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GEOMETRIA 1 - Corso di Laurea in Fisica Spazi vettoriali a cura dei docenti del corso 2019/2020 a cura dei docenti del corso (2019/2020) GEOMETRIA 1 - Corso di Laurea in Fisica 1 / 108

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GEOMETRIA 1 - Corso di Laurea in FisicaSpazi vettoriali

a cura dei docenti del corso

2019/2020

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Relazioni in un insieme

index

1 Relazioni in un insieme2 Gruppi, anelli, campi3 I numeri complessi4 Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici5 Il teorema fondamentale dell’Algebra6 Matrici7 Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari8 Spazi vettoriali9 Sottospazi10 Sistemi di generatori11 Dipendenza e indipendenza lineare12 Basi13 Teoria della base per spazi finitamente generati14 Formula di Grassmann

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Relazioni in un insieme

Una relazione R tra due insiemi A e B è un sottoinsieme del prodottocartesiano A× B.

Sia R ⊂ A× B una relazione. Se (a, b) ∈ R si dice che a è in relazione con b(spesso si scrive aRb, invece di (a, b) ∈ R).

ESEMPI:

1 A = {punti del piano }, B = { rette del piano}, R = {(a, b)|a ∈ b};relazione di appartenenza;

2 A = B = { rette del piano}, R = {(a, b)|a ⊥ b}; relazione diperpendicolarità;

3 A = B = { rette del piano}, R = {(a, b)|a ‖ b}; relazione diparallelismo;

4 A = B = umanità, R = {(a, b)|a è genitore di b};5 A = B = umanità, R = {(a, b)|a è fratello o sorella di b} (da parte di

almeno un genitore);6 A = B = umanità, R = {(a, b)|a ha almeno un genitore in comune con

b};

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Relazioni in un insieme

Una relazione tra A e A viene anche detta relazione in A.

Sia R ⊂ A× A una relazione in A.

Si dice che R è una relazione di equivalenza in A se verifica

i) aRa, ∀a ∈ A (proprietà riflessiva);ii) aRb⇔ bRa, ∀a, b ∈ A (proprietà simmetrica);

iii) aRb, bRc⇒ aRc, ∀a, b, c ∈ A (proprietà transitiva);

Gli esempi 2, 3, 4, 5 visti sopra sono di equivalenza? Di quali proprietà trai), ii), iii) godono?

Se R è una relazione di equivalenza in A, l’insieme [a]R = {b ∈ A | bRa} sidice classe di equivalenza individuata da a.

Si ha: [a]R = [b]R ⇔ aRb.

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Relazioni in un insieme

Le classi di equivalenza individuano una partizione di A (ogni elemento di Aappartiene a una e una sola classe di equivalenza; le classi di equivalenza sonosottoinsiemi a due a due disgiunti la cui unione è A). (Verificarlo)

L’insieme delle classi di equivalenza

A/R = {[a]R | a ∈ A }

viene detto insieme quoziente di A modulo R.

Ad esempio, nell’insieme A delle bottiglie di vino, con la relazione (diequivalenza) aRb se e solo se a e b sono dello stesso anno di produzione, leclassi di equivalenza sono le annate.

Ad esempio, nel caso delle rette del piano con la relazione di parallelismo(con la convezione a ‖ a che la rende relazione di equivalenza) le classi diequivalenza sono le direzioni.

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Relazioni in un insieme

Ad esempio, in A = Z× (Z r {0}) con la relazione (di equivalenza)(h, k)R(m, n) se e solo se hn = km le classi di equivalenza sono i numerirazionali. L’insieme quoziente è l’insieme Q dei numeri razionali:pq = [(p, q)].

35 = [(3, 5)] = [(21, 35)] = 21

35 .

OSSERVAZIONE - Le tre proprietà i), ii), iii) della relazione di equivalenzasono indipendenti.Cioè esistono esempi di relazioni che soddisfano i) + ii), ma non iii),ovvero i) + iii), ma non ii),o ancora ii) + iii), ma non i). (Verificarlo)

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Relazioni in un insieme

La relazione di congruenza modulo nSia A = Z = { numeri interi relativi } e n > 0 un intero positivo.Si dice che a, b ∈ Z sono congrui modulo n, e si scrive

a ∼ b (mod n)

se a− b è multiplo di n.

Ad esempio −2 ∼ 14 (mod 4) perché −2− 14 = −16 = −4 · 4.

La congruenza modulo n è una relazione di equivalenza. L’insieme quozientedi Z modulo questa relazione viene detto insieme delle classi di resto modulon e denotato con Zn.

Ad esempio Z2 ha due elementi:

[0]∼ = {. . . ,−4,−2, 0, 2, 4, . . . } = {pari},

[1]∼ = {. . . ,−3,−1, 1, 3, 5, . . . } = {dispari}.

Ad esempio, in Z2, [4]∼ = [−12]∼ = [0]∼.a cura dei docenti del corso (2019/2020) GEOMETRIA 1 - Corso di Laurea in Fisica 7 / 108

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Relazioni in un insieme

Ad esempio Z3 ha tre elementi:

[0]∼ = {. . . ,−6,−3, 0, 3, 6, 9, . . . },

[1]∼ = {. . . ,−5,−2, 1, 4, 7, 10, . . . },

[2]∼ = {. . . ,−4,−1, 2, 5, 8, 11, . . . }.

[0]∼ = [3]∼ = [6]∼ · · · = [−3]∼ . . . , [1]∼ = [4]∼ = [7]∼ . . . ,[2]∼ = [5]∼ = [8]∼ . . .

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Gruppi, anelli, campi

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Gruppi, anelli, campi

Ricordo che un’operazione in un insieme A è un’applicazione

∗ : A× A→ A, (a, b) 7→ a ∗ b

Ad esempio la somma + è un’operazione nell’insieme N = {1, 2, 3, . . . } deinumeri naturali, la differenza − è un’operazione nell’insieme Z, ma non in N.

Il prodotto · è un’operazione in N,Z,Q, la divisione : è un’operazione inQr {0}, ma non in N o Z (N. B.: abbiamo ricordato prima che Q è uninsieme di classi di equivalenza; va notato che le operazioni in Q sono bendefinite, ossia, ad esempio, se a

b = a′b′ e c

d = c′d′ allora a

b + cd = a′

b′ +c′d′ ).

L’ intersezione ∩ e l’unione ∪ sono operazioni nell’insieme P(A) delle partidi un insieme A.

Le operazioni +, · in Z sono compatibili con la relazione di congruenzamodulo n, ovvero,se a ∼ b (mod n) e a′ ∼ b′ (mod n) alloraa + a′ ∼ b + b′ (mod n) e a · a′ ∼ b · b′ (mod n).

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Gruppi, anelli, campi

Sono allora ben definite le operazioni

+ : Zn × Zn → Zn, ([a], [b]) 7→ [a + b]

e· : Zn × Zn → Zn, ([a], [b]) 7→ [a · b]

Tavole di composizione di + e · in Z5

+ 0 1 2 3 40 0 1 2 3 41 1 2 3 4 02 2 3 4 0 13 3 4 0 1 24 4 0 1 2 3

· 0 1 2 3 40 0 0 0 0 01 0 1 2 3 42 0 2 4 1 33 0 3 1 4 24 0 4 3 2 1

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Gruppi, anelli, campi

Gruppi

Un gruppo (G, ∗) è un insieme G dotato di una operazione ∗ t.c.

1) (x ∗ y) ∗ z = x ∗ (y ∗ z), ∀x, y, z ∈ G (∗ è associativa)2) ∃e ∈ G t.c. e ∗ x = x ∗ e = x, ∀x ∈ G (∃ elemento neutro e)3) ∀x ∈ G, ∃x−1 ∈ G t.c. x ∗ x−1 = x−1 ∗ x = e (ogni x ammette inverso)

Un gruppo si dice abeliano se verifica anche

4) x ∗ y = y ∗ x, ∀x, y ∈ G (∗ è commutativa)

ESEMPI:

(Z,+) è un gruppo abeliano in cui l’elemento neutro è 0 e l’inverso di nè −n. Anche (Q,+), (Zn,+), ∀n sono gruppi (abeliani) (verificarlo).(Z, ·), (Q, ·), (Z4, ·) non sono gruppi. Perché?

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Gruppi, anelli, campi

Posto Q∗ = Qr {0}, Z∗n = Zn r {0}, si ha

(Q∗, ·) è un gruppo abeliano in cui l’elemento neutro è 1 e l’inverso di pq

è qp .

Anche (Z∗3, ·) è un gruppo (verificarlo).(Z∗4, ·) no. Perché?

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Gruppi, anelli, campi

Proprietà elementari dei gruppi:

in un gruppo l’elemento neutro è unico;in un gruppo ogni elemento ha un unico inverso;legge di cancellazione (a ∗ b = a ∗ c⇒ b = c, a ∗ b = c ∗ b⇒ a = c);

∀a, b ∈ G l’equazione a ∗ x = b ha una ed una sola soluzione (idem perx ∗ a = b)(a ∗ b)−1 = b−1 ∗ a−1,∀a, b ∈ G;

(a−1)−1 = a, ∀a ∈ G;

posto a0 = e, a1 = a, am = a ∗ a ∗ a · · · ∗ a (m volte) ea−m = a−1 ∗ a−1 ∗ a−1 · · · ∗ a−1 (m volte),

si ha

am ∗ an = am+n, (am)n = am∗n.

