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e non solo...Grafologia

Grafologia

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...e non solo...

Emmanuel Macrondi Maria Letizia Andenna

Elisabetta II D’Inghilterradi Evi Crotti

Margaret Theatcherdi Evi Crotti

Teresio Olivellidi Pia Dell’Acqua

Daisaku Ikeda - un leader di pacedi Marina Marinoni

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Indice

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Inedita grafo-biografia diGiacomo Leopardi, uomo poetadi Francesca Morelli

Enigmisticaa cura di Maria Letizia Andenna

Magdalena Carmen Frieda Kahlodi Chiara Pallis

Testoni Alfredo poesia su carta e penna

La disgrafiaPaolo Zanetti 7 anni

pag. 14-15

pag. 16

pag. 24

pag. 25-26

pag. 17-23

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EMMANUEL MACRONdi Maria Letizia Andenna

Qui di seguito riporto uno scritto con firma di Em-manuel Macron, tratto dal volume “La scrittura, proiezione del carattere di Helmut Ploog, Epsylon Editrice, 2017, 25° Presidente della Repubblica fran-cese eletto all’età di 39 anni. E’ possibile trovare su Internet l’intera sua biografia.

Non conosco bene il francese e chiedo scusa se, no-nostante questo, ho voluto cercare di capire quanto ha scritto che per me suppergiù suona così:

“In effetti sono già senza dubbio. Io proseguirò su questo cammino (N.d.R. non è un caso che lo slogan della sua campagna elettorale sia stato “En Marche”) in quanto è l’unico che conosco. Vediamoci. State bene. Emmanuel Macron”.Non ci è dato sapere il grado della Pressione, che presumo Media alta, né il mezzo scrittorio utiliz-zato, ma perché non provare a conoscerlo meglio questo “enfant prodige”? Avete presente a che età i nostri Presidenti sono stati eletti tali?

“La grafia indica che Emmanuel Macron non man-ca di vivacità, d’immediatezza nell’operare che, però, gli tolgono quella calma necessaria per programma-re meglio le sue azioni. Grintoso e determinato, è pronto a scattare, ma anche a riprendersi, capire i suoi errori e rimettersi in discussione sebbene sia incline a ricaderci (Impaziente, alcune lettere non

sono scritte, leggera Ascendente).La tenacia che manifesta origina una volontà risolu-ta, delle prese di posizione che non permettono alle sue idee di subire influenze o indebite interferenze da parte dell’ambiente e tutto ciò gli rende difficol-toso assumere con semplicità atteggiamenti duttili (Angoli B).

Alcuni tratti di aggressività e una predisposizione a reagire anche per un minimo contrasto incidono sulla consequenzialità nei rapporti e Macron può faticare a tenere sotto controllo le tensioni interiori accumulate (“f ” e “j” con asola triangolare).Un aspetto fisico piacevole, un sorriso accattivante e delle modalità di comportamento garbate e cortesi minimizzano un qualsivoglia senso dell’opportunità nel parlare e nel tacere e degli inconsci meccanismi di vigilanza che moderano l’esporsi e il coinvolgi-mento (finali di alcune lettere che si piegano verso il basso e che assomigliano al Riccio del nascondi-mento).

La componente intellettiva va di pari passo con quella caratteriale. E’ rapido nell’intuire, nel reagire, nell’apprendere, nel decidere e nel concludere. At-

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tivo, non dilaziona mai un impegno o una scelta e sembra trovi riposo nell’azione (Oscura Media alta).La facilità verbale, l’abilità nel giocare d’astuzia con le parole, sono frutto di un’accurata preparazione che gli consente di essere sicuro prima di affrontare ogni alternativa per non farsi travolgere dalla logica discordante che gli farebbe perdere verosimilmente il filo del discorso, attribuendogli scarsa chiarezza (Riccio nascondimento, Oscura M alta, taglio della “t” alto a sinistra dell’asta).La sfera affettiva lo vede passionale e geloso del-la propria vita privata che difende con decisione (Oscura M alta, Riccio nascondimento, Interrigo largo).

Nella firma, il nome di Emmanuel, scritto con le pri-me quattro lettere staccate e con le due “m” in script da sembrare due “n”, indica un iniziale controllo, un atteggiamento di difesa che nasce dal suo vissuto emozionale e che successivamente riesce a superare, rendendolo capace di legarsi all’altro, anche senti-mentalmente, senza timori. Il cognome Macron, invece, rivela una timidezza giovanile che ha vinto, indubbiamente aiutato da chi ha saputo infondergli coraggio aiutandolo a far emergere e consolidare le sue potenzialità (M ad arco e finale simile al Riccio del nascondimento).La sottolineatura indica la buona fiducia che Emma-nuel Macron ripone in se stesso”.

CuriositàPlantu, vignettista di “Le Monde”, dice che non è facile disegnare Macron perché è giovane, magro, senza barba o segni particolari, certo non come Sar-kozy. Per quanto riguarda la première dame Brigit-te, Plantu preferisce per adesso ignorarla o quasi. Afferma: “La disegnerò quando prenderà posizioni politiche” (dal “Corriere della Sera” del 21/12/2017).

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ELISABETTA II D'INGHILTERRAdi Evi Crotti

Osservando la scrittura della Regina Elisabetta d’In-ghilterra ci troviamo di fronte ad una personalità cha ha saputo gestire bene dapprima se stessa e di conseguenza anche il suo ruolo. La scorrevolezza della grafia e l’insieme di lettere curve e angolose indicano un buon controllo nella gestione dei rap-porti.Il mantenimento del rigo orizzontale e la presen-za di lettere attaccate tra loro segnalano che ella sa sostenere con fermezza i propri punti di vista dimo-strando sicurezza.Tuttavia, anche la regina ha dei cedimenti d’umore e dei momenti di noia e forse è per questo che si è circondata di cani. Al di là della battuta, i figli e la sorella non sono mai stati al centro della sua atten-zione affettiva: infatti, sembra essere più regina che madre. Forse solo con i nipoti ha un po’ abbassato il capo coronato.

La firma uguale al testo, ma ben sottolineata, mette in luce una democraticità fittizia: infatti, alla “guida del veliero” c’è sempre lei. Ci troviamo di fronte ad una personalità ricca a li-vello cognitivo, dove il calarsi nel ruolo ha favori-to le sue doti naturali di comando, di tenacia e di logica per cui ella sa sempre come portare avanti e risolvere le situazioni. Tali connotazioni hanno per-messo alla sovrana di gestire con determinazione la propria parte, senza lasciarsi prendere la mano dalle emozioni e dagli affetti, interpretando molto bene il ruolo lasciato dal padre Giorgio VI. L’educazione poi ha fatto il resto in una natura già di per sé poco propensa a dare, ma molto capace di ricevere.

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MARGARET THEATCHERdi Evi Crotti

E’ vero che il Primo Ministro Margaret Thatcher possedeva un carattere di “ferro” (vedi sopranno-me), oppure sono state la spinta e la motivazione sociale a renderla persona forte e volitiva? La scrittura evidenzia un conflitto che la porta a di-videre la sensibilità dalla fermezza; tutto ciò si evi-denzia nella differenza tra testo (tratto e gesto misu-rati) e firma con le iniziale a svolazzi grandi. Infatti, la scrittura mette in evidenza una personalità piut-tosto ricettiva con una buona capacità di comuni-care le proprie opinioni in modo tanto risoluto da far pensare che ella possedesse sicurezza, assenza di emozioni e forte razionalità. Dalla grafia si evince che la necessità di elaborare continuamente concetti e idee, maschera un sotto-

fondo d’insicurezza e di emotività che fa capolino ogni volta che viene contrastata. Ecco allora che possono emergere momenti di reattività e di osti-nazione dovuta a tensioni che non sempre ella sa gestire con la dovuta calma. Donna di polso (“animus” dominante), non accetta tanto facilmente di essere sottomessa né tanto meno posposta. La firma sottolineata con svolazzi iniziali denota l’introiezione della figura paterna. La Thatcher ha messo a disposizione la sua intelli-genza, ma soprattutto la sua volontà, sostenuta da quel senso di appartenenza alla “polis”, sfidando la regalità del mondo maschio e persino della sua Re-gina.

