Grafologia - A.GRA.GI

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G IndiceOrientamento e Grafologia 2di Pia Dell’Acqua

pag. 4

Profilo di Don Primo Mazzolaria cura di Evi Crotti

pag. 5-8

Breve recensione del libro“Pensare con il corpo“ Tolja-SpecianiEd. Baldini-Castoldidi Pia Dell’Acqua

pag. 9-10

Orientamento 3 di Pia Dell’Acqua

pag. 11

pag. 12-14Don Lorenzo Milania cura di Evi Crotti

pag. 15

pag. 16-17San Giovanni Boscoa cura di Alberto Magni

Isegreti dell’animaI primi trent’anni dell’istituto italiano di grafologiadi Oscar Venturini

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Indice

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pag. 25

pag. 24

pag. 23

pag. 26-28

pag. 21-22

Rotary Club Dalmine CentenarioRingraziamenti

Non bisogna essere come conigli di Evi Crotti

Analisi della firma di Kouachi Said terrorista a Parigidi Evi Crotti

Dispensenuove dispense della Scuola Crotti

Dizionario Psicologicodi Maria Letizia Andenna

EnigmisticaGrafologia e dintornidi Maria Letizia Andenna

pag. 18-20

Convegno Perizia Grafotecnicae Criminologia, nel mondo adultoe nell’infanzia

pag. 29

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di Pia Dell’Acqua

Proviamo a pensare a chi si accinge allo studio della Geologia. A questi è più adatto avere l’intelligenza acuta che profonda, poiché usa in grado massimo i sensi della visita, dell’udito, del tatto e dell’olfatto. Nella scrittura dell’aspirante geologo deve essere presente il segno Contorta, che è il segno proprio della tendenza al controllo. Altro segno grafologico necessario è il calibro SM, poiché le indagini su cose spaziose e grandiose richiedono un gesto, anche dell’occhio, longitudinale per osservarle meglioPassiamo alla meccanica. Questa è la scienza dei movimenti e delle loro cause: essa conduce alla complicazione degli attriti e degli ingranaggi. Allo-ra, visto che è indispensabile il massimo controllo, sia l’ingegnere sia il lavoratore specializzati in mec-canica, hanno nella loro scrittura il segno Contor-ta. La differenza tra l’ingegnere ed il lavoratore dal punto di vista grafologico è che il primo, oltre alla Contorta, deve avere anche Fluida e Larga di Lettere almeno 5/10, poiché il primo deve assimilare tutta la parte teorica, mentre il secondo applica ciò che già conosce. Sarebbe bene che il lavoratore avesse anche un po’ di Fluida, perché anche a lui sono necessarie intuizione e un po’ di inventiva.Il tecnico, invece applica solo e non ha bisogno di quest’ultime qualità. La tecnica può essere consi-derata nelle sue rigorose esigenze e nell’osservanza rigida di regole già fissate. Grafologicamente deve avere i segni Ritmo cadenzato, Accurata e Penden-te. Il ritmo cadenzato indica rigore nelle applicazio-ne delle regole, l’accurata un’attenzione accentuata nell’applicazione di tutti i particolari e Pendente spi-rito assimilatore.

Ragioneria: è la scienza che studia le leggi del con-trollo economico nelle aziende pubbliche e private e il modo di rendere efficace tale controllo.Per chi è dirigente sono necessarie perspicacia, azio-ne intelligente e diplomazia nei rapporti. Per la per-spicacia si richiedono LdL M ( sufficiente profondità di intelligenza) LtL M e LtP SM, una curva 5° 6/10, Sinuosa. Per i rapporti con le persone potrebbero essere utili i ricci di nascondimento a favore di una sana diplomazia. Inoltre sarebbe giusto che ci fosse Accurata ed anche una certa minuziosità. Talvolta, per una coraggiosa azione, si possono trovare ricci della spavalderia, necessari per i rischi in cui si può trovare chi dirige. Questi ultimi soggetti hanno bi-sogno di ponderazione (Larga tra Parole , Contorta, Fluida, ma anche Dinamica)Chi nel campo economico vuole avere una posizio-ne collaborativa, magari come segretaria, oltre l’Ac-curata, deve avere a sua disposizione la forza della persuasione (Attaccata, Pendente), la ponderazio-ne ( Larga tra Parole ) e soprattutto Ritmo Pacato. Possiede anche Calma, che dispone la persona ad ascoltare; inoltre ha abilità ad esporre con chiarezza. Veramente una brava segretaria!

ORIENTAMENTO E GRAFOLOGIA 2

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a cura di Evi Crotti

Profilo di Don Mazzolari

Profilo di DON PRIMO MAZZOLARI

La natura focosa e compartecipativa è coadiuvata da una volontà ferrea che poco spazia lasca alle disqui-sizioni e alle elucubrazioni.In lui era forte il vivere tutto con amore e passione, specialmente ciò in cui credeva. Nessun timore lo fermava ed egli ha sempre lottato per la propria e altrui dignità.La scorrevolezza del grafismo e alcune punte nel-le lettere indicano la spigolosità di Don Mazzolari nell’affrontare la discussione e nel sostenerla. Una volta acquisiti i fatti, senza troppo scendere in spe-culazioni, vissute da lui come perdita di tempo, egli non si soffermava sulle cose più di tanto, quasi do-vesse “bruciare le tappe” per trovare presto il ban-dolo della matassa in funzione di una sana giustizia.Amava scuotere le coscienze forse ancora di più che insegnare a pregare. Egli spingeva a vivere la fede combattendo l’ingiustizia per rendere le persone partecipi del proprio vissuto; non per possederle, quindi, ma per accendere in loro il fuoco della pas-sione e della giustizia.Le sue lettere angolose, non rifinite, quasi gettate sul foglio, indicano la voglia di cambiare il mondo, di trascinare in questo fervore ardente l’intera società, nella consapevolezza che solo la giustizia, l’amore per la verità, la passione per l’uomo e la dignità fossero la massima legge del Vangelo.Il suo credo per una nuova società, per una Chiesa più vicina al popolo lo ha reso sempre coerente con le proprie idee e figlio devoto, nonostante i diversi punti di vista.

Biografia (Tratto da in-ternet)-Le origini contadinePrimo Mazzolari nacque al Boschetto, una fra-zione di Cremona, il 13 gennaio 1890, figlio di Luigi e di Grazia Bolli. Il padre era un piccolo affittuario, che mante-neva la famiglia con il lavoro dei campi. Primo fu il primogenito, poi

vennero Colombina, Giuseppe (Peppino), Pierina, Giuseppina. Nel 1900, spinta dalla necessità di trovare migliori condizioni di lavoro e di vita, la famiglia Mazzolari si trasferì a Verolanuova, in provincia e diocesi di Bre-scia. Due anni dopo, terminate le scuole elementari, Primo decise di entrare in seminario. Fu scelto, per la vicinanza dei parenti, il seminario di Cremona, città dove era allora vescovo mons. Geremia Bono-melli, uomo celebre per le sue idee cattolico-liberali, di conciliazione con il giovane Stato italiano.-La vita in seminarioPrimo Mazzolari rimase nell’istituto cremonese fino al 1912, anno nel quale fu ordinato prete. Per l’occa-sione egli tornò in famiglia, a Verolanuova e ricevet-te l’ordine sacro dal vescovo di Brescia, mons. Gag-gia, nella chiesa parrocchiale. Il decennio trascorso a Cremona fu molto duro per il giovane seminarista. Non si può dimenticare che quelli erano i tempi del-la dura repressione antimodernista avviata da Pio X, che comportò nei seminari l’irrigidimento della di-sciplina, la cacciata dei professori ritenuti troppo in-novativi e la chiusura ad ogni forma di dialogo con la cultura del momento. Anche Mazzolari dovette fare i conti con una seria crisi vocazionale, che ri-uscì a superare grazie all’illuminato aiuto del padre barnabita Pietro Gazzola, in precedenza allontanato da Milano proprio perché sospettato di indulgenze verso il modernismo. Lo stesso padre Gazzola pro-fetizzò al giovane che la sua vita adulta sarebbe stata «una croce».-I primi incarichi pastoraliDivenuto prete, don Primo fu inviato come vicario cooperatore a Spinadesco (Cremona). Qui rimase circa un anno, venendo poi trasferito nella parroc-chia natale, S. Maria del Boschetto. Poco dopo, però, nell’autunno del 1913 fu nominato professore di let-tere nel ginnasio del seminario. Svolse tale funzione per un biennio, durante il quale utilizzò le vacanze estive per recarsi in Svizzera, ad Arbon, come mis-sionario dell’Opera Bonomelli tra i lavoratori italia-ni là emigrati.Era intanto scoppiata la Prima Guerra Mondiale e, nella primavera del 1915, si pose con forza il pro-blema dell’atteggiamento italiano. Don Mazzolari si

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schierò in quel frangente tra gli interventisti demo-cratici, così come altri giovani cattolici, tra i quali Eligio Cacciaguerra, animatore della Lega Demo-cratica Cristiana e del giornale «L’Azione» di Cese-na, a cui Mazzolari collaborò con diversi articoli. Si intendeva sostenere l’intervento militare italiano nella guerra al fine di eliminare per sempre le forme di militarismo simboleggiate dalla Germania e per contribuire ad instaurare un nuovo regime demo-cratico e di collaborazione internazionale in tutta l’Europa.-La prova della guerraLa guerra comportò però subito un atroce dolo-re per il giovane prete. Nel novembre 1915, infatti, morì sul Sabotino l’amatissimo fratello Peppino, il cui ricordo rimase sempre vivissimo in don Primo. Questi aveva comunque già deciso di offrirsi volon-tario: fu così inserito nella Sanità militare e impie-gato negli ospedali di Genova e poi di Cremona. Il timore di sentirsi ‘imboscato’ spinse però don Maz-zolari a chiedere il trasferimento al fronte. Così nel 1918 fu destinato come cappellano militare a seguire le truppe italiane inviate sul fronte francese. Rima-se nove mesi in Francia. Rientrato nel 1919 in Italia ebbe altri incarichi con il Regio Esercito, compreso quello di recuperare le salme dei caduti nella zona di Tolmino. Nel 1920 seguì un periodo di sei mesi trascorso in Alta Slesia insieme alle truppe italiane inviate per mantenere l’ordine in una zona che era stata forzatamente ceduta dalla Germania alla neo-nata Polonia. Tutte le testimonianze concordano nel raccontare dell’impegno e della passione umana con cui don Primo seguì in questi vari frangenti i suoi soldati.

