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167 Giuseppe de Troia Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo frammenti di cronaca del XIII secolo osservazioni critiche di Giuseppe de Troia Premessa Nei risvolti molteplici dei miei studi sulle origini di Manfredonia 1 non era possibile tralasciare, per la logica insita alle ricerche, l’esame degli “Annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo”: spinoso argomento, già vagliato e delibato da insigni studiosi, ma con un risultato globale ambiguo che ne compromette la validità, con- dizione essenziale per ogni indagine storica. Appunti di cronaca, questi “Annotamenti”, oggetto di controversi giudizi, che ne fanno rispettivamente o un falso del XVI secolo oppure una cronaca auten- tica, guastata però da imperizie di copisti e dalla metodologia semplicistica degli studiosi che la riordinarono. Schierarsi tra i fautori della cronaca e scrivere sulla fondazione di Manfredonia ignorando i dilemmi e le problematicità di questa cronaca significava alzare un edi- ficio sopra un’area smottante. Ho cercato allora di riesumare il lavoro già fatto dai critici, di riassumerne il discorso nelle sue direzioni opposte; ho esaminato e confrontato tra loro i più antichi codici spinelliani, per vedere se fossero da accogliere o respingere le notizie dello Spinelli come cosa autentica o come vera e propria impostura. E le conclusioni alle quali sono pervenuto pendono a favore di appunti, originariamente genuini, ma mol- to più lacunosi di quanto non sembrino, con gravi guasti operati, con ogni probabili- tà nel secolo XVI, nell’intento di ordinare e datare quegli Annotamenti in conformità alle fonti storiche note in quel tempo, ma riferendo, talvolta, gli eventi narrati dallo Spinelli a circostanze diverse da quelle a cui l’autore intendeva riportarli. Di tale rior- dino rinascimentale, pertanto, gli Annotamenti portano in svariati punti l’impronta linguistica e l’errata cronologia dei testi cinquecenteschi usati come fonti storiche di raffronto, in modo da sembrare un’impostura partorita in quest’epoca. Ma sotto quella cronologia posticcia e quelle deformazioni operate dai critici del Cinquecento si è scoperta un’altra cronologia e talora un’altra lezione: quella autentica. 1 Giuseppe DE TROIA, Dalla distruzione di Siponto alla fortificazione di Manfredonia. Fasano 1987 (I ediz. 1985, II ediz.1987).

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Giuseppe de Troia

Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzoframmenti di cronaca del XIII secolo

osservazioni critichedi Giuseppe de Troia

Premessa

Nei risvolti molteplici dei miei studi sulle origini di Manfredonia 1 non erapossibile tralasciare, per la logica insita alle ricerche, l’esame degli “Annotamenti diMatteo Spinelli da Giovinazzo”: spinoso argomento, già vagliato e delibato da insignistudiosi, ma con un risultato globale ambiguo che ne compromette la validità, con-dizione essenziale per ogni indagine storica.

Appunti di cronaca, questi “Annotamenti”, oggetto di controversi giudizi,che ne fanno rispettivamente o un falso del XVI secolo oppure una cronaca auten-tica, guastata però da imperizie di copisti e dalla metodologia semplicistica deglistudiosi che la riordinarono.

Schierarsi tra i fautori della cronaca e scrivere sulla fondazione di Manfredoniaignorando i dilemmi e le problematicità di questa cronaca significava alzare un edi-ficio sopra un’area smottante.

Ho cercato allora di riesumare il lavoro già fatto dai critici, di riassumerne ildiscorso nelle sue direzioni opposte; ho esaminato e confrontato tra loro i più antichicodici spinelliani, per vedere se fossero da accogliere o respingere le notizie delloSpinelli come cosa autentica o come vera e propria impostura. E le conclusioni allequali sono pervenuto pendono a favore di appunti, originariamente genuini, ma mol-to più lacunosi di quanto non sembrino, con gravi guasti operati, con ogni probabili-tà nel secolo XVI, nell’intento di ordinare e datare quegli Annotamenti in conformitàalle fonti storiche note in quel tempo, ma riferendo, talvolta, gli eventi narrati dalloSpinelli a circostanze diverse da quelle a cui l’autore intendeva riportarli. Di tale rior-dino rinascimentale, pertanto, gli Annotamenti portano in svariati punti l’improntalinguistica e l’errata cronologia dei testi cinquecenteschi usati come fonti storiche diraffronto, in modo da sembrare un’impostura partorita in quest’epoca.

Ma sotto quella cronologia posticcia e quelle deformazioni operate dai critici delCinquecento si è scoperta un’altra cronologia e talora un’altra lezione: quella autentica.

1 Giuseppe DE TROIA, Dalla distruzione di Siponto alla fortificazione di Manfredonia. Fasano 1987 (I ediz.1985, II ediz.1987).

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

Per tale motivo ho accettato il racconto dello Spinelli sulla fondazione diManfredonia. E però, anche se il lavoro critico di riordino e di ripristino della cronacaspinelliana si è limitato a quanto m’interessava - l’origine di Manfredonia - non hovoluto lasciare nel dimenticatoio le osservazioni da me fatte sull’intera cronaca, chemi hanno indotto ad accettare come originariamente genuina l’opera dello Spinelli.

Pubblico, dunque, queste considerazioni con la premura di sollecitare altristudiosi, interessati da particolari notizie di questa cronaca, ad un lavoro comple-mentare per la parte che spetterà loro di approfondire 2. In tal modo questi appuntidi cronaca della nostra Terra di Puglia potranno essere restaurati con minor fatica econ più appropriata competenza.

2 Per vagliare ricorrenze e festività del XIII sec. citate dallo Spinelli mi sono servito, tra l’altro, di uncalendario religioso in uso nella Capitanata tra il XII e XIII sec.: il “Martirologium pulsanensis cenobii sancteCecilie de Fogia” da me pubblicato in seconda ed. nel 1988 per i tipi di Schena - Fasano (BR).

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Giuseppe de Troia

3 Angelo DI COSTANZO, Historia del Regno di Napoli, Napoli 1710.4 Giovanni Antonio SUMMONTE, Dell’Historia della città e Regno di Napoli, Napoli 1675, lib.II, pag.134.5 BARTOLOMEO CAPASSO, Sui Diurnali di Matteo da Giovinazzo, Firenze 1895, pagg. 87-88.

Nella seconda metà del XVI secolo lo storico napoletano Angelo Di Costanzonel dare alla luce la Historia del Regno di Napoli annunciò nel proemio: “[…] involermi ponere a scrivere mi vennero in mani gli annotamenti di Matteo diGiovenazzo, che scrisse del tempo suo dalla morte di Federico secondo fin a’ tempidi Carlo secondo, e quelli di Pietro dell’Humili di Gaeta, che scrive a pienissimodelle cose di Re Lanzilao, e per questo cominciai da la morte di Federico secondo,ponendo con il miglior ordine, c’ho saputo le cose scritte da loro, e comprobate conl’altre scritture, con tanta fede, et osservanza, che non possa lamentarsi alcuno de’successori di quelli che son nominati ch’io gli habbia fraudati dal loco loro […]”3.

L’autorevole annuncio del Di Costanzo, l’interesse destato dal contenuto e dallavivacità con cui erano scritti quegli Annotamenti ne favorirono la rapida divulgazione.

Traspare dalle parole del Summonte: “[…] poiché la mia intenzione è d’inse-rire in questa Historia quasi ad verbum, quest’autore, a fin che il curioso non restidegli scritti di costui privo, che tanto son desiderati […]”4, il vero motivo delladiffusione dello scritto di Matteo.

Ben presto, però, ad opera di critici quali il Tafuri, il Pollidoro, il Capecelatroed altri, furono messi in evidenza i più appariscenti errori cronologici di questacronaca che però era tenuta sempre in grandissima considerazione. Frattanto talecronaca veniva inserita dal Gravier nella Raccolta di tutti i più rinomati scrittoridell’istoria generale del Regno di Napoli, dal Muratori nei Rerum ItalicarumScriptores, dal Caruso nella Biblioteca Historica Regni Siciliae, dal Del Re nellaRaccolta dei Cronisti e Scrittori sincroni napoletani con commento del Minieri Ric-cio ed infine dal Pertz nei Monumenta Germaniae Historica con un’intelligentecollazione di codici ad opera del Pabst.

Sia il Minieri Riccio che il Pabst nelle loro edizioni seguirono il metodo delLuynes. Questi sin dal 1839 nel suo Commentaire historique et chronologique surles éphémerides intitulées “Diurnali” di Messer “Matteo Spinelli di Giovenazzo”dette per primo un diverso ordinamento e un’altra cronologia agli Annotamenti,avendo felicemente intuito che le date apposte non dovevano essere genuine maposteriormente aggiunte.

Ma se il Luynes bene aveva sentenziato, a proposito di quella posticcia crono-logia, le nuove edizioni dei Diurnali (Minieri e Pabst) misero in evidenza gli inconve-nienti ed il paradosso che derivavano dal differente riordino dei Diurnali ad opera delLuynes, del Minieri e del Pabst. Si riscontra ad esempio, che il § 7° dal Luynes èdatato al 1233, dal Pabst al 1249 e dal Minieri al 1250. “Ora volendo adoperare latestimonianza di Matteo per illustrare la storia napoletana di quel secolo” - obietteràqualche anno dopo il Capasso 5 - “a chi di costoro aggiusteremo fede, se talora essistessi, come per es. il Minieri, cangiano sentimento sopra un medesimo paragrafo?”

Il problema centrale di questi Annotamenti, però, che in un primo tempo eraquello della datazione dei paragrafi, d’improvviso cambiò.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

A guisa di un’esplosione il prof. Guglielmo Bernhard pubblicò a Berlino nel1868 un’importante opera 6.

Con un minuzioso richiamo di documenti e di testi ed una critica incalzanteil Bernhard, evidenziati tutti gli errori e gli anacronismi, definì quella cronaca unfalso partorito nel XVI secolo dallo storico napoletano Angelo Di Costanzo.

A difesa dei Diurnali si levò il Minieri Riccio con una documentata pubblica-zione: (I notamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo difesi e illustrati). Ma controgli stessi Diurnali scrisse Bartolomeo Capasso con un’analisi ancora più minuta delBernhard. Il Minieri aprì la polemica anche col Capasso il quale riordinò e pubblicòla Historia Diplomatica Regni Siciliae inde ab anno 1250 ad annum 1266. Il Minieririprese a confutarlo. La polemica ferveva in Italia e in Germania con l’interventodei più insigni studiosi dell’epoca.

Siamo al vertice della cultura positivistica quando tutto il patrimonio delle fontistoriche veniva vagliato al lume dei documenti. Matteo di Giovinazzo subì il giudizio inquel clima di severa revisione. Non era più l’atmosfera in cui la narrazione di Matteo eratanto “stimata e desiderata” e tutti gli errori erano scusati e addebitati ai copisti.

La narrazione di Matteo fu messa in evidenza in tutti i suoi anacronismi e aconfronto con documenti e cronache autorevoli. Sopratutto si sottolineava la falsi-tà di ciò che Matteo narrava di aver visto di persona.

La materia del contendere non era solo l’indicazione degli anni; si dimostra-va che gli eventi narrati da Matteo o erano inventati o erano avvenuti in altra circo-stanza non conciliabile con la sequenza degli avvenimenti così come annotati dalcronista. Sicchè la presenza del cronista agli eventi ai quali accenna era la comprovadella totale falsità della narrazione secondo la critica avversa alla genuinità dellacronaca 7.

Gli anacronismi di quella cronaca, dunque, distruggevano la cronaca stessa.Nè era accettabile il criterio di giustificare ogni volta gli errori della cronaca con lesviste dell’amanuense il quale, non sapendo il modo di computare gli anni usato daMatteo e volendone ordinare gli appunti li avrebbe interamente “guastati e confu-

6 GUGLIELMO BERNHARD, Matteo di Giovinazzo eine Falschung des XVI Jahrhunderts, Berlino 1868.7 Quando ad es. Matteo racconta che, “lo iuorno de santo Mattia (1265) partìo lo Re da Benevento” e il

giorno dopo il re “cavalcao verso Napoli” ove vi fu tutta una parata di nobili e uomini d’arme con corteoregale in grande uniforme, uno sfoggio di vesti e di ori “tal che ad vita mia non viddi chiù bella vista”, l’attestatapresenza stessa di Matteo a quegli eventi è per i critici avversi la prova della impostura.

La critica obiettò infatti che, pur trascurando l’anno errato, 1265, riportato nei Diurnali, al 24 febbraio(giorno di Santo Mattia) del 1266, la battaglia di Benevento, che decise le sorti del Regno, non era ancoraavvenuta, ma ebbe luogo due giorni dopo, all’indomani della più bella festa che Matteo asserisce di avergoduto in Napoli all’ingresso trionfale di re Carlo e della Regina!

E per quanto il Minieri (I notamenti di Matteo Spinelli difesi ed illustrati, Napoli 1870 pagg. 86-87)argomentasse che il copista, certamente, tralasciò di scrivere qualche parola perché ivi, non “lo iuorno desanto Mattia” doveva star scritto, ma “lo iuorno de lunedì dopò la festa de Santo Mattia” ovvero “lo iuorno inla ottava de santo Mattia”, tutto ciò rimaneva pur sempre una correzione ed una ipotesi del Minieri, contrad-detta, inoltre, dai documenti angioini che registravano la presenza di re Carlo a tutto il 1° marzo in Benevento,a metà marzo in Barletta, e fino alla metà di aprile in Lagopesole.

La logica e i documenti davano ragione agli avversari di Matteo.

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si”. Erano ipotesi, queste dei difensori di Matteo, per giustificare il disordine cro-nologico dei Diurnali e la necessità di un riordino. Ma ora, di fronte all’altra ipotesiche riteneva quegli appunti opera di un falsario, era necessario dimostrare che quel-le annotazioni, quella cronologia erano stati veramente corrotti rispetto al primiti-vo ordinamento; era necessario mostrare che i Diurnali avevano avuto in origineper davvero un altro ordinamento cronologico.

Bisognava dimostrare perché mai il copista nel trascrivere le date ne avrebbealterato gli anni o non trovandone alcuno l’avrebbe apposto, nei limiti delle propriecognizioni, scompigliandone il contesto cronologico. Bisognava dimostrare al lumedi quale criterio storico questo copista avrebbe operato nel guastare quella cronaca.

Quei dotti critici l’uno dopo l’altro chiusero i loro giorni. La polemica sifermò dove essi l’avevano lasciata. I Diurnali di Matteo furono radiati dalla lettera-tura storica. Di tanto in tanto venivano citati in qualche lavoro, ma come un riferi-mento privo di qualificazione storica.

Tuttavia non tutti gli studiosi rimasero convinti delle argomentazioni delBernhard e del Capasso; anzi il dotto autore del Codice Diplomatico Angioino, Giu-seppe Del Giudice, con perspicacia, equità di giudizio e molta competenza scrisse:“Non saprei dire quanto i Diurnali dello scrittore di Giovinazzo, da questa dottapolemica abbiano guadagnato o perduto di autorità, certamente ci ha non pocovantaggiato la scienza storica. I lavori del Minieri e del Capasso sono pregevolissi-mi non tanto per lo scopo cui sono diretti, quanto pel loro intrinseco valore. LaDifesa de Notamenti di Matteo Spinelli pubblicata dal Minieri contiene notizie sto-riche, autorità e documenti importanti, anche fatta astrazione da ciò che riferir sipossa allo Spinelli, e l’Historia Diplomatica Regni Siciliae dal 1250 al 1266 del Capassoè un dotto e faticoso lavoro che non si può dire scritto a solo effetto di mostrare glierrori del falso Matteo di Giovinazzo.

