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Formazione e crisi della civilizzazione statuale nello spazio pubblico tra la generazione dei nuovi adolescenti

Mauro Giardiello

Introduzione

Lo scopo principale di questo lavoro è di esaminare i meccanismi di riproduzione della civilizzazione statuale attraverso le analisi delle pratiche sociali che gli adolescenti realizzano all’interno di spazi informali, soprattutto pubblici. Tutto ciò è analizzato attraverso due prospettive interrelate tra loro. La prima fornisce il quadro concettuale all’interno del quale è inserita la problematica della riproduzione della civilizzazione statuale come pratica esperienziale che si invera nella realtà concreta degli spazi pubblici, impiegando principalmente il contributo di Habermas e Dewey. La seconda rappresenta l’applicazione empirica della verifica della qualità della riproduzione del processo di civilizzazione statuale tra gli adolescenti in tre aree territoriali del centro sud d’Italia.

Civilizzazione statuale e sfera pubblica

Nella copiosa letteratura delle scienze sociali la sfera pubblica rappresenta l’ambito dove, in virtù della sua natura discorsiva, gli individui liberamente riuniti si incontrano per discutere in maniera pacifica o conflittuale, attraverso un procedimento razionale e democratico, problemi e questioni di interesse generale. Si può sicuramente affermare che la sfera pubblica è l’arena nella quale, in una prospettiva sociologica, si forma la mentalità sociale che legittima gli apparati istituzionali dello Stato-nazione e in particolare della democrazia costituzionale. In questo ambito, tra le riflessioni più pregnanti, possiamo sicuramente annoverare il lavoro di Habermas Storia e critica dell’opinione pubblica1 in cui viene considerata la nascita della sfera pubblica borghese come parte integrante del più ampio processo di costruzione dello Stato-nazione. La sfera pubblica, secondo Habermas, nasce nei contesti storici francesi, inglesi e tedeschi tra il XVIII e l’inizio del XIX secolo con il formarsi di un pubblico di lettori con forte capacità critica, orientato non solo alla lettura di opere classiche ma anche all’analisi razionale della realtà contingente. Essa “può essere concepita in un primo momento come la sfera dei privati riuniti come pubblico”2 regolata dalla comunicazione razionale. La sua caratterista fondamentale è quella di essere normativa e di possedere un potenziale di emancipazione all'altezza di promuovere l’impegno civico e la cooperazione3. Il tema centrale è costituito dalla preoccupazione dello sviluppo della sfera pubblica concepita come la condizione necessaria per la costituzione di una vera democrazia che si configuri come il prodotto di processi discorsivi di valori e norme che non esauriscono la loro funzione esclusivamente in un quadro giuridico formale4. In questa ottica lo Stato democratico non può essere ridotto a un apparato giuridico costituzionale bensì ha bisogno “di un principio ordinatore che sorge dal basso e che implica la piena consapevolezza politica del corpo sociale e una disposizione mentale, psicologica e culturale”5.