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TERESIO OLIVELLIa cura di Pia Dell’Acqua

Teresio Olivelli nasce a Bellagio (CO) il 7 gennaio 1916, in una famiglia con profonde radici cristiane; lo zio materno don Rocco Invernizzi è la sua gui-da spirituale. Trasferitosi nei luoghi di origine del-la famiglia, si stabilisce prima a Zeme e dal 1926 a Mortara, diocesi di Vigevano. Qui frequenta la scuola media per poi accedere al liceo di Vigevano. Significative le sue prime esperienze nella parroc-chia di San Lorenzo, animata dallo zelo sacerdotale del parroco don Luigi Dughera, e nel locale Circolo giovanile cattolico: formazione cristiana e impegno ascetico, azione pastorale e caritativa verso i più bi-sognosi. Nel 1934 si iscrive a giurisprudenza a Pavia come alunno del collegio Ghislieri, di cui diventerà poi giovane rettore. Allo studio e alla passione per gli sport unisce la costante attenzione ai poveri, par-tecipa attivamente sia al GUF (Gruppi Universitari Fascisti) sia alla FUCI (Federazione Universitaria Cattolici Italiani) e alla San Vincenzo, dedicandosi a numerose opere caritative a favore dei malati e degli anziani.Nel novembre 1938 si laurea e dal gennaio successi-vo lavora come assistente di diritto amministrativo all’Università di Torino. E’ il periodo in cui inizia la sua adesione al fascismo per ragioni prevalente-mente spirituali: ritiene che nella dottrina fascista ci siano elementi compatibili con il cristianesimo ed intende valorizzarli quanto più possibile. Il triennio 1939-1941 lo vive inserito criticamente nel fascismo cercando, in buona fede, di realizzare una cristianiz-zazione del fascismo, che solo in seguito capì non essere possibile. Vince i Littoriali culturali di Trieste (1939), dove sostiene l’uguale dignità di ogni perso-na, a prescindere dalla razza, suscitando meraviglia nella giuria che lo accusa di essere “troppo cattolico”. In tale occasione è notato dal presidente dell’Istituto nazionale di cultura fascista (INCF) Camillo Pelliz-zi, esponente della corrente critica del fascismo di Bottai, che lo vuole con sé a Roma come funzionario del medesimo Istituto. Dal febbraio 1941 entra nella carriera militare e, pur potendolo evitare, chiede di partire come volontario in Russia: non va alla guer-ra per la guerra ma allo scopo di condividere con abnegazione evangelica le sorti del suo Paese, delle classi sociali più basse che senza averlo deciso sono

costrette alla folle spedizione italiana. Ci va come sottotenente della divisione Tridentina, gruppo Ber-gamo: fa pregare, incoraggia, conforta i più deboli e impauriti. Porta Cristo in quelle trincee di morte e disperazione. Nella tragica ritirata si spende in un’o-pera diuturna di soccorso ai soldati feriti, a continuo rischio della propria vita e con instancabili gesti di altissima carità. Mentre tutti fuggono, egli soccorre i feriti che implorano aiuto; in tanti rientrati in Italia diranno: “ Sono vivo per Olivelli” tria, il suo distac-co morale dal fascismo - già iniziato nella primavera del 1941 ed esplicitato in uno scritto dell’aprile dello stesso anno - è ormai consumato. Esercita la funzio-ne di Rettore del Ghislieri dal 7 maggio al 19 luglio, con successive licenze.Dopo l’armistizio dell’8 settembre non si consegna ai Tedeschi sia per fedeltà al Re, cioè al potere legit-timo sia per fedeltà al Vangelo: rifiuta di mettersi al fianco di un regime e di una ideologia anticristiana, il nazismo. Pertanto è arrestato e deportato in Au-stria. Dopo vari tentativi di fuga riesce ad evadere e da clandestino raggiunge Udine, poi Brescia dove si inserisce nella Resistenza cattolica per annuncia-re l’amore cristiano contro gli odi delle ritorsioni. Svolge un ruolo formativo e di diffusione del valore morale della rivolta, operando tra Brescia, Milano e Cremona. Fonda il giornale “Il Ribelle” per dire la rivolta dello spirito contro la violenza e per la liber-tà. Compone e fa stampare la preghiera Signore fac-ci liberi, nota come “preghiera dei ribelli per amore”.I nazifascisti gli danno la caccia non solo perché è un esponente della Resistenza, ma anche perché è un cattolico di primo piano che diffonde nella socie-tà un umanesimo cristiano, opposto alla “ nazifica-zione “ delle coscienze.Il 27 aprile 1944 è arrestato a Milano per motivi po-litici ma soprattutto religiosi, in quanto esponente della FUCI: i persecutori sono infastiditi dalla sua attività caritativa ed assistenziale in favore dei per-seguitati, come anche dalla sua attività giornalistica e divulgativa di un pensiero chiaramente di indole morale e cattolico. Condotto al carcere di San Vittore, viene trasferito al campo di Fossoli e poi a Gries- Bolzano. Nel set-tembre 1944 è inviato al lager di Flossenbürg; qui,

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come nei precedenti luoghi di prigionia, si distingue per la carità verso i propri compagni, per l’atteggia-mento mite verso i persecutori, ricevendo a causa della sua testimonianza cristiana percosse torture, che ne debilitano il fisico. Rinuncia a farsi inserire tra quanti sono destinati al lavoro nelle fabbriche, con alta probabilità di salvarsi, volendo stare vicino ai più bisognosi di cure e di sostegno e preferisce essere trasferito al campo di Hersbruck, le cui con-dizioni di vita sono estremamente dure e la morte è quasi certa. In un contesto di violenze e di vessa-zioni, egli continua una vita di preghiera e di testi-monianza evangelica: diventa testimone della fede e della carità. Assiste materialmente e spiritualmente i compagni malati e accompagna con la preghiera il trapasso dei moribondi e prega sui corpi dei de-funti; interviene a difesa dei più deboli e dei più colpiti, interponendosi e prendendo materialmente lui le percos-se destinate ad altri o rinun-ciando alla sua razione di cibo per i malati e gli esau-sti. Questo atteggiamento religioso e caritativo susci-ta l’odio delle SS e dei Kapò che si accaniscono su di lui. Le botte non lo fermano, ma aumentano in lui il desiderio di aiutare il prossimo.Con il corpo ormai tutto pieno di piaghe e di ferite, continua ad aiutare gli altri, fino all’estremo sacrificio: il 31 dicembre 1944 si proten-de in un gesto di carità verso un giovane prigioniero bru-talmente pestato dal kapò della baracca n.9; questi gli sferra un violento calcio al basso ventre, determinando l’aggravarsi delle sue con-dizioni a causa delle quali viene trasferito nell’inferme-ria del campo. Prima però compie un ulteriore gesto di spoliazione: dona parte dei suoi vestiti ad un compagno di prigionia. Dopo aver dato edificante testimonianza di autentico cristiano e di vero apostolo, muore nelle primissime ore

del 17 gennaio 1945 a seguito di una lunga agonia vissuta nella preghiera. Nei giorni seguenti il suo corpo viene cremato. I suoi compagni di prigionia vedono la sua morte come quella di un martire per la fede e la carità.Il Sommo Pontefice Francesco, il 14 dicembre 2015, autorizza la promulgazione del decreto sull’eroicità delle virtù, concedendo a Teresio Olivelli il titolo di Venerabile e il 16 giugno 2017 ne riconosce il mar-tirio in odium fidei.Il 3 febbraio 2018 a Vigevano c’è stata la Beatificazio-ne di Teresio Olivelli.

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TERESIO OLIVELLI - profilo grafologicoa cura di Pia Dell’Acqua

Teresio Olivelli con la sua grafia ci aiuta a sfatare certi luoghi comuni sulla santità; infatti ci dimostra di essere una persona dotata di positività e capacità ricevute, ma anche di contrasti, di aspetti da correg-gere e smussare, proprio come ciascuno di noi.L’analisi della sua scrittura ci fa scoprire aspetti che non emergono né da ciò che ha scritto né dai ricordi di chi lo ha conosciuto e ci dice che non abbiamo davanti una figura da immaginetta, magari un po’ musona o passiva, ma un vero combattente della vita, uno che si è messo in cammino ed ha faticato per andare avanti, spesso controvento e controcor-rente, ma senza mai perdere di vista la sua meta.Gli anni della sua giovinezza non sono certo facili, con la seconda guerra mondiale che incombe e poi esplode, e Teresio vive appieno questo suo tempo, con impegno in tutto ciò che fa. Noi possiamo ve-dere come cresce e matura confrontando tre scritti: il primo del 1936, quando egli ha vent’anni, gli altri due del 1943, in piena guerra, due anni scarsi prima della morte. Le differenze mostrano i cambiamenti in lui, anche legati agli eventi drammatici che scon-volgono l’Europa.

1936 - VENT’ANNI VISIONE D’INSIEME:

Vediamo innanzitutto una scrittura armoniosa, ponderata nei suoi aspetti di movimento e spazio, chiara, ritmica, ordinata e proporzionata, che indica l’equilibrio tra immaginazione e ragione, tra deside-rio e buon senso, tra istinto e dominio sullo stesso.Lo scrivente ha gusto poetico, delicatezza, cortesia, finezza nei modi, cultura estetica e sociale, rispetto di chi legge, distinzione, buone educazione e abitu-dini, capacità organizzativa, autocontrollo, attitudi-ne al successo, grande e costante forza di volontà.Si può notare anche la presenza di estroversione, mentre pregiudizi ed ansia sono assenti.C’è desiderio di giungere alla meta, di entrare nel sociale, di ottenere il meglio da se stesso e anche di poter fare tutto, cosa che fa da stimolo per superare le difficoltà. Si nota stima nei confronti della figura paterna, e desiderio d’azione nel campo sociale.

