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Genere e crimine nella società postmoderna La donna kamikaze Giselda Cianciola

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Genere e criminenella società postmodernaLa donna kamikaze

Giselda Cianciola

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(06) 93781065

ISBN 978–88–548–2593–2

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I edizione: giugno 2009

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INDICE

Prefazione ............................................................................. 11

Capitolo I

La criminalità femminile: il contesto teorico dell’approccio bio-psicologico

1. L’attenzione scientifica alle differenze di genere

nella criminalità ........................................................... 15 2. Cesare Lombroso e la donna delinquente ................... 17 2.1. Il periodo storico ....................................................... 17 2.2. La “Donna delinquente” di marca positivista .................. 21 3. Analisi delle principali teorie biologiche post–

lombrosiane .................................................................. 28 3.1. La sindrome cromosomica .......................................... 28 3.2. Il ruolo delle disfunzioni ormonali e i fattori organici

nella formazione del comportamento aggressivo ............. 32 4. Gli approcci psicoanalitici alle problematiche del-

la criminalità femminile .............................................. 35 4.1. Il ruolo delle emozioni e delle passioni ed il concetto

di normalità nel comportamento umano ......................... 35 4.2. Il comportamento aggressivo ....................................... 41

Indice 8

Capitolo II

La criminalità femminile: il contesto teorico dell’approccio sociologico

1. Le interpretazioni della psicologia sociale ................. 47 2. La statistica morale: i primi studi sociali ................... 53 2.1. Uno sguardo ai dati statistici attuali .............................. 55 3. La questione della socializzazione ............................. 62 4. La donna vittima .......................................................... 67

Capitolo III

Religione e identità 1. Il ruolo della religione ................................................. 71 2. La religione vista in chiave socio–filosofica: i con-

tributi di Hegel, Marx, Weber e Durkheim ................ 72 2.1. Il pensiero di Karl Marx ............................................. 76 2.2. Il pensiero di Weber e Durkheim .................................. 78 3. La religione e l’ordine sociale: l’antichità ................. 81 3.1. I riti nell’antica Grecia e il culto degli Dei in Egitto ........ 81 3.2. La religione delle streghe ............................................ 85

Capitolo IV

Cenni sull’islamismo dalle origini alla situazione attuale

1. Il Corano: aspetti morali e giuridici ............................ 93 2. La religione islamica nella realtà attuale .................... 100

Indice 9

Capitolo V

Kamikaze: diversità ed analogie fra passato e presente 1. I Kamikaze Giapponesi ............................................... 109 2. Le origini del concetto di suicidio: risvolti socio-

logici e filosofici .......................................................... 117 2.1. La dissertazione filosofica: il contributo di Kant ............. 117 2.2. Emile Durkheim ........................................................ 120 3. I nuovi Kamikaze: analisi di un fenomeno tra

religione e politica ....................................................... 123

Capitolo VI

L’evoluzione della criminalità femminile: la donna Kamikaze tra emancipazione e vendetta

1. Il fondamentalismo islamico: il punto di partenza

verso nuove forme di terrorismo ................................. 131 2. Il terrorismo .................................................................. 137 3. La dimensione religiosa nel dettaglio: il Waha-

bismo ............................................................................ 144 4. Differenze di genere e criminalità terroristica: la

donna Kamikaze ........................................................... 150 4.1. La vendetta delle vedove nere ...................................... 150 4.2. Il ruolo dell’emancipazione ......................................... 156 4.3. Gli studi attuali ......................................................... 168

4.4. La situazione delle donne alla luce delle teorie più attuali ...................................................................... 171

5. Note conclusive ............................................................ 177 Bibliografia .......................................................................... 181

Indice 10

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CAPITOLO I

LA CRIMINALITA’ FEMMINILE: IL CONTE-STO TEORICO DELL’APPROCCIO BIO-

PSICOLOGICO

1. L’attenzione scientifica alle differenze di genere nella criminalità. - 2. Cesare Lombroso e la donna delinquente. - 2.1. Il periodo storico. - 2.2. La “Donna Delinquen-te” di marca positivista. - 3. Analisi delle principali teorie biologiche post-lombrosiane. - 3.1. La sindrome cromosomica. - 3.2. Il ruolo delle disfunzioni ormonali e i fattori organici nella formazione del comportamento aggressivo. - 4. Gli approcci psicoanalitici alle problematiche della criminalità femminile. - 4.1. Il ruolo delle emozioni e delle passioni ed il concetto di normalità nel comportamento umano. - 4.2. Il comportamento aggressivo.

