IL QUADRO RELIGIOSO - TERRA IBLEA

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I L M O N D O I S L A M I C O. IL MONDO ARABO PRIMA DI MAOMETTO LA MECCA E LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI IL QUADRO RELIGIOSO MAOMETTO E LA RIVELAZIONE L’OPPOSIZIONE DEI RICCHI COMMERCIANTI L’EGIRA E LA PREDICAZIONE A MEDINA LA GUERRA SANTA IL LIBRO SACRO: IL CORANO GLI ATTI E I COMPORTAMENTI DEL PROFETA: LA SUNNA L’INTERPRETAZIONE DEL CORANO E DELLA SUNNA: LA SHARIA I CINQUE PILASTRI DELLA DOTTRINA ISLAMICA COSA SIGNIFICA “JIHAD” A MAOMETTO SUCCEDONO I QUATTRO CALIFFI “BEN GUIDATI” IL PRIMO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ABU BAKR IL SECONDO CALIFFO “BEN GUIDATO”: OMAR IBN AL-KHATTÀB IL TERZO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ‘OTHAMAN IL QUARTO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ALÌ SCIITI, SUNNITI E KHARIGITI GLI OMAYYADI ED IL CALIFFATO EREDITARIO (661-750) L’ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI CONQUISTATI LA FINE DELLA DINASTIA DEGLI OMAYYADI LA DINASTIA DEGLI ABBÀSIDI (750 – 827) GLI ABBÀSIDI E L’APOGEO DELLA CIVILTÀ ARABA L’IMPERO ARABO COMINCIA A DISGREGARSI GLI ARABI DI TUNISIA: GLI AGHLABITI GLI AGHLABITI CONQUISTANO LA SICILIA LA PENETRAZIONE TURCA

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I L M O N D O I S L A M I C O.

IL MONDO ARABO PRIMA DI MAOMETTO LA MECCA E LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI IL QUADRO RELIGIOSO

MAOMETTO E LA RIVELAZIONE L’OPPOSIZIONE DEI RICCHI COMMERCIANTI L’EGIRA E LA PREDICAZIONE A MEDINA LA GUERRA SANTA IL LIBRO SACRO: IL CORANO GLI ATTI E I COMPORTAMENTI DEL PROFETA: LA SUNNA L’INTERPRETAZIONE DEL CORANO E DELLA SUNNA: LA SHARIA I CINQUE PILASTRI DELLA DOTTRINA ISLAMICA COSA SIGNIFICA “JIHAD”

A MAOMETTO SUCCEDONO I QUATTRO CALIFFI “BEN GUIDATI” IL PRIMO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ABU BAKR IL SECONDO CALIFFO “BEN GUIDATO”: OMAR IBN AL-KHATTÀB IL TERZO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ‘OTHAMAN IL QUARTO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ALÌ

SCIITI, SUNNITI E KHARIGITI

GLI OMAYYADI ED IL CALIFFATO EREDITARIO (661-750) L’ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI CONQUISTATI LA FINE DELLA DINASTIA DEGLI OMAYYADI

LA DINASTIA DEGLI ABBÀSIDI (750 – 827) GLI ABBÀSIDI E L’APOGEO DELLA CIVILTÀ ARABA L’IMPERO ARABO COMINCIA A DISGREGARSI

GLI ARABI DI TUNISIA: GLI AGHLABITI GLI AGHLABITI CONQUISTANO LA SICILIA

LA PENETRAZIONE TURCA

IL MONDO ARABO PRIMA DI MAOMETTO. L’Arabia preislamica era divisa in due zone.

Una zona fertile e ricca d’acqua, con un’intensa vita urbana e commerciale. Questa

area geografica comprendeva la parte meridionale della penisola arabica: lo Yemen e a nord ai confini con la Siria. Si trattava di terre

fertili e ricche di acqua,

grazie soprattutto alle

piogge monsoniche ed

evoluti sistemi di

irrigazione. Qui vivevano

popolazioni sedentarie,

che trafficavano con

l’India, la Birmania,

l’Africa orientale e le

regioni mediterranee e

mesopotamiche attraverso

rotte marittime da tempo

conosciute.

L’organizzazione politica

era di tipo monarchico e l’influenza persiana era molto forte.

Un’enorme zona desertica, solcata dai

Beduini, bellicose tribù nomadi che

vivevano di allevamento commercio

carovaniero e razzie. I Beduini mettevano in comunicazione questi villaggi trasportando merci dall’Arabia meridionale verso la Siria e la Mesopotamia ed in senso inverso. In questo modo stabilivano rapporti di vitale importanza con i sedentari, ai quali potevano offrire prodotti introvabili sul posto, ricevendone in cambio pagamenti, assistenza e rifornimenti prima di riprendere il viaggio. Durante i loro spostamenti i

nomadi si abbandonavano spesso alle razzie, facilitati dal fatto che mancava

un’autorità incaricata a far rispettare l’ordine e dalla mancanza di coesione sociale e

politica fra le tribù sparse nella penisola. Considerati gli Arabi autoctoni, erano

organizzati in comunità rinsaldate da vincoli di famiglia e di appartenenza alla tribù. In

ogni tribù i membri parlavano la stessa lingua, erano considerati uguali fra di loro, si

riconoscevano nella guida di un capo eletto, assistito da un consiglio e la proprietà

privata era quasi inesistente, in quanto tanto gli animali quanto i pascoli erano

considerati beni collettivi. TORNA.

LA MECCA E LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI. Nelle regioni interne attraversate dalle piste carovaniere più battute sorsero i primi

nuclei di città mercantili: tra queste vi era La Mecca, il principale centro economico,

commerciale e religioso dell’Arabia.

La città aveva la vocazione di centro

commerciale di ogni tipo di merci, gli

abitanti traevano profitto dal fatto

che i numerosi mercanti avevano la

consuetudine di far sosta proprio in

questa città per vendere le loro

merci, acquistarne delle altre e fare

provvista d’acqua. La fonte Zemzen

fin dai tempi antichi era considerata

sacra in quanto unica provvidenziale

dispensatrice di acqua in una zona

tutta arida.

Inoltre era sede del Santuario della Ka’ba, meta di pellegrinaggi.

LA TRIBÙ DEI QURAYSHITI.

Chi deteneva il controllo di questo

immenso traffico era la tribù dei

Qurayshiti, la futura casta

dominante per “sangue di Profeta”

che contavano all'incirca 5.000

componenti, suddivisa in singoli gruppi familiari o clan. Quando altre tribù rivaleggiavano con i Qurayshitii, i potenti capi clan cercavano, con una accorta politica di matrimoni, di legare ai propri interessi i concorrenti. Operando in questo modo, avevano creato una lobby, un vero e proprio monopolio delle attività commerciali. I Qurayshiti, che rappresentavano la maggioranza, avevano in mano tutti i poteri: politico, economico e anche religioso.