Che quella cronaca poi non abbia molto guadagnato nè perduto di autoritàda siffatta controversia, è una mia opinione che forse non piacerà nè ai difensorinè agli oppositori. Se non vado errato, sembrami, che i Diurnali dello Spinelli,anche dopo quello che si è scritto pro e contro, rimangono e rimarranno quelliche sono stati sempre, una cronaca cioè, di cui non si è conosciuto mai l’originale;una cronaca, le cui copie non cominciarono ad essere note che dopo la metà delXVI secolo; una cronaca di cui i copisti aveano fatto brutto scempio per le date, eper le parole scambiate e scorrette; ma con tutto ciò una cronaca, la quale a moltierrori madornali di storia, indegni di uno scrittore che vuol dirsi sincrono, con-giunge parecchi fatti importanti che la critica non può ascrivere se non ad unoscrittore del tempo. Voglio dire che que’ Notamenti, siano di uno Spinelli o dialtro autore, hanno qualcosa di vero e qualcosa di falso; notizie che non hannopotuto derivare se non da autore antico, e notizie aggiunte posteriormente chenon hanno alcuna autorità, trovandosi in opposizione con fatti certi dell’istoria.Per quanto poi riguardi la quistione filologica non voglio entrare neppure io,quando non ci è entrato ancora nè il Minieri nè il Capasso. Ho dovuto dilungarmialquanto su ciò, perché due luoghi de’ Notamenti dello Spinello io credo così

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conformi alla verità, che meraviglio, come dallo stesso Minieri si abbiano volutoalterare alquanto nella cronologia...” 8.

E qui il Del Giudice prosegue illustrando e documentando due passi delloSpinelli.

In realtà, indipendentemente dalla cronologia errata o confusa si recepisce, dauna lettura attenta degli Annotamenti, un’impressione che dissuade dall’idea di falso.Del resto sia il Bernhard che il Capasso spesso restano sconcertati davanti alla esat-tezza di alcuni luoghi dei Diurnali e, non trovandovi una ragione sufficiente o unafonte per giustificare quelle informazioni così circostanziate, a differenza dei difenso-ri di Matteo che gli errori attribuivano ai copisti, danno il merito di quelle esattelezioni “al caso”. Lo stesso Capasso scrive: “In questi fatti, dei quali io innanzi hocontestato la veracità, tuttocchè Matteo li narrasse come avvenuti sotto i propri oc-chi, vi è, debbo pure confessarlo, sempre qualche cosa di vero che forma il sostrato ditutto il racconto e che è poscia ampliato ed abbellito dalla fantasia del cronista” 9.

Quella dotta polemica, se da un lato, per merito degli oppositori, mise inevidenza in quale stato ci era stata tramandata quella cronaca, dall’altro per le ricer-che perspicue dei difensori, mise in luce, con l’avallo di documenti e cronache, l’au-tenticità di situazioni e di eventi incontestabili, davanti a cui la critica fatta dalBernhard si palesò sovente alquanto sprovveduta.

Che un rifiuto criticamente valido dello Spinelli richiedesse ben altra cautelae pazienza di studi che quelle evidenziate dal Bernhard, fu dimostrato dal Capassoquando si sottopose alla fatica di una ricostruzione della Historia Diplomatica perricavare le pezze d’appoggio necessarie a un confronto sicuro per “sbugiardare glierrori storici e cronologici dei Diurnali” 10.

Pure, a un più attento esame, la Historia Diplomatica del Capasso - senzanegare all’autore il merito di aver riordinato in sequenza cronologica documenti edeventi dal 1250 al 1266 - parve lacunosa e inadeguata a sbugiardare lo Spinelli; sicchè,a ragione il Del Giudice poteva sentenziare che, pur dopo quanto era stato scritto,i Diurnali dello Spinelli rimanevano quelli che erano sempre stati.

Il fatto è che per le disavventure dei tempi non molto era stato possibile rin-tracciare e racchiudere in quella Historia Diplomatica, e perciò in moltissimi puntiil confronto coi Diurnali non era proponibile, mentre laddove quella Historia Di-plomatica riporta documenti, il cui contenuto può consentire tale confronto con gliAnnotamenti dello Spinelli, questi, talora, ne risultano straordinariamente magnifi-cati, con eversione totale della critica avversa su quei punti.

Fu senza dubbio un merito del Bernhard mettere il dito sulla cronologia er-rata; del Minieri Riccio e dei difensori della cronaca nel dire che bisognava fareattenzione al contenuto più che alla cronologia; del Luynes nell’intuire che le date

8 Archivio Storico delle Province Napoletane, anno III f.I: GIUSEPPE DEL GIUDICE, La famiglia di re Manfredi,Napoli 1862 pagg. 58/59.

9 Bartolomeo CAPASSO, Sui Diurnali, cit. pag. 70.10 Bartolomeo CAPASSO, Ancora I Diurnali di Matteo da Giovinazzo, Firenze 1896, pag. 8.

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apposte non erano genuine; del Capasso nel comporre la Historia Diplomatica e delMinieri nel pubblicare tanti documenti; bene fece il Pabst a collazionare i più anti-chi manoscritti dei Diurnali: il lavoro di questi dotti uomini ha giovato, oltre cheagli studi storici, a meglio conoscere i Diurnali di Matteo, ma non a distruggerli.

È vero che l’eccessivo rigore con cui si pretese esaminare i Diurnali, scam-biandoli quasi per un regesto di diplomi, lungi dal condurre la critica avversa sullastrada giusta, l’ha portata a conclusioni estreme che non soddisfano e non risolvo-no gli enigni della cronaca in quanto il problema può dirsi che fu minuziosamentetrattato ma non risolto.

Ancora oggi, a distanza di cento anni da quella dotta contesa, il problema è dinuovo alla ribalta 11.

Oggi, però, è possibile leggere nei Diurnali con più chiarezza alla luce diquella critica. Con un attento studio, sotto quelle incongruenze e quelle deformazionidenunciate dai critici è possibile scoprire appunti di cronaca registrati da chi vissenei tempi dei quali narra.

Alla cronaca dello Spinelli, per quanto a noi pare, è toccata la sorte di alcunechiese romaniche alterate da sovrastrutture e restauri del Rinascimento e del Baroc-co fino al punto da farle apparire piuttosto opere di queste epoche che di quellaromanica; si deve soltanto alla diligenza e allo studio dei nostri soprintendenti earchitetti se sono state restituite alla austerità delle antiche forme. È quanto riscon-triamo per la cronaca di Matteo Spinelli. Falsata da varie manipolazioni e deforma-ta in più luoghi, essa rende apparenza di una falsificazione del XVI secolo comeritenne il Bernhard. È necessario, pertanto, un’ulteriore revisione critica che resti-tuisca quella cronaca alla genuinità del testo originario.

A un esame sommario, grossolane contraddizioni si notano nei Diurnali: dauna parte i fatti narrati che, come confessò lo stesso Capasso, “hanno sempre qual-cosa di vero” con molti particolari che trovano riscontro in documenti, cronache,usi, costumi, e leggi di allora; dall’altra, la disordinata sequenza degli eventi, sicchèfra avvenimenti di un determinato anno spesso sono intercalati o succedono fattiche storicamente precedono.

Per quanto riguarda la cronologia, altra contraddizione si rileva nel fattoche mentre gli anni sotto cui sono registrati gli eventi, sono quasi sempre anticipatiin serie, e perciò errati in tal guisa, i mesi e talora i giorni, in cui sono annotati glistessi eventi, sono frequentemente esatti 12.

11 SAVERIO DACONTO, I Diurnali di Matteo Spinelli da Giovinazzo, Giovinazzo 1950. FILIPPO ROSCINI, Ilmio Matteo Spinelli; La verità stà dalla parte di Matteo Spinelli; Così parlava Matteo Spinelli, Giovinazzo,1965. PIER FAUSTO PALUMBO, La fondazione di Manfredonia in Atti del III Congresso storico Pugliese, Bari1955 pagg. 377-393. FRANCESCO GIUNTA, Manfredi e Manfredonia, in Annali della Facoltà di Magistero diPalermo, 1963-1965.

12 La morte di Corrado e quella d’Innocenzo IV sono annotate ai mesi rispettivi in cui avvennero; la tantodiscussa elezione di Alessandro IV è registrata in alcune copie dei Diurnali come ultimo evento dell’anno(dicembre) e, in altre copie, come primo evento dell’anno successivo: dunque nel periodo esatto di giorni incui quella elezione avvenne e se ne propagò la relativa notizia. L’incoronazione di Manfredi, i preparativi perle nozze di Costanza con Pietro d’Aragona, la venuta di Corradino, ecc., sono eventi riportati con esattezza

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

Al di là di queste contraddizioni, la cui parte negativa in sostanza è costitu-ita dalla cronologia errata degli anni, molti particolari dei Diurnali portano il segnodi inconfutabile autenticità.

Multe e pene inflitte ai protagonisti di alcuni eventi narrati risultano com-minate in perfetta rispondenza con le particolari leggi dell’epoca. È notevole, atale proposito, il fatto che il Bernhard, avendo voluto riconsiderare i processi pervalutarne le penalità, abbia trovato queste non commisurate alle sanzioni delleleggi coeve, deducendo una ulteriore prova di falso della cronaca 13. Al contrarioil Minieri 14 ed il Capasso 15 dimostrarono l’esattezza di quanto lo Spinelli riporta-va. Per conseguenza il presunto falsario del ‘500 - che secondo il Bernhard avrebbepartorito la cronaca - non solo dava prova di conoscere meglio del Bernhard le leggidel XIII secolo, ma avrebbe inventato i processi di quel secolo con rara perfezionee ineccepibile competenza!

Ancora, stati d’animo, cause e ragioni di particolari fatti, nomi di persone edi funzionari, trovano sovente perfetto riscontro in documenti e cronache del XIII

storica dei rispettivi mesi, anche se con gli anni generalmente errati. Ma la registrazione esatta dei mesinon si riscontra soltanto in eventi famosi, la cui informazione può supporsi desunta chissà da quali fonti, maaltresì in fatti di scarsa importanza. Eccone uno dei tanti. Alla fine del settembre 1253, dopo la resa di Napoli(10.10.1253) assediata per nove mesi da Corrado, Matteo annota al 20 ottobre la distruzione delle mura diNapoli. Successivamente “alli 10 di decembre” è annotato l’arrivo di Corrado a Barletta e alla vigilia di Natalela partenza dell’imperatore per Melfi. In tale zona Corrado rimase fino alla morte avvenuta nella primaveraseguente. Ora, da dove avrebbe dedotto il presunto falsario i mesi e l’itinerario stesso di Corrado (nella primametà di dicembre a Barletta in Puglia e dalla fine dello stesso mese a Melfi ?) JAMSILLA GIUSEPPE (in GiuseppeDEL RE, Napoli, Cronisti e scrittori sincroni, pag. 117) scrive infatti che Corrado, dopo la presa di Napoli,“..reversus autem in Apuliam in hyeme sequenti,...” e SABA MALASPINA (in DEL RE, cit., pag.210) aggiunge cheCorrado “...iuxta montes Focarios prope Melfiam et Venusium cum infinito exercitu castrametatus existens incampis...”. È strano che il Capasso nella sua Historia Diplomatica (pagg. 57 e 67) non abbia notato questoparallelo tra Matteo Spinelli e i due suddetti cronisti dei quali riporta pure i passi. Per Jamsilla e Malaspinavedi quanto precisato nell’ultimo capoverso della successiva nota 15.

13 Tale è il caso della uccisione di un Saraceno in Barletta così narrato dallo Spinelli: “A lo primo desettembre Pauluccio della Marra accise uno Sarracino, et li cittadini de Barletta lo salvaro, et ne foro impisidui, et la terra ne pagao mille augustali de pena”. Il Bernhard così lo commenta (pagg. 29-30): “... Qui il fattoè manifestamente inventato. Federico II aveva promulgato una legge, per la quale quando un omicida si fossesottratto al giudizio, la respettiva comunità dovea pagare al fisco 100 augustali, se l’ucciso era cristiano, 50 seera mussulmano o ebreo. Questa legge fu in seguito confermata dagli Anjous e dai Papi. Sicuramente l’impe-ratore non può aver sentenziato contro le sue proprie costituzioni, e invano Huillard-Breholles,l.CCCLXXXVII, cerca di spiegare la parte presa dai cittadini alla fuga di Pauluccio. Piuttosto diremo chequesto racconto è inventato...”

14 MINIERI RICCIO, cit., pagg. 152-155 riportando il testo dei titoli 14 e 107 delle Cost. di Federico IIriguardanti rispettivamente De homicidiis puniendis e De contumacia alicuius universitatis, nonché quantoprevisto dal titolo 3° del libro 2° delle stesse Costituzioni, De forbannitis et foriudicatis, dimostrò l’esattezzadelle pene inflitte - la multa di mille augustali alla città di Barletta e la impiccagione dei due Barlettani cheavevano nascosto Paoluccio della Marra. Difatti, il tit. 30 del lib. 2° prescriveva la stessa pena del reo percoloro che lo avessero occultato, cioé, nel caso in esame, la pena capitale della impiccagione. In base alpremenzionato tit. 107, invece, la Università citata a comparire per presentare l’omicida Paoluccio della Mar-ra, resasi contumace, fu condannata al pagamento di mezzo augustale per ogni fuoco; e poiché Barletta nume-rava 2000 fuochi fu penalizzata giustamente con 1000 augustali.

15 Bartolomeo CAPASSO, cit. pagg. 75-77.

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secolo, sconosciute all’epoca del presunto falsario del XVI secolo 16. Nonostante queste prove ed impronte di autenticità, la critica avversa op-

pose alcune gravi motivazioni alla accettazione globale dei Diurnali:

1° - gli anni errati;

2° - la disordinata sequenza degli eventi;

3° - la lingua non genuina;4° - l’attestata presenza dell’autore in eventi che, o non avvennero o accaddero

in epoche e circostanze diverse.

Intendiamo dimostrare che questi guasti, che si oppongono alla autenticitàdella cronaca, hanno un’unica origine, una causa, che non derivò dallo Spinelli.

È notevole il fatto rilevato dal Bernhard che gli anni annotati ai principalieventi trovino perfetta rispondenza in altre fonti ed in particolare modo nella Cro-naca del Villani. Stando così le cose, il Bernhard concluse che appunto quelsincronismo di anni errati nella Cronaca dello Spinelli e nelle altre fonti, che eranoservite al falsario per comporla, era la prova della falsificazione e delle fonti usate.Ma abbiamo osservato che i Diurnali, oltre gli anni errati, riportano di frequente imesi esatti, quali le presunte fonti del falsario non registrano affatto. Ora, comeavviene che questo presunto falsario conosce spesso alla perfezione i mesi e talora igiorni, i luoghi e i nomi dei personaggi che fa recitare negli eventi descritti, e poiignora completamente gli anni? 17.

