Gazzetta del Sud GiovedË 14 Maggio 2020 No i Maga z i ne · 2020-05-15 · colt¿a...

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Gazzetta del Sud Giovedì 14 Maggio 2020 27 Noi Magazine Scritto dai ragazzi. Fatto per i ragazzi Speciale MESSINA - Un messaggio di speranza e inclusione dai ragazzi dell’IC Gravitelli Paino Quanto è normale essere “speciali”! L ’esperienza della classe arricchita dall’accoglienza di un compagno con autismo MESSINA L a disabilità non può essere considerata un handicap, dal momento che i diversa- mente abili hanno tantissi- me capacità che magari altri non hanno, sono tra i più bravi della classe, spesso sanno più cose, sono più sensibili. È importante non farli sentire diversi; occorre, invece, metterli a pro- prio agio e farli sentire proprio come tutti gli altri, cosa che io ho sempre fatto non vedendo differenze. Per loro è fon- damentale ricevere attenzione e affet- to, fare in modo che realizzino ogni loro desiderio perché si sentano felici, sicuri e fiduciosi nelle proprie possibilità. Tutto ciò deve essere messo in atto non solo nelle scuole, ma anche negli altri ambienti, come nello sport, nelle varie associazioni, ecc… Alcuni di noi hanno relazioni strette con ragazzi di- versamente abili e ci si è resi conto che loro sono molto sinceri e rispettosi, spesso anche più degli altri e lo dimo- strano non solo a parole, ma anche e soprattutto nei gesti concreti: ad esempio, quando vedono che qual- che amico o amica si trova in difficoltà per qualcosa o, in generale, nei mo- menti di bisogno, sono sempre pre- senti e dimostrano di essere degli ami- ci autentici che non tradiscono mai e che si sentono accettati per quello che sono, purtroppo non da tutti. A volte si può pensare che l’amico del cuore debba essere quello “figo”, ma questo non significa che i ragazzi diversamente abili che hanno diffi- coltà a muoversi, a parlare o a giocare non possano essere veri amici, anzi sono gli unici amici in grado di fornire un supporto quando è necessario. La vita dei nostri amici e compagni di- versamente abili è piena di forza e di coraggio, qualità che dimostrano di avere anche i loro genitori. Loro af- frontano la vita in modo forte e vanno avanti, gioiscono nel ricevere acco- glienza e attenzione a scuola o al cate- chismo, sono felicissimi quando un compagno di classe suona alla loro porta di casa, sono tristi quando vedo- no che alcuni non li ritengono adatti a proseguire gli studi o che vengono ri- dotte sempre di più le ore di sostegno, che sono fondamentali per loro per- ché i professori li aiutano e li seguono non solo nello svolgimento del lavoro scolastico, ma anche nel percorso di formazione culturale, intellettuale ed educativo, indispensabile per collo- carsi nella società e per avere un posto di lavoro. Forse dovremmo stare vici- no a loro un po’ di più perché può suc- cedere che a tredici o a quattordici an- ni il nostro carattere esuberante ci porti a giocare e a scatenarci nel grup- po di coetanei trascurando un po’ i nostri compagni diversamente abili, che magari hanno ridotte capacità motorie, senza pensare di scambiare qualche parola con loro. Quando aiutiamo questi nostri compagni a volte penso: sono loro i di- versi oppure noi? Raramente si abbattono e quasi sempre hanno il sorriso sulle labbra, anche quando attraversano momenti particolari della loro vita. Pensiamo, infatti, ai trasporti pub- blici, all’uso degli ascensori, azioni che spesso risultano complesse se manca un aiuto o se le attrezzature non sono perfettamente funzionanti. Sulla base di queste considerazioni, potremmo dire che ciascuno di noi è diverso dagli altri, ma solo in senso positivo e questo ci rende unici, con delle qualità vantaggiose per tutti. Poi… che noia se nel mondo fossimo tutti uguali, con le stesse idee, gli stessi gusti, le stesse abitudini! Nell’arco della mia vita ho cono- sciuto molte persone speciali, ma solo crescendo ho appreso che si trattasse di autismo, per me sono degli amici unici. Pensando al mio compagno di classe, sono tanti i momenti in cui io e i miei compagni ci prendiamo cura di lui, mi sono cimentato nel fargli scri- vere il suo nome per poi farglielo ripe- tere, lavoriamo insieme con i giochi di logica che ha, a sua disposizione, lo ac- compagno in bagno quando me lo chiede e durante le uscite extrascola- stiche lui sta sempre con me. Quello che faccio mi fa star bene, mi piace sta- re con lui, i suoi sorrisi, il suo affetto e le sue attenzioni mi fanno davvero piacere, ogni suo traguardo lo sento nostro, mi sento utile e accettato. Que- sta esperienza insieme ad altre con al- tri amici speciali mi ha reso più atten- to al bisogno degli altri. Andrea Saraò Classe 3 C IC Gavitelli Paino ------------------- “L’autismo è un disturbo del neuro sviluppo caratterizzato dalla com- promissione dell'interazione sociale e da deficit della comunicazione ver- bale e non verbale che provoca ristret- tezza d'interessi e comportamenti ri- petitivi”. Questa è la definizione di au- tismo. Una persona autistica mette in atto una molteplicità di modi per comuni- care che esulano dalle comuni moda- lità e, forse per questo, non sono com- presi dalla maggioranza delle perso- ne, ma un’adeguata sensibilizzazione sull’autismo potrebbe focalizzare l’at- tenzione sui loro comportamenti per sapere come agire nei confronti di chi è affetto da questo disturbo. A tal pro- posito voglio raccontare un’esperien- za vissuta in prima persona, una ma- gnifica esperienza. Il primo giorno di scuola media arrivato in classe , ho no- tato un nuovo volto che rimaneva iso- lato da tutti. A prima vista non si no- tava nulla, ma, ben presto, mi sono re- so conto, che era afflitto dal disturbo dell’autismo. Voglio precisare che per me è un bambino come tutti, perché non vedo il motivo per il quale non deve essere considerato tale. Cosa ha in meno? Non sa parlare? Perché tu da quando sei nato hai sempre saputo parlare? Non credo. Sinceramente io ho sempre considerato il nostro com- pagno esattamente come me. Ricordo come se fosse accaduto ieri quando insieme giocavamo con le formine o anche con le tavolette di le- gno. Oppure lo aiutavo a scrivere. Si tratta di un bambino come gli altri, so- lo non riesce a fare le cose velocemen- te come gli altri, ma le fa. Ricordo quando lo aiutavo a pronunciare il suo nome o i nomi degli oggetti e lui parlava. Gioivo dei suoi progressi! Non ha forse un cuore che batte come il nostro? Non ha forse gli occhi per guardare il mondo come noi? Sì, lui può fare tutto e anche se pur con un problema, gli fa onore il fatto che non si abbatte né si arrende. Ogni giorno viene a scuola con il sorriso e fa com- pagnia a tutti. Sì, lui è un ottimo e fe- dele amico e sicuramente la nostra esperienza di amicizia mi ha cambia- to in meglio perché anche quando ero triste c’era sempre lui che mi strappa- va un sorriso. Anche se purtroppo ne- gli ultimi mesi è successo un fattaccio. Purtroppo questo mio compagno ha avuto una crisi… ma non bisogna ab- battersi, in fondo era solo un ostacolo del viaggio, ma il mio amico è forte co- me una quercia dalle solide radici e non si farà abbattere da un venticello. E anche in questo periodo buio spero che lui stia bene e che si stia diverten- do. Mi auguro di poterci rivedere al più presto!!!! Giuseppe Pirri Classe 3 C IC Gravitelli-Paino -------------- Il 2 aprile si celebra la giornata mondiale della consapevolezza del- l'autismo ossia una giornata per sen- sibilizzare le persone a comprendere che cosa sia l’autismo e come approc- ciarsi senza paure e pregiudizi. L'auti- smo è un grave disturbo del neuro svi- luppo, che, nei soggetti che ne sono portatori, pregiudica le capacità di in- terazione e comunicazione sociale, comporta a dei comportamenti ripe- titivi. Io voglio parlarvi del mio compa- gno di classe: è un ragazzo molto spe- ciale e ha un disturbo dello spettro au- tistico. Si siede sempre davanti a me e ogni tanto, anzi quasi sempre, ci ab- braccia e da tanti bacetti a tutti perché è molto affettuoso. Accanto a lui c'è la professoressa di sostegno che se ne prende cura, ma anch'io cerco di dare il mio contributo quasi sempre, e non sono l'unico ma con due miei compa- gni, Andrea e Gabriele, lo aiutiamo nel fare i compiti, i disegni e lo accompa- gniamo anche in bagno quando non c'è la professoressa. Ovviamente, co- me tutti i ragazzi che hanno questa sindrome, ci sono giorni in cui questo compagno ha le sue piccole crisi e la professoressa per tranquillizzarlo lo porta fuori in un ambiente più tran- quillo, perché a lui danno fastidio i ru- mori troppo forti come gridare, sbat- tere le porte, sbattere la mano sulla cattedra. I ragazzi autistici non vanno isolati ma accolti, anzi si deve avere un oc- chio di riguardo in più nei loro con- fronti perché sono speciali e hanno peculiarità diverse dalle nostre. Biso- gnerebbe, al contrario, cercare di sen- sibilizzare le persone affinché possa- no comprendere l’apporto emotivo che sono in grado di donare. Daniele D’Amico Classe 3 C IC Gravitelli- Paino MESSINA - Riabbracciare gli amici, tornare a scuola: i desideri di un’alunna dell’Ic Boer-Verona Trento Quell ’arcobaleno che adesso vorrei rivedere in cielo... MESSINA #TUTTOANDRÀBENE La frase "Tutto andrà bene" fu detta durante una visione, da Gesù alla bea- ta Giuliana di Norwich, mistica ingle- se vissuta tra il XIV e il XV secolo. Questa beata è stata commemorata sia da Papa Francesco, sia dal papa emerito Benedetto XVI, che durante un'udienza del 2010 ricordò che anche i santi, proprio i santi, si sono posti una domanda "cruciale": "Se Dio è somma- mente buono e sapiente, perché esi- stono il male e la sofferenza degli inno- centi? Illuminati dalla fede, essi ci dan- no una risposta che apre il nostro cuo- re alla fiducia e alla speranza: nei mi- steriosi disegni della Provvidenza, an- che dal male Dio sa trarre un bene più grande, come scrisse proprio Giuliana di Norwich e, ancora, “Imparai dalla grazia di Dio che dovevo rimanere fer- mamente nella fede, e quindi dovevo saldamente e perfettamente credere che tutto sarebbe finito in bene…”. Andrà tutto bene è una frase brevis- sima, quasi uno slogan che, in passato mi è capitato di dire ad un amico, ad un'amica, qualche volta alla mia mamma. Oggi però più spesso credo dovremmo dirla a quelli che fino a ieri erano per noi dei perfetti sconosciuti. Ai molti medici, infermiere ed infer- mieri che ogni santo giorno lasciano la tranquillità delle loro case per recarsi negli ospedali e incontrare i malati; al- le commesse e i commessi dei negozi di prima necessità che ogni santo gior- no lasciano la tranquillità delle loro case per far sì che quei negozi continui- no a rimanere aperti; ai religiosi e alle religiose, ai sacerdoti tutti, parroci, for- matori, uomini e donne dediti al loro ministero; ai netturbini che hanno mantenuto pulite le nostre città; ai cor- rieri che hanno continuato ad andare avanti e indietro per portare nelle no- stre case tutto ciò di cui necessitavamo e ancora necessitiamo e che acquistia- mo online; a tutti i papà e le mamme che, nonostante il desiderio di rimane- re a casa con i propri figli, uscivano ed escono per recarsi sui luoghi di lavoro. Ecco cos'è per me #tuttoandràbene: è capire l'impegno di tutti e di ciascuno nel continuare a fare la propria parte, nel continuare a fare il proprio dovere, senza farsi sopraffare dalle paure e dalle ango- s ce . Per me #tuttoandràbene significa che tutti e ciascuno dobbiamo essere più responsabili verso noi stessi e nei confronti degli altri anche quando questi "altri" non li conosciamo. Per me #tuttoandràbene è un invito con- tinuo e regolare a non perdersi mai d'animo a non smarrirsi dietro le no- stre ansie e i nostri timori. Per me #tuttoandràbene significa rimanere "abbracciata" al valore della speranza, la speranza con la "S" maiuscola, quel- la che viene dal Signore e che per que- sto è di immensa consolazione. Le mie speranze e i miei desideri so- no simili a quelli di tutti i ragazzi della mia età, quasi certamente diversi da quelli degli adulti. Desidero semplice- mente tornare a dire "andrà tutto be- ne" ad un'amica che magari ha litigato con qualcuno o ad un amico perché ha preso un brutto voto a scuola o a mia madre quando la vedo stanca e affati- cata per la normale vita di ogni giorno. Desidero star sdraiata sull'erba assie- me alle mie amiche, magari dopo una frenetica corsa sotto la pioggia .... per veder spuntare l'arcobaleno in cielo e non più appeso ad un balcone; perché attraverso il trionfo dei colori e il tripu- dio degli odori che la natura ci offre, ve- ramente, possiamo coltivare con cura e pazienza la speranza di ogni giorno. Desidero viaggiare, conoscere luoghi e persone nuove, desidero andare ai concerti, passeggiare per le strade del- la mia città e fare shopping. Desidero, neanche tanto strano a dirsi, tornare a scuola, incontrare i pro- fessori, i bidelli e i miei compagni, con cui magari non sempre tutto fila liscio ma, almeno, se litighiamo, possiamo farlo guardandoci negli occhi e, una volta fatta pace, possiamo stringerci forte in un abbraccio. I miei mi sem- brano proprio dei desideri di “norma - lità”. Gaia Tavilla Classe 3 Sec Primo Grado IC Boer – Verona Trento Andrà tutto bene... Gaia Tavilla dell’Ic Boer V. Trento Lontani ma vicini Il disegno di Chiara Russo, classe 3F Plesso Pirandello Ic Manzoni Dina e Clarenza