1 Habermas 2015.2 Ivi, 33.3 Susen 2011, 45.4 Douglas 2000; Lo Schiavo 2010.5 Di Donato 2010, 38.

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Questo principio ordinatore è l’espressione diretta non tanto delle norme formali quanto delle relazioni effettive che si determinano all’interno di una compagine sociale producendo specifiche mentalità sociali. In tal modo il modus vivendi di una società, costituito dall’insieme di relazioni fiduciarie, dalle condivisioni di valori, da pratiche di cooperazioni, deve essere interpretato come l’espressione dell’affermarsi del complesso processo di civilizzazione statuale6. In questa ottica la sfera pubblica può essere concepita come parte integrante del processo di civilizzazione che consente lo sviluppo “di un modo di sentire e di vivere che coniuga le pulsioni al soddisfacimento dei bisogni e degli interessi individuali con quelli di ciascun’altra soggettività e con un interesse generale non inteso come un arsenale retorico e invasivo che ingloba, fagocita e annulla ogni diversità individuale ed espelle o perseguita e reprime il dissenso”7. In questa prospettiva è molto interessante cogliere come la concezione della sfera pubblica di Habermas sia arricchita dall’approccio della civilizzazione statuale giacché delinea una sfera pubblica che non deve essere intesa come l’arena esclusiva di individui illuminati, piuttosto deve essere concepita come il luogo di dialogo tra differenti pubblici (non solo borghesi) che si sviluppa all’interno della società nel campo della politica, della cultura e dell’impegno civico8. Su questa base la sfera pubblica si presenta maggiormente articolata poiché viene intesa come il prodotto del processo di civilizzazione statuale che si qualifica “come un outil descrittivo di una realtà in evoluzione”9 che nasce dal basso in ragione dell’ampio consenso e dell’elevata coesione sociale proveniente dall’intera compagine sociale di una società. In questo senso bisogna concepire la sfera pubblica moderna come un momento cruciale nel dispiegamento del lungo e dinamico processo di civilizzazione caratterizzato da un graduale passaggio del modello del controllo delle emozioni non più centrato sull’eterocostrizione bensì sull’autocostrizione10. Si tratta di un profondo processo di educazione extrascolastico informale, basato su una dinamica esperienziale implicita e non intenzionale, che ha determinato l’introiezione della razionalità come aspetto specifico della mentalità e della struttura della personalità degli individui moderni. Ciò ha favorito la formazione di una sfera pubblica fondata sul connubio tra <<il per me>> con <<il per tutti>>11 dove la dimensione dell’interesse dell’universale include anche il singolo interesse del particolare12. In tal modo la sfera pubblica deve essere concepita sia come il portato della civilizzazione statuale sia come il luogo dove, attraverso pratiche discorsive, si “istituisce, a partire dal soggetto, un ordine di relazioni”13, un individualismo virtuoso basato sull’egoità sociale14 che costituisce la mentalità sociale che forma lo Stato moderno.

Dalla sfera pubblica allo spazio pubblico La sfera pubblica intesa come componente del processo di civilizzazione non può essere concepita in un’accezione astratta ma deve necessariamente avere un rimando a una dimensione fattuale giacchè è in essa che si inverano le pratiche discorsive del processo di civilizzazione statuale. La traduzione spaziale della sfera pubblica è fondamentale per la comprensione delle 6 Ibidem.7 Di Donato 2012, 39.8 Muchembled, 1998.9 Di Donato 2014, 71.10 Elias 1988.11 Perone 2012, 111-27.12 Pagano 2012, 45.13 Perone 2012, 113.14 Ajello 1996.

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pratiche di civilizzazione dal momento che si ipotizza “una relazione positiva e incrementale tra spazio e sfera pubblica, che lega soprattutto la varietà e apertura del primo con il carattere emancipatorio e democratico della seconda”15. La conferma del carattere mutuamente costitutivo tra sfera pubblica e spazio pubblico è rintracciabile in un filo conduttore che connette lo spazio pubblico alla formazione della cittadinanza e alla creazione di una cultura civica comune16. Da questo punto di vista sono di grande interesse le recenti ricerche internazionali che hanno mostrato come lo spazio pubblico non solo promuove il benessere fisico, psicologico e la qualità della vita17, ma determina la socializzazione di valori civici ritenuti preformativi per lo sviluppo della cittadinanza.In questo contesto non è secondario tener presente come la svolta spazialista, sviluppatasi negli ultimi anni nel campo della teoria sociale, abbia comportato una fioritura di interessi per le questioni concernenti il rapporto tra spazio pubblico e democrazia. Da questi risultati emerge, secondo Parkinson18, che la democrazia dipende in misura sorprendente dallo spazio fisico e pubblico soprattutto in un mondo digitale che per potersi evolvere in senso democratico richiede un ancoraggio spaziale, ovvero un’incorporazione delle strutture sociali e del potere relazionale all’interno dello spazio e dell’ambiente costruito. Sulla scorta di questi riferimenti di fondo si assume che la sfera pubblica si configura come fenomeno di natura cognitiva che si basa sulla possibilità di creare rapporti discorsivi tra individui e gruppi in luoghi spazialmente e temporalmente contestualizzati. In questa ottica lo spazio pubblico, concepito come configurazione spaziale della sfera pubblica, può essere considerato la sede della statualità nella quale si realizzano le pratiche della civilizzazione. Sebbene sia facilmente intuibile la connessione tra queste due dimensioni, essa non può essere pienamente compresa se non si evidenzia il legame imprescindibile con la formazione dello Stato (regime democratico)19 e soprattutto con la sua funzione interdipendente legata alla statualità. Lo spazio pubblico è il luogo fisico nel quale, in virtù della cornice istituzionale, si invera il processo di civilizzazione statuale costituita da “una forma mentis così radicata e profonda da plasmare anche il modo di percepire e di vivere intimamente i sentimenti personali, condizionando – a tutti i livelli di acculturazione e di stratificazione socioeconomica- lo stile personale”20. La specificità di questo contesto è costituita dal fatto che la stretta relazione tra spazio fisico e processo di civilizzazione statuale è realizzata attraverso le pratiche sociali messe in campo dai differenti corpi sociali che entrano nell’arena pubblica. Nel nostro caso riferendoci allo spazio pubblico, considerato come il luogo dell’universalità dell’accesso, dell’eterogeneità sociale e della partecipazione21, si assume che esso dovrebbe produrre le condizioni per un apprendimento situato, centrale per la rigenerazione dei processi di civilizzazione statuale all’interno delle pratiche di routine del mondo della vita quotidiana.