-Il periodo di CicognaraSmobilitato nell’agosto 1920, don Mazzolari chiese al suo vescovo (mons. Giovanni Cazzani) di non tornare all’insegnamento in seminario, ma di essere destinato al lavoro pastorale tra la gente. Dall’otto-bre 1920 al dicembre 1921 fu delegato vescovile nel-la parrocchia della Ss. Trinità di Bozzolo, un paese in provincia di Mantova, ma dipendente dalla dio-cesi di Cremona. Da qui fu trasferito come parroco nel vicino paese di Cicognara, a due passi dal fiume Po, dove rimase per un decennio, fino al luglio 1932.A Cicognara don Primo si fece le ossa come parro-co, sperimentando iniziative, riflettendo, annotando idee e, soprattutto, cercando forme nuove per acco-stare tutti coloro che si erano ormai allontanati dalla Chiesa. Il paese, infatti, aveva una forte connotazio-ne socialista.-Gli amici

Don Mazzolari cercò in vario modo di valutare po-sitivamente le tradizioni popolari contadine, come la festa del grano e dell’uva, ma non trascurò di commemorare i caduti in guerra e le ricorrenze pa-triottiche. Durante l’inverno faceva la scuola serale per i contadini e istituì la biblioteca parrocchiale. L’avvento del fascismo lo vide fin dall’inizio diffiden-te e preoccupato, senza celare la propria intima op-posizione. Già nel 1922 egli scrisse, a proposito delle simpatie di certi cattolici verso il nascente regime, che «il paganesimo ritorna e ci fa la carezza e pochi ne sentono vergogna». Nel novembre 1925 rifiutò di cantare solennemente il Te Deum dopo che era stato sventato un complotto per attentare alla vita di Mussolini. Egli preferiva infatti mantenersi su un piano esclusivamente religioso, tanto che perfino nel 1929 si differenziò dall’atteggiamento entusiastico di tanti vescovi e preti, non andando neppure a vota-re al plebiscito indetto da Mussolini dopo la firma dei Patti Lateranensi. Rifiutava intanto l’esaltazione acritica della guerra e del militarismo e respingeva ogni spirito settario e partigiano. Così, pur evitando di prendere posizioni di aperte rottura, don Primo fu presto considerato un nemico agli occhi dei fasci-sti e anzi un vero e proprio ostacolo alla ‘fascistizza-zione’ di Cicognara, e la notte del primo agosto 1931 lo chiamarono alla finestra e spararono tre colpi di rivoltella che fortunatamente non lo colpirono.-La ‘promozione’ a BozzoloNel 1932 don Primo fu trasferito a Bozzolo in con-comitanza con la fusione delle due parrocchie esi-stenti. Nell’occasione egli scrisse un piccolo opusco-lo, Il mio parroco, per salutare i suoi parrocchiani, vecchi e nuovi. A Bozzolo don Mazzolari iniziò poi a scrivere in modo regolare, così che gli anni Tren-ta furono per lui molto ricchi di opere. Nei suoi li-bri, egli tendeva a superare l’idea della Chiesa come ‘società perfetta’ e si confrontava onestamente con le debolezze, le inadempienze e i limiti insiti nella stessa Chiesa. A suo parere ciò era necessario per poter finalmente presentare il messaggio evangeli-co anche ai ‘lontani’, a coloro cioè che rifiutavano la fede, magari proprio a causa dei peccati dei cri-stiani e della Chiesa. Negli scritti di don Mazzolari era inoltre presente l’idea che la società italiana fos-se da rifondare completamente sul piano morale e culturale, dando maggiore spazio alla giustizia, alla solidarietà con i poveri, alla fratellanza. Idee simili lo costrinsero inevitabilmente a fare i conti con la censura ecclesiastica e con quella fascista.Nel 1934 don Mazzolari pubblicò La più bella av-ventura, basata sulla parabola del figliuol prodigo, ma questo testo fu condannato l’anno dopo dal

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Sant’Uffizio vaticano, che giudicò «erroneo» il libro e ne impose il ritiro dal commercio. Ubbidiente, don Primo si sottomise. Il Sant’Uffizio non spiegò al povero parroco quali fossero le pagine del libro giudicate erronee: si mosse forse solo su denuncia di qualche cremonese, scandalizzato dal fatto che am-bienti protestanti avessero elogiato lo scritto maz-zolariano.Don Primo tuttavia non si scoraggiò. Nel 1938 ap-parvero così altri suoi testi, come Il samaritano, I lontani, Tra l’argine e il bosco. Quest’ultimo era una raccolta di articoli e scritti vari, da cui emergeva la concezione della parrocchia che don Mazzolari ave-va, ma anche la sua capacità di guardare la natura e la realtà della vita di campagna. Nel 1939 fu invece pubblicata La via crucis del povero.Le opere successive finirono però ancora sotto la scure della censura. Le autorità fascista censurarono infatti nel 1941 Tempo di credere, ritenuto un libro non conforme allo ‘spirito del tempo’, quello cioè di un’Italia in guerra. Gli amici di don Primo riusci-rono a fare circolare clandestinamente il testo. Nel 1943 tornò invece a farsi sentire il Sant’Uffizio che biasimò l’opera Impegno con Cristo, almeno per la forma utilizzata dall’autore.-Guerra e ResistenzaNel 1943 alla caduta del fascismo (25 luglio) e all’an-nuncio dell’armistizio (8 settembre) si aprì la fase più drammatica della storia italiana contempora-nea, con la spaccatura del Paese in più parti, l’occu-pazione tedesca, la nascita della Resistenza e subito dopo della Repubblica Sociale Italiana. Don Primo si impegnò a creare contatti con vari ambienti e per-sonalità cattoliche in vista del domani. Strinse inol-tre sempre più rapporti con la Resistenza, così che il suo nome – già inviso da anni ai fascisti – circolò sempre più nelle liste di coloro che erano giudica-ti nemici del regime di Salò. Nel febbraio 1944 don Mazzolari fu chiamato una prima volta in questura a Cremona per accertamenti; seguì in luglio un vero e proprio arresto da parte del Comando tedesco di Mantova. Liberato e richiesto di restare a disposizio-ne, preferì passare alla clandestinità a Gambara in provincia di Brescia. Lasciò così per qualche tempo Bozzolo, ritornandovi poi di nascosto. Dovette in-fatti vivere per alcuni mesi completamente segrega-to, all’insaputa di tutti, al piano superiore della sua stessa casa e solo dopo la Liberazione poté uscire allo scoperto. Testimonianza di quel tempo sono i libri Diario di una primavera e Rivoluzione Cristia-na, pubblicati dopo la sua morte.

L’impegno per l’evangelizzazione, la pacificazione, la

costruzione di una nuova società più giusta e libera costituirono i cardini dell’impegno di don Mazzola-ri dal 1945 in poi. Figlio in questo della Chiesa del suo tempo, egli era convinto che solo il cristianesi-mo potesse costituire un rimedio ai mali del mondo e si fece portatore così dell’idea di una vera e propria ‘rivoluzione cristiana’. I cristiani dovevano essere autentica guida della società, a patto di rinnovarsi completamente nella mentalità e nei comportamen-ti. Don Primo non perse naturalmente di vista il compito principale della Chiesa, quello dell’annun-cio evangelico. Con Il compagno Cristo. Vangelo del reduce (1945) cercò quindi di rivolgersi anzitutto a coloro che tornavano dal fronte o dalla prigionia, per additare loro la via tracciata da Gesù Cristo. Scrisse in quegli anni molti articoli, collaborando tra l’altro ai giornali «Democrazia» e «L’Italia».Continuò a interessarsi dei ‘lontani’, particolarmen-te dei comunisti. La sua critica del comunismo fu sempre molto dura, come dimostrò il dibattito pub-blico con un altro celebre cremonese, Guido Mi-glioli, ex organizzatore sindacale cattolico ed ex de-putato del Partito Popolare, che era approdato alla collaborazione stretta con il Partito Comunista. In ogni caso, come ebbe a dire nel 1949 (l’anno della scomunica vaticana verso i comunisti), lo slogan di don Mazzolari era: «Combatto il comunismo, amo i comunisti».Dopo le decisive elezioni del 1948, nelle quali ap-poggiò la DC, don Primo iniziò subito ad ammonire i parlamentari, invitandoli alla coerenza e all’impe-gno. Un suo articolo portava per esempio un tito-lo chiarissimo: Deputati e senatori vi hanno fatto i poveri.-La stagione di “Adesso“Tante speranze di cambiamento andarono presto deluse. Don Mazzolari si rese conto di dover crea-re un movimento di opinione più vasto e si dedicò allora anima e corpo al progetto di un giornale di battaglia. Il 15 gennaio 1949 uscì il primo numero del quindicinale «Adesso», nel pieno di una stagione in cui si moltiplicavano gli appelli cattolici verso la DC (l’anno dopo, nel 1950, Giorgio La Pira pubblicò L’attesa della povera gente).

