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179-180 ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI ONLUS Agosto 2011 - Aprile 2012 “Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Milano”

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179-180

ISTITUTOITALIANODEI CASTELLI ONLUS

Agosto 2011 - Aprile 2012“Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Milano”

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SOMMARIO2

Sommario Lettera del Presidente 3 Giovanni Ventimiglia di Monteforte

Attività dell’Istituto4 CXXIII Consiglio Scientifico. CXXVI Consiglio Direttivo.

Attività delle Sezioni6 Campania Giornate nazionali dei castelli, conferenze, seminari

9 Lombardia Viaggi di studio, conferenze, giornate nazionali dei

castelli.

13 Marche Castella Marchiae, visite di studio: la Bassa Valle

dell’Aso, Forli’, Porto S. Giorgio, Genova.

15 Molise Presentazione Atlante Castellano del Molise.

16 Piemonte Valle d’Aosta Visite di studio. Il crollo della torre di Motturone.

Puglia Viaggi di studio a Bergamo, Roma, Brindisi e Torino.

18 Sardegna Partecipazione alla XIII Settimana della Cultura

programmata dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, 9-17 aprile 2011.

19 Sicilia Convegno, partecipazione alla Bit di Milano, Giornate

Nazionali dei Castelli.

21 Toscana Viaggio di studio in Germania.

25 Trentino Tappa in Trentino del “Gran Tour della Memoria” Il Castello del Buonconsiglio.

27 Umbria Visite di Studio: Roma, Perugia, Forlì, Modena e

Sassuolo. Viaggio in Montenegro. Conferenza e giornate dei castelli.

30 Recensioni32 Organigramma dell’Istituto

>179-180

ISTITUTOITALIANODEI CASTELLI ONLUS

Agosto 2011 - Aprile 2012“Poste Italiane Spa - Spedizione in Abbonamento Postale - 70% - DCB Milano”

CronAChe CAStellAne N° 179/ 180Agosto 2011 - Aprile 2012

in copertina: Il Castello di riardo (Ce).

Fondatore Vittorio Faglia

Direttore responsabile

Flavio Conti

Vice Direttore luigi Maglio

redazione Antonella Delli PaoliMaurizio MontoneDomenico Caso

Collaboratori Maria rosa Fonio luisella rosti

Segreteria di redazione

Castel dell’ovovia eldorado - 80132 napoli [email protected]. 081 5513928

Grafica Interlinea - Via Biseo, 3925128 Brescia

Impaginazione e stampa

officine Grafiche Francesco Giannini & Figli S.p.A. 84134 napoli

Il presente notiziario, stampato in 2850 copie, è una circolare interna di informazione per i Soci dell’Istituto Italiano dei Castelli. Autorizzazione del tribunale di Monza n. 147 del 23.4.1968. I testi possono essere riprodotti previa autorizzazione e citando la fonte.

Stampato a napoli nel mese di aprile 2012

Istituto Italiano dei Castelli OnlusFondato da Piero Gazzola nel 1964organizzazione internazionale sotto gli auspici dell’Unesco e del Consiglio d’europaAssociato a europa nostra - Federazione paneuropea del Patrimonio

Sede Legale Sede operativa

Sede di rappresentanza

Castel Sant’Angelo - roma

Via G.A. Borgese 14 - 20154 Milano - tel/fax 02 347 7237

Via Azuni 15- 00196 romatel/fax 06 68804543

[email protected]

www.castit.it

IStItUto ItAlIAno DeI CAStellI onlUSPresidente: Giovanni Ventimiglia di Monteforte

Vicepresidenti: Ileana Chiappini di Sorio Letizia Giovanelli Caproni Franzo Bruno Statella Antonella Calderazzi

Segretario Generale: Aldo Giovanni Ricci Tesoriere: Lodovico Gaslini

Comunicazione e relazioni esterne: Flavio Conti

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arissimi Amici,

in un tempo come quello che da alcuni anni stiamo vivendo in cui le possibilità

di ottenere finanziamenti da enti pubblici e privati sono divenuti impensabili,

in attesa che si ritorni alla normalità, abbiamo rivolto la nostra attenzione su

tutta una serie di attività che non ci impegnano sul piano economico ma che, in armonia a

quanto disposto dal nostro Statuto, ci consentono di essere maggiormente presenti nel territorio

e, conseguentemente, svolgere una azione più intensa di divulgazione della conoscenza del

nostro patrimonio fortificato. Un indirizzo nuovo quindi, che in sintonia a quanto sinora

svolto con grande impegno dalle Sezioni, dovrebbe stimolare l’adesione alI’Istituto di nuovi

soci. Pertanto, nel quadro di tali obiettivi, abbiamo sottoscritto un protocollo di intesa

rispettivamente con la Confederazione Italiana Campeggiatori, per un’attività di turismo

itinerante castellano con utilizzo dell’autocaravan, e con la Casa Editrice De Luca Editori

d’Arte per la pubblicazione, sotto l’ egida del nostro Consiglio Scientifico, di una collana

editoriale sui “Castelli d’Italia” (titolo provvisorio). In ossequio al deliberato del Consiglio

Direttivo tenutosi a Roma il 26 Nov. 2011, bilancio permettendo, si darà il via alla nuova

edizione del volume “Le Parole del Castello”; inoltre abbiamo concesso il patrocinio non

oneroso al progetto “Glossario dei Termini Castellani”, in più lingue, sponsorizzato totalmente

da una nota Associazione veneta. Ovviamente, nonostante le citate difficoltà, continueremo,

con perseveranza, a tenere sott’occhio i progetti avviati con i Ministeri dei Beni Culturali e

della Pubblica Istruzione. La partecipazione ai Bandi Europei ci trova al momento, assieme

a vari partner giordani, maltesi e libanesi, candidati in un progetto di indirizzo turistico

del programma ENPI. Non è illusorio pensare che a breve possano essere pubblicati nuovi

Bandi più consoni ancora alle finalità dell’Istituto ai quali, naturalmente, non mancheremo

di prestare la dovuta attenzione. Ritenendo tutti consapevoli che premessa essenziale alla

nostra ripresa operativa sia stato il ritorno alla stabilizzazione finanziaria, senza la quale non

sarebbe stato possibile operare con dignità e serenità di spirito, sento il dovere di ringraziarVi,

nessuno escluso, per la fiducia accordatami e per avermi sostenuto nelle decisioni adottate.

Auspico che la Vostra collaborazione sia prima di tutto tesa ad una maggiore partecipazione

alla vita delle Sezioni, che sono i pilastri portanti del nostro Istituto, e porgo a Voi tutti il mio

più caro e cordiale saluto, con l’ augurio di un futuro migliore.

Giovanni Ventimiglia di Monteforte

3LetteRA deL pReSIdente

Lettera del Presidente>

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ATTIVITà DEll’ISTITUTO4

> CXXIII CONSIGLIO SCIENTIFICO DELL’ISTITUTORoma, 26 febbraio 2011, ore 11.00, presso gli uffici dell’Istituto in via D. Azuni 15/A.

Presenti: Calderazzi, Carafa, Corazzi, De Tommasi, Fasanella, Foramitti, Labaa, Lusso, Maglio, Martegani, Taddei, Valente, Ventimiglia, Villari, Viglino Davico.Assenti giustificati: Carbonara, Chiarizia, Conti, Guida, Palloni, Tamborini, Viganò.Assenti: Gentilini, Iacobone, Magnano di San Lio, Manenti Valli, Mariano, Marino, Montaldo, Santoro.Uditori: Bruno Statella, Fenici

> ARGOMENTI DISCUSSI E DECISIONI PRESE1) Approvazione del verbale della seduta precedenteIl verbale, già inviato ai consiglieri, viene approvato all‘unanimità.2) Comunicazioni del PresidenteDe Tommasi ricorda la figura di Vittorio Faglia, recentemente scompar-so. Un amico, l’anima dell’Istituto, con una grande attività culturale, sociale e scientifica. E’ stato socio fondatore dell’Istituto, presidente per molti anni, segretario generale e stretto collaboratore di Gazzola. Ricorda come nel 1964, all’epoca della fondazione dell’Istituto, i castelli non avevano la considerazione che hanno ora, erano estranei alla vita sociale e culturale, alla città ed al territorio.Oggi ci troviamo in una situazione completamente diversa: i castelli sono ampiamente valorizzati in ogni regione, con il riconoscimento del valore che hanno avuto nella storia. In questa azione di rivalutazione e reinserimento l’Istituto Italiano dei Castelli ha avuto un ruolo signi-ficativo, e di questo dobbiamo anche essere riconoscenti ai fondatori che ebbero l’intuizione di strutturarlo come associazione finalizzata anche alla ricerca scientifica. Legge il telegramma che ha inviato a nome del Consiglio Scientifico alla famiglia Faglia. Anticipa la proposta di una giornata di studi in onore di Vittorio Faglia, da farsi in ottobre o novembre, che possa essere anche una giornata di riflessione sul futuro dell’Istituto. Chiede al Consiglio Scientifico di rispettare un minuto di silenzio. Calderazzi ricorda che Faglia è stato fondatore e direttore di “Cronache Castellane” e propone che un numero di “Castellum” sia dedicato alla sua figura ed al suo contributo scientifico, nell’ambito del quale si possano ricordare la simbologia castellana, da Lui proposta e successivamente definita dal CS, e gli studi sulle torri costiere della Puglia. La proposta è accolta all’unanimità. De Tommasi comunica che l’avvocato Maurizio Mauro ha rassegnato le sue dimissioni dal Consiglio Scientifico per la sua impossibilità a partecipare all’attività del Consiglio stesso. Labaa si rammarica della decisione di Mauro, di cui è nota la competenza scientifica. Si chiede se sia possibile mantenere i rapporti culturali con esperti anche al di fuori del Consiglio Scientifico. De Tommasi comunica la richiesta formulata dal dr. Berutti-Floris, vicepresidente della delegazione di Cagliari, di nominare l‘ing. Michele Pintus come membro del Consiglio Scientifico. Non essendo pervenuto il curriculum vitae dell’ing. Pintus, si rimanda la decisione al prossimo Consiglio Scientifico.3) Atlante castellano: stato dell’arte e eventuali deliberazioniDe Tommasi ricorda che da diversi anni si discute dell’Atlante castella-no, a causa anche della complessità del problema.Si deve ora tentare di proseguire e concludere la sua realizzazione a livello nazionale. Questa iniziativa comporta però un impegno cospicuo da parte delle sezioni e del centro. Va proseguito e completato il lavoro. Il materiale va raccolto e uniformato in quanto molte sezioni, a causa delle specifiche motivazioni e finanziamenti ricevuti, hanno eseguito il lavoro in modo diverso. Il Consiglio Scientifico deve formulare delle proposte al Consiglio Direttivo. Comunica la consistenza del materiale delle regioni presente nella Segreteria generale. I consiglieri riferiscono sulla situazione della catalogazione delle riverse regioni. Ad una prima stima basata sulle informazioni disponibili al momento, l‘Abruzzo ha completato la catalogazione in formato cartaceo, così come la Calabria (750 castelli circa), Campania (600), Friuli V. G. (600), Trentino e Molise (200) hanno completato la catalogazione informatica, che dovrà però essere aggiornata e rielaborata. Il Piemonte ha completato il 70% della catalogazione digitale, da rielaborare, su un totale di circa 1000 castelli. Le altre sezioni hanno a disposizione una catalogazione preva-lentemente cartacea nella misura del 70% su 2000 per la Lombardia, del 50% per Lazio (su 500) e Sicilia (su 1000), del 60% per la Toscana

(su 2000), del 35% per il Veneto (su 1000), del 10% per il Molise (su 700). Mancano stime su Basilicata, Emilia Romagna, Liguria, Umbria, Alto Adige e Val D‘Aosta. Al fine di avere il quadro completo verrà inviata una richiesta a tutti i consiglieri scientifici. Taddei, relativamen-te alla predisposizione della scheda, propone di valutare se utilizzare le schede ministeriali. De Tommasi, assunte queste prime informazioni, apre la discussione sulla modalità di prosecuzione del lavoro. Dopo la prima scheda di catalogazione (2003), è stata preparata da Flavio Conti una nuova proposta sulle modalità di completamento del lavoro, che dovrà essere valutata. Il presidente sottolinea che ricorrere alle schede ministeriali significa rinunciare alla realizzazione dell’Atlante come concepito inizialmente. Perbellini chiede che venga fornita la scheda in modo ufficiale dal ministero. Statella riferisce sull’attività svolta dal presidente Ventimiglia presso il ministero, riferendo che quest‘ultimo sarebbe disposto a esercitare la propria influenza sulle regioni per far eseguire la catalogazione. Viglino Davico ritiene che utilizzare la scheda ministeriale significhi rinunciare alla realizzazione dell‘Atlante Castellano. Labaa ricorda come l’Istituto ha sempre stimato in 20.000 le opere fortificate in Italia, e che lo stato dei lavori pare ben lontano ancora dal raggiungimento del risultato finale. Per quanto riguarda la composizione della scheda, ritiene che questa debba essere specifica. De Tommasi è cosciente che il ministero non potrà contribuire all’i-niziativa; è anche difficile reperire finanziamenti europei. Foramitti propone che si cerchi di completare almeno la catalogazione di primo livello, per ottenere un elenco delle opere fortificate, possibilmente con le coordinate geografiche. A livello regionale, potrebbe essere anche un contributo alla pianificazione paesaggistica. Maglio concorda, ma deve esserci un protocollo concordato e definitivo sul quale lavorare. De Tommasi ritiene che bisognerebbe prima stabilire il progetto ed il risultato finale, sul quale iniziare il lavoro. Presenta il sito dimostrativo elaborato dal gruppo Conti e chiede al Consiglio Scientifico se l’impo-stazione del lavoro è condivisa.Taddei propone che ci si attivi per inserire i dati nel sito. Maglio chiede che ci sia una struttura organizzativa centrale che gestisca il sito. De Tommasi condivide la necessità di avere una struttura dedicata alla gestione del sito e all’organizzazione dei dati. Bisogna quindi decidere se procedere con l’esecuzione del lavoro e approvare la struttura del lavoro. Le sezioni si attrezzeranno per implementarlo. Viglino Davico propone di partire e che le sezioni inizino ad inserire i dati. De Tommasi chiede se il Consiglio Scientifico approva il data-base già predisposto da Conti e dai suoi collaboratori, fermo restando che l‘Istituto dovrà accollarsi gli oneri di gestione del sito, mentre le sezioni dovranno procedere alla catalogazione sul territorio. Il Consiglio Scientifico approva all’unanimità quanto proposto e rimanda al Consiglio Direttivo le decisioni definitive in merito alla gestione economica del sito e del portale; dà incarico al presidente di informarsi presso chi ha sinora gestito il sito sulle possibilità di proseguire il lavoro e sui costi relativi. Taddei concorda, ma fa notare che deve essere chiaro il ruolo e l’atti-vità del coordinamento centrale. Foramitti ribadisce la necessità di un coordinamento centrale che supporti le sezioni nel caricamento de dati e nella conversione di quanto già elaborato nel formato del data-base finale. De Tommasi concorda e assicura che presterà massima attenzio-ne al rispetto di queste indicazioni.

Il segretario del Consiglio Scientifico Vittorio Foramitti

> CXXVI CONSIGLIO DIRETTIVO DELL’ISTITUTO Roma, 14 novembre 2010, ore 9.30, negli uffici dell’Istituto in Via Azuni 15/A - Roma

Presenti: Bellucci, Berutti, Bruno Statella, Calderazzi, Caputi Iambrenghi, Caramanti, Cavazza Isolani, Chiappini di Sorio, Codroico, Colmuto Zanella, Cosentino, De Tommasi, De Jorio Frisari, d’Alcontres Marullo Stagno, Fasanella, Fenici, Giusso del Galdo, Maglio, Marchesi, Martegani, Pieragnoli, Perrella, Quendolo, Rosati, Sammartini, Scaramellini, Taddei, Ventimiglia di Monteforte, Villari.Assenti con preavviso: De Luca Picione, Perbellini, Sabatini,

Attivitàdell’ISTITUTO

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5ATTIVITà DEll’ISTITUTO

Saponaro Monti Bragadin.Deleghe: Chiarizia a Ventimiglia, Conti a Caramanti, Labaa a Caramanti, Hardouin di Gallese a Cocozza, Giovanelli a Giuliani, Pignatelli a Maglio, Rosboch a BellucciUditori: Biassoni, Hardouin di Gallese.

