Gesualdo da Venosa

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Un progetto editoriale di elevato profilo, risultato di anni di ricerche e studi in tutta Europa, che ha coinvolto esperti di storia del Rinascimento, del costume, della moda e della musica

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© 2009 Luciano de VeneziaTutti i diritti riservatiNessuna parte di questo libro può essereriprodotta o trasmessa in qualsiasi forma ocon qualsiasi mezzo elettronico, meccanicoo altro, senza l’autorizzazione scritta deiproprietari dei diritti e dell’editore.

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GESUALDODA VENOSA

Fasti dimenticati

di un principe

del Rinascimento

A cura di

Orsola Tarantino Fraternali e Kathy Toma

Con un saggio di

Claudio Abbado

Contributi di

Adriano CavicchiTonino Garzia

Paolo Mascilli MiglioriniArmando MontefuscoGiuseppe A. Pastore

Antonio Tosini

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Con il patrocinio diRegione Campania

Provincia di Avellino

Fondazione Carlo Gesualdo

Il nostro più sincero

ringraziamento al maestro

Claudio Abbado

Si ringraziano

I Direttori degli Archivi di Statodi Napoli, Modena, Mantova,Avellino e il Prefetto dell'ArchivioSegreto del Vaticano; ed inoltre:Salvatore Abita; Angelo Andreotti;Raffaele Balsamo; ErmannoBellucci; Maria GraziaBernardini; Giuseppe Bettalico;Lorella Bigoni; Carlo Bertelli;Vanni Borghi; Marco Borella;VitoBozza; Marcello Brusegan;Annamaria Cafazzo; AlessandraChiappini; Petrica Codori; PierGiorgio Dall'Acqua; NicolettaD’Arbitrio; Francesco d'Avalos;Raffaele Della Vecchia; Rita DeLucia; Ezio Del Guercio; CiprianoDe Meo; Guido Di Capua; G. DiLorenzo; Generoso Di Meo;Christine Duvauchelle; BenitoFinazzer; Francesco Fornaro;Domenico Fraternali; GiuseppeGalasso; Cristina Garilli; EurideFregni; Roberta Iotti; AlessandroLai; Carlo Lanzoni; Crépin-Leblond; Isabelle L'Hoir;Massimo Maisto; Danilo Malagoli;Gian Ludovico Mazza; MarinaMinozzi; Armando Montefusco;Denise Morax; Giuseppe Muollo;Francesca Nardulli; EnricoPaltrinieri; Carmine Petruzzo;Marie Poulain; Stefania Ricci;Valentina Ricetti; Alberto Ronchi;Claudio Salsi; Bruno Santi;Gaetano Sateriale; EireneSbriziolo; Fernando Selvitella;Jana Sedlácková; Serena Sogno;Nicola Spinosa; Claudio Strinati;Lenka Svobodová; Flavio Toma

Violaf; Piero Tosi; FilippoTrevisani - Fondazione CRUI;Alessandro Veronese; GlennWatkins; Giuseppe Zampino;Carmine Zarra.

Le Collezioni Private

Thyssen-Bornemisza, Zurigo;Kreuzlingen, Ch;Borromeo, Isolabella, Stresa.

I Musei

Civiche raccolte d’Arte Applicatae incisioni, Milano;Musei Civici di Arte Antica,Ferrara;Museo di Konopiste, Rep.Cecoslovacca;Museo del Louvre, Parigi;Musée National de laRenaissance, Château d'Ecouen;Museo degli Strumenti Musicali,Milano;Museo Poldi Pezzoli, Milano;Rijksmuseum, Amsterdam.

Le Soprintendenze

Per il Patrimonio Storico,Artistico, Etnoantropologico diModena e Reggio Emilia,di Napoli e Provincia,di Brescia, Cremona e Mantova,di Potenza,di Avellino e Salerno, di Lucca eMassa Carrara.

Le Soprintendenze speciali

per i Poli Museali di Napoli,di Firenze, di Roma

Le Biblioteche

Ariostea Civica di Ferrara;Ambrosiana, Milano;Bibliothèque de France, Parigi;Estense di Modena;

Nazionale Marciana, Venezia;Nazionale, Napoli;S. e G. Capone, Avellino.

Un particolare ringraziamento:al Comune di Venosa;al Soprintendente per i BeniArchitettonici e per il Paesaggiodella Basilicata, Attilio Maurano;alla Principessa Bona Borromeo;a Lucia Giorgi per i ritratti dellefamiglie Lobkovicz, Pernstein, deLara, Acquaviva e dei Gonzaga diCastiglion delle Stiviere; aCristina Acidini, Soprintendentedel Polo Museale di Firenze.

La nostra particolare gratitudine,inoltre, va a Mario Bologna, LucioNapodano, Edgardo Pesiri,Barbara Vacca, Cecilia Valentino.

PROVINCIADI AVELLINO

con il sostegno di

GRUPPO BPER GRUPPO BPER

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Referenze fotografiche

Michele Calocero: 8, 217, 218, 219,220, 227, 228, 229, 230, 233, 235,249, 250, 254, 255; GiuseppeElefante: 194, 198, 199, 201, 202,203, 204, 210; Gianni Genova: 68,74, 75; Eduardo C. Grimaldi: 50,51, 214. Enzo Papa: 140, 141, 142,146, 147, 148, 149; Archiviodell’Arte Luciano Pedicini: 33;Flavio Toma Violaf: 26,27, 221.

Biblioteca Comunale Ariostea,Ferrara; Biblioteca Marciana,Venezia; Casa Editrice SKIRA;Casa Editrice S.P.E.S, Firenze;Castello Pirro del Balzo, Venosa;Chiesa di San DomenicoMaggiore, Napoli; Chiesa delGesù Nuovo, Napoli; Chiesa di S.Nicola di Bari, Summonte;Convento di Sant’Antonio, Ischia;Collezione Privata Thyssen-Bornemisza, Zurigo; Collezioneprivata, Kreuzlingen, Ch;Fondazione Querini Stampaliaonlus, Venezia; Galleria Borghese,Roma; Galleria Estense, Modena;Galleria Palazzo Ducale, Mantova;Galleria degli Uffizi, Firenze;ITIS, A.Righi, Napoli; Museo delLouvre, Parigi; Museo PoldiPezzoli, Milano; Museo degliStrumenti Musicali, CastelloSforzesco, Milano; Musei Civicidi Arte Antica, Ferrara; Museo diCapodimonte, Napoli; MuseoNazionale del Palazzo Venezia,Roma; Museo degli Argenti,Firenze; Museo Nazionale delBargello, Firenze; MuseoNazionale di Palazzo Mansi,Lucca; Museo di Konopiste,Repubblica Cecoslovacca; MuséeNational de la Renaissance,Château d’Ecouen; PalazzoBorromeo, Isola Bella, Stresa;Rijksmuseum, Amsterdam;Soprintendenza per i Beni

