Alberi to Parco Castelli

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GUIDA AL RICONOSCIMENTO DI ALBERI E ARBUSTI DEL PARCO REGIONALE DEI CASTELLI ROMANI

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GUIDA AL RICONOSCIMENTO

DI ALBERI E ARBUSTIDEL PARCO REGIONALEDEI CASTELLI ROMANI

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Realizzata con il contributo della Comunità Europea e della Regione LazioIniziativa Leader II - fondo FESR

PARCO REGIONALE DEI CASTELLI ROMANI

 Via Cesare Battisti, 5 (Villa Barattolo)

00040 ROCCA DI PAPA (Roma)

Tel. 06.9495253-255 - Fax 06.9495254

www.parks.it/parco.castelli.romani/index.html

E.mail: [email protected]

Guida edita dal Parco Regionale dei Castelli Romani

Responsabile del progetto: M. Antonelli

Coordinamento: T. Mascherucci

Redazione testi: T. Mascherucci, E. Pizzicannella, A. Pacini

Realizzazione grafica, disegni e stampa: Arti Grafiche Tilligraf S.p.A. - Roma

1ª edizione novembre 2001 - 20.000 copie

© Parco Regionale dei Castelli Romani Vietata la riproduzione anche parziale del testo e delle immagini pubblicate

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Da tempo si è avver-tita l’esigenza di dare alle stampe questa guida per risponde-re, dopo il successo

riportato dalla precedente pubblicazione “  Alberi e arbusti” di PaoloBassani e Laura Lotti, all’interesse dimostrato da una sempre più va-sta schiera di cittadini, residenti e non, intorno alle tematiche lega-te all’ambiente.Un interesse accresciuto dalla consapevolezza dei problemi connessi 

alla sostenibilità ambientale del nostro pianeta, ma anche di quelli riguardanti l’immenso patrimonio naturalistico dell’antico VulcanoLaziale.Il paesaggio vegetale, in questo contesto, assume un aspetto fonda-mentale di distinzione per i Colli Albani. Plasmato dalla mano del-l’uomo, nel corso del XVII secolo, con l’introduzione del ceduo di castagno al posto degli originali boschi misti di querce, tigli ed ace-ri, conserva in molti ambienti ancora aspetti vegetazionali primor-

diali.Proprio per facilitare la conoscenza di questa biodiversità, avvalora-ta anche dalla presenza di alcuni Siti d’Interesse Comunitario, la gui-da, attraverso la descrizione delle principali specie di alberi ed arbusti presenti nel territorio del Parco, può rivelarsi utile strumento di ap-profondimento per avvicinarsi ad un patrimonio dall’inestimabile va-lore che va tutelato per essere trasmesso alle generazioni future.

Sandro CaracciPresidente dell’Ente Parco Regionale 

dei Castelli Romani 

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Il Vulcano Laziale e la sua vegetazione

I Colli Albani costituiscono i resti di un grandioso edificio vulcanico dallacui attività eruttiva si originarono, nel corso dei millenni, due caldere a te-

stimonianza delle quali restano un recinto esterno, costituito dai rilievi delTuscolo e dell’Artemisio ed un recinto interno, con le pendici di MonteCavo e delle Faete.L’attività del Vulcano Laziale fu l’ultima ad esaurirsi in tutta la regione. Nellafase finale si manifestarono numerose eruzioni che lasciarono profonde con-che, alcune delle quali ospitano attualmente specchi lacustri quali il Lagodi Nemi e il Lago Albano.Sul fertile terreno vulcanico, con un clima particolarmente mite e relativa-mente umido, si originarono grandi foreste miste di faggi, querce, tigli, ace-ri, carpini, frassini, lauri, noccioli e numerose altre specie legnose, che sinoal XVI secolo coprirono parte dei rilievi. L’introduzione successiva della col-tivazione del castagno e lo sviluppo della viticoltura e dell’olivicoltura, con-giuntamente all’incremento della pastorizia, determinarono la messa acoltura di nuove terre attraverso l’espianto delle foreste originarie, al pun-to tale che oggi quest’ultime sono rappresentate solo da piccoli lembi bo-schivi residuali e/o relittuali.

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Maschio d’Ariano

Maschio delle Faete

Via Sacra di M. Cavo

Monte Tuscolo

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Monti dell e  F  a  e    

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Monte Cavo

Vallericcia

Doganella

Laghetto

Prataporci

Pantano secco

Valle

Marciana

Lago AlbanoLago

di Nemi

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Dal paesaggio naturale al paesaggio organizzato(dall’antica Roma alle dimore storiche cinquecentesche)

Già in età romana, l’area del Vulcano Laziale venne prescelta da parte di po-

tenti ed illustri personaggi dell’epoca tra i quali Catone, Lucullo, Cicerone,per costruire le proprie ville con annessi giardini dove poter godere tran-quillamente gli otia della campagna.

 A distanza di millecinquecento anni, la vicinanza dei Castelli Romani alla cit-tà di Roma, determinò il ripetersi di un identico utilizzo del territorio da par-te delle famiglie nobili romane e del papato e fu così che sulle rovine delleville romane, si ricostruirono le dimore storiche cinquecentesche.La destinazione d’uso di queste ville-podere  rimase strettamente legata alleesigenze di rappresentanza, mentre nel territorio circostante si praticava un’a-

gricoltura di qualità, limitata esclusivamente alle produzioni alimentari ne-cessarie ai fini dell’ospitalità.La stampa di Giacomo Lauro del 1622 “Descrizione del Tuscolo con ville e pa-lazzi e rassegna dei templi e delle rovine antiche ” ben interpreta, nella visionecomplessiva del paesaggio, la commistione tra la vegetazione naturale e lecoltivazioni agricole introdotte.Dal punto di vista letterario, il testo del Grossi-Gondi (1908) riporta una si-gnificativa testimonianza a riguardo della produttività dei terreni dello Status Tusculanus  tratta dalla descriptio feudorum di casa Altemps dell’anno 1600:

Tutta la corte da Mondragone alla villa si puol dire un giardino,per essere piena tutta di olive insino alla villa del cardinal Eusebio,

il quale è sotto il dominio di Casa Altemps, et per l’ingiù due o tre miglia sonovigne arboretate di grandezza di 18 Rubii infra tutte, computatoci quello di casa.