Lo spazio pubblico e le pratiche educative di civilizzazione

15 Cremaschi 2008, 1.16 Jacobs 2009; Sennett, 2006.17 Dines et.al.18 Parkinson 2012.19 Sebastiani 2014; Parkinson 2012.20 Di Donato 2014, 75.21 Habermas 2015; Arendt 2011.

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L’attenzione sulle pratiche che gli attori vivono in un determinato spazio sposta l’interesse non solo sul ruolo che la loro azione cooperante svolge nel riprodurre la civilizzazione statuale ma anche sulla possibilità di riconsiderare il processo di riproduzione di specifiche esperienze educative (dal momento che non tutte le esperienze possono essere associate a pratiche educative)22, finalizzate a generare conoscenze e produrre comunità di pratica educante. Di qui il richiamo al pensiero critico e riflessivo, considerato da Dewey fondamentale nei processi conoscitivi, poiché il soggetto procede nella produzione del sapere non attraverso forme a-priori ma mediante “la considerazione accurata, attiva e persistente di qualsiasi credo o presunta forma di conoscenza”23. Seguendo questa prospettiva l’esperienza diventa il “luogo in cui i living organism sviluppano il metodo dell’intelligenza ossia quel metodo che determina la scelta dei valori in base alle trasformazioni coevolutive del soggetto e l’ambiente”24. Queste considerazioni ci conducono a richiamare il concetto di sfera pubblica di Dewey, normativamente meno esigente di quello di Harbemas25, in quanto “composta semplicemente da coloro che essendo direttamente o indirettamente coinvolti nelle conseguenze di un evento, sono interessati a regolarlo collettivamente e si attivano a tale scopo”26. In questa accezione la sfera pubblica “consiste nel descrivere le azioni e le loro conseguenze che derivano non tanto da presunte cause metafisiche e ontologiche quanto da pratiche di cooperazione e fiducia basate su un processo di sperimentazione e scoperta costante27. Da questo punto di vista, sostiene Pellizzoni, “è la condivisione di una situazione problematica, piuttosto che i valori politici, un orizzonte di diritti e doveri, reciprocamente riconosciuti, a costituire la sfera pubblica”28. Di fronte a queste considerazioni lo sviluppo di una concezione di spazio pubblico come un insieme di pratiche educative si attaglia perfettamente alla descrizione della civilizzazione statuale “poiché essa è, in senso proprio, un insieme di pratiche socio-istituzionali innestate su una mentalità cooperativa fondata sulla fiducia”29. Queste caratteristiche non si possono ottenere solo attraverso una logica formale ma è necessario un processo di apprendimento mediante il quale si giunge ad una “commistione tra diritto e comportamenti sociali”30. Si tratta di un processo di educazione informale che si sviluppa attraverso pratiche di interazione all’interno di una situazione data grazie alla quale e mediante la quale popolazioni diverse formano lo spazio pubblico. Da questo punto di vista Dewey offre una lettura illuminante della formazione delle istituzioni democratiche e della corrispondente mentalità poiché esse sono concepite in un modo non astratto ma come il prodotto di una configurazione di prassi centrate sulla sperimentazione costante della realtà. In questa accezione il carattere pubblico associato alla formazione della statualità, definita come un “processo lungo e lento alla cui realizzazione ha contributo sia il pensiero sia l’azione costruttiva”31 si verifica solo quando in un luogo tutti coloro che si trovano

22 Dewey 2014.23 Dewey 2007, 6.24 Burza 2007, 24.25 Pellizzoni 2005.26 Dewey 2007.27 Cuceu 2011, 104.28 Pellizzoni 2005, 22.29 Di Donato 2014, 72.30 Ivi, 73.31 Ibidem.