L’Io tiene separata la propria individualità dall’iden-tità sociale senza tuttavia svalutare il contributo che può derivare da questa. Le due esperienze entrano così in rapporto dialettico.

STUDENTE UNIVERSITARIOTeresio Olivelli ha una bella intelligenza vivace, plu-ralità di interessi, ambizioni che si realizzano, desi-derio di affermarsi e di andare avanti. Tenacia, forte volontà non solo in rapporto a se stesso, ma anche di obbedienza a coloro che riconosce come autorevoli.E’ dinamico e deciso, ma anche capace di control-lare le sue percezioni, mentre sente la necessità di una certa libertà di espressione e coltiva la sua indi-pendenza. Tra le sue doti c’è la calma e questa gli dà la possibilità di essere obiettivo, capace al momento opportuno di agire nella concretezza. Non si lascia trascinare né dagli eventi né da altro, avendo sempre presente la realtà dei fatti.E’ capace di idee innovative e prende iniziative atte a portare avanti gli ideali di uomo maturo e respon-sabile. Naturalmente non tutto va secondo i suoi desideri, quindi rileviamo piccoli segnali di insoddisfazione, alcuni cedimenti e insicurezze, qualche incoerenza e impazienza, un po’ di fatica a lasciare il nido fa-miliare e anche della suscettibilità, sebbene tenuta a freno e non manifestata. Teresio ha un po’ di apprensione per il suo avveni-re, probabilmente anche a causa degli avvenimen-ti esterni in corso. Egli lotta per poter proseguire il cammino intrapreso, cercando di affrontare tutte le difficoltà con piglio deciso e con la fermezza di cui è dotato, ma talvolta ha timore delle responsabilità e cerca di cautelarsi, senza però rinunciare.Riflessivo ed attivo, ha capacità di astrazione, finez-za di spirito, immaginazione, sa usare in un sol tem-po intuizione e ragionamento logico.E’ dotato di un temperamento brioso, arricchito da gaiezza e spontaneità e da note di originalità.Lo studente Olivelli possiede un’intelligenza acuta, attentiva e logica, concentrazione, buona memoria, e tuttavia anche nello studio non mancano la fatica e la stanchezza, poi superate da un apprendimento sollecito ed un metodo di studio ben organizzato.

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Notiamo rigore e flessibilità al tempo stesso, oltre ad un’ottima abilità discussiva. La sua comunicazione è chiara e consequenziale.ATTIVITA’Di temperamento vigoroso, Teresio Olivelli ha una buona forza fisica che lo spinge al movimento, all’at-tività, verso la quale è molto portato.E’ fiducioso nelle proprie possibilità e riesce a met-tere a frutto il proprio potenziale. Nell’ambito dell’attività, lo scrivente dimostra sicu-rezza, decisione, ma anche cautela e qualche preoc-cupazione e ansia ed estemporaneità, tenuti a bada da flessibilità, empatia, creatività, capacità di elabo-razione, forza fisica, autonomia, spirito di adatta-mento, resistenza psicofisica, energia. Egli sa affron-tare la realtà con distensione, scioltezza, elasticità interna, buona distribuzione dell’energia, socievo-lezza, plasticità psichica e mentale.Nelle sue attività ha la capacità di mettere insieme le varie tessere con acutezza e con la perspicacia di saper prevedere gli sviluppi futuri. In tutto ciò che fa possiamo vedere vivacità, curiosi-tà, entusiasmo ed originalità.

SOCIEVOLEZZARispettoso verso tutti, Teresio ha doti di diplomazia e si sa integrare in ogni ambiente e situazione. Nelle sue scelte è autonomo, ma sa anche ascoltare e confrontarsi.E’ un giovane equilibrato e, al tempo stesso, cordiale e spontaneo e va incontro agli altri senza preconcetti o pregiudizi.Emotivamente stabile, dà ed ispira fiducia, avendo stima di sé e degli altri, pur avendo come tutti anche moti d’impazienza e qualche frettolosità.Si nota un po’ di stanchezza psico-fisica e di malin-conia e qualche segnale di sofferenza (forse dovuti ai tanti trasferimenti cui è stato costretto). Il giovane si distingue per savoir-faire ed amabilità, da vero gentiluomo, ed è generoso e leale.Dotato di empatia, va verso gli altri con apertura, pur con quella prudenza che gli fa evitare di essere invadente e le sue relazioni sono durature e costanti.

MORALITA’Teresio ha ben in mente e nel cuore i valori sui quali vuole costruire la sua vita e, nonostante tutte le dif-ficoltà che incontra sul suo cammino, non esce mai da questa dirittura morale e vi si attiene con costan-za e convinzione, vincendo anche le sue debolezze ed i suoi limiti, ove possibile. In ogni caso non sono le sue debolezze a pesare sulle sue scelte, ma pesano invece la sua volontà ed il suo

desiderio di infinito: lo vediamo proprio negli scritti successivi che andiamo ora ad analizzare.

1943 - VENTISETTE ANNICAMBIAMENTI

Le difficoltà che Teresio Olivelli deve affrontare in questo periodo sono notevoli, ma egli non si lascia abbattere: notiamo innanzi tutto che aumentano i segni della lotta personale per il superamento dei molti ostacoli. Già si distingueva per l’autonomia, ora si vede che entra in campo l’indipendenza, so-stenuta da una fervida intuizione e dalla volontà di fare, per cambiare le cose, con ottimismo, cercando anche la collaborazione degli altri, con calorosa gio-vialità e capacità di coinvolgere, con immediatezza.

Se per quanto riguarda se stesso diventa indipen-dente, quindi capace di limitare le proprie esigenze e di farvi fronte con sobrietà, anche nei confronti degli altri Teresio è cambiato: va verso di loro con maggior attenzione, scoprendo di aver bisogno di tutti: è ora disposto a donare tutto se stesso con spi-rito oblativo.Un cammino di introspezione, compiuto esaminan-do sinceramente se stesso nella realtà quotidiana, lo porta ad avere maggior equità verso gli altri, più empatia, maggiore apertura, un migliorato intuito psicologico, lasciando indietro certi schemi e mo-delli che non gli appartengono più. Dimentica le sue ferite interiori, che ancora sanguinavano nella prima giovinezza, e si fa da parte per lasciare più spazio agli altri, comprendendo evidentemente che ciascuno ha le proprie sofferenze, ben nascoste o manifeste che siano. Ha una nuova consapevolezza, unita a sveltezza, im-mediatezza, talvolta fretta e impulsività (comprensi-bili, dati i tempi), dinamismo ed intuizioni, la stima di sé è un po’ calata e questo indica forse un cammi-no di umiltà in crescendo: non fa più tanto conto su se stesso, ma si affida a Dio. I segni dell’ascesa verso l’alto ci sono, e la sua fiducia in Dio lo fa diventare molto intraprendente, tanto da darci l’impressione di pretendere un po’ troppo da se stesso.Gli pesa di non poter agire in piena libertà, ma si impegna con industriosità per gli altri, soprattutto per le necessità materiali del suo prossimo, ed il suo cammino continua, tutto in salita.

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CONCLUSIONI

Dopo aver stilato il profilo grafologico di Teresio Olivelli ci è venuto spontaneo chiederci: “Com’era effettivamente Teresio Olivelli?” A giudicare dalla sua biografia, dai documenti si vede un’assonanza con quanto rilevato dal profilo. Teresio era un gio-vane realizzato anche umanamente. Il suo equilibrio, il senso del dovere, non rigido, ma fermo, il carattere volitivo si accompagnavano alla serenità nelle sfide della giovinezza: lo studio, gli amici, la costante ricerca della verità unita ad una intelligente curiosità del sapere.Leggendo tra le righe emergono poi due aspetti mol-to importanti: la modestia e l’umiltà. Nonostante la sua cultura in Teresio non c’è vanagloria, c’è anche l’umiltà nel riconoscere che c’è sempre da imparare da tutti; egli si confronta, sa fare un passo indietro, sa trovare il buono, anzi il meglio in tutto ciò che lo circonda.

Dal profilo emergono la sua rettitudine, la socievo-lezza, la vitalità, il desiderio costante di lottare per una buona causa. E’ logico per un credente sapere che la sua forza è nella fede, ma non è giusto sottovalutare il lavorìo quotidiano che lui esercita su se stesso per migliora-re, per dare il meglio di sé.La sua generosità umana e cristiana lo spingerà al dono totale di sé con consapevolezza e determina-zione.Eppure vive la sua giovinezza con spontaneità, con gioia e, nonostante le difficoltà, è un ottimista, una persona coi piedi ben piantati a terra, ma proiettato in ideali alti.Lo immaginiamo premuroso coi suoi parenti, con gli amici, sempre pronto a dare una mano, ma anche gioioso, vivace e sportivo, compartecipativo e trasci-natore nelle feste accademiche.Un giovane proponibile ai giovani di oggi, perché naturale, spontaneo, convinto.