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Gruppi, anelli, campi

Gruppi di permutazioni

Sia J3 = {1, 2, 3}.

Una permutazione su tre elementi è un’applicazione biunivoca

σ : J3 → J3.

Le permutazioni su tre elementi sono 6:

id =( 1 2 3

1 2 3

), α =

( 1 2 32 3 1

), β =

( 1 2 33 1 2

),

γ =( 1 2 3

2 1 3

), δ =

( 1 2 33 2 1

), ε =

( 1 2 31 3 2

).

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Gruppi, anelli, campi

L’insieme S3 delle permutazioni su tre elementi, con l’operazione dicomposizione ◦, è un gruppo (non abeliano).

Ad esempio si ha α ◦ γ = δ, γ ◦ α = ε.

S3 viene detto gruppo simmetrico su tre elementi.

In modo analogo si introduce il gruppo simmetrico Sn i cui elementi sono lepermutazioni (applicazioni biunivoche) di Jn = {1, 2, 3, · · · , n} in sè, conl’operazione di composizione.

Quanti sono gli elementi di Sn?

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Gruppi, anelli, campi

Anelli

Un anello (A,+, ·) è un insieme A dotato di due operazioni, denotate con +, ·t.c.

1) (A,+) sia un gruppo abeliano (elemento neutro denotato con 0A einverso di a denotato con −a);

2) · è associativo ed è dotato di elemento neutro (denotato con 1A);3) valgono le proprietà distribuitive:

a · (b + c) = a · b + a · c, (a + b) · c = a · c + b · c, ∀a, b, c ∈ A.

Ad esempio (Z,+, ·), (Q,+, ·), (Zn,+, ·) ∀n sono anelli.

Anche Q[x], insieme dei polinomi in una variabile a coefficienti in razionali (eanalogamente R[x], insieme dei polinomi in una variabile a coefficienti inreali) è un anello rispetto alle usuali operazioni di somma e prodotto dipolinomi.

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Gruppi, anelli, campi

Un anello si dice commutativo se l’operazione di prodotto nell’anello ècommutativa.

In un anello (A,+, ·) un elemento a ∈ A, a 6= 0 si dice divisore dello zero seesiste un b ∈ A, b 6= 0 tale che sia a · b = 0, oppure b · a = 0.

Ad esempio, in (Z6,+, ·), [2], [3] e [4] sono divisori dello zero.

Ad esempio invece, (Z,+, ·), (Q,+, ·) e (Z5,+, ·) sono privi di divisori dellozero.

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Gruppi, anelli, campi

Campi

Un anello (K,+, ·) si dice campo se (K∗ = Kr {0K}, ·) è un gruppoabeliano.

Ad esempio (Q,+, ·), (R,+, ·) sono campi, (Z3,+, ·) sono campi.

Anche l’insieme C dei numeri complessi, con le usuali operazioni di somma eprodotto, è un campo.

Invece, ad esempio (Z,+, ·), (Q[x],+, ·), (Z4,+, ·) non lo sono.

Osservazione: Un campo è privo di divisori dello zero (verificarlo).

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Gruppi, anelli, campi

Riassumendo, quindi, un campo è un insieme K dotato di due operazioni

+ : K×K→ K

e· : K×K→ K

tali cheA) (K,+) è un gruppo abeliano, con elemento neutro 0K cioè

a1 + è associativa [(a + b) + c = a + (b + c)],a2 + è dotata di elemento neutro 0K [a + 0K = 0K + a = a],a3 ogni a ∈ K ammette inverso −a rispetto a +

[a + (−a) = (−a) + a = 0K],a4 + è commutativa [a + b = b + a]

B) (K∗, ·) è gruppo abeliano, con elemento neutro 1Kb1 · è associativa [(a · b) · c = a · (b · c)],b2 · è dotata di elemento neutro 1K [a · 1K = 1K · a = a],b3 ogni a ∈ K∗ ammette inverso a−1 rispetto a · [a · a−1 = a−1 · a = 1K],b4 · è commutativa [a · b = b · a],

C) a · (b + c) = a · b + a · c∀ a, b, c ∈ K.

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I numeri complessi

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I numeri complessi

Un numero complesso z è una coppia z = (a, b) di numeri reali a e b.Alternativamente, il numero complesso z = (a, b) viene anche rappresentatocome z = a + ib, espressione puramente simbolica (in cui cioè i è solo unsimbolo, che viene detto unità immaginaria e la somma non ha alcunsignificato operazionale).

In questa notazione i numeri reali a e b vengono rispettivamente detti partereale e coefficiente della parte immaginaria del numero complesso z, e siscrive anche a = Re(z) e b = Im(z).

L’insieme dei numeri complessi viene denotato con la lettera C.

Si puo’ identificare l’insieme dei numeri reali R con un sottoinsieme di Ctramite l’applicazione iniettiva x 7→ (x, 0) (o equivalentemente x 7→ x + i0).

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I numeri complessi

Le operazioni tra numeri complessi

In C si introducono due operazioni (dette somma e prodotto) come segue:

+ : C× C→ C

(a + ib, c + id) 7→ (a + c) + i(b + d)

e

· : C× C→ C

(a + ib, c + id) 7→ (ac− bd) + i(ad + bc)

in cui le espressioni a + c, b + d, ac− bd e ad + bc indicano le usualioperazioni tra numeri reali.

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I numeri complessi

OSSERVAZIONE - Nell’immersione prima descritta di R in C le usualioperazioni di somma e prodotto di numeri reali si trasformano nella somma eprodotto dei corrispondenti numeri complessi.Ad esempio, infatti, per il prodotto:

a 7→ a + i0, c 7→ c + i0, ac 7→ ac + i0 = (ac− 0 · 0) + i(a · 0 + 0 · c).

Per brevità un numeri complessi del tipo a + i0 (che corrisponde a un numeroreale) viene denotato semplicemente con a.

OSSERVAZIONE - Posto i = 0 + i1, risulta i2 = −1.

OSERVAZIONE - Il prodotto di due numeri complessi si può effettuare comeun prodotto di due binomi in i, tenendo però presente la regola di calcolo”i2 = −1”; infatti

(a + ib) · (c + id) = ac + iad + ibd + i2bd = (ac− bd) + i(ad + bc).

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I numeri complessi

Il campo complesso

Per le operazioni introdotte sopra in C si ha:

+ e · soddisfano la proprietà associativa;+ e · soddisfano la proprietà commutativa;valgono le proprietà distribuitive del prodotto rispetto alla somma;esiste un elemento neutro per + ed è il numero complesso zero0 = 0 + i0;ogni numero complesso z = a + ib ammetto un opposto−z = (−a) + i(−b) = −a− ib;esiste un elemento neutro per · ed è il numero complesso unità1 = 1 + i0;ogni numero complesso z = a + ib diverso da 0 ammette un inversoz−1 = ( a

a2+b2 ) + i( −ba2+b2 ).

Quanto visto sopra si può riassumere dicendo che (C,+, ·) è un campo.

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I numeri complessi

Il numero complesso i viene anche detto unità immaginaria e i numericomplessi della forma ib = 0 + ib vengono anche detti immaginari puri.L’espressione a + ib che inizialmente aveva solo un significato formaleacquista ora anche significato di somma vera e propria dei numeri complessi ae ib (e analogamente ib può anche essere visto come il prodotto vero e propriodei numeri complessi i e b).

Dato un numero complesso z = a + ib, si dice numero complesso coniugatodi z il numero complesso z = a− ib.

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Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici

index

1 Relazioni in un insieme2 Gruppi, anelli, campi3 I numeri complessi4 Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici5 Il teorema fondamentale dell’Algebra6 Matrici7 Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari8 Spazi vettoriali9 Sottospazi10 Sistemi di generatori11 Dipendenza e indipendenza lineare12 Basi13 Teoria della base per spazi finitamente generati14 Formula di Grassmann

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Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici

Il piano di Argand-Gauss

La rappresentazione dei numeri complessi come coppie di numeri realiz = (a, b) suggerisce l’identificazione di C con il piano R2 (piano di Argand -Gauss).

Nel piano di Argand-Gauss, il numero zero corrispone all’origine, i numerireali corrispondono ai punti dell’asse delle ascisse e i numeri immaginari puria quelli dell’asse delle ordinate. Il punto corrispondente a −z è il simmetricorispetto all’origine di quello che corrisponde a z e il punto corrispondente a z èil simmetrico rispetto all’asse delle ascisse di quello che corrisponde a z.

La somma di due numeri complessi, nel piano di Argant-Gauss si interpretageometricamente come somma dei vettori (applicati nell’origine) individuatidai due punti.L’espressione z = a + ib viene detta rappresentazione in forma algebrica delnumero complesso z.

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Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici

Modulo e argomento di un numero complesso

I numeri complessi diversi da 0 possono anche essere individuati in altromodo, la cosiddetta forma trigonometrica.