16 Fra i tanti fatti che avremo occasione di esaminare più avanti, eccone uno di particolare sapore psicologico.Quando nel maggio del 1265 Carlo d’Angiò giunse a Roma chiamato dal Pontefice alla conquista del Regno, lanotizia stupì Manfredi per il modo con cui Carlo era arrivato. Nonostante che ottanta navi della flotta svevafossero state inviate per sbarrare il passo alle 30 galee di Carlo ed un gran fortunale sconquassando le navi diCarlo le costringesse ad approdo di fortuna per riparare i danni, Carlo giunse sano e salvo alle foci del Tevere.Giovanni Villani (Cronica, lib.VII cap.III) scrive che la venuta di Carlo “[…] fu tenuta molto meravigliosa esubita, e dal re Manfredi e da sua gente appena si potea credere”. Il Villani non aggiunge altro. Ma lo Spinelli cirivela tutto lo stato d’animo di Manfredi in quella occasione “[…] et allora se disse che lo re Manfredo restaomale contento, che vedea la rovina che li veneva sopra” È un tratto dello stato d’animo di Manfredi in quelparticolare momento, ma è anche un tratto della personalità di Manfredi attento a leggere negli eventi il segno delpresagio: più tardi, a Benevento, l’aquila d’argento che gli cadrà dall’elmo prima di iniziare la fatale battaglia, saràper lui il signum Dei. Così in quell’arrivo fortunoso di Carlo, Manfredi intuì e presentì il destino del suo Regnoe di se stesso. Dello stato d’animo di Manfredi denunciato da Matteo con poche parole ma dense di significato,ci dà conferma Saba Malaspina il quale narra che a quella notizia Manfredi “.... coepit mente fremescere et animoconturbari ... ed ancora ... Ex iis et allis signorum praesagiis et portentis, quae coelum, terra, mareque praetenderantintellectus Manfredi recipere poterat quod ex divino iudicio, cui suis fortuna cedit incursibus, singula huiusmodierant quaedam praeambula praeparatoria contra eum.... Sed, quamquam regi praefato sua et suorum ex iispraecedentibus signis proxima desolatio daretur intelligi... “ (pag.242).

Ma questo non è che uno dei tanti casi in cui Saba Malaspina, pur nell’enfasi dell’idioma latino, e MatteoSpinelli nella semplicità dei suoi Annotamenti sono vicini nel racconto e nelle impressioni.

È da avvertire che le Historie sia di Jamsilla che di Saba Malaspina furono scoperte solo nel XVIII secolo,indi pubblicate prima dal Caruso e poi, in forma più corretta dal Muratori.

17 È il caso di osservare che alcune di quelle esatte annotazioni di mesi sono spiegate dal Bernhard o con stranicalcoli che il falsario avrebbe fatto, o che questi le avrebbe mutuate in qualche caso dal Fazello e da altre fonti, ovveroche avrebbe “giocato il caso”. Altrove il Bernhard tace. Matteo invece in quasi tutti i paragrafi annota mesi e giorni.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

Inoltre, dove il racconto di quelle fonti è scarno, quello di Matteo è coloritodi particolari, non inventati come presunse il Bernhard, ma frequentemente avallatida cronache e documenti coevi.

Per questi motivi e per quelli precedentemente accennati, dobbiamo accan-tonare le deduzioni del Bernhard, per trovare altre ragioni che spieghino le con-traddizioni della cronaca.

La consuetudine di tramandare ai posteri notizie della gesta e degli eventiaccaduti nella propria epoca è un fatto rilevabile fin dai tempi antichi, per la qualcosa troviamo nelle più antiche biblioteche volumi manoscritti di antiche memorie:veri monumenti dei tempi passati. Questi manoscritti di memorie, in forma piùrudimentale, esistevano pure in quasi tutte le famiglie cospicue in cui vi fosse qual-cuno che sapesse scrivere: erano per lo più quaderni di appunti, più o meno ampinelle descrizioni, secondo la versatilità o meno di colui che vergava.

Vi si annotavano importanti date, eventi di un certo rilievo, sia della fami-glia, che della storia cittadina e regnicola, e secondo gli interessi di ciascuno, si davarisalto a questioni di agricoltura, di commercio, di politica e via di seguito. Così adesempio, dai protocolli del notaio Dionisio di Sarno, vissuto all’epoca di re Ladislao,abbiamo notizie di una cronaca di casa Marramaldo, una di casa Ruffolo, una dicasa Arcuccio, una di casa Cotugni, una di casa Costanzo, ecc. 18.

Tuttavia questi manoscritti erano appunti privati, che nulla avevano a vede-re con gli scritti di coloro che, per le funzioni svolte negli alti ranghi della vitasociale e politica, davano un carattere quasi professionale alle loro opere. Così, adesempio, la Historia di Saba Malaspina domini Papae scriptor, o quelle cronachescritte nel silenzio degli antichi cenobi, o ancora i dodici libri della Cronica di Gio-vanni Villani, nelle quali opere è evidente l’intenzione di scrivere non degli appuntima una cronaca, una storia.

Quei quaderni di appunti, dunque, venivano tramandati di padre in figlio.Spesso quelle memorie rimanevano così come erano state scritte. Vi era però il casoche qualcuno dei posteri continuando a scrivere vi aggiungesse le notizie della pro-pria epoca o integrasse le precedenti memorie con notizie di altra fonte.

E poiché a quei tempi la stampa non esisteva, quelle memorie si riproduceva-no trascrivendole. Così troviamo nelle nostre biblioteche volumi manoscritti (codici)che raccolgono svariate memorie di diversa provenienza. Naturalmente le copie, fattea distanza di secoli, non hanno la testimonianza di antichità che nell’originale è dato etraspare dallo stesso supporto di carta brunito dal tempo oltre che dalla scrittura, nèhanno la fedeltà di una fotografia, per cui spesso sono piene di errori di copiatura, ecc.Cosicché una volta uscite fuori dalla casata di origine, che per tradizione di famigliane conosceva la genuinità e le vicende, quelle memorie diventavano gli appunti deltale e del tal’altro magari anonimo. Uno studioso, dunque, che aveva tra le mani unadi quelle copie e nulla sapendo delle vicende e dell’autore di quelle memorie, era

18 Bibl.Vaticana, cod. barberino latino 4935.

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Giuseppe de Troia

logico si chiedesse: dicono il vero queste memorie? Sono state scritte da un contem-poraneo ai fatti narrati? E per sincerarsi non poteva fare altro che confrontare quellememorie con altre di più sicura provenienza. Constatiamo, ad esempio che il Di Co-stanzo, avute tra le mani antiche cronache, tra cui gli Annotamenti di Matteo Spinelli,non si pose a comporre la sua Historia del Regno di Napoli, senza aver prima “com-probati con l’altre scritture” quegli Annotamenti.

Dal XIV al XVI sec. si divulgò, prima manoscritta, poi a stampa, la cronacadel Villani. Per la mole delle notizie raccolte s’impose come fonte storica di primafede. Gli studiosi ad essa facevano principalmente ricorso, per vagliare memoriescritte o per comporre le loro opere di storia. Di questa stima goduta dalla cronacadel Villani ci danno testimonianza gli storici vissuti in tale epoca. E tra i primi, ilcitato Di Costanzo con i suoi continui riferimenti a Giovanni Villani cui dà “piùfede, ch’à tutti gli altri” 19; il Summonte che proprio a proposito dei Diurnali diMatteo Spinelli scrive: “[…] poiché realmente con fideltà da costui le cose di queitempi in questo Regno son riferite, nè vi fu altro che di ciò tenesse cura, e riscontra-te con quel che scrive il Villani Fiorentino in molte cose van concordi: e perciòdeveno come cosa singulare esser tenuti in molto preggio […]”20.

E pertanto, gli studiosi, sollecitati da siffatta fede, presero a correggere einterpolare antiche memorie scritte in lingua volgare conservate nelle proprie bi-blioteche. Così fu ad esempio dell’antica Cronaca di Partenope, la cui seconda partefu interpolata sin dal XIV sec. con ben 18 capitoli presi integralmente dal Villani 21;capitoli interpolati a loro volta con notizie di altre fonti. La Cronaca di Partenope,però, era stata già riprodotta e diffusa prima ancora di essere interpolata con i capi-toli del Villani, cosicché dal riscontro dei diversi manoscritti è stato agevole rilevarele interpolazioni e i guasti e ricondurla alla sua primitiva lezione.

Gli Annotamenti dello Spinelli, probabilmente, non ebbero la ventura diriprodursi anzitempo in molte copie, come era avvenuto per la Cronaca di Partenope.Essi dovettero rimanere per lungo tempo tra le carte private di famiglia, trascritti einterpolati di padre in figlio e riprodotti, forse, solo in qualche rara copia.

I più antichi manoscritti dei Diurnali esistenti, o meglio noti al giorno d’og-gi, appartengono alla fine del sec. XVI o al principio del sec. XVII. Tra i più impor-tanti citiamo:

A/1 - cod. XB 28 bis della Biblioteca Nazionale di Napoli; sul cui prospettoè scritto:

“Cronica di Matteo da Giovenazzo che incomincia dall’anno 1248, quales’è copiata da un libro grande in Napoli l’anno 1598 - Gli Annali di M. MatteoSpinello da Giovenazzo ut iacent” alla fine del manoscritto è annotato: “a 29 aprileè finita questa copia”.

19 ANGELO DI COSTANZO, Historia del Regno di Napoli, Napoli 1710, pag. 18.20 GIOVANNI ANTONIO SUMMONTE, Historia della città e Regno di Napoli, Napoli, 1625, tomo II pag. 134.21 Antonio ALTAMURA, Cronaca di Partenope, Napoli 1974.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

A/2 - cod. berlinese custodito tra i manoscritti italiani della biblioteca regia;pubblicato dal Pabst in M.G.H., SS, t. XVIIII pagg. 464/493.

A/3 - cod. 115 Gudiano Latino della Herzog-August Bibliotek diWolfenbuttel del sec. XVII.

A/4 - cod. X A 23 della Bibl. Naz. di Napoli del sec. XVII, contenuto nelfol.44 del vol. IV di una Miscellanea istorica.

A/5 - cod. 10182 della Bibl. Naz di Parigi collazionato dal Luynes per la suaedizione Commentaire historique et chronologique sur les ephemérides intituléesDiurnali di Matteo Spinelli di Giovinazzo - Paris 1839.

A/6 - copia posseduta dal Summonte e parzialmente trascritta nella sua“Historia della città, e Regno di Napoli”.

B/1 - cod. Barberino latino 4935 della Bibl. Vaticana attribuito alla fine delsec. XVI. Sul prospetto reca scritto:

“Gli Annali di Messer Matteo Spinello da Giovenazzo - Rescritti da quelliche sono in potere del sig. Michele Gesualdo. Ne quali perciò vi mancano in treluoghi alcune carte parte per difetto di esse, et parte per non possernose leggere,essendono dal tempo corrose, et guaste. Perciò si è lasciato qui il spatio delle cartebianche, accioché occorrendo di rincontrare in alcun’ altra anticha copia quello chemanca ve si possa giungere. Ma […] etc.” (prosegue con alcune cosiderazioni).

B/2 - cod. di Giovanni Bernardino Tafuri che servì per la edizione del Mura-tori in R.I.S. (codice Neritino).

B/3 - cod. X C 52 della Bibl. Naz. di Napoli scritto in data 3 novembre 1707con la stessa intitolazione del cod. B/1 (Capasso B/3) 22.

B/4 - cod. X B 28 della Bibl. Naz. di Napoli di carattere del sec. XVII senzal’intestazione di provenienza.

B/5 - cod. XIV E 34 della Bibl. Naz. di Napoli di carattere del sec. XVII conla stessa intitolazione del cod. B/1.

Vi sono inoltre dei medesimi Annali due edizioni a stampa del secolo XVII:

AS/1 - edizione stampata a Napoli da Roberto Mollo nella seconda metà del

22 Bartolomeo CAPASSO, Sui Diurnali di Matteo, cit., pagg.18-22.

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sec. XVII ed attribuita al Campanile. Su questa prima edizione fu stampata unaseconda di 150 esemplari nel 1872. Questa seconda edizione, impressa a Napoli acura di Gennaro Vigo e Giuseppe Dura, è copia fedelissima della prima della qualeriporta e riproduce tutti i particolari, errori compresi.

AS/2 - edizione tradotta in latino a cura del gesuita Daniele Papebroch, pub-blicata nel vol.V degli Acta Sanctorum del 1685, mese di maggio, pagg. 40-49. Nellaprefazione il Papebroch dichiara che tale edizione è derivata da un manoscrittoesistente nella Bibl. del Collegio dei Gesuiti di Viterbo e che tale manoscritto erapervenuto alla predetta biblioteca per lascito del card. Cobellucci nel 1627. Nellaseconda edizione degli Acta Sanctorum (1722) furono aggiunte al testo viterbiensealcune varianti tratte da un cod. Gesualdino della Casa Madre di Roma.

Tralasciamo di elencare i numerosissimi altri manoscritti o edizioni di epo-ca posteriore, aventi pressappoco le stesse caratteristiche di quelli di sopra citati macon maggior numero di interpolazioni e guasti sia di cronologia che di lingua 23.

Dalle avvertenze riportate nei codici sopra descritti si deduce che i testi deri-varono da copie più antiche. Difatti il cod. napol. X B 28 bis fu ricopiato da un“libro grande in Napoli”; il testo del Papebroch da un codice viterbense del card.Cobellucci; il codice Barberino da un manoscritto in possesso del sig. MicheleGesualdo; Scipione Ammirato nel suo libro, Delle famiglie nobili napoletane pub-blicato nel 1580, scrive di avere avuto le memorie dello scrittore di Giovinazzo daAntonio Gesualdo; il Di Costanzo, nell’Apologia dei tre seggi illustri di Napolistampato a Venezia nel 1581 con lo pseudonimo di Terminio M. Antonio, accennaa copie manoscritte dei Diurnali possedute dal Marchese di Vico (Caracciolo), dalMarchese di Trevico (Loffredo) e da altri.

Non sappiamo quante altre copie vi fossero nella seconda metà del ‘500 e daquali copie, ancora più antiche, derivassero.

Come potrà notarsi, abbiamo raggruppato i codici nelle due serie A e B, e leedizioni seicentesche nella serie AS.

Nella serie A abbiamo elencato dei codici i cui testi, anche se in parte guastati,presentano varie impronte di originaria fattura e nei quali si ha quasi l’impressione chele trascrizioni siano state ricopiate da testi interlineati e corretti con notazionicronologiche inserite in sede di interpretazione e datazione dei Diurnali; talchè, ora inuna copia, ora in un’altra compare qualche parola, data o espressione di genuina lezioneche appalesa i cambiamenti fatti e le errate interpretazioni riportate negli altri codici.

Analoghe considerazioni per la serie AS delle edizioni seicentesche.La serie B, invece, comprende codici di derivazione “gesualdina” (dal nome

dell’originario possessore), il cui testo appare il risultato di un riordino e di unacompiuta interpretazione di nomi, date e fatti.

23 Per altre edizioni di epoca posteriore vedi PIER FAUSTO PALUMBO, La fondazione di Manfredonia, inAtti del III Congresso Storico Pugliese Bari 1955, pag. 377 n.1.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

Sia il cod. Gudiano (A/3) che l’edizione del Campanile (AS/1) non segnalanolacune, nè hanno spazi in bianco, ma i paragrafi sono riportati in successione continua.

Il cod. napoletano XB 28 bis (A/1), quello berlinese (A/2) e la prima edizionedel Papebroch (AS/2) riportano un solo spazio in bianco dopo il paragrafo 178(numerazione del Pabst in M.G.H.), senza alcuna annotazione.

Gli altri codici, ivi compresa la II edizione del Papebroch, annotano espres-samente le lacune in 3-4 luoghi.

Sembra di poter dedurre che le segnalazioni delle lacune cominciarono adessere inserite alla fine del ‘500 e furono il risultato di uno studio critico condottosui Diurnali. Furono i critici che, in base alla loro interpretazione, segnalarono lelacune nel testo, prima in un solo luogo, poi in altre parti. Difatti nei punti in cui lacritica non scoprì altre lacune, che pur vi sono (v. oltre), i paragrafi si susseguonosenza interruzione, nè segnalazione alcuna.

I paragrafi, dunque, pervennero nei testi cinquecenteschi in successione con-tinua così come riportati dal Campanile (AS/1) e dal cod. Gudiano (A/3).

Da uno studio analitico sembra desumersi che i Diurnali, quali pervenneronelle mani degli studiosi del ‘500, dovevano constare di appunti frammentari ap-partenenti ad anni diversi ma trascritti in successione continua.

