Gli Eletti di Dio - Lo spirito religioso dell'America

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Storia dei Puritani e della fondazione delle prime colonie americane

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Primo piano

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Marco Nese

Gli eletti di DioLo spirito religioso dell’America

Editori Riuniti

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Indice

9 Introduzione

Parte prima. I puritani

19 Il libro della verità23 Una missione speciale27 Quegli odiati papisti35 La ricerca della purezza34 Predicatori e nobiluomini43 Una grande confusione48 Uno stile di vita53 Una scomoda cugina59 Un paese sotto shock63 Un uomo di genio66 Contro i vescovi73 Il prigioniero della regina78 Gli agenti del papa84 L’offensiva dell’arcivescovo89 Il patriarca e Guastachiesa

100 Il diavolo e il giorno del Signore104 L’ultimo tentativo118 Un maestro degli americani

I edizione: aprile 2006© Copyright Editori Riunitidi The Media Factory srlvia Tagliamento, 76 - 00198 Romawww.editoririuniti.itISBN 88-359-5765-6

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319 La Società degli Amici324 L’Atlantico si allarga333 La lite sul battesimo339 Il clero in crisi346 La guerra di re Filippo357 Il pugno di Londra362 Un cattolico sul trono368 Caccia alle streghe377 Una nazione predestinata387 La Bibbia e la scienza393 Il Grande Risveglio401 San Giorgio e il Drago

407 Per saperne di piú

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Parte seconda. Inghilterra addio

125 La beffa del re132 Il nuovo arcivescovo137 La via del pellegrino149 Strategia morbida156 Scandali162 Il Nuovo Mondo170 Sulla Mayflower183 Il duca196 L’offensiva del vescovo200 La Compagnia della Baia

Parte terza. La terra promessa

209 Il primo grande americano214 La città sulla collina219 Una sacra comunità229 Uomini in fuga239 Scontri di potere246 Una donna speciale252 Le terre degli indiani257 Il paradiso sconvolto264 La prima guerra indiana268 Il processo277 Due visioni della vita282 Il tempio del sapere

Parte quarta. La creazione dell’America

293 Torna il parlamento299 Il mondo sottosopra304 Un genio militare314 Fine di un re

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Introduzione

In Inghilterra c’è un minuscolo villaggio chiamato Scrooby.Conta al massimo trecento abitanti. I libri di storia lo ignoranoed è quasi impossibile scovarlo sulle carte geografiche. EppureScrooby occupa un posto straordinario nel destino del mondooccidentale. Da questo paesetto quasi invisibile partirono i mi-tici Pilgrim Fathers, i padri pellegrini, il primo gruppo di colo-nizzatori del territorio americano. Un centinaio di puritani ar-dimentosi considerati i fondatori degli Stati Uniti. Un po’ quel-lo che rappresentano Romolo e Remo per l’antica Roma.

La creazione dell’America rimane una delle piú grandi im-prese del genio europeo. Fu opera di una setta religiosa com-posta da personaggi fanatici. Avevano di sé un’alta opinione,pensavano di essere i figli prediletti del Signore e modesta-mente si diedero il nome di santi. Erano ossessionati dal ter-rore di commettere peccato, ma convinti di aver ricevuto daDio l’impegnativa missione di salvare il mondo. Quegli uomi-ni hanno impresso sul popolo americano un marchio indele-bile. Hanno trasmesso ai discendenti l’idea di un’America pro-tetta dal cielo. «Per piccolo che sia stato il gruppo iniziale difondatori», assicura lo studioso Wilbur Zelinsky, il suo spiritoha segnato l’anima di un popolo. Cosí la cultura di base degliamericani, ritiene Samuel P. Huntington, il teorico dello scon-tro delle civiltà, «è stata, ed è ancora principalmente la cultu-ra dei coloni».

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piatto, movimentato da greggi di pecore, sfiorammoGrantham, il villaggio natale dell’ex primo ministro MargaretThatcher. L’auto s’inoltrò nel Nottinghamshire, in mezzo allaforesta di Sherwood, dove Robin Hood compiva le sue miti-che imprese. Finché ad Harworth, poco prima di entrare nel-la contea di York, lasciammo l’autostrada. Proseguimmo lun-go una stradina di campagna, fino a quando un cartello sbia-dito indicò che c’eravamo. Per Scrooby, svoltare a destra.

Stavamo per mettere piede in un luogo storico. Ma primadi andare avanti conviene raccontare perché i padri pellegrinise n’andarono. E come i puritani inglesi prepararono inconsa-pevolmente la nascita dell’America. È un viaggio nel tempoche ci farà conoscere personaggi con una grinta formidabile,vissuti in un’epoca in cui Dio abitava tra gli uomini. E gli uo-mini combattevano guerre per la gloria del Signore.

Il monaco e il papa

Milioni di esseri umani vivono sotto l’influenza della Bib-bia o del Corano. Due libri pericolosi. Possono dare alla testa.Al giorno d’oggi sono i seguaci del Corano in preda al sacrofurore. Ma in passato i fedeli della Bibbia non erano da meno.All’inizio del Cinquecento entrarono in piena ebollizione. Cel’avevano con la Chiesa cattolica colma di ricchezze, coi preticorrotti, con un mondo dove tutto aveva un prezzo. Troppiscandali. Troppe ingiustizie. Tutti invocavano pulizia. Finchésaltò fuori lui, il grande incendiario.

Monaco irascibile, ossessionato dal terrore dell’inferno, al-la vigilia di Ognissanti del 1517, Martin Lutero affisse le suefamose 95 tesi sul portone della chiesa del castello di Witten-berg. Accusava il papa di speculare sulla paura del purgato-rio, un posto poco raccomandabile dove le anime se la passa-vano male in attesa di essere accolte in paradiso. Per mandar-le subito fra i beati bastava pagare. Coi fondi raccolti la Chie-sa romana finanziava eserciti, costruiva ponti, cattedrali e lus-suose residenze. Era un mercato. Johann Tetzel, uno dei piúfamigerati commercianti di indulgenze, coniava slogan pub-

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Gli europei scoprono ora con grande sorpresa che l’Ameri-ca è fondata sulla religione. La superpotenza ha un cuore devo-to. Per capire da dove nasce questo profondo fervore convienemettersi sulle tracce dei fondatori. Entrare in contatto con leloro idee. Non sono molto diverse da quelle dei moderni ame-ricani. Sono le idee dei puritani. Si può dire tutto ciò che si vuo-le dei puritani, anche che erano materia per psichiatri, e c’è chil’ha detto, ma bisogna riconoscere che erano dei giganti, genteimpavida e vigorosa. Hanno influenzato, come disse Tocquevil-le, «l’intero destino dell’America». Gli americani sono model-lati sul loro calco. Da essi le generazioni future hanno ereditatola mentalità e la certezza di vivere in un paese speciale.

I coloni fondatori fuggirono «dalle depravazioni dell’Eu-ropa» verso la terra promessa, per stabilirvi la «vera religio-ne». Inseguivano una loro utopia e ripudiarono la madre eu-ropea. Erano i figli della luce contro gli europei smarriti nelletenebre. Le diversità fra Europa e America non sono un fattodi adesso. Fin dall’inizio apparvero evidenti. L’Europa s’in-camminava verso l’Età dei Lumi, la fede diminuiva. Mentresulle coste occidentali dell’Atlantico balzava in vita la patriadegli orgogliosi eletti di Dio. È sorprendente leggere i loro li-bri: contengono gli stessi ideali proclamati, a volte con le iden-tiche parole, da Reagan, da Kennedy, e oggi da George W. Bu-sh, il quale porta nel sangue tutti i requisiti di un autenticopuritano.

Un luogo storico

«Scrooby. Ma dove si trova?». In un torrido giorno d’ago-sto a Cambridge annunciai a Caroline McHugh e ChristopherGowers, due amici insegnanti, che volevo visitare Scrooby. Ri-masero sorpresi. Come la maggior parte degli inglesi, non l’a-vevano mai sentito nominare. Erano stupiti di apprendere daun italiano un pezzo di storia dei loro antenati. Adesso però liavevo incuriositi e decisero di accompagnarmi.

Con Caroline alla guida, imboccammo l’autostrada M1 cheda Londra punta verso nord. Correndo lungo un paesaggio

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Rogo per gli eretici

L’invettiva di Lutero risuonò al di là del mare, sull’isolabritannica, dove il clima era favorevole a un ribaltone religio-so. L’odio per il papa risaliva a John Wycliffe, teologo diOxford vissuto un secolo e mezzo prima e non a caso definitola «stella mattutina della Riforma». Precursore dei tempi, Wy-cliffe voleva togliere alla Chiesa le sue immense proprietà emettere fine al potere ecclesiastico su quello laico. I suoi se-guaci erano conosciuti col nomignolo di lollardi (dalla parolaolandese lollen che significa brontoloni, perché leggevano leScritture mormorando sottovoce). Predicatori laici che per-correvano le vie del regno aizzando la gente contro Roma «ma-trigna». Già prima di Lutero denunciavano lo scandalo delleindulgenze e «l’inventato potere di assoluzione». Considera-vano alcuni riti cattolici, come per esempio i pellegrinaggi,«una forma di idolatria». A nord di Norfolk sorgeva un san-tuario, una specie di Lourdes dell’epoca, dove accorrevanotorme di pellegrini da ogni parte d’Inghilterra e anche dal con-tinente, per venerare Nostra Signora di Walsingham. I lollardil’avevano sprezzantemente ribattezzata la Strega di Walsin-gham. Stato e Chiesa li giudicarono pericolosi sovvertitori e sicoalizzarono per neutralizzarli. Nel 1501 fu emessa l’ordinan-za reale De haeretico comburendo con cui s’inaugurò l’uso delrogo per gli eretici.

Il condannato doveva essere bruciato «su un posto rialza-to», al cospetto del pubblico. Il primo arrostito fu un prete diLondra, William Sawtrey. Altri seguirono, ma le fiamme nonconsumarono lo spirito dei lollardi la cui influenza si diffusesoprattutto nelle contee dell’Est. Era ancora notevole al tem-po di Lutero. Perciò in Inghilterra c’erano tutte le condizioniper il trionfo del protestantesimo. A quell’epoca, però, EnricoVIII andava d’amore e d’accordo col papa. Anzi, il corpulen-to monarca colse l’occasione per dimostrare la sua fedeltà aRoma. Nel 1521 fece bruciare in piazza i libri di Lutero. Pub-blicò anche un noioso libretto contro le dottrine luterane e il

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blicitari: «Appena la moneta nel cofano cade / l’anima dal pur-gatorio subito evade».

Tetzel arrivò a Wittenberg nell’ottobre del 1517 per i suoicommerci di anime. Lutero s’infiammò. Ma se si fosse limita-to a tuonare contro la vendita del lasciapassare per il paradi-so, forse non avrebbe provocato grandi conseguenze. Deva-stante fu l’attacco ai poteri del papa. Attenzione, disse Lute-ro, il pontefice non ha assolutamente la facoltà di perdonare ipeccati e spedire le anime in paradiso. Può assolvere anchemille volte un uomo, ma se quell’uomo non ha dentro di sé lafede, la salvezza se la può scordare.

La lezione del monaco tedesco era rivoluzionaria: inutile at-tendere miracolosi interventi dall’esterno, non servono indul-genze, pellegrinaggi, culto delle reliquie, il paradiso si conqui-sta con un profondo rinnovamento interiore. La Chiesa cattoli-ca se n’era dimenticata, aveva tradito il messaggio di Gesú. Bi-sognava tornare alla Verità rivelata della Bibbia. Dedicarsi dipiú al Vangelo e meno agli affari terreni. Sempre nei momentibui l’uomo immagina un’antica e felice epoca dell’oro. Non sivolgeva al passato solo Lutero. Era lo spirito del tempo. Torna-vano a risplendere i classici greci e romani. Nell’Europa delNord la nostalgia prese toni quasi esclusivamente religiosi.

Roma cercò di soffocare l’eresia. Leone X, papa festaiolo eappassionato di caccia, si rivolse perfino a Dio chiedendoglidi porvi rimedio, perché «un cinghiale salvatico ha fatto irru-zione nella tua vigna». Ma Dio non sembrò tanto preoccupa-to. Si arrivò al 1529, quando i governanti cattolici riuniti emi-sero un decreto di condanna contro la nuova dottrina. I prin-cipi tedeschi passati al luteranesimo risposero con un docu-mento in latino. Iniziava con protestamur, che non vuol direprotestiamo, ma «dichiariamo», «affermiamo in maniera so-lenne». E questa fu la parola magica da cui prese nome il pro-testantesimo. Santa Romana Chiesa ne uscí frantumata e il cor-so della storia europea cambiò bruscamente.

Ma nessuno poteva immaginare che il protestantesimoavrebbe fatto fiorire una grande nazione al di là dell’oceano.L’America è figlia della Riforma protestante.

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rellastra Maria Tudor, cattolica, e tornò in auge la Chiesa diRoma.

La religione del sovrano doveva coincidere con quella del-la nazione. La libertà di culto era un delitto. Cosí all’Inghilter-ra furono inflitte per legge quattro diverse confessioni ufficia-li nel volgere di pochi anni. Prima cattolicesimo e poi anglica-nesimo con Enrico VIII. Un anglicanesimo piú radicale conEdoardo VI. Ritorno al cattolicesimo sotto Maria Tudor. Eora, all’epoca che qui c’interessa, con l’avvento di Elisabetta I,gli inglesi si preparavano a cambiare nuovamente il modo dirivolgersi a Dio.

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papa gli manifestò la sua riconoscenza attribuendogli il titolodi defensor fidei.

Poi subentrò la nota questione femminile a rovinare i rap-porti. Il sovrano ripudiò Caterina, donna triste e dimessa, perprendersi la scintillante Anna Bolena. E il papa, nel 1534, emi-se una bolla contro il divorzio del re. Per tutta risposta EnricoVIII urlò che i re d’Inghilterra non avevano mai sopportatosuperiori sulla terra. Nemmeno al papa era permesso di intro-mettersi negli affari del suo regno. Si proclamò lui stesso caposupremo della Chiesa. Il cattolico Thomas More protestò e ilre gli fece mozzare la testa. Quando Norfolk gli comunicò lacondanna a morte, More disse: «C’è una sola differenza fravostra grazia e me. Io muoio oggi, voi domani».

Lo strappo con Roma avvenne a causa dei biondi ricciolidi Anna Bolena, ma lo scatto d’orgoglio del re fu condivisodall’intera nazione. L’Inghilterra era un paese geloso della suaautonomia, ostile alla soggezione verso la Santa Sede e con-vinto di non avere nulla da spartire col resto d’Europa. Comesi può vedere anche al giorno d’oggi. Ma soprattutto l’Inghil-terra era anticlericale. Detestava i preti. Un sentimento dovu-to alla corruzione, allo sfarzo, alle enormi ricchezze e proprietàterriere nelle mani degli ecclesiastici. L’abito talare assicuravabuone rendite e si faceva a gara per indossarlo. C’era un ec-clesiastico ogni 50 abitanti. Thomas Wolsey, cardinale di enor-me potere, era l’emblema della rapacità e del lusso sfacciato.Possedeva ricchezze leggendarie e quattro enormi palazzi, fracui Hampton Court, sul Tamigi.

Il re tagliò i ponti con Roma, ma fu il suo consigliere Tho-mas Cromwell a mettere ordine. Obbligò il clero a sottomet-tersi alle leggi del regno e questo segnò il trionfo dello Statonazionale sulla Chiesa d’Inghilterra. Le riforme cominciaronosolo dopo la morte di Enrico VIII. La vera Chiesa protestan-te inglese nacque nei sei anni di regno di Edoardo VI col Bookof common prayer, che conteneva la nuova liturgia. L’ultimatraccia di cattolicesimo fu spazzata via nel 1552, quando uscíun’edizione riveduta del Libro di preghiera. Tutto crollò conla morte del giovane e malaticcio Edoardo. Salí al trono la so-

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Parte prima

I puritani

Poiché ogni setta è convinta che la sua fedee il suo culto sono proprio quelli graditi al-la divinità, e non sa rendersi conto di comelo stesso essere possa compiacersi di riti eprincípi diversi e magari opposti, le singolesette entrano fatalmente in conflitto tra lo-ro, e scaricano l’una sull’altra rancore e sa-cro zelo, le passioni umane piú furiose e im-placabili.

David Hume

1716

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Il libro della verità

Domenica 15 gennaio 1559 Londra era in festa. Gli inglesiacclamavano una ragazza dall’aspetto esile, il lungo naso sotti-le su una faccia d’un pallore impressionante, ma con due oc-chi color nocciola straordinariamente luminosi. Elisabetta Tu-dor aveva 25 anni, e quel giorno riceveva la corona di reginad’Inghilterra. L’astrologo e mago John Dee aveva interrogatoa lungo le stelle e aveva scelto la data piú fausta per la cerimo-nia. Era convinta anche lei di avere gli astri dalla sua parte,nutriva una smisurata fiducia in se stessa. Era salita al tronodue mesi prima, il 17 novembre 1558, e ci rimarrà ben qua-rantaquattro anni e quattro mesi, un periodo passato alla sto-ria come un’epoca d’oro.

Quando uscí dall’abbazia di Westminster lasciò realmentesenza fiato migliaia di londinesi. Camminava dritta e autorita-ria, con la corona sui rossi capelli ricci, carica di gingilli comeun albero di Natale. Era avvolta in un vestito trapunto d’oro eappesantito da perle «grandi come noci». Sulle spalle indossa-va una morbida pelliccia di ermellino. Un collare d’oro mas-siccio le scendeva sul petto, e anelli con pietre preziose man-davano lampi dalle sue dita. Portava addosso una vera fortu-na. Non le era costata quasi nulla. Buona parte era frutto diregali. Lei era amante dello sfarzo, ma taccagna come pochi.

Elisabetta era figlia di quel tipaccio di Enrico VIII e dellasventurata Anna Bolena. Mentre lei si insediava a Londra, in

1918

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vano riunioni clandestine come i primi cristiani all’epoca dellecatacombe. Il loro cuore si riempí di gioia. Anche se l’ascesaal trono di un’altra donna sembrava un vero e proprio accani-mento della malasorte. Nei confronti del sesso debole, theweaker vessel, nutrivano lo stesso sentimento di John Knox:profondo disprezzo. Una guida femminile era «ripugnante»perché Dio ha affidato il comando all’uomo. I predicatori dalpulpito mettevano in risalto i «difetti e le molte afflizioni» delcorpo femminile. John Aylmer, che poi diventerà vescovo diLondra, era in preda allo sconforto. Diceva che «quella donnadal corpo debole, senza coraggio, senza virtú pratiche, inca-pace di incutere terrore ai nemici», poteva riscattarsi solo «fa-cendo miracoli». Affranto, il predicatore Christopher Good-man scriveva a Calvino che in Inghilterra trionfavano depra-vazione, superbia, lussuria e avarizia, «a causa del governo diuna femmina».

Ma quella «femmina» era la speranza degli esuli Mariani.Convinti che «la grande persecuzione è finita», tornavano por-tando con sé un’arma nuova: una Bibbia che alcuni di loroavevano tradotto in lingua inglese.

In passato l’idea di tradurre la Bibbia in inglese era costatamolte sofferenze agli autori. Il primo a provarci fu nel XIV se-colo John Wycliffe. Gutenberg non aveva ancora inventato lastampa e il teologo di Oxford intingeva la penna nell’inchio-stro per scrivere a mano l’intera versione del Vecchio e NuovoTestamento. Fece affermazioni sbalorditive per quei tempi.Secondo la Chiesa, quando il sacerdote pronuncia la formula«questo è il mio corpo», compie il miracolo di trasformare ilpane e il vino nel corpo e nel sangue di Gesú. Wycliffe lo esclu-se: non avviene nessuna trasformazione. E non si fermò lí. Fe-ce un gravissimo affronto al papa definendolo in pratica unabusivo, poiché le Sacre Scritture non prevedono un capo del-la Chiesa. Era pontefice Gregorio XI, il quale si infuriò mol-tissimo e scagliò ben cinque bolle contro gli «errori» di quel-l’eretico. Wycliffe si salvò dal rogo solo perché in quel perio-do i sovrani inglesi facevano finta di non sentire i tuoni papa-li. Ma la Chiesa romana è scuola di pazienza. Ben quaranta-quattro anni dopo la morte del riformatore religioso, papa

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Scozia regnava Maria di Guisa a nome della figlia minorenneMaria Stuart. Il destino dell’isola britannica era nelle mani didue donne. Il teologo scozzese John Knox, impetuoso calvini-sta, ne era inorridito e malediceva il «mostruoso regno dellefemmine».

Quando il corteo reale arrivò sulla piazza di Cheapside,bianca di neve, un attore vestito da vecchio centenario si feceincontro alla regina. Rappresentava il Tempo e guidava permano una bambina che impersonava la Verità: il Tempo, vec-chio, sempre piú carico di anni, e la Verità perennemente gio-vane e fresca. Contenuta in un libro: la Bibbia, che il vecchioregalò a Elisabetta. Lei ci stampò sopra un bacio e la strinsesul petto come un dono prezioso. La sua mente era dominatadalla religione.

Prima di lei aveva regnato la sorellastra Maria, nata dalmatrimonio di Enrico VIII con la prima moglie, Caterina d’A-ragona. Cattolica come la madre, Maria si era messa d’impe-gno a sterminare i protestanti. In cinque anni di regno ne ave-va mandati al patibolo quasi trecento. Altrettanti ne aveva la-sciati morire di fame e di inedia nelle prigioni. Ma con questeatrocità aveva disgustato tutti; si era guadagnato il sopranno-me di Bloody Mary, Maria la Sanguinaria. Nella famigerataTorre di Londra aveva rinchiuso perfino Elisabetta, sospetta-ta di complottare contro di lei. Almeno ottocento protestantiperseguitati avevano cercato salvezza all’estero, «esuli Maria-ni» in Germania, e soprattutto a Ginevra, alla scuola di Gio-vanni Calvino.

Ora però Maria la terribile era morta di cancro a 42 anni.E ai protestanti sembrava di svegliarsi da un orribile sogno.Come figlia di Anna Bolena, Elisabetta non poteva accettarela religione della Chiesa romana. Il papa aveva condannato ilmatrimonio di sua madre e lei portava stampato addosso ilmarchio di figlia illegittima. Inevitabile perciò la sua scelta diabbandonare il cattolicesimo e rimettere in piedi la Chiesad’Inghilterra, detta Anglicana Ecclesia.

A Londra erano sopravvissuti alle persecuzioni di Mariapiccoli gruppi di hotter protestants, i protestanti piú accesi,quelli che negli anni successivi saranno definiti puritani. Tene-

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Una missione speciale

Ebbe un successo incredibile. Non si faceva in tempo astamparla e già bisognava ricominciare. Qualche anno piú tar-di, anche William Shakespeare se ne procurò una. Tutte le ci-tazioni delle Sacre Scritture messe nei suoi libri, le ha preseproprio dalla versione degli esuli Mariani.

Con il testo in lingua inglese, ognuno poteva leggere la sto-ria di Abramo, gli insegnamenti dei profeti, le visioni dell’A-pocalisse, e formarsi un’idea da solo. Non c’era piú bisognodel prete che leggeva la versione in lingua antica e poi ne spie-gava a modo suo il significato. Se le cose erano diventate sem-plici, alla portata di tutti, non tutti però giungevano alle stesseconclusioni. Ognuno adoperava la testa in modo diverso, equesto aprirà la strada alle divisioni e alle sette religiose. LaChiesa perdeva il fascino misterioso e l’autorevolezza per farpresa sui fedeli. Nei cento anni successivi ne vennero stampa-te circa duecento edizioni. Era scoppiata d’improvviso in In-ghilterra una febbre religiosa straordinaria. Si cominciò adiffondere la convinzione profonda che l’Inghilterra avesseuna missione speciale da compiere. Dio l’aveva scelta perrifondare la sua Chiesa. Gli inglesi erano il nuovo «popoloeletto del Signore». Il cupo John Foxe, di cui avremo modo diparlare, con quegli occhi da ispirato e la faccia da profeta, neera talmente convinto che considerava Elisabetta la «nuovaCostantino». Come l’imperatore aveva elevato il cristianesimo

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Martino V ne fece riesumare le ossa, bruciarle e gettare la ce-nere nelle acque del fiume Swift.

Passò piú di un secolo prima che un altro temerario, Wil-liam Tyndale, si cimentasse nell’impresa di tradurre i sacri te-sti. Nel 1526 stampò le prime copie del Nuovo Testamento.Era anche lui un riformatore. La sua versione non corrispon-deva a quella autorizzata dalla Chiesa. Non gliela fecero pas-sare liscia. Il 6 ottobre del 1536 fu strangolato. Prima di mori-re gridò: «Dio apra gli occhi al re d’Inghilterra». Un auspicioche gli esuli Mariani credevano si fosse realizzato con l’avven-to di Elisabetta. Lei gli avrebbe permesso di diffondere la loroBibbia tradotta nella lingua del popolo inglese. La versioneera frutto di almeno due anni di duro lavoro, a Ginevra, la«culla della religione riformata», sotto l’influenza del franceseGiovanni Calvino. Buona parte della traduzione era opera diWilliam Whittingham, un sapiente che padroneggiava otto lin-gue e aveva sposato la sorella della moglie di Calvino. Un gros-so aiuto avevano dato lo scozzese John Knox, ChristopherGoodman, William Cole e Myles Coverdale. Lo stesso Calvi-no aveva lasciato la sua impronta, poiché l’intera opera eradominata da una concezione terrificante: l’uomo grande pec-catore e Dio giudice che non perdona.

Per la prima volta il testo si presentava diviso in capitolinumerati, stampato con caratteri moderni, due colonne dipiombo su ogni pagina, in un linguaggio nitido, comprensibi-le a tutti. Importanti erano le note. Spiegavano e interpretava-no quasi ogni paragrafo della Scrittura. Il tono era spesso diaspra polemica nei confronti della Chiesa cattolica. Il papa erail nemico, l’Anticristo, la bestia che viene fuori «dall’abissosenza fondo». La chiamarono Geneva Bible, la Bibbia di Gi-nevra. Ma la fantasia popolare rimase colpita dalla frase chedescrive la cacciata di Adamo ed Eva dal paradiso, «they knewthat they were naked and they sewed figtree leaves togetherand made themselves breeches», cioè vedendosi nudi si fecerodelle brache con le foglie di fico. E allora la ribattezzaronoBreeches Bible, la Bibbia delle brache.

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per nulla disposta al compromesso. Volevano dedicare quelvolume alla regina. Desideravano farne la Bibbia di Elisabet-ta. Ma lei li accolse con ostentata freddezza. Era una donnamolto sospettosa, resa prudente da esperienze terribili, la piúsconvolgente quando ancora bambina aveva visto tagliare latesta alla madre per ordine di quella specie di orco che era ilpadre. Preferí evitare di compromettersi con quei teologi unpo’ esaltati. Non le andava a genio «né il papista né il predica-tore del Vangelo». Nessuna simpatia per i cattolici, ma nean-che per i riformatori dalla testa calda. «C’è un solo Cristo»,disse, «è Gesú. Una sola fede. Tutto il resto sono sciocchez-ze». Aveva ereditato un regno pieno di debiti, la gente era stre-mata dalle guerre. E lei voleva pacificare gli animi, creare con-cordia, rimettere ordine e dare tranquillità ai sudditi.

Per riuscirci aveva bisogno di una Chiesa molto ben orga-nizzata, con vescovi di fiducia in grado di scegliere i ministridel culto piú docili. E questi a loro volta dovevano tenere buo-ni e tranquilli i cittadini. In testa a tutti si collocava lei, governa-tore supremo della Chiesa. Seguendo l’esempio del padre, Eli-sabetta fissava le verità di fede e poi le faceva mettere in vigorecon atti del parlamento. Era salita al trono da poco quando fe-ce approvare un documento dal titolo molto significativo: Attodi supremazia. Con esso, la regina si attribuiva il potere assolutodi intervenire a suo piacimento negli affari civili e religiosi.

Molto piú insidioso per la gente comune fu l’Atto di unifor-mità. In base ad esso, tutti erano obbligati a conformarsi allareligione anglicana. Chiunque rifiutava di seguire la religionedi Stato era un ribelle da punire. La Chiesa non era separatadallo Stato. Ne faceva parte. E diventava uno strumento dicontrollo totale. I sudditi recalcitranti che non frequentavanola parrocchia venivano multati. Anche se non ci credevano,anche se erano contrari. A lei questo non interessava. Cercavadi mostrarsi magnanima, diceva di non voler «aprire finestresulle anime». Dentro il proprio cuore ognuno era libero di nu-trire qualunque fede. Purché la coltivasse in silenzio. Senzadare fastidio.

Era un duro colpo per i cattolici. Possiamo immaginarel’avvilimento di vescovi e parroci, devoti a una religione im-

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a religione di Stato, cosí lei doveva farlo rinascere, cancellan-do la corruzione dei papi.

Alcuni religiosi protestanti erano fermamente persuasi disapere cosa si aspettava Dio dagli uomini. E si erano assunti ilcompito speciale di comunicare al volgo la parola del Signore.Stava crescendo una generazione di predicatori chiassosi, ma-gnetizzatori di folle, abili nell’arte di parlare alla gente radu-nata, capaci con la sola forza delle parole di riempire le chie-se. Su un registro di St. Margaret, a Westminster, è annotatala spesa di «1 scellino e 6 penny» necessaria per riparare alcu-ni banchi rotti dalle persone che spingevano e si accalcavanoansiose di ascoltare il Vangelo. Davanti alla cattedrale di SanPaolo, a Londra, sorgeva un pulpito chiamato Paul’s Cross, ireligiosi vi salivano per rivolgersi ai fedeli. Era adorno di crocie stemmi papali, proprio per questo finirà poi raso al suolodai puritani. Ma prima di essere distrutto fu per molti anni ilpiú rinomato palcoscenico dei sermoni. «Almeno seimila per-sone sedevano in silenzio», veniamo a sapere dalla testimo-nianza che ci ha lasciato il vescovo John Jewel. Alcune stampedell’epoca aiutano a farsi un’idea: il predicatore è attorniatoda nugoli di seguaci con la faccia assorta e la Bibbia aperta ingrembo. In un’epoca senza televisione, senza giornali e conpochissimi libri, il sermone era uno degli eventi piú eccitantidella settimana.

Non scherzavano neanche in Scozia, dove il protestantesi-mo stava trionfando piú rapidamente che in Inghilterra. Il fo-coso John Knox aveva lasciato Ginevra ed era tornato in pa-tria. A Edimburgo fece sermoni per dieci giorni consecutivi,parlava e parlava e gli scozzesi accorrevano ad ascoltarlo co-me attratti da una calamita. «Dio ha cosí moltiplicato il nostronumero», disse il teologo, «che gli uomini sembrano piovutidal cielo». Possedeva l’arte dei gesti istrionici, teneva la genteper ore a sentire lui che sproloquiava. In una lettera inviata aun amico inglese, un puritano, raccontava: «Da piú di quaran-ta giorni Dio usa la mia lingua nel mio paese natio per manife-stare la sua gloria».

I traduttori della Breeches Bible erano puritani. Gente diuna razza speciale, tutta d’un pezzo, dura di temperamento e

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Quegli odiati papisti

Fu rimesso in vigore il Book of common prayer in sostitu-zione del messale latino. Dettava al clero anglicano la liturgiae le cerimonie con cui rimpiazzare la messa. Se qualche mini-stro del culto rifiutava di celebrare in maniera corretta «i riti,amministrare i sacramenti, recitare le preghiere del mattino equelle della sera», era passibile di severe punizioni. I castighiandavano dalla perdita dei benefici ecclesiastici, alle multe, fi-no alla prigione. Rischiavano grosso perfino i lord. Nel casoin cui uno di loro avesse osato criticare il libro, doveva subireun processo da parte degli altri lord. Con questo monito, Eli-sabetta sperava di chiudere la bocca ai numerosi amici dei pu-ritani che sedevano in parlamento.

Ma i puritani erano persone sicure di avere al loro fiancoDio, nessuna minaccia li poteva intimidire. Quel libro non gligarbava per niente, anzi gli faceva «ribollire il sangue», cometuonava Anthony Gilby. Sulle piazze e nelle chiese tenevanoveementi sermoni per denunciare, con loro grande orrore, chela Bibbia era stata tradita. Possiamo provare a immaginarli,con le facce coperte da lunghe barbe, insaccati dentro unalunga tunica scura. Parlavano alla folla con un tono impres-sionante, come tanti San Giorgio sul punto di colpire il drago.

Uno degli argomenti piú controversi era l’eucaristia. Se nediscuteva nei palazzi vescovili, nelle taverne e nelle piazze. Ipuritani accettavano solo due sacramenti, il battesimo e la co-

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provvisamente soppressa. Adesso la strada maestra alla salvez-za dell’anima era cambiata e loro erano obbligati a prestaregiuramento di fedeltà alla regina, riconoscendola di fatto capodella Chiesa. Non tutti se la sentirono. Alcuni rimanevano fe-deli al pontefice romano, l’unico capo al quale erano dispostia obbedire. Il rifiuto comportava la perdita degli incarichi ec-clesiastici. In teoria. Perché nella pratica molti rimasero al lo-ro posto. La regina faceva la faccia feroce, ma nei primi tem-pi, per amore del quieto vivere, evitava di essere oppressiva.Preferiva aspettare che i capi religiosi cattolici lasciassero i lo-ro incarichi un po’ alla volta, magari per vecchiaia, senza ri-correre a odiose persecuzioni.

La situazione era stravagante. Negli altri paesi europei laRiforma era opera di teologi e predicatori. I principi la accet-tavano e la difendevano con la spada. In Inghilterra se ne oc-cupava Sua Maestà la regina. Considerava la «religione la basesu cui si fonda tutto il resto». E in questo anticipò un pozzodi scienza come Hegel, il quale piú di due secoli dopo scrisseche «la costituzione degli Stati si fonda sulla religione».

Fece sostituire l’altare con un tavolo. Abolí la messa e alsuo posto mise una cerimonia chiamata santa comunione. Nonveniva piú recitata in latino, ma in lingua inglese. Alcuni ve-scovi amanti della tradizione la presero come una pugnalata.Si radunarono a Westminster per discuterne. Il piú agguerritodifensore del latino si rivelò il decano della cattedrale di SanPaolo, Cole. «Vibrava tutto», leggiamo nel racconto di un te-stimone, «batteva i piedi con grande eccitazione e fu quasipreso dalle convulsioni». Gli diedero ragione i vescovi di Lin-coln e di Winchester, due cattolici. Erano cosí profondamentedisgustati da quelle innovazioni che cominciarono a scagliareinsulti feroci contro la regina. Arrivarono a minacciare di col-pirla con la temibile arma della scomunica. Ma tanta audacia,al limite della follia, era davvero intollerabile. E infatti i duevennero immediatamente sollevati di peso e trascinati negliantri gelidi della Torre.

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mantenere «i migliori ornamenti della chiesa e dei ministri»,di addobbarsi con i paramenti giusti per ogni cerimonia: quel-li per il battesimo, quelli per gli esorcismi, per l’unzione del-l’olio santo. Metteva becco perfino nell’abbigliamento col qua-le gli sposi dovevano presentarsi in chiesa. Pretendeva di fargliindossare vestiti di «grande splendore», e il celebrante dovevarispettare le piú appropriate «forme per rendere solenne il ma-trimonio». Invece i puritani del matrimonio si infischiavanoaltamente. Non lo consideravano un sacramento, ma solo «unmodo di vivere permesso dalle Scritture». Condannavano loscambio degli anelli come un’usanza di origine pagana. E deivestiti eleganti per la cerimonia avevano un’opinione cosí ne-gativa da considerarla una cosa addirittura blasfema. Aspira-vano alla semplicità e invece trovavano cerimonie fastose.

Litigavano con la regina perfino sui santi. Lei voleva man-tenerli, i puritani abolirli. La Bibbia non ne parla. Sono un’in-venzione della Chiesa cattolica. La speranza di utilizzarli co-me intermediari per ottenere il favore di Dio era una scioc-chezza. Essi immaginavano un rapporto diretto fra l’uomo eDio. Ognuno è solo davanti al Creatore, senza mediatori co-me i preti, i sacramenti, la Madonna, i santi. Cercarono perfi-no di screditare San Giorgio, quello che a cavallo infilza il dra-go con la lancia. In Inghilterra era, ed è ancora oggi, una glo-ria nazionale, tanto che gli eserciti andavano in battaglia al gri-do di «Saint George for England». Ma all’improvviso nei vi-coli di Londra si sparsero voci che dipingevano San Giorgiocome un uomo dalla vita depravata, un mascalzone nato inOriente da una prostituta.

Ai santi, come sappiamo, ci si rivolge con le preghiere perimplorare soccorso. Elisabetta, dopo aver messo fuori legge ilrosario, aveva provveduto a fornire un ampio catalogo di in-vocazioni, in particolare quelle del mattutino e del vespro.Aveva pensato anche ai morti. Le suppliche a loro favore in-vocavano Dio di spalancare le porte del paradiso alle animegementi in purgatorio. Ma il purgatorio per i puritani non esi-steva, Lutero lo aveva definito il «terzo luogo» inventato daipapi e di cui le Scritture non fanno parola. Perciò, allibiti, re-

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munione. Ma la comunione era per loro un normale pasto trai fedeli, in ricordo dell’ultima cena. Aveva il significato origi-nario, appunto, di eucaristia, e cioè ringraziamento. Respinge-vano invece come frutto di superstizione la storia della pre-senza reale di Gesú nell’ostia consacrata. Il prete cattolico chepretendeva di far scendere Cristo era visto come una specie dimago. La regina si era limitata ad apportare una modifica: nonbisognava piú credere nella presenza fisica di Gesú, ma soloin quella spirituale. Un compromesso per non traumatizzaretroppo i cattolici. Lasciò anche l’ostia, invece di sostituirla conil «pane comune». Voleva fare qualche cambiamento con l’a-ria di non cambiare niente.

Non era il modo piú adatto per accontentare i petulantipuritani. Perfino il servizio liturgico li irritava, troppo lungo,lasciava poco spazio al sermone, l’unico strumento efficaceper diffondere le loro idee e indottrinare la gente. Con la Rifor-ma la predicazione della parola divina divenne cruciale. Pre-dica è un termine biblico che vuol dire, appunto, insegnamen-to del Vangelo. Comprensibile perciò la reazione quando laregina proibí le prediche. Non solo perché si annoiava a mor-te ad ascoltare barbosi sermoni, ma soprattutto per evitare chei ministri del culto intrattenessero i fedeli con discorsi a leisgraditi. Fece distribuire nelle chiese il Libro delle omelie, pie-no di raccontini già belli e pronti sulla salvezza delle anime,sulla fede e le buone azioni. Bastava solo leggere. Ne furonofelici i numerosi ministri anglicani privi di istruzione e incapa-ci di costruire un discorso sensato. Grazie alle omelie, poteva-no rivolgersi ai parrocchiani senza problemi.

Ma i puritani insorsero. Vietare i sermoni equivaleva in uncerto senso a zittire Dio e impedire la propagazione del suomessaggio. La regina non poteva arrogarsi il diritto di «chiu-dere e aprire le porte del paradiso a suo piacimento, e impe-dire alla pioggia celeste della dottrina evangelica di scendere».Non solo promisero di continuare a parlare alla gente raduna-ta, ma accesero un accanito dibattito sulla necessità di manda-re nelle chiese «predicatori ben istruiti».

Elisabetta teneva molto alle forme e si preoccupava anchedell’aspetto, diciamo cosí, esteriore. Al clero raccomandava di

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Ritorno alle origini

Corruzione erano tutte le cerimonie e le forme di culto ag-giunte nel corso dei secoli senza essere previste dalla SacraScrittura. Gli anglicani replicavano che i rituali ecclesiastici,anche se ignoti alla Bibbia, facevano ormai parte della tradi-zione. Ma non era certo una risposta in grado di vincere l’o-stinazione dei puritani. Per loro si trattava di invenzioni uma-ne, «assurde e riprovevoli», perché Dio «ha rivelato comevuole essere adorato». Lui è «geloso», non tollera «consiglie-ri», e considera «malvagia, demoniaca, abominevole» ogniiniziativa degli uomini in questo campo. Invece di creare nuo-ve forme di devozione, bisognava riscoprire quelle contenutenella Bibbia.

La prima generazione di attivisti puritani era completa-mente impegnata in uno strenuo tentativo di ripristinare leusanze antiche. Il loro programma era un ritorno al tempo de-gli apostoli, a un’epoca immaginata come santa, piena di fer-vore religioso e purezza di cuore. Il modello era la Chiesa pri-mitiva, l’antica semplicità del Vangelo. I secoli successivi era-no il tempo della vergogna e del tradimento durante i quali ilmessaggio cristiano era andato smarrito. Colpa dei papi, acce-cati dalla brama di potere al punto da modificare le leggi del-l’Onnipotente. Gesú e gli apostoli amministravano la comu-nione con il pane comune, papa Alessandro lo aveva sostitui-to con l’ostia. In origine la comunione si prendeva seduti, in-vece papa Onorio stabilí di riceverla inginocchiati. Papa Pioaveva inventato i fonti battesimali. Papa Adriano escogitò lacotta, papa Igino inventò i padrini per il battesimo. Era unlungo elenco di piccole e grandi riforme dovute ai pontefici econdannate dai puritani come illecite. Respingevano anche ilsegno della croce, perché si riferiva a un oggetto, la croce ap-punto, e adorare un oggetto è superstizione.

Volevano azzerare tutto e riandare alle origini. Ma ci vole-va una riforma radicale, non i timidi cambiamenti di Elisabet-ta. «Andiamo troppo piano», lamentava sir Anthony Cooke,membro della Camera dei Comuni e simpatizzante puritano.

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plicavano che tutte quelle giaculatorie non servivano proprioa niente.

Elisabetta cominciava a esserne stufa, ma li vedeva comeuna minaccia, temeva che potessero crearle qualche pasticciocon il loro spirito battagliero. Allora cercò di rabbonirli of-frendo agli esuli Mariani, detti i «lupi di Ginevra», importantiposizioni nella Chiesa anglicana. Alcuni di loro colsero al volol’occasione, pensando di poter piú facilmente cambiare il si-stema ecclesiastico se vi stavano dentro, piuttosto che lasciarela Chiesa in mano a «belve e Anticristo». Cosí John Jewel pre-se la veste di vescovo di Salisbury e Edmund Grindal fu no-minato vescovo di Londra. John Parkhurst, «per non far ca-dere la Chiesa in cattive mani», si sistemò nella casa vescoviledi Norwich, mentre la sede di Worcester andò a EdwinSandys. Grazie a quegli incarichi, cominciarono ad affidare leparrocchie a ministri di sicura fede puritana.

Non tutti però accettarono l’offerta della regina. C’era chitemeva una trappola, un modo per rafforzare con la loro pre-senza la Chiesa anglicana. «Altri facciano i vescovi», fu lasprezzante risposta di Thomas Sampson, «io preferisco fare ilpredicatore». Lo fece nella Christ Church di Oxford, ma perpoco. Rifiutò di seguire le regole anglicane e finí in prigione.Non accettò Alexander Nowell. Rinunciò anche Myles Cover-dale, uno dei traduttori della Bibbia. Era alla soglia degli ot-tant’anni, ma dimostrava di conservare tutto il vigore e l’orgo-glio necessari per dire no. Gente come John Foxe ebbero rea-zioni sdegnate. Rifiutarono ogni compromesso e si prepararo-no a contestare molti aspetti della Chiesa anglicana. Foxe eraun personaggio altissimo, magro come un chiodo, aveva giàdato prova di una straordinaria forza polemica. Si avviava adiventare una specie di Savonarola, pronto a fulminare chiun-que con la sua lingua incendiaria. Quando Laurence Humph-rey accettò la presidenza del Magdalen college di Oxford,Foxe insorse: «Allora, amico, dimmi, hai tradito il nostrogruppo e il nostro scopo?». Ferocemente ostili anche a unaminima traccia di dottrina e liturgia papale, proponevano unforte cambiamento per «cancellare la corruzione».

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in contenitori di spezie, e molti campanelli delle chiese finiro-no al collo delle mucche. A Chichester tirarono giú la grandecroce della cattedrale e la bruciarono al mercato. Ad Ashbur-ton fecero un falò di statue e immagini «e poi tutti a fare gran-di bevute».

Il cattolico John Rastell supplicava i puritani di smetterlacon quelle profanazioni: «Voi interrompete le nostre cerimo-nie, sfasciate i monasteri, ma la vostra è falsa libertà di co-scienza». Nessuno gli diede ascolto. Alcuni preti cattolici co-minciarono a preoccuparsi per la loro incolumità fisica. Ab-bandonarono le parrocchie e vennero ben presto sostituiti dalclero protestante. Quando il cattolico John Morwen ritornòdopo qualche settimana alla sua vecchia chiesa, uno spettaco-lo agghiacciante si presentò ai suoi occhi: «Il luogo dove c’eral’altare del Santo Spirito, il nuovo vescovo lo ha trasformatoin un posto dove si siede a far chiacchiere».

Costretto a fuggire all’estero durante il regno di Maria laSanguinaria, John Jewel non provava ora nessuna pietà per leangherie subite dai cattolici. Nonostante avesse accettato l’in-carico di vescovo anglicano, continuava a comportarsi con latipica irruenza dei puritani. Scaricò il suo livore contro i cat-tolici in un memorabile challenge sermon, un sermone di sfidache risuonò dentro Westminster. Con la sua voce tonante,scandí una lista di ventisette principi di fede affermati dallaChiesa di Roma. Nell’elenco mise il purgatorio, il primato delpapa sui vescovi, la venerazione dei santi, la messa, la comu-nione con l’ostia. Tutte «invenzioni», le definí. «Giuro», gridò,«di diventare cattolico se mi dimostreranno che uno solo diquesti argomenti apparteneva alla Chiesa originaria dei tempidegli apostoli».

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Colpa della regina, secondo William Whittingham, il tradut-tore della Bibbia, che era un po’ il leader del nascente movi-mento puritano. Qualcuno si divertiva a comporre versi perdescrivere la situazione. «Wood, Williams, Whittingham andSutton/ valued the Prayer Book not a button», e cioè ai capipuritani non importava un fico secco del Libro di preghiera.

A questo punto avvenne una scoperta stupefacente. Alcunipuritani trovarono nella cappella reale oggetti sfacciatamente«papisti». Appeso a una parete, pendeva un crocefisso d’ar-gento, e sopra un tavolo, «simile a un altare», brillavano lefiammelle di due candele accese. Tutti simboli della Chiesa ro-mana. La regina per prima dava il cattivo esempio. Uno deipresenti non riuscí a frenare la sua rabbia, si lanciò contro que-gli «strumenti di Satana», gettò a terra crocefisso e candelabrie si mise a calpestarli. Lo trascinarono subito davanti ai giudi-ci, i quali gli domandarono se per caso fosse impazzito. «No»,rispose lui. Sollevò una copia della Breeches Bible e con unacerta fierezza disse: «Questo libro mi ha ordinato di farlo».

Non era il primo incidente provocato dal fanatismo. Nel-l’agosto del 1559, i londinesi, «con grande meraviglia», viderogruppi di uomini uscire dalla cattedrale di San Paolo portan-do via, come racconta il cronista dell’epoca Henry Machyn,«crocefissi, statue di Maria e Giovanni Battista, e molti altrioggetti di chiesa». Andavano a bruciarli. Stesse scene in moltivillaggi dell’Inghilterra, sconvolti da manifestazioni di odiocontro i seguaci del papa.

Dio non è raffigurabile. «È solo spirito», ripetevano i puri-tani leggendo il vangelo di Giovanni. Dipinti, statue di ma-donne, santi e crocefissi danno l’idea di una divinità fisica eimpediscono l’elevazione spirituale. Meglio fracassare tutto. Ilpopolaccio inferocito penetrava nelle chiese cattoliche e le sac-cheggiava. Afferravano statue, calici, pissidi, immagini di san-ti, arredamenti sacri, paramenti liturgici, tutti «segni di idola-tria e superstizione», e li scaraventavano fuori, bruciandolisulle piazze. «Una dolce rivincita», disse il vescovo Frere, «do-po gli orrendi roghi della regina Maria». Alcuni si impossessa-vano degli oggetti ecclesiastici e se li portavano a casa per far-ne un uso sacrilego. Pissidi e calici d’oro vennero trasformati

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per aprire il cuore degli uomini e accrescere il regno di Dio.Ne erano piú che convinti, ne avevano la certezza assoluta.

Secondo i cattolici l’uomo si salva con la fede e le opere.Deve credere e condurre una vita buona e onesta, sceglien-do liberamente fra bene e male. Lutero cambia lo scenario,dice che la salvezza arriva solo «mediante la fede». Le opere,il comportamento non contano un bel nulla. L’uomo è unacreatura perduta perché ha osato ribellarsi a Dio. Non ha imezzi per conquistare la salvezza, può solo ottenerla in donoda Dio misericordioso. Ma ci vuole la fede, il Creatore con-cede il perdono, «ci giustifica mediante la fede». I cattoliciesaltano la volontà umana, se vuole, l’uomo può farcela.Quello di Lutero invece è un uomo tremante davanti alla po-tenza di Dio. Solo Dio può decidere di redimerlo. «Non sie-te voi che avete scelto me», dice Gesú, «ma sono io che hoscelto voi».

Il dubbio atroce è se ha scelto tutti. Calvino dice di no: Ge-sú non è morto per tutti, ma solo per redimere gli eletti. I pu-ritani condividono il crudele principio di Calvino, l’umanità èfatta di santi e reprobi. Da una parte i predestinati alla salvez-za, dall’altra gli sciagurati ai quali tocca la dannazione eterna.

Naturalmente loro credevano di appartenere al popolo deisaints, gli eletti, scelti da Dio per stabilire il suo regno sullaTerra. Mantenevano un comportamento eccentrico e un orgo-glioso distacco dal resto degli esseri umani. John Manninghamli descriveva come «persone che amano Dio con tutta l’anima,ma odiano i vicini con tutto il cuore». La gente comune li ri-pagava con battute sarcastiche e solenni prese in giro. «C’è unuomo morto nel fienile. Che bello, adesso i puritani si riuni-scono e lo mandano in paradiso».

Ma chi erano veramente i puritani? Quando l’arcidiaconoLowth accusò l’aristocratico William Ryshton di vivere secon-do i costumi puritani, Ryshton replicò che l’arcidiacono «nonsa cos’è un puritano piú del suo vecchio cavallo». In effettiuna definizione precisa è impossibile.

In senso generico, i puritani erano i protestanti inglesi. Ilprotestantesimo assunse tre forme: luterana, calvinista e angli-cana. Dentro gli anglicani c’erano i puritani. Non ci fu mai un

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La ricerca della purezza

I puritani rappresentavano una minoranza, ma erano ag-guerriti e potevano contare sulle simpatie di importanti aristo-cratici e di alcuni parlamentari. Perfino a corte stava prenden-do piede un atteggiamento ad essi favorevole. Avevano unbuon seguito fra gli abitanti di Londra e in molti villaggi del-l’Inghilterra, soprattutto nella contea di Northampton.

I capi del movimento erano tutti teologi. Evangelizzatoriansiosi di portare ai loro vicini la buona novella. Prendevanola Bibbia alla lettera e in base ad essa spiegavano la realtà. Unafrase come «il sole, la luna e le stelle cadenti dal cielo» conte-neva secondo loro un significato profetico. Voleva dire che lacaduta dei cattolici in Inghilterra era scritta. Quando leggeva-no le parole del profeta Isaia «in noi sarà infuso uno spiritodall’alto, allora il deserto diventerà un giardino», essi eranoprofondamente convinti che dietro quelle immagini poetichesi celava un messaggio trasmesso da Dio agli uomini. Il signifi-cato a loro appariva chiarissimo: lo «spirito infuso dall’alto»era la grazia che Dio avrebbe fatto scendere nei tenebrosi cuo-ri degli esseri umani.

Un’altra frase, tratta questa volta dal libro di Zaccaria, puòaiutarci a capire meglio l’influsso del testo biblico sulla men-talità dei puritani: «Non con la potenza, né con la forza, macon il mio spirito, dice il Signore degli eserciti». Era ancorauna prova che lo spirito, la grazia divina, sarebbe intervenuto

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Sicuramente erano individui di una razza speciale. Fonda-rono colonie che si sono talmente sviluppate da diventare lanazione piú potente del mondo. Non li spingeva il desideriodi memorabili avventure, ma il sogno temerario che piú volteha abbagliato gli uomini nel corso della loro storia: creare ilregno di Dio sulla Terra. Per la verità, il loro paradiso voleva-no farselo in Inghilterra. Ci provarono per almeno sessant’an-ni, dal 1560 al 1620.

In tutto quel tempo germogliarono le idee e la mentalitàche poi diedero i loro frutti in America. L’Inghilterra fece daincubatrice. Ma si rivelò ostile a una teocrazia. Cosí i puritanicominciarono a veleggiare verso le coste americane. Seguire-mo il formicolio delle loro attività e vedremo perché sono iprogenitori dell’America. Alla fine di questo volume trovere-mo che i figli non riconoscono piú i padri. Un’America scan-dalizzata volge lo sguardo verso l’Inghilterra e l’Europa interae scorge una terra in preda al peccato.

Oggi, dopo quattrocento anni, molte cose sono cambiate,ma gli eredi dei puritani continuano a essere un popolo im-pregnato di profondi sentimenti religiosi. Il primo presidentedegli Stati Uniti d’America George Washington giurò su unacopia della Breeches Bible. La stessa davanti alla quale ha alza-to la mano per il giuramento George W. Bush. «È impossibi-le», disse Washington, «governare correttamente il mondosenza Dio e la Bibbia».

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movimento compatto, con un’aspirazione comune. Nel girodi pochi anni si formarono vari gruppi, ognuno con una ten-denza propria. Possiamo catalogarli come persone che si rico-noscevano nella Chiesa d’Inghilterra, ma non erano soddisfat-te di come la stava organizzando Elisabetta. Ci trovavano trop-pe somiglianze col rituale popish, papista.

Inflessibili, erano pronti a sfidare qualsiasi avversità pur diportare nella Chiesa purity, purezza. Non intendevano abbat-tere la Chiesa anglicana, la volevano solo purificare, purify, ecioè eliminare i riti pomposi, spazzare via gli addobbi dellechiese, togliere ai ministri del culto i paramenti sacri, cancella-re la liturgia e i sacramenti imposti dal papa. Volevano atte-nersi solo alla «pure Word of God», al puro insegnamento delVangelo. «La Bibbia, ripeto, la Bibbia è la nostra unica reli-gione», scriveva William Chillingworth. Fu questo insistenterichiamo alla purezza a farli definire «puritani». L’etichetta glivenne appiccicata addosso per burlarsi di loro. Ed essi la sop-portarono per molti anni come un’offesa. Preferivano chia-marsi «fratelli devoti». Col tempo il termine puritani comin-ciò a indicare un movimento non solo religioso ma anche po-litico e sociale. Ma agli occhi della gente comune i puritani ri-masero individui un po’ strani, di rigidi principi morali e asse-tati di esercizi religiosi.

Erano certamente dei fanatici. Ma nella storia le personetranquille non hanno mai avuto nessuna importanza. La storiaappartiene a quelli che si agitano e danno fastidio. Loro si bat-tevano come leoni ed erano disposti a tutto per il trionfo deipropri ideali. Col tempo il movimento promosso dal clerocoinvolse anche i laici, aristocratici e gente umile. Nel giro dipoche generazioni, con la Bibbia in mano, compirono impre-se straordinarie che hanno cambiato il mondo.

La storia dei puritani appartiene a un’epoca di gentiluomi-ni e soldati, sognatori e avventurieri, predicatori e pirati, ari-stocratici e gente che voleva cancellare le differenze sociali.Un’epoca di personaggi eccezionali, audaci e visionari, che ri-nunciarono alla comodità delle loro case e partirono alla con-quista di una terra sconosciuta e ostile. Abbandonarono la pa-tria e andarono a cercarne una nuova al di là dell’oceano.

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Fra tutti i sostenitori dei puritani, quello che si trovava nellaposizione migliore per esercitare una grande influenza era l’ele-gante lord Robert Dudley, futuro conte di Leicester. Dudley erain quel periodo il favorito di Elisabetta, il «dolce Robin», lochiamava lei, mentre i cortigiani piú rozzi l’avevano ribattezzato«il gallo che siede accanto alla gallina». Una delle spie di Filip-po II di Spagna, il conte De Feria, li teneva d’occhio e mandavarapporti informativi al re: «Sua Maestà lo va a trovare nella suastanza notte e giorno». Nel corso del suo lungo regno, Elisabet-ta subí la corte pressante di molti uomini ma non volle prender-ne nessuno per marito. Negli ultimi anni si vantava di esseregiunta illibata alla soglia della vecchiaia. E voleva che sulla suapietra tombale fosse scritto: «Una regina che regnò, visse e morívergine». La Virgin Queen. Un’altra spia di Filippo II nutrivamolti dubbi sulla storia della castità. Riferiva che Enrico di Na-varra l’aveva baciata sulle labbra «davanti a testimoni». E com-mentava acido: «Vuole far credere che vive nella sua cella comeuna suora. Una vera figlia di quella puttana della madre».

Le piaceva farsi gioco degli uomini. Uno degli spasimanti,François, duca di Alençon, veniva da lei sbertucciato col no-mignolo Ranocchio, per via del suo labbro inferiore tropposporgente. In compagnia dei maschi Elisabetta si trovava ameraviglia. Quando dava sfogo alla sua natura meno regale sidivertiva con loro a raccontare barzellette spinte e bestemmia-va come un carrettiere. Con i suoi adoratori passava giornateintere, dall’alba al tramonto, a caccia di cervi e daini. Se unapreda veniva catturata viva, gliela portavano lasciando a leil’onore di squarciarle la gola. Invitato a una battuta di caccia,l’ambasciatore francese annotò che quel giorno la regina ave-va centrato con l’arco ben sei daini. Oggi sarebbe incompren-sibile e poco chic divertirsi con gli animali, ma a quei tempiassistere alle zuffe tra cani, oppure galli addestrati per questoscopo era uno dei piú eccitanti passatempi. La regina preferi-va gli orsi. Elettrizzata, urlava senza ritegno quando li vedevasbranarsi, tutti insanguinati.

Se questa donna cosí sanguigna conservò davvero l’illiba-tezza è un argomento che ha appassionato molti curiosi, i qua-li però non sono mai venuti a capo del mistero. I pettegoli di

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Predicatori e nobiluomini

Un uomo dell’Ovest era solitamente guardato con disprez-zo dai londinesi. Ma sir Francis Russel, conte di Bedford, purvenendo dagli ondulati paesaggi del Devon, era un personag-gio accolto con tanto di rispetto anche nella corte elisabettia-na. Come testimoniava la sua biblioteca di oltre quattrocentovolumi, a sir Francis interessavano soprattutto gli argomentireligiosi. Giovanni Calvino lo aveva ospitato in Svizzera du-rante la persecuzione di Maria Tudor e lo considerava uno de-gli spiriti piú eminenti fra i rifugiati inglesi. «Il piú influente eil piú nobile fra gli aristocratici elisabettiani», lo definí unodei seguaci di Calvino. Era talmente stimato e autorevole chenel 1561 William Cecil, primo consigliere di Elisabetta, mandòlui in Francia per svolgere una delicata missione presso la cor-te parigina. Sir Francis si fece accompagnare dal traduttoredella Bibbia William Whittingham che parlava bene francese.

Il nobiluomo aveva preso a cuore la causa dei puritani e di-venne uno dei loro piú ardenti protettori. I cortigiani piú rino-mati stavano invecchiando e avevano perduto vivacità, mentreapprodavano a corte nuovi gentlemen come sir Francis Knol-lys, sir Anthony Cooke, sir Nicholas Bacon. Si erano lasciaticonquistare dagli eloquenti predicatori. In casa di sir Bacon,anche la seconda moglie, Ann, era una puritana sfegatata. Apoco a poco la rete di amicizie e protezioni si allargava e stavaprendendo corpo un’organizzazione molto simile a un partito.

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trici circolari che si aprivano nella pelle come piccoli crateri.Per coprirle si spalmava sulla faccia aceto e biacca, una so-stanza colorante bianca molto nociva perché conteneva piom-bo. Poi metteva sulle guance una crema fatta di tintura rossa ebianco d’uovo. Erano i cosmetici di allora, simili a vernici,contenevano metalli pesanti, mercurio, zinco, rame. Perfinoarsenico. Gli scienziati hanno studiato i resti di persone mortenel sedicesimo secolo in Russia. Nelle ossa della granduchessaSofia, morta nel 1504, hanno trovato 58,6 milligrammi dipiombo per chilo, contro i normali 1,9. I resti della zarina Ev-dokia Streshneva, morta nel 1645, contengono 115 milligram-mi di piombo per chilo. Nelle ossa della zarina Anastasia Ro-manova, morta nel 1560 a 25 anni, è rimasto un concentratodi mercurio spaventoso.

Elisabetta era alta un metro e sessantatré, aveva un fisicod’acciaio e non si stancava mai. Poteva andare a caccia tutto ilgiorno e passare la notte ballando. Le piaceva la galliard, unadanza difficile, un po’ simile al saltarello, definita «la danzadall’entusiasmo incontrollabile». I puritani guardavano a que-sti svaghi di corte con profondo disgusto e condannavano daipulpiti «quelle musiche sfrenate, quei gesti scomposti e mo-struosi tonfi dei piedi». La regina andava matta anche per unaltro ballo, la volta. Come si capisce dal nome, era di origineitaliana ed è considerata un’antenata del valzer. Aveva un rit-mo scatenato e si ballava a faccia a faccia con il partner, cosaritenuta a quei tempi scandalosa. Per di piú Elisabetta mentreballava compiva un gesto assolutamente sconveniente: scopri-va il ginocchio. Il parroco di un villaggio raccontò questo par-ticolare ai fedeli e lamentò la grande calamità di avere per re-gina «una prostituta».

Erano tempi di costumi allegri e lassismo morale, gli ingle-si di epoca elisabettiana se la spassavano. Il puritanesimo fuuna reazione al permissivismo, una rivolta spirituale. Ma nonsegnò una svolta verso la libertà e la ragionevolezza. Inauguròun lungo periodo di fanatismo e intolleranza.

Per oltre quattro anni i puritani avevano atteso invano direspirare aria veramente nuova nelle chiese. Avevano chiestocon insistenza di abolire le campane, eliminare le vetrate colo-

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Londra avevano un’unica certezza: se qualcuno era riuscito afarle perdere il tesoro al quale tanto teneva, questi era il melli-fluo lord Dudley. Solo lui raggiunse un grado di intimità taleda destare non pochi sospetti.

Dudley era in una condizione privilegiata per aiutare i pu-ritani. Calvinista convinto, non era difficile scorgere la sua fi-gura corpulenta aggirarsi nelle taverne frequentate dai prote-stanti francesi scappati a Londra. Dal modo in cui veniva te-nuto al corrente di tutto si potrebbe dedurre che egli avevaguadagnato l’autorevolezza per diventare il capo politico delmovimento puritano. Uno dei tanti messaggi a lui diretti loinformava che ventotto «devoti predicatori hanno completa-mente abbandonato l’Anticristo e i cenci papisti». Era una no-tizia importante che lascia capire come si stesse diffondendofra i puritani il vento della rivolta. Non obbedivano piú ai ve-scovi anglicani e si strappavano di dosso i paramenti sacri, i«cenci papisti». Siamo nel 1563. Era scoppiata la guerra degliabiti rituali, considerata da alcuni studiosi come il vero iniziodel movimento puritano.

Allegri costumi

Fino a quel momento si era giocata fra Elisabetta e i puri-tani una partita complicata ma priva di scontri ruvidi. Poiesplose questo primo grande litigio, che proseguí per cinqueanni e guastò per sempre i rapporti. La disputa è conosciutacome vestiarian controversy, la guerra dei paramenti sacri.

I puritani rifiutavano l’abbigliamento dei preti cattolici.Anthony Gilby, uno degli esuli Mariani, si definiva «nemicogiurato del papa», e fremeva di sdegno quando gli passavanodavanti i ministri anglicani addobbati alla vecchia maniera.Detestavano anche la tonsura dei preti. «Sono come le scim-mie», insultava l’arcidiacono Thomas Cole, «loro sono calvi intesta, le scimmie dietro».

Quando si trovò ad affrontare questa grana, la regina si eraappena rimessa da una grave infezione di vaiolo. Ne era uscitaviva per miracolo. Ma il suo viso era rimasto sfigurato da cica-

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Una grande confusione

Alla regina sembrava ovvio che la gente preferisse vedereun ministro officiare le cerimonie religiose abbigliato con unacerta eleganza. Una splendida cotta con ricami dorati aveva an-che i suoi lati utili: incuteva piú rispetto verso la Chiesa, e aicattolici dava la sensazione che in fondo niente era cambiato.

Ma a parte le ragioni di opportunità, la regina preferiva pertemperamento che vescovi e ministri fossero bardati in modosgargiante. Era un’esibizionista affascinata dal lusso. I suoi ri-tratti ce la mostrano incapsulata dentro vestiti gonfi comemongolfiere da cui spuntano solo le belle mani con lunghe di-ta affusolate e quel viso bianchissimo e fiero. Spesso portavaabiti di foggia italiana, di sete pregiate e morbidi velluti, rica-mati con fili di vari colori, decorati con diamanti, rubini, zaffi-ri e ogni tipo di gingilli. Sfoggiava massicce collane di perle,anelli, spille, enormi bracciali. Non doveva mancare un venta-glio e un sacchetto pieno di aromi, utile per combattere gliodori pestilenziali che rendevano irrespirabile l’aria nei grandipalazzi reali, a causa di inadeguati sistemi fognari e della diffi-coltà di smaltire le montagne di rifiuti.

Le acconciature esagerate della sovrana avevano contagia-to gli altezzosi cortigiani i quali facevano a gara nell’esibire in-dumenti vezzosi. Come ha scritto lo storico William Camden,«un portentoso eccesso nel vestire aveva investito l’Inghilter-ra». Oltre a lei, però, nessuna donna doveva agghindarsi in

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rate, togliere ai ministri del culto cotte e piviali e fargli indos-sare una semplice tunica come quella degli apostoli. Siccomeerano di spiriti irascibili, di fronte al silenzio della regina, de-cisero di procedere per proprio conto. Il segnale partí da duecollege di Oxford, dove il presidente del Magdalen, LaurenceHumphrey, e il decano del Christ Church, Thomas Sampson,si scagliarono contro «questi comici vestiti, simboli papisti», escelsero un rude vestito di stoffa nera. L’onda della protestaarrivò fino a Cambridge, dove piú di trecento studenti dellefacoltà di teologia si rivoltarono buttando via la cotta.

Prima della Riforma c’era in Europa una sola Chiesa, quel-la cattolica che faceva capo a Roma. Tutti i preti usavano glistessi abiti e paramenti liturgici. Uno diverso per ogni cerimo-nia. Con la Riforma luterana le cose cambiarono anche nelcampo dell’abbigliamento sacro. Il primo a rinunciare agli «or-namenti inutili» fu il vecchio professore di Lutero, AndreasKarlstadt, detto Carlostadio, teologo dell’Università di Wit-tenberg. Un giorno il buon Andreas si presentò ai fedeli «conla semplice toga nera di docente universitario per officiare lamessa». E senza i paramenti sacri diede per la prima volta pa-ne e vino direttamente nelle mani dei fedeli. L’esempio fu se-guito in molte chiese europee, dove i preti cominciarono a in-dossare «un semplice abito nero». Tutti gli ornamenti consi-derati adiaphora, cioè non essenziali, andavano sparendo. Ilmotivo era sempre lo stesso: ripristinare l’umiltà di Gesú Cri-sto anche nell’aspetto esteriore.

La toga nera fu accolta senza problemi nei paesi protestan-ti. Solo in Inghilterra diventò un affare di Stato. Elisabettanon ne voleva neanche sentir parlare. Rese obbligatorio il pi-viale per l’eucaristia e la cotta per tutte le altre funzioni. Im-pose ai ministri del culto di «mettersi addosso gli abiti indica-ti per la cerimonia della santa comunione, vale a dire un cami-ce bianco con un paramento liturgico o piviale». Fece perfinopiazzare a Westminster un manichino coi vestiti giusti, il clerofu invitato a osservarlo bene e adeguarsi.

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espresso la sua volontà, gli uomini non avevano diritto di so-stituirsi a lui e darsi regole di comportamento di testa propria.

Il numero degli ecclesiastici ostili cresceva di giorno in gior-no. «Qui nessuno indossa la cotta», concluse un’inchiesta nelSuffolk. In alcune diocesi come York, Lincoln, Norwich, i tra-sgressori venivano trattati con molta indulgenza da vescoviche erano stati esuli Mariani. Loro stessi erano favorevoli ariforme incisive, specie nel campo delle cerimonie. Quando laregina venne a sapere di questi irrispettosi comportamentiandò su tutte le furie. Era inferocita con i vescovi che restava-no inerti e ordinò di fare una repressione molto severa. Whit-tingham e i suoi amici ne furono delusi e irritati. Cominciaro-no a porsi una domanda rivoluzionaria per quei tempi, e cioèse la regina doveva essere sempre obbedita quando parlava inmateria di religione. La disputa sui paramenti sacri rischiavadi prendere una strada insidiosa per la sovrana, ma soprattut-to aveva reso evidente che nella Chiesa anglicana c’era ormaiun’altra Chiesa, ed era quella dei puritani.

L’offensiva contro «queste ridicole sciocchezze» partí il 25gennaio del 1565, quando Elisabetta scrisse una lettera all’ar-civescovo di Canterbury Matthew Parker, che era stato cap-pellano di sua madre Anna Bolena. Ordinò «di trovare meto-di efficaci perché siano mantenuti un esatto ordine e unifor-mità in tutte le forme esteriori di riti e cerimonie». Bisognavariferirle se qualche vescovo non faceva rispettare le regole,avrebbe pensato lei a metterlo in riga.

Imposizioni

Parker era un uomo mite. Avrebbe voluto raggiungere uncompromesso accettabile per tutti. «Sappiate», disse alla regi-na, «che questa è gente dura. Va in carcere piuttosto che sot-tomettersi». Lei fu irremovibile: «Allora sbatteteli in carcere».Fu cosí che l’arcivescovo, contro il suo carattere e il suo con-vincimento, fece pressioni sul vescovo di Londra, EdmundGrindal, per fargli richiamare all’ordine i ministri del culto.Sebbene Grindal fosse anche lui contrario agli abbigliamenti

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maniera appariscente per non rischiare di rubarle l’attenzionegenerale. A una dama di compagnia che aveva osato presen-tarsi con un vestito troppo elegante fece una solenne lavata ditesta davanti a tutti. Era cosí orgogliosa delle sue gorgiere aruota, ricamate e plissettate, che fece una legge per vietare al-la gente comune di portare quell’addobbo reale. D’altronde ilsuo regno ha lasciato il segno dello splendore nelle case, neimobili e nell’abbigliamento, è passato alla storia come il miti-co stile Tudor.

Andare d’accordo con una donna cosí vanesia era impossi-bile per i puritani. Detestavano le sue acconciature pomposeed erano scandalizzati per la sfacciataggine con cui pretende-va di essere adulata e riverita «come se si trattasse di una dea».Per la prima volta decisero di ribellarsi. Cominciarono a get-tare via i paramenti sacri. La cotta, disse un ministro di Lich-field, «è il maledetto marchio del diavolo». E un curato diManchester tuonava che «la cotta è uno straccio papista, chila indossa non si salva». Nelle chiese dove officiavano ministripuritani sparivano dalla circolazione stole, cappelli squadrati,collarini e cotte ricamate. Alcune parrocchie decisero di ven-derli o darli in affitto alle compagnie teatrali.

Il vescovo John Jewel, uno degli esuli Mariani, era control’«abbigliamento scenografico», desiderava «estirpare alle ra-dici ogni traccia di papismo», tanto che aveva «ridotto a pez-zetti candele e crocefissi in tutta la mia diocesi». Tuttavia nonriusciva a capire la cocciutaggine dei puritani. Li esortava aessere piú comprensivi: «Siete cosí fissati con gli abiti, comese la religione cristiana fosse una questione di ornamenti». Uninvito alla ragionevolezza veniva anche dal vescovo di LondraEdmund Grindal. Spronava a non disertare le chiese «a causadi poche cerimonie», poiché «la pura dottrina del Vangelo ri-mane in tutta la sua interezza». Grindal cercava di ammansirei piú fanatici dicendo che il Signore non si era preso la brigadi scendere troppo nei particolari, non aveva segnalato nellaBibbia proprio tutti i comportamenti richiesti all’uomo, anchei piú banali. Alcune cose le aveva lasciate indifferenti, e in me-rito ad esse l’uomo poteva regolarsi usando il buon senso. Sba-gliato, rispose il pugnace Whittingham. Se Dio non aveva

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to pure lui dell’incarico. Era famoso per gli studi di botanica,ma soprattutto per le curiose abitudini insegnate al suo cane:quando vedeva passare un ministro anglicano spiccava un bal-zo per strappargli dalla testa il cappello squadrato.

La cacciata dei ribelli lasciò molte parrocchie scoperte.Con l’avvicinarsi della Pasqua, i fedeli si sentivano privati del-le funzioni della settimana santa e provocarono disordini. Cir-ca cinquecento scalmanati percorrevano le vie di Londra chie-dendo il ritorno dei loro pastori e invadevano le chiese dovestavano officiando cerimonie i ministri conformisti. Chiunquesi fosse trovato nei paraggi avrebbe potuto sentire gli irripeti-bili insulti urlati contro la regina. Uno dei caporioni della pro-testa era un ben noto agitatore di nome Robert Crowley, unpersonaggio vulcanico con la stoffa del vero leader. Grandifolle accorrevano a Paul’s Cross per ascoltarlo mentre accom-pagnava le parole con gesti da commediante. Aveva il genioinnato dell’organizzatore, ma la sua attività ritenuta piú peri-colosa e che finí per rovinarlo era quella dello stampatore diopuscoli destinati a diffondere le idee puritane. Fu lui il pri-mo a intuire che il movimento poteva crescere soltanto con lapubblicazione di testi utili a far conoscere le loro ragioni.Crowley era una specie di agguerrito giornalista della sua epo-ca. Scrisse e stampò il Breve discorso contro l’abbigliamentoesteriore, considerato il primo manifesto puritano. Diceva chePaolo e gli apostoli non portavano paramenti sacri. E «i pro-feti non avrebbero mai usato l’abbigliamento dei preti». Toc-cava solo a Gesú Cristo indicare «cosa è necessario per i mi-nistri», non alla regina. Il fatto che lei volesse a tutti i costiimporre i suoi capricci significava che erano tornati «i tempidelle persecuzioni».

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pomposi, cercò di convincere i puritani a seguire le indicazio-ni della regina «per amore dell’ordine».

Ma quel timido modo di procedere provocò una scenatadi Elisabetta molto teatrale. Quando era veramente infuriatanon si controllava, veniva fuori la sua natura arrogante e fero-ce ereditata da suo padre Enrico VIII. Le capitava in quei mo-menti di prendere perfino a schiaffi o colpire con la pianellala persona che aveva davanti.

Intimò a Parker di emanare un documento ufficiale per im-porre a tutto il clero l’accettazione del vestiario comandato.Chi rifiutava, peggio per lui, avrebbe perso l’incarico e non glisarebbe stato piú permesso di tenere cerimonie religiose danessuna parte. Il povero Parker si mise al tavolino e produsseun monito intitolato Advertisements, avvisi. Prima di renderlinoti, li fece leggere alla regina, la quale furbescamente evitò dimetterci sotto la sua firma per lasciarne la responsabilità al so-lo arcivescovo. Adesso i ministri erano avvisati principalmen-te di due fatti: chi fra loro aspirava a pronunciare sermoni do-veva prima essere esaminato per vedere se la sua dottrina era«conforme a quella stabilita dalla pubblica autorità». Per quelche riguardava i vestiti di tutti i giorni, bisognava indossare«un abito dritto alle maniche, senza tagli in esse, e sopra nien-te mantelline svolazzanti, ma cappe di seta come quelle per-messe da Enrico VIII». Chi si ribellava, rifiutando di portarel’abito talare, stole, piviali e cotte, doveva essere considerato,«con dispregio», puritano o precisian, rigorista.

Era marzo del 1566. Tutto il clero di Londra fu convocatoa palazzo Lambeth, una delle residenze dell’arcivescovo, perricevere direttamente gli Advertisements. E sentire se avevanointenzione di accettare le imposizioni. Chi non era dispostoveniva sospeso immediatamente. Perdeva le prebende ed eraridotto in miseria. La paura della fame spinse 61 ministri a di-re sí. Ma 37 si rifiutarono, furono subito sospesi con granderimpianto di Parker perché erano «i migliori e i piú bravi pa-stori della città». L’ira della regina si abbatté anche sui dueoxfordiani che avevano dato origine alla protesta: Sampson eHumphrey furono allontanati dai loro college. Nella cittadinadi Wells viveva un decano di nome William Turner. Fu priva-

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di insulti con urla e con «ululati di corni, suonati da donne».Le cronache registrano poi una «gazzarra femminile» di cui fuvittima un predicatore che aveva abbandonato la causa puri-tana. Venne circondato da «un nugolo di donne» minacciose.

Un certo sbandamento percorse le file dei puritani. Senzavedere una sola richiesta accolta, spinti via dalla capitale, pro-vavano un senso di profondo isolamento. Si rivolsero ai nobiliprotettori, il conte di Bedford e Robert Dudley. Grazie alle lo-ro perorazioni, speravano di convincere la regina a mostrarsiun po’ piú accomodante. Ma ogni sforzo fu inutile. Sulla que-stione religiosa lei non ammetteva l’interferenza di nessuno.Aveva costruito una Chiesa prendendo un po’ dai cattolici (or-ganizzazione e liturgia), un po’ dai protestanti (la teologia), leaveva dato un minimo di equilibrio e non voleva fare nemme-no la piú piccola modifica. Considerava assolutamente defini-tivo il modo in cui l’aveva ordinata. Aveva mantenuto l’epi-scopato, trasformando in pratica l’arcivescovo di Canterburynel papa inglese. Niente le avrebbe fatto cambiare idea.

Invece di darsi per vinti, i puritani diventarono piú aggres-sivi, arroganti, sprezzanti. Cominciarono a manifestare unacaratteristica diventata poi esasperata nelle colonie americane,quella dei censori spietati di ogni comportamento umano incontrasto con le loro regole di vita. Presero di mira i viciniperché lasciavano crescere i figli per strada senza controllo esenza disciplina. Si scagliarono contro l’antica usanza di ven-dere birra nelle chiese allo scopo di raccogliere fondi. Li irri-tava ogni forma di svago, volevano abolire le feste e buttarevia anche il Natale, di cui non c’è traccia nella Bibbia, era en-trato nella tradizione solo perché i papi lo avevano messo alposto di un’antica festa pagana. Secondo John Gough, il Na-tale era utile a «celebrare Bacco piú che servire la memoria diGesú Cristo». Nicholas Breton, personaggio vissuto in quel-l’epoca, ci ha lasciato il racconto di come se la passavano aLondra il 25 dicembre: «Adesso è Natale, e nessuna coppa dibirra può andare giú senza una danza. Bestie, pesci e selvaggi-na, una generale mattanza, le farine sono pronte per il forno ela pasticceria. Carte e dadi svuotano i borsellini di molti. Mache importa? Allora “buona salute”, e “benvenuti”, e “Dio sia

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Uno stile di vita

Era la fine del dissenso pacifico e il principio di una scher-maglia sempre piú rude. Crowley fu mandato via da Londra,ma siccome la sua lingua non trovava pace lo gettarono in pri-gione. L’ordine di sgomberare da Londra riguardava anche al-tri predicatori. Con la speranza di renderli innocui venivanosparpagliati nei villaggi piú remoti. John Gough e John Phil-pot, due luogotenenti di Crowley, furono spediti a Horne nel-la diocesi di Winchester. Quando si imbarcarono a LondonBridge furono salutati da circa trecento donne che offrironoun’abbondante scorta di viveri e li spronarono a resistere. Lelondinesi erano particolarmente aggressive nel difendere i pu-ritani. John Bartlett, predicatore di St. Giles Cripplegate, ave-va spinto la contestazione dove mai nessuno aveva osato pri-ma. Aveva detto che «la supremazia esercitata dai vescovi sulresto del clero e sui laici non ha alcun fondamento nella paro-la di Dio». A dargli retta, tutta la gerarchia ecclesiastica dove-va essere abolita perché illegittima. Fu invece cancellato il suoincarico e sessanta donne inviperite assediarono il vescovoGrindal davanti alla sua abitazione. Se ne andarono solo quan-do il vescovo promise: «Mandate una mezza dozzina dei vo-stri mariti e parlerò con loro». Grindal se la vide brutta anchein un’altra occasione. Si era recato in visita nella parrocchia diSt. Margaret, con in testa un simbolo cattolico, il cappellosquadrato, che era simile al tocco accademico. Lo riempirono

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curavano godimento dei sensi. Unici canti permessi, i Salmiperché facevano parte della Bibbia. «Ora a Londra», riferisceil cronista Machyn, «la nuova moda è il canto dei Salmi». Ave-vano da ridire anche sul modo di impartire il battesimo. Nongradivano il segno della croce sulla fronte del neonato. Lemamme col bimbo in braccio arretravano di colpo se il mini-stro osava alzare la mano per fare il segno della croce. Rifiuta-vano anche la formula «è redento» pronunciata alla fine dellacerimonia. Mica Dio aveva distribuito la grazia a tutti gli uo-mini indiscriminatamente.

A quei tempi era concesso alle levatrici di battezzare i neo-nati in pericolo di vita. Ai puritani non stava bene, temevanoche questa usanza servisse alle streghe per impadronirsi deipiccoli corpi e compiere i loro riti satanici.

Quando i parlamentari ebbero davanti la lista con le ri-chieste di innovazioni, ne discussero in toni molto accesi. Allafine non le accolsero, ma solo per un pelo. I presenti diedero43 voti a favore e 53 contrari. Quando però arrivarono i votiespressi per procura il risultato finale fu 58 sí e 59 no. Un so-lo voto di differenza. Metà parlamento era dalla parte dei pu-ritani. Segno che le loro idee si stavano facendo strada rapida-mente e conquistavano le teste di molti inglesi. Londra, la-mentava Elisabetta, è diventata «una città dove ogni mercantepuò avere il suo istitutore e funzioni religiose notturne per in-dottrinare la servitú».

I primi laici attratti dal movimento puritano furono pro-prio i mercanti. Li seguirono uomini della piccola borghesia,che cercavano di farsi strada nella società col lavoro e l’inizia-tiva individuale. La categoria che col tempo si impose come lapiú attiva fu la gentry, i nobili minori, i signorotti di campa-gna. Agli orecchi di tutte queste persone operose, decise a mi-gliorare la propria vita con l’impegno, il messaggio puritanosuonava ottimistico e gradito. Se loro erano gli eletti del Si-gnore, avevano l’assistenza di Dio anche nella vita terrena, po-tevano aspirare a una grande fortuna e prosperità. Ne ricava-vano fiducia, sicurezza, attribuivano il loro successo alla gra-zia divina e si sentivano sempre piú rappresentanti di una raz-

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con voi”». Giochi e abbuffate. Due cose molto peccaminose,gli austeri puritani erano per la tolleranza zero. «Dagli un ditoe si prenderanno un braccio».

Anche il primo di maggio li disturbava. Era una festa chesegnava la fine dell’inverno e l’arrivo dell’estate. Ragazzi e ra-gazze sciamavano nei boschi a raccogliere rametti di bianco-spino coi quali coprivano i tetti delle case in segno di buonaugurio. Scandalizzati, i puritani bollarono quell’usanza come«vuota frivolezza con il rischio di depravazione».

Nel fondo di sé erano convinti di vivere in un mondo orri-bile dove ogni giorno, ogni minuto, bisognava combattere coldiavolo e le sue ben note aggressioni. Satana era sempre pron-to ad approfittare di un momento di debolezza per indurre intentazione. Le ore dell’ozio e dello svago erano le piú propizie,le ore in cui il demonio esercitava le sue arti perverse. Bisogna-va diventare esperti nel combatterlo. C’era una sola via: educa-re e redimere le persone con la lettura e rilettura delle paginedella Bibbia. Per sapere cosa voleva Dio da ciascuno era ne-cessario cercare accuratamente nella Sacra Scrittura e penetra-re il significato di ogni passo. Leggere i testi sacri divenne unobbligo per i fedeli. Essere ignoranti era un peccato. Se valse arovinare i piani del diavolo non sappiamo. Ma un risultato pra-tico lo produsse: la gente imparò a leggere per necessità e l’In-ghilterra divenne una nazione con pochi analfabeti.

Profondamente convinti di essere nati per ristabilire la leg-ge di Dio, i puritani presentarono al parlamento un elenco diriforme alle quali aspiravano. Oltre all’abolizione delle festi-vità e degli abbigliamenti liturgici, avanzarono pretese che de-notavano la loro mania di attribuire grande significato a ogniminimo gesto. Durante le funzioni religiose volevano guarda-re in faccia il sacerdote. Esigevano poi di ricevere la comunio-ne stando seduti, senza inginocchiarsi, perché non credevanoalla presenza di Cristo nell’ostia o nel pane consacrato, e per-ciò non vedevano motivo di umiliarsi con atteggiamenti osse-quiosi. Dio era una luce da accogliere nel proprio cuore in si-lenzio e nella massima concentrazione. Ciò era impossibile senelle chiese continuavano a echeggiare suoni di organi e cantiecclesiastici che distraevano lo spirito e, peggio ancora, pro-

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Una scomoda cugina

Scacciare da Londra le teste piú calde non fu una brillantetrovata. I puritani si trasformarono in «fratelli predicatori» iti-neranti e si misero a diffondere le loro idee anche nei piú sper-duti villaggi del regno. La speranza di renderli innocui spe-dendoli lontano ebbe l’effetto contrario. Si allontanarono «nonper disperdersi, ma per unificare la nazione». Uno di loro,Thomas Lever, raccontava di «viaggiare da un capo all’altrodell’Inghilterra per amore di predicare il Vangelo». I nobili liproteggevano e li finanziavano. Myles Coverdale era sostenu-to dalla duchessa di Suffolk. John Foxe era benvoluto dal du-ca di Norfolk. Anthony Gilby vantava l’appoggio del conte diHuntingdon, mentre William Whittingham, il predicatore piúinfluente del movimento, ebbe la fortuna di conquistare lesimpatie del conte di Warwick, Ambrose Dudley, fratello diquel lord Robert Dudley, che stava cosí a cuore alla regina.

Nel 1562, il conte Ambrose fu nominato comandante delleforze inglesi e inviato da Elisabetta all’assedio della città fran-cese di Le Havre. Come aveva fatto sir Francis Russel, si feceaccompagnare da Whittingham, lo considerava «una personacosí eccellente che per nessuna cosa al mondo vorrei perde-re». Al ritorno chiese al fratello di trovare una sistemazioneconfacente al suo assistito. Lord Robert era contento di ri-compensare un buon puritano e presto fu in grado di manda-re al conte Ambrose una lettera per annunciargli che «Sua

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za di uomini destinata a prevalere e a dettare legge per la glo-ria di Dio e gli interessi degli eletti.

D’altra parte i principi morali dei puritani, l’autodiscipli-na, la rispettabilità, il rigore nel proprio comportamento, siaccordavano alla perfezione con le virtú richieste alle personeindustriose. «Dove manca la disciplina», ammonivano i puri-tani, «c’è vita licenziosa e scuola di malvagità». Nessuna im-presa o commercio può ingrandirsi senza disciplina e unastraordinaria abnegazione. Cosí i valori puritani si rivelavanoutili per l’accumulo di ricchezza.

Siamo a una svolta cruciale. Il movimento puritano conti-nuerà a essere animato da accesi evangelizzatori, ma l’adesio-ne dei laici lo cambia. Perde l’aspetto di una teologia. Diventauno stile di vita.

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monio degli ecclesiastici furono i luterani in Germania. Aitempi del burbero Enrico VIII, il teologo Thomas Cranmeraveva apprezzato il nuovo costume del clero tedesco. Appro-fittando di una missione in Germania, prese in moglie la nipo-te di un noto luterano. Quando il re lo richiamò in patria pernominarlo arcivescovo di Canterbury, Cranmer arrivò a Lon-dra con un grande baule. Dentro era nascosta la moglie. Nonpoteva mostrarla perché in Inghilterra il matrimonio dei sa-cerdoti era ancora illegale. «Bisognerebbe includere questa si-gnora fra gli oscuri martiri della Riforma», dice Roland Bain-ton. Fu Edoardo VI, figlio di Enrico VIII, a fare nel 1549 lalegge che permetteva al clero di sposarsi. Ma li declassò, nonpiú una casta sacra, ma semplici ministri del culto.

Un tempo anche ai preti cattolici era consentito prenderemoglie, ma questo aveva dato origine a un grave malcostume:la parrocchia con tutti i suoi beni veniva trasmessa di padre infiglio. Per stroncare l’insano commercio nel secolo XI il papaimpose il celibato al clero. I preti si consolarono circondando-si di concubine.

Ribellioni

Nell’estate del 1566 a Londra si manifestò un fenomenonuovo. Alcuni predicatori sospesi perché rifiutavano i para-menti sacri avevano perso la speranza di poter modificare laChiesa anglicana, pensarono fosse meglio abbandonarla. Era-no i primi tentativi di dar vita a una Chiesa separata da quellaufficiale. «Alcuni cittadini del piú basso livello», si rammari-cava il vescovo Grindal, «insieme con quattro o cinque mini-stri, si sono apertamente separati da noi». Si riunivano in caseprivate e nella bottega dell’orafo James Tynne. Il loro numeroandò crescendo e il 10 giugno 1567 si diedero appuntamentoper il primo grande raduno. Avevano affittato la Plumber’sHall, nella City, con la scusa di un matrimonio. In realtà vole-vano partecipare a una funzione religiosa e ascoltare qualchesermone. Ma durante la cerimonia fecero irruzione gli sbirridella regina. Dispersero la folla e arrestarono i predicatori.

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Maestà ha acconsentito» a nominare Whittingham decano diDuhram. Anche se il predicatore non aveva titolo per occupa-re quell’incarico non essendo stato ordinato prete anglicano.

Duhram è nel nord montagnoso del paese, dove il ventodella Riforma stentava a diffondersi. Cosí Whittingham quan-do mise piede nella bella e antica cattedrale si trovò all’inter-no di un tempio di stampo cattolico. Si mise al lavoro per mo-dificarne l’aspetto. Sostituí l’altare con un tavolo e spogliò lacattedrale di tutte le statue, le immagini sacre e ogni tipo diornamento. La statua del patrono St. Cuthbert, sopravvissutaa selvagge incursioni nei secoli passati, fu fatta a pezzi, fra lostupito sgomento dei cattolici. Whittingham sollevò perfino lelastre di pietra che coprivano le tombe dei vecchi priori. Pre-levò tutti gli oggetti sacri, calici e crocefissi sepolti coi morti eli distrusse. I recipienti di pietra in cui erano deposti li tra-sformò in abbeveratoi per cavalli e maiali.

Prese parte alla devastazione anche la moglie, Katherine,che era cognata di Calvino e francese come lui. Le capitò frale mani una bandiera di St. Cuthbert che nei secoli passati,durante le battaglie, veniva fatta sventolare in cima a una lun-ga asta per segnalare ai soldati il punto di raccolta. La bruciòcome un vecchio cencio. Poi adattò due fonti battesimali al-l’uso irriguardoso di contenitori di scorte di carne e pesce sot-to sale.

C’era molta richiesta di predicatori come Whittingham. Inalcuni villaggi erano frequenti le collette per raccogliere i fon-di necessari al mantenimento di un predicatore. Se il loro mi-nistro era «un cane muto», perché non era istruito o perché silimitava a leggere le omelie, i parrocchiani si coalizzavano epagavano per far venire un predicatore «vero». I fedeli ascol-tavano rapiti. Era come se zampillasse musica dalla Bibbia.

Noi oggi non possiamo neanche immaginare la carica emo-tiva che emanavano i predicatori quando parlavano dai pulpi-ti di quercia. A Ipswich ne ingaggiarono due per cento sterli-ne all’anno ciascuno. A Colchester venivano raccolti «libericontributi volontari» per offrire le sostanze necessarie ai pre-dicatori. Avevano tutti una famiglia da sfamare perché ai pro-testanti era consentito sposarsi. I primi a permettere il matri-

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va accettando le attenzioni dell’italiano Davide Rizzio, un cat-tolico che le faceva da segretario ed era diventato suo consi-gliere, forse anche amante. Darnley lo odiava, la sera del 9marzo 1566, sotto gli occhi della regina atterrita, lo pugnalò amorte con l’aiuto di alcuni complici. Knox benedisse l’assassi-nio dicendo che «il gesto era giusto e degno di ogni lode». Mala regina, che era incinta, rimase talmente scossa da non sop-portare piú la vista del marito. Pochi mesi dopo Darnley fuucciso certamente per ordine della moglie.

Subito lei cadde fra le braccia di un altro spasimante chenon la meritava, James Hepburn, conte di Bothwell, sospetta-to di essere il vero assassino di Darnley. Rissoso, brutale, giàsposato, Bothwell si liberò della moglie e Maria lo prese permarito. Se ne pentí subito. Lui la maltrattava e minacciava diuccidere il piccolo Giacomo, figlio di Darnley, che nel frat-tempo era venuto al mondo. Era talmente esasperata che fupiú volte sul punto di togliersi la vita. Gli scozzesi odiavanoBothwell. Siccome Maria non se ne liberava la collera popola-re si rivolse anche contro di lei. I nobili assunsero la direzionedella protesta. Presero prigioniera la regina, e mentre la follagridava «Bruciate quella puttana», la obbligarono ad abdicarein favore del figlioletto, che aveva solo dieci mesi. Lei accettòe poi fuggí in Inghilterra. Non rivide mai piú suo figlio che fuproclamato re di Scozia col nome di Giacomo VI, «un re infasce». La cerimonia fu officiata da un Knox incollerito anchepiú del solito perché si erano fatta scappare Maria invece ditagliarle la testa. «Pazzi scozzesi», inveí. «Hanno disobbeditoa Dio risparmiando la regina».

Ora, a 26 anni, Maria Stuart arrivava in Inghilterra per di-ventare una spina nel fianco di Elisabetta. Era piú giovane epiú bella di lei. Già questo faceva ribollire il sangue alla vani-tosa sovrana inglese. Ma la cosa piú allarmante era che ades-so aveva in casa una pericolosa rivale perché Maria era catto-lica, il papa e le potenze cattoliche contavano su di lei per ri-pristinare in Inghilterra la loro religione. La stessa Maria, chesi fece cogliere presto al centro di intrighi e complotti, eraconvinta di aver diritto al trono d’Inghilterra come nipote diEnrico VIII.

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Elisabetta era alle prese con le ribellioni puritane quandoapprese una notizia con importanti risvolti religiosi. Nel 1568 laregina di Scozia Maria Stuart fuggí in Inghilterra. La sventurataaveva perso il trono e cercava la salvezza nel regno della cugina.Aveva alle spalle una vita segnata da spaventosi fatti di sangue.Otto anni prima, nel 1560, aveva visto morire la madre Mariadi Guisa e il marito, il fragile e malaticcio Francesco II, re diFrancia. Rimasta sola, si fece convincere da suo cugino, lord Ja-mes Stewart, a lasciare la Francia per andarsi a sedere sul tronoreale di Scozia. Arrivò a Edimburgo il 19 agosto del 1561. Trovòun paese in mano ai protestanti. Lei era cattolicissima e il cugi-no, pur essendo protestante, le promise di far celebrare la mes-sa. Cosa che avvenne effettivamente nella cappella di Holyrood,il palazzo reale, la domenica successiva al suo arrivo. Gli scoz-zesi divennero furiosi e ci furono disordini per le strade. «Unamessa», urlò l’irascibile John Knox, «mi spaventa piú di dieci-mila uomini armati». Andò a gridarlo in faccia alla regina. Trovòuna ragazza di 19 anni, orgogliosa e piena di energia. Scuoten-do la sua lunga barba bianca, la derise, chiamandola «questaAnticristo romana», definí la Chiesa cattolica «una prostituta»,paragonò se stesso all’apostolo Paolo mentre Maria gli ricorda-va Nerone, grande persecutore dei cristiani.

In seguito Knox continuò a tormentarla. A volte lei ne pian-geva disperatamente. Il teologo aveva una forte presa sullagente comune e la sua avversione poteva essere fatale. Per levie della città ci si poteva facilmente imbattere in quell’uomoinvasato che incuteva terrore e circolava sempre con la scortadi uno squadrone di guardie armate.

Maria era una donna molto passionale e si abbandonò piúvolte ad amori tempestosi e sfortunati. Nel 1565 sposò lordDarnley, un giovane bellimbusto dalla testa vuota. Un mesedopo il matrimonio, i due sposi si presentarono a una cerimo-nia religiosa tenuta da Knox. La chiesa cominciò a rintronaredi urla e violente ingiurie contro di loro. Knox strillava che«gli idolatri devono essere messi a morte» e gli esecutori «de-vono essere gli uomini del popolo di Dio».

L’unione con Darnley si trasformò presto in un incubo. Luiera perennemente ubriaco e la picchiava. La regina si consola-

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Un paese sotto shock

Fu un libro a rendere piú aspro l’odio verso Maria e tutti icattolici. Un volume grosso come un mattone, diviso in settan-taquattro capitoli. Raccontava brutalità cosí indicibili da farinorridire. S’intitolava Libro dei martiri e conteneva le storieorripilanti delle torture inflitte ai cristiani nel corso dei secoli.Una galleria di orrori che partiva dai tempi di Nerone, passavaattraverso l’Inquisizione spagnola e indugiava soprattutto sullepersecuzioni di Maria Tudor, la Sanguinaria. Una «tragica, pie-tosa e dolorosa storia, piena dei piú crudeli e tirannici misfat-ti». I papi venivano presentati come «eretici che si sono stacca-ti dalla Chiesa di Cristo» e hanno inflitto sofferenze ai veri cri-stiani accanendosi contro di loro anche dopo morti, come ac-cadde nel 1557 a Cambridge, dove i corpi dei riformatori Mar-tin Bucer e Paulus Phagius furono dissepolti, «gettati su unagrande pira di legna e legati con una lunga catena di ferro co-me se fossero vivi, prima di appiccarvi il fuoco».

L’autore del volume passava in rassegna i piú comuni stru-menti di tortura, descriveva con raggelante precisione i sup-plizi con la graticola, la ruota, l’olio bollente. Trattamenti daiquali i corpi uscivano sfigurati, finché andavano a lasciare l’a-nima tra le fiamme. Davanti agli occhi dei lettori si spalanca-vano le scene terrificanti delle esecuzioni. In massima partegente umile, artigiani, bottegai e un alto numero di donne.Anche qualche personaggio rinomato: John Hooper, vescovo

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Le preoccupazioni di Elisabetta apparvero subito giustifi-cate. I nobili delle contee del Nord, a maggioranza cattoliche,resi baldanzosi dalla presenza di Maria, si sollevarono sotto laguida di sir Thomas Percy, conte di Northumberland. Il 14novembre 1569 trecento uomini armati fecero irruzione nellacattedrale di Duhram, rovesciarono il tavolo eucaristico diWhittingham, agguantarono i libri protestanti e la Bibbia inlingua inglese e accesero un grande falò. Cancellarono accura-tamente i simboli puritani e li sostituirono con quelli degni diun tempio cattolico. Furono eretti due altari, uno enorme dipietra e mattoni, e l’altro fu recuperato sotto una montagna diimmondizia dov’era stato gettato. Gli echi della messa in lati-no risuonarono di nuovo sotto le volte della cattedrale. Ma fuun breve intervallo, solo poche settimane. La rivolta si spense,i ribelli sparirono sulle montagne, e Whittingham ricominciòdaccapo a spazzare via le odiate «cianfrusaglie papiste».

Nei villaggi del Nord gli insorti catturati furono appesi alleforche e dimostrarono quanto fosse vana la speranza di rove-sciare una Tudor. L’insurrezione aveva però spaventato Elisa-betta, la quale da quel momento tenne praticamente prigio-niera Maria. Cominciò a mandarle lettere minacciose. Le con-sigliava di stare calma e di scoraggiare altre sommosse, se nonvoleva «un giorno o l’altro ritrovare qualcuno dei suoi fedelis-simi accorciato della testa».

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ria e faceva due passi in un boschetto adiacente. E lí piú voltelo avevano sentito singhiozzare e piangere al buio. Quandogli chiesero i motivi di quel comportamento, disse di aver ca-pito che la verità si trovava nei Vangeli, e non era quella chevolevano far credere il papa e i preti. Siccome erano i tempidi Maria la Cattolica, fu accusato di eresia e buttato fuori dalcollege.

Divenne uno degli esuli Mariani, vagò fra Strasburgo, Fran-coforte e Basilea. Se bisogna credere all’unica immagine checi rimane di lui, una stampa, aveva una lunga faccia ossuta, egrandi occhi fiammeggianti. Era un uomo meticoloso, che di-vorava gli antichi testi latini, greci ed ebraici. La sua ricercaper raccogliere le notizie sulle terrificanti sofferenze dei marti-ri durò undici anni. Notte e giorno scriveva e ricopiava a ma-no pagine e pagine. Era un uragano di energia che in ogni pa-rola riversava la furia, la rabbia e tutto il fanatismo di cui eracapace. Grande trascinatore di folle, quando parlava assume-va un tono drammatico e violento. È rimasto memorabile unsuo sermone a Paul’s Cross, quando definí il papa «bestia san-guinaria».

Come gli antichi profeti credeva che i misfatti degli uominiprovocavano la collera del cielo, ed essa si manifestava con se-gnali eloquenti. Mentre Hooper veniva portato in prigione ac-cadde che «il cielo si oscurò e la luce divenne buio». Nei suoidiscorsi Foxe evocava carnefici, impiccagioni e fiamme crepi-tanti con un tale macabro gusto da far pensare che ci provasseun po’ di sadico piacere. Era anche disonesto perché descri-veva fatti e persone come conveniva a lui. I tormenti patiti daun Thomas More lo lasciavano indifferente. Anzi ostentavaun profondo disprezzo verso il cattolico autore dell’Utopia.«Un feroce persecutore di uomini buoni, uno spregevole ne-mico della verità del Vangelo».