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Gazzetta del Sud Giovedì 14 Maggio 2020 27

No iMaga z i ne

S c r ittodai raga z z i .

Fat toper i raga z z iSpeciale

MESSINA - Un messaggio di speranza e inclusione dai ragazzi dell’IC Gravitelli Paino

Quanto è normale essere “s p e c i a l i”!L’esperienza della classe arricchita dall’accoglienza di un compagno con autismoME SSINA

La disabilità non può essere

considerata un handicap,dal momento che i diversa-mente abili hanno tantissi-me capacità che magari altri

non hanno, sono tra i più bravi dellaclasse, spesso sanno più cose, sono piùsensibili. È importante non farli sentirediversi; occorre, invece, metterli a pro-prio agio e farli sentire proprio cometutti gli altri, cosa che io ho sempre fattonon vedendo differenze. Per loro è fon-damentale ricevere attenzione e affet-to, fare in modo che realizzino ogni lorodesiderio perché si sentano felici, sicurie fiduciosi nelle proprie possibilità.

Tutto ciò deve essere messo in attonon solo nelle scuole, ma anche neglialtri ambienti, come nello sport, nellevarie associazioni, ecc… Alcuni di noihanno relazioni strette con ragazzi di-versamente abili e ci si è resi conto cheloro sono molto sinceri e rispettosi,spesso anche più degli altri e lo dimo-strano non solo a parole, ma anche esoprattutto nei gesti concreti: adesempio, quando vedono che qual-che amico o amica si trova in difficoltàper qualcosa o, in generale, nei mo-menti di bisogno, sono sempre pre-senti e dimostrano di essere degli ami-ci autentici che non tradiscono mai eche si sentono accettati per quello chesono, purtroppo non da tutti.

A volte si può pensare che l’a m i codel cuore debba essere quello “f i go ”,ma questo non significa che i ragazzidiversamente abili che hanno diffi-coltà a muoversi, a parlare o a giocarenon possano essere veri amici, anzisono gli unici amici in grado di fornireun supporto quando è necessario. Lavita dei nostri amici e compagni di-versamente abili è piena di forza e dicoraggio, qualità che dimostrano di

avere anche i loro genitori. Loro af-frontano la vita in modo forte e vannoavanti, gioiscono nel ricevere acco-glienza e attenzione a scuola o al cate-chismo, sono felicissimi quando uncompagno di classe suona alla loroporta di casa, sono tristi quando vedo-no che alcuni non li ritengono adatti aproseguire gli studi o che vengono ri-dotte sempre di più le ore di sostegno,che sono fondamentali per loro per-ché i professori li aiutano e li seguononon solo nello svolgimento del lavoroscolastico, ma anche nel percorso diformazione culturale, intellettuale ededucativo, indispensabile per collo-carsi nella società e per avere un postodi lavoro. Forse dovremmo stare vici-no a loro un po’ di più perché può suc-cedere che a tredici o a quattordici an-ni il nostro carattere esuberante ciporti a giocare e a scatenarci nel grup-po di coetanei trascurando un po’ inostri compagni diversamente abili,che magari hanno ridotte capacitàmotorie, senza pensare di scambiarequalche parola con loro.