Architettonici ed il Paesaggio eper il Patrimonio StoricoArtistico, Demoantropologico diNapoli e Provincia;Soprintendenza per i BeniArchitettonici e per il Paesaggiodella Basilicata; Soprintendenzaper il Patrimonio Storico Artisticoed Etnoantropologico di Modenae Reggio; Soprintendenza per ilPatrimonio Artistico edEtnoantropologico di BresciaCremona e Mantova;Soprintendenza per i Beni StoriciArtistici ed Etnoantropologici diSalerno e Avellino;Soprintendenza per i BeniArchitettonici e per il Paesaggio,per il Patrimonio Storico,Artistico ed Etnoantropologicoper le Province di Lucca e MassaCarrara; Soprintendenze Specialiper i Poli Museali di Napoli,Firenze e Roma;

Pur avendo compiuto ogni sforzoper rintracciare i proprietari delleimmagini presenti nel volume,l’editore resta a disposizione deglieventuali aventi diritto perle fonti iconografiche nonidentificate

Consulenza e supervisione

scientifica, editoriale

e iconografica

Luciano de Venezia

Consulenza scientifica

Claudio MeoGiovanna Silvestri

Progetto grafico

Luciano de Venezia

Impaginazione

Studio de VeneziaValeria Figliolia, Luca Daniele

Stampa

Arti Grafiche Sud, Salerno

Finito di stampare nel mesedi marzo 2009 a curadi Luciano de Venezia,Via Casale 2083100 AvellinoPrinted in Italywww.gesualdodavenosa.it

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Per Gesualdo da VenosaClaudio Abbado

1. Il principe tra i principi, il principe musico

Orsola Tarantino Fraternali

1.1 Alla scoperta di Carlo GesualdoI ritratti di Carlo noti [Scheda], Kathy Toma

1.2 I primi anni1.3 L'ambiente, la famiglia e i genitori1.4 La formazione musicale1.5 Il prestigio della musica a Napoli

2. Carlo e Maria d’Avalos

Orsola Tarantino Fraternali

2.1 È tempo di dar moglie a CarloIl volto di maria tra leggenda e storia [Scheda], Kathy Toma

2.2 È in atto la tragedia2.3 La famiglia d'Avalos

3. La moda, palcoscenico del mondo

Orsola Tarantino Fraternali

3.1 Fasti dimenticati3.2 Il tempo dei divertimenti3.3 Nuove tendenze e innovazioni nella moda

femminile3.4 Percorso della moda maschile

4. I gioielli di casa Gesualdo

Kathy Toma

4.1 Iconografia tra fiaba e mondo reale4.2 Amori, legàmi e potere: i gioielli raccontano

5. Carlo e Leonora d’Este

Orsola Tarantino Fraternali, Kathy Toma

5.1 La solitudine di un principe5.2 «Negotii» per un secondo matrimonio5.3 Leonora d’Este, il suo ambiente di vita, la musica

Veri e falsi ritratti di Leonora[Scheda], Kathy Toma

5.4 Il soggiorno ferrareseUn’armatura per Carlo [Scheda]Kathy Toma, Orsola Tarantino Fraternali,

Antonio Tosini

5.5 Carlo, Leonora e Alfonsino

6. Estinzione di un casato

Orsola Tarantino Fraternali, Kathy Toma

6.1 Lo spettro della morte, la musica come testamento6.2 L’erede Emanuele

7. Una galleria di personaggi

Orsola Tarantino Fraternali

8. I luoghi di Carlo: Venosa

Orsola Tarantino Fraternali

8.1 Brevi cenni storici sulla costruzione del castello8.2 Ipotesi di un percorso

9. I luoghi di Carlo: Gesualdo

Orsola Tarantino Fraternali

9.1 Carlo nel castello di GesualdoIl Castello di Gesualdo [Scheda]Paolo Mascilli Migliorini

9.2 Ipotesi di un percorso

Il Castello di Taurasi [Scheda]Paolo Mascilli Migliorini

De soni e voci, l’angoscia come contrappunto

Kathy Toma

Approfondimenti

Il Mito europeo di Carlo assassino, Kathy Toma

Il Fileno, Kathy Toma

Note storiche su Venosa, Tonino Garzia

Gesualdo a Ferrara, Adriano Cavicchi

Appendici

Inventari d’archivio, Orsola Tarantino Fraternali

Alberi genealogici delle famiglie Gesualdo,d’Avalos, EsteArmando Montefusco

Indice dei nomi

Indice

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“Carlo, il vostro leon c'ha nero il vello”

[T. Tasso, Rime]

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capitolo 1Orsola Tarantino Fraternali

1.1 / Alla scoperta di Carlo Gesualdo

È ancora valido il giudizio di G.F. Malipiero, se-condo il quale «è assolutamente necessario nonpensare a Carlo Gesualdo principe di Venosa uo-mo, se vogliamo ascoltare serenamente i suoimadrigali»?1

Chi scrive condivide poco questa affermazione,le pagine di questo volume sono dedicate innan-zitutto all’uomo Gesualdo, al suo quotidiano e alla(ri)scoperta di una vita densa di genialità, gioiee grandi drammi, come di immensa solitudine esofferenza.Una vita principesca, vissuta a cavallo tra il ‘500e il ‘600, in una cornice di grande fasto, da unuomo che era prima di tutto un aristocratico,fiero di sé e, quel che più conta, ben conscio delsuo genio musicale, deciso a coltivarlo oltre ognievento della propria esistenza.Ricchissimo, forse il nobile più ricco dell'interoRegno di Napoli, proprietario di uno Stato conmoltissimi (cento) feudi tra il Principato Ultra,il Principato Citra e la Basilicata, Gesualdo eral’unico discendente di Roberto il Guiscardo,Grande di Spagna, nipote di papa Pio IV e di car-dinali potenti, imparentato con tutte le famiglienobili del Regno di Napoli, d’Italia e perfino diBoemia, tuttavia personaggio dal carattere intro-verso, isolato nello smisurato orgoglio del suocasato, in preda a tensioni esistenziali che trove-ranno unica risoluzione nella musica.Ammirato dai suoi contemporanei comemusicista2, fu quasi del tutto ignorato nei secolisuccessivi, salvo poche eccezioni3.Vilipeso da una letteratura morbosa e decadente,