Quindi i Qurayshiti non operavano solo nella sfera del commercio, ma avevano sotto il

diretto controllo l'intera sfera religiosa; i forestieri dovevano pagare l'acqua in

contanti, inoltre, se volevano implorare le divinità per la loro felicità, dovevano

acquistare ogni cosa dai vari punti vendita dei Qurayshiti, come i ricordini e la

paccottiglia nelle bancarelle vendute ai pellegrini, e in più avevano in mano quello che

oggi si chiamerebbe “l'indotto”, le locande, i ristoranti, e altri negozi, che davano

lavoro a migliaia di loro dipendenti. Con la somma di tutte queste attività i Qurayshiti avevano accumulato enormi ricchezze. TORNA

IL QUADRO RELIGIOSO. Prima di Maometto quindi la penisola araba era abitata da tribù di beduini nomadi,

divise in clan patriarcali e spesso in lotta tra loro, e da comunità di mercanti delle

città carovaniere. Non esisteva neppure un’unica fede: le credenze religiose erano

ancorate a forme politeistiche e si riteneva che il mondo naturale fosse abitato da

divinità celesti e da

spiriti racchiusi in

animali, in alberi, o in

pietre. Il numero di

queste divinità era

altissimo e variava da

villaggio a villaggio: alcune di esse però assunsero una particolare importanza e soprattutto si distinse Allah, considerato il Dio creatore di ogni

cosa. Nelle città dove si custodivano oggetti sacri furono costruiti santuari che

divennero meta di pellegrinaggi e all’interno dei quali si svolgevano cerimonie e

processioni. In comune le tribù avevano il culto per la pietra nera, un meteorite che era custodito alla Mecca in un tempio a forma di cubo. Ogni anno si sospendevano

guerre e rivalità per il periodo in cui si svolgeva il pellegrinaggio in questo luogo.

LA KA’BA.

I simulacri di alcuni di questi dei erano esposti nel vecchio santuario de La Mecca chiamata la Ka'ba. Era questo un

edificio simile ad un cubo venerato dagli Arabi fin

dall’antichità e considerato “La casa di Dio”, dove il divino

entra in contatto con il mondo terreno. Secondo la

tradizione era stato edificato da Adamo dopo la cacciata

dal paradiso terrestre e poi distrutto dal diluvio universale,

quindi ricostruito da Abramo. All’interno del santuario vi si

trova una pietra sulla quale si sarebbe riposato Abramo e la

famosa “pietra nera” che i musulmani (dall’arabo “muslim”

cioè sottomessi, sono gli aderenti alla religione islamica)

dicono sia stata portata dall’arcangelo Gabriele. TORNA

MAOMETTO E LA RIVELAZIONE. Il flusso di pellegrini arricchiva quindi i mercanti della Mecca, dove intorno al 570 d.C.

da una famiglia di commercianti, considerati di livello medio basso, nacque Maometto,

che da mercante visse in

quest’ambiente sino a

quarant’anni, epoca alla quale

iniziò la sua predicazione. Una notte nel 610 gli apparve l’arcangelo Gabriele, che gli rivelò che era stato mandato da Allah, unico vero Dio, e gli comandò di divulgare, pregare e recitare la parola divina cioè il “Qur’an” il Corano, la “recitazione. Incoraggiato dalla moglie

Khadigia (ricca vedova che aveva sposato all’età di 25 anni) e dalla sua famiglia, tre anni dopo Maometto, all’età di 40 anni, decise di intraprendere la predicazione.

Maometto sostenne la validità di un culto monoteistico e cominciò così a propagare l’adorazione di Allah come unico Dio e a fare “atto di sottomissione” alla

sua autorità. Egli inoltre annunciava il “giudizio finale” in cui tutti gli uomini sarebbero

stati giudicati, per le loro azioni.

Maometto ebbe il merito di porre fine alle divisioni e di diffondere un nuovo comune ideale, allo stesso tempo politico e religioso.

Predicava la generosità e l’aiuto dei poveri. Condannava alcune pratiche diffuse nella

società tribale, come il matrimonio tra consanguinei e l’infanticidio delle figlie

femmine. Il suo messaggio, che metteva sotto accusa le ingiustizie e l’insensibilità dei

ricchi, incontrò subito il favore dei ceti meno abbienti e degli schiavi. TORNA

L’OPPOSIZIONE DEI RICCHI COMMERCIANTI. Ma se Maometto andava in giro dicendo che le dee e gli idoli erano fasulli, che i riti

erano bestemmie, che i sacrifici erano grotteschi, e che le preghiere erano una offesa

al vero Dio, quello che era ormai considerato uno "squilibrato provocatore", che

tuttavia riscuoteva credito, mise in allarme i Qurayshiti. L'oligarchia dei ricchi

commercianti e banchieri de La Mecca non tardò a percepire la natura rivoluzionaria

del messaggio (non dal punto di vista religioso ma economico) e lo considerarono da

allora come una minaccia ai

propri privilegi.

Vi era il pericolo che i

credenti nel rinunciare alla

vecchia fede, rinunciassero

all'acqua sacra, alla Kaaba,

ai sacrifici, ai pellegrinaggi,

e c'era anche il timore che

una volta ripudiate queste

cose, la stessa città

perdendo la consolidata

reputazione, avrebbe perso

anche tutti gli altri

commerci. Ecco perché furono i primi a indicarlo come un impostore, diffamatore della

fede dei padri, un pazzo che insultava gli dei, quegli stessi dei che avevano dispensato

bellezze e prosperità alla Mecca come in nessuna altra città. Fu per questo che il

Profeta e i suoi primi sostenitori, fino al 622, dovettero subire persecuzioni e attentati. TORNA

L’EGIRA E LA PREDICAZIONE A MEDINA.

All’accrescersi delle persecuzioni, Maometto ed i suoi sostenitori (i Sahaba in lingua

araba ة صحاب o Compagni, furono i primi seguaci del profeta) si misero in viaggio (ال

verso la città-oasi di

Yathrib, (a 400 Km più a

nord) che doveva diventare

in seguito Madinat al-Nabi

(la città del Profeta) vale a

dire Medina. Questa

migrazione ebbe luogo

nell'anno 622 dell'era

cristiana e questa data fu considerata l’inizio dell’era islamica.

L'emigrazione o allontanamento da La Mecca a Medina fu chiamata egira (dall’arabo higira).

Maometto non si presentò ai suoi contemporanei come un rivoluzionario, ma semplicemente come un profeta e richiamò l’attenzione dei suoi seguaci sulle problematiche sociali, ma soprattutto sulla difesa rigorosa di

alcuni principi religiosi, in primo luogo il monoteismo. La sua predicazione affermava

l’uguaglianza e la fratellanza degli uomini nell’obbedienza di Allah, e ciò gli permise di

conquistare numerosi seguaci. In questo senso l’islamismo si poneva accanto alle altre

due religioni monoteistiche e rivelate: l’ebraismo ed il cristianesimo e si richiamava ad

Abramo. Il suo potere a poco a poco si consolidò e si estese a tutta l’Arabia.

