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Il Richiamo di Cthulhu
- Minicampagna 1890 -
Narratore: Denis Fantoni
Giocatori:
Fabio Rancati David Michael Murray
Ilaria Marchini Eloise Bethany Maggowan
Paolo Fusari Francis McLoud
Nicola Genova Caleb Colten
PRIMA SESSIONE 10.09.2015
Convocazione per l’ora del tè
Mercoledì 10 settembre 1890. Il cielo di Londra è pervaso da un forte temporale, perturbazione che mette
fine all’estate del 1890. In risposta ad un telegramma di convocazione, alcuni gentiluomini si recano presso
residenza Maggowan nella campagna londinesi per l’ora del tè delle cinque. Il Colonnello Caleb Colten è il
primo a giungere, in taxi. Dopo essere stato aiutato dal vetturino a scendere dalla carrozza, egli viene
accolto nella villa. Il maggiordomo Fritz Gutenberg, di origine tedesca, lo accompagna fino al salotto, dove
viene fatto attendere in attesa di Lady Eloise Bethany Maggowan, che giunge nel giro di pochi minuti.
Lady Eloise Colonnello Colten Maggiordomo Fritz
Il Colonnello chiede subito spiegazioni alla donna, ma ella preferisce attendere che giungano gli altri. Fritz
accompagna in sala due nuovi ospiti: Sir Francis McLoud ed il Dottor David Michael Murray.
Dottor Murray Sir McLoud
Sir Theodore Cook
Dopo le dovute presentazioni, gli ospiti insistono nell’avere una spiegazione: Lady Eloise, molto cupa e
preoccupata in volto, spiega loro come suo marito, Lord Alexander Maggowan, abbia bisogno che un certo
oggetto gli sia portato in Egitto. La conversazione viene interrotta dall’arrivo di un nuovo ospite: Theodore
Cook. Egli si presenta a tutti come uomo di fiducia dell’archeologo. E’ un individuo freddo e dallo sguardo
intenso. I presenti ne sono inquietati, soprattutto Lady Eloise.
Sir Theodore Cook
Sir Cook spiega a tutti come egli sia di ritorno dall’Egitto, dove ha avuto modo di parlare con l’archeologo.
Chiede a Lady Eloise, per maggior chiarezza per i presenti, di leggere la lettera di Lord Maggowan:
Mia amata Eloise,
ostilità e peripezie non mi hanno permesso di scriverti prima. Ti scrivo tra le dune del feroce deserto
egiziano, dove il mio lavoro è finalmente ad una svolta, direi, epocale. Immagino che la tua ansia nei miei
confronti sia incontenibile, ma voglio rassicurarti: mai sono stato così soddisfatto del mio operato.
Ricorderai di sicuro quando ti accennavo agli antichi manoscritti, e della loro traduzione, passatimi da
William Hamblin, il direttore della Biblioteca Centrale di Londra. Ebbene, ho constatato che la traduzione in
inglese dei manoscritti Pnakotici è errata. Dopo un lungo lavoro di decifrazione dal manoscritto originario,
in greco antico, ho capito che le coordinate del Tempio di Nasht e Kaman-Thah erano tutt’altre.
Abbiamo abbandonato gli scavi in corso nel luogo sbagliato, per spingerci fra le sabbie più remote del
Sahara. Sono trepidante nel darti la notizia: qui abbiamo trovato ciò che cercavamo, e anche di più. Non
puoi immaginare cosa ci sia qua giù. Siamo di fronte alla meraviglia, una meraviglia che probabilmente ha
migliaia di anni, precedente perfino alla maestosa civiltà egizia. Quando Flinders Petrie verrà a sapere del
mio successo, si mangerà il fegato: una soddisfazione per me non da poco.
In questa terra di nessuno, solo nella prima settimana di scavi abbiamo perso due uomini, colpiti da una
violenta febbre che li ha portati al delirio. Tuttavia, la volontà dei miei sottoposti non è venuta meno:
sappiamo tutti che qui stiamo facendo la storia. Dalle sabbie roventi abbiamo riesumato un nero obelisco di
basalto, un monolite di età remota. Alcuni simboli su di esso coincidono con quelli riportati dai manoscritti.
Purtroppo l’accesso al Tempio è ancora celato. Continuiamo a lavorare per riportare alla luce l’interezza
dell’obelisco, che a parer mio supera abbondantemente gli ottanta piedi. Lo scavo procede a rilento:
frequenti tempeste di sabbia che imperversano in queste terre maledette ci costringono a rintanarci nelle
tende, a volte abbattute dalla violenza del vento, ed a rifare molto del lavoro svolto.