Per z 6= 0 il numero reale positivo ρ = |z| :=√

a2 + b2 (modulo del vettoreper l’origine individuato da z) viene detto modulo di z. L’angolo (in radianti)θ = arg(z) individuato dalla semiretta positiva dell’asse dell ascisse (semirettaorigine) e dal vettore per l’origine individuato da z (misurato in versoantiorario e definito a meno di multipli di 2π) viene detto argomento di z.

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Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici

Ovviamente si ha a = ρcos(θ) e b = ρsin(θ), per cui il numero complesso zpuò anche essere indivuato, in forma trigonometrica, così:

z = ρ(cos(θ) + isin(θ)).

La forma trigonometrica è molto utile per interpretare geometricamente ilprodotto di due numeri complessi. Siano z = ρ(cos(θ) + isin(θ)) ew = η(cos(ψ) + isin(ψ)), il prodotto zw è

zw = ρη(cos(θ) + isin(θ))(cos(ψ) + isin(ψ)) =

= ρη(cos(θ)cos(ψ)− sin(θ)sin(ψ)) + i(cos(θ)sin(ψ) + sin(θ)cos(ψ)) =

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Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici

= ρη(cos(θ + ψ) + isin(θ + ψ)).

Il prodotto di due numeri complessi ha per modulo il prodotto dei moduli eper argomento la somma degli argomenti dei due fattori. In particolare, se wha modulo unitario (cioè η = 1), la moltiplicazione di un numero complesso zper w corrisponde alla rotazione di ψ del vettore individuato da z (attornoall’origine).

L’inverso di z = ρ(cos(θ) + isin(θ))(6= 0) è allora z−1 = z|z|2 , infatti

z z|z|2 = (ρ(cos(θ) + isin(θ))) (ρ(cos(−θ)+isin(−θ))

ρ2 = 1.

Il quoziente di z = ρ(cos(θ) + isin(θ)) per w = η(cos(ψ) + isin(ψ))(6= 0) èallora

zw

= zw−1 = zw|w|2

= ρ(cos(θ) + isin(θ))η(cos(−ψ) + isin(−ψ))

η2

η(cos(θ − ψ) + isin(θ − ψ)).

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Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici

Potenze e radiciDa quanto visto sopra per il prodotto, si deduce facilmente per induzionel’espressione della forma trigonometrica della potenza di un numerocomplesso z = ρ(cos(θ) + isin(θ)) ( formula di De Moivre ):

zn = ρn(cos(nθ) + isin(nθ)), n ∈ N

Dato un numero complesso w = η(cos(ψ) + isin(ψ)) 6= 0 si dice radicen−esima (con n ∈ N) di w un numero complesso z = ρ(cos(θ + isin(θ)) taleche zn = w.

Se z è una radice n−esima di w, dovrà pertanto valere:

ρn(cos(nθ + isin(nθ)) = η(cos(ψ) + isin(ψ))e questo si traduce nelle due condizioni per modulo e argomento:

ρn = η

e

nθ = ψ + 2kπ, k ∈ Z,a cura dei docenti del corso (2019/2020) GEOMETRIA 1 - Corso di Laurea in Fisica 32 / 108

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Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici

ossia

ρ = n√η

e

θ =ψ

n+

2kπn, k ∈ Z. (∗)

Se k e k′ sono due interi congrui modulo n allora 2kπn e 2k′π

n rappresentano lostesso angolo (mod. 2π) pertanto, per ottenere tutti i valori distintidell’argomento θ in (∗), è sufficiente prendere k ∈ {0, 1, . . . , n− 1}

Un numero complesso w = η(cos(ψ) + isin(ψ)) 6= 0 ammette n radicin−esime distinte e queste sono i numeri complessi z = ρ(cos(θ+ isin(θ)) con

ρ = n√η

e

θ =ψ

n+

2kπn, k ∈ {0, 1, . . . , n− 1}.

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Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici

Nella figura è illustrato il caso n = 4.

Si noti che, in C, l’espressione n√

w non è ben definita, ossia non rappresentaun numero, ma piuttosto un insieme di n numeri. In particolare, ad esempio, èerrato pensare che valgano uguaglianze del tipo w = n

√wn.

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Il teorema fondamentale dell’Algebra

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Il teorema fondamentale dell’Algebra

Radici complesse di polinomi complessi

Il fatto che ogni numero complesso non nullo ammetta esattamente n radicin−esime, ossia che in C l’equazione di grado n in z

zn − w = 0

ammetta n soluzioni, è solo un caso particolare di un risultato molto piùgenerale relativo agli zeri dei polinomi di una variabile a coefficienticomplessi.

TEOREMA (fondamentale dell’Algebra). Ogni polinomio p(z) ∈ C[z] digrado > 0 ammette almeno una radice complessa α, ovvero un α ∈ C tale chep(α) = 0 (questa proprietà si può enunciare anche dicendo che C è un campoalgebricamente chiuso),

Di conseguenza, per il teorema di Ruffini, se p(z) ha grado d, risultap(z) = (z− α)q(z), con q(z) polinomio di grado d − 1 e, se anche d − 1 > 0,si può applicare a q(z) il teorema fondamentale dell’Algebra e ottenerep(z) = (z− α)q(z) = (z− α)(z− α′)q′(z), e così via.

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Il teorema fondamentale dell’Algebra

In conclusione, in C[z] ogni polinomio p(z) di grado d si può fattorizzarecome prodotto

p(z) = a(z− α1)(z− α2) · · · (z− αd)

ove a è il coefficiente direttore di p(z), e α1, . . . αd sono le radici (nonnecessariamente distinte tra loro) di p(z).

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Il teorema fondamentale dell’Algebra

Radici complesse di polinomi a coefficienti reali

OSSERVAZIONE - Siano α, β ∈ C. Si ha α+ β = α+ β, αβ = αβ, eαn = αn.

Sia ora p(z) = a0 + a1z + a2z2 + · · · adzd con ai ∈ R, i = 0, . . . d, unpolinomio di C[z] a coefficienti reali.

Se α ∈ C è una radice di p(z), allora anche α lo è, infatti, per quanto vistosopra, risulta:

p(z) = a0 + a1z + a2z2 + · · · adzd = a0 + a1z + a2z2 + · · · adzd = p(z)

Inoltre α e α hanno la stessa molteplicità come radici di p(z).Come conseguenza di ciò si ha il seguente risultato

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Il teorema fondamentale dell’Algebra

Se α è un numero complesso non reale, il prodotto (z− α)(z− α) è untrinomio di secondo gardo a coefficienti reali (perché(α+ α) e (αα) sononumeri reali) con discriminante negativo.

Il teorema fondamentale dell’Algebra ha allora una importante conseguenzadal punto di vista reale:

TEOREMA. Ogni polinomio p(z) a coefficienti reali può essere decompostocome prodotto di fattori di primo grado (corrispondenti alle radici reali delpolinomio) e di trinomi di secondo grado con discriminante negativo(corrispondenti alle coppie di radici complesse coniugate).

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Matrici

index

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Matrici

Somma di matrici

Sia K un campo. Denotiamo con Matm,n = Matm,n(K) l’insieme delle matricim× n a coefficienti di K, ossia delle tabelle a due entrate con m righe e ncolonne

A ∈ Matm,n A =

a11 a12 · · · a1na21 a22 · · · a2n· · · · · ·· · · · · ·

am1 am2 · · · amn

con aij ∈ K

i = 1, . . . ,m, j = 1, . . . , n.

In Matm,n si può intodurre un’operazione di somma

+ : Matm,n ×Matm,n → Matm,n

così:

(A,B) 7→ C A = (aij),B = (bij), C = (aij + bij)

(Matm,n,+) è un gruppo abeliano il cui l’elemento neutro è la matrice 0 contutte le entrate nulle, e in cui −(aij) = (−aij).

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Matrici

Prodotto di una matrice per uno scalare

In Matm,n(K) si può anche intodurre una legge di composizione (che non èun’operazione interna) di prodotto di un elemento λ di K (che verrà dettoscalare) per una matrice

· : K×Matm,n → Matm,n

così:

(λ,A) 7→ B = λ · A A = (aij), B = (λaij)

Vedremo dopo che questo prodotto, insieme all’operazione di somma, darà aMatm,n la struttura di spazio vettoriale.

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Matrici

Prodotto righe per colonne di matriciDate due matrici A = (aij) ad m righe e n colonne e B = (bhk) ad n righe e pcolonne (tali cioè che il numero delle colonne di A sia uguale al numero dellerighe di B) si può definire una matrice C = A · B con m righe e p colonne,detta prodotto righe per colonne di A per B: la matrice C ha come elementodella riga r e colonna s lo scalare crs = ar1b1s + ar2b2s + · · ·+ arnbns.

A =

a11 a12 . . . a1n. . . . . . . . . . . .ar1 ar2 . . . arn. . . . . . . . . . . .am1 am2 . . . amn

,B =

b11 . . . b1s . . . b1pb21 . . . b2s . . . b2p. . . . . . . . . . . . . . .bn1 . . . bns . . . bnp

Ad esempio, se A =( 1 0 2−1 3 0

)e B =

(2 0 1 05 1 −3 10 0 1 0

), si ha( 2 + 0 + 0 0 + 0 + 0 1 + 0 + 2 0 + 0 + 0

−2 + 15 + 0 0 + 3 + 0 −1− 9 + 0 0 + 3 + 0

)=( 2 0 3 0

13 3 −10 3

).