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MISURAZIONI GRAFOLOGICHE anno 1936

CURVA s.m.ALLUNGHI SUPERIORI MALLUNGHI INFERIORI SMLDL MLTL MLTP s.m /MCALIBRO MATTACCATA MMIR M/s.m.DISCENDENTE s.m.DRITTA MROVESCIATA s.mPARALLELA MSINUOSA MCONTORTA s.m.ASTE A DESTRA s.m.ASTE RETTE s.m.ASTE A SINISTRA MPRESSIONE MINTOZZATA 1° MODO M

MISURAZIONI GRAFOLOGICHE anno 1943

ALLUNGHI SUPERIORI S.M.ASCENDENTE s.m.PENDENTE s.m.PARALLELA s.m.SINUOSA MASTE A DESTRA MASTE RETTE MFIRMA simile al testoSPARISCONO: DISCENDENTE, ROVESCIATA, ASTE A SINISTRA, RICCI, diminuisce la CONFU-SA

VELOCE MFLUIDA MRITMO armonico e vivaceRICCIO DEL NASCONDIMENTO s.m.RICCIO FLEMMA s.m.OSCURA s.m.CONFUSA s.m.ACCARTOCCIATA s.m.APERTURA OCCHIELLI s.m.FIRMA un po’ più grande del testo, ma coerente col testo

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DAISAKU IKEDA - UN LEADER DI PACEdi Marina Marinoni

LA VITA E LE OPERE DI PACE

Questa è la firma di Daisaku Ikeda, nato ad Omori, in Giappone, il 2 gennaio 1928, presidente dell’Asso-ciazione Buddista internazionale Soka Gakkai, filo-sofo, educatore, uno dei principali leader spirituali della seconda parte del XX° secolo insieme al Dalai Lama.Soprattutto mi piace ricordarlo per la sua incessante azione di pacifista, che è nata in lui in seguito alla morte di uno dei suoi fratelli, durante la seconda guerra mondiale e che lo ha spinto a dedicare la vita a sradicare le cause profonde della violenza fra esse-ri umani.

A 19 anni conosce Josey Toda, che diventerà il suo maestro, secondo presidente della Soka Gakkai, as-sociazione buddista internazionale, nata per pro-muovere la pace mondiale e la felicità degli indivi-dui sulla base degli insegnamenti del buddismo di Nichiren.Toda era un tenace oppositore alla guerra e al re-gime militarista giapponese, per cui fu arrestato e segregato in prigione dal 1943 al 1945.Tra i due, entrambi pacifisti, nasce un sodalizio spi-rituale e umano, finché il 3 maggio 1960 Ikeda si assume la responsabilità dell’intero movimento, di-ventando il 3° presidente della Soka Gakkai.

Da questo momento, attraverso numerosi viaggi in tutti i paesi del mondo, persegue il suo obietti-vo di pace e dialogo tra i popoli, adoperandosi per normalizzare le relazioni diplomatiche tra Cina e Giappone e nel 1974 visita sia la Cina che l’Unione Sovietica.

Incontra molti capi di stato ed esponenti culturali, da Nelson Mandela a Fidel Castro, da Henry Kis-singer a Michail Gorbacev da Zhou Enlai a Cora-zon Aquino, al di là di ogni schieramento politico ed ideologico con il solo fine di “ lavorare per la pace contro qualsiasi forma di violenza e contribuire al benessere dell’umanità , attraverso la diffusione di una cultura e di una educazione umanistica.

Dal 1983 ogni anno rende pubblica una proposta di pace, che oltre a riguardare temi sempre attuali e globali come il nazionalismo, il disarmo nucleare, la povertà, l’analfabetismo e le crisi ambientali, propo-ne delle possibili soluzioni ai conflitti che affliggono l’umanità.Lo stesso anno gli viene consegnata la UN Peace Medal, significativo riconoscimento per la sua in-cessante azione a favore della pace mondiale.

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IL PROFILO GRAFOLOGICO

Disponiamo di una firma in fotocopia di Ikeda, tracciata con mano decisa e tratto marcato, anche se non conosciamo lo strumento scrittorio usato.Il tratto ingrossato e pesante denota indubbiamen-te una personalità affermativa, attiva, concreta, de-terminata. Nello stesso tempo essa rivela un animo romantico, capace di coinvolgere e condurre a sé, portato al Tu e all’incontro.

Si tratta di una personalità cosciente dei propri va-lori e desiderosa di rapportarsi all’altro, per dar voce alle sue doti umanitarie e realizzare nel concreto la spinta socializzante ed affettiva di cui è dotato.La forte propensione verso il sociale è sorretta da valori idealistici, ma anche dal bisogno di relazione, che “scaldi” la sua anima.

Resta forte in lui il legame con la famiglia di origine, che ha avuto un peso rilevante nella sua formazio-ne. Se la madre è stata per lui figura di continuo ri-ferimento e sostegno affettivo, non meno incisiva è stata la figura paterna, un modello di grande valore, interiorizzato, che è diventata fonte di grandi impre-se, per affermare una personalità che non teme le difficoltà ma le “attraversa”.

Non gli manca certo la capacità e l’energia di aggre-dire la vita per affermare e attuare con forza, corag-gio e tenacia ciò in cui crede.Si aspetta dai suoi seguaci altrettanta forza e deter-minazione nel portare avanti tutto ciò in cui ha sem-pre creduto, i valori che ha perseguito con un’attività incessante e instancabile per tutta la vita.In ogni sua attività e realizzazione è sorretto da un’intelligenza concreta, logica e da un pensiero acuto, capace di cogliere i molteplici aspetti della realtà e dotato di capacità espressive e dialettiche, che sanno catturare l’attenzione dell’interlocutore e motivarlo all’azione.Un animo ricco e volitivo, che ha posto la sua spinta ad “aggredire“ la vita a servizio dell’umanità e della pace.

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inedita grafo-biografia di giacomo leoperdi, uomo poeta

“Che fai tu, luna, in ciel?” è il quesito del primo ver-so del ‘Canto notturno di un pastore errante dell’A-sia’, di Giacomo Leopardi preso a prestito da Elena Manetti, grafologa e vicepresidente Arigraf Nazio-nale (Associazione di Ricerca Grafologica), per ti-tolare una nuova biografia dedicata al poeta italia-no. Ma, a differenza del verso poetico che invita il lettore a rivolgere uno sguardo alle immensità del cielo, la biografia coinvolge in uno sguardo intimo, interiore, di conoscenza dell’anima più profonda del poeta attraverso l’analisi grafologica degli scritti di mano dello stesso Leopardi. Così le due dimensioni, la spiritualità più intima del poeta e la ricca levatu-ra mentale, rappresentata dal cielo e dalle liriche e componimenti di diversa natura, fuse alla profon-dità umana, fragile e terrena del poeta emersa dalla mano vergante, cui richiama la Manetti, si intreccia-no tra le pagine in una analisi chiaroscurale, moder-na, rinnovata, originale.Basta soffermarsi a leggere l’indice, prima ancora di farsi affascinare dal contenuto, per capire che siamo lontani da una classica ‘storiografia’, quale narrazio-ne di fatti ed eventi frammezzati di quando in quan-do da stralci di poesie e brevi commenti alle raccolte poetiche. Elementi comunque presenti nel volume – dalla nascita del poeta, alla descrizione del grup-po famigliare, al periodo di formazione di Leopardi, agli amici, agli innamoramenti e amori, alla voca-zione poetica, al conflitto interiore dell’uomo-poeta con se stesso e con il mondo fino all’ultimo soffio di vita – descritti in maniera puntuale e essenziale, che mantengono tuttavia una dimensione di secondo piano, importante ma non fondamentale. Perché la lettura e le parole catturano e attirano verso Leopar-di uomo, prima ancora che poeta, in dialogo con se stesso e la sua anima che si svela attraverso la ripresa di versi poetici e soprattutto nell’analisi scritturale. Testi che appaiono vergati da una mano abile, fluida, precisa, capace, mai prodiga di ricercatezza estetica e bellezza grafica che, lungo gli anni traccia la dina-mica evoluzione dell’uomo-poeta. Elena Manetti ha la capacità e il merito, con “Che fai tu, luna, in ciel?”, di accompagnarci in un viaggio che non lascia nulla