1. L’attenzione scientifica alle differenze di genere nella criminalità

Da sempre le statistiche hanno rilevato una minore incidenza

della delittuosità femminile rispetto a quella maschile. Tuttavia negli ultimi anni si è assistito ad un lieve aumento di questo fenomeno, solo per quanto riguarda alcune categorie di reato fra le quali non vi è quella dei reati contro la persona. Si può dire quindi, che le donne seguitano ed essere meno violente degli uomini. Questa minore delittuosità delle donne è in parte appa-rente: sembra, che una eventuale determinata percentuale di delitti femminili, non venga rilevata. In altre parole, il cosiddet-to numero oscuro1 sarebbe molto più elevato rispetto a quello

1 Per capire il fenomeno della criminalità e cercare di quantificarlo, esistono le c.d.

statistiche giudiziarie che registrano le denunce, i giudizi e le condanne, tenendo presen-te un determinato lasso di tempo. Fatta questa premessa, bisogna aggiungere che esiste anche la possibilità che non tutti i reati vengono denunciati o pervengono alle autorità giudiziarie per cui: «l’insieme di reati commessi, ma non registrati, costituisce la crimi-nalità nascosta e numero oscuro è quello con il quale si indica, per ogni reato, la percen-tuale degli eventi non registrati rispetto al totale degli eventi stessi» (vedi Ponti G., Compendio di Criminologia, RaffaelloCortina, Milano, 1999, pp. 54-56).

Capitolo I 16

dei delitti maschili. Il lungo dibattito sull’argomento della criminalità femminile,

che si è susseguito negli anni, ha ad oggetto le cause ipotizzabili secondo cui, il tasso di delinquenza delle donne risulta essere minore rispetto a quello degli uomini. È importante, altresì, sta-bilire quali siano i fattori che inducono o meno la donna a porre in essere comportamenti devianti: ed è per questo che la crimi-nologia, da sempre, ha svolto uno studio comparato, ponendo in primo piano quelle che sono le differenze fra uomo e donna che maggiormente incidono sul comportamento criminale. Numero-si sono stati i contributi offerti da antropologi, psicologi e socio-logi che hanno partecipato all’acceso dibattito sulla criminalità femminile e ad oggi le teorie esplicative, si possono raggruppa-re in tre tipologie2:

1. Teorie biopsicologiche: i precursori principali sono il Lombroso e Freud, ma gli studi che tengono presenti quali fattori scatenanti il comportamento deviante e cri-minale, anomalie fisiche o psicologiche, sono anche Pol-lak, Ferrero, Thomas. I fattori influenzanti la criminalità femminile, per questi studiosi, sono essenzialmente quattro:

Problemi di adattamento; Anomalie cromosomiche; Problemi di ipersviluppo fisico; Problemi biopsicologici associati a parto, pubertà. I punti focali di suddette teorie sono:

2 Offre tale classificazione con cui si può concordare, Gullotta G., Elementi di psi-

cologia giuridica e di diritto psicologico, Giuffrè, Milano, 2000, p. 159. Per approfon-dimenti si veda altresì, Mannheim H., Trattato di Criminologia comparata, Vol II, Giulio Einaudi, Torino, 1975, pp. 801 e ss. L’autore riporta la classificazione di quei fattori che incidono sulla attuazione o meno di un comportamento deviante femminile, operando una distinzione che consiste nel raggruppare i fattori psicologici e sociologici in un’unica categoria, tale da avere una tassonomia ordinata nel seguente modo: 1) fattori fisici; 2) fattori psicologici e sociologici. A riguardo si pone in evidenza lo studio condotto da Pollak, il quale ha la tendenza ad eliminare del tutto il fattore psicologico, ritenendo lo stesso, una parte perfettamente scindibile dall’indagine criminologica sulla delinquenza femminile, per via di una annosa questione che, da sempre, ha visto come antagonisti gli psicologi e i ricercatori sociali.

Il contesto teorico dell’approccio bio-psicologico 17

L’alta correlazione tra personalità, temperamento e so-matotipo;

Forte correlazione fra comportamento aggressivo e pre-senza di testosterone nel sangue;

Comportamento criminale come risultato di problemi di adattamento conseguenti al complesso di castrazione (secondo Freud) o relativi all’esercizio della sessualità (secondo Thomas)

2. Teoria della psicologia evoluzionistica di Daly, Wilson e Buss. Questi teorici, invece sostengono, che la donna può delinquere in base a tre fattori influenzanti quali:

La necessità di adattamento all’ambiente; La necessità di sopravvivenza; La necessità di preservare la prole più sana, più adulta o

con maggiori capacità riproduttive. 3. Le teorie sociologiche le quali, sostanzialmente possono

suddividersi nel seguente modo: Le teorie dei ruoli sociali; Teorie dell’emancipazione delle donne; Teorie del power-control; Teorie femministe.