Maometto fu invitato a Medina dagli abitanti della città che presero il nome di Ansar (coloro che l'hanno aiutato); gli emigrati meccani furono chiamati Muhadjirun (coloro

che hanno intrapreso l’egira o gli emigranti) e questi due gruppi riuniti formano quelli

che si chiamano gli Ashab (i Compagni del Profeta). TORNA

LA GUERRA SANTA. A Medina Maometto si comportò come un capo non solo spirituale, ma anche politico e

militare. Egli cercò di dare coesione alla nuova comunità per renderla capace di

reggere agli attacchi

esterni e per far ciò

si divenne un profeta

armato. Nel 624

Maometto, con i suoi

seguaci, organizzò

una razzia contro una

grande carovana

proveniente dalla

Mecca, costituita da

più di 1.000 cammelli

e scortata da decine

di mercanti. Questa

razzia, che prenderà

il nome di “Battaglia di Badr” fu considerata la prima grande vittoria del profeta, quella che ne accrebbe

enormemente il prestigio in tutto il mondo arabo. Da questo momento in poi, le razzie

o le guerre intraprese da Maometto prenderanno il nome di “guerra santa”.

Nella primavera del 625 i Meccani decisero di vendicare la sconfitta di Badr,

marciarono contro Medina sconfissero Maometto, che comunque riuscì a mantenere il

suo potere. Nel 627 i meccani attaccarono nuovamente, ma l’esercito fu sbaragliato

alla porte della città di Medina, grazie anche ad una improvvisa tempesta di sabbia.

Dopo la vittoria Maometto dovette fare i conti con i nemici interni, gli ebrei, che

avevano parteggiato per i Meccani e che non avevano mai accettato di convertirsi alla

predicazione di Maometto. E fu proprio in quell’occasione che Maometto decise che la

direzione della preghiera non sarebbe stata più Gerusalemme. Nel 630 Maometto

conquistò La Mecca ed eliminò il politeismo facendone il luogo santo dell’Islam, in direzione del quale i fedeli avrebbero pregato nelle moschee. L'islam (che letteralmente vuol dire “sottomissione a Dio”), non è solamente una religione monoteista, ma deve essere inteso come un stile di vita completo che ingloba tutti i campi dell'esistenza umana. Colui che dimostra di accettare “l’islam” è detto “muslim” da cui deriva il termine musulmano. L'islam impone al

musulmano di conformare la propria condotta morale, i propri costumi, le tradizioni, i

modi di vivere, i rapporti e le relazioni con gli altri, in breve, tutte le sue parole e tutti

i suoi atti, esclusivamente e assolutamente alle esigenze della religione musulmana. Lo Stato islamico non è uno Stato teocratico se si intende con tale termine uno Stato governato dalla Chiesa, l’Islam non si costituì in una chiesa e non ha una gerarchia ecclesiastica, né sacerdotale. È uno Stato teocentrico, se si intende

con ciò uno Stato governato dalla Legge di Dio. TORNA

IL LIBRO SACRO: IL CORANO.

Il Corano, dall’arabo “Qur’an” (lettura, recitazione), è il libro sacro che contiene la

rilevazione che Dio fece al suo profeta.

Gli insegnamenti, prima appresi a memoria e

saltuariamente scritti, furono poi riuniti in un testo

unico ed ufficiale, redatto sotto il terzo califfo

Utham (644 – 656). Il termine “califfo” deriva

dall’arabo “khalifa” e vuol dire “successore”; era il

titolo che spettò originariamente ai primi successori

di Maometto.

Il libro è composto da 114 “sure” (capitoli) a loro volta divise in versetti di diversa

lunghezza e ordinate non secondo la cronologia della rivelazione, ma dalle più lunghe

alle più corte. C’è una sola

eccezione: il testo si apre con una

breve sura di 7 versetti, che

contiene la preghiera

fondamentale per i musulmani.

Il Corano è tradizionalmente

diviso in tre parti:

1. Ahkam, che contiene le

azioni che il fedele

musulmano compie in

ossequio ai propri

comandamenti religiosi. Gli Ahkam possono essere: obbligatori; raccomandati;

neutrali, né obbligatori né raccomandati; sconsigliati; proibiti.

2. Qisas, che comprende le storie e le leggende riguardanti soprattutto i profeti

precedenti Maometto.

3. Mawa’Iz, che elenca le esortazioni e gli ammonimenti che Maometto aveva

pronunciati su ispirazione di Allah, alcuni dei quali erano stati scritti da

Maometto quando era ancora in vita .

Il Corano quindi non è solo un testo religioso, poiché in esso è contenuto un discorso su Dio, ma è anche un insieme di regole morali, un codice giuridico, una serie di precetti relativamente alla vita quotidiana. Le prescrizioni legali che il

Corano ha formulato per definire questi costumi o per modificarli sono fatti per

durare quanto durano i costumi. Se questi scompaiono, gli statuti legali scompaiono con

loro. E se essi spariscono totalmente, non c’è niente che possa nuocere all’islam.

TORNA

GLI ATTI E I COMPORTAMENTI DEL PROFETA: LA SUNNA.

Sunna è un termine che significa, "consuetudine", "abitudine", "costume" e, in senso

lato, "codice di comportamento", ed è uno dei testi sacri dell'Islam. La Sunna è il complesso delle regole di condotta derivate del Corano e dal

comportamento abituale di Maometto nelle varie circostanze della vita, considerato esemplare dai musulmani ortodossi e

da loro assunto come modello da imitare rigidamente. La Sunna è stata "codificata" alcuni secoli dopo la morte del Profeta, in base ai racconti “ḥadīth” che sono stati tramandati di bocca in bocca da soggetti "degni di fede", considerati quindi come anelli della catena (silsila) di "garanti" della tradizione islamica stessa. La collezione della totalità dei singoli ḥadīth costituisce appunto la Sunna. Dopo il Corano, la Sunna costituisce la seconda fonte della legge islamica e col testo

sacro costituisce la Sharīʿa. TORNA

L’INTERPRETAZIONE DEL CORANO E DELLA SUNNA: LA SHARIA. Il Corano e la Sunna costituiscono quindi le fonti del diritto islamico. Ma il Corano e

la Sunna sono fonti piuttosto sintetiche; il Corano per esempio, in materia legale,

non contiene tutto il diritto islamico, solo poche Sure hanno ad oggetto vere e

proprie regole di diritto. Ecco allora che, a partire dalla morte del Profeta, si

scatenò un'opera interpretativa da parte dei sapienti, tesa ad estrarre dalle fonti

storiche tutte le regole giuridiche necessarie per la regolamentazione della

convivenza civile. I sapienti iniziarono a studiare il Corano e la Sunna, traendo delle regole dettagliate. Tale operazione era legittimata da un famoso detto del

profeta, il quale si trovò ad affermare che, laddove la comunità dei sapienti musulmani fosse d'accordo su una certa interpretazione, quell'interpretazione era sicuramente corretta, poiché era impossibile che tutti i sapienti musulmani cadessero contemporaneamente in errore. Ecco allora che accanto alle due fonti storiche

(Corano e Sunna), si affiancò una terza fonte del diritto: l'opera interpretativa dei sapienti, cioè la “Sharīʿa”. Sono proprio queste interpretazioni, che costituiscono

quel sistema di leggi dinamiche che indicano al musulmano il percorso che egli deve percorrere per arrivare a realizzarsi come credente praticante, secondo l’etica della

giurisprudenza islamica. La šarī‘a islamica si basa sulla religione; ora la religione

prescrive i buoni costumi, raccomanda le virtù, mira alla formazione della comunità

integra, virtuosa, e poiché la religione non ammette modifiche né sostituzioni, ciò

significa che la šarī‘a si dedica sempre alla salvaguardia della moralità con il massimo

rigore. Proteggere i costumi significa proteggere la salute, la dignità, i beni, il sangue;

significa salvaguardare la sicurezza e l’ordine. TORNA

I CINQUE PILASTRI DELLA DOTTRINA ISLAMICA.