Nelle sue pagine il giornale volle toccare tutti i temi cari al suo fondatore: l’appello a un rinnovamento della Chiesa, la difesa dei poveri e la denuncia delle ingiustizie sociali, il dialogo con i ‘lontani’, il pro-blema del comunismo, la promozione della pace in un’epoca di guerra fredda. Al giornale collabo-rarono in molti: da don Lorenzo Bedeschi a padre Aldo Bergamaschi, al sindaco socialista di Milano

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Antonio Greppi, a tanti preti e laici più o meno noti, come Franco Bernstein, padre Umberto Vivarelli, padre Nazareno Fabbretti, Giulio Vaggi e più tardi Mario V. Rossi.Intanto don Primo stringeva rapporti sempre più stretti con le voci più libere e critiche del cattolice-simo italiano di quel tempo, dominato dal confor-mismo e dalla rigidezza nei confronti del mondo contemporaneo: fu così amico del fondatore di No-madelfia don Zeno Saltini, del poeta padre David Maria Turoldo, del sindaco fiorentino Giorgio La Pira, dello scrittore Luigi Santucci e di molti altri.Il carattere innovativo e coraggioso di «Adesso» provocò ancora l’intervento vaticano, così che nel febbraio del 1951 il giornale dovette cessare le pub-blicazioni. In luglio arrivarono altre misure perso-nali contro don Mazzolari (proibizione di predicare fuori diocesi senza il consenso dei vescovi interessa-ti; divieto di pubblicare articoli senza preventiva re-visione ecclesiastica). Si poté ripartire nel novembre dello stesso 1951, ma con la direzione di un laico, Giulio Vaggi. Don Primo collaborò ancora, utiliz-zando spesso pseudonimi come quello di Stefano Bolli. Proprio alcuni interventi di ‘don Bolli’ sul tema della pace provocarono nuove indagini disci-plinari. Nel 1950, infatti, si sviluppò un ampio di-battito sulla proposta del movimento dei Partigiani della Pace (a prevalenza comunista) di mettere al bando la bomba atomica e don Mazzolari (che pure aveva accettato l’adesione dell’Italia al Patto Atlan-tico) si dichiarò disponibile al dialogo. Insomma, il giornale continuò a vivere pericolosamente. Ancora nel 1954 don Primo ricevette da Roma l’ordine di predicare solo nella propria parrocchia e il divieto di scrivere articoli su ‘materie sociali’.-Gli ultimi anniUsando sempre il suo caratteristico linguaggio, che puntava direttamente a suscitare l’emozione nel cuore, senza voler indugiare nell’analisi scientifica o sociologica, don Mazzolari pubblicò negli anni Cin-quanta altre opere significative.Nel 1952 uscì così La pieve sull’argine, un ampio racconto fortemente autobiografico, che ripercorre-va le vicende e le vicissitudini di un prete di campa-gna (don Stefano) negli anni del fascismo.Nel 1955 apparve anonimo Tu non uccidere, che affrontava la questione della guerra. Qui Mazzolari riprendeva un suo scritto inedito del 1941, la Rispo-sta a un aviatore, in cui si era già posto il problema della liceità della guerra. In questo modo il parroco di Bozzolo approdava all’accettazione dell’obiezione di coscienza e pronunciava un durissimo atto di ac-cusa contro tutte le guerre («La guerra non è soltan-

to una calamità, è un peccato», «Cristianamente e logicamente la guerra non si regge»).Libri a parte, don Primo spendeva le sue ultime ener-gie per affrontare temi nuovi e conoscere problemi sociali anche lontani: nel 1951visitò il delta del Po, nel 1952 fece un viaggio in Sicilia, riportandone for-ti impressioni, e nel 1953 si recò in Sardegna.Nella Chiesa italiana il nome di Mazzolari conti-nuava intanto a dividere: alle prese di posizione uf-ficiali, che in pratica lo proscrivevano e lo volevano rinchiudere nella sua Bozzolo, si contrapponevano i tanti amici, ammiratori, discepoli di ogni tipo che si riconoscevano nelle sue battaglie e diffondevano le sue idee in tutta Italia. Lui rimaneva coerente al suo proposito di ‘ubbidire in piedi’, sottomettendosi sempre ai suoi superiori, ma tutelando la propria di-gnità e la coerenza del proprio sentire.Proprio alla fine della sua vita cominciò a venire qualche gesto significativo di distensione nei suoi confronti. Nel novembre del 1957 l’arcivescovo di Milano mons. Montini (il futuro papa Paolo VI) lo chiamò a predicare alla Missione di Milano, una celebre iniziativa straordinaria di predicazioni e in-terventi pastorali. Nel febbraio 1959, infine, il nuo-vo papa, Giovanni XXIII, lo ricevette in udienza in Vaticano, lasciando in don Primo un’intensa emo-zione.Ormai però la salute del parroco di Bozzolo era mi-nata e logorata. Don Primo Mazzolari morì infatti poco tempo dopo, il 12 aprile 1959. Anni più tardi, Paolo VI dirà di lui: «Lui aveva il passo troppo lungo e noi si stentava a tenergli dietro. Così ha sofferto lui e abbiamo sofferto anche noi. Questo è il destino dei profeti».

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di Pia Dell’Acqua

Breve recensione del libro “Pensare con il corpo“ Tolja-SpecianiEd. Baldini-Castoldi

Il libro è stato scritto a quattro mani da un medico e ricercatore che ha studiato e insegnato le reciproche relazioni fra fattori psichici, fisici e culturali, e da una giornalista con esperienza diretta nello stesso campo: il risultato è un testo piuttosto avanzato dal punto di vista teorico, ma immediato e simpatica-mente informale ricco di esempi pratici e aneddoti illuminanti.Gli autori sono infatti Jader Tolja, medico ricercato-re, che negli ultimi vent’anni si è dedicato soprattut-to allo studio dei fattori fisici e psichici coinvolti nei processi di cambiamento, oltre che in campo medi-co e sportivo e Francesca Speciani.Ella è una Gestalt-bodywork counselor con espe-rienza di lavoro individuale e di gruppo. Accom-pagna le persone nell’utilizzo creativo delle risorse individuali per la risoluzione di problemi specifi-ci, nella riarmonizzazione corpo-mente in caso di sintomi psicosomatici, nel superamento di periodi di difficoltà o di forte cambiamento. La sua forma-zione nel campo delle relazioni corpo-mente com-prende tecniche di lavoro sul corpo come anatomia esperienziale. Nel suo percorso formativo ha inoltre sperimentato numerose tecniche di terapia naturale e diverse forme di psicoterapia. E’ inoltre giornalista specializzata nei temi relativi alla medicina natura-le, alla nutrizione, alla psicologia e alla sessualità.Il tema rivoluzionario di questo libro è il pensiero corporeo, ovvero il tentativo di integrare il nostro pensiero con le risposte fisiche che il corpo mette in atto spontaneamente a seconda delle diverse si-tuazioni in cui si trova. Ogni scelta di vita ha con-seguenze sul fisico che si rivelano in modo più o meno manifesto: conta l’attenzione che si presta nel saper cogliere o no questi segnali. Essi sono sempre presenti, anche se a volte inconsci. Il nostro cor-po è una preziosa fonte di informazioni e rilevarle è pensare con il corpo. Il nostro corpo è qui, ora, e chi vuole può cominciare a sentire cosa ne pensa. La percezione interna del corpo cambia concretamen-te il nostro rapporto con la nostra professione, lo spazio, il tempo, le persone, il vestire, il linguaggio, il cibo, la sessualità. L’essere umano è fatto per pen-sare con tutto il corpo, cioè per elaborare le infor-mazioni e per interagire con l’ambiente attraverso tutto il materiale disponibile. Quando si delega la

capacità di elaborare i dati ad una piccola parte del cervello (corteccia), si esclude una vasta parte della persona e si escludono tante informazioni. Il corpo con le sue sensazioni ed anche con le sue malattie è il principale canale di collegamento con la totalità del nostro essere.Ci sono diversi meccanismi che ci consentono di capire come ci adattiamo all’ambiente. Ad esempio, il respiro: se una persona cambia in profondità il proprio di respirare, tutto il suo corpo avrà una se-rie di riorganizzazioni con conseguenze interessanti anche sull’ambiente circostante Il lavoro occupa una grande parte della nostra vita ed influenza quest’ultima in senso positivo o nega-tivo. Ecco come si modifica il nostro corpo in base al tipo: ogni volta che si esegue un lavoro che non piace, l’organismo attiva la muscolatura scheletrica, sotto la guida del sistema nervoso simpatica (la cui attività è legata ai momenti di allarme, stanchez-za ed esaurimento).Quando accade il contrario, le azioni sono guidate dal sistema nervoso parasim-patico ( la cui attività è legata ai momenti di recu-pero e di piacere). Oltre all’ambiente circostante ed il lavoro, anche il linguaggio influenza il nostro, la nostra psiche e le nostre relazioni. Pensare e parlare in termini di “dovere” spesso implica che quello che “dobbiamo” fare lo facciamo per qualcun altro in-vece che noi stessi: chi trae soddisfazione dalla no-stra azione non siamo noi e noi ci alieniamo dalla nostra spontaneità. Ogni volta che diciamo “devo” insieme al sistema nervoso simpatico si attivano le strutture più esterne del corpo che ci costringono ad agire. Quando invece diciamo “voglio” fare, c’è un rilassamento dei muscoli egli organi si attivano per sostenere il movimento IN questo caso agiamo per noi stessi.Perché un vestito, una luce, la presenza di un’altra persona ci fa cambiare d’umore? Perché certe vol-te si sente la necessità di cambiare posto ai mobili? Ecco un libro che risponde a queste e ad altre do-mande e ci spiega come avere maggiori risorse nel rapporto con la salute, le persone, il lavoro, gli spazi in cui si vive. Al proposito già Einstein sosteneva che “abbiamo bisogno di pensare con sensazioni nei nostri muscoli.“Pensare col corpo” è in pratica un invito motiva-