2. Cesare Lombroso e la donna delinquente 2.1. Il periodo storico

I primi studi condotti sull’argomento, sono stati compiuti da Cesare Lombroso e dai suoi collaboratori, intorno all’800, e spiegano l’atteggiamento deviante della donna, come il frutto di una “inferiorità biologica e intellettuale” che la porta ad assu-mere condotte pressoché inadeguate e irresponsabili.3 Questo spiegherebbe il basso tasso di criminalità femminile, rispetto a

3Bisi S., Criminalità femminile e differenze di genere, in http://w3.uniro

ma1.it/dcnaps/bisi/criminaliA.htm.

Capitolo I 18

quello maschile, tenendo anche presente che i delitti “tipici” femminili, in quei tempi, essendo prevalentemente collegati ad una particolare condizione biologica della donna, potevano es-sere essenzialmente l’infanticidio, la prostituzione, l’aborto fino ad arrivare all’adulterio4.

Dal punto di vista del contesto storico il merito di Cesare Lombroso5, come più in generale del positivismo criminologico è stato quello di polarizzare lo studio del reato sulla personalità del delinquente, sebbene servendosi altresì, dei metodi di ricer-ca biologica per analizzare quelle che sono le anomalie fisiche di ciascun individuo, dalle quali potrebbe scaturire un compor-tamento deviante6. L’autore, in realtà riprende gli studi condotti dai frenologi quali, Gall, Spurzheim o Lavater. In particolare, secondo Lavater «la fisionomia umana fornirebbe la chiave per capire la personalità umana»7. L’illustre padre della criminolo-gia, prima di giungere all’analisi di tutti quei fattori che si inter-

4 Ibidem.

5 Cesare Lombroso nasce a Verona, il 6 novembre 1835 e muore nel 1909. Studia

medicina a Pavia e a Vienna, interessandosi soprattutto alla psichiatria; nel 1874 diviene professore di medicina legale ed igiene pubblica all’ Università di Torino, dove, succes-sivamente, riceve la nomina di professore di psichiatria e di antropologia criminale. Fra le sue opere ricordiamo: Genio e follia (1864); L’uomo di genio e Genio e degenerazio-ne (1897) (vedi a riguardo Wolfang M.E., Cesare Lombroso, 1835-1900, citato in Man-nheim H., Trattato di …, op. cit., pp. 232-291).

6 Ponti G., Compendio di criminologia, op. cit., pag. 92. Lombroso si avvale di al-

cuni principi presi dalla filosofia e dalle scienze naturali quali il positivismo scientifico o la teoria evoluzionistica di Darwin, fino ad arrivare alla teoria della degenerazione di Morel. Fra le numerose teorie di Lombroso si riportano di seguito due delle più famose: 1) teoria del delinquente nato, 2) teoria dell’atavismo. Secondo la prima, la maggior parte dei criminali presenterebbe delle “disposizioni congenite”, ossia presenti fin dalla nascita, che condurrebbero l’individuo ad essere antisociale per natura, prescindendo da quelli che sono i fattori ambientali. Il delinquente nato, secondo una definizione riporta-ta da Mannheim, è colui il quale presenta alcune malformazioni del cranio o particolari asimmetrie facciali, accompagnati da altri segni di “degenerazione” come un «cervello di dimensioni eccessive o troppo ridotte, una fronte bassa, zigomi pronunciati, occhi strabici, sopracciglia folte e prominenti, naso storto, grandi orecchie». (vedi Mannheim H., Trattato di…, Vol I, op. cit., pag 285).

L’atavismo, invece, spiega la condotta criminosa «come una forma di regressione o di fissazione a livelli primordiali dello sviluppo dell’ uomo».

7 Mannheim H., Trattato di…, Vol I, op. cit., pag. 282. Quando si parla di frenolo-

gia, intendiamo per essa «la ricerca di relazione fra la forma del cranio, il cervello e il comportamento sociale».

Il contesto teorico dell’approccio bio-psicologico 19

secano fra loro e che contribuiscono alla realizzazione del com-portamento deviante femminile, parte dallo studio dell’uomo delinquente, evidenziandone i tratti caratteristici e raggruppan-doli in tre categorie:

fisici, anatomici: fra questi si annoverano, a solo titolo di esempio, l’asimmetria facciale, il prognatismo, il cranio anormale, la fronte sfuggente;

biologici, funzionali: ovvero il mancinismo, l’epilessia, la paresi facciale, il daltonismo;

psico-morali: nell’ambito dei caratteri psicologici si pos-sono riscontrare l’insensibilità morale, l’imprevidenza, la scarsa intelligenza o i sentimenti egoistici8. Accanto alla figura dell’uomo delinquente, il Lombroso parla an-che del cosiddetto mattoide, ossia dell’ individuo «insta-bile ma eroico che combina il volgare con il sublime»9.