Il suo libro ha lasciato un segno straordinario. Chi lo leg-geva si formava un’orrenda opinione del cattolicesimo, e per-ciò fu detto che «niente arrecò una ferita piú micidiale al pa-pato». Il tenebroso Foxe aveva compreso la forza della cartastampata. «Il Signore», disse, «ha cominciato a operare per lasua Chiesa non con la spada, ma con la stampa». E il papa si

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protestante, uomo schietto, intransigente e intrattabile, invisoa Maria Tudor, fu legato al palo e ai suoi piedi venne acceso ilfuoco. La legna era verde e stentava a bruciare. Appena lefiamme raggiunsero le gambe, un colpo di vento improvvisole spense. Allora un altro fuoco bruciò lentamente le gambedi Hooper. Si spense anche quello «mentre la parte superioredel corpo era ancora intatta». Di nuovo venne riacceso e Hoo-per fu sentito gridare: «Signore Gesú, abbi pietà di me, Signo-re Gesú accogli la mia anima». Nessun dettaglio, per quantoraccapricciante, veniva risparmiato. C’era perfino la descrizio-ne delle braccia che si dissolvevano, con «grasso, acqua e san-gue che gocciolavano dalla punta delle dita».

Altri due illustri martiri furono i vescovi Hugh Latimer eNicholas Ridley. Incatenato su un fuoco lento, Ridley era inagonia, mentre Latimer bruciava piú rapidamente, «sembravaimmergere le sue mani e la sua faccia nelle fiamme». Rivolsele ultime parole all’amico sofferente: «Consolati Maestro Rid-ley, noi oggi, per grazia di Dio, accenderemo una candela inInghilterra che confido non sarà mai spenta».

Maria la Sanguinaria aveva mandato al rogo perfino l’arci-vescovo di Canterbury Thomas Cranmer, protestante. Dallaprigione, Cranmer aveva scritto una lettera per ritrattare lasua fede. Se ne pentí subito e giurò di punire la mano che «perpaura della morte ha scritto cose contrarie alla verità nel miocuore». Quando fu pronto per l’esecuzione tenne la mano de-stra ferma tra le fiamme, finché apparve come carbone agliastanti. «E presto, l’intero corpo di Cranmer bruciò».

L’Inghilterra era sotto shock. La stessa regina sfogliandoquelle pagine sconvolgenti rimase talmente impressionata cheordinò di mettere una copia del libro in ogni chiesa e in ognicollege a disposizione dei fedeli. Tutti dovevano conoscere lecolpe dei cattolici e rabbrividire. Quel librone divenne unaspecie di testo sacro per i puritani.

Lo aveva scritto John Foxe, un personaggio lugubre e ag-gressivo di 53 anni. A 25 era già docente universitario al Mag-dalen college di Oxford, dove lo ricordavano curvo sui testiantichi fino a tarda notte, quando, intabarrato in una toga ne-ra lunga fino alle caviglie, usciva a prendere una boccata d’a-

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Un uomo di genio

La guerra dei paramenti sacri non era solo una faccenda diabiti. Nascondeva un progetto ben piú ambizioso e rivoluzio-nario. I puritani volevano rendere la Chiesa libera, indipen-dente dallo Stato. Nessuno dall’alto, nemmeno la regina, do-veva ficcare il naso nelle faccende religiose. «All’inizio», scris-se il decano di York, Hutton, «era una questione di cappello,cotta e stola, ma adesso arriva a coinvolgere i vescovi, arcive-scovi e cattedrali, e il rovesciamento dell’ordine stabilito e l’au-torità della regina nelle questioni ecclesiastiche».

Avanzava una nuova generazione di predicatori piú intolle-ranti, convinti che la Bibbia non solo indicava le regole giuste,ma le rendeva obbligatorie: ignorarle significava tradire la vo-lontà di Dio.

La natura dei contrasti con la regina si era spostata su uncampo piú insidioso. Riguardava l’assetto della Chiesa. Manessuno l’aveva ancora detto in maniera esplicita. Fino al 1570,quando si levò la voce di Thomas Cartwright, definito dai con-temporanei «un superbo uomo di genio», la prima grande fi-gura della storia del puritanesimo. Durante una serie di lezio-ni a Cambridge, «quel puritano incendiario» si mise a dire chele Scritture non parlano di capi religiosi e di chierici a lorosottoposti. La Chiesa non aveva bisogno di vescovi e di un pa-pa, doveva essere regolata secondo il sistema presbiteriano. Ingreco antico presbys vuol dire vecchio, anziano. Al consiglio

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poteva anche arroccare dentro Castel Sant’Angelo, «la stampalo sradicherà». Sembra quasi di sentire Humphrey Bogart cheannuncia beffardo: «È la stampa, bellezza. E tu non ci puoifare proprio niente».

L’influenza di quel libro sulle coscienze degli inglesi nonera solo dovuta alle atrocità narrate. La gente credé di trovarein esso anche un messaggio che indicava il popolo inglese de-stinato alla grandezza. Foxe aveva ricostruito la storia dei mar-tiri dall’Impero romano fino all’Inghilterra dei suoi tempi. Si-gnificava che proprio lí, in Inghilterra, gli orrori finivano ecominciava una nuova epoca. Era venuto il tempo della re-denzione. Molti ci trovarono la conferma che Dio aveva scel-to l’Inghilterra per rifondare la sua Chiesa. I puritani, che giàavevano una smisurata fiducia in se stessi, si sentirono piúconvinti che mai di essere gli unici interpreti fedeli del dise-gno divino. I racconti di Foxe diventarono parte della loroformazione. Quando, mezzo secolo dopo, i loro discendentiattraversarono l’Atlantico per stabilire il regno di Dio nelNuovo Mondo, portarono con sé due libri: la Bibbia e il volu-me di Foxe.

Generazioni di ragazzi sono rimaste senza fiato nell’impa-rare a scuola le storie dei martiri che sono entrate a far partedella tradizione dei popoli americano e inglese. Elisabettachiamava il loro autore «nostro padre Foxe». Ma siccome nongli perdonava le idee puritane e l’odio per i paramenti sacri,non permise mai di assegnargli una carica ecclesiastica.

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splende su un uomo piú erudito di Cartwright». Altri predi-catori lo seguirono. L’Inghilterra era ormai un paese ostile airiformisti.

Al contrario di quanto pensava Cartwright, la regina vollesubito ricordare a tutti che l’ultima parola in fatto di religioneera la sua. Gliene diede occasione William Strickland, un an-ziano gentiluomo che, nell’aprile del 1571, ebbe la grande au-dacia di presentare alla Camera dei Comuni un decreto per lariforma del Libro di preghiera. In seguito i cortigiani piú intri-ganti e i frequentatori di taverne raccontavano in toni coloriticome la furia di Elisabetta aveva investito il vecchio Strick-land. Considerava improvvida quell’iniziativa per due motivi,primo perché intaccava i suoi diritti sovrani di capo della Chie-sa, l’unica abilitata a introdurre modifiche in campo ecclesia-stico. E poi perché andava al di là delle competenze del parla-mento. A quel tempo il parlamento veniva convocato quandofaceva comodo alla corona e solo per tre scopi: approvare letasse, fare leggi sugli argomenti proposti dalla sovrana, e dareconsigli, casomai fossero richiesti.

Strickland si era rivelato un temerario e la regina lo feceespellere dal parlamento. Ma gli altri parlamentari diedero vi-ta a un baccano infernale. Si placarono quando dalla corte ar-rivò un messaggero con la notizia del perdono per il vecchiogentiluomo.

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degli anziani Cartwright voleva assegnare il controllo delleparrocchie. La loro nomina non doveva piú avvenire nelle can-cellerie di vescovi e arcivescovi. Era compito delle comunitàdei fedeli scegliersi i loro pastori fra le persone in grado di te-nere un sermone e spiegare il Vangelo. L’esempio migliore eraquello di Pietro, descritto da Cartwright come un antico pre-sbiteriano, una guida fra persone uguali, senza gradi e senzarapporti gerarchici.

Se prevaleva un simile disegno, il governo centrale dellaChiesa andava a farsi benedire, i titoli di vescovo e arcivesco-vo, «saltati fuori dal pozzo senza fondo dell’inferno», in pra-tica sparivano. E la regina perdeva ogni autorità in campo re-ligioso.

La fama di Cartwright si diffuse rapidamente in tutta l’In-ghilterra. Era dotato di un’eloquenza magnetica, la gente si fa-ceva a piedi anche trenta miglia per andarlo ad ascoltare. Di-venne cosí popolare che la chiesa di Great St. Mary’s si riem-piva e «il sacrestano era costretto a tenere le finestre aperte»perché le persone rimaste fuori potessero sentire.

Oggi gli avversari di Cartwright avrebbero cercato di de-molire il suo progetto parlando in televisione e scrivendo arti-coli sui giornali. A quel tempo il vescovo John Whitgift, chepoi diventerà il grande inquisitore dei puritani, aveva un solostrumento: pubblicare alla svelta un libello. Ne venne fuoriuna Replye to Cartwright colma di velenoso rancore. Il teolo-go rispose subito con un altro volumetto intitolato Replieagainst Doctor Whitgift.

Cartwright fu abbastanza imprudente da mettere in dub-bio l’autorità della regina in materia ecclesiastica. Disse che ipríncipi sono «servitori della Chiesa», devono «sottomettereil loro scettro» e «abbassare le loro corone davanti alla Chie-sa» e «leccare la polvere ai piedi della Chiesa». Aveva vera-mente esagerato. Venne espulso dal college. A nulla valsero lemanifestazioni di protesta degli studenti e di diciotto profes-sori scesi in strada a reclamare il ritorno dell’insigne teologo.Cartwright era ormai un uomo sotto tiro. Per evitare la pri-gione fuggí a Ginevra, dove lo accolse Beza, il successore diCalvino. Beza ne rimase affascinato, disse che «il sole non

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bert Crowley. La sua lingua si rivelò perfino piú tagliente ecaustica di quella di Crowley. Quando parlava, irradiava unfascino prodigioso che mobilitava le folle. Ben presto la suafama volò al di là della Manica. Sul continente raccontavanomeraviglie a proposito del nuovo astro inglese. C’era in lui ilgenio della propaganda. Per diffondere la propria dottrinascriveva montagne di lettere e le spediva alle persone piú in-fluenti. Radunava i seguaci e li incitava a non perdersi d’ani-mo. Divenne il capo riconosciuto del gruppo puritano piú ra-dicale, una specie di Lenin del puritanesimo.

Le eccellenze ecclesiastiche si resero conto di avere a che fa-re con un tipo pericoloso che lanciava dal pulpito progetti rivo-luzionari come l’abolizione dei vescovi e il passaggio al sistemapresbiteriano. Se lo avessero lasciato libero di arringare le folleavrebbe certamente galvanizzato con la sua energia un gran nu-mero di sostenitori. Gli chiusero immediatamente la bocca.

Ora, a 27 anni, sospeso dall’incarico, si guadagnava da vi-vere dando lezioni private senza aver perduto nemmeno unbriciolo del suo spirito combattivo. «Non è piú tempo di starea guardare», annunciò con la consueta audacia al suo amicoThomas Wilcox, di circa due anni piú giovane di lui. Era laprimavera del 1572. Insieme scrissero nel volgere di pochigiorni un libretto di inaudita violenza indirizzato al parlamen-to che era convocato per maggio.

A giudicare dal titolo, An Admonition to the Parliament, ilvolumetto si annunciava quanto mai insolente e provocatorio.Quando i cortigiani cominciarono a sfogliarlo rimasero sba-lorditi dagli insulti al vetriolo rivolti ai vescovi, bollati comepersonaggi «saltati fuori dal letamaio del papa». Field e Wil-cox andavano dritti al loro problema centrale: mettere fine al-l’episcopato. «Non è una controversia fra noi e i vescovi, co-me loro vorrebbero far credere, per un cappello, una mantel-lina, o una cotta, ma per una ragione ben piú importante: l’or-ganizzazione della Chiesa secondo la parola di Dio».

L’enormità delle pretese dei giovani predicatori era accom-pagnata da un vero e proprio progetto di ricostruzione dellaChiesa anglicana a partire dalle fondamenta. I vecchi preti do-vevano «essere completamente rimossi» perché curavano i pro-

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Contro i vescovi

Nella nuova generazione di predicatori spiccava un giova-ne rivoluzionario di straordinaria forza polemica. John Fieldera un londinese di origini umili e sicuramente oscure. Non ciè nota la storia della sua famiglia e gli anni della sua adole-scenza sono avvolti in un mistero assoluto. Sappiamo solo cheera nato nel 1545 e aveva potuto seguire studi regolari aOxford grazie alle sovvenzioni della Compagnia dei lavoratoritessili. Ad un certo punto il giovane Field aveva conosciuto iltorvo John Foxe e ne era rimasto abbagliato. Lo aveva aiutatoa ricostruire le storie dei martiri ed era venuto fuori da quel-l’esperienza con l’animo sconvolto e colmo di rabbia.

Anche un altro episodio contribuí a fare di lui un estremi-sta. Il 25 marzo 1566, quando aveva 21 anni, ricevette l’ordi-nazione clericale dal vescovo Grindal. Esattamente il giornodopo si propagò nei vicoli di Londra la notizia che l’arcive-scovo Parker aveva punito con la sospensione 37 ministri per-ché rifiutavano di indossare i paramenti sacri. Rimase scon-certato da quel provvedimento e giurò di dedicare il resto del-la sua vita a combattere i soprusi dei capi ecclesiastici. Am-brose Dudley, conte di Warwick, già sostenitore del vecchioWhittingham, era ammirato dalla grinta e dalla spavalda per-sonalità di quel giovane, lo prese sotto la sua ala protettrice.

L’esordio di Field come predicatore avvenne nella stessaparrocchia dove si era esibito il suo degno predecessore Ro-

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Quando la Camera dei Comuni prese in esame l’Admo-nition alcuni parlamentari cercarono di venire incontro aField. Volevano perlomeno trovare il modo di permettere aigruppi puritani di seguire i loro riti e le loro cerimonie senzausare il Libro di preghiera. Ma i sostenitori delle riforme furo-no sconfitti e il loro tentativo finí in un disastro: a metà giu-gno, Field e Wilcox furono imprigionati a Newgate.

Se non potevano piú far sentire la propria voce, il librettodi cui erano autori parlava per loro. Andava a ruba. Entro ilmese di agosto ne erano già state tirate tre edizioni. Il vesco-vo Whitgift ammise che era «nelle mani e sulla bocca di tut-ti». Ciò rese furibonda la regina che emise un ordine rivolto atutti quelli che erano venuti in possesso di una copia del libroproibito: avevano venti giorni di tempo per consegnarlo aivescovi. Ce n’erano montagne a Londra, eppure alla scaden-za dell’ultimatum, il nuovo vescovo della capitale EdwinSandys fece una relazione alla sovrana in cui annunciava ma-linconicamente: «Il proclama di Sua Maestà non ha prodottoeffetti: non è stato consegnato nemmeno un libro». Se lo pas-savano di nascosto, lo facevano circolare e le idee degli autoriconquistavano nuovi adepti. Quello che stava accadendo ave-va tutta l’aria di una rivolta. Se ne rese conto il vescovo diLondra al quale spettava il compito di scegliere ogni settima-na il predicatore da mandare a Paul’s Cross. Li chiamava perconcordare l’argomento dei sermoni. Ma poi quelli non ri-spettavano gli accordi e andavano a sobillare la gente controla regina.

Popolarità

A novembre, mentre Field e Wilcox continuavano a marci-re in prigione, venne stampato clandestinamente e messo incircolazione un altro volumetto, intitolato Second Admonish-ment. Gli autori sono rimasti sconosciuti, ma insistevano suglistessi argomenti, con particolare accanimento chiedevano l’a-bolizione del Libro di preghiera, perché copiato dal messalecattolico, «pieno di cose abominevoli».

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pri interessi invece di occuparsi delle anime dei fedeli. «Cac-ciate questi ignoranti e imbelli ministri in carica». Gli uominidi chiesa avevano la brutta fama di occuparsi troppo dei lorocommerci, collezionavano prebende, vendevano le terre delleparrocchie, e il piú delle volte risiedevano lontano dai villaggidi loro competenza, dove si facevano vedere solo in rare occa-sioni. La gente ne era nauseata e le proteste dei puritani veni-vano largamente condivise. Field e Wilcox volevano un cleroumile e completamente votato alla crescita spirituale dei fedeli.Portavano come esempio gli apostoli che esercitavano la loromissione «in maniera semplice, mentre noi in maniera pompo-sa, con canti, suoni di flauti, eccessi di ogni tipo e con addossomantelli ricamati». I vescovi dovevano rinunciare ai loro privi-legi: «Toglietegli l’autorità, l’ozio, la pompa, l’inutilità, e inveceimpiegateli per gli scopi con cui era nata la Chiesa antica».

Field aveva un concetto etico della Chiesa, che non dovevasolo preoccuparsi della salvezza delle anime ma dare anche ilbuon esempio, santificare la vita quotidiana. Sia pure con iltono dell’esaltato, era un uomo che precorreva i tempi: soste-neva la necessità di rendere la Chiesa indipendente rispettoallo Stato, un concetto che verrà ripreso e sviluppato dai colo-ni della Nuova Inghilterra. Quando piú tardi gli americani vol-geranno lo sguardo indietro alla ricerca dei loro maestri, l’Ad-monition sarà vista come il primo documento fondamentaledella loro storia e Field e Wilcox annoverati tra i FoundingFathers, in mezzo alla galleria dei padri fondatori.

I londinesi ne avevano un grande rispetto, per la prima vol-ta la parola puritani riferita a loro due cominciò a perdere ilsuono offensivo. I seguaci li consideravano «due santi» e pre-gavano perché il progetto di abolizione dei vescovi avesse suc-cesso. Ma uno sconvolgimento cosí radicale non poteva certoavvenire per concessione della regina. Né d’altronde i purita-ni piú estremisti si aspettavano qualcosa da lei. Puntavano tut-te le loro speranze sul parlamento, dove molti deputati eranopronti a presentare leggi per introdurre la disciplina calvini-sta. Cominciava a germogliare nei puritani l’idea antimonar-chica e repubblicana che sarà poi realizzata dai coloni emigra-ti in America.

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ghilterra una Chiesa unica. Aveva costruito una Chiesa ordi-nata, burocratica, ma fredda, incapace di sollevare slanci spi-rituali. I cattolici contavano poco nella società elisabettianama rimanevano abbastanza numerosi. I puritani piú radicali sistavano allontanando e apparivano irrecuperabili, mentre imoderati avevano atteso invano il completamento della rifor-ma e adesso erano in preda a una profonda frustrazione.

In questo clima di nervosismo si affacciò alla ribalta un fe-nomeno nuovo. Gruppi di predicatori si riunivano per com-mentare passi della Bibbia, come aveva raccomandato SanPaolo nella prima lettera ai Corinzi: «Lasciate parlare gli evan-gelizzatori, due o tre, mentre gli altri ascoltano. Ciascuno haun salmo, un insegnamento, una rivelazione. Tutti potete pro-fetare, uno per uno, in maniera che tutti possano imparare etutti possano essere confortati». Queste discussioni furonochiamate prophesying, un’espressione che equivale a commen-to della Bibbia. Un moderatore sceglieva un libro delle SacreScritture e invitava i due o tre piú istruiti a spiegarne il signifi-cato. L’ultimo oratore doveva esporre le conseguenze prati-che, gli insegnamenti e le regole di vita che se ne potevano ri-cavare. Prendevano la parola quasi esclusivamente ministripuritani, i quali erano, come si dice oggi, i piú motivati, e gliunici con una cultura e un’abilità dialettica superiori. La mag-gior parte dei chierici anglicani erano invece di un’ignoranzaabissale, se ne stavano zitti e buoni ad ascoltare.

C’era sempre chi ne approfittava per criticare la regina einvocare riforme. Se gli anglicani si azzardavano a fare obie-zioni, i puritani li sopraffacevano con la loro eloquenza fluvia-le. Nel villaggio di Leicester avvenivano scontri epici quandoqualche temerario anglicano osava contraddire il puritano Jef-fery Johnson, descritto come «un tipo violento e sconsidera-to». Con questo comportamento i puritani offrivano agli oc-chi della gente comune una dimostrazione di grande autore-volezza. La ammaliavano. Perciò le prophesying si rivelaronoun’occasione formidabile per cementare insieme religiosi, gen-te ordinaria e piccola nobiltà.

Di solito assistevano ai dibattiti studenti universitari e fe-deli, che per esservi ammessi erano obbligati a firmare una di-

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La popolarità di Field cresceva di pari passo con l’odio perla regina. Agli occhi dei puritani piú turbolenti Elisabetta eraormai una nemica. L’avversione per lei fece perdere la testa aPeter Burchet, un giovane che faceva parte di una piccola fran-gia di puritani particolarmente scalmanati. Lo sconsiderato siappostò sulla grande strada dello Strand e quando vide so-praggiungere sir John Hawkins lo colpí con un pugnale. Ave-va sbagliato persona. Lo aveva scambiato per Christopher Hat-ton, il nuovo spasimante della regina. Grande fu lo spaventodi Elisabetta che temeva di poter diventare lei stessa oggettodi aggressione. Reagí ordinando una nuova repressione deipuritani. Molti vennero arrestati e malmenati. Uno di loro,Robert Johnson, morí in seguito ai maltrattamenti, la quartavittima puritana delle prigioni inglesi.

Apparentemente John Field sopportava bene il regime car-cerario. Scriveva lettere in continuazione e le inviava insiemeai suoi libri alle nobildonne che simpatizzavano per lui ed era-no prodighe di aiuti finanziari. Indirizzava messaggi ai suoiamici esortandoli a non lasciarsi scoraggiare, li spingeva aprendere l’iniziativa di creare una Chiesa organizzata secondoi principi biblici. «Per troppo tempo abbiamo usato parolegentili, che non ci hanno portato nulla di buono».

I suoi suggerimenti furono ascoltati. Il 20 novembre 1572numerosi ministri di Londra e dei villaggi vicini si riunirono aWandsworth, un piccolo centro sul Tamigi. C’erano anche al-cuni calvinisti ginevrini e una donna, Anne Locke, una speciedi diaconessa, la quale durante il regno di Maria aveva abban-donato il marito e, portandosi dietro i figli, era andata a Gine-vra, «nella piú perfetta scuola cristiana che sia mai esistita sul-la Terra dal tempo degli apostoli». Quel giorno scelsero undicianziani per formare il primo nucleo di un’organizzazione ec-clesiastica completamente nuova. Gli incarichi ad essi attribui-ti furono annotati su un registro intitolato Ordini di Wands-worth, e questo fu il primo esempio di Chiesa presbiteriana inInghilterra. Oggi i presbiteriani celebrano l’anniversario del20 novembre come una tappa fondamentale della loro storia.

Erano trascorsi tredici anni dall’inizio del regno elisabet-tiano. La regina non era riuscita nell’impresa di dare all’In-

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Il prigioniero della regina

La morte di Matthew Parker aprí, nel 1576, il grosso dilem-ma su chi avrebbe dovuto ereditare il titolo di arcivescovo diCanterbury. Dopo molte esitazioni, la regina si lasciò convin-cere dai suoi consiglieri e affidò l’incarico a Edmund Grindal.Sebbene fosse stato uno degli esuli Mariani e simpatizzasseapertamente per i puritani, la sovrana ammise di stimare Grin-dal una persona assolutamente limpida. C’erano «religiosi ve-ramente moderati», scrisse in seguito il poeta John Milton, «néteste calde né fredde, e Grindal era il migliore fra loro».

Il nuovo arcivescovo dovette affrontare l’ostilità sempremaggiore che le prophesying suscitavano. Personalmente luiriteneva quegli esercizi dialettici di grande utilità per allevareuna nuova generazione di predicatori ben preparati e per vin-cere un po’ la crassa ignoranza di certi preti. Ma gli anglicaniandarono a lamentarsi dalla regina. Le raccontarono conprofondo allarme che a Northampton, durante una di quelleriunioni, i fedeli si erano scelti il pastore per proprio conto.Da Southam, nella contea di Warwick, giungevano notizie al-trettanto preoccupanti: approfittando delle prophesying duepuritani, John Oxenbridge ed Eusebius Paget, mettevano intesta alla gente che i vescovi erano figure abusive non piú tol-lerabili. Elisabetta divenne estremamente ansiosa per questiepisodi. Se la voglia di eleggersi i ministri da soli prendevapiede, la gerarchia ecclesiastica rischiava di perdere il control-

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chiarazione di fede nella Bibbia e di condanna delle «dottrinepapiste». Si andava avanti per ore. Alla fine gli ascoltatori simettevano a discutere fra loro, «tutti, uomini e donne, ragazzie ragazze, operai, artigiani e sempliciotti». Invece i religiosi sene andavano insieme a cena in una taverna e proseguivano leloro dissertazioni trangugiando birra e vino. Una buona bevu-ta era una grazia concessa da Dio agli uomini per il loro confor-to. Alle cerimonie per l’ordinazione dei nuovi ministri i contiper il vino e la birra raggiungevano cifre sbalorditive. «Bere»,dirà Increase Mather, uno dei leader della Nuova Inghilterra,«è un buon dono di Dio, da ricevere con gratitudine. Ma l’a-buso nel bere è opera di Satana. Il vino è di Dio, ma l’ubria-cone è del diavolo».

L’ubriachezza era severamente condannata, comportava unavvilimento dell’uomo contrario all’orgoglio puritano. I puri-tani sognavano una società ordinata, mentre gli alcolizzati era-no il simbolo di uno spaventoso disordine sociale. Le stradedelle città inglesi erano percorse da «eserciti di vagabondi»costretti a vivere di elemosina. I vicoli di Londra pullulavanodi sturdy beggars, impostori sfaticati in preda all’alcol, sgual-drine, tagliaborse, tipacci violenti e malfattori che dormivanoper terra e rappresentavano per chiunque passava il rischio diprendersi una coltellata. Un cronista dell’epoca ne calcola do-dicimila. Quando calava il buio gli amministratori dei condo-mini avevano l’obbligo di sprangare le porte e di «stare moltoattenti all’ordine, la sicurezza e la tranquillità». I puritani ave-vano orrore di «tutti questi sciami di sfaccendati, ignoranti,ubriaconi e senza lavoro», gente sicuramente punita dal Si-gnore perché non rispettava le sue leggi.

Ma quelle persone cosí disprezzate avevano a loro volta unconcetto pessimo dei puritani, dipinti come grandi ipocriti.«Il puritano», diceva una canzone popolare, «può sparlare tut-to il giorno contro le prostitute e i bevitori», ma è pronto afarlo anche lui «appena ha finito di impartire la lezione».

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puritani. Liquidò le prophesying come «esercizi contrari allalegge, fonte di divisioni, e una tentazione per il volgo portatoa scegliere l’ozio». L’arcivescovo era colpevole di non aver ca-pito i rischi e perciò doveva considerarsi sospeso dal suo inca-rico. Lo obbligò a restare confinato dentro palazzo Lambethcome un prigioniero.

L’esautorazione di Grindal coincise con la scomparsa deivecchi vescovi simpatizzanti per i puritani. I nuovi erano osti-li: anche se accettavano la teologia calvinista ne respingevanol’organizzazione, la consideravano inadatta all’Inghilterra. Fe-cero di tutto per sopprimere i dibattiti sulla Bibbia. Con gran-de rammarico di Thomas Wood, sicuro che se fossero prose-guiti, in poco tempo avrebbero «rovesciato buona parte delregno di Satana». In realtà le riunioni continuarono con un al-tro nome, dal suono piú innocuo, le chiamavano conferenze.A Londra il piú attivo animatore di regolari convegni era l’in-faticabile John Field. «Va predicando Dio sa cosa» nelle casedei gentlemen, lo biasimava il vescovo John Aylmer, ansiosodi liberarsi di quel pernicioso individuo e di tutti gli altri simi-li a lui. Progettava di deportarli nei «luoghi barbari» delleMidlands dove ancora allignavano molte famiglie cattoliche.Ma non era facile, perché Field aveva un forte ascendente supersonaggi con un’enorme influenza a corte. Era ben visto dalconte di Leicester e contava sulla protezione di sir RichardKnightley.

Quando Paul Wentworth propose un digiuno da tenersiprima della seduta della Camera dei Comuni, ben centoquin-dici parlamentari accolsero l’iniziativa con entusiasmo. Centoerano invece perplessi perché consideravano il digiuno un fat-to privato al quale ognuno doveva dedicarsi per conto suo.Una maggioranza molto significativa perché il digiuno in mas-sa era una tipica usanza puritana. Si svolgeva accompagnandol’astinenza dal cibo con canti dei Salmi e con la predicazionedel Vangelo in pubbliche assemblee. Di solito il digiuno veni-va organizzato in occasione di grandi calamità, come un terre-moto o una carestia. Folle salmodianti si battevano il petto eammonivano i peccatori a pentirsi davanti ai «segni dell’ira diDio, come comete, alluvioni, terremoti». Una memorabile

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lo del clero. Ci vide una seria minaccia politica. Perciò diede aGrindal l’ordine perentorio di sopprimere quei pericolosi di-battiti, «è intollerabile che si introducano nella Chiesa cosesenza l’autorizzazione pubblica».

Ma Grindal non condivideva tutte quelle paure e invece diusare il pugno di ferro mandò ai vescovi la richiesta di farglisapere cosa ne pensavano. Su quindici risposte, ben undici ri-sultarono favorevoli. Secondo il vescovo di Exeter, «se ne ri-cava grande profitto», mentre quello di Coventry, ThomasBentham giudicava le prophesying «non solo utili ma necessa-rie». Tuttavia l’arcivescovo subí un altro severo richiamo al-l’ordine da parte della regina, la quale, sempre piú irritata,non aveva alcun interesse a spargere predicatori nel regno.Che importava se il clero non sapeva predicare? Tre o quattropredicatori per contea erano piú che sufficienti.

Il contrasto era talmente insanabile che l’8 dicembre 1576Grindal inviò alla sovrana una lettera che lei mai si sarebbeaspettata di ricevere da un uomo che pochi mesi prima avevanominato arcivescovo di Canterbury. In coscienza Grindalnon se la sentiva di «dare l’assenso alla soppressione dei sud-detti esercizi, senza recare offesa alla Maestà di Dio». Se il ri-fiuto era per lei intollerabile e «a Sua Maestà piace di rimuo-vermi da questo incarico, io obbedirò umilmente». Senza ti-mori reverenziali, si permetteva poi di rivolgere ammonimen-ti a quella donna che era al culmine del potere, dominatriceincontrastata dell’Inghilterra. «Si ricordi, Signora, che lei èuna creatura mortale». Grindal faceva sua la posizione calvi-nista secondo cui un sovrano non poteva dettare legge in ma-teria religiosa. Non è difficile immaginare la faccia inferocitadella regina, la quale non sopportava assolutamente di esseredisobbedita. Ne sapeva qualcosa il vescovo di Ely: «Orgoglio-so prelato», gli aveva scritto una volta, «io so chi era lei primache la facessi diventare chi è adesso. Se non esaudirà imme-diatamente la mia richiesta la spoglierò dell’abito talare, innome di Dio».

Per ben cinque mesi Elisabetta tenne Grindal sulle spine.Quando finalmente gli rispose, era come se avesse intinto lapenna nel vetriolo. Si vantò di capire il suo popolo meglio dei

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del Mondo ogni cosa fu fatta, menzionata sia nelle Scrittureche negli affari profani». Ma non riuscí nell’impresa.

Il sermone era dato nelle case private, nei teatri, nelle chie-se. Ma anche sulla piazza dei villaggi nei giorni di mercato,quando affluivano dalle campagne i contadini. Il predicatorearrivava con addosso una toga scura. Si issava sopra un pianorialzato e cominciava di solito con una prefazione prima dientrare nel vivo dell’argomento. Il discorso veniva spesso in-terrotto da applausi scroscianti. La gente gridava, commossa.Un testimone dell’epoca ci racconta che le ondate di entusia-smo venivano espresse con esclamazioni come «divino!»,«ispirato!», «insuperabile!». Battevano i piedi e ondeggiava-no con le braccia in aria, piú o meno come fanno oggi i fansai concerti rock.

Walter Travers consigliava ai predicatori di tener presenti«due cose: la prima è che il discorso sia pulito, sia riguardo al-la dottrina, che dev’essere sana, pia, buona e utile per l’edifi-cazione, non diabolica, artefatta, corrotta, strana, stupefacen-te o polemica. E anche nei modi, appropriati al luogo doveviene tenuto». Raccomandava di portare «esempi, testimo-nianze ed episodi tratti solo dalle Sacre Scritture», facendo at-tenzione alla voce, «mai con lo stesso tono, ma a volte devesalire a volte scendere». I gesti andavano calibrati, seguendo«il tono della voce, rimanendo dritti in piedi, evitando scon-venienti movimenti della testa o di altre parti del corpo senzagirarsi di continuo di qua e di là». I moderni politici potreb-bero trarre vantaggio dalle regole oratorie di Travers.

Alcuni ascoltatori prendevano appunti sulla base dei qualinei giorni successivi discutevano fra loro. Annotavano i pas-saggi biblici che il predicatore indicava come prova delle sueaffermazioni. Cornelius Disney racconta che il fratello «avevapreso appunti parola per parola e fu poi in grado di ripetere ilsermone a noi in famiglia». Ma la gente comune ci rideva so-pra, considerava tutte quelle chiacchiere solo «beeble babble,beeble babble», balbettamenti.

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giornata senza cibo risaliva al 1563 quando la peste devastavaLondra. Secondo John Stow, che teneva un conteggio settima-nale dei morti, fece 17.404 vittime. Ancora piú micidiale l’in-fezione del 1603, quando la peste si portò via 30.578 londine-si, quasi un quinto degli abitanti. Tornò nel 1625, con 41 milamorti e nel 1665 con 69 mila vittime. I puritani leggevano que-sti episodi funesti come manifestazioni della rabbia di Dio ver-so il comportamento immorale degli uomini. «La fame, laguerra e la pestilenza sono le tre punizioni mandate dal Signo-re per colpire un popolo che ha peccato contro di lui», citavadalla Bibbia Henoch Clapham. Digiunare assumeva la funzio-ne di riparazione e pentimento.

Ora però i digiuni divennero una buona scusa per aggirareil divieto di riunirsi e commentare la Bibbia. Il gesuita Wil-liam Weston ebbe modo di assistere a uno di questi raduniche si svolse davanti al castello di Wisbech dove lui era tenutoprigioniero. Vide «arrivare enormi folle». Cominciarono «contre o quattro sermoni, uno dopo l’altro. Poi andavano alla co-munione, non la ricevevano in ginocchio o in piedi, ma cam-minando, cosí che poteva essere chiamata una vera Pasquaebraica. Passarono tutto il giorno in questi esercizi e a conclu-sione ascoltarono un altro sermone».

I sermoni dei puritani duravano minimo due ore. I predi-catori parlavano tenendo una clessidra sul pulpito e la girava-no un paio di volte prima di concludere. Ogni predicatoreaveva uno stile diverso appreso da professionisti che insegna-vano il modo piú efficace di gesticolare e di adornare il pro-prio linguaggio con frasi ad effetto. C’era chi imparava a me-moria qualche opera dei greci e dei latini. Una frase di Omeroben piazzata mandava gli ascoltatori in visibilio. Forse il re-cord spetta a John More che in vent’anni riuscí a pronunciaremigliaia di sermoni a Norwich, con una media impressionantedi uno al giorno e tre o quattro la domenica. Un vescovo cheevidentemente non apprezzava disse: «Preferisco ascoltare uncane che abbaia piuttosto che un sermone di mastro More».

More cominciò a scrivere una Cronologia dall’inizio delMondo ai giorni nostri. E promise di indicare «in quale anno

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me di Dio, noto come il massacro di San Bartolomeo. Nellacorte londinese si diffuse il panico. Girava voce che un gran-de complotto internazionale dei cattolici aveva cominciato aspazzare via i protestanti e presto avrebbe fatto sentire i suoieffetti anche in Inghilterra.

Fu ora, nel momento del pericolo, che Elisabetta mostròdi avere nelle vene il gelido sangue dei Tudor. Fece scattareuna feroce caccia ai cattolici. Impose la condanna a morte perchiunque veniva sorpreso con «bolle, scritti, strumenti del pa-pa di Roma» e per chiunque definisse la regina «un’eretica ousurpatrice della corona». Fino a quel momento i preti catto-lici che rifiutavano di riconoscere la regina come capo religio-so, al massimo venivano allontanati dal loro incarico. Ora in-vece erano considerati traditori da mandare al patibolo. I cat-tolici subirono restrizioni enormi: non potevano allontanarsipiú di cinque miglia da casa, dovevano pagare una multa di20 sterline al mese se rifiutavano di frequentare le chiese an-glicane. E se venivano sorpresi ad ascoltare messa finivano inprigione.

I gesuiti andarono festosamente incontro al martirio. Era-no l’esercito al quale il papa aveva affidato «la missione ingle-se», l’incarico di ricondurre a Dio la vecchia Inghilterra. Liaddestrava un cattolico inglese fuggito all’estero, William Al-len. Aveva creato sul continente due collegi dove allevava gio-vani inglesi che poi rimandava in patria travestiti da anglicani.«Questi viscidi e sfuggenti papisti», lamentava lord Dudleycon la regina, «seducono i vostri giovani e li attirano nei loroseminari al di là del mare». Alcuni missionari avevano ricevu-to un addestramento speciale ed erano perfettamente in gradodi trasformarsi in killer per uccidere la regina casomai se nefosse presentata l’occasione. Nell’arco di tempo che va dal1579 al 1585 ne entrarono clandestinamente in Inghilterra216. Li chiamavano «i preti della regina Maria Stuart».

I piú dotati di talento erano Robert Persons e EdmundCampion. Prima di mettersi in viaggio i due si scambiarono letonache, come i calciatori si scambiano le maglie alla fine del-le partite, poi sbarcarono sulle coste inglesi, uno al Nord el’altro al Sud del paese, e cominciarono a rincuorare gli smar-

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Gli agenti del papa

Mentre Elisabetta cercava di frenare gli ardori di quegliimplacabili piantagrane, a Roma il papa tramava contro di lei.La Chiesa cattolica non aveva mai rinunciato al progetto dirovesciarla. Per riuscire nell’impresa puntava su due armi, imissionari e Maria Stuart. I missionari erano gesuiti con ilcompito di convertire gli inglesi, e Maria doveva salire al tro-no dopo la fine ignominiosa che stavano preparando all’«ere-tica, usurpatrice e infedele». Invece tutti e due, i missionari eMaria, finirono nelle mani del boia.

Ad aprire le ostilità il 3 maggio 1570, fu Pio V, un papa fa-natico che camminava scalzo e si nutriva solo di latte d’asina.Lanciò una bolla di scomunica contro Elisabetta, «l’usurpatri-ce bastarda incestuosa generata e nata dal peccato di un’infa-me cortigiana, questa donna che ha ridotto il regno in una mi-serevole distruzione». Il pontefice imponeva a «nobiluomini,persone e gente comune» di non obbedire piú né a lei né allesue leggi.

La sovrana interpretò le parole del papa come un invito al-la rivolta, da quel momento cominciò ad avere seriamente pau-ra e guardò con maggior sospetto i cattolici inglesi. La sua an-sia crebbe quando giunsero dalla Francia notizie terribili. Nel-la notte fra il 23 e il 24 agosto 1572, i cattolici francesi truci-darono piú di tremila protestanti, gli ugonotti, inseguendolifin negli austeri saloni del Louvre. Un eccidio compiuto in no-

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Edmund Campion, il martire piú illustre dell’epoca elisa-bettiana, fu catturato nella città di Lyford. Qualcuno lo avevatradito vendendolo agli agenti venuti da Londra. Trascinaro-no quel «sedizioso gesuita» nella Torre e il 1° dicembre 1581lo fecero morire con il cappio al collo a Tyburn, dove il suocorpo fu poi tagliato a pezzi. Braccia e gambe appese per di-ventare «preda degli uccelli del cielo».

Ben presto le notizie delle persecuzioni raggiunsero il con-tinente sollevando una ventata di orrore, al punto che la corteinglese, preoccupata per il suo buon nome, sentí il bisogno digiustificarsi. Lord Burghley scrisse un libricino e lo pubblicòin due lingue, inglese e latino, proprio per renderlo compren-sibile anche all’estero. Secondo lui non si poteva parlare dipersecuzione religiosa, i cattolici non venivano massacrati acausa della loro fede ma perché costituivano un pericolo peril regno. C’era il terrore che essi si alleassero con la Spagna, lagrande nemica.

Robert Persons cercò di mettere fine alla persecuzione conuna mossa disperata. Scrisse alla regina una lettera per con-vincerla che i puritani rappresentavano un pericolo ben mag-giore dei cattolici. Invece di preoccuparsi dei gesuiti, dovevaguardarsi da squilibrati come John Field, «uno strano indivi-duo senza cervello, rimasto per lungo tempo in prigione a cau-sa delle sue fantasticherie». Field reagí con la consueta vee-menza. Scrisse un libretto dedicato a Leicester per denunciarele «furbizie sotterranee» di «questi parassiti papisti».

Field era sempre piú immerso nella sua attività di propa-gandista. Manteneva una corrispondenza regolare con Cartw-right e Walter Travers, fuggiti sul continente. Scambiava lette-re con i mercanti inglesi di simpatie puritane residenti ad An-versa. Ma soprattutto si agitava per ampliare il numero dei se-guaci a Londra. Organizzava conferenze clandestine in caseprivate e su imbarcazioni ancorate sul Tamigi.

Nel Lancashire, la contea piú cattolica, i puritani si riuni-vano di nascosto nelle case. Oliver Heywood raccontò in se-guito che quando era bambino «in casa di mio padre arrivava-no alcuni degli spiriti piú devoti, per un digiuno, mettevano

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riti cattolici. Si muovevano sotto falso nome e «un giorno in-dossavano un vestito e il giorno dopo un altro, chi il lunedíera prete, il martedí era mercante, il mercoledí soldato, il gio-vedí uomo di corte». Radunavano i fedeli nelle case private,dicevano messa, davano la comunione, e le famiglie impararo-no col tempo a proteggerli e nasconderli. Nella contea diWarwick i contadini cattolici costruirono speciali nascondiglinelle loro case, chiamati priest-holes, rifugi per preti, dove imissionari passavano la notte. Qualcuno ci rimise la pelle per-ché ospitare un prete cattolico comportava la condanna al-l’impiccagione. Di norma l’impiccato, appena liberato dallaforca, veniva quartered, cioè tagliato in quattro pezzi. Strana-mente chi aiutava i gesuiti riceveva la gentilezza di essere se-polto intero.

Non passò molto tempo perché gli agenti di Elisabetta co-minciassero a catturare missionari e mandarli al patibolo. Imessaggeri del Dio cattolico finivano massacrati in nome delDio protestante. Il primo prete giustiziato fu Cuthbert May-ne, impiccato e poi squartato perché gli avevano trovato ad-dosso una bolla papale riguardante il giubileo. Si presentava-no davanti al boia con cuore allegro. Dalla prigione, WilliamHart scrisse alla madre alla vigilia della sua esecuzione: «Ti di-speri perché sarò impiccato e fatto a pezzi. Mia dolce madre,sarà la piú onorabile e felice morte che mi potesse capitare».In poco piú di quindici anni la forca lavorò a pieno ritmo e ilcappio si strinse attorno al collo di centottantatré cattolici.«Vogliono eliminarci tutti», temeva Robert Persons. «Siamoal punto che il padre è costretto ad accusare il figlio».

Chi cadeva nella rete degli agenti veniva condotto davantia una squadra di cupi e terrificanti inquisitori che lo scrutava-no come se fosse un mostro. «Se il papa invadesse l’Inghilter-ra», gli chiedevano, «staresti dalla sua parte?». Le domandeerano quasi sempre le stesse per tutti e diventarono note co-me «the bloody questions», costruite in modo da indurre i mal-capitati a fare pericolose ammissioni. I prigionieri capivanosubito di essere perduti e alla fine l’accusa era di quelle chenon lasciavano scampo: tradimento, per aver cercato di sobil-lare gli inglesi contro la regina seguendo gli ordini del papa.

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cinque anni. Erano assemblee simili alle prophesying, e preseroil nome di Dedham classis. Gli incontri avvenivano di nasco-sto. Con la bella stagione i puritani si ritrovavano nei boschidella Stour Valley. «Nessun uomo estraneo alla compagnia de-ve partecipare e vedere cosa accade fra noi». Doveva «esseremantenuto il silenzio anche sugli argomenti di cui si parla».Col tempo però si venne a sapere che i temi di discussione pre-feriti erano una Chiesa affidata al «governo dei fedeli» e il di-ritto di ognuno di «interpretare liberamente la Bibbia, senzaimposizioni dall’alto». Ma si parlava anche di questioni chepossono sembrare banali. Un testimone ci racconta come leopinioni fossero divise a proposito dei «ragazzi sotto i sedicianni, se devono entrare in chiesa col cappello in testa o no».

Sir Christopher Hatton, il nuovo favorito della regina, osti-le ai puritani, si era preso come cappellano Richard Bancroft,futuro arcivescovo di Canterbury. Bancroft riceveva rapportisegreti sulle riunioni di Dedham e annotava: «I settari si radu-nano insieme nelle case private, nei boschi e nei campi e ten-gono lí le loro illegali e disordinate conventicole. Raccolgonoregolarmente soldi per sovvenzionare i rifugiati all’estero».

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me davanti alla porta a cantare, cosí se qualcuno veniva a con-trollare non sentiva le loro preghiere».

Un’ottima occasione per radunare fedeli senza destaretroppi sospetti erano le fiere. In mezzo alla folla della fiera diSan Bartolomeo a Londra e a quella di Stourbridge a Cam-bridge la figura di Field scivolava guardinga da un gruppo al-l’altro per dare consigli e istruzioni. Fosse vissuto nella nostraepoca, Field sarebbe stato un personaggio di straordinariosuccesso perché nessuno come lui sapeva curare le relazionipubbliche. Faceva dediche a lady Elizabeth Tyrwhit, una delledame piú ascoltate dalla regina. Mandava una collezione degliscritti di Calvino al conte di Bedford e al conte di Hunting-ton, teneva informata delle sue iniziative la duchessa delSuffolk.

Nelle regioni orientali del regno si dava da fare un altroformidabile attivista, Edmund Chapman. La vecchia stradaA12 sale da Londra verso l’East Anglia. Dopo Colchester, ilpaesaggio diventa improvvisamente aspro, precipita verso lavalle attraversata dal fiume Stour e si apre a praterie, laghettie salici. Qui, nel quindicesimo secolo, sono nate le prime in-dustrie inglesi a opera di mercanti e tessitori. Una valle di ope-rosi. Qui sorge Dedham. Poco piú a nord nacque il grandepittore di paesaggi John Constable, che riprodusse su tela ipiú incantevoli scorci della valle.

A Dedham tenevano in grande considerazione EdmundChapman. Era stato allievo del Trinity college all’epoca diCartwright. Quando la regina aveva disperso i predicatorimandandoli nei villaggi del Nord, Chapman si era rifugiato aDedham, un posto di tradizione protestante, dove perfino du-rante il regno di Maria erano sopravvissute conventicole ani-mate da un fabbricante di stoffe, un sarto e un agricoltore. ADedham, Chapman prese per moglie la sorella del mercantedi tessuti William Cardinal, detto «l’uomo di Anversa», per-ché commerciava con la comunità inglese puritana che si erastabilità in quella città.

Il 22 ottobre 1582 Chapman riuní un gruppo di ministri einsieme presero l’impegno di tenere regolari incontri con i se-guaci, i godly brethren. Quelle riunioni andarono avanti per

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gli studenti che protestavano contro le cerimonie e i paramen-ti sacerdotali. A quel tempo il suo atteggiamento era tale dapoter essere quasi definito puritano. Lo avevano perfino sen-tito esprimere la convinzione che il papa si identificava conl’Anticristo. Ma adesso l’arcivescovo sembrava un altro uomo,arcigno e raggelante. «Io l’ho molto amato», scrisse EdwardDering, uno dei capi puritani, «ma anche lui è un uomo e Dioha voluto che cedesse a grandi debolezze». Forse l’acuto Ce-cil, nominato dalla regina lord Burghley, aveva capito tuttoquando disse: «Temo che i posti alterino le persone».

Il 1584 fu un anno cruciale. La paura di perdere l’incaricoconvinse molti puritani a sottoscrivere gli articoli dell’arcive-scovo. I casi di ribellione aperta erano pochi. «Ci stiamo per-dendo», si allarmò Chapman. Field trascorreva gran parte deltempo a scrivere lettere ai seguaci di tutte le contee, incitando-li a non lasciarsi intimidire. Raccomandava «di stare forti e fe-deli alla causa». Ascoltarono le sue esortazioni circa quattro-cento religiosi che furono subito sospesi nell’Essex, Kent, Sus-sex, Surrey, Warwick e Londra. Prima di essere spazzati viatutti, tentarono una manovra disperata: indurre l’arcivescovo aessere piú clemente. «Vennero da me in molti», raccontò Whit-gift. Trovarono un’accoglienza a dir poco brutale. «Tu, ragaz-zino sbarbatello», li insultava il potente prelato. «Ascoltate be-ne, io ero predicatore prima che voi nasceste». Nicholas Sain-tleger lo vide venirgli addosso con gli occhi di brace, il nasoenorme e la barba bianca sul collarino, e gridava inferocito. Ilgiovane puritano fece un passo indietro in preda allo spaventoe con un filo di voce riuscí a dirgli soltanto: «Dio vi perdoni».

L’arcivescovo si sentiva in una posizione di forza e decisedi passare a una seconda fase ancora piú repressiva. Affidò ipuritani alle ruvide cure dell’High Commission, una corte digiudici tanto terribili che molti accettavano di conformarsi al-la Chiesa ufficiale pur di non comparire davanti a loro. Uncerto William Walker racconta che quella corte «poteva esa-minare e imprigionare chiunque in Inghilterra» ed era diven-tata «il braccio armato dell’autorità ecclesiastica». Usava me-todi degni «solo dell’Inquisizione spagnola», con «lunghi im-prigionamenti di predicatori senza accuse e senza processo».

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L’offensiva dell’arcivescovo

La buona sorte stava per abbandonare i puritani. EdmundGrindal aveva tenuto testa alla regina per otto anni. Ma il 6luglio 1583, solo e cieco, il vecchio arcivescovo morí. La guidadella Chiesa anglicana fu affidata a un uomo di tutt’altra pa-sta, John Whitgift, definito dai puritani «il nemico della ve-rità». Benjamin Disraeli lo ha dipinto con due parole impieto-se: una «fredda mediocrità». Aveva tutta la superbia e la geli-da spietatezza per divenire il braccio armato della regina estroncare il movimento puritano.

Che fosse la persona piú adatta a quello scopo fu immedia-tamente palese. Per prima cosa dichiarò abolite le prophesying,«questo covo di puritani», poi prese un’iniziativa tipica delsuo animo subdolo: preparò tre articoli e impose a tutto il cle-ro di sottoscriverli. Una trappola per stanare i puritani. Sottoun paio di quegli articoli essi potevano anche metterci la fir-ma. Ma il terzo era per loro assolutamente inaccettabile. Pre-tendeva la «promessa» di usare il Libro di preghiera, perché«niente in esso è contrario alla parola di Dio». Avallare una si-mile affermazione significava tradire i loro ideali. Con le «odio-se sottoscrizioni», recriminava il predicatore Josias Nichols,finisce «l’epoca d’oro». E cominciano, aggiunse John Field,«tempi infelici di depravazione».

Eppure da giovane Whitgift aveva manifestato idee diver-se. Nel 1565 insegnava a Cambridge e aveva simpatizzato con

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la rovina dell’imputato, automaticamente dichiarato colpevo-le. Lo aspettavano pene tremende, il taglio delle orecchie, delnaso e le porte della prigione sigillate alle spalle.

Movimento diviso

L’apparato repressivo della Chiesa era completo e Whit-gift aveva ormai assunto il ruolo del grande inquisitore. Man-dava Richard Bancroft, che poi sarà suo successore come ar-civescovo, nelle parrocchie per controllare se i ministri indos-savano i paramenti e se tenevano prediche corrette.

L’offensiva di Whitgift rese sempre piú netta e insanabilela spaccatura del movimento puritano. Da una parte i mode-rati, attenti a non creare troppi problemi in attesa di tempimigliori, dall’altra i radicali, insofferenti a ogni tipo di pru-denza. Accanto a Field si agitavano altri propagandisti impe-tuosi come John Udall e John Davidson, soprannominato TheThunderer, Rombo di tuono, per via della sua voce imperiosa.Una specialità che aveva in comune con Henry Smith, dettoLingua d’acciaio.

Nessuno sembrava in grado di contrastare l’enorme poteredi Whitgift. I consiglieri piú avveduti della regina, il tesorierelord Burghley, il conte di Bedford e sir Francis Walsingham,segretario di Stato, detto «il Moro», avrebbero voluto metterefine a quelle persecuzioni e avviare una riforma radicale comechiedevano i puritani. Ma la loro influenza su Elisabetta eranettamente inferiore a quella dell’arcivescovo, che lei chiama-va vezzosamente «il mio maritino nero». Era l’unica personaalla quale confidava i segreti della sua anima, lui aveva capitoche la questione religiosa era una vera spina nel cuore dellasovrana. Il disordine nel campo ecclesiastico rappresentavaper lei una grande preoccupazione. L’arcivescovo la stava sol-levando da quel peso. Perciò qualsiasi sua iniziativa, per quan-to nefanda, era la benvenuta e nessun tentativo di persuasioneavrebbe indotto la regina a cambiare parere.

Non si lasciò impressionare nemmeno dalle proteste dei no-bili. Sir Thomas Scot si mosse dalle dolci campagne del Kent

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Era composta da vescovi ed esperti di diritto canonico. JohnCotton li descriverà come un «covo di lupi, gabbie di sporci-zia, trespoli di uccelli da preda, tabernacoli di corruzione, fu-cine di estorsioni e ceppi di schiavitú, il terrore per tutte lebrave persone, e una preghiera che vadano al diavolo».

I predicatori convocati dai giudici subivano lunghi interro-gatori allo scopo di fargli ammettere che avevano idee religio-se sbagliate. Alla fine li costringevano a giurare di essersi rav-veduti. Nella sua mente maligna l’arcivescovo aveva calcolatoche la maggioranza avrebbe probabilmente ceduto ma i lea-der avrebbero tenuto duro. Proprio ciò che voleva. Cosí pote-va colpire i ringleaders, i capibanda, come lui li chiamava.

Ed ecco di nuovo Field affannarsi a rincuorare e a distri-buire consigli. Suggeriva di stare zitti, perché «chi si scusa, siaccusa». A corte gli amici dei puritani erano sbalorditi da queimetodi barbari. Lord Burghley disse «che gli inquisitori diSpagna non usano cosí tante domande per intrappolare le lo-ro prede».

Chi rifiutava il giuramento doveva prepararsi ad affrontareun incubo peggiore. Lo mandavano davanti alla Star Cham-ber, una corte mostruosa che non si accaniva solo contro iriformatori religiosi, ma aveva competenze tanto vaghe da ri-sultare illimitate. Poteva occuparsi di rivolte, omicidi, falso,spergiuro, frode, diffamazione e calunnia, duelli e tentativi ditradimento. Metteva becco anche nei casi di liti testamentarie,e in pratica, diceva uno dei giudici, «tutte le offese possonoessere qui esaminate e punite se il re vuole». La chiamavanoStar Chamber perché in origine giudicava nella stanza dellestelle di Westminster. Ne facevano parte alcuni lord e giudicimembri del consiglio della corona. Uno dei loro poteri piú or-ribili era la facoltà di procedere contro qualsiasi persona soloin base a chiacchiere anonime. Se il malcapitato insisteva nelproclamarsi innocente, lo facevano accomodare nella spaven-tosa sala della tortura. Alla fine tutti i fogli con le dichiarazio-ni dell’imputato venivano depositati sotto il naso del difenso-re. Era obbligato anche lui a metterci la firma. Si prendevacosí la responsabilità di quello che aveva detto l’accusato. Nontutti gli avvocati se la sentivano. Ma il loro rifiuto comportava

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Il patriarca e Guastachiesa

Sir Walter Mildmay era una persona di cui la regina avevagrande stima, tanto che lo aveva nominato suo tesoriere. Nel1584, a 64 anni, diede avvio a un’impresa cruciale nella storiadei puritani. Fondò a Cambridge su un vecchio monastero do-menicano un college con l’intenzione di farlo diventare unaculla di predicatori. Lo chiamò Emmanuel, che vuol dire Diosia con noi. John Field cominciava tutte le lettere con quellaparola: Immanuel. «Sir Walter», lo apostrofò Elisabetta, «hosentito dire che lei ha creato un’istituzione puritana». Mild-may piegò rispettosamente la sua figura asciutta, con il visoossuto, i baffi spioventi, e rispose: «No, signora. Ho piantatouna ghianda e quando diventerà una quercia Dio solo sa qua-li frutti potrà produrre». I frutti furono di buona qualità. Dal-l’Emmanuel uscirono i piú illustri colonizzatori della NuovaInghilterra. Perciò sir Mildmay può tranquillamente essere an-noverato tra i padri dell’America.

Era un selfmade man, un uomo fatto da solo, seguendo le re-gole del perfetto puritano, molto austero e fortemente concen-trato sul lavoro. Nato a Chelmsford, un villaggio di pescatori,aveva fatto strada nella burocrazia reale e godeva fama di gran-de saggezza, tanto che era l’unico a potersi permettere qualchevelata critica a Elisabetta, senza il rischio di finire nella Torre.

Per la direzione dell’Emmanuel puntò su Laurence Cha-derton, una delle figure piú notevoli della sua epoca, già forte

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marciando su Londra alla testa di antiche e potenti famiglie alcompleto, seguite da nugoli di popolane inferocite contro l’altoprelato. Tutto inutile. Quando poi morí il predicatore JamesLawson, il funerale divenne l’occasione per dare una dimostra-zione di forza. Almeno cinquecento persone vestite di scuro,gli uomini col cappello a tubo e le donne con cuffie dagli orliplissettati, formavano il corteo. Chiunque avesse assistito al lo-ro passaggio avrebbe potuto distinguere le figure di nobili, par-lamentari, gentlemen e signore della buona borghesia.

Sebbene Elisabetta rimanesse sorda ai loro richiami, i puri-tani potevano ancora contare su un importante alleato: il par-lamento. Field e i suoi amici «passavano intere giornate da-vanti all’ingresso della Camera dei Comuni». Il piú attivo eraLawrence Tomson, un intrigante, con due occhi fiammeggian-ti come tizzoni accesi. Tiravano da parte i deputati e li incita-vano a levare alta la loro voce per temperare le persecuzioni.Finché un giorno consegnarono nelle mani dei parlamentariun documento dai contenuti sbalorditivi. Era il risultato diun’inchiesta sulla condizione veramente pietosa in cui era ri-dotto il clero anglicano. Troppi ministri erano privi della ben-ché minima competenza e svolgevano il loro compito senzaentusiasmo e senza profitto per i fedeli.

C’era il «frequentatore di birrerie», il «puttaniere», l’«ami-co degli ubriaconi», il «giocatore incallito di carte, dadi e az-zardo». Per di piú, numerosi anglicani risiedevano lontanodalle parrocchie di cui erano titolari e si facevano vedere soloraramente. In tutta l’Inghilterra, un terzo delle chiese non po-teva contare su un ministro del culto stabile. Adesso i puritanisperavano di ottenere dal parlamento che quelle chiese vuotevenissero assegnate a loro. Appena la regina fu informata diqueste manovre, spedí un messaggero con l’ordine tassativo aiparlamentari di non impicciarsi di faccende riguardanti la re-ligione. In quel campo soltanto lei poteva prendere decisioniperché era «la suprema governatrice della Chiesa, seconda so-lo a Dio».

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offesero a morte e vennero alle mani con i ramisti, come suc-cede oggi fra tifosi di due squadre di calcio.

I nuovi arrivati nel college erano costretti a soddisfare i ca-pricci degli anziani che pretendevano di ascoltare un discorsoo una canzone. Chi se la cavava bene era ricompensato conapplausi e boccali di birra. Quelli impacciati nel parlare e do-tati di una voce sgraziata venivano salted, cioè obbligati a tran-gugiare pinte di birra mescolata col sale. Chi invece rifiutavadi esibirsi andava incontro a una sorte ancora piú sgradevole.Tre o quattro lo agguantavano e lo tenevano fermo mentreuno gli pizzicava il mento stringendolo fra le unghie di pollicee indice fino a far uscire il sangue.

Nonostante la rigida disciplina non tutti gli allievi riusciva-no a temperare i loro furori giovanili. Col favore delle tene-bre, alcuni scavalcavano il muro di cinta e correvano a far bal-doria in qualche taverna, oppure facevano entrare nel dormi-torio una «donna che passava da una stanza all’altra durantela notte».

I puritani controllavano i maggiori college di Oxford eCambridge. Molte famiglie di proprietari terrieri mandavano ifigli all’università dove subivano l’influenza dei docenti. Quan-do poi i giovani tornavano nei loro villaggi si mettevano adiffondere il Vangelo. Ma i college, soprattutto l’Emmanuel,non plasmavano solo religiosi. Preparavano anche giovani de-stinati alla carriera di avvocati, magistrati, politici. «Molte del-le caratteristiche della civiltà inglese e americana del diciasset-tesimo secolo», scrive lo storico Patrick Collinson, «si forma-rono in questi due college, il Christ’s e l’Emmanuel, dove stu-diarono John Cotton e John Milton». Un altro importante al-lievo fu William Perkins. Come vedremo, la formazione dellospirito della Nuova Inghilterra fu in buona parte imperniatasu Cotton e su Perkins. E perciò, indirettamente, il loro maes-tro Chaderton ha avuto un’enorme influenza nella creazionedell’America.

Grande scopritore di talenti era stato anche Edward De-ring, considerato «l’uomo piú colto di tutta l’Inghilterra». Consomma imprudenza aveva usato la sua oratoria travolgentecontro la regina, accusandola di aver soffocato la Riforma. De-

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di una formidabile esperienza: aveva guidato per otto anni ilChrist’s college, altra incubatrice di predicatori protestanti.Ma Chaderton, reso prudente dalla vastità del compito, esita-va a gettarsi in quell’impresa. Mildmay riuscí a conquistarloalla causa del nuovo college dicendogli: «Se tu non sarai il ca-po, io non sarò il fondatore». Chaderton si lasciò convincere edivenne «il piú grande allevatore di studenti».

Proveniva da una famiglia di contadini del Lancashire.Ogni mattina che Dio mandava in terra saltava regolarmentedal letto alle cinque. Col suo fisico possente rassomigliava aduno scaricatore dei docks londinesi piú che a uno studioso. Isuoi muscoli gli avevano permesso, quand’era studente, di sal-vare la vita a un collega durante una furiosa rissa. Quel colle-ga sarebbe diventato un personaggio importante. Era il vesco-vo Richard Bancroft, nemico giurato dei puritani, che consi-derava «falsi profeti». A Chaderton, suo salvatore, non diedemai fastidio.

Andava a scegliersi i giovani piú svegli, convinto che «leuniversità devono disseminare i ministri religiosi attraverso ilregno». Li educava a riempire le loro giornate con impegnicontinui, «l’ozio e l’inazione» erano proibiti. Gli faceva stu-diare dialettica, logica, filosofia sui testi degli autori latini, gre-ci, ebraici. Dovevano impadronirsi di tutti i trucchi linguisticiper diventare formidabili predicatori. Alla fine del corso distudi venivano fuori «uomini di grande eloquenza, simili adApollo». Sotto la regia di Chaderton, l’Emmanuel divenne unautentico regno della parola. Vi si svolgevano perfino gare dioratoria, chi era piú abile «uccideva l’altro con la sua stessaspada».

A volte dalle parole si passava ai fatti, come quando si sca-tenò una rissa fra quelli dell’Emmanuel e i loro colleghi delKings college. A provocarla fu un giovane del Kings, WilliamGouge, divenuto poi un famoso religioso puritano. Si profes-sava ramista, seguace di Pierre de la Rame, detto Ramus, unsapiente francese che disprezzava Aristotele e aveva ideato unnuovo sistema di logica. Nel pieno di una discussione Gougeebbe l’imprudenza di gridare che Aristotele era «un fanfaroneche ha inventato un sacco di sciocchezze». Gli aristoteliani si

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uomo brillante come Walter Travers. «Se Cartwright è la te-sta», scrisse Thomas Fuller, «Walter Travers può essere defi-nito il collo del partito presbiteriano». Field mise Travers al-l’opera. Ne venne fuori un libro scritto in latino, EcclesiasticaeDisciplinae. Tradotto in inglese da Cartwright, fu pubblicatonel 1584 col titolo Book of discipline ed ebbe una risonanzaenorme. Disegnava un modello di Chiesa presbiteriana, affi-data a un sacerdozio basato sulle quattro categorie immagina-te da Calvino: pastori, dottori, anziani e diaconi (i pastori scel-ti dalla congregazione per predicare e amministrare sacramen-ti, i dottori per insegnare nelle scuole la vera dottrina, gli an-ziani a vigilare sulla correttezza morale della comunità, i dia-coni ad amministrare le finanze e occuparsi dei bisognosi).

Distribuito durante i raduni clandestini, riscaldò gli animidei piú infervorati. Invece Elisabetta lo sfogliò con indigna-zione crescente, come le accadeva ogni volta che vedeva messiin discussione i suoi poteri. Da questo punto di vista il docu-mento di Travers era rivoluzionario perché parlava di un re-gno di Cristo «completamente autonomo», che non dovevadar conto alla regina e a nessun’altra sovranità terrena. Tra-vers era un pupillo di lord Burghley, il primo ministro di Eli-sabetta, che zitto zitto piazzava i suoi protetti all’insaputa del-la sovrana. Aveva fatto nominare Travers reader, una specie diassistente del ministro, nella prestigiosa Temple Church diLondra. Non riuscí però a farlo promuovere titolare perchéWhitgift ci mise un sant’uomo di nome Richard Hooker, chedivenne uno dei principali difensori della Chiesa elisabettianacontro i puritani. Con incarichi diversi, lui e Travers doveva-no convivere. Hooker, magrolino, di salute cagionevole, pre-dicava la domenica mattina leggendo un discorso scritto, eWalter Travers, un gigante dotato di una dialettica esaltante, ilpomeriggio. Come ha scritto Thomas Fuller, il pulpito parlava«in puro linguaggio Canterbury al mattino e Ginevra al po-meriggio». Travers creò a Temple Church un vero sistema pre-sbiteriano, con anziani e diaconi che lo assistevano, sotto gliocchi esterrefatti di Hooker. Come se fosse un salotto, vi ac-correvano con gioioso fervore parlamentari, studenti, avvoca-ti, giuristi e intavolavano con Travers ragionamenti intermina-

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ring aveva rinunciato alla carriera ecclesiastica, preferendo ri-tagliare per se stesso «il ruolo del profeta Nathan», quello cherinfacciava al re David i suoi errori. Lui voleva fare la stessacosa nei confronti della corte elisabettiana: rimproverare lasovrana per i comportamenti sbagliati. Ma la tubercolosi sel’era portato via nel 1576 al culmine della sua fama. I collegeavevano perso un geniale cacciatore di allievi meritevoli, e laregina si era liberata di un fastidioso grillo parlante.

Lunga fu, al contrario, la vita di Chaderton, tanto da tra-sformarlo in un patriarca di oltre cent’anni. Ne dedicò trent’ot-to alla cura dell’Emmanuel. Non si occupava solo degli stu-denti, sotto la sua guida il college si arricchí di nuovi edifici edi soffici prati verdi. Aveva una certa competenza nel campodella botanica e si divertiva a piantare con le sue mani gli al-beri dei giardini. Chissà che ancora oggi non ne sopravvivaqualcuno nel sontuoso parco dell’Emmanuel, con quel belgiardino e il laghetto con le anatre. Aveva 48 anni quando fueletto capo, 86 quando lasciò e 103 alla morte, nel 1640 all’al-ba della rivoluzione puritana. Chi entra nella cappella del-l’Emmanuel vede subito all’ingresso la grande lastra che rico-pre la sua tomba con su scritto: «Hic situs est Laurenti Cha-dertonis, primis huius collegii praefectus».

Chaderton era atteso un paio di volte a settimana da nugo-li di ammiratori al St. Clements di Cambridge dove pronun-ciava sermoni intrisi di buon senso. Finché, arrivato all’età di72 anni, disse di voler interrompere quell’impegno ormaitroppo estenuante. Non glielo permisero. A convincerlo a con-tinuare furono quaranta ministri puritani andati in processio-ne a implorarlo.

Chaderton era l’antitesi di John Field nel comportamento,nello scopo che si prefiggeva e nella strategia per raggiunger-lo. Rappresentavano due anime del puritanesimo in netto con-trasto. Per quanto il patriarca era paziente e cauto, tanto Fieldera frenetico e mosso da spirito avventuristico. Continuava alavorare per la realizzazione del suo grande sogno: rimpiazza-re il sistema episcopale con quello presbiteriano. Gli servivaun progetto serio in base al quale muoversi. Non ci mise mol-to a capire che la persona piú indicata per prepararlo era un

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e di leggi statali. L’unica legge per Travers era quella eterna diDio, contenuta nella Bibbia, se gli anglicani volevano farne al-tre, «come usano i tiranni», allora si volevano mettere loro alposto di Dio.

Hooker spese ben vent’anni a scrivere una risposta a Tra-vers. Un’apologia dell’anglicanesimo in otto volumi per dimo-strare che l’organizzazione episcopale era superiore al presbi-terianesimo. Alla sua morte non aveva ancora finito. Solo cin-que volumi erano stati pubblicati, gli altri tre erano manoscrit-ti pieni di correzioni. Correva voce che i puritani li distrusse-ro con l’aiuto di Joan, la moglie di Hooker, puritana anche lei.Un biografo ne dedusse che, «agli uomini buoni non capitanobuone mogli».

Il 23 marzo 1586 l’arcivescovo Whitgift riuscí a cacciareTravers da Temple Church. Ma il predicatore non andò lonta-no. A pochi passi, in Milk Street, c’era la sua abitazione, nefece la base per guidare un movimento nazionale contro l’ar-civescovo. Ma lui e Field ebbero un effetto devastante sul mo-vimento puritano perché non tutti i puritani accettavano il si-stema presbiteriano. Era questa la loro debolezza: non aveva-no una strategia unica e si stavano spezzettando in mille grup-petti. Mancava poi un capo riconosciuto da tutti. C’erano tan-ti piccoli capi, spesso litigiosi e ottusamente cocciuti. Uno deipiú cervellotici fu Robert Browne, un tipo veramente singola-re, di carattere irascibile e tempestoso. Correva da un villag-gio all’altro a sobillare la gente contro i vescovi, «questa razzamalvagia». Il suo tono infiammato e arrogante faceva presa.Dovunque passava seminava scompiglio, tanto che comincia-rono a chiamarlo col soprannome di Robert Guastachiesa.

Era frutto anche lui di un college di Cambridge, il CorpusChristi. Non aveva avuto difficoltà a entrarvi perché veniva dauna facoltosa e nobile famiglia della contea di Northampton.Era perfino imparentato con il primo consigliere della regina,lord Burghley. E fu proprio grazie a questi legami di sangue seriuscí piú volte a tirarsi fuori dai guai in cui andava costante-mente a cacciarsi.

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bili. Temple Church era diventata un covo puritano, dove sistudiava la strategia per sovvertire la Chiesa anglicana.

In apparenza Travers manteneva con Hooker rapporti cor-diali, ma non perdeva mai occasione, durante i sermoni, persbeffeggiarlo. Secondo Hooker la volontà di Dio è di salvaretutti, anche «quelli che non hanno ottenuto uno stato di gra-zia». Considerava i cattolici pur sempre appartenenti «alla fa-miglia di Gesú Cristo». E pensava che Dio fosse «cosí miseri-cordioso da salvare migliaia di fratelli caduti nella superstizio-ne papale». Per il calvinista Travers, convinto che Dio avevadiviso gli uomini in eletti e dannati, era davvero troppo. Ac-cusò Hooker di tradimento perché «non s’era mai sentito par-lare cosí del papa e dei papisti dal tempo della regina Maria».

Una delle fissazioni di Travers erano le parrucche, quei buf-fi riccioloni bianchi incipriati che i lord si calcavano sulla te-sta. Il teologo puritano le vedeva come «un abominio per ilSignore» perché la Bibbia non prescrive l’uso di simili copri-capo. A noi oggi può sembrare stravagante, ma senza la guer-ra delle parrucche e dei paramenti sacri, forse i puritani nonavrebbero attraversato l’oceano e gli indiani d’America avreb-bero vissuto in pace chissà per quanti anni ancora.

Hooker cercava di far ragionare Travers: ma ti pare che ilSignore perde tempo a vedere se uno porta la parrucca o no?Qui è la grande differenza fra puritani e anglicani. Gli angli-cani vedevano nella Bibbia solo principi generali. Invece i pu-ritani erano fermamente convinti che la Sacra Scrittura indi-cava all’uomo come si doveva comportare in ogni momentodella giornata. Era lo strumento attraverso cui Dio conversavacon la sua creatura. Il Signore si sarebbe seccato non poco segli uomini avessero rifiutato di seguire i suoi insegnamenti. IlSignore era permaloso. Perciò conveniva adeguarsi ai testi bi-blici in tutto e per tutto, nella condotta morale, nelle tattichemilitari, nei matrimoni, nelle procedure giudiziarie. Con ama-bile indulgenza, Hooker ribatteva che tutto ciò era insensato.Il comportamento umano non si può basare solo sulla Bibbia,è condizionato anche dalla tradizione secolare della Chiesa edè guidato dalla ragione. Altrimenti a cosa serve la ragione, setutto è già scritto? Non abbiamo bisogno nemmeno di codici

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la comunità dei fedeli. Quando Elisabetta era salita al tronogli inglesi erano stati informati che la religione cambiava. Mala gente non poteva cambiare fede come se si togliesse una ca-micia per indossarne un’altra. Ci voleva un’adesione volonta-ria dei credenti. Ogni comunità doveva essere un’isola a sestante che eleggeva il suo predicatore e si raccoglieva attornoa lui. Gruppi autonomi chiamati congregazioni. Cosí la vede-va lui. E non immaginava che nella sua testa un po’ svitata erabalenata un’idea che avrebbe conquistato le future generazio-ni di colonizzatori della Nuova Inghilterra.

Fu lui a elaborare la teoria della «chiesa congregata», pic-cole comunità autonome riunite per l’esercizio del culto. Nedovevano far parte solo gli eletti. I reprobi andavano esclusi.Se Dio ha diviso l’umanità in eletti e dannati, meglio separarliin questo mondo e non aspettare l’aldilà. Una crudele conce-zione molto apprezzata dai capi delle colonie americane, i qua-li, come racconteremo piú avanti, riservarono tutti i privilegiai «santi» membri delle congregazioni, lasciando gli esclusi aimargini della società.

Nel 1580 creò a Norwich il primo nucleo di congregazioni-sti. E tirò fuori un’altra trovata che diverrà il cardine delle chie-se puritane in America, l’idea del covenant, del patto. Raccolsetutti i seguaci e insieme fecero un patto, «a questo noi diamo ilnostro consenso», di restare uniti «nel nome di Dio», di sce-gliere come capo chi «sembra tra noi il piú adatto», con la pro-messa di ubbidirgli. La vita di ogni fedele doveva essere comeuna casa di vetro, tutti erano tenuti a scambiarsi consigli sulmodo migliore di comportarsi. E se qualcosa andava storta, bi-sognava dirselo in faccia, davanti alla congregazione riunita.

In seguito a uno degli arresti di Browne, i seguaci comin-ciarono a temere il peggio, sentirono che «la voce di Dio cichiama fuori dall’Inghilterra». Cosí, nell’autunno del 1581 fug-girono in massa in Olanda. Ma senza il capo la combriccola di-ventò litigiosa e cadde in preda alle gelosie. Lui però, appenalibero, li raggiunse. Felice solo quando poteva sbraitare controqualcuno, in Olanda si accapigliò con l’esule Cartwright.

Litigavano su un problema che assillava i puritani inglesida anni, e cioè qual era la vera Chiesa di Dio? Browne e Cartw-

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In una cella buia

Mentre gridava i peggiori insulti contro i vescovi a Bury St.Edmunds, nel cuore dell’East Anglia, fu circondato dagli agen-ti e trascinato in prigione. Ci rimase solo qualche giorno. LordBurghley esercitò tutta la sua influenza per farlo liberare, congrande scorno del vescovo di Norwich il quale avrebbe prefe-rito lasciar marcire in carcere piú a lungo possibile «quest’uo-mo fastidioso», colpevole di sedurre «la piú volgare sorta digente», che si riuniva «in qualche centinaio» per ascoltarlo.Quello fu solo il primo arresto di Browne. Nel corso della sualunga vita finí in prigione ben trentadue volte a causa dellesue intemperanze. In alcune celle regnava un buio cosí fittoche «non poteva vedere le sue mani a mezzogiorno».

Era fermamente convinto di essere destinato a diffondere«un messaggio duraturo ed eccezionale». Thomas Fuller lodescrive come «un uomo dall’aspetto imperioso che si offen-de a morte se non prendi ogni cosa che dice come un oraco-lo». Picchiava regolarmente la moglie. Ma dimostrava anchedi avere qualche lampo di genialità, combinato con una taledose di avventatezza da sfiorare la follia. I vescovi gli negava-no regolarmente il permesso di predicare. Lui se ne infischia-va, perché «nessuno ha bisogno di permesso per predicare ilVangelo di Cristo». Suo fratello lo sorvegliava per evitare difargli combinare troppi disastri. E siccome era nella posizionedi poter chiedere, riuscí a ottenere da alcuni vescovi il per-messo di predica per quel personaggio cosí stravagante. Inve-ce di ringraziare il fratello, lui prese quei fogli e li gettò nelfuoco. «Non mi servono», disse, «perché questa è roba ammi-nistrativa, la Chiesa deve occuparsi di religione, non degli af-fari di Stato».

Nella sua idea, Gesú Cristo non s’era mai sognato di im-porre gli apostoli ai fedeli. Erano i fedeli a decidere di seguir-li volontariamente. Perciò adesso Browne non capiva perché ivescovi continuassero ad assegnare i ministri alle parrocchie.Dovevano essere le persone devote a scegliersi liberamente icapi religiosi. La chiesa per lui non era l’edificio di pietra ma

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Londra dove l’arcivescovo Whitgift non perde l’occasione perfarlo agguantare di nuovo e rinchiuderlo in cella. Ma un paiodi anni dopo Browne rinuncia alle sue idee in maniera davve-ro spettacolare. Rinnega il congregazionismo, viene riammes-so nella Chiesa anglicana e assegnato a una parrocchia vicinoa Northampton. E cosí il titolo brownista, applicato al gruppopuritano piú pestifero, diventa anche sinonimo di tradimento.

Ma Browne non perse mai quel carattere irascibile che gliprocurò disgrazie fino all’ultimo giorno della sua vita.Quand’era un vecchio di 81 anni ricevette la visita di un agen-te che gli chiese il pagamento di un’imposta. Lui lo prese apugni e si guadagnò un nuovo arresto. Era diventato un uomocorpulento, aveva difficoltà a muoversi a causa di una gambadolorante. Fu necessario gettare un materasso gonfio di piu-me su un carro per farcelo sdraiare sopra e condurlo cosí inprigione. Quel materasso glielo portarono nella cella e mentreci dormiva sopra alcune piume gli finirono nella gola e lo soffo-carono.

Lo scisma brownista assunse notevoli proporzioni nelNorfolk e Suffolk. I seguaci di Browne vedevano il mondospaccato in due: da una parte la grande bontà, dall’altra il ma-le assoluto. Bianco e nero. Stavano sempre attenti a compor-tarsi in modo gradito a Dio. Divennero poliziotti verso se stes-si. Una caratteristica ereditata e vieppiú rafforzata dai colonidella Nuova Inghilterra. Il congregazionismo conquistò lamente di William Perkins, il principe dei teologi puritani, ilpiú influente discepolo di Chaderton. A sua volta Perkins in-fluenzò William Ames, suo allievo a Cambridge. Ma, come ve-dremo, a differenza di Browne, Perkins e Ames predicavano ilcongregazionismo senza staccarsi dalla Chiesa centrale. A lorosi ispireranno i puritani di Boston, nella Nuova Inghilterra.Tutti in qualche modo figli del bizzarro Robert Guastachiesa.Veramente strano, dice uno storico, che gruppi di persone co-sí importanti e intelligenti «abbiano lottato per mettersi al se-guito di un personaggio cosí eccentrico».

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right erano d’accordo nel rifiutare il sistema episcopale. Ma sei vescovi venivano eliminati, poi come andavano sostituiti? Se-condo il presbiteriano Cartwright, ogni comunità religiosa sisceglieva i suoi pastori, ma al di sopra doveva rimanere unaChiesa nazionale, per questo lui non si staccava da quella an-glicana. Browne invece preferiva che ogni chiesa locale restas-se autonoma, sufficiente per se stessa. Niente Chiesa naziona-le, solo tante chiese locali.

C’era un’altra differenza. I presbiteriani volevano ammet-tere nella comunità religiosa locale tutti gli abitanti, bastavarisiedere nell’area di una parrocchia per esserne consideratomembro. Browne voleva limitare l’accesso solo a chi potevadimostrare di essere una persona devota. Per lui nella Chiesad’Inghilterra non c’era niente da salvare. Stufo delle cauteledegli altri puritani, diede avvio a una «riforma senza aspettarenessuno». Si isolava, tenendosi lontano dalla moltitudine irre-cuperabile, lasciando che il mondo andasse al diavolo. Conlui, i gruppi piú impazienti salirono su una carrozza che por-tava dritto al separatismo.

Era un brutto segno per la regina. Alcuni sudditi abbando-navano la sua Chiesa e si proclamavano indipendenti. Era an-che sfiducia verso lo Stato, visto che la Chiesa coincideva conesso. Sorgeva «un puritanesimo dentro il puritanesimo». Unpasso pericoloso perché comportava un reato di tradimento.Cominciò la caccia ai ribelli brownisti. Due di essi, il sartoElias Thacker e John Coppin, calzolaio, caddero nelle manidegli agenti mentre distribuivano libri del loro capo. Li impic-carono facendoli penzolare dalla corda mentre ai loro piedi lefiamme divoravano i libri di Browne. Non è noto se gli aguz-zini sapevano che il luogo dell’esecuzione era un simbolo del-la libertà: l’abbazia dove i baroni inglesi si erano riuniti nel1215 per scrivere un documento che limitava l’arbitrio del re,la leggendaria Magna Charta.

Quando Browne capí l’aria che tirava in Inghilterra, decisedi andarsene a Edimburgo. Riuscí a far arrabbiare anche gliscozzesi. Fu cosí sconsiderato da gridare a quel popolo di con-vinti presbiteriani che la Chiesa presbiteriana era «priva disenso». Lo sbatterono in prigione. Nel 1584 lo ritroviamo a

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poca elisabettiana e tutto il secolo successivo, il Seicento, so-no dominati dal terrore del diavolo. I puritani interpretavanola storia del mondo come una lotta fra Cristo e il diavolo perla conquista delle anime. La Terra era un campo di battagliafra Dio e Satana.

Con mille astuzie il diavolo continuava a sedurre gli uomi-ni. Perciò i puritani chiedevano a ognuno di dedicare la vitaalla ricerca della salvezza. Ma gli dicevano anche che lui eradebole, capace di compiere solo azioni malvage. L’unica spe-ranza era Cristo. Ma nessuno sapeva se Cristo lo accoglieva.Dipendeva se Dio lo aveva predestinato alla salvezza. Moltivivevano nell’angoscia chiedendosi quale sorte aveva riservatoloro il Signore, la gioia eterna o il tormento eterno.

Solo pochi erano fiduciosi nel proprio destino: sir FrancisHastings si disse «sicuro che Dio mi ha eletto alla grazia e allagloria». Tanti invece continuavano a domandarsi come pote-vano essere sicuri della salvezza. William Perkins, il primogrande teologo puritano di livello europeo, spese buona partedella sua breve vita a indagare sulla grazia divina. Troppi, se-condo lui, si illudevano che sussurrando sul letto di morte «Si-gnore abbi pietà di me» potessero essere automaticamente sal-vati. Scordatevelo, ammonirà dopo di lui l’impietoso RichardBaxter, perché gli eletti «sono scelti da Dio dall’eternità» e so-no una piccola parte dell’umanità, «meno di quelli che la gen-te immagina».

Simili affermazioni mettevano angoscia nel cuore di molti.John Overall trovò un gran numero di fedeli della sua parroc-chia in preda alla disperazione perché «non riuscivano a con-vincersi che Cristo era morto per loro». Il diciottenne Nehe-miah Wallington viveva addirittura nel terrore. Era sicuro cheil diavolo gli ronzava intorno e voleva sprofondarlo nel pecca-to. Ne aveva la certezza appena si trovava davanti a una don-na. Se ne sentiva fortemente attratto e quello gli sembrava unchiaro segno del suo «animo indecente, odioso e corrotto». Ilbuon Nehemiah era una persona ordinaria, cresciuta in unafamiglia puritana, e aveva imparato da suo padre il mestieredel tornitore. Ci ha lasciato un diario, un prezioso documentoper ricostruire i tormenti di un puritano.

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Il diavolo e il giorno del Signore

La mano che spinge una porta per chiuderla è la causa, lachiusura della porta è l’effetto. Per noi oggi è un fatto natura-le. Ma i puritani elisabettiani darebbero una spiegazione di-versa. La mano che spinge la porta per loro è una «causa se-condaria». La causa principale è Dio. Lui guida tutti gli avve-nimenti del mondo, fa sorgere il sole, alzare il vento e batterei cuori degli uomini. «La sua mano ha forgiato l’intera costru-zione del Cielo e della Terra», scriverà nella Nuova Inghilter-ra William Adams. «Lui ha prodotto questo mondo e tiene laTerra sospesa sul nulla».

John Donne è noto come poeta. È quello al quale He-mingway ha rubato la suggestiva frase «per chi suona la cam-pana», e ne ha fatto il titolo di un fortunato romanzo. Menonoto come ministro anglicano, Donne diceva cose che un pu-ritano poteva sottoscrivere tranquillamente. Decano di SanPaolo, ossessionato dal pensiero della morte, si avvolgeva inun lenzuolo funebre e predicava che «ogni conoscenza chenon comincia e finisce con la gloria di Dio, è soltanto una squi-sita ignoranza».

Nessuna sorpresa se la religione occupava i maggiori inte-ressi di tutti, visto che insegnava a capire cosa si aspettava Diodagli uomini. Ogni azione doveva tendere a Lui. I puritanisentivano l’unità fra l’uomo e Dio, fra Terra e Cielo, a un gra-do che noi moderni non possiamo nemmeno immaginare. L’e-

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rono l’idea di santificare il sabato. Nella Bibbia si parla piúvolte del sabato. In particolare, il quarto comandamento rac-comanda: «Ricordati di santificare il sabato. Sei giorni lavore-rai, ma il settimo è il sabato del Signore tuo Dio, in esso nonfarai nessun lavoro». Shabbath è una parola ebraica il cui si-gnificato è cessazione (dal lavoro). L’ansia di tornare alla Bib-bia spingeva a cancellare una tradizione ormai secolare.

Il giorno del Signore fu chiamato domenica per ragioni po-litiche. Nell’antica Roma, per distinguersi dagli ebrei, Costan-tino, il primo imperatore cristiano, abolí alcune pratiche ebrai-che, come la circoncisione e il riposo al sabato. Ma ora il gior-no del Signore doveva tornare a chiamarsi sabato, e divenire ilmezzo per «alimentare l’anima», diceva il predicatore RichardGreenham, il giorno in cui «gli uomini devono capire comefarsi perdonare i peccati». Preghiere, sermoni, digiuni. Cosídoveva trascorrere il sabato, «per accrescere la fede e fortifi-care se stessi nell’animo». Il sabato era il «mercato dell’ani-ma», dove si comprava «il vino e il latte della Parola, senzasoldi». Le preghiere dei puritani non contenevano richieste aDio come quelle dei cattolici, esprimevano adorazione e rin-graziamento, ed erano accompagnate da altre forme di lode alSignore, salmi, inni e canti spirituali.

Il sabato divenne il mezzo di salvezza per eccellenza. Per esal-tarne la santità Nicholas Bownd ebbe il coraggio di scrivere qua-si 800 pagine, divise in due volumi. Talmente noiosi che ogginessuno sarebbe in grado di andare oltre la seconda pagina. Maa quel tempo i due libroni erano letti e discussi con passione.

La fissazione per il sabato costò ai puritani nuove prese ingiro. Nelle bettole si sganasciavano dalle risate raccontandoche il puritano ammazza il suo gatto il lunedí perché la pove-ra bestia ha mangiato un topo il sabato. Loro continuavano anon poterne piú di sentirsi chiamare puritani ed essere lo zim-bello della gente a causa di quel nome. Si definivano «gli elet-ti», «i devoti», oppure «figli di Dio» e «popolo del Signore».«Se un cristiano si comporta con coscienza», masticava amaroGeorge Downame, «se santifica il sabato, ascolta i sermoni, osi astiene dalla diffusa corruzione di questi nostri tempi, eccoche subito viene bollato come un puritano».

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Era convinto di commettere orribili peccati, «concupiscen-za, bugiarderia, ira sconsiderata e mancanza di fervore nel ser-vire Dio». Di giorno in giorno le sue crisi di angoscia aumenta-vano e gli davano la certezza di essere dannato. Fu spinto al sui-cidio. Ci provò tre volte, col veleno, con una fune per impiccar-si e con un coltello per tagliarsi la gola. Cadde in ginocchio da-vanti al padre gridando, «il diavolo non mi vuole lasciare in pa-ce». Quando udirono la sua storia i predicatori puritani, che sidefinivano «curatori dell’anima», lo rassicurarono. Le tentazio-ni del diavolo erano normali perché Dio metteva alla prova lesue creature prescelte e dava la grazia per resistere. Rassicurato,Nehemiah continuò per tutta la vita a «combattere con il diavo-lo», che si manifestava attraverso i suoi agenti umani, maghi estreghe. Si vantava di aver ascoltato a Londra diciannove ser-moni in una settimana. È stato calcolato che in quel periodo aLondra, oltre alle normali prediche dei ministri delle parroc-chie, si tenevano ogni settimana almeno cento sermoni di predi-catori e conferenzieri. Per strada c’era chi ridacchiava osservan-do il puritano che «cammina estasiato e parla in maniera dolce,dopo aver appena ascoltato tre conferenze e due sermoni».

Il giovane Nehemiah annota episodi ai quali dà spiegazioniche a noi appaiono davvero stravaganti. C’è la storia del ve-scovo che vuole per forza montare un organo in una chiesa.Ma ecco scatenarsi una furiosa tempesta, chiaro segno di di-sapprovazione di Dio perché a Lui i suoni per diletto non so-no graditi. «Un agricoltore», scrive Nehemiah, «macinava gra-no nel giorno del Signore. Per questo ha visto il suo raccoltoridotto in cenere». Un altro contadino «voleva arare il sabato.Ma la rabbia del Signore fu su di lui. Mentre puliva l’aratrocon un attrezzo di ferro, quell’attrezzo gli si è conficcato nellamano, come segno della maledizione del Signore per questoorribile peccato». Sotto la data del 23 gennaio 1582, un saba-to, leggiamo: «Nel giorno del Signore, al Giardino di Parigi,le tribune sono crollate, otto morti e molti feriti. Un monito achi nel giorno del Signore si prende piaceri in un teatro inve-ce di andare in chiesa a servire Dio».

Il devoto Nehemiah definisce il sabato «giorno del Signo-re». Fu in questo periodo, verso il 1580, che i puritani lancia-

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aggressivo. Peters Wentworth, di Northampton, e il suo ami-co Anthony Cope, di Banbury, erano due fra i piú incendiari.Ma forse ancora piú temibile appariva l’elezione a Warwick diJob Throckmorton, uomo con una personalità travolgente, pa-rente di Catherine Parr, la sesta moglie di Enrico VIII. Con si-mili personaggi il parlamento stava per trasformarsi in un me-gafono attraverso il quale lanciare violenti attacchi alla Chiesaanglicana. Elisabetta era consapevole che le avrebbero creatoseri grattacapi, ma prima di occuparsene doveva affrontare unaltro problema estremamente grave. Il suo feroce segretario diStato, Walsingham, le aveva portato le prove di un complottoper ucciderla orchestrato da un ricchissimo cattolico, il mer-cante londinese Anthony Babington. Alcune lettere intercetta-te dimostravano che anche Maria Stuart era consapevole dellacospirazione, anzi l’aveva incoraggiata col desiderio di pren-dere la corona di regina d’Inghilterra.

La vita di Maria dipendeva adesso solo da Elisabetta. Lasovrana esitò a lungo prima di mandare a morte «quella infa-me assassina», che era pur sempre regina di Scozia e per dipiú sua cugina. Ma alla fine si convinse che il suo regno avreb-be continuato a correre pericoli a causa di quella donna. «L’In-ghilterra», dichiarò con decisione, «non avrà altra regina al difuori di me». La mattina dell’8 febbraio 1587 Maria offrí ilcollo candido al boia. La sentirono gemere: «Dolce Gesú». Civollero due colpi d’ascia per staccare la testa, che rotolò a ter-ra come un pallone.

Diciannove giorni dopo, il 27 febbraio, con la regia occul-ta di Field, Cartwright e Travers, i puritani lanciarono unanuova sfida attraverso quel parlamento che loro avevano con-tribuito a eleggere. Il deputato Anthony Cope mise a rumorela Camera dei Comuni con le sue richieste: abolizione di tuttele norme sui riti religiosi e le cerimonie ecclesiastiche, modifi-ca del Libro di preghiera e organizzazione presbiteriana dellaChiesa. «Una rivoluzione completa», secondo sir John Neale.Ma non avevano fatto i conti con Elisabetta. Quell’iniziativaparlamentare aveva per lei tutta l’aria di una cospirazione, equesto confermava la sua convinzione che i puritani potevanoessere anche piú pericolosi dei cattolici. Prima di tutto vietò

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L’ultimo tentativo

John Whitgift non era per niente tranquillo. Nonostante ladura repressione, era sicuro che la Chiesa stava per cadere inmano ai puritani. Un quarto delle parrocchie di Londra avevaun predicatore puritano. Philip B. Secor calcola che «i lorosermoni raccoglievano una folla cosí enorme come nessunevento sportivo o culturale nella città». L’arcivescovo era assaipreoccupato perché temeva «una cospirazione fra loro». Ineffetti i puritani avevano rialzato la testa. Cartwright era tor-nato dopo undici anni di esilio, e con Travers e Field aveva ri-preso la guida del movimento presbiteriano.

Whitgift pensò fosse necessario calcare ancora di piú lamano. Ripartí all’attacco di Field, che era stato riammesso aOxford come predicatore grazie all’interessamento di lord Lei-cester. Lo fece sospendere di nuovo, perché «ogni tanto rice-ve in casa sua tre ministri presbiteriani scozzesi». Subito dopoproibí la pubblicazione di qualsiasi opuscolo o libro senza lasua autorizzazione, sperando cosí di contrastare il passo alleidee e ai proclami puritani. Sguinzagliò le sue spie mandando-le a rovistare nelle tipografie e nei bugigattoli dei rivenditorialla ricerca di scritti sediziosi.

Ma i puritani dimostravano di avere mille risorse. Nel 1586furono molto abili nel far eleggere alla Camera dei Comuninumerosi personaggi legati al loro movimento. Alcuni dei nuo-vi deputati erano autentici propagandisti di spirito fortemente

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rente rispetto alla vita terrena e a quella futura, che se ne infi-schia di chi amministra i sacramenti e se lo fa nel modo giustosecondo il testamento di Cristo». Sognava una «vera Chiesa diDio incorrotta», voleva «ridurre tutte le cose e azioni alla ve-ra, antica, primitiva forma della Parola di Dio».

Quando seppe dell’arresto di Greenwood, il 19 novembre1586 andò a trovarlo in carcere nella sua veste di avvocato.Ebbe una brutta sorpresa: rinchiusero anche lui in cella. Litennero in prigione sei anni, durante i quali furono condottipiú volte davanti a una corte di religiosi arcigni appollaiati co-me corvi dietro le cattedre. Ogni volta gli rivolgevano le stessedomande: la Chiesa inglese è la vera Chiesa di Cristo? Invaria-bilmente i due rispondevano: «No». Riconoscete la regina co-me capo supremo della Chiesa? «No». All’ennesimo no li ri-spedivano in cella. Non rimasero inattivi. Come nei gulag so-vietici, scrivevano libri usando pezzetti di carta che affidavanoagli amici per farli portare in Olanda, dove i manoscritti veni-vano messi in ordine e stampati per poi tornare in Inghilterrasotto forma di libri.

Esasperati, i vescovi fecero emanare una legge molto restrit-tiva diretta proprio contro Barrow e Greenwood. Tutte le per-sone che avevano superato i sedici anni di età dovevano dimo-strare, partecipando alle cerimonie, di accettare la religione an-glicana. Chi evitava per un mese di seguito di «frequentare illuogo abituale per la preghiera comune e di partecipare al ser-vizio religioso», oppure istigava a non frequentarlo «stampan-do e scrivendo discorsi», aveva tre mesi di tempo per ravve-dersi. Se insisteva, veniva espulso dal regno. Chi osava rimet-tervi piede rischiava la condanna a morte per tradimento.

Nemmeno queste pesanti minacce furono in grado di bloc-care il flusso delle pubblicazioni ostili. Ce n’è bisogno, dicevaBarrow, perché la gente deve capire, «i testi sacri non devonoessere oscuri come i misteri di Osiride». Cominciarono a cir-colare libelli sempre piú spregiudicati. Fece molta impressio-ne il Dialogo sulla contesa della nostra Chiesa, un libro che, aparte la polemica religiosa, era scritto cosí bene che potrebbeessere tranquillamente incluso nella storia della letteratura in-glese. L’autore era un giovane seguace di Field, John Udall, di

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al parlamento di «occuparsi di faccende religiose». Poi mise aposto i parlamentari piú temerari. Wentworth, Cope e altri fu-rono rinchiusi nella Torre, dove venne portato di peso ancheil focoso Throckmorton. Cartwright fu arrestato e condanna-to, e poté tornare libero solo grazie ai suoi amici influenti, ilconte di Leicester e lord Burghley.

Il tentativo di Field di usare la Camera dei Comuni per im-porre la riforma ecclesiastica era fallito. I puritani avevano per-duto e si ritrovavano completamente soli. I loro grandi protet-tori erano morti o troppo vecchi per venire in soccorso. Per al-cuni mesi vissero allo sbando completo. Finché il 27 settembre1587 tennero a Cambridge un’assemblea dove emersero profon-di contrasti. Alcuni gruppi, guidati da capi molto agguerriti,proclamarono di voler troncare ogni rapporto con la Chiesa an-glicana, separarsi e andarsene per conto proprio. Il movimentopuritano continuava a dividersi e disperdersi in mille rivoli.

Dimostrava però di essere vitale, producendo nuovi leader.Vennero alla ribalta John Greenwood ed Henry Barrow, con-gregazionisti come il loro maestro Robert Browne. A causa del-le sue idee, Greenwood aveva perduto l’incarico ecclesiastico,ma lord Robert Rich, interessato alla sua dottrina, lo aveva ac-colto a Rockford, nell’Essex. Non ci rimase molto perché gliagenti della regina lo prelevarono e lo rinchiusero nella Clink,una famigerata prigione nel quartiere londinese di Southwark.

Fu invece il caso a fare di Barrow un acceso puritano e unodei personaggi piú interessanti di quel periodo. Era un avvo-cato con una brillante carriera davanti a sé. Frequentava gliambienti di corte ed era abituato a costumi piuttosto libertini.La sua vita cambiò radicalmente dopo aver letto un libro diRobert Browne, bizzarro personaggio sicuramente, ma capacedi esercitare un forte ascendente sugli esseri umani. Barrowdivenne uno dei piú esagitati puritani e cominciò a sfruttare lasua arte di avvocato e di abile polemista per scagliarsi contro ipredicatori piú moderati. «Non vi vergognate di ricevere gliincarichi dai vescovi?», li insultava. Li spronava a selezionare ifedeli accogliendo in chiesa solo i meritevoli, scacciando la«confusa compagnia di persone profane, atee, ingorde, golo-se, vanitose, ignoranti e malvagie, di ogni età e sesso, indiffe-

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diceva che in Svezia aveva piovuto sangue e in Francia nasce-vano bambini mostruosi. Prodigi spaventosi nei quali i solitiesagerati scorgevano l’imminente rovina, i regnanti europeistavano per essere rovesciati, gli imperi sconvolti, e orribili ca-lamità avrebbero afflitto il genere umano. Era anche possibileche quell’anno, il 1588, sarebbe arrivata la fine del mondo. Ipuritani ne erano sicuri e basavano la loro convinzione sul fat-to che «tante sono le colpe del mondo, e Dio sta preparandola sua terribile vendetta per distruggerci». Le colpe piú gravice l’aveva la regina che non faceva trionfare la vera Chiesa, «larabbia di Dio non si calmerà se lei non si pente e rinsavisce».Al contrario, il reverendo William di Litchfield malediceva idigiuni pubblici e le preghiere dei puritani, li vedeva come la«vera causa dell’invasione preparata dagli spagnoli».

Se Dio mandava gli spagnoli per punire la regina o i puri-tani non si sa. Certo è che Filippo II di Spagna faceva prepa-rativi per sbarcare sulle coste inglesi. Tre anni prima la suaflotta era già pronta, ma quel demonio di Francis Drake eraapparso all’improvviso davanti al porto di Cadice e aveva di-strutto le navi spagnole. Un attacco preventivo come quellodei giapponesi a Pearl Harbor, e come quello di Bush controSaddam. Drake era un corsaro al quale la regina aveva datocarta bianca, solcava l’Atlantico a caccia di velieri spagnoli ca-richi di tesori con i quali riempiva i forzieri di Elisabetta. InSpagna per spaventare i bambini le mamme dicevano che sta-va arrivando «el Draque». John Stow, un cronista dell’epoca,ci informa che «era famoso in Europa e America come il Ta-merlano in Asia e Africa».