I cinque pilastri dell'Islam (Arkān al-Islām) indicano i cinque obblighi fondamentali di

ogni musulmano, uomo o donna, in base alla legge religiosa (Sharīʿa) che il musulmano

devoto è tenuto a osservare, ritenendoli atti essenziali per compiacere Dio (Allah)

che li ha ordinati. Questi cinque precetti principali sono:

1. Professare il monoteismo (SHAHADA). La testimonianza di fede che consiste

nell’affermazione di due verità: “Non esiste altro Dio all’infuori di Allah e

Maometto è il suo profeta”.

2. Pregare (SALAH). La preghiera deve essere recitata 5 volte al giorno (all’alba,

al mezzogiorno, al pomeriggio, al tramonto del sole e all’inizio della notte) con il

capo rivolto alla Mecca dopo aver compiuto le rituali abluzioni di purificazione.

3. Pagare l’elemosina (ZAKA'H). L’elemosina è un dovere, un simbolo di ospitalità

e di generosità. Una parte dell’elemosina è lasciata alla volontà dell’individuo;

l’altra invece consiste in un prelievo fiscale, effettuato dallo stato.

4. Digiunare nel mese del Ramadam (SAWM). È il mese nel quale si pratica il

digiuno è, secondo il calendario musulmano, coincide con il nono mese

dell'anno e ha una durata di 29 o 30 giorni. In questo mese è proibito

mangiare, bere, fumare e avere rapporti sessuali. La non osservanza di tale

pilastro condannerebbe il trasgressore allo stato di kāfir, colpevole cioè di

empietà massima.

5. Compiere almeno una volta nella vita il pellegrinaggio alla Mecca (HAJJ).

Il fedele recandosi alla Mecca dovrà vestire un abito bianco senza cuciture e

dovrà essersi tagliati i capelli e le unghie. Il punto d’incontro è la Kaaba.

TORNA

COSA SIGNIFICA JIHAD? PRECISAZIONE: Il genere maschile si spiega col fatto che in arabo la parola è maschile,

mentre il femminile deriva dalla traduzione italiana "guerra santa" (traduzione un po'

impropria, perché il termine arabo ha vari significati oltre a quello militare).

Jihad deriva dalla radice araba J-H-D e può essere tradotto come "sforzo". Tuttavia, tanto per avere un'idea della polisemia del termine, basti pensare che questo presenta già differenze tra la sua definizione letterale e quella coranica. Per definizione letterale Jihad significa lo sforzo necessario a raggiungere un obiettivo; mentre per il Corano sta a significare il riferimento alla fatica e all'impegno, interiore e materiale (riferimento al denaro), per la causa di Dio. All'interno di quest'ultima interpretazione, inoltre, si possono ulteriormente distinguere tre diversi significati:

Jihad come “lotta spirituale” al fine di vivere nel migliore dei modi la fede

islamica.

Jihad come “lotta per costruire una buona società musulmana”.

Jihad come “atto militare”, concesso però dalle sacre scritture islamiche del

Corano solo come difesa del popolo musulmano.

Come è facile intuire, in nessuna di queste definizioni rientra il concetto di 'Guerra Santa' come in Occidente il Jihad è stato dipinto per anni, conflitto volto a convertire tutto il mondo (gli infedeli) all'Islam attraverso la spada. Al contrario, come già specificato, il Corano pone la difesa del popolo, della comunità e di ogni musulmano come base fondamentale di ogni azione militare. In questo senso, infatti, l'uso della forza è consentito per autodifesa, per proteggere la libertà dei musulmani a praticare la loro fede, dall'oppressione e da eventuali tiranni, per punire un nemico che rompe un giuramento e come risposta ad un torto subito.

Al contrario, invece, un'azione militare volta alla costrizione della conversione -

"non vi sia costrizione nella religione", recita il Corano nella seconda Sura, al versetto

256 -, alla conquista di altre nazioni per colonizzarle, alla conquista di uno o più

territori per avere un guadagno economico o alla prova di forza di un leader, non

può essere considerato, e non deve essere definito, Jihad.

DIFFERENZA TRA JIHAD MAGGIORE E JIHAD MINORE

Alla luce di tutto quanto scritto fin'ora, è necessario inserire un'ulteriore distinzione all'interno dei significati di Jihad. Secondo alcune interpretazioni del Corano, che è giusto ricordare sono tutt'oggi oggetto di dibattito, il Profeta Maometto ha definito come 'maggiore' il Jihad spirituale, interiore. 'Minore', in questo senso, è invece considerato il Jihad militare.

IL JIHAD MAGGIORE, altro non è, tenendo a mente la definizione di "lotta

spirituale al fine di vivere nel migliore dei modi la fede islamica", che la messa in

pratica dei cinque pilastri dell'Islam: recitare le preghiere (Namaz), effettuare il

digiuno durante il Ramadan (Sawm), praticare la testimonianza di fede (Shahada),

fare elemosina (Zakat) e compiere il pellegrinaggio verso La Mecca almeno una volta

nella vita (Hajj). Altre vie per compiere il Jihad maggiore, inoltre, possono essere lo

studio continuato dei testi sacri, fino ad impararli a memoria, il perdono di un torto,

partecipare attivamente alla comunità, smettere di fumare e così via.

Il JIHAD MINORE, è l'aspetto più militare e violento del significato di Jihad. In

questo senso è certamente una 'Guerra Santa', da non confondere però con la

definizione Occidentale di quest'ultima. A tal proposito, infatti, va considerato che ci

sono regole ben precise e difficilmente evadibili che regolano la Jihad offensiva:

Deve essere proclamata da un leader religioso

Deve essere sempre difensiva, quindi è la controparte a dover cominciare le

ostilità

Gli innocenti non devono essere uccisi

Prima di giungere al conflitto, ogni altra strada pacifica deve essere tentata;

Donne, bambini e anziani non devono essere feriti o uccisi

È vietato avvelenare i pozzi d'acqua (sorta di primitiva guerra chimica)

Le donne non devono essere violentate

Non devono essere recati danni alle proprietà altrui (case ecc)

I nemici devono essere trattati con giustizia. TORNA

A MAOMETTO SUCCEDONO I QUATTRO CALIFFI “BEN GUIDATI” Quando Maometto morì l’8 giugno del 632, era praticamente il padrone incontrastato

della quasi totalità dell'Arabia e niente lasciava intravedere il pericolo per l’unità

dell’impero che doveva manifestarsi fulmineo due anni più tardi (634). Il mondo

islamico attraversò un momento di grave crisi, scoppiarono discordie, spinte

autonomiste delle tribù e la lotta sempre più aspra per il potere.