Un ulteriore problema è dato da un gruppo di beduini che ha iniziato a sabotare il nostro operato, uomini
privi di anima che non hanno esitato ad uccidere alcuni dei miei uomini nelle notti passate. Che l’anima dei
miei sottoposti possa riposare in pace! Questi fanatici selvaggi, adirati verso di noi per l’occupazione del loro
fetido deserto, o per chissà quale altro motivo, sfruttano le tenebre per sferrare i loro attacchi. Ho dovuto
istituire un perimetro di guardia a sicurezza della spedizione. La nostra guida egiziana, Abubakar, sostiene
che siano seguaci di un culto dimenticato dagli stessi dei.
Purtroppo una settimana fa quei dannati beduini hanno fatto irruzione con una furia che neanche il
diavolo in persona avrebbe. Hanno sparso sangue e devo confessarti, mia amata, che anche la mia vita è
stata messa a repentaglio: uno dei loro proiettili si è conficcato nella mia gamba destra, sfiorando di poco
l’arteria femorale. Nei giorni seguenti, un grave scoraggiamento si è diffuso nella comitiva e ammetto che
anche il mio morale è stato provato, sottoposto all’atroce dolore della gamba ferita.
Tuttavia, nei sogni agitati dalla sofferenza, ho avuto un’illuminazione. Alcuni geroglifici impressi
nell’obelisco hanno iniziato ad avere un significato e, nel mio surreale viaggio onirico, ho visto nel monolite
un vano, pronto ad accogliere il pezzo mancante. Al risveglio, infervorato da questa visione, ho chiesto alla
mia spalla destra, Sean Roberts, di essere accompagnato allo scavo. Mi sono avvicinato all’obelisco e, come
se sapessi quel che stavo facendo, ho poggiato la mia mano al nero monolito, estraendo il mio coltello.
Mentre i miei uomini mi fissavano pensando fossi impazzito, ho estratto un piccolo blocco di basalto da quel
che pensavamo fosse un monolite. Lo stupore ha conquistato tutti: all’interno del vano varie incisioni,
nonché un pertugio dove, secondo la mia deduzione, incastrare qualcosa che non via è più.
La notte ed i suoi sogni mi hanno suggerito con certezza lampante qual è il pezzo mancante. Hai mai
creduto nel destino, mia cara Eloise? Ebbene, tra le milioni di persone che popolano e che hanno popolato il
mondo, io sono stato prescelto per ritrovare l’obelisco di Nasht e Kaman-Thah! Io ho scoperto il vano
invisibile! Ed, infine, io posseggo il pezzo mancante!
Ricorderai perfettamente la spedizione che facemmo in Asia, nella regione del Punjab. Ritrovammo in quel
tumulo risalente all’antica civiltà ariana dei Vahika, un tumulo umido e profondo, due sarcofaghi che
ricordavano palesemente lo stile egizio. Un mistero che ancora oggi non abbiamo risolto, ma la verità inizia
ad intravedersi. Le mummie al loro interno erano completamente polverizzate. Tuttavia recuperai, anche se
non te l’ho mai detto, un’urna funeraria posta fra i due sarcofaghi. Essa è ancora in mio possesso, Eloise. E’
da essa che sono riuscito a risalire all’antico culto di Nasht e Kaman-Thah, i Custodi della Porta.
Io sono l’uomo chiamato dal destino per portare all’umanità la luce del passato. Io, Alexander Maggowan,
sono stato convocato da forze superiori per scolpire in maniera indelebile il mio nome nella Storia
dell’umanità!
Mia amata, purtroppo la mia gamba ferita mi lega a questo presidio nel deserto. Ho bisogno di te, ho
bisogno che il tuo amore porti a me l’Urna Funeraria dei Vahika, la Chiave del Tempio di Nasht e Kaman-
Thah. Non posso che chiederlo a te, luce della mia anima, ma non permetterò che tu venga da me insieme a
gente sconosciuta. Ci sono poche persone di cui mi fidi: convocale, e chiedi loro di aiutarmi in tutto questo.
Il dottor David Michael Murray, mio medico personale, è un caro amico. Anni fa, purtroppo, ha perso la
moglie e due figli in un terribile incidente ferroviario. Sir Murray comunque è un uomo forte: non si è dato
per vinto, continuando stoicamente nella vita di tutti i giorni. E’ un medico eccezionale: saprà sicuramente
mettermi a nuovo la mia gamba.
