti da prendere non in funzione dei livelli di rischio, ma inbase ai «Profili di rischio» che sono:

Rvita: profilo di rischio relativo alla salvaguardia della vita umana;

Rbeni: profilo di rischio relativo alla salvaguardia dei beni economici;

Rambiente: profilo di rischio relativo alla tutela ambientale dagli effettidell'incendio.

Essi sono determinati in maniera diversa dai livelli di rischio (basso, medioelevato) del DM 10/03/1998.

I profili di rischio dipendono da condizioni personali (sonno o veglia, mobilità,familiarità con i luoghi), dall’importanza dei siti (edifici strategici e/o vincolati)e da velocità di propagazione del fuoco.

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In questa sezione vengono trattate le basi teoriche propedeutiche alla sicurezzaantincendio: come avvengono gli incendi, quali sono le cause, quali gli effetti,come funzionano le sostanze estinguenti, quali sono le misure che neprevengono lo sviluppo.

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Quest’argomento, previsto dai programmi ministeriali per tutti i livelli dirischio, illustra in maniera semplice i principi chimico-fisici della combustione edello sviluppo degli incendi che sono propedeutici alla trattazione degliargomenti successivi.

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Slide di presentazione delle prime definizioni.

La combustione è una reazione chimica di ossido-riduzione tra due sostanze,denominate combustibile e comburente, con sviluppo di calore (esotermica) e,generalmente, di luce, accompagnata dall’emissione di fumo e gas, comeprodotti residui.

Il combustibile è la sostanza che nella reazione, si “ossida” cedendo glielettroni alla sostanza ossidante e fornendo energia sotto forma di luce ecalore.

Il comburente è la sostanza che si “riduce”, acquistando gli elettroni dalcombustibile.

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Sono presentate altre definizioni base che evidenziano una distinzione tratermini ordinariamente utilizzati come sinonimi (fiamma e fuoco).

L’emissione di calore, luce e prodotti residui è una conseguenza della reazionechimica di “combustione”.

La fiamma ed il fuoco sono i fenomeni conseguenti e visibili della reazione edipendono dalle condizioni di sviluppo della stessa.

L’incendio non è altro che la conseguente diffusione incontrollata, nello spazioe nel tempo, del fuoco.

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Il triangolo del fuoco è la rappresentazione simbolica delle condizioni che sidevono realizzare affinché possa verificarsi una combustione.

La presenza di un combustibile e di un comburente non è sufficiente, da sola, adeterminarne lo sviluppo.

Serve un innesco che fornisca la cosiddetta energia di attivazione:quest’energia, sotto forma di calore, costituisce il terzo lato del triangolo dellacombustione e può avere origine varia.

Essendo una reazione esotermica, una volta innescata, la combustione generacalore; questo può esser sufficiente a sostenere la reazione anche in assenza diapporto di energia dall’esterno.

Dalla rappresentazione mediante triangolo del fuoco si possono trarre i principigenerali della prevenzione e dell’estinzione degli incendi: la necessità dirompere il triangolo eliminando almeno uno dei tre lati ovvero uno dei treelementi necessari affinché la reazione abbia luogo.

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In realtà anche la presenza dei tre elementi del triangolo del fuoco ècondizione necessaria ma non sufficiente perché si sviluppi la combustione.

Servono altre condizioni favorevoli.

Prima di tutto la corretta proporzione tra combustibile e comburente ed illivello appropriato di energia dato dall’innesco.

Poi, bisogna tener conto del fatto che la combustione si compie mediante unacatena di reazioni chimiche intermedie che originano altre sostanze, instabili,chiamate radicali liberi.

Il passaggio attraverso tali composti, nelle loro successive combinazioni etrasformazioni, conduce, dalle sostanze iniziali ai prodotti finali dellacombustione stessa.

È necessaria quindi, come ulteriore condizione, l’iterazione della catena direazioni chimiche intermedie che producono i radicali liberi.

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La slide è la prima di una serie dedicata alla descrizione dei tre elementi checompongono il triangolo della combustione.

In questo corso, si prende in considerazione, quale comburente, solamentel’ossigeno dell’aria, ma ne esistono altri (ad es. il cloro), che possono reagirecon le sostanze combustibili per dar luogo a reazioni esotermiche.

L’ossigeno è normalmente presente nell’aria in percentuale del 21%.

Tale concentrazione è sufficiente allo sviluppo del processo di combustionedelle sostanze comunemente considerate combustibili e ad essa è associata unadeterminata evoluzione dei fenomeni chimico-fisici connessi.

Una variazione della concentrazione di ossigeno cambia l’evoluzione degliincendi ed il comportamento delle sostanze coinvolte.