> ARGOMENTI DISCUSSI E DECISIONI PRESE1) Approvazione verbale della seduta precedenteIl presidente Ventimiglia segnala che nel verbale della riunione di Napoli viene indicata la ratifica delle modifiche proposte da Conti (eliminare la frase: riunioni di consiglio direttivo e scientifico) al punto 5) del precedente verbale della riunione di Roma del 25.10.2009 in cui si riportava: “Il Presidente incarica quindi l’avv. Cocozza di continuare i contatti con l’amministrazione del Castello per trovare una possibile soluzione. In caso contrario prendere cortesemente contatti con l’Am-ministrazione della principessa Giovanelli per un possibile accordo per il trasferimento a Villa Caproni della sede legale dell’Istituto e la loca-zione di un locale riservato all’Istituto Nazionale quale stabile recapito per le riunioni di Consiglio Direttivo e Scientifico ed altre eventuali necessità”. Essendo il verbale della riunione di Roma già riportato su Cronache Castellane, a suo avviso la suddetta eliminazione non è pìù possibile. Dopo lunga discussione viene chiarito che la trascrizione del verbale di Napoli sul Registro delle riunioni del Consiglio ne attesta validamente la modifica. Taddei ritiene che il verbale della precedente riunione di Napoli non sia veritiero in quanto non riporta le richieste sul preventivo 2010 e affitto ufficio di Roma inviate per lettera racco-mandata dalla sezione Toscana. Caramanti risponde che le osservazioni sono pervenute successivamente alla riunione del consiglio e pertanto non sono materia di verbale. Inoltre esse sono state inviate per racco-mandata a tutti i consiglieri e pertanto le relative osservazioni saranno oggetto del presente verbale.2) Comunicazioni del presidenteIl presidente, rammaricandosi di dover stimare una perdita a fine anno della gestione ordinaria di circa 20.000 euro a fronte di una previsione di pareggio da lui presentata nella precedente riunione, lamenta di essere costretto ad agire senza poteri e di non essere in grado di sapere con sicurezza gli impegni ed i pagamenti effettuati dai vari delegati ad operare. Al riguardo legge una sua memoria e chiede infine che vengano ritirate tutte le deleghe concesse. Dopo lunga discussione da parte dei consiglieri presenti, relativamente in particolare ai poteri con-feriti dallo Statuto al presidente, il Segretario Caramanti, su proposta unanime dei presenti, legge il seguente testo da mettere a verbale: “In relazione allo stato dell’attuale situazione di gestione non soddisfacen-te, il Presidente comunica di ritirare tutte le deleghe e di assumere su di sé ogni responsabilità: per quanto di propria competenza il Consiglio prende atto di quanto sopra secondo i poteri conferiti dallo Statuto”.3) I.S.N.A.R.T.- RomaIl presidente Ventimiglia riferisce sui colloqui avuti nel recente periodo, insieme a Statella ed all’avv. Cocozza, con i dirigenti di quell’istituto, avendone riscontrato il grande entusiasmo a collaborare con la nostra organizzazione. Occorre iniziare anche con le poche cose che abbiamo a disposizione per rendere fattivo il rapporto che potrà così meglio presentare ad un più vasto pubblico che utilizza su vasta scala i servizi turistico-commerciali di Isnart. Il quale Istituto, precisa Statella, potrà avvalersi con grande interesse dell’apporto culturale che potremo fornire. Sull’argomento intervengono in particolare De Tommasi, Taddei, De Jorio, Bellucci, Maglio e Cocozza. Alla fine viene rimarcata la necessità di salvaguardare le finalità culturali del nostro Istituto, pur riconoscendo l’opportunità di poterle comunicare al grande pubblico, riscontrando altresì le difficoltà materiali da affrontare, soprattutto riguardo alle persone volontariamente disponibili ad operare. Viene deciso di fornire inizialmente e con urgenza all’I.S.N.A.R.T le carte geografiche indicative delle costruzioni fortificate regionali prodotte nel tempo dalle sezioni. Il presidente invita quindi i presenti ad inviare con urgenza, accantonando eventualmente anche i lavori in corso per l’Atlante Castellano, una o due copie di tali carte, all’ufficio di Roma il quale provvederà a far effettuare tutte le necessarie operazioni di riproduzione e scanner richieste da I.S.N.A.R.T.4) Ministero B.B.C.C.: Protocollo Intesa e Atlante Castellano5) Ministero Pubblica Istruzione: Corso Formazione EspertiIl presidente Ventimiglia riferisce dei vari colloqui avuti con impor-tanti personalità dei suddetti ministeri, riscontrandone l’interesse a collaborare col nostro Istituto, anche se sul piano finanziario la loro partecipazione sembra poter avvenire solo in modo indiretto, attraverso la rete dei diversi Enti regionali e provinciali. Così come avvenuto per il riconoscimento del Ministero della P.I. della nostra iniziativa del “Castello racconta”, il presidente si augura di avere un significativo riconoscimento a livello ministeriale dell’iniziativa che intende avviare con l’Università di Roma per l’istituzione di un Master sul restauro dei beni architettonici fortificati. Il problema, afferma Statella che ha partecipato agli incontri, è il rapido avvicendamento dei responsabili che vengono contattati e riuscire ad accreditarsi nelle diverse strut-ture amministrative che vi provvedono. Ad una specifica richiesta di Calderazzi, Statella conferma che l’intento dell’intesa con il Ministero dei BB.CC. è quello di far riconoscere l’Istituto Italiano dei Castelli come organo stabile consultivo di riferimento, con facoltà delle Sezioni di interloquire direttamente con le direzioni regionali per le problemati-che inerenti il patrimonio castellano e attività diverse indirizzate alla

sua salvaguardia (es. giornate castellane). Intervengono Perrella, De Jorio e Taddei suggerendo anche ulteriori possibilità di collegamenti con le varie direzioni ministeriali.6) “Gran Tour della Memoria”Il presidente ringrazia i presidenti delle sezioni Veneto, Trentino e Friuli Venezia Giulia, per il complesso lavoro svolto per l’organizzazione del viaggio di cui tutti i presenti hanno già ricevuto il programma. Ne verrà inviata notizia a tutti i soci dell’Istituto da parte dell’Agenzia incaricata dell’organizzazione del viaggio. Il presidente confida in una notevole partecipazione.7) Situazione soci e previsione situazione dei conti al 31.12.2010Caramanti illustra il prospetto che indica una stima del risultato economico–finanziario alla fine del corrente anno, raffrontata con il risultato di bilancio dell’anno precedente e con quanto previsto da Ventimiglia sulla base delle decisioni prese nella riunione di consiglio del 18.4.2010 a Napoli. Caramanti spiega che la perdita di circa 20.000 euro della gestione ordinaria dovrebbe venire quasi totalmente coperta dagli interessi attivi incassati dagli investimenti del Fondo patrimo-niale, e dalla entrata del contributo straordinario di 10 euro per socio richiesto alle sezioni per l’uscita di “Castellum”. Il pareggio di bilancio che si dovrebbe così raggiungere, per la prima volta da molti anni, va raffrontato alla forte perdita di euro 31.231 dell’anno precedente in cui, però erano uscite tre edizioni di “Cronache” ed una di “Castellum” contro l’unica uscita di “Cronache” di quest’anno. Le spese scenderanno infatti da 113.642 euro a 77.050 pur considerando alcuni incrementi per affitti e spese di rappresentanza.Pieragnoli ritiene indispensabile continuare con l’attività delle pub-blicazioni, mentre il contributo straordinario di 10 euro pagato nel 2010 dovrebbe essere sostituito da un equivalente aumento delle quote sociali. Seguono numerosi altri interventi, tra cui Fenici, Taddei, Statella, Maglio, Caputi Iambrenghi, alcuni con l’osservazione che il contributo di 10 euro era destinato alla pubblicazione del secondo numero di “Cronache” e non a correggere i risultati del bilancio, altri indirizzati a ricercare una possibile riduzione delle spese generali e di stampa e ad individuare le modalità per recuperare ed aumentare le entrate dai soci. Caramanti risponde che il bilancio dell’Istituto segue la necessità di indicare la gestione delle disponibilità di cassa con l’obbiettivo di non intaccare il Fondo patrimoniale, ridottosi ora a circa 158.000 euro dagli iniziali circa 500.000 incassati grazie al realizzo della donazione Cavalli. Ogni incasso di denaro, pertanto, quale bene fungibile, non può che essere considerato in bilancio nel senso indica-to. Quanto al costo della stampa di Cronache, Caramanti riferisce, in assenza di Conti da lui in precedenza contattato, che i preventivi alter-nativi ricevuti da varie sezioni, non si discostano eccessivamente da quelli dell’attuale fornitore (Interlinea); il maggior costo finale è dovu-to, però, ai costi di composizione, impaginazione, fotolito, correzioni cromatiche, etc. che i nuovi preventivi non considerano. Aggiunge che le ulteriori spese richiamate dal presidente, corrispondano all’impegno una tantum, dello stampatore e del grafico per la messa a punto della nuova veste a colori di “Cronache”, i cui futuri numeri avranno pertanto un costo tale da rientrare nei parametri a suo tempo previsti. La perdita della gestione operativa, infine, è sostanzialmente dovuta alla forte riduzione dei soci paganti, il cui incasso si stima ridursi quest’anno di almeno 35.000 euro a causa del forte numero di soci da depennare. Al riguardo, sorgono alcune lamentele da parte dei presidenti delle sezioni che hanno regolarmente provveduto a trasferire nei termini richiesti quanto dovuto, rispetto a quelle ritardatarie. Maglio precisa che nei costi dei preventivi da lui forniti, i lavori di cui sopra sono inclusi.8) Premio Tesi di LaureaDe Tommasi riferisce che il Consiglio Scientifico ha proposto anche per il 2011l’effettuazione del concorso per i premi di laurea, affidandone la cura e l’organizzazione a Taddei. Il consiglio approva.9) Sede Legale Istituto Italiano dei Castelli (onlus)L’argomento non viene trattato.10) Varie ed eventualiFasanella sollecita una decisione sul premio duchessa Melina Pignatelli che da molto tempo viene rimandato. Suggerisce una visita al Castello. Maglio informa che in Castel Dell’Ovo si sta realizzando una importante biblioteca che già dispone di 600 pubblicazioni, oltre alla collezione completa di “Cronache” e “Castellum”, con previste altre donazioni. Ne è stata richiesta la partecipazione al comune di Napoli al cui sindaco è stata inviata una bozza di Statuto. Potrebbe essere dedicata a Melina Pignatelli ed essere anche riconosciuta a livello nazionale. Sammartini ricorda, al fine di evitare inutili doppioni, che presso il museo in Castelvecchio a Verona esiste già la biblioteca del Fondo Gazzola e del Fondo IBI, di cui Chiappini e Perbellini sono membri rispettivamente per conto dell’Istituto Italiano dei Castelli e di Europa Nostra. Viene infine stabilito che la prossima riunione del Consiglio si terrà a Roma, in data da definire. Alle ore 13,30, la riunione viene chiusa con la firma congiunta del presidente e del segretario generale dei fogli di minuta manoscritti sugli interventi effettuati.

Il segretarioGiancarlo Caramanti

Il presidenteGiovanni Ventimiglia

di Monteforte

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CAMpAnIA

campania

Attivitàdelle sezioni

GIORNATE NAZIONALI DEI CASTELLI, CONFERENZE, SEMINARI.

> Nell’ambito della XIII edizione delle Giornate Nazionali dei Castelli, l’Istituto, in collaborazio-

ne con la Provincia di Salerno ed il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha promosso una giornata di studi, tenutasi il 27 maggio 2011 presso il castello di Arechi a Salerno, dal titolo: “Dalle città ai borghi in provincia di Salerno: architettura, archeologia e paesaggio fortificato. Nuove conoscenze per il recu-pero e la fruizione”. Hanno partecipato alla tavola rotonda il presidente della sezione Campania dell’I-stituto l’arch. Luigi Maglio, l’arch. Lorenzo Santoro della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Salerno ed Avellino, la dott.ssa Anna De Martino della Soprintendenza ai Beni Storici Artistici ed Etnoantropologici per le province di Salerno e Avellino, il prof. Paolo Peduto e il dott. Alfredo Maria Santoro, dell’Università degli Studi di Salerno, e il dott. Antonio Capano, archeo-logo e membro Deputazione di Storia Patria per la Lucania. L’arch. Luigi Maglio nell’illustrare la “Carta dei luoghi fortificati della Campania” da lui redatta ha evidenziato come le maggiori concentrazioni di castelli e torri fossero presenti nelle aree costiere e nelle zone interne di confine, spiegando dettaglia-tamente la simbologia appositamente studiata dal consiglio scientifico dell’Istituto per identificare la tipologia e lo stato di conservazione degli edifici mappati. Da tale mappatura si evince che nella Provincia di Salerno il patrimonio di architettura fortificata risulta così ripartito: il 30% di torri, il 25% di castelli e il restante 45% costituito da palazzi e borghi fortificati; di questi manufatti soltanto il

16% si è conservato in condizioni ottimali. Inoltre, il Presidente, ha puntato l’accento su una tipologia del-le strutture fortificate in Campania poco conosciuta, la masseria fortificata, che si pensava fosse tipica soprattutto della regione Puglia, ma che invece regi-stra una forte presenza anche nella nostra regione (ne sono esempi caratteristici le grandi strutture che si conservano a Centola e Pietralcina). L’arch. Lorenzo Santoro ha trattato il caso delle torri costiere del Principato Citra. La presenza dei corsari ha sempre interessato le coste della Campania e in particolare del salernitano; addirittura anticamente Cetara ed Agropoli erano insediamenti saraceni. Le prime torri, con base a scarpa, furono costruite in epoca angioina e riutilizzate dagli aragonesi ed erano poste in zone costiere strategiche allorché avevano soprattutto la funzione di avvistamento delle imbarcazioni nemiche, comunicando tra loro con fumarole. In epoca vicereale l’utilizzo come postazione di avvistamento fu superato da un utilizzo incentrato sulla difesa, soprattutto lungo i corsi d’acqua, in modo da impedire ai corsari l’ap-provvigionamento di acqua potabile. La costruzione di queste nuove torri, risalente al XVI secolo, fu messa a carico delle città. La loro forma costruttiva non fu più circolare con base scarpata, come in epoca angioina, ma assunse la forma quadrata con le caratteristiche troniere verticali dove si posizio-navano i petrieri (piccole artiglierie a retrocarica) per l’autodifesa. Queste torri inoltre potevano contenere da uno a tre cannoni di tipo navale per la difesa costiera a seconda della grandezza della torre stessa.La dott.ssa Anna De Martino ha presentato il com-plesso monumentale di villa d’Ayala Valva alle pen-dici del Marzano Eremita. Questa villa settecentesca, in stile neoclassico, ha un parco di 17 ettari cinto da mura ed abbellito da un maestoso complesso statuario. La villa e il giardino furono realizzati con la finalità di luogo di delizie e di caccia e per la cele-brazione della famiglia d’Ayala Valva. Il prof. Paolo Peduto ha puntato l’accento sul castello di Arechi (SA), luogo in cui si è svolta la manifestazione. Il castello, nato come Turris maior,

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7AttIVItà deLLe SeZIOnI

Il castello di Arechi a Salerno, che ha ospitato il convegno del 27 maggio 2011. L’imponente struttura difensiva, che domina dal monte Bonadies la sottostante città, è di origini bizantine, è venne notevolmente ampliata in età vicereale (XVI secolo)

tipico esempio di castrum bizantino, fu costruito con tutta probabilità intorno alla metà del VI seco-lo ai tempi di Narsete o ancor prima di Belisario, durante le fasi finali della guerra gotica combattuta tra Goti e Bizantini per il possesso della penisola. Fu ampliato, rinforzato ed adeguato alle rinnovate esigenze militari in epoca angioina ed aragonese fino al raggiungimento della struttura massiccia e compatta che oggi noi tutti possiamo osservare.Il dott. Antonio Capano ha trattato alcuni impianti fortificati del Cilento, con particolare riguardo alla città di Gioi. Nel medioevo vi fu costruita un’impo-nente cinta muraria, ricca di torri circolari e qua-drangolari, ancora visibili, che portava al castello, situato nella parte più alta della città, andato quasi completamente distrutto. A partire dal’500 nel paese vennero costruite le prime “case palazziali” ad opera dei notabili del paese, sul cui esempio si svilupperanno le successive costruzioni della città.Il contributo del dott. Alfredo Santoro ha riguardato le fortificazioni della città di Salerno, a partire dalla Turris maior - castello di Arechi, inserito all’in-terno di una fitta rete difensiva del territorio di Salerno, nella quale sono da includere i castelli di San Mango Piemonte, Castel Vetrano e la torre di Giovi-Montena. I due antichi Casali di San Mango e Piedimonte furono legati alle vicende della vicina città di Salerno e provvedevano al sistema difensivo orientale del Principato di Salerno, sia fornendo militi per il Castello Maggiore sia con fortilizi sul territorio (resti del Castello Merla sul Monte San Mango e resti nella località Ponticelli). Di certo nel XIII secolo S. Mango aveva già la sua Universitas e provvedeva, insieme con Salerno e Cava, al mante-nimento del Castello di Salerno. Del castello di San Mango o castello Merla, costruito intorno alla fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, sono oggi visibili una torre cilindrica, parte delle mura e una cisterna per l’approvvigionamento dell’acqua. Il fortilizio di Castel Vetrano sorge sulla omonima collina di Montevetrano, oggi nel comune di San Cipriano Picentino. Anch’esso come il castello Merla provve-deva al mantenimento del castello di Salerno. Tra XI ed il XIII secolo fu dotato di mura perimetrali con porta di accesso sul lato Nord. Il castello ha forma trapezoidale irregolare, è dotato di un mastio cilindrico che all’interno presenta tre piani alla cui base è collocata una cisterna per l’approvvigiona-mento idrico. Infine la torre scarpata fu costruita sul monte Giovi.A conclusione della giornata di studi che ha riscontrato un buon interesse del pubblico vi sono stati i contributi dell’arch. Giovanni Villani e della dott.ssa Adele Campanelli rispettivamente funzionario della Soprintendenza per i

Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Salerno ed Avellino e Soprintendente per i Beni Archeologici per le province di Salerno, Avellino e Caserta.Domenica 29 maggio, sempre nell’ambito delle Giornate Nazionali, si è svolta, coordinata dal delegato dell’Istituto per la prov. di Caserta, dott. Claudio Iannotta, una interessante visita guidata al borgo ed alla torre normanna di Pietramelara. La conformazione di Pietramelara, con il suo bellissi-mo borgo medioevale dominato da una antico don-gione quadrilatero di età normanna, è ellittica, con una cinta muraria rinforzata con 12 torri. Fondata dai principi longobardi Landolfo ed Adenolfo, Pietramelara appartenne alla badia di Montecassino e, in seguito fece parte del feudo della vicina Roccaromana. Alla morte del feudatario Filippo di Roccaromana, il feudo passò alla corte regia che successivamente lo divise affidandolo in concessio-ne. Pietramelara, appartenne quindi ai Colonna ed ai Monforte, che trasformarono il castello in dimora signorile. Nel marzo del 1496, dopo due settimane di assedio, il centro abitato fu saccheggiato dagli Aragonesi, che uccisero molti degli abitanti mentre i superstiti furono tradotti in schiavitù.Si è svolta tra aprile e giugno a Castel dell’Ovo, l’ottava edizione del “Ciclo seminariale di studi sulle architetture fortificate della Campania” che, come di consueto, ha riscosso un buon numero di iscritti. I temi affrontati sono stati i seguenti: 6 aprile, “Il sistema delle fortificazioni medievali in Campania: inquadramento storico” a cura di Giovanni Vitolo; 13 aprile, “L’architettura difensiva in Italia Meridionale nei secoli XI – XIV” di Rosa

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Marco – dipartimento di pianificazione urbanistica dell’Università di Udine (15 gennaio); “Riflessioni di carattere politico ed economico sul Regno di Napoli durante il decennio francese ed il successivo periodo borbonico” a cura di Francesco Giusso del Galdo – consiglio direttivo dell’Istituto Italiano dei Castelli (12 febbraio); “L’architettura del Settecento a Napoli” a cura del prof. Benedetto Gravagnuolo – Dipartimento di Storia dell’Architettura e Restauro della Facoltà di Architettura di Napoli Federico II (22 marzo); “Napoli e il Risorgimento” a cura del prof. Luigi Mascilli Migliorini – Facoltà di Scienze Politiche dell’Università “L’Orientale” di Napoli (6 maggio); “L’Italia di Napoleone: strade e storiogra-fia” a cura del prof. Aldo Di Biasio – Università “L’Orientale” di Napoli (11 giugno). L’Istituto ha inol-tre partecipato alla XVII edizione del “Maggio dei Monumenti” a Napoli con una serie di visite guidate ai castelli della città (Castel dell’Ovo, Castel Nuovo e Castel S. Elmo) oltre all’apertura nei week-end della sede in Castel dell’Ovo, iniziative che hanno riscosso una elevatissima partecipazione di pubblico.

Domenico Tirendi

Carafa; 20 aprile “Materiali e tecniche costruttive nei castelli in Campania” di Gigliola Ausiello; 28 aprile “L’Architettura militare di transizione in Italia Meridionale” di Luigi Maglio; 4 maggio “La fortifi-cazione moderna e la difesa costiera nel Regno di Napoli” di Luigi Maglio; 18 maggio “Napoli: le difese della capitale del viceregno tra XVI e XIX secolo” di Maria Raffaela Pessolano; 25 maggio “Archivi segreti e fortificazioni urbane” di Teresa Colletta; 1 giugno “Lo studio dell’incastellamento in Irpinia” di Paolo Mascilli Migliorini; 8 giugno “Sul sistema di fortificazioni interne e costiere del Cilento” di Antonio Capano; 15 giugno “La stima dei castelli e degli antichi beni voluttuari” di Domenico Tirendi; 22 giugno “Recupero e valorizzazione delle archi-tetture difensive” di Marina Fumo. I partecipanti al corso hanno anche svolto una attività laboratoriale che è consistita nella realizzazione di schede relative a castelli della regione, aventi struttura analoga a quella dell’Atlante Castellano, da pubblicare sul por-tale regionale dell’Istituto Italiano dei Castelli.Tra gennaio e giugno si sono altresì tenute le seguenti conferenze nella sede di Castel dell’Ovo: “Opere di difesa particolari” a cura del prof. Aldo De

La torre quadrilatera dominante il borgo fortificato

di Pietramelara (CE).

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Il castello di Maccastorna nella sua veste basso medievale, con il rivellino a protezione dell’ingresso dotato della merlatura bifida e le cortine con il tipico apparato a sporgere continuo per la difesa piombante.

LOMBARdIA

lombardia

VIAGGI DI STUDIO, CONFERENZE, GIORNATE NAZIONALI DEI CASTELLI.

> Il 19 marzo la città di Monza è stata oggetto di una visita guidata dall’arch. Francesco Repisthi

docente di Storia dell’Architettura al Politecnico di Milano, partendo dallo sviluppo urbanistico lungo il fiume Lambro e arrivando ai grandi monumenti storici ed artistici ancora custoditi. L’importanza di Monza in età tardoromana è documentata dall’esistenza del “ponte di Arena”, passaggio obbligato sul fiume Lambro, ancora in parte visibile nelle tre arcate ad archi ribassati, nonostante la parziale demolizione del 1840. Lungo il fiume Lambro sorgeva il Castello costruito, come le mura, da Azzone Visconti (1302-1339): ne è visibile oggi solo una torre battiponte sul fiume, a nord est del castello. Il “palazzo dell’Arengario”, di forme e funzioni simili a quelle del Broletto di Milano, con il portico ad archi ogivali su pilastri in pietra presumibil-mente già adibito a mercato, sorse probabilmente all’esterno della primitiva cinta o ricetto di forti-ficazione del borgo. Notevolmente trasformato per accogliere gli Uffici della Pretura nel 1843, venne ripristinato nelle ipotizzate forme originali nel pri-mo decennio del Novecento. La passeggiata del mattino è culminata con la visita al “Duomo” e all’annesso museo, che conserva uno straordinario tesoro d’arte orafa tardoromana e altomedioevale, di cui la “Corona ferrea” (custodita in Duomo perché contenente la reliquia del Santo Chiodo) è l’esempio più importante. Secondo Paolo Diacono, nella sua “Historia Langobardorum”, Monza alla fine del VI secolo venne scelta dalla regina Teodolinda come residenza estiva e venne fondata la basilica di San Giovanni, dotata di un importante tesoro. L’attuale assetto del Duomo è il risultato di diverse fasi di rinnovamento architet-tonico seguite al primo ampliamento, documentato all’inizio del XIV secolo. L’insieme raggiunse l’as-setto attuale nel XVI secolo. Nel pomeriggio si sono visitate alcune sale della grandiosa Villa Reale, oggetto di attenti lavori

di restauro dopo anni di abbandono. Fu voluta dall’arciduca Ferdinando, terzogenito dell’impera-trice Maria Teresa d’Austria, non solo come dimora di campagna alternativa al Palazzo Reale di Milano ma, di fatto, come splendida corte regale su pro-getto dell’architetto Giuseppe Piermarini (eretta tra il 1777 e il 1780). La villa, di severa architettura neoclassica e dalla accentuata orizzontalità compo-sitiva, è evidenziata scenograficamente dalla collo-cazione rilevata rispetto al terreno, declinante verso il fiume Lambro, e soprattutto dal cannocchiale visivo che il Canonica volle garantire anche nella trasformazione all’inglese del parco. Il 16 aprile, il dott. Mario Marubbi, storico dell’Arte e nostro socio, ci ha accompagnato nella visi-ta di quattro edifici castellani del Lodigiano. La visita è iniziata dal castello di Maccastorna, di proprietà della famiglia dei soci Biancardi da fine Ottocento; l’ing. Biancardi vent’anni fa ha operato un intervento di manutenzione straordinaria e di restauro conservativo nella parte nord occidenta-le, realizzando una residenza di grande eleganza e equilibrio. L’origine del castello viene fatta risalire alla seconda metà del Duecento ad opera di fuorusciti ghibellini di Cremona, ma l’edificio attuale si struttura tra il XIV e la prima metà del XV secolo. Almeno tra il 1364 e il 1381 i signori del luogo furono i Vincemala (o Vismara) legati a Bernabò Visconti, mentre nel 1385 Gian Galeazzo Visconti infeudò i Bevilacqua veronesi, che posse-dettero il castello fino allo scorcio del XIX secolo, ad eccezione degli anni successivi alla morte di Gian Galeazzo (1402). Nel 1406 nel castello fu perpetrato da Cabrino Fondulo un efferato fatto di sangue: dopo aver invitato a cena i Cavalcabò, che gli avevano affidato il feudo, si rese indipendente uccidendoli. Negli stessi anni Cabrino avrebbe non

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golare, presenta due torri agli angoli e una porta-torre con funzione di rivellino in corrispondenza dell’ingresso, al centro della fronte principale e in posizione avanzata rispetto alla cortina muraria; gli alloggiamenti dei bolzoni del ponte levatoio e della passerella pedonale testimoniano la presenza antica del fossato. A Maleo si è visitato il cinquecentesco palazzo Trivulzio, in fase avanzata di restauro, sorto su un castrum (inteso come cinta fortificata), docu-mentato dal X secolo. La nuova fabbrica, inglo-bando probabilmente parti del castrum, realizzò un corpo allungato con l’andamento dell’antico lato orientale del castello, parallelo al corso del fiume e allineato al solco vallivo. Nel Seicento un corpo di fabbrica chiuse la corte sul lato sud secondo un disegno del 1640 dell’ing. G.B. Barattieri. Ulteriori trasformazioni posteriori al 1872 riconfigurarono con un intervento di restyling neomedioevale l’e-dificio cinquecentesco, per cui le fonti riportano i nomi di Pellegrino Tibaldi e Vincenzo Seregni. Il palazzo, che nei decenni passati ha conosciuto vicende gravissime di abbandono e degrado, giunge a noi spogliato di tutti gli importanti arredi, dell’ar-chivio e della biblioteca qui custoditi fino a una quarantina di anni fa. Resta, con pesanti ridipin-ture, la decorazione pittorica, che interessa quattro sale del lato settentrionale e la cappella, conclusa nel 1567-68; è confermata la sua attribuzione a

solo rafforzato la rocca, ma anche introdotto partiti decorativi nella corte e negli interni. L’impianto del castello è quadrangolare, ma con andamento irregolare - caratteristica inconsueta per le fortifica-zioni viscontee - e un’asimmetria nella disposizione delle numerose torri, probabilmente condizionata da preesistenze. L’apparato a sporgere, che si svi-luppa lungo i tre lati conservati, potrebbe essere stato aggiunto proprio nel periodo controllato dal Fondulo. Le decorazioni con motivi geometrici che rimangono nella corte sul lato orientale sotto il ballatoio sono comunque del tutto simili ai reper-tori ornamentali dell’età di Bernabò Visconti e il partito decorativo a losanghe nella sala “caminata” è presente nei paramenti trecenteschi soprattutto veronesi ma anche del Bresciano. A Camairago, il conte Febo Borromeo ci ha accolto nel suo castello rurale, a nord dell’abitato, sul limite di un terraz-zamento alluvionale dell’Adda, in posizione elevata sulla sottostante pianura. La località fu infeudata da Filippo Maria Visconti nel 1440 al conte Vitaliano Borromeo, con la facoltà di fortificare il luogo. Il castello quattrocentesco dovette servire quale posizione di arroccamento sul territorio da parte del casato che tuttora lo detiene per la gestione e la conduzione della vasta proprietà; non fu mai di fat-to residenza ufficiale del signore e rimase nei secoli una azienda agricola fortificata. Di pianta rettan-

Il castello di Camairago appartenne ai Visconti ed ai

Borromeo che lo ricostruirono intorno alla metà del XV seco-lo, dopo i danni procurati dalle

lotte tra Milano e Lodi.

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Bernardino Campi. L’intensa giornata si è conclusa a Castiglione d’Adda, dove il castello medioevale, alto sul terrazzamento alluvionale alla fine del prin-cipale asse viario dell’abitato, fu totalmente trasfor-mato da Gerolamo Parravicino nella seconda metà del Cinquecento, originando un suggestivo palazzo di eleganti e sobrie forme manieriste, purtroppo in precario stato di conservazione. Lavori di restauro sono annotati un secolo dopo da parte dei successivi proprietari, i Serbelloni. Si conserva probabilmente la pianta antica rettangolare con torri angolari, che sono però del tutto assorbite dalle attuali muratu-re, eccetto per quella di sud-ovest incombente sul piano alluvionale. La cortina settentrionale, dove si apre il portale, e l’atrio d’ingresso costituiscono un importante episodio di manierismo in territorio lodigiano, che si impone per un linguaggio eclettico di chiara matrice “giuliesca” mantovana, risultando comunque aderente ai modi dell’architetto cremo-nese Francesco Dattaro: soprattutto nella serliana del loggiato - già aperto verso la valle dell’Adda - nella corte. Nell’anno delle celebrazioni del 150° anniversario dell’Unità d’Italia, la Sezione Lombardia ha appro-fondito il ruolo svolto dalle fortificazioni nelle guerre per l’Indipendenza, le soluzioni architetto-niche ai problemi di acquartieramento dei grandi eserciti e i mutamenti apportati dal nuovo Stato, con particolare attenzione all’area padana.Flavio Conti, del consiglio scientifico dell’Istituto Italiano dei Castelli, ha aperto il ciclo di conferenze con due interventi: il 1 febbraio trattando del gran-de complesso austriaco del Quadrilatero e nella set-timana successiva del ruolo svolto dai grandi forti sabaudi del Piemonte (Bard, Pinerolo, Fenestrelle, Exilles), costruiti originariamente in funzione anti-francese, e quello delle fortezze borboniche del centro e sud Italia, con particolare riferimento al forte di Civitella del Tronto, ultimo, dopo Messina e Gaeta, ad ammainare la bandiera borbonica. La trattazione ha privilegiato un approccio integrato, collegando le opere architettoniche esaminate (tra le maggiori d’Italia) con la grande strategia degli Stati coinvolti e con la loro funzione nell’ambito delle operazioni delle tre Guerre d’Indipendenza, nonché con i riflessi ch’esse hanno avuto in gene-rale sulla politica, sul pensiero militare, e finanche sulla percezione da parte degli uomini agenti sullo scacchiere italiano della loro maggiore o minore forza. Finendo di dimostrare, con un richiamo alla terminologia navale, che queste fortezze erano molto più importanti come strutture “in being”, con lo scopo di impressionare l’avversario, invece che come fortificazioni direttamente investite dagli

eventi bellici. Davide Tansini ha illustrato con un ricchissimo sussidio di immagini il tema delle forti-ficazioni ottocentesche della zona degli Appennini, costruite dagli Austriaci a protezione delle nuove strade di valico (Abetone e Cisa); della cinquecen-tesca fortezza pontificia di Piacenza, che viene rasa al suolo nel 1848 dalla popolazione insorta; dei fortini costruiti da Radetzky attorno alla città di Bologna e delle fortificazioni approntate dal nuovo Regno d’Italia oltre il Po, di fronte a Piacenza, con-tro Mantova ancora in mano agli Austriaci. Giusi Villari, vicepresidente della sezione Lombardia, ha illustrato le fortificazioni del Garda, in particolare di Solferino, la cui torre è diventata memoriale della sanguinosa battaglia e dell’Unità nazionale, e della Rocca d’Anfo, straordinario complesso difensivo iniziato alla fine del Quattrocento dai Veneziani, trasformato in epoca napoleonica in fortezza per proteggere il confine verso l’Austria, cambiato di fronte dagli Austriaci per controllare i territori ita-liani e nuovamente ribaltato in età zanardelliana. Luciano Roncai, coordinatore della delegazione di Mantova-Cremona, ha trattato in modo particolar-mente originale l’origine e la struttura delle moder-ne caserme, in risposta all’esigenza di ospitare grandi quantità di soldati e di armamenti a presidio di un territorio. L’evoluzione della struttura delle caserme (dette anche acquartieramenti) nel corso del secolo XIX nel Quadrilatero, ed in particolare

La parte superiore del complesso fortificato di Rocca d’Anfo. Le origini della fortificazione risalgono al XV secolo, ad opera della repubblica di Venezia che la elevò a protezione del confine di stato con il principato vescovile di Trento. Il progetto di ampliamento francese di inizi Ottocento voluto da Napoleone, vide l’apporto dei massimi ingegneri del genio, l’Haxo ed il Liedot, che elaborarono un grandioso progetto di ampliamento avente come fulcro il costone roccioso a nord. Le varie batterie vennero distribuite su terrazzamenti ricavati dallo scavo della roccia e furono dominate da una grande Lunetta (la Rocca Alta) a sua volta sovrastata da una possente torre circolare a due livelli.