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Matrici

Il prodotto appena introdotto è un’applicazione

+ : Matm,n ×Matn,p → Matm,p.

Nel caso m = n = p si tratta di un’operazione interna in Matm,m.

OSSERVAZIONE - Anche quando esiste sia A · B che B · A in generale valeA · B 6= B · A.

Nel caso m = n, ossia di matrici quadrate, scriveremo talora Matm in luogo diMatm,m.

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Matrici

Proprietà delle operazioni tra matrici

In quanto segue, scrivendo A · B, ammetteremo implicitamente l’ipotesi che ilnumero di colonne di A sia uguale al numero di righe di C e scrivendo M + N,ammetteremo implicitamente l’ipotesi che M ed N abbiano lo stesso numerodi righe e lo stesso numero di colonne.

Siano A,B,C matrici a coefficienti in K. Si ha:A · (B + C) = A · B + A · C;(A + B) · C = A · C + B · C;(A · B) · C = A · (B · C);se λ è uno scalare λ · (A · B) = (λ · A) · B = A · (λ · B);

denotata con Ik la matrice identica Ik =

1 0 . . . 00 1 . . . 0. . . . . . . . . . . .0 0 . . . 1

si ha

A · In = A, Im · A = A;

Matm con le operazioni di somma e di prodotto riga per colonna è un anello(non commutativo, cioè con prodotto non commutativo).

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Matrici

Matrice trasposta

Data una matrice A = (aij) ∈ Matm,n si può costruire la matrice tA ∈ Matn,m,detta matrice trasposta di A, le cui righe sono le colonne di A, ovverotA = (bhk) con bhk = akh.

Proprietà della trasposizione:t(tA)) = A;t(A · B) =t B ·t A.

Una matrice (quadrata) A ∈ Matn tale che tA = A viene detta simmetrica.

Una matrice (quadrata) A = (aij) ∈ Matn tale che, se i 6= j allora aij = 0,viene detta diagonale (in A tutti gli elementi fuori dalla "diagonale" sononulli).Una matrice diagonale è ovviamente simmetrica.

Una matrice (quadrata) A ∈ Matn tale che tA = −A viene dettaemisimmetrica.

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Matrici

Matrici invertibili

Una matrice (quadrata) A ∈ Matn viene detta invertibile se esiste una matriceA−1 ∈ Matn, detta inversa di A, tale che A · A−1 = A−1 · A = In.

Denotiamo con GL(n,K) l’insieme delle matrici di Matn invertibili. Ilprodotto di matrici è un’operazione interna in GL(n,K)

· : GL(n,K)× GL(n,K)→ GL(n,K)

((A · B)−1 = B−1 · A−1)

GL(n,K) è un gruppo (detto gruppo lineare generale) rispetto alla operazionedi prodotto di matrici, con elemento neutro In.

Il gruppo GL(n,K) non è abeliano.

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

Sistema lineare, matrice dei coefficienti e matrice completaConsideriamo un sistema di m equazioni lineari (a coefficienti in K) nelle nincognite x1, x2, . . . , xn (aij, bh ∈ K)

a11x1 + a12x2 + · · ·+ a1nxn = b1

a21x1 + a22x2 + · · ·+ a2nxn = b2

. . . . . .

am1x1 + am2x2 + · · ·+ amnxn = bm

Si può estrarre la matrice completa del sistema:

[A|b] =

a11 a12 . . . a1n | b1a21 a22 . . . a2n | b2. . . . . . . . . . . . | . . .am1 am2 . . . amn | bm

ottenuta accostando la matrice A dei coefficienti del sistema e la colonna b deitermini noti ove

A =

a11 a12 . . . a1na21 a22 . . . a2n. . . . . . . . . . . .am1 am2 . . . amn

b =

b1b2. . .bm

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

Utilizzando la notazione del prodotto riga per colonna il sistema può ancheessere scritto come

A · x = bove A è la matrice dei coefficienti del sistema, b è la colonna dei termini noti e

x =

x1x2. . .xn

è il vettore colonna delle incognite.

Una soluzione del sistema è una n−upla di elementi di K (x1, x2, . . . , xn) taliche

a11x1 + a12x2 + · · ·+ a1nxn = b1

a21x1 + a22x2 + · · ·+ a2nxn = b2

. . . . . .

am1x1 + am2x2 + · · ·+ amnxn = bm

Un sistema lineare si dice impossibile se non ammette alcuna soluzione,determinato se ammette una ed una sola soluzione, indeterminato se ha più diuna soluzione (ed in tal caso, se K è infinito, ne ha infinite).

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

Il metodo di Gauss per la risoluzione di un sistema lineare

STRATEGIA:passare dalla matrice [A|b] ad un’altra matrice [A′|b′] che rappresenti unsistema equivalente (cioè che ammette le stesse soluzioni), ma molto piùsemplice da risolversi.

OPERAZIONI SULLE RIGHE (lecite, ovvero che fanno passare da unsistema ad un altro equivalente):

1 scambiare due righe tra loro;2 moltiplicare una riga per una costante diversa da zero;3 sommare ad una riga il multiplo di un’altra.

N.B. Le operazioni vanno fatte sulla matrice completa [A|b], non solo sullamatrice A dei coefficienti.

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

Esempi di matrici "semplici"

ESEMPIO 1. (1 2 −1 0 | 20 1 3 1 | 00 0 1 −3 | 4

)corrisponde al sistema

x + 2y− z = 2y + 3z + w = 0z− 3w = 4

dall’ultima equazione si ricava z = 3w + 4, che si può sostituire nella secondatrovando y = −3z− w = −3(3w + 4)− w = −10w− 12, e alla fine,sostituendo la z e la y nella prima si ricava anchex = −2y + z + 2 = −2(−10w− 12) + (3w + 4) + 2 = 23w + 30. Quindi lesoluzioni del sistema sono della forma(x, y, z,w) = (23w + 30,−10w− 12, 3w + 4,w).Si sono trovate infinite soluzioni quindi il sistema è indeterminato.

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

ESEMPIO 2. (1 2 −1 0 | 20 1 3 1 | 00 0 0 0 | 4

)corrisponde al sistema

x + 2y− z = 2y + 3z + w = 00 = 4

che è evidentemente impossibile.

Si noti che negli esempi 1 e 2 le matrici sono a gradini con un 1 comecoefficiente dell’incognita di ogni "gradino".

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

SCOPO DEL METODO:Ridurre la matrice [A|b] in una forma a gradini del tipo:

1 ∗ ∗ ∗ . . . . . . . . . . . . | ∗0 0 1 ∗ . . . . . . . . . . . . | ∗0 0 0 1 . . . . . . . . . . . . | ∗. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . .0 0 0 0 . . . . . . . . . . . . | ∗0 0 0 0 . . . 1 . . . . . . | ∗

in cui in ogni riga compaiono meno incognite della riga precedente.

STRUMENTO UTILIZZATO: le operazioni lecite sulle righe viste sopra.

Si tratta di un algoritmo: dopo un numero finito di passi si ottiene una matricedalla quale risulta evidente se il sistema ammette soluzioni oppure no e che, incaso affermativo, permette di trovare le soluzioni ricavando via via leincognite a partire dall’ultima equazione e procedendo a ritroso.

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

Illustrazione del metodo

Come "creare" i gradini?Salvo effettuare scambi di righe, si parte da una matrice in cui la primaincognita compaia nella prima equazione. Moltiplicando la prima riga per unacostante si ottiene una matrice in cui il primo elemento della prima riga è 1

1 a12 . . . a1n | b1a a22 . . . a2n | b2b a32 . . . a3n | b3. . . . . . . . . . . . | . . .. . . . . . . . . . . . | . . .

R2−aR1−−−−−−−→R3−bR1,...,...

1 a12 . . . a1n | b10 a′22 . . . a′2n | b′20 a′32 . . . a′3n | b′30 . . . . . . . . . | . . .0 . . . . . . . . . | . . .

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

A questo punto nel sistema dalla seconda equazione in poi non compare più laprima incognita, quindi compaiono al più n− 1 incognite. Su questo sistemacon una equazione in meno e con meno incognite si opera analogamente aquanto visto sopra.

Se nel corso della procedura, una riga della matrice si annulla interamente(cioè diventa (0 0 0 . . . | 0), tale riga può essere cancellata (corrispondeall’equazione 0 = 0).

Se nel corso della procedura, una riga della matrice si annulla in tutte leentrate salvo che nell’ultima (cioè diventa (0 0 0 . . . | k), k 6= 0), il sistemaè impossibile (tale riga infatti corrisponde all’equazione 0 = k).

Alla fine della procedura la matrice è ridotta a gradini, e il sistema, serisolubile, può essere risolto a partire dall’ultima equazione a ritroso.

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

ESEMPIO A2x− 2y + 4z = 0x + 2z = 2z = −13x− 3y = 6 2 −2 4 | 0

1 0 2 | 20 0 1 | −13 −3 0 | 6

(1/2)R1−−−−→

1 −1 2 | 01 0 2 | 20 0 1 | −13 −3 0 | 6

R2−R1−−−−→R4−3R1

1 −1 2 | 00 1 0 | 20 0 1 | −10 0 −6 | 6

R4+6R3−−−−→

1 −1 2 | 00 1 0 | 20 0 1 | −10 0 0 | 0

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

−→

(1 −1 2 | 00 1 0 | 20 0 1 | −1

)

x− y + 2z = 0y = 2z = −1

→ (x, y, z) = (4, 2,−1)

Si è trovata una ed una sola soluzione, quindi il sistema è determinato.