La breve disamina sulla classificazione dell’uomo delin-quente, è necessaria per capire che ai tempi del Positivismo bio-logico10, il ruolo della donna è piuttosto marginale e se si vuole

8 Berzano L.,-Prina F., Sociologia della devianza, Carocci, Roma, 1999, pag. 46.

Gli autori riportano una ulteriore schematizzazione operata dal Ferri, il quale, pur par-tendo dalla teoria del Lombroso circa la relazione fra fattori fisici e criminalità, se ne discosta, dando maggior rilievo alla cosiddetta “multidimensionalità del delitto”. A tal proposito distingue i delinquenti nel seguente modo: 1) occasionali: coloro i quali sono influenzati da fattori esterni nel compimento di azioni antisociali; 2) passionali: in que-sto caso, i fattori morali e sociali sono alla base di qualsiasi atto criminale; 3) abituali: per questa tipologia, prevalgono,altresì, i fattori economici e sociali; 4) folli: in tal caso, la presenza di disturbi mentali può agire sulla condotta; 5) nati: ovvero coloro che sono portati al crimine a causa del loro essere impulsivi e privi di senso morale.

9 Gibson M., Nati per il crimine. Cesare Lombroso e le origini della criminologia

biologica, Mondadori, Milano, 2004, pag. 24. Si veda, altresì, il contributo di Berzano L.-Prina F., Sociologia della devianza, op. cit., pp. 46 e ss; Betsos Merzagora I., Demo-ni del focolare. Mogli e madri che uccidono, Centro Scientifico, Torino, 2003, pp. 5 e ss.

10 Il positivismo biologico nasce e si sviluppa insieme alla statistica morale

nell’Ottocento e i principali punti focali possono, così, delinearsi: «1) forza dei fattori biologici ereditari nella genesi del delitto; 2) idea del delinquente nato; 3) pessimismo sulla possibilità di intervenire nel settore della criminalità, se si eccettuano misure euge-netiche a lunga scadenza; 4) rifiuto di ogni considerazione morale nella interpretazione del delitto e nel trattamento dei delinquenti». (vedi Berzano L.-Prina F., Sociologia della devianza, op. cit., pag. 45). Una ulteriore definizione del Positivismo biologico è offerta dal Ponti il quale delinea gli aspetti fondamentali della corrente nel seguente

Capitolo I 20

affrontare il discorso sulla criminalità femminile, occorre parti-re, secondo gli studiosi di suddetta corrente, dall’analisi del comportamento antisociale maschile. Nel periodo in cui il Lombroso compie i propri studi, infatti, si assiste ad una netta separazione dei ruoli nell’ambito della società. La donna, ha una posizione subordinata rispetto all’uomo e, questo si osserva in tutti gli ambiti della vita, da quello lavorativo a quello fami-liare. Questo, naturalmente, si riflette anche in relazione allo studio sulla criminalità posto in essere dai positivisti.

Nel XIX secolo, infatti, si verificò un mutamento della situa-zione economica e demografica in Italia e la conseguenza mag-giore fu un effettivo aumento della criminalità e una “preoccu-pazione” da parte degli antropologi criminali di un aumento della criminalità femminile. Si ritenne necessario, quindi, uno studio comparato che permettesse di far luce sulle differenze fra la criminalità maschile e quella delle donne. Si ricercò il motivo per cui le donne tenderebbero ad assumere un comportamento antisociale. La spiegazione, secondo i teorici positivisti, risiede-rebbe proprio nel fatto che, nonostante questi mutamenti storici, le donne furono, almeno per tutto l’ottocento, subordinate agli uomini e, ciò le avrebbe rese più vulnerabili e facili prede di un atteggiamento deviante. L’uomo si sente più forte perché, effet-tivamente, ricopre un ruolo sociale più importante rispetto alla donna e questa, d’altro canto, non ha lo stesso appoggio dalla collettività11. In particolare, il rapporto con la Chiesa, sembra essere piuttosto contrastato, in quanto, si assisteva, in Italia, ad una maggiore libertà di pensiero e di movimento che portava il genere femminile a comportarsi se non proprio allo stesso mo-do, ma in maniera analoga, al genere maschile: agli uomini, in-

modo: «1) il delinquente è un individuo “anormale”; 2) il delitto è la risultante di un triplice ordine di fattori antropologici, psichici e sociali; 3) la delinquenza non è la con-seguenza di scelte individuali ma è condizionata da tali fattori; 4) la sanzione penale non deve avere finalità punitive ma deve mirare alla neutralizzazione e possibilmente alla rieducazione del criminale e deve pertanto essere individualizzata in funzione della personalità del delinquente» (vedi Ponti G., Compendio di criminologia, op. cit., pp. 95-99).