sull’uomo è stata tessuta una lunghissima tela dicattiverie e di offese, oltre che di clamorose ine-sattezze storiche, dalla quale non è stato facileuscire.I miti, si sa, hanno vita lunga. Drammaturghi,cineasti, narratori, si sono lasciati prendere dalfascino distorto del principe uxoricida-perverso-demoniaco, perfino dedito a pratiche magiche.Nel corso dei secoli si è preferito indugiare sullamorbosità, anziché sulla genialità. Pocal’attenzione alla sua musica, certo più difficile dacomprendere dal vasto pubblico4, pochi, ancoraoggi, i dettagli sul suo privato.È pur vero che Carlo ha lasciato poche tracce tan-gibili di sé e della sua vita. Una spessa coltre ri-copre la sua figura storica e quelle dei suoi fami-liari, poche e scarne notizie si hanno delleAccademie, dei suoi concerti, della sua musica

reservata. La stessa corrispondenza, le letterescritte di proprio pugno e quelle affidate ai suoisegretari, hanno un’impronta di formalità e unariservatezza che non aprono alcuno spiraglio suisuoi veri sentimenti (particolarmente significa-tiva è la difficoltà nel conoscere il suo volto e nelreperire suoi ritratti noti, come raccontato nellepagine successive).Dar colore a questo “mondo in bianco e nero” è,dunque, l’obiettivo di questa ricerca, che intendericostruire, anche visivamente, un’atmosfera cre-dibile della sua vita, mettendo in luce tanti ele-menti trascurati dalla storia e dal tempo, sullabase di fonti archivistiche, immagini, ritratti,cercando di dissipare, almeno in parte, la spessanube di piombo che da secoli si è abbattuta sulprincipe e la sua breve vita.

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Nonostante non sia stata maieffettuata una seria ricercaiconografica che restituisca la verafisionomia del principe di Venosa,fatta eccezione per la Pala delBalducci, il suo volto vieneindividuato, da sempre, in stampee quadri che corredano lebiografie ufficiali.

Giovanni Balducci(Firenze 1560-?)La Pala del Perdono (1609)Chiesa del convento di SantaMaria delle Grazie, Gesualdo

La grande pala oratoriale delBalducci suscita emozione perchécontiene l’unico ritratto finorariconosciuto di Carlo Gesualdo.I precedenti studi la attribuivanoa Silvestro Bruno (o Buono), o aGirolamo Imparato, cheavrebbero affrescato il Castello diGesualdo, ipotesi sfatata dopo lapulitura-restauro della pala nel1989, che restituiva il nomedell’autore e la sua datazione.Il Balducci fu, d’altronde, unpittore molto stimato dal cardinaleAlfonso Gesualdo, zio di Carlo, chegli commissionò affreschi per ilduomo di Napoli ed il suo stessoritratto.Nella pala di Santa Maria delleGrazie il principe appare nellaparte inferiore a sinistra, di trequarti, avvolto in un grandemantello nero alla spagnolasormontato da una candidagorgiera. È in ginocchio, le manigiunte, sotto il braccio protettoredello zio Carlo Borromeo, che loindica alla Corte Celeste, verso laquale si eleva la preghiera di Carloe quella di sua moglie Leonora, sullato destro del quadro, per un attodi clemenza che salvi le loro animedalle vanità del mondo.In alto, la Corte Celeste completala grande composizione, con lafigura della Maddalena che èl’unica a rivolgere lo sguardo versogli oranti, mentre di fronte staSanta Caterina, gli occhi fissi allaluminosità del Cristo, cui fanno

corona San Francesco e SanDomenico, l’arcangelo Michele ela Vergine Maria.Al centro della composizione unbambino si libra con le sueangeliche ali, lontano dallefiamme purgatoriali. Potrebbeessere il piccolo Alfonsino, figliodi Carlo e Leonora, morto nel1600 a soli cinque anni.Un’altra versione, che non ha maitrovato riscontro, vorrebbe che ilbambino rappresentato fosse ilfrutto dell’adulterio di Mariad’Avalos, prima moglie di Carlo,ma è assolutamente certo che ledue vittime, Maria d’Avalos eFabrizio Carafa, non ebberonessun figlio illegittimo.Un’ulteriore versione popolare havoluto vedere nella pala lariconciliazione di Carlo con ilfiglio Emanuele che, fino adallora, gli era stato ostile per averloprivato dalla madre.È opportuno segnalare unadifferenza di stile fra la partesuperiore della pala, di raffinatafattura, e la parte inferiore,probabilmente dovuta al fatto chespesso in quell’epoca le operevenivano portate a termine daicollaboratori di bottega.

I ritratti di Carlo noti

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“Volan quasi farfalle

Ai vostri almi splendori

Bella, donna, pargoletti amori [...]”[C. GESUALDO, Madrigali, VI, 18]

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Autore ignotoRitratto di Carlo GesualdoCollocazione ignotaTratto dal libro di Cipriano deMeo: La città di Gesualdo, p. 113,il Calamaio, Roma 1996

In questo dipinto il principe èrappresentato di tre quarti, finoalla vita, con le mani che siappoggiano su un tavolo, reggendoun libro semichiuso.

In questa tela il viso si staglia suuna gorgiera bianca, portata su ungiubbone semplice, di velluto nero.Dalle maniche escono lunghecandide mani, incorniciate da unsemplice e corto polsino bianco.La figura è disposta su di unosfondo color verde acqua, recantein alto a destra la dicitura: Dominus

Carolus Gesualdus Venusii Princeps

Compsae Comes VIII. La parte destradel quadro sembrerebbe tagliata oricoperta, un tempo, da unacornice che ne nascondeva unpezzo. Infatti la lettera u dellascritta Gesù, come il ps alla fine diprinceps, spariscono e l'estremitàdella mano sinistra e la partesuperiore del libro sono tagliate.L'insieme dei lineamenticontribuisce a restituireun’espressione aristocratica,risaltano il pallore del principe el'espressione malinconica, giànotati nel 1594 dal conteFontanelli, quando lo vede per laprima volta, il 18 febbraio.Gesualdo è leggermente stempiato,porta i baffi e la barbaaccuratamente tagliata, che fa dacornice a un personaggio pallido,saturniano, con la presenza dellibro tra le mani che indical'intellettuale, o il musicista.Per quanto offra un ritratto piùdettagliato e una maggior nitidezzasui lineamenti del principe Carlo,nulla si sa di questo dipinto. Se cisi basa sui quadri elencatinell’inventario del castello diGesualdo, troviamo un’indicazionedi: «Dui ritratti delli […] mi pad.nia mezzo busto, cornice intagliata etindorata […]». Questo potrebbeessere uno dei due.