ESEMPIO B− 3x + y = 4+ x− 2y = 3− x− 3y = 8

( −3 1 | 41 −2 | 3−1 −3 | 8

)

−−−−→R1∼R2

(1 −2 | 3−3 1 | 4−1 −3 | 8

)R2+3R1−−−−→R3+R1

(1 −2 | 30 −5 | 130 −5 | 11

)

−−−−−→(−1/5)R2

(1 −2 | 30 1 | −13/50 −5 | 11

)−−−−→R3+5R2

(1 −2 | 30 1 | −13/50 0 | −2

)−→

Il sistema quindi è impossibile.a cura dei docenti del corso (2019/2020) GEOMETRIA 1 - Corso di Laurea in Fisica 58 / 108

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

ESEMPIO Cx− 2y + z = 02x + y = 1− 3x− 4y + z = −2(

1 −2 1 | 02 1 0 | 1−3 −4 1 | −2

)R2−2R1−−−−→R3+3R1

(1 −2 1 | 00 5 −2 | 10 −10 4 | −2

)−−−−→(1/5)R2

(1 −2 1 | 00 1 −2/5 | 1/50 −10 4 | −2

)−−−−−→R4+10R2

(1 −2 1 | 00 1 −2/5 | 1/50 0 0 | 0

)

(x, y, z) = (−z+25 , 2z+1

5 , z)Il sistema è indeterminato

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

Se un sistema è indeterminato e le sue soluzioni dipendono da s parametri, sidice che il sistema ha∞s soluzioni.

Se invece il sistema è determinato, si dice anche che ha∞0 soluzioni.

Ad esempio, il sistema { x +y +z = 02x +2y +2z = 0

ha le infinite soluzioni (x, y, z) = (h, k,−h− k), al variare dei parametri h e k.Pertanto si tratta di un sistema indeterminato che ha∞2 soluzioni.

Invece il sistema dell’esempio C ha∞1 soluzioni.

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

Caratteristica di una matrice

Il procedimento di riduzione a gradini che si è applicato alla matrice completadi un sistema lineare per ridurla a forma "semplice", può essere applicato aduna qualsiasi matrice. Il numero delle righe non nulle che si ottengono allafine del procedimento viene detto caratteristica della matrice (si dimostra chetale numero non dipende dalle operazioni che si sono fatte per ridurre agradini la matrice).

TEOREMA (di Rouché Capelli) - Il sistema lineare Ax = b ha soluzioni se esolo se la caratteristica della matrice dei coefficienti A coincide con lacaratteristica della matrice completa [A|b]. Inoltre, se il sistema è risolubile, lesoluzioni del sistema sono∞n−r, ove n è il numero delle incognite e r è lacaratteristica di A (e di [A|b]).

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

Ad esempio nel sistema dell’esempio 2x + 2y− z = 2y + 3z + w = 00 = 4

la matrice dei coefficienti ha caratteristica 2, mentre la matrice completa hacaratteristica 3, e il sistema è impossibile.

Invece, nel caso del sistema

x + 2y− z = 2y + 3z + w = 0z− 3w = 4

, tanto la matrice dei

coefficienti quanto la matrice completa hanno caratteristica 3. Il sistema èrisolubile ed ha∞4−3 =∞1 soluzioni.

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Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari

Un sistema lineare A · x = b, con b = 0, è detto omogeneo.

OSSERVAZIONE - Si consideri il sistema lineare

(∗) A · x = b

e il sistema omogeneo associato

(∗∗) A · x = 0.

Se è nota una soluzione x0 del sistema (∗), tutte e sole le soluzioni di (∗)possono essere ottenute sommando a x0 le soluzioni di (∗∗). (verificarlo)

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Spazi vettoriali

index

1 Relazioni in un insieme2 Gruppi, anelli, campi3 I numeri complessi4 Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici5 Il teorema fondamentale dell’Algebra6 Matrici7 Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari8 Spazi vettoriali9 Sottospazi10 Sistemi di generatori11 Dipendenza e indipendenza lineare12 Basi13 Teoria della base per spazi finitamente generati14 Formula di Grassmann

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Spazi vettoriali

Definizione di spazio vettoriale

Siano K un campo, V un insieme non vuoto. Si dice che V è uno spaziovettoriale sul campo K se V è dotato di due leggi di composizione

+ : V × V → V

e· : K× V → V

tali cheA) (V,+) è gruppo abeliano;B) ∀ λ, µ ∈ K, ∀ u, v ∈ V:

b1) (λ+ µ) · u = λ · u + µ · u;b2) (λ · µ) · u = λ · (µ · u);b3) λ · (u + v) = λ · u + λ · v;b4) 1K · u = u.

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Spazi vettoriali

Gli elementi di K si dicono scalari; gli elementi di V si dicono vettori.

Nel seguito, denotiamo con 0 l’elemento neutro di K, con 0 l’elemento neutrodi V , e con −v il vettore opposto di v.

Dati λ1, . . . , λn ∈ K e v1, . . . , vn ∈ V , il vettore

v = λ1 · v1 + λ2 · v2 + · · ·+ λn · vn

viene detto combinazione lineare dei vettori v1, . . . , vn secondo gli scalariλ1, . . . , λn.

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Spazi vettoriali

Esempi di spazi vettoriali

E1) K = R, V = VectO(E3) ={vettori dello spazio euclideo E3 applicatinell’origine }, rispetto alla usuale somma di vettori (regola delparallelogramma)0 =−→OO, −−→OA =

−→OB vettore di egual modulo, stessa retta di

applicazione e verso opposto· : R× V → V (λ,

−→OA) 7→ λ

−→OA ove λ · −→OA =

−→OO se λ = 0−→OA′ |OA′| = |λ||OA|, stessa retta, verso

{stesso se λ > 0opposto se λ < 0

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Spazi vettoriali

E1’) K = R, V spazio dei vettori liberi ossia delle classi di equivalenza divettori applicati , ove la relazione di equivalenza è la usuale equipollenzadi vettori. Le operazioni di somma e di moltiplicazione per uno scalareintrodotte nell’esempio E1) passano al quoziente (dipendono solo dalleclassi di equipollenza, non dai rappresentanti delle classi).

E2) ∀K possiamo considerare V = {0}, detto spazio vettoriale nullo obanale.

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Spazi vettoriali

E3) ∀K possiamo considerare V = K+ : K×K→ K somma in K· : K×K→ K prodotto in K

E4) K = C.Applicando quanto visto in E3, possiamo prendere V = C. C è unospazio vettoriale su se stesso.

C è anche uno spazio vettoriale su R:K = R, V = C+ : C× C→ C usuale somma di numeri complessi· : R× C→ C, (λ, a + ib) 7→ λa + iλb

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Spazi vettoriali

E5) K qualsiasi, V = Kn = spazio vettoriale delle n-uple di elementi di K

v ∈ Kn v =

x1x2...

xn

xi ∈ K (i = 1, . . . , n)

+ : Kn ×Kn → Kn (

x1x2...

xn

,

y1y2...

yn

) 7→

x1 + y1x2 + y2

...xn + yn

· : K×Kn → Kn (λ,

x1x2...

xn

) 7→

λ · x1λ · x2

...λ · xn

0 =

00...0

x1x2...

xn

=

−x1−x2

...−xn

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Spazi vettoriali

E6) K qualsiasi, V = Matm,n = Matm,n(K) = insieme delle matrici m× n acoefficienti di K

v ∈ Matm,n v = A =

a11 a12 · · · a1na21 a22 · · · a2n· · · · · ·· · · · · ·

am1 am2 · · · amn

aij ∈ K i = 1, . . . ,m, j = 1, . . . , n

+ : Matm,n ×Matm,n → Matm,n

(A,B) 7→ C = A + B A = (aij),B = (bij),C = (aij + bij)

· : K×Matm,n → Matm,n

(λ,A) 7→ B = λA A = (aij),B = (λaij)

0 = matrice nulla =

0 0 · · · 0· · · · · ·· · · · · ·0 0 · · · 0

A = (aij) − A = (−aij) matrice opposta

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Spazi vettoriali

E7) K = Q, o R, o C, V = K[x] = insieme dei polinomi in una variabile acoefficienti in Kv ∈ V v = p(x) = a0 + a1x + a2x2 + · · ·+ anxn

+ : K[x]×K[x]→ K[x] p(x) + q(x) usuale somma di polinomi· : K×K[x]→ K[x] λ ∈ K λp(x) usuale prodotto di un numeroper un polinomio.