di Francesca Morelli

di incelato, tanto del poeta quanto dei protagonisti della sua esistenza, grazie a una raccolta di testimo-nianze, approfondimenti e curiosità che, capitolo per capitolo, rendono l’opera grafo-bibliografica an-cora più personale e caratterizzante.Quel volto antico di Leopardi, un po’ patinato nella memoria e opacizzato dal tempo, acquista così mo-dernità: si rivela e svela sotto una nuova luce ‘scrit-turale’ attuale. In una trasposizione di sentimenti, pensieri, affetti e conflittualità che nel corso dei se-coli non hanno perso valore, veridicità e essenziali-tà. Profili cioè in cui, ancora, potersi ritrovare.Come in Leopardi figlio, alla ricerca di una sua di-mensione individuale, votata alla realizzazione di se stesso che si scontra con le esigenze e le ali protettive dei genitori; in Leopardi e Leopardi, come in una immagine allo specchio alle prese con l’insoddisfa-zione del proprio corpo, di cui vedeva le limitazio-ni e deformità e non la grandezza e la bellezza del genio mentale e creatore, schiavo delle convenzioni, pregiudizi e giudizi sociali; in Leopardi amico, as-setato di un rapporto schietto e sincero che trove-rà soprattutto nella conoscenza e frequentazione di Antonio Ranieri che diverrà la sua famiglia nono-stante le divisioni intellettuali esistenziali culturali esistenti tra i due. Ancora in Leopardi e le sue emo-zioni, profonde, intense, disperatamente desiderose di un amore; in Leopardi dall’anima nuda, infelice, fragile di fronte alle difficoltà economiche, alla ma-lattia, vissuta con dignità e forza morale mentre la morte si avvicina, privandolo del suo ultimo respiro. Leopardi: la pienezza, l’audacia, il coraggio, le scelte, i viaggi, le passioni, l’abbandono e il distacco – temi che trovano riscontro anche nella quotidianità dif-ficile, complessa di oggi. Aspetti narrati in punta di penna da una analisi biografico-grafologica che ‘vi aspetta impazientissimamente’, come scrisse Giaco-mo Leopardi in una lettera all’amico e scrittore Pie-tro Giordani il 14 agosto 1818, per soddisfare tutte le vostre curiosità sull’uomo-poeta. In una chiave di lettura davvero inedita e ‘illuminata’. Elena Manet-ti, Che fai tu, luna, in ciel?, Pioda Imaging Edizoni, 32,00€

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“IL CASELLARIO”

Con le risposte alle sotto elencate definizioni, nella colonna centrale in celeste si evidenzierà l’aggettivo riferito a quei soggetti il cui comportamento è caratterizzato da apprensioni appa-rentemente immotivate, legate alla paura della disapprovazione e del giudizio da parte degli altri, e accompagnato a sensi di inferiorità, di inadeguatezza e di disistima.

1) L’iperattivo così definito investe la propria energia vitale nell’azione e in un’attività frenetica, ma-scherando in questo modo una latente depressione che lo guida a ottenere sempre il meglio come garanzia di sicurezza.

2) Sinonimo di apprensivo, inquieto, agitato, angosciato, preoccupato.

3) Dal punto di vista della biologia è il contrario di maschio; termine sostituibile a donna, ragazza, bambina.

4) E’ un meccanismo di difesa in cui il soggetto rifiuta di riconoscere esperienze penose, impulsi, dati di realtà o aspetti di sé per lui particolarmente sgradevoli.

5) Oggetto di contemplazione e di meditazione presente in diverse religioni; si tratta di una figura geometrica costituita da un quadrato e da un cerchio.

6) Grave disturbo psichico, fantasia ossessiva, idea fissa; il soggetto ha una percezione errata della realtà, ma la asseconda perché è convinto di ciò che vede.

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enigmisticaGrafologia e Dintorni

a cura di Maria Letizia Andenna Soluzioni a pag.

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Soluzioni a pag.

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magdalena carmen frieda kahlo

“Te la raccomando non come marito ma come am-miratore entusiasta del suo lavoro acido e tenero, duro come l’acciaio e delicato e fine come l’ala di una farfalla, adorabile come un sorriso, profondo e cru-dele come l’amarezza del vivere”. (DIEGO RIVERA)Magdalena Carmen Frieda Kahlo nacque a Città del Messico il 6 luglio del 1907 da Matilde Calderon, messicana e Guillermo Kahlo, tedesco trasferitosi in Messico. Frieda però racconta di essere nata il 6 luglio del 1910, anno della Rivoluzione messicana che é stata fondamentale per la sua formazione e la sua vita di donna e di artista. Frieda toglierà al suo nome la E alla tedesca, diventando Frida così come oggi é conosciuta e apprezzata; l’atto fu dimostrativo e politico, un gesto di ribellione verso quella Germa-nia che in quegli anni stava vessando l’Europa con la politica e il pensiero nazista.

“Pensavano che fossi una surrealista, ma non lo ero. Non ho mai dipinto i sogni. Ho dipinto la mia realtà” (FRIDA KAHLO)

di Chiara Pallis

Frida visse un’infanzia serena sebbene segnata dalla poliomielite che la rese claudicante e per questo tal-volta, derisa dai coetanei. Sin da bambina dimostra un temperamento forte e una spiccata intelligenza, é preferita dal padre proprio per la sua personalità e le sue doti intellettive, per questo condivide molto del suo tempo di bambina e ragazzina con lui, uomo taciturno e ombroso ma capace di profondo amore genitoriale.Frida praticava il nuoto, il calcio, la boxe e la lotta libera, sport non convenzionali e ritenuti inadatti per una ragazza perbene ma il padre sostenne molto Frida e riteneva che con queste attività ella potesse irrobustirsi e fronteggiare le conseguenze della po-liomielite. La sua gamba rimase comunque più esile e fragile e per tutta la vita la nasconderà sotto le lun-ghe gonne messicane.Frida fu ragazzina nel periodo in cui in Messico nacque una nuova orgogliosa identità nazionale, venne ammessa alla Scuola Nazionale Preparatoria di Città del Messico, fulcro e piazza di un forte mo-vimento politico studentesco in cui si concentrava il meglio della gioventù messicana e in cui gli in-segnanti erano persone tra le intelligenze più acute del paese. Frida respirò un forte fermento culturale e politico, erano anni di vitalità, passione, progresso. Già da studentessa dimostrò la sua attitudine all’ir-riverenza: lottava per le riforme scolastiche, si con-trapponeva spesso agli insegnanti, coltivava soprat-tutto amicizie maschili. Frida in questi anni coltivò uno stile non convenzionale, con taglio di capelli maschile, dalla violenta originalità, sprezzante della moralità borghese corrente e indifferente ai giudizi dei compagni più conservatori.Il 17 settembre del 1925 l’autobus su cui viaggiava si scontrò con un tram proveniente dalla direzione opposta. Frida disse “l’urto ci catapultò in avanti e un corrimano mi trafisse nello stesso modo in cui una spada trafigge il toro. Un uomo vide che ave-vo una tremenda emorragia. Mi prese e mi sistemò su un tavolo da biliardo, dove rimasi fino all’arrivo dell’ambulanza.” Il suo compagno di viaggio, allora fidanzato di Frida usò queste parole “...il corrimano si troncò e la trapassò da parte a parte all’altezza del bacino. Quella notte Frida subì il primo di trentadue interventi chirurgici e la prognosi rimase riservata

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per tutto il primo mese. La colonna vertebrale le si spezzo in tre punti, le si ruppero anche l’osso del collo e la terza e la quarta costola. La gamba destra riportò undici fratture e il piede destro fu dislocato e schiacciato; la spalla sinistra uscì dalla sua sede e il bacino si ruppe in tre punti. Il corrimano di metal-lo le aveva perforato il corpo all’altezza dell’addome, entrò dalla parte sinistra e uscì attraverso la vagina: “persi la verginità” disse Frida.Dal momento dell’incidente in poi, dolore e forza diventarono i temi centrali della sua vita e fu proprio in questo lungo e doloroso periodo, nella tarda esta-te del ’26, che Frida fece il suo primo autoritratto. A partire dal 1925 la vita di Frida fu una lunga lotta contro il dolore e il decadimento e la pittura divenne il primo e irrinunciabile strumento di espressione e catarsi. A segui-to dell’inciden-te la madre le mise uno spec-chio sul soffitto in modo che potesse vedere la propria im-magine e impe-gnare il tempo allettata dipin-gendo. Con l’inciden-te si fece sem-pre più netta la contrappo-sizione tra la Frida pubblica e quella intima. La prima gaia e forte che era solita ironizza-re su se stessa e la propria condizione “Stuzzico la morte e rido di lei in modo che non riesca ad avere la meglio su di me”. Vivace, generosa, intelligente. Le persone che le facevano visita erano solite dire che andavano per consolarla e ne tornavano consolati; Frida si mostrava sempre sorridente, giocava, rideva, face-va battute, dava i suoi giudizi caustici e irriverenti, non si mostrava mai in lacrime né abbattuta o triste. Divenne per sé e per gli altri una sorte di eroina del-la sofferenza e più la drammatizzazione del dolore diventava centrale nell’immagine di sé, più Frida esagerava i fatti dolorosi del passato e li fronteggia-va attraverso la pittura. I suoi dipinti e anche i suoi autoritratti sono carichi di dolore ma mai autocom-