Quando aiutiamo questi nostricompagni a volte penso: sono loro i di-versi oppure noi?

Raramente si abbattono e quasisempre hanno il sorriso sulle labbra,anche quando attraversano momentiparticolari della loro vita.

Pensiamo, infatti, ai trasporti pub-blici, all’uso degli ascensori, azioniche spesso risultano complesse semanca un aiuto o se le attrezzaturenon sono perfettamente funzionanti.Sulla base di queste considerazioni,potremmo dire che ciascuno di noi èdiverso dagli altri, ma solo in sensopositivo e questo ci rende unici, condelle qualità vantaggiose per tutti.Po i … che noia se nel mondo fossimotutti uguali, con le stesse idee, gli stessigusti, le stesse abitudini!

Nell’arco della mia vita ho cono-sciuto molte persone speciali, ma solocrescendo ho appreso che si trattassedi autismo, per me sono degli amiciunici. Pensando al mio compagno diclasse, sono tanti i momenti in cui io e imiei compagni ci prendiamo cura dilui, mi sono cimentato nel fargli scri-vere il suo nome per poi farglielo ripe-tere, lavoriamo insieme con i giochi dilogica che ha, a sua disposizione, lo ac-compagno in bagno quando me lochiede e durante le uscite extrascola-stiche lui sta sempre con me. Quelloche faccio mi fa star bene, mi piace sta-re con lui, i suoi sorrisi, il suo affetto ele sue attenzioni mi fanno davveropiacere, ogni suo traguardo lo sentonostro, mi sento utile e accettato. Que-sta esperienza insieme ad altre con al-tri amici speciali mi ha reso più atten-to al bisogno degli altri.

Andrea SaraòClasse 3 C

IC Gavitelli Paino-------------------

“L’autismo è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato dalla com-promissione dell'interazione socialee da deficit della comunicazione ver-bale e non verbale che provoca ristret-tezza d'interessi e comportamenti ri-pet it ivi”. Questa è la definizione di au-t ismo.

Una persona autistica mette in attouna molteplicità di modi per comuni-care che esulano dalle comuni moda-lità e, forse per questo, non sono com-presi dalla maggioranza delle perso-ne, ma un’adeguata sensibilizzazionesull’autismo potrebbe focalizzare l’at -tenzione sui loro comportamenti persapere come agire nei confronti di chiè affetto da questo disturbo. A tal pro-posito voglio raccontare un’esperien -za vissuta in prima persona, una ma-gnifica esperienza. Il primo giorno discuola media arrivato in classe , ho no-tato un nuovo volto che rimaneva iso-lato da tutti. A prima vista non si no-tava nulla, ma, ben presto, mi sono re-so conto, che era afflitto dal disturbo

dell’autismo. Voglio precisare che perme è un bambino come tutti, perchénon vedo il motivo per il quale nondeve essere considerato tale. Cosa hain meno? Non sa parlare? Perché tu daquando sei nato hai sempre saputoparlare? Non credo. Sinceramente ioho sempre considerato il nostro com-pagno esattamente come me.

Ricordo come se fosse accaduto ieriquando insieme giocavamo con leformine o anche con le tavolette di le-gno. Oppure lo aiutavo a scrivere. Sitratta di un bambino come gli altri, so-lo non riesce a fare le cose velocemen-te come gli altri, ma le fa. Ricordoquando lo aiutavo a pronunciare ilsuo nome o i nomi degli oggetti e luiparlava. Gioivo dei suoi progressi!Non ha forse un cuore che batte comeil nostro? Non ha forse gli occhi perguardare il mondo come noi? Sì, luipuò fare tutto e anche se pur con unproblema, gli fa onore il fatto che nonsi abbatte né si arrende. Ogni giornoviene a scuola con il sorriso e fa com-pagnia a tutti. Sì, lui è un ottimo e fe-dele amico e sicuramente la nostraesperienza di amicizia mi ha cambia-to in meglio perché anche quando erotriste c’era sempre lui che mi strappa-va un sorriso. Anche se purtroppo ne-gli ultimi mesi è successo un fattaccio.Purtroppo questo mio compagno haavuto una crisi… ma non bisogna ab-battersi, in fondo era solo un ostacolodel viaggio, ma il mio amico è forte co-me una quercia dalle solide radici enon si farà abbattere da un venticello.E anche in questo periodo buio speroche lui stia bene e che si stia diverten-do. Mi auguro di poterci rivedere alpiù presto!!!!

Giuseppe Pirri Classe 3 CIC Gravitelli-Paino

--------------Il 2 aprile si celebra la giornata

mondiale della consapevolezza del-l'autismo ossia una giornata per sen-sibilizzare le persone a comprendereche cosa sia l’autismo e come approc-ciarsi senza paure e pregiudizi. L'auti-smo è un grave disturbo del neuro svi-luppo, che, nei soggetti che ne sonoportatori, pregiudica le capacità di in-terazione e comunicazione sociale,comporta a dei comportamenti ripe-t it ivi.

Io voglio parlarvi del mio compa-gno di classe: è un ragazzo molto spe-ciale e ha un disturbo dello spettro au-tistico. Si siede sempre davanti a me eogni tanto, anzi quasi sempre, ci ab-braccia e da tanti bacetti a tutti perchéè molto affettuoso. Accanto a lui c'è laprofessoressa di sostegno che se neprende cura, ma anch'io cerco di dareil mio contributo quasi sempre, e nonsono l'unico ma con due miei compa-gni, Andrea e Gabriele, lo aiutiamo nelfare i compiti, i disegni e lo accompa-gniamo anche in bagno quando nonc'è la professoressa. Ovviamente, co-me tutti i ragazzi che hanno questasindrome, ci sono giorni in cui questocompagno ha le sue piccole crisi e laprofessoressa per tranquillizzarlo loporta fuori in un ambiente più tran-quillo, perché a lui danno fastidio i ru-mori troppo forti come gridare, sbat-tere le porte, sbattere la mano sullacattedra.

I ragazzi autistici non vanno isolatima accolti, anzi si deve avere un oc-chio di riguardo in più nei loro con-fronti perché sono speciali e hannopeculiarità diverse dalle nostre. Biso-gnerebbe, al contrario, cercare di sen-sibilizzare le persone affinché possa-no comprendere l’apporto emotivoche sono in grado di donare.

Daniele D’AmicoClasse 3 C

IC Gravitelli- Paino

MESSINA - Riabbracciare gli amici, tornare a scuola: i desideri di un’alunna dell’Ic Boer-Verona Trento

Q uel l’arcobaleno che adesso vorrei rivedere in cielo...ME SSINA

# TUTTOA N D RÀ B E N ELa frase "Tutto andrà bene" fu detta

durante una visione, da Gesù alla bea-ta Giuliana di Norwich, mistica ingle-se vissuta tra il XIV e il XV secolo.

Questa beata è stata commemoratasia da Papa Francesco, sia dal papaemerito Benedetto XVI, che duranteun'udienza del 2010 ricordò che anchei santi, proprio i santi, si sono posti unadomanda "cruciale": "Se Dio è somma-mente buono e sapiente, perché esi-stono il male e la sofferenza degli inno-centi? Illuminati dalla fede, essi ci dan-no una risposta che apre il nostro cuo-re alla fiducia e alla speranza: nei mi-steriosi disegni della Provvidenza, an-che dal male Dio sa trarre un bene piùgrande, come scrisse proprio Giuliana

di Norwich e, ancora, “Imparai dallagrazia di Dio che dovevo rimanere fer-mamente nella fede, e quindi dovevosaldamente e perfettamente credereche tutto sarebbe finito in bene…” .

Andrà tutto bene è una frase brevis-sima, quasi uno slogan che, in passatomi è capitato di dire ad un amico, adun'amica, qualche volta alla miamamma. Oggi però più spesso credodovremmo dirla a quelli che fino a ierierano per noi dei perfetti sconosciuti.Ai molti medici, infermiere ed infer-mieri che ogni santo giorno lasciano latranquillità delle loro case per recarsinegli ospedali e incontrare i malati; al-le commesse e i commessi dei negozidi prima necessità che ogni santo gior-no lasciano la tranquillità delle lorocase per far sì che quei negozi continui-no a rimanere aperti; ai religiosi e alle

religiose, ai sacerdoti tutti, parroci, for-matori, uomini e donne dediti al loroministero; ai netturbini che hannomantenuto pulite le nostre città; ai cor-rieri che hanno continuato ad andare

avanti e indietro per portare nelle no-stre case tutto ciò di cui necessitavamoe ancora necessitiamo e che acquistia-mo online; a tutti i papà e le mammeche, nonostante il desiderio di rimane-re a casa con i propri figli, uscivano edescono per recarsi sui luoghi di lavoro.