Infra dette vigne ci è una stalla per 200 cavalli comodissima et il restante che fornisce poi con il piano Romano tutto terreno aratorio.

È possibile pertanto affermare che lo sviluppo dei pascoli e delle attivitàagricole contribuirono, in maniera determinante, a favorire la trasformazio-

ne del paesaggio naturale.

Viticoltura e boschi cedui castanili

“Già conosciuta nell’età classica, la produzione vinicola dei Castelli, nel sensomoderno del termine, decolla tra il XVI ed il XVII secolo e, legata immediata-mente al mercato romano, cresce insieme allo sviluppo demografico della città (…)”  (Piccioni, 1993).

La fine del XVI secolo fu caratterizzata da un forte incremento demografi-co non solo della città di Roma, ma di tutti gli insediamenti abitativi cir-costanti. La produzione agricola dei Castelli Romani è sempre stata legataalle esigenze alimentari del mercato romano. Per far fronte all’incrementodella domanda delle produzioni agricole, vennero messe a coltura nuoveterre favorendo la conversione dei boschi originari.

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Il nuovo tracciato della via Appia (iniziata nel 1563-1564) e l’apertura del-la nuova Porta S. Giovanni nelle mura di cinta della città di Roma, favori-rono, oltre agli scambi commerciali, anche il turismo agreste, attraverso ilquale venivano apprezzate le bellezze del paesaggio e la bontà dei prodotti

agricoli.L’attività agricola dei Castelli Romani, pertanto, non era più da considerar-si limitata alle esigenze di rappresentanza delle ville-podere , ma assumevavia via un ruolo di vera e propria economia di mercato.L’incremento demografico della città di Roma e lo sviluppo dell’attività agri-cola, con particolare riferimento a quella vitivinicola, determinarono una for-te richiesta di mercato del legname caratterizzata:– nel primo caso, dalla domanda di materiale per l’edilizia, arredamento e

riscaldamento;– nel caso della vitivinicoltura, dalla richiesta di materiale per le nuove tec-

niche colturali (passoni, rompitratta, capitesta, reginelle ecc. ecc.), e per i processi di vinificazione (botti, barili, tini, tinozze, bigonci, ecc. ecc.).

Per far fronte a queste nuove esigenze di mercato, venne introdotta nel  Vulcano Laziale la coltivazione dei boschi di castagno governati a ceduocon riserva di matricine. Attraverso l’introduzione di questa specie furonosoppiantate gran parte delle selve originarie che attualmente sono relega-te a boschi residuali o relittuali.Le ragioni che motivarono lo sviluppo della coltivazione del castagno van-no ricercate nei fattori intrinseci della specie quali:

climatici: specie mesofila che ben si adatta alle condizioni intermedie deifattori climatici tipici della zona in esame;pedologici: spiccata predilezione per terreni sciolti e ricchi di fosforo e po-tassio, a reazione acida o neutra, quali sono quelli derivanti dal disfacimentodelle rocce vulcaniche;produttivi: elevata capacità di accrescimento di volume e di massa legnosa;tecnologici: durezza media, durevolezza elevata, facilmente lavorabile, ric-chezza in tannino e quindi particolarmente resistente anche agli agentiatmosferici ed agli attacchi parassitari.

Questa naturale plasticità tecnologica del castagno ha senza dubbio con-tribuito alla diffusione ed alla intensificazione della coltivazione della speciesu tutto l’areale del Vulcano Laziale, in quanto ben rispondente alle esi-genze economiche di mercato delle popolazioni locali e di quelle della cittàdi Roma.L’attuale assetto vegetazionale del territorio dei Castelli Romani, è il risul-tato quindi delle profonde modificazioni che, a partire dal XVI secolo, hannodeterminato la trasformazione del paesaggio naturale in quello più antro-pizzato in cui si alternano centri urbani, coltivi ed aree boschive.

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Fasce vegetazionali

La vegetazione naturale si differenzia in fasce vegetazionali distribuite sul ter-ritorio in senso altitudinale. È evidente che la distribuzione della vegetazio-

ne si diversifica con il variare della temperatura e della umidità. Pertantoman mano che si sale in altitudine diminuisce la temperatura ed aumentala piovosità; conseguentemente nell’Italia centrale riscontreremo, in bassopiante sempreverdi resistenti a climi aridi ed asciutti, e nella sommità lapresenza di specie decidue resistenti al freddo.Per la descrizione di questa zonazione vegetazionale abbiamo fatto riferi-mento ai lavori di Giacomini e Fenaroli (1958) e di Bassani (1992).

Precisiamo che le altitudini riportate per ciascuna fascia di vegetazione sonoda considerarsi in termini puramente indicativi, in quanto le fasce vegeta-zionali sono separate tra di loro da zone di transizione, caratterizzate da unvero e proprio “processo osmotico vegetazionale”.L’introduzione delle coltivazioni ha determinato una riduzione delle selveoriginarie a semplici boschetti residuali o a presenze puntiformi di singolepiante. Nell’ambito di ciascuna fascia vegetazionale, si è assistito quindi al

prevalere delle specie coltivate sulla vegetazione naturale che attualmenteè caratterizzata da una distribuzione a macchia di leopardo: le leccete ed iboschi di roverella sono stati sostituiti dai vigneti ed oliveti, mentre, ad al-titudini superiori, il bosco misto di latifoglie e la faggeta sono stati con-vertiti in cedui castanili.

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FASCE DI ALTITUDINE SPECIE COLTUREVEGETAZIONE GUIDA INTRODOTTE

fascia mediterranea fino a sughera, leccio seminativi(querceti sempreverdi xerofili) 200 m vite - olivo

fascia submediterranea fino a roverella vite - olivo(bosco a roverella) 500 m

fascia submontana fino a querce, tigli, aceri,ceduo castanile(bosco misto di latifoglie caducifoglie) 800 m castagno

fascia montana inferiore oltrefaggio ceduo castanile

(faggete) 800 m

Fascia montana inferiore

oltre 800 m

da 500 a 800 m

da 200 a 500 m

fino a 200 m s.l.m.