miserativi o lamentosi, sempre colmi di dignità, fie-rezza e determinazione.Il 21 agosto del 1929 Frida sposò Diego Rivera, pit-tore di fama nonché esponente di spicco del partito comunista messicano. Egli fu l’ossessione della vita di Frida, croce e delizia della sua esistenza. “In vita mia mi sono capitati due incidenti gravi: il primo quando un tram mi ha messa al tappeto, il secondo é Diego.” Rivera era un uomo particolarmente brut-to ma era molto amato dalle donne, aveva fama di grande amatore e intesseva diverse relazioni senti-mentali. Amava le donne, le riteneva superiori agli uomini e sapeva come corteggiarle, aveva una per-sonalità straordinaria, piena di humor brillante, di vitalità e di seduzione.Nei primi mesi di matrimonio Frida dipinse molto

poco perché es-sere la moglie di Diego Rivera era molto im-pegnativo. Già il primo anno di matrimonio fu intriso di infelicità a cau-sa di relazioni extra coniugali che Diego non interruppe mai definitivamen-te e proprio in questo primo anno Frida ebbe il primo aborto.Diego aveva una personalità ingombrante, amava Frida

ma amava soprattutto l’arte che aveva la precedenza su ogni cosa. Era concentrato su se stesso e sul pro-prio lavoro ma Frida aveva saputo creare importanti vincoli che la fecero diventare colonna portante del-la vita del marito, anche durante i conflitti, i tradi-menti e le separazioni.Frida adorava Diego, nutriva per lui una sorta di venerazione che esternava al mondo senza alcuna censura. Soffriva dei tradimenti ma diceva. “Questo è il modo di essere di Diego, non posso amarlo per quello che non é”.Dopo aver seguito Diego in una serie di viaggi ne-gli Stati Uniti, Frida e Diego nel 1933 ritornarono definitivamente in Messico e andarono ad abitare

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nella nuova casa: due eleganti cubi in stile moderno messicanizzati dai colori rosa per Diego e blu per Frida; due unità abitative indipendenti ma comuni-canti. Nell’anno successivo Frida dovette affrontare il dolore per un secondo aborto e per il tradimento di Diego con la sorella Cristina. Nel 1935 Frida la-sciò Diego e si trasferì in un piccolo appartamento moderno con la sua scimmia preferita, nel centro di Città del Messico. Diego amava Frida ed era pentito di averla fatta soffrire inoltre non aveva mai amato sinceramente Cristina. I Rivera tornarono di nuovo insieme e Frida perdonò la sorella, sua prescelta e da sempre intimamente presente, insieme ai suoi figli, nella sua vita.La loro casa diventò una meta per l’intellighenzia internazionale: attori, fotografi, attivisti politici, pit-tori, musicisti, rifugiati; Frida viveva una vita inten-

sa nell’ambien-te bohemien e spregiudi-cato di Città del Messico, fumava ed era spesso ri-tratta con la sigaretta in mano, beveva tequila senza moderazione e intrapre-se una serie di relazioni omosessua-li di cui non si vergogna-va e che non

nascondeva . Diego incoraggiava le relazioni omosessuali della moglie mentre non tollerava le relazioni che Frida intratteneva con altri uomini e che lei teneva nasco-ste. Tra il 1937 e il 1938 Frida realizzò più opere di quante ne avesse prodotte nei precedenti otto anni di matrimonio. Nel 1937 un altro aborto e i suoi di-pinti parlavano del dolore per la mancata maternità.Frida continuò il suo lavoro con fermento fino a realizzare una personale a New York che ebbe un buon riscontro e i favori della critica, affascinata an-che dal suo esotismo. Nel 1939 Frida partì per Parigi dove trascorse un lungo periodo. I francesi rimasero affascinati dal suo stile e dalla sua personalità, de-dicandole anche una copertina su Vogue, il Louvre acquistò “La cornice”, oggi parte della collezione di arte moderna del Centre Pompidou. A Parigi Frida

incontrò Picasso che ne cantò le lodi di artista e di donna e incontrò i maggiori esponenti del surreali-smo. Nel 1939 rientrò definitivamente in Messico e divorziò da Diego il quale a questo proposito disse: “...questa mia decisione aiuterà Frida a dare alla sua vita il migliore degli sviluppi possibili. È giovane e bella. Ha avuto un enorme successo nei centri ar-tistici più esigenti. Ha tutte le possibilità che la vita può offrirle, mentre io sono vecchio e non ho più molto da offrirle. La considero tra i cinque o sei pit-tori massimi del modernismo”.Frida e Diego rimasero separati per due anni e in questo periodo Frida dovette mantenersi da sola, non senza fatiche. Frida minimizzava il dolore per la separazione in pubblico e lo fronteggiava con la consueta ironia ma intimamente il divorzio la scon-volse tanto da causarle un generale peggioramento del suo stato di salute che sfociò nella diagnosi di un esaurimento nervoso. Frida andò a San Francisco e si affidò alle cure del dottor Eloesser, suo caro amico e nel giro di pochi mesi, il suo stato generale di be-nessere migliorò.Diego, che si trovava a san Francisco dopo essere stato costretto a lasciare il Messico per motivi poli-tici, rincominciò a corteggiare Frida dicendo a tutti che il divorzio iniziava ad avere un brutto effetto su entrambi. Dal canto sua Frida, che aveva sofferto tanto la separazione dal marito, aveva anche impa-rato a sopravvivere senza di lui pertanto, accettò di risposarlo solo a condizione che si sarebbe mante-nuta esclusivamente con i proventi del suo lavoro e che non avrebbero avuto rapporti sessuali proprio a causa del dolore dato da tutte le relazioni extraco-niugali di Diego.L’8 Dicembre del 1940 Frida e Diego si sposarono per la seconda volta e anche grazie all’accordo pre-matrimoniale, si instaurò una felice e armonica rou-tine quotidiana che vedeva Frida più protagonista della propria vita.L’amore per Diego era indissolubile, prepotente, profondo, irrinunciabile; nel suo diario intimo Frida scrive: “Diego principio, Diego costruttore, Diego mio bambino, Diego mio fidanzato, Diego pittore, Diego mio amante, Diego “mio marito”, Diego mio amico, Diego mia madre, Diego “io”, Diego univer-so, Diversità nell’unità.”Negli anni ‘40 la carriera artistica di Frida ebbe un forte slancio: ottenne riconoscimenti, un incari-co come insegnante, una borsa di studio, lavori su commissione, inviti a conferenze e a scrivere per giornali e riviste. Iniziò un periodo che durò fino alla sua morte in cui Frida fu costretta ad indossare una serie di corsetti ortopedici, 28 in totale di cui

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uno d’acciaio, tre di cuoio e gli altri in gesso.Nel 1946 subì un grave intervento di fusione spinale che per molti dei medici che la visitarono negli anni successivi, fu inopportuno e fu l’inizio del calvario che avrebbe portato alla fine. Nel 1950 a seguito di costanti e forti dolori alla gamba, al peggioramento dei dolori alla schiena, alla cancrena delle dita del piede destro, alla comparsa di forti emicranie e ad una continua perdita di peso, Frida subì il ricovero di un anno presso l’Ospedale inglese e Diego pre-se una piccola stanza accanto alla sua per poterla assistere durante la degenza. Una volta rientrata a casa Frida continuò a deperire, affranta dalla noia e dal dolore che era intenso, nonostante le sue parole coraggiose. Si muoveva sulla sedia a rotelle. Le sue sprezzanti allegria ed ironia stavano per soccombere alla disperazione, non usciva di casa se non ecce-zionalmente ma continuava a manifestare un forte attaccamento alla vita e a tutto ciò che aveva sempre amato: Diego, la pittura, la politica, gli amici.Dal punto di vista artistico in questo periodo Frida perse la sua precisione da miniaturista, la manualità divenne disordinata e frenetica, i colori non più se-reni e vibranti ma stridenti e acidi. La pittura è agita-ta, concitata e impellente: Frida aveva fretta perché riusciva a dipingere per brevi periodi prima di soc-combere al dolore o al torpore dei troppi analgesici.Aveva fretta perché sapeva che la morte era vicina. Nel 1953, nonostante i numerosi tentativi per scon-giurarlo, a Frida venne amputata la gamba destra. Fu un colpo durissimo inflitto al suo corpo e al suo spirito. L’ultimo periodo della sua vita Frida lo tra-scorse nella sofferenza e sotto l’effetto di forti analge-sici. Nonostante il dolore e proprio per esorcizzarlo, Frida continuava a dipingere.Frida morì la notte del 13 luglio 1954, nella sua stanza, durante il sonno, i referti dicono a causa di un’embolia polmonare.Amici parenti ed estimatori affollarono la sua casa per l’ultimo saluto; Diego sprofondò nel dolore.