11 Gibson M., Nati per il crimine…, op. cit., pp. 71 e ss.

Il contesto teorico dell’approccio bio-psicologico 21

fatti, da sempre, è stato concesso di avere rapporti pre-matrimoniali, o, comunque di rompere lunghi fidanzamenti, mentre alle donne questo è negato12. La conseguenza di questo comportamento fu il relativo aumento delle nascite al di fuori del matrimonio, con la relativa chiusura dei rapporti da parte della Chiesa Cattolica nei confronti della donna che avesse po-sto in essere un atto contrario a quei dogmi fondamentali su cui si basa il credo cattolico, ma anche dello Stato. L’esito, è la “di-sperazione” di quante si trovano a dover fronteggiare una con-dizione precaria per sé e per i bambini considerati illegittimi, non solo da un punto di vista economico, ma anche e soprattutto da un punto di vista morale: risulta facile intuire, quindi come in questo periodo, si assiste ad un aumento dei casi di infantici-dio13. Tenendo presente la situazione, si fanno sempre più spa-zio le teorie del Lombroso che cercano, innanzitutto di capire, quali sono le differenze fra la donna normale e quella delin-quente, affrontando il discorso da un punto di vista strettamente biologico.

2.2. La “Donna Delinquente” di marca positivista

Uno studio più approfondito e sistematico sulla criminalità

femminile vista con gli occhi dei positivisti, inizia con la Donna delinquente, la prostituta e la donna normale l’opera è scritta dal Lombroso e da Ferrero, i quali, per la prima volta, propon-gono ipotesi sull’agire femminile deviante, arrivando alla con-clusione secondo la quale l’unico modo che la donna ha di svi-luppare la propria devianza, è la prostituzione: la loro opera contiene un intero capitolo che affronta la disamina della parti-

12 Ibidem. L’autrice, in particolare, affronta il discorso relativo alla protezione che

la Chiesa, prima del XVII sec., offriva alle donne e alle loro famiglie, in caso di abban-dono da parte dei fidanzati: nella fattispecie, infatti, queste potevano rivolgersi ai tribu-nali ecclesiastici, per ottenere che i pretendenti le sposassero o ne mantenessero la prole illegittima. Successivamente dopo il Concilio di Trento, (vedi a riguardo Zucca M., Donne delinquenti. Storie di streghe, eretiche, ribelli, rivoltose, tarantolate, Simone, Napoli, 2004, pp. 304- 306) l’atteggiamento della Chiesa torna ed essere irremovibile e ad ammettere unicamente il matrimonio religioso come unica forma di tutela.

13 Ibidem.

Capitolo I 22

colare categoria delle “prostitute nate”14 ed una ricerca di tutti i fattori di natura biologica ed ereditaria che contribuiscono alla nascita di questa.

Gli autori, riportando una teoria di Tarnowsky, sostengono che le donne prostitute si avvicinano ad una particolare tipolo-gia di delinquente che nella fattispecie viene riconosciuto come “pazzo morale”15. Secondo Tarnowsky, l’esempio tipico di pro-stituta che presenta una mancanza assoluta di un determinato senso morale, è la cosiddetta “prostituta impudica”, nella quale mancherebbero assolutamente tutti i sentimenti da cui deriva il rispetto alla proprietà16. Scrive il Lombroso:

«Si appropriano volentieri di un oggetto che ecciti il loro

desiderio, ma non mancano di protestare se una compna fa lo stesso a loro riguardo»17

La conclusione alla quale arrivano il Lombroso ed il Ferrero,

è ovvia se si considerano i fattori biologici predisponenti la pro-stituzione ed altre forme caratteristiche di devianza femminile. Gli studiosi che partono dalla descrizione della donna normale, ponendo in primo piano, le caratteristiche fisiche e mentali che rendono diverso l’agire femminile, a seconda se si tratti della

14

Vedi Lombroso C.-Ferrero G., La donna delinquente, la prostituta e la donna normale, Fratelli Bocca, Torino, 1923, pp. 365 e ss.

15 Si riporta in questa sede uno studio compiuto da Schϋle e citato da Lombroso e

Ferrero, secondo il quale, la pazzia morale nella donna si dimostra attraverso determina-ti atteggiamenti ed in particolari avvenimenti. A solo titolo d’esempio scrive il Lombro-so: «nei primi periodi del matrimonio: per evitare la gravidanza dimostrano una aperta ripugnanza verso il marito; se hanno figli li trattano con non dissimulata indifferenza, li consegnano a cuor leggero alla prima nutrice per non alterare la loro bellezza; se il marito non seconda qualcuno dei tanti capricci, si vendicano con maltrattamenti sui bambini» (vedi Lombroso C.-Ferrero G., La donna delinquente…, op. cit. pp. 426-427). Attualmente, gli studi condotti in tema di infanticidio, cercano di spiegare il gesto delle madri che maltrattano fino ad uccidere un figlio, come una diretta conseguenza di un rapporto difficile con il marito o compagno. Si parlerà in seguito del cosiddetto “Com-plesso di Medea” da cui sono affette numerose donne che si sono rese artefici del crimi-ne di infanticidio.