Fascia submontana

Fascia submediterranea

Fascia mediterranea

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Conservazione della biodiversità vegetazionale

Oggi i vigneti e gli oliveti costituiscono vere e proprie fasce vegetazionalicon funzioni connettivali e di tampone a salvaguardia congiuntamente sia

delle formazioni autoctone che degli impianti di cedui castanili.Ma è proprio per queste funzioni protezionistiche che le suddette coltiva-zioni rappresentano le aree agricole maggiormente a rischio nei confrontidello sviluppo incontrollato ed irrefrenabile della speculazione edilizia resi-denziale, costituendo delle vere e proprie fasce di tensione  laddove la con-flittualità tra l’antropizzazione e la tutela delle peculiarità vegetazionali risultaessere la più elevata.

 A lungo andare, continuando su questo cammino, la cementificazione fini-rà per coinvolgere oltre che i terreni agricoli, anche le superfici boscate congravi danni ambientali e paesaggistici.Pertanto, oltre alla riqualificazione dei nostri vigneti ed oliveti, sarà indi-spensabile riaffermare, non soltanto la validità economica dei nostri boschi,ma anche e soprattutto, quella ecologica, mettendo in evidenza l’impor-tanza che gli stessi rivestono da un punto di vista biologico, idrogeologi-co, sociale e sanitario.La breve descrizione delle specie di alberi e di arbusti che viene sviluppatanella presente guida, vuol essere soltanto una semplice testimonianza del-la diversità vegetazionale esistente nell’ambito del territorio del VulcanoLaziale a conferma di quanto sia importante, per tutti noi, l’aspetto relati-

vo alla conservazione della biodiversità delle specie esistenti nel ParcoRegionale dei Castelli Romani. Quanto sopra al fine di poter garantire allegenerazioni future, la tutela del paesaggio naturalistico e la contemplazio-ne dello stesso, cosa che, purtroppo, le attuali generazioni non hanno po-tuto ammirare se non attraverso la rappresentazione grafica di alcunestampe d’epoca.

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DESCRIZIONE

DELLE

SPECIE

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ACERO CAMPESTREAcer campestre 

Famiglia: Aceraceae 

PIANTA: albero deciduo, fino a 20 metri di altezza.FOGLIE: semplici, palmato-lobate, con lungo picciolo, lunghefino ad un massimo di 10 cm ad inserzione opposta.FIORI: piccoli, riuniti in un corimbo di colore giallo-verde; fiori-tura aprile-maggio.FRUTTI: disamare con ali formanti un angolo di 180°.

L’acero campestre è generalmente presente sia allo stato arboreo che ar-bustivo nei boschi misti del Parco, soprattutto nel Bosco del Cerquone, sul-le coste dei laghi e nel Bosco Ferentano.È una pianta termofila, cioè amante del caldo.Legno robusto utilizzato per costruire violini, buono anche come combu-stibile.

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ACERO DI MONTEAcer pseudoplatanus 

Famiglia: Aceraceae 

PIANTA: albero deciduo, può raggiungere altezze più elevatedegli altri aceri fino a 30/35 metri.FOGLIE: semplici, molto grandi fino a 15/20 cm, palmato lo-bate con apici acuti, con lungo picciolo che spesso assume uncolore rosso.FIORI: a grappolo giallo verdastri; fioritura aprile-maggio.

FRUTTI: disamare simili a quelle dell’acero fico.Questa specie è presente nella fascia vegetazionale più alta del Parco, spes-so insieme al faggio. Il suo legno chiaro viene molto utilizzato nell’industriadel legname, per produrre mobili, attrezzi, cucine ed altro.Nel Parco è presente alle quote più elevate, Monte Cavo e Monte Artemisioin particolare.

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ACERO FICO

Acer obtusatum

Famiglia: Aceraceae 

PIANTA: albero deciduo, altezza fino ai 20 metri.FOGLIE: semplici con lungo picciolo, palmate con lamina piùgrande di quella dell’acero campestre e con lobi meno pro-nunciati; pagina inferiore pubescente.

FIORI: a corimbo di colore giallo; fiorisce a marzo-aprile primadella emissione delle foglie.FRUTTI: disamare con ali poste a formare un angolo retto.

Presente nei boschi residuali del Parco, tendenzialmente a quote più eleva-te rispetto all’acero campestre.

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AGRIFOGLIO

Ilex aquifoliumFamiglia: Aquifoliaceae 

PIANTA: arbusto o più raramente piccolo albero che raggiun-ge anche dimensioni intorno ai 10 metri.FOGLIE: sempreverdi, semplici, ovali, coriacee, verde scuro nellapagina superiore più chiare inferiormente, con margine spinoso,

mentre le foglie più vecchie possono avere il margine liscio.FIORI: pianta dioica con fiori femminili bianchi e maschili sfu-mati di rosso, riuniti in piccoli mazzetti profumati; fiorisce inaprile.FRUTTI: drupe di color rosso lucido che vengono portate, so-lo dalla pianta femminile, per tutto l’inverno.

Questa pianta, a causa delle sue caratteristiche bacche rosse, è stata per 

molto tempo depredata dall’uomo nel periodo natalizio. Oggi è inserita nel-la lista delle piante protette e ne è vietata la raccolta e la commercializza-zione.Molto utilizzata per scopi ornamentali, oggi è diffusa nel bosco misto di la-tifoglie fino alla faggeta. Rare le piante femminili.Le drupe rosse, velenose per l’uomo, vengono mangiate dagli uccelli.Le foglie e i frutti hanno proprietà officinali.

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ALATERNORhamnus alaternus 

Famiglia: Rhamnaceae 

PIANTA: arbusto o piccolo albero alto fino a 5 metri, a fogliesempreverdi.FOGLIE: semplici, ovali o ellittiche, margine intero o legger-mente seghettato, inserzione alterna.FIORI: di colore verde-giallastro, piccoli e riuniti in racemi ascel-lari; fioritura marzo-aprile.FRUTTI: drupe sferiche, piccole e nere.

Specie comune nella macchia mediterranea, adatta alla siccità, termofila. Illegno emana odore sgradevole da cui l’appellativo di “legno puzzo”.Nel Parco ha una diffusione puntiforme.

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ALBERO DI GIUDACercis siliquastrum

Famiglia: Leguminosae 

PIANTA: albero deciduo alto fino ad 8 metri.FOGLIE: semplici, reniformi, inserzione alterna, picciolo di 5 cm,base cuoriforme, a margine liscio.FIORI: in gruppi di 3-6 peduncolati, inseriti direttamente sui ra-mi ed anche sul tronco; papilionati di colore rosa carico; fiori-tura marzo-aprile.