ANALISI DELLA GRAFIAIl calibro medio alto unito alla curva SM e alle aste a destra, mettono in risalto la dinamica estroversiva, i tratti egocentrici e la socievolezza di Frida.L’artista amava circondarsi della compagnia degli amici; fino a quando la salute glielo ha concesso, ha partecipato assiduamente e da protagonista alla vita pubblica, culturale e politica del suo paese, faceva parte della nicchia dell’intellighenzia Messicana e la sua casa ospitava frequentemente serate e feste cui partecipavano i maggiori esponenti della cultura, dell’arte e della politica internazionale.

Amava la compagnia, rifuggiva la solitudine e de-siderava l’approvazione e il riconoscimento altrui. Nell’ultima parte della sua vita, costretta a letto, ha sofferto particolarmente la solitudine, nonostante le numerose visite che riceveva quotidianamente da parte degli amici che tanto l’hanno amata.Proprio nei segni curva, calibro ma anche aste a de-stra e pendente, ritroviamo tutta la femminilità di Frida: donna colma di sentimento, capace di ascolto e accoglienza, bisognosa di cure e affetto. Il dolo-re per la maternità negata, esorcizzato come tutte le sofferenze di Frida, nella pittura cruda, schietta e violenta, é tema fondamentale della vita dell’artista, a testimonianza di tutta la sua femminilità. Essere madre era infatti il desiderio principale di Frida e l’impossibilità di diventarlo è stata una ferita tanto forte da menomarne l’integrità e il benessere psico-fisico.Da sempre la natura di Frida vede l’alternanza di femminilità e mascolinità; l’artista ha giocato molto, con gli aspetti più maschili della sua personalità e della sua fisicità, anche ostentandoli. Per un periodo della sua vita ha portato i capelli molto corti, ha in-dossato abiti maschili e assunto comportamenti che all’epoca erano considerati prerogativa degli uomini come fumare e bere alcolici in pubblico; ha portato i baffi senza mai nasconderli e ha reso un vezzo le sopracciglia tanto folte, sempre così precisamente rappresentate in tutti i suoi autoritratti.Anche nella grafia ritroviamo diversi segni animus, più tipicamente maschili: pressione M, oscura M, assenza di ricci, angolosa, intozzata primo modo, attaccata SM, parallela, aste rette.Frida possiede una buona energia che non sempre riesce a finalizzare nonostante la tenacia e la deter-minazione; é presente infatti una buona pressione e tonicità in assenza di ricci con intozzata primo modo ma il tratto ispessito e ineguale con l’intoz-zata secondo modo, causano arresti e pastosità che impediscono la scorrevolezza della grafia.Frida é sostenuta da una buona tolleranza allo stress e alla fatica che le consentono di portare a termi-ne gli impegni, raggiungere gli obiettivi prefissati e fronteggiare le avversità cui la vita l’ha oltremodo esposta; nonostante i problemi di salute e le vicissi-tudini dolorose, Frida infatti ha saputo fronteggiare la vita con tenacia dimostrando una forte tenuta psi-cofisica e una notevole forza interiore.Possiede una vivacità intellettiva (oscura M) e una capacità di pensiero logico e consequenziale (attac-cata), un’intelligenza con caratteristiche di tipo assi-milativo (pendente, parallela, gesto curato) pertanto memorizza facilmente, é capace di ordine e metodo,

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di attenzione, concentrazione e possiede spirito di osservazione.Nell’insieme la grafia appare armonica, ben equili-brate le istanze dell’io mettono in evidenza la con-cretezza di Frida (allunghi equilibrati e calibro) e la capacità di rispondere adeguatamente ai bisogni interiori e alle richieste del mondo circostante.La grafia rappresentata in queste pagine del diario di Frida, mostra anche una certa rigidità date da pa-rallela e pendente, in una grafia che però mantiene armonia e tratti personalizzati.

I segni pendente sm e parallela richiamano una pre-disposizione alle abilità tecniche, di arte riprodutti-va e di capacità di rispettare l’ordine e la precisione, caratteristiche certamente presenti in Frida che ha iniziato in età giovanile a seguire le orme del padre interessandosi di fotografia e affiancandolo nella modifica dei ritratti con dettagli e ritocchi minuzio-si. Tale aspetto si ritrova nell’arte di Frida che usa pennellate lente, minute e accurate e mette nei suoi dipinti numerosi dettagli e particolari ma si ritrova anche nella sua immagine, mai lasciata al caso, sem-pre curata dall’abbigliamento, all’acconciatura fino ai gioielli. Frida ha fatto della propria immagine, uno strumento di comunicazione personale, cultu-rale e politica, attentamente curato.

L’ ordine e la disciplina cui é predisposta e di cui è capace, sono anche gli elementi che si ritrovano in una parte della sua vita pubblica: Frida infatti era devota agli ideali comunisti e marxisti e partecipava all’attivismo del partito comunista Messicano pre-stando l’obbedienza e la fedeltà che erano richiesti.Il desiderio autoaffermativo unito alla capacità au-tonoma (ascendente e aste rette) rafforzano la spinta decisionale che Frida ha sempre dimostrato di pos-sedere; pur invischiata in una relazione sentimentale tormentata e disfunzionale, ha saputo anche affron-tare la separazione, scegliere il divorzio e mantener-si autonomamente con i proventi del proprio lavoro di pittrice. Non ha mai accettato compromessi per ottenere riconoscimenti e ha saldamente mantenuto integra la propria dignità, scegliendo sempre nel ri-spetto dei propri valori e delle proprie convinzioni.L’animo di Frida é sempre stato carico di inquietu-dine: da sempre la Frida pubblica usava ironia e leg-gerezza per parlare di sé e dei propri dolori ma la “Frida privata”, quella che si ritrova nel suo diario, quella che la grafia ci racconta e che pochi intimi co-noscevano, era una donna piegata dal dolore fisico e prostrata dalle sofferenze psicologiche e sentimen-tali che la vita le aveva inferto. Il disordine sm, l’intozzata secondo modo e il tratto ispessito sono segni che rivelano l’inquietudine di Frida che spesso nella sua vita, si é trovata in balia di stati d’animo altalenanti con momenti di estrema irritabilità e reazioni emotive esasperate. Il marito e gli amici hanno più volte descritto Frida in preda ad esternazioni colleriche improvvise e veementi, coin-volta in litigi concitati con lo stesso Rivera e prota-gonista di episodi in cui manifestava tutta la propria vulnerabilità.

Nella sua grafia é presente il tratto ineguale, indica-tore di un’energia che si arresta, che fatica nel proce-dere probabilmente anche a causa delle componen-ti di stress, malattia e dolore fisico ed é presente il tratto ispessito indicatore di un’energia accumulata che crea collera, scatti immotivati e momenti di pro-fonda insoddisfazione. Frida ha infatti certamente accumulato una serie di frustrazioni a causa della sua malattia che spesso l’ha allettata e costretta alla sofferenza fisica e psicologica. L’arte é stata la sua risposta al dolore, una forma di catarsi, di compensazione e di sublimazione.

ANALISI DELLA GRAFIA DEGLI

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ULTIMI GIORNI IN VITA.

In questa fase Frida é tormentata dai dolori, ha su-bito l’amputazione della gamba ed é costantemente sotto l’effetto di forti analgesici che le tolgono lucidi-tà. E’ evidente quanto la grafia sia disturbata dal di-sordine di forma, spazio, dimensione, inclinazione e pressione che rendono l’insieme disorganizzato. L’io é in balia degli stimoli, disorientato, insicuro, insta-bile, la personalità va verso la disintegrazione.Il segno stentata indica la difficoltà di controllare gli stimoli che crea uno stato di eccitazione impedendo la fluidità del tratto, la malattia ha alterato la soglia di eccitabilità; ne scaturisce una compromissione della stabilità psico-emotiva con tensioni interiori, suscettibilità, collera.L’ascendente SM palesa lo stato depressivo a causa dell’impossibilità di raggiungere le mete; Frida é consapevole che la morte si sta avvicinando e lot-ta ed esprime il suo attaccamento alla vita e il suo desiderio di affermarsi nonostante tutto. E’ stanca,

il dolore e gli analgesici la piegano e lo stato umo-rale, dopo tanto slancio, non può che ripiegarsi alla depressione. Nell’ultimo periodo della vita di Frida, le istanze vitali e quelle di morte hanno fortemen-te combattuto dentro di lei: spesso ha affermato il proprio desiderio di vivere, scrivendo e raccontan-do quanto forte fosse il suo attaccamento alla vita, ai suoi cari e alla politica e anzi quanto questi sen-timenti fossero andati incrementandosi proprio in prossimità della fine ma, altrettanto spesso, Frida ha rappresentato la morte, l’ha invocata e ha espresso il desiderio di trascendenza.Queste contraddizioni sono da sempre parte inte-grante della vita di Frida e ancor più evidenti nella grafia di questa ultima fase di vita, nel segno con-fusa: la vita istintiva, emotiva ed affettiva é condi-zionata dall’instabilità e dalla contrapposizione di istanze opposte che disturbano l’equilibrio e l’inte-grità dell’io togliendo lucidità.