Ecco cos'è per me #tuttoandràbene: ècapire l'impegno di tuttie di ciascuno nelcontinuare a fare la propria parte, nelcontinuare a fare il proprio dovere, senzafarsi sopraffare dalle paure e dalle ango-s ce .

Per me #tuttoandràbene significache tutti e ciascuno dobbiamo esserepiù responsabili verso noi stessi e neiconfronti degli altri anche quandoquesti "altri" non li conosciamo. Perme #tuttoandràbene è un invito con-tinuo e regolare a non perdersi maid'animo a non smarrirsi dietro le no-

stre ansie e i nostri timori. Per me#tuttoandràbene significa rimanere"abbracciata" al valore della speranza,la speranza con la "S" maiuscola, quel-la che viene dal Signore e che per que-sto è di immensa consolazione.

Le mie speranze e i miei desideri so-no simili a quelli di tutti i ragazzi dellamia età, quasi certamente diversi daquelli degli adulti. Desidero semplice-mente tornare a dire "andrà tutto be-ne" ad un'amica che magari ha litigatocon qualcuno o ad un amico perché hapreso un brutto voto a scuola o a miamadre quando la vedo stanca e affati-cata per la normale vita di ogni giorno.Desidero star sdraiata sull'erba assie-me alle mie amiche, magari dopo unafrenetica corsa sotto la pioggia .... perveder spuntare l'arcobaleno in cielo enon più appeso ad un balcone; perché

attraverso il trionfo dei colori e il tripu-dio degli odori che la natura ci offre, ve-ramente, possiamo coltivare con curae pazienza la speranza di ogni giorno.Desidero viaggiare, conoscere luoghi epersone nuove, desidero andare aiconcerti, passeggiare per le strade del-la mia città e fare shopping.

Desidero, neanche tanto strano adirsi, tornare a scuola, incontrare i pro-fessori, i bidelli e i miei compagni, concui magari non sempre tutto fila liscioma, almeno, se litighiamo, possiamofarlo guardandoci negli occhi e, unavolta fatta pace, possiamo stringerciforte in un abbraccio. I miei mi sem-brano proprio dei desideri di “norma -lit à”.

Gaia TavillaClasse 3 Sec Primo Grado

IC Boer – Verona TrentoAndrà tutto bene...Gaia Tavilla dell’Ic Boer V. Trento

Lontani ma vicini Il disegno di Chiara Russo, classe 3F Plesso Pirandello Ic Manzoni Dina e Clarenz a

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28 Giovedì 14 Maggio 2020 Gazzetta del Sud

Speciale Noi Magazine

Il sogno

Il focus all’IIs Verona-Trento

Quel parco marinoche ci ha incantatoME SSINA

Un sogno che in questi giorni di loc-kdown riaccende le speranze di ri-tornare presto alla normalità, anzicon una marcia in più. È quello diun acquario in riva allo Stretto, pre-sentato all’IIS Verona-Trento. Adammirare il progetto "Parco Bludelle Sirene dello Stretto" un grup-po scelto di alunni del triennio (treper classe), con l’intervento delprofessore Josè Gambino e dell’av -vocato Giuseppe Terranova i quali,dopo l’introduzione della dirigen-te scolastica Simonetta Di Prima, lohanno illustrato ai ragazzi che han-no mostrato interesse e si sono pro-posti per favorire la sua realizzazio-ne; i relatori hanno spiegato lacomposizione ed il luogo in cui sa-ròà realizzato, nonché l'area cheoccuperà, ossia circa 57.000 mm2(il doppio di quello di Genova). L'o-biettivo è quello di rilanciare Mes-sina nel panorama mondiale, leprevisioni dicono che potrebbeavere il doppio dei visitatori del-l'acquario di Genova.

Nell’acquario dello Stretto ci sa-rà una struttura che promuoverà lacultura messinese, dove si potran-no gustare dei piatti tipici, come lafocaccia o la vera granita messinesecon tanto di brioche; inoltre è pre-vista un'area per la pet therapy per i

ragazzini con disabilità o problemifamiliari o sociali. Molto più nume-rose saranno le specie ospitate ri-spetto all'acquario di Genova, tra lequali lo squalo dello Stretto di Mes-sina, una specie che ha avuto origi-ne in questo luogo e che per la pri-ma volta farà parte di un'acquario.Questo progetto, per quanto siaambizioso e difficile da realizzare,sarà la svolta che forse ridurrà unpoco il divario tra nord e sud: ci saràun motivo in più per visitare questabellissima terra che è costellata dimonumenti, arte, ma soprattuttouna cultura unica al mondo e mol-to apprezzata; infatti i piatti tipici ole tradizioni religiose e culturalidella Sicilia sono dei veri e propri“marchi di fabbrica” per noi.

Santi IovinoClasse 3G

Iis Verona-Trento

L’ide a Il rendering del progetto che ha molto interessato gli alunni

MESSINA - Dall’Ic Cannizzaro-Galatti un omaggio a Sepùlveda

La gabbianella, il gatto: è amore!ME SSINA

Questa è la storia di una gabbianellache volava felice nell’aria. Ad un trattosi tuffa nel mare per mangiare, ma ilmare è pieno di petrolio e la poveragabbianella non riesce più a volare li-bera nel cielo perché le sue ali si sonoinzuppate di quel malefico petrolio.

Raccolte le sue ultime forze, riesce araggiungere la città, ma precipita su unbalcone di una casa.

Qui abita Zorba, un grosso gatto.La povera gabbianella sta molto ma-

le, ma prima di morire riesce ad affidareil suo primo e ultimo uovo a Zorba e glichiede di mantenere tre promesse: dinon mangiare l’uovo, di avere cura delpulcino che sarebbe nato e di insegnar-gli a volare. Zorba promette di prendersicura del piccolo che sta per nascere.

Dopo pochi giorni, l’uovo si schiude

e nasce una gabbianella che viene chia-mata Fortunata.

Zorba, con l’aiuto dei suoi amici gatti,alleva con tanto amore la piccola gab-bianella, la protegge dai pericoli e le in-segna a volare. Un giorno aprì le ali e vo-lò verso il mare e da lontano salutò Zor-ba.

Questo racconto ci insegna quantosia speciale l’amicizia tra Zorba e la gab-bianella, due esseri totalmente diversiche non considerano la loro diversitàcome un limite, anzi è il motivo per aiu-tare l’altro nei momenti difficili .

Ho capito che dovremmo impararea lasciarci andare, con coraggio, per cer-care di raggiungere i nostri sogni e ama-re gli altri, anche chi può sembrare di-verso da noi.

È questo il vero amore!Micol Furnari Classe IV E

IC Cannizzaro-Galatti

L’i n c o n t ro La preside con Terranova

MESSINA - I pensieri degli alunni dell’IC Manzoni Dina e Clarenza

Aspettiamo la “l i b e ra z i o ne” dalla prigionia del virusME SSINA

“DAL 25 APRILE FESTA DELLA LIBE-RAZIONE... AL COVID 19”- Duranteil periodo della seconda guerramondiale, una delle guerre più san-guinose di tutti tempi, la popolazio-ne italiana ha dovuto sopportaremolte privazioni. Oggi voglio rac-contarvi una storia, una storia vera!Quella della mia bisnonna. Si chia-ma Melina e a quei tempi aveva tre-dici anni. Viveva a Scilla, un piccolopaesino della Calabria e raccontasempre delle difficoltà che avevasuo padre per reperire il cibo per isuoi figli. Dice che suo padre andavain spiaggia con una grande tovagliada tavola e i pescatori la riempivanocon tanto pesce, l’unico cibo reperi-

bile con facilità. Racconta anche chela gente, per la fame, andava spessoin chiesa a mangiare le ostia. Ma ungiorno le accadde una cosa che lecambió la vita. Durante un bombar-damento, quando suonarono le si-rene e tutti scappavano ai ripari,cadde e si ruppe una gamba. Finì inospedale, lì incontró una dottoressache le consigliò di iscriversi ad unascuola di ostetricia. Mia nonnaascoltó e divenne un’affermat aostetrica! Così non soffrì più la fame.Dall’8 marzo 2020 l’Italia è stata sot-toposta ad una quarantena forzata.Noi bambini non possiamo più an-dare a scuola, a danza, uscire fuoricasa. Per fortuna, non posso parago-narmi ai bambini che hanno vissutola guerra. A me non manca il cibo,

anzi mangio molto di più! Grazie adInternet sono in contatto con tutti imiei amici e riesco a frequentare lascuola ogni giorno tramite le video-lezioni. Però anche a me manca la li-bertà e devo dire che questa espe-rienza mi ha fatto maturare molto ene farò tesoro per il futuro! Anch'ioaspetto quel “25 aprile”, quando po-tremo uscire in strada e gridare: “È fi-nito tutto, ora possiamo riabbrac-ciarci senza paura!!! …