FRUTTI: baccelli di 6-10 cm, piatti, all’inizio di colore rosso-vio-la vivo, poi brunastro, sulla pianta persistono fino all’inverno.

Il nome comune è riferito al fatto che nella leggenda si narra che Giuda,pentito di aver tradito Gesù, si sarebbe impiccato ai rami di questo albero.Nel Parco è diffuso nella fascia vegetazionale della roverella. Presente spon-taneamente nel bosco della Macchia della Sterpara a Frascati.

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BAGOLARO

Celtis australis Famiglia: Ulmaceae 

PIANTA: albero di altezza fino a 20/25 metri.FOGLIE: decidue, semplici, ovali-lanceolate, con margine se-ghettato e apice acuto, base asimmetrica, inserzione alterna.FIORI: di colore giallo, ascellari; fiorisce in aprile.

FRUTTI: drupa di colore scuro su lungo peduncolo.Si tratta di un albero di origine balcanica. Predilige il caldo ed è molto lon-gevo.

 Viene utilizzato anche come pianta ornamentale di piazze e parchi cittadi-ni. Il suo legno è robusto e resistente ed utilizzato in ebanisteria e per far-ne attrezzi. Buono anche come legna da ardere. I frutti sono eduli.

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BERRETTA DEL PRETEEuonymus europaeus 

Famiglia: Celastraceae 

PIANTA: arbusto deciduo, con altezza fino a 4-5 metri; tronconudo e chioma folta.FOGLIE: ovate, lanceolate, acuminate all’apice, opposte, a mar-gine seghettato.FIORI: bianco-verdi, disposti in corimbi; fioritura aprile-giugno.FRUTTI: capsule rosse a 4 lobi, da cui il nome volgare di “ber-

retta del prete”, che aprendosi a maturità mostrano semi dicolore arancio.

Il legno nell’antichità veniva usato per fare i fusi intorno ai quali si arroto-lava la lana. Da tale utilizzazione l’altro nome volgare di “fusaggine” attri-buito alla pianta.Nel Parco è diffusa nella fascia della roverella e del bosco misto.

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BIANCOSPINOCrataegus monogyna 

Famiglia: Rosaceae 

PIANTA: arbusto deciduo, di altezza fino a 10 metri, chiomaglobosa, allungata, irregolare.FOGLIE: semplici, ovali, lobate con margine grossolanamentedentato.FIORI: corimbi molto densi, di circa 15-20 fiori bianchi; fiori-tura in aprile-maggio.FRUTTI: pomi di 1 cm, rossi a grappoli, con un solo seme.

È frequente in tutto il Parco alle diverse altitudini e tipologie di terreno, sianei boschi che nelle radure. Legno molto duro da cui il nome latino di “cra-taegus” che significa per l’appunto “forza”.

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BORSOLOStaphylea pinnata 

Famiglia: Staphyleaceae 

PIANTA: arbusto alto fino a 5 m; chioma irregolarmente pira-midata, rada.FOGLIE: composte, imparipennate, di 10-20 cm; foglioline 5-7,

sessili, ellittiche, a margine dentato, inserzione opposta.FIORI: infiorescenze a grappolo, lungamente peduncolate ependule; fiori di 1,5 cm di diametro a 5 petali bianchi; fiori-tura aprile-maggio.FRUTTI: capsule vescicolose traslucide, di 3-4 cm, verdi, for-mate da 2-3 lobi contenenti 1-2 semi sferici, come piselli,durissimi.

Dalle infiorescenze, pendenti, deriva il nome del genere, dal greco staphy-lè , grappolo. Questa specie è originaria dell’Europa centromeridionale, condistribuzione che si estende dalla Penisola Iberica all’Asia Minore. Specie po-co diffusa in Italia che vive nei boschi termofili di latifoglie e negli ambienticollinari.I semi, durissimi, di color marrone, variegati di grigio, si utilizzano per brac-cialetti, collane e rosari.

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CARPINO BIANCOCarpinus betulus 

Famiglia: Corylaceae 

PIANTA: albero deciduo, alto fino a 20 metri, chioma globosaespansa.FOGLIE: semplici, ellittiche, acuminate, doppiamente dentate,nervature pronunciate, inserzione alterna.FIORI: unisessuali; infiorescenze maschili in amenti penduli gial-lastri di 5-10 centimetri; infiorescenze femminili in amenti erettipiù piccoli all’apice dei ramuli; fiorisce in marzo-maggio.FRUTTI: infruttescenze pendule di 5-10 cm peduncolate, for-mate da acheni rivestiti da brattee membranose trilobate.

Nel Parco esemplari di notevole valenza si trovano frammisti alle speciequercine preferendo gli ambienti più freschi. Si trovano con frequenza nelParco Colonna, nel Bosco Ferentano e nel Bosco del Cerquone.

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CARPINO NEROOstrya carpinifolia 

Famiglia: Corylaceae 

PIANTA: albero deciduo, alto fino a 10 metri, chioma ovale, ir-

regolare.FOGLIE: ovali, con apice acuminato di 5-10 cm, margine dop-piamente dentato, nervature evidenti con presenza di nerva-ture terziarie, inserzione alterna.FIORI: maschili riuniti in amenti penduli lunghi fino a 12 cm,infiorescenze femminili lunghe fino a 5 cm in posizione termi-nale; fiorisce in aprile-maggio.

FRUTTI: infruttescenze formate da acheni chiusi in brattee bian-castre e membranose.

La denominazione greca del genere “ostreion”, che significa ostrica, derivadalla chiusura ermetica delle brattee dei frutti.Presente nel Parco in tutti i boschi misti fino ad arrivare alla fascia più elevatadella faggeta.

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CASTAGNOCastanea sativa 

Famiglia: Fagaceae 

PIANTA: albero deciduo, alto fino a 20 metri.FOGLIE: semplici, lanceolate, seghettate, lunghe fino a 20 cm.FIORI: unisessuali i maschili in amenti penduli di color giallo; ifemminili piccoli e brevi alla base delle infiorescenze maschili;

fiorisce tardi, nel mese di giugno.FRUTTI: castagne raccolte in un involucro spinoso (riccio).