L’avvocato Francis McLoud, marito e vedovo di mia cugina Elizabeth Barker. Ancora mi piange il cuore per
la sua scomparsa, nel dare alla luce il piccolo Benjamin. Era una donna eccezionale, portava felicità a chi la
circondava. Spesso, io e lui, abbiamo dedicato ore alla conversazione, tra un bicchiere di brandy ed un buon
sigaro. Una persona squisita e affidabilissima, sono convinto che rimarrà estasiato al sapere delle mie
scoperte.
Il Colonnello Caleb Colten, grande amico di mio padre, ha prestato servizio insieme a lui nella Compagnia
Britannica delle Indie Orientali. Sono stati i racconti di guerra di Sir Colten ad appassionarmi all’esotico ed al
mistero. Mio padre di lui aveva stima e fiducia assoluti. Per me è stato come uno zio. Nonostante l’età, è
ancora un eccelso soldato, saprà sicuramente difendere la tua persona.
Il giovane Thomas Collins, giovane scrittore esordiente. Non lo conosco a fondo, ma ho letto il suo primo
libro pubblicato, “Il teschio sulla luna” e devo dire che è molto suggestivo. Ho bisogno di lui, ho bisogno che
trascriva con la sua prosa l’impresa che sto compiendo.
Contattatali urgentemente, troverai i loro indirizzi nella mia agenda, sulla scrivania del mio studio. Un mio
uomo di fiducia, Sir Theodore Cook, presenzierà all’incontro. Contattalo presso The Bloomsbury Hotel a
Londra. Egli vi spiegherà come raggiungere l’accampamento e cosa realmente ho scoperto, cose che non
voglio scriverti, ma che ti mostrerò. Seguite alla lettera ciò che vi dirà: la posta in palio è elevata. So di
chiedere molto, ma le ricompense per ognuno saranno incommensurabili.
Confido in te, amore della mia vita, e ti attendo con ansia qui, nel deserto egiziano. L’urgenza è massima:
recupera l’Urna, la troverai dietro La Meditazione di Francesco Hayez, nel mio studio. Portatela con voi, e
proteggetela.
Ti attendo e confido in te, Eloise cara. Per sempre tuo.
Alexander Maggowan
Egitto, 1890, Lunedì 01 settembre
Al termine della lettura, i presenti discutono su ciò che hanno
sentito. Il Colonnello Colten, che fu di stanza presso il Canale
di Suez nel 1882, vide parecchi soldati colti dalla febbre
delirante: ipotizza quindi che l’archeologo possa esserne
vittima. Cook dice di avergli parlato pochi giorni fa,
sostenendo di averlo trovato lucido, nonostante l’emozione e
l’euforia per le sue recenti scoperte.
Lord Alexander Maggowan
Il giovane Thomas Collins
Fritz accompagna nella sala l’ultimo ospite atteso: Thomas Collins, il quale
si scusa per il ritardo. Era ad una esibizione di Adam Travis Price, il secondo
pianista più famoso di Londra, dove ha perso il senso del tempo.
L’eccentrico giovane si presenta a tutti: è uno scrittore, autore del romanzo
“Il Teschio sulla Luna”, libro fantastico che tratta di esseri millenari che
dominano l’universo. Il suo atteggiamento incuriosisce, diverte ma irrita
allo stesso tempo, soprattutto il Dottor Murray, che lo prende in odio.
Collins, al sapere di aver avuto l’incarico di scrivere dell’impresa di Lord
Maggowan e di poter viaggiare fino in Egitto a sue spese, ne è più che
entusiasta.
Il Peninsular-Express
Dopo aver ascoltato le istruzioni dell’archeologo, i
gentiluomini presenti accettano di aiutare il loro
amico e sua moglie in questo viaggio verso una
terra affascinante quale è l’Egitto. Theodore Cook,
soddisfatto, consiglia a tutti la strada più veloce per
raggiungere l’Africa: la Valigia delle Indie, diretta a
Bombay tramite treni e navi. Attraverseranno il
continente europeo tramite il treno di lusso
chiamato Peninsular-Express fino a Brindisi, dove
poi prendere il piroscafo che li porterà fino ad
Alessandria d’Egitto, per poi recarsi all’hotel
Pyramid dove delle stanze sono già prenotate per
loro. Il treno partirà da Londra venerdì alle 3 e un
quarto del pomeriggio. Giunti ad Alessandria,
verranno contattati da un uomo di fiducia di Lord
Maggowan. Nel frattempo, il maggiordomo Fritz
serve il tè, della qualità del Darjeeling,
accompagnato da piccoli biscotti ricchi di burro e
vaniglia e piccoli panini al latte ripieni di panna
montata. Solo il Dottor Murray non tocca nulla di
ciò che è stato servito.