Filippo aveva ricostruito la flotta che, nel 1588, con il bo-rioso nome di Invencible Armada, mise le vele al vento pun-tando verso l’isola britannica. Era una forza militare formida-bile di 130 navi e 2.500 cannoni in grado di portare una mi-naccia molto seria. Gli inglesi tremavano e la loro regina li rin-cuorò: «So di avere il corpo di una donna debole e gracile, maho il cuore e lo stomaco di un re, e di un re d’Inghilterra».L’Armada si rivelò tutt’altro che invincibile. I cattivi piani deisuoi strateghi e l’abilità marinara degli inglesi trasformaronola spedizione in una catastrofe. Le navi spagnole erano prepa-

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26 anni, titolare di una chiesa a Kingston-on-Thames. Avevafatto uscire il libro senza firma per non perdere il posto. Lesolite requisitorie contro i vacui ministri anglicani e il lusso incui vivevano i vescovi erano condite stavolta con un sarcasmoarguto e una raffinata forma letteraria. L’arcivescovo Whitgiftera talmente furioso che, non potendo colpire l’autore anoni-mo, fece arrestare il tipografo Robert Waldegrave, un purita-no che nel corso della sua vita conobbe piú volte il castigo del-la prigione per i testi che stampava.

Come abbiamo visto, Paul’s Cross, davanti alla cattedrale diSan Paolo, era un palcoscenico nazionale usato per discutere legrandi questioni. Thomas Carlyle l’ha chiamato «il quotidianoThe Times» di quell’epoca. Il 12 gennaio 1588 il vescovo Ri-chard Bancroft, preoccupato per gli attacchi alla sua categoria,salí su quel pulpito con l’intento di chiudere definitivamente labocca ai critici. Disse che la richiesta di abolire i vescovi erafolle perché essi ricevevano la loro autorità per grazia divina,concessa direttamente da Dio. Volevano per caso i puritani met-tersi contro la volontà di Dio? Minacciò, se avessero insistito,di accusarli di eresia. Bancroft però non aveva calcolato la rea-zione della regina, la quale rimase piuttosto seccata. Se i vesco-vi erano nominati per grazia divina, allora lei che ci stava a fa-re? Per togliersi d’impaccio, Bancroft la rassicurò dicendoleche la supremazia della regina rafforzava la scelta divina.

Lo scontro con la Spagna

Una cosa univa gli inglesi, anglicani e puritani, ed era l’o-dio per gli spagnoli. Dominava su tutti il grande terrore che ilcattolicissimo re di Spagna potesse da un momento all’altroinvadere l’Inghilterra e riportarvi la religione del papa.

Astrologi e indovini favorivano la diffusione di brutti pre-sentimenti. Leggevano nelle stelle l’arrivo di grandi catastrofi.Era apparsa una cometa, Dio mandava questi segni per an-nunciare tempi cupi. Thomas Porter, considerato un vero ora-colo, profetizzava terribili sciagure. Le voci provenienti da al-tri paesi sembravano fatte apposta per accrescere il terrore. Si

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43 anni. La moglie Joan gli aveva dato sette figli. «Nella me-moria», dirà di lui John Preston, futuro capo dell’Emmanuelcollege, «odora come un campo benedetto da Dio». I seguacitrovarono nella sua casa molti appunti «sulle malefatte del cle-ro» e li utilizzarono per scrivere almeno il primo libello.

Le spie sguinzagliate da Whitgift ci misero un anno per in-dividuare la tipografia clandestina. All’inizio lo stampatore, ilsolito Robert Waldegrave, aveva nascosto le lastre tipografichein casa della signora Crane, nota puritana. Poi le aveva infilatesotto la paglia di un carretto portandole a Kingston, dove leaveva prese in consegna il reverendo John Udall. Era una stam-pa pellegrina, mai ferma in un posto. Nascondevano il torchiolungo il corso del Tamigi, dove «si annidano molti uomini se-diziosi». A Fawsley, lo protesse per qualche settimana sir Ri-chard Knightley, uno dei nobili piú in vista. Era amico di JohnPenry, un gallese seguace di Field, diventato un puritano ar-rabbiato dopo essere passato nei soliti college di Cambridge.Aveva già pubblicato un piano per l’evangelizzazione del Gal-les, in cui criticava la regina, salita al trono con l’aiuto del Van-gelo, e ora non voleva «permettere al Vangelo di propagarsi aldi là del suo scettro». Whitgift l’aveva fatto arrestare e Penrysi era ritrovato davanti alla faccia ossuta dell’arcivescovo chelo sbeffeggiava chiamandolo «osceno ragazzino».

Ora Penry era uno dei promotori dei volumetti firmati Mar-tin. Per sfuggire agli agenti dell’arcivescovo circolava vestito co-me un brigante, avvolto in un mantellone azzurro, con la spadasul fianco e in testa un enorme cappello a colori sgargianti. Aguidare la caccia Whitgift aveva messo il suo pupillo RichardBancroft. Dieci anni dopo, quando l’arcivescovo raccomandòBancroft alla regina come vescovo di Londra, ricordò che «conla diligente ricerca era stato il primo investigatore di Martin».

Arresti

I puritani moderati erano molto seccati da tutto quel chias-so sollevato dai libercoli e temevano che quegli eccessi verbalipotessero provocare solo danni. Se ne convinse anche il tipo-

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rate a combattere un vecchio tipo di battaglia, fatta di abbor-daggi delle navi nemiche per permettere ai soldati di saltaresul ponte e impegnarsi in feroci corpo a corpo. Ma le navi in-glesi non si fecero avvicinare e con le loro potenti bocche difuoco sbaragliarono gli spagnoli.

Lo scampato pericolo spinse i puritani a comportarsi conun’aggressività mai vista, come se volessero provocare un de-finitivo regolamento dei conti con vescovi e arcivescovo. Inmano alla gente comparve uno strano libretto che metteva inridicolo gli abusi e le ipocrisie dei prelati. Era scritto con unpiglio violento e un linguaggio rude e volgare proprio con l’in-tento di catturare la simpatia popolare. «Sono ignobili papisti,schifosi Anticristi che usurpano l’autorità dei pastori, i qualisono tali per ordine di Dio e non devono avere superiori». Lasequela di insulti ai vescovi era interminabile: «Marmagliamaialesca, usurai, siete dei chiacchieroni sfacciati, presuntuo-si, profani, meschini, pestilenziali e dannosi». Stesso tratta-mento era riservato a Whitgift, definito «Belzebú di Canter-bury», «Tiranno sanguinario» e «Sua Canterburinità».

L’autore si firmava col falso nome di «Martin Marprelategentleman». Il libello fece una tale impressione sull’opinionepubblica che a Londra non si parlava d’altro. E mentre venivaorganizzata la caccia al fantomatico Martin, ecco entrare incircolazione un’altra pubblicazione dello stesso tipo. Fra l’ot-tobre del 1588 e settembre dell’anno successivo uscirono settevolumetti clandestini con la firma di Martin Marprelate. Pro-dussero effetti devastanti. I puritani moderati disapprovavanoquel modo becero e grossolano di fare polemica, e si ap-profondí il solco fra loro e i gruppi estremisti. La regina e l’ar-civescovo erano furibondi ma anche allarmati, avevano la con-vinzione che quegli scritti rappresentassero il segnale di unarivolta imminente. La loro reazione fu perciò spietata, e sta-volta ridussero il movimento puritano al silenzio completo.

I veri autori dei testi non sono mai stati individuati con cer-tezza. L’ispiratore fu sicuramente John Field. Il linguaggio bel-licoso e sarcastico era il suo. Non poteva però averli scritti lui:gravemente ammalato, era morto nel febbraio del 1588, e cioèotto mesi prima dell’uscita del pamphlet numero uno. Aveva

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affollato di taverne, bordelli, ma anche residenze di vescovi,«una mistura elisabettiana di crimine e religione». La Clink eraun mostruoso edificio adiacente al palazzo dei vescovi di Win-chester. Un luogo di terrore dove in passato rinchiudevano leprostitute e i loro clienti troppo chiassosi che disturbavano laquiete dei prelati. In epoca elisabettiana divenne una prigioneper reati religiosi. Fu bruciata durante una rivolta nel 1780.

In quella prigione marcivano da tempo anche Greenwoode Barrow. Furono rilasciati all’inizio del 1592, e andarono avivere in casa del commerciante Roger Rippon. Li raggiunseJohn Penry, tornato dalla Scozia. Si era ricostituito un gruppodi separatisti, definiti brownisti, mentre loro preferivano chia-marsi indipendenti. Appena ebbero sentore di nuove riunio-ni, i vescovi fecero rimettere in carcere Greenwood e Barrow.La caccia ai loro seguaci provocò l’arresto di cinquantaseibrownisti sorpresi durante un servizio religioso sulle colline diIslington, dove un tempo Enrico VIII andava a trovare le sueamanti. Molti di loro patirono privazioni di ogni genere e fu-rono sottoposti a crudeltà spaventose che ne provocarono lamorte. Roger Rippon, colpevole di aver ospitato Greenwood,fu massacrato nella prigione di Newgate. Il giorno dopo imembri della congregazione caricarono il suo corpo martoria-to in spalla e lo portarono in processione per le strade londi-nesi, come fanno oggi i palestinesi con le vittime degli attacchiisraeliani. Il caso Rippon sollevò una tale ondata di rabbia chele autorità cercarono di placare la folla inferocita con la pro-messa di punire gli assassini del commerciante.

Questo non risparmiò una brutta fine a Greenwood e Bar-row. I giudici della High Commission li tormentarono per mol-ti giorni. Una volta chiesero a Barrow cosa pensasse di Whit-gift. «È un mostro», disse lo spavaldo avvocato, «un esseremiserevole, non so come altro chiamarlo». Il 6 aprile 1593, luie Greenwood, accusati di eresia e di non riconoscere la reginacapo della Chiesa, furono impiccati a Tyburn, dove sorge oraMarble Arch.

Penry era riuscito a passare inosservato. Ma un giorno il vi-cario di Stepney lo riconobbe e lo fece arrestare. Davanti a unacorte di preti la sua natura focosa prese il sopravvento. Definí la

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grafo Waldegrave e abbandonò l’impresa. Gli subentrò JohnHodgkins, uno stampatore della zona di Manchester, non mol-to fortunato: i suoi ferri del mestiere furono subito scopertiinsieme con alcuni manoscritti pronti per la stampa. Hodgkinse i suoi aiutanti furono trascinati a Londra e sottoposti a scon-volgenti torture. Ma c’era un’altra stamperia nascosta in casadella signora Wigston dalle parti di Coventry. Fu questo l’ar-nese usato per preparare il settimo e ultimo scritto con la fir-ma di Marprelate. Lo confezionarono a casa del parlamentareJob Throckmorton, che forse fu il regista dell’intera operazio-ne. Il gioco a rimpiattino ebbe termine quando un rilegatoredi Northampton, Henry Sharpe, raccontò buona parte dellastoria. Gli agenti andarono ad arrestare Knightley, si portaro-no via la signora Wigston. E a John Udall non serví la fuga aNewcastle: lo catturarono, trasferendolo subito a Londra. Wal-degrave e Penry si rifugiarono in Scozia, dove Waldegrave di-venne tipografo alla corte reale. Penry aveva dietro una mo-glie, Eleanor, che a Edimburgo gli diede un’altra figlia: la quar-ta in quattro anni. Come buon auspicio la chiamò Salvezza.

Davanti alla Star Chamber, Udall non negò di apprezzarequei libri, ma alla domanda se fosse lui l’autore si rifiutò di ri-spondere. «Se io fossi l’autore», disse, «penso che per legge nonvi dovrei nessuna risposta». Agli arcigni giudici non importavaun fico secco delle leggi e lo rimandarono in prigione. «Ci re-sterai finché non cambi idea». E lui: «Voi avete fatto un pattocol diavolo. Vado in prigione con la coscienza a posto, anzichélibero ma con la coscienza che mi rimorde». Era un monumen-to alla coscienza ed era pronto a morire per essa. «Voi dite chesono colpevole e mi chiedete di provare che sono innocente.No, voi dovete provare che sono colpevole». Alcuni mercantiin partenza per la Turchia proposero di imbarcarlo sulla navecome loro ministro. Ma Udall rifiutò di accettare la condizionedella corte di non rimettere piú piede in Inghilterra. Si scomodòper lui anche Giacomo Stuart, re di Scozia. Lo considerava«l’uomo piú colto d’Europa». Ne ottenne il rilascio, ma troppotardi. Udall si era ammalato e morí nel 1592, a 32 anni.

Lo fecero morire nella prigione piú orribile di Londra, laClink, nel quartiere di Southwark, sulla riva destra del Tamigi,

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eresia, minaccia e tradimento. Reati che lo avrebbero portatodritto sul rogo o con il collo infilato nel cappio del boia. Mar-lowe però non doveva morire. Aveva una doppia vita, era l’a-gente segreto di importanti personaggi della corte fra cui ilpotentissimo lord Burghley, e contava sull’amicizia di sir Wal-ter Raleigh che in quel periodo era nel cuore della sovrana.

Ufficialmente Marlowe fu ucciso il 30 maggio in una taver-na di Deptford, a quattro miglia dal posto in cui il giorno primaavevano impiccato Penry. L’assassino era uno strano personag-gio di nome Ingram Frizer, il quale disse di averlo accoltellatodurante una rissa in una taverna perché non riuscivano a trova-re l’accordo sul pagamento del conto. Frizer rimase in prigioneun mese appena e poi uscí con il perdono della regina. Alcunistorici sono convinti che l’omicidio fu una finta. Marlowe con-tinuò a vivere e a fare l’agente segreto con un altro nome. Perdimostrare la sua morte fu esibito ai medici il corpo di Penry.Se è vero, nella tomba di Marlowe sono in realtà sepolti i restidel giovane predicatore puritano. Chissà se è tutta una fantasia.

Ritirata strategica

Il parlamento cercò ancora una volta di correre in soccor-so dei puritani. Fece addirittura mettere sotto inchiesta i tru-culenti giudici dell’High Commission, responsabili di tuttoquello spargimento di sangue. Ma la regina prese molto malequell’iniziativa. Ordinò di condurre in carcere alcuni parla-mentari e perfino il procuratore generale che aveva simpatiz-zato con loro. Stavolta era veramente intenzionata a liberarsidei fastidiosi puritani. Siamo nel 1593. Contro di loro emanaun’ordinanza in base alla quale viene bandito o condannato amorte chiunque critichi la struttura della Chiesa. Il tempo diLondra gremita di predicatori è finito. I puritani vengono but-tati fuori dalle chiese e dalle università.

Ma non bisogna credere che tutte queste persecuzioni fos-sero in grado di vincere lo spirito di gente coraggiosa comeRobert Beale e Thomas Cartwright. Col tempo, l’ostinazionedei puritani riuscí, come vedremo, ad affondare la Star Cham-

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carica di vescovo «un’invenzione» e riguardo all’ordinamentoattuale della Chiesa disse che preferiva discuterne alla presenzadella regina. Lungi dal soddisfare una simile richiesta, i suoi in-quisitori lo mandarono sotto processo. La corte esaminò il suocaso il 25 maggio. Mancava un’accusa precisa ma la sua colpe-volezza era già decisa e i giudici furono costretti a condannarlocon una formula vaga: per «aver scritto e pronunciato certe pa-role con l’intento di fomentare la ribellione e l’insurrezione inInghilterra». Una sentenza mostruosa che nell’opinione di sirThomas Phillips «disonora il nome della giustizia inglese».

«La vostra punizione», annunciò il giudice supremo a JohnPenry, «sarà l’impiccagione». L’esecuzione fu stranamente ri-tardata di quattro giorni, avvenne il 29 maggio 1593 a St. Tho-mas-a-Watering, due miglia fuori Londra, sulla vecchia stradadel Kent, vicino al ruscello dove i pellegrini diretti a Canter-bury facevano tappa, come recita Geoffrey Chaucer nelle sueCanterbury tales. «Lo portarono via», racconta John Wadding-ton, «alle 5 del pomeriggio dalla prigione di High-street al luo-go fatale. Si era radunata una piccola folla di curiosi attrattidalla vista degli operai che preparavano la forca. Penry avreb-be voluto parlare, ma lo sceriffo gli proibí sia di protestare lasua innocenza che dichiarare la sua fedeltà. La sua vita fu an-nientata e la folla dispersa. Non si sa dove fu sepolto». Aveva30 anni. La moglie, i famigliari e gli amici non furono in gradodi vederlo e nessuno seppe che fine avesse fatto il corpo.

Il mistero della fine di Penry ha fatto nascere il sospettoche dietro ci sia una storia decisamente romanzesca. Alla finedi maggio del 1593, mentre Penry veniva condannato a mor-te, il poeta e drammaturgo Christopher Marlowe, che aveva29 anni, uno meno di Penry, si ritrovò all’improvviso in gravepericolo di vita. Marlowe, avversario di Shakespeare, era unindividuo sinistro, violento, spregiudicato, grande bevitore eassolutamente irrispettoso in fatto di religione. Definiva i ser-moni del reverendo Richard Harvey «roba buona per l’età delferro». Alla Star Chamber erano arrivate carte dalle quali ap-pariva chiaro come la pensava e come si comportava. Adessodoveva presentarsi davanti ai giudici che erano pronti a sca-gliargli addosso accuse da far rabbrividire: ateismo, blasfemia,

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vantava parentele con i personaggi piú in vista. Nipote delconte di Warwick, aveva sposato la figlia di Walsingham, il se-gretario di Stato di Sua Maestà, mentre lo zuccheroso Leice-ster aveva preso in moglie sua madre, la vedova lady Lettice.Essex era in realtà un individuo spaventoso e poco incline alsentimentalismo. Ma i puritani pensavano che la sua indolearrogante fosse utile, una specie di ariete capace di spalancaremolte porte. Nella sua residenza i predicatori tenevano confe-renze settimanali. Quando John Penry ricevette la visita di Es-sex in prigione, lo scongiurò di mettersi lui alla testa del mo-vimento. Ma Essex cercava gloria militare. Andò a guadagnar-ne al fianco degli olandesi impegnati in una guerra di libera-zione dalla Spagna. Si comportò cosí bene che la regina lo in-viò in Irlanda a domare i cattolici dell’Ulster, ai quali eranostate confiscate le terre per darle a migliaia di protestanti in-glesi mandati a far conoscere la «vera religione» ai «selvaggiirlandesi». Nel giro di una quarantina d’anni furono trapian-tati in Irlanda quasi centomila protestanti scozzesi, inglesi egallesi. Cominciò cosí la faida che ha tormentato fino ai giorninostri le sventurate popolazioni dell’Ulster.

Essex sperperò in Irlanda tutto il credito che aveva acqui-sito in precedenza. Si comportò in maniera brutale verso i riot-tosi irlandesi, ma non riuscí a domarli. Poi di colpo, senza nes-suna autorizzazione, firmò una tregua con il loro capo, HughO’Neill, conte di Tyrone, e se ne tornò a Londra. La regina siurtò moltissimo e per punire Essex, che aveva agito con tantapresunzione, gli proibí di mettere piede a corte. Spavaldocom’era, lui reagí con grande impertinenza. Volle dimostraredi godere di una popolarità eccezionale. Chiamò a raccolta isuoi seguaci puritani, fra i quali spiccava il patrono di Shake-speare, il conte di Southampton, e alla testa di un lungo e va-riopinto corteo si mise a percorrere le vie di Londra. Non erauna semplice bravata. Spinto da un’ambizione divorante, nel-la mente di Essex era balenata un’idea folle, voleva sollevareuna rivolta per detronizzare la regina. Finí con la testa mozza-ta dalla scure del boia.

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ber. Per dirla con Leonard W. Levy, alcuni di loro «erano uo-mini di granito che niente poteva scalfire». Un merciaio di no-me George Collier, ad esempio, fu tenuto in prigione per cin-que anni senza che nessuno gli spiegasse di cosa fosse accusa-to. Nonostante le sofferenze, quando alla fine lo portarono da-vanti alla High Commission, si rifiutò di rispondere e di accet-tare la religione anglicana. Era gente dura, che cinquant’annipiú tardi non esitò a scatenare una guerra civile pur di far pre-valere le proprie idee. Autentiche querce. Lo riconobbe ancheun vescovo: essendo sopravvissuto a diversi regimi, disse chelui invece sapeva «piú di salice che di quercia».

Il movimento presbiteriano era battuto. I separatisti anche.I puritani non erano piú una minaccia politica. Si limitavano ariunirsi in tranquille comunità locali o coltivavano le loro ideereligiose nel chiuso delle proprie famiglie. «Un tempo», rac-conta il loro contemporaneo Thomas Wilson, «si incontrava-no veri eserciti di questi preti». Ora non si vedevano piú «per-correre le strade del regno». I tentativi di riforma della Chiesafurono temporaneamente abbandonati. I ministri imprigiona-ti promisero di non tenere piú «i normali raduni» e tutto ilmovimento piegò la testa. Era però una ritirata strategica, noncerto una resa. «Contro di noi c’erano forti venti e la mano diDio», spiegò rassegnato Josiah Nichols, «ed eravamo pronti asottometterci alla volontà di Dio, affidando noi stessi e la no-stra causa a Lui che giudica correttamente. Decidemmo diaspettare tempi migliori».

Uno come Edmund Snape aveva la grinta necessaria perdiventare il nuovo Field ma fu tenuto lontano da Londra, nel-le regioni occidentali, e non ebbe molta influenza. Nemmenola Camera dei Comuni rappresentava piú un punto di appog-gio, mancavano i parlamentari combattivi di una volta. E acorte non venivano piú ascoltati da nessuno.

Il rifiuto categorico del compromesso aveva provocato larovina. Il calvinismo era la confessione piú intollerante, manon riuscí a sottrarsi al controllo del governo nazionale.

Per qualche anno i puritani riposero grandi speranze su unnuovo astro della nobiltà, l’altezzoso Robert Devereux, contedi Essex. Aveva il privilegio di essere benvoluto dalla regina e

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scendere nel suo cuore a cercare se è santificato o no». Moltifurono spinti a compiere tormentose introspezioni, sforzi di-sperati per scorgere segni della propria salvezza.

La storia di Perkins è abbastanza curiosa. Quand’era stu-dente a Cambridge tutti si burlavano di lui perché era sempreubriaco. Si aggirava come un sonnambulo in preda all’alcol espesso lo trovavano addormentato per strada. Lo chiamavanoDrunken Perkins, Perkins l’ubriacone. Finché un giorno sentíuna madre minacciare il figlio che faceva i capricci, «se non lapianti chiamo Drunken Perkins». Fu come una frustata cherisvegliò il suo orgoglio. Cambiò vita e si impose una discipli-na feroce. L’atteggiamento punitivo verso se stesso influenzòla sua teologia, da lui definita «una scienza di vivere bene ebeatamente per sempre».

Lungi dal vivere bene, gli ascoltatori dei suoi sermoni pian-gevano e battevano letteralmente i denti dal terrore. Li scon-volgeva con descrizioni terrificanti delle piú atroci tribolazio-ni che li attendevano all’inferno. Pronunciava la parola dam-ned, dannato, con una tale enfasi «che lasciava nelle orecchiedegli ascoltatori un’eco lugubre per un bel po’ di tempo».Quel che rendeva il suo discorso particolarmente efficace erail modo semplice con cui usava le parole, con esempi com-prensibili a tutti. Una volta paragonò le pene dell’inferno almal di denti. Un dignitario del Galles, Powell, che soffriva dilancinanti mal di denti, si convertí al volo.

Preciso come un matematico, Perkins stabilí tutte le tappeche portano alla salvezza. Il primo grado è la giustificazione,il perdono di Dio. Segue la santificazione, attraverso cui l’e-letto viene reso puro. Terzo gradino, la glorificazione, «un’al-tra speciale grazia» che rafforza la fede e conferisce agli elettiuna natura divina. Infine la gioia dell’incontro con Dio. La vi-ta del reprobo invece passa irrimediabilmente da un abomi-nio all’altro fino alla caduta finale nell’inferno. Aver predesti-nato una parte dell’umanità alla dannazione dimostra, secon-do Perkins, «la grande perfezione di Dio» e la libertà di fareciò che gli pare.

I puritani della Nuova Inghilterra faranno discendere daquesta dottrina importanti conseguenze sociali. Accrediteran-

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Un maestro degli americani

L’ultimo teologo dell’epoca elisabettiana fu il piú influentedi tutti sui coloni americani. William Perkins era una speciedi oracolo. A Cambridge, folle enormi si accalcavano per ascol-tare i suoi sermoni. Ogni volta bisognava aggiungere nuovepanchine in chiesa. Non mancavano mai i capi locali. Si piaz-zavano in prima fila e non volevano essere disturbati. C’eral’ordine di «correggere pubblicamente con la frusta» chiun-que si avvicinava troppo alle loro sedie.

Perkins era arcigno e tenebroso. Parlava di Dio come se loavesse conosciuto di persona. Dio aveva promesso vita eternaad Adamo e ai suoi discendenti in cambio dell’obbedienza. Cifu quell’incidente della mela. La debolezza di Adamo tra-sformò tutti in ribelli, «piccoli demoni». Gli uomini sono di-ventati «per natura nemici di Dio». La conseguenza è il «di-sordine». Di due tipi: disordine morale che ci spinge a com-mettere atti malvagi, e disordine fisico, che si manifesta conmalattie, sofferenze e morte.

Nonostante tutto, Dio si è rivelato magnanimo. Ha desti-nato alcuni uomini alla salvezza. Altri, la maggioranza, li haabbandonati al loro destino. Il problema cruciale è come unuomo può essere sicuro di appartenere alla schiera degli elet-ti. Cercate dentro voi stessi, suggeriva Perkins. Per capire seha ottenuto la grazia salvatrice, un cristiano «non deve salirein paradiso a cercare il segreto consiglio di Dio, ma piuttosto

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chezze. Siate parchi, producete molto e consumate poco, ac-cumulate per soddisfazione morale, raccomanda Perkins,«perde tempo chi guadagna uno scellino e potrebbe guada-gnare un sterlina». Ci sono già tutti i valori di una civiltà bor-ghese che vedrà il suo trionfo in America. Come si dovevacomportare un puritano lo spiegò John Geree. La mattina sal-ta dal letto presto, «senza, perdere tempo con sonno super-fluo, e controlla tutto il giorno i suoi pensieri. E sta attentoanche alle sue parole, per evitare di dire cose infami, o di es-sere un inutile chiacchierone».

Perkins morí a 43 anni nel 1602. Ma la sua fama durò alungo. Dieci anni dopo la morte, Thomas Goodwin racconta-va che «tutta la città è piena della potenza dell’insegnamentodi Perkins».

L’ultima dei Tudor

Il 17 novembre 1602 fu un giorno di grande baldoria per ilondinesi. Era l’anniversario dell’ascesa al trono di Elisabetta,the Queen’s day. Ogni anno quella data segnava il ritorno del-la regina dalla residenza estiva a Londra e perfino le navi in-glesi in navigazione in lontane acque oceaniche sparavano sal-ve di cannone in onore di Sua Maestà.

Un grande spettacolo celebrò l’avvenimento con fuochid’artificio, trombettieri, buffoni di corte, esibizioni di cavalie-ri e combattimenti fra orsi e mastini. La sovrana partecipò co-me al solito affacciata alle grandi finestre di Whitehall, attor-niata dalle damigelle. E la gente spese ancora una volta unoscellino per entrare nel palazzo dove la festa continuava fino anotte fonda. Ma qualcosa era cambiato rispetto agli altri anni.La scintillante epoca elisabettiana volgeva al termine. La regi-na era una vecchietta stanca e malata e non c’era piú niente«in grado di allietarmi». Lord John Harington andò a visitarlaa corte a fine anno e rimase sconvolto «dallo spettacolo delsuo corpo infermo».

A gennaio, nella speranza di trovare un po’ di sollievo, sitrasferí a Richmond Palace, nel Surrey, la residenza gotica che

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no la tesi secondo cui gli eletti tendono a comportarsi bene e ireprobi ad agire in modo malvagio. Il passo successivo saràconsiderare la fortuna terrena un segno di salvezza e la po-vertà un sintomo di animo maligno.

Per almeno vent’anni i libri di Perkins furono bestseller. Sivendevano come avviene oggi con un thriller di successo. Ilettori erano affascinati da questo «sant’uomo che sacrifica sestesso come una candela per dare luce agli altri». I suoi allievimigliori andarono poi a colonizzare la Nuova Inghilterra. Por-tarono con sé i libri e gli insegnamenti del maestro che a buondiritto può essere considerato uno dei padri dell’America. È ilprimo a porsi il problema di come regolarsi coi beni materiali.Si può disporre liberamente del mondo perché Dio ha detto«siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatelae dominate sui pesci del mare e sugli uccelli del cielo». Smen-tendo la caricatura del puritano ascetico, Perkins ritiene giu-sto il possesso delle ricchezze sia per «soddisfare le nostre ne-cessità», sia per «onesto godimento».

L’altro concetto importante di Perkins è che Dio ha asse-gnato a ogni uomo i suoi compiti nella vita, scoprire la pro-pria vocazione è un dovere. Per esempio, «la vita di un re èpassare il tempo a governare i sudditi, e questa è la sua mis-sione, e la vita di un suddito è vivere in obbedienza al magi-strato, e quella è la sua missione». Chi non segue la sua voca-zione naturale crea disordine. Dio assegna solo vocazioni le-gali, non compiti riprovevoli come vivere di «usura, giocandoa carte e a dadi, passatempi e roba del genere». Perkins ricor-re a una specie di apologo di Menenio Agrippa, «nel corpodell’uomo ci sono molte parti e membra, e ognuna ha i suoispecifici usi e compiti che vengono eseguiti non per se stessi,ma per il bene del corpo intero».

Nemmeno bisogna vivere appartati dalla società come mo-naci che «non fanno niente per un loro miglior mantenimen-to». Il puritano deve vivere nel mondo e plasmarlo, non la-sciarlo come lo ha trovato. È l’esaltazione del lavoro. La botte-ga, l’officina, il commercio, i campi sono il regno dei puritani.

Per dimostrare a se stessi e agli altri che erano favoriti daDio, molti lavoravano duramente e accumulavano grandi ric-

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Parte seconda

Inghilterra addio

Riempire un mondo di religione, o di reli-gioni abramitiche, è come disseminare lestrade di pistole cariche. Non c’è da mera-vigliarsi se vengono usate.

Richard Dawkins

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in seguito è stata piú volte distrutta dagli incendi e piú voltericostruita. Oggi ne rimangono solo i ruderi, a causa delle de-vastazioni delle bombe tedesche durante la Seconda guerramondiale. Lí, in quell’immenso palazzo reale, passò gli ultimitre mesi della sua vita quasi da sola. Aveva la gola piena di ul-cere e non riusciva a inghiottire. Le erano caduti quasi tutti identi e per evitare le guance infossate si ficcava rotolini di stof-fa dietro le gengive. Aveva le mani devastate dai reumatismi,le lunghe dita erano diventate cosí gonfie che l’anello reale eraentrato nella carne e fu necessario limarlo per liberare l’anula-re. Non voleva mettersi a letto. «Se voi vedeste le cose che iovedo nel mio letto, non mi spingereste ad andarci». Se ne sta-va distesa su un mucchio di cuscini coi quali aveva coperto ilpavimento.

La Virgin Queen, la machiavellica Elisabetta, stava moren-do e l’epoca dell’oro era giunta alla fine. Il suo nome era nelcuore degli inglesi che la consideravano un’icona nazionale.La fortuna le era stata amica durante il suo lungo regno coin-ciso con la gloria di Shakespeare, la grande vittoria sulla flottaspagnola, l’epoca di Drake e degli stramaledetti puritani.

Negli ultimi giorni di vita, i consiglieri piú stretti cercaro-no di farle indicare il nome del successore che desiderava. Inrealtà lei non aveva stima di nessuno. Quando chiesero se lestava bene Giacomo di Scozia, figlio di Maria Stuart, lei rima-se in silenzio. La presero come una risposta positiva.

La notte fra il 23 e il 24 marzo 1603 fu particolarmente pio-vosa. Verso le 3 del mattino, il dottor Parry, cappellano dellaregina, comparve negli ampi saloni e annunciò che Sua Mae-stà, all’età di 69 anni e 7 mesi, era trapassata. Nel riquadro diuna finestra risplendette una torcia. Era il segnale che sir Ro-bert Carey aspettava. Balzò su un cavallo dirigendosi di grancarriera verso nord. Le cose erano state organizzate in modoche a ogni stazione di posta fossero pronti cavalli freschi perarrivare nel piú breve tempo possibile al castello di Holyrood,a Edimburgo.

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La beffa del re

La raffinata Elisabetta sarebbe rabbrividita nel vedere se-duto sul suo trono un individuo di aspetto volgarissimo e dimaniere incredibilmente rozze. Piú che a un re, Giacomo po-teva al massimo far pensare a uno stalliere. A tavola si sbrodo-lava e alla fine dei pasti usava i suoi vestiti per strofinarsi lemani. Se un estraneo fosse stato ammesso al suo cospetto,avrebbe detto che l’attività preferita del re era grattarsi, stavasempre a raspare sulle spalle, sul collo, sulle braccia e in mez-zo alle gambe. I pruriti erano causati da una patina untuosache gli ricopriva la pelle, visto che non si lavava mai. Aveva unautentico orrore dell’acqua. Un sentimento comune alla mag-gior parte degli scozzesi dell’epoca, talmente sporchi e pienidi pulci, specie le donne, che nel resto d’Europa usavano dire:«Puzzi come uno scozzese».

Thomas B. Macaulay trovava orribile che la regalità fosseimpersonata dalla «sua squallida persona e dal suo accentoprovinciale». Lo disprezzava perché «lasciava cadere lacrimedi donnicciuola, tremando alla vista di una spada e parlavaora in tono di buffone ora di pedagogo».

Secondo la descrizione di John Richard Green, aveva una«grande testa, la sua lingua sbavava quando mangiava e quan-do faceva il baciamano. I suoi vestiti imbottiti, le sue gamberachitiche contrastavano in maniera grottesca con quello chetutti ricordavano di Enrico ed Elisabetta». Green trovava in-

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ancora la regina, facevano il tifo per lui. Hugh Broughton de-siderava vedere sul trono inglese questo «difensore della fe-de». Come lui, tanti altri aspettavano che «la nebbiolina scoz-zese» si trasformasse in un «sole ardente». Ora che il sogno sirealizzava, l’avvento di Giacomo fu salutato come «il giornoconcesso dal Signore».

L’entusiasmo spinse un gruppo dei piú rinomati puritaniad andare incontro al loro nuovo re mentre si avvicinava alleporte di Londra. Gli consegnarono una carta detta Millenarypetition, perché portava la firma di un migliaio di postulanti.Una specie di biglietto da visita col quale si presentavano co-me persone rispettose della Chiesa anglicana, lamentavano so-lo «di dover sopportare il peso di riti e cerimonie inventati dal-l’uomo». Non erano rivoluzionari, si dicevano ben contenti dipoter ottenere riforme «dal nostro re cristiano». Chiedevanoministri religiosi con una preparazione degna e la fine di ceri-monie e rituali cresciuti sotto Elisabetta. In particolare, vole-vano abolire la cresima, il segno della croce al battesimo, l’a-nello nuziale e l’inchino al nome di Gesú. Roba idolatra, senzafondamento biblico. «Crediamo che Dio abbia mandato Vo-stra Altezza come nostro medico per guarire questi malanni».

Contrariamente al suo solito, Giacomo non li liquidò conuna battuta sconveniente. Disse che avrebbe letto la petizionecon calma e che su quegli argomenti voleva convocare unaconferenza di studio. Era un tipo vanitoso e saputello. Unaconferenza sulla religione gli avrebbe permesso di sfoggiare lasua abilità dialettica. Non c’era niente che amasse piú del par-lare. Gli piaceva piegare gli avversari con la forza della parola.

La conferenza si svolse nell’imponente palazzo reale diHampton Court, sul Tamigi, poco fuori Londra. Un edificiosontuoso che ancora oggi mantiene le vestigia dell’anticosplendore. Lo aveva fatto costruire il cardinale Thomas Wol-sey e il dispotico Enrico VIII se n’era impossessato. Le enor-mi cucine sotterranee conservano tuttora un vasto campiona-rio della cacciagione che Enrico divorava, poi la gotta lo ren-deva pazzo di dolore.

E lí, la mattina del 14 gennaio 1604 si diedero convegnogruppi di puritani, mentre una fitta coltre di nebbia avvolgeva

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sopportabili «la sua mancanza di dignità, la sua buffoneria, ilsuo volgare modo di parlare, la sua pedanteria, la sua sprege-vole codardia». Riconosceva però che «sotto questo aspettoesteriore ridicolo, si celava un uomo di un’abilità naturale, unuomo esperto con un notevole senso di scaltrezza, di grandeintuito e con la battuta sempre pronta».

Ne diede prova quando replicò a quelli che contrastavanol’unione fra Scozia e Inghilterra: «Io sono il marito, e tutta l’i-sola è mia moglie. Spero che nessuno sia cosí irragionevoleda pensare che io, re cristiano e rispettoso del Vangelo, possadiventare poligamo, con due mogli». Credeva di essere ungrande scrittore. Uno dei suoi libri descriveva la vita dei dia-voli. Sosteneva di essersi trovato di notte in mezzo a una tem-pesta e centinaia di streghe avevano cercato di ucciderlo. Siriteneva capace di predire il futuro, vedeva la fine del mondoavvicinarsi, e questo incoraggiava «Satana a scatenarsi piúpossibile».

Unico figlio di Maria Stuart, aveva 37 anni e da quel mo-mento non si sarebbe piú chiamato Giacomo VI di Scozia, maGiacomo I d’Inghilterra. In pratica i due Stati formarono daquel momento, col Galles, un unico regno da lui denominatoGran Bretagna, anche se ufficialmente il Regno Unito fu co-stituito un secolo dopo. Disegnò personalmente quella che èancora oggi la bandiera britannica, l’Union Jack, sovrappo-nendo la croce rossa di San Giorgio, inglese, alla scozzese cro-ce bianca di Sant’Andrea.

Mentre avanzava da Edimburgo verso Londra cominciòsubito a esercitare il suo potere. In un villaggio avevano appe-na arrestato un ladro. Lui ordinò di giustiziarlo all’istante, sen-za processo. Viaggiava in groppa ad un cavallo, ma si mante-neva in equilibrio a fatica, tanto che rovinò per terra quattrovolte, impiastricciandosi nelle pozzanghere.

Quest’uomo goffo, furbissimo, prepotente e falso comeGiuda, con una pancia enorme, insaziabile bevitore di sidro,rappresentava la grande speranza dei puritani, dopo le cocen-ti delusioni dell’epoca elisabettiana. Giacomo aveva regnatosulla Scozia protestante e in qualche occasione aveva anchedifeso la causa puritana. Per questo a Londra, quando c’era

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Il grande errore dei puritani fu credere che Giacomo, aven-do regnato in Scozia, condivideva le loro idee. In realtà luiaveva una pessima opinione dei presbiteriani scozzesi. Cosí,quando Reynolds pronunziò la parola presbiterio, il re scattòin piedi gridando: «Se tu con questo vuoi dire ciò che gli scoz-zesi intendono per presbiterianesimo, allora ti dico una voltaper tutte che non ci sarà niente di questo». Il presbiterianesi-mo, disse, «va d’accordo con la monarchia come Dio col dia-volo». Ricordava ancora il suo scontro con Andrew Melville,ombroso e selvatico pastore scozzese. Il re voleva fargli entra-re in testa l’idea che i capi religiosi non potevano riunirsi sen-za il suo consenso. Melville lo aveva afferrato per la manicadel mantello gridandogli in faccia: «Stupido vassallo di Dio.C’è un solo re, Gesú Cristo, la Chiesa è il suo regno, e tu diquesto regno non sei il re, ma solo un membro». Come dire:tu devi obbedire a noi e non noi a te. I protestanti scozzesinon avevano risparmiato nemmeno la moglie, accusata di es-sere una vanitosa.

Ora Giacomo, coi rossi capelli arruffati, urlava di esserestato sempre nemico di «quella confusa anarchia o partito deipuritani». Rammentò a tutti gli insulti di John Knox lanciaticontro sua madre. «In Scozia sono stato perseguitato dai puri-tani non solo dalla mia nascita, ma perfino prima che io na-scessi».

Era un gran mentitore. Quand’era re di Scozia aveva pro-clamato il contrario. A Edimburgo, racconta Benjamin Brook,in un’affollata assemblea di presbiteriani, levò le mani al cieloe ringraziò Dio «per avermi fatto nascere re della piú puraChiesa del mondo». Un ipocrita sfacciato. Walter Scott diceche «dentro di lui si annidava il principio secondo cui il pote-re di dissimulare è essenziale all’arte di regnare».

Il suo temperamento tirannico gli faceva temere che la pro-pria autorità potesse essere messa in dubbio dai puritani.«V’immaginate cosa succederebbe? Jack e Tom e Will e Dicks’incontrano e a loro piacere censurano me, il mio consiglio etutte le nostre procedure: allora Will si alzerà dicendo chedev’essere cosí, e Dick replicherà, e dice no, invece dev’esserecosí».

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i viali del grande parco. Quel giorno non furono ammessi nelsalone dove il re volle rimanere solo con l’arcivescovo Whit-gift, otto vescovi, sette diaconi e due altri chierici. Aveva in-tenzione di fare un discorsino ai capi della Chiesa anglicanaprima di ascoltare i puritani. «A un certo punto la sua eccel-lente Maestà entrò, e dopo alcuni gentili saluti con alcuni deisignori, prese posto sulla sua sedia». Cosí comincia il raccontoche della riunione ci ha lasciato William Barlow, un tirapiedidi Whitgift, uno di quegli ecclesiastici cortigiani di professio-ne, maestri nel lucrare favori e titoli.

Stando al suo resoconto, Giacomo iniziò parlando dei pre-decessori e «per ultimo nominò la regina di gloriosa memoria,e aggiunse che Sua Altezza (mai la nominò ma si riferí a leisempre con parole onorevoli), che stabilí le cose come stannoadesso, e cosí disse che lui era felice rimanessero, perché luinon vedeva ragione per modificare alcunché di quello che ave-va trovato cosí ben sistemato».

Temperamento tirannico

Il giorno dopo era domenica. Non ci fu seduta. Poi il 16gennaio il re permise a quattro puritani di fare il loro ingres-so nel salone come rappresentanti dell’intero gruppo. Li scel-se lui fra i piú moderati, Thomas Sparke, del St. John’s colle-ge di Cambridge, John Knewstubs, ministro di Bletcheley,nel Buckinghamshire, John Reynolds, presidente del CorpusChristi college di Oxford, e Laurence Chaderton, il mitico ca-po dell’Emmanuel college di Cambridge. Non fu molto acco-gliente. I quattro, con addosso gli sguardi ostili di tutti queiprelati, dovettero sentirsi non poco a disagio. A nome di tuttiparlò Reynolds, spiegando ciò che si aspettavano. In primoluogo gli stava a cuore la purity, «la purezza della dottrina, se-condo la parola di Dio», desideravano che ogni parrocchiafosse affidata a pastori ben istruiti e in grado di predicare, spe-ravano in una riforma del governo della Chiesa secondo laBibbia, e insistevano per la modifica del Libro di preghiera. Citenevano poi al rispetto del sabato.

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gente». Passò in rassegna tutte le note che sollevavano dubbisulla dottrina a lui cara del diritto divino dei re, e ogni volta siinfuriava moltissimo, fin quando spazientito, si rivolse a Rey-nolds: «C’è altro da aggiungere?». Il puritano aveva capitoche ormai era tutto inutile. «Nient’altro, maestà». E lui lo ful-minò: «Mi avete importunato per simili sciocchezze? Allora,se questo è tutto, vi farò conformare alla Chiesa d’Inghilterra,e anche presto. In caso contrario vi scaccerò da questa terra, oanche peggio».

Completamente sconfitti e con la Chiesa anglicana trionfa-trice, i puritani lamentarono di essere «rimasti soli contro lacrudeltà del papista». Il commento asciutto di Samuel Raw-son Gardiner fotografa bene la portata storica di ciò che eraavvenuto: il re, «in due minuti segnò la sua sorte e quella del-l’Inghilterra per sempre». Nella lettera inviata a un amico inScozia, Giacomo espresse lo stesso concetto nel suo stile ruvi-do: «Ho avuto una festicciola coi puritani e li ho cucinati perbene».

Al vecchio arcivescovo Whitgift, avvizzito e afflitto dall’ar-trite, sembrò evidente che il re parlava «con l’assistenza delloSpirito Santo».

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Con lo sguardo passò in rassegna i vescovi e disse: «Mieisignori, se voi non ci foste piú, e al vostro posto ci fossero ipresbiteriani, so bene dove andrebbe a finire la mia suprema-zia». Rosso in viso per la collera, gridò: «No bishop, no king»,se non ci saranno piú vescovi, presto non ci sarà piú nemme-no il re. Puntò il dito verso i tradizionali cappelli squadratidei vescovi, simili a quelli dei cattolici, e disse: «Continuatepure a portarli, ma vi avviso: se in Scozia vi fate vedere perstrada con quelli in testa, vi ammazzano a pietrate».

Reynolds era annichilito. Cercò almeno di convincere il so-vrano ad accettare la Bibbia di Ginevra come testo sacro uffi-ciale. Ma invano. «Non ho ancora visto», disse il re, «una Bib-bia ben tradotta in inglese, ma quella di Ginevra è la peggio-re». Era un grande esperto. Aveva studiato la Bibbia fin dapiccolo e godeva fama di essere «un teologo nato». Nei suoisproloqui amava citare passi della Scrittura a memoria, cosache aveva indotto Enrico IV di Francia a definirlo «il piú sag-gio pazzo della cristianità».

La Bibbia di Ginevra non gli garbava perché era stata tra-dotta sotto l’influenza del pensiero calvinista. Calvino odiavala monarchia e si era permesso di dire che tutti gli uomini so-no uguali davanti a Dio, anche i re. Giacomo si imbestialiva asentire queste affermazioni irriverenti. I re non potevano esse-re confusi con i comuni mortali, «perfino Dio li considera dèi,perché sono i suoi luogotenenti sulla Terra».

Ad ogni modo, un concetto di Calvino lo apprezzava, edera la predestinazione. Un’ottima idea, disse, perché gli per-metteva di spiegare bene «come Dio ha predestinato me a go-vernare su tutti voi». La cosa che piú lo offendeva nella Bib-bia di Ginevra erano le note esplicative. Le trovava «moltoparziali, false, sediziose, che sanno troppo di concetti tradito-ri e pericolosi». Una delle note messe a commento del librodell’Esodo sosteneva che le levatrici ebree avevano fatto benea disobbedire agli ordini del faraone egiziano che pretendeval’uccisione di tutti i neonati. «La loro disobbedienza al re», sileggeva nella nota, «fu legittima». Sbavando piú del solito,Giacomo urlò: «È falso, disobbedire al re non è legittimo e iconcetti sbagliati non dovrebbero essere messi in circolo fra la

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l’autorità dei vescovi, proibiva «incontri per sermoni, comu-nemente noti come prophesying, nei mercati o in altri luoghi».E imponeva a tutto il clero di dimostrare il gradimento di que-ste regole con una firma.

Nel frattempo a Canterbury si era insediato un nuovo arci-vescovo. Poco dopo la conferenza di Hampton Court, Whit-gift era morto. Al suo posto era salito Bancroft. Un uomo piúnefasto per i puritani non poteva esserci. Andrew Melville loconsiderava «il principale nemico della riforma della Chiesa intutta Europa». Due secoli dopo, Alexander McClure descri-verà Bancroft come «l’anima nera di quell’infame tribunale, laHigh Commission, una specie di Inquisizione britannica».

Attraverso i vescovi Bancroft organizzò la rassegna degliecclesiastici in tutto il regno per vedere chi accettava le regoledel Canone. La maggioranza si piegò. I piú radicali, circa tre-cento, si rifiutarono di firmare e furono privati del loro incari-co. Proprio questo voleva il re: dividere i moderati dagli estre-misti. Riuscí perfino a farli litigare fra loro: i separatisti accu-savano i puritani moderati di tradimento, «nonostante la loroconoscenza della verità perseverano nella disobbedienza a Ge-sú Cristo». E cioè continuano a credere che qualcosa nellaChiesa anglicana sia salvabile.

Ma, com’era già accaduto durante il regno di Elisabetta, simobilitarono i nobili e i grandi proprietari terrieri. Avidi disermoni, accolsero i puritani scacciati e li sovvenzionarono.Per proteggerli non esitavano a corrompere i vescovi. A Ipswi-ch tutte le dodici parrocchie erano rimaste prive di pastori ela corporazione dei mercanti assoldò un «predicatore dellacittà» con il compito di fare tre sermoni alla settimana. L’inca-rico fu assegnato nel 1605 al puritano Samuel Ward che lomantenne per ben trentatré anni, ricevendo un compenso di100 sterline all’anno. A York ottantanove cittadini firmaronouna petizione «per un aumento della diffusione della paroladi Dio» e per la repressione di «molti abusi e comportamentidisdicevoli commessi nel profanare il sabato, grave peccatocontro Dio».

In difesa dei puritani intervenne anche la Camera dei Co-muni. I deputati cercarono di bloccare il Canone sostenendo

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Il nuovo arcivescovo

Cambridge continuava a sfornare predicatori. Era «theglory of the whole earth», la nuova Gerusalemme. QuandoPerkins morí, nel 1602, Paul Baynes lo sostituí alla St. AndrewChurch. Baynes parlava alla gente in modo incantevole, moltisi convertirono ascoltando i suoi sermoni. Giacomo capí chepoteva diventare un nuovo Perkins, un grande trascinatore difolle. Lo rese subito inoffensivo, facendolo cacciare via.

Meno appariscente cominciava a brillare la stella di RichardSibbes. Grazie al suo temperamento dolce, non aggressivo, Sib-bes riuscí a scampare ai fulmini reali e divenne uno dei piú se-guiti predicatori della sua epoca. All’Holy Trinity di Cambridgesi dovettero costruire nuove tribune per accogliere le follequando parlava lui. Gli altri college si svuotavano, tutti accor-revano ad ascoltare Sibbes la domenica all’una. Per evitarlo icapi dei college imposero agli studenti di restare in sede.

Questa nuova generazione di puritani appariva piú mode-rata rispetto ai predecessori. Ma Giacomo li vedeva come an-tagonisti pericolosi, «agitatori e cospiratori». Gli stavano an-che antipatici perché «credono di essere puri soltanto loro».Convinto che «mi vogliono male solo perché sono un re». Perridurli definitivamente al silenzio fece approvare un documen-to passato alla storia come Canone del 1604. Dichiarava il Li-bro di preghiera e l’organizzazione della Chiesa conformi allaparola di Dio, negava la necessità di predicatori, rafforzava

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varono nella loro forza d’animo il coraggio e l’autorità moraleper combattere la tirannia. E alla lunga diedero vita alla rivo-luzione puritana che sfociò nella decapitazione del re CarloStuart, figlio di Giacomo.

Elisabetta amava rinviare piuttosto che risolvere i proble-mi, «come una sciatta cameriera, aveva spazzato la casa maaveva lasciato la sporcizia davanti alla porta». Però aveva rag-giunto compromessi in politica e in religione. Giacomo, trop-po convinto di avere Dio dalla sua parte, non voleva cedere sunulla. Col rischio di sfasciare tutto.

La Bibbia di Giacomo

Destò entusiasmo fra gli anglicani la decisione del re di or-dinare una nuova traduzione della Bibbia. Voleva un testo pri-vo di commenti per rimpiazzare la Bibbia di Ginevra. L’ideadi regalare agli inglesi la Bibbia di re Giacomo soddisfaceva lasua natura di megalomane. Esigeva un capolavoro. Perciò fu-rono messi all’opera cinquantaquattro learned men, studiosidella Scrittura, divisi in sei gruppi (companies) di nove teologiciascuno. Due gruppi lavorarono a Oxford, due a Cambridgee due a Westminster. I testi latini, greci ed ebraici erano statidivisi, ogni squadra di sapienti aveva una parte del Vecchio odel Nuovo Testamento su cui esercitarsi, poi si scambiavanole traduzioni e le confrontavano. La schiera di traduttori con-templava Lancelot Andrewes, forse l’uomo piú erudito d’In-ghilterra, dicevano di lui che se fosse stato presente all’epocadella torre di Babele avrebbe potuto capire tutte le lingue. Fuscelto anche qualche puritano, come Thomas Harrison, e so-prattutto John Boys, uomo dal temperamento sbalorditivo.Studioso di medicina e lingue, a 5 anni già leggeva l’ebraico.Quando lo avevano eletto ricercatore del suo college era am-malato di vaiolo, ma per non ritardare in alcun modo la suacarriera, si faceva portare di peso dagli amici in aula avvoltonelle coperte.

Ci vollero sei anni per confezionare la versione delle SacreScritture. Miles Smith assemblò e corresse le bozze. Ma l’ulti-

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che non aveva forza di legge finché non lo ratificava il parla-mento. Noi, dissero, rappresentiamo il popolo. Parole che agliorecchi di un monarca come Giacomo, sicuro di regnare perdiritto divino, suonavano peggio di una bestemmia. «QuestaCamera», reagí con disprezzo, «non rappresenta tutto il po-polo del regno come l’ombra non è il corpo». Era solo l’ini-zio. In seguito diventarono molto aspri gli scontri fra il re,convinto di aver diritto a un potere senza controllo, e il parla-mento, deciso a contare sempre di piú. Negli anni successivi,al termine di un’ennesima lite col parlamento, il piú grandegrecista del tempo, Henry Savile, vide il re strappare con lesue mani alcuni documenti dei Comuni. Erano le pagine incui i deputati reclamavano libertà di parola. Il vecchio Savile,sconvolto, invocò la morte: «Sono pronto ad andarmene. Hovissuto in tempi buoni ma vedo un futuro nero».

Inutilmente avevano cercato di inculcare sentimenti demo-cratici nel cuore di Giacomo da piccolo. Ci aveva provato ilprecettore calvinista George Buchanan, uno studioso che an-ticipò alcuni concetti settecenteschi, come i diritti naturali del-l’uomo e i vantaggi di un governo basato sul consenso popo-lare. Lo picchiava e insisteva per fargli entrare in testa l’ideache i sovrani hanno il dovere di mettersi al servizio del popo-lo. E il popolo può anche cacciarli via. La contessa di Mar ave-va assistito a una di quelle lezioni e aveva protestato perché ilprecettore trattava troppo duramente quel bambino reale. «Si-gnora», aveva risposto Buchanan, che era un tipaccio insolen-te, «gli ho pulito il deretano, se vuole glielo può baciare».

Gli insegnamenti di Buchanan servirono solo a esasperarel’odio di Giacomo verso il precettore. Appena ne ebbe la pos-sibilità lo fece ficcare in prigione, ordinò di dare alle fiamme isuoi libri, e ripudiò la sua teoria dei cittadini che possono cen-surare i sovrani. Ora davanti ai Comuni proclamava: «Non mipiace che il mio potere sia messo in discussione». Disse chequei deputati sedevano lí per sua grazia, non per diritto.

Parole imprudenti. I rappresentanti della piccola nobiltàeletti in parlamento erano gelosi della libertà personale, fauto-ri del governo costituzionale e disprezzavano quel re dispoti-co e capriccioso. Divennero i naturali alleati dei puritani: tro-

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La via del pellegrino

Se ricordate, all’inizio ci eravamo fermati alle porte diScrooby, il villaggio dei padri pellegrini. È venuto il momentodi riprendere il viaggio. Parcheggiamo l’auto davanti a un pubche si presenta con l’insegna un po’ impegnativa PilgrimFathers. L’avventura di quegli intrepidi emigranti è diventatal’emblema di un locale dove si mangia e si beve birra.

Siamo in cima a una collinetta, lungo la morbida discesaappaiono i tetti di poche case. In primo piano, al di sopra de-gli alberi, spunta il campanile della chiesetta di St. Wilfred.Tutto qui, Scrooby. Sembra sia stato fondato dai vichinghi at-torno al 900 dopo Cristo.

Nell’ultimo periodo del regno di Elisabetta, la valle qui at-torno brulicava di puritani inquieti. I sermoni di Robert Brow-ne, l’estroso Guastachiesa, avevano conquistato i cuori di nu-merosi seguaci. Come dicevamo, questo stralunato personag-gio esercitò una presa straordinaria sulle menti dei contempo-ranei. Uno che si fece ammaliare dalla sua dottrina fu RichardClyfton, titolare della chiesa All Saints a Babworth, un villag-gio poco a sud di Scrooby. Un predicatore «solenne, paterno,con una gran barba bianca», attorno al quale si andava radu-nando un’appassionata combriccola di fedeli.

Per ascoltare i sermoni di Clyfton, William Brewster, per-sonaggio centrale nella nostra storia, partiva da Scrooby ogni

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ma parola spettò all’arcivescovo Bancroft, il quale fece «quat-tordici altri cambiamenti». Tutti, disse Henry Jessey, «in ma-niera che la Bibbia parlasse il linguaggio della Chiesa ufficia-le». Bancroft riuscí a infilare la parola «vescovile» nel primocapitolo degli Atti, per dimostrare che l’incarico di vescovoera di origine biblica.

Nel 1611 il volume fu pronto con una copertina disegnatada Francesco Bacone, il filosofo, un intrigante di prima cate-goria che aveva tramato contro Elisabetta accanto a Essex eora, per ingraziarsi il re, sosteneva che il governo assoluto e il-luminato del sovrano garantiva grande efficienza, e perciò eragiustificato. Della stampa si occupò Robert Barker, «tipografodella Sua Molto Eccellente Maestà Giacomo». Davvero unmagnifico lavoro. Tanto che ancora oggi la King James Biblerimane la Bibbia dei popoli anglosassoni. «L’Inghilterra», diceJohn Richard Green, «divenne il popolo di un Libro e quelLibro era la Bibbia».

Una traduzione esemplare che ha esercitato un’incalcola-bile influenza «sulla religione, sui costumi, sulla letteratura esulla formazione del carattere». Se la lingua italiana discendeda un unico padre, Dante Alighieri, la lingua inglese nasce dadue fonti, Shakespeare certamente, ma soprattutto dalla KingJames Bible.

Quando venne pubblicata costituí un avvenimento tale cheper molti giorni non si parlava d’altro. Un visitatore francesesi trovava a Londra, se ne tornò a casa di corsa disgustato per-ché «la gente in Inghilterra parla solo di teologia». La stessaimpressione ebbe il filosofo e giurista olandese Ugo Grozioquando, nel 1613, visitò l’Inghilterra. Gli sembrò che tutti gliinglesi fossero teologi. Gli abitanti del continente ringraziava-no Dio per aver messo il mare fra loro e quell’isola di mattiper la teologia. Nel Jean-Christophe, scritto dal francese Ro-main Rolland, il personaggio Olivier se n’esce con la frase:«Tremo all’idea che l’Inghilterra si è nutrita di Bibbia per se-coli. Meno male che fra noi c’è il Canale».

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tri parrocchiani, tutte persone tenute d’occhio perché non fre-quentavano regolarmente le funzioni religiose anglicane. Perquesto furono convocati dall’arcidiocesi e costretti a pagareuna multa.

La chiesetta di St. Wilfred conserva solo poche pietre ori-ginali del tempo di Brewster. All’interno mi accoglie un grup-petto di vecchine che si dicono spiacenti perché «the service isover», la funzione religiosa è appena finita. Resesi conto che ilmotivo della mia visita è un altro, mi invitano a dare uno sguar-do lungo le pareti della chiesa. Su alcune tavole sono elencatii nomi dei padri pellegrini, l’anno di nascita, la loro storia. C’èperfino una riproduzione della nave con cui attraversaronol’Atlantico. Quella stessa chiesa che li considerava pericolosidissidenti è diventata il luogo che ne conserva la memoria.

Arriva il vicario, un tipo estroverso, con un cesto pieno dizucchine appena colte nell’orto. Mi fa firmare il registro deivisitatori. Contiene i nomi di molti americani. Accanto a qual-che firma, c’è annotato «tredicesima generazione di Brewster»,«dodicesima generazione di Bradford». Gli americani vengo-no a vedere da dove sono partiti i fondatori del loro paese.Alcuni ripercorrono a piedi il viottolo che Brewster e Bradfordseguivano per andare a Babworth. Lo chiamano Pilgrims’ Way,il sentiero dei pellegrini.

Accanto alla chiesa, l’Old Vicarage, la vecchia casa del cu-rato, dove oggi abita Malcolm Dolby, considerato lo storicodel villaggio. Una persona molto affabile, con il caratteristicobeer belly, lo stomaco gonfio degli inglesi, dovuto all’amoreper le pinte di birra. Dolby mi guida lungo una stradina in di-scesa fino alla Manor House, la grande casa padronale che do-minava la tenuta dell’arcivescovo. Qui viveva Brewster.

La Manor House, lungo edificio su due piani, ha subíto va-rie modifiche, ma la facciata è rimasta pressoché intatta, con imattoni originali e una bella finestrina con due archi. Sul re-tro scorre placido il fiume Ryton che, duecento metri piú inlà, alimentava un mulino ad acqua.

Il posto è isolato. Lontano dalle poche case del villaggio.Possiamo immaginare Brewster, Clyfton, Bradford e gli altririunirsi qui al riparo da sguardi indiscreti. «L’aspetto ironico

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domenica con la moglie Mary e i figli Jonathan e Patience. Sifacevano dieci chilometri lungo viottoli di campagna.

Siamo nel 1602. Fra i piú assidui frequentatori della chiesadel reverendo Clyfton, Brewster nota un ragazzino di 12 anni.Viene da Austerfield, il villaggio dov’è nato a metà marzo del1590. Da Austerfield fino a Babworth, scarpina per oltre quin-dici chilometri. Siccome deve passare necessariamente perScrooby, Brewster e la sua famiglia prendono l’abitudine diaspettarlo. Cosí percorrono insieme il tratto di strada fino allachiesa di Clyfton. Quel ragazzino si chiama William Bradford:diventerà il governatore della colonia in America.

Bradford era orfano e viveva con gli zii, inviperiti per quel-la mania che gli era presa di studiare la Bibbia di Ginevra. Ilgiovanotto di fisico robusto e carattere fermo non si lasciò sco-raggiare nemmeno dalla «derisione dei vicini che lo sbeffeggia-vano per essersi mescolato ai puritani». William Brewster nefece un suo protetto al punto da considerarlo un terzo figlio.

La All Saints church dove si riunivano è ancora lí, una soli-da chiesa in pietra, nel bel mezzo di un bosco, circondata datombe come quasi tutte le chiese inglesi. Una targa ricordache Clyfton vi tenne il primo sermone l’11 luglio 1586. Andòavanti fino a quando le spie riferirono al vescovo cosa avveni-va durante quei convegni sediziosi. Clyfton fu espulso dallachiesa e Brewster lo ospitò a Scrooby.

Brewster era un uomo sui 35 anni. Aveva studiato al Peter-shouse college di Cambridge, e per un certo periodo aveva se-guito nei Paesi Bassi William Davison, rappresentante diplo-matico della regina. Tornato a Scrooby, Davison gli aveva fat-to assegnare l’incarico di responsabile dell’ufficio postale egestore di una fattoria che l’arcivescovo di York usava comeriserva di caccia. Guadagnava mezza sterlina a settimana. Do-veva tenere tre «buoni cavalli pronti», con selle, briglie, e sac-che per i postini che trasportavano documenti e carteggio rea-le lungo la Great North Road, che in parte ricalca una via aper-ta dagli antichi romani, diretta verso York e la Scozia.

Il nome di Brewster appare per la prima volta nelle crona-che nel 1598. Si trova nel registro della chiesa di St. Wilfred aScrooby. Il curato di Scrooby lo annotò assieme a quello di al-

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me speravano i puritani moderati. Non rimaneva che separar-si da essa. Meglio andarsene in Olanda, dov’era permessa lapiú ampia libertà religiosa. Un’ottantina di fedeli accettaronodi seguire Smyth. Fra loro Thomas Helwys e la moglie, unafamiglia molto grintosa. Qualche anno dopo tornarono in In-ghilterra e Thomas ebbe il fegato di scrivere a Giacomo che ilsovrano non può imporre leggi alle coscienze degli uomini escegliere per loro la religione. «Il re», aggiunse, «è solo un uo-mo mortale, mica Dio». Era la prima volta che un puritanocontestava il diritto divino dei re al loro trono. Helwys fu im-prigionato a Newgate. Ne uscí in una bara.

Partito Smyth, il gruppo di Clyfton, Brewster e Bradfordadesso aveva un solo luogo dove ritrovarsi, la Manor House diScrooby. Era il 1606. La congregazione clandestina si era allar-gata a piú o meno duecento aderenti. Ad essi si era unito JohnRobinson, un predicatore espulso da Cambridge dove inse-gnava, in seguito diventerà «il pastore dei padri pellegrini».

Andarono avanti piú di un anno. Finché l’arcivescovo usòla mano pesante contro Brewster. A settembre del 1607 lo fe-ce convocare dalla corte ecclesiastica con l’accusa di «disob-bedienza in materia di religione» e di essere un «seguace diBrowne». Siccome Brewster non si presentò, lo multarono di20 sterline in contumacia ed emisero contro di lui un manda-to di arresto. I vescovi, commentò John Robinson, giocano«come il gatto col topo: noti ladri e adulteri li lasciano liberi,persone oneste le scomunicano e per togliere la scomunica im-pongono pesanti multe». Non aveva torto. Se si calcolano lemulte ai puritani e quelle ai cattolici, l’introito per motivi reli-giosi rappresentava una voce cospicua. Tutto, dicevano i puri-tani, si fa per la «signora moneta».

Brewster era diventato un fuorilegge costretto a nascon-dersi. L’incarico di responsabile della posta gli fu tolto. Neiregistri della commissione ecclesiastica è rimasto annotato che,«dopo due settimane di ricerche», Brewster era «introvabile enessuno sapeva dare sue notizie».

Non solo lui. Buona parte della compagnia si era data allamacchia, «perché erano tutti ricercati e perseguitati da ogni par-te». Ormai vedevano davanti a sé una sola via di salvezza: se-

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della faccenda», dice Dolby, «è che i contestatori della Chiesaufficiale si radunavano nella residenza dell’arcivescovo». Neisuoi Itinerari, John Leland, una specie di Pausania dell’epocaTudor, descrisse la Manor House come «una magione enor-me, formata da due edifici di cui il primo molto ampio, tuttofatto di legno, eccetto la parte frontale in muratura».

Sono passati di qui ospiti illustri. Enrico VIII si fermò adormire nella Manor House durante un viaggio verso le regio-ni settentrionali. Prima di lui vi aveva trascorso un paio di not-ti sua sorella Margaret che andava in Scozia per diventare, asoli 14 anni, la seconda moglie di Giacomo IV Stuart, il non-no del nostro Giacomo I d’Inghilterra. La grande tenuta, chemolta selvaggina procurava alla tavola dell’arcivescovo, ades-so è una piatta distesa verde dove pascolano alcuni cavalli.Raccontano che fino a qualche anno fa si poteva ammirare unenorme gelso piantato nientemeno che dal cardinale Wolsey,il quale si ritirò qui quando perse il favore di Enrico VIII.

Tradimento

Privato del suo incarico, il reverendo Clyfton non si limita-va a riunire i seguaci nella Manor House di Scrooby. Adessola domenica andavano tutti assieme a Gainsborough, villaggiosul fiume Trent, una quindicina di chilometri piú a est, doveun’altra comitiva di sturdy dissenters, ribelli inguaribili, si eraraccolta attorno a John Smyth, un individuo un po’ svitato.Piccolo, con una barbetta caprina, Smyth era veramente unpersonaggio pittoresco. A causa delle simpatie puritane avevaperso la carica di ministro anglicano, ma poteva contare sullaprotezione di Rose Hickman e suo figlio William, una fami-glia di ricchi mercanti.

Sul tavolo di Tobias Matthew, arcivescovo di York, si accu-mulavano preoccupanti rapporti sull’attivismo di Smyth ecompagni. Ne fece le spese la signora Joan, moglie del gentle-man Thomas Helwys, finita in prigione. Quando la liberaro-no, Smyth disse che per loro non c’era piú posto in Inghilter-ra. A suo avviso la Chiesa anglicana non era recuperabile, co-

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la casa, fu deciso di vendere quell’unico bene. Col ricavato fu-rono in grado di pagare il capitano di una nave olandese di-sposto a prenderli a bordo.

All’inizio della primavera del 1608 Bradford, Brewster, Clyf-ton e i loro seguaci erano di nuovo pronti a imbarcarsi. Stavol-ta dovevano ritrovarsi su una spiaggia deserta del Lincolnshi-re, alla foce del fiume Humber, in un posto chiamato Immin-gham. Per arrivarci si divisero in due gruppi. Le donne furonomandate da sole coi bambini via fiume. Seguirono in barca ilcorso dell’Idle, solcarono le acque del Trent fin dove si getta-no nel fiume Humber, e quando arrivarono all’ampia foce sinascosero in un’insenatura. Gli uomini marciarono via terra.

La nave arrivò il giorno dopo e si ancorò al largo. I mari-nai cominciarono a traghettare con una barca prima il gruppodegli uomini. Sembravano tutti rincuorati da speranze di suc-cesso. Ma proprio quando stava per arrivare il turno di donnee bambini, sopraggiunsero di corsa i soldati di Sua Maestà conle armi in pugno. Il capitano olandese si spaventò, diede ordi-ne di salpare in fretta l’ancora, fece spiegare le vele e la navecominciò ad allontanarsi. Per gli emigranti di Scrooby fu uncolpo tremendo. Aggrappati alla nave che se ne andava, vide-ro le loro donne e i loro figli sparire in mezzo a un nugolo diagenti. «Dagli occhi di quegli uomini scendevano lacrime,avrebbero sopportato qualunque cosa pur di tornare a riva».

Per di piú il viaggio verso l’Olanda rischiò di finire in unnaufragio. Cominciò a soffiare un vento molto forte, il cielo sioscurò e il mare prese a gonfiarsi rapidamente. La nave era fi-nita nel bel mezzo di un tifone. Impossibile ormai tenerne ilcontrollo, le onde la spingevano inesorabilmente verso le co-ste della Norvegia. Disperati, gli emigranti, «con l’acqua chegli riempiva le bocche e le orecchie, gridavano: affondiamo,affondiamo». Ci volle piú di una settimana perché la tempestasi placasse. Rimasero «per sette giorni senza vedere né il solené la luna né le stelle».

Infine quella «banda di rinnegati», come li chiamava il re,riuscí ad approdare in Olanda. Partiti da un piccolo villaggiodi campagna come Scrooby, furono molto impressionati nelvedere la città di Amsterdam venirgli incontro, con la torre

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guire le orme di Smyth emigrando in Olanda. A quel tempo,però, serviva un permesso per lasciare l’Inghilterra. Ai dissiden-ti religiosi veniva negato. Non rimaneva che andarsene clande-stinamente. Si misero d’accordo col proprietario di un’imbar-cazione che, in cambio di una bella somma, promise di traghet-tarli sulle coste olandesi. Come si vede, gli scafisti, i trafficantidi clandestini di adesso non hanno inventato niente di nuovo.

Il mare era lontano da Scrooby. Uomini, donne e bambinisi misero in cammino attraverso le campagne e, dopo un cen-tinaio di chilometri, raggiunsero la costa nella contea di Lin-coln, famosa per le pecore dalla folta lana. Dovevano imbar-carsi dalle parti di Boston, la città della madre di Anna Bole-na. Considerata «una grande incubatrice di ribelli religiosi»,Boston era l’ideale trampolino di lancio verso l’Olanda. Nelsuo porto era un continuo via vai di mercantili che importava-no ed esportavano merci sul continente.

Seguendo le indicazioni del titolare della nave, si presenta-rono nel cuore della notte. Ma quando salirono a bordo, si ac-corsero di essere stati traditi. Trovarono ad aspettarli lo sce-riffo del posto con i suoi agenti. Li riportarono a terra, dovefurono «perquisiti e depredati». Gli rovistarono nelle taschein cerca di soldi, «perfino alle donne senza pudore» venneromesse le mani addosso. Derubati di tutto, furono trascinati incittà, dove «fecero di loro spettacolo e meraviglia alla genteche si assiepava da tutte le parti a vederli». Li tennero in pri-gione per un mese.

Sulla costa che fu teatro della loro disavventura spicca ades-so un blocco di granito con la scritta: «Qui, nel settembre del1607, quelli che poi furono conosciuti come padri pellegrinifecero il loro primo tentativo di trovare libertà di religione aldi là del mare».

Olanda

Usciti dal carcere, i clandestini traditi dal proprietario del-la nave tornarono a Scrooby. Non avevano piú nulla, né soldiné riserve di cibo. Qualcuno aveva conservato la proprietà del-

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cis e George, capi di una congregazione emigrata in Olandanegli anni precedenti. Come c’erano arrivati è una storia chemerita di essere raccontata. Era ancora l’epoca in cui Elisabet-ta cercava il modo piú opportuno di liberarsi dei puritani.Qualcuno le suggerí una soluzione che a lei sembrò molto bril-lante. La cosa migliore era mandarli via dall’Inghilterra im-barcandoli su velieri diretti a Terranova. I consiglieri della re-gina spiegarono che la deportazione avrebbe permesso di rag-giungere due scopi, togliersi dai piedi i dissidenti e stabilireuna colonia inglese in America. L’idea fu subito approvata ecosí, nell’aprile del 1597, alcuni seguaci di Barrow furono li-berati dal carcere per spedirli al di là dell’immenso Atlantico.I due fratelli Francis e George Johnson, Daniel Studley e JohnClarke vennero imbarcati su due navi di pescatori, la Hopewelle la Chancewell. Il loro viaggio si interruppe dopo pochi gior-ni. Una violenta tempesta sfasciò le navi e i quattro si salvaro-no avventurosamente trovando riparo sull’isola di Whight.Non avevano nessuna intenzione di tornare a Londra. Se neandarono in Olanda, l’unico paese dove vigeva la massima tol-leranza religiosa e per questo divenuto rifugio di molti dissi-denti di ogni parte d’Europa.

Ad Amsterdam altri emigranti inglesi si unirono a loro fi-no a formare una congregazione di cui Francis Johnson di-venne il capo. Curioso il modo in cui era passato dalla partedei puritani. All’inizio era un ministro anglicano a Middle-burgh, in Olanda, dove aveva il compito di intercettare i libridi Barrow, stampati sul continente e poi fatti arrivare in In-ghilterra. Quelli che riusciva a bloccare doveva bruciarli. Unavolta ne salvò due copie perché voleva leggere quelle pagine e«vedere gli errori che contenevano». Invece ne rimase affasci-nato. Al punto da recarsi a Londra per il desiderio di cono-scere Barrow e Greenwood che si trovavano in prigione. Finíarrestato anche lui.

Ora, in Olanda, Francis aveva sposato Thomasine Boyes,vedova di un ricco mercante. La «bella formosa», come veni-va chiamata, possedeva un vasto e lussuoso guardaroba e ama-va sfoggiare i suoi eleganti vestiti con un esibizionismo che su-scitava grande scandalo. George si fece interprete del disgu-

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della Oude Kerk, la vecchia chiesa, che svettava al di sopradegli altri edifici.

Nel frattempo, le donne e i bambini subivano ogni giornointerrogatori da parte dei magistrati. Non avevano cibo, erano«senza un penny in tasca» e non sapevano dove andare. Gliinquirenti continuavano a tormentarli, ma nemmeno loro ave-vano idea di quale decisione prendere con quelle anime di-sperate. In tutta la zona, fino a Boston, Hull, Grimsby, «il lo-ro caso divenne famoso». E finalmente, dopo settimane, ma-dri e figli furono lasciati liberi di raggiungere gli uomini. Quan-do si ritrovarono insieme ad Amsterdam, l’intero gruppo eracomposto da 125 persone.

Amsterdam era la base degli esploratori olandesi e dellenavi mercantili. A Bradford sembrò «piena in abbondanza diogni sorta di ricchezze e sontuosità». Da qui, poco dopo l’ar-rivo dei pellegrini, l’esploratore inglese Henry Hudson partínel 1609 con la nave Half Moon. Su incarico dei mercantiolandesi andava a cercare un passaggio a ovest per le Indie.Non lo trovò, ma scoprí il fiume che porta il suo nome e sucui sorge New York.

I pellegrini di Scrooby arrivavano in Olanda dopo Brownee dopo i seguaci di Barrow. Ritrovarono il pastore John Smythe i suoi accoliti. I rapporti fra i due gruppi si guastarono subi-to perché Smyth entrò in collisione coi reverendi Clyfton eRobinson. Non avevano la stessa opinione sul ruolo di pasto-ri, anziani e diaconi. Sembra che Smyth, personaggio moltoirrequieto, avesse abbandonato i puritani separatisti, divenen-do battista. Come tutte le rivoluzioni, la Riforma stava produ-cendo, e continua a produrre, fazioni con la pretesa di esserepiú pure delle altre. Quella dei battisti respingeva il battesimodei neonati. Lo amministrava agli adulti mediante immersio-ne. La parola greca baptízo significa appunto immergo. Smythpare si sia battezzato da solo «camminando nella corrente, sol-levando con le mani l’acqua e versandosela in testa». Comun-que sia, a causa della natura particolarmente rissosa di Smyth,gli emigranti di Scrooby interruppero con lui ogni contatto.

Ma un’altra vicenda minacciò la loro pace. Si trovarono nelvortice di una tempestosa lite fra i due fratelli Johnson, Fran-

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Studley proteggeva Mary Maie una donnina allegra, la qualesi era aggregata alla compagnia piú per spirito di avventurache per zelo religioso. Stava sempre a cantare canzoni oscenee di lei si diceva che «era stata in un bordello». I separatistierano sempre attenti e inflessibili nel cacciare gli indegni. Il ri-fiuto di Francis di liberarsi di quelle mele marce spinse ancheAinsworth ad andarsene. Attorno a lui si formò nella capitaleolandese un nuovo gruppo dove il comportamento di ciascu-no veniva tenuto sotto attenta sorveglianza. Come il suo maes-tro Robert Browne, Ainsworth riteneva la buona condotta se-gno evidente della fede. Cosa che rendeva un eletto degno difar parte della congregazione. Aveva un gran concetto dei se-paratisti: avevano compiuto una scelta, avevano deciso in ma-niera consapevole, erano quindi animati dalla vera fede, men-tre gli anglicani aderivano passivamente alla Chiesa stabilitadallo Stato e senza dover dare nessuna prova di fede.

Leida

I pellegrini di Scrooby rimasero molto impressionati da unclima cosí teso. Cominciarono a sentirsi a disagio in quellacittà. Erano contadini, gente industriosa, ad Amsterdam si ve-devano perduti. «Sentivano uno strano e sconosciuto linguag-gio», leggiamo nelle memorie di Bradford, «e vedevano le dif-ferenti maniere e costumi della gente, con i loro strani vestiti eabbigliamenti, tutto cosí diverso dal loro dolce villaggio dov’e-rano cresciuti e avevano vissuto cosí a lungo, che gli sembravadi essere capitati in un altro mondo».

Decisero di cercarsi un posto piú tranquillo. Nel febbraiodel 1609 si trasferirono a Leida, la città di Rembrandt. Lí crea-rono la loro chiesa separatista di cui John Robinson divenne ilcapo. «Era molto bravo anche nell’occuparsi degli affari civili.Fu come un padre per noi», ricordava Bradford. La fama diquesto gruppo sereno, compatto, si diffuse e convinse altriemigranti a unirsi ad esso. John Robinson stabilí le condizioniper essere ammessi. Serviva una professione di fede, la sotto-scrizione di un patto e un buon comportamento. Ma se era

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sto dei fedeli, chiese al fratello Francis di frenare le stravagan-ze della moglie. Quella donna doveva piantarla di agghindarsicon «un lungo busto secondo la moda del mondo, un corpet-to bianco come le gran dame, ossi di balena nei vestiti e nellesottovesti, cinque o sei anelli d’oro, eccessi di gorgiere, mani-che a sbuffo, tutto contrario alle regole della modestia e dellasobrietà. Roba buona per la moglie di un mercante non perquella di un pastore». E poi quella civettuola donna andavachiacchierando «sulle porte dei negozi, tracanna vino e nelgiorno del Signore se ne sta a letto fino alle 9».

Francis ascoltò il fratello con crescente irritazione. Poi abrutto muso ruggí che i vestiti della moglie erano normalissi-mi e comunque lui non aveva alcun diritto di intromettersi inquelle faccende private. C’erano tutti gli ingredienti per unabella tragedia famigliare. Ci vollero otto anni per farla esplo-dere. Durante tutto quel periodo la congregazione continuò aessere scossa dalle scenate dei due fratelli a causa dei vestitidella signora Thomasine.

La rissa raggiunse il suo culmine poco dopo l’arrivo delgruppo di Scrooby. Francis colpí George con la scomunica elo buttò fuori della conventicola. La signora Thomasine potécontinuare a indossare corpetti irrigiditi da ossi di balena. Mala compagnia non trovava pace. George se ne andò portando-si dietro alcuni seguaci con i quali diede vita a un’altra congre-gazione. Francis scomunicò anche loro, a sua volta George lan-ciò la scomunica contro Francis e i «rinnegati» rimasti con lui.

La convivenza tra Francis e i suoi accoliti non migliorò conl’allontanamento di George. Contro di lui si levò la voce diHenry Ainsworth, un intellettuale pacioso, uno degli spiritipiú eminenti dei gruppi separatisti. Era musicista, compose laversione musicale dei Salmi e tutti gli emigrati li cantavano adalta voce, «senza l’uso di strumenti», ci informa John Cotton,«per evitare che il suono distragga il cuore dalla concentrazio-ne sul contenuto del canto». Ainsworth non sopportava certicomportamenti troppo licenziosi di Francis e di alcuni suoiamici. Il piú losco era Daniel Studley, un figuro veramente ri-provevole, sospettato di compiere atti di sadismo e di fare ilcascamorto con la figlia della sua seconda moglie. Per di piú

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Strategia morbida

All’inizio del suo regno, Giacomo aveva manifestato gran-di simpatie per i cattolici. Sua moglie, l’affascinante Anne diDanimarca, che lui chiamava «la nostra Giunone terrena», siera convertita al cattolicesimo e ascoltava regolarmente la mes-sa nella cappella reale. Lui aveva perfino scritto al papa facen-do presumere una spettacolare conversione.

Poi però fu scoperto il complotto delle polveri. Un gruppodi cattolici fanatici voleva far saltare in aria il parlamento peruccidere il re. L’esecuzione materiale dell’attentato era affida-ta a un soldataccio di nome Guy Fawkes. Aveva ammassatotrentasei barili di polvere da sparo nei sotterranei di Westmin-ster e il 5 novembre 1605 aspettava di accendere la miccia al-l’arrivo del sovrano. Fu tradito, arrestato e giustiziato con isuoi complici. La morte di Fawkes fu orribile. Gli strapparo-no il cuore da vivo. Shakespeare ne trasse ispirazione per ilMacbeth, un’opera centrata sull’assassinio di un re scozzese.

L’attentato al sovrano è rimasto nell’animo degli inglesi co-me un incubo e ancora oggi sentono il bisogno di scacciarlo.Ogni anno, alla riapertura dei lavori parlamentari, gli yeomen,quelli che fanno la guardia nella Torre di Londra vestiti con leuniformi di quattro secoli fa, vanno a perlustrare i sotterraneidi Westminster, a vedere se ci sono altri barili di polvere. Tut-ti sanno che non ci sono, ma questa è ciò che si chiama tradi-zione inglese ed è un modo per tenere la gente legata al pro-

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tutto lí, se bastava «una volontaria professione di fede, ancheun ipocrita può farla tranquillamente». Il comportamento eraallora lo specchio della bontà d’animo. Robinson raccoman-dava purezza di cuore, ma anche buone maniere e rispetto deicapi. Legava la disciplina religiosa e l’ordine civile. Siate saggi,diceva, «trattate le autorità con dovuto onore e obbedienza»,non dovete vederle come semplici persone, «ma come delega-ti di Dio per il vostro bene».

In Olanda i puritani inglesi conobbero gruppi di esuliebrei. Fu un incontro di importanza storica. Rimasero colpitidalla profonda fede degli ebrei e dal loro stile di vita basatosul Vecchio Testamento. L’Inghilterra era stato il primo paeseeuropeo a scacciare gli ebrei con l’editto medievale del 1290.Ora i puritani scoprivano di avere con gli ebrei molte cose incomune. Cominciò lí il legame fra inglesi ed ebrei e poi fra in-glesi emigrati in America ed ebrei. Furono i puritani a togliereper primi agli ebrei il marchio di reietti.

Quando il puritano Oliver Cromwell prenderà il poteredeciderà, nel 1656, di annullare il vecchio editto e riammette-re gli ebrei al commercio. Prenderà come giustificazione ladottrina puritana secondo la quale gli ebrei si convertirannoal cristianesimo, e questo sarà il preludio all’avvento del mil-lennio dominato da Gesú. «Dal momento che c’è una promes-sa della conversione degli ebrei», spiegherà Cromwell, «dob-biamo adoperarci perché essa avvenga». In seguito l’amore frainglesi ed ebrei divenne sempre piú intenso. Finché uno stra-vagante Lord Shaftesbury nel 1853 si fece per primo promo-tore di un ritorno degli ebrei in Palestina suggerendo di resti-tuire a quella terra il nome Israele. Gli stessi ebrei rimaseroper lungo tempo contrari. Ma poi nel 1918 un altro inglese, ilgenerale Allenby, conquistò la Palestina e gli sembrò di averportato a termine una missione pronosticata dalla Bibbia, quel-la di sottrarre la Palestina al controllo islamico per riconse-gnarla agli ebrei. Questa è storia, mischiata alla religione.

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imprecava, «mi perseguitano da quando ero nella culla e nonmi lasceranno in pace fino alla tomba». Voleva convincerli che«Gesú è venuto sulla Terra per insegnare agli uomini a ubbi-dire ai re, non ribellarsi».

La grande sorpresa

Nel 1610, Brancroft morí. Sei anni erano trascorsi da quan-do era stato elevato arcivescovo e in quel periodo aveva espul-so i piú nobili spiriti puritani. Se fosse vissuto, scrisse il contedi Clarendon, «avrebbe rapidamente estinto in Inghilterra tut-to il fuoco che era stato acceso a Ginevra». La scelta del suc-cessore colse tutti di sorpresa. Il re scozzese mise al verticedella Chiesa anglicana George Abbot, un vescovo di chiaresimpatie puritane. Lo aveva dimostrato in piú occasioni. AOxford aveva fatto bruciare alcune immagini religiose, com-preso un quadro con un barbuto Dio Padre: raffigurare il Pa-dreterno con volto umano gli era sembrato il massimo dellasuperstizione. Quando poi sulla piazza londinese di Cheapsi-de era crollato un vecchio crocefisso, Bancroft voleva farlo ri-costruire. Ma Abbot si era opposto perché vedeva in quel sim-bolo cattolico «un incoraggiamento all’idolatria». E l’avevaspuntata sull’arcivescovo.

Allora come mai il re ne fece il capo della Chiesa anglica-na? La spiegazione sta nel fatto che Abbot era uomo di mon-do e conosceva l’arte dell’adulazione. Aveva scritto un librettoin lode di Sua Maestà. Lo esaltava al punto da collocarlo suun gradino piú alto dei re d’Israele e degli antichi imperatoriromani. Gli potevano stare alla pari solo Mosè, Davide, Salo-mone e Costantino il Grande. Per uno come Giacomo le pa-role di Abbot avevano uno straordinario potere di seduzione.Ma non fu solo questo.

Nemmeno a quei tempi bastava essere bravi per fare car-riera. Ci voleva qualche santo protettore. Abbot aveva dimo-strato una geniale abilità nel conquistare i favori dei cortigianipiú influenti. Ai tempi di Elisabetta era riuscito a diventarepupillo del conte di Dorset, uno dei consiglieri della regina.

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prio passato. Quel giorno l’intera città partecipa con scoppidi petardi e fuochi d’artificio e sfilano cortei al grido di: «Mor-te a Guy Fawkes».

L’atteggiamento di Giacomo verso i cattolici cambiò preci-pitosamente. Si rimangiò la lettera scritta al papa. Incolpò ilsuo segretario di averla mandata falsificando la firma. Per ren-dere piú credibile l’accusa, lo fece condannare a morte. Ni-colò Molin, ambasciatore della Santa Sede, spedí a Roma unrapporto in cui spiegava che il re era diventato «un acerrimonemico della nostra religione, molto arrabbiato per via dellarecente cospirazione. Si è reso conto che c’era lo zampino deigesuiti».

Nel frattempo i puritani avevano superato lo shock per lasconfitta alla conferenza di Hampton Court e stavano rialzan-do la testa. Si muovevano con una rinnovata aggressività e ilre ne era quasi spaventato. A Cambridge, dov’era andato a da-re sfogo alla sua grande passione, la caccia, venne circondatoda nugoli di puritani inviperiti. Senza il minimo rispetto, gligridavano di mettere fine a tutte le «offensive things», e cioè lesolite cerimonie e i paramenti. A Royston sequestrarono unsuo levriero e glielo rimandarono con un cartello appeso alcollo sul quale era scritto: «Tornatene a casa». Non trovò ac-coglienza migliore nel Sussex. Gli urlarono: «Basta col papi-smo. Ripristiniamo la forma della Chiesa antica».

Lo inondavano di petizioni con la richiesta di cancellare«cerimonie, sottoscrizioni e la superstizione del segno dellacroce, cose che gridano vendetta davanti a Dio». Sembravanoaver raddoppiato i loro sforzi, e di nuovo invocavano l’aboli-zione della gerarchia ecclesiastica. Niente piú vescovi. Spin-gevano Giacomo a «finire quello che Enrico VIII aveva co-minciato».

Alla minima occasione gli creavano ostacoli. Un avvocatopuritano, Nicholas Fuller, lo gettò nel panico quando sosten-ne che la famigerata High Commission non aveva la compe-tenza per occuparsi di un caso giudiziario che lui stava trat-tando. Se veniva messa in dubbio la legittimità di organi stata-li, dove si andava a finire? Il re cominciò a temere addiritturaper la stabilità della monarchia. «Questi diavoli di puritani»,

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ai proseliti e diffondeva libri di propaganda. Il vescovo di Chi-chester lo descriveva come «un ministro scismatico sospeso»e avrebbe voluto togliersi dai piedi quell’individuo che «va ingiro nel Sussex a sollevare la gente contro il presente governodella Chiesa». Un uomo di corte, lord Buckhurst, avvertí il reche quel «sedizioso e pericoloso puritano» aveva escogitatoun trucco che rischiava di compromettere la campagna perimporre al clero le regole del Canone. Allo scopo di evitarel’espulsione dalle parrocchie, Jacob consigliava ai ministri diaccettare le richieste dei vescovi, «conformarsi in tutto», riser-vandosi però di «agire secondo coscienza». Dite sí, ma poi fa-te come vi pare. Ricorrevano anche a un altro stratagemma.Suonavano le campane due volte, la seconda volta per avverti-re i fedeli che era finita la parte noiosa del rituale anglicano estava per cominciare il sermone. I soliti irriverenti si divertiva-no all’idea che i puritani, mentre avevano un rapporto con leloro donne, «suona la campana e vanno di corsa al sermone».Il vescovo di Norwich Matthew Wren proibí che nelle chiesedella sua diocesi le campane suonassero piú di una volta.

Henry Jacob creò una sua chiesa sul modello dei primi cri-stiani, «una libera congregazione di eletti», a Londra, nellazona di Southwark. Per aderirvi bisognava prima fare «penti-mento, confessione della propria fede» e poi accettare un pat-to «per incamminarsi lungo le vie del Signore». Jacob vedevasolo due categorie di ministri: una temporanea e l’altra ordi-naria. Quella temporanea apparteneva al passato, era rappre-sentata da apostoli, profeti ed evangelisti. Al presente colloca-va i ministri ordinari, pastori necessari esclusivamente per of-frire una guida ai fedeli. Ma senza rapporti gerarchici.

Jacob lanciava messaggi concilianti al re, assicurando chenon voleva toccare il suo potere e il governo civile. Una stra-tegia morbida che stava conquistando anche i vescovi anglica-ni di nuova generazione. Essi avevano studiato insieme a Cam-bridge e Oxford e chiudevano un occhio se i loro vecchi com-pagni non portavano la cotta e se davano la comunione ai fe-deli in piedi. Anche i signori locali favorivano la diffusionedelle idee puritane. Ai confini col Galles la gente era grata asir Robert Harley, perché aveva «portato ministri devoti e ap-

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Dorset però i favori se li faceva pagare e Abbot gli dovettesborsare 600 sterline per diventare decano di Winchester. Daquando era salito al trono Giacomo, Abbot aveva cercato dientrare nelle grazie dei fiduciari del re, uno stuolo di scozzesicalati dal Nord: quei «famelici accattoni» si stavano arricchen-do e suscitavano il profondo disprezzo degli inglesi.

Abbot brigò in modo da assicurarsi la protezione del piúinfluente fra loro, George Hume, conte di Dunbar. E alla finefu Hume a fargli aprire le porte di Canterbury. Ebbe anchelui il suo tornaconto. Le bustarelle gonfie di sterline erano uncostume diffuso. Non scandalizzavano nessuno. Tanto menoil re, il quale ammise che non c’era «elezione in un college,corporazione o compagnia immune da corruzione». Elisabet-ta era addirittura spietata: pretese una ricompensa quando no-minò Thomas Bilson vescovo di Winchester. E aveva lasciatovacante la sede vescovile di Bristol per 14 anni, quella di Elyper 19, e Oxford addirittura per 41 anni perché nessuno eradisposto a pagarle una somma adeguata.

Con Abbot i puritani tornarono a respirare. Tollerava i mo-derati, ma detestava i separatisti, gli estremisti che provocava-no disordine. Arthur Hildersham non la passò liscia. Era di-ventato ministro anglicano mentre i genitori cattolici volevanovederlo sacerdote della Chiesa romana. Per ripicca lo avevanodiseredato. Nemmeno gli anglicani erano soddisfatti di lui per-ché rifiutava il segno della croce e non indossava le vesti giu-ste. Gli tolsero l’incarico e finí in prigione. Voleva andarsenein Olanda ma la moglie si rifiutò perché aveva terrore del ma-re. Andò peggio a Bartholomew Legate e Edward Wightam.Sostenevano che la natura di Gesú non era divina. Al re sem-brò troppo e nel 1613 li fece bruciare come eretici. Gli ultimidue mandati al rogo in Inghilterra per eresia.

Il gruppo elisabettiano piú aggressivo, quello dei presbite-riani, aveva perso mordente. I nuovi capi puritani, provvisti diindiscutibile acume, appartenevano quasi tutti alla correntecongregazionista. Una delle figure di spicco era Henry Jacob.Il suo attivismo sfrenato ricordava il modo d’agire di JohnField. Come lui, Jacob correva da un villaggio all’altro ad ec-citare gli animi, inviava centinaia di lettere di incoraggiamento

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John Cotton. Aveva seguito gli angosciosi sermoni di Perkinse il suo cuore era assillato da paure e sgomento. Perkins scon-volgeva piú che offrire pace spirituale. Un giorno, mentre pas-seggiava nei campi, Cotton sentí la campana suonare a mortoper Perkins. Aveva 17 anni e fu «segretamente contento den-tro di sé, perché liberato di uno che ha messo assedio al suocuore». Quando poi cominciò ad ascoltare Sibbes, si accese inlui una nuova luce. Assorbí la dottrina di Sibbes anche JohnDavenport. Lui e Cotton porteranno in America due lezionifondamentali, la prima è che solo una feroce autodisciplinafavorisce un profondo rinnovamento spirituale. L’altra idea èche Gesú morí sulla croce per redimere gli eletti, non tuttal’umanità. Come insegnava san Paolo: «Quelli che lui fece pre-destinati, quelli poi chiamò».

Era invece fedele a Perkins l’altro grande leader, WilliamAmes. Rifiutava i metodi soft di Sibbes. Niente compromessi.Un radicale con la mente piú sottile di tutta Cambridge. Pagòle conseguenze del suo spirito inflessibile. Siccome rifiutava lacotta e imprecava contro i riti del Natale, nel 1609 fu cacciatodal Christ’s college. Un anno dopo lo espulsero dall’Inghilter-ra perché aveva creato una chiesa congregazionale. Destinatoall’esilio in Olanda, fu ugualmente maestro di vita per i futuricolonizzatori della Nuova Inghilterra. E merita un posto ditutto rispetto fra i padri dell’America.

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poggiandoli ha reso la religione rinomata in questo piccoloangolo del mondo». In alcune zone i piccoli nobili comincia-vano a prendere il sopravvento sul clero. Influenzavano le scel-te dei vescovi. E infiltravano puritani nelle chiese.

Due leader

Due figure si imponevano come capiscuola al di sopra ditutti, Richard Sibbes e William Ames. Due temperamenti op-posti. Sibbes, detto «bocca di miele», era una persona mite.La sua carriera, pastore al Gray’s Inn, predicatore al Trinity epoi direttore di St. Catherine Hall, si basava sulla moderazio-ne. Cercava di diffondere le sue idee senza chiasso. Altri se-guirono il suo esempio e adesso il clero puritano teneva i tonibassi, non strillava piú nei sermoni, ma cercava di essere rassi-curante. «Tutti i professori», ne deduceva una donna del vil-laggio di Elmstead, «sono simulatori o bugiardi». Erano piúelastici e abili. Fingevano per non soccombere. Tipico esem-pio di ipocrisia puritana era il consiglio di William Bradshawsu come comportarsi davanti a un magistrato: «Inchinati da-vanti a lui, inginocchiati, parlagli nel tono piú umile ma faglinotare i suoi errori, cosí che nell’apparenza non emerge nem-meno un pizzico di malizia contro la sua persona, ma piutto-sto preoccupazione per la salute e la salvezza della sua ani-ma». Con questi metodi riuscirono a conquistare alti incarichie pulpiti influenti. Sibbes e i suoi amici esercitarono una gran-de influenza sui futuri leader destinati a dominare in parla-mento. John Pym, il futuro capo della rivoluzione puritana,non perdeva un sermone di Sibbes, che lo chiamava «il miocaro e dignitoso amico».

Sibbes inaugurò un nuovo filone del pensiero puritano. La-sciò da parte il problema delle riforme ecclesiastiche, invitavai fedeli a scoprire dentro di sé le gioie spirituali. Perché «ognicristiano è come un minerale, ricco all’interno». Quasi unaforma di misticismo. Vedeva la presenza di Dio in tutte le co-se, non piú il Dio terrorizzante di Calvino, ma «un grande ami-co». Nelle parole suadenti di Sibbes trovò conforto il giovane

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to. Con corruzioni e inganni riuscí a farlo passare per impo-tente e cosí ottenne il divorzio nonostante l’opposizione del-l’arcivescovo. Ma le complicazioni non erano finite: il bel Ro-bert Carr aveva un altro corteggiatore, il giovane poeta Tho-mas Overbury. Quando venne a sapere dei progetti di matri-monio, accecato dalla gelosia, Overbury minacciò di rivelare itrucchi usati per rendere possibile il divorzio. La diabolicaFrances e lo spregiudicato Somerset non si persero d’animo etrovarono il modo di far rinchiudere Overbury nella Torre,dove il languido poeta morí avvelenato.

L’assassinio gettò l’ombra dello scandalo sulla corte. Il re siconvinse che Anne Turner e Frances Howard erano due stre-ghe. Però la colpa di tutto ricadeva su Abbot. Se avesse con-cesso il divorzio a Lady Frances sarebbe finita bene per tutti.Fra il sovrano e l’arcivescovo calò il gelo. I puritani ne fecerole spese. Fino a quel momento Giacomo aveva scelto di esseremagnanimo. Ora di colpo sembrò accorgersi che si era diffusauna ragnatela di puritani che «lusinga la gente, la imbroglia ela cattura».

Nel 1617, accompagnato da uno stuolo di vescovi, Giaco-mo tornò nei luoghi della sua infanzia, la Scozia. Non era spin-to da nostalgia. Voleva imporre agli scozzesi il modello eccle-siastico inglese, facendo valere il suo diritto ereditario di no-minare i vescovi. Fece piazzare nella cappella di Holyrood dueorgani e ordinò al clero di attenersi al rito del Libro di pre-ghiera inglese. Pretendeva poi di ripristinare la cresima, l’attodi inginocchiarsi nel ricevere la comunione e l’osservanza dialcune feste «papiste», fra cui il Natale.

I presbiteriani scozzesi lo accolsero con aperta ostilità. Il pro-pagandista puritano David Calderwood scrisse un velenoso li-bretto contro il re. Fu costretto a fuggire in Olanda. Lo accolse-ro a Leida gli emigranti di Scrooby. Continuò a stampare il suovolumetto, lo mandava in Scozia nascosto in mezzo alle tinozzedi vino. Il tipografo era Thomas Brewer, un ricco gentleman,puritano zelante, giunto a Leida dal Kent. In un suo rapporto,l’ambasciatore inglese in Olanda lo definiva «brownista confes-so che ha consumato buona parte delle sue vaste proprietà perle sue fantasie religiose». Con un inganno, Brewer fu convinto a

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Scandali

I buoni rapporti fra Abbot e il re durarono solo pochi an-ni. L’arcivescovo cadde in disgrazia quando si rifiutò di con-cedere il divorzio a lady Frances Howard, una damina capric-ciosa e depravata, che aveva preso per marito il conte di Es-sex e contemporaneamente apriva le sue braccia a Robert Carr,un paggio di bell’aspetto di cui il re si era invaghito. Giacomosubiva il fascino dei bei giovanotti. Nei sordidi vicoli di Lon-dra echeggiavano spesso urla di scherno: «Lunga vita alla re-gina Giacomo». Per loro cercava di apparire splendente abbi-gliandosi con vestiti sempre nuovi, anche se poi non si lavava.Solo nel 1604 aveva speso 47 mila sterline in gioielli. Come haricostruito Lawrence Stone, «dal 1608 al 1613, Giacomo com-prava un nuovo mantello ogni mese, un nuovo gilet ogni tresettimane, un nuovo abito ogni dieci giorni, un nuovo paio dicalzettoni, scarpe e giarrettiere ogni quattro o cinque giorni, eun nuovo paio di guanti ogni giorno».