È la specie arborea più diffusa nel Parco, dove è utilizzata per la produzio-ne del legname. I fiori sono molto ricercati dalle api che ne ricavano unmiele particolarmente aromatico. Ottimo il legno per lavori di falegname-ria. Frutto molto energetico utilizzato a scopi eduli.

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CERROQuercus cerris 

Famiglia: Fagaceae 

PIANTA: albero deciduo che raggiunge anche i 30/35 metri dialtezza.FOGLIE: semplici, profondamente lobate e lunghe fino a circa10 cm, inserzione alterna.FIORI: maschili riuniti in amenti penduli e infiorescenze fem-minili ascellari, come tutte le querce; fiorisce in aprile-maggio.

FRUTTI: ghiande con la caratteristica cupola riccioluta.Buon legno sia come combustibile che per essere lavorato. Ghianda moltoricca di tannino e non amata dagli animali, a differenza delle ghiande del-le altre querce.Nel Parco è diffuso nella fascia del bosco misto. Molto comune nel Boscodel Cerquone.

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CORNIOLOCornus mas 

Famiglia: Cornaceae 

PIANTA: arbusto di piccole dimensioni.FOGLIE: decidue, ovali, apice acuminato, margine liscio, inser-zione opposta.FIORI: piccole ombrelle di un bel colore giallo intenso; fioriscemolto presto, nel mese di febbraio, prima che spuntino le fo-glie.FRUTTI: le cosiddette “corniole”, piccole olive prima di color verde poi rosse a maturazione.

Un arbusto tipico del bosco di latifoglie. I frutti sono stati sempre utilizzati,fin dai tempi più remoti, per essere consumati sia in marmellate dal sapo-re un po’ acidulo, sia in salamoia come le olive.

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ERICA ARBOREAErica arborea 

Famiglia: Ericaeae 

PIANTA: arbusto sempreverde.FOGLIE: foglioline aghiformi sempreverdi.FIORI: campanule di colore bianco che fioriscono a marzo-aprile.FRUTTI: capsule di piccole dimensioni.

Pianta diffusa nella fascia mediterranea. Il legno viene utilizzato per fabbri-care pipe. I fiori sono molto visitati dalle api che ne utilizzano il nettare per ricavarne un ottimo miele.

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FAGGIOFagus sylvatica 

Famiglia: Fagaceae 

PIANTA: albero anche di notevoli dimensioni, fino a 30 metridi altezza.

FOGLIE: decidue, semplici, ovali, margine liscio e leggermentepeloso, inserzione alterna.FIORI: infiorescenze ascellari di circa 5 cm; fiorisce nel mese diaprile.FRUTTI: acheni (faggiole) racchiusi in un involucro protettivo aquattro valve che si aprono a maturazione.

È uno degli alberi più caratteristici della montagna italiana, molto diffuso su

tutto l’Appennino. Una volta, prima dell’introduzione del castagno, era dif-fusissimo anche nel territorio del Parco. Ora alcuni esemplari di notevoli di-mensioni sono visibili soltanto su M. Cavo o isolati sui Monti dell’Artemisio.

  A livello arbustivo è presente anche nella Conca del Lago di Nemi.Dal faggio si ottiene un ottimo legname sia da opera che da ardere. In pas-sato i frutti venivano utilizzati, una volta tostati e macinati, per ricavarne unsuccedaneo del caffè.

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FARNIAQuercus robur 

Famiglia: Fagaceae 

PIANTA: albero deciduo di notevole grandezza, che può supe-rare oltre i 30 metri di altezza; molto longevo.FOGLIE: semplici, obovato-lobate, lunghe circa 10 cm. Carat-teristici i primi lobi peduncolari che sono rivolti verso il bassoa formare due piccole orecchiette.FIORI: in amenti penduli i maschili, ascellari i femminili; fiori-sce in aprile-maggio.

FRUTTI: ghiande coperte da una cupola per 1/4 della loro lun-ghezza. Caratteristico il lungo peduncolo.

Un albero a crescita lenta apprezzato per la qualità del legno da sempreutilizzato in falegnameria; molto buono anche come combustibile. Le ghian-de sono utilizzate come alimento per i maiali. Esemplari possenti nel Boscodel Cerquone e individui isolati ai Pratoni del Vivaro.

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GINESTRA DEI CARBONAICytisus scoparius 

Famiglia: Leguminosae 

PIANTA: arbusto alto fino a 2-5 metri, rami verde brillante talida far sembrare la pianta sempreverde anche in inverno.FOGLIE: caduche, semplici quelle superiori, composte da tre fo-glioline quelle inferiori, disposte su lunghi piccioli.FIORI: di colore giallo carico isolati o riuniti a coppie inseriti al-l’ascella fogliare; fiorisce in estate.FRUTTI: legume di colore bruno, lungo 5 cm.

Nel Vulcano Laziale, si riscontrano estese formazioni di “scopiglieto”, la cuidenominazione comune è derivante da una delle applicazioni della piantastessa i cui rami flessibili venivano usati proprio per fare delle scope.

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GINESTRA ODOROSA

Spartium junceum

Famiglia: Leguminosae 

PIANTA: arbusto di piccole dimensioni.FOGLIE: molto piccole, lanceolate e opposte. Cadono quasi su-bito lasciando i rametti verdi scoperti.FIORI: di colore giallo intenso dal profumo gradevole riuniti inracemi terminali; fiorisce in maggio-giugno.FRUTTI: sono dei legumi coperti da una peluria.

Si tratta di una pianta colonizzatrice dei suoli vulcanici come quelli del Parco.Insieme alla ginestra dei carbonai forma un cespuglieto denominato “sco-piglieto”.

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LAURO (ALLORO)Laurus nobilis 

Famiglia: Lauraceae 

PIANTA: arbusto o piccolo albero sempreverde.FOGLIE: semplici, lanceolate, con apice acuminato e margineliscio, coriacee ed aromatiche, lunghe fino ad un massimo di12 cm, inserzione alterna.FIORI: in ombrelle ascellari di colore giallo; fiorisce a marzo-aprile.FRUTTI: bacche nere che ricordano le olive.

È un piccolo albero più comune come arbusto. Diffuso nella fascia medi-terranea, ma presente anche a quote superiori. Nel passato era consideratodai Greci e dai Romani, un simbolo di gloria ed onore. Le sue foglie ven-gono utilizzate molto in cucina per preparare salse e dare sapore ai cibi. Nelterritorio del Parco è molto diffuso, specie sulle coste dei laghi e nei “Valloni”di Grottaferrata e Lanuvio. Diffusissimo nei giardini delle case dove viene uti-lizzato per le siepi in quanto, tra l’altro, sopporta benissimo la potatura.