16 Lombroso C.-Ferrero G., La donna delinquente…, op. cit., pag. 366.

17 Ibidem.

Il contesto teorico dell’approccio bio-psicologico 23

tipologia di donna deviante o “sana”, arrivano alla conclusione che quest’ ultima «segna un grado di evoluzione meno avanzata e più infantile dell’uomo, così nella statura, nel peso, nella scar-sezza di pelo, nella maggior lunghezza del tronco, nella mag-gior ricchezza di grasso, nel minor numero e peso specifico dei globuli rossi del sangue e nella minore energia di funzioni fisiologiche»18.

Per quanto riguarda le caratteristiche psicologiche, altresì, esistono notevoli differenze fra l’uomo e la donna e conseguen-temente fra la donna normale e quella delinquente che si posso-no dimostrare con “la minore sensibilità della stessa”19. In real-tà, la teoria del Lombroso e del Ferrero che riguarda nella fatti-specie la minore sensibilità femminile, rispetto a quella maschi-le, è stata oggetto di opinioni discordanti e sottoposta a critiche già in ambito positivistico come riferiva Ferri. Ricordiamo la critica del Sergi, il quale ha rilevato che non sempre si è dato al concetto di sensibilità, il giusto significato, ma anzi, molto spes-so, si è confuso con quello di irritabilità. Scrive il Sergi:

si è sempre scambiata nella donna la sua maggiore irritabilità con la sensibilità, che è invece minore, così nei sensi specifici del tatto, del gusto, della vista come nel senso sessuale, come nel dolore, a cui, ap-punto per questa minore sensibilità, le donne resistono molto più che gli uomini, sebbene la loro irritabilità maggiore ne renda molto più e-spansive e clamorose le manifestazioni, che perciò furono dalla osser-vazione comune e superficiale scambiate per una prova di più squisita sensibilità20. Se questa asserzione è vera, dunque, si potrebbe dire che tut-

ti gli studi e le ricerche riportate nella Donna delinquente, sa-rebbero vani, in quanto mirati a misurare e ricercare non già la sensibilità, quanto il grado di irritabilità della donna, scambiato in misura alquanto superficiale, per il concetto di sensibilità o

18

Ferri E., Studi sulla criminalità, Unione tipografico Torinese, Torino, 1926, pag. 421.

19 Ibidem.

20 Ivi, pag. 422.

Capitolo I 24

insensibilità sia essa di tipo sessuale o attinente al gusto, al tatto o all’olfatto.

A ben guardare, da una lettura più approfondita dell’opera, non si può evincere che la critica del Sergi sia plausibile: se si analizza la parte riguardante la sensibilità sessuale, si può notare come, il Lombroso, non fa altro che elencare una serie di fattori biologici che porterebbero la donna, in alcuni e particolari pe-riodi della sua vita, ad avere una effettiva insensibilità sessuale, che non potrebbe in alcun modo essere confusa con l’irritabilità21. Finora si è inteso parlare delle caratteristiche del-la donna normale, secondo i due autori, non bisogna tralasciare ed anzi, bisogna evidenziare maggiormente quelle che sono le peculiarità della donna delinquente e della prostituta. In via del tutto preliminare, occorre ricordare la classificazione che viene riportata nell’opera e che distingue sette categorie di donne de-linquenti di seguito riportate:

Criminali nate Ree d’occasione Ree per passione Prostituta nata Prostituta d’occasione Pazze criminali Delinquenti epilettiche e pazze morali Delinquenti isteriche22

21

A riguardo sono probanti alcuni frammenti presi da la Donna Delinquente, che spiegherebbero come Lombroso e Ferrero, parlando di sensibilità hanno inteso dare a questa, il significato letterario della parola. Scrivono gli autori: «ho conosciute ragazze che sono assolutamente insensibili all’amore; alcune presentano resistenza invincibile perché refrattarie al sentimento altre cedono solo passivamente, senza entusiasmo e senza preferenza». Per quanto riguarda il periodo della menopausa: «la sensibilità ses-suale va man mano scemando nell’epoca della menopausa, e nasce una ripulsione e un ribrezzo dell’amplesso, molto simile a quello delle femmine animali, cessata l’epoca della frega» (vedi Lombroso C.- Ferrero G., La Donna Delinquente…, op. cit., pp. 45-46).