Chiara GallettaClasse V Plesso Collereale

IC Manzoni Dina e Clarenza ---------------“DAL 25 APRILE FESTA DELLA

LIBERAZIONE... AL COVID 19” - Im-magino un bambino di 10 anni inguerra, doveva affrontare le proprie

paure, non poteva vedere i suoi ami-ci, frequentare la scuola, dovevascappare dalle bombe, dai cannoni.In questi mesi, purtroppo anche noinon siamo potuti uscire di casa, nonabbiamo potuto vedere i nostri ami-ci, i nostri familiari, andare a scuola,si può uscire solo per lavorare ocomprare alimentari. Io vorrei fe-steggiare la fine del coronavirususcendo con tutte le persone più ca-re della mia vita: le maestre, i mieinonni, i miei compagni di classe,(soprattutto il mio migliore amicoYlya e la mia migliore amica Rober-ta)! Vorrei andare mangiare unapizza...

Antonio TagliavergaClasse V A Plesso CollerealeIC Manzoni Dina e Clarenza

MESSINA - I liceali del Maurolico ne rileggono le liriche più famose

Saba e i suoi versi “o nes t i”ci aiutano a rimarginare le feriteIl dolore, l’aria «tormentosa» e l’introspezione che induce a reagireME SSINA

Attualità della poesia “one sta”di SabaUmberto Saba, inconsapevolmente,all’inizio del secolo scorso ha rivolu-zionato il mondo della poesia italia-na. Saba riteneva che la poesia do-vesse essere capace di esprimere conschiettezza e senza esagerazionil’esistenza dell’uomo: la sua vita, lasua realtà quotidiana, tralasciandotutto ciò che è straordinario o sur-reale. Il poeta deve innanzi tutto es-sere capace di comprendere “co nonest à” se stesso in tutte le sue mol-teplici sfaccettature e nei diversimomenti dei giorni della sua vita:gioie, dolori, traumi della propriaanima, incertezze, affetti, rapportocon la natura e riflessioni sull’attua -lit à.Il Poeta si allontana con sdegno daD’Annunzio, sempre alla ricerca del-la strofa più bella, ed elogia Manzo-ni «che non dice mai una parola chenon corrisponda a ciò che pensa esente dentro di sé, per non inganna-re il lettore».In questi giorni leggendo tre dellesue poesie (Città vecchia, La foglia,Trieste) e scorrendo le parole checon ritmo lento, melodia e semplici-tà compongono i suoi versi, notoche Saba si racconta e si presentacon una semplicità veramente rarae inattesa nella prima metà del se-

La libertà è come l’aria... Ad arricchire le pagine i disegni degli alunni del Liceo Basile

colo scorso, ma che riemerge di for-za nella nostra vita di oggi.In “Città vecchia” ci presenta «la tu-multuante giovane impazzitad’amore, il vecchio, il marinaio e laprostituta» che per lui sono tuttecreature della vita e del dolore.In “La foglia” possiamo coglierestruggenti somiglianze con la dispe-razione di molti in questi dolorosimomenti di pandemia daSARS-Co-V2, là dove scrive «morireè nulla; perderti è difficile». Il nostropensiero si volge a coloro che hannoperso la vita nelle sale di rianima-zione o nelle strutture di ricoveroper anziani, lontani dai loro con-giunti che non li hanno potuti pian-

gere e accarezzare durante l’ult imos o s p i ro.Anche in questa circostanza dob-biamo ricorrere alle sue parole, stia-mo vivendo in «un’aria strana,u n’aria tormentosa», la stessa in cuiegli si è ritrovato durante due guer-re mondiali e nel 1918 quando unapandemia cambiò il mondo. Più diventicinque milioni di persone mo-rirono per la “s p a g n o l a”.Oggi siamo frastornati: di questonuovo virus si sa veramente poco,gli uomini di scienza sono in con-trasto fra di loro, i media ci aggredi-scono quotidianamente con un ec-cesso di fake news. Questo sta avve-nendo un po’ in tutta Italia in qua-

rantena: dove l’uomo è stato co-stretto ad arretrare, tornano gli ani-mali! La natura si sta riprendendo isuoi spazi in città. Esempi: i delfini sisono spinti praticamente fin sotto laprua delle barche in ormeggio, ras-sicurati dall’assenza di barche inmovimento ormai da giorni; capo-dogli e orche nuotano a fil d’a cq u anello stretto di Messina; numeroselepri sono state avvistate nella zonanord occidentale di Milano, a duepassi dalla tangenziale; l’aquila realevola nel cielo di Milano; la volpe in-disturbata circola nella Firenze de-serta; Venezia ha perso tanti turistima ora le sue acque sono limpide; lePrealpi sono invase da cinghiali ecaproni, più numerosi sono i pesciche popolano i canali, cigni e anatrevi nuotano indisturbati, e gli alberisulle rive si popolano di nidi di spe-cie di uccelli mai visti prima.Si sente la mancanza della voce, deiversi, dei grandi poeti come Umber-to Saba. Ci aiuterebbe a riavvicinarcialla natura che lui ha tanto amato, arispettarla, ad amare le nostre città, icaffè, le strade, gli animali domesti-ci, a rispettare e ad aiutare chi hameno di noi. È il momento di legge-re o, per i più anziani, rileggere lesue poesie; «assorti su queste rovi-ne» i suoi versi aiutano a rima rg i n a -re le ferite.

Eleonora DionigiClasse 2 C

Liceo Francesco Maurolico

In attesa di ritrovarsi È stato uno degli ultimi eventi prima del lockdown

Federica Fazio Noemi Minissale

Lidia Grimaldi Giorgia Pamparana

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Gazzetta del Sud Giovedì 14 Maggio 2020 29

Speciale Noi MagazineIn cucina con l’IIS Antonello

MESSINA - Dall’IIs Antonello cenni storici e curiosità

Divisa candida e “t o q u e”Ecco l’abito che... fa il cuocoIl look del perfetto chef tra stile e praticitàME SSINA

L’abito fa …il cuocoPantaloni a scacchi bianchi e neri,giacca doppiopetto, fazzoletto al col-lo e ovviamente toque bianca: in po-che parole la divisa del cuoco.Si narra che l’abitudine di indossareun copricapo in cucina provengadall’epoca assira, quando i re, perpaura di essere avvelenati dai propricuochi, vollero dare loro un segno di-stintivo obbligandoli a indossare unasontuosa divisa con un copricapo cheassomigliasse a una corona.In Inghilterra una leggenda raccontache il re Enrico VII trovando un capel-lo nel piatto, fece tagliare la testa a chicucinò la pietanza e da quel giornovenne imposto agli addetti delle cuci-ne un copricapo per evitare che lasgradevole vicenda si ripetesse.Durante il sedicesimo secolo i cuochidovevano spesso rifugiarsi nelle chie-se ortodosse per sfuggire alle perse-cuzioni che colpivano gli artigiani del“libero pensiero” e si confondevanocon i preti indossando vesti lunghe ecappelli alti .È certo comunque che siano stati, nelXIX secolo, due chef francesi, Ma-rie-Antoine Carême e Auguste Escof-fier, ad elaborare una divisa ad hocper i cuochi con la precisa volontà diconferire rispetto alla professione fa-cendone un’occupazione di prestigio.Tutti i cuochi indossano obbligato-riamente una divisa che deve esserepersonale e indossata solo ed esclusi-vamente in cucina. Una divisa biancadenota pulizia, il bianco permette dievidenziare istantaneamente mac-chie di sporco e un cuoco che riesce anon sporcare minimamente la pro-pria divisa per tutto il servizio dà pro-va di grande professionalità.Partendo dal capo un cuoco indossail cappello, la toque blanche; il nomederiva dal francese toque che antica-mente indicava una tipologia di cap-pelli generalmente cilindrici, succes-sivamente indicanti una carica o unaprofessione (ad esempio il cappellodel giudice) e, prima ancora, indicavale antiche parrucche dei nobili diSpagna e Francia. È un copricapo soli-tamente alto, a pieghe, spesso gonfioin cima, di color bianco; più è altomaggiore è il potere del cuoco in cuci-na (e maggiori sono le responsabili-tà). È il simbolo per eccellenza dellaprofessione e dell’arte culinaria e par-