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Autore ignotoStampa allegorica del XVII secolo.Tratta da A. Consiglio, Gesualdoovvero Assassinio a cinque voci,Arturo Berisio, Napoli 1967

La stampa allegorica del XVIIIsecolo riprodotta nel libro di A.Consiglio presenta tre figuredentro ovali sormontati da lauro.Gesualdo «Prin. della Venosa» ciappare in compagnia di due altrimusicisti: Guido d'Arezzo eBenedetto Gio. Miers, unfiammingo.Carlo è di profilo, a mezzo bustocome in una medaglia, con undavantino a sbuffi e una giacca daigrossi bottoni.

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Francesco ManciniRitratto (1875)Conservatorio San Pietro aMajella, Napoli

Il ritratto, chiaramente inspiratoalla stampa allegorica del XVIIIsecolo, è segnalato da Cecil Gray ePhilip Heseltine, con uncommento di Salvatore Di Giacomoche mette in dubbio che si tratti diCarlo. Ulteriore menzione vienefatta da Glenn Watkins con lo

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stesso dubbio che si possa trattaredel principe musico. Il personaggiopaffuto con baffi ed uno stranopizzetto non ha nulla a che vederecon la fisionomia di Carlo ritrattasulla pala di Gesualdo.Stilisticamente il vestito e lapettinatura hanno qualcosa di postnapoleonico.

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Autore ignotoMadonna della Neve, XVI secoloChiesa di San Nicola, Gesualdo[Archivio SoprintendenzaBAPPSAE - Salerno e Avellino]

“Ave Dulcissima Maria”

[C.GESUALDO, Sacrae Cantiones, I, 3]

Al di sotto della Madonna con ilbambino, circondata da putti alati,Carlo è rappresentato in piedi sulladestra, con le mani giunte, alseguito di una processione guidatadal papa Sisto V e dal cardinaleAlfonso Gesualdo. Accanto ha la suabionda sposa, sulla cui identità cisi soffermerà più avanti, con il voltoinclinato sotto un leggero veloazzurro, avvolta in un mantelloorlato di ermellino. Entrambiassistono al miracolo dellaMadonna della Neve.Carlo qui appare con i capellilunghi divisi sulla fronte, senzabarba ma con un pizzetto sottile.Porta una gorgiera semplice, su ungiubbone e brache nere con calzein tinta violacea, armonizzate colcolore delle scarpe. In petto unacroce d'oro, nel cinturino vienemantenuta una spada da fianco, ilcui pomo è dorato e cesellato.Il dipinto offre l'immagine di ungiovanissimo uomo. Considerandola data di morte di Sisto V (1590)si dovrebbe poter datare il quadro

prima del 1590, Carlo avrebbeavuto tra i 20 e 24 anni e lafisionomia corrisponde a quellaetà. Osservando attentamente ilviso di Carlo rappresentato sullapala di Giovanni Balducci, siscorgono delle grandi similitudininell'espressione e nei lineamentidella fisionomia: stessa boccamolto piccola, naso fine e lungo estesso arco delle sopracciglia.

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Altri ritratti di CarloSecondo alcuni sarebbe esistito unbusto raffigurante Carlo Gesualdo,citato da Catone nel 1840, da CecilGray e Philip Heseltine nel 1926,di cui si è persa traccia.Altri individuano Carlo anche conil re Davide, circondato da musici,raffigurato nello stucco del soffittodel coro del S.S. Rosario di Taurasi,luogo della sua infanzia.La tesi sarebbe avvalorata anchedalla ricorrenza dell’immagine delRe David in altri luoghi legati allamemoria del principe, primo tratutti il suo monumento funebrenella Chiesa del Gesù Nuovo aNapoli.

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1.2 / I primi anni

“Alta prole di regi eletta in terra[…]”[T. TASSO, Rime]

Carlo nacque a Venosa, l’otto marzo del 1566, daGeronima Borromeo e Fabrizio Gesualdo5, VIconte di Conza.Fu il terzo ed ultimo principe del casato, dopo lamorte del fratello primogenito Luigi, nel 1584, edel padre, nel 1591: con la sua scomparsa e quelladella nipote Isabella, figlia di Emanuele e suaultima discendente, il casato si estinse.La sua famiglia disponeva di un vastissimo terri-torio di feudi che, grazie ad un’abile politica ma-trimoniale, divennero, soprattutto nel XV secolo,un vero e proprio Regno, con uno Stato feudaleche si estendeva tra l’Irpinia, il Salernitano e laBasilicata. Nel XVI secolo il già imponente com-plesso feudale del Regno si ampliò ulteriormentecon l’acquisto del possedimento di Venosa. Ilnonno di Carlo, Luigi IV, che aveva sposato laricchissima Isabella Ferrella, acquistò la città e,nel 1561, fu investito del titolo di principe diVenosa, trasmissibile agli eredi, per disposizionedi Pio IV e del re Filippo II di Spagna.

Merito di tanto onore fu dovuto sopratutto almatrimonio tra Fabrizio Gesualdo e GeronimaBorromeo, nipote di papa Pio IV, nonché sorelladi Carlo, futuro santo. Lo stesso Alfonso Gesualdo,fratello di Fabrizio, fu ricompensato con la por-pora cardinalizia, a soli ventuno anni, per averportato a termine una simile unione. I Gesualdoerano ormai entrati a far parte dei casati più illu-stri del territorio italiano.L’infanzia e l’adolescenza di Carlo restano poconote, né è possibile ricavare dalla corrispondenzala minima informazione sul trascorrere della suavita quotidiana. Le sue lettere ebbero sempre untono assolutamente formale, fatto di un linguaggiocriptico che non ha consentito a nessuno di pe-netrare nel suo mondo. Molto lavoro resta ancorada fare negli archivi per tentare di acquisire co-noscenze che facciano finalmente luce sul periodoinfantile, sui suoi precettori, i suoi ambienti divita e la sua formazione, dal 1566, anno dellanascita, alla prima data di cui si ha notizia, il15856.Di certo la prima infanzia del principe fu vissutatra l’Irpinia, Napoli e Roma. Sappiamo che a pochimesi dalla nascita, nel dicembre del 1566, Carloera nel castello di Taurasi con la mamma, comesi rileva da una lettera del padre Fabrizio a CarloBorromeo, nella quale il principe rassicurava suocognato sullo stato di salute di Geronima e deibambini7. La famiglia era ritornata da Venosa,dove i rapporti tra Fabrizio e suo padre Luigi sierano fatti notevolmente tesi.Anche il maestoso ed imponente castello turritodi Calitri aveva accolto il principe Fabrizio, Gero-nima ed i bambini, tra il verde delle montagne edelle valli altirpine, ed è qui che da piccolissimoCarlo imparò ad amare i cavalli e la caccia.La famiglia Gesualdo disponeva, infatti, di unaricchissima cavallerizza8 accanto al castello, oltrealle altre scuderie dei castelli di Gesualdo, Taurasie Venosa, in Basilicata. Il nonno Luigi IV e suopadre Fabrizio amavano selezionare prestigioserazze di cavalli come tante famiglie principescheitaliane, anche per donarli o scambiarli con mem-bri di famiglie nobili con cui si andavano impa-rentando. Carlo continuerà ad arricchire gli alle-vamenti di famiglia con i puledri delle razze piùpregiate. Perfino nel suo testamento ribadì congrande fermezza la volontà che mai venisse ven-duta o alienata «la sua stalla di giovenche», e chei «polledri et cavalli» venissero salvati e conser-vati «per memoria della famiglia», come già suopadre aveva stabilito prima di lui.