Forse si trattò di brani estratti da un diario privato che registrava anche fatti difamiglia e che perciò furono tralasciati. Per le disavventure del tempo è probabilepure che la copia così ricavata non sia stata tramandata integra ma sia rimasta lacunosaper smarrimento di fogli, oltre che illegibile in più luoghi per avaria del manoscritto.

La trascrizione, dunque, di tali frammenti in successione continua, aveva de-terminato una sequenza di paragrafi la cui cronologia dei giorni e dei mesi procede-va spesso indeterminata ed a salti, cosicchè risultò:

(giorno) (mese) (anno) alli 5 gennaio ? “ 15 ? ? “ 16 ? ? “ 7 ? ? lo juorno di S. Bartolomeo ? (24 agosto) alli 15 giugno ? “ 7 ? ?

Naturalmente colui che ebbe tra le mani una copia degli Annotamenti delloSpinelli, essendo ignaro delle vicende di quel manoscritto, era ovvio che si ponessedegli interrogativi: il contenuto era tutto genuino, o vi erano state fatte interpolazionicome di sovente usavasi in quei tempi? Tutto quanto era riportato in quel mano-scritto era stato tramandato e riportato con fedeltà così come l’aveva annotato l’au-tore originario? Infine, quali anni e quali mesi considerare per quei paragrafi cheregistravano solo il giorno?

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Giuseppe de Troia

Era un atteggiamento di prudente dubbiosità a fronte ad una situazione diincertezza che sollecitavano un vaglio preventivo per una individuazione storica ecronologica degli eventi narrati; il che, ovviamente, poteva ottenersi solo da unraffronto con fonti storiche ritenute in quell’epoca di piena credibilità: in particolarmodo la Cronica del Villani.

Il confronto, tra la successione degli avvenimenti come erano registrati dalVillani e la sequenza degli stessi eventi così come si trovavano annotati dallo Spinelli,fece rilevare un diacronismo nelle due lezioni. E ciò, anche perché il Villani, se erapreciso per le date e per per gli eventi della storia fiorentina, non altrettanto potevadirsi per i fatti dell’Italia meridionale. In più la Cronica del Villani registrava glianni secondo lo stile dell’Incarnazione al modo fiorentino (l’anno iniziava non al 1°gennaio ma col 25 marzo) la cui riduzione allo stile moderno era probabilmentesconosciuta a colui che presunse riordinare i Diurnali.

Fu allora che quegli Annotamenti, aventi una propria sequenza, furono data-ti e riordinati nei principali eventi conformemente alla cronologia ed alla lezionedel Villani e delle altre fonti, quali rilevò il Bernhard sia pure con diversa interpre-tazione.

Un’attenta collazione dei più antichi manoscritti e delle edizioni a stampa deiDiurnali mostra chiaramente in vari punti, pur tra quel disordine di fatti e di date, isegni di uno scompiglio che in origine non era nella cronaca ma che fu causato inseguito, proprio per adeguare la sequenza e la cronologia alle predette fonti.

Tra le numerose piccole discordanze esistenti nelle copie innanzi descrit-te - in massima parte da attribuirsi ad errori di interpretazione fatti in sede ditrascrizione da manoscritti più antichi - ve ne sono alcune particolari che deno-tano cambiamenti apportati volutamente e motivati tutti, a quanto pare, daun’unica intenzione: quella di riordinare i Diurnali in conformità ad una certacronologia.

Dunque con l’ausilio di varie cronache non furono composti - come opinò ilBernhard - ma guastati i Diurnali.

La lingua originaria dei Diurnali rimase alterata, frammista a termini di più finedizione o dell’epoca in cui si operò quella elaborazione. In vari punti i mesi furonoattribuiti a discrezione per adeguare la cronologia dei Diurnali a quella delle fonti.Omissioni e spostamenti di virgole cambiarono il senso al racconto di Matteo 24. La

24 Tale è il caso della famosa “rotta dei Sanseverino” (M.G.H. SS. t. XVIIII - Gli Diurnali di MesserMattheo di Giovenazzo - § 57). A me sembra che Matteo Spinelli “allo chiano di Canosa”, abbia posto non larotta dei Sanseverino ma Aimaro in fuga verso Bisceglie con Donatiello e compagni. Infatti, mentre si trova-vano “nel piano di Canosa”, Aimaro si ricordò del piccolo Ruggiero rimasto a Venosa e pregò Donatiello diandarlo a prelevare. Quindi, mentre Aimaro proseguì verso Bisceglie per cercare un vascello onde espatriare,Donatiello va “a rotta di collo” a Venosa per cercare di salvare il piccolo Ruggiero. Ciò significa che, nelmomento in cui Aimaro si ricordò di Ruggiero, si trovavano nella zona intermedia tra Bisceglie e Venosa ecioé nel piano di Canosa. La “rotta dei Sanseverino” rimane quindi solo un riferimento di determinazionetemporale: “[…] Quanno fo la rotta di Casa Sanseverino […]”, cioé, all’epoca della rotta di Sanseverino.Pertanto, con la semplice aggiunta di una virgola la lezione rimane: “[…] Quanno fo la rotta di Casa Sanseverino,allo chiano di Canosa Aimaro di Sanseverino cercao di salvarse, et pigliao verso Bisceglia […]”.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

25 Croniche di Giovanni, Matteo e Filippo Villani, Trieste 1857, lib.VI cap.XLV pag.92. Gli Annali Siculiannotano la morte di Innocenzo IV nel 1253. Colui che rielaborò i Diurnali si attenne per tale data a questafonte perché più circostanziata del Villani sugli ultimi avvenimenti di questo Papa. In merito a questi dueeventi è opportuno notare come si espresse il Di Costanzo nella sua Historia del Regno di Napoli, cit. pag. 8:“Ma accadè, che stando il Regno con questa speranza, il Papa già vecchio, assalito in Napoli da una febbrecrudele morì in pochi giorni, e fù sepolto con lagrime di tutto il Popolo, nella Chiesa Cattedrale, ove ancora sivede […]. Ma quanto questa morte dispiacque a’ Napolitani, et a tutto il Regno, tanto piacque a Manfredi,perché udendo, non come dice il Collenuccio, che fu creato subito in Napoli Alessandro Papa Quarto, ma iCardinali erano stati in tanta discordia, che come si legge in Giovan Villani, la Sede vacò più d’un’ anno,cavalcò subito a Lucera di Puglia, e di là accompagnato da una buona banda di Saraceni, andò a Taranto […]”.

cattiva interpretazione di alcune parole, perché abbreviate o di calligrafia poco chiara,portò alla deformazione del contenuto. Le date e la cronologia del Villani non po-terono essere riportate nei Diurnali, se non sconvolgendone l’ordine dei paragrafi,la sequenza dei mesi e degli anni. Si pensi ad esempio alla morte di Innocenzo IV ealla elezione del successore, Alessandro IV, avvenute entrambe nel dicembre 1254ma dal Villani registrate rispettivamente nel 1252 e 1255 con una vacanza di oltredue anni 25! Si pensi alla elezione dello stesso Alessandro IV e alla incoronazione diManfredi, avvenute rispettivamente nel dicembre 1254 e nell’agosto del 1258, e dal-lo stesso Villani annotate entrambe nel 1255!

Se, dunque, in un primo momento si posero gli anni a margine dei paragrafidi Matteo, successivamente si dovettero spostare e riordinare alcuni paragrafi inconformità all’ordine degli anni annotati.

Questi, dal confronto dei vari codici, sembrano essere stati i motivi che de-terminarono gl’interventi che guastarono gli Annotamenti di Matteo Spinelli.

Ma come le pietre di un tempio caduto in rovina e mal ricostruito, per l’im-pronta dello stile e dell’epoca in cui furono foggiate, rivelano, nell’arbitrarietà degliaccostamenti e nella discontinuità delle linee, l’unità e l’armonia del disegno origi-nario, così i paragrafi di Matteo Spinelli per quanto scomposti e disordinati porta-no sovente le caratteristiche del precedente ordinamento che li univa in una se-quenza di intrinseca, genuina cronologia.

Il paragrafo della morte di Innocenzo IV e quello della elezione di AlessandroIV - pur divisi tra loro per produrre la vacanza di due anni voluta dal Villani - sonocomunque annotati, il primo alla fine di un anno, l’altro o come primo paragrafo dialtro anno o pur esso come ultimo paragrafo d’anno: dunque, conservano le caratte-ristiche del mese in cui quei due eventi erano stati annotati ed in effetti avvennero.

Non è strano che il presunto falsario ignorasse l’anno di quei due eventi, nelmentre conoscesse perfettamente il mese o il periodo d’anno in cui entrambi queglieventi accaddero?

La diversa sequenza dei paragrafi interposti tra quelli relativi a quei due eventi,quale si riscontra tra i codici e le più antiche edizioni (Papebroch e Campanile), è ladimostrazione dell’intervento effettuato per creare la vacanza di tempo dettata dalVillani. Difatti, la edizione del Papebroch non riporta paragrafi d’intervallo tra quei

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Giuseppe de Troia

due eventi 26, mentre quella del Campanile ha in quel punto tre paragrafi in meno esopratutto una differente lezione del paragrafo che recita la lezione di Alessandro IV.

Un confronto fra il testo di questo paragrafo, quale è riportato dal Campani-le, con i corrispondenti di altri codici, mostrerà le variazioni apportate.

Edizione Campanile (ultimo paragrafo del 1254):

“A lo ditto anno 1254, li Cardenale, che erano stati ndiscordia, et se pensavano, che havesse a durare chiù de nanno, et mise, crearo Papa Alessandro IV, de Anagnia.”

Codici: Barberino (Vaticano), Napol. XIV E 34, Neritino (Muratori in R.I.S.)(primo paragrafo del 1255):

“Nell’anno 1255. Li cardinali, che erano stati in discordia un anno et mise,crearono Papa Alessandro IV de Anagnia.”

Come può notarsi, l’espressione “a lo ditto anno 1254” è sostituita negli altricodici dalle parole in perfetto italiano “nell’anno 1255": primo indizio di un’elabo-razione che con la cronologia alterò pure la lingua.

Il resto del paragrafo, pressoché identico nella lingua, differisce dalla lezionedel Campanile per l’omissione negli altri codici delle parole: “et se pensavano, chehavesse a durare chiù de”. Omissione che è servita a far recitare la vacanza di oltreun anno annotata dal Villani.

Le considerazioni fatte su questi due eventi quali si presentano nelle suddetteedizioni, ed il fatto che gli stessi eventi - indistintamente, in tutti i codici o edizioniesistenti - siano sempre annotati tra la fine ed il principio d’anno forniscono laprova sicura della originaria lezione dei Diurnali: Matteo aveva registrato nel di-cembre la morte di Innocenzo e, senza vacanza alcuna, la elezione di Alessandro.

Dopo avere esaminato un caso di alterazione della sequenza e della lezione,vediamo ora un caso di cambiamento di data, fatto sempre allo scopo di adeguaregli Annotamenti dello Spinelli alla lezione e alla cronologia del Villani: la venuta diCorradino in Italia.

Giovanni Villani nella sua Cronica scrive che Corradino “giunse a Veronadel mese di febbraio gli anni di Cristo 1267 “(corrispondente al 1268).

Nei Diurnali, invece, questo evento è così riportato:

- cod. Gudiano Guelferbitano:

26 Il che dimostra, che non è stata la critica del Papebroch, com’è stato ipotizzato, a mettere in sequenzaquei due eventi nella pubblicazione del cod. Viterbiense. Sarebbe strano, infatti, che il Papebroch, dopo avereliminato dalla sequenza i paragrafi d’intervallo tra la morte di Innocenzo IV e la elezione di Alessandro IV, vilasciasse scritta la cosa più importante e cioé che i cardinali elessero il nuovo pontefice dopo un anno e mesi didiscordia!

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

27 Salimbene DE ADAM, Cronica, Bari 1966, v. II pag. 690. Per Villani v. Croniche cit. pag.121.

“1267 - Alli 19 ottubro scese Corradino in Italia...”

- cod. napol. X B 28 bis:

“Alli MCCLXVII scese Corradino in Italia…”

- codd.: Barberino, Napol. XIV E 34, Neritino (Muratori):

“Nell’anno 1267 scese Corradino in Italia...”

Nella sequenza questo paragrafo è preceduto da un paragrafo di ottobre edè seguito da un altro datato 1° novembre. Si direbbe che il paragrafo in esame siastato datato con lo stesso anno dei due paragrafi tra i quali è inserito. Niente affatto.Esso è il primo paragrafo del 1267. Evidentemente la data “alli 19 ottubro” del cod.Gudiano mal si conciliava col febbraio del Villani, e perciò, sostituito il “19 ottubro”con “MCCLXVII” si fece diventare quel paragrafo il primo del 1267, in maniera dapotersi accordare col febbraio del Villani.

In realtà la precedente datazione “alli 19 ottubro” sarebbe stata storicamen-te accettabile perché, Salimbene de Adam, cronista parmense, e perciò più attendi-bile degli altri su questo particolare evento, ci assicura che “eodem millesimo (1267),circa festum beati Francisci (4 ottobre), venit Conradinus de Alamannia.....et eodemanno venit Veronam cum magna militia Theotonicorum in mense octobris.” 27.

Abbiamo scritto che la data del 19 ottobre “sarebbe stata storicamente ac-cettabile” perché più avanti ritorneremo su questo paragrafo per esaminarne tuttoil contenuto.

Non sarà superfluo osservare come anche in questo caso la lingua abbia su-bito alterazioni:

“Alli 19 ottubro…” (cod. Gudiano) “Alli MCCLXVII…” (cod. napol. X B 28 bis) “Nell’anno 1267…” (codd.: Barberino, Neritino, napol. XIV E 34)

L’analisi filologica ci permette di stabilire che, dove la lingua cede il posto aforme più letterarie, ivi è sospetto di alterazione, anche se nei codici a disposizionenon si ravvisa la originaria lezione.

Comunque è sorprendente notare che proprio nei punti in cui la critica hasottolineato anacronismi, ivi la lingua è spesso ingentilita.

Prima di procedere oltre, alcune considerazioni s’impongono sui guasti fi-nora esaminati.

Se dal confronto dei codici e delle edizioni più antiche dei Diurnali rilevia-mo che furono cambiate date esatte, alterata la verace lezione e la sequenza di diver-

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Giuseppe de Troia

si paragrafi per adeguare il discorso alla cronaca del Villani, ciò comprova che lacronaca già esisteva ed aveva un testo originariamente autentico. Difatti, se nel sec.XVI si ritenne errata la cronologia di Matteo, che pure era conforme al vero, e la sisostituì con quella errata del Villani, ciò vuol dire che in tale epoca si ignorava lavera cronologia di quegli eventi e dunque l’autore del testo originario non potèappartenere a quell’epoca. Proprio il Di Costanzo, nella sua Historia del Regno diNapoli, dimostra di non conoscere l’anno della morte di Innocenzo IV, nè quellodella elezione di Alessandro IV, mentre in Matteo troviamo annotato con precisio-ne il mese di quei due eventi. Ancora. Lo stesso Di Costanzo, che con quella suaHistoria si proponeva tra l’altro di sbugiardare gli errori del Collenuccio, così siesprime contro questi che pure aveva scritto rettamente: “[…] ma quanto questamorte (Innocenzo IV) dispiacque ai Napoletani, et a tutto il Regno, tanto piacque aManfredi, perché udendo, non come dice il Collenuccio, che fu creato subito inNapoli Alessandro Papa quarto, ma i Cardinali erano in tanta discordia, che comesi legge in Giovanni Villani, la sede vacò più d’un anno […]” 28.

Dopo simili ragguagli, è evidente che l’autore dei Diurnali non potè esserestato il Di Costanzo, nè un volgare falsario, a questi inferiore per erudizione. Delresto, nel secolo successivo, il Summonte è anch’egli incerto sulla verità di quelparticolare fatto e rimane sospeso tra la tesi del Collenuccio e quella del Villani, mapiù vicino a questa che a quella 29.