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LECCIOQuercus ilex 

Famiglia: Fagaceae 

PIANTA: albero sempreverde che raggiunge altezze di 20 me-

tri, ma che può trovarsi molto spesso allo stato arbustivo.FOGLIE: semplici, ovali, apice acuto, margine spinoso nelle gio-vani e liscio nelle vecchie, pagina superiore verde scuro, infe-riore chiara, inserzione alterna.FIORI: maschili in amenti di color giallo, femminili riuniti a 3-5su di un peduncolo; fiorisce in maggio-giugno.FRUTTI: ghiande con cupola che arriva a coprirne i 2/3.

Il leccio è specie appartenente alla fascia vegetazionale delle sclerofille,xerofila, costituente per eccellenza della macchia mediterranea. Moltodiffuso anche a quote più elevate. Legno molto duro e difficilmente lavo-rabile. Ottimo come legna da ardere e carbone.Nel Parco è assai diffuso, soprattutto sui tipici “faccialoni” dell’Artemisio, suquelli di Monte Cavo, lungo le pareti scoscese dei laghi. Diffuso comeornamentale nei Parchi e nelle Ville Tuscolane.

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LIGUSTROLigustrum vulgare 

Famiglia: Oleaceae 

 ALBERO: arbusto caducifoglio, alto fino a 3 metri, con rami ri-cadenti.FOGLIE: lamina lanceolata, a margine intero, pagina superioreverde scuro mentre la pagina inferiore è più chiara, inserzioneopposta.FIORI: piccoli e bianchi in infiorescenze terminali, piramidali ecompatte; fiorisce in primavera.FRUTTI: piccole bacche sferiche blu-nerastre e lucide.

È pianta frequente nei boschi cedui di latifoglie e nei cespuglieti. I ramiterminali venivano usati per intrecciare, legare; da questa applicazione nederiva il nome volgare del genere “ligustro”.

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NOCCIOLOCorylus avellana 

Famiglia: Corylaceae 

PIANTA: arbusto deciduo, alto fino a 7 metri, chioma globosaed irregolare.FOGLIE: semplici, rotondeggianti a margine dentato, inserzio-ne alterna.FIORI: unisessuali: maschili in amenti penduli di 6-10 cm; fem-minili a piccole gemme; fioritura in febbraio-aprile, prima della

emissione delle foglie.FRUTTI: nocciole di 2 cm di larghezza, riunite a ciuffi ed av-volte da brattee fogliari sfrangiate.

Nel Parco è presente in tutta la fascia della roverella fino alla faggeta.Esemplari di grandi dimensioni sono presenti nel Bosco del Cerquone.

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OLMO CAMPESTREUlmus minor 

Famiglia: Ulmaceae 

PIANTA: albero deciduo, può raggiungere i 20/25 metri di al-

tezza.FOGLIE: semplici ad inserzione alterna, con brevissimo picciolo,lamina ovale con base asimmetrica e margine seghettato.FIORI: nascono prima delle foglie in corimbi di un bel rossobruno. La fioritura avviene all’inizio di marzo.FRUTTI: samare formate da una membrana di circa 2 cm conil seme al centro, raggruppate in grappoli. Si sviluppano subi-

to dopo la fioritura e prima della emissione delle foglie.Una specie molto utilizzata per le alberature stradali, decimata in Italia acausa della “grafiosi dell’olmo”, malattia fungina veicolata dalle larve di uncoleottero, a causa della quale sono state distrutte le famose “olmate” diGenzano e di Grottaferrata. Diffusa in particolare allo stato arbustivo nellafascia del bosco a roverella e del bosco misto di latifoglie.

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ONTANO NEROAlnus glutinosa 

Famiglia: Betulaceae 

PIANTA: albero deciduo, alto fino a 20 metri con chioma ova-ta piramidale.FOGLIE: semplici, obovate, ad apice ottuso e base cuneata,margine con dentatura grossolana, inserzione alterna.FIORI: unisessuali: i maschili in amenti di 6-10 cm, giallo-bru-nastri posti all’apice dei rami; i femminili ovali, peduncolati, ingruppi di 3-5; fioritura febbraio-aprile.FRUTTI: ovali legnosi, strobiliformi, prima verdi poi marroni, di3 cm di lunghezza, a maturazione liberano semi alati.

Legno resistente all’acqua che indurisce al suo contatto e quindi utilizzatoper strutture immerse nell’acqua quali piloni, barche e palafitte.Nel Parco si trova lungo le sponde dei Laghi Albano e di Nemi.

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ORNIELLOFraxinus ornus 

Famiglia: Oleaceae 

PIANTA: albero solitamente di piccole dimensioni, che può ar-rivare anche a 10 metri di altezza.FOGLIE: decidue, composte, imparipennate (7-9 foglioline),ovali, con margine dentato, inserzione opposta.FIORI: raccolti in pannocchie di color bianco; fiorisce nel me-se di maggio.

FRUTTI: samare allungate in rametti penduli che permangonoanche dopo la caduta delle foglie.

Diffuso nella fascia della roverella e in quella del bosco a latifoglie. Nel Parcoè presente lungo la Via Sacra di M. Cavo, nel Bosco Ferentano, deiCappuccini ed in generale nei boschi misti.Dalla corteccia si estrae un liquido utilizzato come lassativo (manna).

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PINO DOMESTICOPinus pinea 

Famiglia: Pinaceae 

PIANTA: albero alto fino a 25/30 metri, sempreverde.FOGLIE: aghiformi, lunghe fino a 15/20 cm, di colore verde.FIORI: maschili in amenti di colore giallo, femminili rossi; fiori-sce a maggio.FRUTTI: semi eduli raccolti in involucri legnosi chiamati pinoli,questi si trovano all’interno delle cosiddette pigne che sono

strobili, compatti e pesanti.Il Pino domestico è noto soprattutto per i pinoli molto utilizzati in cucina.È presente nella fascia mediterranea, solitamente in estese pinete d’impiantoartificiale, ma anche a quote più elevate come la pineta del Tuscolo, con-tinuamente minacciata dagli incendi. Inoltre è diffuso nei giardini delle VilleTuscolane e nel Vallone Tempesta presso Nemi.