te essenziale dell’abbigliamento tipi-co del cuoco. La tradizione vuole chela toque presenti 100 pieghe che indi-cano i 100 modi diversi che un cuococonosce per cucinare un uovo.Abbiamo poi lo scollino (fazzoletto),annodato al collo per proteggerlo dacolpi di freddo e correnti d’aria. Inol-tre ha la funzione di assorbire il sudo-re .A seguire la giacca, solitamente di co-tone bianco. La classica ha le manichelunghe che vanno ripiegate su se stes-se ma esistono anche giacche con ma-niche corte. Inoltre ci sono diversimodelli per quanto riguarda la chiu-sura (con bottoni, senza, con zip…)ma tutte devono permetterne l’aper -tura velocemente, in caso di emer-genza (cadute di liquidi caldi oppurei n ce n d i o) .C’è poi il pantalone. Quello classicodal tema con piccoli quadratini èchiamato pantalone sale e pepe.Sempre realizzato con materiali noninfiammabili e traspiranti.Un cuoco porta sempre un grembiuleannodato in vita, per proteggersi dalcalore: anche per questo capo sonotanti i modelli (bistrot alla francese,con la pettorina con tasca, a vita bas-

Alla scoperta del fondatore del celeberrimo Cafè

L’epopea del siciliano Procopioche stregò Parigi con le sue bontà

ME SSINA

Procopio, un siciliano alla con-quista del palato dei pariginiFrancesco Procopio dei Coltelli èstato un siciliano partito da casa suaper cercare fortuna all’estero riu-scendoci con la tenacia di chi vuole atutti i costi raggiungere il successo. Èuna storia di riscatto sociale, del so-gno realizzato da un “caruso” sicilia -no che si separa dalla propria terrain cerca di fortuna. Egli nasce a Paler-mo a metà del XVII secolo ma quasisubito la famiglia intera si trasferiscead Aci Trezza, in provincia di Cata-nia, dove il nonno gelataio trasmetteal nipote delle abilità nell’arte dellapreparazione dei gelati e delle grani-te. L’animo, evidentemente, irre-quieto di Francesco lo fa tendereverso la Francia, dove una voltagiunto, trova lavoro presso un riven-ditore armeno di caffè. Le sue pre-ziose conoscenze conquistate in ter-ra natia e l’esperienza donatagli dalnonno, gli consentirono di avviare ilprimo caffè di Parigi nonché il primocaffè letterario della Francia. Nel1686 inaugura un locale chiamatoCafé Procope che ha sperimentatouna fortuna incredibile lungo duesecoli, attraversando indenne tuttigli avvenimenti storici e letterari dicui la Francia si rende protagonistafino al 1890, quando il café sarà chiu-so per riaprire come ristorante. Oggiqualsiasi turista in visita a Parigi puòfrequentarlo e gustare la famosa cu-cina francese. Nel 1600 i luoghi dovesi consumava il caffè erano luoghibui, mal tenuti e frequentati perlo-più da avventori dall’aspetto equi-voco: nessun uomo onesto si sareb-be mai avventurato, timoroso diperdere la borsa o la vita (o entram-be!). Nel 1686 Procope ha l’opport u-nità di comprare un locale a Parigi inrue de Fossés Saint Germain. L’origi -

Con i suoi gelati e graniteconquistò il pubblicoe persino la “pat e nt e” re a le

ne italiana condizionerà la sceltadell’arredamento, permettendoglidi realizzare un luogo elegante e lus-suoso, con grandi sale impreziositeda tappezzerie, specchi e tavoli dimarmo. Questo luogo raffinato in-voglia i cittadini onesti a frequentar-lo diventando in poco tempo unluogo di tendenza. Nella secondametà del 1600 il suo successo fu tan-to grande tanto da spingere il re SoleLuigi XIV a concedere a Procopiouna patente reale, o concessione,con lo scopo di offrigli il monopoliodella vendita di “acque gelate” ovve -ro della nostra granita; da quel mo-mento il suo nome sarà francesizza-to in François Procope Couteau.Gli avventori del Café Procope pos-sono gustare vini inebrianti, sorbettia base di ambra e muschio, fruttacandita, gelati alla frutta e ai petali dirose, paste all’orzata, acque gelate ele due bevande più in voga a Parigiovvero il caffè e la cioccolata. Nessu-no resta indenne alla seduzione diquesti dolci celestiali. Nel 1689 unnuovo evento favorevole benediceProcopio: il teatro della ComédieFrançaise si trasferisce dal lato op-posto della strada, i suoi spettacoli,da quel momento, avranno un’e coall’interno del Cafè Procope. L’am -biente ormai ha il sapore della lette-ratura e della scienza: non è difficileincontrare il grande scrittore di fa-vole satiriche La Fontaine o Racine,apprezzato autore di tragedie, assie-me a tanti altri ormai divenuti deglihabitués. Il luogo sperimenta unsuccesso smisurato: si va al Procopeper vedere e per essere visti, com-mentare gli avvenimenti o leggere laGazette (che coincidenza con il no-stro giornale locale!!!) e il Mercure

Un viaggio tra i sapori d’O l t ra l p e Gli alunni dell’Iis Antonello con la dirigente prof.ssa Laura Tringali

ME SSINA

Oggi ogni persona affronta numero-si problemi come la perdita del pro-prio lavoro, la morte di una personacara. Grandi o piccoli che siano pur-troppo la lista è così lunga da non po-terli elencare tutti. Infatti, ognuno dinoi ogni mattina si alza affrontandouna battaglia e la affronta come me-glio crede, ma ciò non significa che lamia debba essere sempre più impor-tante di quella altrui. Siamo così abi-tuati a far prevalere sempre e solo inostri problemi e a mettere da partetutti quelli degli altri che ormai ab-biamo costruito attorno a noi unasorta di bolla di protezione cheesclude l’altro e ci isola da tutto ciòche non riguarda la sfera personale.Ed è proprio questa la vera radice delproblema della società di oggi: resta-re indifferenti, voltando le spalle alprossimo. A tal proposito, la citazio-

MESSINA - La riflessione di una studentessa dell’IIS Antonello

Costruiremo un futuro migliorepreoccupandoci di più degli altri

Che eleganza! L’alunno Josè Carvalho classe 4D Enogastronomia

Il gelato alla rosa I profumi e sapori della Sicilia hanno portato fortuna all’ardito pasticcere

ne di Albert Einstein risulta molto at-tuale: “Il mondo non è minacciatodalle persone che fanno male, ma daquelle che lo tollerano”. Un po’a tuttiè capitato di vedere o sentire qualco-sa che stava accadendo a qualcun al-tro ma l’unico ruolo che siamo riusci-ti a ricoprire è quello dello spettatoreoppure la scelta più facile, ma la peg-giore di tutte, è stata girare le spalleed essere indifferenti, perché è più fa-cile vivere comodi, senza rischiare esenza superare i limiti. E bisognereb-be assolutamente seguire le parole diRaoul Follereau, giornalista, filan-

tropo e poeta francese, che affermacon forza: “Domani, siete voi!”. Paro-le che inducono alla riflessione per-ché esortano ad agire e non a restareindifferenti. Spesso è come se di fron-te ai nostri occhi ci fosse un palcosce-nico dove noi tutti siamo spettatoriche guardano le ingiustizie altrui; mase sopra quel palco ci fossimo noi, ur-lando aiuto e tutti lì fermi a guardare,come ci sentiremmo? Comunquesia, il mondo è fatto anche di personeche aiutano e lottano, che amanocon forza, e magari non sono tante,però se ognuno di noi la mattina si al-zasse e mettesse davanti il bene al-trui potremmo rendere questo mon-do migliore. Tantissime persone, sispera, lo stiano già facendo. Non èdifficile, basta aprire di più gli occhi eagire un po’ di più; in fondo che si hada perdere, il futuro è nostro!