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La morte della madre, nel 15739 , segnò profon-damente l’esistenza del piccolo principe e loconsegnò, a soli sette anni, allo zio cardinaleAlfonso, che lo portò a Roma insieme al fratelloLuigi10, affidando entrambi alle cure di precettoridi fiducia nei seminari del Vaticano, verosimil-mente maestri di musica e di lettere di grandeprestigio, che circondavano l’alto prelato. Fu daRoma che il piccolo scrisse al fratello della madre,Carlo Borromeo, per informarlo sulla sua «edu-cazione alla virtù»11 ed è presumibile che entram-bi gli zii abbiano vigilato attentamente alla for-mazione dei due nipoti.

1.3 / L’ambiente, la famiglia e i genitori

La mamma, Geronima Borromeo, nipote di papaPio IV , nacque nel 1542, da Margherita de' Medicie Giberto Borromeo, nella Rocca di Angera sulLago Maggiore12, come i suoi due fratelli, Carlo,cardinale, poi arcivescovo di Milano e futurosanto (1538-1584) e Federico (1535-1562).Geronima, rimasta orfana della mamma in tene-rissima età, fu destinata dai fratelli alla monaca-zione, e visse in convento nella più rigorosa ob-bedienza, soprattutto al fratello cardinale. Fuancora per obbedire alla volontà dei fratelli chesciolse i voti per sposare, con una sontuosa ceri-monia a Roma, tra cardinali e dame dell’alta ari-stocrazia, Fabrizio Gesualdo, noto per il «GranCognome» e per le sue sterminate ricchezze nelRegno di Napoli. Era il 16 maggio 1562.Il suo “sacrificio”, il matrimonio, l’abbandonodel convento e del suo mondo milanese, furonodeterminanti nell'ascesa sociale dei Gesualdo,che furono investiti del titolo di principi di Venosa.

Geronima si dedicò, tra Venosa, Taurasi e Napoli,alle cure dei figli Luigi, Carlo, Isabella e Vittoria.Diede loro una severa formazione cristiana e unasolida disciplina morale e seppe legarli di unprofondo affetto con lo zio Carlo, prelato digrande spiritualità, riformatore della disciplinadel clero romano, che seppe assicurare il successodella Controriforma in Italia.Geronima mantenne una fitta corrispondenzacol fratello, sognava di poter un giorno mandareil suo Carlo a Roma affinché «da lei potesse pi-gliar quel esempio di virtù che fa meravigliar ilmondo, per che stando qui mi temo che nonriuscirà molto a suo contento pur c'atenderò conogni diligencia»13 e questi le faceva recapitaredei testi spirituali per alimentare la sua fede re-ligiosa e confortarla nella sua solitudine14.Un profondo legame si instaurò tra il giovane

Gesualdo e la famiglia dei Borromeo, imparenta-ta, grazie ad una oculata politica matrimoniale,con le famiglie più potenti e ricche d’Italia comei Gonzaga, i Colonna, i della Rovere, gli Hohe-nems. La morte della madre accentuò ulteriorenteil rapporto di affetto e intensa spiritualità con lozio Carlo Borromeo, al quale fu legato tutta la vita.All’indomani della sua scomparsa si spese inten-samente per riceverne una reliquia, manifestandol’intenzione di erigere una cappella facendo pres-santi richieste al cardinale Federigo. Ed infattiuna cappella dedicata al Santo la si trova annotatae descritta nei tre apprezzi del castello di Venosa,eseguiti dai Tavolari nel 1635, 1696 e 1713.15

Ma l'uomo che più di tutti si occupò del destinodell’ultimo fragile erede del gran casato dei Ge-sualdo fu lo zio Alfonso, anch’egli personaggio diprimo piano nella gerarchia ecclesiasticadell’epoca.All’ombra della protezione di papi come Pio IV,Pio V, Gregorio XIII (Ugo Boncompagni, fonda-

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tore del Collegio Romano e riformatore del ca-lendario) Sisto V, Gregorio XIV e Clemente VIII,fece una brillante carriera: cardinale diacono,sin dal 1561, poi cardinale con berretta cardina-lizia; arcivescovo di Conza nel 1563 e, più tardi,cardinale decano del Sacro Collegio e protettoredel Regno di Napoli, in rappresentanza della Spa-gna. Nominato arcivescovo di Napoli da ClementeVIII, nel 1596, si impegnò con grande rigorenell'applicazione dei decreti tridentini16. Fondòil Pio Monte della Misericordia, nel quale è an-cora oggi custodita la splendida opera di Caravag-gio Le Opere della Misericordia. A tal proposito nonc’è da stupirsi se nell’inventario del castello diGesualdo troviamo registrato un quadro del Sal-

vatore di Caravaggio; è probabile, infatti, che unlegame esistesse tra i Gesualdo e il grande pittoreitaliano.Il clima ecclesiastico di casa Gesualdo ha lasciatosupporre ai vari biografi che Carlo fosse destinato,in quanto cadetto, alla vita religiosa, ma il prin-cipe non prese mai i voti, né fu mai cardinaleperché fece della musica la sua dottrina teologicaed in questa riversò tutto il suo mondo interiore,le sue riflessioni sulla condizione dell’uomo e lasua fragilità nel nuovo clima della Controriforma.Forse è proprio nella sua musica che si può leg-gere una visione dell’uomo nuovo che non ha piùdogmi e per il quale le parole-chiave sono: soli-tudine, incertezza, impotenza, secondo la poeticache Vittorio Sermonti17 e Luca Francesconi pen-sano di poter riscontrare in lui. Certamente ilsoggiorno romano consentì a Gesualdo di cono-scere i molti musicisti al seguito dello zio e diascoltare musica in un ambiente di grandissimoprestigio come quello del Vaticano.