Ricopriva di doni il suo favorito Robert Carr, e per purocapriccio lo nominò conte di Somerset all’età di 24 anni. At-torno a Carr ruotavano gli Howard, una famiglia di manigoldiche attraverso il beniamino del re otteneva lucrosi privilegi econtrollava un’ampia rete di clientele. Lady Frances era unaHoward. Lei e la sua amica Anne Turner erano conosciute co-me le due donne piú licenziose, intriganti e svergognate del-l’epoca. Affascinata da Carr, Frances voleva liberarsi del mari-

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l’eco di canti spirituali e letture sacre proveniente dalle case.Ora che la gente aveva licenza di fare chiasso l’atmosfera era ro-vinata. «Non possiamo leggere un capitolo, o pregare, o cantareun salmo, o rimproverare o educare la servitú nelle nostre casesenza il disturbo di tamburi e cornamuse e rumori nelle strade»,lamentava Baxter. Quello che oggi chiamiamo il tempo liberoripugnava ai puritani. Il tempo andava impiegato, non sprecato.I piaceri di qualsiasi tipo mettevano nel loro cuore un senso dicolpa. La paura della dannazione popolava di incubi le loro not-ti e li frenava. Il duro lavoro, la rinuncia a un adeguato riposoerano anche un mezzo per sentirsi a posto con la coscienza.

Derisioni

La gente si divertiva a prenderli in giro. Bastava «eliminaredolci e birra per essere virtuoso»? Non per questo siete santi,anzi sappiate che le vostre donne sono voraci di sesso. «Se ba-ci la puritana, lei subito si stende e usa la Bibbia come cusci-no». Fiorivano ballate popolari per descriverli «ipocriti e fuo-ri di testa». L’accusa di ipocrisia era la piú comune. Alcuniversi dicevano: «Le sue noiose preghiere lunghe dieci miglia/la sua fede piú profonda di quella di Sansone:/ sebbene glisguardi e i gesti sembrino cosí sinceri/ egli è un santarellinoipocrita». E ancora: «Porti la Bibbia per diffondere la paroladi Dio/ ma ogni giorno commetti una cosa disonesta». Eranoconsiderati avari e spietati, imbroglioni negli affari. Esigevanoil rispetto del sabato «ma ingannano i loro vicini tutti i giornidella settimana». Il reverendo Oliver Omerod li chiamava pu-ritani «non perché voi siete piú puri degli altri uomini, maperché pensate di voi stessi di essere i piú puri. Siete uominicome noi ma vi credete angeli».

La caricatura piú gustosa del puritano l’ha creata Ben Jon-son col personaggio Zelo-della-Terra Affaccendato, un pom-poso ipocrita che «vede la pagliuzza nell’occhio altrui e non latrave nel proprio». In un libro di fine Settecento i puritanierano paragonati al salnitro, «bianco a vedersi, freddo al tatto,ma con uno spirito rosso e bollente».

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recarsi in Inghilterra. Il re lo fece subito chiudere in prigione,dove marcí per quattordici anni. Non si salvò neppure un li-braio scozzese, colpevole di smerciare il libretto di Calderwood.Fu catturato e condotto davanti al re inferocito. «Il diavolo tiporti via anima e corpo», gridò al poveretto inginocchiato. Con-tinuò a lanciargli maledizioni: «Il diavolo possa spaccare le ani-me e i corpi di voi scozzesi, farli a pezzetti e gettarli all’inferno».

Mentre tornava dalla Scozia, in un villaggio del Lancashireil re fu impressionato da una rissa. Era domenica pomeriggioe la gente voleva andarsi a divertire. Alcuni puritani si oppo-nevano con la forza, non ammettevano distrazioni nel giornodel Signore. Giacomo divenne furioso. Appena rientrato aLondra, pubblicò una Declaration of sports, un regolamentodegli svaghi. Stabiliva che la domenica, «dopo il servizio reli-gioso, la nostra buona gente non dev’essere disturbata né sco-raggiata da ogni legittimo passatempo, come danze, sia gli uo-mini che le donne, tiro con l’arco e la caccia». Ci si poteva ri-lassare bevendo Witsun ale, una birra prodotta per la Pente-coste. Nei giorni della Pentecoste, racconta Shakespeare nel-l’Enrico V, ci si abbandonava alle Morris dances, gioiose danzedi origine celtica. Si poteva tirare di scherma e con l’arco, an-dare a caccia, assistere alle feroci lotte fra orsi e cani e a pri-mavera ballare allegramente attorno al maypole, l’albero dimaggio agghindato con campanelli, nastri e ghirlande di fiori.

I puritani ne furono disgustati. Nella loro testa la danza diuomini e donne insieme «provoca concupiscenza e ispira rap-porti sessuali». Il permesso di fare baldoria avrebbe creato unpopolo di festaioli, spingendo la gente a frequentare birrerie,oziare, vagabondare di notte e avrebbe favorito quei compor-tamenti licenziosi che stavano riempiendo le strade di bambi-ni bastardi e obbligavano numerose donne a presentarsi al ma-trimonio col pancione. Dal pulpito i predicatori ammonivanoche «ciò che il mondo pazzo e ignorante chiama amicizia, ba-ci e abbracci» o, in altre parole, «allegra baldoria, fare provvi-ste e riunirsi insieme a gozzovigliare nelle case private», tuttoquesto porta al vizio.

Secondo Richard Baxter, ministro nella chiesa di Kiddermin-ster, chiunque passava per strada la domenica poteva ascoltare

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Stato biblico. Oggi hanno degni eredi in America, sono i «cri-stiani rinati», vantano un rapporto personale con Cristo e aspi-rano a un’esistenza guidata dalla teologia. Noi europei trove-remmo la cosa del tutto assurda. Dio non ha piú molta in-fluenza sulla nostra vita, nel Vecchio Continente ci compor-tiamo come se Dio non esistesse. Dio è ormai per noi uno stra-niero. L’America, dice George Weigel, crede in Dio, l’Europano. Ma quattro secoli fa la religione era anche qui da noi il fa-ro. E l’unico scopo dell’uomo sulla Terra era la gloria di Dio el’obbedienza ai suoi comandamenti.

Uno dei peggiori veicoli di corruzione agli occhi dei puri-tani erano gli spettacoli. Oggi c’è chi inveisce contro la tv ecerti film orribili. Loro diedero vita a una vera crociata con-tro giullari, menestrelli, violinisti, esibizioni di marionette e lanuova moda del teatro, «sinagoga di Satana», che in queglianni era molto popolare. «Trovatemi un ballerino», tuonavaGeorge Widley, «che non preferisce il suo divertimento al ser-vizio di Dio». A quel tempo la legge classificava attori e sal-timbanchi come vagabondi. Erano tollerate solo le compagnieteatrali che potevano contare sulla protezione di qualche pez-zo grosso. Per ottenere i permessi ci si rivolgeva agli ufficimunicipali, che erano pieni di puritani e creavano un sacco diostacoli. Ma Giacomo e sua moglie Anne erano pazzi per ilteatro, non si perdevano nemmeno una rappresentazione del-le opere di Shakespeare. La compagnia che le metteva in sce-na godeva della protezione del lord Ciambellano, per questosi chiamava Chamberlain’s Men. Il re ne era cosí entusiastache volle prenderli sotto la sua ala, e cosí il nome divenneKing’s Men.

La guerra agli spettacoli è continuata fino a metà del No-vecento. Il padre della signora Thatcher era un metodista, ver-sione aggiornata di un puritano, e come sindaco di Grantham,a nord di Cambridge, imponeva la chiusura dei cinema la do-menica.

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Questo campionario di battute sarcastiche non deve farcidimenticare che gli ossessivi richiami morali dei puritani na-scevano come reazione a una società sfasciata. Essi volevanorinnovarla e cercavano di contrastare il passo a tutto ciò cheritenevano fonte di corruzione. In alcune parrocchie governa-te dai puritani venivano esclusi dalla comunione i «notoria-mente indegni», gli ubriachi, i bestemmiatori e i bastardi. JohnBruen, ministro a Tarvin, nel Cheshire, mandava dei fanatici adistruggere croci e vetrate colorate nelle chiese. Faceva venire«due o tre dei migliori predicatori della diocesi che stavanopiú di tre giorni a predicare e pregare nella chiesa, cosí i suo-natori di flauti, violinisti, domatori di orsi, attori e giocatorid’azzardo non avevano tempo per le loro vanità, e molta gen-te riempiva la città e la chiesa e ne usciva con molto penti-mento e ne ricavava giovamento». Non solo il clero. In alcunivillaggi, gruppi di proprietari terrieri sorvegliavano «la vita re-ligiosa e morale della gente». Il puritanesimo diventava sem-pre piú uno strumento di controllo sociale. E attirava la classemedia, affamata di ordine e rispettabilità.

Gli ubriachi erano un vero flagello. La gente ne era spa-ventata. E i puritani prevedevano grandi calamità per le cittàdove l’ubriachezza era tollerata, avrebbero pagato con «incen-di, epidemie di peste, carestie e altri disastri». Un anno i con-tadini lamentarono un cattivo raccolto di cereali. Sir WilliamMasham, giudice puritano, spiegò le ragioni di quella carestia.Siccome i cereali erano usati per ricavarne birra, Masham dis-se che Dio «indica col suo dito lo speciale peccato della no-stra nazione, l’ubriachezza». Per placare l’ira del Signore ilgiudice Masham decise di «punire per oggi quattro ubriaconi,quattro bevitori e due venditori di birra».

Un giorno a Cambridge si diffuse il panico perché fu tro-vato nello stomaco di un grosso pesce un libriccino intitolatoUna preparazione alla croce. Samuel Ward, il capo del SidneySussex che teneva sermoni dal titolo «Maledetti ubriaconi»,arguí che era «uno speciale monito a noi di Cambridge». Mol-ti giudici ordinavano la chiusura delle taverne e applicavanole ingiunzioni bibliche alla vita quotidiana. Se li avessero la-sciati fare i puritani avrebbero trasformato l’Inghilterra in uno

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po di Cristo Giuseppe di Arimatea aveva portato il Vangelodirettamente in Inghilterra, non attraverso Roma. C’era unadiffusa convinzione che Dio aveva abbandonato il popoloebreo trasferendo il suo favore a quello inglese. «Siamo solonoi inglesi», esultava John Davys, «gli splendenti messaggeridel Signore. Per provarlo si faceva ricorso alla storia. Costan-tino, che elevò il cristianesimo a religione di Stato, non soloaveva ricevuto la nomina a imperatore romano mentre si tro-vava a York, ma nelle sue vene scorreva sangue inglese. La ma-dre Helena era una stabularia, una locandiera di facili costumie un’antica leggenda la riteneva figlia del re britannico Coilus.«Dio è inglese», proclamava raggiante il vescovo John Aylmer.

Nel 1618 si annunciavano tempi di guerra fra Spagna eOlanda. I pellegrini di Scrooby non si sentivano piú tanto si-curi a Leida. Non era solo la paura della guerra. Sognavanoun posto dove starsene soli, un luogo dove costruire la loroisola felice. Gli olandesi, pur essendo calvinisti, li avevano de-lusi. Invece del sabato biblico, mantenevano la domenica co-me festa del Signore. Lasciavano crescere i bambini liberi perstrada, invece di educarli con pugno fermo. Li abbandonava-no alla «dissolutezza e al pericolo per le loro anime». Gli in-glesi, orgogliosi delle loro origini e della loro lingua, temeva-no che anche i loro figli potessero prendere le brutte abitudi-ni di quegli stranieri. L’idea di una società multiculturale, co-me si dice oggi, non li convinceva neanche un poco. Avevanopaura di contaminare la loro purezza inglese. Piú avanti ve-dremo che una delle ragioni dello scontro con gli indiani fu lapaura di diventare selvaggi come loro.

Erano incerti dove andare. Avevano sentito che al di là del-l’oceano si aprivano spazi enormi. Ma circolavano raccontispaventosi riguardo ai popoli che abitavano quelle terre. Se-condo George Peckham, erano «persone molto crudeli, si ci-bano di carne umana e hanno denti enormi come cani». Unapubblicazione dell’epoca li descriveva come gente «selvaggia,crudele, barbara, molto infida: non si accontentano di uccide-re, ma si accaniscono a tormentare gli uomini nella manierapiú sanguinaria, li scorticano vivi con le conchiglie dei pesci,

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Il Nuovo Mondo

Da piú di dieci anni i pellegrini di Scrooby vivevano inOlanda. Altri esuli li avevano raggiunti e adesso a Leida eranoin cinquecento. Quasi tutti agricoltori e commercianti un po’spaesati ma tenaci e industriosi. Svolgevano gli unici mestiericonsentiti agli immigrati inglesi, la tessitura e il commerciodelle stoffe. Clyfton, il predicatore attorno al quale si era ra-dunato il primo gruppo, era defunto. La nuova guida religio-sa, John Robinson, era riconosciuto come un’autorità anche inOlanda. Teneva corsi all’università di Leida. William Brewstere il suo amico Edward Winslow pubblicavano un bollettinoreligioso pieno di insulti verso i capi della Chiesa inglese. Wil-liam Bradford, il ragazzino che la domenica andava a piedilungo la Pilgrims’ way, era diventato un giovanotto dotato diun’energia prodigiosa. Viveva fabbricando tessuti di fustagnoe aveva preso in moglie Dorothy May. La sera studiava. Stavaimparando da solo il latino, il greco e soprattutto l’ebraicoperché, diceva, «voglio vedere coi miei occhi le parole di Dionella loro originaria bellezza». Si sentiva destinato a grandiimprese. Ma anche la sua patria aveva una missione specialeda compiere, «l’Inghilterra è la prima nazione alla quale il Si-gnore diede la luce del Vangelo dopo le tenebre del papismo».E adesso l’Inghilterra aveva il compito di redimere l’umanità.

Il mito dell’Inghilterra come nazione eletta stava conqui-stando la mente di molti. Secondo un’antica leggenda, al tem-

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onore immeritato, poiché Amerigo Vespucci, figlio di un’ari-stocratica famiglia fiorentina, non era questo gran navigatore,ma un furbacchione di prima categoria. Si attribuí meriti nonsuoi e fece addirittura credere di aver scoperto il Mar dei Ca-raibi prima di Colombo.

Altri due italiani furono gli scopritori dell’America delNord. Giovanni Caboto, genovese cresciuto a Venezia, nel1497, solo cinque anni dopo il primo sbarco di Colombo, na-vigò verso le coste del Canada per conto del sovrano inglese.Trovò una grande isola con alte scogliere. Quando la descrissea Enrico VII, il padre di Enrico VIII, ne ricavò la ricompensadi 10 sterline. Il re cominciò a chiamare quell’isola «the newfound land», la nuova terra scoperta, divenuta poi Newfound-land, e cioè Terranova, davanti alle coste canadesi del Labra-dor. Il fatto straordinario è che l’Inghilterra considerava suaproprietà le nuove terre scoperte, e cioè semplicemente avvi-state dalla nave da un suo suddito.

I francesi impiegarono il navigatore toscano Giovanni daVerrazzano che nel 1524 veleggiò verso le coste atlantiche delNord America. Verrazzano scoprí un «luogo bello e ricchissi-mo di altissimi alberi». E ricordando la mitica regione dell’anti-ca Grecia «lo chiamammo Arcadia per la bellezza degli alberi».Anche in quel caso un disegnatore di mappe fece un pasticcio:dimenticò la «r» e scrisse Acadia, il nome con cui oggi è cono-sciuto quel superbo lembo di terra sulle coste del Maine.

Novant’anni dopo la scoperta dell’America, all’epoca diElisabetta, erano soprattutto gli spagnoli a controllare il nuo-vo continente. Lo stavano saccheggiando come voraci caval-lette. Gli inglesi non volevano piú stare a guardare. «Viene untempo per tutti gli uomini. E adesso si avvicina il tempo pernoi inglesi». Sono le parole dal tono biblico con le quali Ri-chard Hakluyt cercò di scuotere i suoi connazionali immersiin una «indolente tranquillità». Il momento era propizio. Gliinglesi erano inebriati dalla spettacolare vittoria sull’Armadaspagnola e Hakluyt li incitava a guardare a ovest. Figlio di unavvocato, Hakluyt faceva collezione di carte geografiche dise-gnate dai grandi navigatori e scriveva magnifici libri sui viaggioceanici del Cinquecento. William Shakespeare li studiò con

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tagliuzzano le loro membra e le mettono a cuocere pezzo apezzo sui carboni».

L’ideale sarebbe stata la Guiana. I racconti degli esplorato-ri l’avevano resa molto popolare. La decantavano come unaterra di sogno, ricca, piena di frutti e baciata dal sole tutto l’an-no. Da quelle parti però incrociavano le navi dei feroci spa-gnoli e c’era il rischio di finire nelle loro mani. Meglio affron-tare i selvaggi che gli spagnoli. Decisero di andare in America.Quel viaggio avrebbe cambiato il corso della storia.

Un nome ingiusto

Qualcosa di magico avvolge la fascia di terra dall’Atlanticoal Pacifico chiamata Stati Uniti d’America. Da piú di quattro-cento anni attira folle umane da ogni parte del mondo comeuna grande calamita. I primi coloni ci arrivarono navigando permolte settimane su piccoli velieri cigolanti. Al paragone, sonopiú sicuri i barconi sgangherati sui quali oggi si avventurano iclandestini. Viaggiavano pigiati «come aringhe in un barile»,scrisse un olandese che fece quella disumana esperienza. Ferdi-nando, il figlio di Colombo, partecipò al quarto viaggio di suopadre. «Con quel caldo e quell’umidità», racconta, «la nostragalletta era diventata cosí piena di vermi che, Dio mi aiuti, vidimolti aspettare l’oscurità per mangiare la zuppa preparata conquella per non vedere i vermi, altri si erano cosí abituati a man-giarli che non si preoccupavano neanche di tirarli via per il ti-more di perdere la cena, se fossero stati cosí delicati».

Ci fosse un po’ di giustizia su questo pianeta, il continenteamericano dovrebbe chiamarsi Colombia, anche se CristoforoColombo, quando fece il suo storico viaggio, era convinto diraggiungere le favolose Indie. È invece sorprendente che unprofessore di geografia di nome Martin Waldseemueller siariuscito a convincere il mondo intero ad adottare il nome Ame-rica. Nel 1506 disegnò una grande mappa con le nuove terrescoperte (è esposta alla Libreria del Congresso a Washington).Suggerí che «la quarta parte del globo, scoperta da Amerigo,si può chiamare Amerigo o Terra di Amerigo o America». Un

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lirvi una colonia della corona inglese. Cosí nell’estate del 1585le navi ripartirono lasciando sull’isola 107 coraggiosi pionieri.Nessuno seppe piú niente di loro. Forse morirono di fame oforse furono uccisi dagli indiani, la loro sorte è avvolta nel mi-stero. L’isola di Roanoke, uno dei grandi castelli in aria dell’e-poca elisabettiana, finí in tragedia.

Ma i piani di Raleigh incantarono la regina che elevò il suoprotetto al rango di cavaliere e accettò la sua proposta di chia-mare Virginia la terra da lui visitata, in onore della Virgin Queen.

Nonostante l’insuccesso, il sogno di una colonia nel Nuo-vo Mondo accendeva la fantasia degli inglesi. Hakluyt la ve-deva come la soluzione al dramma della povertà: «In Virginiac’è molta terra libera e nessuno la lavora, in Inghilterra nienteterra e molti senza lavoro». Sembrava un’idea brillante. Tra-sferire sull’altra sponda dell’Atlantico «una gioventú infiac-chita e dannosa a causa della mancanza di lavoro». Ripulire lestrade dal «mostruoso sciame di mendicanti», quelli che il poe-ta John Donne chiamava «oziosi e buoni a nulla». Si potevanoanche aprire i cancelli delle prigioni e imbarcare «persone ingrado di servire il loro paese e che per piccole ruberie sonoimpiccate ogni giorno in gran numero».

Per spingere la gente a partire, fu imbastita una campagnapropagandistica in grande stile. L’America era il paradiso, unaterra di grandi opportunità. In un sermone il reverendo DanielPrice la descrisse come «Tiro per i colori, Basan per i boschi,la Persia per gli oli, l’Arabia per le spezie, la Spagna per la se-ta, a parte l’abbondanza di fragole, minerali, rubini, perle, gem-me, uva, cervi, selvaggina, ortaggi, radici per coloranti, ceneriper far sapone, legname per costruire case, pascoli, fiumi perpescare, ed ogni altra cosa si possa desiderare». Thomas Gra-ves prometteva «viti abbondantemente cariche di grappolienormi». E un personaggio molto fantasioso garantiva: «Ab-bondanza di cinghiali selvaggi come da noi il bacon». Peccatoche di cinghiali in America non ci fosse nemmeno l’ombra.

Giacomo non aveva la visione grandiosa di Elisabetta. Co-lonizzare aspre terre lontane gli importava poco. Una delle ra-re volte che si occupò della Virginia fu quando chiese a lordSouthampton se davvero laggiú c’erano conigli volanti. «Sicu-

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cura prima di scrivere La tempesta. Altri spingevano a «parti-re immediatamente essendo noi il popolo speciale indicato daldito di Dio a prendere possesso di quella terra».

Le prime spedizioni degli inglesi non avevano lo scopo dicolonizzare l’America ma di aggirarla per raggiungere il leg-gendario Oriente profumato di spezie. Il genio marinaro diFrancis Drake cercava un passaggio a nord-ovest, una via d’ac-qua piú veloce della lenta circumnavigazione del Capo di Buo-na Speranza. Fu sir Humfrey Gilbert a concepire il primo pro-getto di una colonia. Si fece rilasciare dalla regina Elisabetta ilpermesso di «scoprire e occupare» nuove terre e stabilirvi leleggi dell’Inghilterra. Allestí cinque navi, reclutò muratori, car-pentieri, fabbri, e anche «minatori e raffinatori» utili nella ri-cerca di oro. Era convinto di trovare a ovest «una delle piúricche e sconosciute terre, per grazia di Dio riservata all’In-ghilterra». Nel 1583 raggiunse Terranova. Ma nel viaggio di ri-torno la sua piccola nave Squirrel finí in mezzo a una tempestae si spezzò in due. Il primo colonizzatore inglese era morto.

Il suo piano venne ereditato dal fratellastro Walter Ralei-gh, uno spirito quanto mai turbolento. Nato nel Devon, era«un uomo alto, spavaldo e di bell’aspetto, terribilmente orgo-glioso», racconta il suo biografo John Aubrey. Energico, arro-gante, roso dall’ambizione e privo di scrupoli, fece colpo sullaregina il giorno in cui «la vide camminare finché si fermò esi-tante davanti a una pozzanghera». Lui, riporta Thomas Fuller,«subito prese il suo lussuoso mantello nuovo di velluto e lostese per terra». Ammaliata da quel gesto e dalla eloquenza diRaleigh, Elisabetta ne fece il suo pupillo. E gli offrí i mezziper intraprendere la grande avventura.

Raleigh partí nel 1585 con due navi, la Tiger e la Elizabeth.Puntò verso le Canarie, raggiunse Puerto Rico, e poi iniziò larisalita spingendosi fino alle coste della Carolina. Navigò inmezzo agli isolotti Outer Banks e gettò l’ancora nelle calde ac-que dell’isola chiamata Roanoke, che oggi appartiene alla Ca-rolina del Nord. I marinai avvistarono cervi, conigli e ogni ti-po di uccelli. Rimasero impressionati dagli alberi, «i piú alti erossi cedri del mondo». Nell’aria si respirava una fragranza di«dolci e aromatici odori». Il posto sembrava ideale per stabi-

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1614 esplorò quello che è oggi il Maine, disegnò una cartamolto accurata con le coste frastagliate e le oltre duemila isole«cosí piene di fitti boschi, sorgenti, frutta, pesci e uccelli». Inun rapporto scrisse che quella terra gli sembrava una NuovaInghilterra. Coniò lui il nome. Volle imitare Drake che sullecoste del Pacifico aveva battezzato la Nova Albion.

Scese verso il Massachusetts e gli sembrò «un paradiso».L’entusiasmo fu tale da intenerire il cuore di quest’uomo ru-de. «Se vai in cerca di piacere, quale piacere può essere mag-giore di starsene sulla porta di casa, affacciato sul mare» e pe-scare «ogni sorta di eccellenti pesci»?

Smith dedicò i risultati delle sue scoperte al figlio del re, ilprincipino Carlo. Era il 1616. Gli presentò il suo libro De-scription of New England e la carta da lui disegnata, sulla qua-le comparivano «nomi barbari». Se «Vostra Altezza vuole com-piacersi di cambiarli con nomi inglesi, cosí i posteri potrannodire che il principe Carlo fu il loro padrino». Il piccolo princi-pe, giocando con il mondo a 16 anni, cancellò i nomi con cuigli indiani chiamavano i loro villaggi, baie e fiumi, promonto-ri e lembi di terra e li sostituí con nobili denominazioni ingle-si. Alcuni di quei nomi sono stati in seguito modificati, ma pa-recchi sono rimasti. È rimasto Ipswich, invece dell’indiano Sa-co. È rimasto Plymouth, a sud di Boston, un posto che gli in-diani chiamavano Accomack. Carlo pensò alla famiglia,chiamò un promontorio Cape Anne, in onore della madre, eun altro Cape Elizabeth, come sua sorella. Il fiume sul quale èsorta poi Boston dovette piacergli in modo particolare perchélo battezzò col suo pregevole nome. Ancora oggi tutti lo co-noscono come Charles river.

Toccò ad altri fondare le colonie nella New England, manessuno come l’altezzoso capitano John Smith aveva prepara-to il terreno per quell’impresa. Sbagliava però quando disse:«Non sono cosí ingenuo da pensare che qualcuno vorrà crea-re laggiú una comunità per un motivo diverso dalla ricchez-za». Il primo villaggio nacque per motivi religiosi, ad opera diun gruppo di emigranti ansiosi di adorare Dio a modo loro.

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ro», fece quello, serio. E poi sussurrò a un amico: «Non pote-vo deluderlo, queste stranezze gli piacciono».

C’era un altro motivo per il quale diffidava dell’America.Di lí era arrivato il tabacco. A Londra aveva preso piede fragli uomini di corte la moda di sbriciolare le foglie di questapianta esotica per riempire le pipe e gettare nell’aria volute difumo. Giacomo ne era schifato. Scrisse un violento Counter-blast to tobacco, col quale promosse la prima campagna con-tro il fumo. Deplorava «questo barbaro costume» di bruciare«questi pezzi d’erba del diavolo».

Un grande avventuriero

Il pensiero di Roanoke, la colonia perduta, pesava sul cuo-re degli inglesi. Ogni tanto partiva una spedizione alla ricercadi quegli uomini abbandonati su un’isola al di là dell’oceano.Ci aveva provato invano anche Francis Drake. Finché nel 1607salpò alla volta di Roanoke un personaggio veramente singo-lare, il capitano John Smith, che aveva 28 anni, passati in mez-zo a mirabolanti avventure, forse un po’ esagerate dalla fanta-sia e dalla tendenza dell’uomo a fare lo smargiasso.

A 17 anni si era arruolato come soldato di ventura e avevacombattuto contro i turchi. Uscito vivo da molti duelli era fi-nito prigioniero e spedito a Istanbul, dove aveva ucciso treguardie riuscendo a tornare in Inghilterra dopo viaggi avven-turosi. Quest’uomo spavaldo e borioso, con la testa e la facciacoperte da ispidi peli rossi, passò due anni sulle coste dellaVirginia alla ricerca della colonia perduta.

Era nato con le qualità dell’uomo della frontiera. Ma que-ste virtú non gli evitarono di cadere prigioniero degli indiani.Fu condotto davanti al capo Powhatan, il quale decise di farlodecapitare. Ma mentre si preparavano a giustiziarlo, la giova-ne figlia del capo, la mitica Pocahontas, «si gettò su di lui e losalvò dalla morte». Quella dolce fanciulla fece colpo sul capi-tano John Rolfe che la sposò e la condusse a Londra.

Smith ritornò senza aver trovato i coloni di Roanoke, mapreparò nuove avventure. Stavolta fece rotta verso nord. Nel

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Thomas Weston. Abituato a trafficare armi, Weston aveva giàconosciuto il gelo della prigione. Ora vedeva una buona op-portunità di guadagno. Convinse una settantina di affaristi,«gentiluomini, mercanti e artigiani», ad associarsi con lui perfinanziare il viaggio e ricavarne gli utili in futuro. Agli emi-granti impose pesanti condizioni. Per sette anni tutti i guada-gni derivanti da «commercio, negozi, trasporti, lavoro, pescao ogni altro mezzo, vengono messi insieme fino alla divisione»fra i coloni e i finanziatori. Al termine dei sette anni, le casenel frattempo costruite, le terre, tutti i beni mobili e immobilidovevano essere divisi «in parti uguali» coi finanziatori.

I pellegrini di Scrooby furono costretti ad accettare. Ave-vano già venduto tutti i beni e col ricavato avevano compratola Speedwell, una piccola imbarcazione, con la quale pensava-no di dedicarsi alla pesca, anche se nessuno di loro era praticodi mare. Bradford era tessitore, Isaac Allerton, John Hook eJames Chilton, sarti, Francis Cooke, John Tilley e William Hol-beck, cardatori di lana, Digory Priest, cappellaio, Thomas Ro-gers, venditore di tessuti, William Mullins, calzolaio.

C’era un brutto precedente. Ricorderete che Johnson, ma-rito dell’allegra Thomasine, ed Ainsworth avevano litigato e sierano separati. Nel 1618 tornarono insieme e coi loro seguacipartirono per il Nuovo Mondo. Circa duecento persone pigia-te su una piccola nave. Quasi tutte morte in un naufragio. Ilricordo di quegli sventurati era ancora vivo. Perciò il 22 luglio1620, al porto di Delfshaven, sessantasei membri della comu-nità di Leida salirono sulla Speedwell con l’angoscia nel cuore.Perfino gli olandesi venuti a salutarli avevano le lacrime agliocchi. «Ma loro sapevano di essere pellegrini, e non badaronotanto a queste cose, ma alzarono gli occhi al cielo». Si deve aquesta frase contenuta nel New England’s Memorial di Natha-niel Morton, publicato nel 1669, cioè cinquant’anni dopo, sefurono successivamente chiamati padri pellegrini.

Veleggiarono verso il porto di Southampton, dove li atten-deva una nave piú grande, la Mayflower, noleggiata da JohnCarver, un danaroso commerciante di Londra che aveva ab-bandonato da una diecina d’anni gli affari e si era aggregato algruppo di Leida. Nonostante il nome romantico, la Mayflower,

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Sulla Mayflower

I preparativi per la grande avventura durarono un paiod’anni. L’idea dei padri pellegrini era di stabilirsi a Sud, sullecoste della Virginia, dove gli inglesi, nonostante il disastro diRoanoke, continuavano a inviare missioni. Dall’Olanda parti-rono per l’Inghilterra due emissari allo scopo di convincere laCompagnia della Virginia a concedere il permesso di insediar-si su quelle coste lontane. Si occupò della faccenda sir EdwinSandys, simpatizzante puritano, uno dei promotori della Vir-ginia Company. Sandys si rivolse a sir Robert Naunton, anchelui di idee puritane, un pezzo grosso dato che pochi mesi do-po il re lo prese al suo fianco come segretario di Stato. «Malaggiú», obiettò il re, «come pensano di vivere?». E Nauntonrispose: «Con la pesca, maestà». «Dio protegga la mia anima»,proruppe il re in una delle sue espressioni piú garbate. «Misembra un modo onesto di vivere. Lo stesso mestiere degliapostoli».

Pur di ottenere la licenza, gli emigranti di Scrooby seguiro-no l’astuto consiglio che Jacob dava ai suoi: dite sí e poi fatecome vi pare. Firmarono una carta con la quale accettavano«obbedienza al re» e promettevano di mantenersi fedeli allaChiesa d’Inghilterra. Al di là dell’oceano chi li avrebbe con-trollati?

La notizia di inglesi pronti a colonizzare un lembo di terraamericana fece drizzare le orecchie a un lestofante di nome

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salata e pesci essiccati, farina d’avena, rape, montagne di gal-lette cotte al forno (dette hardtack), spezie di ogni tipo. Biso-gnava caricare tanto cibo da sfamare per almeno due mesi cir-ca 150 persone, fra emigranti ed equipaggio. E poi barili dibirra, vino, sidro. Quasi nessuno beveva acqua. La ritenevanodannosa per la salute. Non a torto. A quei tempi nei pozzi ve-niva gettato di tutto, perfino cadaveri.

Il vestiario comprendeva cappelli, berretti, camicie, sciar-pe, giustacuori (giacche maschili «giuste», cioè aderenti al cor-po, lunghe fino al ginocchio), panciotti, pantaloni di panno edi pelle, calze, scarpe, stivali, pezzi di stoffa per cucire vestiti.Il ciabattino William Mullins portava ventuno paia di scarpe etredici paia di stivali. Voleva venderle o cederle in cambio dicibo. La Bibbia di Ginevra era nelle mani di tutti. Bradfordne aveva una copia stampata nel 1592, è possibile ammirarlaal Pilgrim Hall Museum di Plymouth, in Massachusetts.

Il molo era un formicaio. Gli emigranti trascinavano pol-trone, sedie, sgabelli, madie, panche, tavoli di varie misure,cavalletti, lenzuola, coperte, culle, armadi, letti, comodini, ca-nestri, cassette di legno, bauli, palette e attizzatoi per il fuoco,cuscini, badili, zappe, e molti utensili come spiedi, bollitori,lampade a olio, candele, candelabri, smoccolatoi, ceste, clessi-dre, oggetti di peltro, piatti, boccali, scodelle per il porridge,secchi, tinozze. Anche utensili di legno come taglieri, vassoi,cucchiai, mestoli, tazze, boccali. E poi giare, scodelle di terra-cotta, brocche. Facevano parte della compagnia capre, peco-re, galline e due cani, un mastino e uno spaniel.

Partivano per un viaggio senza ritorno verso una terra sel-vaggia popolata da fiere e strani individui che si aggiravanomezzo nudi nei boschi. Si sarebbero trovati a vivere come l’uo-mo dell’età della pietra. Dovevano portarsi gli attrezzi per so-pravvivere e costruirsi case, zappe, picconi, vanghe, vari tipidi scuri, asce, martelli, chiodi, falci, seghe, armi, munizioni,piombo per fare pallettoni, barili di polvere da sparo.

Secondo i calcoli di John Smith, l’impresa costò non menodi 1500 sterline. Una cifra stratosferica per l’epoca. Ma al mo-mento della partenza mancavano i soldi per pagare i dazi por-tuali. Thomas Weston divenne furioso e giurò che non avreb-

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biancospino, era una vecchia nave cigolante, un tre alberi chepiú volte aveva solcato le acque del Baltico, su e giú dai portinorvegesi con carichi di pesce, legname e catrame. Negli ulti-mi tempi metteva le vele al vento per trasportare barili di vinorosso da Bordeaux a Londra. Era lunga circa 28 metri e pesa-va 180 tonnellate. Non era certo l’ideale per avventurarsi nel-le acque infide dell’Atlantico, spesso funestate da spaventosetempeste.

Prima di scegliere l’equipaggiamento Carver e Weston,l’impresario, andarono a consultarsi con l’arrogante capitanoJohn Smith, l’unico in grado di consigliare cosa era assoluta-mente necessario portarsi. Smith, che adesso si faceva chiama-re «ammiraglio della Nuova Inghilterra», propose di imbar-carsi anche lui sulla Mayflower come esperto di navigazione eabile nell’uso delle armi. Ma pretendeva una ricca ricompen-sa. Cosí lui stesso ci informa, un po’ seccato, che i pellegrinirinunciarono ai suoi servigi «per risparmiare, dicendo che imiei libri e le mie mappe bastavano ed erano molto piú eco-nomici di me».

Al posto di Smith, per garantire la sicurezza fu scelto My-les Standish, originario del Lancashire, un soldato di venturadi 36 anni, tozzo, «non alto, ma con muscoli d’acciaio», capa-ce di infondere un certo terrore. Non per questo Smith rifiutòdi dare consigli sul carico piú opportuno. «Un comandante»,disse, «dovrebbe provvedere per sé e la sua compagnia in ma-re letti, biancheria, armi e munizioni, prendere il suo tavolo abordo e un registro, e i seguenti cibi in quantità secondo il nu-mero delle persone: farina di grano, chiusa e ben impacchet-tata, riso, marmellata, zucchero, prugne, cannella, zenzero,pepe, aglio, olio, burro, formaggio olandese, aceto, vino delleCanarie, acquavite, vini buoni, acqua pura, succo di limone(contro lo scorbuto), biscotti bianchi, avena, prosciutto affu-micato o bacon, lingue di bovini secche, carne conservata nel-l’aceto, cosciotti di montone bolliti e sminuzzati, conservaticol burro in recipienti di terracotta». E inoltre «spremute, uvapassa, mandorle e canditi».

I rifornimenti furono fatti affluire sul molo di Southamp-ton. Carne di bue e maiale ben immersa nella salamoia, carne

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ri-chirurghi. A quel tempo il barbiere conosceva anche qual-che rudimento di medicina. Heale si portava dietro The Sur-geon’s Mate pubblicato tre anni prima da John Woodall il ca-po dei medici della Compagnia delle Indie Orientali. Il testodescriveva i guai piú comuni che potevano capitare su una na-ve, una gamba o un braccio rotto, lussazioni, infezioni varie, edescriveva l’uso di trentasei categorie di strumenti chirurgiciche consigliava di tenere sulle navi.

Un incidente storico

La traversata fu per molti un inferno. A causa dell’affolla-mento, alcuni furono costretti a dormire nella scialuppa, siste-mata sul ponte in mezzo ai cannoni. Minuscole cabine, sepa-rate da una semplice tenda, erano state costruite sui due latidella nave per un minimo di riservatezza. Le giornate passava-no tra preghiere, letture della Bibbia, giochi e canzoni per te-nere buoni i bambini. Ma quando pioveva si ritiravano tutti alcoperto in un ambiente buio, umido e sovraffollato.

Le impetuose correnti dell’Atlantico scuotevano la nave chefu presto colpita in pieno dalle tempeste. Le raffiche di ventoe gli enormi cavalloni impedirono per giorni di alzare le vele.Di colpo una trave di sostegno si spezzò gettando nel panicogli smarriti passeggeri. Un’ondata colossale scaraventò in ac-qua il giovane John Howland, «ma Dio gli fece afferrare ledrizze della vela di gabbia». Salvo per miracolo. Se fosse anne-gato l’America avrebbe adesso un altro presidente perché lafamiglia Bush discende dal pellegrino John Howland. Il viag-gio fu invece fatale a un marinaio, morí di scorbuto e il suocorpo fu affidato alle onde. Tre giorni prima dell’arrivo moríanche l’emigrante William Butten, giovane domestico e allievodel medico Samuel Fuller. Risollevò un po’ gli animi la nascitadi un bambino dato alla luce dalla signora Elizabeth Hopkins.Lo chiamarono Oceano, come il luogo in cui venne al mondo.

Era l’alba del 9 novembre quando avvistarono le aride du-ne di Cape Cod. Grande fu l’esplosione di gioia. La salvezzaera vicina e intorno alla nave danzavano balene. Puntarono

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be sborsato «neanche un penny di piú». Per ottenere il per-messo di salpare dovettero vendere una parte del burro.

Levarono le ancore il 15 agosto 1620. La Mayflower avantie la Speedwell dietro. Ma i problemi non erano finiti. LaSpeedwell si rivelò una nave troppo fragile, cominciò a imbar-care acqua e fu necessario tornare in porto. Trascorsero giorninel tentativo di ripararla, ma alla fine si decise di abbandonar-la e compiere la traversata con la sola Mayflower. La coman-dava Christopher Jones, che aveva messo in luce le sue qualitàdi marinaio nei mari del Nord. Era anche un ottimo progetti-sta di navi. I suoi disegni usati per costruire la Josian (nomedella seconda moglie) impressionarono molto re Giacomo, ilquale diede ordine di utilizzarli nella costruzione di nuoveunità della Marina inglese.

Presero il largo mercoledí 6 settembre, con vento favore-vole da est-nordest. Alcuni della Speedwell avevano rinuncia-to, ma un gruppo aveva insistito ed era stato necessario tro-vargli spazio sulla Mayflower. Erano centodue passeggeri, cin-quantuno uomini, venti donne, di cui alcune incinte, venti ra-gazzi e undici ragazze. I separatisti provenienti da Leida si era-no ridotti a quarantuno e l’impresario Weston, per mandarepiú coloni da cui cavare guadagni, aveva reclutato anche ses-santuno strangers, gli estranei, per lo piú avanzi di galera e po-veracci che fuggivano la fame in cerca di un pezzo di terra.Uno di loro, John Billington, non cambiò testa nemmeno nelNuovo Mondo: ammazzò un uomo e finí impiccato. I saints,gli eletti, inseguivano la libertà religiosa, gli strangers la ric-chezza, della religione gli importava un fico secco. Il primonucleo di americani nasce con la Bibbia in una mano e il fuci-le nell’altra.

I piú anziani erano uno stranger, James Chilton di 64 anni,e il saint William Brewster, della stessa età. Samuel Fuller, unodei saints, era esperto di medicina. Ma Thomas Weston avevacalcolato che un solo medico non bastava a tenere in buonasalute i trentaquattro uomini dell’equipaggio e i passeggeriche rappresentavano il suo tesoro. Aveva reclutato nella par-rocchia londinese di Saint Giles-in-the-Field il giovane GilesHeale, ammesso solo da un anno nella Compagnia dei barbie-

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Brewster, tutti accettavano di accordarsi e associarsi «in ununico corpo civile e politico», per emanare «giuste ed equeleggi, ordinanze, costituzioni e quegli atti o uffici che si riter-ranno piú opportuni e convenienti per il bene generale dellacolonia, e ai quali tutti ci impegniamo a sottometterci e a ob-bedire». Questo primo memorabile documento politico ame-ricano fu siglato sabato 11 novembre 1620. Una specie di pri-ma Carta costituzionale di una repubblica autonoma.

A Washington grandi quadri celebrano il mito dei pellegri-ni. Il pittore Robert W. Weir li ha immaginati al momento del-l’imbarco seduti in circolo, alcuni con la testa piegata, unocon la Bibbia sulle ginocchia e gli occhi al cielo.

Sopravvissuti

Come impiantare una colonia in una landa selvaggia? Unaquindicina di uomini, con in testa Bradford e il capitano My-les Standish, furono mandati in avanscoperta. Su una scialup-pa perlustrarono le coste alla ricerca del luogo piú adatto. Nel1741, e cioè centoventuno anni dopo, John Faunce era sicurodi aver individuato il luogo del loro primo approdo, un gran-de masso assurto in seguito a simbolo dei pellegrini col nomedi Plymouth Rock. In origine si trovava al largo, ma per deli-ziare i turisti lo hanno avvicinato alla costa.

Il posto era ideale. Una bella baia proteggeva il lembo diterra pianeggiante chiamato Plymouth sulla mappa di Smith.Si ritrovarono in mezzo a castagni, querce, pini, ginepri, be-tulle, agrifogli, viti, noci, fragole. Abbondava il sassofrasso,una pianta tenuta in gran pregio a quel tempo. Radici e cor-teccia erano vendute in tutta Europa come medicinali in gra-do di curare le malattie veneree. Animali, uccelli, pesci e losplendore della natura del Nord America erano tali che peroltre due secoli gli europei ne rimasero incantati mentre di-struggevano.

Scelto il luogo, tornarono alla nave dove nel frattempo lasignora Susannah White diede alla luce un bambino, il primonel Nuovo Mondo. Lo chiamarono Peregrine. Bradford inve-

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verso sud diretti dove sorge ora New York. Il permesso dellaCompagnia della Virginia gli consentiva di creare una coloniasotto il 41° parallelo, che includeva l’isola di Manhattan, allafoce dell’Hudson. Ma dopo mezza giornata di navigazione,sballottati dai cavalloni e da venti spaventosi, incapparono nel-le secche verso l’isola di Nantucket. Quell’incidente cambiò ilcorso della storia. Invece di proseguire, decisero di tirarsi fuo-ri da quella trappola prima che scendesse la notte. Risalironola penisola e l’11 novembre gettarono l’ancora. Dopo 65 gior-ni il viaggio era finito in un posto diverso da quello stabilito.

Se guardate una cartina, Cape Cod ha la forma di un brac-cio piegato col pugno chiuso. Quando furono costretti a tor-nare indietro, erano arrivati all’altezza del gomito. Risalironolungo il braccio, girarono intorno al pugno che formava unabaia riparata, e si fermarono dov’è adesso Provincetown. Eb-bero la sensazione di essere approdati su Marte. Contempla-rono le gobbe sabbiose della penisola e i loro cuori furono in-vasi dalla disperazione, l’ambiente era cosí diverso dalle verdie dolci colline inglesi. Non era affatto il paradiso che si aspet-tavano. «Non c’erano amici a dare il benvenuto né canti perconsolare e rilassare i loro corpi squassati dalle intemperie».

Cape Cod deve il nome a Bartholomew Gosnold, un corsa-ro di epoca elisabettiana. Partito da Terranova, nel 1602 era sce-so lungo la costa fino a questa striscia di terra. «Riempimmo»,racconta Gosnold, «la nostra barca con tanti di quei merluzziche ne dovemmo buttare una parte in mare. Cosí chiamammoquel posto Cape Cod». Cod vuol dire, appunto, merluzzo.

I pellegrini stavano per mettere piede sulla loro nuova ter-ra. Caddero in ginocchio e ringraziarono il Signore. Ma alcunistrangers, che non erano certo stinchi di santi, si ribellarono.Non volevano saperne di sottomettersi alle rigide regole di vi-ta dei puritani. Una volta a terra pretendevano di comportarsia modo loro. Ma un duro inverno li attendeva e serviva l’aiutodi tutti per non morire di fame. Questo valse a sopire i con-trasti e trovare un accordo. Si riunirono quarantuno maschiadulti e firmarono il famoso Mayflower Compact, un patto so-lenne con le regole per una civile convivenza. «Nel nome diDio», cominciava il testo, frutto in massima parte del vecchio

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Il bottaio John Alden sposò Priscilla Mullin e formaronouna coppia formidabile. Insieme andarono a fondare la cittàdi Duxbury. Sono gli antenati dei presidenti John Adams, JohnQuincy Adams e dell’ex vice presidente di Reagan, Dan Quay-le. Un po’ del loro sangue scorreva anche nelle vene del poetaHenry Wadsworth Longfellow il quale scrisse Il corteggiamen-to di Myles Standish, un romanzetto rosa sui suoi progenitori.Raccontava l’amore del rozzo Standish per la «damigella Pri-scilla, la piú leggiadra ragazza di Plymouth». Priscilla era mo-glie di Alden. Longfellow lasciava immaginare un triangolo.Un espediente letterario senza basi reali che però gettavaun’ombra di scandalo sulla vita severa dei pellegrini. E questobastò al successo. In un solo giorno a Londra ne vendetterodiecimila copie.

Indiani

Quattro mesi dopo l’arrivo dei pellegrini, si presentò al lo-ro accampamento un indiano di nome Samoset. Conoscevaqualche parola d’inglese perché aveva frequentato pescatoribritannici giunti fin laggiú a gettare le reti. Dopo Samoset si fe-ce vivo un altro indiano, Squanto della tribú Patuxet che addi-rittura aveva trascorso alcuni anni in Inghilterra. Nel 1614 ilcapitano di una nave, Thomas Hunt, un autentico filibustiere,aveva catturato alcuni indiani per venderli come schiavi a 20sterline l’uno. Squanto faceva parte della merce. Finí al servi-zio di sir Fernando Gorges, mercante e uomo d’affari che spe-rava di far fortuna nelle colonie. Quando Gorges inviò nel Nuo-vo Mondo una spedizione commerciale comandata dal capita-no Thomas Dermer, mandò anche Squanto che non tornò piúindietro. Raggiunse il suo vecchio villaggio e trovò la sua tribúcompletamente sterminata. In attesa di massacrarli con le ar-mi, l’uomo bianco aveva cominciato a decimare gli indiani con-tagiandoli con malattie perniciose. I pescatori inglesi gli aveva-no trasmesso virus contro i quali essi non erano immunizzati.Secondo gli studiosi il 90 per cento morí di vaiolo ed epatitevirale. Gran sollievo per i pellegrini. «La buona mano di Dio»,

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ce ebbe una brutta sorpresa. Sua moglie Dorothy era mortacadendo in acqua. Probabile che si sia uccisa sconvolta dal-l’ambiente inospitale. Il primo insediamento di Plymouth fuuna casa di legno, un riparo comune per trascorrere l’inverno.«Che cosa poteva sostenerli ora», si legge nella storia diBradford, «se non lo spirito di Dio e la sua grazia? … Quan-do andavano vagando per la landa deserta, lontani da tutti, enon trovavano città dove abitare, affamati e assetati, la loroanima era soverchiata».

Gennaio e febbraio furono terribili. Molti morirono difreddo, di scorbuto, di polmonite. Anche due o tre al giorno.Quando i primi segni della primavera cominciarono a manife-starsi i centodue pellegrini si erano ridotti a cinquanta. Deiminorenni, undici morirono. Anche i marinai erano dimezza-ti. Era morto il cuoco, il cannoniere, alcuni ufficiali, tre furie-ri. Lo stesso capitano Christopher Jones non si riprese mai epochi mesi dopo, tornato in Inghilterra, morí. La nave nontrasportò piú passeggeri, fece ancora qualche viaggio con cari-chi di merci, poi la vedova di Jones la vendette come legnameusato nella costruzione di una casa nel villaggio di Jordans nelBuckinghamshire.

Non c’era tempo per piangere i morti. Edward Winslow,rimasto vedovo, sposò subito Susannah White, che aveva ap-pena perduto il marito William. Fu il primo matrimonio. I pu-ritani non avevano tendenze romantiche, erano molto praticie il loro matrimonio era una semplice cerimonia civile. Il pri-mo matrimonio celebrato in America da un ecclesiastico ebbeluogo molti anni dopo, nel 1686. Winslow è l’unico pellegrinodi cui si è salvato un ritratto. Lo mostra con lunghi capelli on-dulati attorno alla faccia tonda, i baffi, il pizzetto alla D’Arta-gnan e un lampo d’arguzia negli occhi. Era la testa piú sottiledella colonia, abile negli affari e superbo negoziatore con gliindiani per le pellicce. Uomo pratico, con lui «la religione e ilprofitto camminano insieme». Scrisse Good newes from NewEngland, un opuscolo pubblicitario per invogliare altri inglesia trasferirsi. Negli anni successivi svolse missioni diplomati-che e commerciali in Inghilterra. Tornava con carichi di mer-ci. Diventò il piú ricco colono di Plymouth.

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A ottobre del 1621 un evento memorabile rallegrò la vitadei pellegrini. Il mais seminato in primavera adesso splendevain gialle spighe belle gonfie. Il primo raccolto in terra america-na. Le scorte per l’inverno erano assicurate e questo meritavaun’adeguata celebrazione. Invitarono gli indiani. Massasoit ar-rivò con novanta guerrieri e una buona provvista di cibo, pe-sci, tacchini, lepri e cinque cervi. Fu il primo Thanksgiving day,il giorno del Ringraziamento al Signore. Una profonda gratitu-dine, visto che il banchetto si rinnovò per tre giorni. Bradfordnarrò questi momenti di gioia e tutta l’impresa dei pellegrininella sua History Of Plymouth Plantation. Quest’opera vigoro-sa è l’Odissea degli americani. Racconta le peripezie dal picco-lo villaggio Scrooby al Nuovo Mondo con la certezza di stabili-re una colonia sotto la protezione divina. Il manoscritto fu sco-perto piú di duecento anni dopo. In base ad esso nel 1841Alexander Young scrisse le Cronache dei padri pellegrini. Quan-do descrisse il giorno del Ringraziamento si fece prendere unpo’ la mano. Affermò che «questo fu il primo Thanksgiving, lafesta del raccolto della Nuova Inghilterra. In questa occasioneessi senza dubbio festeggiarono con il tacchino selvatico e car-ne di cervo». Il libro di Young capitò nelle mani di Sarah Jo-sepha Hale, la segretaria di Abramo Lincoln. Fu lei a intuireche quel semplice rito poteva ben figurare tra i simboli dellafondazione della patria. Convinse il presidente a onorarlo conuna festa nazionale. E cosí, a partire dal 1863, il giorno del Rin-graziamento entrò nella mitologia degli Stati Uniti. Ma il graziea Dio per il raccolto si è trasformato in una celebrazione del-l’opulenza. Nessun americano ci vedrebbe una contraddizione,perché anche il benessere è un favore del Cielo. Il tacchino gra-direbbe molto essere esonerato dai festeggiamenti. Ma siccomeil vecchio Bradford ha lasciato scritto che quel giorno c’era«una grande quantità di tacchini», il pennuto è ormai associatoal Thanksgiving e deve avere la bontà di farsi tirare il collo.

Nell’America del capitalismo, il primo esperimento econo-mico fu di natura comunista. Bradford, la personalità domi-nante della spedizione, pensò fosse meglio tenere ogni cosa incomune, soprattutto i generi alimentari. Presto si rese contoche non funzionava e cambiò metodo. Per migliorare il rac-

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esultò Bradford, «ha agevolato il nostro inizio spazzando viaun gran numero dei nativi». Squanto era l’ultimo dei Patuxet.

La storia di Squanto è un mito nel mito. Quell’indiano fuun prezioso alleato dei pellegrini. Mostrò loro come piantareil mais, tanti buchi in fila e un chicco in ogni buco, fece vede-re come coprirlo e concimarlo con frattaglie di pesce. Ma ilsuo aiuto risultò davvero vitale nel favorire un approccio ami-chevole con Massasoit, Penna Gialla, capo della potente con-federazione indiana dei Wampanoag. Questo sachem, grandecapo, comparve in cima alla collina all’inizio della primavera.Accompagnato dal fratello e da sessanta guerrieri, manifestòatteggiamenti pacifici. Era un uomo dal fisico possente, dall’a-spetto grave e parco di parole. Portava addosso una pelle chelo lasciava mezzo nudo nonostante il freddo. Un lungo coltel-lo gli ciondolava sul petto legato con una cordicella, attornoal collo una collana di palline di osso bianco e, dietro le spal-le, una sacchetta di tabacco. La faccia dipinta di rosso e la te-sta luccicante di olio.

Senza Massasoit, forse i pellegrini superstiti sarebbero mor-ti tutti. Li aiutò a seminare, li sfamò e gli insegnò a catturarela selvaggina. Gli insegnò a coltivare vegetali sconosciuti aglieuropei, a distinguere quelli commestibili e a curarsi con leerbe medicinali, spiegò le tecniche di caccia e come prenderei pesci. Bradford gli era grato ma col tempo si convinse cheMassasoit era un’eccezione. In generale gli indiani gli sembra-vano infidi, bugiardi e ladri. A volte li mise gli uni contro glialtri per smascherare le loro menzogne. Al di là del piccoloinsediamento inglese, Bradford vedeva «un territorio senzapersone civilizzate, abitato solo da uomini selvaggi e brutali»,si sentiva circondato da una «natura selvaggia e ostile, affolla-ta di bestie feroci e uomini malvagi».

Un anno dopo, mentre stava morendo probabilmente divaiolo, Squanto chiese al governatore di «pregare perché po-tesse andare nel paradiso del Dio degli inglesi». Un terzo in-diano fu attratto dai pellegrini e rimase con loro piú di vent’an-ni. «Vive con noi», apprendiamo da Emmanuel Altham, «unindiano di nome Hobbamock, con la moglie e con la famiglia,piú di dieci persone, che è nostro amico e interprete».

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Il duca

Mentre i padri pellegrini cercavano di sopravvivere, in In-ghilterra i puritani inorridivano allo spettacolo offerto dallavita licenziosa del re. Aveva rimpiazzato Somerset con un gio-vanotto stravagante di nome George Villiers. Il vescovo God-frey Goodman lo descrive come «l’uomo dal corpo piú bellod’Inghilterra». Aveva capelli castani che scendevano a boccolilungo «una bianca faccia di bambola» con profondi occhi blu.Glielo aveva presentato l’arcivescovo George Abbot. Speravadi piazzare accanto al sovrano un suo uomo di fiducia. Si sta-va invece scavando la fossa. Dopo aver conquistato i favoridel re, Villiers si rivoltò contro l’arcivescovo, si alleò con i suoiavversari e Abbot si rese conto di aver «commesso lo sbagliopiú disastroso della vita».

Villiers era l’ultimo figlio di un gentleman della contea diLeicester rovinato dai debiti. Quando venne per la prima vol-ta al cospetto del re aveva 23 anni. Un bellimbusto fatuo e unpo’ insolente. Sapeva danzare come mai nessuno si era visto.Ma a parte il bell’aspetto, l’uomo che affascinò l’anziano renon aveva proprio niente di notevole. La regina Anne era l’u-nica ad aver capito che razza di serpente si nascondeva in lui.Consigliò ad alcuni cortigiani di non fidarsi: «Ha i modi di untraditore».

Attorno all’uomo che possedeva il cuore del re si raccolseuna cricca di intriganti rapaci. Francesco Bacone, il filosofo,

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colto decise che «ognuno seminava il mais per conto suo, inmaniera da contare su se stessi… e cosí fu assegnato a ogni fa-miglia un pezzo di terra…questo ebbe grande successo, tuttidivennero molto industriosi… adesso le donne andavano vo-lentieri nei campi a piantare il mais, mentre prima adduceva-no debolezza e incapacità».

Il 5 aprile la Mayflower era ripartita portando in Inghilter-ra la notizia dell’insediamento. Weston si aspettava già mercie vedendo la nave vuota andò su tutte le furie. Ma adesso lacolonia era installata e organizzò un altro viaggio. Inviò la For-tune che arrivò il 9 novembre con trentacinque pellegrini, fracui Philippe de la Noye, ugonotto francese che a Leida si eraaggregato al gruppo di Scrooby. Il suo nome fu inglesizzato inDelano e imposto poi a molti americani, tra essi Franklin De-lano Roosevelt.

Le navi cominciarono a fare la spola tra l’Inghilterra e lacolonia di Plymouth con una certa regolarità. Favorivano loscambio di merci e fungevano anche da servizio postale. Un’e-migrata cosí scriveva a una parente decisa a raggiungerla:«Porta carta e olio di lino per le finestre, stoppini per le lam-pade a olio… Porta acqua con semi di anice, succo di limonecontro lo scorbuto…Stai attenta a mettere i biscotti in scatoleche non prendano acqua».

John Carver, il primo governatore della colonia, era mortosei mesi dopo l’arrivo. Al suo posto fu eletto Bradford. Il ra-gazzino di Scrooby adesso aveva 31 anni, e salvo un breve in-tervallo mantenne la carica di governatore fino al 1657, quan-do morí rispettato da tutti come un vecchio patriarca.

Oggi sappiamo che l’inglese parlato in America è un po’diverso da quello in uso a Londra. È un inglese americanizza-to. L’introduzione di nuovi vocaboli sconosciuti alla linguaoriginale cominciò subito. Un rapporto inviato in Inghilterranel 1624 contiene la prima parola creata in America, swamp,indica il terreno paludoso fitto di cespugli tipico di alcune zo-ne della Nuova Inghilterra. Gli indiani ci si muovevano a loroagio e lo usavano come nascondiglio, ma gli inglesi avevanopaura di avventurarvisi.

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in otto anni gli permise di incamerare 101 mila sterline. An-che i pari sono una sua creatura.

Ma le entrate erano di gran lunga inferiori alle spese. Nel1619 il debito della corona era salito a 900 mila sterline. Quel-l’anno morí di idropsia la regina che aveva partorito otto figli.Non c’era in cassa neanche un penny per i funerali e bisognòaspettare due mesi e mezzo per la cerimonia di sepoltura. Lapovera donna aveva vissuto fin dall’inizio accanto a un uomosommerso dai debiti. Quand’era andato a prenderla in sposa inDanimarca, Giacomo si era fatto prestare i soldi per il viaggio.

Voleva dare una moglie al suo favorito, «cosí fanno deimarmocchi con cui posso giocare». Aveva scelto per lui Kathe-rine Manners, figlia del conte di Rutland. Il padre della ragaz-za era fieramente contrario a concedere sua figlia a quel de-pravato. Allora si mise di mezzo il vescovo John Williams. Tan-to brigò che riuscí a combinare il matrimonio. Williams, uncarrierista roso da un’ambizione sfrenata, sapeva che il favoredi Villiers apriva le porte alle piú alte posizioni nella Chiesa enello Stato. Uomo estremamente vanitoso, portava vestiti diseta e raso, e si pavoneggiava con in testa un cappello nero alarghe tese. Era leggendaria la sua residenza adornata con«giardini, alberi, orti, laghetti con pesci di ogni varietà». Uncronista dell’epoca ci informa che viveva «in una tale pompa ericchezza da eguagliare un cardinale romano nella raffinatezzadei pasti, con musica e servitú». A Westminster fece rivestiredi cedro le pareti della Jerusalem chamber. Aveva foderatocon quel sontuoso legno anche la cappella del Lincoln collegea Oxford, dove perfino il tavolo per la comunione, il pulpito euno splendido tramezzo erano di cedro. Chi vi entrava sentiva«nell’aria diffondersi un profumo che nemmeno l’acqua santanelle chiese romane lo supera».

Anche allora accadeva a un personaggio potente di caderein disgrazia. Capitò a Francesco Bacone, vittima di una Tan-gentopoli. Messo sotto accusa per aver concesso dei monopoliin cambio di tangenti, Bacone perse l’incarico di lord Cancel-liere e Buckingham non mosse un dito per salvarlo. Anzi, lui eWilliams si divisero le spoglie: il vescovo sostituí Bacone comelord Cancelliere e il duca si accasò a York House, la splendida

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definito «il padre della scienza moderna», andava pazzo per ibei ragazzi. Sir Simonds D’Ewes, un moralista puritano, rac-conta che adorava i suoi servitori scozzesi, «in particolare unocon una faccina molto effeminata». Bacone, definito daAlexander Pope «il piú saggio, il piú brillante e il piú misere-vole dell’umanità», corteggiò Villiers, si mise sotto la sua pro-tezione e grazie a lui divenne lord Cancelliere. Era deciso aconquistare i favori di Villiers anche il nemico di Bacone, ilgiurista puritano sir Edward Coke, il quale intascava mazzettedai cattolici per fargli togliere le multe dovute alla mancatapresenza nelle chiese anglicane. Ridusse sua figlia alla fame ela costrinse a calci a sposare il fratello di Villiers.

Giacomo sbaciucchiava in pubblico il suo favorito. A voltesi addormentava sulla sua spalla e gli sbavava addosso. Villierslo chiamava «Sua Maialità». Invece il re coniava per lui defini-zioni blasfeme: «Gesú aveva il suo Giovanni, io ho il mio Geor-ge». Solo il «suo George» gli poteva stare vicino. Gli altri do-vevano tenersi a distanza, altrimenti diventava una bestia. Ungiorno, mentre passava per strada, si radunò una folla di cu-riosi. Infuriato, il re si mise a strillare in dialetto scozzese: «Perle piaghe del Signore, ma che cavolo vogliono da me? Mi de-vo tirare giú le brache cosí mi vedono anche il sedere?».

In pochi anni fece di Villiers un uomo potente. Prima lonominò cavaliere, poi consigliere privato, barone, conte, mar-chese e alla fine duca di Buckingham. La sua ascesa fu cosí ra-pida che «sembrava piú un volo che una crescita». Villiers ar-rivò a detenere il controllo del regno. Il sovrano lo ricoprivadi regali: danaro, gioielli, residenze. Organizzava in suo onorefeste affollate di dame sontuose. Per allestire uno dei tanti ban-chetti luculliani furono messe al lavoro un centinaio di cuocheche impiegarono otto giorni a preparare milleseicento piatti,costati tremila sterline.

Il re scialacquava e i suoi forzieri erano perennemente vuo-ti. L’assegnazione di titoli nobiliari a pagamento era uno deisistemi ai quali ricorreva per incassare quattrini. Dopo appe-na un anno di regno aveva già nominato quasi mille nuovi ca-valieri in cambio di trenta sterline a testa. Inventava anchenuove onorificenze: nel 1611 creò l’ordine dei baronetti, che

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si. Vietato parlare di «predestinazione, elezione, reprobi e ef-fetto della grazia». Disse che «la dottrina della predestinazio-ne è la base del puritanesimo e il puritanesimo è la fonte ditutte le ribellioni». Proibí anche la stampa di libri di religionesenza la sua approvazione. Il pulpito era uno straordinariomezzo di comunicazione. Il re suggerí agli ecclesiastici di nonusarlo per censurare lui, ma per denunciare «l’insolenza dellenostre donne e la loro mania di portare cappelli a larghe tese,farsetti attillati e capelli corti o rasati».

In realtà il re era terribilmente spaventato dalle potenzecattoliche e cercava di tenerle buone, usando la religione co-me mezzo di politica estera. Avendo dato la figlia in moglie aun protestante, sperava ora di far sposare il figlio Carlo con lacattolica infanta di Spagna. Aveva avviato trattative segretecon Madrid e contava di ricavare da quel matrimonio non so-lo la pace e la restituzione del Palatinato al genero, ma ancheuna ricca dote.

Carlo era ansioso di conoscere la promessa sposa. E il 23febbraio 1623, in gran segreto, partí per la Spagna accompa-gnato da Buckingham. Quella di Filippo IV era la corte piúpomposa e formalista d’Europa. Quando videro arrivare queidue senza preavviso e senza un adeguato cerimoniale rimaserocosí scandalizzati che li isolarono in un’ala del palazzo e ce litennero come prigionieri per settimane. Finalmente li miseroal corrente delle severe condizioni imposte dalla corte per con-cedere la mano dell’infanta Maria. A Londra doveva essere co-struita per la sposa una grande chiesa, aperta ai cattolici ingle-si, ai quali andava concessa piena libertà di religione. I figlidovevano crescere cattolici e Carlo aveva l’obbligo di seguiregli insegnamenti di un cappellano per convertirsi. Con grandesorpresa degli spagnoli, il principe, accecato dalla passione,accettò le condizioni. Ancora però non gli facevano vedere «lamia signora». Esasperato, si arrampicò sul muro del giardino,riuscí a scorgerla, ma lei si prese uno spavento e fuggí via.

Nel frattempo a Londra la notizia si era risaputa. L’idea diun altro matrimonio spagnolo dopo quello disastroso fra Ma-ria Tudor e Filippo II allarmò i puritani. Lo stesso arcivescovoAbbot era contrario. Ma quando John Everard si permise di

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residenza del filosofo, di cui rimane oggi solo la Water Gateche segna l’ingresso ai giardini di Victoria Embankment.

Guerra di religione

La figlia di Giacomo, Elisabetta, era perfino piú sconside-rata del padre. Aveva sposato uno dei campioni del protestan-tesimo, Federico, elettore imperiale del Palatinato. Ma il pic-colo territorio nell’Europa centrale non soddisfaceva le sueambizioni. Istigò il marito a mettersi a capo dei protestanti te-deschi contro l’impero cattolico degli Asburgo. Ne scaturí unodei conflitti piú devastanti del continente europeo, la Guerradei Trent’anni, una guerra di religione fra cattolici e prote-stanti, una delle tante guerre civili fra europei. I nobili di Boe-mia offrirono a Federico la corona del loro regno protestante.Lui accettò ma l’imperatore Ferdinando lo sconfisse dopo po-chi mesi costringendolo a fuggire in Olanda. Cosí il sogno diElisabetta, «regina della neve» di Boemia, durò un solo inver-no. Discende da lei l’attuale famiglia reale britannica. Agli ere-di, tutti un po’ svitati, Elisabetta ha regalato due malattie ere-ditarie, la profirinúria del padre e l’emofilia. Ne soffriva laprincipessa Margaret, sorella dell’attuale regina.

L’altro figlio di Giacomo, Carlo, spingeva il padre a entra-re in guerra per restituire alla sorella le terre perdute. Ma il reera uomo di pace. La sorte della figlia e del genero lo accora-va, ma il timore di cacciarsi nei guai era piú forte. I vescovianglicani concordavano, non vedevano ragione di «morire peri calvinisti». Ma i puritani scorgevano segni apocalittici dap-pertutto, quella guerra di cattolici contro protestanti era perloro una lotta del male contro il bene. Il rifiuto del re a corre-re in soccorso sembrava a Richard Sibbes «il segno che i no-stri cuori sono morti». Lui e John Davenport raccoglievanofondi da mandare ai protestanti sul continente. Samuel Warde altri pastori riempivano i loro sermoni di critiche al re co-dardo. Giacomo li ammoní a non intromettersi in affari di Sta-to, cosa che equivaleva ad affari suoi. Con le «Istruzioni al cle-ro» del 1622 delimitò gli argomenti di cui potevano occupar-

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decisivo per la sua salvezza. Un po’ simile al credo cattolicoche fa dipendere la salvezza dalla fede e anche dalle opere, dauna condotta di vita meritevole. Ai puritani invece l’idea cheDio non era il regista delle vite umane suonava come un’offe-sa alla sua onnipotenza.

Le lezioni di Arminio all’università di Leida attiravano fol-le, ma gli altri teologi, tutti protestanti convinti della predesti-nazione, si ribellarono. Nel 1608 dovette difendere le sue dot-trine davanti all’assemblea degli Stati generali convocata ap-posta all’Aja. Pochi mesi dopo una grave malattia se lo portòvia a 49 anni. Gli avversari cercarono di far dimenticare le sueteorie. Ma quarantadue ministri chiesero al governo la prote-zione del pensiero di Arminio. I due partiti si propagarono intutta l’Olanda e lacerarono gli animi a tal punto che scoppia-rono scontri armati col rischio serio di una guerra civile. Pertrasmettere agli altri la volontà di Dio, gli uomini ricorronosempre allo stesso metodo: gli rompono la testa.

Fu evitato il peggio convocando, alla fine del 1618, un Si-nodo a Dort, in Olanda, dove affluirono i piú eccelsi teologiriformatori da Inghilterra, Olanda, Francia, Svizzera e Ger-mania, per esaminare insieme la dottrina di Arminio. Il puri-tano William Ames fece da moderatore. E alla fine fu lui a ti-rare le conclusioni di netta condanna degli arminiani. Derisela loro idea della grazia concessa a tutti: «Avete messo l’Onni-potente al servizio dell’uomo».

Al re Giacomo gli arminiani non erano mai piaciuti. «Per-dio», sbottò, «sono miserabili eretici». Ma poi cambiò idea. Dis-se di aver studiato meglio la dottrina arminiana e di averla tro-vata compatibile con l’opinione che lui si era fatta del destinoumano. Con la solita vivacità esclamò: «Perdio, se questo è pa-pismo, io sono papista». Lo aveva convinto Buckingham. Il du-ca inclinava decisamente verso il credo arminiano e cattolico.

D’altronde il re non aveva perso le speranze di raggiungereun accordo proprio con una potenza cattolica. Fallite le tratta-tive con la Spagna, volse l’attenzione verso la Francia. Semprealla disperata ricerca di denaro, pensò di ottenere una pinguedote facendo sposare il principe Carlo con Henrietta Maria, fi-glia di Maria de’ Medici ed Enrico IV, sorella di Luigi XIII.

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criticare in un sermone quel progetto di matrimonio, vennearrestato. Preoccupazioni inutili. A Madrid le trattative anda-vano male. Gli spagnoli pretendevano ora di mettere Carlo al-la prova per un anno, solo dopo gli avrebbero concesso la spo-sa. La missione fallí completamente: Carlo e Buckingham tor-narono in Inghilterra dopo otto mesi senza promesse di matri-monio, senza il recupero del Palatinato, e senza la dote per ivuoti forzieri del re.

Gli arminiani

Naufragato il progetto di una sposa cattolica, un nuovo al-larme agitò i cuori dei puritani. Stavolta la minaccia papistaveniva dall’Olanda attraverso il pastore Jacob Hemandzoon,detto Arminius. Ora perché ci dobbiamo occupare di questoolandese forbito nel parlare ed elegante nel vestire? Perché leidee di Arminio furono accolte con favore in Inghilterra e di-vennero la causa di una vera persecuzione contro i puritani,spingendoli ad abbandonare il loro paese per andarsene a crea-re uno su misura.

Arminio ci riporta indietro di trent’anni. Custodi delle ve-rità religiose, i teologi facevano un gran discutere sulla prede-stinazione. Alcuni erano certi che Dio aveva fatto le sue sceltegià prima di creare l’umanità: nella sua mente onnipotenteaveva selezionato gli eletti e i dannati. Altri intenditori attri-buivano a Dio un piano diverso: prima aveva creato gli esseriumani e aveva deciso la loro caduta, poi aveva catalogato glieletti e i dannati.

Mentre i piú rinomati esperti dell’opera divina si accapi-gliavano, spuntò fuori Arminio. Sicuro di aver capito megliodi tutti il progetto divino, nel 1604 disse che non bisognavadare troppo retta ai puritani e alla loro dottrina della predesti-nazione, perché Dio non è cosí crudele da condannare senzalasciare nessuna speranza, offre a tutti gli uomini la grazia equindi la possibilità di salvarsi. Cristo morí per tutti gli uomi-ni non solo per gli eletti. La sorte di ognuno dipende dal com-portamento. Non è piú Dio a stabilire tutto, l’uomo diventa

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puro». Riuscí perfino a entrare nelle grazie di Giacomo. Ungiorno che il re, accarezzando i suoi adorati cani, si domanda-va se «essi sono in grado di fare sillogismi», Preston ricorse atutta la sua eloquenza per dimostrare che i cani sono in gradodi ragionare. Il re ne fu cosí compiaciuto che lo ammise nelgruppo di potere. Preston aveva l’istinto di un politico e il ta-lento innato per l’intrigo. Come cappellano di Carlo influí sul-la politica interna ed estera. Fece collezione di importanti in-carichi. A soli 32 anni si ritrovò capo del prestigioso Emma-nuel college, il vecchio Chaderton fu costretto a cedergli il po-sto. Sfruttò la sua posizione per favorire i puritani. Organizzòservizi di spionaggio per controllare i cattolici sul continente.Cercò anche di trovare a Carlo una moglie gradita ai puritani.In un regime ostile riuscí a navigare alla grande.

Durante un sermone parlò della provvidenza divina che re-gola il mondo naturale e quello umano. Il mondo fisico seguele regole senza ribellarsi. L’uomo no. Si ribella al Creatore perreclamare autonomia. Cosí commette peccato, e «provoca lasua morte spirituale», dice Preston. Pendeva dalle sue labbrail giovane Thomas Shepard. Lo ritroveremo nella Nuova In-ghilterra, di cui diventerà una delle guide spirituali. Attraver-so di lui, Preston lasciò un segno sull’America. Ma nel 1628, a40 anni, quest’uomo astuto e pragmatico morí. I puritani per-sero un formidabile protettore.

Caduto Williams, salí agli onori il suo nemico numero uno,l’austero William Laud. Per cinque anni i due si erano guar-dati con paura e sospetto, badando a compiacre Buckinghame sparlando l’uno dell’altro. «Il duca», confidava Laud, «miha detto che una certa persona per invidia ha parlato male dime a Sua Maestà il re». Williams contava su amici potenti eaveva soldi per corrompere. Laud però era paziente. Ci misetre anni ma poi riuscí a farlo rinchiudere nella Torre. Giaco-mo poteva essere un fanfarone ma non era stupido: diffidavadi Laud. Quando Buckingham aveva chiesto per lui un altoincarico, il re gli aveva risposto: «Proteggilo pure, ma per l’a-nima mia, te ne pentirai».

Laud era nemico giurato dei puritani. Tutta la Riforma pro-testante era per lui una rovina della vera Chiesa. Quando in-

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Buckingham si recò a Parigi a trattare col furbo Richelieu, ilquale promise aiuti militari contro la Spagna, ma poi non man-tenne affatto gli impegni. Diede però il consenso al matrimonioche avvenne per procura. Impose le stesse condizioni richiestedagli spagnoli: sospendere le leggi anticattoliche, la sposa e i fi-gli dovevano essere liberi di seguire la religione cattolica.

Arrivò circondata da sacerdoti francesi e dame cattolicheche circolavano nel palazzo reale coi breviari in mano. Per pu-ra piaggeria verso quella volubile e capricciosa regina, alcunigentiluomini di corte si convertirono al cattolicesimo. Tuttiquei papisti sollevarono un’isteria popolare. In Inghilterra icattolici erano il male. Gli italiani, come custodi del cattolice-simo, erano ritenuti, insieme con gli ebrei, i manovratori oc-culti della storia umana. Tutto ciò che riguardava Roma sape-va di complotto e corruzione. Il simbolo di ogni nefandezzaera Machiavelli, definito l’Anticristo.

L’Anticristo è una figura che i puritani traggono dall’Apo-calisse, è l’ultimo nemico che Cristo deve abbattere prima deltrionfo finale. I puritani lo identificano col papa o, piú in ge-nerale, con la Chiesa cattolica.

Cortigiani

Nel marzo del 1625 Giacomo morí d’infarto. Fino all’ulti-mo gli era rimasto vicino il vescovo John Williams che ebbel’onore di pronunciare l’elogio funebre. Nientemeno paragonòil vecchio re al sommo Salomone. Non gli serví a nulla. Carlo,il nuovo sovrano, non aveva simpatia per il pomposo Williams,gli tolse l’incarico di lord Cancelliere con la scusa che era op-portuno un ricambio ogni tre anni. Peccato che il successore,lord Coventry, rimase al suo posto ben quindici anni.

Sulla carrozza reale che seguiva il funerale di Giacomo, ac-canto a Carlo sedeva il religioso puritano John Preston, unfurbacchione cresciuto alla scuola di Sibbes. Dal suo maestroaveva appreso i vantaggi di un atteggiamento ossequioso. Asua giustificazione diceva: «Puoi avere a che fare con tutte lecose mondane senza esserne contaminato, se il tuo animo è

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Brilliana, di pregare perché «Dio salvi la sua Chiesa». Ancheil vecchio arcivescovo Abbot, che aveva sempre guardato consimpatia i puritani, si ribellò e fu esautorato come il suo pre-decessore Grindal. Passò il resto della vita a ricevere «tutti gliscontenti della Chiesa e dello Stato».

Un re esteta

Carlo fu il re piú basso che abbia regnato in Inghilterra.Fragile, malaticcio, a 4 anni ancora non camminava. Doveva-no portarlo in braccio. Non gli pronosticavano lunga vita. Erail contrario del padre. Giacomo litigioso, amante del contra-sto. Lui riservato e restio a scontri verbali. Il padre sapevasempre tutto, voleva insegnare a «re e cardinali come compor-tarsi». Lui no, era balbuziente e odiava le controversie con l’a-stio di chi presume di conoscere la verità. Nel suo animo eraun cattolico. L’ordine, il fasto, la maestosità millenaria dellaChiesa di Roma lo affascinava.

Carlo era un esteta, amava la poesia, il dramma e soprat-tutto la pittura. Filippo IV gli aveva dato «il piú grande pre-mio di consolazione» regalandogli la Venere del Pardo di Ti-ziano. Nel 1627 inviò in Italia un emissario a comprare tuttala collezione del Duca di Mantova. Gli Stuart furono decisa-mente una famiglia di scialacquatori. Giacomo si indebitavaper i suoi favoriti. Il figlio Carlo sperperò una fortuna nell’ac-quisto di opere d’arte. Il nipote, Carlo II, gran donnaiolo, di-lapidò un patrimonio con le dame.

Nel 1630 il grande Peter Paul Rubens andò in Inghilterracome ambasciatore del re di Spagna. Carlo lo fece cavaliere egli commissionò la decorazione della sala dei banchetti di Whi-tehall per 6 mila sterline. Due anni dopo fece cavaliere ancheAntony van Dick. Mise insieme una galleria di capolavori fan-tastica che oggi arricchisce i musei di Londra. Spesso passavaore ad ammirarli, incurante dei ministri che attendevano inanticamera. Per incoraggiarlo ad abbracciare il cattolicesimo,il cardinal Barberini gli fece omaggio di opere di Leonardo,Correggio, Andrea del Sarto e Veronese. I cortigiani non capi-

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segnava a Oxford lo avevano preso per un papista e nessunogli dava piú «un cenno di saluto quando passava per strada».Ora Durham House, la sua residenza sullo Strand, divenne ilcentro di raccolta degli arminiani.

Basso e tarchiato, malato di dispepsia, ridicolmente super-stizioso, Laud era nato a Reading, nel Berkshire, il 7 ottobre1573. Figlio di un tessitore di stoffe, andava in bestia se qual-cuno gli ricordava le sue umili origini. Aveva 52 anni quandoCarlo lo chiamò fra i consiglieri personali, cosa che comporta-va una vera partecipazione al governo del regno. Laud com-pilò una lista degli ecclesiastici e la consegnò a Buckingham.Era divisa in due categorie, i buoni e i cattivi, sotto la O gliortodossi o arminiani e con la P indicò i puritani, inaffidabili.

Profonde divisioni si aprirono nella Chiesa d’Inghilterra.Alcuni vescovi cominciarono a predicare in favore dell’armi-nianesimo suscitando l’ira del parlamento che decise di punir-li. Il re intervenne subito a salvarli. Non solo li perdonò, li pro-mosse anche. Fu l’inizio di un aspro braccio di ferro fra CarloStuart e il parlamento. Alla fine il sovrano ci rimise la testa.

Fra tutti gli ecclesiastici carrieristi il piú odiato dai puritaniera Richard Montague. Lo accusavano di diffondere «la dot-trina infetta e corruttrice» dell’arminianesimo, un modo sub-dolo per introdurre il cattolicesimo. Era stato cappellano di reGiacomo. Insegnava a non credere nella predestinazione e nonvedeva significative differenze fra Canterbury e Roma. Si eraperfino pronunciato a favore di un’inquisizione contro i puri-tani. Una delle liti si accese sulla questione delle decime. Se-condo lui, la Bibbia dice chiaro che Dio in persona impone dipagarle. Ma John Selden lo sbeffeggiò: non credeva che luidovesse pagare le decime solo perché Abramo le aveva pagatea Melchisedec. Insieme col vescovo Richard Neile, Montaguecapeggiava un piccolo ma agguerrito partito nella Chiesa. Fa-ceva assegnare agli affiliati posti di assoluto rilievo. «Gli armi-niani», lamentavano i puritani, «hanno tutti i migliori incari-chi in Inghilterra».

Nonostante l’ira del parlamento Carlo nominò Montaguesuo cappellano e vescovo. Sconvolto, sir Robert Harley racco-mandò alla sua terza moglie, che portava il radioso nome di

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È un re disperato. In cambio dei fondi è costretto ad ac-cettare una petizione dei parlamentari, la Petition of Rights,che conferma quattro libertà: non essere arrestati in modo ar-bitrario, niente tasse senza l’approvazione del parlamento, nes-sun obbligo di alloggiare truppe nelle proprie abitazioni eniente legge marziale. Per non perdere danaro il re si inchinaalle pretese del parlamento. L’alleanza fra puritani e giuristigli sta sottraendo una parte dei suoi poteri. Ne fa le spese an-che Buckingham. Sir Edward Coke, quello che aveva costret-to a botte la figlia a sposare il fratello del duca, adesso gli si ri-volta contro. In piena assemblea scandisce che «il duca è lafonte di tutti i nostri mali». Un coro gli fa eco: «È lui, è lui».Si leva su tutti la voce del parlamentare Thomas Scott a direche è dovere di «coscienziosi puritani disobbedire agli ordinidi un re indegno». Mentre in passato era considerata offensi-va, adesso la parola puritani diventa un segno di orgoglio.

Il 23 agosto 1628 Buckingham accorse a Portsmouth perpreparare la nuova missione a La Rochelle. Aveva preso allog-gio in una locanda, un edificio che oggi ospita uno studio le-gale. John Felton, un ufficiale di Marina, piccolo, coi capellirossi, attese che finisse di fare colazione. Quando lo vide usci-re, gli si parò davanti e gli infilò un coltello nel cuore. Si eravoluto vendicare perché Buckingham aveva impedito il suoavanzamento di grado. L’uomo piú odiato d’Inghilterra eramorto. «Raramente», scrive Hugh Trevor-Roper, «un delittopolitico è stato accolto con maggior giubilo generale». Unafolla festante invase le strade. A Londra spararono fuochi d’ar-tificio per tutta la notte. L’assassino era riuscito a dileguarsi,ma di fronte a quell’esplosione di entusiasmo, Felton si sentíun eroe che aveva liberato il paese da un orribile mostro. Eorgogliosamente si vantò del suo gesto. Lo arrestarono e, men-tre lo portavano via, la gente lo acclamava Piccolo Davide.Non gli evitò di finire sulla forca.

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vano perché il re perdesse tanto tempo con un mucchio di «te-le da quattro soldi e teste di marmo col naso rotto».

Nonostante fosse stato l’amante del padre, Carlo si tenneBuckingham. Tutti e due ardevano dal desiderio di vendicarsidella Spagna. Lanciarono una vera crociata nel tentativo di ri-conquistare il Palatinato. Il parlamento accordò i fondi peruna spedizione navale. Il re vendette terre della corona e fecericorso perfino alla dote della regina. Tutto sprecato. L’assolu-ta incompetenza militare di Buckingham fece fallire la missio-ne a Cadice.

Indignati per questo smacco, i membri del parlamento esi-gevano l’impeachment del duca. I puritani sir John Eliot e Tho-mas Digges dipinsero Buckingham come un novello Seiano.Ciò implicava che Carlo era il truce Tiberio. Il re se la prese amale e li fece rinchiudere nella Torre. Sul piano personale, però,ci rimise anche lui. Aveva punito dei parlamentari per le lorocritiche, aveva negato la libertà di parola per salvare Buckin-gham. Ma i deputati, specialmente quelli puritani, erano moltogelosi dei propri privilegi. Carlo commetteva un errore a urtar-li. Reclamavano come loro diritto poter deporre un sovranoincapace. Col tempo riuscirono a mettere il re sotto scacco.

Volendo preparare una nuova azione militare, Carlo sitrovò a corto di fondi e fu costretto a imporre un prestito for-zato. Piú di settanta gentiluomini si rifiutarono di pagare evennero imprigionati. Questo inasprí ancor piú lo scontro conla Camera dei Comuni, dove si domandavano se il re avesse ilpotere di raccogliere fondi senza l’approvazione del parlamen-to. Se va avanti cosí, dicevano i deputati, «sottoponiamo noi ei posteri a una schiavitú perpetua di essere tassati a piacere esenza limiti».

I fondi raccolti con la tassazione forzosa furono investiti inuna spedizione di Buckingham all’isola di Rhé per bloccare lenavi francesi e spagnole. Era l’autunno del 1627. L’operazionesi risolse in un clamoroso disastro. Carlo non si diede per vin-to. Nel marzo del 1628 convocò per la terza volta il parlamen-to. Voleva ottenere la concessione di finanziamenti per unanuova missione. Stavolta bisognava correre in aiuto degli ugo-notti a La Rochelle.

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te un angolo del tovagliolo, come un bambino che spia in unnido d’uccelli nel bosco, e lo coprí di nuovo e arretrò di due otre passi e poi si inchinò molto lentamente verso esso e il tavo-lo. Dopo aver guardato il pane, si avvicinò e aprí di nuovo iltovagliolo e si inchinò come prima. Poi stese le mani verso ilcalice dorato che era pieno di vino. Subito dopo aver portatoil calice un po’ piú vicino a lui, lo lasciò, indietreggiò e si in-chinò di nuovo tre volte verso di esso. Poi si avvicinò di nuovoe sollevando la copertura del calice, ci guardò dentro. E ve-dendo il vino lasciò cadere il coperchio di nuovo, tornò indie-tro e si inchinò di nuovo. Dopo questi e altri scimmieschi gestila piantò e diede i sacramenti a qualche persona di riguardoche devotamente era inginocchiata attorno al tavolo».

Laud intende la religione come fasto e cerimonie, i purita-ni ne fanno un sentimento da coltivare nel proprio cuore. Abi-le gestore del potere, col tempo Laud crea una rete di uominidi fiducia. Eleva Francis Windebanck a segretario di Stato epoi piazza accanto al re come segretario privato un altro suouomo, William Juxon. «Posso avere uno di cui fidarmi vicinoa Sua Maestà, casomai mi sentissi debole o infermo».

Quando la regina mette al mondo il primogenito, chiama-to Carlo come il padre, Laud lo battezza secondo il rito catto-lico. Con straordinaria energia continua a rendere la vita im-possibile ai puritani. Essi aggirano il divieto di stampare laBibbia di Ginevra. La confezionano in Olanda e poi la impor-tano. L’implacabile vescovo proibisce anche l’importazionecon la scusa che arreca danno agli stampatori inglesi, cosa po-co patriottica.

Proibisce i sermoni e comincia a destituire tutti i ministriche rifiutano la cotta e i riti davanti a un altare. Alexander Lei-ghton, un puritano superfanatico che aveva scritto un librettodove condannava l’istituzione dei vescovi come «anticristianae satanica», fu portato a casa di Laud e poi in prigione. Lorinchiusero in una cella senza soffitto dove pioveva e nevica-va. Mentre lo conducevano al patibolo, gli diedero trentaseifrustate sulle spalle nude e «messo alla berlina per due ore inun giorno di novembre gelido e nevoso, colpito in faccia, colnaso rotto, lo riportarono in prigione dove morí».

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L’offensiva del vescovo

Buckingham era morto, ma la stella di William Laud era inpiena ascesa. Laud, che definiva il parlamento «quel fastidio»,divenne vescovo di Londra al posto del vescovo Mountain,mandato nel Nord, a Durham. Il poveretto la prese come «unamorte civile». Disse che lí il freddo lo avrebbe ucciso.

Sotto la regia di Laud riappaiono nelle chiese organi, statuedi santi, quadri di vita religiosa, vetrate dipinte e tutti gli anti-chi rituali. Con la scusa che ci si sedevano sopra i bambini equalche cane ne abusava, il tavolo della comunione viene toltodi mezzo. Si ripristina l’altare. Laud vuole camminare sulle«antiche strade», cerca di rinsaldare l’autorità del re e dellaChiesa. Un vivido racconto di come si comporta ce lo ha la-sciato William Prynne, un eccentrico avvocato puritano cheingaggiò con il potente prelato una lotta personale. La scena sisvolge nella chiesa di St. Catherine a Londra. «Quando il ve-scovo si avvicinò al tavolo della comunione, si inchinò con ilnaso molto vicino al piano del tavolo sei o sette volte. Poi andòa un angolo del tavolo e si inchinò tre volte, poi al secondo eterzo angolo inchinandosi sempre tre volte. Ma quando arrivòall’angolo del tavolo dove erano il pane e il vino, si inchinò set-te volte, e poi, dopo aver letto molte preghiere, mentre duepanciuti cappellani gli stavano accanto, inginocchiati accanto alui con addosso le cotte, cappucci e mantelline, lui si avvicinòal pane avvolto in un bel tovagliolo. E allora sollevò gentilmen-

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la religione, che alla fine diventerà un formidabile strumentodi lotta.

La storia dell’Inghilterra è a una svolta. Il vento della pro-testa sollevato al tempo di Elisabetta è diventato un uragano.I dissidenti puritani piú radicali sono in piena ebollizione. Laloro carica emotiva potrebbe sfociare in una rivoluzione. Maper fortuna del re, trova un’altra valvola di sfogo: se ne vanno,emigrano. Non è una fuga, è una rivolta contro la tirannia e ilmalcostume. La situazione si era fatta «cosí intollerabile», ri-corderà in America Thomas Shepard, «che le coscienze deisanti e devoti di Dio non potevano piú sopportare». Meglioandarsene a creare una colonia dove vivere secondo i propriprincipi religiosi. Numerosi puritani stanno per avventurarsisulle acque dell’oceano. Sono persone energiche, risolute edotate di capacità non comuni. Una vera fuga di cervelli. Laprima verso il Nuovo Mondo.

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Lo sceriffo puritano di Chester si procurò il volumetto diLeighton dall’unico rivenditore della città, il quale disse che«è vietato pubblicare libri puritani ma appena ce n’è uno i no-stri cittadini lo comprano». L’acquisto costò caro allo sceriffo.Lo arrestarono. Fu condannato a una multa di diecimila ster-line. Messo alla gogna, lo frustarono, gli tagliarono orecchie enaso e lo marchiarono a fuoco in faccia con due SS, che nonerano un’anticipazione della milizia hitleriana, ma Sower of se-dition, seminatore di sedizione. Cosí conciato lo buttarono inprigione a vita.

Di fronte agli eccessi di Laud, il parlamento reagisce. SirJohn Eliot fa approvare una risoluzione in base alla qualechiunque cerchi di introdurre papismo e arminianesimo è un«nemico capitale del regno e della comunità». E cioè Carlo èil peggior nemico di se stesso. Siamo nel marzo del 1629. Ungiovane deputato con la faccia segnata da alcuni porri si sca-glia contro il vescovo Richard Neile, lo accusa di aver impostoal clero della sua diocesi rituali «completamente papisti». Quelgiovane puritano, la cui voce risuona per la prima volta, sichiama Oliver Cromwell.

La seduta del parlamento viene aggiornata piú volte in unclima di crescente astio verso Laud e il re. Finché l’assembleadiventa cosí tempestosa che lo speaker, lord John Finch, cercadi sospendere la seduta. Ma le braccia muscolose dei deputatiHolles e Valentine lo inchiodano sulla sedia e inutilmente luipiange e supplica. Lo obbligano a continuare e a prendere no-ta di tre risoluzioni contro l’arminianesimo approvate fra urladi gioia. Ma le luci dell’entusiasmo stanno per spegnersi. Ilpoco paziente Carlo manda le guardie reali che fanno irruzio-ne e trascinano i capi puritani alla Torre. Il sovrano scioglie ilparlamento, proclama che «i principi non sono tenuti a darconto delle loro azioni, ma rispondono solo a Dio», e nei suc-cessivi undici anni regnerà da solo. Eliot finisce nella Torre eci muore. Per vendetta il re impedisce ai parenti di trasporta-re il suo corpo a seppellirlo in Cornovaglia.

Carlo si trasforma in despota. Reprime gli spiriti piú nobi-li del suo paese, ma lo scontro con gli avversari è solo rinvia-to. I capi dell’opposizione sono uniti da un vincolo comune,

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cosa è capace di fare un puritano pieno di slancio e fiducianel buon Dio. Adamo aveva ricevuto dal Signore il compito dicoltivare il giardino. Nonostante la caduta, il compito non ècambiato: bisogna lavorare. Lo presero in parola. Ricostruiro-no le case e fecero una Dorchester piú bella di prima, e santa«come una nuova Gerusalemme». White raccoglieva fondicon le collette, toglieva i poveri dalla strada e li metteva a la-vorare. Diresse le operazioni per costruire scuole, ospedali,un orfanotrofio, un ospizio per i vecchi. Dorchester divenneun esempio e la sua fama si diffuse in tutto il regno. Il succes-so convinse gli abitanti che Dio aveva gradito. Cosí quando reGiacomo emanò la Dichiarazione degli svaghi i cittadini diDorchester la ignorarono. White fece chiudere le taverne, luo-ghi di risse, abolí le feste, cancellò il teatro. Adesso la chiesaera piena ogni domenica. E le nascite prima del matrimonioerano quasi del tutto sparite. Per i piú incorreggibili fece co-struire una prigione sul cui ingresso pose la scritta: «Pensacibene, il monito è questo/ il peccato porta in prigione e la pri-gione sulla forca».

Al tempo del viaggio dei padri pellegrini, White non avevaancora 50 anni ma già tutti lo conoscevano come «il patriarcadi Dorchester». Ora dalla Nuova Inghilterra arrivavano noti-zie incoraggianti. Sotto la guida di Bradford, la colonia di Ply-mouth si era stabilizzata, un pugno di uomini aveva domato lanatura e la fame, dimostrando che l’impresa era possibile. Co-minciarono a circolare autentici manuali per i futuri emigran-ti. «A ovest», scriveva William Morrell, «a migliaia di leghec’è una terra spaziosa e sconosciuta. Pianure e colline con sor-genti e animali da preda, la luce dolce, l’aria buona il cui sof-fio riempie lo spazio fino alla volta celeste».

White osservava l’attività dei pescatori delle coste meridio-nali. Passavano la primavera e l’estate nelle acque di Terrano-va e della Nuova Inghilterra, in autunno tornavano con le im-barcazioni cariche di pesce essiccato. Perché non dargli unabase d’appoggio al di là dell’oceano? I costi si sarebbero ri-dotti. Ne parlò con i mercanti della compagnia West Countryche accolsero l’idea con entusiasmo. Fu cosí che White co-minciò a pianificare un insediamento permanente nella New

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La Compagnia della Baia

John White non emigrò in America, ma fece un tale lavorooscuro di preparazione che William Hubbard, uno dei primistorici della Nuova Inghilterra, lo considera «uno dei padrifondatori della colonia del Massachusetts». Ministro purita-no, rettore dell’Holy Trinity Churh di Dorchester, nel Dorset,White era un moralista rigoroso. Aveva inculcato nei concitta-dini la mania di spiarsi a vicenda. Ogni piccola mancanza erabuona per una denuncia pubblica del colpevole. Lo zelo eratale che perfino marito e moglie si sorvegliavano.

Severo ma non triste, White amava i piccoli piaceri dellavita. Gustava volentieri un buon boccale di birra ed era dota-to di un certo humour che si esprimeva in frequenti battute dispirito. Ma soprattutto era un personaggio con una vitalitàvulcanica. Dorchester era una cittadina tutta raccolta all’inter-no delle antiche mura romane. Formata per la maggior parteda tuguri di legno e capanne con tetti di paglia. Nel 1613 unospaventoso incendio la ridusse in cenere. White riuní gli afflit-ti abitanti e disse che quel castigo se l’erano meritato. Dio liaveva puniti a causa della loro corruzione. Pochi frequentava-no la chiesa, la maggior parte aveva l’abitudine di bestemmia-re e dedicarsi a giochi e passatempi, troppi si aggiravano perle vie ubriachi.

Alla fine del sermone, White pronunciò parole di speran-za. Se erano disposti a cambiare vita, lui avrebbe dimostrato

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puritano conte di Warwick. Dei quarantuno soci fanno partesir Richard Saltonstall e Isaac Johnson, due futuri emigranti.Fra gli azionisti figura perfino il pastore Hugh Peters, un te-merario che in seguito ebbe l’ardire di consigliare alla reginadi «abbandonare l’idolatria, illuminare il cuore del re e rive-largli le cose necessarie per il buon governo del suo regno».Fu costretto a fuggire a Rotterdam. Di lí emigrò nella NuovaInghilterra, ma poi, come vedremo, tornò a Londra e fu unodei massimi agitatori della rivoluzione puritana.

La Compagnia della Nuova Inghilterra affida a John En-decott l’incarico di raggiungere Conant e mettere le basi di uninsediamento stabile. Il capitano Endecott, gagliardo soldatooriginario del Devon che tanti uomini ha dato alla New En-gland, s’imbarca verso la fine di giugno 1628 sulla Abigail. Hacon sé una cinquantina di pionieri partiti con l’idea puramen-te commerciale di inviare in patria carichi di pesci, pelli di ca-storo, legno, sassofrasso, seta. Ma Endecott è spinto soprat-tutto dal dovere di «insegnare a leggere ai bambini indiani einculcargli i principi della vera religione finché sono piccoli».

Endecott trovò di suo gradimento il posto scelto da Co-nant. Ma gli cambiò nome. Invece di Naumkeag lo ribattezzòSalem, vuol dire portatore di pace, e suona abbastanza ironi-co se pensiamo che in seguito fu teatro della tragedia dellestreghe. Endecott era un prepotente un po’ ottuso. Conant,spirito libero, non lo sopportò a lungo. Radunò i suoi amici ese ne andò a fondare il villaggio di Beverly sul Bass river. Unpiccolo gruppo i cui discendenti diedero vita a dinastie di im-prenditori, commercianti e letterati, i Palfrey, Woodbury, Bal-ch, Gray, Gardner.

Nel giro di un anno White mandò a Salem nuovi coloniz-zatori, trecento uomini, ottanta donne e ventisei bambini concentoquaranta capi di bestiame. Tutti poveracci in fuga dallafame. Il paese era alla rovina. Perfino la grande risorsa dei tes-suti adesso languiva. La specialità inglese, le Old draperies, pe-santi stoffe di lana, venivano soppiantate dalle New draperies,piú leggere ed economiche, prodotte nei paesi mediterranei.La miseria riempiva le strade di vagabondi e lestofanti, «fan-tasmi sotto forma di uomini». «Molti qui», lamentava White,

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England, nella zona di Cape Anne. Pensava di creare depositidi sale e magazzini per lo stoccaggio del pesce. L’idea piacqueal punto che ben centoventi facoltosi mercanti, ecclesiastici,proprietari terrieri e parlamentari si misero insieme e forma-rono la Compagnia di Dorchester. Fra tutti si mise in luce peril suo fervore la signora di simpatie puritane Elizabeth Poole.In seguito emigrò nel Massachusetts dove fondò un villaggiodandogli il nome del suo paese d’origine, Taunton.

Salem

L’impresa commerciale non ebbe fortuna e nel 1626 si sciol-se. Una trentina di ardimentosi mandati a formare una based’appoggio si ritrovarono abbandonati sulle coste del Massa-chusetts. Li guidava Roger Conant, un trentaquattrenne delDevon, che cercò di rompere il suo isolamento unendosi aipadri pellegrini a Plymouth. Ma il loro rigido moralismo gliriuscí insopportabile e se ne andò a passare l’inverno del 1626fra i ghiacci di Cape Anne. A primavera lasciò le rocce di gra-nito e seguendo una pista indiana lungo la costa si fermò inun posto chiamato dagli indiani Naumkeag. Coi compagni die-de vita a un piccolo insediamento. Si era innamorato di quellaterra. Attraverso i pescatori fece arrivare in Inghilterra un gri-do d’aiuto. La base da lui creata in America meritava di esseremantenuta e sfruttata. Il suo appello suscitò l’interesse di varigentlemen. Ne discussero nella residenza del conte Theophi-lus Clinton, animatore di un circolo puritano nel Lincolnshi-re, una delle zone piú turbolente dal punto di vista religioso.Thomas Dudley, l’amministratore dei beni del conte, uno deicapi della futura emigrazione, ci racconta che nel 1627 «alcu-ni amici ritrovandosi insieme nel Lincolnshire, finirono colparlare della Nuova Inghilterra e di instaurare lí il Vangelo».