Valentina TrovatelloClasse 3A Sala e Vendita

Le parole di Einsteine Raoul Follereauper spronarciad un maggioreimpegno sociale

Galant fissato al tubo della stufa uti-le a difendere gli avventori durante ilunghi inverni parigini. Nel secolosuccessivo, nel 1700 diventerà uncaffé letterario e politico, gli Enciclo-pedisti, Diderot, Rousseau e D’Alem -bert diventeranno dei frequentatoriabit uali.Noi ragazzi della quarta A prodottidolciari, dopo esserci documentatisu questo conterraneo così famoso,abbiamo compreso intimamentecome la dedizione al lavoro e la per-spicacia possano essere una spintastraordinaria per coronare i proprisogni. Non è saggio lasciarsi scorag-giare dagli ostacoli ma fare della resi-lienza il proprio modo di esistere. Lavita e la carriera di Francesco Proco-pio dei Coltelli sono un esempio diaffermazione sociale, di sogni realiz-zati e di una popolarità senza confi-ni di tempo e spazio. Durante l’eser -citazione nel laboratorio di pasticce-ria abbiamo preparato il gelato aipetali di rose di cui vi proponiamo laricett a.GELATO ALLA ROSA CANINAIngredient i:1 litro di latte intero253 g di zucchero semolato180 g di tuorli d’u ovo8 g di stabilizzante puro70 g di latte in polvere scremato100 g di zucchero invertito40 g di succo di rosa canina30 g di panna di cui 35% di materiagrassaP re p a r a z i o n e :Pesare tutte le polveri e miscelarle.Scaldare il latte a 60° con i tuorli e lozucchero invertito. Unire le polvericontinuando a mescolare e pastoriz-zare a 70° per 10 minuti. Lasciarematurare per un’ora e aggiungere lapanna prima di mettere nel mante-catore. Non superare il 38% di over-run (aumento di volume).

Classe 4 A Prodotti DolciariIstituto Professionale Antonello

Con la collaborazione dellaprof.ssa di lingua francese Cetti-

na Morabito Pandolfino e delprof. Nino Iannazzo.

Il colto viaggiocon studenti e docentiatt rave rs ola cucina francesee l’evoluzione sociale

sa…). Mai, inoltre, dimenticare le scar-pe antinfortunistiche. Quasi sempredi colore bianco devono essere senzalacci ed in materiale non assorbente efacilmente lavabile, morbide e dallasuola antiscivolo. I modelli professio-nali prevedono la punta in acciaioper proteggere i piedi in caso di cadu-ta di oggetti pesanti. Esiste un com-plemento alla divisa. Si tratta del tor-cione che non è altro che pezzo gran-de di cotone (lo strofinaccio per in-tenderci) che il cuoco mantiene sulgrembiule e tiene sempre a portata dimano, esclusivamente per prendereoggetti caldi. Ovviamente oggi il mer-cato moderno ha innovato lo stile edin commercio troviamo numerosevarianti (con bottoni, con strappi,con cerniera, con tessuti traspirantied ignifughi, da colori sempre diver-si…).Noi alunni dell’Istituto superiore An-tonello iniziamo i nostri studi pro-prio dall’analisi della divisa del cuocoe quando finalmente la indossiamoper la prima volta e ci affacciamo inuno dei laboratori della scuola (cuci-ne attrezzatissime che nulla hannoda invidiare ai grandi ristoranti) sitraduce per noi in un momento ma-gico, un momento che resterà im-presso nella nostra memoria, in cuisentiamo di appartenere ad un mon-do meraviglioso, che inizia a svelarsicomplet amente.

Antonino CostaJose Evans de Carvalho

Classe IV D EnogastronomiaIIS Antonello

La grande emozionenel l’i nd o ss a reper la prima volta i “pa n n i”di quella che saràla futura professione

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30 Giovedì 14 Maggio 2020 Gazzetta del Sud

Speciale Atenei dello Stretto

REGGIO CALABRIA - Le ricerche sul ginepro del Focus Lab

Ricerca e imprenditoriaesaltano i prodotti calabresiPremiato un distillato dalla forte identitàREGGIO CALABRIA

Ricerca ed imprenditoria per dare unimpronta identitaria unica ai prodotticalabresi. Gli studi del Focuss lab delDipartimento di Agraria sul GineproFeniceo consentono di scoprire unprezioso ingrediente del gin di Cala-bria. Una storia che si articola in de-ce n n i .

Nel 1998, la professoressa Mariate-resa Russo, responsabile del FocussLab del Dipartimento di Agrariadell’Università Mediterranea, segnalòin Calabria la presenza di una popola-zione di ginepro fenico (JuiniperusPhoenicea), una specie euromediter-ranea che vegeta soprattutto in areecostiere. Da allora il Focuss Lab ha con-dotto diverse campagne di studio conl’obiettivo di valorizzare la specie el’ampio patrimonio floristico officina-le calabrese. Nel caso del ginepro feni-ceo, dalle ricerche condotte sonoemerse evidenti differenze chemoti-piche intra ed inter specifiche.

Il ginepro fenicio presente in Cala-bria è caratterizzato da un profilo aro-matico raffinato e delicato e decisa-mente differente sia da quello dellastessa specie di diversa provenienzageografica che da quello di altre speciequali il Juniperus oxycedrus e soprat-tutto il Juniperus communis normal-

REGGIO CALABRIA - Iniziativa del gruppo “La Proposta”

Cottarelli e Tremontiospiti in rete del DigiesGli studenti: «Grazie al direttore Ferrara»REGGIO CALABRIA

La pandemia non ferma le attivitàdi approfondimento dell’At e n e o.Ospiti in un confronto telematicodue degli economisti più autore-voli del panorama nazionale. Leiniziative digitali hanno avuto co-me relatori i professori Carlo Cot-tarelli e Giulio Tremonti.

Le Live Facebook, sono statepromosse dal gruppo studentescoLa Proposta con la cooperazionedel direttore del dipartimento Di-gies Massimiliano Ferrara, attivitàche hanno assunto risalto nazio-nale accendendo l’entusiasmo dimigliaia di studenti collegati datutta Italia. L’idea che ha animatoil progetto degli studenti dell’ate-neo reggino è quello di trasforma-re questo periodo buio in un’op-portunità. Il bilancio maturato giàdai primi due incontri risulta de-cisamente positivo e con rinnova-to entusiasmi i ragazzi continuanoa progettare, all’insegna di una fi-losofia che è la sinergia.

Gli studenti lo hanno ripetutospesso l’elemento che contraddi-stingue il gruppo studentesco LaProposta è la collaborazione.

Oltre al coinvolgimento deglistudenti, le interessanti iniziative

MESSINA - La riflessione di UniVersoMe

Silvia e la buona notiziasoffocata dall’odio a-socialGli attacchi web, e non solo, dopo la liberazione

Intenso webinar promosso dal Dipartimento di Giurisprudenza

L’Ateneo di Messina“c u l l a” del Diritto sportivoFocus sul settore calcistico e “s co op” su StorariME SSINA

L’Università di Messina fucina diuna nuova classe di avvocati, pro-curatori e dirigenti sportivi?

Si conferma il successo deglieventi di approfondimento del di-ritto sportivo, organizzati dal Dipar-timento di Giurisprudenzadell’Università degli Studi di Messi-na. Il successo ottenuto dalla secon-da edizione del Laboratorio di Dirit-to Calcistico è la conferma dell’inte -resse di tantissimi studenti dell’Ate -neo per gli sbocchi professionali of-ferti dallo sport e dal calcio in par-t icolare.

I dati hanno evidenziato il ruo-lo strategico che l’Ateneo pelorita-no sta assumendo nella formazio-ne e nell’aggiornamento in un set-tore strategico che vale circa 2 pun-ti del PIL nazionale.

Il successo del webinar si è spin-to, però, ben oltre i confini locali,catturando l’attenzione di studentiuniversitari di tutta Italia e coinvol-gendo anche numerosi professioni-sti del settore: ai 550 iscritti sullapiattaforma digitale si aggiungono,infatti, i 18.000 contatti raggiunti

dalla diretta Facebook trasmessasulla pagina ufficiale di IUS LawWeb Radio. I partecipanti hannoavuto la possibilità di confrontarsied interagire con autorevoli studiosie professionisti di primissimo livel-lo, soffermandosi sulle tematichepiù attuali concernenti il mondo delc a l c i o.

Le numerose domande postedall’uditorio hanno, poi, animatoil dibattito con i protagonisti dellecronache sportive nazionali ed in-ternazionali. «Il laboratorio è statoparticolarmente interessante inquanto ha abilmente coniugatoaspetti teorici ed altri di naturapratica» ha commentato MartinaParatore, studentessa di Giuri-sprudenza. Fondamentale, in tal

La diretta In alto: Alessio Piscini e Michele Colucci; in basso: Jacopo Tognon e Rende

ME SSINA

CARA SILVIA, TU SORRIDI, MA NOIFORSE LA FELICITÀ NON LA VO-GLIAMO. ECCO UN PAESE CHE NONÈ CAMBIATO.