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to a non limitare le nostre capacità di pensiero ed elaborazione della realtà alla sola mente, per potersi concedere di pensare con tutto il corpo.Lavoro, spazi, tempi, relazioni, modo di vestire, lin-guaggio, cibo, sessualità: che ce ne accorgiamo o meno, ogni nostra scelta di vita ci cambia anche a livello fisico. Sempre di più va facendosi strada l’idea che così come la mente e la sua struttura emotiva determi-nano la forma e la salute del nostro corpo, analo-gamente la nostra organizzazione fisica determina i nostri pensieri e le nostre emozioni.Perché un vestito, una luce, la presenza di un’altra persona ci fa cambiare d’umore? Perché certe vol-te si sente la necessità di cambiare posto ai mobili? Ecco un libro che risponde a queste e ad altre do-mande e ci spiega come avere maggiori risorse nel rapporto con la salute, le persone, il lavoro, gli spazi in cui si vive. La percezione interna del corpo cam-bia concretamente il nostro rapporto con la nostra professione, lo spazio, il tempo, le persone, il vestire, il linguaggio, il cibo, la sessualità.Al proposito già Einstein sosteneva che “abbiamo bisogno di pensare con sensazioni nei nostri mu-scoli”.“Pensare col corpo” è in pratica un invito motiva-to a non limitare le nostre capacità di pensiero ed elaborazione della realtà alla sola mente, per potersi concedere di pensare con tutto il corpo.Una buona definizione potrebbe essere: “semplice ma non semplicistico” sia per le informazioni che offre, sia per il modo in cui vengono presentate al lettore. La ‘drapetomania’ (drapetes era lo schiavo in fuga) è una malattia che furoreggiava fra gli schia-vi negri del Sud degli Stati Uniti nel secolo scorso. Il sintomo principale era “un desiderio irrefrenabile di fuggire”.Un comportamento allora giudicato assolutamen-

te irrazionale: “quando viene costretto con la forza dall’uomo bianco a recarsi al lavoro, egli svolge il suo compito in modo svogliato e distratto, pestando coi piedi o strappando con la falce le piante che dovrebbe coltivare, rompe gli strumenti di lavoro e rovina tutto ciò che gli riesce di rovinare”.P. Skrabanek e J. McCormickTutta la nostra educazione, il nostro sistema morale e in fin dei conti la medicina classica riflettono l’idea che il manovratore (ovvero quel qualcosa che coor-dina tutto ciò che accade nel nostro organismo) sia pazzo e che per questo vada tenuto a bada con pre-cetti morali, con la volontà e con l’esercizio, e con-dotto sulla retta via con punizioni, antibiotici, vacci-ni, vitamine, operazioni o coercizioni, a seconda dei casi, per evitare che la sua natura illogica e incon-trollabile porti una persona verso l’autodistruzione. E che se non lo facciamo possa succedere di tutto.Questo concetto non solo pervade, ma chiaramente sottende buona parte della medicina e della psicote-rapia figlie di questo secolo. Da qui la nozione che una dose di buon senso somministrata dall’esterno possa ‘rimettere in carreggiata’ il nostro organismo (in campo medico), il nostro inconscio (in campo psicoterapeutico) e la nostra volontà (in campo edu-cativo e scolastico).Il presupposto è che la trasmissione forzata di valori al figlio, allo studente o al paziente sia indispensabi-le, come se la persona di per sè non fosse già animata da un’organizzazione sana che vuole solo il meglio.

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di Pia Dell’AcquaORIENTAMENTO 3

Psicologia . La psicologia è una scienza che attrae e tutti vorrebbero avere questa abilità. Ma chi può averne l’aspirazione può non averne l’abilità. Non si può dire che possono dichiararsi psicologi colo-ro che scrivono trattati, ma secondo Moretti, “ vero psicologo è colui che, conoscendo o intuendo i prin-cipi delle diverse situazioni specifiche dell’anima umana, sa penetrare, scrutare, valutare e valorizzare le facoltà innate di un individuo e la situazione, l’at-tività e lo svolgimento delle medesime, nelle diverse circostanze della vita”.La psicologia non è come la fisica, le cui leggi hanno un determinato modo di essere e di agire. La psico-logia non ha niente di determinato, in quanto è e deve essere legata alla libertà umana, che può avere degli sbocchi non prevedibili da nessuna scienza : lo psicologo deve calare la sua conoscenza ad ogni individuo ed adattarla ad ogni singolo caso. Ogni uomo è un essere irrepetibile ed unico.Il segno principale che indica l’abilità per la psico-logia è il segno “Sinuosa” perché sviluppa la fun-zione percettiva ed introspettiva; il soggetto vuole verificare la realtà, prendendo in considerazione tutti i particolari. Per uno psicologo è importante la compartecipazione empatica che tiene conto dei bisogni dell’altro senza forme invadenti. La Sinuosa è accompagnata da Fluida; è logico che uno psico-logo debba avere i segni dell’equilibrio: il MIR nella M, tra lettere e tra parole, scrittura con pochi ricci. Poi l’empatia è molto importante per uno psicologo, quindi i segni Pendente e Larghezza tra Lettere sono indispensabili.

“Medicina”: Moretti la definisce così:” La medici-na è la scienza delle malattie del corpo umano, del modo di curarle, di prevenirle. Sappiamo che la me-dicina vera e propria consiste nella facoltà di cono-scere, di penetrare le malattie, nello scoprire quale sia la parte malata del corpo umano. A questa corrisponde la diagnostica. Nel trovare i ri-medi ci pensa per lo più la farmacologia. Fisiologia, anatomia, farmacologia sono scienza. Ma la medici-na è principalmente arte: intuito, penetrazione dei sintomi, misura della gravità sono ciò che costitui-sce l’occhio cosiddetto “ clinico”.Inoltre un buon medico deve avere anche qualità psi-cologiche, essere anche un po’ psicologo. Per questo, riguardo alla grafologia deve avere principalmente i segni della psicologia la fluida e il ritmo armonico. Anche la Contorta può essere utile in questa profes-sione. La larghezza tra parole ( ragionamento) , il ritmo armonico e la Fluida, la Curva sotto i 5/10 e spesso il calibro sm, ma anche la staccata portano a ragionamenti nuovi, originali nelle diagnosi trovan-do nuove strade nella diagnostica. Vii sono profes-sionisti con velocita SM; il loro pensiero è vivace ed originale, ma un po’ precipitoso e non molto coor-dinato . Talvolta possono dimostrare atteggiamenti superficiali, ma tra essi si possono trovare persone con un intuito geniale, esplosivo.

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DON LORENZO MILANIa cura di Evi Crotti

Don Lorenzo Milani, sacerdote ed educatore, è sta-to il fondatore e l’animatore della famosa scuola di Sant’Andrea di Barbiana, il primo tentativo di scuola a tempo pieno espressamente rivolto alle classi po-polari. I suoi progetti di riforma scolastica e la sua difesa della libertà di coscienza, anche nei confronti del servizio militare, compaiono nelle opere Espe-rienze pastorali, Lettera a una professoressa e L’ ob-bedienza non è più una virtù (questi ultimi due testi scritti insieme con i suoi ragazzi di Barbiana), non-ché una serie importantissima di lettere e articoli. A lungo frainteso e ostacolato dalle autorità scola-stiche e anche da una parte di quelle religiose, don Milani è stato una delle personalità più significative del dibattito culturale del dopoguerra e la sua vita rappresenta ancora oggi una grande testimonianza di fedeltà nelle sua scelta di essere dalla parte de-gli ultimi. Don Milani, secondo Ernesto Balducci, “ha scelto la via della rottura per aggredire il mondo degli altri e far nascere nella coscienza di tutti noi, prelati, preti, professori, comunisti, radicali e gior-nalisti, il piccolo amaro germoglio della vergogna”. Nel libro “Lettera ad una professoressa”, giunge a rivoluzionare completamente il ruolo di educatore, denunciando la natura classista dell’istituzione sco-lastica italiana e proponendo nuovi obiettivi e nuovi strumenti che potessero concretamente andare in-contro ai bisogni dei ceti meno privilegiati. Le sue ultime parole furono: “Un grande miracolo sta av-venendo in questa stanza.......Un cammello che pas-sa nella cruna di un ago”.