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si consolida una frontiera unica in luogo delle mol-teplici tra stato e stato del post-Restaurazione, si afferma il principio di una sola capitale per l’intero Paese: Torino dal 1861, Firenze dal 1865, Roma dal 1871. La fortificazione prevede anzitutto di razio-nalizzare le difese, tramite radiazione di decine di roccheforti ora inutili. In seconda istanza, si provvede a munire tre settori: la capitale e gli snodi di pianura; le aree marit-time; i corridoi alpini. I campi trincerati a Roma (1877-‘91), Bologna (1860-‘80), Piacenza (1860-‘90), Mestre (1883-1912), Alessandria (1887-‘89) rispondono alla prima esigenza; quelli di Ancona (1862-‘89), La Spezia (1877-‘89), Messina (1884-1914), Venezia (1907-‘14) alla seconda; i forti al Monginevro, al colle di Tenda, sui monti Lessini, in Valsugana, sui colli Euganei (1886-‘98) alla terza. La riforma delle architetture militari investe tre que-stioni: strategica, sul posizionare i centri fortificati nel territorio; tattica, sull’adozione sistematica dei campi trincerati a forti staccati; economica, sull’al-locazione più razionale di risorse limitate. Con un cambio di passo comune ai tre profili, nell’evolu-zione delle architetture difensive dal tipo classico in muratura con batterie in casamatta e barbetta a quello moderno in cemento e acciaio con pezzi in cupola.Un programma molto intenso, in occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, è stato svolto dalle delegazioni provinciali: il 21 maggio visite guidate alla Torre medievale del Colombée a San Pietro di Samolaco in Valchiavenna (delegazione di Sondrio); il 22 maggio visite guidate al sito fortificato dell’I-sola Comacina, comune di Ossuccio (delegazione di Como); il 28 a Rudiano si è svolto il convegno “Rudiano e Pumenengo: castelli in opposito lungo l’Oglio” che è stato accompagnato da visite guidate alle fortificazioni; 22 e 23 maggio visite alla rocca di Soncino ed alle residenze nobiliari di Crema, il 29 maggio visite guidate alle mura di Gera e alla fortezza di Pizzighettone, (delegazione di Cremona).Le origini e la storia dell’insediamento di Pizzighettone sono profondamente legate al fiume, con la rilevanza strategica che ne consegue sin dal III secolo a.C. quando viene eretta una forti-ficazione a controllo dell’Adda. Nel XII secolo, fù fondato l’attuale centro abitato, con un castrum sul riva orientale del fiume. Le difese del sito nel corso dei secoli furono aggiornate e potenziate fino ad assumere l’aspetto odierno, caratterizzato da una poderosa cinta muraria sul lato sinistro dell’Adda ed una cerchia bastionata sul lato destro.

Cristina Ricci

Un tratto delle mura di Pizzighettone nella zona sud

occidentale.

del Mantovano, evidenzia la complessità assunta da questa architettura sotto il profilo sia funzionale sia architettonico. Infatti partendo dall’adattamento di beni religiosi soppressi (conventi e monasteri) alla data dell’unità dell’Italia si pervenne da un lato alla realizzazione di edifici ex novo con caratteristiche distributive, norme funzionali ed igieniche destinate a ridurre gli indici di mortalità, dall’altro alla spe-cializzazione della tipologia degli acquartieramenti a seconda che fossero dedicati per esempio ad armi a piedi o a cavallo ed ancora alla loro diversifi-cazione in base al fatto che ospitassero cavalleria o artificieria. Inoltre la tipologia delle caserme si arricchì di altre architetture militari fondamentali per la loro funzionalità, come magazzini, panifi-ci, arsenali, ospedali, ecc. La dimensione fisica e quantitativa delle guerre che portarono all’Unità dell’Italia fu imponente in quanto nel Quadrilatero l’Impero Austro-Ungarico prevedeva di stanziare un corpo d’armata di oltre 340.000 militari su un territorio la cui popolazione residente era all’incirca della stessa entità. Ciò ebbe come conseguenza la costruzione di numerosi edifici dei quali buona parte realizzati ex novo, e la restante parte deri-vanti da ristrutturazioni profonde. Marino Viganò, consigliere scientifico dell’Istituto, ha evidenziato l’aspetto difensivo del nuovo Stato nazionale, dal 1861 al 1911. La conferenza ha illustrato strategia e tattica di difesa del regno d’Italia nel primo cin-quantennio dalla proclamazione dell’Unità (1861) alla Guerra italo-turca (1911). A grandi linee si può distinguere un decennio di sostanziale immobilismo sino alla conquista del Veneto nella Terza Guerra d’Indipendenza (1866) e di Roma (1870), e un quarantennio di profonde mutazioni nella fortifica-zione del nuovo stato. Con la formazione del Regno

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MARCHe

marche

CASTELLA MARCHIAE, VISITE DI STUDIO: LA BASSA VALLE DELL’ASO, FORLI’, PORTO S. GIORGIO, GENOVA.

> Il 22 gennaio, nella bella chiesa di S. Rocco, ora restaurata e divenuta sala comunale per

convegni, abbiamo presentato il nuovo numero 10/11 di “Castella Marchiae”, dedicato agli atti del convegno precedentemente organizzato nello stesso luogo dalla sezione Marche insieme all’Archeo-club d’Italia di Senigallia, con il patrocinio della Provincia di Ancona e del Comune di Senigallia, su “Città e Terre Murate delle valli Misa, Nevola e Cesano”. La presentazione ha riscontrato l’interven-to di autorità locali, che ci hanno erogato un picco-lo contributo ed un buon interesse di pubblico che ci ha consentito di avere l’iscrizione di nuovi soci. In aprile, il 10, si è svolta la visita di studio “I tesori della bassa valle dell’Aso”, organizzata dal nostro consigliere dott. Walter Scotucci, che ci ha anche fatto da guida con grande passione e com-petenza. Prima tappa il panoramico centro storico di Montefiore dell’Aso. Ci siamo fermati alla Chiesa di San Francesco, con l’abside ricoperta da splen-didi affreschi trecenteschi del Maestro di Offida, e con l’importante tomba dei conti Partino, genitori del cardinale che fra il XIII ed il XIV secolo fu potente “segretario di stato” del papa Clemente V; poi al Polo Museale, con uno splendido polittico di Carlo Crivelli e molte pitture di Adolfo de Carolis. Seconda tappa Monterinaldo, dove siamo stati affascinati dal Santuario ellenistico-romano del 1° secolo d.c. Nel pomeriggio la terza tappa, il centro storico di Monterubbiano, panoramico luogo di residenza del nostro consigliere-guida, con tanti interessanti chiese, bei palazzi ed il Teatro Pagani. La giornata si è conclusa a Moresco, pittoresco pae-sino con le mura intatte e con splendidi panorami sul mare. La successiva visita di studio, “Nel territorio di Forlì, fra pitture del ‘400, fortezze ed architettura razionalista”, si è tenuta il 15 maggio. Abbiamo iniziato a Forlì con la mostra del grande Melozzo, splendidamente organizzata: un’occasione rara per

conoscere e vedere insieme molti dei suoi capola-vori. Ci siamo poi trasferiti a Castrocaro Terme al Grand Hotel delle Terme, un bellissimo e grandioso esempio di architettura razionalista, con molti arredi originali progettati appositamente dai più noti architetti dell’epoca, il tutto per ferma volontà di Benito Mussolini. Qui abbiamo visitato l’ antico borgo e la monumentale Rocca medievale, dagli inizi del XV secolo acquisita dal Granducato di Toscana e strategicamente collocata al confine dello Stato Pontificio. Il 5 giugno, una folta delegazione dell’Istituto si è recata a Porto San Giorgio in visita della Villa Bonaparte, con gli edifici ed il parco da poco restaurati. Il prof. Stefano Papetti, storico dell’ arte e Direttore dei Musei civici di Ascoli Piceno, ed il prof. Fabio Mariano, vicepresidente della sezione Marche, hanno illustrato questo capolavoro, il cui progetto fu commissionato da Gerolamo Bonaparte ad Ireneo Aleandri, il più noto architetto neoclas-sico marchigiano. Gerolamo fu il vanesio fratello minore di Napoleone I, che nel suo peregrinare dopo la scomparsa della dinastia decise di stabilirsi in zona di Fermo, anche perché sembra non fosse insensibile alle grazie di una nobildonna locale. La villa fu costruita velocemente e la famiglia lo rag-giunse insieme agli splendidi arredi di corte che la seguivano ad ogni trasferimento di residenza. Dopo pochissimi anni di permanenza nella splendida dimora affacciata sul mare, per motivi politici fu imposto a Gerolamo di lasciare lo Stato Pontificio. La villa con gli arredi gli fu praticamente sequestra-ta e dopo qualche anno venne messa all’asta “a por-te chiuse”. Venne acquisita dai conti Pelagallo, che

Il primo nucleo della rocca di Castrocaro sem-bra risalire all’XI secolo. Successivamente, dal 1118, appartenne ai conti di Castrocaro. Contesa, a causa della sua rilevanza strategica, tra papato e signori locali durante il XIV secolo, costituì per un certo periodo il caposaldo difensivo del potere angioino in Romagna. Nell’immagine osserviamo proprio una torre riferibile a tale periodo, a pianta circolare con le mensole che dovevano in origine sostenere l’apparato a sporgere continuo per la difesa piombante.

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Una vista del Palazzo del Principe, la più ampia e ricca

dimora nobiliare della città di Genova. Nel 1529 Andrea Doria, ammiraglio e condot-

tiero, promosse la costruzione dello stupendo palazzo affac-ciato sul Golfo di Genova. Qui fu ospitato l’imperatore Carlo

V, dal quale Andrea Doria riuscì ad ottenere l’indipen-

denza di Genova dall’impero d’Asburgo, divenendo di fatto

il padrone della città.

la conservarono per oltre centocinquanta anni fino alla recente vendita agli attuali proprietari. Le atti-vità della sezione sono riprese in settembre con un viaggio di studio a Genova, dal 15 al 18 settembre. All’andata ci siamo fermati a Pontremoli, dove nella parte più antica abbiamo visitato il palazzo dei con-ti Ricci Armani, rinnovato nel Settecento, ospiti nel bellissimo loggiato del palazzo sul torrente Magra degli amici soci Massimo e Maria Grazia Pecoraro Ricci Armani. Nel primo pomeriggio i marchesi Dosi Delfini ci hanno accolto nella loro grandiosa intatta villa affrescata del XVII secolo, con magnifiche opere d’ arte e circondata da un bellissimo giardi-no. Le visite genovesi hanno avuto inizio il giorno dopo, con il Palazzo del Principe, fatto costruire da Andrea Doria direttamente sul mare anche per accogliervi i grandi in arrivo a Genova, come l’im-peratore Carlo V. Il palazzo affrescato da Perin del Vaga è stato perfettamente restaurato dagli attuali proprietari, i principi Doria Pamphili, che vi hanno riportato da Roma gli arredi originari del palazzo, in particolare degli eccezionali arazzi. Ci siamo fermati poi al porto antico, una volta cuore delle attività del porto, trasformato per l’Expo 92 da Renzo Piano in una bella zona turistica e di servizi dopo che il traffico marittimo di merci era stato per sempre fatto allontanare da Genova dalla sconside-rata azione dei camalli – una antica e potente cor-porazione addetta allo scarico e carico delle navi. Dopo una sosta al Palazzo San Giorgio, realizzato con un ampliamento cinquecentesco dell’antico Palazzo del Mare, nel pomeriggio abbiamo percorso i carrugi della Genova antica, visitando Palazzo

Spinola di Luccoli in piazza Pellicceria, donato alla città di Genova dall’ultimo erede del ramo principale della famiglia con tutto il magnifico importantissimo contenuto accumulatosi in circa 1000 anni di storia di una delle più importanti famiglie feudali di Genova. Nella chiesa di San Luca, ancora chiesa privata degli Spinola, con affreschi di Domenico Piola, abbiamo incontrato la principessa Patrizia Notarbartolo di Sciara nata Spinola, presidente della Fondazione Spinola, che ci ha guidati nei locali della fondazione annessi alla chiesa. Abbiamo poi visitato la grande chiesa di S. Maria delle Vigne ed il quartiere medievale dei Doria, altra grande famiglia feudale di Genova, con la loro chiesa di San Matteo. La giornata suc-cessiva è iniziata con la visita della grande chiesa tardo cinquecentesca della Santissima Annunziata del Vastato, con splendidi dipinti del Procaccini e tutti i più importanti pittori genovesi del tempo, poi il più grande palazzo di Genova, il Palazzo Reale, acquistato dai Savoia nel 1824 e poi man-tenuto con i suoi importanti dipinti e bellissimi arredi. Ci siamo trasferiti in via Garibaldi, un eccezionale esempio di pianificazione urbanistica tardo-cinquecentesca con imponenti palazzi all’in-circa della stessa epoca ma assai differenti fra loro, tutti di grande valore artistico. Qui siamo stati accolti per la visita di Palazzo Bruzzo (in origine Nicolosio Lomellino), dove da pochi anni sono stati rinvenuti, rimovendo una controsoffittatura seicentesca, degli affreschi di Bernardo Strozzi in eccezionali condizioni di conservazione, con la raffigurazione di Cristoforo Colombo e degli allora padroni di casa. Nella parte posteriore del palazzo, attraversando sale con eleganti arredi moderni dalle tonalità chiare, siamo entrati in un grande giardino tutto verde, collocato nella collina retrostante a livello di quel piano nobile, che, come in moltissimi palazzi a Genova, è uno dei piani più alti del palazzo. Siamo così riusciti a vedere gli unici affreschi conosciuti dello Strozzi esistenti a Genova. La giornata si è conclusa con la visita di Palazzo Brignole-Sale detto Palazzo Rosso, lasciato dalla ultima proprietaria alla città di Genova con la sua eccezionale quadreria, dove, da un belvedere creato sul tetto, abbiamo sorpren-dentemente ammirato anche il panorama della città. L’ultimo giorno abbiamo percorso a piedi il grandioso centro ottocentesco fino a piazza De Ferrari, osservando dall’esterno il palazzo dei Dogi e visitando l’importantissima Cattedrale di San Lorenzo ed il suo tesoro.