Così, una miscela più ricca di ossigeno modifica le condizioni di infiammabilità:

• sostanze considerate incombustibili bruciano con fiamma (ad esempio ilferro);

• l’energia di attivazione si abbassa notevolmente;

• aumentano le temperature massime raggiungibili.

Gli effetti amplificati del rogo della camera iperbarica, nell’incidente avvenutoil 31 ottobre 1997 presso la clinica Galeazzi di Milano, sono stati determinatiproprio dall’atmosfera ricca di ossigeno.

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La modalità di combinazione dei combustibili con l’ossigeno nel processo dicombustione dipende dal loro stato fisico di aggregazione: gassoso, liquido osolido.

La fiamma è presente quando il combustibile, o parte di esso, si combina conl’ossigeno sotto forma di gas o vapori.

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I combustibili gassosi (sono quelli che si trovano allo stato fisico di gas atemperatura e pressione ambiente) si miscelano immediatamente conl’ossigeno presente nell’aria e, pertanto, sono particolarmente pericolosi.

Infatti, per avviare la combustione della miscela è sufficiente una quantitàminima di energia (prodotta ad esempio da una scintilla).

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• Le miscele di gas – aria comburente prendono fuoco, se innescate, solo senella miscela la percentuale di gas è all’interno di un campo (il CAMPO DIINFIAMMABILITÀ) di valori ben determinati; al di fuori di questo campo, secioè la concentrazione di gas è poco o troppo elevata (la miscela è povera oricca di combustibile), indipendentemente dall’energia di attivazione, lacombustione non avviene.

• La TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE è quella a cui un combustibile siaccende spontaneamente senza più la necessità di un innesco esterno (èanche quella temperatura che deve avere un innesco esterno per accendereil combustibile).

• Il POTERE CALORIFICO è la quantità di calore che si ottiene dallacombustione di 1 m3 della sostanza esaminata.

• La REATTIVITÀ CON ALTRI GAS è utile nella scelta degli immagazzinamenti; segas differenti fuoriusciti dai rispettivi contenitori amplificano il pericolo diincendio una volta miscelati, andranno prese adeguate misure preventive perevitarne il possibile contatto.

• La DENSITÀ RELATIVA ALL’ARIA indica se il gas fuoriuscito dal suo contenitoretende a disperdersi nell’atmosfera (gas più leggero dell’aria) oppure adaccumularsi in basso (gas più pesante dell’aria). Come si vedrà in seguitol’areazione dei locali è una delle normali misure di prevenzione contro gliincendi; avere informazioni sulla densità dei gas permette di decidere comerealizzare le aperture di ventilazione.

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Affinché un combustibile liquido bruci è necessario che prima evapori e poi simisceli con il comburente.

In questo caso, il calore favorisce l’evaporazione del liquido combustibile.

Dopo che si è formata la miscela vapore combustibile-aria, per la suaaccensione l’energia ancora richiesta è minima.

Nel complesso, per incendiare un combustibile liquido, l’energia che deveessere somministrata serve in parte per far evaporare il liquido e in parte peraccendere la miscela aria–vapori.

La differenza tra i vari combustibili liquidi è nella temperatura minima allaquale sono emessi vapori infiammabili; questa temperatura, valorecaratteristico dei combustibili liquidi, si chiama TEMPERATURA DIINFIAMMABILITA’ (si dice anche PUNTO DI INFIAMMABILITA’), definita appuntocome la “Minima temperatura alla quale alla quale un liquido emette vapori inquantità sufficiente a formare con l’aria una miscela infiammabile in grado diaccendersi se posta a contatto con un innesco”.

La benzina ha il PUNTO DI INFIAMMABILITA’ a – 21°C, il gasolio a + 65°C; labenzina è in grado di generare un incendio molto più facilmente a temperaturaambiente, mentre il gasolio deve essere riscaldato.

Liquidi combustibili con caratteristiche diverse determinano misure diprevenzione e protezione diverse.

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• La TEMPERATURA DI INFIAMMABILITÀ o punto di infiammabilità è stata giàdefinita.

• La TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE è quella a cui un combustibile siaccende spontaneamente senza più la necessità di un innesco esterno (èanche quella temperatura che deve avere un innesco esterno per accendereil combustibile).

• Da prove sperimentali si è visto che la combustione si innesca solo se lamiscela vapori combustibili – aria comburente contiene determinati valoripercentuali dell’una e dell’altra sostanza; la miscela si accende solo se laquantità di vapori combustibili sono contenuti entro un preciso campo divalori, detto appunto “CAMPO DI INFIAMMABILITÀ”. Se il contenuto di vaporicombustibili nella miscela con l’aria è inferiore al limite minimo di dettocampo o superiore al limite massimo, la miscela non si accende.