Don Lorenzo era uno di quegli uomini che, per le sue scelte nette e coerenti, le sue rigide prese di po-sizione, il linguaggio tagliente e preciso, la sua logica stringente di ragionare e argomentare, si tirava fa-cilmente addosso grandi consensi o grandi dissensi con schieramenti preconcetti che hanno spesso of-fuscato la sua vera dimensione.Su di lui è stato detto e scritto molto, sono state fatte opere teatrali e quattro film, però resta ancora molto da scoprire soprattutto in quella dimensione religio-sa che è l’aspetto fondamentale di tutta la sua vita e delle sue opere.Non è possibile capire appieno don Lorenzo e i mo-tivi delle sue scelte se, quando ci si avvicina a lui,

non si tiene sempre presente che era un prete e un prete che aveva deciso di servire Dio nel modo più completo, dopo che da adulto si era convertito al cristianesimo. Tutto il suo operato successivo va ri-condotto a questa scelta.La sua vita è stata breve ma intensa.A 20 anni (improvvisamente) abbandonò il mondo borghese raffinato e colto a cui apparteneva la sua famiglia ed entrò in Seminario. I suoi, pur restando sconcertati e soffrendo del “colpo di testa” di questo loro figlio che consideravano molto promettente, non lo ostacolarono.Appena entrato in Seminario cominciò energica-mente a sopprimere il suo “IO” del passato, i 20 anni che lui considerava “passati nelle tenebre”. Ogni suo atto cercava di renderlo coerente con il Vangelo dra-sticamente, senza mezze misure.Aveva lasciato gli agi ed i privilegi dei borghesi, la loro cultura ed il loro mondo per un’altra scelta di campo: servire il Vangelo, il Cristo, tentare cosi di salvarsi l’anima stando dalla parte giusta del pove-ri, cioè degli ultimi nella scala gerarchica, cercare di conoscerli da vicino, di viverci insieme, di imparare la loro lingua, insegnargliene un’altra, condividere le loro cause, difendere le loro ragioni anomale.Per lui prete l’ingiustizia sociale era normale e anda-va combattuta perché offendeva Dio.Ordinato sacerdote a 24 anni fu mandato a San Do-nato a Calenzano come cappellano del vecchio pro-posto, don Daniele Pugi.Calenzano era già allora nel 1947 un paese in via di industrializzazione (aveva 1300 abitanti, oggi ne ha 16.000); la sua popolazione aumentava ed il vecchio Proposto non ce la faceva più a reggere la parroc-chia. Espose al Cardinale la necessità di avere un cappellano, ma non sapeva come fare a pagarlo. Il Cardinale rispose: “ho quest’anno un giovane prete, non ha nessuna pretesa, e vuole vivere poveramente: un certo don Lorenzo Milani”.Don Lorenzo arrivò a Calenzano pieno di entusia-smo come colui che ha trovato il senso della propria vita: finalmente poteva mettersi al servizio del suo prossimo e restituire quanto per 20 anni aveva ri-cevuto.All’inizio cercò di avvicinare i giovani alla Chiesa col gioco del pallone, il ping pong e il circolo ricre-

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ativo come facevano gli altri preti. Presto però si rese conto non solo che avvicinava una sola parte di giovani ma soprattutto che era indegno e puerile per un prete di Cristo abbassarsi a questi mezzi per evangelizzare, ma al contrario proprio la mancan-za di cultura era un ostacolo alla evangelizzazione e all’elevazione sociale e civile del suo popolo.Così un giorno il pallone e gli attrezzi del ping pong finirono in fondo a un pozzo che era in mezzo al cortile della canonica e don Lorenzo organizzò una scuola serale per giovani operai e contadini. “La scuola era il bene della classe operaia, la ricreazione la rovina; bisognava che i giovani con le buone o con le cattive capissero la differenza e si buttassero dalla parte giusta”.Per lui prete la scuola era il mezzo per colmare quel

fossato culturale che gli impediva di essere capi-to dal suo popolo quando predicava il Vangelo; lo strumento per dare la parola ai poveri perché diven-tassero più liberi e più eguali, per difendersi meglio e gestire da sovrani l’uso del voto e dello sciopero. Con quella tenacia di cui era capace quando era convinto di avere intuito una verità andò a cercare uno ad uno tutti i giovani operai e contadini del suo popolo. Entrò nelle loro case, sedette al loro tavolo per convincerli a partecipare alla sua scuola perché l’interesse dei lavoratori, dei poveri non era quello di perdere tempo intorno al pallone e alle carte come voleva il padrone, ma di istruirsi per tentare di in-vertire l’ordine della scala sociale.“Voi – diceva – non sapete leggere la prima pagina del giornale, quella che conta e vi buttate come di-sperati sulle pagine dello sport. E’ il padrone che vi vuole così perché chi sa leggere e scrivere la prima pagina del giornale è oggi e sarà domani dominato-

re del mondo”. Aveva una dialettica e una capacità di leggere dentro straordinaria. Riusciva in ognuno a toccare e far vibrare la corda più sensibile.Nella sua scuola raccolse giovani operai e contadini di ogni tendenza politica, presenza che mantenne e ampliò perché dimostrò di servire la verità prima di ogni altra cosa: “vi prometto davanti a Dio che que-sta scuola la faccio unicamente per darvi una istru-zione e che vi dirò sempre la verità di qualunque cosa, sia che serva alla mia ditta, sia che la disonori, perché la verità non ha parte, non esiste il monopo-lio come le sigarette”, disse ai suoi giovani uno dei primi giorni di scuola a Calenzano; una scuola dove l’impegno sindacale e quindi l’impegno sociale era considerato come un preciso dovere a cui un lavo-ratore cristiano non poteva sottrarsi. Attraverso la

scuola ed i suoi giovani conobbe i veri problemi del popolo. Entrò nelle fami-glie come uno di loro pronto a dare un aiuto su qualunque questione.Quando licenziarono Mauro da una tes-situra di Prato, non avevano licenziato solo uno del popolo, ma il “suo” Mau-ro del quale per mezzo della scuola e le discussioni che venivano fatte ogni sera fino a tarda notte, conosceva tutto: fami-glia, problemi, gioie e disperazioni. Così a quel licenziamento reagì con tutto il peso del suo pensiero e della sua paro-la. Per giorni interi si discusse a scuola con sindacalisti, magistrati e ispettori del lavoro su come reagire, come impedire una ingiustizia così grave.Operava per far prendere coscienza ai

giovani operai sulla necessità che divenissero pro-tagonisti del loro futuro rifuggendo da schieramenti preconcetti, ma distinguendo sempre il vero dal fal-so. Ragionando sempre con la propria testa.Era rigido per sé e richiedeva ai giovani coerenza tra idee, parole e comportamento pratico, senza mai ri-nunciare alla gioia di dire sempre la verità e di vivere senza nessun formalismo.La sua scuola accoglieva solo operai e contadini, perché intendeva eliminare la differenza culturale che esisteva tra questi e altri strati sociali. Per questo la definiva scuola classista, nel senso cioè di scelta dei poveri.Questo suo schieramento, sempre giustificato alla luce del Vangelo, era un aspetto costantemente pre-sente nella sua attività scolastica e pastorale che tra-pelava continuamente.Un giorno un ragazzo di solida famiglia cattolica gli disse: “ma lei insegna anche a lui che è comunista

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e dichiarato nemico della Chiesa ? Io gli insegno il bene – rispose - gli insegno a essere un uomo mi-gliore, e se poi continua a rimanere comunista, sarà un comunista migliore.”E a Pipetta, il giovane comunista che gli diceva “se tutti i preti fossero come Lei, allora ...” rispondeva: “il giorno che avremo sfondato insieme la cancellata di qualche parco, installato la casa dei poveri nel-la reggia del ricco, ricordati Pipetta, quel giorno ti tradirò, quel giorno finalmente potrò cantare l’uni-co grido di vittoria degno di un sacerdote di Cristo, beati i poveri perché il regno dei cieli è loro. Quel giorno io non resterò con te, io tornerò nella tua ca-succia piovosa e puzzolente a pregare per te davanti al mio signore crocifisso.”

Autore: Michele Gesualdi – presidente della fonda-zione don Milani

Fonte: www.donlorenzomilani.it

PROFILO DI DON MILANI

La forma piccola delle lettere indica una personalità schiva la cui natura introversa non ha spento la ca-pacità di amare, di vivere e di cogliere i problemi che la vita presenta, anzi ha cercato di viverli in profon-dità e con consapevolezza (vedi il corretto spazio tra una parola e l’altra e lo scorrere fluido del grafismo), mettendo così a fuoco la priorità che l’amore ha nel-la vita di ogni uomo.Don Milani mirava all’essenzialità delle cose e ai va-lori che formano la persona e, più che dettare nor-me vincolanti, cercava di avvicinare alla libertà del cuore.Dotato di un’intelligenza profonda, possedeva capa-cità logiche e uno spirito critico che ha dominato tutto il suo vissuto e gli ha permesso di saper ar-gomentare in modo profondo la realtà circostante, senza giri di parole.Don Milani non amava le mezze misure né chi le metteva in atto; il suo moto era evangelico: ”che il vostro parlare sia sì, sì, no, no!”La grafia analizzata segnala anche il cammino di sofferenza che egli ha dovuto affrontare, a volte in-

goiando altre volte combattendo, contro gli “ottusi”. Ciò recava in lui una forte afflizione, poiché non ri-usciva a capire come certi suoi compagni sacerdoti fossero così “duri di cervice”.Se la grafia a mette in risalto un animo combattivo, uno spirito forte nel sostenere ciò che credeva con coerenza, un’intelligenza introspettiva e intuitiva fuori del comune, era logico che egli non potesse ac-cettare compromessi o superficialità.Don Milani col suo modo di scrivere mette in evi-denza coerenza, fedeltà al proprio credo e una sof-ferenza, anche fisica, che ci porta a definirlo “santo senza aureola”.