Pietro Fenici

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15ATTIVITà DEllE SEZIONI

MOLISe

PRESENTAZIONE ATLANTE CASTELLANO DEL MOLISE

> Nella Sala della Costituzione del Palazzo della Provincia di Campobasso si è tenuta lunedì 29

agosto la presentazione del volume “Atlante castel-lano del Molise. Castelli, Torri, Borghi fortificati e Palazzi Ducali”, pubblicato dalla Palladino editore. Un folto pubblico ha gremito la sala e seguito con interesse i vari interventi. La prof.ssa Onorina Perrella, Presidente della sezione Molise, dopo un breve saluto alle autorità convenute, ha introdotto i relatori: l’arch. Franco Valente, vice presidente della sezione Molise, che ha tenuto un breve excursus su tipologie e forme delle strutture fortificate regionali; il prof. ing. Giambattista De Tommasi, presidente

del Consiglio Scientifico dell’Istituto Italiano dei Castelli, il quale ha sapientemente e brillante-mente introdotto la pubblicazione, definendone le caratteristiche ed inquadrandola nell’ambito della ricerca nazionale; l’ing. Dino Palloni, vice-presidente del Consiglio Scientifico Nazionale, che ha concluso la manifestazione con una serie di riflessioni sui significati e sull’attualità degli studi castellologici. La pubblicazione dell’Atlante Castellano, promossa dalla locale sezione dell’Istituto Italiano dei Castelli, è stata realizzata grazie al contributo dell’Assesso-rato al Turismo della Regione Molise; dalla prima catalogazione del patrimonio fortificato risalente al 2005 all’attuale versione edita, la ricerca ha coinvolto numerose persone e richiesto specifiche professionalità. Il lavoro, curato da Onorina Perrella, Gabriella Di Rocco, Giovanna Greco e Franco Valente, è articolato in una parte introduttiva su questioni di interesse regionale ed in una sequenza di sche-de sui singoli edifici, suddivise per provincia. La sezione relativa all’inquadramento storico include una disamina delle cinte megalitiche costruite dai Sanniti e riutilizzate successivamente nelle fortificazioni medievali; un necessario e comple-to excursus sulle vicende storiche del territorio attraverso il succedersi di Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini ed Aragonesi; una riflessione sugli aspetti tipologici e sulle caratteristiche strutturali dei castelli; alcune brevi considerazioni sulla valo-rizzazione turistica. L’analisi storico-architettonica è stata svolta con particolare attenzione allo stato odierno delle strutture; ogni scheda, frutto di una ricognizio-ne puntuale e specifica, è corredata di apposito ed aggiornato apparato iconografico, nonché di una sintetica bibliografia di riferimento. Chiude il volume una estesa bibliografia complessiva, insieme ad un elenco di alcune fonti archivistiche utilizzate.

Giovanna Greco

Il castello di Civitacampomarano, più volte rimaneggiato, è con-traddistinto da torri circolari di chiara matrice angioina. Il portale del XIV secolo sulla facciata principale, si collegava all’abitato mediante ponte levatoio. L’imponente struttura difensiva è situata nella parte centrale del paese, su uno sperone di pietra arenaria a 520 m. di altezza, tra “Civita di sopra” e “Civita di sotto”.

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ATTIVITà DEllE SEZIONI16

VISITE DI STUDIO. IL CROLLO DELLA TORRE DI MOTTURONE.

> Il 21 gennaio l’assemblea ordinaria della Sezione si è collegata alla visita della mostra

“Ferdinando Fino fotografo – Le Valli di Lanzo a colori all’inizio del Novecento” allestita nei locali del Museo Nazionale della Montagna. Il gruppo dell’Istituto è stato accompagnato da Gian Giorgio Massara.In febbraio la Sezione ha organizzato una visita a Palazzo Aldobrandini Biandrate di San Giorgio, dal bel cortile castellamontiano, dove è situato il museo della Società Reale Mutua Assicurazioni, in seguito eccezionalmente aperto per i festeggiamenti del 150esimo dell’Italia unita. Un piccolo straordinario luogo della memoria per un’istituzione tra le più prestigiose ed antiche del panorama economico e sociale torinese. Una curiosità: tra i documenti in mostra ci sono i con-tratti di assicurazione di personaggi quali i re Carlo Felice e Vittorio Emanuele II, i papi Leone XIII e san Pio X ed altri. Il 22 marzo si è svolta la visita agli appartamenti seicenteschi (assolutamente sontuose le boiseries di quello ‘a Mezzogiorno’) di Palazzo Carignano, capolavoro del genio architettonico di Guarino Guarini, appena riaperti dopo una chiusura di più di mezzo secolo. Erano ivi in mostra, a cura di Edith Gabrielli, dipinti del Legnanino e di artisti a lui contemporanei che in qualche modo interloquirono con la sua opera. Del pittore lombardo, nel pieno della sua maturità arti-stica, sono i magnifici affreschi che adornano i soffitti degli appartamenti. Sono state visitate anche le grandi cucine nei sotterranei, mai aperte al pubblico durante l’intera storia del palazzo.Il 17 febbraio è crollata la torre di Motturone, sita nel comune di Cavallermaggiore (prov. di Cuneo, Piemonte). La memoria storica e fotografica della Torre è stata registrata nell’Atlante Castellano (prov. Di Cuneo) edito dalla sezione Piemonte - Valle d’Aosta dell’Isti-tuto Italiano dei Castelli.

Giulio Caligara

pIeMOnteVALLe d’AOStA

piemonte -valle

pUGLIA

puglia

VIAGGI DI STUDIO A BERGAMO, ROMA, BRINDISI E TORINO.

> Avevamo terminato il rapporto sull’attività dello scorso anno con l’impegno di riferire

sul viaggio del ponte di Ognissanti (30.10 - 2.11) a Bergamo, preclara città cinta dalle fortificazioni veneziane e gioiello del rinascimento lombardo, patria di 174 Garibaldini partecipanti alla spedizio-ne dei Mille. La visita guidata è iniziata dalla Città Alta con le fortificazioni bastionate della Cittadella, ancora dotate delle porte con il leone di S. Marco, memoria del ruolo decisivo di confine occidentale dei domini di terraferma della Serenissima. Quindi è stata la volta della romanica Basilica di Santa Maria Maggiore, realizzata su una preesistente chiesa dell’VIII sec. e caratterizzata dalla mancanza di un ingresso centrale per via della contiguità con l’antico palazzo vescovile. Gli accessi alla chiesa sono tutti laterali: di rilievo quelli dei transetti con magnifici protiri trecenteschi di Giovanni da Campione, autore anche del battistero ottagonale, ora all’esterno della chiesa, attualmente dalla facies barocca; Giovanni è il protagonista indiscusso della scultura medievale di area lombardo-veneta ed è autore anche dell’Arca scaligera di Cangrande e della sua statua equestre, magnificamente posizio-nata da Carlo Scarpa nel museo di Castelvecchio a Verona. Nell’angolo, sul sito della sagrestia, Bartolomeo Colleoni, capitano generale veneziano, fece realizzare la splendida cappella quattrocente-sca, pilastro del rinascimento lombardo, ad opera di Giovanni Antonio Amadeo, scultore attivo anche presso la Certosa di Pavia. La visita è proseguita con il Duomo, opera tardo-manierista dalla candida facciata in pietra, modificato nel XVII sec. da Carlo Fontana, confinante con il medievale Palazzo della Ragione, cardine urbano interposto fra la piazza Duomo e la piazza Vecchia: questa è dominata dal Palazzo Nuovo, progettato da Vincenzo Scamozzi all’inizio del Seicento, e si impernia sulla fontana Contarini donata alla città orobica dal podestà veneziano alla fine del XVIII secolo. La visita della Città Alta si è conclusa con la trecentesca Rocca viscontea sul colle di S. Eufemia; nel pomeriggio

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il viaggio di studio è proseguito con la visita alla Città Bassa e al neoclassico Palazzo Frizzoni, ora municipio, alla Provincia, al teatro e alla seicentesca domenicana Chiesa di San Bartolomeo. Il giorno seguente è stata la volta dei castelli di Bianzano, di proprietà del fondatore di ‘Cronache Castellane’, Vittorio Faglia, organizzato con corte centrale domi-nata da alto mastio; di Monesterolo, nei pressi del lago di Endine; e di Malpaga, ampliato dal Colleoni e cinto dalla merlatura ghibellina. La giornata si è conclusa con la visita ai piccoli borghi medievali della provincia: Borgo di Terzo, Castello di Mologno e borghetto di Molini di Colognola.Tra il 12 e il 14 marzo 2011 si è svolto un viaggio di studio a Roma con visita al MAXXI, il modernis-simo e fluido museo delle Arti del XXI secolo pro-gettato dall’anglo-iraniana Zahe Hadid, protagoni-sta indiscussa dell’architettura contemporanea di quest’ultimo ventennio: nell’occasione la struttura ospitava un’ampia retrospettiva dedicata a uno dei protagonisti dell’architettura italiana con la mostra “Pier Luigi Nervi, Architettura come Sfida. Roma: ingegno e costruzione” ed a un cofondatore dell’Ar-te Povera, Michelangelo Pistoletto, con la mostra “Da Uno a Molti, 1956-1974”. Il giorno 13 la visita è proseguita alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Palazzo Corsini (opere dei massimi artisti del XVII e XVIII sec.) e, quindi, a Villa Farnesina, significativo esempio di villa suburbana, con pianta a ferro di cavallo, progettata all’inizio del Cinquecento dal Peruzzi e decorata con affreschi di Raffaello (Loggia di Amore e Psiche), Sebastiano del Piombo, Sodoma e Giulio Romano: oggi è anche sede dell’Accade-mia dei Lincei. Nel pomeriggio, a Palazzo Venezia, abbiamo visitato le mostre su “Caravaggio e la Cappella Contarelli in San Luigi dei Francesi” con la celebre Conversione di S. Matteo, e sulla pittrice e aviatrice contemporanea “Tamara de Lempicka: la regina del moderno”. Il viaggio si è concluso lunedì con la visita a Palazzo Farnese, progettato da Antonio da Sangallo il Giovane, all’inizio del XVI sec., e concluso da Michelangelo con l’aggettante cornicione e il balcone sul portale.L’11 giugno il tour nella provincia di Brindisi ha visto fra le tappe il castello normanno-svevo di Oria, magnifica costruzione a pianta triangolare realizzata sul sito di una preesistente arx messa-pica e romana con cripta basiliana (SS. Crisante e Daria) accessibile dal vasto cortile: lo strategico sito controllava la direttrice fra le due coste, adriatica e jonica, e fu meta di comunità bizantine ed ebraiche, con membri del calibro di Shabbetai ben Abraham Donnolo, biblista e medico, e Amittai ben Shefatiah, poeta, entrambi vissuti nel X secolo. Quindi è stata

la volta della vicina Francavilla Fontana, come Oria sita sul tracciato dell’Appia, cinta di mura con porte ad arco trionfale (Carmine) e dominata dal castello dei principi Imperiali, edificato dal principe di Taranto Giovanni Antonio Orsini Del Balzo dal 1450 e modificato agli inizi del ’700: ha pianta rettangolare circondata da fossato, merlatura su beccatelli e magnifico loggiato a quattro arcate con semicolonne, trabeazione e fregi.A metà giugno la vicepresidente della Sezione Puglia, la dott. Annamaria Lorusso, ha guidato i soci alla visita della mostra, da lei curata “Documentazione fotografica e archivistica del XX secolo sul castello normanno svevo di Bari” ospitata presso lo stesso edificio e che ben documenta le modifiche subite dall’edificio nel corso dei recenti restauri.L’ultima iniziativa è stata il viaggio di studio a Torino dal 16 al 19 settembre: fra le tappe di rilie-vo, la visita guidata alla Reggia sabauda di Venaria Reale (destinata alla caccia e denominata Venatio Regia) e dei celebri giardini, progettata a metà Seicento da Amedeo di Castellamonte ed ascrivibile al novero delle grandi regge europee; e la visita alla mostra “Moda in Italia: 150 anni di eleganza”. Nel pomeriggio s’è visitato il Castello di Racconigi, originale tipologia fortificata, ricompreso fra le “Reali Villeggiature”, aperto verso la natura e il maestoso parco, premiato nel 2010: nel 1681 il Guarini lo trasformò da medievale fortezza a pianta quadrata, con quattro grandi torri angolari, fossato, ponte levatoio e un alto mastio laterale, in villa di delizie con piano nobile e appartamenti delle regine, reimpaginando la facciata nord. Domenica 18 meta dell’escursione è stato il castello ducale di

La cinta bastionata di Bergamo, eretta nella seconda metà del XVI secolo, aveva uno sviluppo di 6200 metri con 14 baluardi, 4 porte, 2 polveriere ed un centinaio di postazioni per le artiglierie. Essa è ancora dominata dai resti della Rocca, sul colle di S. Eufemia, e della Cittadella, sul colle di S. Giovanni.

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ATTIVITà DEllE SEZIONI18

PARTECIPAZIONE ALLA XIII SETTIMANA DELLA CULTURA PROGRAMMATA DAL MINISTERO PER I BENI E LE ATTIVITà CULTURALI, 9-17 APRILE 2011.

> La Delegazione di Cagliari e Oristano della Sezione Sardegna del nostro Istituto, aderen-

do all’invito del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, ha realizzato col patrocinio dello stesso e in collaborazione con la sede regionale dell’As-sociazione Nazionale degli Ostelli della Gioventù, una delle proprie attività programmate per il 2011, riguardante la Storia e l’architettura dell’antico Ospedale di Sant’Antonio Abate di Cagliari, edificio attualmente adibito ad ostello per la gioventù e che ospita lo svolgimento delle attività culturali della Sezione Sardegna.I documenti reperiti con la collaborazione dell’Archi-vio della Diocesi di Cagliari, dell’Archivio di Stato e di quello comunale di Cagliari, di quello della Corona d’Aragona di Barcellona, e degli Archivi dell’Ordi-ne dei Fatebenefratelli di Roma e Valencia, hanno consentito ai nostri soci prof. ing. Michele Pintus e dott. Salvatorangelo Berutti, impegnati nell’analisi e definizione della storia e dell’architettura dell’antico Ospedale, l’organizzazione di un intervento culturale articolato in una tavola rotonda introduttiva ed un percorso espositivo realizzato presso l’edificio in questione. In particolare, l’11 aprile si è svolta la tavola rotonda inaugurale con la presenza dei relatori: dott.ssa Adriana Gallistru dell’Archivio di Stato di Cagliari che ha illustrato la documen-tazione esistente in rapporto alle vicende storiche dell’Ospedale; dott. Salvatorangelo Berutti che ha parlato dell’assetto organizzativo e gestionale dato all’Ospedale dalle varie istituzioni laiche e religiose che ne curarono, con alterne fortune, il funziona-mento; dott. ing. Giorgio Cavallo che ha illustrato l’evoluzione architettonica della struttura ospedaliera ed i vari interventi che essa subì nel corso dei secoli; e infine il presidente della sezione Sardegna, prof. ing. Michele Pintus, che ha condotto lo svolgimento della manifestazione e ha illustrato i vari rimaneg-giamenti che hanno dato all’edificio l’attuale aspetto architettonico. Il percorso espositivo, impostato su

AttIVItà deLLe SeZIOnI18

SARdeGnAAgliè, noto per le ambientazioni di una “fiction” televisiva, trasformato nel XVII secolo sempre dal Castellamonte da struttura con mastio centrale e corte circondata da edifici rurali in arioso palazzo per l’otium aperto su uno splendido giardino con fontane monumentali. Tappa d’obbligo è stata il Palazzo Madama, sede del primo senato post-uni-tario ricostruito per il 150° anniversario dell’Unità d’Italia, originale manufatto dal lessico classici-sta, progettato dallo Juvarra, fuso con la robusta Casaforte degli Acaja, sorta sul sito della Porta Decumana verso il Po. Prima della partenza non poteva mancare una visita alla Mole Antonelliana, ardita costruzione che identifica inequivocabilmen-te lo skyline cittadino, concepito come sinagoga, in questo periodo illuminata con fasci luminosi tricolori.

Gaetano Cataldo

Il castello di Oria, dall’insolito impianto

triangolare, comprende a sud il grande mastio nor-manno svevo, costituente

il nucleo più antico del complesso, e le due torri circolari di età angioina,

caratterizzate dal consue-to sistema di beccatelli

sorreggenti l’apparato a sporgere continuo, tipico

dell’epoca.

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19ATTIVITà DEllE SEZIONI 19AttIVItà deLLe SeZIOnI

una ventina dl pannelli, curati dal prof Michele Pintus, sulla base dei documenti preparati dal team di ricerca, ha completato lo sviluppo delle tematiche trattate nel corso della tavola rotonda. La mostra, durata sino a giugno inoltrato, ha pertanto potuto offrire ai visitatori una panoramica di documenti ori-ginali elaborati dal gruppo di lavoro, accompagnati dai pannelli fotografici dedicati alla struttura interna ed esterna dell’Ospedale.L’intervento realizzato è stato giudicato tra i più originali, nell’ambito della Settimana della Cultura, ed ha avuto una sua collocazione pubblicitaria nella brochure curata dal Ministero. Al di là della rilevanza dell’iniziativa occorre sottolineare un importante risultato della ricerca consistente nel-la individuazione della data certa della nascita dell’Ospedale, riportata dal 1449 al 1339, grazie ai documenti custoditi a Barcellona presso l’Archivio della Corona d’Aragona. Un’altra considerazione riguarda Sant’Antonio Abate: è accertato che egli si ritirò da eremita in una fortezza dell’antico Egitto perciò potrebbe esse-re definito come il primo Santo castellano. Infine, occorre segnalare che il più attivo nella fondazione e gestione di ospedali in Sardegna fu lo spagno-lo Fra’ Giusto, Duca de Estrada, dell’Ordine del Fatebenefratelli, il quale essendo stato da militare e da consigliere del Vicerè di Napoli, un grande esperto di azioni militari e di fortificazioni, fece in modo che l’ospedale cagliaritano poggiasse su fondamenta di tipo castellano.Peraltro questa esperienza, nata dalle suddette collaborazioni, conferma che insieme ad altre isti-tuzioni pubbliche e private si possono migliorare le ricerche storiche con il minimo dispendio di risorse finanziarie per il nostro Istituto (costo zero) repe-ribili attraverso il coinvolgimento delle predette entità (nel nostro caso l’Associazione degli Ostelli ha sostenuto il costo relativo alla predisposizione dei pannelli espositivi).