Poiché Muhammad (Maometto) non aveva lasciato indicazioni su chi doveva assumere la

guida della comunità alla sua morte, si pensò di passare ad un “califfato elettivo” (per

califfo s’intende il successore del profeta dell’Islam sulla Terra). TORNA

IL PRIMO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ABU BAKR (632 – 634).

Abu Bakr, uno dei primi compagni e seguaci del Profeta e padre

della moglie preferita di Maometto 'Aisha, fu il primo dei quattro califfi “Ben Guidati”. Egli dovette immediatamente adoperarsi per

porre fine alla ribellione portata avanti da molte tribù le quali, una

volta morto il Profeta, si consideravano sciolti dai patti stretti con

lui. Costoro intendevano riprendere la loro libertà d'azione, e in

primo luogo non pagar più la decima (zakat) all'erario islamico. Erano

queste tribù beduine superficialmente islamizzate e desiderose di

sottrarsi alla tutela musulmana.

Durante il suo breve regno dal 632 al 634, Abu Bakr fece l’errore di emarginare i

parenti più stretti del profeta e soprattutto il cugino Alì, che poi nel 656 avrebbe poi preso il potere; ma ebbe il merito di capire che per alleggerire la

tensione interna, per impiegare quelle forze turbolente, e insieme forse per

riprendere un disegno di espansione di Maometto era necessario lanciare una

spedizione verso il nord oltre i limiti dell’Arabia, cioè in Iraq e Siria. Così nel 634 le

truppe bizantine poste a difesa della Siria furono pesantemente sconfitte. Ebbe così

inizio la grande espansione islamica. Abu Bakr morì nel 634 a 63 anni. TORNA

IL SECONDO CALIFFO “BEN GUIDATO”: OMAR IBN AL-KHATTÀB Omar ibn al-Khattàb fu il fido e autorevole consigliere di Abu Bakr, colui che aveva

imposto la sua nomina a Califfo, e che Abu Bakr morendo designò a sua volta suo

erede. Questo secondo Califfo, Omar ibn al-Khattàb, nel

decennio del suo Califfato (634-44) diresse una serie di

importanti conquiste e pose insieme i fondamenti di quello che

doveva diventare il classico stato islamico dei primi secoli. Gli

Arabi strapparono ai Bizantini: la Siria (634 – 636), la Palestina

(nel 638 conquistò Gerusalemme) e ai Persiani la Mesopotamia

(637), l’Egitto (640 – 642). Con la conquista araba la Palestina,

già Terrasanta degli Ebrei e dei Cristiani, divenne anche uno dei luoghi sacri della religione musulmana. Con Omar nacquero

nuove città, fu istituita un’amministrazione ed un’autorità centrale, fu organizzato l’esercito e la magistratura. Furono questi gli anni in cui si

acuì la rivalità fra i Meccani (abitanti della Mecca), che avevano partecipato all’egira,

e i Medinesi (abitanti di Medina), che avevano offerto asilo a Maometto. TORNA

IL TERZO CALIFFO “BEN GUIDATO”: 'OTHMÀN Omar assassinato nel 644, prima di morire nominò una commissione di sei autorevoli

Compagni che scegliesse nel proprio seno il successore. Questi fu il terzo califfo “Ben guidato” ‘Othmàn (o ‘Uthman), (644 - 656), musulmano 'omàyyade mite e pio, membro però di quella aristocrazia meccana che aveva così a lungo resistito a Maometto. E a questa aristocrazia egli si appoggiò durante il suo Califfato (644-56),

affidando posti di comando e arricchimento ai suoi parenti, irritando e scandalizzando

l'ambiente dei vecchi Compagni e dei devoti che vedevano nella fortuna degli

Omàyyadi quasi una rivincita del debellato paganesimo.

Con lui si ebbe un’ulteriore espansione territoriale, furono conquistate: la costa settentrionale dell’Africa fino a Tripoli (647) e fu sottomesso definitivamente l’impero persiano (651). L'Africa settentrionale occupava una

posizione chiave nel mondo musulmano sul piano politico ed

economico. Fu dall’Egitto che venne lanciata la conquista del Magreb e del Marocco, e dal Magreb verrà lanciata la conquista della Spagna e della Sicilia. Parimenti dall’Egitto

e dal Magreb si inizierà la conquista di tutta l’area che si

estende sino alla fascia sub-sahariana che perverrà ad

influenzare in maniera notevolissima le società africane

preesistenti.

Othman venne assassinato nel 656 e la sua morte aprì una grave crisi politica e religiosa che sfociò in sanguinose guerre civili interne al mondo arabo. TORNA

IL QUARTO CALIFFO “BEN GUIDATO”: ALÌ IBN ABU TALIB Dopo l’assassinio di ‘Othman i suoi avversari proclamarono come quarto califfo “Ben

Guidato” Alì, (656 – 659) cugino e genero di Maometto,

che 24 anni prima era già stato candidato alla

successione. Ma il clan degli Omayyadi, con a capo il

governatore della Siria Mu’awiya (o Mo’awiya), si

rifiutò di accettare Alì, accusato di essere alleato con

la fazione responsabile dell’uccisione di Othman, e

capeggiò la rivolta.

Alì fu costretto ad abbandonare Medina con i suoi

seguaci e a rifugiarsi in Iraq a Kufa, sulla riva destra

dell’Eufrate. Nel corso del conflitto, Alì accettò la

proposta dei suoi nemici di risolvere la contesa

mediante un arbitrato. Ma una parte dei suoi seguaci lo

abbandonò reputando inammissibile affidare al giudizio umano quanto deciso da Dio.

Questi dissidenti vennero chiamati “Kharigiti” e Alì venne ucciso proprio da uno di loro

nel 661. Dopo la morte di Alì i suoi seguaci si organizzarono nello schi’a Ali, “il partito

di Alì”, e provocarono una scissione. Finito il periodo dei califfi “Ben guidati”, si

scatenò la lotta per il potere. TORNA

SCIITI, SUNNITI E KHARIGITI.

Seguì un periodo di rivolte e di contrapposizioni per impossessarsi del potere, che

portarono alla formazione di tre fazioni: sciiti, sunniti, kharigiti. Queste fazioni

ebbero visioni parzialmente diverse anche su questioni fondamentali. Riaffioravano le

rivalità esistenti fin dall’epoca

preislamica fra le tribù arabe, la

cui contrapposizione è fatta

risalire alle diversità culturale e

storica esistente fra gli Arabi di

origine meridionale o yemenita e

quelli di origine settentrionale. In

un momento così critico per la

sopravvivenza dello Stato islamico, e nonostante che il messaggio diffuso da

Maometto fosse proprio in nome dell’unità, dell’universalismo islamico e della

corrispondente eliminazione delle rivalità tribali, le loro reali o presunte origini

diverse ebbero il sopravvento e scatenarono una lotta civile fra i califfi ommayyadi

sostenuti dalle tribù del nord e i califfi meridionali.