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I SEGRETI DELL’ANIMAi primi trent’anni dell’istituto italiano di grafologia

di Oscar Venturini

Si coglie l’occasione della pubblicazione di questa raccolta di analisi grafologiche per ricordare che l’Istituto Italiano di Grafologia ha superato i primi trent’anni di vita, essendo stato fondato il 14 giu-gno 1975. Anni di attività intensa, durante i quali centinaia di persone hanno seguito i corsi serali per lavoratori, tenuti dapprima presso il Centro Pedago-gico in Via Mazzini, successivamente presso il liceo ginnasio “Dante Alighieri” e, attualmente in sede, in via Crispi n°28; altre centinaia hanno partecipato ai 30 convegni annuali, organizzati sempre a Trieste, ed ai corsi per insegnanti svolti sia a Trieste che a Udine, con le autorizzazioni dei relativi Provvedito-ri agli Studi.Altre centinaia di persone leggono ormai da 26 anni la rivista “Rassegna di Studi Grafologici”, e noti ed apprezzati sono i corsi del “Centro di rieducazione della scrittura”, sorto in seno all’istituto, segnalati recentemente in tutto il paese sia dalla Rivista del Volontariato di Roma e sia dal Corriere della Sera ai quali ha dedicato un ampio servizio.Trent’anni pure ricchi di soddisfazioni per i soci (“morali”, naturalmente, perché l’istituto ha sempre operato senza fini di lucro e dagli anni ‘90 è una or-ganizzazione di volontariato, regolarmente iscritta al n° 488 del relativo Registro della Regione). Soddi-sfazioni che derivano, oltre che dalla constatazione che l’attività svolta dall’istituto è sempre seguita con molto interesse in tutta la regione, ma pure dagli studiosi e dalle associazioni con le quali l’istituto è in relazione, sia in Italia che all’estero (Spagna, Fran-cia, Inghilterra, Argentina, ecc.), dai riconoscimen-ti avuti negli anni passati dalle “autorità”, dai saluti del Presidente della Repubblica Sandro Pertini, tra-smessi due volte dal Segretario Generale della Pre-sidenza della Repubblica Antonio Maccanico con lettere del 4 agosto 1979 e 15 aprile 1980, a quelli

del Santo Padre, attraverso la Segreteria di Stato del Vaticano, come comunicato dal Vescovo mons. Lo-renzo Bellomi in data 8 maggio 1980; alla targa of-ferta dal Presidente della Provincia di Trieste Dario Crozzoli nel 1998.Ma motivo di soddisfazione è pure il “patrocinio” che Regione, Provincia e Comune concedono ai convegni organizzati dall’istituto e l’interesse dimo-strato sempre alle sue iniziative sia dalla stampa e sia dalla RAI. Tutti dimostrando di aver compreso che lo spirito che anima coloro che operano nell’istituto non si limita al desiderio di diffondere una materia interessante per conoscere il proprio e l’altrui carat-tere, ma tende ad aiutare gli altri facendoli raggiun-gere, attraverso questa conoscenza, fiducia in sé e l’equilibrio, in modo da essere in grado di affrontare serenamente la vita.

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SAN GIOVANNI BOSCOdi Alberto Magni

La scrittura di san Giovanni Bosco denota una per-sonalità caratterizzata da notevole intuizione, con ottime capacità psicologiche che gli permettono di scrutare a fondo e in modo perspicace l’animo uma-no.Il suo pensiero si basa fondamentalmente sulla con-cretezza di idee e sull’abilità espositiva e discussiva.Attento ai particolari, egli tuttavia sa arrivare anche rapidamente alla sintesi, poiché appare restio ad ogni sofisticheria sia fisica che sentimentale.Buoni lo spirito organizzativo e la lungimiranza, per cui sa ottenere ciò che si prefigge, anche se deve attendere. Ciò non è basato sulla testardaggine, ma sulla lucidità nell’elaborare le strategie di compor-tamento, anche in virtù dell’intuizione e della scal-trezza.L’ascendere della scrittura ed il tratto ben marcato sottolineano la volontà e la costanza nella realiz-zazione dei propri desideri. Egli sa convincere con amabilità, servendosi anche della seduzione, ossia non sempre prende di petto le cose, ma sa aggirare l’ostacolo con circospezione e abilità per ottenere il

risultato che vuole.In virtù della sua natura piena di sentimento, l’a-nima, ossia la parte femminile inconscia, preva-le sull’animus portandolo quasi a soffrire per ogni opera che compie, come se fosse sempre un parto difficile. La scrittura segnala inoltre un talento peda-gogico innato, sostenuto da una particolare sensibi-lità per il mondo dei fanciulli e dei ragazzi.La figura materna, alla quale è molto legato, è una spinta, una molla per cui l’affetto che nutre per “mamma Margherita” viene investito sugli altri ragazzini, specie su quelli che ne sono stati priva-ti rimanendo orfani. Tale investimento dell’energia vitale gli permette di evitare frustrazioni nella rela-zione intima. Egli infatti appare incapace di amare la donna e di avere con lei un rapporto paritetico. Come l’artista trova nell’arte l’armonia di sé, così anche Giovanni Bosco trova nella sublimazione dei sensi il modo per esprimere il proprio amore per le creature.

Tratto poco curato il soggetto è più attento alla sostanza che non alla forma delle cose

Gesto scarno ed essenziale segnala sbrigatività, concretezza ed essen-zialità

Scrittura curva con qualche angolosità sparsa la disponibilità è tenuta sotto controllo a causa di uno spirito combattivo

Equo spazio tra le lettere indica una buona capacità di amare

Scarso spazio tra le parole intuizione, immaginazione e tempestività

Tratto forte e marcato esprime volontà, determinazione e buona tolleranza alla fatica

Gesto un pò congestionato sono possibili scatti improvvisi e incontrollati di collera dovuti all’accumularsi di tensione interiore

Scrittura ben piegata a destra evoca l’attaccamento alla madre, quindi è una nota che indica dipendenza

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A GRAFOLOGICA E DINTORNIENIGMISTICA

Soluzioni a pag. 28a cura di Maria Letizia Andenna

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Iniziando dalle caselle numerate, inserire nello schema le nove parole rispondenti alle definizioni. Anteporre poi a ogni parola la lettera che precede nell’ordine alfabetico italiano l’iniziale della parola stessa, in modo che nella prima colonna in grassetto risulti quel termine che indica l’insieme dei gesti che si svolgono secondo un preciso ordine.

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1) E’ una deviazione sessuale caratterizzata dalla ricerca del piacere attraverso l’imposizione intenzionale e ripetuta di dolore fisico o morale a un altro soggetto.2) In questo periodo di quiete emozionale, il bambino rivolge la sua attenzione al mondo esterno e allo svi-luppo di attività psichiche, conoscitive e sociali gratificanti. 3) Apparato sensibile alle vibrazioni generate da una sorgente sonora.4) Periodo durante il quale cerchiamo di staccarci da tutto ciò che facciamo abitualmente, dalla routine nella quale siamo immersi costantemente.5) In una società monogamica, è il reato che si commette avendo contemporaneamente due mariti o due mogli.6) Figura geometrica, organizzata sul cerchio e il quadrato come elementi di base, che costituisce oggetto di contemplazione e meditazione in numerose religioni.7) Educazione fisica mirata a fini sia estetici che fisici.

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BGRAFOLOGICA E DINTORNIENIGMISTICA

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1) Il suo concetto si è evoluto contemporaneamente allo sviluppo della filosofia, della psicologia e della neu-rofisiologia. 2) E’ un forte ed eccessivo senso della propria superiorità e si manifesta con l’intolleranza, l’avversione e il disprezzo per gli altri.3) E’ quella grafia in cui l’oscillare degli assi letterali non è dolce e metodico come in Sinuosa o deciso e bru-sco come in Contorta, ma disordinata, oppure a gruppi di lettere o di parole.4) Sinonimo di differente e diverso; si discosta per aspetto e caratteri da un’altra cosa dello stesso genere.5) Guida spirituale a cui, nell’induismo, si rivolgono i soggetti che intendono intraprendere una via che conduca alla conoscenza di sé e all’ascetismo. Il termine si applica, per estensione, a qualsiasi maestro di vita spirituale.6) La visione intuitiva e spontanea, che opera sempre sintesi, concilia e approfondisce attraverso costanti con-fronti, è uno dei dati positivi di questo segno.7) La postura di chi possiede questo segno è statuaria, la muscolatura è rigida come lo sono il pensiero, l’e-spressione affettiva e il giudizio verso sé e verso gli altri.

Per ogni parola definita, inserire nella colonna a destra la lettera più ripetuta. Alla fine si otterrà il nome di quel segno che presenta, fra i suoi elementi costitutivi, le aste letterali superiori che vanno a incro-ciarsi con le aste inferiori del rigo precedente.

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GRAFOLOGICA E DINTORNIENIGMISTICAC Cancellare dalle sottoelencate lettere il nome del vizio di cui alle defi-

nizione date.Le lettere rimaste indicheranno un pensiero di S. Agostino (Tagaste 354 - Ippona 430), teologo e filosofo, padre della chiesa latina.

1) L c c a a a i i d2) m z i i i s u r r a a a a v3) i d e r l l’ a4) a a m o o g r e l5) e’ u u s a a s r i l6) m p a a r r u s b i e e7) s v e i t n n z a a a’8) m i i i i s n d v u r a a

1) E’ un vizio che non provoca piacere, ma porta dentro qualcosa di insoddisfatto, di noioso che deresponsa-bilizza e blocca le risorse. Sta aumentando nei giovani d’oggi, poiché l’ambiente esterno non li sa motivare; lo scarso interesse alla vita provoca apatia.2) Non va confuso con la parsimonia. Questo vizio fa vivere il soggetto in un costante stato di eccessivo allarme-veglia: infatti si guarda costantemente alle spalle come se volesse autoproteggersi da eventuali aggres-sori. Non riesce a far entrare nella sua mentalità il concetto di generosità e di solidarietà.3) E’ senza dubbio un vizio che, a lungo andare, può portare a disturbi psicosomatici. Chi ha tale vizio è sem-pre sulla difensiva; la sua è una diffidenza che lo porta a esplodere all’improvviso per un nonnulla e il sogget-to difficilmente si placa dopo lo “scatto”.4) Mai come oggi questo vizio è diventato di “moda”. E’ una specie di compensazione del vuoto interiore affettivo e della noia che sembra essere la malattia del secolo. Il bisogno di mettere sempre qualcosa sotto i denti è legato all’oralità, alla soddisfazione istantanea, all’incapacità di mediare l’impulso.5) E’ un vizio legato all’uso sfrenato del sesso, il cui piacere è vissuto non come interscambio per un appaga-mento reciproco, ma come pura ed egoistica soddisfazione di sé.6) E’ il vizio più antico grazie al quale l’uomo è stato cacciato dal Paradiso terrestre, in quanto avrebbe voluto essere simile a Dio. In psicoanalisi, questo vizio è legato a uno sfrenato egocentrismo che non permette all’Io di entrare in rapporto di parità con il proprio simile.7) Colui che ha questo vizio ama primeggiare nella discussione e non tollera interruzioni né dissensi; ha ten-denza a contraddire per il bisogno istintivo di opporsi alle opinioni altrui e desidera che gli venga riconosciu-ta una certa superiorità ovunque.8) Basato su un sentimento di esproprio, questo vizio può diventare una malattia che rode l’animo di chi lo sperimenta; reca molto danno al prossimo ed è causa di tante calunnie e maldicenze.