• Il POTERE CALORIFICO è la quantità di calore che si ottiene dallacombustione di 1 kg della sostanza esaminata.

• La TENSIONE DI VAPORE è un indice della facilità con cui un liquido evapora(dal punto di vista fisico è la pressione esercitata dal vapor saturo al di sopradel liquido quando è raggiunto l’equilibrio tra le due fasi); la tensione divapore aumenta con la temperatura.

• Il PESO SPECIFICO serve a sapere se il liquido combustibile galleggia odaffonda in acqua: è importante ai fini degli interventi di estinzione.

• Anche la MISCIBILITÀ IN ACQUA serve all’atto dell’estinzione; si può diluire il

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combustibile riducendone l’emissione di vapori infiammabili.

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Quando il combustibile è solido, a similitudine di quanto accade con i liquidi,perché il processo di combustione si avvii, serve dell’energia sia per renderedisponibile una quantità sufficiente di combustibile allo stato gassoso, sia perinnescare la combustione.Per bruciare un combustibile solido, generalmente, serve una quantitàmaggiore di energia iniziale rispetto ai combustibili gassosi:

• prima, per liberare i gas contenuti all’interno delle sostanze solidemediante PIROLISI;

• poi, per innescare la miscela tra i gas emesso ed il comburente.

Esiste il PUNTO DI INFIAMMABILITA’ anche per i solidi la cui definizione èappunto la “minima temperatura alla quale alla quale un solido emette vaporiin quantità sufficiente a formare con l’aria una miscela infiammabile” che puòaccendersi a contatto con un innesco.L’intero processo di combustione dei solidi, soprattutto quelli tradizionali,legno, carbone, tessuti naturali, ecc., comporta una fase in cui, esaurita lafrazione gassosa del materiale, esso continua a bruciare senza fiamma,formando le BRACI.Al termine della combustione, rimane come residuo la CENERE, che altro non èche materiale, in genere di origine minerale, incombustibile.

ApprofondimentoLa piroscissione o pirolisi (o cracking in inglese), provoca la rottura dei legami

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atomici della materia solida permettendo la liberazione della frazione gassosadei componenti della sostanza combustibile stessa.

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• Il POTERE CALORIFICO è la quantità di calore che si ottiene dallacombustione di 1 kg della sostanza esaminata; si distingue il poterecalorifico inferiore, che è esattamente quello ora definito e che è quelloche interessa ai fini antincendio, dal potere calorifico superiore, che tieneconto anche del calore speso per far evaporare l’acqua contenuta nellasostanza stessa. E’ la misura dell’energia rilasciata dal combustibile inquestione, che potrà aumentare la temperatura ambiente e riscaldare glialtri combustibili presenti facendoli arrivare al loro punto diinfiammabilità, determinandone, infine, l’accensione.

• La TEMPERATURA DI INFIAMMABILITÀ o punto di infiammabilità è stata giàdefinita: è la temperatura minima alla quale, dal materiale solido vengonoliberati gas in quantità sufficiente a formare con l’aria una miscela che inpresenza di un innesco dà luogo ad una combustione.

• La TEMPERATURA DI AUTOACCENSIONE è quella a cui un combustibile siaccende spontaneamente senza più la necessità di un innesco esterno (èanche quella temperatura che deve avere un innesco esterno peraccendere il combustibile).

• La PEZZATURA e la POROSITÀ vanno conosciute per capire quantointimamente si mescolano aria comburente ed i gas ottenuti per pirolisi.Grandi pezzi di legno bruciano con maggiore difficoltà rispetto a fascine, aparità di quantità di materiale disponibile.

• La REATTIVITÀ CON L’ACQUA (ad es. fosforo o magnesio) è importantequando si stabilisce la sostanza estinguente da utilizzare; in alcuni casispecifici, benché in generale il mezzo ideale per spegnere incendi di

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materiali solidi sia l’acqua, questa non può essere usata poiché reagendoaggraverebbe l’incendio invece che estinguerlo.

• La conoscenza della COMPOSIZIONE CHIMICA permettere di capire qualisaranno le sostanze presenti nei fumi e nei gas risultanti dallacombustione, e quali tra queste saranno tossiche o comunque nocive per lepersone e per i beni materiali.

• La presenza di UMIDITÀ da una parte è un bene, poiché l’acqua sottraecalore alla combustione assorbendolo per evaporare; dall’altra può esserepericolosa per quelle sostanze in cui l’umidità favorisce fenomeni come lafermentazione che apportano calore, in casi estremi finoall’autoaccensione.

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