Nello studio di Alexander Maggowan
I cinque gentiluomini seguono Lady Eloise fino allo studio del marito, per visionare l’oggetto da portare in
Egitto. Lo studio è una stanza non particolarmente grande, attorniato da librerie ricolme. Vi è parecchio
disordine, libri e fogli sparsi sono dappertutto, anche a terra. A Fritz è stato impartito l’ordine di spolverare
ma di non spostare di una virgola ciò che contiene. Theodore Cook afferra uno dei libri sparsi per la stanza:
”Iside svelata” di Helena Petrovna Blavatsky. Cook dice di averla conosciuta e che attualmente la donna
risiede a Londra. Lady Eloise conferma, è stata ad un suo convegno alcuni mesi fa. Cook le rivela come la
Blavatsky avesse iniziato il suo percorso spirituale con un maestro che lei ha sempre chiamato M, senza
definirne l’identità. Il discorso viene interrotto da Collins, che ha scoperto sulla scrivania dell’archeologo,
sulla quale presenzia un teschio umano, una copia del suo romanzo “Il teschio sulla Luna”. Lady Eloise,
senza dargli troppa corda, stacca dal muro dietro la scrivania il quadro
de “La meditazione” di Francesco Hayez. La nuda parete presenta una
zona dove la carta da parati è stata strappata, mostrando mattoni in
bellavista, a quanto pare estraibili. Lady Eloise, con l’ausilio di uno
scalpello, ne toglie prima uno e poi gli altri, svelando un vano segreto,
dove è presente un fagotto. Estrattolo, viene posto sulla scrivania. Il
panno che lo avvolge viene aperto, mostrando un altro fagotto
circondato da sette crocifissi. I dubbi sorgono sul fatto che Lord
Maggowan, nonostante frequenti la chiesa per la cerimonia
domenicale, non è un uomo che crede in Dio. Viene tolto l’altro panno,
mostrando a tutti una nera urna funeraria di terracotta: il coperchio è
ben sigillato da un collante, per aprirla occorrerebbe distruggerla.
Theodore Cook la prende in mano, per esaminarla. Curioso il fatto che
sia calda. Tutti i presenti la prendono in mano per soppesarla e per sentirne il calore, tutti tranne il Dottor
Murray, che si rifiuta categoricamente.
Parole non dette
Ritornati in salotto, il gruppo discute del viaggio che li attende, delle scoperte mirabolanti dell’archeologo e
dell’inquietante urna funeraria. Theodore Cook chiede se il gruppo abbia altre domande. Gli viene chiesto
di cosa si occupa: gestisce delle proprietà e l’indomani si dovrà recare a New York. Egli quindi considera
chiuso il suo lavoro, e quindi si congeda. Il gruppo continua a discutere quando, ad un certo punto, il
giovane Collins evidenzia agli altri come nella lettera di Maggowan si accenna al fatto che Cook avesse
dovuto spiegare cosa realmente ha scoperto l’archeologo. Sospettando che Cook abbia loro nascosto
qualcosa, decidono di recarsi al Bloomsbury Hotel, domicilio di Cook. Fritz, ascoltando da un’altra stanza la
conversazione, annuncia che preparerà la carrozza. Al Colonnello Colten non sfugge il fatto che il
maggiordomo abbia ascoltato tutta la loro conversazione: alzatosi dal divanetto, si reca da lui per chiedergli
se abbia notato qualcosa di strano nei comportamenti di Lord Maggowan. Il maggiordomo sembra esitante:
nel momento in cui sta per confessare, si avvicina Lady Eloise. Fritz si allontana prontamente per preparare
la carrozza, con disappunto di Colten.
Bloomsbury Hotel
I cavalli Hans ed Adolf, sferzati da Fritz, trainano la carrozza
attraverso la tempesta, dalla campagna fino nella metropoli, per
fermarsi fino al quartiere di Bloomsbury. Entrati nell’atrio
dell’hotel, vengono ricevuti dal ragazzo di turno alla portineria.