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PRUGNOLOPrunus spinosa 

Famiglia: Rosaceae 

PIANTA: arbusto piccolo con rami spinosi.FOGLIE: decidue, semplici, ovali con margine seghettato, 3/4cm.FIORI: bianchi che appaiono prima delle foglie; fiorisce nel me-

se di marzo.FRUTTI: drupe di colore viola-scuro.

Il prugnolo è un arbusto tipico del bosco misto. I frutti vengono impiega-ti per preparare liquori. Diffuso nel territorio del Parco in particolare nellezone più calde; insieme al biancospino e alla berretta del prete, forma unconsorzio vegetale interessante nella zona del Vivaro.

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ROSA SELVATICARosa canina 

Famiglia: Rosaceae

PIANTA: arbusto deciduo fino a tre metri di altezza.FOGLIE: composte da 5-7 foglioline a margine dentato conapice acuto, seghettate, ovali.

FIORI: raccolti in grappoli di colore rosa chiaro; fiorisce in mag-gio-giugno.FRUTTI: bacche rosse ellittiche.

Pianta termofila diffusa nella fascia a roverella. Le bacche, ricche di vitami-na C, vengono utilizzate in erboristeria e per fare ottime marmellate.

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ROVERELLAQuercus pubescens 

Famiglia: Fagaceae 

PIANTA: albero deciduo che può raggiungere un’altezza di 25metri.FOGLIE: semplici, obovato-lobate lunghe fino a circa 10 cm,con picciolo breve e peloso così come la pagina inferiore, in-serzione alterna.FIORI: maschili in amenti penduli, femminili in gruppi di 2/4sessili; fiorisce in marzo-aprile.

FRUTTI: ghiande con cupola che le copre fino a quasi la metà.La Roverella è una specie frugale, eliofila, adatta a condizioni di aridità. Illegname è molto resistente all’acqua. Il frutto veniva tostato ed utilizzatocome succedaneo del caffè.Nel Parco è diffusa soprattutto sui Monti Tuscolani e sulle coste del lago

 Albano, versante orientale.

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SAMBUCOSambucus nigra 

Famiglia: Caprifoliaceae 

PIANTA: arbusto di altezza fino a 6 metri.FOGLIE: decidue, composte imparipennate (5-7 foglioline), ova-li, con apice acuminato e margine seghettato, inserzione op-posta.FIORI: bianchi in grandi ombrelle di oltre 10 cm di ampiezza;fiorisce in aprile-maggio.

FRUTTI: bacche nere in infruttescenze peduncolate.È un arbusto molto diffuso nel territorio del Parco un po’ in tutti gli am-bienti anche in quelli antropizzati.Nel passato veniva molto utilizzato sfruttando le sue qualità officinali. Sia ifiori che i frutti hanno delle proprietà anticatarrali e purganti; vengono al-tresì utilizzati per fare marmellate e sciroppi.

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SANGUINELLO

Cornus sanguinea 

Famiglia: Cornaceae 

PIANTA: arbusto di piccole dimensioni.FOGLIE: decidue, ovali, apice acuminato, margine liscio, inser-zione opposta.FIORI: riuniti in ombrelle di colore bianco; fiorisce, a differen-

za del corniolo, a fine maggio, dopo che sono spuntate le fo-glie.FRUTTI: bacche nere portate da infruttescenze peduncolate.

 Anche questo arbusto è molto diffuso nei boschi di latifoglie. Caratteristicala colorazione rossastra delle foglie e dei rami in autunno, da cui il nome.

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STRACCIABRAGHE (SMILACE)Smilax aspera 

Famiglia: Liliaceae 

PIANTA: arbusto sempreverde, rampicante.FOGLIE: dalla forma cuoriforme, con margine spinoso, coriaceee lucenti.

FIORI: di colore giallo-verde in infiorescenze ascellari, profumati;fiorisce in autunno.FRUTTI: piccole sfere di colore rosso a maturazione.

È una tipica pianta molto comune nella macchia mediterranea. È molto dif-fusa anche nei nostri boschi, specie nella lecceta.

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STORACEStyrax officinalis 

Famiglia: Styracaceae 

PIANTA: arbusto alto fino a 5 metri.FOGLIE: ovali, ottuse all’apice, lucide nella pagina superiore,pelose in quella inferiore, margine liscio, picciolo breve.FIORI: riuniti in racemi terminali, bianchi; fioritura aprile-maggio.FRUTTI: drupe, verdi ed aromatiche, coperte da una peluria

biancastra.Il nome del genere “Styrax ” in greco significa “resina”, infatti dalla piantasi estrae un balsamo resinoso dal delicato profumo di vaniglia.Nel Parco la ritroviamo come pianta ornamentale nelle diverse ville stori-che tuscolane ed allo stato spontaneo a formare siepi naturali ai marginidei campi coltivati.

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SUGHERAQuercus suber 

Famiglia: Fagaceae 

PIANTA: albero sempreverde con altezza fino a 10 metri.FOGLIE: molto simili alle foglie giovani del leccio, coriacee, in-serzione alterna.FIORI: infiorescenze unisessuali in amenti penduli; fiorisce a

maggio-giugno.FRUTTI: ghiande con cupola che le copre per circa la metà.

Presente nella fascia vegetazionale mediterranea, è sempre stata utilizzataper la sua corteccia (sughero) che si raccoglie a cicli di 8-9 anni.Nella zona del Vulcano Laziale è presente soltanto nelle zone più basse diquota nel territorio di Lanuvio.

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 TIGLIO SELVATICOTilia cordata 

Famiglia: Tiliaceae 

PIANTA: albero deciduo, dai 20 ai 30 metri di altezza.FOGLIE: semplici, con lungo picciolo, cuoriformi, seghettate,apice acuto, inserzione alterna.FIORI: a corimbo, di colore giallastro, molto profumati; fioriscea maggio-giugno.FRUTTI: piccole palline di circa 5/6 mm di diametro, attaccatecon un picciolo ad una membrana (ala) che si sviluppa su diun peduncolo.