Salvatorangelo Berutti-Floris

SICILIA

CONVEGNO, PARTECIPAZIONE ALLA BIT DI MILANO, GIORNATE NAZIONALI DEI CASTELLI.

> Tra le molte attività svolte dalla Delegazione di Messina dell’Istituto durante l’anno va

menzionato il convegno-studio sul “Potenziamento delle Fortificazioni dello Stretto; 1810 Lo Sbarco Murattiano in Sicilia” tenutosi il 14 febbraio, nella Chiesa di S. Maria Alemanna (sec. XI ), su invito dell’Amministrazione Comunale, durante la Notte della Cultura. L’iniziativa, sostenuta dagli “Amici del Museo”, dall’Assessorato alle Politiche del Mare, ha avuto un grande successo di pubblico e di critica. Dopo i saluti del Sindaco, dott. Buzzanca, dell’Assessore Isgrò e del delegato dell’Istituto Italiano dei Castelli, si sono sussegui-ti cinque interventi di Storici e Architetti della Soprintendenza, conferenze intervallate da brevi concerti ed esibizioni canore, tra le quali quella del soprano, di fama internazionale, Tiziana Caminiti. Al convegno è stata associata una mostra curata del nostro socio e storico Franz Riccobono e dallo studio Galeano, Architettura e Design, a cui va il nostro sentito ringraziamento. Il percorso esposi-tivo è stato realizzato con pannelli che illustrano, attraverso l’elaborazione foto-digitale di stampe e cartografie d’epoca, la storia dello Sbarco e il potenziamento delle Strutture difensive della Costa Ionica della Provincia di Messina in pre-visione di tale evento. Di particolare interesse le relazioni: 1810, Lo Sbarco Murattiano in Sicilia ( F. Riccobono); Le Strutture Fortificate della Riviera Ionica (M. Grassi); Messina, Fortezza del Mediterraneo (O. Donato); Notizie dagli Archivi Francesi (A. Fumia); Il Recupero della Memoria (G. Ruggeri). Di grande rilievo per le attività di questa sezione è stata la presentazione degli “Itinerari Castellani della Provincia di Messina” alla Borsa Internazionale del Turismo, il 20 Febbraio a Milano. Da un censimento dell’Istituto Italiano dei Castelli, sezione Sicilia, è emerso che un terzo dei Castelli della Regione Sicilia è concentrato nella Provincia di Messina. Sono stati individuati 10 itinerari castellani, tre nella zona Ionica, tre in quella Tirrenica, due nella zona Nebroidea

L’attuale chiesa di S. Antonio fu eretta nella prima metà del Settecento sopra la preesistente cappella dell’ospedale, governato dall’ordine degli Spedalieri di S. Giovanni di Dio. E’ad essi che si deve la realiz-zazione della nuova chiesa, consacrata nel 1723.In seguito al trasferimento degli Spedalieri nella nuova sede dell’ospedale, avvenuto nel 1850, l’antico ospedale ed il convento passarono ai priva-ti; la chiesa di Sant’Antonio venne ceduta alla confrater-nita della Madonna d’Itria.

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il monumento, alcuni dei nostri soci, muniti di decespugliatore e rastrelli (... e quant’altro ...) non hanno esitato ad impegnarsi personalmente, a loro va un meritato elogio! La visita si inserisce in un programma di divulgazione sullo stato dei cinque Forti Cinquecenteschi e della Real Cittadella di Messina, realizzato dalla delegazione di Messina, in occasione delle Giornate Castellane, dal 2006 ad oggi. La Fortezza fu costruita nel 1547 dal Vicerè Giovanni De Vega, e si pone in corrispondenza visiva con le altre tre fortificazioni del ‘500: Forte S. Salvatore, Mata e Grifone e Castel Gonzaga. La paternità del progetto è attribuita al Ferramolino. Il Forte conserva la configurazione planimetrica originale, a pianta quadrata con bastioni angolari rivestiti di blocchi, cornici e sezioni semicircolari e garitte. Nel 1674, durante la rivolta antispagnola, fu usato come punto di osservazione dai rivoltosi; nel 1848 fu scenario di guerra, nei moti anti-borbonici; dopo il 1950 fu adibito a collegio per giovani indigenti e a tale scopo furono aggiunti

e l’ultimo a Lipari, selezionati in base alla loro contiguità; per ciascun itinerario è stata verificata la disponibilità alberghiera e ristorativa ed altri possibili attrattive culturali. L’Istituto è in grado di fornire per ogni castello delle schede aggior-nate. Quasi tutti i castelli selezionati si trovano in buono stato di conservazione, alcuni già restaurati ed altri lo saranno a breve; soltanto pochi, tra quelli segnalati, sono ridotti allo stato di rudere, ma conservano tuttavia un importante interesse storico, come quello di Fiumedinisi, che ospitò Enrico VI, che ivi morì nel 1197. L’iniziativa, sollecitata dalla Provincia Regionale di Messina, ha riscosso molto successo e l’interesse degli ope-ratori turistici presenti. In occasione delle Giornate Nazionali dei Castelli, domenica 29 Maggio 2011, la Delegazione di Messina dell’Istituto ha orga-nizzato la visita guidata dal nostro socio, lo storico Franz Riccobono, al Forte “Castellaccio”, fortificazione cinquecentesca, al centro della città, in stato di abbandono. Per rendere accessibile

Il forte del Castellaccio, nella pianta di P. del Calleyo

y Angulo (1719). E’ il più antico dei forti di Messina ed ha subito nel corso del

tempo varie trasformazioni. Oggi versa in stato di grave

abbandono.

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21ATTIVITà DEllE SEZIONI

da piccoli canali che anticamente servivano per spegnere gli incendi della vicina Foresta Nera. Il primo insediamento risale al 1091 quando i duchi di Zahringoen costruirono un castello sullo Schlosserg. Nel 1120 venne riconosciuto all’agglomerato il diritto di mercato, dandogli così la possibilità di espandersi. Dal 1218 al 1368 la città fu soggetta ai conti di Urach, in seguito fino al 1803, fu domi-nata dagli Asburgo. Infine, dopo un breve periodo sotto Napoleone, entrò a far parte dello stato di Baden. Fu sede di un’importante università, voluta dall’arciduca Albrecht VI che se ne occupò fino dal 1457; dal 1620 al 1773 venne gestita dai Gesuiti. Durante la seconda guerra mondiale la città venne pesantemente bombardata, in seguito fu ricostruita rispettando la planimetria originale. In primo luogo furono rimessi in pristino gli edifici pubblici di maggior interesse, ma non la cinta muraria di cui rimangono solo le due torri, risalenti al XIII secolo, che danno accesso alla città. Di base quadrata e di tipologia assai imponente queste torri hanno quat-tro garitte angolari, coperte con cuspide, che fian-cheggiano la sopraelevazione dalla quale si innalza una slanciata copertura. La costruzione della catte-drale, iniziata in stile romanico, venne proseguita in stile gotico nel XIV e XV secolo. Si accede da un ampio atrio ricavato alla base di un’altissima torre campanaria, il portale è finemente decorato con

dei corpi in stile gotico. Per molti cittadini è stata una rara occasione per visitare un monumento, al centro della città, solitamente inaccessibile. La Gazzetta del Sud ha sostenuto, anche quest’anno, l’iniziativa volta alla promozione del patrimonio storico della città.

Michaela Marullo Stagno d’Alcontres

tOSCAnA

toscana

VIAGGIO DI STUDIO IN GERMANIA

> La Sezione Toscana nelle giornate dal 19 al 24 maggio ha organizzato un viaggio in

Germania, ricco di nuove esperienze e con numero-se tappe. La prima sosta è stata effettuata a Freiburg dove l’atmosfera serena avvolge il visitatore e dove niente è lasciato al caso: infatti la città è solcata

Il castello di Heidelberg (Heidelberg Schloss, XIII – XVII sec.) è tra i castelli germanici più famosi. Degli ambienti interni rimangono soprattutto rovine a causa dei danni subiti durante la guerra dei Trent’anni e della guerra del 1689 con la Francia. Il castel-lo è stato solo parzialmente restaurato. L’imponente strut-tura in pietra arenaria (origi-naria della valle del Neckar) dal caratteristico colore rosa, domina la città antica.

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da altri molto vasti la cui caratteristica consiste in aggiunte di ricche decorazioni in stile rinascimentale ad edifici gotici. (Gli influssi rinascimentali giunsero in Germania 125 anni dopo la loro comparsa in Italia). Nei prospetti le finestre a due luci sono di ispirazione veneziana; all’insieme abbastanza etero-geneo sono state aggiunte statue che rappresentano conti palatini e famosi personaggi. La cittadina è sede di una antica sede universitaria fondata nel 1386 da Roberto I, inoltre è un importante centro culturale e scientifico, vi si trovano le chiese goti-che di San Pietro e dello Spirito Santo. Il viaggio è proseguito per raggiungere quella parte del Reno tra Mainz e Koblenz chiamata “Romantisches Rheintal”. Il Reno è stato da sempre utilizzato per il trasporto fluviale delle merci a mezzo chiatte, per tale ragione è stato necessario proteggere questo cammino flu-viale come una qualsiasi strada, ovvero costruendovi numerose torri di avvistamento e castelli su entram-be le sponde, fino a raggiungere il considerevole numero di ventotto. Queste fortificazioni in gran parte costruite nel XIV secolo, solo in alcuni casi hanno una configurazione bastionata. Il Reno non costituiva solo un’importante via commerciale, ma fu anche veicolo dell’influenza francese sull’archi-tettura gotica tedesca. Inoltre la zona è rinomata soprattutto per la produzione del famoso “vino del Reno” esportato ed apprezzato in tutto il mondo e che ha influenzato piacevolmente tutto il viaggio. Percorrendo il fiume sulla riva destra è stato possibile

motivi ornamentali gotici. Su una navata laterale si apre un altro portale in stile rinascimentale. Nella piazza della cattedrale l’Historishes Kaufhaus era adibito a sede doganale e per il commercio, la sede comunale è frutto di una fedele ricostruzione post bellica. Interessante la Casa della Balena, costruita nel 1515 per l’imperatore Massimiliano I, venne abitata da Erasmo da Rotterdam, dal 1529 al 1531, dopo la fuga da Basilea.La fortezza di Heidelberg, altra tappa del viaggio di studio, è stata costruita su una collina in posizione tale da dominare le vie di accesso ed i traffici sul fiume Neckar. In questo luogo, a partire dal I secolo d.C., sotto la dinastia dei Flavi, si era stabilito un insediamento militare romano. Nel X secolo la prima rocca fu sede dei vescovi di Worms, dal XIII secolo fino al 1720 venne abitata dai duchi del Palatinato. La fortezza venne devastata più volte: nel 1622, nel corso della Guerra dei Trent’anni, e nel 1693 per mano delle truppe francesi, durante la Guerra di Successione. Il complesso è molto vasto e, anche se in gran parte diruto, conserva ancora il ricordo della passata grandezza. Vi si accede mediante un percor-so con ponte levatoio passando attraverso una pos-sente torre a base quadrata munita dei meccanismi di difesa. Dalla parte di terra, all’interno della cinta muraria la fortezza è circondata da un fossato asciut-to e dalla parte del fiume da una cinta bastionata. Nella zona centrale si trovano molti palazzi, quelli costruiti in epoca medioevale sono stati affiancati

Burg Pfalzgrafenstein, in un disegno del 1832 di

William Tombleson.è famoso per la sua posizione su un isolotto (Falkenau) loca-

lizzato nel mezzo del Reno.

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da un campo militare romano del VI secolo di cui rimane un castro in pietra con torrette. La cortina muraria è in gran parte diruta, ma è ancora in parte visibile nel centro storico. Questa fu l’antica cittadina imperiale dei Principi Elettori; Baldovino, il principe-vescovo di Treviri, se ne impadronì nel 1327 dopo averla avuta in ipoteca per quindici anni dal fratello Enrico VII. Egli fece erigere una rocca per affermare il suo dominio; la costruzione è ancora visibile, anche se manomessa dai molti interventi, ha la pianta quadrangolare con quattro torrioni tondi agli angoli. Gli edifici, ricostruiti dopo le distruzioni belliche, ripropongono la struttura reticolare in legno tipica del luogo e si affacciano lungo le strade e le piazze della cittadina conferendole una caratteristica assai pittoresca.La rupe di Loreley si trova fra Kaub e St. Goarshausen ed è il simbolo del romanticismo renano immortalata dal poeta tedesco Heinrich Heine. Il fiume in quel punto è di difficile navigazione a causa dei vortici e della curva assai stretta; l’eco, forse causato dai venti, è stato scambiato per il melodioso canto di una fanciulla che incantava i marinai e faceva infrangere le imbarcazioni sulle rocce.Il Castello Rheinfels imponente complesso forti-ficato, venne iniziato nel 1245-48 da Dieter von Katzenelnbogen, con funzioni di dogana, divenendo poi centro culturale e commerciale. Nel 1479 passò ai langravi d’Assia e durante le guerre di successione al governo del Palatinato (1692-1693). Fu l’unica fortezza sul Reno capace di resistere, in un primo

visitare a Kaub il castello Pfalzgrafenstein costruito su un’isoletta come sede doganale per controllare i traffici sul fiume e per riscuotere il “balzello”. La torre maestra è stata eretta in epoca medioevale, la pianta quadrata ha il lato rivolto verso la corrente costruito con due inclinazioni per prestare un minore impatto alla forza devastatrice del fiume. Nel 1607 è stata circondata da una cinta muraria, munita di garitte in legno. All’interno le costruzioni, che si addossano alla muratura e sono posizionate su due livelli con doppio camminamento protetto, sono state realizzate per ospitare i funzionari addetti alla dogana. Al piano terreno si trovano i magazzini e al piano superiore gli alloggi del capitano e delle guardie. Un restauro abbastanza recente ha riportato il complesso ad una buona leggibilità. Le colorazioni delle pareti in bianco con bordure rosse sono state realizzate secondo l’uso locale.Il castello Marksburg si erge su un’altura ed è sede dell’Associazione Tedesca per la Salvaguardia dei Castelli Storici, che raccoglie nella biblioteca 25.000 volumi sulla materia. La rocca venne edificata nel XII secolo a cura dei feudatari del luogo i signori Eppstein, appartenne ai conti di Katzenelnbogen dal 1283 al 1479, successivamente fino al 1803, fu proprietà dei langravi d’Assia. L’accesso è protetto da un ponte levatoio e da quattro porte. All’interno del primo circuito murario si trova l’alta torre maestra, un altro massiccio torrione fungeva da abitazione per le guardie, torrioni tondi di più modeste dimen-sioni sono posti agli angoli del circuito murario. Si accede all’interno mediante un passaggio protetto e un androne ricurvo. Sugli spalti erano piazzati sette cannoni di cui rimangono alcuni esemplari. All’interno si trova il palazzo residenziale, che è stato ristrutturato nel 1705 dopo un incendio e arredato per l’abitazione del signore: la sala per i cavalieri è lunga venticinque metri. Inoltre altre strutture, adi-bite a vari usi, sono state ricostruite riproponendo lo stile reticolare in legno tipico del luogo. Una breve sosta a Coblenza denominata “angolo tedesco”, dove si insediò l’Ordine Teutonico, ci ha dato modo di vedere la confluenza della Mosella con il Reno. Nel centro storico si trova il castello dei Principi Elettori, edificato da Clemente Venceslao nel 1777-1786, in stile neoclassico francese.La città è inoltre dominata dalla grandiosa Fortezza di Ehrenbreitstein, situata sulla omonima rupe, risa-lente al XIX secolo e facente parte del sistema difen-sivo realizzato dalla Prussia in difesa del confine francese comprendente altre fortificazioni tra le quali il forte Alexander ed il forte Konstantin, entrambi ubicati all’interno del perimetro urbano.Anche Boppard si affaccia sul Reno, traendo origine

Il castello di Marksburg.