E veniamo a un altro guasto. Una datazione che provocò l’anticipazionedegli anni per gran parte degli eventi descritti nei Diurnali, fu il voler riportare laincoronazione di Manfredi al 1255, come scritto dal Villani, prima della conquistadi Terra Lavoro e nello stesso anno della elezione di Alessandro IV.

Con molta probabilità i paragrafi della incoronazione di Manfredi furonoinseriti fra l’impresa in Puglia del Legato Ottaviano degli Ubaldini e la conquista diTerra Lavoro da parte di Manfredi. I paragrafi immediatamente precedenti la inco-ronazione di Manfredi servirono invece a creare la vacanza tra la morte di InnocenzoIV e la elezione di Alessandro IV.

L’alterazione della successione dei paragrafi che seguono quello della inco-ronazione di Manfredi nella edizione del Campanile (come se, inserito un paragra-fo, si fosse cercato poi di acconciare la sequenza cronologica ed il filo del discorso)ed il disordine cronologico degli stessi paragrafi in tutti gli altri codici, ove il set-tembre, per il succedersi dei giorni, si ripete due volte:

2 settembre vigilia di S. Matteo (20 settembre) 9 settembre 13 settembre fine settembre

28 Angelo DI COSTANZO, Historia, cit. pag. 8.29 SUMMONTE, Dell’Historia, cit., t. II pag. l31.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

confermano l’ipotesi che l’ordinamento di tali paragrafi non è genuino. Ri-portata dunque l’incoronazione di Manfredi al 1255 e tolti di mezzo alcuni para-grafi che precedevano la notizia di quella cerimonia, tutti gli eventi successivi subi-rono una traslazione di anni che sommata alle lacune della cronaca, produsse quellaben nota anticipazione d’anni, che presentano gli eventi nei Diurnali. Se non che,un più attento riscontro delle date del Villani e, in progresso di tempo, di altre fonti,fece rilevare - ad esempio - che la elezione di Urbano IV, per effetto di quellatraslazione di anni, risultava anticipata rispetto all’anno posto dal Villani 30 o dalPlatina (1261). Si deduce che, estratto il paragrafo dalla sequenza originaria, siastato collocato sotto il 1261 tra avvenimenti di epoca posteriore, ma datati al 1261.

L’altro danno che derivò al testo dei Diurnali fu in occasione delle trascri-zioni che si susseguirono nel tempo. I manoscritti, non sempre leggibili con chia-rezza, dettero luogo a frequenti errori di copiatura che alterarono e talora falsaronocompletamente il contenuto dei paragrafi. Così troviamo Bitonto invece di Bitetto31,Trieste al posto di Vieste, Amalfi invece di Melfi, ecc.. Il Papebroch, che non cono-sceva i termini dialettali, scambiò, “scapizzacuollo” per un paese, e tradusse in lati-no “ivit Spezzallorum” (il dialettale “se votao a scapizzacuollo” vuol dire “andò arotta di collo”). Inoltre, ignorando che l'Incoronata fosse una località, trasformò la“caccia dell’Incoronata” in “caccia della corona” cioè in una generica caccia reale.

È evidente che se tanta deformazione si operò per i nomi delle località, checon un po’ d’informazione potevano appurarsi, peggiore sorte toccò ai nomi ed aicognomi, ai verbi, sostantivi e qualsiasi parola che si leggesse male (“andao” per“mandao”, “lo re in Sicilia” anziché “lo re di Sicilia” “settembre” anziché “dicem-bre”, “lo Piscopo della Morea” anziché “lo Dispoto della Morea”, ecc.); mentretermini di epoca posteriore soppiantarono per ignoranza o per svista quelli genuini(“alabardiere” invece di “abalestriere”, “iustintiero” al posto di “iustiziero”, ecc.).Lo stesso cognome “Spinelli” nel cod. napoletano è trascritto “Lainello”; il capita-no dei Saraceni è scritto nella edizione del Campanile “messer Zaiod”, nei codicigesualdini “Zaid” o “Zaido”, nel napoletano “Tayde”, nel Guelferbitano “Rayo”.Verosimilmente nessuno di questi nomi è esatto, poiché il capitano dei Saraceni eraappellato “Kaid” e tutti quei nomi non sono che delle deformazioni di esso.

Ancora, colui che presiede i lavori della fortificazione di Manfredonia, neicodd. Gesualdini è detto “Marino Capece”, nel napoletano “Marco Capece”, nellaediz. del Papebroch e nel cod. Guelferbitano “Mario Capece”. Quale nome era scrit-to in origine ? Tutti e tre quei nomi cominciano con “Mar-” e terminano con “-o”:

Mar - c - o Mar - i - o Mar -in - o

30 VILLANI, Cronica, cit., pag. l07.31 M.G.H., SS. t. XVIIII, pag. 470, § 7. Originariamente doveva star scritto Bitetto come nei più antichi

manoscritti.

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Giuseppe de Troia

Probabilmente era scritto in forma abbreviata “M ro”, dando origine a quellediverse interpretazioni.

Questo spiegherebbe in parte perché il Capasso su oltre cento personagginominati nei Diurnali solo di una quindicina trovò riscontro nei documenti del-l’epoca 32.

Così la cronaca di Matteo, in tal guisa conciata, restò talmente falsata in al-cuni punti, da costituire un autentico rompicapo per i critici, impossibile da accet-tarsi in quei passi, nonostante il paziente studio del Minieri Riccio.

Fu conseguenziale che gli Annotamenti di Matteo Spinelli, male interpreta-ti, svisati cronologicamente perché uniformati alla cronaca del Villani, alterati nellalezione per parole mal lette, si prestassero ad interpretazioni ambigue in alcuni casi,mentre in altri luoghi recitassero autentiche assurdità storiche.

Passiamo ora all’esame di alcuni casi. Al paragrafo 107, sotto la data del 2 febbraio 1256, è registrato un ingresso

solenne di Manfredi in Barletta. Il Luynes, seguito dal Pabst, identificò tale ingres-so di Manfredi in Barletta con la Curia ivi convocata da Manfredi proprio al 2 feb-braio 1256, giusta la descrizione di Jamsilla. La coincidenza di data e di luogo tra ledue fonti (Spinelli e Jamsilla) portò il Luynes a sottolineare la perfetta concordanzadi questi due autori. In realtà, una più attenta lettura di quanto descritto dallo Spinellifece rilevare che si trattava di avvenimenti diversi da quelli narrati da Jamsilla. Difatti,nella narrazione di Jamsilla si parla della Curia convocata in Barletta (1256) primadella invasione di Terra Lavoro; nel racconto dello Spinelli si narra dell’arrivo degliambasciatori di Corradino (1259) dopo l’incoronazione di Manfredi. Vi è dunquetra i due eventi un intervallo di tempo di tre anni esatti.

Anche gli errori di trascrizione, per quanto piccoli potessero essere, è ovvioche in alcuni casi abbiano dato luogo a falsità storiche. Così ad esempio l’aver tra-scritto “mandao a lo re in Sicilia” anzichè “mandao a lo re di Sicilia” presupponenel primo caso la presenza e quindi un viaggio del re in Sicilia; il che ovviamenterisulta falso al confronto con i documenti. Analogamente per altri errori, come lapresenza del re in un luogo anzichè in un altro (Trieste per Vieste, ecc.), ad un certomese invece di quello giusto, e via di seguito.

L’episodio dell’arrivo degli ambasciatori di Corradino in Barletta e la nomi-na a Giustiziere di Leonello Faiella di Napoli, da noi già studiati e datati in un altrolavoro 33, ci offrono la possibilità di esaminare un caso di lacunosità mai notata.

Come sappiamo, Manfredi cinse la corona del Regno di Sicilia l’11 agostodel 1258 in Palermo, avendo prima fatto diffondere la falsa notizia della morte diCorradino in Germania. A tale notizia Corradino inviò immediatamente lettere eambasciatori sia al pontefice che ai capi di stato per smentire la falsa notizia della

32 Bartolomeo CAPASSO, Sui Diurnali, cit. pag. 35. Poco opportuna, comunque, la pretesa di voler rintrac-ciare documenti per tutti i personaggi nominati dallo Spinelli.

33 Giuseppe DE TROIA, Dalla distruzione di Siponto alla fortificazione di Manfredonia, Fasano 1987,pagg. 65-80.

a-

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

sua morte 34. Gli ambasciatori giunsero in Italia nei primi mesi del 1259. Il 10 aprile1259 Alessandro IV, reso pienamente consapevole dei fatti, scomunicava Manfrediper la fraudolenta incoronazione 35.

Lo Spinelli narra che gli ambasciatori di Corradino giunsero in Barletta il 20febbraio (1259) e che furono ivi ricevuti da Manfredi il 24 febbraio. Gli ambasciato-ri, nel comunicare formalmente che Corradino era vivo, invitarono Manfredi a de-porre la corona assunta per la falsa notizia della morte di quegli. Manfredi, però, lilicenziava dicendo che ormai il regno era perduto per Corradino in quanto egli loaveva conquistato lottando contro due Papi consecutivi.

È opportuno notare, intanto, con quanta esattezza cronologica s’inserisca,nella sequenza degli eventi, la data della venuta degli ambasciatori di Corradino inBarletta, registrata dallo Spinelli al 20 febbraio (1259) successivo alla incoronazionepalermitana di Manfredi.

Al 1° marzo (1259) lo Spinelli annota la partenza degli ambasciatori daBarletta. Indi, prosegue narrando della nomina di Leonello Faiella di Napoli a giu-stiziere di Terra di Bari; nomina, registrata pure al 1° marzo.

È da tenere presente che, sia la partenza degli ambasciatori di Corradino daBarletta che la nomina di Leonello Faiella a giustiziere, si trovano annotate entrambe,con la data ripetuta del 1° marzo, in un unico paragrafo ovvero in due paragrafi con-secutivi. Tutti i critici hanno perciò considerato questi due fatti come avvenuti nellostesso giorno: 1° marzo 1259 (Minieri Riccio, Pabst, ecc.). Vogliamo dimostrare chetra quei due paragrafi c’è, invece, un vuoto di due anni e che i suddetti paragrafiappartengono rispettivamente il primo (la partenza degli ambasciatori di Corradino)al 1° marzo 1259 ed il secondo (la nomina del Faiella a giustiziere) al 1° marzo 1261.

Del Faiella il cronista, oltre la data di nomina, annota diversi altri fatti. Nelsettembre una grave lite in Barletta tra lui ed il portolano Rajel; lite che provocò unprocesso con l’intervento del giudice della Magna Curia Andrea di Capua, il qualeinviò poi gli atti al Re; indi la pace fatta tra il Faiella ed il Rajel a seguito di unalettera inviata da Manfredi a Marino Capece “che era soprastante alla fabrica diManfredonia”; nel febbraio dell’anno seguente una caccia alla Trinità del Faiellacon i nobili di Barletta e di Trani. Nello stesso mese, la raccolta del maritaggio per lafiglia di Manfredi che nel prossimo giugno avrebbe dovuto sposare Pietro d’Aragona.Infine, nel successivo settembre la cessazione di Leonello Faiella dalle funzioni digiustiziere di Terra di Bari e Terra d’Otranto, prontamente sostituito da Ranaudodella Grotta 36. Ora, poiché il matrimonio di Costanza (figlia di Manfredi) con Pie-

34 Bartolomeo CAPASSO, Historia, cit., pag.164.35 ibidem pagg. 167-174.36 La costituzione federiciana Justitiarii per provincias (lib.I, tit. LI) prevedeva per la nomina del Giusti-

ziere che questi dovesse essere, per appartenenza e origini, di provincia diversa da quella per la quale venivaeffettuata la nomina. Di entrambi i Giustizieri menzionati (Faiella e Rinaldo), lo Spinelli, in perfetto accordocon tale costituzione, dice infatti che provenivano da altra provincia (Napoli e Grottaminarda). Durante ilgiustiziariato del Faiella, come già nel giugno del 1248 e nel novembre del 1250, compare nei Diurnali ilmagister Taddeo di Sessa che ben quattro cronache danno morto nel febbraio 1248 in occasione dell’assalto diVittoria. Com’è noto, questa informazione della cronaca spinelliana costituì una delle prove della falsità dei

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Giuseppe de Troia

tro d’Aragona ebbe luogo il 13 giugno 1262 37, il Faiella - secondo la narrazionedello Spinelli - terminò le sue funzioni di giustiziere nel settembre di tale anno.Premesso questo, poiché le costituzioni sveve fissavano la durata in carica del giu-stiziere ad un anno [anni circulo precipimus terminari38] il Faiella non pote’ esserestato nominato in data anteriore al 1261. Sicchè quel 1° marzo in cui ebbe la nominaa giustiziere appartiene al 1261.

Ciò è confermato del resto dalla sequenza dei mesi che, come abbiamo giàdetto, si susseguono dal marzo al dicembre e dal gennaio al settembre dell’annosuccessivo identificato per il 1262.

Dunque, tra il paragrafo della partenza degli ambasciatori di Corradino daBarletta, che abbiamo datato al 1° marzo 1259, ed il paragrafo successivo della no-mina del Faiella pur esso datato 1° marzo ma appartenente al 1261, mancano esatta-mente due anni.

Queste ampie e frequenti lacune, non segnalate, danno la spiegazione deitanti fatti importanti non riportati da questa cronaca e tra essi, proprio nel periodolacunoso innanzi individuato, la venuta di Elena d’Epiro che l’Anonimo di Traniannotò al 2 giugno 1259.

Ma la lacuna scoperta tra quei due paragrafi ci deve rendere più guardinghiper gli altri luoghi della cronaca in quanto la successione dei paragrafi, quale ci èpervenuta, può non corrispondere a quella d’origine e perciò al susseguirsi deglieventi quali furono registrati dal cronista.

Vediamo ora, alla luce di quanto detto in precedenza, alcuni paragrafi traquelli che furono oggetto di maggior bersaglio della critica oltre che di controversadeterminazione cronologica.

In tali paragrafi noteremo:- le deformazioni operate dai copisti per errori di trascrizione;- gli anni annotati in massima parte ricopiati dalla cronaca del Villani;- la sequenza cronologica di tali paragrafi guastata da quelle date posticce;- la errata interpretazione del racconto dello Spinelli data da chi vi attribuì le

date del Villani;- la falsa lezione resa dagli stessi paragrafi per effetto di tale impropria

datazione;- la conseguente condanna di falsità estesa alla intera cronaca per la impossi-

bilità di accettare degli eventi, storicamente travisati da quella cronologia errata;

Diurnali stessi (Bernhard). A difesa dello Spinelli argomentò il Minieri Riccio in I notamenti di MatteoSpinelli da Giovinazzo ecc., ove, alle pagg. 44-56, sostenne con valide argomentazioni l’informazione delloSpinelli su Taddeo di Sessa, ritenendo inattendibile la notizia della morte di Taddeo data dalle suddette quat-tro cronache. Di recente, in altro nostro lavoro - Foggia e la Capitanata nel quaternus excadenciarum diFederico II di Svevia, Foggia 1994, pag. 211, nota 77 - abbiamo evidenziato come tale giudice della MagnaCuria pare fosse ancora in vita nel 1249.

37 BARTOLOMEO CAPASSO, H.D., pag. 219 n. 6.38 Costit. Occupatis nobis, lib.I, tit. XCV: Horum officialium omnium tempora, […] anni circulo praecipimus

terminari,....