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ad interagire in una situazione di compresenza apprendono, attraverso l’esperienza, le pratiche della convivenza civile32. A questo punto occorre considerare una questione aperta all’interno delle scienze sociali che riguarda l’identificazione di quelli che sono i fondamentali ambienti di socializzazione alla civilizzazione statuale. Più specificatamente il problema è comprendere se lo siano unicamente gli ambiti istituzionali e la socialità primaria oppure accanto ad essi si collocano altri contesti relazionali e civici nei quali si può sperimentare la pratica della civilizzazione statuale. Si tratta di comprendere i meccanismi attraverso i quali si determinano i processi di apprendimento di quelle capacità sociali, quali la fiducia e i valori civici, che possono essere apprese all’interno di percorsi non istituzionalizzati, ove si prevede la presenza di uno scambio generativo tra differenti luoghi e spazi formali ed informali. In questo contesto è opportuno evidenziare, come recenti ricerche hanno mostrato focalizzando l’attenzione in particolar modo sui micro spazi, la presenza di una varietà differente di modi alternativi in cui i giovani apprendono, attraverso l’esperienza, la pratica della cittadinanza. Va qui tra altro riconsiderata una politica educativa che valorizzi una pratica conoscitiva che si fonda sull’esperienza individuale e comunitaria rendendo lo spazio pubblico un co-educatore che interviene e partecipa insieme con altre agenzie di socializzazione al difficile processo di crescita del cittadino. In questa ottica la cifra costitutiva dello spazio pubblico non può non essere quella educativa che si riserva il compito, attraverso l’esperienza pratica situata nello spazio pubblico (lo spazio praticato diventa spazio educante), di sperimentare la formazione della cittadinanza.

Civilizzazione e decivilizzazione statuale e spazio pubblico

La letteratura critica sviluppata nei confronti della concezione della sfera pubblica di Habermas, considerata poco attenta alla sua pluralizzazione nella società moderna33, apre sicuramente una prospettiva diversa sulle differenti sfere pubbliche, ma nuovamente solleva domande su quale pubblico partecipi attivamente, quale ne è escluso e qual è in declino. La recente letteratura internazionale riguardante l’uso dello spazio pubblico ha mostrato un declino del suo impiego particolarmente tra gli adolescenti34. Questa categoria appare sempre meno capace di appropriarsi dello spazio, di partecipare attivamente alla formazione di un’opinione pubblica, configurandosi non come cittadino ma come consumatore in uno spazio pubblico privatizzato e mercificato. Alla luce delle importanti elaborazioni offerteci dal complesso contributo proveniente dai lavori di Habermas35 sulla trasformazione della sfera pubblica nell’epoca moderna, non possiamo non negare che lo spazio pubblico sia sottoposto a una colonizzazione da parte del mercato che mercificando le relazioni sociali degrada la critica potenziale insita nello spazio pubblico trasformandolo in “un’appendice decorativa di un mondo disincantato”36. Ciò comporta, dal punto di vista del processo di socializzazione alla civilizzazione statuale, l’affermarsi di un “privatismo civico”37 che legittima “un mondo di relazioni anomiche in cui il cittadino, sulla base delle loro preferenze soggettive, deve soltanto decidersi “tra opzioni sistematicamente prodotte”38. In questo contesto la privatizzazione, secondo Barber, “è molto di più di un’ideologia economica. Alleata dell’etica dell’infantilizzazione, abbraccia e rafforza il narcisismo, la 32 Dell’Avanzato 2010, 115.33 Cfr. Fraser 1992; Calhoun 1992.34 Dee 2015.35 Habermas 2015.36 Susen 2011, 50.37 Corchia 2007, 142.38 Habermas 2008, 138.