Nata come impresa commerciale, l’avventura americanacomincia ad assumere carattere religioso. Si è rimesso in motoanche John White. Con alcuni mercanti londinesi fonda unasocietà, la Compagnia della Nuova Inghilterra, e il 19 marzo1628 ottiene un nuovo permesso di colonizzazione grazie al

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Il re era mosso da interessi economici, la Compagnia si im-pegnava a versargli un quinto di tutto l’oro e argento scoper-to. Dei preziosi metalli, però, non fu mai trovata un’oncia.Adesso la società, il cui nome era diventato Massachusetts BayCompany, sfuggiva al controllo di White. Era finita nelle manidi gentlemen puritani poco interessati a un’impresa mercanti-le, volevano farne lo strumento dei loro scopi religiosi.

Quei gentiluomini, nonostante avessero l’aspetto di perso-ne ragionevoli, si misero a studiare un piano da visionari. Tra-piantare interi villaggi inglesi sull’altra sponda dell’oceano.Un’emigrazione sistematica per colonizzare una landa selvag-gia lontana almeno due mesi di navigazione. Volevano partireloro stessi per creare una vera città di Dio. Un rifugio dovefosse possibile vivere secondo i principi divini contenuti nellaBibbia. Si sentivano il popolo del Libro.

Cercavano un condottiero in grado di guidare l’esodo de-gli eletti verso la terra promessa. Scelsero John Winthrop, unuomo di legge proveniente dalla campagna, capace di cavar-sela con attività pratiche come la semina, la mietitura di gra-no e segale, esperto nel tirar su case di legno e drenare terre-ni paludosi. Winthrop era ossessionato dall’idea che la Chie-sa d’Inghilterra stava per diventare la Chiesa dell’Anticristo.Era perciò nelle condizioni psicologiche di chi non vede l’oradi cambiare aria. Coglieva segni nefasti dappertutto. Nel re-sto d’Europa le potenze cattoliche stavano mettendo a rischiola sopravvivenza delle Chiese riformate. Era sicuro che Dionon avrebbe sopportato simili nefandezze e presto avrebbescagliato catastrofi spaventose sulla malvagia Inghilterra, col-pevole di non riconoscere la vera Chiesa. «Farà di questa ter-ra come Sodoma e Gomorra». Lo preoccupavano molto i gio-vani costretti a crescere in un ambiente insano: «Le sorgentidel sapere e della religione sono cosí corrotte» che anche imigliori ragazzi sono pervertiti «dalla licenziosità e dai cattiviesempi».

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«sono senza lavoro, calzolai, sarti, muratori, carpentieri e robadel genere, vivono con le famiglie in condizioni miserevoli».Già a quei tempi l’emigrazione era la salvezza. Alcuni ritene-vano fosse meglio trasferirsi nelle Indie, ricche e fascinose, in-vece di partire per lidi inospitali e selvaggi. «No», protestavaWhite, «lí i giovani si depravano».

A Salem approdarono anche due ministri, Francis Higgin-son e Samuel Skelton, con loro sorse la prima chiesa del vil-laggio. Tutti e due avevano assorbito gli umori e gli ideali deicollege di Cambridge. Higginson era un famoso ribelle. LaHigh Commission lo aveva convocato per rinfacciarglielo equando arrivò l’offerta per Salem la colse al volo. Alla parten-za disse: «Non ci separiamo dalla Chiesa d’Inghilterra, ma dal-le sue corruzioni, andiamo a praticare gli aspetti positivi dellaRiforma e a diffondere il Vangelo in America». La nuova terranon gli fece una bella impressione, la trovò «molto ricca diserpenti, serpi di strani colori e grandezza immensa». In com-penso non c’erano piú vescovi, nessuna legge da rispettare,nessun vincolo, nessuna cautela. Potevano comportarsi comemeglio credevano. Respiravano «l’aria libera del Nuovo Mon-do», disse lo scozzese Robert Baillie. Ma i fratelli John e Sa-muel Browne protestarono, esigevano i riti della Chiesa angli-cana. L’irascibile capitano Endecott li mise su una nave e li ri-spedí in Inghilterra dicendo: «La New England non è postoper tipi come voi».

A Londra i soci della Compagnia si allarmarono perché ilpotente sir Fernando Gorges, nemico dei puritani, minacciavadi far valere i suoi diritti di colonizzazione della Nuova In-ghilterra ottenuti da re Giacomo nel 1620. Brigava per far can-cellare la loro licenza. Decisero di cautelarsi chiedendo la li-cenza direttamente al re. Vantavano amicizie a corte grazie al-le quali il 4 marzo 1629 re Carlo, con la mappa di John Smithdavanti, accordò ai soci della Compagnia «tutta quella partedella Nuova Inghilterra compresa fra tre miglia a nord del fiu-me comunemente chiamato Monomack, alias Merriemack»(l’attuale Merrimac) e tre miglia a sud «del fiume comune-mente chiamato Charles river, che si trova in una certa Baiacomunemente chiamata Massachusetts».

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Parte terza

La terra promessa

Per quel che riguarda padre Adamo ed Evasua moglie e ciò che il diavolo disse loro, al-tro non era che una burla e una ben conge-gnata turlupinatura.

William King

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Il primo grande americano

John Winthrop era appena diciassettenne quando presemoglie. Nel suo diario racconta di essersi comportato comeun giovane «selvaggio e dissoluto», finché aveva trovato «pacee conforto in Dio» accanto alla sposa Mary Forth e nella lettu-ra «di Maestro Perkins». Quest’uomo destinato a diventareun personaggio leggendario era alto, con una corporaturaasciutta, grandi occhi intelligenti e una lunga faccia incornicia-ta dalla barba, che gli dava un’espressione impassibile e con-trollata. Dotato di un carattere d’acciaio e una straordinaria fi-ducia in se stesso, fu il superbo condottiero che guidò l’impre-sa epica della colonizzazione della Nuova Inghilterra. Nei libridi storia è celebrato come il primo grande americano. Una sta-tua di Winthrop troneggia nel Campidoglio a Washington.

Veniva da una famiglia di ricchi proprietari terrieri delSuffolk. Il nonno era un mercante di stoffe e aveva investito iguadagni nell’acquisto di una grande fattoria confiscata ai mo-naci a Groton, quando Enrico VIII aveva abolito i monasteri.In quel villaggio circondato da boschi, laghetti e dolci colline,John nacque nel 1588, un anno baciato dalla buona sorte per-ché segnò la sconfitta dell’Armada spagnola.

Venne su con una gran passione per le donne. Riuscí a spo-sarne ben quattro, che gli scodellarono un esercito di sedici fi-gli. All’epoca in cui sposò la prima, avvenne qualcosa che mo-dificò per sempre il corso della sua vita. Rimase folgorato dal

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college, dove alcuni di loro avevano studiato. Del gruppo fa-cevano parte sir Richard Saltonstall, Isaac Johnson, JohnHumphrey, Thomas Dudley. Fecero un patto «di attraversarel’oceano, sotto la protezione di Dio, per stabilirsi nella NewEngland». Firmarono un accordo con cui si impegnavano apartire il marzo successivo. Mentre si recava a quell’incontro,Winthrop era caduto da cavallo e si era rialzato senza nemme-no un graffio. Ne aveva dedotto che Dio lo proteggeva ed erafavorevole a quell’impresa titanica.

L’uomo del destino

Winthrop fu nominato governatore. Venne cioè messa nel-le sue mani l’organizzazione della spedizione e la guida dellacolonia del Massachusetts. Una scelta sorprendente se consi-deriamo che aveva aderito solo da un paio di mesi all’impresa.Probabile che gli altri, impressionati dalla sua determinazionee dalla lucidità con cui esponeva i suoi progetti, lo abbiano in-dividuato come l’uomo del destino.

Simile a un vento si sparse nei villaggi la notizia dei prepa-rativi per la grande migrazione. I puritani accorrevano a centi-naia a mettersi in lista. Non erano avventurieri bramosi di oro,ma idealisti attirati dal sogno di professare liberamente la pro-pria religione, senza incorrere nella repressione dei vescovi esenza suscitare la divertita canzonatura della gente comune.Non tutti venivano accolti. Uomo meticoloso, Winthrop feceun’accurata selezione di mille persone destinate a far partedella prima ondata, distribuite su undici navi. Fu attento ascegliere falegnami, muratori, bottai, un chirurgo e due pasto-ri, George Phillips e John Wilson. Alcune famiglie vendetterotutti i loro beni per pagarsi il viaggio verso l’Eden. Altre pre-sero in prestito i soldi con l’impegno di restituirli sotto formadi servizi resi nel giro di alcuni anni. Personalmente, Winth-rop pagò le quote per quattro famiglie. Aveva venduto per5.760 sterline la proprietà di Groton.

Grande fu lo stupore del suo amico Robert Ryece, noto an-tiquario. Perché mai voleva andarsi a cacciare in un posto sel-

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puritanesimo. I piaceri terreni lo attraevano, ma il timore diDio lo terrorizzava gettandolo in una crisi profonda. Si sforzòdi moderare l’allegria e gli entusiasmi imponendosi un severoautocontrollo. Passava lunghi periodi in meditazione per for-tificare il suo animo. Divenne un uomo serio, quasi tetro e pri-vo di senso di umorismo.

Nel 1615, quando aveva 27 anni, vide morire la moglie, chegli aveva partorito sei figli. Passarono solo sei mesi e in casaWinthrop entrò una nuova sposa, Thomasine Clopton, mortaanche lei appena un anno dopo il matrimonio. Stavolta Johnattese quindici mesi prima di risposarsi con una donna deli-ziosa, Margaret Tyndal, figlia di sir John Tyndal, che gli portòuna ricca dote. Margaret fu però lei stessa un bene prezioso,perché lo amò con appassionata devozione. A leggere le lette-re che i due si scambiarono si ha l’idea di una grande storiad’amore.

L’epoca di Carlo Stuart riempí Winthrop di terrore. Lotormentava il pensiero che un castigo esemplare stava per ab-battersi sull’Inghilterra. Da Londra, dove faceva l’avvocato,scrisse alla «cara moglie» una lettera il 15 maggio 1629, quan-do non era ancora membro della Compagnia della Baia delMassachusetts. Prevedeva «tempi di grande malvagità e decli-no» e si diceva persuaso che «Dio manderà presto un terribilemale su questo paese», perché «abbiamo provocato il Signorepiú di tutte le nazioni attorno a noi». Lui si sentiva Noè chescampa al diluvio. «Se il Signore riterrà che per noi sia bene,ci procurerà un rifugio, un posto sicuro».

Winthrop non era un visionario. Era un uomo freddo e ra-zionale, convinto che Dio non agisce nel mondo con miracolie prodigi, ma attraverso un progetto logico. «Una cosa», ave-va appreso da Perkins, «prima è voluta da Dio, poi diventacomprensibile e giusta». L’uomo può capire con la ragione ilpiano divino e prevedere quali sviluppi avrà la storia. Lui ave-va la certezza di essere un eletto al quale Dio aveva assegnatoun compito straordinario.

All’inizio dell’estate del 1629 entrò nella Massachusetts BayCompany. E il 26 agosto si riuní con altri undici azionisti dellaCompagnia a Cambridge in una stanza del solito Emmanuel

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laurea, menti politiche e possidenti non esitano ad affrontareuna vita da piantatori. Sono pronti a imbarcarsi anche alcuniazionisti della Massachusetts Bay Company. Il piú entusiasta èIsaac Johnson, un ricco proprietario terriero di 29 anni. Parteinsieme con la deliziosa moglie, lady Arbella Fiennes, sorelladel conte di Lincoln. In suo onore, Winthrop cambia il nomedella Eagle, la nave guida su cui viaggerà lui, e la chiama Ar-bella. Invece sua moglie, che pure è ansiosa di compiere quelsalto verso il Nuovo Mondo, deve rinviare la partenza perchésta per dare alla luce un bambino. Dopo i sei figli avuti dallaprima moglie, nessuno dalla seconda, questo è il quarto dallaterza consorte.

Da vari villaggi i puritani si incamminarono verso il portodi Southampton. «Fu cosí doloroso», scrisse uno di loro, «co-me la morte per me, quando percorsi la via di Windsor perandare a prendere la nave». Si avviavano verso l’ignoto e solouna fede straordinaria poteva spingere uomini e donne ad ab-bandonare tutto per andarsi a installare in un bosco. Il grup-po proveniente dalla contea di Lincoln fu accompagnato daJohn Cotton, giovane e brillante vicario della chiesa di St. Bo-tolph, a Boston. In seguito, Cotton raggiunse i colonizzatoridella Nuova Inghilterra di cui divenne la prima grande guidaspirituale. Quel giorno era lí solo per un sermone ai partenti.«In voi», disse, «c’è la sicurezza che siete i nuovi figli di Israe-le, il popolo eletto di Dio in viaggio verso la nuova Canaan».È venuto il tempo «di lasciar partire Israele dall’Egitto». Maattenzione, «badate ai figli che non prendano strade cattivecome fecero gli israeliti». Essi tradirono il patto e «Dio sistancò di loro e li cacciò via, lontano dal suo sguardo».

Ora Dio guidava il nuovo popolo eletto verso terre lontanee ne giustificava l’occupazione. «Fisserò un luogo per il miopopolo Israele», cosí Cotton evocò le parole di Dio riferite daSamuele, «e lo sistemerò lí perché possa abitare nella sua casa,e gli darò riposo liberandolo da tutti i suoi nemici». Ma le pro-spettive di un simile viaggio non erano gradevoli. «Dopo dueo tre mesi di navigazione con ogni giorno il terrore di essereinghiottiti dalle onde o aggrediti dai pirati, arriverete in unaterra infestata dai barbari indiani».

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vaggio, lui che aveva passato la vita sui libri? Quelle impresemeglio lasciarle ai giovani. Winthrop non era piú un ragazzi-no visto che si avviava a compiere 42 anni. Ma lui sentiva diobbedire a un disegno superiore. «A Dio è piaciuto affidarmil’incarico di fondare la colonia». E quando Dio affida a un uo-mo una missione, «crea in lui le capacità per realizzarla». Unsogno grandioso lo guidava: stabilire al di là dell’oceano l’or-todossia, il regno del Signore. E da lí illuminare l’Inghilterraper redimerla. Quella di Winthrop non era una fuga. Non vo-leva andarsi a rifugiare in un angolo remoto come il piccologruppo dei padri pellegrini. Si preparava ad affrontare le on-de dell’Atlantico con l’intenzione di lanciare una sfida allaChiesa anglicana. Era Dio stesso che glielo chiedeva. «Egli haprogrammato qualche grande missione che ha rivelato ai suoiprofeti fra noi». La Nuova Inghilterra sarebbe diventata il fa-ro, la guida per «tutte le Chiese d’Europa cadute in preda alladesolazione». E avrebbe sconfitto l’influenza di Roma, la gran-de corruttrice. Secondo Edward Johnson, uno dei coloni fon-datori, «dato che in Inghilterra ogni luogo era pieno della fu-ria di avversari maligni, Cristo crea una Nuova Inghilterra perradunarvi il suo popolo». Quel viaggio in America, nella vi-sione cosmica di Winthrop, doveva segnare il destino dell’u-manità, facendo trionfare la pura religione cristiana. Dovevadimostrare che uno Stato e una Chiesa costruiti secondo leleggi della Bibbia avrebbero goduto pace e prosperità. In uncerto senso si prendeva l’avvenire del mondo sulle spalle.

Alcuni sono spinti a partire per amore dei figli. Non vo-gliono farli crescere «in un ambiente degenerato». Per il lorobene, apprendiamo dal racconto di una donna di Dedham,«vale la pena di affrontare il viaggio». L’educazione dei giova-ni è in mano agli anglicani e questo ha reso, «le fonti del sape-re e della religione cosí corrotte che la maggior parte dei ra-gazzi, perfino le menti piú belle sono pervertite, corrotte esconvolte dai malvagi esempi e dal governo licenzioso di que-sti seminari».

I padri pellegrini erano poveri, umili, solo Brewster avevaun titolo universitario. Ora parte un gruppo di persone coltee benestanti accompagnate dai servitori. Ben cento hanno una

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loro, se vivevano secondo le sue leggi e davano il buon esem-pio i loro sforzi sarebbero stati coronati da successo. Se falliva-no, Dio li avrebbe castigati come fece con gli israeliti. Cosí pre-vedeva la covenant theology, la teologia del patto, una dottrinaelaborata da William Ames, il piú sottile allievo di Perkins. Èconosciuta anche come teologia federale, dal latino foedus, cheappunto significa patto. Sosteneva che dopo la caduta di Ada-mo, Dio decise di trattare con l’uomo e stabilire un patto o al-leanza con la sua creatura. Promise eterna salvezza in cambiodi una perfetta obbedienza alla sua legge. «Un patto fra dueparti», scriveva Thomas Hooker, «contiene gli articoli dell’ac-cordo. Cosí fra Dio e il suo popolo». Un tempo era Israele ilpopolo di Dio. Ora il privilegio dell’elezione divina toccava alpopolo della Nuova Inghilterra, l’Israele americano.

I richiami biblici erano continui. Winthrop impersonava ilnuovo Mosè destinato a guidare il popolo di Dio. L’Atlanticoda attraversare era il Mar Rosso. Sentirsi agenti di Dio potevadiventare una comoda scusa per qualsiasi azione. Anche quan-do stermineranno gli indiani, i puritani lo faranno con la con-vinzione di realizzare un piano divino.

Ancora oggi il mondo è un posto dove imperversa la guer-ra fra bene e male. E l’America coltiva sempre l’idea tipica-mente puritana di una missione morale da compiere. Conti-nua a sentirsi strumento di Dio. Ciò che intende per trionfodel bene è l’esportazione del suo stile di vita. E la cosa strava-gante è che il resto del mondo ama i prodotti americani, vuo-le i suoi oggetti ma respinge l’America. Quando Reagan inci-tava a combattere il comunismo, l’impero del male, usava pa-role della Bibbia. Quasi le stesse parole che erano sulla boccadi John Winthrop. E George W. Bush, convinto di vivere inun mondo orrendo, assegna all’America l’incarico di redimer-lo. Non c’è nessun altro paese al mondo cosí incantato da san-toni e predicatori. In Europa è impensabile che un leader po-litico faccia esibizione della propria fede. In America, da Ei-senhower in poi, tutti i presidenti, Kennedy, Johnson, Nixon,Ford, George Bush padre, tutti per mezzo secolo nei momen-ti difficili si sono aggrappati a un consigliere spirituale, a quelBill Graham, superbo ammaliatore, un crociato leggendario

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La città sulla collina

La grande avventura comincia l’8 aprile 1630. «Verso le 6del mattino», annota Winthrop nel suo diario, «con vento daest e da nord salpammo l’ancora e spiegammo le vele della Ar-bella, una nave di 350 tonnellate, di cui il capitano Peters Mil-bourne era il comandante, equipaggiata con 52 marinai e 28pezzi d’artiglieria». Tre navi seguono la Arbella. Trasportanoin tutto circa settecento persone. Altre sette imbarcazioni sipreparano a partire. Non portavano mobili. Solo qualche se-dia. Erano invece ben forniti di attrezzi come zappe, vanghe,scuri, e poi stoviglie, oggetti di ferro, peltro e ottone. Ad uncerto punto Winthrop si levò dritto sul ponte della nave eparlò ai suoi compagni di viaggio. «Siamo partiti», disse, «conlo scopo di migliorare le nostre vite e rendere maggior servi-zio a Dio, in maniera che noi e i nostri discendenti possiamoessere i meglio preservati dalle comuni corruzioni di questomondo malvagio». Esortò tutti a «essere uniti come un sol uo-mo: considerate che saremo come una città su una collina. Gliocchi di tutta la gente saranno su di noi».

Era questo il senso della missione. Dimostrare che l’Inghil-terra aveva sbagliato a perseguitare i puritani. Far vedere co-me, fuori dell’Inghilterra, una comunità abituata a vivere in li-nea coi principi biblici era benedetta e poteva prosperare. L’e-migrazione perciò rientrava in un piano divino di lotta dram-matica del bene contro il male. Dio aveva stretto un patto con

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ver. L’aveva costruita Samuel Maverick, un giovane energicoche viveva lí da sei anni con la moglie. C’era arrivato su unanave di pescatori e aveva deciso di restarci. Ma ora nel vederela sua terra inondata dai fanatici evangelizzatori, Maverick fe-ce fagotto e si trasferí sull’isola Noddle.

Neanche Winthrop e i suoi compagni si fermarono a Sa-lem. Il governatore decise che il posto piú adatto per l’insedia-mento centrale e il governo era la Baia che si apre piú a sud,alla foce del Charles river. Un posto ben protetto, si potevanotenere lontani i lupi, mentre gli indiani della zona erano statiquasi completamente sterminati dal vaiolo. Cosa che Winth-rop attribuí alla mano della provvidenza, «e cosí Dio ha resochiaro che questo posto era destinato a noi». Si sistemaronosulla riva sinistra del fiume e chiamarono il posto Charlestown.

Arrivavano le altre navi. Non tutti ce la facevano. Sulla Suc-cess molti stavano morendo di fame. Sulla Whale numerosianimali erano morti. La Talbot arrivò il 2 luglio con quattordi-ci emigranti morti. Su quella nave viaggiava anche Henry, ilsecondo figlio di Winthrop, avuto dalla prima moglie. Si tuffòin acqua per afferrare una canoa. Fu colto da crampi e affogòa 22 anni. Winthrop scrisse alla moglie: «Mio figlio Henry,mio figlio Henry, ah povero ragazzo».

Erano lí da appena un paio di mesi quando la giovane ladyArbella si ammalò e morí. Un paio di settimane dopo anchesuo marito Isaac Johnson, nemmeno trentenne, la seguí nellatomba. Winthrop diede la colpa all’acqua del posto. E si tra-sferí con buona parte della colonia sulla riva destra del fiume,sulla penisola Shawmut, dove sgorgava una «limpida sorgen-te». Lí piantarono tende fatte con le vele delle navi e costrui-rono qualche capanna per passarci l’inverno. Chiamarono quelprimo insediamento Boston. Come la Boston del Lincolnshi-re, dove, secondo la leggenda, San Botolph mise la prima pie-tra, «Botolph’s Stone», contratto in Boston.

La nuova Boston, fondata su una landa paludosa, divenneil centro politico ed economico della colonia. Qualcuno però liaveva preceduti. William Blackstone, veniva dal Lincolnshire.Era arrivato nel Nuovo Mondo coi pescatori e invece di tor-nare indietro aveva preferito la solitudine dei boschi. Il primo

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definito il «cappellano d’America». Con la sua aria da profe-ta, arrivava nell’ufficio ovale della Casa Bianca con la Bibbiain mano. Bill Clinton gli preferiva il reverendo Jesse Jackson,ma George W. Bush si considera un miracolato di Graham.Quando era un giovane alcolizzato si trovò un giorno a pas-seggiare sotto il freddo cielo del Maine con al suo fianco ilpredicatore, che lo aiutò a «tornare fra le braccia di Dio».

Stringevano in mano la Bibbia anche i puritani mentre ilvento e la pioggia li sferzavano durante la traversata dell’ocea-no. Francis Higginson racconta che la sua nave incappò in«una spaventosa e terribile tempesta, i venti soffiavano forte,la pioggia cadeva violenta, il mare urlava e le onde ci sbatteva-no in modo orribile, e poi era buio e i marinai spaventatissi-mi». Ma l’Onnipotente mostrava in vari modi il suo favore.«Lunedí 7 giugno», annotava Winthrop, «una donna ha par-torito un bambino nella nostra nave. È vivo. Prima la donnaaveva avuto altri bambini, tutti morti». Martedí 8 giugno, do-po due mesi esatti, l’Arbella avvistò la sommità del monte De-sert. Era un giorno delizioso sulla costa della Nuova Inghilter-ra, c’era un sole sfavillante, una leggera brezza marina e «un’a-ria dolce cosí piacevole che ci ha molto rincuorati, e dalla co-sta arrivavano profumi come odori di un giardino». Winthropavrebbe voluto accanto a sé la moglie in quel momento. «Co-me consola il mio cuore pensare che presto rivedrò la tua dol-ce faccia». Si erano fatta la promessa di pensarsi ogni lunedí evenerdí pomeriggio fra le cinque e le sei per sentirsi uniti.

Passarono fra le isole oggi chiamate Baker e Little Misery.Videro le coste formate da spuntoni di roccia e sullo sfondo lamacchia compatta dei boschi, dove si poteva parlare solo congli alberi e gli indiani. Il territorio del Nord America era rive-stito dalla piú grande foresta del mondo. Fu uno shock perchi si aspettava di trovare il paradiso. «Sentii il mio cuoresprofondare quando vidi quell’ambiente selvaggio», si leggenelle memorie di una donna. E un altro: «Vidi la mia condi-zione piú disperata che mai». Il 12 giugno gettarono l’ancoraal largo di Salem, il capitano John Endecott si avvicinò conuna barca e salí a bordo a salutare il nuovo governatore.

Una bella casetta di legno spiccava alla foce del North Ri-

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Una sacra comunità

I puritani non furono i pionieri della libertà come la inten-diamo oggi. La giusta libertà, precisò Winthrop, era quella di«fare la volontà di Dio». Avevano lasciato l’Inghilterra per esse-re liberi di ascoltare sermoni e fondare chiese. Realizzavano ilsogno dei loro antenati elisabettiani. Nemmeno furono i precur-sori della democrazia. Winthrop disprezzava la democrazia per-ché «non c’era un tipo di governo cosí in Israele». E il reveren-do Cotton non riusciva a immaginare come potesse funzionarela democrazia: «Se a governare è il popolo, chi sono i governa-ti?». Jefferson dirà che il miglior governo è quello che governa ilmeno possibile. Al contrario il governo dei puritani è un Gran-de fratello che sorveglia e si intromette, come dice Cotton, «inogni sorta di affari umani». L’unica libertà è sottomettersi al go-verno degli eletti. Dio li ha scelti perché operino a favore dellacomunità. L’alternativa è il caos. La felicità è nell’obbedienza. Sideve al teologo William Ames l’idea che i governanti derivano ilpotere direttamente da Dio. E qui i puritani concordavano conGiacomo Stuart quando faceva discendere la sua carica di redalla grazia divina. Detestavano le sue scelte di uomo, ma ri-spettavano la sua dignità di monarca. Naturalmente la trovatadell’investitura divina offre al governo un’autorità formidabile.Chi si ribella «resiste agli ordini di Dio». Il governo, dirà Sa-muel Willard, fu stabilito da Dio «per prevenire ed eliminare idisordini che possono scoppiare nelle società degli uomini».

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abitante europeo di Boston. I nuovi arrivati si impossessaronodel posto ma gli concessero cinque acri di terra. Lui aveva la-sciato l’Inghilterra perché non sopportava i vescovi, e non ave-va nessuna intenzione di sciropparsi i sermoni dei puritani.Però non gli mancava il senso degli affari. Grazie per i cinqueacri, disse, ma a me non servono. Ve li potrei rivendere. AWinthrop sembrò una buona idea. Raccolse la somma facen-do pagare a tutti un piccolo contributo. E cosí quel terrenodivenne una proprietà comune, il Common, che ancora oggi èil parco e il cuore di Boston. Blackstone raccolse le sue cose, isuoi centottantasei libri e a dorso di una mucca si mise in mar-cia verso sudovest. Si fermò nella terra degli indiani Narra-gansett, di fronte all’attuale Newport. Era uno dei primi uo-mini della frontiera, insofferenti della compagnia e di ogni di-sciplina. Ma c’è sempre qualcuno ansioso di portare la civiltà.

Alla fine dell’estate almeno mille persone con duecentoqua-ranta mucche, decine di maiali, capre, pecore e sessanta cavallisi preparavano a passare il duro inverno nella wilderness, il de-serto biblico. Era cominciata la struggle for life, la lotta per lasopravvivenza, sotto gli sguardi sospettosi degli indiani Massa-chusetts, una tribú in seguito sterminata. Gli americani cancel-lavano gli indiani, ma ne conservavano i nomi, dopo aver spaz-zato via i Massachusetts gli intitolarono un intero Stato.

Non tutti se la passavano male. A Salem, Francis Higgin-son era contento di potersi permettere «piú legname per co-struire e per il fuoco di quanto possono disporre molti nobi-luomini in Inghilterra». Vantava l’«abbondanza di aragoste»ed esaltava la natura balsamica del luogo, dato che «quelli cheerano deboli e malati nella vecchia Inghilterra, qui sono com-pletamente guariti, crescono sani e forti». Trascinato dall’en-tusiasmo, si lanciava ad affermare: «Dio è con noi». Tre secolidopo qualcun altro si fece forte di quello stesso proclama eincendiò il mondo.

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Corte generale. Facevano cadere nell’urna un chicco di maisper dire sí e un fagiolo per dire no. Ma l’ampliamento com-portava un rischio: anche i non puritani potevano prendere ilcontrollo del governo. Per evitarlo, fu deciso «che in futuronon possa venir ammesso alla libertà di questo corpo politiconessuno che non sia membro di una qualche chiesa». La mag-gioranza dei coloni era esclusa. Ora però la Compagnia avevasubito un completo stravolgimento: non ne facevano parte piúi soli possessori di azioni ma anche alcuni residenti. Come seil solo fatto di vivere sul territorio americano desse dei diritti.Il primo passo verso la creazione di uno Stato con una virtua-le indipendenza.

Winthrop aveva in testa questo progetto fin dalla partenza.Tanto che aveva trafugato la Carta con la licenza del re. Nor-malmente la Carta doveva rimanere a Londra e la Compagniaavere sede legale in Inghilterra. In questo caso, dato che laCarta era nelle mani di Winthrop, la Massachusetts Bay Com-pany risultava basata nella Nuova Inghilterra. Fosse rimasta aLondra, il re poteva revocare la licenza sciogliendo la Compa-gnia se riceveva notizie di pratiche religiose puritane. Graziealla chiaroveggenza del governatore, non c’era da preoccupar-si. Che lui mirasse fin dall’inizio a un’indipendenza sostanzia-le fu chiaro nel 1635, quando una legge obbligò gli abitanti agiurare fedeltà ai capi della colonia, non al re.

Subito dopo il loro arrivo, Winthrop divise i coloni in squa-dre, un gruppo a tagliare alberi, un altro a costruire case, unterzo dedicato alla pesca. Si preoccupò di imporre una tassaper sovvenzionare il clero che assumeva piú influenza di qual-siasi altra professione.

Il primo inverno fu terribile e richiese tutta la fede e la ras-sicurante energia di Winthrop per infondere coraggio e tenerela colonia unita. Si nutrivano di gallette e carne di manzo sala-ta. Il gelo aveva reso la terra dura come pietra e i lupi affama-ti uccidevano i maiali. Il fuoco per difendersi dal freddo cau-sò l’incendio di qualche casetta di legno. Winthrop spiegavatutte quelle tribolazioni come opera di Satana intento a tor-mentare gli eletti. A fine gennaio erano allo stremo. La fame,il tifo e lo scorbuto avevano ucciso almeno duecento persone.

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La pensava piú o meno allo stesso modo Alexander Ha-milton, «l’uomo che ha creato l’America moderna». Il gover-no era per lui una necessità, «perché le passioni degli uomininon si conformano ai dettami della ragione e della giustiziasenza una costrizione». Bisognerà arrivare al 1791, quandoThomas Paine pubblica I diritti dell’uomo, perché la parolademocrazia acquisti un suono nobile.

La sacra comunità del Massachusetts doveva reggersi sul-l’amore. E vivere secondo le leggi di Dio. Ma chi era in gradodi capire la volontà del Signore? Secondo la Carta concessadal re, gli azionisti della Compagnia, i freemen, sceglievano fraloro il governatore e i suoi assistenti. In pratica, il governo.Poi c’era una Corte generale col compito di fare leggi e il di-ritto di imporre tasse. Solo pochi azionisti della MassachusettsBay Company erano emigrati. Cosí Winthrop e un gruppettodi oligarchi si arrogavano il diritto di imporre ciò che gli gar-bava. Invocavano a loro giustificazione il famoso peccato ali-mentare commesso da Adamo. L’insano gesto aveva compro-messo virtú e intelligenza. A causa di queste lacune gli uominiavevano smarrito la capacità di vivere insieme in santa pace.Ci voleva un governo per reprimere i disordini, imporre l’or-todossia e favorire la fede. I magistrati divennero i supremiregolatori della vita, stabilivano tasse, controllavano i com-merci, i pascoli, la distribuzione delle terre attorno ai villaggi.A essi bisognava obbedire come aveva ordinato San Paolo nel-la lettera ai Romani.

Questa convinzione resiste ancora oggi. Nel 1933 HaroldLasswell, che pure era un liberale progressista, se ne uscí di-cendo che «la gente non sa quali sono i suoi veri interessi». Losanno solo i capi, gli illuminati. Ad essi bisogna affidarsi. Ierisi trattava di mettere il proprio destino nelle mani dei leaderpuritani, adesso per marciare verso il bene è indispensabile se-guire i capi politici, le star televisive, i capitani d’industria.

Ma il 19 ottobre, quando la Corte generale tenne la primaassemblea pubblica, a sorpresa 108 coloni chiesero di diventa-re freemen, membri della Compagnia. Dopo lunghe discussio-ni la richiesta fu accolta e ai 108 fu concesso nel maggio 1631il diritto di votare per scegliere loro rappresentanti presso la

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pescare lungo la costa. Alla fine del 1631 arrivò la moglie Mar-garet. Fu un giorno di festa. Vennero i vicini a portare dolcialla famiglia del governatore.

La colonia cresceva. Dopo un paio d’anni erano spuntatiuna diecina di piccoli villaggi, Watertown, Roxbury, Dorche-ster, Newtown. Tutti lungo la costa, l’interno era un intricoinaccessibile di foreste. Piú su c’era Salem e a sud Plymouth,dove il gruppo dei padri pellegrini contava ora almeno trecen-to anime. Quella prima colonia non aveva fruttato i guadagnisperati e i finanziatori dell’impresa decisero nel 1627 di sven-dere tutti i diritti. Cosí i pellegrini facendo credere che nullaera possibile ricavare da quella terra, conquistarono una so-stanziale indipendenza economica. Fu «il primo esempio discaltrezza degli uomini d’affari yankee».

Nella Baia dondolavano una dozzina di navi che facevanola spola fra l’Inghilterra e la nuova Gerusalemme puritana.Trasportavano altri emigranti e merci da vendere, vestiti, pen-tole, polvere da sparo, ogni tipo di manufatto. Ripartivano ca-riche dei prodotti dei coloni, mais, legname, canapa, pesci,sassofrasso e pellicce. Lo scambio commerciale fra il vecchioe il nuovo mondo era ben avviato. Ancora però non c’era cibosufficiente a sfamare i nuovi arrivati. Winthrop mandava a di-re agli emigranti di portarsi provviste per un anno e mezzo.Questo era il tempo necessario per rendere coltivabile un pez-zo di terra e ricavarne i frutti sufficienti.

I villaggi si sviluppavano secondo un modello preciso: alcentro la meeting-house, la chiesa, e intorno le case che perlegge dovevano sorgere entro un raggio di mezzo miglio. Nerisultava una comunità tutta arroccata attorno alla chiesa, cheserviva per le cerimonie religiose ma anche per riunioni socia-li. Semplici palizzate circondavano i villaggi per difendersi dailupi e dagli indiani, nessuna muraglia o fortificazione come inEuropa.

I coloni della Nuova Inghilterra erano cosí altezzosi da con-siderarsi i piú puri tra i puri. La particolare forma di puritane-simo da loro praticata era il congregazionismo. Un gruppo difedeli (una congregazione) riunito per libera scelta attorno alpastore formava una chiesa. Non esisteva un capo ecclesiastico

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La salvezza però era vicina. Winthrop aveva avuto l’accortez-za di rimandare indietro una delle navi, la Lyon, per caricareprovviste e ritornare. Quando il cibo era ormai finito i magi-strati fecero tenere un giorno di penitenza. Era il 4 febbraio1631. Il 5 la nave arrivò, dopo una drammatica traversata del-l’oceano in pieno inverno. Fu un caso. Ma rafforzò la convin-zione che Dio era con loro. La Lyon portava ottanta nuoviemigranti e duecento tonnellate di rifornimenti, grano, piselli,orzo, carne, formaggio, burro, sugna, malto, segale da semina-re e succo di limone per combattere lo scorbuto.

La nave ripartí poi per l’Inghilterra e una decina di perso-ne incapaci di resistere in quell’inferno ne approfittarono perritornare in patria. Portarono racconti spaventosi e qualchelettera di chi era rimasto: «Padre caro, manda qualcosa dallavecchia Inghilterra».

Come i padri pellegrini anche i coloni del Massachusettsfurono accolti amichevolmente dagli indiani. Ma questo nongli impedí successivamente di massacrarli. Gli indiani maledi-cono Cristoforo Colombo. Farebbero meglio a prenderselacon Carlo I Stuart. Fu la sua persecuzione a spingere i purita-ni a colonizzare l’America. Winthrop imparò dagli indiani adistinguere le erbe utili contro ogni tipo di acciacco e in parti-colare l’erba contro i morsi dei serpenti. Apprese anche i se-greti per orientarsi nella foresta dove una volta si smarrí e vagòun’intera notte recitando i Salmi nella speranza che gli faces-sero ritrovare la via.

L’ambiente selvaggio creava grandi difficoltà. Uomini chein patria facevano i calzolai, i sarti, gli avvocati si trovaronodavanti alla necessità di domare la natura e furono obbligati atrasformarsi in boscaioli e contadini. Ma il duro lavoro erauna benedizione. Winthrop diffidava della facilità. «Se vuoicreare rapidamente gente degenerata, corrompere i loro corpie le loro menti, dagli un terreno fertile che porta frutti conpoco lavoro. Ma se cerchi di forgiare persone sante, portale inun posto dove possono ricavare lo stretto necessario con unduro lavoro e applicazione».

Winthrop diede incarico ai carpentieri di costruire un’im-barcazione. La chiamò Benedizione della Baia e la mandò a

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Wigglesworth, assalito da continui impulsi sessuali, decise che«chiaramente Dio mi chiama a cambiar vita». E prese moglie.Ci sono i fortunati e gli sventurati, i geni e i cretini, i malati echi scoppia di salute. Cosí Dio ha disposto.

La famiglia era il cardine della società puritana, aveva l’ob-bligo di apparire come una scuola di moralità e una culla digiustizia in grado di tenere sotto controllo non solo i figli maanche la servitú. I capifamiglia erano i custodi delle cose piúsante, come la preghiera del mattino e della sera. Nell’isola-mento dei boschi svilupparono un carattere sempre piú ruvi-do e indomito e diventarono molto repressivi verso i figli. «Me-glio frustati che dannati», dirà Cotton Mather.

Starsene da soli non era una buona idea. La New EnglandWay non la concepiva. I single dovevano trovarsi una famigliache li accogliesse, altrimenti venivano multati. La solitudineera vista con sospetto, considerata fonte di iniquità. Il popolodi Dio doveva vivere unito, in congregazioni, appunto. Farsiuna famiglia. «La donna peggiore», diceva Cotton, «è meglioche nessuna». Non c’era posto per l’individualismo incontrol-lato. L’avventuriero solitario, il cacciatore isolato, il seminato-re di trappole non erano figure puritane, entreranno nella sto-ria americana quando la frontiera avanzerà verso ovest.

La guida verso il paradiso era la parola, il sermone. I santinon se ne perdevano uno, dando prova di una tenacia formi-dabile. Un buon padre riuniva la famiglia ogni mattina e ognisera per leggere alcuni passi della Scrittura, e la domenica, do-po aver ascoltato insieme il sermone, in casa «discuteva conloro le cose dette dal predicatore». Harry S. Stout, docente distoria religiosa alla Yale University, rimarca la straordinaria in-fluenza sociale dei sermoni nel formare la cultura e la menta-lità della Nuova Inghilterra. Era l’unico mezzo di comunica-zione e svolgeva tre funzioni, religiosa, educativa e giornalisti-ca. In media i coloni ascoltavano settemila sermoni nel corsodella vita per un totale di almeno quindicimila ore. Stout hastudiato piú di duemila sermoni scoprendo che tendevano ainculcare una fiducia straordinaria nella missione storica dellaNuova Inghilterra, miravano a convincere i coloni del compi-to sacro ed esclusivo ad essi affidato. La promessa di vittoria

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generale, non c’era una Chiesa con la maiuscola, ma tante chie-se autonome, indipendenti. Nessun ministro aveva autorità aldi fuori della sua parrocchia. La congregazione era il centro, lapiazza virtuale delle anime. I cattolici hanno Roma, le catte-drali, il papa e i vescovi, una religione visibile, il cristianesimodei puritani è disadorno, si svolge dentro l’uomo e comportafatica, tormento, bisogno di rassicurazione continua.

Il primo esempio di congregazionismo, quello di RobertBrowne, era rivoluzionario, al di là dell’oceano diventava unaforza conservatrice. Da strumento di rivolta si trasformava inuna forma di rigido controllo sociale. I pellegrini di Plymoutherano un piccolo gruppo felice di aver trovato un angolo ap-partato dove poter fondare la loro chiesa indisturbati. I puri-tani della Baia invece volevano essere osservati e imitati, comeantichi crociati si sentivano la «luce del mondo». I loro mo-delli erano i personaggi biblici, da essi prendevano esempioper superare le prove della vita e rendere se stessi piú virtuosie soprattutto prosperi. Il concetto di progresso è sempre pre-sente nella testa dei puritani.

L’intera comunità era obbligata a mantenersi pura attra-verso l’osservanza di costumi molto austeri, a camminare conDio al fianco, walking with God. Dio li aveva scelti, li avevaguidati fin laggiú dopo aver stabilito un patto. E pretendeva ilrispetto delle sue leggi «in ogni minimo dettaglio». John Cot-ton ammoniva: «Se tradiamo il patto, Dio ci toglierà la suaprotezione e ci esporrà ad ogni male». Naturalmente erano icapi politici e religiosi a imporre le leggi piú adatte a compia-cere il Signore.

Erano ossessionati dall’ordine, «l’ordine è l’anima del be-nessere sociale». Ciò comportava che ognuno doveva stare alsuo posto. Secondo Winthrop, «l’Onnipotente nella sua sag-gissima e santissima provvidenza, ha disposto la condizioneumana in modo che in ogni tempo alcuni debbano essere ric-chi, altri poveri, alcuni alti ed eminenti per potere e dignità,altri piccoli e sottoposti». Ogni uomo, aveva proclamato Ames,occupa il posto voluto dal Signore, quella è la sua vocazione edeve assecondarla. Chi non lo fa crea disordine. Ognuno devescoprire cosa Dio si aspetta da lui. Il pastore e poeta Michael

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con tagli, a parte un taglio in ognuna delle maniche e un altrodietro, i copricapo ricamati o lavorati ad ago, come pure na-stri e tende». La Corte ammoniva che «chiunque, uomo o don-na, compra ornamenti, sia di lana, di seta o di lino, con sopralaccetti d’oro, argento o merletti», li avrà sequestrati.

I capi erano inflessibili nel perseguire il minimo sgarro. Ilprimo colpito dalla loro severità fu Richard Clough che ven-deva alcol sottobanco. Poi toccò a Nicholas Knopp, multatodi cinque sterline perché «vendeva un liquido assolutamenteinefficace spacciandolo per una medicina in grado di curare ilvaiolo». A Philip Radcliffe andò peggio. Venne frustato ed eb-be le orecchie mozzate perché aveva usato «scandalose invet-tive contro la nostra chiesa e il nostro governo». Henry Linnefu frustato ed espulso perché mandava lettere in Inghilterra«piene di calunnie contro il nostro governo e l’ordinamentodelle nostre chiese». Winthrop non transigeva. La sua puni-zione si abbatté perfino su una nipote piuttosto vivace: la fecefustigare in pubblico e la costrinse a baciare la frusta.

Di solito il pastore, guardiano della moralità, segnalava lemancanze. E l’autorità civile infliggeva le punizioni. I giovanisorpresi a ballare venivano rapati a zero. Sei di loro furonomessi su una nave e rispediti in Inghilterra perché «indegni divivere qui». Le punizioni erano inflitte sul terreno del Com-mon, dove erano costruiti i ceppi e la gogna. Alcune delle col-pe punite nel Common erano la trascuratezza nel lavoro, im-picciarsi degli affari altrui, usare parole volgari, vendere mercia caro prezzo, sonnecchiare durante il servizio religioso, spia-re il padrone e la padrona e riferire i loro discorsi.

Il governatore si accaní in modo particolare contro Tho-mas Morton, un allegro gentiluomo che si era installato conuna brigata di buontemponi a Mount Wollaston (oggi Quincy)da lui ribattezzato Merry Mount, un monte di gioia. Mortonera arrivato nel 1623, tre anni dopo lo sbarco dei padri pelle-grini. Questi ultimi lo presero subito di mira. Il governatoredi Plymouth William Bradford mandò il suo ruvido gendarmeStandish ad arrestarlo con l’accusa di ateismo ed empia con-dotta perché Morton e i suoi amici avevano piantato un may-pole, un palo ornato di fiori, e Bradford, scandalizzato, ci rac-

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su tutti i nemici. I predicatori usavano un linguaggio moltochiaro e indicavano i numeri dei passi biblici, cosí gli ascolta-tori potevano prendere nota.

Nessuna meraviglia se animi cosí accesi tremavano terro-rizzati all’idea che Dio spiasse ogni loro comportamento e per-fino i piú reconditi pensieri. Avevano paura di offenderlo esubire poi la sua vendetta. Si tenevano d’occhio l’un l’altro,nel timore che il comportamento irriguardoso di un vicino po-tesse attirare sull’intera comunità la punizione del Signore.Ogni minima mancanza veniva riferita al pastore che la rende-va nota in chiesa. Cosí il colpevole era esposto alla riprovazio-ne pubblica. A Watertown l’ossessione per la purezza creò ta-li disordini che Winthrop fu costretto a recarsi nel villaggioper mettere pace tra la fazione piú rigida in materia religiosa equella considerata un po’ lassista.

Sono passati piú di tre secoli, ma gli americani non sonomolto cambiati. Al suo esordio come grande crociato nel 1949Billy Graham vide masse enormi accorrere ad ascoltare i suoisermoni e a pregare con lui per sessanta giorni di seguito. Nel1957 ci fu una replica del grande raduno al Madison SquareGarden di New York, dove il santone pensava di cavarsela intre giorni, ma l’afflusso fu tale che dovette tener banco perben sedici giorni, durante i quali altre migliaia di devoti lo se-guivano piazzati davanti alla tv.

Intolleranza

I metodi repressivi dei coloni erano feroci ma miravano afortificare gli animi, conseguire un pieno controllo di se stessi,senza cedere alle passioni. «Quando un uomo si lascia guidaredai sensi, è un uomo moribondo».

L’intolleranza riguardava anche il modo di vestire. Abitiappariscenti erano il segno dell’opera del diavolo. Un buonpuritano portava abiti scuri senza alcun abbellimento, eccettoun largo colletto bianco. Accanto a lui, una donna vestita ingrigio topo con una cuffia bianca in testa. Era proibito l’usodi «merletti, argento e oro» sui vestiti. Vietati anche i «vestiti

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Uomini in fuga

In Inghilterra la persecuzione si ridestò ancora piú feroce.Il 4 agosto 1633 si spense il vecchio arcivescovo George Ab-bot. Un predicatore londinese pregò Dio di «non mandare co-me successore un persecutore della Chiesa». Troppo tardi an-che per Dio. Due giorni dopo Carlo I nominò arcivescovo diCanterbury William Laud, il nemico numero uno dei purita-ni. «In tempo di pace», disse il re, «la gente è governata me-glio dal pulpito che dalla spada».

Laud esordí ordinando di ripristinare gli altari in tutte lechiese del regno. Credeva nel ruolo vitale delle cerimonie e ve-deva nello splendore delle chiese un riflesso della gloria del Si-gnore. Mandò i suoi agenti a controllare se i fedeli si adegua-vano al rituale. Per consentire a queste spie di aggirarsi duran-te le funzioni religiose fece allargare lo spazio fra i banchi. Ainobili vietò di tenere cappellani, impedendo cosí ai predicato-ri puritani di trovare una sistemazione se venivano privati delloro incarico. Voleva zittirli perché «chi può parlare dal pulpi-to orienta gli umori della gente come gli pare». Oggi per lastessa ragione si litiga su chi ha diritto di parlare in tv.

Indusse il re a pubblicare una nuova edizione della Dichia-razione degli svaghi, «quel maledetto libro che permette diver-timenti nel sacro sabato del Signore», come recriminavaEzekiel Rogers. I puritani si trovarono con le spalle al muro,«incerti se farsi impiccare dal re perché non obbediamo, o

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conta che «attorno ad esso bevevano e danzavano per giorni egiorni, invitando le donne indiane e con loro ballavano e sal-tellavano e facevano anche pratiche peggiori». Cantavano unacanzone scritta dallo stesso Morton, che racchiudeva la sua vi-sione della vita, «drink and be merry», bevi e spassatela.

Bradford rimandò il gaio Morton in Inghilterra, ma luitornò con un carico di alcol e lo stesso spirito scanzonato. Oraperò doveva vedersela con gli uomini della Baia. Finché si li-mitò a mantenere un comportamento licenzioso lo tolleraro-no. Ma quando si mise a trafficare con gli indiani, deciseroche era venuto il momento di sbarazzarsi di quell’irrequietoindividuo. Dagli indiani otteneva pellicce in cambio di armida fuoco. Winthrop gli fece bruciare la casa e lo rispedí in In-ghilterra con la prima nave.

Nemmeno stavolta si arrese. Tornò in America. Non glipiaceva la gente, ma amava quella terra. «Piú la guardo e piúmi piace». Invecchiato e sempre piú svitato andò a morire nel-le gelide lande del Maine. Scrisse un libretto per prendere ingiro i cupi puritani. Ironizzava sulla loro pretesa di essere glieletti del Signore. Già il titolo, La Nuova Canaan, suonava can-zonatorio. «Bisognava rimanere sotto le ali dei confratelli»,biasimava il giulivo Morton, «e nessun altro poteva commer-ciare in pelli di castoro se non con il loro permesso. Volevanoche restassimo tutti uniti perché i selvaggi, scaltri e infidi, po-tevano arrecarci danno. Tuttavia, io personalmente ho trovatogli indiani del Massachusetts piú ricchi di umanità dei cristia-ni e ho avuto con loro rapporti piú amichevoli». Gli indianiche se ne infischiano della religione sono «felici e liberi», men-tre i puritani bigotti e repressi.

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Ma perfino il pacioso Sibbes fu preso di mira. Attorno a luisi riuniva un paio di volte a settimana un gruppo di teologi in-tenti a pianificare una strategia per le riforme. Una ragnatelasegreta e silenziosa, molto corrosiva. Laud vigilava su questocircolo di sovversivi e alla fine calò su di esso il suo pugno diferro, spegnendo ogni velleità di organizzare una trama. L’uo-mo dei puritani a corte, John Preston, era passato dal potere edal successo alla tomba. Personaggi come John Cotton e JohnDavenport erano riusciti a rimanere a galla per qualche tempo.Davenport era un tipo ardente ed energico, che aveva ottenu-to St. Stephens, a Londra, fingendo furbescamente di confor-marsi alla Chiesa anglicana. Poi dovette capitolare. Nel dicem-bre del 1633 si fece crescere una lunga barba, impacchettò lesue cose e fuggí in Olanda, avvolto in un mantello grigio.

In ben dodici città olandesi i puritani formarono congre-gazioni. Un rifugio prediletto divenne Delft, base dei mercan-ti inglesi. Stavano nel quartiere piú bello, «sistemati con tuttele comodità e godono molti privilegi». I mercanti rappresen-tavano la nuova classe ricca e ambiziosa e parteggiavano per ipuritani contro la vecchia aristocrazia. Avevano scelto comeloro pastore John Forbes, condannato a morte in patria, «equi diventato l’oracolo di tutti i predicatori ribelli». La vita inOlanda non era per tutti facile. La lunga mano di Laud arri-vava fin laggiú e alcuni finivano di colpo immersi in un grovi-glio di intrighi e cospirazioni senza possibilità di trovare unafonte di sopravvivenza. Una delle spie dell’arcivescovo eraJohn Paget. Nonostante fosse stato espulso dall’Inghilterra,creava mille ostacoli ai fuorusciti. La ragione del suo compor-tamento sta nel fatto che era presbiteriano e nutriva per gli in-dipendenti e i congregazionisti lo stesso odio che provava pergli anglicani.

Il grande Ames

In Olanda viveva da tempo in esilio William Ames, il piúgrande allievo di Perkins, di «mentalità un uomo della NuovaInghilterra». Attraverso i suoi scritti inculcò nell’animo ameri-

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bruciare dal diavolo perché non rispettiamo il sabato». Favo-riti dal nuovo clima, anglicani, cattolici, arminiani si lanciaro-no nella caccia ai puritani. «I profani», raccontava Joseph Li-ster, «ci aggredivano in massa e, bestemmiando, interrompe-vano le pratiche del sabato».

Solo Dio poteva soccorrerli. Lo invocavano di far morireLaud «entro il 5 novembre». Uno di loro, Richard Bowyer, mi-se addirittura in giro la voce che l’arcivescovo era stato arre-stato per traffici illeciti col papa. Bowyer pagò cara la sua im-pertinenza, finí alla gogna con due cartelli inchiodati alle orec-chie sui quali era scritta la sua offesa al potente arcivescovo.

Esasperati, i puritani reagivano sempre piú spesso con ge-sti sconsiderati. Nella chiesa di St. Edmund a Salisbury cam-peggiava una vetrata con su dipinto Dio nelle vesti di un vec-chio intento a disegnare il mondo col compasso. L’archivistapuritano Henry Sherfield la frantumò a colpi di martello. Ilpiú scalmanato era l’avvocato William Prynne, uno stravagan-te grafomane. Ebbe il coraggio di scrivere piú di mille pagineper dimostrare che le rappresentazioni teatrali comportavanopeccato mortale. La regina Henrietta Maria, appassionata didrammi e danze, la prese come un’offesa personale. A Prynnevenne inflitta la gogna. Gli bruciarono il suo libro sotto il na-so e fu «quasi soffocato dal fumo». Gli tagliarono le orecchiee poi gliele ricucirono. Non si arrese. «Piú mi colpiscono epiú mi ribello». Che personaggio! Meriterebbe da solo un li-bro. Sbeffeggiava l’arcivescovo, contestava l’ordine di inchi-narsi davanti ai membri della famiglia reale, paragonava CarloStuart a Nerone. Un implacabile piantagrane.

Molti puritani fuggivano all’estero. Come «sciami di ve-spe», si riversavano in Olanda brownisti, battisti, indipenden-ti. La persecuzione non colpiva solo la setta inglese. Nel para-diso olandese andò a rifugiarsi anche il matematico, filosofo espadaccino francese René Descartes, detto Cartesio. Le sueidee non erano gradite alla Chiesa cattolica.

Sir Robert Harley non trovava onorevole la fuga e invitava aresistere, «tutti dobbiamo fare qui la nostra parte per distrug-gere in Europa la gran puttana, la Chiesa cattolica». La guerracontro i cattolici era vista come l’atto finale, l’Armageddon.

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libro che si credeva dettato da Dio parola per parola. Nellasua bontà Dio aveva offerto una guida all’uomo caduto nelpeccato, leggere era come ascoltare la voce del Signore. Quan-do Nathaniel Ward fece un discorso prendendo ad esempiogli antichi governi greco e romano, Whintrop protestò che icristiani dovevano basarsi sulla Bibbia e non andare a cercarelezioni «in queste comunità pagane». La Bibbia indicava la viada seguire in tutti i campi della vita. Non conteneva solo le-zioni morali ma anche profezie riguardo al futuro. Bisognavastudiarla per capire cosa c’era da aspettarsi. Il sogno dei puri-tani era quello che spesso infervora gli uomini, cambiare ilmondo. C’è chi vuole cambiarlo con la politica, chi ricorre aglieserciti. Loro volevano cambiarlo con la religione. Per nonusare nomi di santi, mettevano ai figli quelli di personaggi bi-blici, Rachele, Jonathan, Samuele, Nathaniel. O delle virtú,Prudenza, Fede, Grazia, Felicità, Gioia, Costanza, Verità. Eancora oggi molti registri municipali americani sono zeppi dinomi tratti dalla Bibbia, Moses, Rebecca, Sara, Gedeone.

Il viaggio costava caro, 5 sterline a persona, 10 per un ca-vallo e 3 ogni tonnellata di merci. Questo, ammoniva ThomasDudley, «non è un posto per gente povera». Arrivati a Bostonsi facevano assegnare terreni coltivabili, contribuivano a esten-dere la colonizzazione creando nuovi villaggi. Il piú delle vol-te gli davano lo stesso nome di quelli abbandonati in Inghil-terra. Per esempio il villaggio chiamato Agawam dagli indianivenne ribattezzato Ipswich quando si stabilirono lí centottan-tasei coloni provenienti dalla Ipswich inglese.

Nell’arco di dieci anni ventimila puritani attraversarono l’o-ceano. Erano i new englanders, gli inglesi del Nuovo Mondo.

Cotton

Dopo aver studiato all’Emmanuel college, Thomas Hookeraveva fondato una scuola a Chelmsford, nell’Essex, dov’eraun’autentica star. I giovani lo ascoltavano come un oracolo.«Spendevano il loro tempo in incontri privati e conferenzecon lui e poi tornavano nei loro villaggi e la domenica» indot-

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cano le virtú del vivere «in modo sobrio e laborioso». Il suo te-sto Marrow of Theology pubblicato nel 1627 divenne il classicolibro di teologia per generazioni di puritani. Bastava quello e laBibbia, dirà Cotton Mather, per diventare buoni predicatori.

Il «colto dottor Ames» insegnava che la predestinazione«esiste dall’eternità», è stata decisa «prima della creazione diogni cosa». Aveva una visione selettiva della vita, i santi desti-nati a prevalere e i reprobi a patire emarginazione e disprezzo.Catalogò i passi verso la salvezza. La fede porta alla giustifica-zione, al perdono. Segue l’adozione, «l’albeggiare di una nuo-va vita interiore». Il terzo scalino contempla la santificazionecon cui il peccatore è trasformato in «una nuova splendidacreatura». Il processo culmina con la glorificazione. «Senti lacarezza di Dio», gioisce Charles Cohen. Non è un percorso li-neare. È pieno di insidie e può condurre alla disperazione, per-ché a volte si teme di non farcela. Ma sviluppa anche un ecce-zionale autocontrollo. Favorisce l’ordine e la disciplina.

Hugh Peters e Thomas Hooker avevano raggiunto Ames evolevano portarlo nella Nuova Inghilterra, dove molti lo invo-cavano. Ma il fiume Maas straripò allagando la chiesa. Amesfu travolto dalle acque, cadde ammalato e morí fra le bracciadi Peters. Colui che esercitò la piú grande influenza sulla gio-vane America non ci mise mai piede. Partirono la vedova e ifigli. Portarono tutti i suoi libri, che divennero i primi volumidella biblioteca di Harvard.

Per la maggior parte dei fuorusciti l’Olanda era solo iltrampolino di lancio verso il Massachusetts. L’emigrazione di-venne cosí massiccia che nel 1633 l’arcivescovo Laud cercò diarginarla facendo bloccare nel Tamigi dodici navi pronte apartire per l’America. Interi villaggi si spopolavano. Famiglieal completo trasvolavano. Questo è l’aspetto unico della Nuo-va Inghilterrra. Non partivano i singoli. Se ne andavano interinuclei. Molte famiglie benestanti portavano con sé i servitori,spesso felici di cambiare aria perché carichi di debiti.

Il pastore si metteva in viaggio seguito da tutti i suoi fedeli,legati a lui da una profonda dipendenza psicologica. In mediac’era un religioso ogni duecento emigranti. Il gregge lo pren-deva per oracolo, capace di scoprire la verità nella Bibbia, un

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Subito dopo l’arrivo divamparono fra loro gelosie e dissa-pori. Cotton, con la sua figura aristocratica, solenne, il viso in-corniciato da lunghi capelli ondulati, incuteva rispetto. Avevauno sguardo magnetico con cui incantava i fedeli, specialmen-te le donne, che ne fecero un idolo. Nathaniel Ward non siconsiderava degno di «pulirgli le scarpe». Fu scelto come pre-dicatore nella chiesa di Boston accanto al pastore John Wil-son. Nello spazio di pochi mesi, egli passò dallo stato di per-seguitato nella vecchia Inghilterra a quello di guida spiritualepiú influente della Nuova Inghilterra. Il leader della New En-gland Way. «Furono convertiti da lui», racconta Winthrop,«molti piú che in ogni altra chiesa della Baia».

Come tutti i predicatori puritani, Cotton scriveva libri il-leggibili. Quello intitolato Latte per gli infanti, ricavato dallemammelle della Bibbia, veniva inflitto ai bambini a scuola.Egli aveva un concetto orribile dell’umanità. A suo giudizio,l’uomo è un essere abietto, «profondamente depravato» e in-cline a compiere azioni malvagie. La ribellione di Adamo ave-va trasformato l’uomo in uno scellerato, con una «sottigliezzaperversa nel trovare vie per ricadere nel peccato». Per Sibbesil peccato è un distacco temporaneo da Dio e tutti gli sforziumani tendono a colmare il gap, recuperare il legame con Dio.Il solito Perkins è piú crudo, lo considera una macchia sull’a-nima che «fa sentire il bagliore del fuoco dell’inferno». Il pec-cato è la morte dell’anima e anticipa la dissoluzione del corpo.La vita è una preparazione alla fine e il terrore di arrivarci inpreda al peccato è un tormento costante. Al fondo della dot-trina puritana c’è un’agghiaciante paura della morte.

Lo storico David Hacket Fisher individua cinque punti checaratterizzano il puritanesimo della Nuova Inghilterra: la de-pravazione umana, il patto, l’elezione, la grazia e l’amore.«Credevano», dice Fisher, «che non c’era orrore che l’uomomortale fosse incapace di commettere. Il cupo filo di questadottrina domina il pensiero della Nuova Inghilterra per moltegenerazioni». Diffidavano dei bambini perché ancora non co-noscevano la parola di Dio. «Si trovano nello stato di naturadi quando cominciò il mondo», assicurava Cotton. «Sono dianimo malvagio, in lega col demonio».

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trinavano i fedeli. Hooker aveva fama di guaritore di animeangosciate. Era riuscito a rasserenare l’inquieta signora Joan,moglie di sir Thomas Drake. Secondo Hooker, l’Inghilterra,«questa terra malvagia», era irrecuperabile. Prevedeva che«nell’inferno i turchi e gli infedeli certo si troveranno in unasituazione migliore degli inglesi». Solo i puritani erano meri-tevoli di salvezza, i nuovi «Noè di Dio».

Quando le autorità ecclesiastiche lo presero di mira, i segua-ci si mobilitarono e la cosa «sollevò piú rumore che la rivoltaper le tasse». Ma lui sapeva che il sostegno popolare non loavrebbe salvato. Attraversò la Manica e si rifugiò in Olanda.Era un tipo litigioso, si scontrò con altri esuli puritani. Tornòclandestinamente in Inghilterra deciso ad andarsene in Massa-chusetts. A Londra incontrò John Cotton, mirabile predicatore,definito la «musa attica». Cotton aveva 48 anni e veniva dallaBoston inglese, nel Lincolnshire. Era talmente popolare che leautorità ecclesiastiche, sebbene lo considerassero «infettato dalpuritanesimo», avevano chiuso un occhio. Finché l’inesorabileWilliam Laud lo fece convocare per chiedergli conto delle sueopinioni. Il suo amico lord Dorset lo avvertí che se era «colpe-vole di ubriachezza, vagabondaggio o altri reati del genere» po-teva essere perdonato, ma l’accusa di puritanesimo era una fac-cenda ben piú grave. Gli consigliò di squagliarsela. Si nascosesotto falso nome, circolava vestito da mercante. QuandoHooker lo incontrò, Cotton aveva appena perso la moglie, stron-cata dalla febbre, lui stesso era febbricitante e ansioso di scap-parsene in Olanda. Hooker lo convinse a seguirlo in America.

Partirono con la nave Griffin e approdarono a Boston il 4settembre 1633. Cotton era accompagnato da un nugolo diparrocchiani, fra cui i facoltosi mercanti Richard Bellingham eWilliam Coddington. Hooker divenne padre di un bambinosulla nave e per questo chiamato Seaborne, nato in mare. Ave-va al suo fianco l’inseparabile reverendo Samuel Stone, anchelui «illuminato con la parola» all’Emmanuel college. Due per-sonaggi, Cotton e Hooker, di grande rilievo, destinati a lascia-re un segno profondo nella storia americana. Ma proprio per-ché erano entrambi stelle di prima grandezza non potevanoconvivere a lungo.

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scandalo rifiutando di entrare nella congregazione di Bostonperché essa non ripudiava del tutto la Chiesa d’Inghilterra.Winthrop gli spiegò che volevano realizzare la purezza evan-gelica «senza una completa separazione». Una separazione,secondo Cotton, «in forma pacifica». In realtà la loro indipen-denza dall’Inghilterra era completa. Fin dall’inizio il Massa-chusetts godette i privilegi di una repubblica autonoma, magli astuti capi evitavano di proclamarlo ufficialmente per nonirritare la madre patria.

Incapace di accettare compromessi, Williams replicò sprez-zantemente che solo «puttane e ubriaconi» potevano rimanerelegati alla Chiesa inglese. Dotato di una buona dose di esalta-zione, fu una delle anime piú tempestose del Nuovo Mondo.«Divinamente pazzo», fu definito. Avendo appena trent’anni,era piú giovane dei leader di Boston e nutriva idee, diciamocosí, moderne. Nella mitologia americana è il simbolo dellalotta per la democrazia, la tolleranza religiosa, la libertà indivi-duale e per «una coscienza libera, anche quando sbaglia». Wil-liams non riconosceva alle autorità civili il diritto di interveni-re in campo religioso. Era un grande idealista. Pensava cheuna società di santi era perfetta e non aveva bisogno di con-trolli. In questo senso fu il primo a parlare di una completa di-visione fra Chiesa e Stato. La Chiesa è una cosa, il mondo un’al-tra. Mise il primo mattone di quello che Thomas Jeffersonchiamò poi «l’alto muro di separazione» fra Chiesa e Stato.

Deluso, lasciò Boston e prese la via per Salem. Nemmenolí trovò una chiesa pura. Si rimise in cammino verso sud fer-mandosi a Plymouth, dove il modello di chiesa separata deipadri pellegrini sembrò soddisfarlo. Bradford lo valutò «unuomo buono e molto zelante» ma «poco a posto con la testa».Col passare dei mesi lo vide farsi sempre piú inquieto, finchéun giorno «se ne andò all’improvviso».

Era il 1634. Williams fece ritorno a Salem. Passionale e do-tato di notevole charme, riuscí a convincere i fedeli a nomi-narlo pastore al posto di Samuel Skelton, deceduto. Manten-ne l’incarico per circa un anno durante il quale trascinò la con-gregazione sulla via del separatismo. Il Massachusetts rischia-va di trasformarsi in un «vivaio di fazioni e separazioni». Ma

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Come aveva detto Sant’Agostino, che ebbe grande influen-za sui puritani, l’umanità aveva meritato la dannazione di Dio.Seguire le direttive divine contenute nelle Scritture era l’unicasalvezza. «Piú una legge odora di uomo», diceva Cotton, «piúè inutile». Riconosceva due tipi di poteri, l’ecclesiastico e il ci-vile. Separati, ma non l’uno contro l’altro. I magistrati dove-vano far rispettare nella vita pratica l’ortodossia religiosa e ri-volgersi, se avevano dubbi, ai pastori, fonte di verità. L’eresiadivenne un delitto civile. Lo scopo comune era la gloria diDio. Su queste basi si cementò fra Cotton e Winthrop un buonaffiatamento. Il teologo e il governatore erano i supremi con-trollori della vita dei santi, li chiamavano Mosè e Aronne. Chie-sa e Stato uniti nella salvaguardia della moralità.

Il collerico Hooker e il suo fido Samuel Stone furono rele-gati nel villaggio di Newtown, l’attuale Cambridge, dove fon-darono la chiesa congregazionale che è ancora lí, piccola, com-patta. I puritani non costruirono cattedrali e chiese con archie guglie lanciate verso l’infinito come gli europei.

Hooker non fu felice di essere messo ai margini, in un vil-laggio isolato, mentre Cotton pontificava a Boston. Eranoesponenti di due diversi filoni puritani. Cotton derivava daSibbes, di cui teneva il ritratto in camera, e Hooker da Ames.In Inghilterra la necessità di combattere un nemico comuneaveva fatto dimenticare le differenze. Nella Nuova Inghilterrale due fazioni entrarono in collisione.

Williams

La terra promessa fu all’improvviso sconvolta da un giova-ne guastafeste. Nel febbraio del 1631 arrivò con la nave Lyonil «reverendo ministro» Roger Williams. Un tipo affascinante,irruento e gonfio di arroganza. Un altro prodotto dell’univer-sità di Cambridge. Aveva esordito come cappellano di sir Wil-liam Masham. Cercò di sposare la figlia del nobiluomo, ma furespinto e ripiegò sulla cameriera. Ora arrivava con la speran-za di trovare completa libertà di culto. Non immaginava di fi-nire in mezzo a una comunità chiusa e diffidente. Fece subito

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Scontri di potere

«L’intero destino dell’America», ha scritto Tocqueville, «ècontenuto nel primo puritano che sbarcò su queste spiagge».Il puritano medio della Nuova Inghilterra era un popolano dimodi rozzi ma dotato di acuta furbizia. Quando Lord Brooke,eminente puritano, propose di stabilire un’aristocrazia eredi-taria, Cotton gli disse no. I titoli nobiliari non contavano piúnulla. Crollava il concetto di potere per diritto di nascita. Co-mandava chi aveva ricevuto da Dio la vocazione a farlo. E cioèi piú abili.

La grande disponibilità di terra e i commerci prometteva-no vantaggi economici a una larga parte di abitanti. La mise-ria che affliggeva l’Inghilterra lí era sconosciuta. Ma il benes-sere non era un magico dono. Tutto era frutto di uno sforzo.Gli scaltri coloni, gente operosa, prosperavano e cominciaro-no a sviluppare anche una coscienza politica. Volevano evitareil consolidamento di un potere privo di qualsiasi controllo.Chiesero l’elezione di propri delegati. I primi a ribellarsi furo-no gli abitanti di Watertown. Gli avevano imposto un contri-buto necessario per compiere lavori nel villaggio di Newtown.I capi religiosi e i cittadini tennero un accalorato dibattito erifiutarono di pagare. Fu la prima protesta al grido di «no taxa-tion without representation», niente tasse senza rappresentan-za. Un preludio della rivolta contro il dispotismo fiscale chepoi sarà all’origine dell’indipendenza degli Stati Uniti. Ma

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siccome Salem aveva chiesto di poter estendere i propri confi-ni ad alcuni territori fertili, la Corte generale la ricattò. Se ab-bandonava Williams bene, altrimenti niente territori. Salempreferí i territori e cacciò via l’ingombrante predicatore.

Per nulla domo, Williams sferrò un attacco direttamente aicapi della colonia. Sostenne che la licenza con la quale aveva-no ottenuto il permesso di stabilirsi su quelle terre non aveva«alcun valore davanti a Dio». L’aveva rilasciata il re d’Inghil-terra, un usurpatore privo di diritti su territori che appartene-vano agli abitanti locali, e cioè agli indiani. Quando poi i capidel Massachusetts imposero agli abitanti di giurare di difen-dere la colonia contro ogni nemico, Williams gridò di nuovoallo scandalo. Un giuramento era per lui un atto di devozione.Siccome non tutti i coloni erano redenti, «si costringono per-sone malvagie a pronunciare il nome di Dio invano».

Il governo del Massachusetts tenne molte riunioni per deci-dere come neutralizzare quel seminatore di zizzania. «Che cista a fare la figlia di Sion a Babele?», si irritò Cotton. Alla finela Corte generale lo accusò di eresia e gli ordinò di lasciare lacolonia. Fu il primo «disturbatore d’Israele» a essere messo albando. Può sorprendere che i puritani, emigrati perché in In-ghilterra si sentivano perseguitati, divennero a loro volta perse-cutori. Ma è il destino di tutti quelli che si ritengono eletti delSignore. Chiunque li contraddica è un ostacolo sulla retta via.

Stavano per caricare Williams su una nave e rispedirlo inInghilterra. Ma Winthrop, nonostante vedesse in lui un gravepericolo, nutriva affetto e ammirazione per quel testardo pu-rista. Segretamente lo avvertí di quello che lo attendeva, gliconsigliò di sparire in fretta. Era gennaio del 1636. Il predica-tore si mise in cammino con la moglie e i figli in mezzo allaneve. Nel giro di un paio di mesi raggiunse un villaggio india-no nella baia di Narragansett. Gli indiani accettarono di ven-dergli un lembo di terra su cui fondò il suo paradiso privato elo chiamò Providence. Per anni lui e Winthrop continuaronoa scambiarsi lettere. Williams incitava il governatore ad«astrarsi con una santa violenza dal mucchio di letame dellaterra». Ma il saggio Winthrop replicava che l’uomo non puòevitare la sua realtà terrena. Assurdo fuggire dalla pazza folla.

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volontari inglesi al seguito di Enrico di Navarra e poi devotodi John Cotton. Si definiva «non libertino». Una volta stavapreparando con Winthrop la risposta a una richiesta arrivatadall’Inghilterra. Dudley si rifiutò di metterci la firma perché ildocumento inglese conteneva espressioni come «reverendi ve-scovi» e definiva il re «Sua Sacra Maestà». Era un tipo om-broso e facile a offendersi. Se il sabato scopriva qualcuno adilettarsi col combattimento dei galli o con esercizi sportivi,minacciava punizioni terribili. Però accumulava beni e li mol-tiplicava con l’usura. Winthrop era piú conciliante perché«nella fase in cui una colonia si va formando bisogna essereun po’ piú permissivi di quando uno Stato è già stabilito».Dudley era geloso dell’autorevolezza di Winthrop e un po’spaventato dalla popolarità che godeva. Per rovinargli la re-putazione ammoní la gente a non fidarsi: il governatore volevaconquistare la loro benevolenza solo per imporre un poteredittatoriale.

Il danno fu indiscutibile perché nemmeno l’anno successi-vo Winthrop recuperò la fiducia. Per la carica di governatoregli fu preferito John Haynes, un altro tipo roccioso e intratta-bile. Tuttavia Winthrop rimaneva per molti il personaggio acui rivolgersi nei momenti difficili. Usava le sue doti di leaderpaziente e carismatico per mantenere la colonia unita. E conferrea volontà perseguiva la sua missione sacra nel cuore delleforeste americane.

Erano ben avviati i commerci con gli indiani e con gli olan-desi insediati sull’Hudson, dov’è ora New York. A primaverale navi lasciavano il porto di Boston dirette in Inghilterra. Por-tavano zucchero, stoffe di lino, pellicce di castoro. Tornavanocariche di pecore, utensili di ottone, vino bianco delle Cana-rie. I marinai erano motivo di grande preoccupazione. Si infi-schiavano della morale puritana e davano scandalo corteg-giando le donne e rimpinzandosi di vino. I piú brutali e i piúempi fra gli uomini. Gli venne imposto di lasciare la città e ri-tirarsi a bordo delle navi entro il tramonto.

Gli inglesi non si occupavano delle pratiche religiose deicoloni. I collaboratori del re non volevano imporre nulla a «la-boriosi manifatturieri». Badavano al sodo: le colonie promet-

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Winthrop li convinse che lui e gli assistenti formavano il go-verno di tutti con la necessaria autorità per imporre tasse. E ivillaggi non potevano rifiutarsi come se fossero autonomi. Co-stituivano un unico popolo e quella terra era diventata la loronazione. Di fatto una proclamazione di indipendenza. Ma an-che l’ammissione che la sacra avventura stava diventando unaffare politico.

Lo scontento non si placò. I capi si comportavano come«dei in terra» e volevano mantenere la comunità in armoniaunita dai vincoli d’amore. Gli interessi particolari del singolonon contavano. Ognuno doveva accettare di stabilirsi dove gliveniva imposto, i commercianti moderare i prezzi e pagare sa-lari adeguati. Winthrop aveva in mente una società patriarcalesul modello dell’Antico Testamento. Quando Israel Stough-ton mise in discussione il potere dei magistrati il governatorelo aggredí come «disturbatore di Israele e sovvertitore delloStato». «Naturalmente», leggiamo nell’accurato studio di Ti-ziano Bonazzi, «buona parte dei freemen non potevano ragio-nare a questo modo, e pur affermando di voler seguire l’esem-pio dell’antico Israele non abbandonavano la loro formazioneinglese: in conseguenza la limitazione del potere dei magistra-ti parve loro il mezzo piú adatto per intervenire in quelle ma-terie in cui non vedevano la necessità di un intervento esclusi-vo di Dio attraverso gli assistenti».

A maggio del 1634 la Corte generale riconobbe a ogni vil-laggio il diritto di eleggere due o tre rappresentanti. Nascevaun’assemblea legislativa costituita dai deputati dei singoli vil-laggi. Ma il campo d’azione dei deputati doveva limitarsi alladiscussione sui problemi della colonia, il potere decisionale ri-maneva nelle mani dei magistrati. Erano come i patriarchi bi-blici la cui autorità era favorita da Dio. Nel Vecchio Testa-mento i re d’Israele vigilavano sulla religione, ora il compitotoccava ai magistrati cristiani «ai fini di proteggere le chiese».In pratica, una teocrazia.

Fu una Corte generale storica non solo per la vittoria deifreemen, ma anche perché Winthrop dopo quattro anni persela carica di governatore. Fu eletto il suo vice Thomas Dudley,personaggio impetuoso e inflessibile. Era stato capitano dei

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sa a cannonate, un passeggero ci rimise la vita. L’inchiesta con-cluse che «la morte è dovuta alla provvidenza di Dio».

La minaccia di Gorges e Mason durò poco. «Il Signoremandò all’aria i loro progetti», ci racconta un compiaciutoWinthrop. Mason morí. La nave allestita da Gorges si spezzòin due al momento del varo. E il re aveva ben altri grattacapi,come vedremo piú avanti.

Controllo sociale

Nel marzo 1636 la Corte generale inasprí le regole per l’am-missione nelle chiese. Gli aspiranti subivano prima un interro-gatorio da parte degli anziani, successivamente erano obbliga-ti a raccontare in pubblico, alla presenza di tutta la congrega-zione, le loro esperienze spirituali. Come si erano convinti diaver ricevuto la fede salvatrice, quali cambiamenti aveva ope-rato in loro la grazia. Uno screening severo che aveva anche lafunzione di controllo sociale. Thomas Hooker la definiva «lamanifestazione pubblica del nostro assenso alla dottrina di fe-de». Chi superava l’esame veniva ammesso nel patto col Si-gnore e accolto nella chiesa «per camminare insieme come unagiusta e santa congregazione di Cristo».

«Confessavano la loro fede in pubblico», racconta il capi-tano Roger Clap. «Mostravano davanti a tutta l’assemblea leloro esperienze di come lo spirito di Dio operava nei loro cuo-ri, per portarli a Cristo… oh, quante lacrime sono state versa-te nella meeting-house: piangevano quelli che raccontavano leopere di Dio nelle loro anime e anche quelli che li ascoltava-no». Si era arrivati al punto che se uno rifiutava la confessionepubblica della santità era sospettato di essere uno spaventosopeccatore.

Ad alcune donne, «le piú timide e piene di paura», venivarisparmiata la confessione pubblica. Ne bastava una scritta dicui il pastore dava lettura. Ma per quanto l’esame fosse accu-rato, era sempre possibile che qualcuno fingesse. Il rischio del-l’ipocrisia incombeva. Il finto santo poteva mescolarsi ai verieletti. Nessuno poteva spiare nell’animo. Calvino l’aveva mes-

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tevano di essere fonte di ricchezza e all’occorrenza risultavanoutili per spedirvi gli spiriti piú agitati. Ma Laud voleva rende-re conforme anche l’America. Propose di mandare laggiú unvescovo «insieme a forze sufficienti per imporre, se non c’è al-tro modo, l’obbedienza». Non ebbe soddisfazione. Ma ci fuun momento in cui la storia della colonia rischiò seriamentedi cambiare rotta. Sir Fernando Gorges non si era arreso. Vo-leva far valere la sua licenza ottenuta da re Giacomo e strap-pare le terre ai puritani. Nel 1635 il gentiluomo chiese l’inter-vento della corte e re Carlo nominò una commissione presie-duta dall’arcivescovo Laud per chiarire la faccenda. Le proce-dure legali durarono un paio d’anni, alla fine stabilirono cheGorges aveva ragione. E ora insieme con James Mason, un al-tro feroce antipuritano, si preparava a mandare una spedizio-ne per prendere il controllo del Massachusetts.

Winthrop non si perse d’animo. Se gli inglesi arrivavano liavrebbe accolti con scariche di piombo. Fece piazzare l’arti-glieria sul fortino e preparare una torretta sulla quale accen-dere un falò in caso di invasione, per dare il segnale a tutti ivillaggi. Fu allestita sulla collina piú alta che ha poi preso ilnome di Beacon Hill (collina del falò). In seguito Beacon Hillè assurto al rango di quartiere piú vanitoso e aristocratico diBoston, costellato di ville simili a fortezze. Oliver WendellHolmes, superbo professore di Harvard, lo definí «l’asse delsistema solare». E i Cabot, i Lowell, e tutti i presuntuosi ric-coni lí insediati ne erano profondamente convinti. I Cabot era-no cosí altezzosi che si dice parlassero solo con Dio. Furonodue i piú illustri esponenti della famiglia, entrambi con lo stes-so nome, Henry Cabot Lodge. Il primo fu senatore all’iniziodel Novecento. Il nipote ereditò il suo seggio al Senato e fuambasciatore all’epoca di Kennedy e Nixon.

Per la prima volta la colonia era pronta a difendersi da unattacco proveniente dalla madre patria. La rivoluzione ameri-cana contro il re britannico comincia qui, ben prima del 1776.Per precauzione, da quel momento le navi furono obbligate afermarsi a Castle Island, dieci miglia al largo, per subire ispe-zioni. Una nave inconsapevole proseguí verso il porto. Fu pre-

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lamentarsi Shepard lasciò l’Inghilterra con una folta compa-gnia di fedeli. Trovò ospitalità a Newtown in casa di SamuelStone, suo compagno all’Emmanuel college.

Shepard e suo suocero Hooker litigavano spesso con Cot-ton. Una delle dispute piú accese riguardava lo Spirito Santo.Secondo Cotton, quando una persona è convertita, rigenera-ta, entra in essa lo Spirito Santo. Invece Hooker, «la luce del-le chiese», che poteva «mettersi un re in tasca», assegna alloSpirito Santo solo un’azione esterna, un aiuto per favorire lasantificazione dell’eletto. Contrasti anche sulla conversione, larinascita dell’anima. Per Cotton ognuno può capire i cambia-menti che produce nell’animo ed è bene che li racconti in pub-blico. Hooker esclude che i santi conoscano il tempo e i modidella conversione, perciò non possono parlarne. Piú che lagioia della conquista a lui interessa la lotta interiore, lo sforzoquotidiano del santo per rigenerarsi. «Non devi pensare», di-ce Hooker, «che Dio ti corre dietro, devi accontentarti di po-che briciole di misericordia, e piegarti sotto il tavolo finché ilSignore lascerà cadere le briciole». È una battaglia individua-le, solitaria e la vittoria non è visibile all’esterno, è dentro l’a-nima. Ma prima di conseguirla il puritano deve vigilare, tene-re a freno i suoi istinti, fuori c’è un ambiente pauroso e miste-rioso, ma anche dentro si annida un mondo di tenebre.

L’isolamento accresceva le paure dei coloni e li rendeva an-siosi di seguire le raccomandazioni dei predicatori.

Poi venne una donna a portare il fuoco della discordia.

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so in conto avvertendo che «il mistero della grazia di Dio na-sconderà gli ipocriti in mezzo ai santi». Viviamo in un mondomalvagio, rifletteva a sua volta Ames, il rischio è inevitabile.Meglio, però, ammettere novantanove ipocriti, riteneva Cot-ton, che lasciar fuori un solo autentico rigenerato. Piú tardi sidiede per scontato che in mezzo ai santi veri si erano intrufo-lati quelli apparenti. L’appartenenza alle chiese offriva privile-gi, naturale che gli ipocriti cercassero di farne parte. Ma nonfu preso come un male. Cinicamente fu visto solo il lato buo-no della faccenda: gli ipocriti avevano scelto di loro iniziativa,almeno in apparenza compivano un atto di volontà. Potevanoavere un ruolo sociale positivo.

In seguito Richard Mather divenne un pilastro della Con-gregational way e l’iniziatore di una famosa dinastia. Ma il suoesordio non fu felice, rischiò l’esclusione. Arrivò nel Massa-chusetts con trentacinque seguaci esaminati a uno a uno. I cu-pi teologi scoprirono molti errori, Mather e i suoi «non eranogiunti a odiare il peccato perché osceno, ma perché dannoso,perciò non erano mai veramente entrati in comunione con Cri-sto, o Cristo con loro». Furono obbligati a quattro mesi di rie-ducazione. Finalmente il 1° aprile 1636 ottennero il permessodi formare una chiesa a Dorchester. Il loro piú severo giudicefu Thomas Shepard. Le testimonianze di fede non lo convin-cevano perché basate su sogni, su sensazioni gioiose, godi-menti spirituali. Shepard pretendeva una «fede visibile», diffi-dava degli «ubriachi di spiritualità». Ne approfittò per vibrareil primo attacco contro John Cotton, il quale dava importanzaalle emozioni e alle esperienze mistiche.

L’anemico Shepard era di umili origini, «povero, debole,di aspetto pallido». Timido di natura, era il puritano piú com-plesso e tormentato. In Inghilterra aveva fatto lega con Tho-mas Hooker di cui sposò la figlia in seconde nozze. Un giornofu convocato da Laud. L’arcivescovo lo chiamò «ridicolochiacchierone» e gli impose di «mai piú predicare, leggere,celebrare matrimoni, officiare funerali o esercitare qualsiasifunzione ecclesiastica in qualsiasi parte della mia diocesi, se lofarai e io lo vengo a sapere, ti inseguirò in ogni parte del re-gno. E adesso vatti pure a lamentare da chi ti pare». Invece di

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va i fedeli: non pensate di potervi salvare con le buone azioni.I vescovi e i capi del regno tengono d’occhio il vostro com-portamento, pretendono il rispetto delle regole per potervigiudicare in base ad azioni visibili. Dio no. Esige un atto di fe-de per concedere la grazia. Fu come una rivelazione per AnneHutchinson. Un’emozione interiore, la fede, era la chiave perconquistare il paradiso. La sua anima tormentata sviluppò unfervore quasi mistico.

Durò vent’anni il colloquio spirituale col suo profeta, fin-ché John Cotton, come abbiamo visto, nel 1633 fu costretto afuggire nella Nuova Inghilterra per sottrarsi alla persecuzionedi Laud. Anne si sentí sola e disperata. A 42 anni aveva giàpartorito quattordici figli, di cui tre erano morti. Ma era pie-na di energia. Decise di partire con la sua numerosa famigliaper raggiungere Cotton. Sulla nave Griffin ascoltò i sermonidel reverendo Zechariah Symmes e non li gradí. Al contrariodi Cotton, Symmes dava molta importanza alle buone azioni.Lei lo contestò apertamente con il piglio di una vera leader eattrasse dalla sua parte tutte le donne che viaggiavano sullanave.

Arrivata a Boston, rabbrividisce a vedere «lo squallore delposto», ma ritrova Cotton e in breve tempo conquista le sim-patie di un bel gruppo di puritani. Si rende utile come levatri-ce, offre i prodotti del suo orto, ha un rimedio per ogni ma-lanno perché esperta nel preparare infusi di erbe medicinali.Unisce maniere gentili a una personalità dominante, «una don-na di animo speciale, con il dono dell’eloquenza». Finisce pertrasformarsi in una specie di profetessa. Accoglie in casa duevolte a settimana gruppi di donne, e in seguito anche uomini,per discutere di problemi religiosi. Ricchi mercanti, alberga-tori, funzionari del porto, gente facoltosa che trova sollievonell’ascoltarla, perché lei, al contrario dei pastori, non lanciaammonimenti ai profittatori, non rivolge richiami morali. Van-no ad ascoltare il sermone di Cotton e poi si radunano con laHutchinson per sentire il suo commento.

Questa prima grande donna della storia americana non so-lo osava occuparsi di questioni religiose, ma elaborava una suateologia. Parlava di illuminazione spirituale e invitava a sco-

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Una donna speciale

La terra promessa aveva le vie fangose di Boston. Il 18 set-tembre 1634 le percorrevano duecento immigrati appena sbar-cati. Fra loro William Hutchinson e sua moglie Anne. Lui sem-brò a Winthrop «un uomo piuttosto debole e completamentesuccubo della moglie». Lei dava invece l’impressione di unadonna forte e spavalda, «di intelligenza pronta e di animo au-dace». Era una ricca famiglia di mercanti. Si costruirono unacasa in High Street proprio di fronte a quella di Winthrop.Nel giro di pochi mesi quella donna sconvolse la vita della gio-vane colonia.

Nata nel piccolo villaggio di Alford, nel Lincolnshire, era fi-glia del pastore Francis Marbury, in casa del quale si tenevanoaccese riunioni puritane. Lei ne fu influenzata e fin da bambinala sua mente fu dominata dalla religione. A 21 anni sposò il mer-cante William Hutchinson, lo costringeva a seguirla una voltaalla settimana da Alford fino a Boston, una trentina di chilome-tri. Andavano ad ascoltare i sermoni di John Cotton, che si erada poco insediato nella chiesa di St. Botolph e stava già diven-tando molto popolare come suadente predicatore. Parlava daun pulpito fatto da lui costruire nel 1612 descritto da un visita-tore come «il piú alto d’Europa». Godeva di tale prestigio chese fosse stato cattolico sarebbe sicuramente diventato cardinale.

Da quel pulpito John Cotton, il quale ogni sera si «raddol-civa la bocca» leggendo un brano del torvo Calvino, ammoni-

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puritano era uomo pratico, non si perdeva in teorie metafisi-che, la teologia, diceva Preston, «è azione».

Turbato dalla Hutchinson, Winthrop vide arrivare dall’In-ghilterra altre due teste calde. Il 6 ottobre 1635 sbarcarono ilpastore Hugh Peters e sir Henry Vane, un giovane riccioluto esegaligno, figlio del ciambellano di re Carlo. Nei disegni del-l’epoca sir Henry ha l’aria di un dandy, con un viso gentile elo sguardo fiero. Un tipo frenetico, che «aveva sempre un’e-spressione frettolosa come se spiriti maligni lo possedessero».Si rivelò subito un ribelle incendiario e inguaribile sognatore.Peters era un intrigante fazioso che aveva sviluppato le ideedel congregazionismo in Olanda sotto l’influenza di Ames.Aveva pronunciato il sermone al funerale del suo maestro. Tut-ti e due, come vedremo, pagarono con la vita le loro smaniepuritane quando salí al trono Carlo II.

Intanto portarono scompiglio nella colonia della Baia. Nelgiro di poche settimane organizzarono una riunione di magi-strati ed ecclesiastici con l’intenzione di sanare alcune «distra-zioni» della comunità e «realizzare una piú ferma e amichevo-le unità delle menti». Volevano imporre una piú rigida osser-vanza della morale puritana. Una mossa contro Winthrop, ac-cusato di «eccessiva indulgenza». La controversia religiosa pro-vocò una netta divisione politica. Due partiti si fronteggiava-no, Winthrop e il pastore Wilson da una parte, Peters e Vanedall’altra, appoggiati da Cotton e dall’ex governatore Dudley.

La campagna contro Winthrop ebbe successo e il 25 mag-gio 1636 sir Henry Vane a soli 23 anni fu eletto governatore.Cominciò a comportarsi in maniera avventata manifestandouno spirito impulsivo, senza la saggezza di Winthrop. Propu-gnava una completa libertà di culto e prese a cuore il caso del-la Hutchinson. I seguaci di quella profetessa lo accolsero co-me «un dono del cielo». Ma Hugh Peters prese le distanze dasir Henry, accusandolo di essere «andato cosí avanti da crede-re che mantiene una relazione personale con lo Spirito Santo».

In quello scorcio di primavera la colonia si avviava versouna fase molto convulsa. Il 31 maggio 1636 Winthrop annotònel suo diario: «Maestro Hooker, pastore della chiesa di New-town, e la maggior parte della sua congregazione, se n’è anda-

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prire dentro di sé la scintilla con cui Dio si rivela direttamen-te. Infervorava i fedeli dicendo che il Signore fa scendere neicuori lo Spirito Santo. A quel punto l’essere umano quasi smet-te di esistere perché trascinato nell’estasi ha la luce divina co-me guida. Chi ascoltava le sue meditazioni diceva di provarne«una gioia stupenda».

Le conseguenze di questa dottrina erano devastanti. Se Dioillumina di colpo l’anima e lo Spirito Santo diviene la guidainteriore, all’uomo non rimane piú nulla da fare. Se il Signoreama rivelarsi a un animo ingenuo e ignorante piú che a unoistruito, diventa superfluo anche studiare la Bibbia per sco-prirvi le leggi di Dio e, in definitiva, non c’è nemmeno biso-gno di ministri e predicatori. Era entrato nel Massachusettsl’antinomismo, una parola coniata da Lutero (da anti, contro,e nomos, legge) per indicare la dottrina secondo cui la rivela-zione è piú importante della legge. Era una rivolta antintellet-tuale. La Hutchinson aveva innescato uno straordinario ardo-re collettivo e i suoi seguaci erano pervasi da una spiritualitàvisionaria. Secondo Edmund S. Morgan, «erano i nichilisti deldiciassettesimo secolo».

I puritani ortodossi ne provarono orrore. L’unione di unindividuo con lo Spirito Santo era per loro inconcepibile. IlCreatore e le sue creature vivevano su due livelli nettamenteseparati. Fonderli insieme significava elevare l’uomo a divi-nità. Si ricadeva nel peccato di Adamo che disobbedí e com-mise il famoso delitto alimentare proprio per acquisire unanatura divina.

Un giovane sognatore

Sul suo diario, Winthrop cominciò a elencare i «pericolosierrori» di quella donna «di ingegno pronto e spirito audace».Poi si fermò. Ha lasciato un bello spazio bianco, forse scon-volto dai possibili effetti pratici sulla vita della colonia. Il «sa-cro esperimento» poteva riuscire se tutti si comportavano inmodo razionale e costruttivo, rispettando rigide regole. Seprendevano piede atteggiamenti spirituali mistici era la fine. Il

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fondare una colonia lungo la valle del fiume Connecticut dovecontavano di trasferirsi. Nominarono governatore John Winth-rop junior, di 29 anni, e lo incaricarono di preparare i primiinsediamenti. Il giovane Winthrop costruí un forte alla focedel fiume Connecticut. Cosí adesso Hooker da una parte erasotto il controllo del padre e dall’altra si trovava il figlio piaz-zato al confine della sua colonia. In teoria era prigioniero del-la famiglia Winthrop. Ma lui, detto «figlio del tuono» per lavoce roboante, lui che pronunciava i sermoni con «la cadenzadi un esercito in marcia», non era tipo arrendevole. E proget-tava di estendere il controllo su un territorio piú ampio.

Ebbe inizio una lotta feroce tra il Fiume e la Baia per espan-dere i propri confini. Piú vasta era la colonia e piú poteva sod-disfare la cupidigia di chi voleva ritagliarsi sconfinate proprietàterriere. Un grande potere serviva a fare meglio la volontà delSignore. A Boston guardavano Hooker con timore e sospetto.Lo circondarono di spie. Winthrop faceva bloccare le navi di-rette verso le coste del Connecticut, descriveva la colonia delFiume come un posto orribile dov’era sconsigliabile metterepiede.

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to nella valle del fiume Connecticut. La moglie viaggiava suuna lettiga trainata da un cavallo, con centosessanta pecore delcui latte si cibarono durante il viaggio». Il vulcanico Hookercambiò aria per varie ragioni. Un po’ perché non sopportavala soverchiante influenza di Cotton. Un po’ perché la ricerca diun angolo tranquillo fa parte dell’animo puritano. Un postodove meditare e «scrutare in silenzio nel proprio cuore». Allostesso tempo stava cercando una terra con ampi pascoli per legreggi dei suoi seguaci. I villaggi erano sorti troppo incollati gliuni agli altri, i coloni cominciavano a sentirsi stretti, le loro be-stie sconfinavano provocando litigi. Non c’erano siepi e barrie-re. Il tempo delle «buone siepi fanno buoni vicini» è successi-vo. I maiali invadevano cosí di frequente le piantagioni di maische si rese necessaria una legge per la valutazione dei danni.

Hooker seguí la via poi nota come Old Connecticut trail,che passava da Watertown e, attraverso gli attuali villaggi diWaltham, Wayland e Farmington, piegava a sudovest verso ilfiume, un viaggio di circa centosessanta miglia. Tra gli alberi,sul fiume, fondarono la colonia del Connecticut, sulla riva de-stra del corso d’acqua edificarono Hartford, dal nome del vil-laggio inglese Hertford dov’era nato Samuel Stone, compa-gno inseparabile di Hooker.

Comincia con Hooker la marcia verso ovest alla ricerca disempre nuova terra. Lungo il fiume si sviluppano i traffici conle tribú dell’interno. Winthrop non gradisce la partenza, «nondovrebbero allontanarsi da noi, perché sono a noi uniti in ununico corpo e legati per giuramento a ricercare il bene di que-sta comunità». Immagina una grande famiglia di tipo patriar-cale, una comunità biblica, una tribú come nell’Antico Testa-mento. Vuole evitare dispersioni anche per ragioni pratiche,stando uniti ci si può difendere meglio da eventuali attacchi.

Hooker si insediò su un territorio escluso dalla Carta con-cessa dal re. In pratica era un abusivo. Nonostante fosse privoin quel momento della carica di governatore, Winthrop cercòdi bloccarlo. Lo costrinse ad accettare una forma di controllodel Massachusetts sulla nuova colonia.

Nel frattempo alcuni gentiluomini puritani avevano datovita in Inghilterra alla compagnia Saybrook con l’intenzione di

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mai a capire quegli individui mezzo nudi che preferivano sta-re con la pancia al sole e vivere in misere capanne, dormiresulle stuoie, invece di arricchirsi e costruirsi belle case di le-gno e pietra. Solo le donne indiane suscitavano qualche inte-resse. I coloni le descrivevano «di capelli neri, con fronte al-ta, grandi seni, vita stretta». Le trovavano molto attraenti. Gliindiani invece non erano per nulla attratti dalle lattiginosedonne inglesi.

«Gli indiani», annotava William Wood, «muoiono di famepiuttosto che lavorare». Si accontentavano di mangiare casta-gne bollite, fragole, more e mais. Il mais era coltivato dalledonne. Tutto il lavoro nei campi gravava sulle spalle delle don-ne. Perciò gli indiani temevano che gli inglesi, con tutta quel-l’insistenza sulla necessità di lavorare, volessero trasformarliin femminucce.

I puritani erano uomini d’azione. Dio aveva concesso i be-ni della Terra e l’uomo doveva servirsene. Chi rinunciava erasospetto di appartenere al diavolo. Non volevano la conviven-za. Gli indiani erano un ostacolo alla conquista degli immensispazi, una specie di barriera naturale simile ai fiumi e alle fo-reste contro cui bisognava combattere. «Abbiamo diritto aqueste terre», proclamò il teologo Joseph Mede. Un dirittobasato su una sua originale teoria, secondo la quale Satana,dopo il trionfo di Cristo, aveva trasferito il suo impero in Ame-rica. Aveva reso gli indiani suoi seguaci. Messa cosí, lo stermi-nio di quegli «agenti di Satana» diventava un omaggio a Dio.

Tutti i mezzi erano buoni. Per esasperare gli indiani e in-durli a sloggiare, gli inglesi spingevano greggi di pecore sui lo-ro campi coltivati. Spesso li ubriacavano per fargli firmare car-te con cui cedevano ampie distese di terra. Solo la voce di Ro-ger Williams si levava contro questi soprusi e denunciava «lacorrotta bramosia di vani tesori, ombre e chimere di questavita passeggera».

Sulla costa Est due erano le tribú indiane piú potenti, iNarragansett insediati sulla fascia costiera del Rhode Island, ei Pequot, che vivevano sulle due sponde del fiume Pequot,l’attuale Thames river. Tribú minori come i Niantic pagavanotributi ai piú forti per garantirsi la protezione. La colonia del-

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Le terre degli indiani

Il Nuovo Mondo era nuovo solo per gli europei. Non pergli indiani che lo abitavano da secoli. Le colonie puritane,compresa Plymouth, erano fermamente decise a prendersi leterre degli indiani. Winthrop aveva una teoria derivata dallasua natura di giurista cavilloso. Siccome gli indiani non dispo-nevano di un contratto di proprietà, quelle terre dovevanoconsiderarsi libere. E gli indiani dovevano usare la cortesia ditogliersi di mezzo. Un umorista sintetizzò cosí il diritto che ipuritani pretendevano di avere: «Votiamo che la terra è delSignore in tutta la sua pienezza. Votiamo che la terra è con-cessa ai santi. Votiamo che i santi siamo noi».

Un paio d’anni dopo l’arrivo degli inglesi, un’epidemia divaiolo sterminò un gran numero di indiani. Secondo Winth-rop era opera della mano di Dio che stava lavorando per ri-pulire le terre e consegnarle ai puritani. «Questa terra l’ab-biamo per promessa», pretendeva Cotton. Rovistavano nellaBibbia alla ricerca di una giustificazione, come gli Israelitioccuparono legittimamente la terra di Canaan cosí loro era-no autorizzati a prendere possesso della Nuova Canaan.Quando un’invasione di cavallette distrusse il raccolto fu in-terpretata come una punizione divina per non aver eliminatoi selvaggi pagani. Sulle coste della New England si scontrava-no due mondi, due civiltà inconciliabili. I puritani non si sen-tivano invasori, ma portatori di progresso. Non riuscirono

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Narragansett a Block Island, un’isoletta scoperta da Giovannida Verrazzano nel 1524 e intitolata al navigatore olandeseAdrian Block, il primo a esplorarla nel 1614. Non si è mai ca-pito perché i Narragansett uccisero Oldham. Ad ogni modo illoro capo, Miantonomi, fu preso dallo spavento. Quell’omici-dio minacciava di rovinare i rapporti di amicizia coi puritani.Si precipitò con ducento uomini sull’isola e massacrò gli auto-ri dell’assassinio. Un castigo immediato con il quale speravadi placare i puritani. Invece non bastò. Un mese dopo, il 25agosto 1636, da Boston partí verso l’isola una spedizione pu-nitiva di novanta volontari, i quali avevano carta bianca: liberidi spartirsi il bottino e vendere come schiavi donne e bambinidegli indiani.