22 Lombroso C- Ferrero G., La Donna Delinquente…, op. cit., pp. 271 e ss. La pre-

sente classificazione è, altresì, riportata anche da numerosi studiosi che si sono occupati degli studi biologici sulla personalità della donna deviante. A solo titolo si ricorda Cola-janni N., La sociologia criminale, Tropea, Catania, 1889, pp. 373-375.

Il contesto teorico dell’approccio bio-psicologico 25

In ciascuna delle categorie, sopra riportate, sono presenti

particolarità biologiche e psichiche comuni, fatta eccezione per le ree per passione, nelle quali prevale, da un punto di vista strettamente psicopatologico, il delirio di gelosia.

L’idea portante alla base di tali tipologie era fondata sull’ipotesi secondo cui, l’agire femminile, molto spesso, risulta essere il frutto di un adeguamento del comportamento femmini-le a quelli che sono i «moduli comportamentali della realtà strutturata del maschio»23, peraltro poi riproposta nelle conclu-sioni di altri studiosi.

L’assunzione di base era e talvolta tuttora è che la donna ha da sempre agito sulla spinta di motivazioni psicologiche che l’hanno resa una spettatrice passiva delle proprie azioni, non propriamente padrona degli eventi della vita, bensì, portata in-consciamente a compiere i suoi atti in risposta ad un comporta-mento maschile ben preciso. Secondo Deutsch:

la natura femminile, definita come “masochismo passivo”, sarebbe modellata dalla dominazione che subisce nell’ambiente familiare sin dalla tenera età ed in seguito da un ambiente sociale strutturato sulla predominanza maschile originata dalla posizione ricettiva che la don-na assume nel rapporto sessuale, dalla sua stessa struttura fisica e biopsichica24. A tal fine, lo studio comparato del Lombroso riguardante le

tipologie di donna delinquente cerca appunto di individuare in maniera più approfondita, gli elementi fisici e biopsichici pre-senti nella donna e che contribuiscono a far scaturire il compor-

23

Vedi Saponaro F., L’omicidio nelle donne e nei minori. Considerazioni metodo-logiche introduttive, Adriatica, Bari, 1977, pag. 23.

24 Vedi Buytendij F., La donna, Martinelli, Milano, 1970, pag. 133 citato in Sapo-

naro F., L’omicidio nelle donne…, op. cit., pp. 24 e ss. Questa idea, rispecchia perfetta-mente il clima sociale esistente all’epoca di Lombroso e che spiega l’omicidio posto in essere dalle donne, come risposta ad un soffocante dominio dell’uomo; mentre alcuni studiosi sono d’accordo nel sostenere che con l’avvento dei movimenti femministi, le spiegazioni mutano e di conseguenza cambia anche la posizione della donna che non viene vista più come soggetto passivo rispetto all’uomo, bensì come protagonista asso-luta del suo agire compreso quello deviante.

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tamento deviante. In modo molto simile a quanto sia pur successivamente ha

sostenuto Deutsch25, riguardo la natura femminile tendente all’essere modellata in base alle influenze della famiglia o co-munque a quelle maschili, il Lombroso, affermava, nella disa-mina sulla “rea d’occasione”, che «l’occasione che la tira nolen-te al delitto, è la suggestione del maschio; più spesso dell’amante; talora del padre e del fratello»26. Si può sostenere, in linea del tutto generale, che l’autore propone una serie di e-lementi che accomunano tutte le donne criminali: la prima con-clusione alla quale perviene il Lombroso, consiste nel sostenere che «la capacità cranica è minore e la mandibola è maggiore come fra gli uomini delinquenti, così fra le donne criminali e più ancora fra le prostitute; e le anomalie patologiche sono fra le donne delinquenti, specie le omicide, meno frequenti che nell’uomo delinquente»27.

In secondo luogo, analizzando le differenze fra le donne normali e quelle delinquenti, si nota che «la donna delinquente si avvicina di più al tipo virile»28, la prova viene data dalla pre-senza di alcuni tratti degenerativi quali la maggior presenza di peli, una elevata statura ed una spiccata lunghezza delle braccia; anche dal punto di vista psichico le donne delinquenti presenta-no caratteristiche prettamente maschili: se si passa alla disanima di una particolare categoria, quella delle “ree per passione”, il Lombroso sostiene che queste presentano, al pari dell’uomo, il “gusto per le armi”, nonché la tendenza ad assumere un atteg-giamento “fiero, energico e risoluto” ed un “piacere a vestirsi da uomo”29.

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L’autrice sostiene che il comportamento della prostituta deve essere interpretato in base «al tipo di personalità femminile, alle esperienze passate, alle istanze inconsce che orientano la giovane e la conducono alla ricerca, talvolta facile, altre volte faticosa e tormentata, di una felicità che raramente ella può conseguire a pieno». (vedi Ingrassia C., Nozioni di antropologia, Flaccovio Dario, Palermo, 1998, pag. 214).