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preferenza individuale e la puerilità. Fraintende la libertà e così facendo stravolge il nostro concetto di libertà civica e di cittadinanza, spesso ignorando e talvolta insediando il significato stesso di bene comune e benessere collettivo”39. Questo aspetto è tanto più rilevante e critico nei contesti nei quali (come quello italiano) la statualità e lo Stato non si sono comulati e intrecciati rafforzandosi vicendevolmente40, determinando la formazione di una statualità asfittica e debole e uno Stato concepito solo in termini giuridico-formale. In una prospettiva sociologica ciò costituisce il prodotto dell’asincronia del processo di modernizzazione41 dove le strutture moderne si sono sovrapposte a quelle tradizionali determinando un’ambivalenza all’interno della mentalità collettiva tra un set di atteggiamenti corrispondenti alla tradizione e altri alla modernità. Il tipo di integrazione emergente è quella che si struttura attraverso non tanto un processo di civilizzazione statuale, quanto mediante un processo di pseudo integrazione dove la mentalità tradizionale viene sublimata per mezzo del canale dei modelli consumistici in un modus vivendi centrato sulla cordiale asocialità42, in cui i valori dello status e dell’apparenza sovrastano sulla dimensione della responsabilità civile. Ciò è molto evidente nelle culture e subculture giovanili dove il “poter consumare” diventa uno dei fattori più potenti di inclusione o esclusione, poiché va a occupare i valori su cui si fonda il processo di differenziazione generazionale. Va riconosciuto che in un modo non dissimile si strutturano le relazioni tra adolescenti e spazio pubblico. Quest’ultimo si trasforma sempre più in simulacri di realtà per effetto della “disneyfication”43 oppure in luoghi di consumo in ragione del diffondersi del cosiddetto “domestication by cappuccino”44. In questo contesto si annida il problema fondamentale del processo di civilizzazione che può indebolirsi e capovolgersi in decivilizzazione, anche laddove è normalmente diffuso, assumendo principalmente (ma non unicamente) due caratteri: diffusione dell’ethos dell’infantilizzazione45 che sovverte l’ethos della responsabilità e arretramento dello Stato cui fa seguito lo sgretolamento dello spazio pubblico e della cittadinanza46. Ciò dimostra che la civilizzazione statuale può subire, a livelli differenti di intensità, forme di decivilizzazione. Da tutto ciò deriva una fondamentale considerazione in merito alla natura del processo di civilizzazione statuale che deve essere concepita come una risorsa che va continuamente rigenerata poiché per esplicitare le sue funzioni non basta che si sia sedimentata in una determinata società ma ha bisogno di essere riattualizzata. A questo proposito la possibilità di generare o consumare il processo di civilizzazione dipende molto dalla qualità delle interconnessioni esistenti e dalle pratiche (educative e civili) che i differenti attori, che compongono la società, attuano nei loro contesti di vita. Come è agevole costatare tali considerazioni sono in linea con le riflessioni sviluppate da Dewey47 che concepisce la formazione degli Stati (ma anche della democrazia) come un processo sperimentale e non come il prodotto di provvidenzialismi idealistici. In particolare in una società, secondo Dewey, nella quale quanto più le condizioni di azione e d’indagine nella produzione della conoscenza sono in continua evoluzione, tanto più lo Stato necessita continuamente di essere riscoperto. Si delinea una visione di attore sociale costruttivistico che in ragione della specifica vocazione e campo di intervento produce (o consuma) le basi del processo di civilizzazione statuale. Va riconosciuto, peraltro, che questa pratica generante si attiva in quei contesti dove il lungo processo di civilizzazione si è sedimentato, e malgrado possa subire delle regressioni, potenzialmente conserva in sé la capacità di riattivare processi generativi. Naturalmente la situazione è molto diversa in quei contesti in cui non radicandosi “la mentalità

39 Barber 2010, 187.40 Di Donato 2012, 43.41 Germani 1971, 69-70.42 Ajello 2015.43 Sorkin 1992. 44 Atkinson 2003.45 Barber 2010, pp.6-56. 46 Wacquant 1992.47 Dewey 2007.

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razionale manca il senso dell’organizzazione e questa inadeguatezza si riflette immediatamente nell’assenza o nel carattere asfittico della statualità”48.