Comandava i giustizieri il fondatore di Salem John Ende-cott, tipo nervoso e un po’ ottuso, un soldataccio sempre pron-to a menare le mani. Se qualcuno non gli rispondeva in modoappropriato era capace di prenderlo a pugni. Un fanatico cheproibiva alle donne di entrare in chiesa a testa scoperta.

Consumata nel sangue la vendetta, il piccolo esercito puri-tano lasciò Block Island e puntò verso la costa del Connecti-cut, dov’è l’odierna Groton. I Pequot non si aspettavano quel-la visita. «Vedendoci arrivare», scrisse John Underhill, unodegli ufficiali, «gli indiani correvano verso di noi gridando:Ehi, inglesi, tutto bene? Perché siete venuti?». Non avevanoidea di cosa stava per capitare. Quando videro i puritani im-bracciare le armi cercarono riparo nei boschi. Al ritornoWinthrop accolse gli autori di quella bella impresa con gioiaperché grazie alla «meravigliosa provvidenza di Dio a nessunoè stato torto un capello».

Invece Lion Gardiner era furibondo. Si trovava arroccatodentro il Fort Saybrook, quello costruito dal figlio di Winth-rop alla foce del Connecticut. Aveva con sé solo venti uomini.Tutt’intorno le tribú dei Niantic e dei Pequot. Per rappresa-glia, gli indiani strinsero d’assedio quel manipolo di inglesichiusi nel forte. Tuttavia i Pequot, ritenuti selvaggi pericolosi,erano molto ragionevoli. Pur di mantenere la pace erano di-sposti a concessioni e ricompense. Di nuovo gli ambasciatoriandarono a Boston. Si impegnarono a versare wampum, pelli

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la Baia aveva un buon rapporto di amicizia e di scambi com-merciali coi Narragansett. A loro volta i Pequot aspiravano aconcludere un accordo con gli inglesi. Pequot vuol dire «di-struttori di uomini» e segnala la natura combattiva di questatribú che era inizialmente insediata sul fiume Hudson e poi siera spinta verso est con la forza delle armi. Nel 1634 i Pequotmandarono ambasciatori a Boston. Proposero di aprire unavia di commercio per ottenere tessuti in cambio di pellicce dicastoro. E chiesero ai puritani di aiutarli a fare la pace coi Nar-ragansett, loro antichi nemici. Ma i puritani non avevano al-cuna intenzione di rendersi utili. Cercavano solo un pretestoper annientare i Pequot. Diedero agli ambasciatori una rispo-sta scoraggiante: se volete avviare una collaborazione, comin-ciate a offrirci quaranta pellicce di castoro, trenta di lontra equattrocento braccia di wampum. Le conchiglie (wampum an-cora oggi in America significa soldi) erano le monete usate neiprimi anni delle colonie. Con una delicata lavorazione veniva-no prodotte sulla costa orientale di Long Island in una zeccacontrollata dai Pequot.

Come se non bastasse, Winthrop e gli altri capi puritani rin-facciarono ai Pequot una storia avvenuta un paio di anni pri-ma, l’uccisione del capitano Stone. John Stone era un ubriaco-ne, pirata e trafficante senza scrupoli. Mentre era a Boston fusorpreso a letto con la moglie di un altro. Lo scacciarono mi-nacciandolo di morte se fosse tornato. Lui se ne andò sul fiumeConnecticut e rapí alcuni indiani Pequot chiedendo un riscattoper il loro rilascio. Gli indiani accopparono lui e i complici.

La morte di un mascalzone come Stone aveva lasciato i pu-ritani del tutto indifferenti. Ora, due anni dopo, quel farabut-to era un ottimo pretesto per colpevolizzare i Pequot. Sicco-me Stone era inglese, fu chiesto agli indiani di «consegnare iresponsabili». I Pequot si scusarono. Intanto pensavano cheStone fosse olandese. E comunque gli autori dell’omicidio era-no già morti. Il loro atteggiamento remissivo non serví a nulla.I puritani li vedevano come cospiratori minacciosi. Aspettava-no solo una buona scusa per fargli guerra.

L’occasione arrivò nel luglio del 1636. Il capitano JohnOldham, partner commerciale di Winthrop, fu assassinato dai

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Il paradiso sconvolto

Un autentico terrore si diffuse nell’autunno del 1636,quando la Hutchinson si mise a dare le pagelle al clero. Disseche in tutto il Massachusetts soltanto due erano veri ministridi Cristo, suo cognato Wheelwright e John Cotton. Gli altrierano scribi, farisei, «lupi in vesti di agnelli», indegni di inter-pretare il Vangelo perché predicavano «sotto il patto delleopere» invece che «sotto il patto della grazia». In parole sem-plici, incoraggiavano a tenere una buona condotta, a compie-re opere pie. Come se Dio potesse essere placato con atti este-riori. Neanche per idea, sosteneva la Hutchinson, solo la gra-zia assicura la salvezza. Solo l’illuminazione divina. Chi speradi commuovere Dio con opere meritorie è destinato all’infer-no, non si fanno affari con Dio, il biglietto per il paradiso nonsi compra. Vale piú un raptus mistico che darsi da fare nelmondo.

La Hutchinson prese di mira con particolare livore JohnWilson. Lo accusò di predicare senza il calore spirituale diCotton. Wilson aveva rinunciato a un incarico di prestigio aCambridge e aveva abbandonato la famiglia per raggiungerela terra promessa. E adesso assisteva al deprimente spettacolodei fedeli che uscivano dalla chiesa quando lui cominciava apredicare. A tal punto quella donna aveva esteso la sua in-fluenza. La maggioranza dei bostoniani era dalla parte di lei. Iseguaci andavano per le strade con facce ispirate. Sembravano

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di castoro e lontra e a cedere alcuni territori. La missione nonebbe successo. Allora i Pequot si videro costretti a giocare lacarta della disperazione. Mandarono emissari a trattare coi lo-ro nemici, i Narragansett. Dissero che era venuto il momentodi mettere da parte le vecchie ruggini e unire le forze per bat-tere gli inglesi che volevano sterminare tutti gli indiani. Le duegrandi tribú messe insieme avrebbero costituito un esercitoformidabile. I coloni rischiavano di essere spazzati via. Ma an-cora una volta il genio di Winthrop volse le sorti a favore de-gli inglesi. Di nascosto aveva aiutato Roger Williams a inse-diarsi nella baia di Narragansett. Ora si rivolge a lui chieden-dogli di sabotare l’accordo. Williams ammira il modo di vive-re degli indiani. «Seduti un migliaio in circolo, ognuno con lasua pipa, in profondo silenzio ascoltano il capo che parla».Con i pazienti Narragansett ha stabilito ottimi rapporti. Pro-prio mentre i Narragansett stanno trattando coi Pequot, Wil-liams si rivela un diplomatico eccellente e li convince a mante-nere l’alleanza con Boston contro i Pequot. Come vedremopiú avanti, è la svolta che segna la fine dei Pequot.

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Stava al fondo di tutto la questione della grazia. Cotton, al-lievo di Sibbes, immaginava Dio come un padre pieno di amo-re per le sue creature. Dio ci sceglie e distribuisce il dono del-la grazia solo per amore. Tutto avviene in modo passivo. «Dioci ama», secondo John Norton, ministro di Ipswich, «non co-me premio al nostro amore verso di Lui, ma solo per il suopiacere». La grazia di Dio viene concessa gratis, l’uomo nonpuò respingerla, non può resisterle e nemmeno può fare qual-cosa per ottenerla. Solo i presuntuosi pensano che la bontàd’animo e un comportamento esemplare siano in grado di in-durre Dio a elargire la grazia. Per quanto si impegni, l’uomonon riuscirà mai a raggiungere il bene con le sue sole forze.Una teoria sconfortante che denuncia la vanità di ogni sforzoumano.

Hooker invece veniva dalla scuola di Perkins e Ames. Ave-va un concetto di Dio come sovrano, il Signore severo e terro-rizzante del Vecchio Testamento. Evocava «l’ira di un Dio of-feso». Il re dell’universo concedeva all’uomo un patto mante-nendo però un’enorme distanza. Il patto rappresentava il gran-de legame fra Cielo e Terra. Un ponte diretto con il Padre cheun po’ sviliva il ruolo di Gesú. Piú appariva distante e mae-stosa l’immagine di Dio e piú era evidente la corruzione uma-na. L’uomo, diceva Shepard, è «un rospo schifoso», passa isuoi giorni nel peccato, e «sputa veleno in faccia a Dio».Hooker raccomandava di mettersi sotto la guida dei pastoriper trovare la retta via. Da parte sua esortava a compiere buo-ne opere in attesa della grazia. Dio aspettava l’iniziativa uma-na prima di concedere la grazia. Ames insegnava a coltivareuna fede attiva. L’eletto doveva predisporre l’animo, pentirsi,umiliarsi, scoprire dentro di sé l’azione di Dio che stringevaun patto con lui e lo salvava. «Cominciate per tempo a servireil Signore, onde cosí ottenere grazia e salvezza». Serviva unapurificazione prima che Gesú entrasse nei cuori. Era la dottri-na della «preparazione alla salvezza».

La grazia arrivava in modo graduale al termine di un lungoprocesso. Niente folgorazione improvvisa, come predicava laHutchinson. Hooker vede gli uomini come mezzi diavoli, per-ciò Gesú gli mette guide, «manda messaggeri», e cioè i pasto-

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rapiti. E si sparpagliavano nei villaggi per fare proseliti. «Unbranco di uomini e donne ignoranti e analfabeti magnetizzatidalla lingua sciolta di quella donna».

Lei diventava sempre piú ardita. Cercò di rimpiazzare Wil-son con un colpo di mano mettendo al suo posto JohnWheelwright, definito da Shepard «un odiosissimo presun-tuoso»: da ragazzo, quando giocava a pallone nel college face-va lo sgambetto a un certo Oliver Cromwell, di cui dovremopresto parlare. Winthrop riuscí a sventare la minaccia. Ma unaguerra teologica violentissima agitava il clero. La rissa si estesealle altre chiese e coinvolse i laici. «Le bocche di tutti eranopiene di litigi teologici e politici». Gli animi erano cosí fiam-meggianti, racconta Giles Firmin, che «le mani erano prontesulle spade per scagliarsi gli uni contro gli altri».

Tristemente Winthrop vedeva i puritani accapigliarsi «co-me in altri paesi protestanti e papisti». Contrasti divampavanoperfino «fra moglie e marito». Il «sacro esperimento» stavaandando in malora. La città sulla collina si era trasformata inun campo di battaglia. Il mondo del governatore era «finitosottosopra». Uno sconvolto Shepard mai «avrebbe credutoche qualcuno si faceva trascinare cosí in basso da una sempli-ce donna». Se la prendeva con «l’ipocrisia evangelica e l’in-ganno» di Cotton.

E questo era l’aspetto grave della faccenda: zittire la Hut-chinson equivaleva a screditare la massima autorità religiosa,il suo mentore Cotton. L’influenza di Cotton era enorme, egliilluminava la vita spirituale della comunità e inculcava negliascoltatori l’assoluta convinzione che il ritorno di Cristo eraimminente. A giudicare dalle recenti statistiche sembra che lasua ombra si sia proiettata sugli Stati Uniti, il 60 per cento de-gli americani crede ancora oggi nella seconda venuta di Gesú.Cotton insegnava che la conversione «fa balenare una luce nelcuore e dà consapevolezza dell’unione con lo Spirito Santo».Esattamente le parole che deliziavano la Hutchinson e riscal-davano gli animi del gregge. Ma la controversia stava deva-stando lui per primo, perché Cotton predicava l’unità, l’armo-nia, «noi siamo un unico corpo mistico». L’ordine doveva re-gnare nell’animo e nella comunità.

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al commercio e all’industria». Cresce un popolo ossessionatodal lavoro, un popolo che in seguito ha vieppiú esaltato il suoattivismo al punto da portarsi questa smania anche a tavola,ha inventato il pranzo di lavoro. Se il lavoro è una virtú, il tem-po per esercitarlo non va sprecato. Il tempo, insegnava She-pard, è una delle piú preziose benedizioni di cui l’uomo puògodere. Un centinaio di anni dopo, l’industrioso BenjaminFranklin coniò lo slogan che è un vero programma economi-co, «il tempo è danaro». I puritani volevano salvare l’anima,ma aspiravano anche al successo. Come dice Weber, «i purita-ni erano nati per diventare businessmen». Con chi falliva era-no spietati, i disgraziati morti di fame non meritavano com-passione ma disprezzo, le loro sventure erano il segno del di-samore divino. La prosperità si identificava con la grazia e lamiseria col rifiuto di Dio. La santificazione finí per essere equi-parata al buon andamento degli affari. Cosa di cui la Hutchin-son era nauseata: «Siamo venuti qui per cercare la salvezzaeterna e invece siamo caduti preda di interessi terreni».

La rivincita

Il giovane Vane era sconvolto dalle risse. Peters lo accusòdi esserne la causa per aver incoraggiato la Hutchinson adiffondere le sue dottrine. Piú d’uno rinfacciava al giovanegovernatore che prima del suo arrivo le chiese erano in pace.E adesso lui, nonostante l’età, mostrava grande arroganza nelvoler pontificare «nelle cose di Dio». Pallido e in lacrime, sirHenry si presentò il 7 dicembre 1636 alla seduta della Cortegenerale con l’intenzione di lasciare la carica di governatore.Lo convinsero a restare, un vuoto di potere in quel momentoavrebbe aggravato la crisi.

Il 12 dicembre gli ecclesiastici della Baia si riunirono a ca-sa di Cotton e convocarono la Hutchinson. Imperterrita, leiribadí che, a parte Cotton, gli altri erano inadatti, privi dell’i-spirazione dello Spirito Santo per interpretare le Scritture. Ilcaos era completo. La Corte generale sentí il bisogno di ricor-rere in alto. Indisse per il 19 gennaio 1637 un giorno di digiu-

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ri. Le differenze pratiche erano notevoli. La grazia spontaneaveniva da un Dio amorevole che infondeva gioia e sicurezzanei cuori. Produceva mistici e asceti. La Hutchinson «pro-muove la pigrizia e annulla ogni sforzo della creatura umana».E diffonde irresponsabilità sociale. Una sfida all’ordine e alladisciplina. Invece la dottrina della preparazione metteva ansiae angoscia nei fedeli, impegnati nella ricerca della purezza emai sicuri di averla raggiunta. Però creava una mentalità co-struttiva. Abituava all’idea che darsi da fare assicura vantaggi.Inculcava autodisciplina. La ricerca della grazia si trasformain un mezzo per il controllo degli istinti e delle passioni. Cosache comporta uno sforzo personale non piú un’azione collet-tiva. L’America cominciava a diventare il regno dell’individuo.La dottrina della predestinazione di Calvino veniva cosí adat-tata al mondo selvaggio delle colonie.

La maggioranza degli uomini della Baia non aspettava daDio illuminazioni mistiche, ma una benedizione per prospera-re in quella landa desolata. Il loro profeta, colui che diede allacolonia l’impronta di un vigoroso realismo economico, fu Tho-mas Shepard. Ammoniva a non illudersi, la grazia non era gra-tuita, bisognava conquistarla con sacrificio. Richiamava tuttiai propri doveri individuali. Trasferito dal piano religioso aquello pratico il discorso suonava come un incitamento a sgob-bare duramente. «Le nostre occupazioni quotidiane ci chia-mano». In polemica con la Hutchinson, Shepard trovava in-giusto e immorale la pretesa di bearsi nella gioia spirituale co-me se «ogni giorno fosse sabato». L’intrepida signora diffon-deva una sorta di irresponsabilità morale perché faceva dipen-dere la salvezza da un’oscura volontà divina e non dal com-portamento personale. Dovevano bloccarla, altrimenti avreb-be portato all’anarchia, alla distruzione dell’ordine sociale.

Shepard abbandona l’utopia e accetta di impegnarsi nelmondo. Con lui il lavoro assume la sacralità di una religione.L’ozio è assimilato al peccato. Una legge del 1633 proibisce idivertimenti oziosi, come il teatro, le carte, i dadi. Non è tan-to condannato il vizio, ma piuttosto la perdita di tempo. Lapalma degli oziosi è assegnata ai cattolici, ai preti fannulloni,mentre nei puritani «grande è lo zelo e grande è l’inclinazione

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ristabilire l’ordine, tornavano a puntare su Winthrop. EWinthrop vinse. Dudley fu di nuovo al suo fianco come vice.Mentre Vane e i suoi alleati persero ogni incarico. I capi stori-ci riprendevano in mano la colonia. La Hutchinson aveva per-so un grande supporter. E siccome era giunta notizia che altriseguaci della donna stavano arrivando dall’Inghilterra la Cor-te ordinò che nessuno straniero poteva mettere piede nel Mas-sachusetts senza autorizzazione dei magistrati, e nessun colo-no poteva ospitare uno straniero per piú di tre settimane.

Normalmente il nuovo governatore veniva accompagnatoa casa da una scorta armata. Per ripicca i bostoniani la nega-rono a Winthrop. Lui si fece seguire da due servitori munitidi alabarde. Ma se la legò al dito. Invece sir Henry reagí comeun bambino offeso. Salí sulla prima nave e tornò in Inghilter-ra. «Non è cattivo», disse di lui Winthrop, «è solo troppo gio-vane». Lo ritroveremo fra i capi della rivoluzione.

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no e penitenza per chiedere consiglio al Signore. Ma Wheelw-right rovinò tutto con un violento discorso. Esortò a lottarecontro i nemici di Dio, «mostrarsi valorosi, tenere le spadepronte, armi spirituali per ucciderli con la parola del Signore,anche se ciò causerà una situazione incendiaria nelle chiese enella comunità». Parole sovversive che gli procurarono le ac-cuse di sedizione e istigazione alla rivolta.

Roger Williams non aveva fatto proseliti, fu facile neutra-lizzarlo. Ma quell’audace e affascinante donna rappresentavauna sfida ben piú insidiosa. La gente di Boston pendeva dallesue labbra. Winthrop era deciso a scacciarla. Altrimenti la co-lonia degenerava e lui stesso sarebbe stato sconfitto. Non erauna questione alla quale i teologi potevano mettere riparo.Toccava al potere politico. Cosí il 9 marzo la Corte generale siattribuí il diritto di intervenire «in tutte quelle eresie ed erroridi qualsiasi membro delle chiese che siano manifesti e perico-losi per lo Stato». La Corte poteva «procedere senza attende-re la chiesa». Da questo momento non sono piú i teologi ma ipolitici a perseguitare gli avversari come eretici.

A maggio venivano eletti i nuovi leader della colonia. L’e-lection day si teneva a Boston, ma quell’anno in città gli animierano surriscaldati e si temevano disordini. Fu deciso di svol-gere le operazioni di voto a Newtown. La riunione ebbe luo-go sotto una grande quercia. Si aprí con il caso Wheelwright.L’infuocato discorso di qualche mese prima non era stato di-menticato. Sir Henry Vane capí che il predicatore era spaccia-to. Per salvarlo, giocò d’anticipo. Presentò una lettera con lafirma di numerosi bostoniani i quali imploravano di perdona-re il religioso. Vane propose di discutere subito quella richie-sta. Winthrop e gli altri si opposero. Insistettero per tenereprima le votazioni. Il pastore Wilson salí su un albero e co-minciò a chiamare i freemen che avevano diritto di voto. Aquel punto i bostoniani insorsero. Scoppiarono tumulti, «al-cuni misero le mani addosso ad altri, ma rendendosi conto diessere pochi si calmarono».

Vane sperava nella riconferma. Era candidato per le «giac-che blu», i radicali. Mentre le «giacche bianche», i conserva-tori, convinti della necessità di un uomo equilibrato capace di

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cercavano di scampare alle fiamme. Quasi settecento Pequotmorirono. Un «eccidio voluto da Dio», sentenziò Shepard. Neera sicuro anche il capitano John Underhill: «Avevamo suffi-ciente luce dalla parola di Dio per il nostro comportamento».Dio stesso aveva chiesto che i Pequot soffrissero «la morte piúorrenda possibile» per punire i loro peccati. Ma i Narragan-sett rimasero sconvolti da quella ferocia e fuggirono gridando:«È un’azione malvagia». Sassacus, il capo dei Pequot, cercavariparo a ovest. Fu preso e assassinato. «Parte della sua pelle edei suoi capelli», racconta Winthrop, «furono portati a Bo-ston». Una sorte forse piú deprimente toccò alle donne deiPequot, le marchiarono sulle spalle e le spedirono coi lorobambini come schiave su un’isola dei Caraibi colonizzata dainglesi.

I capi del Connecticut mandarono subito trenta uomini aoccupare Mystic, «la regione concessaci da Dio attraverso lanostra conquista». Adesso quel posto bagnato dal sangue de-gli indiani si chiama Pequot Hill, la collina dei Pequot. Visi-tarla mette un po’ i brividi anche a secoli di distanza, quasicome se l’aria intorno evocasse quel capitolo di grande cru-deltà. La disfatta dei Pequot rese molto cauti i Narragansett.Il loro capo Miantonomi andò a rendere onore a Boston, dis-se che tutte le terre dei Pequot e Block Island appartenevanoora agli inglesi. Soddisfatta, la Corte generale ordinò un gior-no di ringraziamento nelle chiese.

I Pequot furono la prima tribú indiana praticamente di-strutta. Gli inglesi esercitarono una spietata volontà di stermi-nio. In seguito, i loro discendenti americani hanno sempremantenuto lo stesso comportamento negli scontri armati. Nonvincere, ma annientare il nemico. Perfino durante la guerra ci-vile, americani contro americani, si combatterono come se vo-lessero eliminarsi fino all’ultimo uomo. Lo slogan coniato perla guerra in Iraq, Shock and awe, colpisci e terrorizza, si po-trebbe già applicare alla guerra coi Pequot.

Considerati selvaggi, i Narragansett rivelavano un animosensibile, detestavano la tecnica di guerra degli inglesi, perché«provoca troppi morti». Niente, comunque, al confronto coimassacri dei conquistadores spagnoli. Gli indios li ripagavano

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La prima guerra indiana

Proprio in quei giorni scoppiò la guerra coi Pequot. Gliindiani commisero l’errore fatale di uccidere sei coloni e tredonne, devastando i loro campi. La colonia di Hartford aspet-tava solo un’occasione per aggredire i Pequot. Mobilitò subi-to il capitano John Mason, un veterano delle guerre olandesi.Mason prese con sé ottanta inglesi e un centinaio di indianiMohegan, capeggiati da Uncas, personaggio leggendario, resocelebre da James Fenimore Cooper nel suo romanzo L’ultimodei Mohicani. Uncas era infido. Ambizioso e cinico, non esita-va a mettere indiani contro indiani. Pur avendo sposato la so-rella di Sassacus, il capo dei Pequot, cospirava contro la tribúdi sua moglie. Le inimicizie fra indiani nascevano spesso dagelosie per il commercio di pellicce con gli europei.

La marcia del capitano Mason colse di sorpresa Boston,che cercò di recuperare terreno inviando duecento uomini.Una corsa furibonda era scattata fra i puritani della Baia equelli del Fiume. Chi per primo distruggeva i Pequot s’impos-sessava dei loro territori. I puritani professavano la stessa fe-de, ma erano anche animati dalla stessa frenetica avidità. Ma-son manteneva il vantaggio. Alle sue truppe si aggregaronosquadre di Narragansett. Insieme puntarono verso il Mysticriver dove sorgeva un accampamento dei Pequot.

Il 26 maggio 1637 circondarono il villaggio e lo bruciaro-no. Molti giovani, donne e vecchi furono massacrati mentre

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tuale, fautore di una dottrina di progresso spirituale, ma nonconcepiva il deliquio ascetico. «Fu la prima volta che scorsiuna vera e profonda differenza fra l’opinione dei nostri fratel-li e la mia». Cominciò a prendere le distanze. «Questo im-provviso cambiamento fu notato da molti». Non era piú unaquestione religiosa ma di potere. Doveva scegliere se stare conla Hutchinson o con Winthrop, Shepard e Hooker. Si trovòschiacciato in mezzo a persone pratiche e sbrigative.

Per evitare una nuova calamità come quella della Hutchin-son, il sinodo proibí di tenere raduni nelle case private per di-scutere di teologia. E vietò ogni tipo di critica ai sermoni pro-nunciati dai pastori. Gli ecclesiastici riconobbero che nelle di-spute religiose, «in queste eresie pericolose per lo Stato», toc-cava ai magistrati intervenire.

E i magistrati si prepararono all’atto finale dell’inquisizio-ne protestante.

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con sommo odio come testimonia un episodio che risale al1512. Un frate avvicinò un ribelle dell’isola Hispaniola con-dannato al rogo. Voleva battezzarlo. «Cosí andrai in paradi-so». Lui si informò se «anche gli spagnoli vanno in paradiso».«Sicuro». «Allora preferisco andare all’inferno».

Sinodo

Chiusa la partita coi Pequot, riprese vigore l’offensiva con-tro la Hutchinson. Il sistema congregazionista non prevedevaun organo superiore. Ogni chiesa era sovrana. Ma in un mo-mento cosí grave Hooker trovò ragionevole un’adunanza ge-nerale del clero per «consultarsi e scambiarsi consigli». Si riuníil primo sinodo in terra americana. Vi presero parte anche imagistrati, volendo dimostrare una perfetta armonia fra lechiese e lo Stato. Stilarono una lista di «82 opinioni, alcuneblasfeme, altre sbagliate, tutte pericolose», che stavano avve-lenando il Massachusetts. I membri della prima chiesa di Bo-ston, veneratori della Hutchinson, furono accusati di essere lacausa di quell’infezione eretica. Veri agenti del demonio.

L’idea che gli agenti di Satana fossero arrivati fin lí a tor-mentarli fece perdere la testa a molti coloni. La vita isolata inmezzo ai boschi contribuí ad accrescere il terrore spingendoalcuni sull’orlo della follia. A Weymouth un uomo vagò nellanotte mezzo nudo invocando: «Dove sei, Signore Gesú?». Lamattina dopo lo trovarono stecchito nella neve. A Boston unadonna, temendo di aver accumulato un carico insopportabiledi peccati, fu presa dalla disperazione e affogò il suo neonatoin un pozzo. Il sarto John Dane era pronto al suicidio perchésentiva su di sé la mano punitrice di Dio. Decise di continuarea vivere ascoltando un sermone del ministro Rogers, «il qualedisse che Dio benedice chi ha timore di Lui».

Ad uno ad uno gli affiliati alla prima chiesa furono interro-gati. Parlavano di rivelazioni e di come nei loro cuori era pe-netrata la luce divina. Misticismo puro. Allora che bisognoc’era piú dell’opera dei pastori, dei loro insegnamenti? Lo stes-so Cotton ne rimase molto turbato. Lui era un sottile intellet-

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«Cosa ho detto o fatto?».«Ecco cosa avete fatto», insisté Winthrop, «avete dato ospi-

talità e appoggio a quelli che fanno parte della fazione di cuisi sta discutendo qui».

«È un fatto di coscienza, signore».«Dovete contenere la vostra coscienza, o essa sarà frenata

per voi».«Allora non posso accogliere i santi perché devo tenere per

me la mia coscienza?».Il governatore disse che era accusata di sedizione. Aveva

trasgredito il quinto comandamento onora il padre e la ma-dre, che per estensione includeva tutte le autorità, compresi ipadri fondatori della colonia. La Corte decise che la Bibbianon le dava il diritto di tenere incontri religiosi in casa perchénon era un ministro del culto. Lei però replicava punto perpunto e non cadeva in trappola. Citava a memoria interi capi-toli della Bibbia. Sfoggiava una prontezza sorprendente, eradifficile metterla in difficoltà.

Di colpo Dudley, convinto che quella donna fosse agentedel demonio, disse che prima del suo arrivo «qui eravamo inpace, da quando lei è giunta ha provocato disordini». E «hascreditato i ministri». Li aveva definiti incapaci di interpretarecorrettamente la Scrittura, e questo era gravissimo perché ilsacro esperimento si basava proprio sulle regole di vita che ilclero ricavava dalla Bibbia.

Lei non si scompose: «Signore, provate che ho detto ciòche voi dite».

Nella riunione a casa di Cotton i pastori l’avevano sentitabenissimo. Hugh Peters si fece avanti dicendo: «Le chiesi qua-le differenza vedeva tra il fratello Cotton e noi. Ella disse chec’era una profonda differenza, che il fratello Cotton predica unpatto della grazia e noi un patto delle opere e non siamo mini-stri degni». Altri confermarono. Il clero la stava affossando.

Il giorno dopo lei fece una mossa a sorpresa, chiese che «ipastori parlino sotto giuramento», come se il clero fosse pocoaffidabile. La Corte si divise, ma alla fine venne imposto il giu-ramento. Il potere civile segnò un altro punto a suo favore ri-spetto a quello religioso.

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Il processo

In una grigia giornata autunnale, il 2 novembre 1637, laCorte generale si riuní a Newtown. Convocò subito Wheelw-right. Gli chiese di rinnegare le sue eresie. Aspro e orgoglioso,lui ribatté che non si pentiva di nulla. Gli tolsero la cittadi-nanza e lo scacciarono dal Massachusetts. Prese la via del Mai-ne già bianco di neve. Aveva con sé un gruppetto di seguaci.Fra loro, William Wentworth, i cui discendenti diventeranno ileader politici di un altro Stato sorto come rifugio religioso, ilNew Hampshire. Questi individui ardimentosi conquistavanonuovi pezzi di terra, l’America prendeva forma un po’ alla vol-ta. Ed era sempre la religione la forza motrice dell’espansione.Un mondo selvaggio era fecondato dalla fede.

Furono espulsi anche i deputati William Aspinwall e JohnCoggeshall. Solo William Coddington rimase a rappresentare ilpartito della Hutchinson. Lei arrivò con una frotta di supporter.

«Signora Hutchinson», esordí Winthrop aprendo il pro-cesso, «siete qui convocata come una di coloro che hanno tur-bato la pace della comunità e delle chiese della colonia, sieteconosciuta come una donna che ha avuto grande responsabi-lità nella promozione e divulgazione di quelle opinioni che so-no all’origine del presente disordine». Le diede l’opportunitàdi scusarsi e pentirsi. Ma lei spavalda, ribatté: «Di cosa sonoaccusata?». Non era affatto intimorita. In modo brillante te-neva testa ai piú eminenti magistrati.

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Undici aderenti alla setta vennero obbligati a lasciare la colo-nia. Altri settantacinque furono disarmati, una brutta umilia-zione perché durante la guerra dei Pequot tutti i maggiori di18 anni avevano avuto ordine di portare sempre con sé mo-schetto e munizioni.

Il processo ad Anne Hutchinson è stato molto criticato.L’hanno giudicato una macchia nella storia dell’America. Unprocesso infame senza rispetto per le regole giudiziarie: la stes-sa Corte aveva sostenuto l’accusa ed emesso la sentenza. Tuttovero. Com’è vero che la condanna scaturí da un’accusa diver-sa rispetto a quelle iniziali. Ma la Hutchinson costituiva unasfida vitale. O lei, o gli altri. Una lotta per la supremazia. Inquesto senso i capi puritani furono obbligati a disfarsi di quel-la donna venuta a sconvolgere il sacro esperimento. Tutti imezzi erano leciti per abbatterla. «In queste estremità del mon-do» essi avevano come missione «l’innalzamento dell’arca diNoè» per salvare il popolo di Dio.

Fu certamente una crudeltà. Ma i puritani la pensavano co-me un poeta nato un secolo dopo, il tedesco Goethe, il qualesentenziò: «Meglio un’ingiustizia che un disordine». Se poiconsideriamo cosa accadeva a quell’epoca nella vecchia In-ghilterra, i puritani furono fin troppo buoni. Torture, squarta-menti, esecuzioni capitali, l’Europa era un pazzesco matta-toio. Proprio in quel periodo a Londra l’avvocato WilliamPrynne dal carcere continuava a sfornare libelli insolenti con-tro l’arcivescovo Laud. Alla diffusione pensavano due purita-ni, il religioso Henry Burton e il medico John Bastwick. A We-stminster furono esposti alla berlina, gli fu applicato il mar-chio d’infamia e subirono il taglio delle orecchie. Una folla diamici gli buttavano fiori e alcune donne gli asciugavano coifazzoletti il sangue che colava dalle orecchie. A Prynne le orec-chie erano state già amputate e poi ricucite. Ora gliele taglia-rono di nuovo e uno sgherro gli incise sulle guance con un fer-ro rovente il marchio SL, Schismatical Libeller, che invecePrynne leggeva come Stigma of Laud.

Erano tempi malvagi in Europa, bastava poco per subirepunizioni di ferocia inaudita. Le esecuzioni non suscitavanopietà ma venivano vissute come una forma di spettacolo. Le

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Cotton cercò di venire in aiuto della donna. Non è vero,disse, che lei aveva accusato i ministri. Il processo si mettevamale, accuse non provate, un’altra smentita da Cotton. Ma ilruvido Dudley, spazientito, aggredí proprio Cotton: «Vorreisapere se approvate le rivelazioni della Hutchinson». Colto disorpresa, Cotton diede risposte vaghe. Dudley incalzò: «Vichiedo se queste rivelazioni vengono o no da Dio». Cottonstava per soccombere quando Winthrop lo salvò: «Cotton nonc’entra. Siamo qui per trattare il caso di questa donna». E al-l’improvviso quella donna si mise a parlare.

Parlò contro la colonia, disse che Dio «a causa di ciò chemi state facendo porterà una maledizione su di voi e i vostridiscendenti». Aveva ritrovato il suo piglio profetico, il suo to-no apocalittico. Ma non aveva il senso del limite. Si stava met-tendo nei guai da sola. Disse che mentre meditava sulla Bib-bia Dio le aveva promesso di salvarla dalle loro persecuzioni.«Ringrazio il Signore che mi ha fatto capire con chiarezza qualera il ministro giusto e quale quello sbagliato».

Le fu chiesto come faceva a sapere che non era il diavolo.«Perché», incalzò lei, impavida, «Dio ha parlato attraverso lavoce del suo stesso Spirito alla mia anima». Fu come confes-sare le proprie colpe. Secondo i puritani, Dio ha affidato lesue rivelazioni alle Sacre Scritture, non ne concede a singoliindividui. La Hutchinson aveva offerto ai magistrati la provadella sua eresia. Fu condannata all’esilio a causa dei «disturbidel suo spirito» e per il «pericolo di diffonderli tra noi». Sem-brò a Winthrop «un giorno felice per le chiese di Cristo e pertante povere anime da lei sedotte».

A pronunciare la scomunica fu chiamato, con somma per-fidia, il suo idolo Cotton. Lei era incinta. Troppo crudele farlamettere in cammino col gelido inverno alle porte. Le conces-sero di svernare ma le imposero di starsene chiusa in casa delpastore di Roxbury Joseph Welde, un amico di Wilson, il pa-store da lei disprezzato.

Sistemata la leader, cominciò la caccia a tutti i membri del-la fazione. Bisognava estirpare integralmente la malapianta,espellere il demonio e prurificare le chiese. I magistrati agiva-no convinti che se non l’avessero fatto Dio li avrebbe puniti.

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che il Signore aveva voluto punire l’eresia della donna. Se neconvinse ancora di piú quando apprese un altro episodio acca-duto in passato, ma rimasto fin’allora segreto. A Boston, la Hut-chinson era andata ad assistere il parto della sua seguace MaryDyer, moglie di un merciaio. Era nato un mostriciattolo morto.La Hutchinson ne aveva parlato con Cotton il quale aveva rac-comandato di seppellirlo e tenere la cosa segreta. Ora la notiziadiventava di dominio pubblico e Winthrop spiegava l’accadutocome una ribellione della natura, una rivolta divina contro gliantinomiani. «La mano della provvidenza ha colpito», dice She-pard, «per la loro ostinazione contro la luce». L’infelice MaryDyer, come vedremo, finirà poi giustiziata per le sue credenze.

La comunità raccolta attorno ad Anne Hutchinson assunseposizioni sempre piú estreme. Negava la legittimità di qualsiasichiesa, a parte quelle fondate dagli apostoli. Nella primaveradel 1642 il marito della leader religiosa, William, si ammalò emorí. Con i sei figli piú piccoli lei se ne andò a Long Island. Elí nel settembre del 1643 gli indiani massacrarono lei e i figli.

Prima che lasciasse il Rhode Island erano scoppiati contra-sti fra lei e alcuni degli irrequieti seguaci. Il facoltoso mercan-te William Coddington l’aveva difesa contro i puritani di Bo-ston, ma adesso non la sopportava piú. Preferí andarsene ver-so il sud dell’isola, dove gettò le basi della città di Newport.Coddington dovette vedersela anche con un altro fanatico. Sa-muel Gorton era un sarto improvvisatosi predicatore laico.Aveva tendenze mistiche e divenne uno dei piú incendiari ca-pi religiosi della New England. Emigrato nel 1637, aveva cer-cato ospitalità nella colonia di Plymouth. Bradford non lo sop-portò a lungo, costringendolo a cambiare aria. Cercò rifugionel Rhode Island dove infiammò gli animi di un gruppo dianabattisti accodatisi a lui. Ma incappò nelle ire di Codding-ton che un giorno lo prese a frustate e lo indusse a rimettersiin viaggio. Gorton girovagò per tre anni, finché si stabilí aPawtuxet sulla Narragansett Bay. Andava predicando l’inuti-lità di pastori, ministri del culto e cerimonie religiose. Crede-va che la resurrezione di Cristo aveva cancellato il peccato ori-ginale e ripristinato la natura divina dell’uomo. Tutti eranonella condizione iniziale di Adamo. A Boston cominciarono

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madri portavano i bambini ad assistervi per intimorirli. Alcu-ni studiosi danno la colpa alla dieta sbilanciata, si mangiavaquasi solo carne e questo rendeva gli uomini aggressivi e spie-tati. Ma a quanto pare neanche la dieta mediterranea sviluppasentimenti benevoli.

Il regno delle sette

Il 15 marzo 1638 la Hutchinson lasciò Boston. La donnache si mise in cammino per un lungo viaggio non mostrava se-gni di pentimento. A 47 anni, con una gravidanza avanzata, sene andò a testa alta. La accolse Roger Williams nel RhodeIsland, dove aveva fondato Providence e andava d’amore ed’accordo con gli indiani. «Strano», diceva, «che un uomo pos-sa trovare piú libertà e conforto tra questi barbari che in mez-zo a persone che si definiscono cristiani». Continuava la sua ri-cerca esasperata della purezza. E scriveva libri feroci contro lapersecuzione religiosa praticata nel Massachusetts. Indirizzavai suoi strali soprattutto contro John Cotton, «nemico della li-bertà di coscienza». Lui praticava la massima tolleranza, diedeospitalità a ebrei, quaccheri, battisti, cattolici, trasformò il Rho-de Island nella prima fucina di sette religiose in America. Perquesto i puritani della Baia bollarono Providence come «la fo-gna della Nuova Inghilterra». Lo stesso Williams divenne poibattista e fondò la prima chiesa battista in terra americana.

Winthrop assisteva sgomento a tutto quel formicolio e an-notava: «A Providence il diavolo è all’opera». Ma la Hutchin-son non si fermò a Providence. Con i seguaci, si spinse sullacosta e prese il largo andando a cercare il suo paradiso priva-to sull’isola Aquidneck, che ha la forma dell’isola di Rodi eper questo ha dato il nome a tutto il Rhode Island. Subito do-po il loro arrivo un terremoto colpí l’isola ed «essi rimaseroconvinti che lo Spirito Santo aveva scosso la casa scendendosu di loro come era sceso sugli apostoli».

Quello che seguí parve invece un brutto segno del cielo. Ilfiglio che Anne portava in grembo nacque morto. QuandoWinthrop venne a saperlo interpretò la notizia come la prova

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Due visioni della vita

L’albero genealogico degli americani contempla un altro il-lustre predicatore, John Davenport, pupillo di Preston e dellastessa cordata di Cotton. In Inghilterra aveva escogitato unpiano per acquistare proprietà e ricavarne profitti coi qualimanteneva i ministri destituiti. Ma Laud sequestrò i ricavi.Davenport riparò in Olanda, fu pastore della chiesa inglese diAmsterdam. Nel 1637 partí per il Massachusetts con i suoiparrocchiani, fra cui spiccava Theophilus Eaton, allievo inOlanda del grande Ames. Winthrop voleva trattenerli nel Mas-sachusetts. Per evitare un’altra fuga, come quella di Hooker eHaynes che se n’erano andati nel Connecticut, offrí a Daven-port di scegliere la città in cui preferiva sistemarsi.

Ma Davenport rimase turbato dal caso Hutchinson. Nonapprovava il caos creato, ma nutriva simpatia per quella don-na dal temperamento indomito. I puritani sono uomini in mo-vimento. Se il posto non li convince vanno a cercarsene un al-tro. E cosí nel marzo del 1638 Davenport raduna i suoi segua-ci e si mette in marcia verso la costa del Connecticut. Si fermaa Quinnypiac, nome indiano da lui subito cambiato in NewHaven, nuovo rifugio, forse in polemica con l’altro rifugio, nelMassachusetts. Al suo fianco ha due eminenti figure, Theophi-lus Eaton e David Yale, il cui discendente Elihu Yale, fonderàun rinomato college. Davenport è il piú bigotto. Mette in pie-di una teocrazia quasi di stampo talebano. Rende l’ammissio-

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ad arrivare lettere di puritani scandalizzati che invocavano ilpugno di ferro contro quel chiassoso disturbatore.

Gorton considerava i bostoniani una «generazione di vipe-re». Si paragonava a Gesú Cristo e assimilava Winthrop a Pon-zio Pilato. Sapeva però di correre pericoli. Per mettersi al ripa-ro, convinse il capo indiano Miantonomi a vendergli il villaggiodi Shawomet dove si insediò con tutti i seguaci. Fondò una spe-cie di repubblica privata, e lí in teoria i bostoniani non avevanodiritto di intervenire. Ma i puritani non erano affatto disposti atollerare le sue «orribili e detestabili parole blasfeme». Nel set-tembre 1643 il Connecticut e la colonia di Plymouth chieseroal Massachusetts di procedere contro Gorton, «empio nemicodella vera religione». Nel perseguire ribelli ed eretici, Winth-rop non esitava ad agire anche fuori dai limiti della sua colonia.Mandò il capitano Cooke alla testa di uno squadrone che cat-turò Gorton e gli adepti, «i loro beni, il bestiame, le case, i cam-pi furono tutti confiscati». Trascinati a Boston, i prigionieri fu-rono condannati a lavorare in catene dispersi in vari villaggi.

Doveva pagarla anche il capo dei Narragansett Miantono-mi colpevole di aver venduto la terra a Gorton. Ci pensò ilperfido Uncas. Lo catturò e mise in giro la falsa voce che co-spirava contro gli inglesi. Invece Miantonomi si fidava degliinglesi, li considerava amici e chiese di essere consegnato adessi. Finí in prigione ad Hartford. Ora la sua sorte era nellemani dei rispettabili gentiluomini puritani. Quel capo indianoaveva piú volte dimostrato di essere un alleato fedele. Ma lorolo abbandonarono, si resero colpevoli di quello che è stato de-finito un «delitto clerico-giudiziario». Con incredibile facciatosta rovesciarono la realtà, fecero passare Miantonomi perun pericoloso nemico, e cosí, racconta Winthrop, «i commis-sari furono unanimemente concordi nel ritenere che non sa-rebbe stato consigliabile rimetterlo in libertà». Ma non si vol-lero sporcare le mani direttamente. Lo riconsegnarono a Un-cas, in modo da farlo apparire come l’autore del crimine. Illosco Uncas assassinò il vecchio capo indiano e, confermandola sua natura feroce, ne mangiò una spalla dicendo che era «lacarne piú dolce mai assaggiata».

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fidava della folla. Non gli piaceva un ministro come Cottonche pontificava e scioglieva i cuori, voleva un sapiente che in-segnasse a vivere. Le emozioni andavano frenate. Conosceva ilmanuale scritto da Ames sulle tecniche utili a tenere sotto con-trollo le emozioni. Hooker e Shepard si preoccupavano dellasalvezza individuale, non credevano in una redenzione comu-ne. Il loro maestro Perkins aveva detto che «noi desideriamoDio per noi stessi perché speriamo di avere da lui benefici edeterna benedizione».

C’è una differenza anche nella visione apocalittica del mon-do. William Bradford, il capo dei padri pellegrini, è sicuro chela fine del mondo e il giudizio di Dio siano vicini. In generalei puritani americani pensano di essere lo strumento di Dio perpreparare l’avvento messianico. Con loro la storia finisce. Sipreparano con un misto di gioia e terrore agli ultimi giorni.John Cotton studia le profezie bibliche per capire a che puntoè il cammino dell’umanità sulla Terra. Aspetta una nuova ve-nuta di Cristo, e con essa la fine, il compimento del regno.Calcola perfino la data dell’apocalisse, la attende per il 1655.William Aspinwall la sposta a «non piú tardi del 1673», suofiglio aggiorna i calcoli e la fissa «piú o meno» verso il 1697.

Shepard e Hooker, guardano invece con occhio pratico al-la vita di tutti i giorni. Incitano a non aspettare passivamentela fine, ma a prepararsi, bisogna essere pronti per le difficoltàdella vita terrena e per quella eterna. L’apocalisse come la in-tende Hooker non è un evento generale, ma «viene per ogniuomo al momento della morte».

Verso il loro gregge, i pastori puritani fanno la faccia fero-ce dei censori, ma sanno essere anche paterni. Chi ha il cuoreangosciato trova in loro conforto, sono psicologi, medici del-l’anima. La gente fa la fila davanti alla chiesa per chiedere con-sigli. Loro ascoltano e risolvono. Mettono fine a litigi tra vici-ni, raccolgono fondi per mandare a scuola i figli dei poveri. Sioccupano anche di medicina. Il reverendo Thomas Thacher èautore del primo trattato medico pubblicato nelle colonie. ECotton Mather, come vedremo, è il pioniere della vaccinazio-ne.

Non tutti erano fortunati. Alla congregazione di Topsfield

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ne alla chiesa piú rigida che nel Massachusetts, controlla conpugno di ferro la comunità, governata da sette ecclesiastici no-ti come pillars of the church. Fanno anche da giudici, senzagiurie popolari, perché la legge di Mosè non le prevede.

Nella sua infanzia, Boston era formata da una trentina dicase in pietra, molte di legno e qualche capanna. Con la naveDesire arrivarono i primi schiavi africani, il capitano della na-ve scaricò «cotone, tabacco e negri» e caricò indiani da ven-dere come schiavi. Gli indiani erano sempre visti come unaminaccia, per tenerli a bada fu costituita nel 1638 una compa-gnia di artiglieria, il primo reparto militare americano. Ne pre-se il comando Robert Keayne, un mercante che alla morte nel1556 lasciò ben 4 mila sterline. Non era il solo riccone. I puri-tani erano molto oculati negli affari.

Era un periodo tranquillo. Hooker, Shepard e Winthropavevano fatto trionfare la loro ortodossia, la dottrina della pre-parazione che esercitò enorme influenza nella formazione del-la mentalità americana. Sul piano sociale voleva dire datti dafare, impegnati con vigore per vedere i frutti dei tuoi sforzi.Parlava alla mente piú che al cuore. I figli di persone facoltosevenivano ammoniti a non contare su eredità, ma crearsi la pro-pria fortuna con disciplina e impegno.

Tempi duri invece per Cotton. Il sommo teologo era isola-to a causa del sostegno offerto alla Hutchinson, «il paraventodietro cui lei si nascondeva», secondo Winthrop. Cotton pen-sò di abbandonare il Massachusetts e raggiungere Davenporta New Haven. Ma poi fu abile nel recuperare prestigio. So-stenne che in realtà tutti volevano la stessa cosa, «i conflitti franoi tendono a magnificare la grazia di Dio». Gli fu molto d’aiu-to Winthrop, che aveva già messo in luce il suo animo conci-liante quando fu scacciato Roger Williams. Cotton però nonrinunciò alle sue convinzioni. Continuò a predicare la grazialiberamente concessa e mai accettò la preparazione. È il capo-stipite di un filone religioso misticheggiante che ogni tanto af-fiora anche nell’America di oggi.

Cotton immaginava la comunità come una grande famiglia,nei suoi sermoni diceva sempre noi, includendo tutti i fedeliche lo ascoltavano. Trasmetteva emozioni. Shepard invece dif-

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scappare un buon affare. L’ideale è accumulare il piú possibi-le, ma al tempo stesso mantenere un distacco dalle cose delmondo. Arraffare con gli occhi rivolti al cielo. Winthrop vuo-le inculcare una mentalità altruistica, ripete con la Bibbia:«Non chiuderai la tua mano davanti al tuo fratello bisogno-so». Si sforza di cristallizzare un mondo basato sull’amore,tenta di mettere sotto controllo gli appetiti. «Un uomo forte-mente concentrato sui sensi», dice Cotton, «è un uomo mori-bondo».

Ma l’eletto di Dio non è ascetico, è sanguigno, gusta il buoncibo e un boccale di birra con piacere. Ama i conforti dellacasa. Si rinvigorisce per servire l’Altissimo con piú ardore. Vi-ve con le armi in pugno, pronto a far fuoco contro un lupo oun selvaggio. Per legge «il capo di ogni famiglia deve tenere incasa a portata di mano un fucile pronto e sicuro, due libbre dipolvere e otto libbre di piombo per ogni persona a lui sogget-ta e in grado di portare le armi». L’armonia dell’universo loincanta, apprezza la bellezza «dell’ordine con cui il Signore hadisposto le cose terrene». L’uomo comune, l’agricoltore, ilmercante, ragiona di teologia con competenza. La sera, intor-no al fuoco si intrecciano discussioni sulla predestinazione,sulla dannazione degli infanti, ci si scervella per capire se Diopuò invertire l’ordine del tempo. A noi sembrerà pazzesco,ma è un esercizio necessario per non sentirsi soli al mondo eper giustificare la decisione di vivere in mezzo ai boschi delMassachusetts.

Il puritano ama i colori sgargianti sulle navi e sulle case: unrigido bigotto come il capitano John Endecott dipinge la suacasa di Salem a tinte scarlatte. Solo i ministri vestono di nero.Gli altri portano abiti rigorosamente grigi. Ma il governatoreRichard Bellingham, in un ritratto dipinto nel 1641, è avvoltoin un mantello rosso. Il sabato gli uomini si ficcano in testaquel nero cappello di feltro a tubo che è diventato una speciedi simbolo puritano. Non portano cinture, entrate nell’uso co-mune piú tardi, verso l’inizio del Settecento.

A Plymouth, rispetto ai coloni del Massachusetts, sfoggia-no «abiti dai colori sgargianti, alcuni addirittura portano pan-taloni rossi, grigi e viola». John Howland ha due panciotti ros-

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capitò Thomas Gilbert, un pastore un po’ svitato; prosciugavail vino per le comunioni, cantava i Salmi saltando le parole,arrivava cosí tardi per il servizio religioso che la gente si stufa-va di aspettare e andava via. La moglie cercava di farlo perdo-nare dicendo che gli capitava di essere un po’ fuori fase quan-do faceva i digiuni e quando il tempo era piovoso.

La famiglia

Niente è privo di significato per i puritani. Tutto ciò cheaccade reca un segno della provvidenza. Winthrop scruta fat-terelli, piccoli episodi, per scorgervi il giudizio favorevole o lacollera del Signore. Il mondo è pieno di messaggi da interpre-tare. Un giorno un topo si mette a lottare con un serpente aWatertown. Sorprendentemente riesce a mordere il serpente eucciderlo. Chiamato a dare una spiegazione, il reverendo Wil-son non ha dubbi: il serpente era il diavolo tentatore e il topoil popolo di Dio condotto nella terra promessa. In un’altra oc-casione, il figlio di Winthrop, John junior, trova il Libro di pre-ghiera, che Bradford definisce «robaccia papista e anticristia-na», rosicchiato da un topo, foglio a foglio. Stava in mezzo adaltri libri, ma il topo aveva smozzicato solo quello. È visto co-me un incitamento divino a distruggere quel libro.

La società puritana era basata sulla famiglia. I religiosi pas-savano spesso casa per casa. Controllavano se i genitori cono-scevano i passi della Bibbia e se educavano i figli con criterio.Avevano famiglie numerose, l’isolamento favoriva la smania dimoltiplicarsi. «Roger Clap di Dorchester fu felice con quat-tordici figli fra cui Esperienza, Attesa, Preservata, Speranza,Grazia, Desiderio, Unità e Soccorso». Moglie e marito eranoconsiderati, in base agli insegnamenti biblici, «una carne so-la». Al punto che un uomo rimasto vedovo non poteva sposa-re la sorella della moglie, altrimenti commetteva incesto. I ge-nitori erano sacri, tanto che se un figlio maggiore di 16 anniosava picchiarli rischiava la pena di morte.

Il puritano è uomo di principi, determinato, disciplinato,metodico, un crociato di Dio, ma sempre vigile per non farsi

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Un giorno arrivarono a Boston alcuni coloni inglesi dallaVirginia, imploravano qualche barile di polvere da sparo dausare contro gli indiani. La Corte generale si riuní e disse no,perché la gente della Virginia era anglicana, mancava di pu-rezza, non seguiva la vera religione. Winthrop disapprovò. An-che lui considerava indegni gli abitanti della Virginia, perònon li respingeva, «non bisogna aver paura delle nequizie delmondo». Sette mesi dopo il deposito di polveri di Boston saltòin aria e lui ci vide il segno del dispiacere di Dio, avevano li-quidato con troppa arroganza i fratelli.

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si, Bradford un abito grigio, un mantello viola, un vestito de-corato con bottoni d’argento e un panciotto rosso. WilliamBrewster porta mutandoni grigi, cappello rosso e soprabitoviola.

La gente di rango elevata ha diritto ai titoli Mr e Mrs, si-gnore e signora, mentre alle persone comuni ci si rivolge conGoodman e Goodwife. Il comportamento personale è tenutosotto ferreo controllo. Per evitare che i meno abbienti scim-miottino i piú facoltosi, nessuna donna può indossare cappel-li e sciarpe di seta se il marito non ha un reddito di almenoduecento sterline. Nel settembre del 1653 a Ipswich, i magi-strati convocano undici donne che portano sciarpe e cappellidi seta illegalmente. Quattro di esse riescono a provare orgo-gliosamente che i mariti guadagnano «ben oltre duecento ster-line». Una quinta presenta una lettera del marito, il quale am-mette: non guadagno tanto ma ci tengo che mia moglie sia ele-gante, la seta poi la protegge dal freddo. Le altre sei non san-no come giustificarsi e sono costrette a pagare una multa.

La severa repressione non evitava gli scandali. Le cronachedell’epoca raccontano di numerosi casi di pedofilia, tanto chenel giugno del 1642 si sentí il bisogno di prevedere la condan-na a morte per chi si univa a bambine inferiori ai 10 anni. Aletto si consumavano molti peccati, gli adulterii erano una pia-ga. Il reverendo Hansered Knollys fu sorpreso a letto con unpaio di cameriere, e ingaggiò uno scontro col suo collega Tho-mas Larkham a colpi di Bibbie, bastoni e pistole.

Ma tutti erano convinti di essere una comunità perfetta. Aldi fuori della loro cerchia vedevano solo «cani, maghi, protet-tori di prostitute, assassini, idolatri e mentitori». Al di là deipropri confini allignavano gli empi. Sembra cronaca di oggi.Ancora adesso gli americani considerano il mondo esterno unposto da cui stare alla larga. La maggioranza di essi, il 70 percento, non ha il passaporto, non vede ragione per uscire daiconfini nazionali.

I puritani alimentarono odio e paura verso gli infedeli, crea-rono una mentalità egemonica, intollerante e incline ad an-nientare chiunque fosse diverso da loro. Oggi la storia si ripe-te, sono solo cambiati i protagonisti, i fondamentalisti islamici.

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Nuova Inghilterra sorgeva una nuova Cambridge e stava persorgere un nuovo Emmanuel.

La grandezza dei puritani non sta solo nella capacità di so-pravvivere e creare un nuovo mondo. Coltivarono l’ideale del-la cultura e dell’apprendimento, per preparare uomini di Sta-to competenti, clero erudito e una società di persone istruite.Potere e conoscenza sono la stessa cosa. Il sapere è indispen-sabile per forgiare una classe dominante destinata a promuo-vere la rinascita dell’intera umanità. Nei corsi universitari nonsi studia solo teologia, anche arti, scienze, letteratura, legge,medicina, greco, latino. Mancava Shakespeare, ma come sap-piamo i puritani odiavano le rappresentazioni teatrali.

Il college schiuse le porte verso la fine dell’estate del 1638.Proprio in quei giorni moriva un facoltoso giovane di nomeJohn Harvard. Lasciava al college la sua biblioteca di 500 vo-lumi e 800 sterline. Fu un vero colpo di fortuna. Quella som-ma permetteva di costruire gli edifici, e tutti ritennero dove-roso intitolare il college al generoso benefattore.

La storia di John Harvard non ha niente di speciale. Figliodi un ricco macellaio, era nato nel Surrey nel 1607. Sua madreera figlia di un mercante di bestiame, che era stato consiglierecomunale nella città di Shakespeare, Stratford-on-Avon. Johnentrò all’Emmanuel all’età un po’ tarda di vent’anni. Il 19 apri-le 1636 sposò Ann Sadler e, per motivi sconosciuti, emigròcon lei nel Massachusetts nell’agosto del 1637. Si ammalò ditubercolosi e il 14 settembre 1638 morí a soli 31 anni. Nel par-co della Harvard University oggi campeggia una statua sottola quale si legge «John Harvard, fondatore, 1638». È la statuadelle tre bugie, non rappresenta Harvard, ma uno studentescelto a caso dallo scultore nel 1882, non fu lui il fondatore, enon ne fu decisa la fondazione nel 1638 ma nel 1636.

Quella che è diventata la piú famosa università del mondorischiò di chiudere appena due anni dopo l’inaugurazione.Colpa di Nathaniel Eaton, il primo capo del college. Si rivelòun pessimo educatore. Gli studenti, presi spesso a frustate, losoprannominarono «il tiranno». Degna di quest’uomo sua mo-glie, la quale prendeva 15 sterline all’anno da ogni studenteper la pensione completa, ma gli dava da mangiare quasi nul-

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Il tempio del sapere

«Uno dei principali scopi di Satana, l’ingannatore, è man-tenere gli uomini ignoranti delle Scritture». Per sabotare ilpiano del diavolo bisognava istruire i ragazzi. «Insegnategli astudiare la Bibbia», insisteva John Cotton. I genitori che se neinfischiano, ammoniva Richard Mather, nel giorno del giudi-zio si sentiranno rinfacciare dai figli: «Colpa vostra se siamoqui a soffrire, non ci avete fatto conoscere le cose di Dio».Erano necessarie le scuole. Vide la luce il MassachusettsSchool Act, imponeva ad ogni nuovo villaggio con piú di cin-quanta famiglie di fondare una scuola elementare e a quellicon piú di cento famiglie anche una scuola superiore. Si com-pleta cosí la triade, famiglia, chiesa e scuola, che controlla lavita dei puritani dalla culla alla bara. E inculca i valori, la cer-tezza di popolo prediletto trasmessi alle generazioni successi-ve. Quando poi il puritanesimo muore, la tradizione continuanell’intimo degli americani e crea lo spirito della nazione.

Il 28 ottobre 1636 fu deciso di fondare un college. Una tra-dizione medievale accettata dai puritani faceva risalire al pro-feta Samuele l’idea dei college. A causa della crisi della Hut-chinson e della guerra contro i Pequot fu necessario rinviare ipiani. Il 2 maggio 1638 l’idea fu ripresa e si decise di farlo sor-gere a Newtown, dove Shepard aveva mantenuto lontana l’e-resia. Quel giorno fu anche cambiato il nome di Newtown,«da questo momento sarà chiamata Cambridge». Cosí nella

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si rifiutavano di entrare. Dunster sellò il cavallo e accorse.Trovò tutti tremanti. Allora vuotò per terra la polvere da spa-ro che portava nel corno, ci avvicinò un tizzone ardente e«scacciò il diavolo dall’Harvard college».

Il mito di Dunster subí all’improvviso un duro colpo. Allanascita di suo figlio non volle farlo battezzare. Dopo accuratericerche non aveva trovato nella Bibbia alcun cenno al battesi-mo dei bambini. La notizia che il capo dell’Harvard era di-ventato battista fece una sensazione enorme, come se oggi unodicesse pubblicamente di essere nazista e di ammirare Hitler.I battisti erano fuorilegge nella colonia. Per convincere Dun-ster le provarono tutte. Lui non cambiò idea. Allora la Cortegenerale stabilí che «nessuno con una fede sbagliata» potevaeducare i giovani di un college. Il 24 ottobre 1654 Dunster la-sciò Boston e se ne andò a Scituate, nella colonia di Plymouth.

Anche il successore, il reverendo Charles Chauncy, un tipoveemente, fece scalpore; dopo averci perso notti intere a ri-fletterci, era arrivato alla conclusione che il battesimo dei bam-bini era accettabile, ma invece di spruzzarli, andavano immer-si nell’acqua. Sollevò un tale baccano che per settimane nellacolonia non si parlava d’altro. Il vecchio Bradford concluseche l’immersione era «legale ma in queste terre gelide non rac-comandabile».

Il battesimo è il pilastro centrale su cui poggia la fede purita-na. Attraverso il battesimo si entra nel patto, che viene poi rin-novato con la comunione. Sollevare dubbi su questo argomentopoteva provocare reazioni isteriche. Obadiah Holmes osò espri-mere l’opinione che il battesimo doveva essere amministratoagli adulti, non ai bambini. Lo fecero rinsavire a suon di frusta-te sulla schiena. Come vedremo piú avanti proprio la questionedel battesimo metterà i religiosi in contrasto l’uno con l’altro.

Leggi e codici

Il sogno di Winthrop di restare uniti come una grande fa-miglia stava conquistando anche altri coloni. Nel maggio del1638, quattro città del Connecticut, Windsor, Wethersfield,

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la. «Confesso il mio peccato», piagnucolò la sciagurata quan-do la smascherarono, «gli ho fatto mancare il cibo, ho negatoloro un pezzo di formaggio quando venivano a chiederlo. Lodico con grande vergogna. Quanto alla mancanza di birra, so-no cosí dispiaciuta». La birra era considerata una bevanda es-senziale, utile agli studenti piú o meno come i libri.

Ma lo scandalo piú clamoroso della gestione Eaton fu lascomparsa dei fondi lasciati da Harvard. Nella costruzione de-gli edifici risultavano spese 375 sterline e 3 scellini. Il resto del-le 800 sterline, «la maggior parte», racconta Thomas Shepard,«la dilapidò lui». Nonostante si sia appropriato di una sommacosí ingente per quell’epoca, Eaton aveva accumulato ben mil-le sterline di debiti. Sfuggí alla cattura e condusse una vita diimbrogli, in Virginia, in Italia a Padova, e in Inghilterra dove,in seguito ad altre truffe, lo arrestarono e morí in prigione.

L’unica cosa buona lasciata da Eaton furono i trenta alberidi melo piantati nel giardino che è ancora oggi il centro del-l’università, il mitico yard. In origine questa parola indicavaun cortile tra i caseggiati o un recinto per le mucche. Nei col-lege americani si riferiva al parco. Ma nel 1774 Princeton fu laprima università, seguita poi dalle altre, a preferire campus.Oggi solo Harvard mantiene yard.

Fu Henry Dunster a salvare l’Harvard college. Nato a Bury,nel Lancashire, anche lui aveva studiato a Cambridge, in unaltro covo di puritani, il Magdalene college, lo stesso frequen-tato dal filosofo Thomas Hobbes, il quale detestava la disci-plina puritana e passava il tempo libero a caccia di cornac-chie. Dunster approdò a Boston nell’agosto del 1640 con lafama di persona istruita e ottimo insegnante. Cercavano pro-prio uno come lui. Tre settimane dopo il suo arrivo lo nomi-narono rettore dell’Harvard a soli trent’anni.

Trovò il college quasi senza studenti, gli edifici costruiti ametà e le casse vuote. Lo lasciò quattordici anni dopo in pie-no rigoglio con insegnanti e allievi entusiasti. Fu lui a creare laprima scuola di latino in terra americana, tuttora attiva.

Un giorno Dunster era lontano, venne informato che stavasuccedendo il finimondo, si era diffusa la voce che il diavoloaveva preso possesso del college. I ragazzi erano spaventati e

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trasse un corpo di leggi antiquate. Applicarle significava ri-produrre in terra americana la teocrazia dell’antico Israele,dove Dio era re e i sacerdoti governavano in suo nome. Lospirito dell’intero codice era ben riassunto nella frase conclu-siva: «Il Signore è il nostro Giudice, il Signore è il nostro Le-gislatore, il Signore è il nostro re: Lui ci salverà». Il codice diCotton non fu adottato. Ma piacque molto a John Davenport,quella specie di ayatollah che a New Haven aveva creato lachiesa piú esclusiva, ristretta solo ai santi che mostravano unchiaro trasporto spirituale. Cosí le norme di Cotton divennerola base legale della colonia di Davenport.

Il capitolo di quel codice che ha esercitato maggiore in-fluenza sullo spirito americano riguarda il comportamento datenere il sabato. Quel giorno ricordava il riposo che Dio si erapreso alla fine della creazione. Chi lo profanava rischiava lapena di morte. Il sabato puritano durava dal tramonto del no-stro sabato fino al tramonto della nostra domenica. Cosa eraconsentito il sabato? Aprire le pannocchie di mais, ma noncucinare, si poteva condire la carne se già pronta, dare da be-re al cavallo, aggiungere legna al fuoco nel camino. Ma nienteche si poteva fare prima o dopo, come vendere e comprare,lavare i vestiti e innalzare la vela. Proibito raccontare barzel-lette, fare scherzi, pettegolezzi oziosi, stupidi passatempi opeggio ancora, appisolarsi durante i sermoni. Il cibo bisogna-va prepararlo prima. Di solito mettevano a bollire fagioli inun pentolone, conditi poi con mostarda, cipolla e melassa. Erala cena del sabato sera, e anche la colazione della mattina do-po. «Fagioli e pane nero è ottimo cibo», dicevano i puritani.Ancora oggi Boston è la Bean Town, la città del fagiolo. Il tem-po però le ha giocato un brutto scherzo. Quello che fu il cuo-re della fede puritana, il pulpito dal quale si annunciava la fi-ne del papato e della Chiesa romana, è diventata la città piúcattolica d’America. Dal suo seno è uscito John FitzgeraldKennedy, il primo presidente cattolico degli Stati Uniti.

Se molte attività erano vietate, non per questo il sabato eraconsentito oziare. La giornata era piena di esercizi religiosi, «unagioia, non un peso». Per noi, dice Morison, sarebbe deprimen-te, «ma loro erano andati lí proprio per gustarsi quel tipo di vi-

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Hartford e Springfield lanciarono l’idea di un’alleanza colMassachusetts. L’impulso del movente religioso e commercia-le aveva spinto Hooker a ovest. Ma dopo la guerra coi Pequotnegli abitanti della sua colonia subentrò la paura di esseretroppo isolati e indifesi. Mandarono agenti a Boston per pro-porre un patto di aiuto reciproco. Winthrop dettò le sue con-dizioni: voleva una stretta unione dove il Massachusetts aves-se la preminenza. Hooker era favorevole a un’alleanza alla pa-ri. La sua resistenza creò scontento perfino tra la gente delConnecticut. Il piú contrariato fu William Pynchon, leader diSpringfield. Diede vita a una secessione e fece annettere la suacittà dal Massachusetts.

In entrambe le colonie erano venute alla luce società abba-stanza complesse. Con crescente vigore gli abitanti reclamava-no nuovi diritti. E fu necessario preparare le basi giuridichesu cui fondarli. Il 14 gennaio 1639 nel Connecticut adottaro-no i Fundamental orders, i principi fondamentali, la prima co-stituzione scritta del mondo occidentale, per questo il Con-necticut è The Constitution State. Il documento esalta i dirittidell’individuo e afferma che il governo trae la sua autorità dallibero consenso del popolo, al quale vanno garantite le condi-zioni per prosperare. Rispetto alle norme del Massachusetts, èpiú liberale, concede il diritto di voto a una larga fascia di abi-tanti e contempla limitazioni al potere del governo e dei magi-strati. Traccia infine una netta distinzione fra autorità civile edecclesiastica. Hooker temeva che lasciare ai magistrati la li-bertà di regolarsi come meglio credevano era «una strada cheporta dritto alla tirannia». Meglio emanare leggi scritte perfissare limiti e competenze.

Esattamente quello che reclamavano gli abitanti del Mas-sachusetts, stanchi di vedere i magistrati emettere sentenze aloro discrezione. Un movimento popolare faceva sentire la suavoce in tono sempre piú vigoroso. «Se i magistrati non vengo-no frenati», temeva John Cotton, «il vento diventerà una tem-pesta». Sull’onda delle proteste, fu commissionata proprio aCotton la stesura di un codice.

Invece di ispirarsi alla tradizione giuridica inglese, il teolo-go andò a rovistare fra i capitoli del Vecchio Testamento. Ne

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porta di casa aveva inciso gli ideali di ogni puritano, «sobrietà,giustizia, pietà», e poi aveva aggiunto «risata». Difatti Wardsfoggiava un notevole spirito sarcastico. Come dimostra Il cia-battino di Aggawam (Agawam era il nome indiano di Ipswich),un libro in cui prende in giro la società del suo tempo. Ce l’hacoi sarti delle donne. «È quanto mai indegno che uomini conuna spina dorsale passino la vita a fabbricare vestitini ricamatiper il capriccio di futili donne». Rimasto vedovo, Ward perdodici anni non trovò un’altra donna che gli andasse a genio,odiava la nuova moda che «le trasforma in oche che depongo-no le uova, simili a crostacei, come geroglifici egiziani, o nellamigliore ipotesi come farine francesi per la pasticceria. Unavera donna inglese le prenderebbe a calci». È un Catone checensura i vizi del tempo. Non concepisce la tolleranza religio-sa. Aveva vissuto in una città olandese «dove un cattolico pre-gava in una chiesa, un luterano in un’altra, un calvinista in unaterza». Ne era rimasto nauseato. Solo le menti «punte dallacoda del diavolo» possono tollerare altre sette.

Come Cotton, Ward scrisse il codice con la mente rivoltaalla Sacra Scrittura. Ma ebbe il buon senso di mitigare leasprezze bibliche con una notevole dose di common law ingle-se, la legge comune, e cioè basata sulla tradizione. Ne vennerofuori cento capitoli passati alla storia come Corpo delle Libertà,la Carta che fissava i limiti del governo e i diritti dei cittadini.«L’autorità civile ha potere e libertà di assicurare la pace, i ritie le leggi di Cristo».

Rendeva sacri e intangibili alcuni valori fondamentali del-l’America: la vita delle persone, l’onore, i membri della fami-glia e i possedimenti. Nessuno poteva essere messo in prigio-ne senza processo e condanna. Volendo evitare che un magi-strato approfittasse dell’ignoranza per opprimere, le leggi ve-nivano lette ad alta voce ogni tre anni. Ward raccomandò di«considerare tutti i magistrati allo stesso modo e non dare ono-ri e potere piú a uno che a un altro». In pratica, suggeriva dieleggere i capi a rotazione. E questo a Winthrop suonò pocogradito.

Per molti aspetti il codice di Ward era fatto su misura peruna società capitalistica. Niente monopoli, nessuna tassa sulle

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ta». Con una battuta di spirito, il critico letterario Henry LouisMencken ha dipinto il puritano come un tipo tormentato «dal-la paura che qualcuno da qualche parte si stia divertendo».

I rigidi divieti del sabato sono all’origine delle blue laws.In alcuni Stati americani sono rimaste in vigore fino al 1960quando cominciarono a declinare. Era cambiato solo il giornoda santificare, proibivano di svolgere di domenica certe atti-vità, come aprire negozi, vendere alcolici, svolgere incontri diboxe, andare a caccia, farsi la barba, organizzare combatti-menti di galli, e perfino baciare i bambini. Perché furono det-te blue laws non è chiaro. Forse la parola blue aveva in passa-to un significato spregiativo. Oppure fu un’invenzione del re-verendo Samuel Peters, che per primo usò l’espressione bluelaws nel 1782 in un libro sulla storia del Connecticut. Elencòquarantacinque proibizioni, mettendole in ridicolo. Forse unavendetta, Peters era anglicano e fu costretto a lasciare l’Ame-rica, respinto da un mondo di repressione e fanatismo.

Oltre a Cotton, i capi del Massachusetts diedero incaricodi preparare un codice a Nathaniel Ward, un avvocato dive-nuto pastore di Ipswich. Ma Winthrop continuava a opporsi aleggi scritte. Imbevuto di sentimenti biblici, attribuiva ai go-vernanti e ai magistrati una particolare ispirazione divina.Svolgevano il ruolo di guida e anche di padri premurosi dellacomunità. Erano portati in modo naturale a operare per il be-ne di tutti, non servivano regole e ordinamenti giuridici. Per-ciò Winthrop, finché mantenne la carica di governatore, im-pedí l’adozione di un codice. Ma nel 1641 fu eletto governa-tore Richard Bellingham. Sotto la sua gestione fu approvato ilcodice di Ward. Winthrop aveva sognato di cementare la so-cietà con vincoli d’amore e non con leggi. Sia lui sia Bradfordbasavano la missione sul «piacere di stare insieme, come mem-bra dello stesso corpo». Siccome la legge è lo specchio dellasocietà in cui si vive il suo sogno utopistico tramontava. Larealtà pratica sopraffaceva gli ideali religiosi e segnava la scon-fitta del leader della colonia. Lui voleva vendere il cielo, ma lagente volgeva sempre piú lo sguardo verso la terra.

L’autore del codice era un sessantenne gagliardo, il piú an-ziano emigrante dell’Emmanuel college. Sullo stipite della sua

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Parte quarta

La creazione dell’America

Tra gli antichi romani, da Romolo in poi, si-no a quando non si fecero avanti i cristiani,non troverete un solo uomo che sia statoperseguitato per le sue idee religiose.

Voltaire

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eredità, cancellate le restrizioni medievali sulla terra, libertà divendere le proprietà senza imposte e licenze. Ma erano ancheleggi condizionate da un ambiente ancora agricolo. Il mais e ilfieno nei campi, o ortaggi deperibili, non potevano essere mes-si sotto sequestro. L’impronta biblica era evidente nella nor-ma che proibiva di pretendere soldi per difendere qualcuno, ecioè la professione di avvocato era abolita. Ogni contesa an-dava risolta col buon senso e la Bibbia, in modo fraterno.

Il codice rispecchiava lo spirito della New England Way.Proibite le punizioni «inumane, barbare o crudeli», al massi-mo erano permesse quaranta frustate. Proclamava la libertàdei coloni affermando che «non ci sarà mai schiavitú, vassal-laggio o cattività fra noi, i soli prigionieri legali quelli presi inuna guerra giusta». Elencava crimini meritevoli di condanna amorte, secondo la legge di Dio: stregoneria, blasfemia, omici-dio, bestialità, sodomia, adulterio, rapina, falsa testimonianzae tradimento. Particolarmente grave il reato di idolatria: Dio ègeloso, «non avrai altro Dio al di fuori di me». Ma stando alcodice di Ward, Dio pretendeva meno pene capitali del re,perché in Inghilterra in quel periodo era prevista la pena dimorte per ben cinquanta reati.

Nel 1648 il testo di Ward fu rivisto e aggiornato. Prese laforma di un vero codice civile e penale, e divenne noto col ti-tolo di Leggi e Libertà del Massachusetts. È rimasto un mo-dello, uno dei documenti che segnarono il cammino dei coloniverso la Dichiarazione di Indipendenza di un secolo dopo. Ilsacro esperimento stava forgiando una mentalità legalistica checulminerà con la stesura della Carta costituzionale americana.

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Torna il parlamento

Dal 1629 al 1640 Carlo I Stuart, convinto che «un buon resa di essere ordinato da Dio per il bene del suo popolo», feceil despota. Senza parlamento, alzò le tasse e tormentò i dissi-denti religiosi. Undici anni di tirannia, durante i quali ventimi-la puritani fuggirono nella Nuova Inghilterra. Ma adesso l’in-cauto re era in preda alla disperazione. L’arcivescovo Laud, ilsuo cattivo genio, l’aveva convinto a imporre il Libro di pre-ghiera agli scozzesi. Già il padre ci aveva provato. Di fronte alrisentimento generale aveva avuto il buon senso di non insiste-re. Invece il figlio si intestardí e accusò di tradimento chi rifiu-tava il libro. Gli scozzesi, animati da spirito di indipendenza,temettero che il papista Laud, l’idolatra che aveva ripristinatogli altari, volesse riportarli sotto la Chiesa romana. La rivoltadilagò in ogni livello della popolazione. I nobili si allearonocoi presbiteriani. Nel luglio 1637 nella cattedrale di Edimbur-go, appena cominciò la cerimonia alla maniera inglese, la gen-te si mise a urlare. Una donna di nome Jenny Geddes lanciò alvescovo uno sgabello. Il gesto incoraggiò tutti alla rivolta. Il refu costretto a ritirare il Libro di preghiera. Ma ormai gli animidegli scozzesi erano accesi da una furia incontenibile. Il 28 feb-braio 1638 firmarono un patto con cui si impegnavano a di-fendere, a costo della vita, «la vera religione e impedire ogniinnovazione in materia religiosa». Il primo ad apporre la firmasulla pergamena fu il conte di Sutherland. I capi rivoltosi si

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In quei giorni tumultuosi fu straordinariamente attivo ilgiovane puritano Henry Vane, che già aveva provocato unamezza rivoluzione in America. Suo padre era consigliere delre. Lui gli sottrasse appunti riservati e li consegnò a Pym. As-sunse poi il ruolo di accusatore contro l’arcivescovo Laud,detto «William la volpe». Lo incolpò di ventisei crimini: avevaspinto il re a mettere tasse senza il parlamento, si era elevato aun potere «papale e tirannico», corrompendo giudici con bu-starelle e promesse, aveva imposto un nuovo canone religiosoe cercato di sovvertire la vera religione. Laud fu trascinato nel-la Torre. Si difese «con molta arte, sofismi, vivacità oratoria,audacia e fiducia, senza la minima vergogna o ammissione dicolpevolezza in qualcosa». Non gli serví. Una folla minacciosareclamava l’esecuzione. La capeggiava William Prynne, al qua-le avevano amputato le orecchie ben due volte per ordine diLaud. Il 10 gennaio 1645 l’arcivescovo fu impiccato. La Chie-sa anglicana cadde con lui. Gli sopravvisse la sua tartaruga.Piú di cento anni dopo, nel 1753, fu uccisa per la disattenzio-ne di un giardiniere.

Londra pullulava di scozzesi coi quali l’impetuoso e spre-giudicato Pym si era alleato. Aveva cosí esteso la sua influenzache lo soprannominarono «re Pym». Lui e gli scozzesi coltiva-vano il progetto comune di abbattere la Chiesa anglicana eabolire i vescovi, «mangiatori di cigni e bevitori di vino delleCanarie», come li chiamava il poeta puritano John Milton. Neltentativo di salvarsi, il re compí a sorpresa un viaggio in Sco-zia. Se Pym prometteva riforme religiose, lui poteva offrire dipiú, tutto quello che stava a cuore agli scozzesi, perfino im-portare il loro sistema presbiteriano in Inghilterra. Non avevafatto i conti con la cinica perfidia di Pym, il quale fece diffon-dere la voce che il vero scopo del sovrano era organizzare uncomplotto. Gli scozzesi lo accolsero con sospetto e il re se netornò senza aver concluso nulla. Mentre l’odio religioso esplo-deva in Irlanda: i cattolici, a lungo oppressi da Strafford, si ri-voltarono contro gli inglesi protestanti. Finí in un massacro,«molte migliaia perirono e le loro salme, rimaste sulla terra,servirono come cibo agli avvoltoi». Ecco, gridarono i puritani,cosa accadrà anche a noi se prevalgono i papisti.

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riunirono a Glasgow. Quando il re ordinò di sciogliere l’as-semblea, essi mobilitarono l’esercito e cominciarono a invade-re il territorio inglese. Era cominciata la «guerra dei vescovi»,cosí detta perché gli scozzesi si battevano contro il sistema epi-scopale. Ci fu perfino chi progettò di avvelenare Laud e il so-vrano con «una noce indiana piena di veleno molto potente».

Atterrito, Carlo indisse le elezioni e convocò di nuovo quelparlamento di cui si era disfatto con tanta arroganza. Alla pri-ma seduta, il 13 aprile 1640, trovò i parlamentari piú che maipieni di sdegno contro di lui. Chiedevano riforme religiose eprotestavano per le tasse. La Camera dei Comuni era dominatada un superstite del vecchio parlamento, John Pym, un purita-no di umili origini, astuto e molto abile nel manipolare la gen-te. Era carico di rancore contro il re e bramoso di vendetta. Il17 aprile parlò per due ore scagliando accuse infuocate al so-vrano. Rifiutò di approvare altre tasse senza la promessa diriforme. Deluso, Carlo il 5 maggio sciolse di nuovo quello chefu detto il «parlamento breve». Ma la gente era in subbuglio eper strada aggrediva i vescovi. Sapevano tutti che il re da solonon era in grado di difendere l’Inghilterra. Gli scozzesi si eranoaddentrati nel Nord con ventimila uomini. Pym e i gentlemenpuritani li incoraggiavano ad avanzare. Ai primi colpi l’esercitoinglese fuggí e gli scozzesi arrivarono alle porte di Newcastle.

Carlo fu obbligato a convocare un nuovo parlamento.Inaugurato il 3 novembre 1640, stavolta batté ogni record didurata. Rimase in vigore per ben otto anni guadagnandosi ladefinizione di «parlamento lungo». Lo componevano in granparte oppositori della corona, animati da motivi religiosi e an-sia di rivincita. Con tutto l’odio che aveva in corpo, Pym fecemettere sotto accusa Thomas Wentworth, il conte di Strafford,successore di Buckingham come consigliere del re. Arrestatoper tradimento, umiliato da una folla sanguinaria, il potenteministro fu condotto al patibolo e giustiziato. Per non finirecome lui, il segretario di Stato, il Guardasigilli e tutti gli uomi-ni di corte piú in vista scapparono all’estero. Era cominciatala rivoluzione puritana. Doveva portare gli eletti di Dio al go-verno. Le strade formicolavano di londinesi che rendevanograzie al Signore con digiuni pubblici.

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Questa crisi di coscienza fu accompagnata da un rapidopeggioramento della situazione economica. La grande migra-zione era improvvisamente finita. In Inghilterra, annotavaWinthrop, «c’è l’attesa di un nuovo mondo, perciò solo pochivengono da noi e i beni dall’estero scarseggiano e i nostri nonhanno piú valore». I nuovi immigrati portavano carichi di mer-ci e compravano cibo e vestiti dai coloni. Ora nessuno com-prava e i prezzi crollarono. Molti furono costretti a indebitar-si per sopravvivere. Incapaci poi di restituire i prestiti cedeva-no case, terre e bestiame. La Corte generale cercò di proteg-gere i debitori evitando che i creditori si impossessassero au-tomaticamente delle loro proprietà. Venne fuori una nettaspaccatura in due fazioni economiche, da una parte manifat-turieri e mercanti, che speculavano sulle merci, e dall’altra icontadini sempre piú poveri. I commercianti usavano pesi fal-si, facevano incetta di merci, vendevano alcol sottobanco, cor-rompevano i doganieri per non pagare dazi. Si stavano ripro-ducendo tutti i peccati della vecchia Inghilterra. Scandalizza-to perché «un uomo può vendere caro quanto gli pare e com-prare basso quanto vuole», Cotton si sgolava nel raccomanda-re prezzi bassi.

La crisi piú drammatica coincise col 1641. Presi dallosconforto, quarantatre coloni partirono con due navi direttiverso le isole dei Caraibi alla ricerca di miglior fortuna. Anda-rono incontro a un disastro. Finirono in mezzo alle tempeste epoi furono catturati dagli spagnoli. Cosí, commentò Winth-rop, «Dio li ha puniti per aver parlato male di questa santaterra e del popolo del Signore che qui vive». Winthrop non sifaceva prendere da nostalgie per la vecchia patria e restava fe-dele alla sua missione. Descriveva le terre oltre i confini dellacolonia come un covo di pericoli e malvagità. Gli abitanti del-la Nuova Inghilterra vi si avventuravano a loro rischio. Unoche se n’era andato in Virginia fu «abbandonato da Dio a unagran superbia e sensualità, essendo spesso ubriaco, com’è d’u-so laggiú».

Un piccolo gruppo, buona parte studenti di Harvard ecci-tati dall’idea della rivoluzione, partí per l’Inghilterra. Ma lagrande maggioranza considerava ormai la Nuova Inghilterra

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Vennero anche per Pym giorni difficili. Allarmati dai suoimetodi, i Lord si stavano schierando con la corona e i Comu-ni erano in continuo subbuglio. A ogni assemblea scoppiava-no risse e tutti stavano con le mani sulle spade. A volte Pymtemeva di soccombere. In quei momenti un solo pensiero gliattraversava la mente: andarsene nella Nuova Inghilterra. Lostesso progetto frullava in testa a un ruvido deputato prove-niente da un villaggio vicino a Cambridge, Oliver Cromwell.Temeva l’affermarsi di una monarchia assoluta in alleanza coicattolici. Lo spaventava l’idea che «il re dovesse governare co-me un dio». Per evitarlo voleva imporre il controllo completodel parlamento sui ministri del re. Se non ci riusciva, Cromwellpensava di «vendere tutto e non rivedere piú l’Inghilterra.Molti onest’uomini sono del mio stesso parere».

Spinto dalla moglie che lo accusava di viltà, il re compí unerrore fatale. Nel gennaio del 1642, scortato da quattrocentouomini armati si presentò ai Comuni. Quell’aula rappresenta-va il potere del popolo e mai nessun sovrano ci aveva messopiede. Davanti ai parlamentari allibiti chiese la consegna dicinque deputati, Pym, Hampden, Holles, Strode e Hazelrigg.Ma Pym aveva complici ovunque. Una dama di compagniadella regina lo aveva avvertito. «Vedo che gli uccelli sono vo-lati via», commentò il re sotto decine di sguardi ostili. Quan-do uscí, una folla inferocita lo strinse minacciosa. Fuggí. Sa-rebbe tornato nella capitale solo per farsi mozzare la testa.Pym e i puritani erano padroni di Londra e del governo. Il 22agosto 1642 il re dichiarò guerra al parlamento.

Guerra dei prezzi

Gli avvenimenti inglesi provocarono due tipi di reazionenella Nuova Inghilterra. Il primo di ordine religioso. I colonicominciarono a chiedersi se la loro missione fosse conclusa.Avevano attraversato l’Atlantico per stabilirvi la legge di Dio.Ma adesso nella vecchia patria stava trionfando la vera Chiesaprotestante. Bisognava tornare ad aiutare i fratelli contro l’An-ticristo?

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Il mondo sottosopra

Il parlamento inglese esigeva il controllo dell’esercito, la no-mina dei grandi funzionari del re e il diritto di riformare la Chie-sa. Precorrendo i tempi, i rivoluzionari puritani volevano in pra-tica ridurre la monarchia a una carica quasi rappresentativa.

Ma la figura del re riscuoteva ancora molte simpatie. La mag-gioranza della nobiltà si schierò col sovrano, mercanti e artigia-ni e una parte dell’aristocrazia con il parlamento. E cosí, sullosfondo di un conflitto religioso, nel 1642 scoppiò una guerra ci-vile. La divisione fra realisti e parlamentaristi non era netta. Co-me ha scritto lo storico Ranke, «una parte desiderava il parla-mento non senza il re, l’altra il re non senza il parlamento».

I padri si ritrovarono contro i figli, fratelli contro fratellicominciarono a combattersi sui campi di battaglia. Entraronoin azione le White coats, le giubbe bianche, e i Clubmen, i maz-zieri, contadini armati di scuri, falci e bastoni. Inglesi controinglesi, due eserciti, i Cavalieri, partigiani del re, e le Teste Ro-tonde, l’ala militare del partito parlamentare. Entrambi com-battevano in nome di Dio. Per finanziare l’esercito del parla-mento, Pym era costretto a imporre tasse. Ma i londinesi era-no alla fame e gli si stavano rivoltando contro. Stuoli di donneinvasero le strade minacciando di «gettare nel Tamigi quel ca-ne di Pym».

Non solo rischiava di perdere il potere. La vita stessa stavaabbandonando Pym. Era malato di cancro. I realisti lo sape-

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la sua vera patria. I capi delle colonie cercarono di trarre van-taggio dai rivoluzionari inglesi inebriati di speranza e fiducianell’avvenire. Inviarono a Londra i pastori Hugh Peters e Tho-mas Weld e il mercante William Hibbins per negoziare accor-di commerciali e chiedere fondi con la scusa di evangelizzaregli indiani. Nel giro di un anno raccolsero piú di tremila ster-line, in buona parte spese nell’acquisto di armi e munizioni enella costruzione di nuovi edifici dell’Harvard college. Si die-de da fare a Londra anche l’intraprendente figlio di Winth-rop, John jr, alla ricerca di investimenti per una fabbrica diferro battuto.

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la fede, la loro concezione della grazia come forma di energia,«una specie di violenza divina sull’uomo», ed era molto ap-prezzata l’idea di Hooker che la rigenerazione spirituale ha ef-fetti benefici anche sul corpo. Un’anticipazione di principipsicologici moderni. Thomas Goodwin, allievo di Cotton, davero propagandista della New England Way, diceva che il suc-cesso ottenuto laggiú dimostrava che Dio aveva gradito.

Ma i tre santoni decisero di starsene a casa. Non volevanofarsi coinvolgere nelle liti scoppiate a Londra. Dove i contra-sti divennero evidenti nel luglio 1643 alla prima riunione delsinodo, passato alla storia come Assemblea di Westminster,composta da centoventuno religiosi e trenta laici inglesi e scoz-zesi. I presbiteriani erano compatti e in netta maggioranza.Avevano di fronte i congregazionisti, definiti fratelli dissen-zienti, i quali temevano che i presbiteriani diventassero i nuo-vi tiranni. Per allargare il loro numero accettarono di unirsi ainnumerevoli sette estremiste, uno schieramento caotico co-nosciuto col nome di indipendenti. Avevano in comune solola volontà di opporsi ai presbiteriani. A differenza dei santidella Nuova Inghilterra, praticavano una completa tolleranzareligiosa. Ne facevano parte visionari radicali, sociniani, mug-gletoniani, seguaci di uno stravagante sarto londinese Lo-dowicke Muggleton, i profeti della Quinta Monarchia che vo-levano sostituire la legge inglese con quella di Mosè, seekers,cercatori che aspettavano l’ispirazione diretta dello SpiritoSanto, ranters, quakers, diggers, brownisti, anabattisti che ri-fiutavano il battesimo dei bambini, maniaci come il sarto Ja-mes Milner il quale profetizzò, dopo un digiuno di due setti-mane, che era imminente una nuova creazione del mondo.Una combriccola di esaltati seguiva perfino un omaccione dinome Richard Sale, che a piedi nudi, con addosso un sacco,circolava per le strade con la testa coperta di cenere, un maz-zo di fiori in una mano ed erbaccia nell’altra.

Il parlamento era favorevole a una completa tolleranza re-ligiosa. «Libertà di coscienza per ogni setta», proclamò Ro-bert Baillie. Musica per le orecchie di Roger Williams il qualeaccorse a Londra e si mise a fare cattiva pubblicità a Cotton eai severi teologi del Massachusetts. Ne denunciò «il sanguina-

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vano. Prima di spegnersi lanciò un incitamento a rifiutare lapace. E quell’urlo di leone morente ebbe il potere di infiam-mare i seguaci. Folle inferocite di puritani scesero nelle vie diLondra in un impeto bellicoso. Fu come trasmettere nuovoardore combattivo all’esercito delle coccarde arancione checominciò a vincere. Pym non ebbe la gioia del trionfo finale,ma rimane uno dei piú grandi rivoluzionari della storia. Comediceva Winston Churchill, «salvò l’Inghilterra dalla monar-chia assoluta». A quel tempo per tracciare il quadro clinico diuna persona si esaminavano le sue urine. Il 30 novembre 1643uno sconosciuto si presentò a casa dell’astrologo William Lil-ly. Consegnò un campione di urina di Pym. Voleva sapere sel’uomo sarebbe vissuto ancora a lungo. Piú che all’urina, l’a-strologo preferí affidarsi alle sue arti magiche: «Vidi la Lunatrina di Giove e giudicai che il male non poteva essere cura-to». Pym morí una settimana dopo, l’8 dicembre. Prese il suoposto l’incendiario Vane.

Nel pieno della guerra civile, i teologi litigavano su comeriformare la Chiesa anglicana. La maggioranza credeva che ilgiusto sistema indicato dalla Bibbia era quello presbiteriano.Rimpiazzare vescovi e preti con ministri e anziani in ogni par-rocchia e formare un’assemblea nazionale col compito di dareconsigli.

La minoranza voleva invece chiese autonome, senza nes-sun organismo nazionale. Quando un gruppo di fedeli si riu-niva e dimostrava la propria fede, automaticamente dava vitaa una chiesa. Ogni congregazione di rigenerati, di eletti, rap-presentava una chiesa. Tante chiese, tante isole di santità inmezzo a una moltitudine di reietti.

Due visioni inconciliabili, ne scaturirono risse furibonde.Gli uni e gli altri si vantavano di interpretare la volontà di Dio,ed erano pronti a saltarsi alla gola. Invece di concordia, la Bib-bia portava conflitti, la religione può essere ben piú ferocedella politica.

Per trovare una soluzione comune il parlamento convocòun sinodo di teologi. Vecchi compagni di università scrisseroa Cotton, Hooker e Davenport invitandoli a parteciparvi. Liconsideravano maestri. Facevano testo i loro ragionamenti sul-

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rità, piú scale che portano al paradiso, perciò fuori le «falsereligioni e false opinioni». Secondo Henry Dunster, «è artifi-cio di Satana pretendere una tolleranza senza limiti». Col suopiglio mordace, Nathaniel Ward, l’autore del codice, si sca-gliò contro i tolleranti che «attaccano la Bibbia di Dio alla cin-tola del diavolo». E incalzò: «In nome della nostra colonia,proclamo al mondo che tutti i famigliaristi, gli antinomiani,gli anabattisti e gli altri entusiasti avranno ogni libertà di star-sene divisi da noi, gente simile sarà indotta ad andarsene il piúrapidamente possibile».

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rio principio della persecuzione». Disse che «la natura nonconosce differenze tra gli uomini». Non si può «con la forzaimporre un solo credo». Concordava con lui Henry Vane, ilquale lo accolse con affabile calore e gli fece ottenere dal par-lamento una patente per il controllo della colonia dell’interoRhode Island, che dopo il Massachusetts e il Connecticut di-venta il terzo Stato americano fondato da un laureato dellaCambridge inglese. Appena rientrato a Providence, Williamsemanò una disposizione secondo la quale nessuno poteva es-sere molestato per la sua coscienza. Un tale di nome JoshuaVerin era di opinione diversa. Picchiò a sangue la moglie per-ché frequentava la setta di Williams.

Le accuse di Williams ebbero molta eco a Londra. I pre-sbiteriani ne approfittarono per mettere sotto accusa i con-gregazionisti. Vedete a cosa porta il vostro ordinamento?, nel-la Nuova Inghilterra impera il congregazionismo e producesolo infamia. Cominciarono a circolare numerosi opuscoli dicondanna del sistema americano. Qualche parlamentare invo-cava di mettere fine all’autonomia delle colonie. Per gettarediscredito parlavano male perfino del clima e della terra ari-da. John Ball non riusciva a comprendere perché gli abitantidella Nuova Inghilterra non tornavano ora che serviva l’aiutodi tutti, li bollò come disertori della causa comune. ThomasShepard gli ricordò che «non avevano abbandonato l’Inghil-terra come i topi che fuggono da una casa che crolla». Ma «ilpotere dei tirannici prelati» li aveva spinti a partire per quella«grande impresa».

La tolleranza era un regalo avvelenato dell’Inghilterra che icoloni rifiutavano. Con autentico terrore seguirono gli svilup-pi della rivoluzione inglese. Se le numerose sette che pullula-vano in Inghilterra attraversavano l’Atlantico, potevano«affondare la nostra piccola barca». A Boston giocarono d’an-ticipo, a novembre 1644 l’ingresso degli anabattisti nel Massa-chusetts fu dichiarato illegale. «Il progetto dei nostri primi co-loni», scrisse Cotton, «non era la tolleranza, essi erano aperta-mente nemici di essa…Volevano stabilire la religione e assicu-rarla per i posteri secondo quello che loro credevano fosse lavolontà di Dio». La verità è una, non possono esistere piú ve-

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Le Teste Rotonde dipingevano i Cavalieri come fautori delpapismo e oppressori dei contadini a vantaggio del re. Mentrei realisti vedevano gli avversari come perniciosi sovversivi del-l’ordine sociale. Le reciproche accuse sembravano confermatedalla presenza di molti cattolici nell’esercito di Carlo e dalcomportamento dei soldati delle Teste Rotonde, che distrug-gevano altari, paramenti sacerdotali e libri sacri, addiritturanella cattedrale di Worcester fecero i loro bisogni nei fontibattesimali.

Il 14 giugno 1645, sul terreno dolcemente ondulato di Na-seby, poco piú su di Northampton, Cromwell con reparti di«uomini poveri e ignoranti» travolge l’esercito regio degli sfol-goranti Cavalieri. È il colpo decisivo. Ancora qualche batta-glia ma nella primavera del 1646 è la fine. I puritani hannovinto. Ma il controllo del paese è nelle mani dell’esercito nonin quelle del parlamento. L’Assembela dei teologi abolisce ivescovi e i ricchi mercanti puritani si spartiscono le loro pro-prietà. Le cattedrali diventano mercati, carceri, caserme.

A Londra Hugh Peters era salito nell’Olimpo dei potenti econtinuava a servire gli interessi delle colonie. Grazie ai suoibuoni uffici il parlamento accordò alla Nuova Inghilterra ilpermesso di far viaggiare le merci importate ed esportate sen-za dazi. Fin dall’inizio gli emigrati avevano appoggiato la causadel parlamento, cercando di favorirne «il buon successo» conalcuni giorni di digiuno. Ma a un certo punto «alcuni spiritimaligni cominciarono a parteggiare per il re», allora la Cortegenerale emise un ordine per proibire a chiunque di stare coirealisti con azioni, parole e scritti. Winthrop si manteneva cau-to. Se nel parlamento prevalevano i presbiteriani certamenteavrebbero tentato di imporre il loro sistema anche alla NuovaInghilterra. Sarebbe stata la rovina del sacro esperimento.

Nel 1640 non fu rieletto governatore, gli fu preferito Dud-ley, e l’anno successivo Bellingham. Ma nel 1642 toccò di nuo-vo a lui, e fu rieletto per tre anni di seguito. Un periodo in cuiaiutò i coloni a uscire dalle secche della crisi economica. Spin-se a trovare nuovi mercati. L’Inghilterra, immersa nel turbinedella rivoluzione, non offriva piú garanzie. Fu dato impulsoalla coltivazione di canapa e lino per i vestiti. I pescatori au-

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Un genio militare

All’inizio, la guerra civile volgeva in favore del re. Ma nelcorso del 1644 emerge la figura di Oliver Cromwell, un picco-lo proprietario terriero di 45 anni che incute rispetto e timore.Un uomo audace, spregiudicato, avido di potere, con occhi dicolore verde-azzurro che mandano lampi sinistri. I Lord nesono terrorizzati e anche gli scozzesi lo temono. Organizza letruppe a cavallo della Eastern Counties Association, la lega del-le contee orientali. Si rivela un autentico genio militare. Lochiamano Ironsides, fianchi di ferro, e Ironsides vengono bat-tezzati anche i suoi ben addestrati cavalieri. Con essi, il 2 lu-glio, «guidato dalla fede e da una forza d’animo senza pari»,per la prima volta mette in fuga l’esercito realista sul terrenodi Marston Moor. Una catastrofe per il re. «Dio ridusse i ne-mici come stoppia alle nostre spade».

Cromwell ha modi sbrigativi. Caccia via i capi dell’esercitoincapaci di risolvere la guerra civile e crea un New ModelArmy, un’organizzazione militare piú efficiente. Nel giugno1645 diventa il capo militare della rivoluzione e figura domi-nante in parlamento. Il nuovo padrone dell’Inghilterra. Stacon gli indipendenti che avviano lo sterminio dei presbiteria-ni, visti come tirannici e impuri al pari degli anglicani. Primadi ogni battaglia i suoi soldati si raccolgono in preghiera. In-torno ai fuochi discutono complicate teorie teologiche. Sannoa memoria l’Antico Testamento. Sono santi in armi.

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della scrofa, diviene occasione di una rivolta. Il fatto è questo.La signora Sherman, proprietaria di una locanda, trova unasua scrofa uccisa. Accusa John Keyne di avergliela ammazzata.Ricco mercante di Boston, Keyne è uno spregiudicato. Cottonlo ha svergognato pubblicamente in chiesa come esempio diprofittatore che raddoppia i prezzi quando le merci scarseg-giano. Al processo, molti stanno dalla parte dell’umile signoraSherman. I deputati, eletti dal popolo, votano a favore dellacondanna del facoltoso Keyne. Ma i magistrati pongono il ve-to e lo assolvono. La sentenza provoca una vera insurrezionepopolare, la gente grida che «bisogna abolire il potere di vetodei magistrati». Winthrop non è di questa opinione. Se i magi-strati perdono potere a favore dei deputati, la colonia diventauna «mera democrazia», che lui considera «la piú misera e peg-giore forma di governo». Il veto rimane una prerogativa deimagistrati. Tuttavia a marzo del 1644 avviene una divisione, imagistrati confluiscono in una Camera alta e i deputati forma-no una Camera bassa e acquistano una maggior dignità.