E8) K = Q, o R,o C, V = Kd[x] = { polinomi in una variabile a coefficientiin K di grado ≤ d}(con le operazioni viste al punto precedente)

E9) K = R, V = RR = {f : R→ R}+ : V × V → V (f , g) 7→ f + g (f + g)(x) = f (x) + g(x)· : R× V → V (λ, f ) 7→ λf (λf )(x) = λf (x)(definizioni puntuali di somma e di prodotto per uno scalare)

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Spazi vettoriali

Proprietà elementari degli spazi vettoriali

Proprietà:1) tutte le proprietà dei gruppi abeliani per (V,+)

unicità di 0unicità dell’opposto di vlegge di cancellazione (v + u = w + u⇒ v = w)

2) 0 · v = 0 ∀v ∈ V3) 0 ∈ V ∀λ ∈ K⇒ λ · 0 = 0 ∈ V4) ∀λ ∈ K, ∀v ∈ V (−λ) · v = −(λ · v)5) λ · v = 0⇒ λ = 0 oppure v = 0

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Sottospazi

index

1 Relazioni in un insieme2 Gruppi, anelli, campi3 I numeri complessi4 Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici5 Il teorema fondamentale dell’Algebra6 Matrici7 Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari8 Spazi vettoriali9 Sottospazi10 Sistemi di generatori11 Dipendenza e indipendenza lineare12 Basi13 Teoria della base per spazi finitamente generati14 Formula di Grassmann

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Sottospazi

Definizione di sottospazio

Siano K un campo, V uno spazio vettoriale su K, U ⊆ V . Si dice che U è unsottospazio di V se U soddisfa le seguenti condizioni:

U non è vuoto;se v,w ∈ U allora v + w ∈ U (chiusura di U rispetto a +)se λ ∈ K e v ∈ U, allora λ · v ∈ U (chiusura di U rispetto a ·).

In tal caso U è uno spazio vettoriale su K rispetto alle restrizioni a U delleoperazioni di V , cioè

+|U×U : U × U → U ·|K×U : K× U → U.

OSSERVAZIONE - Sia U ⊆ V un sottoinsieme 6= ∅. U è sottospazio di V se esolo se U è chiuso rispetto alle combinazioni lineari, ovvero se e solo se

∀ λ, µ ∈ K, ∀ u,w ∈ U si ha λu + µw ∈ U.

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Sottospazi

Esempi di sottospazi

∀V , i sottoinsiemi {O} e V sono sottospazi (sottospazi banali).

K = R, V = VectO(E3). Fissiamo un piano π e una retta r, conO ∈ r ⊂ π,U = VectO(π) = {

−→OA ∈ V|A ∈ π} è un sottospazio di V .

W = VectO(r) = {−→OA ∈ V|A ∈ r} è un sottospazio di U.

VectO(r) è sottospazio di VectO(π) che è sottospazio di VectO(E3).

K = Q, o R, o C, V = K[x] (polinomi), U = Kd[x] (polinomi di grado≤ d).U ⊆ V è un sottospazio.

L’insieme S delle soluzioni del sistema lineare A · x = bS = {x ∈ Rn : Ax = b} è un sottospazio di Rn se e solo se b = 0, cioè see solo se il sistema è omogeneo.

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Sottospazi

Operazioni tra sottospazi

Siano V uno spazio vettoriale su un campo K, e siano U,W ⊆ V sottospazi.

OSSERVAZIONI

U ∩W = {v ∈ V|v ∈ U e v ∈ W} è un sottospazioU ∪W = {v ∈ V|v ∈ U o v ∈ W} in generale non è un sottospazio di V(si pensi ad esempio a V = VectO(E3) con i sottospazi U = VectO(r) eW = VectO(s), con r, s rette distinte passanti per O, U ∪W non èchiuso rispetto alla somma di vettori )

Si definisce alloraU + W = {v ∈ V|∃u ∈ U, ∃w ∈ W con v = u + w}

si verifica che U + W è un sottospazio (verificarlo), detto somma di U e W.

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Sottospazi

Ad esempio, in V = VectO(E3), con r ed s rette per O distinte tra loro, si haVectO(r) + VectO(s) = VectO(π), ove π è il piano contente r ed s.

Sempre in V = VectO(E3), con α ed β piani per O distinti tra loro, si haVectO(α) + VectO(β) = V.

Siano U,W ⊂ V sottospazi, e si consideri lo spazio somma U + W.

Si dice che la somma U + W è una somma diretta (e si scrive U ⊕W al postodi U + W), se e solo se ogni v ∈ U + W si scrive in un unico modo comesomma di un vettore u ∈ U e un vettore w ∈ W.

La somma U +W è una somma diretta se e solo se U ∩W = {0} (verificarlo).

Tra gli esempi visti sopra, la somma VectO(r) + VectO(s) è diretta, mentre lasomma VectO(α) + VectO(β) non lo è.

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Sistemi di generatori

index

1 Relazioni in un insieme2 Gruppi, anelli, campi3 I numeri complessi4 Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici5 Il teorema fondamentale dell’Algebra6 Matrici7 Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari8 Spazi vettoriali9 Sottospazi10 Sistemi di generatori11 Dipendenza e indipendenza lineare12 Basi13 Teoria della base per spazi finitamente generati14 Formula di Grassmann

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Sistemi di generatori

Sistemi di generatori

Siano V uno spazio vettoriale su un campo K, ∅ 6= S ⊆ V , S = {sα}α∈Asottoinsieme non vuoto arbitrario.

Si dice sottospazio generato da S (span di S) il sottoinsieme di V , indicato con〈S〉, costituito dai vettori che possono essere espressi come combinazionelineare di elementi di S:

〈S〉 = {v ∈ V|∃λ1, . . . , λn ∈ K, ∃sα1. . . sαn

∈ S, v = λ1sα1+ · · ·+ λnsαn

}

(n è variabile).

〈S〉 è un sottospazio (verificarlo).

Sia U un sottospazio di V e S un sottoinsieme di V tale che U = 〈S〉. I vettoridi S sono detti generatori di U. S è detto sistema di generatori per U.

Se esiste un insieme finito S tale che U = 〈S〉, si dice che U è finitamentegenerato (f.g.).

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Sistemi di generatori

Esempi di sistemi di generatori

∀V, ∀U sottospazio di V si ha U = 〈U〉.

V = VectO(E3), S ={

i, j, k}= {vettori unitari degli assi}. V = 〈S〉,

∀v =−→OP, si ha v = ai + bj + ck, se P ≡ (a, b, c).

V = VectO(E3), S = {a, b, c} cona, b, c vettori arbitrari purché non complanari. V = 〈S〉.

V = R2, S ={(1

0

),(0

1

)}. 〈S〉 = V ,

(ab

)= a

(10

)+ b

(10

)}.

V = R2, S ={(1

1

),( 1−1

),(2

4

)}. 〈S〉 = V ,(a

b

)= 1

2(a + b)(1

1

)− 1

2(a− b)( 1−1

)+ 0

(24

)}.

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Sistemi di generatori

Kn = {

x1...

xn

}, e1 =

10...0

, e2 =

01...0

, · · · , en =

00...1

S = {e1, . . . , en} 〈S〉 = Kn

x1...

xn

= x1e1 + x2e2 + · · ·+ xnen

C considerato come spazio vettoriale su R, S = {1, i}; 〈S〉 = C

Matm,n(K), Eij = (ehk), ehk =

{0 (h, k) 6= (i, j)1 (h, k) = (i, j)

S = {Eij|1 ≤ i ≤ m, 1 ≤ j ≤ n} 〈S〉 = Matm,n

Kd[x] polinomi di grado ≤ dS = {1, x, x2, . . . , xd} ∀p ∈ Kd[x]p = a0 + a1x + a2x2 + · · ·+ adxd 〈S〉 = Kd[x]

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Sistemi di generatori

K[x], S = {xn|n ≥ 0} 〈S〉 = K[x]

Lo spazio K[x] è un esempio di spazio vettoriale non f.g. (con lecombinazioni lineari dei polinomi p1(x), . . . , ph(x) non si possono generarepolinomi di grado maggiore al massimo tra i gradi di p1(x), . . . , ph(x)).

OSSERVAZIONE 1 - Se U = 〈S〉 e S ⊆ T ⊆ U, allora anche U = 〈T〉.

OSSERVAZIONE 2 - Se U = 〈s1, . . . , sn〉 e sn è combinazione lineare dis1, . . . , sn−1 allora U = 〈s1, . . . , sn−1〉 (i vettori di V , che per ipotesi possonoessere scritti combinazioni lineari di s1, . . . , sn, possono anche essere scritticome combinazioni lineari di s1, . . . , sn−1).

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Dipendenza e indipendenza lineare

index

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Dipendenza e indipendenza lineare

Vettori linearmente dipendenti

Siano V uno spazio vettoriale su un campo K, ∅ 6= S ⊆ V , S = {sα}α∈Asottoinsieme non vuoto arbitrario. Si dice che S è un insieme di vettorilinearmente dipendenti, ovvero che S è linearmente dipendente (l.d.), se esisteuna combinazione lineare di elementi di S con coefficienti non tutti nulli chedia il vettore nullo, cioè

∃sα1, . . . , sαn

∈ S ∃λ1, . . . , λn ∈ K (λ1, . . . , λn) 6= (0, . . . , 0)tali che λ1sα1

+ · · ·+ λnsαn= 0.

S si dice linearmente indipendente (l.i.) se non è linearmente dipendente, cioè

sα1, . . . , sαn

∈ S λ1, . . . , λn ∈ Kλ1sα1

+ · · ·+ λnsαn= 0⇒ (λ1, . . . , λn) = (0, . . . , 0).