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Dizionario Psicologico A cura di Maria Letizia Andenna

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FABULAZIONEIl soggetto, che fatica a distinguere tra realtà ogget-tiva e fantasia, produce discorsi che mettono capo a racconti scoordinati privi di rispondenza concreta, ma spesso verosimili e strutturalmente coerenti.

FAGOFOBIAProfonda avversione all’assunzione di cibo. E’ un tipico sintomo dell’anoressia.

FAGOMANIAIncontenibile bisogno di mangiare che va oltre all’impulso fisiologico della fame. Può comparire nelle forme di depressione come compensazione a una delusione o a un vuoto interiore.

FALSO (Io)Nascita e crescita di un Io inautentico in quanto interamente modellato sulle aspettative di un altro soggetto, in genere una figura genitoriale; l’Io falso riflette ciò che gli altri vogliono e desiderano men-tre accanto a esso si sviluppa l’Io autentico.

FAMIGLIA (test della)Con questo test si esplora come sono percepiti dal bambino i rapporti affettivi con i suoi familiari.

FANTASIAVocabolo impiegato in due accezioni, come attività immaginativa e come fantasma. L’attività imma-ginativa è, in generale, alla base di ogni processo creativo. Per fantasma si intende la rappresentazio-ne o lo scenario, in cui il soggetto è presente, che si oppone, in misura maggiore o minore, alla realtà e rappresenta il soddisfacimento di un’aspirazione inconscia.

FASETermine col quale si indica ogni stadio di sviluppo della libido: fase orale, fase sadico-anale, fase falli-ca, fase genitale.

FEMMINICIDIOEspressione decisamente nuova. Viene usata per sottolineare quella violenza che compiono i maschi

sulle femmine. Questa parola fa torcere il naso a chi crede che questo termine delimiti questi tipi di omicidio, ma in realtà evidenzia quel flusso di violenza, in forme e modalità diverse, che ha interessato il genere femminile da sempre e che ha caratterizzato la cultura maschilista di ogni epoca.

FEMMINISMOMovimento socio-culturale volto a effettuare un riconoscimento dell’identità femminile in oppo-sizione agli stereotipi ideologici consegnati dalla tradizione risalente al passato e determinanti la condizione attuale della donna in cui, più o meno chiaramente, si notano le repliche della subordi-nazione della donna all’uomo e la sua conseguente esclusione dal mondo delle decisioni storiche.

FETICISMORiguarda il culto di un feticcio che è stato spiegato nelle forme più diverse dai vari ambiti disciplinari da cui provengono. Notoriamente è un atteggia-mento che fissa il soddisfacimento sessuale su un particolare anatomico o su un oggetto (feticcio); è un interesse erotico deviato e concentrato appunto solo su parti del corpo o del vestiario. FISIOGNOMICADisciplina che si prefigge di individuare i caratteri psicologici e morali di un soggetto partendo dal suo aspetto fisico e dalle espressioni del suo volto.

FISSAZIONEIn psicoanalisi, è il blocco di una parte dell’ener-gia psichica a particolari zone erogene, a fasi di sviluppo, a oggetti, a modalità di soddisfacimento sperimentati nel passato che non consentono alla parte fissata dalla pulsione di evolversi secondo il suo sviluppo. Comunemente, si tratta di un esage-rato attaccamento per una persona (un genitore, un figlio, il marito) o per un oggetto (l’automobile, un gioiello, un portafortuna).

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FLIRTVocabolo che, con il suo verbo flirtare, riporta a un lontano passato. Il soggetto costruiva lungo il suo percorso di vita quella totalità di sentimenti e di emozioni che potevano permettergli di raggiungere la capacità di esplorare se stesso e l’altro, i propri stati d’animo e delle altrui reazioni. Lo scopo, che richiedeva tempo e perseveranza, era quello di provocare l’interesse dell’altro come un gioco non necessariamente sessuale. I messaggi, seppure am-bigui, erano senza malizia, senza un fine prefissato. Oggi non c’è tempo per quell’insieme di sentimenti perché siamo sempre di fretta, l’avvicinamento amoroso segue altri ritmi senza impegno e senza prospettive; si va subito al sodo, se funziona va bene, se no si molla la presa. Il flirt è decisamente una cosa d’altri tempi.

FOBIAE’ il timore ingiustificato, irrefrenabile e morboso per un oggetto, un animale, una situazione che causa un senso d’angoscia impossibile da superare. Le principali fobie sono connesse agli animali, agli oggetti che possono ferire (coltelli, forbici, aghi, ecc.), ai luoghi troppo aperti o troppo chiusi, ai rapporti sociali.

FORMAZIONEProcesso che mira allo sviluppo compiuto dell’indi-viduo sia in termini di personalità psicologica che in termini professionali.

FORMAZIONE REATTIVAE’ un meccanismo di difesa dell’Io che consente di dominare un impulso che, considerato inaccetta-bile, viene neutralizzato e dominato esagerando la tendenza opposta. Per esempio, un’eccessiva mitez-za può nascondere un’aggressività rinnegata. FORMAZIONE SOSTITUTIVAMeccanismo che svolge la funzione di soddisfare un desiderio rimosso tramite una forma surrogata. S. Freud include tra questo tipo di formazione gli atti mancati, i lapsus e le battute di spirito.

FOTOFOBIAPaura acuta e immotivata della luce.

FREDDEZZACondizione emotiva di completo distacco da perso-ne, oggetti e ambiente. Qualche volta è innata, più spesso è causata da complessi o nevrosi.

FREUD SIGMUND (1856 – 1939)Medico e Psichiatra austriaco. E’ il fondatore della psicoanalisi. Ha pubblicato libri sui fenomeni iste-rici curati con l’ipnosi, ha ideato il metodo dell’in-terpretazione dei sogni e delle associazioni libere e ha diviso la psiche umana in tre parti denominate Es, Io, Super Io. Secondo Freud, il nostro compor-tamento è incessantemente orientato a eliminare tensioni e conflitti interiori al fine di affermare il “principio del piacere” (che si contrappone “all’i-stinto di morte”, ossia all’insieme degli impulsi negativi come la distruzione e l’aggressione).

FRUSTRAZIONEIn termini generali, è quella situazione interna o esterna che non permette a un soggetto di raggiun-gere l’obiettivo che si propone e che, di conseguen-za, gli vieta di conquistare quella soddisfazione indispensabile al benessere psicologico. Le frustra-zioni più comuni sono legate ai sentimenti e provo-cano complessi, odio, rancore, senso di inferiorità, nevrosi.

FUGA (dalla realtà)Allontanamento, separazione, distacco mentale e psicologico da una situazione negativa o dolorosa.

FUNZIONEIn medicina e in psicologia, ogni attività dell’or-ganismo che concorre al mantenimento della vita individuale e alla conservazione della specie. I processi sfavorevoli vengono indicati come disfun-zioni.

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di Evi Crotti

Analisi della frima di KOUACHI SAID terrorista a Parigi

Basta molto poco per motivare l’istinto a scatenarsi verso qualcosa a causa di ciò che rode dentro da tempo, soprattutto quando si è segnati dalla vita (i due fratelli sono stati abbandonati dalla famiglia). Il rammarico per una sorte maledetta lo ha spinto alla ricerca di una paternità mancata e lo ha indotto a trovare nella violenza e nell’odio l’autodistruzione come punizione per sé e per il mondo.Ci sono nella sua firma connotazioni che ricorda-no la firma di Bin Laden per la somiglianza della paraffa prolungata orizzontalmente, indice di forte aggressività e brutalità.Said aveva potenzialità musicali che senza dubbio avrebbero potuto essere sviluppate se la sfiducia in se stesso e la mancanza di autostima non l’avessero portato a diventare eroe negativo, pur di sentirsi per qualche istante protagonista.La limitatezza del campione grafico a disposizione non ha permesso di individuare ulteriori elementi del carattere e della personalità del giovane, dove comunque dominano uniti sensibilità e odio.

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di Evi Crotti

....“ NON BISOGNA ESSERE COME I CONIGLI “....

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L’espressione usata da papa Francesco, che può aver turbato qualche anima delicata e sensibile, era usata dai nostri padri quando le famiglie erano numero-se. Mi ricordo che quando ero bambina c’era una famiglia dove i figli erano undici e la mamma era incinta del dodicesimo. A un certo punto mia ma-dre e una sua vicina di cortile si accorsero che da più di un mese non si vedeva più in giro Giuseppe, l’undicesimo nato. Alla domanda posta alla madre del piccolo su dove fosse Giuseppe ella, arrossendo, rispose: “E’ da un’amica, ma non vi posso dare l’in-dirizzo”. Nacque subito un sospetto e salendo verso il solaio e udendo flebili lamenti, andarono subito a verificare di che cosa si trattasse. Giuseppe era stato rinchiuso in un bugigattolo con una brandina e una bottiglia di acqua. Rischiava di morire di fame.