Gli Sciiti, dall’arabo shi‘at ‘Ali «la fazione di ‘Ali», il cugino e genero di Maometto,

rappresentano una minoranza (10 – 15 %). Gli appartenenti a questo partito

sostengono che il legittimo sovrano dei musulmani deve appartenere alla stirpe di

Maometto e di Ali. Gli sciiti considerano infallibile l’imam, che, oltre ad essere il capo

spirituale, rappresenta anche il leader politico della comunità. La loro origine risale

alla morte del Profeta che, secondo gli sciiti, avrebbe designato come successore ‘Ali,

in quanto apparteneva alla sua stessa famiglia. Gli sciiti a loro volta si dividono in tre

nuclei principali: zayditi (grupo esiguo), ismailiti (gruppo minoritario) e imamiti (gruppo

maggioritario). Dominano in Iran, ed è maggioritario in Iraq, in Libano e in Bahrein.

I Sunniti, cioè le tribù della Mecca, sono gli ortodossi omayyade dell’islam e ne

costituiscono la maggioranza (80 - 85%). Assunsero tale nome sin dalla metà del 1°

secolo dell’egira, per affermare che essi soltanto erano i veri seguaci di Maometto. È

la corrente che si formò dopo la morte del profeta Muhammad e che appoggiarono la

nomina a califfo di Abu Bakr. Il loro nome deriva da Sunna, la tradizione dei detti di

Maometto, a cui i musulmani si ispirano insieme al Corano. La prima caratteristica dei

sunniti fu il riconoscimento della piena legittimità dei quattro primi califfi elettivi.

Per i sunniti c’è invece una distinzione tra l’autorità civile (che ha potere esecutivo e

deve applicare la shari’a la legge islamica) e quella religiosa, a cui spettano

l’interpretazione dei testi sacri e la funzione di guida in materia di fede.

I Kharigiti, cioè gli uscenti, sono i seguaci della setta islamica sorta nel 657 d.C. in

seguito al dissenso scoppiato tra gli sciiti. Costoro sostenevano il principio radicale

secondo il quale qualsiasi fedele può ricoprire la carica di califfo. Ebbero parte

importante nella storia politica e religiosa dell’islamismo, sia con le loro ribellioni

sanguinose sotto gli Omayyadi e i primi Abbasidi, sia con lo svolgimento delle loro idee

teologiche, che esercitarono un notevole influsso sullo sviluppo dogmatico. Divisi in

varie diramazioni, alcune con tendenze estremiste, altre più moderate, costituirono

anche formazioni politiche importanti (nell’Africa settentrionale nel 10° sec.

nell’Arabia orientale, nell’Africa oriente). I Kharigiti inseriscono anche un sesto

pilastro, lo sforzo interiore ossia il Jihad, parola araba che letteralmente significa”

sforzo a fornire il meglio delle proprie capacità” e che comunemente viene tradotto

con il termine di “guerra santa”. TORNA

GLI OMAYYADI ED IL CALIFFATO EREDITARIO (661-750). Iniziò così una nuova fase della storia dell’Islam, quella del califfato ereditario o

dinastico, che resterà nelle mani della potente famiglia degli Omayyadi (Sunniti) per

circa 90 anni (dal 661 al 750). Costoro edificarono una delle maggiori potenze che la

storia abbia mai

conosciuto e

l’Islam riprese la

sua prorompente

espansione. Questa dinastia era l’espressione dell’aristocrazia mercantile della Mecca.

Nel periodo di

massima

estensione,

arrivò a coprire

più di cinque

milioni di

chilometri

quadrati, formando uno dei più grandi imperi mai sorti e il settimo più grande

impero contiguo di sempre. Il primo califfo della dinastia degli Omayyadi Yazid ibn

Mu'àwiya nel 661 spostò la capitale a Damasco in Siria e con lui ed i suoi successori

l'espansione araba riprese in più direzioni, e l'impero arabo conobbe un nuovo lungo

periodo di splendore. Egli trasformò il Califfato da elettivo quale era stato fino

allora in ereditario.

Abd Al Malik ibn Marwān, considerato il fondatore dello Stato arabo, fu il terzo

califfo della dinastia omayyade del ramo marwanide e governò il califfato dal 705 al

715. Egli riuscì a riprendere il controllo della

situazione e a far convivere alla sua corte diversi

gruppi etnici. Dedicò i suoi sforzi all’organizzazione

del califfato, dando il via ad una serie di riforme

amministrative. Con lui furono occupati: l’Asia

centrale e l’India (685-705), Costantinopoli, Africa

e Spagna (con il condottiero berbero Tarik 705-

715). Valicati i Pirenei gli arabi comparvero nella

pianura di Tolosa, ma Carlo Martello, nonno di Carlo

Magno, riuscì a fermarli a Poitiers nel 733. Abd Al

Malik ibn Marwān fece coniare monete e impose

l’arabo come lingua ufficiale nell’amministrazione in

quanto, fino a quell’epoca, le lingue locali: aramaico, siriaco, greche, copto, pehlevi,

erano utilizzate nell’amministrazione e nella vita civile. L’arabizzazione, cioè la

diffusione della lingua araba, mediata dalla religione islamica (islamizzazione) fu un

aspetto importantissimo per la vita culturale di tutto il territorio del califfato.

L’arabo divenne la principale lingua amministrativa, letteraria e scientifica su

un’area vastissima sovracontinentale. Tale fenomeno, fece si che ancor oggi le

popolazioni musulmane, dall’Indo sino alla costa atlantica centro africana, sono in

grado di comprendersi. Fu questo un atto politico determinante, in quanto accelerò il

processo di arabizzazione, che comunque avvenne in tempi e modalità diverse fra i vari

territori.

Alla base di questa immensa espansione giocarono diversi fattori:

L’entusiasmo religioso e la lingua araba che ne è il canale materiale di trasmissione.

Il sovrappopolamento delle comunità ebraiche e la necessità di dare sfogo

ad esso conquistando nuovi spazi.

Un’efficiente organizzazione militare.

Una grande flotta dotata di innovazioni tecniche.

L’uso del “fuoco greco”, prodigio bellico consistente nell’uso incendiario della

nafta.

Il logoramento dei due imperi confinanti con l'Arabia, il romano e il persiano

La collaborazione delle popolazione assoggettate, stanche dell’oppressione

bizantina e persiana.

A circa 30 anni dalla morte di Maometto gli interessi dei gruppi dirigenti si erano

spostati verso i territori conquistati, in particola modo verso le zone nordorientali

della penisola

araba, per cui

la regione che

era stata la

culla dell’Islam

perse la

posizione

primaria in

campo politico,

pur

conservando

centralità

religiosa ed

importanza

commerciale.

Molto presto l'Oceano Indiano fu integrato alla fiorente rete commerciale che i musulmani svilupparono progressivamente con la Cina, l'Indonesia, l'India e la costa dell'Africa orientale. Assieme alle merci trasportate per terra o per mare circolavano un buono numero di

idee, di concetti e di innovazioni tecnologiche e scientifiche. Per fare un solo esempio, la carta fu uno dei primi prodotti importanti trasferiti dalla Cina all'Europa, passando dai territori musulmani. Parimenti in matematica, la

numerazione decimale inventata in India fu adottata dagli arabi fin dall’VIII° secolo

ed essi chiamavano cifre indiane ciò che noi chiamiamo cifre arabe; solo verso metà

del X° secolo il mondo occidentale conoscerà questo sistema di notazione. L'adozione

della numerazione decimale grazie ai musulmani rese possibile lo sviluppo dell'algebra,

questa sì da essi elaborata nei suoi sviluppi essenziali, che divenne la base senza la

quale la matematica e le scienze naturali moderne non avrebbero potuto svilupparsi.