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Dipendenza e indipendenza lineare

Esempi di dipendenza e di indipendenza lineare

In R3, S1 = {

(100

),

(010

),

(001

)} è l.i. , S2 = {

(100

),

(010

),

(110

)} è l.d.

In Kn, S = {e1, . . . en} è l.i..

In VectO(E3), due vettori sono l.d. se e solo se sono allineati, tre vettorisono l.d. se e solo se sono complanari.In K[x], S = {1, x, x2, . . . , xd, . . .} è l.i.

In Matm,n(K), S = {Eij} è l.i.

In C2 considerato come spazio vettoriale su R, S = {(1

0

),( i

0

)} è l.i.

In C2 considerato come spazio vettoriale su C, S = {(1

0

),( i

0

)} è l.d.

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Dipendenza e indipendenza lineare

Proprietà della dipendenza e indipendenza lineare

V uno spazio vettoriale su un campo K,

1) Siano ∅ 6= S ⊆ V , ∅ 6= S ⊆ T. Se S è l.d., allora T è l.d.

2) v ∈ V; {v} è l.d. se e solo se v = 0

3) v,w ∈ V; {v,w} sono l.d. se e solo se (almeno) uno dei due è multiplodell’altro.

4) v1, . . . , vn ∈ V; {v1, . . . , vn} sono l.d. se e solo se almeno uno tra i vi ècombinazione lineare degli altri.

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Dipendenza e indipendenza lineare

5) v1, . . . , vk ∈ V {v1, . . . , vk} l.i., vk+1 ∈ V.v1, . . . , vk, vk+1 sono l.d. se e solo se vk+1 è combinazione lineare div1, . . . , vk.

6) Seλ1s1 + · · ·+ λnsn = 0

e λn 6= 0, allora il vettore sn è combinazione lineare di s1, . . . , sn−1,infatti

sn = −(λn)−1λ1s1 + · · ·+−(λn)

−1λn−1sn−1

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Basi

index

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Basi

Definizione ed esempi di basi

Sia V uno spazio vettoriale su un campo K. Un sottoinsieme B di V si dicebase di V se è linearmente indipendente ed è un sistema di generatori di V .

V = R2; {e1, e2} è una base di V; anche {(1

1

),( 1−1

)} è una base di V .

V = VectO(E3); {i, j, k} è una base di V .

V = Kn; {e1, . . . , en} è una base di V , detta base canonica.

V = Matm,n(K); {Eij}i=1,...,m;j=1,...,n è base di V .

V = Kd[x]; {1, x, x2, . . . , xd} è base di V .

V = K[x]; {1, x, x2, . . . , xn, . . .} è base di V .

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Basi

OSSERVAZIONE - V = {0} non ha base (il vettore 0 non è l.i.)

TEOREMA - S ⊆ V è base di V se e solo se ogni vettore di V si può scriverein uno ed un solo modo come combinazione lineare dei vettori di S.

Dimostrazione (nel caso S finito). Sia S = {s1, . . . , sn}.Se S è base allora S genera V , quindi bisogna solo provare l’unicità discrittura.

λ1s1 + · · ·λnsn = µ1s1 + · · ·µnsn ⇒(λ1 − µ1)s1 + · · · (λn − µn)sn = 0 ⇒

λ1 = µ1, · · · , λn = µn.

0s1 + · · · 0sn è l’unica scrittura del vettore nullo.

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Teoria della base per spazi finitamente generati

index

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Teoria della base per spazi finitamente generati

Esistenza di una base

Uno spazio vettoriale non nullo e f.g. ammette una base. Infatti si ha:

TEOREMA - Sia V uno spazio vettoriale su un campo K, V 6= {0}.V = 〈v1, . . . , vn〉 ⇒ {v1, . . . , vn} contiene una base di V .

Dimostrazione. V = 〈v1, . . . , vn〉.Se {v1, . . . , vn} è l.i. ⇒ {v1, . . . , vn} è base.Se {v1, . . . , vn} è l.d., almeno uno di essi, diciamo vn, è combinazione linearedegli altri.Allora, per quanto visto nell’osservazione 2 di pag. 64, V = 〈v1, . . . , vn−1〉.Se 〈v1, . . . , vn−1〉 è l.i. ⇒ 〈v1, . . . , vn−1〉 è base.Se 〈v1, . . . , vn−1〉 è l.d., si itera il procedimento. Se il procedimento non si èarrestato prima, si arriva a V = 〈v1〉; in tal caso {v1} è l.i. (e quindi base).Altrimenti, {v1} l.d. ⇒ v1 = 0 e V = {0}, contro l’ipotesi.

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Teoria della base per spazi finitamente generati

Anche gli spazi non f.g. ammettono una base (qui non ne vedremo ladimostrazione).

OSSERVAZIONE - L’estrazione di una base da un sistema di generatori puòessere effettuata con il seguente algoritmo (degli scarti successivi).

V = 〈v1, . . . , vn〉.1) Si considera v1.

Se v1 è l.i. (cioè 6= 0), allora lo si tiene,altrimenti no (v1 può essere eliminato dai generatori di V , ovvero bastanov2, v3, . . . , vn a generarlo).

2) Si considera {v1, v2}, o {v2} se v1 è stato scartato.Se {v1, v2} è l.i., allora si tiene v2,altrimenti no ( v2 può essere eliminato dai generatori di V).

. . .n) Si considerano i vi, con i ≤ n− 1, non scartati.

Se {. . . , vi, . . . , vn} è l.i. allora si tiene vn,altrimenti no (vn può essere eliminato dai generatori di V).

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Teoria della base per spazi finitamente generati

Insiemi massimali di indipendenti e insiemi minimali digeneratori

Un insieme {v1, . . . , vk} di vettori di V si dice insieme massimale di vettorilinearmente indipendenti (in V) se {v1, . . . , vk} è l.i. e, comunque presov ∈ V , l’insieme {v1, . . . , vk, v} è l.d..

Siano v1, . . . , vn ∈ V e sia r ≤ n. Si dice che {v1, . . . , vr} è un sottoinsiememassimale di vettori l.i. in {v1, . . . , vn} se

v1, . . . , vr sono l.i.∀i, r + 1 ≤ i ≤ n l’ insieme {v1, . . . , vr, vi} è l.d..

TEOREMA - Sia V = 〈v1, . . . , vn〉 6= {0}.Un sottoinsieme massimale di vettori l.i. {v1, . . . , vr} (in {v1, . . . , vn}) è unabase di V .

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Teoria della base per spazi finitamente generati

Dimostrazione. Occorre solo provare che {v1, . . . , vr} genera V . Anzituttoricordiamo che ∀i, r + 1 ≤ i ≤ n, l’ insieme {v1, . . . , vr, vi} è l.d., quindiesistono coefficienti non tutti nulli λ1, . . . , λr, k tali che

λ1v1 + · · ·+ λrvr + kvi = 0.

Non può essere k = 0, altrimenti {v1, . . . , vr} sarebbe l.d.Quindi vi è combinazione lineare di v1, . . . , vr, ∀i, r + 1 ≤ i ≤ n e può essereeliminato dai generatori .

OSSERVAZIONE - Se {v1, . . . , vk} è un insieme massimale di vettorilinearmente indipendenti (in V), allora {v1, . . . , vk} è una base di V .

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Teoria della base per spazi finitamente generati

Siano v1, . . . , vr ∈ V . Si dice che {v1, . . . , vr} è un insieme minimale digeneratori se

v1, . . . , vr generano V∀i, 1 ≤ i ≤ r l’insieme {v1, . . . , vr}r {vi} non genera V .

OSSERVAZIONE - Sia V 6= {0}.Un insieme minimale di generatori {v1, . . . , vr} è una base di V .

Dimostrazione. Occorre solo provare che {v1, . . . , vr} è l.i..Sia

λ1v1 + · · ·λrvr = 0.

Se esistesse λi 6= 0 con 1 ≤ i ≤ r, il vettore vi sarebbe combinazione linearedei vettori {v1, . . . , vr}r {vi} e di conseguenza {v1, . . . , vr}r {vi}genererebbe V.

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Teoria della base per spazi finitamente generati

Equicardinalità delle basi

TEOREMA - Sia V uno spazio vettoriale con base costituita da n vettori.Comunque presi m vettori di V , con m > n, questi vettori sono l.d.

Dimostrazione - Sia {v1, . . . , vn} una base di V e siano w1, . . . ,wm ∈ V , conm > n.Supponiamo, per assurdo, che {w1, . . . ,wm} sia l.i..Mostriamo anzitutto che

(∗) in tal caso sarebbe possibile trovare n vettori in {w1, . . . ,wm} chegenerino V .

Per ipotesi esistono λ1, . . . , λn non tutti nulli, tali chew1 = λ1v1 + · · ·+ λnvn. Poiché w1 6= 0 (è l.i.), qualche λi è non nullo, adesempio λ1 6= 0. Quindi , da −w1 + λ1v1 + · · ·+ λnvn = 0, si deduce che v1 ècombinazione lineare di w1, v2, . . . , vn. Quindi

V = 〈v1, v2, . . . , vn〉 = 〈w1, v2, . . . , vn〉

cioè nella base di V abbiamo potuto "sostituire un v con un w".