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secolo. La rocca fu trasformata, nel XVIII secolo, in un convento cappuccino di cui si conserva solo la chiesa. Oggi è una piacevole cittadina caratterizzata da case con struttura reticolare in legno. Il castello Rheinstein, eretto come rocca del gastaldo e dogana nel 900 d.C., fu regalato da Ottone II all’Arcivesco-vado di Magonza. I Principi Elettori la fortificarono nel XI e XII secolo, e vi soggiornò Rodolfo d’Asburgo (1282-1286) che sedeva in giudizio contro i Cavalieri Predoni del Reno. Dal XIV al XVI fu di nuovo proprietà dell’Arcivescovado di Magonza. Andò in rovina alla fine del XVI secolo, ma venne acquistata nel 1823 da Friedrich Wilhelm Ludwig, principe reale di Prussia che la fece ristrutturare dall’archi-tetto Claudius von Lassaulx in stile neogotico. Della precedente costruzione si notano solo due torrioni a pianta circolare. Proseguendo il viaggio siamo arri-vati a Rotterburg, dove Corrado III Hohenstauffen fece innalzare, nel 1142 sull’altopiano naturale che sovrasta il Tauber, un castello imperiale, dando un immediato sviluppo alla città che, grazie alla sua posizione geografica, divenne un importante centro commerciale. Il castello venne distrutto dal terremoto del 1356. Nel 1400 questa era una delle città più potenti del Sacro Romano Impero, ma dopo la Guerra dei Trent’Anni perse di importanza. Ricostruita dopo le distruzioni belliche si presenta oggi come un’affa-scinante cittadina dove la maggior parte delle case sono state costruite con la tipica struttura reticolare in legno. Il centro storico è circondato da mura, in alcuni tratti sono stati ricostruiti i camminamenti di ronda in legno. La cittadina murata di Dinkelsbuhl venne fondata nel VII secolo come corte reale della Franconia, in seguito venne donata da Barbarossa al figlio Corrado da Rothenburg. Si legge negli edifici la tipologia edilizia del luogo, ma si nota la diminuizio-ne dell’uso del legno. La cittadina è interamente cir-condata da una cinta muraria, di altezza assai mode-sta, costruita nel 1370-80, in cui ad intervalli regola-ri si inseriscono torrioni tondi, raramente a base qua-drata, con copertura cuspidata. Anche Nordlingen è cinta da mura, con la cattedrale gotica fiancheggiata da un altissimo campanile le cui possenti strutture angolari gli permettono di arrivare fino a ottantatre metri. Proseguendo sulla “Romantische Strasse” e una sosta ad Augsburg (Augusta) ci ha permesso di ammirare la basilica dei Santi Ulrich e Afra, costruita nel XII secolo. Venne trasformata nel XV secolo in stile gotico “radiante o fiammeggiante” che prevede fra i costoloni e gli archi rampanti la diminuizione dei tamponamenti in muratura per lasciar posto ad ampie vetrate. Inoltre è ricca di decorazioni e si notano preziosi elementi in gotico fiorito nel portale d’ingresso ed in una cappella laterale. Proseguendo il

La murazione di Dinkelsbuhl con le caratteristiche torri

cuspidate (16 in totale). è a tutt’oggi osservata la tradi-

zione del guardiano notturno che compie il giro di ronda nel

centro storico.

momento, agli attacchi dell’armata francese, grazie alle imponenti opere di fortificazione che la circon-davano, ma nel 1758 (Guerra dei Sette anni 1756-1763) le opere di difesa non furono sufficienti, anche a causa delle innovazioni realizzate nell’ambito militare. Ulteriori sconfitte furono subite, nel 1794, a causa delle ostilità fra il governo rivoluzionario francese e l’Austria (Guerre della Prima Coalizione 1792-1797) e nel 1797 dall’irruenza delle armate del-la rivoluzione francese che distrussero l’amplissimo fronte bastionato sulla collina retrostante. Dopo un percorso, che fiancheggia prima il fossato asciutto poi un grande fronte ricco di le batterie e postazioni di tiro a più livelli, si accede da una porta aperta in un torrione. Questa immette in un passaggio protetto da mura che conduce alla forti-ficazione medioevale. Il primo impianto è riconosci-bile dalla cinta muraria a forma trapezoidale al cui interno rimane un torrione tondo di notevole altezza. Questa zona fu ristrutturata in stile rinascimentale da Philipp II di Hesse-Rheinfels nel’500, che alzò il palazzo fino a quattro piani. Nei sotterranei si aprono percorsi a più livelli e locali voltati, mentre all’esterno il nucleo centrale è circondato da fronti bastionati assai imponenti e ricchi di postazioni di tiro. La complessa e vasta estensione delle opere fortificate di questa fortezza la pone in un ambito eccellente fra gli esempi di ingegneria militareSempre sul Reno la visita è proseguita a Bacharach, la roccaforte caduta in mano ai conti palatini nel XI secolo. Il commercio del legname e del vino ne fecero uno dei centri più forti della zona; è circon-data da mura medioevali con torri risalenti al XIV

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TAPPA IN TRENTINO DEL “GRAN TOUR DELLA MEMORIA” – IL CASTELLO DEL BUONCONSIGLIO.

> L’Istituto Italiano dei Castelli in concomitanza con le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’I-

talia, ha organizzato un “Gran Tour della Memoria”; un viaggio nei luoghi della Grande Guerra: nella Venezia Giulia, Venezia Euganea e nel Trentino, dove si è aspramente combattuto, con il sacrificio di molte vite da ambo le parti, e un’immane sofferenza della popolazione. Si pensi al fronte sugli altipiani tra il Trentino e il Veneto, alle Valli Giudicarie con la totale distruzione dei piccoli paesi di montagna e il trasferimento della popolazione in “campi” in ter-ritorio austro-ungarico, solo per citare alcuni episo-di, senza dimenticare il sacrificio di Cesare Battisti, anche se il pensiero è ora rivolto alla “Campana della Pace” di Rovereto.Il 17 giugno, nell’ambito del Tour, un gruppo di soci dell’Istituto Italiano dei Castelli, provenienti da ogni parte d’Italia e accompagnato dal Presidente l’ing. Giovanni Ventimiglia marchese di Monteforte, dopo aver visitato i luoghi del Friuli e del Veneto, è giun-to a Trento al Castello del Buonconsiglio, uno dei più importanti castelli italiani e monumento insigne della storia del Trentino e dell’Europa.

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tRentInO

trentino

nostro percorso la zona montuosa ci ha riservato una piacevole sorpresa fuori programma: il monastero di Ettal, antica sede benedettina fondata da Enrico IV “il Bavaro” nel 1328, divenuto poi una scuola di Cavalieri Teutonici. Era uso dei Cavalieri Templari occupare i monasteri benedettini in quanto anche loro seguivano la Regola di San Benedetto, in questo caso possiamo dire lo stesso per i loro confratelli. Il monastero si sviluppa con linee classicheggianti attorno ad un cortile quadrangolare. Al centro una splendida chiesa barocca opera di Enrico Zuccalli e Joseph Schmuzer a pianta centrale è fiancheggiata da due campanili con copertura a cipolla che si inse-riscono nelle curve sinuose della facciata. All’interno dipinti e statue arricchiscono la decorazione rococò. Ultima tappa, Innsbruck, antica colonia romana fondata nel III secolo d.C., denominata “Veldidena”. L’attuale città venne costruita nel 1180 dal conte Berthold Andechs, nel 1363 passò agli Asburgo e fu capitale del Tirolo nel 1420. Vide il suo maggiore splendore durante il regno di Massimiliano I (1493-1519), come è testimoniato dal suo sfarzoso palazzo dove i balconi sono ornati di decorazioni scultoree e il superiore termina con un tettuccio d’oro costruito su progetto di N. Turing il vecchio (1494-1496); sulle pareti gli affreschi completano la decorazione. Nel centro storico le strade sono ricche di palazzi con facciate dipinte e decorazioni barocche, ne riman-gono solo alcuni in stile tardo medioevale. La chiesa dei Gesuiti ha uno schema planimetrico e di facciata rinascimentale sul quale sono state apposte ricche decorazioni barocche. La Hofkirche (1533-1563) venne progettata da Andrea Crivelli in stile neogoti-co; all’interno campeggia la tomba di Massimiliano I, in stile rinascimentale, circondata da 28 statue bronzee. Il castello imperiale Holfburgoccupa gran parte di questa zona. Di grande rilevanza il castello di Ambras situato sulle colline la cui importanza artistica è legata a Ferdinando II.

Nicoletta Maioli

Prospetto del castello del Buonconsiglio a Trento. Si nota in alto il poderoso mastio cilindrico, detto anche Torre Grande, mentre a sinistra, in primo piano, si scorge un tipi-co torrione circolare scarpato dell’epoca della Transizione, con parapetto dotato di tro-niere e doppio ordine di fuoco sovrapposto in casamatta.

Il sito di Hofburg fu fortifi-cato in epoca medioevale per volontà dell’l’arciduca Sigismondo, conte del Tirolo. Fu l’Imperatore Massimiliano I a far realizzare il palazzo, la cui struttura rimase inalterata sino all’epoca di Maria Teresa d’Austria che avviò la ristruttu-razione in stile rococò, cioè la forma con la quale il castello oggi si presenta. Dopo la morte del marito, l’Imperatore Francesco Stefano di Lorena, avvenuta tra mura della dimo-ra imperiale durante i festeg-giamenti per il matrimonio del figlio Leopoldo, l’Imperatrice diede ordine di convertire la propria camera da letto in cappella di corte.

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e sappiamo quanto queste furono occasione di importanti relazioni diplomatiche.Il XVII e XVIII secolo fu un periodo relativamente calmo, anche se non mancarono radicali interventi di trasformazione all’interno del castello.Tappa fondamentale fu invece la costruzione di un altro volume dell’edificio che chiamiamo “Giunta Albertiana”, in quanto fatta costruire dal vescovo Francesco Alberti Poia su progetto di Giuseppe Alberti da Tesero.Il 6 gennaio del 1801 il castello fu occupato dai francesi, mentre con la secolarizzazione del prin-cipato vescovile nel 1803 l’imperatore Francesco Giuseppe ne prendeva solennemente possesso. Dopo un breve periodo di dominio Bavarese, con il ritorno dell’Austria il complesso difensivo fu adibi-to a sede amministrativa e caserma. Nel 1861, quando fu proclamata l’Unità d’Italia, il Trentino era uno stato dell’Impero Austro-Ungarico e il castello del Buonconsiglio aveva ancora fun-zioni di caserma.Durante la Prima Guerra mondiale nel castello fu imprigionato, processato, condannato a morte e giustiziato Cesare Battisti con gli altri irredentisti. Un triste momento della nostra storia che, con la visita dell’Istituto Italiano dei Castelli, è stato ricor-dato senza strumentalizzazioni di nessun genere: come un momento della storia italiana ed europea, una tappa forse necessaria ma che fu e rimane nei nostri ricordi un drammatico momento di contrap-posizione, di odio e di violenza. In questo senso con rispettoso silenzio e con commozione il “gruppo” dell’Istituto Italiano dei Castelli ha visitato la “Fossa dei Martiri”. A questa semplice cerimonia erano state invitate le autorità della Provincia Autonoma di Trento, peral-tro assenti, e il Commissario del Governo che, pur avendo dato la sua adesione, all’ultimo momento ha comunicato la sua indisponibilità. Dopo la Grande Guerra il Castello del Buonconsiglio fu per un breve periodo anche caserma italiana, quindi sede della Soprintendenza ai Monumenti, e da allora iniziarono i lavori di restauro condotti da Giuseppe Gerola. Nel pomeriggio il gruppo di visitatori ha raggiunto l’altopiano di Folgaria ove, a distanza ravvicinata, lungo il vecchio confine tra l’Austria e l’Italia ci sono le fortificazioni della Grande Guerra. Di queste è stato visitato il Forte Belvedere (Werk Gschwedt), oggi restaurato e adibito a museo storico della memoria. Verso sera il gruppo ha raggiunto Tiene nel vicentino.

Roberto Codroico

Al castello i soci sono stati accolti da una dele-gazione e dal Presidente della Sezione Trentino Alto-Adige, che dopo un saluto di benvenuto ha riassunto le tappe fondamentali della costruzione del Castello del Buonconsiglio, iniziata attorno al 1250 con un primo recinto fortificato, addossato alle mura della città costruite una ventina d’anni prima. Questo primo recinto fu costruito quando l’imperatore Federico II sospese il potere tempo-rale del vescovo di Trento sostituendolo con un podestà imperiale, il pugliese Sodigerio da Tito, un uomo di Ezzelino da Romano, che realizzò su di un dosso, allora detto del “malconsiglio”, una fortificazione rivolta verso la città e a dominio della stessa. Qualche tempo dopo, questa prima fortificazio-ne, passò in proprietà dei conti del Tirolo che lo ampliarono. Entrato poi in possesso del principe-vescovo di Trento divenne bene indisponibile della chiesa di Trento e residenza dei vescovi sino alla secolarizzazione del 1803.Tutti i vescovi di Trento posero mano al castello, alcuni in modo più consistente, come il Lichtenstein al quale dobbiamo la sopraelevazione dell’edificio con l’inserimento delle finestre quadrate in pietra bianca; e il vescovo Hinderback, che lo rinnovò tanto da trasformarlo da “inferno in paradiso”. Il cardinale Bernardo Cles, vicino al castello medie-vale, fece costruire un magnifico edificio rinasci-mentale, ancora oggi detto “Magno Palazzo”, che inaugurò nel 1530 alla presenza Carlo V, di pas-saggio per Trento dopo l’incoronazione imperiale ottenuta a Bologna.Con il successore del Cles, il cardinale Cristoforo Madruzzo, il castello fu sede delle riunioni monda-ne che si svolsero a margine del Concilio di Trento,

La “Fossa dei Martiri” o “Cervara”. Qui furono giu-stiziati, nel 1916, Cesare

Battisti, Fabio Filzi e Damiano Chiesa.

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– Il contributo femminile all’Unità d’Italia”.L’argomento era intrigante e la relatrice ha riper-corso fatti e vicende al femminile, dalla Contessa di Castiglione ad Anita Garibaldi e a numerose altre eroine che hanno contribuito con sacrifici, passione e dedizione all’Unità d’Italia. C’è una letteratura sul tema: le pallide donne dell’Ottocento si muovono e vivono gli eventi del tempo che hanno poi scon-certanti analogie con ciò che oggi sta accadendo, un vero affresco della generazione risorgimentale, su uno sfondo di lotte, di passioni, di amori e di crudeltà.Il 19 febbraio, il dott. Terzetti ha accompagnato un gruppo di soci a visitare la sede della Provincia. Il palazzo, realizzato tra il 1867 e il 1873, su progetto dell’architetto milanese Alessandro Arienti, occupa l’ampio pianoro del colle Landone, recuperato dalle demolizioni della fortezza Farnese. L’impianto del grande palazzo è interessante, le trentaquattro sale si presentano artisticamente affrescate da noti maestri; particolari sono i “murali” del pittore perugino Domenico Bruschi, il cui stile chiaro e grandioso comunica il nuovo esprit della Nazione. Il 18 marzo si è svolta una nuova visita di studio a Roma. Prima tappa l’Ara Pacis Augustae, altare ornato da artistici rilievi, che fu eretta tra il 13 e il 9 a. C. dal Senato per celebrare la pace stabilita in tutto l’impero Romano da Augusto. I primi resti del monumento, rimasto per secoli sepolto nel fango

UMBRIA

VISITE DI STUDIO: ROMA, PERUGIA, FORLI’, MODENA E SASSUOLO. VIAGGIO IN MONTENEGRO. CONFERENZA E GIORNATE DEI CASTELLI.

> L’11 gennaio è stata effettuata una prima escursione di studio a Roma, consistita nella

visita alla basilica di Santa Maria Maggiore, alla chiesa basilicale di Santa Prassede e alla “Mostra 1861, i pittori del Risorgimento”. La basilica di S. Maria Maggiore venne edificata, secondo una leggenda, in seguito ad una nevicata miracolosa nell’agosto del 356 e fu consacrata alla Vergine per volere di Sisto III, dopo il Concilio di Efeso, 431. Nel 1200 ebbe restaurata l’abside, nel 1500 vennero aperte le Cappelle Sistina e Paolina, nel 1600 l’affaccio posteriore sulla piazza dell’E-squilino. Ferdinando Fuga, nel 1700, sovrappose all’antico prospetto una nuova imponente facciata. La Basilica di Santa Prassede fu fondata nel 489 e ricostruita con l’attuale impianto sotto il pontifica-to di Pasquale I. All’interno sono particolarmente interessanti le testimonianze dell’arte bizantina a Roma. Prassede era la figlia del senatore Pudente che avrebbe ospitato S. Pietro a Roma.In occasione delle celebrazioni per il 150° anniver-sario dell’Unità d’Italia, le Scuderie del Quirinale hanno accolto una mostra per illustrare gli even-ti che tra il 1859 e il 1861 portarono il nostro Paese alla conquista dell’indipendenza e all’Unità Nazionale. L’esposizione raccoglie le opere dei maggiori artisti dell’epoca, tra i quali: Francesco Hayez, Giuseppe Molteni, Domenico e Girolamo Induno, Eleuterio Pagliano, Giovanni Fattori, Silvestro Lega, Odoardo Borrani e Giuseppe Sciutti, ed evidenzia come la loro lettura degli accadimenti di quel periodo abbia privilegiato una commossa rappresentazione dell’adesione popolare. Sigla la fine del percorso, il tragico dipinto di Fattori, “Lo Staffato”, opera emblematica e simbolo delle rifles-sioni e delle inquietudini che caratterizzarono que-gli anni, il più vero e il più autentico monumento ai caduti delle guerre risorgimentali.Il 4 febbraio, la prof.ssa Isabella Nardi Mannocchi, nostra vice-presidente e docente nell’Università di Perugia, nella Sala dei Legisti del Palazzo Baldeschi, ha tenuto una conferenza sul tema “Sorelle d’Italia

Vista posteriore della basilica di S. Maria Maggiore a Roma, con l’abside e l’obelisco.