TORNA

L’ORGANIZZAZIONE DEI TERRITORI CONQUISTATI. Gli Arabi si trovarono così a governare popolazioni molto più numerose di loro e che

non erano né arabe, né musulmane. Questi popoli erano assoggettati al pagamento di

una tassa individuale (djizya), versata all’erario, e dal momento che l'avevano assolta,

erano protetti (dhimmi), senza per questo essere costretti a rinunciare alla propria

religione. Nei territori conquistati, organizzati in province, governati da emiri, i

Musulmani esercitarono il dominio in forme moderate. Ma un così vasto impero,

formato da popolazioni diverse, con tradizioni diverse non poteva rimanere statico, fu

così inevitabile che con il passare del tempo le popolazioni dei territori sottoposti al

dominio musulmano si ritrovarono divise in tre categorie fondamentali:

I Musulmani d’Arabia, cioè i Musulmani d’origine, gli unici che avessero il

diritto di militare nell’esercito. Essi costituivano una sorta di aristocrazia,

composta da grandi proprietari, funzionari e giudici.

I nuovi Musulmani, cioè tutti coloro che si erano convertiti di recente

all’Islam. Costoro non potevano militare nell’esercito e di conseguenza non

potevano godere dei proventi provenienti dalle conquiste. Gestivano la maggior

parte delle attività commerciali ed artigianali e avevano incarichi di

responsabilità nell’amministrazione.

I sudditi non Musulmani, la maggior parte dei quali viveva nelle campagne

spesso al servizio dei proprietari musulmani. TORNA

LA FINE DELLA DINASTIA DEGLI OMAYYADI.

Le riforme attuate non furono sufficienti a placare il rancore contro

gli Omayyadi. Gli Arabi integralisti, nel 747 guidati da Abu Al Abbas,

zio di Maometto si ribellarono. Nel 749 i ribelli entrarono a Kufae e

nel 750 sconfissero l’ultimo califfo omayyade Marwan II (744 –

750), conquistando così il Califfato. Alla strage sopravvisse Abd Al Rahman, che riuscì a salvarsi attraversando lo stretto di Gibilterra e a giungere in Spagna. Stabilito il potere in al-Andalus, fondò l’Emirato degli Omayyadi di Cordoba nel 755. È interessante notare che

l’espansione dell’islam nel Mediterraneo, molto rapida sulle coste africane, si

prolungherà per oltre un secolo su quelle europee secondo tre direttrici principali: a)

ad occidente a partire dalla Spagna; b) in centro utilizzando il Mediterraneo (sul

quale ha costruito fortificate basi navali ed una possente flotta in grado di competere

con quelle bizantina) e la penisola italica; c) ad oriente tentando la conquista di

Bisanzio. TORNA

LA DINASTIA DEGLI ABBÀSIDI (750 - 1258) Fu così che, nel 750, si impose la seconda grande dinastia della storia musulmana,

quella degli Abbàsidi, di origine persiana, che detenne il potere sino al 1258 (anno in

cui Baghdad venne occupata dai Mongoli). Poiché il territorio era troppo grande per

essere controllato il potere venne sempre più affidato a piccole dinastie di principi (gli

emiri) che, pur dipendendo sempre dal potere centrale, guadagnavano una maggior

indipendenza. Gli Abbàsidi oltre a distruggere la famiglia regnante, perseguirono, nei

loro confronti, anche una sistematica politica denigratoria, tanto da riuscire, nella

maggior parte dei casi, a costruire e trasmettere un’immagine negativa dei loro

avversari. Gli Arabi persero progressivamente la loro posizione privilegiata rispetto

agli altri popoli e nell’impero emersero i musulmani di origine non araba, come Persiani,

Turchi, Curdi e Spagnoli che costituirono con gli Arabi la nuova classe dirigente. Con gli Abbàsidi terminò l’epoca delle grandi conquiste territoriali e nel 762 la capitale fu spostata da Damasco, in Siria, a Baghdad in Iraq, a metà strada fra il Mediterraneo ed il Golfo Persico in un punto chiave per sfruttare i commerci internazionali. L’Islam si trasferì così nel cuore della Mesopotamia, crogiolo delle

culture mediterranee e di quelle orientali. Con questa decisione il Mediterraneo cessò

di essere il baricentro economico e politico dell’Islam e la penisola arabica, culla

dell’Islam, subì una lenta ma progressiva perdita d’importanza, si disarabizzò cercando

nell'antico Oriente, prima in

quello iranico poi quello turco, i

suoi modelli politici, culturali e

sociali. Gli Abbasidi ridussero

drasticamente il potere dei ceti

dirigenti arabi, coinvolgendo

nell’amministrazione dell’impero

funzionari di origine persiana, che

portavano con sé il bagaglio di

competenze e di specializzazione

amministrative acquisito sotto la

dinastia sassanide. Gli Abbàsidi

affidarono il governo delle regioni occidentali a governatori politici e militari,

chiamati emiri, che di fatto si comportarono come dei sovrani autonomi. L’impero islamico diventò così una compagine multietnica e cosmopolita con caratteri sempre più orientali e cerimoniali di corte di incredibile fasto. I sovrani della

nuova dinastia erano allo stesso tempo capi politici e Imam, cioè guide spirituali e

difesero in modo intransigente l’ortodossia sunnita. Anche l’esercito venne

riorganizzato e gradualmente divenne multietnico e mercenario. Ciò costituì, alla lunga,

un pericolo per lo stesso potere del califfo, in quanto i capi militari divennero sempre

più potenti ed autonomi. TORNA

GLI ABBÀSIDI E L’APOGEO DELLA CIVILTÀ ARABA.

Il vero capostipite della dinastia Abbàsidi fu Al-Mansur (754 – 775), che fondò la

città di Bagdad. Ma l’età d’oro di questo Califfato coincise con Al Mahadi (775 – 785),

Harun Al Rashid (788 – 809) e con Al Ma’mum (813 – 833), califfi di grande

personalità e prestigio.

Con i califfi Al-Mansur e Al Mahadi, la figura del califfo assunse i tratti

caratteristici di un monarca orientale, e si circondò di una corte numerosissima.

Essi inoltre rafforzarono il potere centrale mediante la creazione di un rigido

apparato burocratico controllato dal “Wazir”, o visir, che presiedeva un consiglio di cui

facevano parte i capi dei vari ministeri, quella di berid, capo della polizia segreta,

quella di Qadi, giudice supremo. L’impero venne diviso in province soggette a

governatori che rispondevano del loro operato al visir, ma che operarono con sempre

maggiore indipendenza con l’andare del tempo.