Civilizzazione statuale e adolescenti

Se è indubbio che la letteratura internazionale abbia rilevato un declino nell’impiego dello spazio pubblico, soprattutto da parte degli adolescenti, a causa di ingenti processi di privatizzazione e dalle connesse politiche di sicurezza49, è altrettanto chiara la preoccupazione che tale declino comporta nell’affievolire le funzioni civili dello spazio pubblico. Va riconosciuto, peraltro, che il recente dibattito internazionale non solo si focalizza sul ruolo che lo spazio pubblico promuove tra le giovani generazioni nello sviluppo delle attività civili e nell’istaurare un clima sociale di libertà di movimento, ma evidenzia anche come il processo di declino dello spazio pubblico sia ugualmente diffuso nelle grandi metropoli come nelle piccole comunità50. Nonostante l’importante risonanza che il dibattito scientifico sul declino dello spazio pubblico ha assunto a livello internazionale, in Italia la discussione è rimasta confinata prevalentemente nel campo degli studi urbani, soffermandosi in prevalenza sulla trasformazione della città; tranne alcune eccezioni51, lo spazio pubblico non è mai stato considerato depositario di processi educativi per l’apprendimento civile tra gli adolescenti. Questa situazione di deficit conoscitivo è ancora più evidente quando si intende circoscrivere lo studio sul concetto di spazio pubblico come luogo di socializzazione delle pratiche di civilizzazione tra le nuove generazioni. In questo paragrafo l’obiettivo è compiere un’analisi empirica dei meccanismi di riproduzione delle pratiche di civilizzazione statuale tra gli adolescenti in tre contesti territoriali (Bari, Roma e Benevento). A fronte di questa considerazione si è supposto che la civilizzazione statuale deve essere intesa come l’espressione dei valori civici, della fiducia e della coesione sociale che si struttura in una forma mentis, interiorizzata da soggetti e gruppi sociali, e resa immanente, all’interno dello spazio pubblico, attraverso le pratiche di socializzazione. In linea con questa definizione si sono formulate alcune ipotesi sui processi di riproduzione delle pratiche di civilizzazione statuale negli adolescenti. La prima ipotesi (Ip. 1) riguarda gli orientamenti valoriali degli adolescenti: la riproduzione dei valori sembra caratterizzata piuttosto che da valori civici e universali da una socialità ristretta dove prevalgono la casa, come luogo privilegiato, e la famiglia, come ambito significativo della socialità;La seconda ipotesi (Ip. 2) riguarda il tipo di valutazione che gli adolescenti esprimono nei confronti degli spazi sociali e delle istituzioni sia private e sia collettive: la relazione tra adolescenti e spazi pubblici è caratterizzata da un indebolimento delle pratiche di civilizzazione statuale a favore di quelle del consumo; La terza ipotesi (Ip.3) riguarda il grado della coesione sociale e la sua qualità tra gli adolescenti: la relazione tra adolescenti e coesione sociale si realizza attraverso pratiche e legami sociali ristretti che generano una coesione sociale domestica, autoreferenziale piuttosto che inclusiva;Per la verifica di tali ipotesi sono stati impiegati i risultati di una ricerca pilota quali-quantitativa svolta nell’anno scolastico 2011-2012 tra gli adolescenti in età compresa tra 11 e 14 anni, in tre aree territoriali del centro sud d’Italia.

I valori familistici

48 Di Donato 2010, 32.49 Dee 2015.50 Batsleer 2008, 55.51 Cfr. Forni 2002; Perone 2012; Mazzette 2013.

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La tendenza dominante dei valori familistici a scapito di quelli collettivi (Ip. 1) è stata analizzata attraverso la domanda << Quali sono i valori più importanti della vita?>>. Sebbene i valori siano un concetto complesso che richiama una controversa letteratura, è possibile individuare, soprattutto in sociologia, un accordo scientifico nel ritenere che i valori “sono criteri generali che concernono la desiderabilità dell’azione”52 in grado di offrirci una o più strutture valoriali di base utile per illuminare l’orientamento dell’agire individuale e collettivo. Da questo punto di vista l’analisi degli adolescenti trova una maggiore comprensione alla luce dello studio sulla natura dell’universo valoriale che orienta le loro pratiche sociali. Ciò è tanto più rilevante nel caso dello studio dei processi di riproduzione statuale tra adolescenti poiché “essa ha molto a che vedere con il modo in cui gli individui immersi in un determinato contesto socioculturale pensano il mondo e costruiscono le loro gerarchie di valori”53. E’ proprio l’affermazione di una specifica sindrome valoriale universalistica, piuttosto familistica, che determina il grado di radicamento del processo di civilizzazione statuale tra le pratiche sociali degli adolescenti. Di fronte a queste considerazioni, nella presente ricerca, si è inteso studiare la struttura valoriale degli adolescenti attraverso la ricostruzione dello spazio semantico entro il quale si collocano i valori utilizzando l’analisi in componenti principali. Più specificatamente, in base a come si dispongono lungo la scala di massima importanza, è possibile definire alcune aree di similarità nelle tre arre territoriali considerate (vedi figure 1a-1b-1c).