1.4 / La formazione musicale

“Ne reminiscaris Domine delicta nostra”[C. GESUALDO, Mottetto, 1585]

Pur mancando notizie approfondite sulla forma-zione musicale giovanile di Gesualdo, sappiamoper certo che l'ambiente napoletano fu ricchissi-mo di stimoli e occasioni di crescita.Lo stesso padre Fabrizio, secondo Jean de Macquedotato «della perfetta cognizione della TeoriaMusicale, oltre tante scienze, et greche et latine»,fu grande amatore di musica, al pari di altri prin-cipi italiani e stranieri, o dei nobili della sua città,organizzatori di una vita culturale intensa, nellaquale la musica fu parte fondante nelle feste, neibanchetti, nei tornei. Non di rado personaggi dispicco dell’aristocrazia del tempo furono solitimantenere delle vere e proprie corti di musicisti,una propria cappella e luoghi di produzione edesecuzione musicale.Carlo visse un intenso periodo di formazionemusicale nel palazzo grande di Napoli acquistatodal padre, che oggi purtroppo non esiste più, nelquartiere di Santa Maria La Nova, situato in unodei Seggi più prestigiosi di Napoli, quello diNido18.Il clima culturale e musicale che Fabrizio seppecreare nelle relazioni della vita quotidiana, a cuinon furono estranei i viceré come Pedro Gironde Ossuna e Juan de Zuñiga, conte di Miranda,nel cuore del centro storico della città, dove abi-tavano le grandi famiglie del Regno di Napoli, daiCarafa ai Gravina, ai Bisignano, ai Filomarino,influì moltissimo sulla formazione umana e cul-turale del figlio giovanetto, consentendogli di

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“[…] che nel silentio ancor son voci e prieghi”

[C. Gesualdo, Madrigali, II, 6]

Anche se date mescalina o hascisc ad una qualsiasipersona, non si metterà a scrivere come HenriMichaux o come Baudelaire; non è per via dellafollia che Van Gogh arriva all’espressività tumul-tuosa e vulcanica del colore, e non è perché Ge-sualdo ha assassinato la bella moglie traditriceche diventa un geniale musico.Artista si nasce e le vicende umane possono tutt’alpiù approfondire la ferita iniziale da cui sgorgaogni creazione, quel «pianto – di cui parlava Mo-digliani – per l’impossibilità di poter raggiungerele stelle».Gli artisti contemporanei di Carlo hanno ricono-sciuto la sua grande originalità e le loro dedichelo evidenziano ampiamente: quelle di un Luzza-schi o del Nenna, gli apprezzamenti di un Mon-teverdi, di Emilio de’ Cavalieri1, di ScipioneCerretto2, del Blancanus3, come l’amiciziadell’Arlotti4 e quella del conte Fontanelli5.La notevole dedica al principe di Venosa di untrattato di acustica del 1594 (De Soni e Voci)6 daparte di Vincenzo Rondinelli da Lugo, allorchéCarlo si recò a Ferrara per sposare Leonora d’Este,da cui si è preso il titolo per questo nostro studio,è molto significativa della grande considerazionedi cui godeva il principe e ci ricorda l’ambientecolto e raffinato nel quale viveva, il suo interesseper la filosofia e le scienze, oltre che per la poesiae la musica.La ricerca di Gesualdo di una musica al di là delsuono, continua ad affascinare gli artisti ancora

oggi nel XXI secolo pur con molte vicissitudiniattraverso i secoli. Come fa notare Glenn Watkins7

nell’epilogo di Gesualdo The man and his music,la critica si è praticamente focalizzata nel temposolo su sei madrigali. Il miracolo è che, nonostan-te questo, la fama del compositore ha attraversatoi secoli per giungere fino a noi, mentre la suamusica sacra era caduta nel più completo oblìo.Dobbiamo la riscoperta di Carlo Gesualdo a Stra-vinskij e appunto al musicologo Glenn Watkins,che fece un lavoro pionieristico con la sua fonda-mentale pubblicazione su Gesualdo e realizzòinsieme a Wilhelm Weissmann l’impresa gigan-tesca dell’edizione dell’Opera Omnia di Gesualdo,oggi purtroppo fuori stampa.A due riprese, nel 1956 e nel 1959, Stravinskij,affascinato dal compositore gesualdino, effettueràdei “pellegrinaggi” proprio nella terra di Carlo,a Gesualdo8 e negli altri luoghi a lui cari.

“De Soni e Voci”

L’angoscia come contrappunto.

Carlo Gesualdo o la voce del silenzio

Kathy Toma

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L’introduzione al libro di Watkins, scritta di suopugno, non a caso è ricca di informazioni sia sullavita di Carlo che sulle sue opere: dopo aver com-pletato parti mancanti a tre “mottetti” del Gesual-do (Illumina nos, Da Pacem e Assunta est Maria),nel 1960 compone inoltre il Monumentum pro

Gesualdo, utilizzando tre madrigali di Carlo(Asciugate i begli occhi, Beltà poichè t’assenti e Poichè

l’avida sete). Questa opera strumentale dovevacommemorare i quattrocento anni dalla nascitadi Gesualdo, che si pensava fosse avvenuta nel1560, invece che nel 1566, l’8 marzo a Venosa,come hanno invece rivelato documenti scopertirecentemente9.Più vicino a noi, nel 1999, il compositore Salva-tore Sciarrino realizzerà, nella sua opera Le Voci

sottovetro, delle trascrizioni di brani del Gesualdo,in particolare: Gagliarda del Principe di Venosa, Tu

m’uccidi o crudele, Canzon francese del Principe,Moro, lasso, al mio duol. Lo stesso compositore,nella musica per i pupi siciliani dello spettacoloTerribile e spaventosa storia del Principe di Venosa

e della bella Maria, riprenderà anche Tu m’uccidi,

o crudele. Pure Pino Daniele citerà Carlo nel suoCD Medina, mentre Tino Tracanna e CorradoGuarino offriranno rivisitazioni in chiave Rocke Jazz di varî madrigali di Carlo, nel loro CD inti-tolato Gesualdo.

Cenni sul madrigale

Il madrigale, una delle prime forme di musicapolifonica profana, nasce a Firenze dalla tradi-zione dei canti carnascialeschi del medioevo e,nella cerchia dei Medici, acquista attorno al 1520-30, sotto l’influenza del petrarchismo, la suaimportanza anche nella sfera della nobiltà. La suaforma musicale – convergenza del mottetto (diorigine sacra) con la frottola (composizione po-polare a due o tre voci) – evolverà successivamen-te, tra il 1500 e il 1600, sotto l’influsso dellapolifonia fiamminga, diventando il campo diesperimenti vari. Sul piano della metrica edell’organizzazione strutturale, assume delle for-me di una grande libertà, che possono oscillaretra otto e quattordici versi, inizialmente endeca-sillabi, in alternanza, più tardi, con settenari,spesso in terzine rimate.Nel madrigale rinascimentale si assiste allo svi-luppo dell’effusione personale attraverso nuoverelazioni fra parola e suono, come già negli scrittidel Bembo, in cui si esprime l’individualismorinascimentale: l’uomo si libera dai suoi affetti,la musica diventa “visiva”.