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Teoria della base per spazi finitamente generati

Mostriamo ora ricorsivamente che se 〈w1, . . .wr, vr+1, . . . , vn〉 = V allora(eventualmente dopo aver riordinato i vettori vr+1, . . . , vn) anche〈w1, . . .wr+1, vr+2, . . . , vn〉 = V (cioè nella base di V abbiamo potuto"inserire un altro w al posto di un v").Sia quindi 〈w1, . . .wr, vr+1, . . . , vn〉 = V . Per ipotesi esistonoα1, . . . , αr, βr+1 . . . βn tali chewr+1 = α1w1 + · · ·+ αrwr + βr+1vr+1 + · · ·βnvn.L’insieme {w1, . . . ,wr,wr+1} è l.i., pertanto qualche βi è non nullo, adesempio βr+1 6= 0. Quindi si deduce che vr+1 è combinazione lineare diw1, . . .wr+1, vr+2, . . . , vn. Quindi 〈w1, . . .wr+1, vr+2, . . . , vn〉 = V.Con questo abbiamo dimostrato (∗).

Poiché anche wn+1 ∈ V , il vettore wn+1 è combinazione lineare di w1, . . .wn,per cui {w1, . . .wn,wn+1} è l.d.. Allora però anche {w1, . . .wn,wn+1 . . .wm}sarebbe l.d., contro l’ipotesi.

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Teoria della base per spazi finitamente generati

TEOREMA - Sia V uno spazio vettoriale. SianoA = {a1, . . . , an},B = {b1, . . . , bk} basi di V ⇒ n = k.

Dimostrazione. A è una base costituita da n vettori⇒ più di n vettori sono l.d.B = {b1, . . . , bk} è l.i. (perché base)⇒ k ≤ nScambiando il ruolo di A e di B nell’argomentazione precedente si han ≤ k⇒ n = k.

Riassumendo, abbiamo provato che

se V è uno spazio vettoriale su un campo K, V 6= {0} e f.g. allora:

I) (esistenza) V ha base (finita);II) (equicardinalità) tutte le basi di V sono costituite dallo stesso numero di

vettori.

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Teoria della base per spazi finitamente generati

La dimensione di uno spazio vettoriale

Sia V uno spazio vettoriale su un campo K.Si dice dimensione di V , e si scrive dim V (o dimK V ) il numero così definito:

dim V =

0 se V = {0}n se V è f.g. ed ha base con n vettori∞ se V non è f.g..

Ad esempio:

dim VectO(E3) = 3;dimKn = n;dim Matm,n = mn;dimK[x] =∞;dimKd[x] = d + 1;dimCCn = n, dimRCn = 2n.

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Teoria della base per spazi finitamente generati

TEOREMA - Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n. Comunque presi nvettori linearmente indipendenti, questi costituiscono una base di V .

Dimostrazione. Sia S = {v1, . . . , vn}. S è un insieme massimale di l.i.(non sipuò aggiungere nemmeno un vettore senza che diventino dipendenti), quindi èuna base.

TEOREMA - Sia V uno spazio vettoriale di dimensione n. Comunque presi nvettori che generano V , questi costituiscono una base di V .

Dimostrazione. Sia S = {v1, . . . , vn}. S è un insieme minimale di generatori(non si può togliere nemmeno un vettore, per l’equicardinalità delle basi),quindi è una base.

COROLLARIO - Sia V uno spazio vettoriale f.g., dim V = n e U ⊆ V unsottospazio. Allora anche U è f.g. e dim U = k ≤ n. Inoltre, k = n⇔ U = V .

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Teoria della base per spazi finitamente generati

Dimostrazione. Se U = {0} il risultato è ovvio. Altrimenti U contienealmeno un vettore l.i. u1. Aggiungiamo vettori u2, u3, . . . in modo che{u1, u2}, {u1, u2, u3}, . . . siano l.i. Dopo un numero finito di passi il processosi arresta perché in V (e quindi in U) non possono esserci più di n vettori l.i.Sia quindi {u1, . . . , uk} un insieme massimale di vettori l.i. in U (con k ≤ n).Per quanto visto {u1, . . . , uk} è una base di Ue quindi dim U = k ≤ n = dim V.Se inoltre k = n, {u1, . . . , uk} base di U è anche base di V , perché V hadimensione n e k = n vettori l.i. sono una base.U = 〈u1, . . . , uk〉 = V .Il viceversa, U = V ⇒ k = n, è ovvio.

OSSERVAZIONE (completamento della base) - Sia V uno spazio vettoriale didimensione n. Sia poi r ≤ n e siano v1, . . . vr ∈ V vettori l.i.. Allora esistonovettori wr+1, . . . ,wn tali che {v1, . . . vr,wr+1, . . . ,wn} sia una base di V .

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Formula di Grassmann

index

1 Relazioni in un insieme2 Gruppi, anelli, campi3 I numeri complessi4 Forma algebrica e forma trigonometrica; potenze, radici5 Il teorema fondamentale dell’Algebra6 Matrici7 Risoluzione dei sistemi di equazioni lineari8 Spazi vettoriali9 Sottospazi10 Sistemi di generatori11 Dipendenza e indipendenza lineare12 Basi13 Teoria della base per spazi finitamente generati14 Formula di Grassmann

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Formula di Grassmann

TEOREMA (Formula di Grassmann) - Sia V uno spazio vettoriale f.g. su uncampo K, e siano X,Y ⊆ V sottospazi. Si ha:

dim X + dim Y = dim(X ∩ Y) + dim(X + Y).

Dimostrazione. Anzitutto tutti gli spazi coinvolti sono f.g. perchè lo è V . Siadim(X ∩ Y) = i.

Se i = 0, cioè X ∩ Y = {0} siano {x1, . . . xr} una base di X, e{y

1, . . . , y

s} una base di Y .

Se i ≥ 1, sia {v1, . . . , vi} una base di X ∩ Y. I vettori v1, . . . , vi sono l.i.,quindi, per il teorema di completamento della base, ∃xi+1, . . . , xr tali che{v1, . . . , vi, xi+1, . . . , xr} sia base di X e ∃y

i+1, . . . , y

stali che

{v1, . . . , vi, yi+1, . . . , y

s} sia base di Y .

In ogni caso abbiamo dim X = r, dim Y = s, dim X ∩ Y = i. Dobbiamo quindidimostrare che dim(X + Y) = r + s− i.Allo scopo faremo vedere che B = {v1, . . . , vi, xi+1, . . . , xr, yi+1

, . . . , ys} è

base di X + Y .

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Formula di Grassmann

1) - B è insieme di generatori per X + Y:X + Y = {v = x + y}, x ∈ X = 〈v1, . . . , vi, xi+1, . . . , xr〉, y ∈ Y =〈v1, . . . , vi, yi+1

, . . . , ys〉 ⇒ x + y ∈

〈v1, . . . , vi, xi+1, . . . , xr, yi+1, . . . , y

s〉 ⇒ 1).

2) - B è l.i.:

(?)α1v1 + · · ·+ αivi + βi+1xi+1 + · · ·+ βrxr + γi+1yi+1

+ · · ·+ γsys= 0

α1v1 + · · ·+ αivi + βi+1xi+1 + · · ·+ βrxr = −γi+1yi+1· · · − γsys

.

Il I membro è un vettore di X, mentre il II membro è un vettore di Y , quindientrambi appartengono a X ∩ Y . In particolare il II membro può essereespresso come combinazione lineare di elementi della sua base di X ∩ Y:

−γi+1yi+1· · · − γsys

= δ1v1 + · · ·+ δivi

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Formula di Grassmann

δ1v1 + · · ·+ δivi + γi+1yi+1

+ · · ·+ γsys= 0

v1, . . . , vi, yi+1, . . . , y

scostituiscono una base di Y (quindi l.i.)

⇒δ1 = · · · = δi = 0, γi+1 = · · · = γs = 0.

Quindi la (?) diviene

α1v1 + · · ·+ αivi + βi+1xi+1 + · · ·+ βrxr = 0

v1, . . . , vi, xi+1, . . . , xr base di X (quindi l.i.)⇒α1 = · · · = αi = 0, βi+1 = · · · = βs = 0

⇒ tutti i coefficienti nella (?) sono necessariamente 0⇒ 2).

COROLLARIO - Sia V uno spazio vettoriale f.g. su un campo K, e sianoX,Y ⊆ V tali che V = X ⊕ Y. Si ha dim X + dim Y = dim V.

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Formula di Grassmann

ESEMPI. Sia V = VectO(E3)1) Siano r, s rette per O distinte tra loro. Sia X = VectO(r),Y = VectO(s). Siha X ∩ Y = {0}.Abbiamo visto che il sottospazio somma X ⊕ Y corrisponde allo spazio deivettori per O che giacciono sul piano π che contiene r e s: X + Y = VectO(π).Si ha: 1 + 1 = dim X + dim Y = dim(X ⊕ Y) = 2.

2) Siano α, β piani per O distinti tra loro e sia r = α ∩ β. SiaX = VectO(α),Y = VectO(β).Si ha X + Y = V e X ∩ Y = VectO(r).Si ha: 2 + 2 = dim X + dim Y = dim(X ∩ Y) + dim(X + Y) = 1 + 3.

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