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

- infine la duplice mano redattrice dei Diurnali quali a noi oggi si presentano:da una parte, quella del cronista, autore della lezione veridica e autentica, con l’an-notazione dei giorni e dei mesi; dall’altra quella di chi, equivocando nell’interpreta-re rettamente il racconto dell’autore, è intervenuto col datare, ordinare e perciòalterare la lezione genuina, traducendola nella propria interpretazione e perciò inuna falsità.

a) Il dì di Santo Mattìa partìo lo Re da Benevento, et la sera fò allogiato allaCerra che è del Conte di Caserta.

b) Il dì seguente cavalcao verso Napoli et come fu allo salice l’uscero controtutti li cavalieri et popolo di Napoli, et M. Francesco de Loffredol’appresetao le chiavi della città, et li fece un bel parlameto in lingua fran-cese et Re Carlo si fermao ad ascoltarlo, et comadao che cavarcasse, et selo portao allo lato, et M. Francesco conosceva lo Re, perché era stato alleguerre di Soria, al tempo che il Re Luise di Franza fece lo passaggio contral’Infedeli, et come fu arrivato a Napoli andao l’Arcipiscopo di Cosenza aPiscopio.

c) All’intrata vennero CCCC huomini d’arme francesi assai buoni addob-bati di sopraveste et pennacchi, et una bella compagnia di fercolini purecon belle divise, poi più di sessanta signori francesi con grosse catene d’oro,et la Reina con la carretta coperta di velluto celestre a gigli d’oro, tal che avita mia non viddi più bella vista

d) Quando lo Re hebbe fatta l’orazione, M. Francesco de Loffredo vene daparte della città di Napoli, et cercao in gratia li presuni, et lo Re ordinaoche fossero liberati tutti quelli che stavano presuni per ordine dello ReManfredi, et saltorno tutti nello cortiglio dello Castiello, et basarono lopede allo Re.

e) Alli VII di Marzo ci partimo tutti li sindici di Terra di Bari, et io che erasindico di Iovenazzo.

f) Fatte le feste di Pasqua lo Re mandao Iustitieri nuovi a tutte le provincie,et isso andao fuori Regno a trovar lo Papa.

g) Alli XIII di Maio venne Iustitiero a Terra di Bari M. Reinieri Buon delmonte fiorentino.

h) Quella state lo Re dette favore alle cose dello Papa et de Fiorentini etabbasciao la parte Gebbellina, et si tirao una mala rogna sopra, perché liGhibellini mandarono a sollecitare Corradino de Lamagna.

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Giuseppe de Troia

i) Il pricipio dell’anno sequente lo figlio p°genito di Re Carlo si chiamavaPrincipe di Salerno, et cavarcava per lo Reame.

l) La Domenica delle Palme Re Carlo tornao a Roma, et il Papa li dette larosa, et lo fece Vicario dell’Imperio, et se ne fece festa per tutto lo Reame.

m) Quello dì medesmo fi gra tremolizzo, et cadìo lo campanaro di Bare, etassai case.

n) La dereta settimana d’ottrufo vene a Caccia in Puglia M. Filippo figliosecondogenito dello Re Carlo.

o) Alli MCCLXVII scese Corradino in Italia; et Re Carlo che era in Franzavene prestamente in Napoli, et trovao che la Reina sua mogliere era mor-ta.

p) Lo p° di Novembre lo Re fece chiamare tutti li Baruni, et Sindici delleterre riali a parlameto per lo dì di S.ta Caterina.

I suddetti paragrafi sono stati estratti dal cod. nap. X B 28 bis (A/1) e presen-tano, rispetto agli analoghi paragrafi degli altri codici citati, le difformità cronologicheschematizzate nel prospetto che segue:

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

paragrafcodice B/2 B/5 B/1 AS/1 AS/2 A/1 A/3

a santo Mattia 1265

b c lo iuorno sequente d

santo MCCLXVI santo santo Mattio santo Mattia Matthia (1265) Matthia 1265

e 7 marzo 7 marzo 7 marzo 1266

f fatte le feste di Pasqua

g 12 maggio 1265 12 12 XIII 12 mayo maji maio maio 1265

h q u e l l a e s t a t e

i principio 1266 1267 principio princip. 1266 anno princip. sequente anno

l la domenica delle Palme

m quello stesso giorno

n prima settim. dereta settimana d'ottobre d'ottobre

o nell'anno 1267 detto stesso alli 1267 anno anno MCCLXVII alli 19 1267 ottobre

p primo di novembre

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Giuseppe de Troia

Dei suddetti paragrafi, quelli che, in relazione al contenuto, trovano riscon-tro cronologico anche indiretto nella cronaca del Villani sono: a), 1), o).

Del paragrafo o) abbiamo già discorso. Il paragrafo a) è stato sempre considerato in relazione, anche cronologica,

con i paragrafi b), c), d) e riferito ad eventi avvenuti dopo la battaglia di Beneventoche decise le sorti del Regno di Sicilia a favore degli Angioini.

Il Villani per la data della battaglia di Benevento riporta: “[…] fu uno vener-dì, il sezzaio di febbraio gli anni di Cristo 1265”, che nel nostro computo significa:26 febbraio 1266 (il febbraio 1265 dello stile fiorentino usato dal Villani corrispon-de al nostro del 1266, mentre “venerdì il sezzaio di febbraio” sta per “l’ultimo ve-nerdì di febbraio”). La data del Villani è dunque esatta in quanto confermata daaltre fonti e dai documenti di Carlo d’Angiò.

Sennonché, come già osservò il Bernhard, in qualche antica edizione dellaCronica del Villani anzichè “il sezzaio di febbraio” comparve per errore “il sesto difebbraio”, sicchè alcuni antichi autori - tra cui il Di Costanzo - nelle loro opereriportarono la data del 6 febbraio 1265 per questa battaglia.

Fu appunto quest’ultima data che si tenne presente allorchè, in sede di rior-dino, fu preso in considerazione il paragrafo a): infatti, la partenza di re Carlo daBenevento nel giorno di S.Mattia (24 febbraio) annotata nel paragrafo a) e l’ingres-so trionfale del giorno dopo in Napoli descritto nei paragrafi successivi b), c), d),bene si accordavano cronologicamente con tale data della battaglia.

Di conseguenza, in tutti i codici o edizioni, ad eccezione di quella delPapebroch (AS/2), la data del paragrafo a) risultò: S.Mattia 1265.

È evidente che chi prese dal Villani l’anno 1265 senza ridurlo nel computolocale al 1266, non conosceva la cronologia nel computo fiorentino.

Il paragrafo l) accenna alla nomina di re Carlo a Vicario dell’Impero.Il Villani riporta tale notizia per inciso (lib.VII, c.XXI) in un’epoca interme-

dia tra la battaglia di Benevento e la venuta di Corradino.Analogamente anche questo paragrafo l) ha una data intermedia tra quei due

eventi. Notate queste relazioni cronologiche con la cronaca del Villani, passiamo

all’analisi di alcuni dei paragrafi dianzi riportati.- Paragrafo a) - Questo paragrafo è tra i più famosi dell’intera cronaca per la

critica fatta fin dai primi anni del ‘700 a proposito della data annotata: S. Mattia1265. Difatti, indipendentemente dall’anno errato, il giorno di S. Mattia (24 febbra-io), che data la partenza di re Carlo da Benevento per l’ingresso trionfale del giornodopo in Napoli, risulta essere un’autentica assurdità cronologica.

E ciò perché, com’è noto, la battaglia di Benevento avvenne il 26 febbraio,sicchè non è ammissibile che re Carlo celebrasse la vittoria il giorno prima dellabattaglia. Pertanto, la data di S.Mattia fu ritenuto un apertissimo e inspiegabile er-rore di Matteo fin dal XVIII sec.; mentre la critica dell’ottocento, dal Bernhard inpoi, ritenne quella data una tra le più eclatanti prove della falsità della cronaca,tanto più che il cronista si dice presente a quelle solennità.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

Il Minieri ipotizzò una infedele e parziale trascrizione di quella data da partedei copisti col dire che ivi certamente dovesse star scritto “lo juorno in la ottava diS.Mattia” (v. nota 4). Ma ciò era solo una ipotesi priva di alcun sostegno per chi orariteneva la cronaca una totale impostura.

Che anzi, tutta quella parata in grande uniforme di nobili e di cavalieri angioinie della stessa regina con gioielli e vestiti di oro poco si addiceva all’indomani di talebattaglia che produsse in entrambe le parti centinaia e migliaia tra morti e feritiancora giacenti. Infatti, dopo la battaglia 39 re Carlo rimase in Benevento per benotto giorni dopo di che pare si sia diretto, non a Napoli, ma in Puglia 40.

Come osservò giustamente il Capasso, Napoli a quei tempi non era nè capitalenè città tale da richiedere che Carlo vi si dirigesse subito dopo l’esito di Benevento 41.

Come dunque conciliare le giustissime opposizioni della critica che evidenziasimili incongruenze con la presunta autenticità di questi Annotamenti?

La soluzione a favore di siffatta autenticità sta nel fatto che la lezione diquesti Annotamenti quale noi ora la leggiamo è quella elaborata dalla interpreta-zione di coloro che per primi ebbero in mano questi Annotamenti e “li posero nelmiglior ordine che seppero” ivi per primo il Di Costanzo. Furono costoro che inbase alla loro interpretazione segnalarono le lacune nei vari punti dove ritennerodovessero esserci, che collegarono ad uno stesso evento i paragrafi che secondo laloro interpretazione ciò recitassero, interpretando di conseguenza date, parole, ter-mini, nomi e fatti. La falsità di questi Annotamenti sta tutta nella errata interpreta-zione di tali studiosi che in vari punti adeguarono date e testo a quanto essi perignoranza recepirono.

A rileggere attentamente il contenuto dei paragrafi ci si accorge, infatti, chenon vi è alcun elemento dal quale possa dedursi la intenzione del cronista di descri-vere fatti accaduti all’indomani o nei giorni immediatamente successivi alla batta-glia di Benevento.

È stata la critica interpretativa dei suddetti studiosi che ha collegato ad unmedesimo avvenimento i paragrafi a), b), c) e d). Pertanto, se i paragrafi b), c), d),sembrano riferirsi all’ingresso di re Carlo in Napoli è da studiare la data di taleevento, annotato sotto “lo jurno seguente”, nel mentre resta da esaminare il para-grafo a) se per davvero sia collegato ad essi.

Il paragrafo a), infatti, è di divisione tra gli eventi di Manfredi e quelli diCarlo d’Angiò. Prima del paragrafo a), Matteo, allorchè parla del re, allude semprea Manfredi, dopo detto paragrafo si riferisce sicuramente a Carlo d’Angiò. Il para-grafo a), dunque, è da collegarsi con gli eventi di Manfredi o con quelli di Carlod’Angiò? Ed il re che “partìo da Benevento”, di cui si narra in detto paragrafo, fuManfredi o Carlo d’Angiò? Difatti, nei più importanti codici (codd. A/1, A/2, AS/

39 Bartolomeo CAPASSO, Sui Diurnali, cit., pag.61; MARTENE, Thesaurus ecc., t. II c. 306.40 Ibidem, pag.61.41 Ibidem, pag.61.

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2), al detto paragrafo non è specificato il nome del re che “partìo da Benevento”,solo in quelli di derivazione gesualdina (notoriamente più manomessi) si trova ag-giunto “Carlo d’Angioia”. Questa precisazione posticcia di “Carlo d’Angioia” e lalacuna segnalata prima del paragrafo furono evidentemente aggiunte per eliminareil dubbio davanti a cui si trovarono i primi interpreti di tali annotamenti: Manfredio Carlo d’Angiò?

Messo questo interrogativo sul soggetto del paragrafo a) veniamo alla suadata: S.Mattìa 1265.

Se volessimo prestar fede a questa data, che corrisponde al 24 febbraio, do-vremmo dire che il re, che in quel giorno poteva trovarsi in Benevento e di là spo-starsi per un qualsiasi improvviso motivo, poteva essere solo Manfredi.

Noi però pensiamo che questa data sia stata acconciata alla interpretazionedata e che poi ci è stata tramandata; ma Matteo non scrisse “santo Mattia”.

Tutti i codici registrano questa data tranne quello del Campanile (AS/1) cheriporta “santo Mattio” che potrebbe essere “santo Matteo” in calendario al 21 set-tembre.

Ma che Matteo non avesse scritto “santo Mattia” si deduce da un’altra con-siderazione. Nei Diurnali Matteo registra le date in due maniere: o col nome delSanto e col numero del giorno. Ovviamente riporta il nome del Santo quandotrattasi di una festività che a quei tempi era comunemente nota. Allora, più dioggi, le ricorrenze dei santi più comuni erano note a tutti; anzi, perché a queitempi i calendari non si stampavano, le ricorrenze delle più note festività religioseerano comunemente più conosciute di oggi e servivano in maniera inequivocabilea indicare un determinato giorno il cui computo numerario invece, dovendosifare mentalmente, poteva dar luogo ad errori. Infatti, in occasione di ricorrenzereligiose note, Matteo ripete sempre il nome del Santo e non sostituisce mai adesso il numero del giorno corrispondente. Così dice sempre “lo dì di sanBartolomeo” (§§ 80, 142, 154) e non mai il “24 agosto”; “lo dì di santo Martino”(§§ 41 e 102) e non mai “lo 11 novembre”. Analogamente per tutte le altre festivi-tà menzionate. Per le ricorrenze poco note, invece, Matteo non annota il nomedel Santo ma il numero del giorno.

L’unica strana eccezione è “lo juorno de Santo Mattia”. Questo giorno capi-ta tre volte in tutto il testo dei Diurnali e cioè ai paragrafi 51, 109, e 179. Sia nelparagrafo 51 che nel 109, Matteo non registra “santo Mattia” ma “alli 24 febbraro”.Solo al paragrafo 179, della partenza del re da Benevento, è riportato “santo Mattia”.

Verosimilmente la ricorrenza di “santo Mattia”, così come al giorno d’oggi,era poco nota per cui Matteo indicava quel giorno col “24 febbraro”.

Se dunque al paragrafo a) è riportato non “24 febbraio” ma “santo Mattia”,se ne deduce che Matteo non scrisse “Santo Mattia” ma “santo Matteo” (21 settem-bre) a quei tempi tanto noto (oltre che allo stesso Matteo per essere il suo giornoonomastico), che di esso i calendari dell’epoca registravano persino la vigilia (puòdarsi anche che ivi stesse scritto, magari in forma abbreviata, qualche altro santo -Martino, Marco, ecc. - e che fu letto e trasformato in santo Mattia).

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

Proviamo ora a datare il paragrafo a) col giorno di S. Matteo, cioè 21 set-tembre 1265, ed a riferirlo a Manfredi.

Il testo del paragrafo di Matteo, così interpretato, recita: “Nel giorno di S.Matteo (21 settembre 1265) il re (Manfredi) partì da Benevento e la sera alloggiòalla Cerra del Conte di Caserta (ove la Cerra è un Acerranum, casale di Montorio,a circa 15 chilometri da Salerno che apparteneva appunto al Conte di Caserta) 42.

Possiamo accettare questa interpretazione ? È confortata dai documenti? Al 7 di ottobre 1265 gli Annali Cavensi registrano: nonis octobris Manfridus

qui vocabatur rex destruxit terram Cavae et depopulavit eam 43. Cava si trova inprossimità di Salerno e di quell’Acerranum del Conte di Caserta.

Si direbbe che la lezione di Matteo si accordi perfettamente. A noi, comunque, è bastato dimostrare che Matteo non dovette scrivere

“santo Mattia” (24 febbraio), la cui ricorrenza indicava sempre col “24 febbraio”,ma “santo Matteo” in calendario al 21 settembre.

- Paragrafi b) c) d) - Il contenuto di tali paragrafi narra dell’ingresso che reCarlo fece per la prima volta in Napoli. La data apposta a questo evento narrato daMatteo è “lo juorno sequente”. Avendo, però, noi attribuito il precedente paragra-fo a) a Manfredi, è chiaro che ora tra il paragrafo a) ed il paragrafo b), riferito invecea Carlo d’Angiò, deve mettersi una lacuna. Di conseguenza, i paragrafi b) c) d)restano a datarsi.