Ma le ribellioni non finiscono. La piú insidiosa scoppia aHingham nel 1645. I magistrati hanno scelto come capo mili-tare della città Anthony Eames. I capi di Hingham lo rifiuta-no, lo sostituiscono con Bozoan Allen, nemico di Winthrop.È una sfida ai magistrati e personalmente a Winthrop. La gen-te di Hingham vuole decidere per conto suo, cerca di svinco-larsi dal controllo e dall’eccessivo potere concentrato nellemani dei magistrati. Vuole conquistare autonomia locale negliaffari civili e religiosi. Winthrop gli leva subito dalla testa que-sta illusione: manda la forza armata, «per il vostro bene». Mail suo intervento giudicato troppo energico gli procura l’im-peachment da parte della Camera bassa, un processo per abu-so di autorità. L’argomento tiene banco per sette giorni da-vanti alla Corte generale. Alla fine i capi di Hingham esconosconfitti e costretti a pagare una multa. Winthrop, da politicoabile, ha trasformato il processo in una trappola per i suoi av-versari. E ora, levatosi in piedi, tiene una vera lezione su cos’èuno Stato puritano. I cittadini non hanno diritto di ribellarsiai magistrati da loro eletti; i magistrati sono luogotenenti diDio, essi e il popolo sono legati a Dio da un patto, la gente ha

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mentarono la produzione da esportare, prendevano aringhe,sgombri, deliziose spigole e sardine. I cantieri navali lavoraro-no a pieno ritmo. Nuove navi cariche di pesce, pelli, e capi dibestiame cominciarono a viaggiare verso il Portogallo, la Spa-gna, le Azzorre. Trasportavano legname, doghe, bastoni, assiper tetti, pecore, capre, maiali, cavalli, orzo, grano, avena, se-gale, carne di manzo essiccata, carne di maiale, rum, formag-gi, burro, sapone, piselli. In un solo anno furono esportati tre-centomila barili di merluzzo. Le navi tornavano con carichi divettovaglie, vestiti, merletti, vino Madeira. Importavano dalleIndie Occidentali melassa per fare rum, zucchero, cotone, ta-bacco, indaco, e anche schiavi.

La guerra civile distrae l’Inghilterra e Winthrop ne appro-fitta per estendere i confini del Massachusetts, a nord incor-pora i villaggi sul fiume Piscataqua, e a sud si appropria deiterritori sulla Narragansett Bay. Infine con un’operazione dialta scuola diplomatica stringe un accordo fra il Massachu-setts e le tre colonie minori, Plymouth, Connecticut e NewHaven. Si forma una comunità della Bibbia di cui Winthrop èuna specie di sovrano.

Plymouth contava 3 mila abitanti, stesso numero Connec-ticut e New Haven. Nel Massachusetts, la piú potente, gli emi-granti erano saliti a 15 mila. Il 19 maggio 1643 formarono unaconfederazione di Colonie Unite della Nuova Inghilterra, perdifendersi da possibili attacchi della gente «di alcune nazioni estrani linguaggi» che vivevano nella zona. In realtà si coalizza-vano per una maggiore forza di espansione. Il Rhode Island diRoger Williams, popolato da gruppi di eretici in lotta l’unocontro l’altro, fu escluso. O si piegava o niente. Era una confe-derazione di rigidi puritani. L’unione fu «un atto di sovranitàassoluta», rendeva le colonie piú forti e autonome, sotto la gui-da del Massachusetts. Un felice isolamento rispetto alla madrepatria invischiata nella sanguinosa guerra civile. La Nuova In-ghilterra appare orgogliosa. I santi stanno conquistando la pro-sperità, si avviano a diventare solidi borghesi amanti dell’ordi-ne. È nata ormai una nazione. Si fa strada lo spirito americano.

Piú i coloni si sentono sicuri nella nuova patria e piú pre-tendono. Una storia tutto sommato banale, nota come il caso

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glia di strada durante le quali fu colpito con duecento frusta-te. Il suo coraggio fece impressione. Lo misero in isolamentocompleto, «nel peggiore angolo della prigione» ma non sipiegò, continuava a scrivere libelli. Reclamava la libertà di pa-rola «per ogni uomo al cospetto di Dio» e giurò di «gridare ilmio pensiero liberamente e coraggiosamente fino alla morte».Per merito suo nel 1641 la Star chamber divenuta simbolo dioppressione fu abolita. Gli inglesi devono ai puritani la nasci-ta di una mentalità liberale in campo giuridico. Lilburne sa-crificò tutto alla libertà di combattere le ingiustizie. Si defini-va un «onesto e ben educato inglese nato libero che mai nellasua vita sopportò un tiranno né ebbe paura di un oppresso-re». Lo chiamavano Freeborn John, John Nato Libero.

Il vento della rivoluzione porta nuova aria nelle colonie.Gruppi di esclusi dalle chiese minacciano di rivolgersi a Lon-dra per essere «governati dalle leggi dell’Inghilterra». Recla-mano «completa e libera tolleranza di religione». Winthrop ècostretto a rivedere i suoi piani. Il sacro esperimento dovevaanche servire da esempio alla vecchia Inghilterra. Ma l’Inghil-terra non ha capito, crea piú problemi che al tempo del re. ALondra i presbiteriani giudicano i puritani del Massachusettstroppo autonomi, gli indipendenti li vedono troppo intolleran-ti verso anabattisti e altre sette. Winthrop si convince che l’In-ghilterra è perduta e va abbandonata al suo destino. Il popolodella Baia non dev’essere contaminato, la sua purezza va dife-sa. Robert Child cerca di infrangerla. Child è un giovane cheha studiato medicina in Olanda e a Padova. Porta a Bostondue idee aspramente avversate dai puritani, il sistema presbite-riano e la tolleranza. Fa leva sul malcontento degli esclusi, lagente respinta dalle congregazioni e priva di diritti politici. Unbuon numero di coloni si mette dalla sua parte. Nel maggiodel 1646, forte di questo seguito popolare, presenta con altrisei amici una «Rimostranza e umile richiesta» alla Corte gene-rale, per estendere il voto a tutti e accogliere le sette religiose.

Seguirono mesi di panico. La Nuova Inghilterra si sentivaminacciata da Londra e ora anche da una parte del suo stessopopolo. I capi della colonia orchestrarono una campagna perscreditare Child. Fecero circolare la voce che era un gesuita

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il dovere morale di obbedire alle leggi di Dio e alle interpreta-zioni che i magistrati ne danno. Piccole libertà sono concepi-bili solo sotto una grande autorità. La coesione collettiva deveprevalere sugli interessi individuali. Winthrop innalza la sta-tua a se stesso. Il suo prestigio è piú alto che mai. Se nel 1645gli avevano preferito come governatore Endecott, lo rieleggo-no nel 1646 e negli anni successivi, fino alla morte.

Tradimento

A maggio 1646 il re cade nelle mani degli scozzesi. Essi glipromettono di mantenerlo sul trono purché accetti di abolirei vescovi e sostituirli col sistema presbiteriano. Passano mesi eCarlo non prende una decisione. Allora la decisione la pren-dono gli scozzesi. Nel febbraio del 1647 consegnano il re alparlamento, per il loro aiuto incassano un compenso di 400mila sterline in oro e, stufi delle beghe inglesi, se ne tornanoin Scozia. I partigiani del re gridano al tradimento. Traitor Scot/ sold his King for a groat, il traditore scozzese ha venduto ilsuo re per una monetina.

Cromwell mandò un reggimento a impadronirsi del re. Loportarono a Hampton Court. Ma non si riuscí a trovare un ac-cordo sulla sorte del sovrano. Allora l’esercito marciò su Lon-dra e occupò Westminster. Il caos aumentava e i londinesi con-tinuavano a manifestare una fecondità politica inesauribile.Nel 1646 si formò attorno alla figure di Lilburne, Walwyn eOverton, un gruppo radicale cui gli avversari diedero il nomedi levellers, livellatori, i piú cervellotici. Avevano la bella pre-tesa di livellare tutto, titoli, proprietà, eguaglianza assoluta.Lilburne era uno spiritaccio ardente, agitatore incapace dicompromessi e di cose pratiche. Accusava il parlamento di es-sere tirannico come il re. Quel re che lo aveva fatto arrestarela prima volta con l’accusa di importare libri sediziosi dall’O-landa. Quando i giudici della Star chamber gli rinfacciaronoquella sua colpa, lui non rispose. «Mi condannano», disse,«perché rifiuto di accusare me stesso». Il 18 aprile 1638 locondussero dalla prigione al luogo della gogna, un paio di mi-

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modo da eliminare «certi errori, obiezioni e sofismi sollevatida alcuni giovani inesperti». Come dire: noi siamo fatti cosí enon vogliamo cambiare, perciò anabattisti, presbiteriani e al-tri gruppi religiosi stiano alla larga, la Nuova Inghilterra non èfatta per loro. Ma la comunità non era piú compatta. A Hin-gham stavano prendendo il sopravvento i presbiteriani, Bo-ston e Salem cedevano al fascino di estremisti radicali arrivatida Londra, cosí le tre città non mandarono nessuno al sinodo.

L’assemblea fu rinviata. Nel 1647 subí un nuovo rinvio acausa di un’epidemia, che spazzò via numerosi coloni fra cuiThomas Hooker. Finalmente il sinodo si riuní il 15 agosto1648. Cominciò con un sermone del predicatore Allen. Men-tre lui parlava un serpente strisciò fra i banchi. Subito il reve-rendo Thompson lo schiacciò col piede. Guardate, disse aglialtri religiosi, questo serpente che io ho schiacciato era chiara-mente il diavolo, cercava di influenzare il nostro sinodo, «loabbiamo sconfitto».

I lavori del sinodo si chiudono con un documento noto co-me Programma di Cambridge, «dettato dallo Spirito del Signo-re», ma in buona parte scritto da Richard Mather. È il manife-sto della New England Way, un sistema fisso, uniforme, in con-trasto con il caos inglese. Definisce i poteri del clero e assegnaalle autorità civili il diritto di punire eresie, persone blasfeme,idolatri, fare leggi contro gli ubriachi e chi non rispetta il saba-to. Se una congregazione si ribella il governo civile sostituisceil pastore. Il privilegio di ammissione è riservato ai santi visibi-li. «Le porte delle chiese non possono essere aperte a ogni sor-ta di gente, buona e cattiva, che può entrare a suo piacimen-to». Nel 1650 sono 3 mila gli abitanti di Boston, ma solo 625sono santi. Ammontano a 15 mila i coloni del Massachusetts,ma solo 1708 fanno parte di una chiesa e hanno diritto di vo-to. Il potere del clero di ammettere o respingere è enorme. Gliesclusi lamentano di essere «trattati alla stregua di schiavi».Colpa loro, «Dio non li accoglie perché non sono degni».

Per evitare altri Child viene messo in chiaro che il «doveredel popolo» è «l’obbedienza agli anziani, sottomettendosi at-traverso di essi al Signore». Nessuna libertà di fare domande e

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mascherato. «Queste volpi», imprecò Cotton, «queste piccolevolpi che distruggono le vigne». E aggiunse che chi voleva latolleranza poteva andarsene in Rhode Island. Prendendo apretesto i modi arroganti di Child, la Corte generale accusòlui e gli altri firmatari di minacce e impose una multa. Childcapí che non l’avrebbe spuntata. Decise di partire per Lon-dra, con l’intenzione di denunciare al parlamento il compor-tamento dei capi puritani. Se questo avveniva, il governo in-glese poteva decidere di prendere il controllo diretto delle co-lonie. Bisognava impedire a Child di partire. Quando stavaper imbarcarsi Winthrop lo bloccò. Poi fece venire da Ply-mouth l’astuto Edward Winslow e lo spedí in Inghilterra, conla sua arte diplomatica e l’abilità nel convincere doveva mette-re la vicenda nella giusta luce. Il parlamento prese per buonala versione offerta da Winslow, diede ragione a Winthrop etorto a Child. «La provvidenza», scrisse sul diario il governa-tore, «preservò le nostre giuste libertà». Mesi dopo, l’incautoChild fu lasciato libero di tornare in Inghilterra. Dove trovòuna situazione nuova e a lui sfavorevole. I presbiteriani eranosconfitti. Cromwell stava prendendo il potere assoluto. E unreduce della Nuova Inghilterra, il ruvido Hugh Peters, si ac-comodò accanto a Cromwell come cappellano e si installò nel-le stanze dell’arcivescovo Laud.

Winthrop si era liberato di un altro fastidioso disturbatore.Ma la Corte generale non vuole piú correre rischi. Rinforzal’obbligo di andare in chiesa, emana leggi contro «noti e vio-lenti eretici», agli attivisti delle sette infligge la gogna, devonostarsene legati a un palo con un cartello attaccato sul petto sulquale spicca la scritta Wanton Gospeller, evangelizzatore im-morale. Tutti devono guardarli in faccia e conoscere la lorocolpa. Questo mondo in cui non esiste perdono attrae lo scrit-tore Nathaniel Hawthorne e al tempo stesso lo sconvolge. Nel1850 ne ricava un capolavoro, La lettera scarlatta, la vocale Adi adultera, che Hester Prynne è costretta a portare ricamatasul petto, cosí la gente vede e disprezza.

La Corte convocò a Cambridge un sinodo delle chiese diPlymouth, Connecticut, New Haven e Massachusetts allo sco-po di fissare il corretto ordinamento religioso delle colonie. In

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la sua rovina. Luxford contrasse debiti per 2.500 sterline a no-me di Winthrop, fu accusato di bigamia, imbrogli e falso. No-nostante i rovesci economici, Winthrop non si perse d’animo.Con la solita calma, come un vero americano, era sempre pron-to a ricominciare.

Erano trascorsi diciannove anni. Questo straordinario uo-mo di fede aveva messo le basi di una nazione nuova, con laferma convinzione che il suo governo, ispirato da Dio, era su-periore a ogni altro. È il vero padre fondatore dell’America.Cotton Mather lo definirà Nehemias Americanus, condusse ipuritani nel Nuovo Mondo come Nehemiah guidò gli israelitida Babilonia verso la terra di Canaan. Lasciava una società or-dinata, una nazione creata dal nulla. Al contrario di quello cheaccadeva in Europa, i coloni non facevano guerre fra loro, nonsoffrivano epidemie e godevano condizioni economiche sod-disfacenti, mentre nella vecchia Inghilterra cresceva il numerodelle persone ridotte all’elemosina e al vagabondaggio. NelMassachusetts, dice lo storico C.M.Andrews, «tutte le classidella popolazione si vestivano, vivevano e si nutrivano a suffi-cienza». Ne diede conferma lo stesso Hugh Peters davanti alparlamento a Londra. Disse che «in sette anni di permanenzanella Nuova Inghilterra non ho mai visto un mendicante». Sul-la nave Arbella Winthrop aveva annunciato che la prosperitàsarebbe stata il segno del favore di Dio. Già in questo mondogli eletti avrebbero avuto ricompense. Ora le buone condizio-ni economiche rafforzavano nel cuore dei santi la certezza diavere Dio al proprio fianco. Con una conseguenza: la via allasalvezza stava diventando la via al benessere. La certezza diun destino eccezionale rendeva i pionieri attivi e ottimisti. Colloro amore per la terra, infaticabili come formiche, quegli uo-mini bigotti, rigidi e altezzosi, stavano cambiando il volto auna landa selvaggia, rifacevano la natura e forgiavano lo spiri-to patriottico americano.

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muovere obiezioni. Ascoltare e basta. Come dice Samuel Sto-ne, «un’aristocrazia che parla e una democrazia silenziosa».

In seguito alle proteste, qualche concessione viene fatta.Tutti ottengono il diritto di partecipare all’amministrazionelocale, ma non al governo centrale della colonia. A LondraCromwell dedica tutte le energie al consolidamento del suodominio. Non ha tempo di occuparsi delle colonie. Cosí laNuova Inghilterra gode di un’autonomia senza precedenti,strappa le bandiere del re e si fa le leggi da sola. È l’alba diuna nuova nazione, una costola dell’Europa che si è staccataper sempre.

È il trionfo di Winthrop. Il figlio Stephen, sconvolto dagliorrori della guerra civile, gli scrive da Londra che «la NuovaInghilterra sembra essere l’unico posto dove si vive in pace».Ma è anche un momento doloroso per lui. Nell’estate del 1647piange la morte della moglie Margaret, «una donna di singo-lare virtú, prudenza, modestia e generosità e amata in manieraspeciale da tutto il paese». Margaret è un esempio della com-pattezza della società puritana. Era amica intima di tutto l’e-sercito di parenti delle due precedenti mogli di Winthrop. Siscambiavano lettere e fra loro si chiamavano «fratelli» e «so-relle». Davanti alla morte il puritano mantiene un certo di-stacco. Winthrop non rimane solo, si sposa per la quarta vol-ta. Prende in moglie la vedova Martha Coytemore che primadi un anno gli scodella il figlio numero sedici, chiamato Jo-shua, morto a 2 anni.

Il governatore continuava ad annotare nel suo diario ognisorta di episodi. Cosí apprendiamo che in quel periodo nelMassachusetts c’era scarsità di mais, abbondanza di piccioniviaggiatori, un’infestazione di farfalle, l’incendio di un fienilea Salem, la scoperta di un nuovo passaggio verso il Connecti-cut, il crollo di cinque persone che si erano avventurate su unalastra di ghiaccio.

Il 26 marzo 1649, colpito dalla bronchite, Winthrop moría 61 anni. Aveva dedicato ogni energia alla colonia trascuran-do gli affari privati. Dove oggi sorge Medford aveva creatouna fattoria. Ne affidò la gestione a James Luxford, che gli erasembrato un uomo umile e pieno di buona volontà. Invece fu

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trapiantato in Inghilterra, Isaac Dorislaus, per redigere un at-to d’accusa. Nel corso della sua vita, Carlo aveva mostratomolti atteggiamenti deludenti, ma nel momento cruciale fu ungigante e guardò i suoi giudici «con sereno disprezzo».

Il 4 gennaio 1649 la Camera dei Comuni proclamò la Re-pubblica. Una statua del re, «il tiranno», fu abbattuta. Carlopassò l’ultima notte a Saint James’s Palace, l’attuale residenzadel principe Carlo. La mattina di lunedí 30 gennaio si alzò al-le 5. Nevicava e le acque del Tamigi erano ghiacciate. Per nondare l’impressione di tremare di paura indossò due camiciesotto i vestiti. Trecento anni dopo, le giovani principesse Eli-sabetta e sua sorella Margareth si strinsero addosso quelle stes-se camicie mentre scendevano nel rifugio sotto BuckinghamPalace. Era in corso la Seconda guerra mondiale e i tedeschirovesciavano tonnellate di bombe su Londra.

Accompagnato da un lugubre rullio di tamburi, Carlo futrasferito a Whitehall dove gli operai avevano preparato il pa-tibolo fino all’altezza di una finestra del primo piano. Versol’1 e 30 il re attraversò la sala dei banchetti che aveva fatto af-frescare da Rubens, venne guidato verso la finestra dalla qualeuscí direttamente sul patibolo. Affrontò la morte con dignità.Erano le 2 del pomeriggio quando si mise in ginocchio e conla mano sollevò i lunghi capelli offrendo il collo alla scure delboia. La testa fu spiccata dal busto accorciando ulteriormenteil piccolo sovrano. «Era un re ma non un gentiluomo», disselord Macauley.

Gli inglesi furono i primi a processare e giustiziare un re«tiranno e traditore per aver fatto guerra al suo popolo». La«rivoluzione puritana», guidata da professionisti rivoluziona-ri, era finita. Christopher Hill ha dedicato volumi al puritane-simo, lo definisce «quell’insieme di opinioni senza le quali laguerra civile non sarebbe stata combattuta». I puritani nonerano contro la monarchia, erano contro questo re e i suoi ac-coliti. Ma il puritanesimo, che non era mai stato un movimen-to omogeneo, usciva dalla rivoluzione cosí variegato e disper-so in mille schegge che è difficile darne una definizione gene-rale. Lawrence Stone, rinomato storico, non trova niente dipiú preciso per classificarlo che «una convinzione generalizza-

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Fine di un re

Il 6 agosto 1647 l’esercito occupa Westminster. Londra èin un vortice di turbolenza. Ad Hampton Court il re, virtual-mente prigioniero, teme di essere ucciso e fugge sull’isola diWight. Non sa piú su chi fare affidamento. Nell’ora della di-sperazione anche vecchi nemici possono apparire una luce disalvezza. Carlo firma un accordo segreto con gli scozzesi, rea-lismo e presbiterianesimo si alleano. Ma le conseguenze sonodisastrose. Ne scaturisce una seconda guerra civile. I fanaticisoldati di Cromwell soffocano rivolte e sgominano gli scozze-si. Alla fine del 1648 sulle macerie e sui massacri Cromwell sierge come dittatore, un dittatore puritano che si proclama luo-gotenente di Dio. La spada ha sostituito la corona.

Rimaneva il re. Di notte gli Ironsides piombarono sull’isoladi Wight, trovarono Carlo con i capelli lunghi di mesi, la bar-ba incolta, i vestiti sporchi. Era in preda alla depressione piúnera. Lo trasferirono sulla terraferma nel castello di Hurst.Verso Natale lo portarono a Londra. Agli occhi dei puritani ilre non rappresentava l’eroe, il dio vivente. Come ogni uomoera corrotto e forse meno puro dei santi, coloro che avevanoricevuto dal Signore l’incarico di salvare la famiglia umana dalpeccato. Nella Nuova Inghilterra John Cotton predicava a fa-vore dell’esecuzione. Ma gli inglesi erano allibiti, mormorava-no «God save the king», mentre i soldati pretendevano «Giu-stizia! Esecuzione!». Fu necessario ricorrere a un olandese

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piú dalle isole dei Caraibi. Mentre la Nuova Inghilterra, comedisse Williams, «gli fa un po’ pena perché la considera un po-sto povero, freddo e inutile».

Cromwell non aveva piú freni. Dimostrò cosa può farel’ambizione e l’avidità di potere mescolate al fanatismo reli-gioso. Siccome vedeva nel papismo «una congiura mondialedel male» intraprese una guerra santa contro i cattolici irlan-desi. Nel settembre 1649 occupò Drogheda e si macchiò diorribili atrocità, ammazzando quasi quattromila uomini. «Diosi è compiaciuto di benedire i nostri sforzi», fu il commentodel dittatore. Spedí nella Nuova Inghilterra scozzesi e irlande-si fatti prigionieri per farli impiegare in umili lavori al serviziodegli inglesi. Con suprema arroganza si sentiva «chiamato daDio a governare con Lui e per Lui».

Henry Vane non capí, o non volle accettare, che l’aria eracambiata. Continuava ad agitarsi, la lezione americana non gliaveva insegnato nulla. Cromwell lo guardava con sospetto e lofece mettere in prigione. Non gli garbava quel suo idealismoquasi fanatico, molto ammirato invece da John Milton.

Dittatura

Siamo alla svolta finale. Il 20 aprile 1653 Cromwell cacciòvia dal parlamento i deputati «protettori di puttane e ubriaco-ni, siete stati qui troppo a lungo, in nome di Dio, andate». Isuoi uomini armati trascinarono lo speaker Lenthall via dalsuo seggio. «Ruffiani, ubriaconi, corrotti, il Signore non sa piúcosa farsene di voi. Ha scelto mezzi diversi e piú degni perportare a termine la sua opera». Lui era chiamato a realizzareil progetto divino. La sua missione coronata da successo ave-va per lui un significato cosmico. Ci fu un momento in cui sta-va per annunciare la fine dei tempi. Tutto si era compiuto. Co-me il ridicolo storico americano Fukuyama, pensava fosse ar-rivata la fine della storia.

Cromwell costituí un parlamento di notabili puritani, det-to Barebone, che vuol dire scheletro, dal nome di Praise-GodBarebone, uno dei parlamentari piú fieramente puritani. Un

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ta del bisogno di opinioni indipendenti basate sulla coscienzae sulla lettura della Bibbia». Il Dizionario Oxford della Chie-sa cristiana ammette che «il termine ‘puritano’ non ha maiavuto un unico significato preciso».

L’ascesa al potere di Cromwell segnò la sconfitta dei pre-sbiteriani e la vittoria di quella confusa galassia di sette indica-ta col nome di indipendenti. I suoi principi religiosi sono rac-chiusi nel documento finale dell’Assemblea dei teologi a West-minster. È il fiore del puritanesimo inglese. Dice: «La luce del-la natura mostra che esiste Dio, che ha il dominio e la sovra-nità su tutto, è buono e compie opere buone, perciò dev’esse-re temuto, amato, onorato, invocato, creduto e servito con tut-to il cuore e tutta l’anima, con tutta la forza. Ma il modo piúopportuno di adorare il vero Dio è stato stabilito da Lui stes-so, e circoscritto dalla sua stessa volontà rivelata, perciò nonpuò essere adorato secondo le fantasie e le trovate degli uomi-ni, o i suggerimenti di Satana sotto qualsiasi veste si presenti, oqualsiasi altro modo non indicato nelle Sacre Scritture».

Come tutte le rivoluzioni anche quella puritana sfociò nel-la repressione. Cromwell aveva bisogno di ordine. Bisognavamettere fine al formicolio anarchico delle sette. Il terrore siabbatté sui levellers, che contestavano l’autorità della Repub-blica, sui diggers, seguaci di un piccolo commerciante visiona-rio contrario alla proprietà privata, contro i ranters, che predi-cavano il libero amore e tolleravano ogni eccesso, promiscuità,ubriachezza, blasfemia, perché i santi sono cosí puri che pos-sono fare tutto senza commettere delitto. Cromwell li stroncòavvalendosi di leggi fatte approvare ad hoc, per sopprimere «idetestabili peccati di incesto, adulterio e fornicazione» e perreprimere «le aberranti opinioni e pratiche abominevoli e per-verse, distruttive della società umana». La festa era finita, edera venuto il tempo di debellare il disordine morale. Chri-stopher Hill vede un legame fra la rivoluzione di Cromwell ela crescita della classe media, «un’importante funzione socialedel puritanesimo» è imbrigliare «la forza turbolenta dell’indi-vidualismo».

Cromwell fu il primo a concepire il progetto di un impe-rialismo inglese. Le colonie gli interessavano. Ma era attratto

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La Società degli Amici

Il caos della rivoluzione inglese aveva favorito la fiorituradi sette religiose molto aggressive che adesso cercavano didiffondere le loro idee anche oltre Atlantico. Con vivo disap-punto, i magistrati del Massachusetts avvertirono che dall’In-ghilterra «stanno arrivando da queste parti con le navi dei li-bri pericolosi». Una setta in forte ascesa era quella dei battisti.Ma i piú intraprendenti erano un gruppo nuovo che faceva delmisticismo la sua forza. Erano i quaccheri. In inglese quakers,tremolanti, cosí definiti perché quando ricevevano «l’illumina-zione interiore» cadevano in estasi e tremavano tutti.

Erano seguaci di George Fox, un calzolaio nato nel 1624in un villaggio vicino a Scrooby, il paesino dei padri pellegri-ni. Una zona di straordinaria fertilità religiosa. Da giovane Foxè un tipico puritano, ma poi viene assalito da una crisi spiri-tuale che lo spinge a trascorrere anni in solitudine e medita-zione. Ne esce con la certezza di aver ricevuto la folgorazionedivina. Crea la Società degli Amici e insegna agli adepti a igno-rare le chiese. Conta solo la luce divina che arriva diretta alcuore. L’unione mistica con Cristo vale piú della stessa Bib-bia. Piombava nelle chiese a interrompere i riti, ma si buscavale legnate dei fedeli inviperiti. A Lichfield diede spettacolonel giorno del mercato correndo avanti e indietro scalzo al gri-do di «sia maledetta la sanguinaria città di Lichfield». Intornoa un simile esagitato si raccolsero stuoli di devoti sicuri di go-

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parlamento di santi «ispirati da Dio», persone, disse Cromwell,«scelte da Dio a compiere la sua opera e proclamare la sua lo-de». Come nel Massachusetts, i santi si diedero da fare nel-l’imporre divieti. Abolirono giochi e scommesse, dichiararonoguerra al vizio, all’alcol, agli adulteri. Misero fuorilegge l’albe-ro di maggio. La domenica non si poteva uscire, salvo per an-dare in chiesa. Come gli ayatollah islamici, Cromwell preten-deva di stabilire anche il corretto vestiario. Declassò le festi-vità religiose a superstizione e le sostituí con il digiuno. Rese ilcontrollo sulle persone cosí asfissiante che tutti si sentivanospiati. A Natale, festività non riconosciuta, i soldati avevanol’incarico di accertarsi se le famiglie mangiavano carne, ono-rando la festa.

Ma durò poco. Ad un certo punto Cromwell cominciò atemere di aver creato bande di squilibrati. Il sogno stava mo-rendo. Dal lontano Rhode Island, Roger Williams, che avevaaccolto con giubilo la rivoluzione, adesso faceva pronostici fu-nesti: «Ancora un po’ e finiscono nel baratro».

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do in cui egli dominò, dal 1649 al 1670, è passato alla storiacome il piú buio in assoluto. Endecott non riusciva a capaci-tarsi come Dio potesse permettere ai diabolici quaccheri divenire a turbare la vita dei santi. Perry Miller lo descrive come«un reazionario ridotto alla follia dal fatto che la storia non glidà ragione». In seguito il personaggio colpí anche lo scrittoreNathaniel Hawthorne. Immaginò Endecott con un aspettotanto severo «che l’uomo tutto, il suo viso, la sua costituzione,e la sua anima sembravano fatte di ferro, ferro dotato di vita edi pensiero, ma della stessa materia del suo elmo e della suacorazza». Secondo una vecchia edizione dell’Enciclopedia bri-tannica, «sotto la sua guida la colonia del Massachusetts fecerapidi progressi, tranne che nell’intolleranza religiosa, in cui sirivelò molto duro e bigotto».

Tanto duro da decretare lo sterminio selvaggio della «settaperniciosa comunemente chiamata quakers». Se i quaccheriosavano mettere piede nel Massachusetts rischiavano la penadi morte. Non la passavano liscia nemmeno i capitani dellenavi sulle quali arrivavano dall’Inghilterra. Ma i quaccheri nonsi spaventarono e sembravano quasi farsi beffe delle minacce.Come tutti quelli che si sentono perfettamente puri, andaronoincontro al martirio spavaldamente per dare testimonianzadella loro fede genuina. Lo stesso tipo di esaltazione spingeoggi gli islamici a farsi sventrare dagli esplosivi.

Le milizie di Endecott davano la caccia ai quaccheri e lacolonia visse mesi di terrore. Forse spaurita, Mary Dyer se neandò nel Rhode Island, presto divenuto un’accogliente basedei quaccheri sotto la protezione del solito Roger Williams.Ma la donna aveva carattere e decise di tornare a Boston insegno di sfida, vogliosa di «guardare in faccia le sanguinarieleggi». Fu accontentata. La catturarono e la condussero al pa-tibolo con due suoi confratelli. I due furono sbrigativamenteimpiccati. Era il turno della donna. Con una benda sugli oc-chi, le infilarono il collo nel cappio e il boia era già pronto afarla penzolare quando qualcuno ebbe pietà di lei. Le vennerisparmiata la vita a patto di non farsi mai piú vedere. Lei in-vece tornò. Pronta a morire pur di dimostrare quanto fosserorepellenti le leggi contro i quaccheri. Stavolta non la perdona-

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dere un rapporto privilegiato con Dio. Pronti a ricevere la con-sacrazione del martirio. Uno di loro, James Nyler, convinse iseguaci del suo gruppo a venerarlo come Figlio di Dio.

La religione dei quaccheri, tutta concentrata sul rapimentointeriore, ricorda un po’ quella della Hutchinson. Non a casoritroviamo una sua fedelissima, Mary Dyer. Tornata in Inghil-terra nel 1652 ha scoperto in George Fox il suo nuovo profeta.Diventa una formidabile attivista. E nel 1657 ha il coraggio dipresentarsi di nuovo a Boston. Non è sola. Una bella pattugliadi missionari quaccheri ha attraversato l’oceano per diffonderela nuova dottrina. Sono aggressivi. Marciano per le strade gri-dando: «Pentitevi». Fanno irruzione in una chiesa durante ilservizio religioso. Uno di loro rompe due bottiglie contro lachiesa gridando «cosí il Signore vi ridurrà in pezzi». In un’al-tra occasione si mettono a correre nudi per le strade come in-vasati. La loro religione fondata sulle emozioni non prevedeun clero per commentare le Scritture. Perciò bollano i ministrireligiosi come parassiti ai danni della comunità.

Sconvolti, i puritani della Baia tengono un giorno di digiu-no «a favore del nostro paese natio, affinché abbandoni gli er-rori, specialmente quelli dei ranters e dei quakers». Il digiunoera una pratica alla quale si faceva ricorso quando era neces-sario rasserenare la gente sconcertata. L’intera comunità si ra-dunava e trascorreva insieme la giornata senza toccare cibo.Se le cose cambiavano in seguito alla penitenza, il clero avevabuon gioco nel dire che il Signore aveva gradito, se il risultatoera negativo dava la colpa alla gente per non essersi pentitaabbastanza. Nel corso di un’adunanza scoppiò una rissa tal-mente violenta che una ventina di persone ci rimisero la vita.Qualcuno ne dedusse che bisognava piantarla con quelle pra-tiche perché «il Signore sembra disapprovarle».

I primi quaccheri vennero a portare disordine proprio men-tre il Massachusetts era dominato dall’uomo piú intransigen-te, «il puritano dei puritani», bacchettone e autentico mania-co dell’ordine. John Endecott era diventato governatore e l’uo-mo piú eminente della colonia dopo la morte di Winthrop.Sincero ammiratore di Cromwell, aveva la stessa brutalità deldittatore inglese, ma senza il suo genio politico. Cosí il perio-

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rono i capi puritani. Richiamò al suo fianco l’esaltato HenryVane e con lui altri due leader repubblicani, Hazelrigg e Scott.Ma l’esercito gli si voltò contro. «Siamo alla fine», pronostica-va William Hooke, che aveva lasciato la chiesa di New Havenper diventare cappellano di Cromwell.

Militari e parlamento erano in urto fra loro, mentre cre-sceva il numero dei nostalgici della monarchia. Probabilmen-te gli inglesi sarebbero scivolati verso una nuova guerra civilese non avesse preso in mano la situazione un magnifico per-sonaggio. George Monk comandava le truppe inglesi che oc-cupavano la Scozia. Marciò fino a Londra e ristabilí l’ordine.Poi scrisse al figlio di Carlo Stuart di tornare dall’esilio e pren-dere la corona.

Il 25 maggio 1660 il giovane fu accolto da una folla enor-me a Dover. Il 29, il giorno in cui compiva 30 anni, arrivò aLondra. La Gran Bretagna aveva di nuovo un re. Carlo II fufesteggiato con fuochi d’artificio e suoni di campane. Perfinogli Ironsides si piegarono in segno di obbedienza. Finiva in In-ghilterra l’influenza politica, sociale e religiosa dei puritani.Fu ripristinato il Libro di preghiera e i vescovi anglicani rial-zarono la testa.

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rono. Morí impiccata il 1° giugno 1660 nel Common, il terre-no destinato fin dal 1634 a uso pubblico. «Pende lí come unabandiera», ci racconta un cronista dell’epoca. Un anno dopofiní sulla forca un quarto quacchero.

Le impiccagioni furono uno shock tremendo per i bosto-niani. Ne seguí una vera rivolta. Endecott, quell’Erode delMassachusetts, si vide costretto con tutta la Corte generale arevocare la pena di morte e sostituirla con un buon numero difrustate. Di tolleranza nessuno voleva sentir parlare. Esserepermissivi equivaleva a fare il gioco di Satana che confonde leidee e illude, diceva Richard Mather, «di potersi salvare inqualunque religione».

Col tempo perfino il tollerante Roger Williams cambiò ideasui quaccheri, li giudicò fastidiosi e sovversivi. La dottrina del-l’illuminazione interiore non lo convinceva. Nel 1672 sfidò icapi della setta a un pubblico dibattito per discutere delle ba-si bibliche su cui fondavano i loro argomenti. Ingaggiaronouna maratona oratoria proseguita per ben quattro giorni. Allafine il vecchio Williams si rassegnò, con quei fanatici, resi in-domiti dalla convinzione di un rapporto personale con Dio, laragionevolezza non poteva prevalere.

Nostalgia del re

Cromwell era disperato. L’Inghilterra era alla fame. Ma nel-l’agosto del 1658 alla crisi del paese si aggiunse un drammapersonale. Perse la sua amatissima figlia Elisabetta. Il rudecondottiero, lo spietato dittatore non resse al dolore. Alla finedel mese andò a trovarlo il fondatore dei quaccheri GeorgeFox, e «quando giunsi in sua presenza mi sembrò di avere da-vanti un cadavere». Pochi giorni dopo, il 3 settembre,Cromwell morí. Qualche ora prima di spegnersi chiese al pa-store se un eletto può perdere la grazia di Dio. No, la graziauna volta ottenuta non viene revocata. Allora chiuse gli occhie spirò in pace.

Gli successe il figlio Richard, detto «Richard lo scirocca-to». Era un incapace, «inadatto per quel compito», sentenzia-

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Fosse dipeso da lui, Carlo II non avrebbe insistito con lepersecuzioni. Non aveva il carattere duro e cocciuto del pa-dre. Era un gaudente, gli piacevano le belle donne, e dopotutti quegli anni passati in esilio, voleva spassarsela in santapace. Ma i vescovi anglicani e il parlamento non perdonava-no. Scacciarono i puritani. Nel «giorno piú nero», oltre due-mila ministri furono espulsi. Alcuni trasvolarono verso laNuova Inghilterra. Altri furono meno fortunati. Hugh Peters,l’infuocato predicatore, si ritrovò davanti al boia che brandi-va un pugnale nelle mani sporche di sangue: «Questo vi vabene, dottor Peters?». Alla grande, fece lui spavaldo. Si acca-nirono anche contro i morti. Le salme di Cromwell e degli al-tri capi della Repubblica vennero riesumate, le loro teste mes-se a fare macabra mostra nelle strade e i corpi gettati in fossecomuni. Henry Vane, solitario e desolato, vide svanire tutti isuoi sogni. Carlo II non ebbe pietà di lui. «È pericoloso la-sciarlo in vita». Il 14 giugno 1662 l’irrequieto idealista andòbaldanzoso incontro alla morte. Cercò di parlare alla folla male guardie glielo impedirono mettendosi a suonare trombe etamburi. Se ne andò cosí a 39 anni il primo rivoluzionariod’America.

La «città sulla collina» doveva irradiare luce sul resto delmondo. Ma ora che l’Inghilterra è perduta, la storia sembraandare in senso contrario, tradisce le aspettative dei santi. Lavera Chiesa resta confinata in America. «Siamo rimasti comeun falò sulla cima della montagna», lamenta Peter Bulkeley,«desolati e abbandonati». Però, sempre piú convinti che soloquello della Nuova Inghilterra è il popolo eletto. Dopo ap-pena trent’anni, gli inglesi emigrati al di là dell’Atlantico sen-tono di essere un popolo diverso da quello della madre pa-tria. Ci sono differenze di mentalità e di interessi. L’Europa èlontana e agli occhi dei severei puritani si è messa su unabrutta china. Il distacco è irreversibile. Adesso la preoccupa-zione è difendere l’autonomia. Impedire al re di inviare suoiemissari a governare le colonie. L’Atlantico comincia ad al-largarsi, le divergenze e le incomprensioni moderne hannoradici lontane.

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L’Atlantico si allarga

Il ritorno di uno Stuart sul trono inglese fu uno shock perla Nuova Inghilterra. «La sanguinaria meretrice», commentòRoger Williams, alludendo alla Chiesa di Roma, «non è anco-ra sazia del sangue dei santi». John Milton, col suo ParadiseLost, ci ha lasciato un quadro del senso di tradimento che pro-varono i puritani. Dio aveva abbandonato il suo popolo. Sistagliava l’immagine potente di Satana: la grande ossessionedei puritani.

Carlo II, influenzato dalla madre Henrietta Maria, inclina-va verso il cattolicesimo, ma non rese pubblica la propria fe-de perché non voleva «ricominciare i viaggi», e cioè tornarein esilio. Fece però le sue vendette. Dei circa sessanta che ave-vano firmato la condanna di suo padre una ventina erano mor-ti, un gruppetto di voltagabbana riuscí a farla franca, gli altrifurono giustiziati o fuggirono all’estero. Due di loro, WilliamGoffe e Edward Whalley, raggiunsero la Nuova Inghilterra.Li nascose John Davenport raccomandando ai suoi di «nontradire chi va peregrinando». Il ritorno del re ispirò al burbe-ro fondatore di New Haven immagini apocalittiche, Dio sta-va per vendicarsi, «quelli che vengono uccisi presto risorge-ranno, Roma sarà distrutta», l’Inghilterra «sarà punita con lapeste» e anche la Nuova Inghilterra «deve tremare se conti-nua a cadere negli errori e nelle corruzioni della vecchia In-ghilterra».

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Perfino il rozzo soldataccio Miles Standish lasciò una cin-quantina di volumi, l’Iliade, gli scritti di Cesare, Orazio, Virgi-lio, Cicerone, Lucrezio, e i testi di Machiavelli e Guicciardini.I puritani avevano grande rispetto per gli antichi. La pensava-no come Giovanni di Salisbury che nel Medioevo aveva sen-tenziato: «Noi siamo nani che stanno sulle spalle dei giganti,cosí vediamo di piú e piú lontano di loro». Nani erano i con-temporanei, giganti gli antichi. Standish si era acculturato suiclassici. Rivelò anche un certo acume. Fu il primo a immagi-nare un piano frutto della tipica mentalità pratica dei purita-ni. Voleva scavare un canale per separare la penisola di CapeCod dal continente. Fu possibile realizzare la sua idea soloagli inizi del Novecento.

Sfortunatamente i nuovi capi sono privi dell’acume e dellecapacità dei padri. La prima generazione aveva affinato la men-te nelle università di Cambridge e di Leida, la seconda è cre-sciuta nei boschi, è composta in gran parte da bifolchi. Senzaesperienza, si preparano ad affrontare Carlo II e i marpionidella corte inglese.

Il Connecticut è il primo a riconoscere il re, anche Ply-mouth e Rhode Island si piegano, mentre New Haven e Mas-sachusetts temporeggiano e solo nell’agosto del 1661 accetta-no il nuovo regime. Boston però vuole dettare condizioni. In-via a Londra il ministro John Norton e il magistrato SimonBradstreet con una lettera in cui i capi della colonia procla-mano orgogliosamente «la nostra libertà di vivere secondo ilVangelo». I due messaggeri trovano un’accoglienza gelida. In-fischiandosi delle richieste contenute nella lettera, il re dice diaspettarsi una totale fedeltà. Per dimostrarlo i coloni devonosubito annullare le leggi contro la monarchia, amministrare innome del sovrano, permettere libertà di culto agli anglicani econcedere il diritto di voto anche agli esclusi dalle chiese. Peri bostoniani è davvero troppo. Il governatore Endecott impre-ca contro la tirannica Londra e giura che non rispetterà nem-meno una delle ordinanze reali. Tutta Boston è in fermento.Sale un’ondata di odio contro la monarchia. L’ira popolare siscaglia sui due messaggeri, li accusano di aver fatto credereche il Massachusetts era pronto ad accettare tutte le imposi-

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Addio ai padri

I grandi vecchi, quelli che avevano issato le vele nei primidecenni del secolo, erano usciti di scena. Hooker era mortonel 1647. Winthrop e Shepard l’avevano seguito due anni do-po. Nel 1652 si era spento John Cotton. Un prodigio accom-pagnò la fine terrena di quel faro di virtú della giovane Ame-rica. Una cometa solcò il cielo. Secondo Charles Morton, Diol’aveva mandata a prendere il grande puritano. L’anno succes-sivo toccò a Thomas Dudley, nel 1658 se ne andò TheophilusEaton, governatore di New Haven.

Anche Plymouth pianse il suo patriarca. William Bradford,mitico capo dei padri pellegrini, chiuse la sua avventura a 67anni, il 9 maggio del 1657. «I nostri padri», si legge nel suo li-bro di memorie, «erano inglesi che attraversarono questo gran-de oceano, ed erano pronti a perire in questo mondo selvag-gio, ma supplicarono Iddio, ed Egli ascoltò la loro voce». Unvelo di delusione lo aveva intristito negli ultimi tempi perché icostumi della colonia non erano piú quelli di una volta. «Oranessuno pensa di poter vivere senza bestiame e grandi esten-sioni di terra, tutti si affannano per accrescere le loro pro-prietà». Invece di rimanere unita, la gente si disperdeva, an-dava alla ricerca di nuove terre e nuove occasioni, i giovanicrescevano indifferenti alla religione e rifiutavano i sacrificidei padri. Il fervore spirituale non si trasmette da una genera-zione all’altra. «E cosí», sospirava Bradford, «questa poverachiesa venne lasciata come un’antica madre, divenuta vecchiae abbandonata dai propri figli». Lui rimane il grande pionie-re, l’Enea che va a fondare in un altro mondo la città del futu-ro. Lasciò una casa valutata 45 sterline, un giardino, piccoliappezzamenti di terra, tre botti di birra, sei sedie di pelle, tresedie intagliate, un armadio e una biblioteca che, oltre allaBibbia, comprendeva le opere di Calvino e i classici latini egreci. Sebbene nutrisse poca fiducia verso le nuove generazio-ni, il pio Bradford non avrebbe mai immaginato di avere fra isuoi discendenti un tipo come Hugh Hefner, il fondatore diPlayboy.

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medico infallibile. La gente scarpina per decine di chilometriper sottoporsi alle sue cure.

Ricco di charme, di animo gentile, il giovane Winthrop ri-ceve tutti. Elargisce parole di conforto e qualche rimedio az-zeccato in un’epoca in cui ogni male viene curato con pozionia volte deleterie. È cosí benvoluto che le colonie se lo conten-dono. Williams gli offre la carica di governatore del RhodeIsland. Lo vorrebbero anche a Long Island. Lui si installa aNew London. La città gli riconosce il diritto di «disporre diedifici e affari a suo piacimento». Gli assegnano una minieradi granito, enormi foreste, due fattorie e sconfinate distese diterra. Perfino un’isola alla foce del fiume Mystic diventa disua proprietà.

Dopo tanti rifiuti, si lasciò convincere dal Connecticut chenel 1657 lo elesse suo governatore. Pur di mantenerlo in cari-ca a lungo fu cancellata la norma che vietava la rielezione perdue anni di seguito. John junior rimase governatore fino allamorte, nel 1776. Amministrò con spirito bonario quella co-munità di villaggi agrari sparsi lungo il corso del fiume Con-necticut. Sopí le dispute religiose, ma le restrizioni non ebbe-ro fine. Il diritto di voto rimase riservato ai membri della chie-sa. La Corte generale proibí a «persone scandalose» di inse-diarsi nei suoi territori e limitò i diritti civili ai residenti chepossedevano almeno 30 sterline.

Ogni tanto il giovane Winthrop spariva. Trascorreva due otre settimane su una montagna a East Haddam. Tornava conpietre, fossili e pezzi di metallo sottratti alle rocce. La gentene era affascinata, gli attribuiva poteri magici. Si diffuse la vo-ce che il governatore aveva scoperto la pietra filosofale.

Ma Winthrop il giovane non era un mago. Aveva una men-talità scientifica. Mandava ogni tipo di materiale in Inghilter-ra, alla Royal Society, rarità della flora, uccelli, pelli di serpen-ti, nidi. Spediva scatole zeppe di «curiosità americane». Lanotizia di quei pacchi pieni di meraviglie arrivò al re Carlo II,il quale ne fu incuriosito e volle ammirare quelle rarità. Allora«vengono portate a Whitehall alla presenza del re scatole pie-ne di piccole conchiglie, di straordinari pesci, alberelli nanicon fragrante corteccia».

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zioni. Il povero John Norton, un pilastro dell’ortodossia dellaprima generazione, non sopporta di essere preso per tradito-re. Ne fa una vera malattia, il cuore non gli regge a lungo, enel 1663 muore.

Nuova generazione

Per capire quanto sia diversa la seconda generazione, èistruttivo raffrontare Winthrop col suo figlio maggiore, Johnjunior. Il padre fu un modello di comportamento vivente. Ilfiglio gli rassomiglia nell’aspetto. Capelli castani, fisico asciut-to, lungo naso e labbra forti. Ma la tempra è un’altra. Il padreera austero, introspettivo, in un certo senso antico. Lui è estro-verso, gioviale, con l’allegro ottimismo e il talento di un verouomo d’affari americano. Attratto dall’avventura, ha trascorsogli anni giovanili su un mercantile in navigazione nel Mediter-raneo, toccando i porti di Livorno, Venezia e Costantinopoli.

Sorprende in lui l’attivismo frenetico. Nella Nuova Inghil-terra fonda tre città, Ipswich, Groton e New London. I nomi,come la storia, li fanno i vincitori. Cambia nome al fiume Pe-quot, su cui sorge New London, lo ribattezza Thames, Tami-gi. Avvia industrie minerarie. Scopre un giacimento di grafite:gli indiani la usano per dipingersi il corpo, lui progetta di ri-cavarne matite «per matematici, pittori, miniaturisti, e ancheper fare pettini che colorano i capelli di nero come le ali deicorvi, o un nero brillante, molto gradito in Italia e in Spagna».Apre nuove vie di commercio verso la Spagna, il Portogallo,le Azzorre. Imprime un impulso prodigioso allo sviluppo del-la classe mercantile. John junior appartiene a una generazioneche comincia ad abbandonare i dogmi religiosi a favore dellaricerca e della sperimentazione. Con straordinario entusiasmoindaga la natura. Studia un metodo per ricavare sale dall’ac-qua marina, scruta le stelle con un telescopio. Giura di averosservato «molto distintamente» cinque satelliti attorno a Gio-ve. Se è vero, è straordinario perché il quinto satellite sarà sco-perto dagli astronomi piú di duecento anni dopo. Cerca di ca-pire i segreti del corpo umano e attorno a lui cresce la fama di

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storico Charles M. Andrews che le garanzie di libertà di co-scienza accordate al Rhode Island sono dovute piú a John jun-ior che a Roger Williams.

Tuttavia Williams non la prese bene. Vedeva i suoi confiniristretti, mentre il Connecticut allungava le mani sui territoridei Narragansett e su Long Island. Rimpiangeva i tempi della«prima generazione dei Winthrop e il suo modello di amore».Temeva che adesso le tre parole d’ordine saranno «profitto,successo, piacere, come in tutto il resto del mondo. La terradel Signore sta diventando per gli inglesi il grande dio comel’oro è il dio degli spagnoli».

Ben piú aspra la reazione a New Haven. L’idea di farsi as-sorbire dal Connecticut, che aveva regole religiose meno rigi-de, suscitò una sollevazione popolare. Un gruppo di puritaniirriducibili rifiutò di rimanere. Guidato da un Abraham Pier-son pieno di risentimento si mise in cammino verso sudoveste andò a fondare Newark, al di là del fiume Hudson.

John jr, uomo di un’abilità straordinaria, compí un altrocapolavoro. Dal 1626 gli olandesi occupavano Manhattan, do-ve avevano fondato New Amsterdam. Nell’estate del 1664 Car-lo II mandò una spedizione per conquistare la città. Il giovaneWinthrop andò a parlare col governatore olandese Peter Stuy-vesant e lo convinse ad arrendersi senza sparare nemmeno uncolpo. Il 27 agosto New Amsterdam veniva consegnata a Gia-como Stuart, fratello del re e duca di York. In suo onore di-ventava New York. John jr ne era un po’ il padre.

Una minacciosa missione

Le proteste di New Haven per l’annessione al Connecticute il rifiuto del Massachusetts di rispettare le leggi del re irrita-rono molto Carlo II. Fino a quel momento le colonie avevanospadroneggiato, amministrandosi in modo indipendente. Il reera deciso a rimetterle in riga e vi spedí una commissione d’in-chiesta. Agli ordini del colonnello Richard Nicolls quattro fre-gate e quattrocento soldati di Sua Maestà approdarono a Bo-ston. Furono accolti come nemici. Il rude Endecott e il gover-

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Nel 1661 attraversò l’oceano e approdò a Londra. Fece vi-sita a suo cugino George Downing, nipote del vecchio Winth-rop. George aveva lasciato la Nuova Inghilterra attratto dalfervore della rivoluzione. L’esercito del parlamento lo avevaaccolto come cappellano, Cromwell notò il suo piglio vivace elo arruolò come agente dei servizi segreti. Quando lo mandòin Francia a trattare con Mazarino, Downing fu in grado disostenere due ore di conversazione in latino col cardinale. Pri-vo di scrupoli e voltagabbana, appena si rese conto che torna-va la monarchia, tradí il capo dei dragoni John Okey di cuiera stato cappellano. Okey fu impiccato, sventrato e squarta-to. Il re ripagò il furfante Downing nominandolo ambasciato-re in Olanda dove ora dava la caccia ai vecchi compagni fug-giti e li mandava in Inghilterra per farli giustiziare. John jun-ior visitò anche la sua vecchia zia Lucy Downing, madre diGeorge. Lei si lamentò del figlio che aveva appena speso tre-dicimila sterline in proprietà immobiliari «e a me dà un ap-pannaggio annuo di appena ventitré sterline». Downing inve-stí molto nel mattone e favorí lo sviluppo edilizio di Londra.La famosa Downing Street, con la residenza del primo mini-stro britannico, deve il nome a questo ambiguo personaggio.

Ma il viaggio del giovane Winthrop non si limitò alla visitadei parenti. John aveva in testa due progetti ambiziosi, ottene-re dal nuovo re una Carta per il Connecticut ed espandere iconfini della colonia a spese degli indiani Narragansett e deivicini, incorporando New Haven e una parte del Rhode Island.Per riuscire nell’intento si aggirava a corte con grande disin-voltura, un autentico ipocrita, tutto sorrisetti. Conquistò l’a-micizia di vecchi nobili puritani che si erano riciclati, allunga-va generose mance ai funzionari. E faceva sapere di non esser-si mai sporcato le mani col passato regime repubblicano. Ri-velò doti di sottile diplomatico e pratico uomo d’affari. Tantoche gli riuscí il colpo di farsi ricevere dal re. Il gaio monarcafu conquistato dalle sue maniere affabili. Gli concesse la li-cenza che contemplava condizioni molto liberali. In praticaautorizzò un autogoverno del Connecticut con la massima au-tonomia. Accettò di emanare una Carta con cui riconoscevaanche la colonia del Rhode Island. E questo ha fatto dire allo

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La lite sul battesimo

Se c’è una dinastia emblematica della Nuova Inghilterra,certamente è quella dei Mather. Il capostipite, RichardMather, veniva da un villaggio del Lancashire, una conteacon un alto numero di cattolici. Fra loro e i puritani si ac-cendevano in continuazione scontri di piazza per il controllodei pulpiti e delle scuole. Mather ricordava che da piccolo igenitori stavano per affidarlo a mercanti cattolici allo scopodi «fargli avere un’educazione papista». Ma il suo insegnanteera un protestante e si oppose. Quando Richard divenne pa-store, fu presto sospeso perché rifiutava di indossare la cottae rispettare i rituali anglicani. Gli agenti di Laud lo ammoni-rono: meglio se aveva «messo al mondo sette bastardi chepredicare senza cotta». Hooker e Cotton lo conoscevano co-me un uomo di grandi qualità e gli scrissero per invitarlo araggiungerli «in una terra in cui i ministri di Dio sono liberidi svolgere le loro funzioni». Richard si imbarcò con la mo-glie Katherine e quattro figli. Giunse a Boston in un afosogiorno di agosto nel 1635. Al suo arrivo, Plymouth, Roxburye Dorchester gli offrirono l’incarico di ministro. Scelse Dor-chester. Cominciò a predicare «in modo chiaro, scagliandole frecce non sulla testa dei fedeli ma nei loro cuori e nelleloro coscienze». Nel 1640 pubblicò una traduzione dei Sal-mi, il Bay Psalm Book, il primo libro stampato nella NuovaInghilterra.

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natore Bellingham rifiutarono di giurare fedeltà al re e nonvollero sentir parlare di libertà religiosa. Per tutta risposta ilcolonnello Nicolls mise di nuovo le vele al vento e fece rottaverso Londra, dove consegnò al re un rapporto su quei suddi-ti indocili e riferí che l’Harvard college sfornava «religiosi sci-smatici» e «ribelli al re». Propose di revocare la Carta a suotempo concessa da Carlo I alla Massachusetts Bay Company.Ma la Nuova Inghilterra sembrava veramente protetta dall’al-to. Ancora una volta il sovrano fu distratto da impegni moltopiú urgenti. Era scoppiata la guerra fra Inghilterra e Olanda.

La missione degli ispettori reali non rimase senza conse-guenze. Aumentò la diffidenza dei coloni verso Inghilterra eresto del mondo. Dall’esterno provenivano continue minaccealla loro terra e alla loro religione. Si sentivano circondati dalmale. E nel loro cuore si rafforzava la convinzione che la Nuo-va Inghilterra era l’isola del bene con un destino speciale. Perproteggerla aumentò la persecuzione. Quando Thomas Gooldebbe il coraggio di creare una chiesa battista nel bel mezzo diBoston, la Corte generale gli impose di chiuderla subito.Goold e i suoi adepti non si piegarono, si limitarono a cam-biare posto. Ma inaspettatamente alcuni cittadini manifestaro-no simpatia verso Goold. Sopresi da quella reazione, i piú ri-nomati ecclesiastici puritani decisero nel 1668 di discuterepubblicamente con Goold sulla corretta dottrina alla presen-za del governatore Richard Bellingham. Goold affermò chesolo i battisti possedevano la verità. Una sfrontatezza simileera intollerabile. Goold e i suoi seguaci furono messi in pri-gione. Ma gli umori stavano cambiando, gli eletti di Dio nonerano piú una comunità omogenea, numerosi congregazioni-sti si radunarono nelle strade per chiedere di lasciare liberi iprigionieri.

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di divisione per i successivi vent’anni e le discordie aprironola via al declino del puritanesimo. Il sinodo si chiuse con unasoluzione di compromesso. Il covenant, il patto di grazia el’ammissione alla chiesa rimanevano validi per i giovani. An-che senza sottoporsi a pubbliche verifiche. I neonati dei santipotevano ricevere il battesimo perché il patto, riteneva PeterBulkeley, «si estende alla loro discendenza». C’è un legamedivino tra i padri e i figli della stirpe eletta. Quando sarannograndi, raccomandava Richard Mather, «spiegateglielo bene,se non lo rispetteranno, giudizi terribili si abbatteranno sulleloro teste». I figli avevano poi diritto di battezzare i propri fi-gli, affiliandoli a loro volta alla chiesa. Non era piú il patto so-lenne dei genitori. Era una via di mezzo, un patto parziale, unpatto a metà, chiamato appunto Halfway covenant.

I padri fondatori immaginavano due tipi di chiese, unachiesa invisibile, costituita dai credenti che avevano un rap-porto interiore con Cristo. Essa, diceva Hooker, «non cadesotto i sensi». E una chiesa visibile, fatta di persone giudicatesante in base al loro comportamento. Una santificazione inte-riore e una esteriore, o nazionale. Ora, con grande realismo siprende atto che i tempi sono cambiati e si cerca di allargare ilimiti della chiesa visibile attirandovi i giovani. Viene sacrifica-ta la purezza della congregazione per estendere i privilegi aifigli. È il prezzo da pagare per tenere insieme le nuove gene-razioni e anche quelle persone che evitano di aggregarsi a unachiesa perché timorose di esporre in pubblico «il camminoverso la fede». «I nuovi», osserva John Eliot, «non sono ingrado di rimpiazzare i padri, ma vanno accettati cosí e inco-raggiati a ricevere il Signore». John Allin esorta ad «adattarele istituzioni alle esigenze della gente».

Lo shock fu tremendo per i tradizionalisti. I piú sconvoltisono i laici ai quali è stato insegnato per anni che Dio esigevaun rigore straordinario. Dov’è finito il «compito sacro» al qua-le hanno dedicato una vita? Chi ha dovuto sostenere confes-sioni drammatiche per l’ammissione alla chiesa prova un gran-de turbamento. L’intero sistema congregazionale rischia di sfa-sciarsi. Il sinodo ha deciso per tutti, ignorando una delle ca-ratteristiche fondamentali delle chiese coloniali, e cioè l’essere

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Il 21 giugno del 1639, quattro anni dopo il suo arrivo, glinacque il quinto figlio. Lo chiamò Increase, «per ricordarel’incremento (increase) di ogni cosa con cui Dio ha benedettoquesto paese». Increase Mather divenne l’uomo piú eminentedella seconda generazione di puritani della Nuova Inghilterra.Studiò ad Harvard e a soli 18 anni tenne il suo primo sermo-ne nella chiesa del padre.

Nel 1657, un’epoca in cui Cromwell e i puritani controlla-vano l’Inghilterra, Increase andò a Londra. John Howe, auto-revole ministro del dittatore, lo prese in simpatia. Gli promiseun futuro radioso nel governo. Ma l’ascesa fu bloccata dal-l’improvviso tonfo di Cromwell. Al ritorno di Carlo II, Increa-se rifiutò di bere alla salute del re. Dovette rientrare di corsa aBoston per evitare l’arresto.

Suo padre Richard, rimasto vedovo, aveva sposato la vedo-va di John Cotton, la quale aveva una figlia di nome Mary. In-crease la prese in sposa. Si saldarono cosí due famiglie presti-giose, quella dei Mather e quella dei Cotton.

Increase e il padre furono coinvolti in una tormentata con-troversia che stava avvelenando la Nuova Inghilterra. Riguar-dava i figli dei santi. I genitori avevano superato un esame diammissione alle chiese, avevano dato dimostrazione pubblicadella loro conversione. I figli erano entrati a far parte dellacongregazione attraverso il battesimo. Senza meriti, però. Sen-za aver dato prova di purezza. Ai piú rigidi esponenti del cle-ro non sembrava giusto. Proponevano di sottoporre i ragazzi,appena compiuti i 16 anni, a una confessione della loro rige-nerazione spirituale. Com’era avvenuto coi genitori.

Ma i figli non mostrano grande fervore. Sono nati in Ame-rica. Non si sono messi in viaggio come «esuli spirituali» ver-so la terra promessa. I coloni si sono rivelati molto prolifici,spinti da una fretta di moltiplicarsi, e adesso una moltitudinedi giovanissimi fra i 16 e i 20 anni popola la Nuova Inghilter-ra. I religiosi sono disorientati e non sanno come comportarsicon loro.

Ne discussero per ben cinque anni. Finché nel 1662 si riu-nirono in un sinodo «per mettere pace in queste chiese di Cri-sto». Invece seminarono zizzania. Il battesimo fu argomento

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Ora, smentisce se stesso e si mette a scrivere due libri di entu-siastico sostegno all’Halfway.

Divisioni

Non si dà per vinto Davenport. Vecchio e incollerito, ri-mane implacabile avversario della nuova disciplina. Quando,nel 1668, muore John Wilson, il pastore che aveva scandaliz-zato la Hutchinson, il settantenne Davenport lascia New Ha-ven e va a sostituirlo nella First church di Boston. Da quelpulpito prestigioso, dal quale aveva predicato John Cotton,spera di contrastare il passo al nuovo ordine e riportare le chie-se alle loro radici piú severe. Ma si illude. Al suo arrivo, lachiesa si spacca. Un gruppo di fedeli, tra i quali Sarah CottonMather, la vedova di John Cotton e di Richard Mather, se neva a fondare una nuova comunità, la terza chiesa di Boston,piú tardi nota come Old South Church. La costruiscono suun pezzo di terra donato dalla vedova di John Norton. Sonopersone facoltose, affaristi intraprendenti, gente pratica, dedi-ta soprattutto al commercio. Gli affari chiedono impegno e imercanti non hanno tanto tempo da dedicare ai riti religiosi.Apprezzano l’idea di essere ammessi nelle chiese senza tanteformalità, «l’aumento dei loro commerci e i buoni affari li sod-disfano e tutte le calamità della chiesa li lasciano indifferenti».L’Halfway si rivela cosí una mano santa per lo sviluppo dell’e-conomia, mentre annuncia il tramonto della devozione. Pochimesi dopo, un amareggiato Davenport muore nella solitudine.L’ultimo patriarca puritano della vecchia generazione. Lo sep-pelliscono nella stessa tomba del suo amico John Cotton, nel-la King’s Chapel di Boston.

La città entra in una fase di completo subbuglio. La fazio-ne di chi vuole rimanere fedele ai fondamentali principi siscontra, spesso fisicamente, con i riformatori. Famiglie un tem-po amiche non si rivolgono piú la parola. Ogni volta che gliecclesiastici camminano per strada rischiano l’aggressione. Illoro gregge in rivolta li definisce «apportatori di maledizionisul paese». Nella «città sulla collina» la questione del battesi-

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autonome l’una dall’altra. Attenzione, ammonisce John Oxen-bridge, perché di questo passo «le chiese diventeranno par-rocchie, i nostri ministri assumeranno le vesti di preti e prela-ti, e non so se il Signore potrà sopportare tutto questo».

Il vecchio leone John Davenport, l’ultimo della vecchiaguardia, il piú severo difensore della tradizione e del rigorepuritano, vede un «pericolo di grande corruzione e inquina-mento nelle chiese». Attenzione che «il Signore non abbia giu-sta ragione di lamentarsi di noi». I contrasti dividono perfinole grandi famiglie. Richard Mather è favorevole. Ma il figlioIncrease gli si mette contro. Si lascia influenzare da Daven-port e scaglia accuse di fuoco. Insieme, lui e Davenport, scri-vono una violenta protesta contro il patto parziale che abbas-sa lo standard dei membri della chiesa. «People may have oneheart and one way», tutti la stessa fede e lo stesso comporta-mento, grida Increase. Favorevoli e contrari si sfidano e si in-sultano.

In generale però i sostenitori dell’Halfway non si lascianointimidire dagli avversari. Uno spettro ben piú allarmante literrorizza. Vedono un pericolo mortale per la Nuova Inghil-terra di cui gli altri non si rendono conto. C’è il rischio di fini-re come la vecchia Inghilterra dove il movimento puritano èstato spazzato via dopo essersi sparpagliato in mille scheggeimpazzite. Invasati quaccheri e i battisti continuano a percor-rere le strade di Boston e battono i villaggi in cerca di proseli-ti. Fare troppo i difficili coi giovani, obbligarli a umilianti con-fessioni prima di ammetterli nelle chiese puritane, significaconsegnarli nelle braccia di questi nuovi anarchici. Le minac-ce agli eletti del Signore non vengono piú da nemici internicome la Hutchinson o Child. Il veleno che può provocare lacatastrofe arriva da fuori. In definitiva l’Halfway è un espe-diente per tenere lontani i nemici e sopravvivere. Nel 1668, ilsaggio Richard Mather, sul letto di morte, quasi sordo e ciecoa un occhio, lo fa capire al figlio. Meglio annacquare l’orto-dossia che soccombere. Increase si convince e cambia idea. Inun mondo di uomini inflessibili, lui è una banderuola instabi-le. In Inghilterra predicava libertà di religione, a Boston di-venta intollerante. Piú avanti si professerà di nuovo tollerante.

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Il clero in crisi

Per la prima volta il clero appare smarrito. Capisce che ilcontrollo della comunità sta per sfuggirgli. Questo timore get-ta nell’angoscia alcuni ecclesiastici, i quali rimpiangono la virtúdei padri e lamentano che «è morta nella Nuova Inghilterra laricerca delle vie di Dio», a causa del «pervertimento della nuo-va generazione». È saltato il principio in base al quale ognunonella società doveva stare al suo posto, i ricchi e potenti a co-mandare e i poveri e umili a obbedire. Sono comparsi sullascena uomini competitivi, dotati di talento. Partiti dal nullahanno costruito una fortuna e vogliono contare. Vedono allaloro portata la supremazia nella società e sgomitano per con-quistarla. Il concetto puritano di ordine sociale era statico,ognuno doveva occupare il posto a lui assegnato da Dio. Inve-ce l’ambiziosa classe mercantile e i possidenti «fratelli laicidella congregazione» si infischiano delle vecchie regole. Pre-valgono le capacità e le virtú personali.

Era una rivoluzione, l’aspetto civile prendeva il sopravventosu quello religioso. «La Nuova Inghilterra», deplorava il pasto-re Higginson, «è originariamente una colonia religiosa, non unacolonia mercantile». Gli ecclesiastici non capivano che le duecose erano collegate fra loro. La colonia mercantile rappresen-tava lo sviluppo logico della colonia religiosa. I principi purita-ni inculcati dai predicatori nel loro gregge costituivano unaspinta formidabile a inseguire vantaggi economici. La certezza

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mo rende la gente «come invasata». Nella visione oligarchicadi Winthrop l’obbedienza era vista come un bisogno e il po-polo accettava le decisioni dei capi. Ora la gente «si fa beffedell’autorità». Protesta, alza la voce, un nuovo atteggiamentoche contiene i semi dai quali sboccerà la democrazia. Il malu-more dilaga perfino all’interno del clero, dove «tre o quattrofratelli di rango guidano la chiesa e la fanno da padroni su tut-to». La tensione sale alle stelle nel 1670 quando la questionedel battesimo diventa il principale argomento della campagnaelettorale. La maggior parte dei deputati conservatori perdo-no il seggio a favore di «uomini piú illuminati».

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scritti lamentosi riuscí a farsi eleggere magistrato e poi vicego-vernatore.

Era una gara a evocare tormenti e immagini drammatiche.Increase Mather, bigotto altezzoso, si rivelò un autentico maes-tro nel creare panico. Sgridava i bostoniani per il loro scarsofervore religioso. Accusava «la presente generazione, comple-tamente non convertita: molti non hanno mai pregato nellaloro vita». Dio stava per mandare orribili castighi. «Il giornodella sventura si avvicina», avvertí nel 1673. Il rettore del-l’Harvard, che lo stimava un «vigile guardiano e sapiente in-terprete dei segni dei Tempi», lo prese alla lettera e a sua vol-ta disse che bisognava prepararsi al peggio.

Increase manifesta una vera ossessione per le previsioniapocalittiche. Parla di fine del mondo ormai imminente. An-nuncia il ritorno di Cristo, la conversione degli ebrei, la purifi-cazione della Terra col fuoco, la distruzione di Roma, del papae tutti gli agenti di Satana. Sarebbero seguiti mille anni di pa-radiso dove gli eletti avrebbero goduto un lungo periodo digioia, «nella patria celeste che emana soffi balsamici». Tuttoquesto era nella testa dei puritani un fatto assolutamente cer-to, scientifico. Ancora oggi gli evangelici americani credonoche la conversione degli ebrei al cristianesimo sia la condizio-ne necessaria per la seconda venuta di Gesú Cristo sulla Terra.

Increase Mather faceva fosche previsioni perfino riguardoa se stesso. Arrivò ad annunciare piú volte la sua morte. Sic-come continuavano a vederlo in giro vivo e vegeto, comincia-rono a prenderlo per un «autentico bugiardo».

Ma era un uomo astuto e con un certo carisma. Le sue qua-lità gli permisero di imporsi come la figura dominante dellaNuova Inghilterra e curatore dei mali della terra promessa.Un ritratto ce lo mostra con la faccia ossuta, gli occhi tristi,lunghi capelli ondulati fin sulle spalle e libri spalancati davan-ti. Abitava nella casa appartenuta a John Cotton, sulla collinaest, chiamata Cotton Hill in onore del grande teologo. Nel1664, a soli 25 anni, Increase fu nominato pastore della secon-da chiesa di Boston. Vi rimase cinquantanove anni. Abile ma-nipolatore di uomini, creò attorno a sé un circolo di fedelissi-mi, un partito che si opponeva alla fazione del governatore

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di essere gli eletti di Dio non solo fortificava l’animo, spingevaanche a dimostrare in modo visibile la benevolenza del Signo-re. La prosperità diventa il segno della particolare predilezionedivina. I coloni della Nuova Inghilterra continuano a essere ilpopolo legato a Dio da un patto. Cambiano però le prospetti-ve. I beni materiali sostituiscono i tesori spirituali. I ricchi sonoi predestinati alla salvezza, i poveri corrispondono agli uominiabbandonati da Dio. Lo schema puritano è salvo, è solo adatta-to a una realtà nuova. Gli attivissimi coloni si rivelano temibiliconcorrenti, mettono in crisi l’economia della madre patria,l’Inghilterra fa sentire il suo peso imperiale, si difende con leggiche vietano l’esportazione di una lunga lista di prodotti. Comeconseguenza della lotta spesso brutale per la ricchezza svanisceil sogno di Winthrop di mantenere la comunità unita come unagrande famiglia. Il futuro è degli individui, delle personalità do-minanti. John Josselyn, un viaggiatore e naturalista inglese, vi-sitò la Nuova Inghilterra nel 1671. Tornato a Londra, scrisse diaver visto laggiú gente «dannatamente ricca». I puritani, dopoappena quarant’anni, stavano già trasformandosi in yankee.

I predicatori erano disperati. La questione del battesimogli aveva tolto prestigio e l’ascesa dei nuovi ricchi riducevamolto la loro influenza. L’unica arma a disposizione per ri-prendere autorevolezza era spargere terrore. Si misero a mi-nacciare terribili calamità in arrivo e per alcuni anni tormen-tarono le anime piú sensibili con terrificanti scenari apocalitti-ci. «Abbiamo cambiato interesse», gridavano. «L’interesse del-la Nuova Inghilterra era la religione, abbiamo sposato interes-si terreni, abbiamo scelto un nuovo dio. Allora nessuna mera-viglia che la guerra è alle porte». L’Onnipotente si preparava apunire con una durezza mai vista il suo popolo che «ha fattodella ricchezza il proprio dio». La collera divina e l’esortazio-ne a pentirsi erano gli argomenti fissi dei sermoni che sonopoi stati definiti geremiadi, perché ricalcavano gli ammoni-menti di Geremia e altri profeti al popolo d’Israele.

Le geremiadi venivano stampate e la gente correva ad ac-quistarle, segno che l’interesse religioso era sempre vivo. Gliautori ne approfittavano anche per farsi un nome, uno di essi,William Stoughton, grazie alla fama conquistata con quegli

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l’adempimento di quella promessa. Era scritto. Quella con-vinzione è sopravvissuta, da colonia a provincia e da provinciaa nazione. L’origine del sogno americano va ricercato qui, nel-le credenze dei puritani della Nuova Inghilterra. I politici sisono in seguito impossessati delle immagini puritane per adat-tarle alle nuove situazioni. La Dichiarazione d’indipendenzarichiama il sermone della montagna, John Quincy Adams lega«indissolubilmente» la rivoluzione alla «nascita di Cristo». Indefinitiva, l’America ha una missione sulla Terra e compie unaprofezia «annunciata direttamente dal cielo».

Un monumento agli antenati

Il culto dei padri non era celebrato solo nelle geremiadi.Cominciò a fiorire tutta una letteratura tesa a esaltare il mitodei grandi vecchi. Il primo a cimentarsi in questa impresa fu ilcapitano Edward Johnson, fondatore di Woburn. Col suoWonder Working Providence, il meraviglioso lavoro della prov-videnza, inizia la trasformazione dei padri in figure eroiche. Ilsommo Winthrop e la «vivida luce» di Cotton, contrapposti ai«nemici del regno di Cristo», la Hutchinson, Gorton, gli in-diani che «non sono solo uomini ma anche demoni». Johnsonsegue nella sua narrazione due tracce, la Bibbia e la storia del-la colonia. Dalla Bibbia trae le profezie e nella storia della co-lonia vede quelle profezie avverate. Le promesse divine sonostate mantenute in pieno, «questo arido deserto» è diventato«in cosí poco tempo il prodigio del mondo», la «vigna del Si-gnore». Il popolo di Dio giunto salvo sulla costa americanadopo un tempestoso viaggio mostra per Johnson «la teneracura di Cristo verso i suoi eletti per liberarli da tutti i perico-li». La grande migrazione fa parte di un piano divino e i per-sonaggi leggendari che l’hanno guidata sono gli iniziatori diuna stirpe alla quale il Signore ha affidato la salvezza del mon-do. L’americano è il nuovo Adamo destinato a ricondurre l’u-manità nel nuovo Eden.

I coloni si specchiavano nel passato per ritrovare il sensodella loro missione. Laggiú, in un ambiente ancora inospitale,

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John Leverett, alleato a sua volta con gli adepti della primachiesa. I due si odiavano e avevano opinioni divergenti sul fu-turo della colonia. Leverett ostentava ottimismo, la crescitaeconomica gli dava fiducia per il futuro e rimproverava a In-crease di descrivere una Nuova Inghilterra depravata e schia-va del peccato.

Il mezzo col quale i predicatori cercavano di scuotere lecoscienze era il mito dei padri. I giganti, li chiamava SamuelDanforth. Il senso delle geremiadi si risolveva in un’esortazio-ne a imitare la devota purezza degli antenati. Ma produsse uneffetto contrario alle attese. Il messaggio suonava infatti tuttosommato incoraggiante: se voi volete, potete essere grandi co-me loro. Ma non nelle stesse imprese compiute dai padri. Per-ché la situazione era cambiata. In definitiva le geremiadi piúche spaventare finirono col rassicurare la gente di essere sullabuona strada quando si impegnava nei commerci e cercava diestendere la frontiera verso gli sterminati territori a ovest. Allalunga gli stessi religiosi si adeguarono e si misero a celebrarela prosperità come una conquista positiva.

D’altronde la vita è, secondo lo spirito puritano, un viaggioverso il meglio. Un dogma fissato da John Bunyan, uno stagni-no che aveva seguito Cromwell e poi sotto Carlo II si fece do-dici anni di prigione perché predicava senza autorizzazione.Scrisse The Pilgrim’s Progress, la storia dell’eroe Cristiano cheavanza a fatica verso la città celeste con un pesante fardellosulle spalle, riesce a superare indenne due terribili giganti, Pa-pa e Pagano. Come dice Linda Colley, da questo libro i purita-ni d’America impararono che la sofferenza e i pericoli conti-nui erano il segno della grazia, e se affrontati con la necessariaforza portavano alla vittoria con Dio al proprio fianco.

Tutta la storia marcia verso un fine ultimo che è la secondavenuta di Cristo. La colonia puritana è nata per annunciarequesto avvento portentoso. Samuel Danforth lo ricava dallalettura della Bibbia: Dio «provvederà, ne abbiamo la promes-sa». È una promessa di redenzione, di progresso spirituale. Inseguito, i capi americani interpreteranno quella promessa insenso materiale. La prosperità crescente, la rivoluzione controgli inglesi, l’indipendenza conquistata, tutto sarà visto come

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ha guidato gli avvenimenti. Si pubblicano noiosi sermoni.Neanche le opere di letteratura sono brillanti. Vanno a rubaopuscoli come la Guida del giovane attraverso questo mondomalvagio alla divina Canaan, oppure La chiamata del giovane,che suggerisce il comportamento piú opportuno «nel posto enel ruolo che la provvidenza gli ha assegnato». I puritani han-no lasciato perlopiú diari che contengono un resoconto quoti-diano degli sforzi a volte penosi di uniformarsi alla volontà delSignore. La cultura non è arricchimento dello spirito ma è latensione per capire la volontà di un Dio terribile. Comprende-re per agire. Comporta una severa introspezione. I moderniamericani hanno ereditato questa mania di guardarsi dentro.Lo psicanalista ha sostituito il pastore. E gran parte della lette-ratura americana è un viaggio nel profondo dell’animo umano.

Ma l’autoanalisi praticata dai puritani è stata assorbita dal-lo spirito americano anche sotto un’altra forma, ed è l’auto-controllo, il self control. A scopo utilitario. Mantenere la men-te «fredda e lucida» con una «vigilanza costante» senza farsidistrarre dalla «forza di continue tentazioni», raccomandaBenjamin Franklin, che non è un puritano, ma trasferisce l’e-tica puritana nel mondo degli affari.

L’unica poetessa puritana degna di nota è Anne DudleyBradstreet. Figlia di Thomas Dudley, uno dei capi che guidòla grande migrazione, arrivò nel 1630, a 18 anni, «trovai unnuovo mondo e nuovi costumi, al che il mio cuore sobbalzò».Sposò il ricco Simon Bradstreet e nel piccolo mondo della co-lonia fu la prima a coltivare l’arte come godimento dell’animae non per fini predicatori. Sull’esempio di Cotton, insegnavaai figli che «l’assenza o la presenza di Dio fa inferno o paradi-so». Quando l’incendio distrusse la sua casa, si consolò pen-sando che la vera casa è in paradiso. Visse in un piccolo mon-do familiare, ma era colta e mostrò come poteva essere di clas-se una donna puritana.

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la seconda generazione si sentiva smarrita. Santificare i padrifondatori era il modo migliore per dare un significato alla loroimpresa. I gloriosi avi furono trasformati in superuomini, si-mili ai profeti, i nuovi Abramo, i nuovi Mosè, dominatori diun’epoca di cui già si parlava come dell’età dell’oro.

Lo scopo era di risvegliare nei discendenti l’orgoglio di ap-partenere a una simile razza di uomini. Oltre alla storia bibli-ca, i ragazzi studiavano a scuola la storia dei fondatori dellecolonie, la New England’s Memoriall, scritta da Nathaniel Mor-ton. Un libro di testo in cui l’Europa non esiste piú. C’è solola Nuova Inghilterra, una nazione benedetta alla quale Dio haaffidato il compito di far «fiorire il deserto come una rosa».

Con straordinaria rapidità i puritani innalzarono un monu-mento agli antenati, li trasformarono in divinità. I posteri do-vevano stupirsi ed essere incoraggiati a imitare. La Corte ge-nerale pagò 50 sterline al reverendo William Hubbard conl’incarico di scrivere una storia della colonia del Massachu-setts, «per rendere noti tutti gli interventi della provvidenzadi Dio verso la nostra comunità fin dal primo arrivo da questeparti». Nel cuore dei discendenti veniva inculcata l’idea di es-sere un popolo speciale emigrato laggiú seguendo un pianodivino. Ed essi a loro volta si preparavano a trasmettere ai fi-gli quel messaggio.

La visione puritana si trasformerà, rinnovandosi, nel sognoamericano, nel mito del successo che è frutto di una specialepredilezione divina. Sopravviverà in America la certezza di es-sere una città sulla collina. Winthrop aveva tratto quell’imma-gine dal Vangelo di Matteo. John Adams la riprenderà e an-che Ronald Reagan farà riferimento a una città splendente sul-la collina. Questa descrizione dell’America come simbolo spi-rituale è una grande invenzione puritana. È stato detto chel’America è la realizzazione di un sogno europeo. La vecchiaEuropa incapace di coltivare utopie ha delegato a un paesegiovane il compito di guidare la storia verso l’epoca dell’oro.L’America prende su di sé questo incarico e marcia verso ilsogno che si specchia nella poesia di Walt Whitman.

I libri di storia scritti dai puritani non indagano le cause diquello che succede, cercano di scoprire come la mano di Dio

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Nathaniel Saltonstall narra scene simili a quelle visibili og-gi in Iraq, panorami di cenere, fattorie devastate, corpi senzatesta. Il 10 febbraio 1676 la tribú Nipmuck attaccò la città diLancaster nel Massachusetts e si portò via alcuni ostaggi fracui Mary Rowlandson, moglie di un eminente ministro purita-no. «Arrivarono e circondarono la nostra casa e fu il giornopiú orribile che i miei occhi avevano mai visto». Venduta co-me schiava alla compagna di un capo indiano, Mary visse pertre mesi con gli indiani, divise la loro vita, il cibo, vide il figliomorire di freddo, e il 2 maggio fu rilasciata dopo il pagamentodi un riscatto di 20 sterline raccolte da alcune donne di Bo-ston. Scrisse un resoconto della sua disavventura che divenneil primo bestseller in America.

Guerriglia

Dopo la guerra dei Pequot, inglesi e indiani si erano guar-dati con sospetto per quarant’anni. Ma senza darsi eccessivofastidio. Gli indiani avevano apprezzato alcuni utensili comeasce, vanghe, coltelli, tessuti e altri manufatti. E i commercicon gli inglesi prosperavano. Ma le pressioni dei puritani sem-pre piú assillanti per la terra avevano esasperato gli indiani. Icoloni di Plymouth avevano obbligato re Filippo a firmare uncontratto con cui si impegnava a cedere solo a loro i suoi ter-ritori. Ma i funzionari venuti da Londra, nel disegnare i confi-ni, avevano assegnato il villaggio natio di re Filippo (l’attualeBristol) al Rhode Island. C’erano continui conflitti, litigi, in-trighi. Re Filippo non ne poteva piú e cominciò a correre dauna tribú all’altra predicando guerra. La rivolta forní a Con-necticut e Massachusetts l’occasione per buttarsi sui terrenidei Narragansett. L’unica tribú che si era tenuta fuori fu attac-cata, «c’era l’urgente necessità di distruggere il potenziale ne-mico il piú in fretta possibile». La prima guerra preventiva.

Molti Narragansett furono trucidati. I superstiti andaronoa ingrossare le squadre di re Filippo, insieme misero a ferro efuoco la Nuova Inghilterra. Re Filippo fece ricorso a tattichedi guerriglia. Le rappresaglie non risparmiarono nemmeno

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La guerra di re Filippo

Cos’è la civiltà? Il senatore Henry L. Dawes, che all’iniziodel Novecento promosse la legge per concedere agli indiani lacittadinanza americana, aveva una sua opinione precisa. «Unuomo può dirsi civilizzato quando possiede un podere, unavacca e una donna. E impara ad apprezzare il wiskey». I puri-tani si vantavano di essere civili per aver trasformato la naturaselvaggia in campi ben coltivati, giardini, pascoli verdeggiantie città ben costruite. Su quella comunità industriosa stava perabbattersi una catastrofe.

Il 24 giugno 1675 gli indiani attaccarono a sorpresa la co-lonia di Plymouth. Uccisero alcuni inglesi e bruciarono le lorocase. Li comandava Metacom, il sachem, il capo dei Wampa-noag. Metacom era figlio di quel Massasoit che aveva parteci-pato al primo Giorno del Ringraziamento nel 1621. Nessunoimmaginava che Metacom stesse preparando la guerra in gransegreto. Scoppiato il conflitto, altre tribú, i Narragansett e gliAbenaki, si arruolarono con lui. I puritani si trovarono di col-po coi barbari alle porte. Gli scontri si estesero a tutta la Nuo-va Inghilterra. Come fantasmi, gli indiani colpivano di notte esvanivano di giorno. Per quattordici mesi devastarono unacittà dopo l’altra. I coloni rischiarono di essere annientati inquella che è conosciuta come la guerra di re Filippo, cosí gliinglesi avevano soprannominato Metacom, dal nome dell’an-tico re della Macedonia.

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resse per il Dio dei puritani. Si infischiavano anche delle mul-te a chi non rispettava il sabato e a chi non tagliava i capelli«alla maniera inglese». In una relazione al re, gli ispettori ve-nuti da Londra scrissero che nel Massachusetts gli indiani an-davano «ad ascoltare i sermoni solo se pagati».

Non avevano niente in comune. Due mondi che non si in-contrarono mai. Increase Mather descrive le preghiere dellecongregazioni puritane per invocare la pioggia e si compiaceper il successo mentre i riti indiani fallivano. Gli indiani si ri-volgevano alla divinità sbagliata. Cotton Mather dirà che Ge-sú non capiva il linguaggio degli indiani e non ascoltava le lo-ro preghiere. Gli indiani chiamavano gli inglesi Wautaconaug,e cioè «gente che porta vestiti». Loro circolavano seminudi.Un segno di depravazione, la prova secondo Philip Walzer cheerano esseri diabolici, nemici di Dio e del popolo eletto.

Ma Eliot non disperava. Prometteva di impegnarsi «contutte le mie forze per portarli ad abbracciare il governo, sia ci-vile che religioso come il Signore ha comandato». Quandocercò di convincere re Filippo, il capo indiano prese fra le di-ta un bottone del cappotto di Eliot e disse: «Il tuo Vangelo miinteressa quanto questo bottone». Appena scoppiò la guerra,perfino l’indiano che aveva aiutato Eliot a stampare l’IndianBible si uní ai rivoltosi.

Invece di conquistarli, la religione cristiana aveva reso gliindiani furiosi. Irridevano le loro vittime: «Adesso viene Gesúe salva questo povero inglese che sto per uccidere». Bruciava-no le Bibbie come simbolo della cultura inglese che loro rifiu-tavano. Era il fallimento completo della convivenza. Due po-poli di culture cosí diverse dimostravano di non poter viverepacificamente insieme. La fine di quello che oggi chiamiamomulticulturalismo. Il primo conflitto di religione in America.

Il primo riccone

Se i governi delle colonie poterono sostenere la guerra sen-za andare in rovina fu merito di un uomo di nome John Hull.La sua storia è uno straordinario esempio del sogno america-

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Roger Williams, considerato dagli indiani un amico. Veden-doli arrivare, gli andò incontro e cercò di fermarli. Gli disseroche a lui non avrebbero toccato un capello come onesto ebrav’uomo, ma la città doveva essere bruciata. Il 26 marzo1676 Providence fu data alle fiamme. Ci vollero tre giorni perseppellire i morti.

La licenza concessa da Carlo I alla Massachusetts Bay Com-pany contemplava tra gli scopi dei coloni quello di far «cono-scere agli indiani la vera religione, cosí che possono obbedireal solo Dio e Salvatore dell’umanità». Un compito completa-mente trascurato. Se ne ricordarono solo all’inizio della rivo-luzione inglese, quando mandarono inviati a Londra per rac-cogliere fondi con la scusa che servivano a finanziare la diffu-sione del Vangelo tra gli indiani. Utilizzati invece per costrui-re edifici dell’Harvard college e comprare armi. Con grandefranchezza Hugh Peters ammise che l’opera missionaria «erasolo una trappola per le allodole e non c’è mai stata una con-versione al Vangelo tra gli indiani».

Nel 1644 la Corte generale del Massachusetts, quasi per la-varsi la coscienza, ricordò a tutte le contee il dovere di «civi-lizzare» gli indiani e «istruirli nella conoscenza e adorazionedi Dio». Parole che colpirono il reverendo John Eliot. Comin-ciò a studiare la lingua indiana allo scopo di rivelare ai selvag-gi le delizie della religione cristiana. In seguito Eliot si è gua-dagnato il titolo di «apostolo degli indiani». In realtà si attri-buí meriti eccessivi per spillare soldi con cui finanziare le suemissioni. Cominciò a predicare a un gruppo di indiani nell’au-tunno del 1646 a Dorchester. Fu accolto con ostilità. A No-nantum, sul Charles river, ricorse a metodi piú convincenti,dopo un sermone di oltre un’ora, distribuí mele e biscotti aibambini e tabacco ai grandi. Li istruiva facendogli domandedel tipo: come mai le acque del mare sono salate e quelle del-la terra no? Risposta: «Grazie alla meravigliosa opera di Dio.Per la stessa ragione che le fragole sono dolci e i mirtilli aspri».Il lavoro piú notevole di Eliot fu la traduzione della Bibbianella lingua algonchina, la Indian Bible. Tradusse anche unpiccolo trattato di logica «per insegnare agli indiani a ragiona-re». Non serví a nulla. Gli indiani non mostravano alcun inte-

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padri. Cosa hanno passato, grida Increase, «solo per trasferir-si con le loro mogli, i loro piccoli, navigando sulle paurose on-de del vasto oceano, fino a una terra incolta». Ed ecco come ifigli li ripagano. Con la decadenza dei costumi e trascurandola loro missione. Cosí Dio, invece di riservare particolare at-tenzione per «il popolo del Signore», manda la guerra. I quac-cheri ci vedevano la prova del disamore di Dio verso i purita-ni. Invece i puritani pensavano che Dio fosse irritato perchéessi avevano smesso di impiccare i quaccheri.

La guerra causò la morte di cinquemila indiani e duemila-cinquecento inglesi. Alla fine re Filippo fu sconfitto. Il 12 ago-sto 1676 lo uccise un indiano al soldo degli inglesi. Il 17 la co-lonia di Plymouth tenne un giorno di ringraziamento. Il capi-tano Benjamin Church arrivò coi soldati e issò la testa di Fi-lippo su un palo. Ricevette 30 scellini «una misera ricompensache non incoraggia». Le teste di molti prigionieri decapitativenivano portate in giro come trofei.

La moglie del capo indiano e il figlio di 9 anni furono te-nuti in prigione per mesi. I teologi cercavano nella Bibbia un’il-luminazione. Non sapevano come comportarsi col ragazzino.La moglie forse morí in prigione, il figlio fu alla fine vendutoe mandato schiavo. Gli inglesi bruciarono tutto, uccisero don-ne e bambini e vendettero gli uomini come schiavi. Fu la pri-ma guerra di sterminio totale condotta dagli americani. Manon fu vantaggiosa, lasciò debiti colossali, distruzione ovun-que, cause per il diritto sui territori, e Plymouth che aveva ini-ziato la guerra sopravvisse solo per pochi anni e poi fu in-ghiottita dal Massachusetts.

Gli indiani rimasero una spina nel fianco ai confini nord.Gli inglesi erano convinti, come dirà il generale Sheridan, che«un buon indiano è un indiano morto». Nel Massachusetts nel1703 chi portava uno scalpo di indiano veniva ricompensatocon 12 sterline. L’anno successivo la ricompensa salí a 100 ster-line. Gli indiani erano un incubo non solo per gli attacchi im-provvisi. C’era qualcosa di piú. Molti contadini si erano spintilontano dai villaggi e stavano assimilando il comportamentodegli indiani fra cui vivevano. Stavano «degenerando a paganiignoranti e barbari». Quando il colono Joshua Tift sposò un’in-

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no. Hull era figlio di un fabbro. Emigrò nella Nuova Inghil-terra nel 1634, quando era bambino. Per guadagnarsi da vive-re fece il garzone, il contadino, l’orafo. Un ragazzo volentero-so e pio che John Cotton prese sotto la sua protezione. Ora,poco piú che cinquantenne, Hull era l’uomo piú ricco di Bo-ston. Il primo tycoon. Capitano della milizia, proprietario dinavi, uomo d’affari e magistrato, sovrintendente alla zecca. Isuoi mercantili solcavano l’Atlantico esportando verso la Spa-gna e le Barbados pellicce, pesce, sgombri, merluzzo sotto sa-le, barili di farina, carne di maiale e di bovini, botti piene dibiscotti, barilotti di burro. Dall’Inghilterra importava tessili,balle di tela, felpe, cambrí, seta, calzature a colori sgargianti.

Possedeva terreni in Rhode Island, Point Judith dal nomedi sua moglie. A Newport e su Block Island teneva bovini, pe-core e maiali, e una mandria di cavalli a Cape Cod. Quandosua figlia Hannah si sposò, la fece salire su un piatto della bi-lancia. Sull’altro piatto ammonticchiò scellini fino a bilanciareil peso della ragazza. Era la sua dote.

Ricco e generoso, Hull finanziò la campagna della NuovaInghilterra contro re Filippo con 1500 sterline. E quando glieredi di Fernando Gorges acconsentirono a vendere il Mainealla Nuova Inghilterra per 1250 sterline, John Hull ce ne misedi tasca sua 700. La religione e gli affari per lui erano mesco-lati, visse «col cuore sulla terra e la mente rivolta al cielo». Co-me membro rispettabile della chiesa, diceva Samuel Willard,la provvidenza «gli ha elargito una parte cospicua dei beni diquesto mondo».

La guerra fu piena di atrocità. Gli inglesi massacrarono don-ne e bambini per piegare il morale degli indiani. Usarono anchemetodi subdoli. Quando Potuck, un capo dei Narragansett,chiese la pace, venne invitato a Boston garantendogli la salvez-za. Invece lo fucilarono «nel pascolo comunale di Boston».

La guerra di re Filippo è una grande occasione per autofla-gellarsi. Il clero vuole far credere che il Signore è terribilmen-te adirato. «Dio ha una controversia col suo popolo della Nuo-va Inghilterra», teme Michael Wigglesworth. La tragedia se-mina sgomento e sembra dare ragione a chi dice che la colleradi Dio si è accanita a causa del tradimento della religione dei

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nings, «non poteva essere piú chiara: il timore degli inglesi erasinonimo del terrore di Dio».

Ma sebbene atterriti da Dio, gli indiani avevano costituitouna minaccia seria. C’era da domandarsi perché il Signore ave-va fatto mettere in pericolo la vita dei suoi protetti. Dovevaessere quanto mai adirato. Il clero puritano dà la colpa ai gio-vani. «Passano la notte fuori, fanno risse per strada, frequen-tano compagnie corrotte e non rispettano i superiori». Le ra-gazze «si arricciano i capelli e li fanno crescere in modo sver-gognato». In chiesa chiacchierano e poi se ne vanno «a berenelle taverne», locali creati «per brama di sporchi guadagni».Vanno a caccia nei boschi, «veri e propri bordelli di Satana».Si danno ai balli, fanno «baldorie di Natale», feste nuziali, tut-te usanze pagane. «Non è tempo di danze per la Nuova In-ghilterra», ammonisce Joshua Moodey. Non è nemmeno il ca-so di giocare a carte e a dadi. Sarebbe come giocare con Dio:ogni cosa che accade, grande o piccola, dipende da lui, quan-do vengono lanciati i dadi stabilisce lui il numero. Perciò «èorribile coinvolgerlo in cose triviali», grida Increase. Un seco-lo dopo nessuno si fece piú tutti questi scrupoli: per raccoglie-re fondi a favore dell’Harvard college si ricorse alle lotterie.

Un’altra causa della collera di Dio era la licenziosità ses-suale, «i peccaminosi libertini che fornicano in segreto». Unadisinvolta Alice Thomas gestiva un bordello. La Corte genera-le la accusò di dare «piacevole ospitalità» e la fece frustare inpubblico. Non era la sola. Il sarto John Dane si trovò per casosulla porta di una donnina allegra e chiese scusa: «Mi spiacesignorina, l’ho disturbata». «No», disse lei, «qui sei il benve-nuto». Un oste aveva messo sulla sua locanda un’insegna condue ragazze dipinte a seno nudo. Gli ordinarono di coprirle.Lui fece dipingere sui seni due rose. Da lí deriva il detto ame-ricano che «sotto una rosa c’è una poppa».

Dio sembrava molto irritato anche a causa dei nuovi ric-chi, passati dagli stracci alla prosperità, rags to riches, e ci te-nevano a mostrarlo, con quella loro mania di sfoggiare par-rucche e di varare le navi rompendo una bottiglia sul fianco,una «profanità orrenda e scandalosa». Increase Mather non lafiniva di sbandierare la guerra di re Filippo come un ammoni-

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diana e si uní alla tribú di lei, fu catturato e ucciso con grandeferocia, legato ai cavalli e squartato. La paura di diventare sel-vaggi come gli indiani provocava queste atrocità. «Guardatecome il peccato ha ridotto l’umanità in selvaggi», ammonivaDaniel Gookin. Dovevano essere santi visibili e invece Increa-se Mather lamentava che «è diventato quasi impossibile di-stinguere i membri della chiesa dagli altri uomini».

Ma spazzati via gli indiani, «i perfetti figli del diavolo», adalcuni sembrò una guerra santa per far prevalere la vera reli-gione. Una guerra santa, aveva detto Sant’Agostino, rafforzal’ordine nel mondo cristiano. E il sommo Ames riteneva cheuna guerra è sempre giusta se combattuta per motivi religiosi.La vittoria sugli indiani viene trasfigurata e diventa l’entratadegli ebrei nella terra promessa, «tutti i serpenti si sono trova-ti impegnati in una impresa fatale».

La verità è che la Nuova Inghilterra cerca i suoi avversarilocali. Ha bisogno di un nemico. Per mantenere l’unità. Avereuna missione. Creare un conflitto mitico di una lotta cosmicafra bene e male. Come oggi. L’idea della persecuzione, del ne-mico incombente. Mai sentirsi sicuri. «La sicurezza», dice She-pard, «è come la malattia del sonno». Il patto è sempre a ri-schio. La corruzione può spingere Dio ad annullarlo. Sempreincombe la catastrofe.

La collera di Dio

Increase Mather compilò in fretta una Brief History of theWar, pubblicata a Boston e Londra nel 1676, per imprimerebene nelle teste la sua versione dei fatti. Vende il successo co-me il trionfo di una razza superiore benedetta. Comincia af-fermando che «Dio, il Signore dei nostri padri, ci ha concessocome legittimo possesso» i territori del «popolo pagano inmezzo al quale viviamo». Quei pagani erano rimasti buoni alungo grazie «alla meravigliosa provvidenza divina che ha ispi-rato in tutti gli indiani il timore degli inglesi e il terrore delleloro azioni come fece anticamente con Giacobbe e in seguitocon i suoi figli di Israele». L’equazione, osserva Francis Jen-

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finale. Ma la prosperità conquistata dai coloni non è dovuta a«speciali provvidenze». All’inizio essi hanno beneficiato della«benedizione di Dio Onnipotente», ma poi «il successo di tut-ta l’impresa va attribuito soltanto all’industriosità e diligentecura di un povero popolo». Accanto al favore di Dio comin-ciano a essere celebrate le virtú umane.

Dio e il merluzzo

Sventuratamente, il periodo nero non finiva. Nuove cala-mità si abbattevano sui coloni. A volte d’inverno il fuoco guiz-zava dai caminetti e divorava le case di legno. Un primo gran-de incendio devastò Boston nel 1676. Ridusse in cenere anchela casa di Increase che fece in tempo a salvare i suoi libri. Nel1679 le fiamme avvolsero di nuovo la città. Ovviamente tuttispiegavano i disastri come un castigo divino ma nessuno necapiva le ragioni. Allora la Corte generale convocò un sinodoper stabilire «quali malvagità hanno indotto il Signore a puni-re la Nuova Inghilterra». La risposta, in buona parte scrittada Increase, attribuiva le cause al decadimento morale. Bo-ston era diventata una città insensibile ai valori spirituali, do-minata dalla superbia e «dall’affetto per le cose del mondo».Invece di dedicarsi all’evangelizzazione, i «rozzi e astuti» co-loni si erano gettati negli affari, accecati da una famelica con-quista di terre. «Terra, terra, ecco l’idolo di molti abitanti del-la Nuova Inghilterra». Quando i bianchi arrivarono, sorridevaamaro un capo indiano, «loro avevano il Libro e noi la terra,oggi loro hanno la terra e noi il Libro».