Fig. 1a – Il grado di importanza dei valori nel campione di Bari

Dai risultati si registra da una parte la presenza di valori quali la famiglia e l’amore collocati nell’area della massima importanza e dall’altra di valori civici e sociali collocati nell’area della “poca” o “abbastanza” importanza. Da questo punto di vista si può facilmente sostenere che dai risultati della nostra ricerca l’ipotesi 1 è confermata giacché prevale tra gli adolescenti una struttura

52 Sciolla 2010, 54.53 Di Donato 2014, 74.

Bari

competizione

patria

vita agiata

realizzazione

democrazia

amore

uguaglianzasuccesso sport

divertimento

cultura

studio

tradizionilavoro

famiglia

per niente

poco

abbastanza

molto

-3

-2

-1

0

1

2

3

-4,5 -3,5 -2,5 -1,5 -0,5 0,5 1,5 2,5 3,5

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di valori familiari e intimistici su quelli sociali e civici e di conseguenza si profila un processo di socializzazione della civilizzazione statuale asfittico. Questi risultati sono in linea con l’indagine IARD sulla condizione giovanile italiana54 e con lo studio dei valori della popolazione italiana adulta che fa registrare la percentuale più bassa della media Europea per quanto riguarda sia l’impegno pubblico sia per la fiducia interpersonale55. Ciò è evidente, peraltro, nella ricostruzione storiografica relativa alla comprensione della formazione della mentalità sociale italiana mostrando come essa sia composta da una visione familistica del mondo56.

Fig. 1b – Il grado di importanza dei valori nel campione di Roma

54 Buzzi, et. al. 2002.55 Janmaat 2006.56 Ajello 2015.

Roma

famiglia

lavoro

tradizioni

studio

culturadivertimento

sportsuccesso

uguaglianza

amore

democrazia

realizzazionevita agiata

patria

competizione

molto

abbastanza

poco

per niente

-3

-2

-1

0

1

2

3

4

-3,5 -2,5 -1,5 -0,5 0,5 1,5 2,5 3,5

Benevento

famiglia

lavoro

tradizioni

studio

cultura

divertimentosport

successo

uguaglianza

amoredemocrazia

realizzazionevita agiatapatria

competizione

moltoabbastanza

poco

per niente-3

-2

-1

0

1

2

3

-3,5 -2,5 -1,5 -0,5 0,5 1,5 2,5 3,5

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Fig. 1c – Il grado di importanza dei valori nel campione di Benevento

Il predominio dello spazio del consumo

Nell’intento di agganciare gli orientamenti valoriali a pratiche concrete, è stata sottoposta agli intervistati una scala qualitativa finalizzata a individuare la definizione soggettiva dei luoghi piuttosto che misurare il loro tasso di frequenza. In questa analisi si è inteso corroborare l’ipotesi (Ip. 2) secondo la quale si sta verificando un processo di scivolamento delle pratiche degli adolescenti verso spazi di consumo autoreferenziali, a discapito di quelli pubblici con la conseguente perdita della dimensione educativa dello spazio pubblico nel generare pratiche di civilizzazione statuale. Più specificatamente esaminando la figura 2, che riproduce sul piano fattoriale la definizione dei rapporti adolescenti-luoghi sociali, è possibile notare, nelle tre aree territoriali, una fenomenologia comune nella significazione dello spazio. In questi contesti lo spazio si divide in due mondi sociali con due significati diversi. Osservando il secondo e il terzo quadrante a sinistra del piano fattoriale emerge chiaramente che luoghi come la casa, i centri sportivi, i negozi, il bar e i centri commerciali sono stati definiti dagli adolescenti delle tre realtà analizzate aree con le quali si istaurano rapporti intensi, divertenti e positivi. Nel primo e quarto quadrante si delinea una seconda area dove emerge una crisi nel rapporto sia tra adolescenti e istituzioni come il comune, la chiesa (definiti noiose o indifferenti) che nei confronti degli spazi pubblici soprattutto la strada e la piazza (ad accezione degli adolescenti di Benevento per i quali la piazza assume un significato positivo). Dall’analisi comparativa si delinea un quadro generale del mondo adolescenziale in cui sembra emergere un processo di pseudo integrazione consumistica piuttosto che civile dove gli adolescenti entrano a far parte della sfera pubblica non come cittadini ma come consumatori. Va riconosciuto, peraltro, come i dati della ricerca confermano la seconda ipotesi secondo la quale negli adolescenti prevale uno spazio autoreferenziale e consumistico a detrimento di quello pubblico con la conseguente riduzione delle pratiche della civilizzazione statuale.