Dando uno sguardo all’itinerario di re Carlo durante il 1266, troviamo do-cumentata per la prima volta la sua presenza in Napoli in data 25 aprile 1266.

Credo pertanto che l’ingresso di re Carlo in Napoli di cui ai suddetti para-grafi di Matteo debba fissarsi nei giorni immediatamente precedenti tale data.

- Paragrafo e) - Il 7 marzo Matteo, Sindaco di Giovinazzo, riparte da Napo-li44 con tutti i Sindaci di Terra di Bari. Volendo assegnare una data a questo paragra-fo, per vari motivi, non può scegliersi il 1266.

Infatti Matteo riparte dal napoletano con tutti i Sindaci di Terra di Bari. Comesi trovavano radunati in Napoli tutti i Sindaci di Terra di Bari, a una settimana dallacatastrofe di Benevento? Chi li aveva convocati? Per quale motivo si trovavano aNapoli? Come sapevano che Carlo, subito dopo la battaglia di Benevento, si sareb-be recato a Napoli? E poi, il 14 marzo 1266 re Carlo è già a Dordona in Puglia, il 16a Barletta indi a Trani e a Lagopesole, rimanendo in Puglia un mese intero fin quasialla metà di aprile. Come dunque collocare questo convegno di Sindaci baresi inNapoli, mentre Carlo nella prima quindicina di marzo del ’66 è diretto in Puglia,proprio nel Barese? È infine da considerare che i sindaci baresi certamente nonerano soli in Napoli; con essi dovevano esserci i sindaci di altre terre e, dunque, con

42 MINIERI RICCIO, I Notamenti, cit. pagg. 149-150 e per contro CAPASSO, Sui Diurnali cit. pagg. 62-63.43 M.G.H. III, 194.44 “da Napoli” non è riportato dalla edizione latina del Papebroch (AS/2), né dal cod. A/l.

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quali mezzi ed in quale spazio di tempo era stata convocata ed era pervenuta inNapoli tanta gente all’indomani della battaglia di Benevento? Penso, dunque, chequesto paragrafo debba collocarsi nel 1267: 7 marzo 1267. Questa mi pare la datagiusta di quella partenza dei Sindaci di Terra di Bari; dopo quella solenne Curia,tenutasi tra l’autunno e l’inverno del 1266-67: quel generale parlamento, di cui an-cora al 29 giugno 1266 il Papa lamenta forte la dilazione continua di re Carlo congrave incomodo dei popoli soggetti 45, e che Saba Malaspina ci dice avvenuto ap-punto in Napoli 46. Ora, se Saba Malaspina asserisce che tale parlamento si tenne inNapoli, se il Pontefice ci assicura che al 29 giugno 1266 ancora non aveva avutoluogo, se re Carlo dal 7 giugno ai primi di settembre del 1266 è rimasto costante-mente in Lagopesole, quel generale parlamento non pote’ aver avuto luogo se nondopo tale data. Difatti, troviamo re Carlo nel napoletano dalla seconda metà disettembre 1266 fino alla metà di marzo del 1267 47, quando Matteo riparte da Napo-li con i Sindaci della sua Terra. Quel generale colloquio può dunque spiegare lapresenza di tutti i Sindaci in Napoli e la loro partenza ai sette di marzo, seguita,dopo pochi giorni, da quella di Carlo alla volta del Papa in Viterbo, così comeveridicamente annotato da Matteo nel successivo paragrafo f).

Una conferma che Matteo avesse registrato quella partenza dei Sindaci bare-si al 7 marzo 1267 ci viene dalla edizione del Campanile (AS/1) ove questo paragra-fo è datato con l’anno seguente a quello dei paragrafi a), b), c), d), che lo precedono(v. prospetto).

- Paragrafo f) - A nostro avviso questo paragrafo era tutt’uno col contenutodel paragrafo 1) e cioè:

“ Fatte le feste de Pasqua lo Re mandao Iustitieri nuovi a tutte le Provincie, etisso andao fuori Regno a trovar lo Papa. Et il Papa li dette la rosa, et lo fece Vicariodell’Imperio, et se ne fece festa per tutto lo Reame”.

Come abbiamo già notato innanzi, il Villani nella sua Cronaca accenna allanomina di re Carlo a Vicario dell’Impero nel 1267 48. Il riordinatore dei Diurnalidello Spinelli, che ignorava il computo della cronologia fiorentina del Villani, nu-merò quindi due anni dalla data della battaglia di Benevento (posta dal Villani colsuo computo al 1265) e, diviso il paragrafo f) in due, spostò la notizia della nominaa Vicario ad altro anno successivo in modo da ottenere quei due anni d’intervallo.

- Paragrafo g) - Al 12 o 13 maggio arriva giustiziere in Terra di Bari, Ranieridi Buondelmonte fiorentino.

I giustizieri di Terra di Bari dei primi anni del Regno di Carlo furono i se-guenti:

45 MARTENE, Thesaurus ecc., epist. 315 del 29 giugno, c.320. CAPASSO, Sui Diurnali cit., pag. 62.46 SABA MALASPINA, Historia, in DEL RE, Cronisti, cit. pag. 259.47 Reg. Ang. vol. I da pag. 25 a pag. 80.48 Giovanni VILLANI, Cronica, l. VII, cap. XXI.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

dal 12/3/1266 al 13/12/1266 Pandolfo di Fasanella 49

“ dicembre 1266 al 24/6/1268 Raimondo Chibaud 50

“ 28/6/1268 al 28/10/1269 Guglielmo de Sectays 51

“ 28/10/1269 al giugno 1271 Landolfo de Franco 52

“ luglio 1271 al … Andrea de Muideblé 53

Senonchè, nel maggio 1270, troviamo un ordine di re Carlo col quale Ranieridi Buondelmonte, fiorentino, cessa dalle sue funzioni di giustiziere in terra di Baried in sua vece è nominato Francesco Larione di Firenze 54.

Come si conciliano le nomine di questi due ultimi giustizieri di Terra di Baricon le funzioni esercitate per lo stesso incarico e periodo dai Giustizieri sopra elen-cati?

Questo è il problema e va risolto sulle fonti storiche. Bisognerebbe accerta-re quali fossero le reali funzioni di Ranieri di Buondelmonte 55 e di Francesco Larione;quindi appurare quando il Ranieri abbia avuto tale nomina per poter dare un giudi-zio sulla testimonianza di Matteo. Ma tali questioni esulano dallo scopo del presen-te lavoro e vanno riproposte in altra sede.

La nomina dei Giustizieri era generalmente della durata di un anno, per cuise Ranieri di Buondelmonte cessò dalle funzioni nel 1270 la nomina dovrebbe esse-re stata fatta nel 1269. E pertanto, questo paragrafo con gli altri due, i) ed m), appar-tenenti allo stesso anno 1269, dovrebbero collocarsi cronologicamente quali ultimitre paragrafi della cronaca.

Tralasciando di considerare i paragrafi h) i) l) m), che potrebbero interessarein sede di riordino della cronaca, veniamo ai paragrafi n) o) p).

Del paragrafo o) abbiamo già visto come un generico “Nell’anno 1267" ab-bia sostituito una data - “alli 19 ottubro” - che risulta nel cod A/3 (Gudiano). Vo-lendo considerare la sequenza delle date di quei tre paragrafi abbiamo:

n) La dereta settimana d’ottufro… o) Alli 19 ottubre… p) Lo 1° di novembre… A rigore di cronologia il paragrafo o) avrebbe dovuto avere la data non del

“19 ottobre” ma del “29 ottobre” in quanto posto nell’ultima (dereta) settimanad’ottobre che cominciava col 28 ottobre. Per venire a capo di questo disordine cro-nologico esaminiamo il contenuto di tale paragrafo.

Il Pabst che ha emendato questo paragrafo collazionando tutti i codici a suadisposizione, ci dà questa lezione: “Alli 19 ottubro scese Corradino in Italia; et re

49 Reg. Ang., vol. I, pag. 19. CAPASSO, Ancora i Diurnali, cit., pag. 55.50 Reg. Ang., vol. I, pagg. 172, 235, 247 e vol. IV pag. 177. CAPASSO, Ancora i Diurnali, cit., pag. 55.51 Reg. Ang. vol. V pag. 168 e vol. IV pag. l76; CAPASSO, cit., pag.5552 Reg. Ang., vol. I, pag. l68; vol. III, pag. 133; vol.VI, pagg. 60 e 97.53 Reg. Ang., vol. V, pag. 23554 Reg. Ang. vol. IV, pag. 188.55 MINIERI RICCIO, I Notamenti, cit., pagg. 87-89.

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Carlo, che era in Firenze, ne venne prestamente in Napole, et trovao, che la reginasua mogliere era morta”.

Come potrà notarsi, la prima parte del paragrafo è espressa in bella formaitaliana, la seconda in forma dialettale; vi è quindi da dubitare sulla genuinità dellalezione della prima parte.

Scomponendo le due parti del paragrafo in base alle informazioni contenu-te otteniamo:

1) a) - alli 19 ottubro scese Corradino in Italia b) - et re Carlo, che era in Firenze,

2) a) - ne venne prestamente in Napole, b) - et trovao, che la regina sua mogliera era morta.

Prese staccate queste due parti sono vere nei contenuti, solo che tra gli eventidescritti nella prima parte e quelli della seconda parte, vi è l’intervallo di un annoesatto. Infatti tutti gli avvenimenti annotati avvennero di ottobre, ma, nel 1267 quellidella prima parte e nel 1268 quelli della seconda parte. Cioè: 1) Corradino venne inItalia nell’ottobre 1267 mentre re Carlo era in Toscana; 2) re Carlo venne per pochigiorni a Napoli, dopo un’assenza di circa due anni, proprio nella terza decade del-l’ottobre 1268 ed ivi si trattenne fino al 2 novembre; è da presumere che in taleoccasione re Carlo abbia visitato la tomba di sua moglie Beatrice, morta nel settem-bre 1267, mentre lui era allo assedio di Poggibonsi.

Soffermiamoci ora più dettagliatamente sulle due parti del paragrafo. Per la prima parte dobbiamo considerare che a quei tempi non vi erano né

radio né giornali per la qual cosa è inverosimile che Matteo a mille chilometri didistanza registrasse la data esatta della venuta di Corradino in Italia; difatti, fraSalimbene, che pure era di Parma, annotò per tale evento una data approssimativa(circa festum beati Francisci... - 4 ottobre -). Dunque l’esattezza di quella data (19ottobre) poco si addice al cronista di Giovinazzo.

Per la seconda parte troviamo documenti attestanti effettivamente la presen-za di re Carlo in Napoli dal 20 ottobre 1268 al 2 novembre 1268 56, dopo un’assenzada tale città di circa due anni. Come abbiamo già detto, è pienamente attendibileche in tale occasione re Carlo visitasse la tomba di sua moglie Beatrice. Riferendo ladata del 19 ottobre a questa venuta di Carlo in Napoli ci troveremmo perfettamen-te d’accordo con i documenti; anche se, come innanzi detto, per la sequenzacronologica dei tre paragrafi n) o) p) sarebbe più accettabile il “29 ottobre” che ènell’ultima settimana di ottobre. Infatti, l’ultima settimana dell’ottobre 1268 eracosì composta:

56 Reg. Ang., vol. I pagg. 199, 203, 204, 223, 251, 260.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

- 28 ottobre 1268, domenica- 29 “ “ lunedì- 30 “ “ martedì- 31 “ “ mercoledì

Ma che Matteo sapesse la data del “19 ottobre” della venuta di re Carlo inNapoli è pure poco credibile in quanto dal paragrafo precedente sembra dedursiche Matteo in quei giorni si trovasse in Puglia e non a Napoli (“la dereta settimanad’ottubre venne in Puglia...”).

Dunque, perché Matteo avesse potuto annotare la data esatta di un fattoaccaduto in Napoli, doveva trattarsi di un evento clamoroso. Che cosa successe inquei giorni a Napoli? Il 29 ottobre 1268 nella piazza del Mercato di Napoli fu ucci-so Corradino. Questa si che era una data memorabile che Matteo ben poteva regi-strare nei suoi appunti ancorchè si trovasse in Puglia. Con questa data e con questoevento spariscono tutte le incongruenze del paragrafo e la cronologia dei tre para-grafi n) o) p) va in ordine.

Con ogni probabilità Matteo nella prima parte del paragrafo scrisse non del-la venuta di Corradino ma della sua uccisione in Napoli. Non è credibile che Matteoregistrasse la venuta di re Carlo in Napoli in quell’ultima decade dell’ottobre 1268e poi omettesse di annotare il fatto più sconvolgente di quei giorni. È da supporrequindi che tale evento mal si leggesse e dove forse era scritto “fo’cciso Curradino...” fu letto “..sciso Curradino...” sicchè il racconto di Matteo, mal letto ed interpre-tato fu acconciato nel senso recepito come dimostra la buona forma linguistica diquella prima parte del paragrafo e la data trasformata nella espressione “Nell’anno1267...”.

Riportato dunque all’autunno del 1268 il riferimento cronologico dei para-grafi n) o) p) diventa realistico anche il contenuto del paragrafo p). Infatti, al 1°novembre del 1268, re Carlo era ancora in Napoli e poteva convocare i Baroni delRegno per il giorno di S. Caterina.

Da quanto finora esposto mi pare di aver dimostrato abbastanza chiaramen-te, attraverso prove e indizi, che i Diurnali dello Spinelli furono effettivamente og-getto di riordino cronologico in relazione alle date annotate dal Villani nella suaCronaca; e furono altresì travisati in più luoghi in sede di interpretazione e trascri-zione da manoscritti non sempre leggibili con chiarezza. Or dunque, se tanto risul-ta di già operato alla fine del ‘500 (avendo noi esaminato solo testi di quell’epoca)vuol dire che quegli Annotamenti già esistevano. Ma quello che sopratutto conta, èche tutti quegli interventi furono sempre in senso peggiorativo di guasti e non maiuna sola volta che si riscontri una rettifica storicamente valida. È proprio l’aspettonegativo di quegli interventi la comprova della originaria genuinità della cronaca:essa era veritiera e fu guastata da critici sprovveduti.

Al termine della sua dissertazione critica, il Capasso - in linea col Bernhardnel ritenere i Diurnali dello Spinelli una composizione del tutto apocrifa - notò chepur ammettendo “una compilazione secondaria che guastava e disordinava i

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notamenti di Matteo e che quindi abbisogna di essere corretta e ripristinata perridursi alla verità” e siccome il testo della medesima non è genuino,” bisogna “am-mettere che la sua autorità storica è nulla o per lo meno inattendibile” 57.

In realtà quello che dice il Capasso è vero solo in parte perché una cosa èsapere di trovarsi di fronte ad una totale impostura, altra davanti ad un testo origi-nariamente genuino ma successivamente guastato in più luoghi da cause in buonaparte individuate. Eccone un esempio brillante.