 Albero sacro per molte popolazioni antiche costituente del bosco misto ori-ginario. Oggi viene molto utilizzato nelle alberature stradali e per ornare iperimetri delle piazze. I fiori sono molto profumati e dal loro nettare le apiricavano un ottimo miele.Nel Parco è diffuso sulle coste dei laghi, lungo la via Sacra di M. Cavo enel Bosco Ferentano.

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VIBURNO (TINO)Viburnum tinus 

Famiglia: Caprifoliaceae 

PIANTA: arbusto sempreverde.FOGLIE: coriacee, semplici, ovali con margine liscio, verdi scu-re e glabre sopra, più chiare e pelose nella pagina inferiore, in-serzione opposta.FIORI: in corimbo di color bianco-rosato, compaiono da feb-braio fino a giugno.

FRUTTI: drupe di color blu metallico che maturano nella tardaestate.

  Arbusto molto diffuso nei giardini come ornamentale per la sua bellissimafioritura. In generale è diffuso nella fascia mediterranea ma non è raro tro-varlo anche in quella del bosco misto. Nel Parco è presente sulle coste delLago Albano e del Lago di Nemi, Bosco dei Cappuccini, Bosco Ferentano.

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INDICE DELLE SPECIE

 Acero campestre (Acer campestre) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . pag. 8 Acero di monte (Acer pseudoplatanus) . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 9

 Acero fico (Acer obtusatum) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 10 Agrifoglio (Ilex aquifolium) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 11 Alaterno (Rhamnus alaternus) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 12 Albero di giuda (Cercis siliquastrum) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 13Bagolaro (Celtis australis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 14Berretta del prete (Euonymus europaeus) . . . . . . . . . . . . . . . . ” 15Biancospino (Crataegus monogyna) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 16Borsolo (Staphylea pinnata) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 17Carpino bianco (Carpinus betulus) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 18

Carpino nero (Ostrya carpinifolia) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 19Castagno (Castanea sativa) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 20Cerro (Quercus cerris) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 21Corniolo (Cornus mas) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 22Erica arborea (Erica arborea ) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 23Faggio (Fagus sylvatica) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 24Farnia (Quercus robur) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 25Ginestra dei carbonai (Cytisus scoparius) . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 26Ginestra odorosa (Spartium junceum) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 27

Lauro (Laurus nobilis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 28Leccio (Quercus ilex) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 29Ligustro (Ligustrum vulgare) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 30Nocciolo (Corylus avellana) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 31Olmo campestre (Ulmus minor) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 32Ontano nero (Alnus glutinosa) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 33Orniello (Fraxinus ornus) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 34Pino domestico (Pinus pinea) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 35Prugnolo (Prunus spinosa) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 36Rosa selvatica (Rosa canina) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 37Roverella (Quercus pubescens) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 38Sambuco (Sambucus nigra) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 39Sanguinello (Cornus sanguinea) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 40Stracciabraghe (Smilax aspera) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 41Storace (Styrax officinalis) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 42Sughera (Quercus suber) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 43Tiglio selvatico (Tilia cordata) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 44

 Viburno (Viburnum tinus) . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ” 45

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GLOSSARIO

achenio: frutto secco, non deiscente, contenente un solo seme, con tegumenticuoiosi non aderenti al seme stesso;

amento: infiorescenza pendula, costituita da numerosi fiori sessili, inseriti su un assesottile;

bacca: frutto avvolto da buccia sottile e con i semi immersi in una massa carnosa esuccosa;

brattea: foglia modificata con funzione di protezione;caducifoglie: pianta con foglie non persistenti, che cadono durante un determinato

periodo dell’anno;caldera: zona di collasso dell’edificio vulcanico a causa dello svuotamento progressivo

della camera magmatica;ceduo: (dal latino caedo = taglio) bosco soggetto a taglio periodico di utilizzazione

che si rinnova mediante la produzione di polloni cioè di fusti provenienti da

gemme presenti sulle ceppaie;cenosi: insieme degli organismi viventi in un determinato ambiente;ceppaia: porzione basale del fusto dell’albero;connettivo: tessuto che, nel corpo animale, protegge, sostiene e riempie;coriacea: di aspetto e qualità cuoiosa;corimbo: infiorescenza i cui fiori sono inseriti ad altezze diverse dell’asse principale,

ma che avendo peduncoli di diversa lunghezza, arrivano allo stesso livello(ombrella);

decidua: pianta che resta senza foglie durante una stagione;deiscente: frutto che a maturità si apre per liberare i semi;

dioica: pianta avente fiori unisessuali (maschili e femminili) su piante separate;disamara: frutto secco, indeiscente, formato da due parti provviste di un’espansionealare e contenenti ciascuna un solo seme;

drupa: frutto carnoso, con buccia membranosa e seme avvolto da uno strato legnoso(nocciolo);

edule: pianta, frutto o seme commestibile;eliofila: pianta che predilige ambienti luminosi ed assolati;matricine: piante di un bosco ceduo rilasciate al momento del taglio di utilizzazione

e scelte tra quelle da seme o fra i polloni migliori e più sviluppati alle quali èaffidata la rinnovazione sessuale del bosco;

mesofila: pianta con esigenze intermedie nei riguardi dell’ambiente;monoica: pianta che ha fiori unisessuali (maschili e femminili) sulla medesima pianta;osmosi: diffusione scambievole per correnti opposte di fluidi, attraverso una

membrana semi-permeabile che li separi;pubescente: coperto di peluria corta e morbida;racemi: infiorescenza formata da un asse principale allungato, sul quale sono inseriti

a diversa altezza numerosi fiori peduncolati (grappolo);relittuale: specie superstite di una popolazione un tempo molto diffusa e poi

scomparsa per variazioni climatiche ambientali;residuale: specie o cenosi superstite di una popolazione un tempo molto diffusa e poi

rarefatta per variazioni legate a modificazioni di tipo antropico;

samara: frutto secco, indeiscente, contenente un solo seme dotato di un’espansionealare che ne favorisce la diffusione per mezzo del vento;sciafile: piante tolleranti le basse intensità luminose capaci di vegetare all’ombra;sclerofille: piante con foglie coriacee;strobili: o coni, pseudofrutto con squame lignificate raggruppate in modo più o meno

compatto su un asse centrale;termofila: pianta che predilige climi caldi;xerofila: pianta resistente all’aridità del clima e del suolo.

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BIBLIOGRAFIA

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8/3/2019 Alberi to Parco Castelli

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