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Frida ha raggruppato le ultime energie che le rimanevano per dipingere un’ultima dichiarazione di allegria. Aperti e fatti a pezzi i frutti parlano dell’imminenza della morte ma la loro esuberanza carnale é un omaggio alla pienezza della vita.Otto giorni prima di morire Frida intinse il pennello nella vernice rosso sangue e scrisse il suo nome, la data e il luogo dove il quadro era stato dipinto, Coyocan, Messico e poi in maiuscolo, il suo saluto alla vita “VIVA LA VIDA” (1954).

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testoni alfredo

Alfredo Testoni (Bologna, 11 ottobre 1856 – Bologna, 17 dicembre 1931) è stato un commediografo e poeta italiano, autore di testi in italiano e in dialetto bolognese. È noto soprattutto per aver scritto la commedia “Il cardinale Lambertini”, grande successo teatrale sin dal 1905, riproposto poi sullo schermo dall’attore Gino Cer-vi in un film diretto da Giorgio Pàstina. Il nipote, Gian Carlo Testoni, è stato uno dei più noti parolieri italiani, padre del compositore Giampaolo Testoni.

Testoni, Alfredo (11/10/1856 – 17/12/1931): divertente poesia autografa firmata di una pagina (19,5 x 12,5 cm.) in cui è narrata la relazione tra l’inchiostro e la carta che si accinge a riceverlo: senza data. Il testo racconta della paginetta immacolata che si avvede dell’inchiostro e si turba; inizia così un dialogo tra la carta e l’inchiostro che finisce per convincerla a farsi “usare” dopo averla a lungo lusingata. La narrazione è accompagnata dalla sua rappresentazione, vale a dire che, all’esposizione in versi del contenuto corrisponde la sua visualizzazione: la carta si colora di sfumature diverse (acquerello bianco, grigio, verde, celeste, rosso) che rappresentano gli stati d’animo della pagina al cospetto dell’inchiostro.

(…) Vide la paginetta immacolata / L’in-chiostro e si turbò. / Anche più bianca ap-parve e addolorata / Così gli favellò: // – D’opre malvagie, tu maestro e autore / Abbi pietà di me … / O tristo, tu vuoi togliermi il candore, / Perché, dimmi perché? – / O bella, ti vo’ dir cosa gentile! – / L’inchiostro sussurò; / Ma la pagina, verde per la bile / Disse tosto di no. / Ed esso – Oh! come l’al-ma s’addolora / A udire i detti tuoi! / Perché, perché la tua gentil Signora / Ch’io ricordi non vuoi? / Fossero i versi come fiori aulen-ti / E dolci come miel, / Fossero come rag-gi risplendenti / Nell’azzuro del ciel, / E il nome d’Ida ch’è soave tanto / Superbo can-terei / Ma profumo, dolcezza, luce, incanto / Non hanno i versi miei … / E pure che di Lei la grazia eletta / Io scriva e la beltà! / A ricordarlo insieme, o paginetta, / Come bello sarà! / A tal detti la pagine innocente / Di contento arrossì / E offrendosi all’in-chiostro, sorridente, / Disse tosto di sì …

poesia su carta e penna

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LA DISGRAFIA

La disgrafia è considerata un disturbo che interessa circa un quarto dei bambini di età scolare. Una di-sabilità dovuta a “difficoltà prassiche di coordinazio-ne, di integrazione visuo-motoria e metafonologica”. È una specifica difficoltà relativa all’aspetto grafo-motorio della scrittura che risulta illeggibile, disor-dinata e/o realizzata in maniera eccessivamente len-ta. La disgrafia riguarda espressamente il grafismo e non le regole ortografiche e sintattiche, anche se ne influenza comunque la produzione corretta a causa della frequente impossibilità di rilettura e autocor-rezione. Altri elementi contribuiscono ad elaborare una diagnosi di disgrafia; generalmente la mano dei bambini disgrafici scorre a fatica sul piano di scrit-tura, l’impugnatura della penna è spesso scorretta e la pressione esercitata dalla mano sul foglio è o trop-po forte o troppo leggera, lo spazio è mal gestito: il bambino lascia spazi inappropriati tra le lettere e/o le parole, non rispettando margini e linee di scrit-tura.

Il problema diventa più serio quando questi aspetti rendono incomprensibile la scrittura all’adulto e al bambino stesso, che non può identificare e correg-gere eventuali errori ortografici. La legge 170/2010 riconosce la disgrafia come DSA (disturbo specifico dell’apprendimento).Il termine disgrafia risulta ancora oggi poco esausti-vo; gli stessi esperti e ricercatori che si occupano di DSA, l’AIRIPA, hanno organizzato un gruppo di la-voro che nel 2010 ha fornito indicazioni fondamen-tali (consultabili nel sito AIRIPA) per la diagnosi, sottolineando la necessità di differenziare una diffi-coltà semplice e temporanea da un vero disturbo. Il disturbo risulta essere radicato nel bambino; è asso-ciato, molto spesso, a sintomi neuropsicologici ed è suscettibile di lenti e limitati miglioramenti.

Diversamente la difficoltà, nel grafismo, può essere temporanea e condizionata da fattori emotivi e mo-tivazionali. Occorre tenere presente che la disgrafia riguarda frequentemente l’età evolutiva, dove diver-se e importanti fasi della crescita sono ancora in fase di sviluppo e dove, gli aspetti coinvolti nella scrittu-ra sono correlati alla maturità, più o meno raggiun-ta, del soggetto.

Paolo Zanetti 7anni

Il bambino che inizia l’apprendimento della scrittu-ra è sottoposto contemporaneamente a diverse sol-lecitazioni; egli infatti deve:- Dimostrare padronanza del proprio gesto in ter-mini spazio-temporali per realizzare una forma, un tratto (aspetto pedagogico),- Dimostrare autonomia nell’esecuzione che viene condizionata dall’autonomia affettiva e dalla sicu-rezza di sé (aspetto psicologico),- Stabilire una relazione e una conseguente suc-cessione dei vari gesti per comporre una parola, seguendo la struttura del rigo e gli intervalli tra le righe (aspetto grafo motorio).

Queste sollecitazioni, se non adeguatamente soste-nute da un processo di maturazione e di equilibrio, possono determinare disgrafia.E’ opinione di molte insegnanti e operatori della scuola dell’infanzia e dell’obbligo che la disgrafia non sia un disturbo specifico dell’apprendimento, ma piuttosto una difficoltà dovuta alla carenza di tempo e di organizzazione durante il periodo che accompagna l’inizio del gesto grafico fino all’inte-riorizzazione della scrittura proposta dalla scuola. Un lavoro che richiede tempo e che non mostrereb-be risultati immediati. Un lavoro di motricità che implica, come sostenuto da Ajuriaguerra: • lamaturazionedelsistemanervosochevie-ne rafforzata dall’esercizio motorio• losviluppopsicomotoriogenerale,checon-sente tonicità e coordinamento dei movimenti• lo sviluppo della motricità fine di dita emano. Un lavoro che ha lasciato posto alle acquisizioni del-le competenze linguistiche, con l’intento non sem-pre realizzato, di migliorare la comunicazione.Il “saper scrivere bene”, anche attraverso l’uso del corsivo, che in questi ultimi anni non risulta essere pienamente considerato, non è un fatto puramente estetico.

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Saper scrivere bene: - consente di comunicare meglio e con più chiarezza- favorisce lo sviluppo neurologico del bambino stimolandolo a livello percettivo e motorio, soprattutto nelle prime fasi della crescita- migliora l ‘attenzione e la concentrazione,- favorisce l’apprendimento condizionando positivamente i risultati scolastici- migliora l’autocontrollo emotivo e motorio- migliora l’esecuzione dei compiti scritti favorendo correttezza, scorrevolezza e rapidità, oltre alla leggibilità- potenzia la fiducia in sé e nelle proprie possibilità di riuscire.Diventa quindi auspicabile una maggiore attenzione, in fase prescolare, verso la manipolazione e la motricità cercando di proporre al bambino, con opportune modalità, il valore comunicativo della scrittura.

BibliografiaE. Crotti, A. Magni, Test di scrittura, ed. Librex, MI Cornoldi e Cazzaniga, Disturbi di scrittura, ed. Erickson

Cornoldi, disturbi e difficoltà della scrittura, ed. Giunti, FI

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Periodico dell’Accademia Geafologia Crottidi Edvige Crotti

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