Con Harum Al Rashid (figura accanto) il califfato abbàside segna il

punto più alto. Fu ammirato da tutto l’occidente per la ricchezza

ed il fasto della sua corte, ma fu anche molto temuto per la

potenza dei suoi eserciti. Durante gli anni del suo califfato ci fu

una crescita culturale ed economica, sia in agricoltura sia nel

commercio, che fu favorito anche dalla disponibilità di tecniche di

pagamento evolute, come la cambiale ed il pagamento differito.

Il Califfato di Al Ma’mum rappresentò il periodo di massima

fioritura culturale. L’Islam scoprì la filosofia e la scienza greca in

seguito alle traduzioni promosse dal califfo che fondò a Bagdad nell’832 la “casa della

sapienza” a cui collaborarono i più eminenti studiosi

cristiani e musulmani. Per consentire agli scienziati arabi

la verifica delle conoscenze astronomiche, mediche e

fisiche che venivano apprese dalle opere tradotte, Al

Ma’mum promosse anche la realizzazione di nuovi

osservatori astronomici, di scuole mediche, di ospedali e

di laboratori di chimica e fisica. Con gli Arabi è il vinto

che andrà al vincitore; e potrà farlo solo servendo, come lui, Allah, leggendo, come lui,

il Corano, imparando dunque la lingua, che è la lingua santa e al tempo stesso la lingua

dei dominatori. Tra l’VIII e il IX secolo si resero indipendenti Marocco, Tunisia e

Egitto. Questo smembramento causò l’infiltrazione dei turchi. Nel X secolo il califfato

abbaside entrò definitivamente in crisi. TORNA

L’IMPERO ARABO COMINCIA A DISGREGARSI.

A partire dalla metà del IX secolo e durante il X secolo il califfato andò incontro ad

una progressiva disgregazione e l’autorità dell’impero centrale divenne sempre più

debole. Il proliferare degli uffici non fece altro che aumentare il potere dei visir, che

cominciarono a formare clientele potentissime che minarono la compattezza interna

dell’impero. Già nel corso del X secolo si era diviso in tre califfati indipendenti e

rivali: i domini asiatici con capitale Baghdad; in Egitto, sulle coste settentrionali

dell’Africa e nel Maghreb (Marocco e Algeria) s’impadronì del potere la dinastia

dei Fatimide, che stabilì la capitale al Cairo; in Spagna governarono gli Omayyadi.

L’emirato di Cordova, governato da un ramo superstite omayyade, in questo periodo

consolidò la sua presenza in Andalusia e inaugurò una politica espansionistica sia ai

danni dei cristiani del nord, sia dei berberi del Maghreb.

TORNA

GLI ARABI DI TUNISIA: GLI AGHLABITI. L'indebolimento e di scomposizione, per cause complesse, del Califfato arabo tra il IX

ed il X secolo, vide il formarsi di piccoli stati indipendenti, che si staccarono del tutto

dal tronco centrale, o che conservarono solo una formale dipendenza dal Califfato.

Uno di questi fu lo stato della Tunisia, che era in mano alla Aghlabiti, una dinastia di

emiri di origine araba che, tra i sec. IX e X. Fondatore di questo stato autonomo fu

Ibrāhīm ibn al-Aghlab at-Tamīmī che, dopo aver raggiunto il controllo di gran parte

del Maghreb centrale, nell’800 ricevette dal califfo abbàside i pieni poteri sull'intera

regione (Tunisia e regioni limitrofe), che aveva come capitale Kairouan (al-Qayrawān).

Gli Aghlabidi, o Aglabiti, rappresentarono la prima dinastia musulmana autonoma

all'interno del califfato abbaside.

Nell'827 gli Aghlabiti, spinti all'impresa da Eufemio da Messina ribelle all'Impero di

Bisanzio,

iniziarono la

conquista della

Sicilia. Dopo un

iniziale

successo, che

dette loro il

possesso di

Mazara e di

Palermo (831),

dovettero

impegnarsi

duramente,

costretti come

furono ad

affrontare,

oltre alla resistenza locale, le spedizioni inviate da Bisanzio. Dalla Sicilia poi

condussero scorrerie nell’Italia meridionale conquistando Taranto (838) e Bari (840),

saccheggiarono Roma nell’846 e si portarono fino in Provenza (dove rimasero per circa

un secolo). Nella battaglia navale di Ostia nell’849 però i saraceni furono sconfitti. Pur

attraverso contrasti interni e ribellioni di capi locali, gli Aghlabiti mantennero fino alla

metà del sec. IX una stabilità politica, estesero i loro domini territoriali e promossero

lo sviluppo economico delle regioni da loro controllate attraverso la realizzazione di

opere di pubblica utilità (ponti, cisterne, canali). Sul finire del IX e nei primi anni del

sec. X il dominio degli Aghlabiti, indebolito da frequenti rivolte delle tribù berbere,

venne attaccato dai seguaci di Abu ʽAbdullāh ash-Shīʽī, fautore della dottrina sciita

fatimita; Kairouan, la capitale, cadde e l'intera regione fu conquistata (909).

TORNA

GLI AGHLABITI CONQUISTANO LA SICILIA. Nel 720, 727, 728, 730, 732, 752, 753 si successero le spedizioni arabe contro la

Sicilia; interrotte per un certo periodo a causa delle sommosse civili in Africa.

Nell'806 i Saraceni si impadronirono dell'isoletta di Pantelleria. Gli attacchi alla

Sicilia ripresero nell'827 sotto l'emiro aghlabita Ziyadat Allah I che, approfittando di

una rivolta contro l'imperatore bizantino, tentò un colpo di mano contro Siracusa. Una

flotta araba partì da Sussa nell'827, ma i Bizantini condussero la guerra con decisione

ed energia e una flotta bizantina costringe gli Arabi a togliere l'assedio a Siracusa.

Per parte loro, i Musulmani ricevettero rinforzi dalla Spagna e, successivamente,

dall'Africa. Nei mesi di agosto e settembre dell'831 si impadronirono di Palermo, dopo

un assedio durato un anno, conquistandosi in tal modo una base difensiva in Sicilia.

Malgrado questo scacco, continuò risoluta per mare e per terra la resistenza dei

Bizantini, che tuttavia non riuscirono ad impedire ai Musulmani di impossessarsi

nell'843 di Messina, con l'aiuto dei Napoletani. Nell'859 il centro della resistenza

bizantina fu espugnato e Siracusa fu conquistata il 21 maggio dell'878 dopo un'eroica

difesa. TORNA

LA PENETRAZIONE TURCA.

Il califfato abbaside ricevette il colpo di grazia nel corso dell’XI secolo, quando tribù

di Turchi selgiuchidi, genti originarie delle steppe asiatiche, convertitesi all’Islam,

penetrarono nell’impero e furono accolte nell’esercito come mercenari, acquisendo

sempre

maggiore

potere al

punto da

proclamarsi

nel 1055

protettori

del califfato

abbaside. La

dinastia

abbaside

tuttavia

mantenne

formalmente il potere fino al 1258, anno in cui Bagdad fu espugnata dai Mongoli. Nel

1258, con la presa di Baghdad da parte dei Mongoli, ebbe termine il califfato e la

storia musulmana divenne la storia di piccole (anche se talvolta importanti) dinastie.

TORNA