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i soci hanno visitato, accompagnati da una esperta guida, la mostra sul Melozzo, “L’Umana Bellezza tra Piero della Francesca e Raffaello”, ospitata nei Musei San Domenico.Forlì celebra così il suo artista più famoso e, per documentarne lo straordinario percorso, la mostra unisce alle sue opere alcuni capolavori di artisti che avvicinò nel corso della formazione, da Andrea Mantegna a Piero della Francesca, a Bramante a Pedro Berruguete. Elemento significativo ed impor-tante della Mostra è il grande affresco staccato raffigurante papa Sisto IV, in atto di nominare il famoso umanista Bartolomeo Platina, Prefetto della Biblioteca Apostolica. Questo capolavoro di Melozzo è uscito, per la prima volta, dai Musei Vaticani.Una mostra emozionante, dunque, un incontro con un artista che ha rappresentato l’arte italiana con la magia del suo segno. Inoltre, i soci hanno visitato l’abbazia romanica di San Mercuriale (XII – XIII sec.), situata nel centro di Forlì, con la chiesa a tre navate fiancheggiata dal bel campa-nile a pianta quadrata, alto oltre settanta metri, simile a quello di San Marco a Venezia, crollato nel 1092 e per questo motivo preso a modello per la sua ricostruzione. A Modena è stata dedicata particolare attenzione alla Cattedrale, il più insigne monumento della città, capolavoro dell’architettura romanica del maestro Wiligelmo e alla Galleria Estense, mentre a Sassuolo, ultima tappa del tour, si è visitato il Palazzo Ducale, esempio di residenza di corte barocca, frutto della trasformazione di una rocca quattrocentesca. Il progetto fu affidato dal duca Francesco I d’Este all’architetto Bartolomeo Avanzino che, inglobando il preesistente castello, realizzò un palazzo monumentale, impreziosito dal pittore francese Jean Boulanger ed anche da numerosi artisti italiani quali Giacomo Monti, Pier Francesco Cittadini, Michelangelo Colonna, Giovanni Francesco Barbieri detto il Guercino e Baldassarre Bianchi.Un breve ma intenso viaggio, attratti dalla storia e dalle leggende nel favoloso Montenegro, si è svolto tra il 13 ed il 16 maggio.I soci hanno visitato: Budva, città che ha con-servato il suo aspetto medievale, fondata, secon-do la leggenda in tempi lontani, da Cadmeo ed Arneronia che erano alla ricerca della principessa fenicia Europa, rapita da Zeus; Cetinje, la storica capitale del Montenegro, fondata nel 1482 da Ivan Crnojevic, ultimo sovrano del potente stato medioevale di Zeta, circondata da colline di pietra, bastioni naturali utilizzate a sua difesa: interessante è stata la visita al Palazzo Reale, che ha sollecitato

delle alluvioni, vennero ritrovati nel 1568 nelle fondamenta del Palazzo Fiano al Corso ed è stato ricostruito nel 1938 in occasione del bimillenario di Augusto e sul basamento di travertino dell’edificio che la racchiude, è stato riprodotto il testamento dell’Imperatore, a lettere in bronzo. E’ la più signi-ficativa testimonianza dell’arte augustea, carat-terizzata da un notevole eclettismo. Inoltre, vi è raffigurata una processione per salutare il ritorno in patria dell’imperatore, dopo un giro nelle Province. Tappa successiva poi a Palazzo Farnese, sede dell’ambasciata di Francia, per visitare la grande mostra allestita nel prestigioso palazzo, una delle quattro meraviglie di Roma. Il Palazzo, voluto nel 1517 da Alessandro Farnese, eletto papa nel 1534 col nome di Paolo III, venne iniziato da Antonio da Sangallo il Giovane e continuato da Michelangelo, con la loggia a tre arcate del Vignola, e da Giacomo della Porta. La mostra “Palazzo Farnese – Dalle col-lezioni rinascimentali ad Ambasciata di Francia”, rievoca gli splendori di una corte ricca e colta, attraversata dalle storie incrociate di pontefici, cardinali, re, artisti. Duecento i pezzi esposti prove-nienti da Napoli, Parma, Piacenza, Firenze, Parigi, Roma, Madrid, Londra, Budapest e Stati Uniti. L’ambasciatore francese in Italia Jean Marc de La Sablière ha voluto aggiungere un museo all’amba-sciata e creare un luogo segnato dalla rapida ascesa dei Farnese.Il 13 ed 14 aprile si è svolto un viaggio di studio che ha interessato Forlì, Modena e Sassuolo. A Forlì

Il bel portale d’ingresso alla chiesa dell’abbazia di S.

Mercuriale a Forlì.

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di Assisi, accompagnati dalla dott. Francesca Natali. La Rocca, che si innesta in alto nel ritmo grandioso delle montagne e domina dalla sommità dello spe-rone il suggestivo paesaggio, fu già roccaforte della cittadella fin dal XII secolo e venne ampliata e for-tificata dal cardinale Egidio Albornoz nel 1367. La forma è trapezoidale e animata da torrioni, al centro c’è il mastio che ingloba un corpo quadrangolare. Nell’interno sono visibili i grandi cortili, i cammi-namenti e i diversi ambienti adibiti a varie funzioni.

Igea Frezza Federici

memorie, ed al monastero; Rivat, la più moderna città del Montenegro, situata fra la penisola di Krmac e il monte Krtola; le Bocche di Cattaro, il fiordo più meridionale d’Europa, lungo il quale sono antiche città, palazzi medioevali e barocchi, veri tesori dell’arte e della cultura; poi Perast, che si presenta come uno degli esempi più significativi dell’architettura barocca sulla sponda adriatica; Kotor (Cottaro) è un antico centro costiero, dichia-rato dall’UNESCO patrimonio dell’umanità, il centro storico entro le mura, conserva il Palazzo Ducale, l’antica “Turris torturae”, detta anche la “Torre dell’orologio” e il teatro (XIV sec.); Svevi- Stefan, piccola cittadina medievale su un isolotto sassoso, unito alla terra ferma da uno stretto braccio di sab-bia; HercegNovi, città marinara, dove gli artisti, tra i quali il premio Nobel Ivo Andric, si sono ispirati nella sua luce e nella sua bellezza. La città è situata tra il monte Orijen e la Bocche di Cottaro, fondata nel 1382 dal re bosniaco Tvirko I come avamposto sul mare del suo regno continentale e dominata dai veneziani, dai turchi, dagli austriaci e dagli spagno-li, ha un centro storico importante; Dubrovnik, città monumento, sede della potente Repubblica, per più di quattro secoli, con il centro storico protetto verso terra e verso il mare da una spettacolare cerchia di mura iniziata nel 1296 da i Veneziani. In occasione delle “Giornate Nazionali dei Castelli il 29 maggio si è svolta una visita alla Rocca Maggiore

Particolare delle fortificazioni di Kotor, con un grande torrio-ne circolare: il tratto scarpato, che misura circa due terzi dell’altezza complessiva, appare delimitato, rispetto alla residua parte superiore verticale, dalla consueta cor-nice torica.

Le fortificazioni veneziane di Cattaro, lambite dal mare: si notino, sul lato del bastione in fondo, le due cannoniere, dall’originale configurazione, per il tiro fiancheggiante.

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RECENSIONE30

ReCensioni

Teresa Colletta esamina il rafforzamento difen-sivo approfondendone la configurazione definita per il fronte a mare della capitale, dal Carmine

LUIGI MAGLIO (a cura di) - Difese e sviluppo urbanistico di Napoli in età vicereale. Quaderni dell’istituto Italiano dei Castelli – sezione Campania, n. 3.

> Una continuità storico-urbanistica tesa a riannodare gli avvenimenti del passato alla

progettualità del futuro, modulandoli in una riflessione stratificata, appare la direttiva ispiratri-ce del terzo quaderno di “Architettura Fortificata in Campania” che sistematizza i contributi scatu-riti dalla Giornata di Studio sulle Difese e sviluppo urbanistico di Napoli in età vicereale, tenutasi al Palazzo reale di Napoli il 6 giugno 2007. La tavola rotonda, promossa dall’Istituto Italiano dei Castelli, dalla Soprintendenza BAPSAE di Napoli e dall’Università Federico II, ha costituito un momento di importante focalizzazione delle tematiche connesse al potenziamento del sistema difensivo nei secoli XVI e XVII; e, all’insegna del principio basilare dell’Istituto Italiano dei Castelli conoscere per conservare e fruire – secondo quanto sottolineato da Rosa Carafa, coordinatrice dell’evento – si sono confrontati diversi studiosi della materia, fornendo una puntuale disamina delle trasformazioni del tessuto urbano. Gli atti, arricchiti da un apparato iconografico di grande interesse, appaiono – come suggerisce il Soprintendente Stefano Gizzi nella prefazione da lui curata – una sorta di riscatto conoscitivo delle strutture militari cittadine: una costante politica di aggressione alle testimonianze del passato – di volta in volta concretatasi in alterazioni di queste architetture tramite superfetazioni, demolizioni e dissennati isolamenti –, perpetuatasi sino alle attuali quanto discutibili scelte dell’Amministra-zione locale, risulta controbilanciata proprio dai chiari intenti documentari e di studio sottesi al quaderno. Nel saggio di apertura, La trasformazione del fronte a mare nel piano del viceré Toledo: le nuove fortificazioni marittime ed il potenziamento delle difese del recinto di Castel Nuovo e del porto,

Un progetto di cittadella napoletana inblobante

Castel S. Elmo e la collina di Pizzofalcone (Madrid,

Biblioteca del Real Palacio).

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31RECENSIONI

a Castel dell’Ovo, incentrata sull’edificazione di mura bastionate, l’ampliamento del recinto di Castel Nuovo e l’apertura di nuove porte urbane. I Progetti di potenziamento delle fortificazioni napoletane dopo gli interventi di Pedro de Toledo sono illustrati da Maria Raffaela Pessolano che, basandosi su un’accurata ricerca archivistica, illu-stra le proposte avanzate da tecnici e militari, con una particolare attenzione all’area orientale e al rapporto tra Castel Sant’Elmo e Castel Nuovo; l’in-tervento si conclude con l’analisi del cuartel, quella «parte mejor de la ciudad» che si estendeva dalle pendici di San Martino verso il mare, destinata ai privilegiati insediamenti – militari, direttivi, ammi-nistrativi – degli Spagnoli. Paolo Mascilli Migliorini riallacciandosi ai prece-denti contributi integra il dibattito sulle sistemazioni vicereali mediante un’articolata esposizione basata sugli elementi emersi nel corso di recenti scavi; nei Temi materiali per l’area del porto, Palazzo reale e di Castel Nuovo alla metà del secolo XVI, espone dunque il complesso gioco di rinterri e livellamenti alla base del programma edilizio dell’epoca, soffer-mandosi sul progetto di Domenico Fontana per il nuovo Palazzo reale e analizzandone i nessi con le circostanti emergenze a carattere militare e urbano. Le Caratteristiche difensive dei castelli napoletani in età vicereale sono scandagliate da Luigi Maglio attraverso un’analisi che lega inestricabilmente le trasformazioni architettoniche a quelle dell’artiglie-ria: riduzione dell’altezza delle torri, ispessimento delle cortine murarie e delle scarpe, introduzione dei merloni rappresentano alcuni aspetti di questo fenomeno nel periodo in esame. L’indagine sui castelli, sorretta da una puntuale nomenclatura tecnica, è fondata sul presupposto della necessità, in senso lato, di una lettura in termini militari di tali opere per una loro adeguata

comprensione e successiva tutela e valorizzazio-ne. Il testo di Enrico Guglielmo rappresenta una variazione geografica e contenutistica rispetto ai precedenti studi: Il castello aragonese di Baia. Da residenza romana a fortificazione e da Orfanotrofio militare a Museo archeologico dei Campi Flegrei, ripercorre le vicende costruttive dell’emergenza, riallacciandole al presente mediante la presentazio-ne dell’attuale sistemazione museale, di cui l’autore è stato progettista e direttore dei lavori. Nel saggio conclusivo, Una difesa mobile per la città capitale: la squadra navale napoletana nell’e-tà vicereale, Giovanni Muto presenta un vivido quadro dell’organizzazione della flotta delle gale-re, cui era demandata la fondamentale protezione della capitale da minacce provenienti dal mare; elementi di una dinamica strutturazione difensiva, esse si spostavano incessantemente alla ricerca di nemici, seguendo le indicazioni degli informatori del regno.

Daniela Petrone

DESTINAZIONE DEL 5 ‰ IN SEDE DI DICHIARAZIONE DEI REDDITI.

La legge 23.12. 2005 n° 266, art.1 comma 33 (finan-ziaria 2006), permette la destinazione di una quota pari al 5 ‰ del’IRPEF in favore delle ONLUS che abbiano finalità non lucrative di utilità sociale.

L’Istituto Italiano dei Castelli è riconosciuto di diritto quale ONLUS operante nelle suddette attività per la salvaguardia del patrimonio nazionale.

Invitiamo pertanto i nostri soci a non dimenticarsi, in sede di dichiarazione dei redditi (Mod. 730 - Mod. Unico) di apporre la propria firma in uno degli appositi riquadri previsti per la destinazione del contributo, indi-cando altresì il codice fiscale: 80444610580.

La suddetta scelta di destinazione del 5‰ all’Istituto Italiano dei Castelli non è in nessun modo alternativa a quella dell’8‰ destinata alle istituzioni religiose.

DEDUCIBILITA’ DELLE EROGAZIONI LIBERALI IN FAVORE DELL’ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI.

ll DL 35/2005 - Legge 80/2005 ha ulteriormente amplia-to le agevolazioni a favore di persone fisiche e giuridi-che che erogano liberalità in favore delle ONLUS.Ricordiamo pertanto ai soci che le loro contribuzioni in favore dell’Istituto Italiano dei Castelli (escluse le quote sociali), documentate da movimentii bancari o postali, possono ora essere dedotte nella misura massima del 10% del proprio reddito imponibile, fino ad un limite di euro 70.000.

AVVISO IMPORTANTE

La ‘dorsale difensiva’ di Napoli estesa da Castel Sant’Elmo a Castel dell’Ovo nel disegno di F. Cassiano de Silva (1700 circa). Vienna KriegsArchiv.

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>L’Istituto Italiano dei Castelli pubblica, oltre ai due periodici “Cronache Castellane” e “Castellum”, molti libri e studi di argomento castellano, organizzati o nella collana di pubblicazioni monografiche “Castella” o nelle varie collane di pubblicazioni curate dalle sezioni, come la rivista “Castella Marchiae” o i “Quaderni di architettura fortificata” della sezione Campania.per avere l’elenco completo delle pubblicazioni si veda il sito web dell’Istituto, all’indirizzo http://www.castit.it/frame.html, alla voce “pubblicazioni”. Le pubblicazioni possono anche essere richieste alla Segreteria Generale dell’Istituto, in via Borgese 14, 20154 Milano, tel. 02 347237, indirizzo e-mail [email protected].

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ISSN: 039-3355

RIVISTA DELL’ISTITUTO ITALIANO DEI CASTELLI51 - DICEMBRE 2009ROMA - CASTEL S. ANGELO

• Rivista dell’Istituto Italiano dei Castelli • Amministrazione presso Segreteria Generale

dell’Istituto Italiano dei Castelli - Via G.A. Borgese, 14 - 20154 Milano. Redazione presso Gianni

Perbellini - Vicolo Case Rotte, 2 - 37129 Verona • Autorizzazione del Tribunale di Milano

n. 504 del 24-12-1982 • Direttore Responsabile Mario Federico Roggero • Progetto Grafico:

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