Lady Eloise si presenta ma, nonostante le sue credenziali, il giovane
non può riferire loro, per motivi di riservatezza, se Theodore Cook
stia alloggiando presso la struttura o meno. Dopo varie insistenze, il
giovane viene convinto a chiedere al direttore. Il ragazzo inizia a
salire lungo le scale, McLoud lo segue, aiutato dalla moquette che
attutisce il rumore dei passi. Il giovane, ignaro di essere seguito,
giunge fino al quinto piano e, dopo aver bussato all’ultima porta del
lungo corridoio, entra in una camera d’albergo. McLoud si avvicina
fino alla porta, sentendo la voce del ragazzo che annuisce prontamente ad un interlocutore. La porta si
riapre, il giovane si trova di fronte un imbarazzato McLoud. L’inserviente richiude prontamente la porta
dietro di sé, cercando poi di convincere l’avvocato a tornare nella sala d’aspetto in portinera. McLoud non
demorde, ipotizzandogli la possibilità che lui possa sfondare la porta. Il
ragazzo, messo alle strette, gli risponde di non voler essere costretto a
chiamare la polizia. McLoud cambia tattica: sfilando sei scellini alla
volta dal proprio borsellino, ottiene dal ragazzo la conferma che Cook
sia nella stanza, per poi pagarlo per tornarsene in portineria senza
importunarli. Giunge in corridoio anche Murray e Il ragazzo
prontamente si allontana, con le sue due sterline guadagnate. McLoud
si avvicina quindi alla porta, aprendola. Nella stanza sembra non vi sia
nessuno: la finestra è aperta, il letto intatto, nessuna presenza di
valigia. McLoud controlla la finestra, chiedendosi se possa essere
uscito da lì. Murray, intento a controllare gli angoli della stanza, viene
sorpreso da una mano sulla spalla, la mano di Theodore Cook. Murray
non riesce a spiegarsi come abbia potuto sorprenderlo.
Le preoccupazioni di Fritz Gutenberg
Mentre McLoud sta seguendo il ragazzo lungo le scale, Caleb Colten si dirige all’esterno, sotto il portico
dell’hotel, dove Fritz sta fumando una sigaretta guardando la pioggia. Il Colonnello, accendendosi la pipa,
riprende in mano il discorso precedentemente interrotto: il maggiordomo gli confessa che Lord Alexander
Maggowan e lui chiacchierassero spesso, con sigari e buon brandy, quando la signora si ritirava nelle
proprie stanze. Maggowan lo informò del ritrovamento dell’urna, chiedendogli di non farne parola con Lady
Eloise, poiché molto sensibile. Fritz, turbato, ebbe modo di saggiare il calore dell’urna. Il maggiordomo
confessa a Colten che per una settimana il suo padrone gli è sembrato molto strano, come se fosse
inquietato da qualcosa. Fritz è molto cattolico e in quell’urna non vede nulla di buono. E’ preoccupato:
chiede quindi a Colten di proteggere Lady Eloise, che gli sta molto a cuore. Il Colonnello lo rassicura.
Nella camera di Theodore Cook
Giunge fino al quinto piano anche il resto del gruppo. Sir Cook è alquanto seccato dall’intrusione nella sua
stanza. Gli viene chiesto perché non ha detto loro di ciò che realmente ha scoperto Maggowan. Cook si
difende sostenendo che non ve ne era bisogno: hanno già accettato di buon grado di recarsi in Egitto, ed è
convinto che non si rimangeranno la parola data. Tuttavia, rivela loro ciò che Lord Maggowan, secondo le
sue stesse parole, ha trovato nei suoi scavi: una porta con l’aldilà. L’archeologo ed i membri della
spedizione hanno ricevuto visite, nei loro sogni, dei loro cari defunti. Maggowan ha rincontrato sua cugina
Elizabeth Parker, moglie di Francis McLoud, con il quale ha parlato a lungo. Al sentire questo, l’avvocato si
richiude nei suoi ricordi, angosciato da ciò che ha appena sentito. Durante la conversazione, il Dottor
Murray nota l’anello raffigurante una torre al dito medio sinistro di Collins: il giovane gli dice che è un dono
di un suo caro amico del circolo scacchistico. Theodore Cook, continuando, dice di essere stato presso i
lavori di scavo, di aver visto l’enorme obelisco, ma di essersi soffermato solo per poche ore, senza percepire
nulla di ultraterreno. D’improvviso il Colonnello Colten, spazientito dal tono di Cook e dal suo alone di
mistero, estrae la sua Colt calibro 45, per obbligarlo a venire con loro fino in Egitto. Theodore Cook non
batte ciglio: chiede al Colonnello se è pronto ad infangare il suo onore e la sua reputazione macchiandosi di
un omicidio. Se si estrae una pistola, aggiunge, occorre essere pronti ad usarla. Colten ripone la pistola.
Cook chiede nuovamente se hanno nuove domande da porgli: gli
chiedono dove sono le sue valigie. Il gentiluomo risponde che sono già
sulla carrozza che lo porterà al porto. Il gruppo, disorientato e spiazzato,
si congedano, lasciando con amarezza Cook nella su camera d’albergo.