Le note basse o curve melodiche discendenti conritmi più lenti, da lamento, diventeranno le pro-tagoniste espressive del dolore e della tristezza,mentre gioia e luce si esprimeranno su una tavo-lozza chiara di suoni più alti e con successioni dinote più rapide, in salita.Saranno i compositori fiamminghi scesi in Italia,come Willaert e Cipriano De Rore, a conferire aquesta forma poetica e musicale un carattere col-to, mettendo in risalto l’espressività del testo, infunzione delle inflessioni dell’affettività, am-pliandola grazie alla loro raffinata arte polifonica.Ferrara – con la presenza di questi musicisti fiam-minghi insieme a Giaches de Wert, Marenzio eLuzzaschi – si trova nel cuore della produzionemadrigalistica, come Venezia, che diventa, attor-no al 1540, il centro più importante per l’edizionedei madrigali.Con Giaches de Wert (che frequenterà la brillantecorte irpina di Maria de Cardona) si assiste aduna specie di crescendo dell’espressività: è statolui ad aver spinto la forma del madrigale versouna forma di espressionismo con contrasti rit-mici in funzione del significato dei sentimentiespressi, alterazioni e progressioni cromatiche10.Ed è molto probabile che l’influenza della polifo-nia fiamminga sia giunta fino a Carlo Gesualdoin un modo molto diretto, tramite Jean de Macqueche era stato alla corte di suo padre Fabrizio11.

Il madrigale nell’opera di Carlo Gesualdo

All’epoca di Carlo Gesualdo, la musica è riservataad una élite che spingerà la tradizione madriga-lesca in particolare, anche se nutrita di fonti po-polari come la frottola, la villotta, la chanson pari-

sienne, a delle vette musicali di estremasofisticazione, nell’ambito della “Musicariservata”, come messo in evidenza da WilhelmWeismann12, e sarà Carlo a spingere “la formamadrigale” alla sua dissoluzione13.Gesualdo è considerato, da molti musicologi emusicisti, all’apice di una lunga evoluzione. Comeafferma Hubert Meister14: «Dopo di lui, né ilcontrappunto, né l’armonia, né la declamazionemelodica e ritmicamente elaborata, né l’ampiezzadello spazio sonoro, né la condotta delle partinella loro elasticità o nei salti bizzarri usati infunzione espressiva, né l’arte della variazionecontinua, e neppure la possibilità di contrasti,saranno suscettibili di un’ulteriore intensifica-zione».Attraverso i sei Libri di madrigali prodotti daCarlo, si assiste ad un crescendo dell’espressivitàe delle dissonanze. Interessante constatare che

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la struttura del madrigale viene conservata immu-tata dal I fino al VI Libro, come osservato daWeismann15.All’apparente felice spensieratezza del I Libro, faseguito un infittirsi progressivo della densitàespressiva; a partire dal III Libro si diradano sem-pre di più i testi allegri fino ai gridi straziantilanciati negli ultimi Libri (V-VI). Luci serene e

chiare del IV Libro, su una poesia dell’Arlotti co-struita su tre terzine, costituisce una luminosis-sima eccezione a questa drammatica progressione,un momento di grazia, di felicità, forse dovuta allapresenza di Leonora d’Este, come l’ultimo madri-gale a sei voci in chiusura di questo IV Libro: Il sol

qualor più splende, meravigliosa dedica d’amore.Conviene anche segnalare, nel IV Libro, la pre-senza impressionante di un “unicum”, l’unicomadrigale sacro di tutta la raccolta, Sparge la morte

al mio Signor nel viso, premessa alle composizionisacre che seguiranno: i “mottetti sacri” delle Sa-

crae Cantiones e i Responsoria.Questi cenni permettono di capire la cura con laquale viene elaborata tutta la raccolta, in un modoarchitettonico in cui tutti gli elementi concorronoall’effetto generale.

Le edizioni

Fra il 1594 e il 1611, Carlo compone 125 madrigaliraccolti in sei Libri e segue personalmente la loroedizione. Nel 1594 vengono pubblicati a Ferrara,da Vittorio Baldini, il II e il I Libro dei Madrigali

a cinque voci, a cura di Scipione Stella, musico diCarlo che dal Sud lo aveva accompagnato a Ferraraper il suo matrimonio con Leonora d’Este.La dedica di Stella ci rivela l’esistenza diun’edizione precedente dovuta a GioseppePilonij16, di cui purtroppo se ne è persa traccia.Strano anche che il II Libro fosse stato stampatoprima del I Libro.Sempre dal Baldini, verranno pubblicati il III e ilIV Libro, rispettivamente nel 1595 e nel 1596, acura di Ettore Gesualdo17.Quando Carlo, accompagnato dal fedele Fontanel-li, riparte da Ferrara per ritornare nei suoi feudi,passa prima a Venezia (maggio-giugno 1594), unodei centri italiani più importanti nel campodell’editoria. Sarà l’occasione per allacciare con-tatti col Gardano che, dopo il Baldini, stamperàmolte sue opere, in particolare i Madrigali a cinque

voci, facendo un’inversione tra il I e il II Libro(edizioni del 1603, 1607, 1613 ed edizioni postu-me).Sarà con i tipi del napoletano Costantino Vitaleche pubblicherà invece, nel 1603 – anno della

morte dello zio, il cardinale Alfonso Gesualdo –,le Sacrae Cantiones (in due volumi composti dadiciannove “mottetti sacri” a cinque e venti“mottetti” a sei e sette voci). Un’anno dopo, nel1604, lo stesso Costantino Vitale pubblicherà unaristampa dell’edizione del Baldini di Ferrara delSecondo Libro dei Madrigali a cinque voci.Mentre nel 1611, sarà nella stamperia itinerantedi Giovan Giacomo Carlino, installata nel castellodi Gesualdo, che Carlo, assistito da Don Gio. PietroCappuccio, farà stampare i due ultimi Libri deiMadrigali a cinque voci, il V e VI, e la sua ultimaopera sacra, i ventisette Responsoria et Alia ad

Officium Hebdomadae Sanctae Spectantia a sei voci.La pubblicazione della Partitura delli Sei libri de’