È la prima notizia bella del 2020. Sil-via Romano, 25 anni, dopo essere stataprigioniera di uomini legati all’organiz -zazione terroristica Al Shabaab per unanno e mezzo, torna piena di vita, radio-sa e sorridente nella sua terra e dalla suafamiglia. Ed assieme a lei è la speranza avoler tornare, contro quell’abitudine aibrutti finali che la vita ci propone. Eppu-re noi, la felicità, forse, non la vogliamo.Non la vogliamo neanche dopo duemesi di quarantena e di morte. No, lapandemia non ci ha reso migliori. L’au -spicato effetto positivo, la trasformazio-ne in società empatica e solidale che siprefigurava, non si è compiuta - o alme-no, non in toto – e c’è chi è già pronto apuntare il dito forse più che mai. Dopomigliaia di morti, c’è chi ha ancora il co-raggio di chiedersi quanto possa esserecostata una vita.

Siamo abituati a quella biopsia deifatti così meticolosa e macabra che devein ogni modo soddisfare la sete di sensa-zionalismo. Una sete che travalica i limi-ti dell’umanità e che riesce a placarsi so-lo nel momento in cui si trova il marcio,il malato, l’attaccabile. Quel sorriso cosìforte e quegli occhi grati e sinceri che Sil-via ha mostrato non appena scesadall’aereo a Ciampino e poi, una volta ri-tornata a casa, affacciandosi alla fine-stra, stridono con la narrazione di soffe-renza che molti volevano.

E allora si indaga sulla psicologia diquel sorriso, su quello che hanno vistoquegli occhi, sul suo aspetto fisico e sulmovente che ha spinto Silvia ad indos-sare delle vesti diverse.

Una forza non comune quella di Sil-via che sembra dar fastidio agli avvoltoiaffamati di scandalo che assaltano – inbarba ad ogni divieto di assembramen-

to - il suo ritorno a casa e che spingono lafamiglia Romano ad implorare il silen-zio ed il rispetto. Una famiglia che vuoleriprendersi la propria normalità e che,invece, ha dovuto prendere parte all’im -meritata gogna mediatica imbandita datitoli di giornali e politici che fomenta-no quella massa di odiatori social prontia dare pareri senza alcuno strumentoper un’elaborazione critica. E così dopogli insulti e le minacce sui social è statochiuso il suo profilo Facebook ed è stataaperta un’inchiesta per minacce aggra-vate –contro ignoti, al momento - decisadal responsabile dell’ant iterrorismomilanese, Alberto Nobili.

La sua terra, la sua gente, non si sonorivelati un posto sicuro.

La storia di un rapimento non puòmai essere felice nel suo sviluppo. Ma lopuò essere nel suo esito, tra abbracci eapplausi. Qui, invece, c’è chi questo belfinale non lo vuole e spara a zero su vit-time sacrificali per capitalizzare la pro-pria frustrazione ed avere un seguito al-le proprie teorie complottiste.

Ma, per una volta, perché non lascia-re i dettagli alla magistratura e racconta-re la felicità?

La storia di Silvia non è solo il suo ra-pimento: è la storia di una ragazza cheaveva bisogno di arricchire la vita deglialtri per arricchire la propria. Un sensodella vita a cui Silvia si è aggrappata ognigiorno e che l’ha spinta a ricercare la spe-ranza in un testo sacro diverso da quelloche probabilmente conosceva. Non è laprima né sarà l’ultima volta che chi viveuna condizione disperata di qualsiasi ti-po - prigionia, malattia o situazionequotidiana estrema - si aggrappi allaBibbia, al Corano, ai testi Veda o a qual-siasi altro verso di amore e fratellanzache tutte le religioni del mondo hannoinscritto nel proprio DNA. L’Islam non èl’Islamismo, né il terrorismo. Così comeil cristianesimo non fu il nazismo, perfarlo presente a chi si è spinto a parago-nare questo caso al ritorno di un ebreonelle vesti di un nazista. Le ideologie, èbene ricordarlo, sono frutto delle mentiumane meno ispirate dai buoni propo-siti religiosi e che, però, si nascondonodietro questi per scopi politici violenti.Silvia oggi ha voluto diventare Aisha edobbiamo anche a quelle parole il mo-tivo per il quale è riuscita a sorridere. Ètornata a casa ed è tornata diversa. Uncambiamento frutto di un vissuto chel’ha resa un simbolo di forza per chi nonsi lascia plagiare dal veleno in circolonella macchina mediatica.

C’è da chiedersi, per l’appunto, sequesto Paese sofferente cambierà mai eriuscirà a raccontare il bello, senza se esenza ma.

Martina GallettaRedazione UniVersoMe

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hanno visto il valore aggiunto e ilprezioso contributo del professoreMassimiliano Ferrara, che i ragazzihanno definito «la “chiave di vol-t a” del Dipartimento di Giurispru-denza, Economia e Scienze Uma-ne. Il sempre presente direttoreDigies ha dimostrato, anche que-sta volta, lungimiranza e attenzio-ne nei confronti delle giovani ge-nerazioni».

Considerano ancora: «È nei mo-menti caratterizzati da difficoltàche le figure come il professore

Massimiliano Ferrara diventanopreziose e indispensabili per il cor-retto andamento del percorso ac-cademico e personale di ogni stu-dente. A lui vanno i più sentiti rin-graziamenti del coordinamentodel gruppo studentesco “La Propo-st a”, ringraziamenti dovuti ancheper aver garantito il diritto allacultura in una fase delicata carat-terizzata dal Covid-19, interve-nendo in modo tempestivo ed ef-ficiente sulle attività del diparti-mento».

mente impiegata per la preparazionedi bevande spiritose tra cui il classicogin, caratterizzato da note fortementere s i n o s e .

La diversità compositiva della fra-zione volatile del ginepro fenicio diCalabria conferisce, quindi, a tutti iprodotti da esso derivati identità, ori-ginalità, equilibrio. Queste evidenzescientifiche emerse a seguito degli stu-di condotti dal Focuss Lab del Diparti-mento di Agraria della Mediterranea,condivise nell’ambito di una collabo-razione scientifica avviata da tempocon il mondo imprenditoriale ed inparticolare con la Distilleria F.lli Caffo -ove sono presenti consolidate ed am-pie competenze in materia di spirits -hanno contribuito alla creazione di

una nuova bevanda spiritosa, un gin,premiato con il Best Italian Contem-porary Gin al World Gin Awards 2020,che vede il Ginepro Fenicio di Calabriacome ingrediente aromatico identita-rio. Il Focuss Lab, oltre agli studi di au-tenticazione sugli estratti di gineprofeniceo, sulla base delle informazionisugli usi tradizionali sia nella cura dialcune malattie che nelle preparazio-ni di condimenti per piatti a base dicarni e cacciagione, sta conducendoulteriori studi che riguardano sia l’att i-vità biologica dei principi attivi degliestratti che la potenzialità di impiegonel comparto alimentare con l’obiett i-vo di valorizzare la ricca biodiversitàdella Calabria e di consolidare l’allean -za tra Università e imprenditoria.

Silvia Romano La giovanevolontaria liberata dopo 18 mesi

senso, anche la sinergia con la se-zione siciliana dell'AssociazioneItaliana Avvocati dello Sport. Tuttii temi sono stati trattati tenendoconto dell’incidenza dell’emer-genza sanitaria sul sistema calcio; irelatori hanno prospettato gli sce-nari ipotizzabili per la ripresa delmovimento calcistico, sul pianocontrattuale ed economico, a par-tire dalle serie minori fino allecompetizioni internazionali. C’èstato spazio, infine, anche per unpiccolo scoop giornalistico: nelcorso dell’intervista a Marco Stora-ri, curata dal suo legale di fiducia,l’avv. Aurelio Maiorana, l'ex estre-mo difensore ha per la prima voltaufficializzato il suo futuro da diri-gente della Juventus.

L’organizzazione del Laboratorioè stata curata dal prof. FrancescoRende con la collaborazione degliavv.ti Aurelio Maiorana, ClaudioParlagreco, Massimo Rizzo e Anto-nio Carmine Zoccali.

Articolo di Giuseppe Crivillaro,Alessandro Salvo, Martina Tulu-mello del Dipartimento di Giuri-

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I legali Maiorana (in alto) e Rizzo

Marco Storari Nel direttivo bianconero

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