Terra e mare. Davanti alle coste della Nuova Inghilterra,flotte di pescherecci tiravano reti colme di «sacro merluzzo».Il pesce arricchiva gli impresari, i quali proclamavano che liaveva attirati sulle coste americane «not God but cod», nonDio ma il merluzzo. La santa comunità puritana cede il passoall’individualismo, all’impresa personale. Tutte qualità discen-denti dai puritani. Essi erano abituati a un rapporto direttocon Dio, erano allenati a far lavorare la mente ciascuno perproprio conto, scervellandosi sulle pagine delle Sacre Scrittu-

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mento terribile di Dio al suo popolo. «Dio ci ha mostrato co-me facilmente ci poteva distruggere». Ma se Dio punisce vuoldire che ama gli eletti. Quando la nuova Gerusalemme «scen-derà dal cielo l’America ne sarà la sede».

Nel frattempo era necessario ripulire le colonie dalla cor-ruzione. Fu creata una squadra di ispettori, detti tithingmen,col compito di vigilare sulle famiglie e assicurarsi che teneva-no i figli sotto controllo. I capi di Massachusetts e Connecti-cut ordinarono al clero di dare nuovo impulso all’insegnamen-to religioso e di estenderlo anche a chi non faceva parte dellechiese. Come ai tempi di Elisabetta, ripresero vigore confe-renze e lezioni bibliche.

Se Dio premia gli eletti nella vita terrena, infligge loro an-che punizioni quando cadono nel peccato. Questa tipica cre-denza puritana sopravvive nelle schiere di evangelici che pul-lulano in America. Molti di loro hanno interpretato l’attaccodell’11 settembre alle Twin Towers come una punizione di Dioin seguito alla perversa strada imboccata dall’America. «Dio»,hanno urlato i predicatori in tv, «ci ha tolto la protezione e halasciato che i nemici colpissero l’America. È urtato con noi».

Il cattolico è di animo lieve, qualunque sia la sua mancan-za sa di poter contare su un prete che lo assolve e ripulisce lasua anima. Il puritano ha un rapporto diretto con Dio e vivenell’angoscia perché teme di urtarlo. Per la maggioranza degliamericani il castigo conta piú del recupero. Questa è una del-le ragioni che impedisce a noi europei di capire il senso dellapena di morte e induce invece gli americani a mantenerla.

L’agitazione di Increase Mather faceva un po’ sorridere ilreverendo William Hubbard. Dietro la guerra di re Filippo,lui non scorgeva l’intervento della mano divina, ma soltanto«il disprezzo dei nostri nemici». E in fondo vedeva in quellaguerra anche dei lati positivi. Ogni tanto i cristiani hanno biso-gno di forti dosi di avversità altrimenti il benessere li rammol-lisce e le tentazioni aumentano. «Le sante afflizioni fanno par-te del destino del popolo di Dio». Cosí la piantano di importa-re «vanità superflue» come zucchero e vino delle Canarie.

Convintissimo anche Hubbard che la redenzione degli uo-mini avanza progressivamente e l’America costituisce la tappa

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Il pugno di Londra

Increase ha un colpo di genio. Per favorire una rinascitaspirituale inventa il Covenant for reformation. Un patto colSignore che gli appartenenti alle chiese devono rinnovareogni anno tutti insieme durante un giorno di digiuno e umi-liazione. I giovani che nel frattempo hanno compiuto 16 an-ni possono unirsi alla cerimonia per essere ammessi nellacongregazione, senza dover dimostrare uno alla volta comehanno scoperto la grazia salvatrice. Dati i tempi bui, gli ani-mi sono assillati dalla paura e disposti a seguire i richiamidel clero, che riprende il controllo della vita sociale. Ancorauna volta i predicatori possono garantire che la Nuova In-ghilterra sarà «un Cielo sulla Terra». C’è già l’idea di una«Nation under God» sorta per migliorare le condizioni del-l’umanità. «L’America, in base alla nostra logica», dice loscrittore Norman Mailer, «è l’unica forza a favore del beneche può rimediare al male».

Increase Mather ne esce trionfante. Nel 1679 muore il suoavversario numero uno, il governatore John Leverett, e lui, a40 anni esatti, diventa il personaggio piú rilevante delle colo-nie. Per ricordare a tutti lo speciale rapporto di Dio con laNuova Inghilterra pubblica un Essay for recording of illustriousprovidences, un saggio con i piú clamorosi interventi dellaprovvidenza. Una raccolta di «giudizi divini, punizioni, tem-

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re per apprendere ognuno per sé la verità. Un esercizio chesviluppa acutezza e fiducia nei propri mezzi. Nel passaggio dauna comunità religiosa a una assorbita dagli interessi terreniacquisteranno ancora piú preminenza le qualità personali tra-sformando gli americani nel popolo piú individualista sullafaccia della terra. Nasce la cultura del successo e del fai da te.Ma gli affari rendono egoisti e litigiosi, come dimostra l’au-mento delle controversie giudiziarie. John Cotton aveva rac-comandato di guadagnare senza farsi abbagliare dalla ricchez-za. La prosperità non era il fine, lo scopo della vita umana ri-maneva la preparazione per l’aldilà. Ma fare l’asceta da ricco èdifficile. Cosí un desolato Samuel Torrey lancia un «appelloper la vita di una religione morente».

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male, ma un evento eccezionale favorito direttamente da Dio.Bisognava perciò salvare ad ogni costo l’autonomia del nuovoIsraele. Mantenere le distanze col mondo corrotto e difenderela terra ricevuta dal Signore.

Sotto gli occhi di Randolph i metodi dei puritani non cam-biano. I quaccheri che si avventurano nelle loro colonie ne so-no espulsi a frustate, i magistrati rifiutano di amministrare conun giuramento di fedeltà al re, e la colonia batte moneta illegal-mente. Qualunque estraneo suscita il terrore dell’invasione, sia-no gli indiani o gli inglesi di Sua Maestà. Qualunque infedele,anglicani, quaccheri, battisti, è un nemico che viene a devastareil paradiso degli eletti. «Battono moneta per conto loro», scriveRandolph al re, «mettono a morte i sudditi di Vostra Maestàper questioni religiose… violano tutte le leggi del commercio edella navigazione». Fa anche l’ironico: «Vogliono far credereche non fanno i loro interessi ma gli interessi di Gesú Cristo».

Randolph è un osso duro, deciso a vincere la resistenza deicoloni. Vuole imporre la tolleranza religiosa, estendere il votoa tutti e il battesimo anche ai figli di chi non appartiene a unachiesa. Gli sembra ingiusta la discriminazione, come se «solo iloro cari rampolli avessero diritto, e gli altri fossero prole dipagani infedeli». A chi gli parla di indipendenza, l’inviato delre risponde che le colonie hanno un senso solo se sono utilialla madre patria. Lo scontro è drammatico. La storia dell’A-merica è a una svolta decisiva. Se si sottomette diventa unanormale colonia e perde il privilegio di terra promessa dal Si-gnore. La Corte generale non cede, fa giurare fedeltà alla co-lonia e non al re. Semplicemente non riconoscono l’autoritàdel sovrano, si sentono una nazione a parte. Cotton Mathergrida alla persecuzione e convoglia la rabbia popolare controRandolph, definito «un miserabile prepotente».

Increase capeggia una fazione energicamente attiva nell’op-posizione. Difende le concessioni contemplate nella Carta einvoca la gloria dei padri fondatori. «I semi migliori», recitaWilliam Stoughton, «scelti da Dio in Inghilterra per piantarliin una landa deserta».

Ma Randolph è uomo di mondo. Con un misto di tatto edi autorità riesce a tirare dalla sua parte alcuni personaggi im-

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peste, inondazioni, terremoti, tuoni insoliti, strane apparizio-ni, stregonerie, possessioni del diavolo». La sua ossessione nelcercare la mano di Dio in ogni fenomeno ne fa un uomo esal-tato e paranoico. Il 1° gennaio 1681 annota sul diario: «Que-st’anno comincia malissimo». È afflitto da nero pessimismo espaventato dai segni preoccupanti apparsi nel cielo. Per uncerto tempo vede brillare una stella straordinariamente lumi-nosa. Gli sembra che una forza invisibile e misteriosa generiportenti. L’anno successivo compare la cometa di Halley. In-crease la scruta atterrito e vi scorge il segno sicuro che «Diosta per spalancare le cataratte della sua ira su una nazione dipeccatori». Al giorno d’oggi gli americani sparano missili allecomete e agli asteroidi per evitare che investano il pianeta, icorpi celesti suscitano un altro tipo di terrore.

Gli avvenimenti successivi convincono Increase di esserestato buon profeta. A Londra tramano contro la Nuova In-ghilterra. Carlo II è deciso a prendere il pieno controllo dellecolonie e instaurarvi le leggi inglesi. L’ispezione da lui inviatanel 1664 era fallita. Ma il re non aveva dimenticato. L’intolle-ranza religiosa praticata dai coloni gli dava adesso il pretestoper intervenire nelle terre americane e stabilire la sua autorità.Come uomo, era molto diverso dal padre e dal nonno. Un gau-dente che adorava il buon cibo e andava matto per le donne.Difficile contare il numero esatto delle sue amanti. Ebbe al-meno diciassette figli illegittimi. «Non credo», diceva, «che ilbuon Dio mi voglia punire per questi piccoli piaceri». Mandòuna seconda minacciosa ispezione. Una mattina di giugno del1676 approdò nel porto di Boston la nave Welcome, che inrealtà non era benvenuta per niente. Ne scese un uomo dall’a-ria altezzosa, il capo della missione Edward Randolph. Lo ac-colsero con molta freddezza. «Non si sono tolti neanche il cap-pello», scrisse Randolph al re.

Lui voleva farne buoni sudditi di Sua Maestà. Ma i new en-glanders non si sentivano piú inglesi. Sul territorio americanovolevano essere liberi di governarsi come una repubblica indi-pendente. Condizione essenziale per proseguire il sacro espe-rimento di uno Stato biblico. Facevano valere la loro fermaconvinzione che la nascita delle colonie non era un fatto nor-

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Inghilterra». Ma la maggioranza era con lui, lo applaudironoe lo acclamarono come difensore delle libertà della colonia.Boston rifiutava. E bollava i partigiani del re come traditori e«nemici del paese».

Londra reagí con pugno di ferro. Il 24 ottobre 1684 CarloII cancellò la Carta, la Compagnia del Massachusetts non esi-steva piú. Il vecchio governatore ottuagenario Simon Brad-street rifiutò di mettersi al servizio del re, la Corte generalechiuse la sua ultima seduta fra le lagrime. Invece il giovaneDudley, il traditore, ne trae beneficio. E a sua volta favorisce isuoi piú rinomati alleati, Pynchon, Stoughton e i fratelliWinthrop. A tutti assegna territori nella valle del Connecticut.Proprio dal Connecticut si leva la voce dolente del pastoreJohn Whiting. Vedendo la terra concessa da Dio messa sottola tutela del re, annuncia di «scorgere in arrivo un diluvio uni-versale». Randolph però non ottiene grandi risultati. I «mode-rati» sui quali faceva conto non costituiscono un partito com-patto. Anzi, finiscono col combattersi l’un l’altro, gli interessiscatenano odio e lotte feroci. Il rigido Randolph ne è disgu-stato e si convince che quegli affaristi litigiosi non hanno piúniente di inglese.

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portanti. Al punto da formare un vero partito che lui defini-sce dei «moderati», composto da uomini d’affari, persone fa-coltose che non vogliono mettere in pericolo i loro beni indi-sponendo il fatuo re. Spiccano fra loro i fratelli Fitz e WaitWinthrop, nipoti dell’uomo che aveva guidato l’emigrazione,e Joseph Dudley, figlio del rigido vicegovernatore ThomasDudley. Gli eredi tradiscono i padri. Pacchiani, ignoranti, go-derecci e pieni di arroganza, i due nipoti di Winthrop sonoanche fisicamente diversi dalla nobile ed elegante figura delnonno. L’accumulazione è il loro unico scopo. Bramosi di ric-chezza e potere, non esitano a ricorrere a metodi illeciti, conla copertura di navi scozzesi usano le isole Elizabeth, a nordo-vest di Martha’s Vineyard, come base per il contrabbando ditabacco. Il loro massimo interesse è il costo dei terreni e degliimmobili. Posseggono immense distese di terra sul fiume Con-necticut e per questo sono definiti River Gods, dei del fiume.Sostengono che «la libertà e la proprietà sono diritti natura-li». Secondo John Palfrey, apologista puritano, è gente corrot-ta, «poveri di spirito e sordidi opportunisti». Lo scaltro Ran-dolph li manovra a suo piacimento. Incredibilmente i bosto-niani affidano a uno di questi bellimbusti, il giovane Dudley,un compito quasi impossibile: lo mandano a Londra per con-vincere il re a concedere autonomia completa alle colonie.Randolph lo fa precedere da una sua lettera in cui lo descrivecome un rozzo e inesperto provinciale. Cosí gli abili e altezzo-si uomini di corte lo raggirano e lo umiliano. Partito con l’in-carico di corrompere qualche pezzo grosso, si lascia invececorrompere lui.

Tornò da Londra con una richiesta di adeguarsi alle diret-tive del re. A Boston rimasero senza fiato. Piegarsi al volere diSua Maestà significava aprire le porte a tutte le sette religiosee rinunciare alla propria autonomia. Per chiedere a Dio discongiurare questa jattura furono proclamati alcuni giorni dipenitenza. Durante un’assemblea pubblica, Increase Matherscaldò gli animi e incitò a rispondere a Londra con un seccono. «Non siete buoni cristiani se accettate il complotto checerca di provocare un naufragio completo delle libertà». Gliavversari lo sbeffeggiavano come «il Maometto della Nuova

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Con l’ascesa al trono del cattolico Giacomo, la situazioneprecipitò. Il re progettava di unificare tutte le colonie dellaNuova Inghilterra. Un piano di cui affidò la realizzazione a sirEdmund Andros. Il 20 dicembre 1686 Andros si presentò coltitolo di governatore di tutte le colonie unite in un Dominion.Il Massachusetts non era piú una città sulla collina ma unasemplice colonia inglese. In un ritratto a olio sono rimaste im-presse le fattezze del nobiluomo. Fasciato da una lucente ar-matura, Andros porta una bianca gorgiera ricamata sulla qualespicca la sua tonda faccia dall’espressione raggelante. È l’im-magine di un tiranno. E come tale si comporta. Impone tasse.Non riconosce ai proprietari il diritto sui terreni. Fa sventola-re di nuovo la bandiera con la croce di San Giorgio. Ma di-venta veramente odioso quando offende i sentimenti religiosidei coloni. Requisisce la Old South Church per farvi celebrarei riti anglicani. Si infischia altamente del rispetto del sabato, equesto piú di ogni altra iniziativa concentra su di lui una cari-ca di rancore e di sdegno. La violazione del sabato era un af-fronto intollerabile. A tal punto i puritani lo consideravano sa-cro, che Thomas Fuller spiegava la guerra civile in Inghilterracome una punizione divina per la profanazione del sabato.

In un momento storico cosí buio, emerge a Boston la figu-ra di Cotton Mather. Era un predestinato. Aveva come padreIncrease, il piú illustre esponente della seconda generazionepuritana, e vantava come nonni due santoni della prima, Ri-chard Mather e John Cotton. Quando nacque nel febbraio1663 fu battezzato dal reverendo Wilson e gli venne impostocome nome il cognome del nonno materno, Cotton. Si rivelòun ragazzo prodigio e un po’ rompiscatole. «Quando avevopiú o meno 7 o 8 anni rimproverai i miei compagni di giocoper le loro parole e maniere malvagie». A 12 anni stabiliva ilrecord mai superato del piú giovane allievo ammesso ad Har-vard. Un vero fenomeno. Di salute malferma, balbuziente dabambino, nutre venerazione per il padre di cui diventa aiutan-te nella Second church come pastore a 22 anni nel 1685. Unanno dopo sposa Abigail Phillips, figlia di un riccone.

Cotton Mather cerca di vincere la disperazione. Consigliaai coloni di sopportare le prepotenze, perché Andros è lo stru-

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Un cattolico sul trono

Nel febbraio 1685 si spense Carlo II. Sul letto di morteconfessò quello che aveva tenuto segreto per tutta la vita, lasua adesione al cattolicesimo. Sul trono inglese sale il fratello,duca di York, ora Giacomo II. Un cattolico dichiarato. In-crease vede avverarsi le profezie dell’Apocalisse, il libro chepiú di ogni altro ha plasmato le menti dei puritani e ha marca-to anche le generazioni future. Sempre piú lugubre, Increasevede avvicinarsi gli ultimi giorni dell’umanità. Quella della fi-ne del mondo è una fissazione tipicamente puritana. Se l’a-spettano da un momento all’altro, la gente ne è cosí influenza-ta che una domestica vede le fiamme in un magazzino incen-diato a Boston e grida che «è cominciato il giorno del giudi-zio».

Ancora nell’Ottocento molti giornali americani avevano larubrica «Segni dei tempi», in cui trovavano spazio alluvioni ecatastrofi di ogni genere interpretati come preannuncio dellafine del mondo. Non è cambiato molto. I sondaggi ci diconoche oggi sei americani su dieci «credono che gli eventi dell’A-pocalisse si avvereranno». Ne era convinto l’ex segretario allaDifesa Caspar Weinberger. Nel 1982 disse: «Credo che il mon-do finirà, e ogni giorno penso che il tempo stia per scadere».Perfino il presidente Reagan credeva che il mondo fosse giun-to al capolinea: «A volte penso che stiamo marciando moltorapidamente verso l’Armageddon».

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no a Salem, stufi del loro pastore, i coloni gli rinfacciaronoche la ragione principale del viaggio in America era «pescarepesci». La chiesa che aveva organizzato all’inizio la societàaveva perso la sua funzione. Ma adesso, nel momento dellapaura, gli ecclesiastici, gli uomini che interpretavano la vo-lontà divina, erano di nuovo un punto d’appoggio sicuro. EIncrease Mather, divenuto nel frattempo presidente, noi dicia-mo rettore magnifico, di Harvard, emerse come un coraggio-so patriota, strenuo difensore dell’autonomia politica e reli-giosa nei confronti di un’Inghilterra sempre piú decisa a im-porre il proprio controllo di potenza imperiale.

Diplomatico

Tutto, adesso, era cupo nella Nuova Inghilterra. A volteIncrease Mather disperava che quel popolo di campagnoli po-tesse veramente sottrarsi al dominio di Londra. La sua attivitàdi leader dell’opposizione si svolgeva sempre piú alla luce delsole. Finché nel 1688 fu obbligato a nascondersi. Sir Androsaveva ordinato di arrestarlo. Un’unica speranza gli restava:parlare col nuovo re, convincerlo a rilasciare un’altra Carta.Tutto avvenne nell’ombra. Un giorno di bocca in bocca i co-loni si passarono la notizia che Increase, all’insaputa di sir An-dros, era salito su una nave di notte e ormai veleggiava sulleacque dell’oceano.

A Londra si rivelò un abile diplomatico nel tessere amici-zie con i Lord puritani e le matrone piú influenti a corte. Unpioniere della diplomazia americana. Per quattro volte re Gia-como accetta di riceverlo. Ma il sovrano si caccia presto inguai ben piú gravi di quelli che affliggono Increase. Commet-te l’errore di voler costringere i sudditi a convertirsi al cattoli-cesimo. Gli inglesi si ribellano e rovesciano l’incauto re che sidà alla fuga. I leader protestanti offrono il trono all’omoses-suale Guglielmo d’Orange che ha sposato Maria, figlia di Gia-como. Nel novembre 1688 Guglielmo sbarca in Inghilterra, egli inglesi, ancora memori del terribile bagno di sangue dellaguerra civile, lo accolgono senza colpo ferire. È la cosiddetta

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mento di cui il Signore si serve per mettere temporaneamentealla prova i suoi eletti. «Dio», afferma suo padre Increase, «cimanda afflizioni a causa delle molte nefandezze, ma non ci di-struggerà». Increase è assillato dalla smania di riaffermare chela Nuova Inghilterra è nata per una speciale concessione divi-na. Rovista disperatamente tra le pagine della Bibbia e trovasorprendenti analogie con le sofferenze del popolo d’Israele.Ne ricava la certezza che «in questa calamità, il Signore hapromesso di salvare una parte…manderà tempi migliori…lachiesa della Nuova Inghilterra vivrà per sempre». Questo in-fluenza la gente e forma una mentalità e una cultura etica col-lettiva che in ogni difficoltà il popolo eletto risorgerà.

Ma agli occhi del reverendo John Wise, di Ipswich, la ma-no del cielo non c’entra, sir Andros è un ottuso sopraffattoree basta. Wise è un omaccione col fisico da lottatore. Si mettealla testa di una rivolta contro le tasse e i «metodi ingiusti diestorcere danaro senza il consenso dell’assemblea generale».Una violazione delle libertà e dei privilegi acquisiti dagli ame-ricani rispetto alla madrepatria. L’indipendenza arriverà conla rivoluzione del 1776. Ma nel frattempo ogni occasione èbuona per manifestare insofferenza verso l’ingerenza di Lon-dra. La figura di Wise assurge a campione della gente umile,degli agricoltori, lui stesso ha comprato dieci acri di terra pa-gando sessanta sterline all’anno, un terzo in moneta e il restoin grano, legname e fieno. Non parla piú da ecclesiastico mada politico, inculca negli animi due concetti significativi: maipiegarsi agli stranieri ed è legittimo opporsi alle autorità per-ché esse non hanno origine divina.

I coloni, allarmati dalle continue vessazioni di sir Andros,videro nel clero l’unica ancora di salvezza. Le chiese tornaro-no a riempirsi. Gli ecclesiastici ne approfittarono per riguada-gnare prestigio, comandavano digiuni e cerimonie collettive,andavano casa per casa a incoraggiare e raccomandare di sta-re tutti uniti in attesa di tempi migliori. Da anni i predicatoriavevano perduto la loro autorevolezza, la gente non voleva piúpagare le tasse per mantenerli, qualcuno li disprezzava, comeun certo Peter Bussaker, il quale gridò che «sicuramente in-contrerò all’inferno gli uomini del clero». A Marblehead, vici-

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quentato scuole, ma si era guadagnato un patrimonio sposan-do una ricca vedova. Parte dei soldi li aveva investiti nel recu-pero del relitto di una nave spagnola affondata nei Caraibi. Lanave aveva a bordo un tesoro. Phips compí il bel gesto di of-frirne una parte al re ottenendone in cambio la nomina a ca-valiere.

Lui e Increase arrivarono a Boston il 14 maggio del 1692.Siccome era sabato, si decise di rimandare al lunedí l’acco-glienza con le salve di cannone. Increase tornava acclamatocome apostolo della libertà. Aveva scongiurato il rischio che lacolonia finisse sotto il controllo assoluto della madrepatria.Per questo può figurare nella galleria dei padri dell’America.Di nuovo la New England aveva un compito speciale nella sto-ria umana, e lo eseguiva senza piú contrasti con la corona. Gu-glielmo era il primo re al quale poter essere fedele. Ma l’au-tentico dominatore delle colonie era Increase. Controllava ilgoverno e dettava legge nel campo della cultura come rettoredi Harvard. Mai un ecclesiastico aveva avuto un potere comeil suo nella Nuova Inghilterra. Quasi dava vita a una teocra-zia. Non a caso poteva esultare: «Altre colonie furono stabili-te per interessi mondani, ma la Nuova Inghilterra fu fondataper interesse puramente religioso».

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rivoluzione gloriosa. Dopo i Tudor gallesi, gli Stuart scozzesi,gli inglesi si sceglievano un’altra dinastia straniera, quella de-gli Orange. Increase ne è felice. La provvidenza ha consegna-to lo scettro a un re protestante.

A Boston la notizia arriva nel marzo 1689. Il 18 aprile, fo-mentati da Cotton Mather e altri religiosi, i bostoniani pren-dono le armi contro gli uomini del vecchio re, Andros e Ran-dolph, «figli del diavolo». Li ficcano in prigione e li rispedi-scono in Inghilterra. Anche Boston aveva la sua mini rivolu-zione. Un atto patriottico. Ma senza isterie, mercanti ed eccle-siastici riprendono il controllo, mentre si disintegra il partitodei moderati, ai quali non importava nulla del re, volevano so-lo mano libera. Da furbi, Fitz e Wait voltano gabbana all’ulti-mo istante. Il giovane Dudley è troppo compromesso e per ilmomento non riesce a recuperare.

Viste le conseguenze, la rivoluzione gloriosa assume im-portanza piú per le colonie che per l’Inghilterra. Elimina il ru-de controllo di Londra, inculca nell’animo americano il con-cetto di rivoluzione e imprime nello spirito della Nuova In-ghilterra la determinazione a difendere le libertà per ragionireligiose e per ragioni politiche.

A Londra Increase Mather sfoggia tutte le sue arti persua-sive, si mostra remissivo, adula il nuovo re e ne conquista lafiducia. Lui che guardava con profonda avversione alla tolle-ranza religiosa, adesso giura che le chiese congregazionali so-no tolleranti e accettano battisti e quaccheri. Uno spudorato.Ma riesce nella sua impresa. Il sovrano gli rilascia una nuovaCarta. Le condizioni sono un po’ diverse rispetto alla vecchiapatente del 1630. Il re non vuole rinunciare al controllo sullecolonie. Concede la Carta, ma il governatore vuole nominarlolui, non saranno piú i coloni a eleggerlo. Da paradiso dei san-ti, il Massachusetts scade a possedimento del re. L’importanteperò è che i coloni abbiano un documento in grado di legitti-mare l’occupazione delle terre americane.

Increase si prepara a un ritorno trionfale dopo quattro an-ni. Il suo successo è completo quando riesce a far nominaregovernatore un uomo a lui devoto, William Phips, un purita-no nativo del Maine. Figlio di un armaiolo, non aveva fre-

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goneria. Katherine Harrison, una donna di Wethersfield, fumessa in prigione perché ritenuta strega. Durante la sua as-senza i vicini furono colti da un’ondata di isteria, uccisero isuoi cavalli, massacrarono il gregge e distrussero il raccolto.Quando tornò libera, la strapparono dalla casa e la uccisero abotte seppellendola nella neve.

La caccia alle streghe teneva uniti ecclesiastici e gentecomune nella lotta contro il diavolo e i suoi alleati. A volteera una buona scusa. Il clero se ne serviva per togliere dimezzo qualche soggetto scomodo. Bastava agitare lo spettrodi una congiura diabolica contro i santi per spegnere unavita umana.

Generalmente le streghe si annidavano fra la gente di umi-le condizione. Il 19 giugno 1656 toccò alla prima benestante,una vedova di Boston di nome Ann Hibbens finita col cappioal collo. Di solito le donne che non stavano al loro posto, ani-mate da spirito ribelle, destavano grandi sospetti. Quando sitrovarono davanti alla Hutchinson, Winthrop e gli altri capipuritani si convinsero che quella donna era posseduta da for-ze sataniche.

William Perkins, il maestro dei puritani americani, avevadetto che «se un uomo o una donna sono notoriamente indi-cati come streghe, già questo produce grande sospetto». Se-condo John Davenport, il dittatore di New Haven, «una per-sona con evidente umore scontento è un soggetto giusto sucui il diavolo lavora». Elizabeth Godman corrispondeva inpieno a questa descrizione. Fu accusata di avere rapporti ses-suali col diavolo e, grazie ai suoi poteri, di danneggiare perso-ne, mucche, galline e di impedire il coagulo del burro e la fer-mentazione della birra.

Il diavolo all’opera

A Salem la storia cominciò negli ultimi giorni dell’anno1691. La figlia del reverendo Samuel Parris, Betty di 9 anni,e la nipote Abigail, di 11, si comportavano in modo strano,

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Caccia alle streghe

Non poteva esserci momento peggiore per l’arrivo di In-crease e Phips. Uno strano clima di paura aveva reso gli animieccitati e «il paese era in una triste condizione». Da qualchemese era scoppiata a Salem la caccia alle streghe e le prigionierano già affollate.

Secondo le credenze dell’epoca il mondo era avvolto inuna rete di poteri magici invisibili che tramavano contro gliuomini. Satana era sempre all’opera e gli agenti di cui mag-giormente si serviva erano le streghe, capaci di compiere ma-lefici, produrre sventure e malattie. Fra il 1647 e il 1663 nel-la Nuova Inghilterra divampò il terrore delle streghe. Un’ot-tantina di persone furono accusate, soprattutto ad Hartford,come agenti del diavolo. Quindici furono giudicate colpevo-li e impiccate.

Nel territorio della Baia la prima giustiziata fu, nel 1648,un’ostetrica di nome Margaret Jones, che colpiva col suo «toc-co maligno». Tre anni dopo Mary Parsons fu accusata di «es-sere sedotta dal diavolo» e di «aver fatto un patto con lui».Finí a penzolare dalla forca. Siccome si pensava che la strego-neria era trasmessa, anche il marito Hugh Parsons fu accusatodai vicini di aver procurato loro molti danni. Invidie e gelosiepotevano rovinare chiunque. Bastava che un vicino denun-ciasse di aver subito malefici e comportamenti avversi per con-durre una sventurata davanti a una corte con l’accusa di stre-

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necticut, dove si scoprí un alto numero di streghe. Con gran-de sorpresa cadde nella rete anche George Burroghs, che erastato pastore della chiesa di Salem e ora veniva visto come «ilcaporione di tutto».

Il governatore Phips era un credulone. E i suoi due mag-giori consiglieri, Increase e il figlio Cotton Mather, lo confor-tavano nel fatto che la stregoneria era un segno della colleradivina. Il Signore lasciava campo libero al demonio per puni-re i misfatti dei suoi figli prediletti. Il governatore nominò untribunale presieduto da un super credulone, William Stough-ton, lo affiancava anche Wait Winthrop. I processi comincia-rono il 2 giugno 1692. La gente impazzita rievocava criminidel passato, cose andate male di cui adesso veniva attribuivala colpa ai malefici delle streghe. Siccome i giudici promiseroclemenza a chi confessava, decine di persone ammisero di averfatto ricorso a pratiche di stregoneria.

Ma Bridget Bishop negò tutto e fu subito condannata amorte. Un mese dopo stessa sorte per altre cinque donne. Leesecuzioni creavano imbarazzo ai capi puritani. Soprattuttoperché finivano impiccate persone altolocate la cui «vita santatestimoniava in loro favore», si rammaricò in seguito il mini-stro John Hale, il quale aveva visto accusare perfino sua mo-glie Sarah.

A settembre quattordici donne e cinque uomini compresoil ministro George Burroghs erano stati impiccati. Morto an-che Giles Corey, schiacciato sotto una lastra di pietra con laquale lo premevano per farlo confessare. Venti vittime. Uncentinaio aspettavano il processo in prigione, altri duecentoaccusati a piede libero. Fra loro, una delle persone piú ricchedel Massachusetts che portava un nome divenuto famoso inaltri tempi, Margaret Thatcher. Per salvarsi, cinquanta confes-sarono di essere streghe e fecero altri nomi. Le accuse rag-giunsero il massimo livello quando coinvolsero il reverendoSamuel Willard, della South church di Boston, e addiritturalady Mary Phips, la moglie del governatore. A questo punto ilgovernatore decise di sospendere i processi perché «il demo-nio ha messo il suo marchio su molte persone che in realtàerano chiaramente innocenti».

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gridavano e si rotolavano per terra. Erano rimaste impres-sionate dai racconti di Tituba, una schiava negra originariadei Caraibi che intratteneva le bambine con storie woodoo.Circolò subito la voce che quelle ragazze erano possedutedal demonio. Il medico William Griggs non aveva dubbi,erano «sotto la mano del diavolo». Chi le aveva stregate? Afebbraio 1692 l’attenzione si concentrò su Tituba, la schiava,e due donne di dubbia reputazione, Sarah Good e SarahOsborne.

Le mandarono in prigione a Boston. Quando le interro-garono, alla domanda: «Hai fatto un patto col diavolo?», laOsborne negò. «Con quale spirito maligno te la fai?», chie-sero a Sarah Good. «Nessuno». «Non hai fatto un contrattocol diavolo?». «No». Ma Tituba, smarrita e terrorizzata, ri-spose di sí a tutte le domande. Sí, aveva fatto un patto coldiavolo. Sí, andava a incontri con lui. Sí, altre persone eranostreghe come lei. Non c’erano dubbi: il diavolo era all’operasulle coste del Massachusetts. «Sta cercando di nuovo di ag-gredirci», temeva Urian Oakes. La conferma venne da unaragazzina di 13 anni, Ann Putnam, la quale sussurrò il nomedi Martha Corey, una benestante. Martha era una donna dicarattere, quando si sentí accusare di stregoneria, scoppiò aridere: «Io? Ma predico il Vangelo. E non sono neppure si-cura che vi siano veramente streghe nella Nuova Inghilter-ra». Il suo atteggiamento sfrontato convinse gli accusatoriche era certamente una strega. La arrestarono a marzo. Or-mai una comunità in pieno subbuglio vedeva streghe dap-pertutto. Mandarono in prigione la figlia di Sarah Good,Dorcas, di soli 4 anni, poi toccò all’anziana Rebecca Nurse,di 71 anni, e a Elizabeth Proctor, entrambe di buona fami-glia. John Proctor, marito di Elizabeth, disse che erano tuttiimpazziti e urlò di rimandargli a casa la moglie. Arrestaronoanche lui.

Si era creata una situazione mostruosa per cui tutti eranosospetti. Le prigioni continuarono ad accogliere «amici deldiavolo». Il numero degli accusati salí a oltre duecento. Il con-tagio si estese ai villaggi vicini. Arrivò fino a Fairfield, nel Con-

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Eppure non osa infierire. Una solidarietà di classe lo frena,la rispettabilità dei signori non dev’essere intaccata. Potreb-be diventare un eroe, invece sta zitto, si consegna alla storiacome un ipocrita. L’unica cosa che riesce a fare è offrire aigiudici una giustificazione per chiudere i processi. Scrive Ca-si di Coscienza. Attenzione, dice, anche chi si professa stregapuò in realtà essere innocente. Il diavolo è capace di tutto ese vuole distruggere una persona onesta la trasforma in «bu-giarda demoniaca», la costringe a parlare con la bocca del«padre di tutte le menzogne». Le parole gliele mette in boc-ca lui, il diavolo. Allora la stregoneria, come tutti gli altri cri-mini, va condannata solo con prove certe. Nessuno può pren-dere le confessioni per «togliere la vita a chiunque». Se gliaccusati non sono piú credibili, non c’è ragione di continua-re i processi.

Il paese delle streghe

Ho passato qualche giorno a Salem, nel villaggio dove abi-tavano le streghe. Un posto delizioso che ha trasformato quel-la tragedia in un affare. Negozi pieni di streghe, magliette conla strega sul petto, locali che promettono viaggi nel mondodell’occulto, veggenti, maghi e fattucchiere. La nuova Salemci ride sopra e i turisti vanno a cercarvi emozioni. Ti accogliela statua di una vecchia imbacuccata, con una scopa in mano.La strega, appunto. Di fronte spicca il museo, dove una guidafa piombare i visitatori nell’oscurità per raccontare l’impres-sionante storia con l’aiuto di un fascio di luce che illumina unadopo l’altra le statue dei personaggi coinvolti. Poco piú in là ilBurying point, il luogo in cui riposano le vittime, sotto massic-ce lastre di pietra. Su ogni lastrone c’è il nome e la data del-l’impiccagione. Alcuni sepolcri recano incise le ultime paroledegli sventurati: «Dio aiutami»; «Dio sa che sono innocente»;«Metto la mia vita nelle vostre mani».

Responsabili sono il debole e ignorante governatore Phips,i «magistrati impiccatori», l’invasato e ottuso giudice Stough-

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La difesa dei giudici

Cotton Mather era un esperto di stregoneria. Quattro anniprima, nel 1688, a Boston i figli della signora Goodwin, mo-glie di un muratore, si ammalarono. Venne data la colpa aMary Glover, una vedova cattolica, presa per strega. Con lesue arti diaboliche aveva colpito i ragazzini, strofinando undito umido di saliva sui loro giocattoli. Fu trascinata al pati-bolo e impiccata. Cotton Mather si prese in casa una delle ra-gazzine vittime della strega, Martha, di 13 anni. Ne studiò ilcomportamento e proclamò che era senz’altro indemoniata.Fece però distinzione fra possessioni sataniche e malattie na-turali. Escogitò un rimedio che corrisponde al trattamentodell’isteria. Una trovata geniale per quell’epoca. Ma durante ilprocesso di Salem dimenticò quello che aveva capito in prece-denza e giustificò il massacro. Avvenne in un clima di tempe-sta. La gente non ne poteva piú e rumoreggiava. Phips e i giu-dici si sentivano sotto accusa per quel macello. Chiesero a Cot-ton un intervento a loro difesa. E lui scrisse il famigerato Thewonders of the invisible world, per fornire le «molte prove»dei malefici delle streghe.

Parte dalla solita tesi che la Nuova Inghilterra è scelta daDio per i suoi eletti. «Gli abitanti della Nuova Inghilterra so-no un popolo di Dio stabilitosi nei territori che una volta ap-partenevano al diavolo». Ma il diavolo, molto seccato, cercadi scacciarli e distruggere «la vigna del Signore». Colpa deisanti che hanno deragliato. Non rispettano il sabato, sonoubriaconi, si abbandonano ai piaceri della carne, elenca tuttauna batteria di peccati per i quali il Signore li tormenta. Piú liama e piú li affligge per ricondurli sulla retta via. Ora è avve-nuto qualcosa di straordinario, Dio ha permesso ai diavoli diinvadere la colonia con legioni di streghe. E le autorità civilihanno il dovere di insorgere contro questo assalto senza pre-cedenti di Satana. «Il potere dei diavoli turbina nell’aria e cer-ca di colpirci».

Ma il padre di Cotton, Increase, si è reso conto che i giu-dici sono responsabili di orrori, hanno assassinato innocenti.

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rietà. Non sanno piú come placare l’ira del Signore. I costu-mi non migliorano, la religione non scalda piú i cuori comeun tempo. Allora si invoca la durezza dei magistrati per sco-vare e punire i peccatori che recano offesa a Dio. E i profetidi sventura alzano i toni: «La maledizione è vicina, non pas-serà molto tempo e voi sarete gettati nel fuoco che deve estir-pare le erbe cattive».

I Mather non ebbero parte diretta nella caccia alle stre-ghe, ma spesero i loro nomi. Cotton giustificò i giudici e que-sto gli ha causato disonore perenne. Visse col terrore dellapunizione di Dio «per aver agito con troppa debolezza perfermare i processi». La gente cercò di dimenticare. Ma qual-cuno si portò un peso sulla coscienza. Dodici anni dopo Mi-chael Wigglesworth confidava a Increase: «Ho paura che Dioè adirato con noi per quello che è successo al tempo dellestreghe, ho paura che è scorso sangue innocente». Un giudi-ce del processo, Samuel Sewall, vinto dal rimorso, nel 1696 siautomortificò con un giorno di digiuno e penitenza. Da allo-ra ogni anno fino alla morte dedicò un giorno al digiuno e al-la preghiera per espiare le sue colpe. Sewall era persona dianimo gentile, fu il primo a condannare il commercio deglischiavi, «non c’è proporzione tra venti scudi e la libertà». Sisforzò di impedire che «indiani e negri venissero tenuti inconto di cavalli o maiali, ma non sono riuscito a far prevalereil mio punto di vista». Fu uno storico spagnolo, Juan Ginésde Sepúlveda, ad accreditare l’idea che la schiavitú era legit-tima. Per giustificare un’infamia si ricorre all’autorevolezzadi qualche santone. Lui si basò sulla teoria di Aristotele della«schiavitú naturale», secondo cui uomini di costumi barbarisono considerati schiavi per natura.

Col tempo i puritani smisero di credere che il loro destinodipendeva dai malefici delle streghe. Dieci anni dopo il mer-cante Robert Calef disse di aver consultato a lungo la Bibbiasenza trovarvi alcun cenno a un patto fra il diavolo e le stre-ghe. Anche il patto di Dio con l’uomo gli sembrava una purainvenzione. Le colonne del puritanesimo cominciavano a scric-chiolare.

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ton. Per colpa loro il massacro di Salem ha gettato infamiaperpetua sui puritani. Scrittori e registi cinematografici hannofatto il resto. Nathaniel Hawthorne, che pure subiva il fascinodella mentalità puritana, ha tracciato un quadro orrendo conLa lettera scarlatta. Nel 1953 Arthur Miller pubblicò il suo ca-polavoro, The Crucible, il crogiuolo, centrato sulle streghe diSalem. Erano gli anni in cui il senatore Joe McCarthy dava lacaccia ai comunisti e venne comodo paragonare il suo attivi-smo al panico e all’isteria dell’epoca delle streghe.

Tutto giusto. Salem fu una barbarie. Ma nella civile Euro-pa avveniva di peggio. La stregoneria era accettata come unfatto scientifico. E questo comportò migliaia di uccisioni nelCinquecento e Seicento. In Inghilterra in soli due anni, fra il1645 e il 1647, centinaia di persone penzolarono impiccatecome streghe. Chi si imbatteva in Matthew Hopkins, caccia-tore ufficiale di streghe, tremava dal terrore solo a vederlo.In Francia, in Spagna, in Scandinavia era un rogo continuo.In Germania i luterani si liberavano degli avversari mandan-doli a morire con l’etichetta di streghe. In Italia i cattolicibruciavano eretici. Nella sola Scozia nell’arco di una settanti-na d’anni, dal 1590 al 1662, circa 1500 sventurati venneromessi a morte per stregoneria. La maggior parte donne. Lapaura delle donne ha spesso creato mostri. Una donna ribel-le, che non capitolava davanti all’uomo, diveniva subito so-spetta di appartenere al demonio. La donna è fatta per l’uo-mo, proclamava il poeta John Milton: «Lui solo per Dio, leiper Dio attraverso lui».

Il rigore puritano ha forgiato animi equilibrati che frena-no le eccitazioni isteriche. A Salem la situazione degeneraperché da troppo tempo le cose vanno male. La guerra di reFilippo, l’umiliazione del governatore Andros, in coincidenzacon incendi, il passaggio distruttivo di inondazioni, raccoltiperduti, epidemie, carestie e gli indiani che continuano a es-sere una spina nel fianco. Coloro che credono fermamente diessere protetti da Dio sono sconvolti, non capiscono perchésono stati abbandonati. Vedono nemici dappertutto, reali eimmaginari. Vivono in una condizione di incertezza e preca-

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Una nazione predestinata

Cotton Mather è il piú bizzarro personaggio della saga pu-ritana. Nessuno nel Massachusetts può vantare la sua cultura,divora libri di storia e di religione. Ma vive tra gli incubi, os-sessionato dall’idea che forze maligne complottano contro gliuomini. Vede ovunque diavoli pronti a «scagliarci nelle tene-bre». Mortifica il suo corpo con lunghi digiuni cercando cosídi creare le condizioni fisiche per entrare in contatto con gliangeli. Prende tutto con assoluta serietà. Una volta, mentre fala pipí contro un muro, vede arrivare un cane che usa lo stes-so muro come latrina. Lo interpreta come un segno nefasto.Ne deduce che la sua morte è vicina. Sarebbe semplice liqui-dare Cotton come vittima di allucinazioni, un caso patologico.Ma è anche un grande idealista. Con zelo frenetico progettaaiuti per i marinai, per i «poveri negri», distribuisce elemosi-ne, avvia iniziative per rendere la società migliore, e «per ilvantaggio e l’onore del sesso femminile». Manda soldi ai pro-testanti perseguitati in Europa. È l’ultimo dei puritani. «Unpuritano primitivo in una Boston che stava diventandoyankee».

Non riesce ad accettare una società che mette in cima aipropri interessi commerci e ricchezze e solo al terzo posto lareligione. Afflitto da questo pensiero, lo scaccia via dedicandolunghe ore a un’attività prodigiosa che gli permette di scrivereben quattrocento libri. Alcuni contengono autentiche stram-

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Il 1692 non fu solo l’anno delle streghe. Si compivano due-cento anni dal memorabile viaggio di Colombo. CottonMather lo celebrò mettendolo in relazione con un’altra traver-sata oceanica, quella degli emigranti diretti alla Baia del Mas-sachusetts, «verso le solitudini di un deserto americano». Co-me se i due eventi facessero parte di un grande disegno dellaprovvidenza. Una nuova chance offerta a tutta l’umanità difuggire dalla corruzione e rinascere.

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re, e lei decise di restare con gli indiani. Come poteva Dio per-mettere di farla prendere prigioniera e convincerla che erapreferibile la vita coi pagani selvaggi?

Il puritanesimo fu assorbito dalla coscienza nazionale co-me il sogno di un mondo ideale fatto di conquiste continue,di progresso. Noi siamo, diceva Cotton Mather, «un popoloche ha Dio in mezzo a sé». E Dio, aggiunse quasi due secolidopo Walt Whitman «guida questa nazione verso destini im-periali». Addirittura Herman Melville la vedeva «predestinatadal tempo della creazione». Ma la grandezza, la gloria, avver-tiva Cotton Mather, splenderà tra mille ostacoli, cercherannodi offuscarla «tutte le legioni dell’inferno in un tentativo rab-bioso ma infruttuoso». La lotta del bene contro il male dell’A-merica di oggi è un’eredità puritana. Quasi tutti i personaggiche hanno fatto la storia dell’America sono ricorsi a immaginibibliche.

Quando Jefferson definí i padri fondatori «un’assembleadi semidei», aveva sicuramente assimilato la propaganda diCotton Mather. Il nevrotico teologo inculcò negli americani lacertezza di essere superiori a tutti e di avere diritto a mostrareagli altri la luce. In America vive la stirpe prediletta destinataa sterminare «tutti i diavoli». Consegnò alla nazione gli idealipuritani. Ma quegli ideali stavano cambiando, diventavanoideali borghesi. Il punto di partenza era sempre lo stesso: ilpopolo eletto al quale Dio concedeva ricchezze non piú spiri-tuali ma materiali. Il regno dei cieli veniva a coincidere con lavita terrena. Fede religiosa e patriottismo si fondevano. Alcu-ne profezie della Sacra scrittura, proclamò in un sermone Wil-liam Adams, «si sono già gloriosamente compiute». La mesti-zia della geremiade stava lasciando spazio allo spirito di fidu-cia nell’avvenire.

Naturalmente i santi non erano piú quelli di una volta. LaCorte generale si affannava a emanare leggi sempre piú severecontro le bestemmie, l’ubriachezza, gli scandalosi comporta-menti sessuali. Ma l’aspetto piú grave era la perdita della fede.I nipoti dei grandi fondatori leggevano le storie sacre e ne ri-devano. Contro di essi furono messe in vigore leggi severe,ogni libro delle Scritture offeso comportava una pena diversa.

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berie, come quello intitolato Brontologia Sacra, una storia dituoni verificatisi in circostanze particolari. Lui li spaccia persegnali lanciati dai cieli. Cataloga «avvenimenti memorabili estupefacenti giudizi e grazie capitati a molte persone fra lagente della Nuova Inghilterra». Compie uno sforzo immaneper ravvivare nei cuori l’orgoglio di vivere in quella terra be-nedetta. Seguendo l’esempio del padre, vuole dimostrare coifatti che Dio è con loro. Colleziona centinaia di speciali prov-videnze accadute. Ne ricava le Magnalia Christi Americana, lemeraviglie operate da Cristo in America, un’opera sterminata,di stile barocco, quasi piú noiosa del Capitale di Marx.

Piú di ogni altro scritto, questo volumone, pubblicato nel1702, segna la definitiva consacrazione della Nuova Inghilter-ra come nazione scelta da Dio per il suo popolo eletto. CottonMather racconta «i prodigi della religione cristiana, dal tempoin cui fuggí dalle depravazioni dell’Europa alle rive america-ne». Crea il mito della fondazione come Virgilio aveva cele-brato la nascita di Roma con l’Eneide. La sua penna, vibrantedi passione, trasforma gli emigranti negli eroi biblici «del no-stro Israele inglese». Esalta «la grandezza dei padri morti».Eroi virtuosi. Degni di stare accanto a giganti come Lutero eCalvino e ai profeti dell’antico Israele. La storia umana è soloil riflesso della storia religiosa. Il protagonista è sempre Dio,supremo regolatore di tutto ciò che accade nell’universo. Rac-contare i fatti significa, per Cotton Mather, descrivere l’atti-vità dell’Onnipotente. Lo storico, diceva Urian Oakes, è Lord’srecorder, il registratore di Dio.

Cotton Mather fu il primo a usare il termine american rife-rito ai coloni. E diede un senso pratico alla missione dell’A-merica, che era quello di conquistare e convertire. Con questoscopo i coloni cercarono di invadere il Canada per strapparloai cattolici francesi. I predicatori ne fecero una vera crociata,incitavano i soldati assicurandoli che stavano compiendo lavolontà di Dio. Se tutta la Nuova Inghilterra pregava, secon-do Cotton Mather, «i diavoli francesi» sarebbero scappati via.Ma il caso di una ragazza creò molti dubbi. Eunice, figlia delreverendo John Williams, fu presa prigioniera dagli indiani.Dopo mesi le venne concesso di scegliere, andarsene o resta-

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Cadono le restrizioni, si concede il battesimo a chiunque, chisiano i genitori non importa. Anche la grazia non è piú un pri-vilegio di pochi. Si fa strada l’idea che Dio possa offrirla achiunque tenga un buon comportamento. Il passo successivosarà quello di credere che la grazia si identifica con la buonasorte e la prosperità.

Allibiti i pastori vedono crescere l’indifferenza morale eurlano contro la bramosia, il peccato che minaccia la NuovaInghilterra. Provano a farsi sentire suscitando terrore. Fannobalenare le fiamme dell’inferno. Calcolano perfino il tempoterrificante da passare in mezzo ai piú atroci tormenti. «Siamovicini alle ultime ore di questo mondo malvagio», strepita Cot-ton Mather in tono un po’ patetico. Ma ormai pochi ascolta-no. Il benessere non genera fervore spirituale.

Boston, l’opulenta

Alla fine del secolo, settant’anni dopo la fondazione, Bo-ston era una città opulenta. Forse la piú elegante del mondo,con «42 strade, 36 viali e 22 viottoli», con le sue «3 mila case,mille di mattoni, le altre di legno», undici chiese, il piú lungoporto del mondo, fatta di splendide abitazioni arredate conmobili pregevoli. Una città animata da balli, feste, dove le si-gnore sfoggiavano fruscianti vestiti di seta, «vari abiti da para-ta e gioielli», e sulle strade correvano lucenti carrozze. Persi-no i funerali si svolgevano con sfarzo sbalorditivo. Un quadrodipinto intorno al 1674 è diventato il simbolo della ricchezzadi Boston. Rappresenta la signora Elizabeth Freake che reggein braccio la sua piccola figlia Mary. La donna sfoggia brac-ciali, indossa vestiti pregiati, con ricami e nastrini di velluto.Anche la bimba è addobbata con una ricercatezza sorpren-dente, e sullo sfondo campeggiano lussuosi mobili e pesantitendaggi. Chi arrivava dall’Europa rimaneva a «bocca apertaa guardare strabiliati lo splendore della Nuova Inghilterra».

La città sulla collina era diventata una lussuosa Babilonia,ma aveva perso l’innocenza. Una volta si viveva con le porteaperte, adesso tutti le sprangavano perché la città brulicava di

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Nel 1695 il governatore Phips morí e il 14 giugno il re losostituí con Richard Coote, conte di Bellomont. Fu il primo diuna serie di despoti che esasperarono i coloni e crearono unclima di ostilità verso Londra. Bellomont si rivelò un briganteimpegnato in loschi traffici col pirata William Kidd. Mise defi-nitivamente fine alla guida puritana della colonia. I Mather,padre e figlio, si mantennero a galla ancora per qualche annosposando la linea della tolleranza religiosa. Benvenuti gli an-glicani, porte aperte ai battisti. Restavano intolleranti nell’ani-mo, ma per salvarsi non potevano piú proclamarlo. La tolle-ranza era il prezzo da pagare per sopravvivere. Ma seppure ac-cettata a malincuore, rivelò in seguito i suoi lati positivi: se-gnava l’alba delle libertà civili, sancí quella che Walt Whitmandefinisce «la sconfinata intolleranza per le limitazioni».

I due teologi, però, non godevano piú di grande prestigio.Si levò contro di loro la voce del partito dei moderati, un tem-po capeggiato da Leverett e adesso da Elisha Cooke. Eranomembri della First church irritati nei confronti di Increase.Lo accusavano di aver venduto la colonia quando aveva la-sciato al re la facoltà di scegliere il governatore. Pretendevanouna virtuale indipendenza come quando era in vigore la vec-chia Carta. L’indipendenza non gli interessava piú per essereliberi di professare un culto religioso, ma per fare i propri co-modi negli affari.

Cooke faceva parte di quella che nell’antica Roma era chia-mata gens nova, una categoria di persone che aveva acquistatorinomanza con proprietà e commerci. Possedeva tutti i mulinidi Boston e accumulava cariche istituzionali. Fece approvareuna norma che limitava il diritto di voto a chi pagava, in virtúdelle sue proprietà, almeno 20 sterline di tasse. Siccome luiera commissario delle tasse, stabiliva chi poteva votare. FraCooke e i Mather divampò uno scontro che mise a rumorel’intera città. I due teologi dipinsero il riccone come uomo dis-soluto, privo di spirito patriottico, nemico del bene comune ecausa di punizioni divine sulla popolazione.

Attorno a Cooke si raccoglieva gente che badava al sodo.Miravano a controllare gli incarichi pubblici per fare i propriinteressi. E in campo religioso esigevano regole meno rigide.

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nistro ogni 415 abitanti. Ora molti giovani, si rammarica In-crease Mather, «abbandonano la professione, capiscono di po-tersi procurare una vita migliore per altre strade».

Se Cooke sfidava i Mather sul piano politico. Contro di es-si si levò un avversario potente anche in campo religioso. So-lomon Stoddard, pastore di Northampton, ha sposato Esther,vedova di un fratello di Increase. Altissimo, erudito e dall’a-spetto ieratico, incute autentico terrore. «Per dono di naturaprocede come un re sulla terra». Predica con voce tonanteusando frasi semplici e chiare e guardando i fedeli fisso negliocchi. Ogni sua parola è presa come oro colato. È cosí autore-vole che lo chiamano «Stoddard il papa». Gli indiani lo cre-dono addirittura un dio. Forgia uomini rudi, durante la guer-ra di re Filippo li spingeva ad addestrare cani da scagliare con-tro gli indiani.

Dalla lontana valle del Connecticut quest’uomo austero,moralista intollerante fa sentire la voce della provincia. E lan-cia la piú grande sfida alla tradizione puritana. Si erge a cen-sore di Boston, dove trionfa un «lusso vergognoso nel vestiree nel pettinarsi, e si tollerano tante taverne». Biasima «quellacittà piena di gente priva di una fede solida». Non gli piaccio-no nemmeno i teologi che imperano a Boston. Butta all’aria leloro teorie. Non chiede piú la prova della santificazione perstabilire chi è degno di essere ammesso nella chiesa. Nessuno,sentenzia, può affermare con certezza di essere santo. Sonoprivi di senso quegli esami angosciosi che stavano portando lacolonia sull’orlo della follia. Ognuno può essere baciato dallagrazia. Il dittatore di Northampton estende la comunione atutte le «persone di sicura fede religiosa e di santa condotta».Nessuno è piú escluso dalle chiese. Quelli che erano tenutifuori si sentono rianimati, di colpo nei loro cuori entra la spe-ranza di una vita piacevole e la salvezza dopo la morte.

Il bostoniano Increase vuole fermare il tempo, al provin-ciale Stoddard sembra sbagliato «essere troppo ostinatamenteattaccati alle vecchie tradizioni». I Mather invocano l’autoritàdei «nostri padri», Stoddard rispetta, ma dice che «senza al-cuna intenzione di disprezzo, possiamo mutare certi procedi-menti dei nostri padri». La sua chiesa si riempie di gente gioio-

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lestofanti. Nel 1711, approfittando della confusione di un in-cendio, i saccheggiatori svaligiarono numerose abitazioni. Ilporto pullulava di donnine che consumavano le scarpe «nelpiú frenetico e illecito servizio», di marinai dissoluti, cosí ilmare, «questo magnifico elemento della creazione, si rivelacorruttore», lamentava Cotton Mather. «Oh, perversa Bo-ston», si doleva Increase. Il figlio la vedeva come una «città dicui Satana si è totalmente impadronito».

I ricconi però erano pochi. Avevano accumulato beni gra-zie alla loro alleanza con il clero, attraverso il quale esercitava-no un controllo totale sulla gente comune. Stavano poi attentia combinare matrimoni solo tra famiglie benestanti. Era nataun’oligarchia del danaro. Mentre il numero dei bisognosi au-mentava. Agli albori della colonia, John Winthrop aveva rac-comandato ai poveri di rassegnarsi al loro duro destino, per-ché è stabilito dall’alto che «in ogni epoca qualcuno dev’esse-re ricco, altri poveri, qualcuno elevato ed eminente in poteree dignità, altri miserabili e in soggezione». Ma le regole delvecchio Winthrop non reggevano davanti allo stimolo possen-te della fame. Cosí ogni tanto scoppiavano rivolte di disperatiche davano l’assalto ai magazzini. Una volta bruciarono la re-sidenza del ricco mercante Andrew Belcher, che invece di ven-dere i suoi cereali a Boston li esportava nei Caraibi per lucra-re di piú.

Una grande sfida

I pastori avevano contribuito a far prosperare i mercanti,ma adesso il loro contributo non era piú indispensabile e ave-vano perduto la condizione di classe privilegiata. «Contro diessi è sorto uno spirito di ostilità del popolo». Come avevadetto John Cotton: «Nulla si paga a buon mercato nella Nuo-va Inghilterra, tranne il latte e i predicatori». John Pike, il mi-nistro di Dover, nel New Hampshire, si vide negare il salariodalla sua congregazione perché «i religiosi quaccheri predica-no gratis, non c’è bisogno di affittare un ministro che ci tassaper farsi mantenere». Nel 1650 nel Massachusetts c’era un mi-

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1707, nonostante la strenua opposizione dei Mather, un loronemico, John Leverett junior, diventa il primo rettore non ec-clesiastico di Harvard.

Le idee di Stoddard fecero breccia anche a Boston dove gliamici di Cooke diedero vita alla quarta chiesa, la Brattle StreetChurch. I fondatori erano giovani. Thomas Brattle, appenaoltre i 40 anni, era il piú anziano. Gente con interessi e men-talità nuovi. Thomas fece osservazioni dell’orbita ellittica diuna cometa e Isaac Newton si serví delle sue ricerche per for-mulare la teoria gravitazionale. Del gruppo facevano parteWilliam, fratello di Thomas, poi John Leverett, figlio dell’exgovernatore, e Simon Bradstreet, nipote di uno dei fondatoridella colonia. Scelsero come ministro della chiesa un flebileBenjamin Colman, il quale non aveva la solita cupezza purita-na e diceva che si può essere buoni cristiani anche «godendomomenti di allegria e avendo un abituale buonumore». È unarivolta contro il passato. Concedono il battesimo a tutti i neo-nati. Aboliscono le dimostrazioni pubbliche di fede. Sono ric-coni, soddisfatti di sé, con una solida reputazione, e non han-no piacere a sottomettersi al rito umiliante di denunciare pub-blicamente i loro peccati. Non c’è piú distinzione fra santi ereprobi. Tutti possono liberamente far parte della BrattleStreet Church, che costituisce il primo barlume di democraziain America. Nella chiesa compare perfino un organo. Il primointrodotto nelle colonie. Sappiamo che i puritani detestavanoessere distratti da suoni durante i riti religiosi, è una vera rivo-luzione, come quando da noi negli anni Sessanta del Nove-cento sono entrate nelle chiese chitarre e batterie. CottonMather vede «Satana preparare un terribile sconvolgimento».

Ma la rivoluzione piú clamorosa della Brattle Street è nelladefinizione di chiesa. Una chiesa non è piú la comunità deisanti che hanno stretto un patto col Signore. È una semplicecreazione umana. Come dice Stoddard, «non c’è una sillabanella Parola di Dio che lasci supporre una cosa simile». Cioèche la chiesa sia frutto di un patto divino.

Sullo sfondo religioso avviene il passaggio dallo spiritualeal terreno. Vi contribuisce John Wise, il bellicoso pastore cheaveva capeggiato a Ipswich la rivolta contro le tasse. Contadi-

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sa che ha ritrovato fiducia. A Boston i fedeli sono sempre me-no. Stoddard è un aristocratico. La sua idea di accogliere tuttinon è amore della democrazia. Lui disprezza il popolo. Vuolesotto di sé tutto il gregge per controllarlo e dominarlo. Vedela religione come legame sociale e una forma di livellamento.Tutti uguali. A lui basta che la gente mantenga un comporta-mento corretto. Non vuole sapere cosa c’è nel cuore di ognu-no. Tanto è impossibile verificare se nell’anima è avvenuta larigenerazione. C’è una cosa che lui ha capito. La saldatura frateologi e governanti si è spezzata. Al tempo di Winthrop il cle-ro indicava i peccatori e l’autorità pubblica li puniva. Ora ècominciata la separazione, Chiesa e Stato non vanno piú abraccetto. Questo scongiura la teocrazia. Il legane poteva sfo-ciare in tirannia, ne potevano spuntare fuori i talebani. Mauna volta consumato il distacco, per tenere legati i fedeli è ne-cessario aprire le porte a tutti.

Cotton Mather la ritiene una pratica buona «per la nuovagenerazione, materialista e scellerata». Lui e il padre dannobattaglia a colpi di libri contro la «degenerazione». Se tuttisono ammessi dove va a finire la distinzione fra la chiesa com-posta di santi e il resto della comunità? Stoddard risponde chela comunione estesa a tutti può diventare un mezzo di conver-sione dei peccatori. La Nuova Inghilterra è un ribollire di sot-tili teorie e di fazioni.

Rivolta

I Mather hanno in mano Boston, controllano da tiranni lastampa e impediscono la pubblicazione di opuscoli avversi.Ma stanno per essere travolti. L’agguerrito Elisha Cooke hagiurato vendetta nei confronti di Increase, e alla lunga lo rovi-na. Per raggiungere l’Harvard college di cui è rettore, coluiche i quaccheri chiamano «il collegiale della Nuova Inghilter-ra», va a cavallo da Boston a Cambridge. Cooke fa imporreper il rettore l’obbligo di residenza. E nel volgere di pochi an-ni riesce a ottenere la destituzione di Increase. I Mather per-dono il controllo del college che sforna i nuovi teologi. Nel

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La Bibbia e la scienza

Ciò che avvenne nel 1702 cambiò i rapporti tra le fazioni.Il re nominò governatore del Massachusetts Joseph Dudley.Tutti ricordavano come durante il dominio di sir Andros, egliaveva accettato di fare il suo vice schierandosi con gli inglesi eguadagnandosi l’appellativo di traditore. Discendente di Tho-mas Dudley, uno dei padri fondatori, aveva occhi stretti comefessure e portava una parruccona riccioluta che gli copriva lespalle.

La scelta di quest’uomo subdolo provocò delusione e scon-tento. Per tenersi a galla Dudley si appoggiò al clan dei Sewall,mercanti avversi a Cooke. Non riuscí però a evitare che la fi-gura del governatore fosse avvertita come estranea. Una sen-sazione vieppiú accresciuta con i suoi successori. La conse-guenza fu una profonda divisione politica. I leader della colo-nia si riconoscevano come il partito «degli interessi del pae-se», mentre il governatore e i suoi accoliti finirono per incar-nare il court party, il partito della corte. La nuova situazioneconsigliò di dimenticare vecchie inimicizie, i Mather e i Cooke,fieri avversari di un tempo, ora strinsero un patto contro ilrappresentante del re. Elisha Cooke junior si rivelò un uomoautorevole e Boston si schierò compatta dietro di lui quandosi scagliò contro il decreto reale sui pini. Londra pretendevaquel pregiato legno per destinarlo alla Royal Navy. Cooke civide una minaccia alla proprietà privata.

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no fra i contadini, bada al sodo. Dice che Dio mette in guar-dia dai beni terreni, «ma non ci chiede assolutamente di sacri-ficare il benessere delle nostre mogli e dei nostri figli». Un po-pulista, leva la sua voce a ricordare che nella terra promessa laprima preoccupazione degli agricoltori è guadagnarsi la pa-gnotta. Reclama non solo le libertà religiose ma anche quellepolitiche.

Wise esalta la differenza fra l’Europa, corrotta, depressa, el’America felice. Accende l’orgoglio di essere americani. E ri-vendica diritti pratici. Diritti di proprietà, di pesca e di arric-chimento. Wise, che significa saggio, non era caduto vittimadegli isterismi di Salem, aveva anche testimoniato a favore diun accusato. Quest’uomo ruvido anticipa alcuni principi fon-damentali di governo che faranno parte della Dichiarazioned’indipendenza.

Nelle sue prediche Benjamin Wadsworth, pastore della pri-ma chiesa, non si appella piú alla Bibbia. Questo ora ha menoimportanza del fatto che «siamo uomini, creature della stessaspecie». E perciò dovremmo tendere a vivere in pace e con-cordia. Anche Increase cerca di mettere pace. Ostenta i van-taggi di vivere sul sacro suolo americano, dove «chiunque puòsedersi sotto il suo pergolato e sotto il suo fico». Godersi laproprietà. Non c’è piú all’orizzonte la città ideale di Winth-rop. La religione si piega a mezzo per l’accumulo di beni. Irapporti fra le persone si basano sugli affari. Il chi è di un in-dividuo dipende da ciò che possiede. Il successo è il nuovo fa-ro. I mercanti prendono il sopravvento sul clero. La chiesanon è piú il mezzo di selezione sociale. Ma i laici mantengonovivo il suo insegnamento, cosí rimane valido «il patto solennefra Dio e questo popolo, Dio l’ha scelto come cosa sua ed es-so si è impegnato ad appartenere al suo Signore».

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gior parte si adegua, cerca di mantenere la sua influenza ap-provando il comportamento della nuova generazione. Il puri-tanesimo si trasforma in una risorsa che favorisce gli affari ebenedice l’accumulo di ricchezze. Il nuovo messaggio è: arric-chitevi, ma ricordatevi che «la pratica della religione è la giu-sta via alla prosperità». La religione, per restare viva, diventaancella del profitto. Il destino speciale della Nuova Inghilter-ra è salvo, invece di irradiare luce sul resto del mondo, si av-via a sbalordire tutti coi successi economici. Su queste basicrescerà il sentimento patriottico degli americani.

I beni terreni assumono un valore positivo. Il lavoro comestrumento per conseguirli viene santificato. Sgobbate e saretepremiati. L’impegno assiduo permette agli eletti di Dio di pro-sperare. Ai poveri non rimane che rassegnarsi, visto che il Si-gnore li ha puniti. Gli uomini non sono tutti uguali. Questo èun solido principio puritano. Alcuni sono privilegiati, «Dio hariempito le loro mani con piú abbondanza». I pastori forni-scono un alibi ai ricchi: voi siete i favoriti di Dio. Ma fannoappello alla loro coscienza per convincerli a distribuire unaparte della ricchezza in beneficenza. «Date l’esempio», esortaCotton Mather.

In generale, però, la fiducia nel clero stava crollando. Gliindiani continuavano a tormentare i coloni con scorrerie im-provvise prima di sparire nei boschi. Le calamità naturali nonsi erano attenuate. Tutti mali contro i quali digiuni e peniten-ze non funzionavano. La realtà cominciò ad apparire diversada come la raccontavano i predicatori. L’esperienza insegnavache le catastrofi e le comete nei cieli non erano segni inviatida Dio e non avevano nulla di maligno, erano solo fenomeninaturali. Di conseguenza l’uomo non era in balia di forze oc-culte, ma aveva la possibilità di decidere cosa fare della sua vi-ta. E ognuno, se lo voleva, poteva diventare una persona one-sta e virtuosa. Non era vero che l’uomo, corrotto dal peccatooriginale, era incapace di fare il bene.

La scienza stava dimostrando che le leggi della natura sonocomprensibili senza far ricorso alla Bibbia. John Cotton avevaconsigliato di non perdere tempo con queste investigazioniche non procurano vera gioia, suggeriva invece di cercare evi-

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Il 1714 segnò l’inizio di una nuova epoca. Il clan di ElishaCooke jr lanciò il progetto di una banca per finanziare nuoveimprese. Ma i pastori inorridirono, ottenere danaro facile com-portava il rischio di forti indebitamenti. Lanciarono appelli a«non scialacquare cose di cui non avete alcun bisogno», e de-nunciarono «quella follia in cui la gente, soprattutto dei cetipiú bassi, è caduta, andando troppo oltre le sue possibilità fi-nanziarie negli acquisti di case, servitú, lussi, ornamenti». Lateoria economica dei puritani era semplice, basata sul lavoro,la proprietà sacra e la frugalità, il risparmio. Ora bisogna fare iconti con la brutalità del mondo degli affari e la concorrenzaspietata, la Nuova Inghilterra diventa una terra di «uominipronti a prendersi per la gola l’un l’altro». Il patto teologico sitrasforma in patto commerciale. Gli interessi di Cooke e deisuoi accoliti non sono piú rivolti al sacro esperimento di Winth-rop. Badano alla riduzione delle tasse e al libero scambio dellemerci. Vogliono la felicità. Ma continuano a essere impregnatidi spirito puritano: dentro di sé sono convinti di avere succes-so per grazia di Dio. Si aspettano la ricompensa già sulla terraprima che nell’aldilà. Si sa che nell’Ottocento, soprattutto aopera di Max Weber, fu attribuita al protestantesimo l’originedel capitalismo. Una tesi oggi messa in discussione. Dice infat-ti lo storico britannico Richard H.Tawney che «lo spirito delcapitalismo è vecchio come la storia…Però in certi aspetti deltardo puritanesimo esso trovò un tonico che rinvigoriva le sueenergie e fortificava il suo già gagliardo temperamento».

Trasformazioni

Gli uomini d’affari non trascurano affatto la religione.Mantengono però un’osservanza formale. Farsi vedere in chie-sa serve a guadagnare rispetto. Stanno attenti al sermone, madentro, lamenta Cotton Mather, «non coltivano alcun senso didevozione. Simulano e mentono, barano e ingannano, e appe-na ne hanno l’occasione ne approfittano e derubano».

I pastori si rendono conto di essere a un bivio drammati-co, o si adattano alla nuova realtà o vengono travolti. La mag-

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della gente perbene durante le sue avventure sul Mississippi.Altre eredità puritane sono la lingua inglese, il forte indivi-dualismo, il concetto sacro della legge, la libertà di coscienza,tutto accettato e assimilato miracolosamente dagli immigratidi altre nazionalità. Gli arroganti capi della New England de-ploravano la libertà di coscienza come eresia e anarchia, ma altempo di Elisabetta erano stati i puritani i primi a invocarla. Ilcupo William Perkins diceva che la libertà di coscienza è datada Dio, non dal governo o dal re. Fa parte dell’uomo. «Dallalibertà cristiana», sostiene J.Howard Pew, «vengono tutte lealtre nostre libertà».

James Packer, docente di storia della teologia a Vancouver,in Canada, ha nostalgia dei puritani. Ne abbiamo bisogno, di-ce, «era gente sana, matura. Noi siamo spiritualmente nani.Loro erano dei giganti».

Ma per quanto ci riguarda il sentimento piú importante tra-smesso dai puritani all’America è la diffidenza verso l’Europa.Il puritanesimo è stato una rivolta contro l’Europa, la terra delpapismo, la malvagia cultrice di una religione sbagliata. Comeintuí lo scrittore D.H. Lawrence, l’America si prefiggeva diconquistare e distruggere l’Europa, non con le armi, ma con ilmodo di vivere e una nuova civiltà, perché «non si può avereuna cosa nuova senza romperne una vecchia».

Sventure

Gli anni che segnarono la fine del puritanesimo come reli-gione furono vissuti da Cotton Mather fra terribili sventurepersonali. Nel 1702 morí la moglie. Si risposò con ElizabethHubbard, ma anche lei si spense dopo pochi anni. Il buonCotton prese in casa una terza sposa, Lydia George, che gliprocurò altri dolori perché diventò pazza. Sfortunatissimo an-che coi figli. Ne ebbe quindici. Gliene morirono tredici. Solodue gli sopravvissero, ma uno era scapestrato e fu causa dimolte preoccupazioni. Eppure con incredibile vitalità si dedi-cava alla vita pubblica, sfornava un libro dopo l’altro, impara-va le lingue, coltivava l’interesse per la musica. Quando l’Har-

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denze della propria salvezza. Scrutare dentro di sé e non inda-gare il mondo esterno. Charles Chauncy aveva sentenziato che«tutto ciò da conoscere», fisica, politica, astronomia, era giànella Scrittura e l’uomo non poteva scoprire nulla di nuovo.Ma adesso la «nuova scienza» schiudeva una visione diversaed entusiasmante dell’universo. I predicatori cercarono di in-quadrare i progressi scientifici negli schemi della Bibbia. De-cisero che le scoperte erano utili, mostravano «molte piú cosedell’opera di Dio». In definitiva l’uomo di scienza serviva a ri-velare la grandiosità del Signore.

Il puritanesimo in crisi non muore, si trasforma. Il suo nonè un fallimento, è uno sviluppo, una fase nuova. Rimane vivonella mentalità di un popolo persuaso che Dio ha accompa-gnato i suoi antenati nella terra promessa e ancora marcia alsuo fianco. «Questa», proclamava Increase Mather, «è la terradel Signore». Se gli interessi si sono spostati verso i beni terre-ni, vuol dire che Dio approva e permette ai suoi figli predilet-ti di farsi un paradiso sulla terra. Nell’Ottocento Thomas G.Appleton, figlio di un ricco mercante bostoniano, descriven-do il lusso e l’opulenza dei suoi giorni dirà che era diversa «lasevera austerità dei nostri padri», e tuttavia, sotto la bucciadella prosperità rimane «ben vivo lo spirito della Nuova In-ghilterra».

Ancora oggi, dice il grande critico letterario Harold Bloom,«l’essenza dell’America è la fiducia che Dio la ami. La grandemaggioranza degli americani ne è perfettamente convinta. Vi-vere in un paese dove quasi tutta la popolazione mostri unasimile percezione è commovente. È un’intera società a esserecerta di rappresentare l’oggetto di un riguardo divino che, adetta della Bibbia, fu riservato solo a re David». Gli altri po-poli possono solo ammirare e subire l’influenza americana.«Dio», aveva detto John Cotton, «avendo stretto un patto connoi ci ha dato l’eredità del mondo».

I puritani hanno lasciato ai loro discendenti non solo lacertezza di vivere nella terra della provvidenza, ma anche sen-timenti come l’etica del lavoro, il sogno di una società ideale,il sospetto verso gli esterni, il forte senso morale. E l’ipocrisia.Huckleberry Finn, l’eroe di Mark Twain, scopre l’ipocrisia

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Il Grande Risveglio

Quando Cotton Mather morí nel 1728, Benjamin Franklinaveva 22 anni. La fine dell’uno e l’arrivo dell’altro è un passag-gio cruciale nella storia americana. Cotton incitava a preparar-si per l’altro mondo, Franklin preferiva destreggiarsi al meglioin questo. Due anni dopo cadde il primo centenario della Gran-de Migrazione. Celebrò la data il pastore Thomas Prince. Dis-se che i puritani si erano avventurati in quell’arduo viaggio in-seguendo la «libertà religiosa», non avevano nessuna mira eco-nomica. Parole intrise di amarezza che segnavano la fine diun’epoca. L’ardore dei padri era evaporato. La santità non èereditaria. Perfino la dottrina dei quaccheri, dopo le scalmaneiniziali, si stava rivelando un formidabile incentivo alla prospe-rità. La Pennsylvania era piena di quaccheri laboriosi e ricchi.

Fu allora che comparve sulla scena un giovane animato dastraordinario fervore. Jonathan Edwards era nel fiore della vi-ta. Quando nel 1729 suo nonno Solomon Stoddard, patriarcadi 85 anni, chiuse l’avventura terrena, lui aveva appena com-piuto i 26 anni. Massiccio, torreggiante, carismatico, fruttodello Yale college, ereditò la chiesa di Northampton. Da quelpulpito fece scoccare la scintilla che per vent’anni riaccese nelcuore degli americani una spiritualità straripante. Fu l’epocadel Great Awakening, del Grande Risveglio.

Con voce tonante e gesti teatrali, Edwards metteva i brivi-di addosso ai fedeli, li distoglieva dagli affari terreni e li spin-

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vard college finí nelle mani dei laici, lui pensò alla fondazionedi un nuovo college. Riuscí a realizzarlo a New Haven, graziealla donazione del ricco Elihu Yale, in onore del quale fu bat-tezzata la Yale University.

Abituato a indagare riga per riga la Bibbia, per scoprirvi lavolontà di Dio, aveva sviluppato una mentalità scientifica. In-vestigava il mistero, l’invisibile, qualunque cosa inspiegabilegli appariva ragionevole. Cotton indaga le nuvole, il tuono, illampo. Penetrare i segreti della natura è per lui una forma didevozione verso il Creatore. La Royal Society di Londra lo ac-cetta fra i suoi membri. Era visionario ma anche pratico. Stra-no miscuglio di scienziato e cacciatore di streghe. Fu cosí chebrancolando nel buio finí col fare una scoperta preziosa, ilvaccino contro il vaiolo. A marzo del 1721 comparvero a Bo-ston i primi casi di vaiolo e a giugno scoppiò una vera epide-mia. Il governatore Shute cercò di porvi rimedio con l’anticaterapia di digiuno e penitenza per cancellare i peccati «chehanno suscitato la collera del cielo contro di noi». AncheGeorge W. Bush ha trovato ragionevole indire un giorno dipreghiera quando l’uragano Katrina ha distrutto New Orleans.

Ma Cotton Mather suggerí la vaccinazione, iniettare unalieve forma di vaiolo per indurre il corpo a difendersi e assicu-rare l’immunità. L’idea suscitò una violenta reazione popola-re. Per il volgo ignorante la vaccinazione era magia nera che«lancia frecce di morte» e diffonde il contagio. Al fondo ditutto c’era la credenza che i mali li mandava il Cielo, chi vole-va debellarli con arti umane si metteva contro la volontà divi-na. Scoppiarono tumulti. La tensione salí al punto che il 14novembre 1722 qualcuno lanciò una bomba contro la casa diCotton Mather.

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collane. I capi del Connecticut non apprezzarono le sue qua-lità e lo espulsero. Nel Massachusetts lo presero per pazzo.Respinti dalle chiese, questi predicatori esaltati attraevano fol-le straripanti nei campi. George Whitefield, grande ammalia-tore, partí dalla Georgia e risalí fino a Boston sollevandoovunque esplosioni selvagge di religiosità.

Il piú notevole, quello che ha lasciato un segno nella storiaamericana, rimane Jonathan Edwards. Contro la ragione, pri-vilegiava il cuore. La scienza non poteva spiegare tutto, per-ché le cose del mondo sono «ombre dell’esistenza di Dio, rap-presentano realtà spirituali». Natura e spirito sono mescolati efiniscono per essere la stessa cosa. Dopo la creazione, Dio nonsi mise in disparte a contemplare l’universo, ma continua aporci mano. Con simili idee, Edwards riprendeva un po’ ladottrina del vecchio John Cotton, il quale dava preminenzaall’emozione interiore. Ci penserà poi nell’Ottocento il filo-sofo Ralph Waldo Emerson, un campione dell’ottimismo ame-ricano, a rinnovare l’afflato mistico che alberga nell’animo delsuo popolo. Tutta la realtà, secondo Emerson, è pervasa dauna forza superiore. L’ultimo prodotto degenerato di questacorrente misticheggiante sono le confuse fumisterie della Newage, non a caso trovano terreno fertile soprattutto in America.

Edwards teneva la gente in preghiera per ore, convinto dipoter favorire con quei raduni salmodianti la seconda venutadi Cristo. Sarebbe poi iniziato per l’umanità il millennio dibeatitudine; e quindi la fine, l’Armageddon. Ma senza orroriapocalittici. La versione di Edwards brilla di radioso ottimi-smo. La storia umana marcia verso la fine seguendo le tappedi un continuo progresso. Dopo la caduta di Adamo l’uomoha iniziato la risalita. La venuta di Cristo e la sua resurrezionesono stati passaggi fondamentali. Poi la provvidenza ha resopossibile la scoperta dell’America. Adesso, promettevaEdwards, la storia sta raggiungendo il culmine. Gli americanisono decantati come un popolo di gran lunga superiore, madi animo filantropico, disposti a trasmettere la loro impareg-giabile perfezione al resto del mondo.

Il visionario Edwards leggeva la Bibbia e scorgeva tra le ri-ghe continui riferimenti all’America, terra di progresso non

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geva a guardare di nuovo al cielo. Le sue parole penetravanocome «un lampo di luce nei cuori», suscitavano l’agghiaccian-te paura delle fiamme dell’inferno. «Dio può scaraventare ilmalvagio all’inferno in ogni momento», gridava. E descrivevai tormenti delle anime che si contorcevano tra le fiamme. Era-no prediche del terrore, un «terrore salutare», secondo lui.Prima faceva sentire gli ascoltatori in colpa per essersi «allon-tanati dallo spirito di Dio», e poi li gettava nell’incubo: «Diovi aborre, vi tiene sospesi sopra il pozzo dell’inferno come voitenete un ragno o altro insetto spregevole sul fuoco». E il dia-volo «è pronto a catturarvi e a farvi suoi». Secondo l’orripi-lante visione puritana, l’essere umano è conteso in una lottatitanica fra Dio e il diavolo. Si saprà solo dopo la morte se ap-partiene al primo o è preda del secondo. Logico che i puritanicovassero dentro una raggelante paura della morte. Quale de-stino tocca alla fine? Generazioni sono passate ma quella pau-ra è penetrata nel fondo dell’animo e si è trasmessa. Cosí nes-suno ha terrore della morte come l’americano di oggi. Nessu-no cerca di esorcizzarla con le stesse tecniche disperate.

Edwards provocò un’ondata isterica che travolse gente diogni rango sociale. Le conversioni di massa divennero un spet-tacolo abituale, con scene di uomini e donne urlanti e pian-genti «in preda alle convulsioni per il terrificante linguaggiodel predicatore». Un’ossessione che fece vittime, lo zio diEdwards, Joseph Hawley, perse la testa e si uccise.

Sulla scia di Edwards, decine di predicatori esaltati comelui si misero a battere i villaggi delle colonie. Mimavano lamorte di Cristo e spargevano panico evocando «l’indicibilebrutalità dei vostri tormenti». Qualcuno annunciò la discesadi Dio sulla terra per portarsi via i suoi eletti. Su tutta la Nuo-va Inghilterra si propagò una fiammata passionale mentre inEuropa fioriva l’Illuminismo. Autentico istrione si rivelò il ni-pote di John Davenport, James. Davanti al gregge radunatourlava come un ossesso e si lacerava i vestiti. Fissava i proseli-ti con occhi fiammeggianti e ammoniva che lui era capace diriconoscere a prima vista gli eletti e i dannati. Gli ascoltatorisi umiliavano, gettavano nel fuoco i simboli della mondanità,gioielli, parrucche, mantelli, cappucci, vestiti eleganti, anelli,

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erano individualisti. Furono loro a reagire e a riportare la gen-te coi piedi per terra. Lo stesso Edwards favorí l’affermarsidell’individualismo quando esortava ognuno a guardare nelprofondo del proprio cuore. Ai suoi raduni accorrevano per-sone di ogni ceto sociale e da ogni parte della Nuova Inghil-terra. Ritrovandosi insieme, cominciarono a sentirsi cittadinidi un’unica nazione. In questo senso, dice lo storico Paul John-son, il Grande Risveglio «fu un momento formativo nella sto-ria americana», rese consapevoli gli americani della loro gran-dezza e li guidò verso l’indipendenza. La successiva rivoluzio-ne fu «un evento religioso, mentre quella francese fu un even-to antireligioso».

Il Grande Risveglio segnò la fine delle sette esclusive, chiu-se, rigide e un po’ ottuse, e sparse in America uno spirito reli-gioso profondo e moralistico. Il puritanesimo come movimen-to finiva ma la religione continuava a pervadere l’animo degliamericani e a costituire la loro forza propulsiva.

Nazione sacra

Quando Boston si ribellò agli inglesi, era trascorso un se-colo e mezzo dall’arrivo del popolo della Bibbia guidato daWinthrop. Ma Benjamin Franklin e Thomas Jefferson, che pu-re non erano due bigotti puritani, subivano ugualmente il fa-scino della Bibbia. Proposero come primo sigillo degli StatiUniti l’immagine di Mosè che leva il bastone e divide le acquedel Mar Rosso alla guida del popolo eletto. Tutti i simboli ame-ricani sono tratti dal Vecchio e dal Nuovo Testamento. Anchela scelta dell’aquila come emblema dell’America ha origini bi-bliche, perché Isaia dice: «Quanti sperano nel Signore riac-quistano forza, mettono ali come aquile». Nella brillante defi-nizione di G.K.Chesterton, l’America è «una nazione con l’a-nima di una chiesa».

Jefferson rafforzò l’idea di nazione sacra, elevò l’America a«impero della libertà», ed era determinato ad allargarlo nel-l’interesse dell’umanità intera. «La vecchia Europa», disse,«dovrà appoggiarsi sulle nostre spalle e arrancare al nostro

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solo spirituale ma anche materiale. I due aspetti si confondo-no. Sacro e profano uniti. «Indossa i tuoi bei vestimenti, oAmerica, città santa». Arrivò a immaginare che il sole potesseinvertire il suo corso e sorgere a ovest, sulle terre americane, eda lí risplendere sul resto del globo.

Il seme gettato nel passato porta frutti per lungo tempo.Cosí l’idea di un’America salvatrice del mondo è ancora vivanelle menti americane. Nell’intimo dell’americano moderno èincisa l’immagine di un’America alla quale la provvidenza di-vina ha affidato il compito di mettere in riga il mondo, un in-carico al quale non si può sottrarre, altrimenti attirerà su di séla punizione di Dio. Il nome America parla alla fantasia degliamericani ed evoca l’ultima speranza di far trionfare il benesul male.

Oggi Edwards e i suoi imitatori sarebbero quegli incanta-tori di professione che attraverso i teleschermi invadono le ca-se coi loro dei e i loro demoni e tengono migliaia di fedeli colfiato sospeso ai raduni evangelici. Ho assistito ad Atlanta auno di questi strabilianti convegni. Una folla tale da riempireuno stadio pendeva dalle labbra dell’elegante signora JoyceMeyer. Con la Bibbia in mano, la profetessa leggeva il librodella Genesi. La sua voce salí di tono mentre scandiva che ilSignore disse ad Abramo «io ti darò questo paese». Dal modoin cui gli ascoltatori annuivano, prendevano appunti, addirit-tura qualcuno piangeva, era chiaro che tutti intendevano lapromessa ad Abramo rinnovata agli americani, ad essi Diostesso ha concesso l’America.

La fine di Edwards non fu gloriosa. Ebbe il torto di nonaccorgersi che gli umori cambiavano. Al contrario del nonno,voleva ripristinare la confessione individuale, l’esame della fe-de per l’ammissione alla chiesa. Fu abbandonato. Rimasto so-lo, nel 1758 si fece vaccinare contro il vaiolo, ma qualcosaandò storto, gli venne un febbrone e morí.

Il Grande Risveglio suggestionò anche il Sud anglicano emise a rischio la stabilità sociale. Folle ubriache di spiritualitàtrascuravano gli affari terreni. Con grave danno per il benes-sere. Ma l’americano non era piú l’uomo di massa arrivato conle grandi migrazioni. Mercanti, imprenditori, leader politici

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luterani, anglicani, presbiteriani, amish, shakers, metodisti chehanno aggiornato e rivitalizzato il puritanesimo, e poi pietisti,moraviani animati da ansia missionaria, dunkers, la nuova ver-sione dei battisti. Tutti riconoscono la Bibbia come parola diDio, anche se ne traggono indicazioni a volte contrastanti. L’A-merica, gonfia di religiosità, è «un impero evangelico», comel’ha definita il professore di Chicago Martin Marty.

Altri Stati, oltre quelli della Nuova Inghilterra, vantano or-gogliosamente le loro origini religiose. Il Maryland prese ilnome dalla regina cattolica Henrietta Maria e fu fondato nel1634 dai cattolici che ebbero il fegato di andarsi a incunearein mezzo a una popolazione protestante, a sud anglicani, anord puritani.

Il figlio di Henrietta Maria, il giulivo Carlo II, aveva contrat-to un debito di 12 mila sterline con il quacchero William Penn.Per togliersi quel peso, nel 1682 regalò a Penn un territorio ster-minato fra i piú spettacolari d’America. Ne venne fuori la Penn-sylvania, la Selva di Penn. Come Williams nel Rhode Island,Penn evitò di riservare il suo Stato a una sola setta. Accanto aiquaccheri si sono accomodati e convivono strani personaggi co-me gli amish con barbe antiche, un culto arcaico e la pretesa difare a meno dei mezzi tecnici moderni. Una delle città fondatedai quaccheri si chiama Bethleem. Ogni anno vi celebrano lanascita di Cristo, come se fosse avvenuta veramente lí. Anche icattolici si stanno costruendo una loro città in Florida. Si chia-merà Ave Maria.

L’animo americano era cosí fecondo di senso divino chenel 1830 nello Stato di New York un analfabeta di nome Jo-seph Smith inventò un nuovo culto religioso, quello dei mor-moni, e trovò subito un bel codazzo di seguaci disposti al mar-tirio. I mormoni fondarono, e ancora oggi governano, lo Sta-to dello Utah. Si ritengono figli di Dio, proprio in senso lette-rale e nutrono un sereno disprezzo per il resto del genere uma-no. Basano il loro credo sul Libro di Mormon, un vangelo ame-ricano. Parla di Gesú che, deluso, ha abbandonato il VecchioMondo ed è volato sulla scia del sole al di là dell’Atlantico. Inquella terra santa ha ricominciato la sua missione a favore del-l’umanità.

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fianco». Aveva piú o meno la stessa opinione del segretario al-la Difesa Donald Rumsfeld che oggi deride la «vecchia Euro-pa». Al fondo di questa concezione sembra esserci l’ammoni-mento che chi non ha fede non ha futuro.

L’Europa delle chiese vuote e dell’indifferenza religiosa, ilcontinente piú laico del mondo, agli occhi degli americani èancora «la depravata Europa», come la definí Cotton Mather,l’«invertebrata» che non si redime, la terra da cui i puritanifuggirono. L’Europa corrotta e decadente che però esercitasui virtuosi americani un’attrazione insana. Già nell’Ottocen-to il colto Thomas Appleton notava che «gli americani buonivanno a morire a Parigi».

L’America invece è sempre piú il paese «under God», pro-tetto da Dio, come recita il giuramento di fedeltà alla patria.«Noi americani», proclama Charles Olson, «siamo l’ultimo pri-mo popolo». L’unico popolo in sintonia con l’Onnipotente.«La provvidenza», esultò Andrew Jackson (presidente elettonel 1828 e nel 1832) in un messaggio ai suoi concittadini, «hascelto voi come guardiani della libertà per custodirla alla gioiadel genere umano». L’America è il baluardo, senza di essa ilmondo precipita nella fogna. «La causa dell’America», ritene-va lo scrittore Thomas Paine, «è in grande misura la causa del-l’intera umanità». Chi legge i libri di George Bancroft, il primogrande storico americano, trova descritta la rivoluzione controgli inglesi come una «promessa di rigenerazione del mondo».Questi concetti ripetuti una generazione dopo l’altra si sonodepositati nelle memorie e hanno forgiato una mentalità.

Nel 1826, il 4 luglio, morirono John Adams e Thomas Jef-ferson, proprio in coincidenza col cinquantenario della Di-chiarazione di indipendenza. Fu visto come segno del cielo,un messaggio mandato da Dio al popolo eletto. Pochi annidopo Henry Adams celebrava l’americano, l’homo america-nus, che «apparve al mondo di una specie diversa».

Nella Costituzione degli Stati Uniti non si fa cenno a unaChiesa nazionale. Nessuna religione ufficiale. Libero ognunodi seguire il suo culto. Tutti ne hanno approfittato alla grandedando vita a uno straordinario proliferare di gruppi e movi-menti religiosi. Cattolici irlandesi, svizzeri mennoniti, tedeschi

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San Giorgio e il Drago

John Quincy Adams, eletto presidente degli Stati Uniti nel1824, era un tipico prodotto puritano. Nella sua testa l’Americadoveva allargarsi verso ovest perché cosí era scritto nella Bibbia.

Ma toccò al discendente di avventurieri irlandesi John O’-Sullivan coniare l’espressione che coglie in pieno come l’Ame-rica vede se stessa, «destino manifesto». A O’Sullivan, diretto-re della Democratic Review, nel 1845 sembrò un «destino ma-nifesto» degli Stati Uniti espandersi fino al Pacifico, «nel con-tinente assegnato dalla provvidenza». Il fantasioso irlandeseattribuiva all’America il dovere di operare «a beneficio dellenazioni del mondo, colpirà a morte la tirannia dei re, degli al-ti sacerdoti e degli oligarchi portando la lieta novella della pa-ce». Un bel programmino sotto al quale George W. Bush po-trebbe benissimo mettere la sua firma.

Per lungo tempo, però, l’America rimase concentrata su sestessa. Riservava ai suoi sudditi la speciale predilezione divi-na. Finché all’inizio del Novecento il presidente WoodrowWilson pensò che era venuto il tempo di volgere lo sguardoanche al resto del mondo. Wilson era un autentico puritanoanimato da spirito missionario. Sull’America, nazione eletta,incombeva il dovere di ridisegnare il mondo e guidarlo versoun futuro migliore. Idee simili coltivava anche il suo avversa-rio Theodore Roosevelt, convinto che il popolo americanoaveva la sacra missione di moralizzare il mondo.

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Nemmeno il lontano West fu lasciato in pace. I puritanidella Nuova Inghilterra si spinsero verso ovest portando la lo-ro mentalità fino alle coste del Pacifico. Furono loro i padridello Stato dell’Oregon. Durante il suo esilio americano, ilfrancese Talleyrand assisteva stupito al vibrante afflato spiri-tuale. Tornato in patria, Napoleone lo fece ministro e gli chie-se notizie dell’America. Lui disse di aver trovato al di là del-l’Atlantico trentadue religioni e un solo formaggio.

Nella California del Sud, la collina di Hollywood fu il re-gno di una setta puritana fino al 1919, quando i pii eletti si ar-resero lasciando campo libero al peccato in marcia con l’indu-stria cinematografica.

A ondate periodiche la febbre spirituale si riaccende. Rag-giunse un picco elevato nel 1840, quando circolavano negliStati Uniti 40 mila predicatori. Oggi, nell’epoca Bush, la pas-sione religiosa è in pieno rigoglio e c’è chi parla di quartoGrande Risveglio.

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gno di spiritualità moltiplica i canali tv e le stazioni radio cheoffrono 24 ore su 24 i sermoni dei predicatori.

In nessuna nazione occidentale ci si appella tanto spesso aDio come in America. «Dio benedica l’America». Non c’è pre-sidente che non chieda l’aiuto del Signore per governare gliStati Uniti. «Quasi la metà degli americani», dice JeremyRifkin, «è convinta che gli Stati Uniti godano della specialeprotezione di Dio».

One Nation Under the Designer, l’America è sotto Dio. Icomponenti di varie categorie professionali ne sono convinti eoperano in modo da influenzare le scelte sociali. Numerosimagistrati emettono sentenze che risentono della loro fede.«Noi», disse nel 1952 il giudice William O. Douglas, «siamoun popolo religioso le cui istituzioni presuppongono un Esse-re Supremo». Le congregazioni evangeliche invadono le forzearmate. Il film di Mel Gibson La passione di Cristo è stato vi-sto e rivisto in tutte le caserme. Nel 2003 il generale WilliamBoykin ha proclamato al Pentagono: «La vera patria è Dio ele forze armate sono la sua casa». Aggiungendo con una sere-nità quasi commovente di ricevere «ordini da Dio, un Dio su-periore a quello islamico che è solo un idolo».

È ancora un Dio che interviene nella storia del mondo, co-me credevano i puritani. E collabora nel favorire il successodella missione che cambia nel tempo. Prima fu necessarioconquistare e civilizzare il West, poi debellare il nazismo e ilmilitarismo giapponese, salvare il mondo dal comunismo, eoggi si tratta di combattere i rogue states, i cattivi, abbatteredittatori e portare la democrazia. Come guardiana del bene,l’America ha sempre bisogno di una crociata contro Satana.

Il destino ha voluto che lo scontro coi fanatici dell’Islamcoincida con la presenza alla Casa Bianca del devotissimoGeorge W. Bush. San Giorgio contro il Drago. Non si sa seabbia detto davvero che è stato Dio a ordinargli di scacciare italebani dall’Afghanistan e di togliere di mezzo il tiranno Sad-dam. Anche se non l’ha detto, di sicuro lo pensa. Bush vantail tipico curriculum puritano, un uomo che vede il resto delmondo avvolto nelle tenebre e sente suo dovere portarvi laluce.

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Tra il 1910 e il 1912, A.C. Dixon e R.A. Torrey pubblica-rono dodici ospuscoli intitolati I principi fondamentali, una te-stimonianza alla verità. Da lí trasse origine una corrente dipensiero alla quale oggi si guarda con un certo disprezzo, ilfondamentalismo. Ne furono iniziatori gruppi di protestantievangelici che si presentavano come milizia pronta a combat-tere «all’ultimo sangue» in nome dei «fondamenti» della fedecristiana. Reagivano alla revisione in senso liberale della dot-trina cristiana. Contro darwinismo, secolarismo, modernismovollero riaffermare che alcuni articoli della fede e della moralecristiana, come l’infallibilità della Bibbia, il creazionismo, laresurrezione fisica di Gesú, sono «fondamentali». Non vi sipuò rinunciare.

Nel 1925 l’insegnante di teologia John T. Scopes, del Ten-nessee, rimase vittima di questa mentalità avversa a ogni inno-vazione in campo religioso. Fu arrestato e processato per averletto in classe un libro in cui era illustrata la teoria di Darwin.Il darwinismo, con la sua teoria dell’evoluzione, ha generatouna crisi nella coscienza americana, ma gran parte della gentenon lo ha mai accettato. Nel 1926 la Convention dei battistirigettò ufficialmente «ogni teoria evolutiva o di altro genereche insegni che l’uomo proviene da un antenato animale infe-riore». E ribadí che «l’uomo è una creazione speciale di Dio».Ancora oggi la controversia è cosí viva che innesca processigiudiziari da parte di chi respinge l’insegnamento del darwini-smo a scuola. «Preferisco credere di essere stata creata daDio», ha confidato a un giornale una ragazza del New Jersey,«piuttosto che sentirmi cugina di una scimmia».

L’America difende tenacemente l’ortodossia cristiana, lareligione dei padri. Il 60 per cento degli americani ritiene chela forza della società «è fondata sulla fede religiosa». Nella ter-ra del piú fantastico progresso scientifico, il 55 per cento del-la popolazione non crede nell’evoluzionismo. Un terzo, stan-do a un sondaggio Gallup, crede che la Bibbia sia verità scien-tifica. Il 68 per cento crede nel diavolo, il 45 per cento credeche Dio creò il primo uomo solo 10 mila anni fa. I tradiziona-listi si battono per far inserire nella Costituzione un emenda-mento che dichiari l’America una «nazione cristiana». Il biso-

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Messa cosí, la crociata contro gli islamici assume un carat-tere di assoluta necessità per la difesa della vera religione. IlDio dei cristiani contro quello dei musulmani.

Come finirà? Comunque vada, si vivrebbe molto meglio seognuno si limitasse a coltivare il sentimento religioso nel fon-do del proprio cuore. Sarebbe certamente apprezzabile che ladivinità, qualunque nome ad essa venga attribuito, fosse la-sciata fuori dalle beghe umane.

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Gesú è il suo «pensatore» preferito. Crede che le vicendedel mondo siano semplici. Non vuole cose complicate, diceCondoleeza Rice. Dopo la sua elezione a presidente ha indet-to una giornata nazionale di preghiera. E ha inaugurato il suosecondo mandato promettendo di «estirpare la tirannia dalmondo». Gli affari dell’America e dell’intero pianeta sono ge-stiti con la Bibbia in mano. La religiosità invade gli Stati Unitipartendo dalla Casa Bianca. È accaduto spesso anche in pas-sato. Per Eisenhower il governo ha un senso solo «se si basasu una profonda fede religiosa».

C’è un afflato religioso nella battaglia di Kennedy per «lalibertà dell’uomo» e nel sogno cullato e gridato da MartinLuther King. I have a dream, un sogno ereditato dai puritani,«la terra promessa è vicina». Rientra nella sfera spirituale an-che la devozione con cui gli americani hanno reso sacri i lorosimboli. La Costituzione è come le Tavole di Mosè, i padrifondatori che l’hanno scritta sono venerati, la bandiera è ado-rata, l’inno va ascoltato con la mano sul cuore. Quanto al pro-fano dollaro, è santificato dalla fiducia del portatore in Dio,In God we trust. È tale l’orgoglio di sentirsi il popolo elettoche la stessa America è assurta a religione. È diventata un’i-dea, una fede che accomuna miracolosamente popoli venutida ogni parte del mondo.

Le pagine nere non mancano. L’atomica su Hiroshima, ildolente capitolo del Vietnam, il Watergate. Episodi che segna-lano corruzione e decadimento. Ma, come al tempo dei puri-tani, una formidabile capacità di recupero fa ripartire il sogno.Al giorno d’oggi il sogno, la missione sacra, è sterminare il nuo-vo nemico, un avversario sfuggente che promuove la «guerrasanta». La paura accresce l’intensità spirituale ed esaspera l’in-tolleranza. Si levano ondate di panico. «Gli Stati Uniti sonoun paese terrorizzato», afferma il linguista Noam Chomsky.Egli suppone che le cause vadano cercate «nel corso della sto-ria americana». Proprio cosí. Le ragioni della paura attuale so-no le stesse che spaventavano i puritani, il timore di perdere ilprivilegio di popolo eletto, di essere lasciati soli da Dio. Atten-ti, ammoniva John Cotton, a non irritare il Signore, che po-trebbe abbandonarvi «come fece con gli israeliti».

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Per saperne di piú

La bibliografia riguardante i puritani e la religiosità dell’Ameri-ca è sterminata. Viene offerto qui un elenco di opere necessaria-mente parziale, ma utile per chi volesse approfondire gli argomenti.

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