Madrigali a cinque voci, stampata dal Pavoni a Ge-nova a cura dell’organista Simone Molinaro, av-viene nel 1613, e dunque finora non è stato possi-bile sapere se Carlo ne avesse ancora presoconoscenza prima della sua morte.Fra le edizioni postume dei Madrigali, si segnalaquella di Ambrosio Magnetta di Napoli, del 1626,una raccolta di solo madrigali a sei voci di cui èrimasta solo la parte del Quinto, con la commo-vente dedica di Muzio Effrem a Leonora18.Attraverso questo percorso delle edizioni delleopere di Gesualdo, si assiste all’affermazione sem-pre più forte del destino del compositore e dellaconsapevolezza dell’opera che sta creando: sinto-matica l’installazione nel castello della stamperiadel Carlino, un atteggiamento molto moderno daparte di Carlo. Si può immaginare il piacere fisicoe intellettuale del principe nel sentire materializ-zate sulla carta, con l’odore fresco dell’inchiostro,le voci che echeggiavano nella sua mente.Nel 1585, circa dieci anni prima di dare alle stampei suoi primi due Libri dei Madrigali a cinque voci,Carlo aveva già avuto il piacere di vedere un suocomponimento pubblicato in una raccolta delFelis, che gli dà dell’«Illustrissimo». Si tratta diun’opera sacra, un “mottetto” (Ne reminiscaris

Domine delicta nostra), cosa che costituisce un veroonore per un giovane compositore di diciannoveanni19.Le musiche profane e sacre di Carlo sono primadi tutto vocali, con una predilezione per una con-figurazione a cinque, sei e sette voci come nelleSacrae Cantiones.Nei Libri dei Madrigali a cinque voci, ci sono alcunipezzi a sei voci e nell’ultimo Libro, il VI, ci sonoaddirittura 18 madrigali a sei voci raggruppati allafine del Libro.Questa scelta compositiva permette a Carlo diesprimere una complessità che si addice proba-

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bilmente meglio al suo tipo di espressività, allasua visione, al suo universo sonoro. È come unpittore che “vede” l’opera quando la concepiscein un certo formato: è una questione di visionecreativa.Carlo ha anche fatto delle composizioni a tre voci,come ci testimonia il conte Fontanelli che lo ac-compagna a Gesualdo. È molto probabile che sottol’influenza del soggiorno ferrarese e del Concerto

delle Dame Principalissime ivi suonato20, volessesperimentare anche questa forma per dedicarla aloro o forse per riprodurre anche nella sua cortedi Gesualdo gli stessi topoi. Del resto, abbiamouna lettera dell’Arlotti, che accompagnò Alessan-dro d’Este a Gesualdo nel 1601, che evoca uno diquesti concerti21.Due canzonette, già segnalate dal Watkins, sonoinserite nell’VIII Libro di madrigali di PomponioNenna22, e vari musicologi stanno elaborandonuove attribuzioni come, per esempio, a propositodi una canzonetta/madrigale a tre voci l’Amoroso

Delfino23. Si può immaginare e sperare che forsealtri tesori possano essere ancora scoperti, forseanche della musica strumentale? È poca, infatti,la musica strumentale di Carlo Gesualdo pervenutafino a noi: sono le già citate Canzon francese e laGagliarda24.Bisogna anche ricordare le pratiche di trascrizionidal canto agli strumenti. Carlo stesso è un grandeinterprete: canta, suona la chitarra, il liuto,l’arciliuto, il cembalo e l’archicembalo, forse an-che la tiorba, che troviamo elencata nell’Inventario

di Casa Gesualdo.Il reportage del conte Fontanelli, mandato in mis-sione dal duca Alfonso d’Este per accogliere Carload Argenta nel mese di febbraio del 1594, è riccodi particolari sul modo di suonare di Carlo e sullasua passione per la musica. Per Carlo la musica ècome respirare, è una necessità vitale ascoltarla,suonarla e anche parlarne. Lo fa con una passionetale da scoraggiare tutti coloro per i quali la musicaè solo un divertimento, e il sua professionalità èconsiderata quasi fuori posto per un principe: èaddirittura scandaloso voler essere altro che un“dilettante”.Piccole frasi di Fontanelli nelle lettere da Veneziao da Gesualdo evocano la frenesia della composi-zione che abita in Carlo, in un periodo felice dellasua vita: «ha già scritto tre madrigali», riferisceil conte. Carlo, in altre parole, ha le idee pronte escrive alla svelta.

Parola e musica

Nei due primi Libri di madrigali di Carlo Gesualdo,è importante l’influenza del Tasso, significativa

anche l’assenza assoluta del Petrarca e la predile-zione di Carlo per dei testi brevi, che gli farà pre-ferire poeti minori, ferraresi ed altri, di cui spessorimaneggia le rime o l’ordine della frase, cambian-do certe parole.La riscrittura “in negativo” della celebre poesia diAlfonso D’Avalos (il nonno di Maria che scrisseanche Il bianco e dolce cigno, musicato da Arcadelt)è significativa.“Anchor che col partire/ Io mi senta morire,/ Partirvorrei ogn’hor ogni momento,/ Tant’è il piacer ch’iosento/ De la vita ch’acquistònel ritorno./ Et cosi mill’emille volte il giorno/ Partir da voi vorrei./ Tanto sondolci gli ritorni miei”.

diventerà, nella riscrittura gesualdiana:

“Sento che nel partire/ Il cor giunge a morire/ Ond’iomisero ogn’hor, ogni momento/ Grido: “morir misento”, /Non sperando di far a voi ritorno;/ E così dicomille volte il giorno:/ “Partir io non vorrei/ Se col partiraccresco i dolor miei”25.

Anche se l’uso della parafrasi è frequente all’epocadel Gesualdo, come indicato dal ricchissimo studiotestuale e musicale di Elio Durante e AnnaMartellotti26, la trasformazione non è un purogioco formale: è molto sintomatica e personale.Carlo fa suo il testo con una scansione del versoche è già musica; la drammatizzazione cominciasubito con la parola sento, parola chiave, persona-lizzazione della confidenza. L’effusione apre ilpoema e entra l’altra parola-chiave: il cor; il dolorediventa fisico, fino al crescendo del grido morir mi

sento. La tematica si rivela tipicamente gesualdiananell’impiego delle parole: morir, usata due volte,dolor, misero.Il paragone tra i due ultimi versi delle due versioni,ci mostra che essi sono agli antipodi. Gesualdo harovesciato la situazione con l’espressione di undolore senza fine, con il valore simbolico fortedella parola partir.Questo esempio mostra la libertà estrema cheCarlo può prendere con un testo, fino ad un lavorodi rielaborazione che evidenzia la lucidità el’originalità delle sue scelte poetiche; e forse nonsembra illegittimo attribuire al Gesualdo stessola paternità di un certo numero di testi cosiddettianonimi.Poeti come l’Arlotti, Annibale Pocaterra, OrsinaCavalletta, Orazio Ariosti, Alessandro e BattistaGuarini saranno le fonti più utilizzate da Carlo,come rivela lo studio già citato di Elio Durante eAnna Martellotti, che indicano anche da quali altricompositori sono stati musicati i madrigali sceltida Carlo.

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