Fig. 2. – Il significato dei luoghi nelle 3 aree territoriali

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La coesione sociale domestica

I dati della ricerca finora analizzati sembrano corroborare l’ipotesi di un debole processo di riproduzione della civilizzazione statuale tra gli adolescenti nei termini di una progressiva crisi dei valori civici e un’affermazione degli spazi domestici e del consumo attorno ai quali si costruiscono spazi autoreferenzali. Analogamente al concetto di coesione sociale la ricerca mostra la presenza di un processo di pratiche generative corporative, filiali dalle quali si compone una coesione sociale domestica all’interno della quale gli adolescenti sviluppano una forma mentis basata sulla sfiducia e solidarietà autoreferenziale (Ip. 3). Dall’analisi dei dati emerge chiaramente che lo spazio pubblico non è più il luogo della coesione sociale in cui hanno posto le differenze e il reciproco riconoscersi, giacché il processo generativo che si realizza si presenta conservativo ovvero ripiegato in una dimensione molto introvertita. Nelle tre realtà considerate la coesione sociale non rappresenta la base della vita pubblica in quanto si presenta sia confinata all’interno di un circuito domestico sia frammentata e debole. Si può sicuramente affermare che se la coesione sociale è la base fondante della dimensione della statualità in cui “ogni cittadino si sente parte di un progetto che trascende i propri interessi particolari”57, la presente ricerca mostra un tessuto sociale frammentato formato da micro-feudi socio-relazionali incapaci di agire sui processi di socializzazione deputati al rafforzamento del senso della fiducia e della solidarietà. Tutto questo ci porta a una prima considerazione di sintesi in base alla quale si profila negli adolescenti analizzati sia una scarsa o assente interiorizzazione dei meccanismi sociali, in ragione dei quali si determina la produzione della civilizzazione statuale, sia una crisi dei luoghi all’interno dei quali si possono sviluppare pratiche di civilizzazione statuali.

57 Di Donato 2012 42.

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Conclusione

Se è indubbio che il processo della civilizzazione statuale non si può esaurire nell’ambito del rapporto tra sfera pubblica e spazi, è anche vero, tuttavia, come questa problematica assume un ruolo non marginale nel campo dello studio sulla formazione della mentalità sociale tra le nuove generazioni. Occorrerebbe un ulteriore saggio per analizzare più estesamente il processo di socializzazione alla statualità e discutere criticamente della crisi delle pratiche educative all’interno degli spazi pubblici. Ciò che conta, in questo studio, è l’idea che il processo di civilizzazione statuale si apprende mediante pratiche educative all’interno dei contesti sociali. Ciò si è reso evidente articolando la spiegazione della nascita della sfera pubblica proposta da Habermas e Dewey con l’approccio alla civilizzazione statuale. Da questo punto di vista è stato possibile formulare l’ipotesi che la sfera pubblica è il luogo istituente della civilizzazione statuale fondativa della mentalità sociale che struttura lo Stato moderno. Tale processo, tuttavia, non nasce in un contesto astratto ma mediante l’azione di attori sociali che attivamente riproducono il modus vivendi della convivenza civile. Altresì è stato posto in evidenza la non omogeneità del processo di civilizzazione soprattutto in quei contesti come l’Italia dove “pesa ancora – enormemente – il retaggio della mentalità medievale, adatta a pensare l’unità solo nell’iperuranio della metafisica e per converso immersa in una totale frammentazione dispersiva nella pratica della vita concreta”58. E proprio in questi contesti si è inteso analizzare se e come le pratiche che gli adolescenti attuano nello spazio pubblico possono essere considerate come momenti educativi che rigenerano il processo di civilizzazione statuale oppure come l’affermazione di un progressivo processo di appropriazione consumistica e di formazione di micro feudalità59. I dati della ricerca riflettono i limiti di una ricerca quanti-qualitativa e esplorativa dalla quale non si possono produrre generalizzazioni empiriche ma eventualmente creare le precondizioni teoriche, delineando ipotesi di ricerca, utili per lo sviluppo di successive ricerche. Nonostante queste limitazioni la ricerca permette di sviluppare importanti considerazioni sulla qualità del processo di civilizzazione tra gli adolescenti. In termini generali lo studio ha mostrato un diffuso modus mentale, espressione di valori familistici che strutturano pratiche coesive domestiche in spazi sempre più circoscritti all’interno della casa o in luoghi principalmente deputati al consumo. In questi contesti non si può tanto parlare di civilizzazione statuale quanto di pseudo integrazione consumistica in uno spazio pubblico sempre più asociale e vuoto, delineando un processo di civilizzazione statuale asfittico che colloca gli adolescenti al di fuori dei processi di partecipazione civica.

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