Quasi al termine della sua analisi critica, il Bernhard scrive: “Dalla indubitataprova della falsificazione si rileva una importante data storica: è possibile cioè de-terminare definitivamente il giorno, in cui morì l’imperatore Federico II. Com’ènoto, finora questo è stato tema di discussione e di incertezza, poiché il testamentodell’Imperatore nella maggior parte dei manoscritti ha “die sabbati 17 decemb.”,mentre uno ha il 7, un altro il “13 dec. die sabbati”. Ora, siccome il 17 dicembre1250 cade di sabato, Pertz, Legg. 2,357 con ragione ha ammesso questa data comevera. Però la sua opinione non trovò unanime consenso, perché i Diurnali offronominutissimi dettagli, veri bollettini della malattia dell’Imperatore e degli ultimi suoigiorni:

§ 27 - Alli 29 del detto mese (novembre 1250) si è saputa la novella cha l’Imperatore sta malato. § 28 - Allo 1° di decembre quelli, che passaro pe Jovenazzo, dissero cha l’imperatore sta malissimo. § 29 - Alli 9 si sparse fama, che era fore di pericolo. § 30 - Alli 13, che fò lo dì di Santa Lucia, morìo, e la sera innante avea mangiato certe pera con lo zuccaro, e disse, che la mattina venendo se volea levare, e questo anno è lo 1250. § 31 - Alli 16 di decembre, alle 21 ore, è venuta lettera de Manfredo, Prencipe di Taranto, che va avisando le Terre de passo in passo della morte dello Padre. Indi, dopo aver citato gli ultimi importanti autori della storia di Federico II

che riportano quei passi, il Bernhard aggiunge che tutto il contenuto di quei para-grafi è pura invenzione. E quindi, riportate le date registrate da diversi cronisti circala morte di Federico II, il Bernhard evidenzia lo sforzo compiuto dagli studiosi, peradeguare la data del testamento al racconto dello Spinelli: il Pabst emenda il testa-mento, ponendovi la data 13 kal. dec. (19 novembre) di sabato, il Breholles diesabbati decimo die mensis decembris 58.

Dopo di che il Bernhard prosegue: “Però io penso che ora, dacché l’appog-gio principale del 13 dicembre, Matteo di Giovinazzo, è caduto, noi possiamo confiducia restituire ogni autorità al testamento. E in validissimo aiuto di questo ven-

57 Bartolomeo CAPASSO, Sui Diurnali di Matteo da Giovinazzo, Firenze, 1895, pag. 87.58 BERNHARD, Matteo di Giovinazzo una falsificazione del secolo XVI, in “Il Propugnatore” 1869 v. 2° p.

2^ pagg. 33-36.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

gono due contemporanei: l’uno Saba Malaspina con il suo silenzio; l’altro, il biografodi Manfredi, che negli avvenimenti dell’Italia Meridionale è degno di ogni fede,Jamsilla. Nel testo di quest’ultimo presso Muratori, 8.479, si legge conforme le stampedi Ughelli e di Carusio: Mortuus est in Capitanata Apuliae...die mensis Decembris.Ma il miglior ms., il cod. De Miro, ha: in Capitanata Apuliae XIX die mensisDecembris. Questo è manifestamente il vero giorno della morte dell’Imperatore...”59.

A maggior conferma di questa data il Bernhard fa notare che sia Curita cheFazello portano per il testamento di Federico II la data del 17 dicembre conformealla copia che di detto testamento esiste nell’archivio di Napoli. Indi conclude sot-tolineando che il Villani, seguito dal falsario, annota “il dì di Santa Lucia” 60.

Senonchè dopo soli cinque anni il Capasso, che pure si era schierato control’autenticità dei Diurnali dello Spinelli, allorchè pubblicò la Historia Diplomatica,ironia della sorte , dovette iniziarla col dare ragione a Matteo Spinelli, confermandoche la data della morte di Federico II doveva ritenersi il 13 dicembre 1250 mentreera da rettificarsi la data del testamento. Come mai?

La risposta ci viene dal primo documento col quale il Capasso principiò laHistoria Diplomatica: la lettera Data Fogia XV die mensis decembris IX ind. con laquale Manfredi annunciava l’avvenuta morte di Federico II 61.

Matteo Spinelli aveva scritto: “Alli 16 di dicembre, alle 21 hore è venuta lalettera che lo Principe di Taranto va avisando le Terre di passo in passo della mortedello padre”.

Nulla di più storicamente e cronologicamente esatto! La data definitiva del-la morte di Federico II rimase quella dettata dallo Spinelli.

Tutta la critica che su quel passo dello Spinelli aveva mosso il Bernhard ap-parve un vaniloquio e non servì ad altro che a mettere in guardia su quanto eglistesso aveva scritto contro l’autenticità dei Diurnali.

Naturalmente gli oppositori di Matteo attribuirono “al caso” quella sorpren-dente concordanza di Matteo con la lettera di Manfredi e perciò con la data dellamorte di Federico II. Però, le volte in cui i Diurnali di Matteo coinciderebbero “percaso” con la realtà storica sono un po’ troppe ! In effetti, se ai casi notati dal Capassoe dal Bernhard si aggiungono tutti quelli che essi non notarono, se si considera chequelle “fortuite coincidenze” di date e di fatti corrispondono spesso ad eventi edate nemmeno citati dalle presunte fonti del falsario, quali avrebbe identificate ilBernhard, e che per conseguenza di questa ultima considerazione non poteronoessere oggetto di alterazione cronologica (in giorno e mese), si vedrà bene che tuttociò viene a favore della originaria genuinità della cronaca.

Come abbiamo visto, il Bernhard volle azzardare di stabilire una sola data:quella della morte di Federico II; e pure, nonostante l’ausilio delle grandi raccolte

59 ibidem pagg. 36-37.60 ibidem pag. 37.61 Bartolomeo CAPASSO, Historia Diplomatica, cit. pagg. 5-6.

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Giuseppe de Troia

diplomatiche, di tutte le cronache e manoscritti conosciuti, delle opere critiche, ditutte le copie del testamento di Federico II, delle grandi collezioni del Pertz e delMuratori, ecc. fallì il suo scopo. Il presunto falsario del XVI sec., invece, col sempli-ce ausilio del Villani, Platina, Fazello, Annali Siculi, Cronaca di Partenope e qual-che altra fonte di poco conto enunciata dal Bernhard avrebbe non solo stabilito conesattezza quella data ma anche quella della lettera di Manfredi di cui questi autorinon fanno neppur cenno.

Rimarrebbe allora una sola ipotesi: che il falsario abbia tratto le notizie percomporre i Diurnali dagli Archivi Reali. Ma nemmeno questa ipotesi regge; perché,se così fosse, il falsario accanto ai giorni ed ai mesi avrebbe scritto con esattezzaanche gli anni dedotti dai documenti, che, al contrario, fatta eccezione per quellodella morte di Federico II, sono tutti sbagliati perché presi dal Villani ed altri testicinquecenteschi.

In un capitolo del mio studio sulle origini di Manfredonia sono ancoraevidenziate la fallacia della critica del Bernhard e l’autenticità del racconto delloSpinelli a proposito di tale evento 62.

Rinviando allo studio citato quanto inerente la fondazione di Manfredoniaed il trasferimento dei Sipontini, ci piace qui sottolineare un’altra concordanza diMatteo sfuggita, naturalmente, sia al Capasso che al Bernhard e ciò perché la lorocritica fu unilaterale, intesa solo ad evidenziare le incongruenze, sicché non notò leimpronte di autenticità della cronaca.

Il Bernhard, a pag.51 della sua dissertazione, evidenzia una circostanza chesecondo lui “potrebbe difendere il Costanzo dall’accusa di falsificazione” deiDiurnali.

Citando alcuni luoghi della Historia del Costanzo, il Bernhard prova comelo stesso conoscesse Curita, l’autore delle Chroniche d’Aragona.

Per tale motivo, prosegue il Bernhard, se l’autore dei Diurnali fosse stato ilCostanzo, nella narrazione del matrimonio di Costanza con Pietro d’Aragona, avreb-be dovuto attingere dal Curita la data della celebrazione (1262) del matrimonio inquanto avvenuto in Montpellier.

Invece, tale matrimonio è registrato nei Diurnali sotto il 1257 in contrastocon la data del Curita. Probabilmente, prosegue il Bernhard, quando il Costanzoebbe in mano le Chroniche del Curita, i Diurnali di Matteo erano già stati compilatie diffusi!

L’unica cosa che il Bernhard non evidenzia a tale proposito è l’esattezza deimesi in cui i Diurnali registrano le notizie inerenti tale matrimonio.

Ma vi è qualcosa di più importante che l’illustre critico non notò.Nell’anno successivo a tale matrimonio, lo Spinelli registra l’ordine di

Manfredi che dispone il trasferimento dei Sipontini in Manfredonia.

62 DE TROIA, Dalla distruzione di Siponto, cit., cap. V.

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

Com’è noto tale ordine fu impartito da Manfredi da Orta nel 1263 e cioènell’anno successivo al matrimonio di Costanza (1262). Da dove avrebbe attinto ilpresunto falsario l’esatta sequenza cronologica di questi due eventi? Eppure si trat-ta di due fatti distinti senza alcuna correlazione tra loro e che nessuna fonte inqua-dra e mette in tale rapporto di tempo.

È appunto questa sequenza cronologica, con rapporti di tempo conformialla realtà storica, la vera, intrinseca cronologia dei Diurnali; cronologia sepoltada una coltre di date posticce, di aggiunte, spostamenti, interpolazioni ed erroridi trascrizione e di interpretazione che ne deformano la genuinità ed il raccontostesso.

Per concludere. dall’esame dei vari manoscritti dei Diurnali si è potuto os-servare un processo di elaborazione a cui fu sottoposta quella cronaca che rag-giunse la forma più compiuta nei codici gesualdini e sui quali successivamente,pare, siano state collazionate e corrette copie più antiche dei Diurnali, come giàosservò il Capasso 63. La vanagloria di casato avrà forse potuto influire sui copistiper la giunta di qualche altro nome a quelli annotati da Matteo. Il cattivo stato deimanoscritti, le abbreviature e la scarsa chiarezza di scrittura avranno certamentecontribuito a deformare nomi e fatti, interpretati magari in “chiave napoletana”;la mentalità di quei tempi avrà arricchito quella cronaca con notizie d’altra fontecome fu fatto per la Cronaca di Partenope; si sarà cercato infine di rendere in unaforma più moderna quel linguaggio allora giudicato “ridiculoso”; ma è innegabilein quegli Annotamenti, un sostrato di genuina fattura, deformato da quel restau-ro a tal punto da farlo apparire un falso del secolo XVI di cui quella rabberciaturareca le impronte.

Ma, altra cosa è un falso; altra, un restauro mal fatto. E ciò è importanteperché, se per tanti eventi vi sono documenti e fonti che meglio dello Spinellipossono illuminarci, rendendo inutile ogni fatica di riesumazione di questiDiurnali, per altri fatti il racconto di Matteo costituisce l’unica fonte, o la piùdettagliata.

A questo punto mi piace riportare quanto scrive Bartolomeo Capasso64 aproposito di un’altra cronaca: I Diurnali del Duca di Monteleone.

Scrive dunque il Capasso: “Or nell’aprile dell’anno 1876 ricercando cro-nache e scritture per la nostra Società di Storia Patria mi venne d’imbattermi in uncod. man. della biblioteca del Museo nazionale di S. Martino. Esso in caratteredella fine del XVI o principio del XVII con-tiene una cronaca napolitana dal 1265,e più propriamente da re Carlo II d’Angiò fino al 1420. Come bene osservò il ch.comm. Padiglione, che la credette non pubblicata né conosciuta, essa terminandoa mezza pagina, e senza conclusione o fine, deve ritenersi una copia di codice più

63 Bartolomeo CAPASSO, Sui Diurnali ..., cit. pagg. 21-22.64 Bartolomeo CAPASSO, Le fonti, cit. pagg. 139-142, pagg. 21-22.

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Giuseppe de Troia

antico interrotta dall’amanuense a quell’anno. Esaminando poscia questa cronacaben presto io m’avvidi non essere essa altro se non il Libro del duca di Monteleone,ma più pieno e circostanziato nei racconti, e scritto in una forma più popolare.Cercai allora di riscontrare altri codd. di quella cronaca, ai quali, come di scritturagià edita, non aveva mai per lo addietro posto mente. Ed infatti tra le due copie diesso, che si conservano nella Biblioteca Nazionale di Napoli, ne trovai uno, che loconteneva non monco, come il cod. di S.Martino, ma compiuto ed intero fino al1458; epoca, in cui, come asserisce il Costanzo, il cod. originale si arrestava, e dovepure la Storia d’incerto autore finisce. Così io rilevai che questi codd. erano senzadubbio una copia del libro del Duca nella sua forma originaria e primitiva. Le os-servazioni, che finora io ho potuto fare sul medesimo, e che, mancandomi il tempo,non sono certamente esaurite, mi hanno condotto a questa conchiusione. I diurnaliscritti nel solito dialetto letterato napolitano pei tempi più antichi contengono bre-vi e secchi ricordi, e sono assai più scorretti ed erronei di quello che si manifestanonella edizione finora conosciuta. Il cronista, a mio credere, scriveva sulle tradizionidel volgo, e quindi cade in strani e singolari anacronismi ed errori. Ma dopo il 1370le annotazioni cominciano ad essere generalmente più esatte, ed oltre l’anno del-l’era, che non rade volte è omesso, portano quasi sempre l’indizione che corre; fin-ché nei principi del secolo seguente, come si può vedere in parecchi luoghi, diventa-no ricordi di un contemporaneo, che talvolta è testimone oculare dei fatti, che nar-ra. Che se lo scrittore qui cade pure in qualche leggiero sbaglio di data, questoavviene assai di rado, e o deve imputarsi al copista o ad allucinazione di memoria,ma non deve certamente far dubitare della sua fede. Pare che il cod. donde ebberoorigine le copie, che io ho avuto finora agio di conoscere e di studiare, fosse statofatto in Terra di Bari, e che il trascrittore vi aggiungesse in margine qualche postillache riguarda quella regione, e che in seguito fu intrusa nel testo delle molte copie daesso provenienti. Il libro del Duca di Monteleone, secondo la edizione finora cono-sciuta, generalmente nella forma e talvolta anche nella sostanza è diverso da quelloche si vede nei codici di cui ho parlato. Un letterato del secolo XVI si prese la penadi correggere, interpolare in molti luoghi, compendiare in altri e finalmente ridurrein una lingua alquanto più italiana il testo originale. Probabilmente costui, se devecredersi al Costo, fu lo stesso Angelo di Costanzo. Afferma infatti il Costo nellesue annotazioni al compendio del Collenuccio che, essendo pervenuta in suo pote-re una copia dei diurnali di mano del Costanzo, vi “aveva trovato che parlando diCarlo I diceva così: ma la venuta sua fu nel 1266”. Or queste parole si leggonoletteralmente nella edizione rifatta del libro del Duca, e non nella originale, ove lavenuta di Carlo I e della di lui moglie nel regno è segnata col 1264. Può quindi conqualche fondamento supporsi che l’edizione rifatta fosse stata opera del Costanzo.Da tutto ciò ognun vede che una ristampa di questa cronaca, fatta con critica edillustrata col confronto e colla giunta di altri monumenti e carte di quel tempo, saràdi non poca utilità per la nostra storia, e potrà dileguare i dubbi, che un raffazzona-mento posteriore aveva fatto nascere sulla fede e sull’autenticità di essa.”

Io credo che, nonostante quanto in seguito abbia ancora scritto il Capasso

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Gli annotamenti di Matteo Spinelli da Giovinazzo

avverso i Diurnali di Matteo da Giovinazzo 65, le disavventure di questi Annotamentinon devono essere state diverse da quelle dei Diurnali del Duca di Monteleone 66;solo che, di antichi manoscritti dei Diurnali di Matteo anteriori al riordino del XVIsecolo, non pare vi sia più traccia.

65 Bartolomeo CAPASSO, cit. pag. 5566 Nelle prime pagine del presente studio abbiamo riportato il brano preso dal Proemio della Historia di

Napoli del Di Costanzo, ove lo stesso, dopo l’annuncio dell’acquisizione degli Annotamenti di Matteo diGiovenazzo e di quelli di Pietro dell’Humili di Gaeta, prosegue dicendo: “...e per questo cominciai dallamorte di Federico secondo, ponendo con il miglior ordine, c’ho saputo le cose scritte da loro, e comprobatecon l’altre scritture con tanta fede, et osservanza’’.