26 Lombroso C.- Ferrero G., La donna delinquente…, op. cit., pag. 313.

27 Ferri E., Studi sulla criminalità, op. cit., pag. 425.

28 Ibidem.

29 Lombroso C.- Ferrero G., La donna delinquente…, op. cit., pag. 330.

Il contesto teorico dell’approccio bio-psicologico 27

Si nota, tuttavia, che le tipologie finora analizzate, oltre a presentare caratteristiche “mascoline”, pongono in essere un comportamento deviante, anche sulla base di altri fattori di na-tura psicosociale che le renderebbero comunque inferiori e ben lontane dall’essere paragonate all’uomo; diverso è il caso delle “delinquenti nate” che mostrano, d’altro canto, alcuni elementi che le renderebbero di gran lunga più simili a quest’ultimo. Se-condo Buonanno, Lombroso parla di criminali nate, quando «si nota come vi siano molti caratteri “superiori” in quantità e qua-lità, laddove nella donna normale si parlava di inferiorità: mag-gior crudeltà, molteplicità criminosa, sessualità più esagerata, odii più violenti, anche la stessa intelligenza è superiore a quella normale»30.

Lo studio della devianza femminile, secondo il maggior e-sponente della scuola Positiva, parte dal presupposto che la principale forma di delinquenza nella donna, si esplica attraver-so la “prostituzione” e, a riguardo, vengono distinte due partico-lari tipologie di prostitute: la “prostituta nata e la prostituta d’occasione”.

Scrive il Lombroso: «la prostituzione e non la criminalità è la vera degenerazione femminile»31.

La prostituta, in linea di massima, presenta alcuni elementi che la rendono diversa dalla donna normale e capace, altresì, di commettere alcuni tipi di reato come il “ferimento” o il furto, nonché la tendenza ad assumere alcolici, a mentire, all’essere oziosa, componenti queste che risultano essere cause determi-nanti nel porre in essere questa particolare forma di criminali-tà32. Secondo gli studi casistici dell’epoca posti in essere

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Buonanno R., L’altra donna. Devianza e criminalità, Adriatica, Bari, 1983, pag. 21. A conferma di quanto viene sostenuto dall’autrice, si riporta un passo dell’opera di Lombroso e Ferrero che ancor più incisivamente, spiega la similitudine della delinquen-te nata, con il genere maschile. Scrivono gli autori: «Tale è in complesso la fisionomia morale della criminale-nata, che mostra cioè una tendenza fortissima a confondersi con il tipo maschile» (vedi Lombroso C.-Ferrero G., La donna delinquente…,op. cit., pag. 306, citato in Buonanno R., L’altra donna...,op. cit., pag. 22).

31 Lombroso C.-Ferrero G., La donna delinquente…,op. cit., pag. 410.

32 Ivi, pp. 396-397. Scrive l’autore:«L’identità psicologica come l’anatomica, tra il

criminale e la prostituta-nata, non potrebbe essere più compiuta: ambedue identici al

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sull’argomento della prostituzione, ciò che differenzia netta-mente le prostitute-nate da quelle d’occasione, sembra essere il fattore della “maternità”: mentre nelle prime, non esiste assolu-tamente questo istinto, nelle seconde si è registrata una maggio-re propensione ad essere madri e ad amare i bambini; esiste, altresì, una minore incidenza di anomalie somatiche e dei sensi, riscontrate nelle prostitute d’occasione, che le renderebbero dis-simili dalle prostitute nate33.

L’idea portante del Lombroso, quindi, è che la principale forma di devianza nella donna, viene esplicata attraverso la pro-stituzione, pur esistendo, tuttavia, altre forme di criminalità, questa sembra essere la spiegazione più plausibile del minor tasso di criminalità vera e propria. Occorre, tuttavia, non trala-sciare alcuni studi di stampo bio-psicologico che sono stati svolti su questo tema e che intendono sottolineare l’esistenza di altri fattori predisponenti per il conseguimento di un comporta-mento criminale nella donna.

pazzo morale, sono per assioma matematico eguali fra loro. La stessa mancanza di senso morale; la stessa durezza di cuore in entrambi; lo stesso gusto precoce del male; la stessa indifferenza della infamia sociale che fa sopportare all’uno la condizione del galeotto e all’altra quella di donna perduta;la stessa imprevidenza, mobilità,tendenza all’ozio; lo stesso gusto per i facili piaceri, per l’orgia, per gli alcolici; la stessa o quasi la stessa vanità. La prostituzione non è che il lato femminile della criminalità».

33 Ivi, pp. 402-403.