Arrivato mio padre, la sera, vedendo lo stato di denutrizione del piccolo, corse subito dal padre di Giuseppe e, redarguendolo aspramente, disse: “Te fé i s-cècc compàgn di cünì” (traduzione: Fai i figli come i conigli!)Le due generose donne si addossarono il manteni-mento di Giuseppe che quindi poté crescere sere-namente.Io non credo che il papa con le sue parole voles-se incrementare il controllo delle nascite, bensì sollecitare la responsabilità dei genitori verso una paternità e maternità consapevoli. Sappiamo come a Bergamo le famiglie fossero numerose anche per esigenze di lavoro nei campi. Però la scolarità era molto bassa e quindi papa Francesco non fa che chiedere maggiore consapevolezza circa il proble-ma della figliolanza.

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ROTARY CLUB DALMINE CENTENARIORingraziamenti

Gent.ma dott.ssa Crotti.

è stato un onore grandissimo averla ospite al Rotary Club Dalmine Centenario, ai cui soci tutti resterà il ri-cordo di una serata pregna di contenuti di straordinario interesse.

A me è toccato il privilegio di introdurre il Suo intervento che, assicuro, è stato tra i più attesi e seguiti in assoluto.

Le sono grato per il tempo e l’attenzione che, insieme al dott. Alberto Magni, ha dedicato a mia figlia Federi-ca, entusiasta dell’esperienza.

Mi auguro ci possano essere ulteriori occasioni di approfondimento attraverso l’organizzazione di corsi e la partecipazione di soci rotariani agli stessi.

Nel frattempo, trasmetto alcune foto a ricordo della serata.

Con i più cordiali saluti

Eugenio SorrentinoPresidente a.r. 2014-2015Rotary Club Dalmine Centenario

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Arrivano i libri...

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Alcune dispense della scuola Crotti. Saranno a disposizione in cartaceo presso la segrete-ria e on-line come pdf

L’INCLINAZIONEDELLA SCRITTURA

a cura della SCUOLA CROTTI

“Il significato dell’inclinazione della scrittura nei trattati dei capiscuola”

Dispensa inclinazione scrittura

IL CALIBRODELLA SCRITTURA

a cura della SCUOLA CROTTI

“Il significato del calibro della scrittura nei trattati dei capiscuola”

Dispensa inclinazione scrittura

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IL CALIBRO DELLA SCRITTURA

Il significato del calibro della scrittura nei trattati dei capiscuolaUno studio comparato delle diverse scuole di Grafologia richiederebbe l’esame approfondito non solo dei significati volta a volta attribuiti all’aspetto dei vari elementi della scrittura, ma soprattutto dei metodi usati per interpretare e integrare tali signi-ficati in vista della definizione della personalità dello scrivente. Tuttavia è forse di qualche interes-se anche lo studio riferito a un singolo segno, ad esempio il calibro. Ci proponiamo qui appunto di confrontare le idee espresse sul significato della grandezza della scrittura dai fondatori delle prin-cipali scuole grafologiche: Crépieux Jamin, Ludwig Klages, Max Pulver e Padre Moretti, tutti raffrontati con l’impostazione attuale della Scuola Crotti.

L’INCLINAZIONE DELLA SCRITTURA

Il significato dell’inclinazione della scrittura nei trattati dei capiscuola.Lo scopo della dispensa è quello di dare un’infor-mazione completa e diretta del modo di interpre-tare i segni relativi all’inclinazione della scrittura presso i capiscuola di grafologia. In particolare si analizza l’approccio all’inclinazione presso Crépieux Jamin, Ludwig Klages, Max Pulver e Padre Moretti, tutti raffrontati con l’impostazione attuale della Scuola Crotti.Alla fine della dispensa sono riportate cinque tabelle riassuntive che possono essere d’aiuto allo studente e al ricercatore in materia grafologica.

CARL GUSTAV JUNG

“Chi evita l’errore elude la vita.”La dispensa tratta della vita, delle opere e, soprat-tutto, del pensiero dello studioso svizzero. Viene in particolare data importanza da un lato alla dinamica “Anima-Animus” e dall’altro alla tipo-logia junghiana che considera le quattro funzioni fondamentali: pensiero, sentimento, sensazione e intuizione.Conclude infine con un’approfondita analisi dei concetti di estroversione e introversione, dove mette in evidenza la possibilità attraverso l’analisi della scrittura d’individuare il tipo prevalente o dominante.Al termine è riportata anche una ricca bibliografia.

SIGMUND FREUD

“L’uomo che seppe conoscere l’uomo”.La dispensa tratta della vita, della famiglia, delle opere e, soprattutto, del pensiero del padre della psicoanalisi, partendo dal concetto d’inconscio.Sono analizzate le teorie dell’apparato psichico e le fasi della crescita: dalla fase orale, alla fase anale, alla fallica, sia nel maschio sia nella femmina, e infine la fase genitale.Alle teorie freudiane vengono poi associati parec-chi esempi di scrittura con relative spiegazioni in chiave psicanalitica.Al termine è riportata un’ampia bibliografia.

a cura della Scuola CrottiBREVI PRESENTAZIONI DISPENSE

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Soluzioni Enigmistica: Esercizio ARiga 1: R-S-A-D-I-S-M-ORiga 2: I-L-A-T-E-N-Z-ARiga 3: T-U-D-I-T-I-V-ORiga 4: U-V-A-C-A-N-Z-ARiga 5: A-B-I-G-A-M-I-ARiga 6: L-M-A-N-D-A-L-ARiga 7: E-F-I-T-N-E-S-S

IL CAMMINO DELLA GRAFOLOGIA

“Storia della Grafologia dalle origini ai nostri gior-ni”.La dispensa, con il significativo contributo del dottor Aldo Mirazita, percorre il cammino della grafologia dal suo nascere nel 1500 fino ad arrivare alle scuole attuali.Si trattano dapprima i cosiddetti capiscuola (Ca-millo Baldi, Hippolite Michon, Jules Crépieux-Jamin, Ludwig Klages, Max Pulver, Robert Saudek e Girolamo Moretti), per poi passare in rassegna tutti quegli studiosi che hanno in qualche modo apportato un valido contributo al crescere di questa disciplina.Un capitolo a parte merita la scuola morettiana milanese, fondata nel 1975 da Evi Crotti di cui si esplora ampiamente la metodologia.Il volume termina con alcuni capitoli interessanti riguardanti le problematiche etico-giuridiche, la deontologia, la ricerca e la tecnica del profilo grafo-logico.

PERSONALITA’

“Temperamento e personalità”.La dispensa inizia trattando dei temperamenti di Ippocrate, dal sanguigno al linfatico, dal nervoso al collerico, mettendo sempre a confronto il tipo di struttura temperamentale col carattere e di conse-guenza anche con la scrittura relativa.Viene poi analizzata la teoria di Sheldon, di Kretschmer, di La Senne e quella psicostatistica, per arrivare ai temperamenti di Moretti (assalto, attesa, resistenza e cessione). Si trattano le teorie di Jung e di Fromm sempre relativamente allo studio del temperamento.Nella seconda parte si studia la personalità, coi suoi bisogni, sintomi e significati, anche in base alla teo-ria delle tre istanze di Freud: Es, Io e Super-Io.

Esercizio BCOSCIENZAORGOGLIO

TENTENNANTEDIFFORME

GURUSINUOSA

ACCURATA

CONFUSA

Esercizio C1) accidia; 2) avarizia; 3) ira; 4) gola; 5) lussuria; 6) superbia; 7) vanità; 8) invidia.Il pensiero di S. Agostino è “La misura dell’amore è amare senza misura”.

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Perizia Grafotecnica e Criminologianel mondo adulto e nell’infanzia

CONVEGNO

CIRCOLO DELLA STAMPASALA MONTANELLI

Nuova sede Palazzo Bocconicorso Venezia, 48 - 20121 MIlano

MILANO, 7 Marzo 2015ore 9,00 - 18,00

Per visionare il programma vai al sitowww.evicrotti.it

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rafologiaGPeriodico della scuola di Geafologia Crotti

Scuola Crotti Graf

Direttore responsabileEdvige CrottiVicedirettoreAlberto Magni

Art DirectorAlessandro CrottiValentina Pezzella

Comitato ScientificoMarcello Cesa-BianchiEvi CrottiAlberto MagniLucia SimottiDario VarinOscar VenturiniFrancesca Morelli

Hanno collaboratoTiziana AiraghiMaria Letizia AndennaPia Rosa Dell’AcquaFrancesco Leone

Direzione e redazioneViale Marche, 35 - 20125 Milano

Autorizzazione del tribunale di Milano n° 284 del 2/6/1984

ISSN: 0393-7453

E severamente vieteta ogni riproduzione, traduzio-ne o adattamento dei manoscritti senza l’autorizza-zione della direzione.I manoscritti inviati, allegati ai testi non saranno restituiti. Eventuali riduzioni o ingrandimenti degli stessi sono in funzione dell’impaginazione grafica.La responsabilita degli articoli è degli autori.

La Rivista Grafologia è solo Online.

L’abbonamento annuo ha il costo di € 20; dopo aver comunicato il paga-mento di tale somma verra inviata una mail con il codice ID e la Pas-sword per poter scaricare la rivista Online. Per gli allievi in corso l’abbo-namento è gratuito. Il pagamento può essere effettuato tramite bollettino postale o bonifico bancario:- ccp n° 58159203 intestato Evi Crotti, viale Marche, 35 - 20125 Milano- codice IBAN: IT85Z0504801647000000010248 G

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