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Franco Bampi Clara Zordan FISICA MATEMATICA (elementi di MECCANICA RAZIONALE) Avvertenza: la numerazione delle pagine è crescente, ma vi sono delle discontinuità dovute all'eliminazione di argomenti che non fanno parte del programma dei corsi.

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Franco Bampi – Clara Zordan

FISICA MATEMATICA

(elementi di MECCANICA RAZIONALE)

Avvertenza: la numerazione delle pagine è crescente, ma vi sono delle discontinuità

dovute all'eliminazione di argomenti che non fanno parte del programma dei corsi.

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Calcolo vettoriale

Algebra vettoriale• Spazi vettoriali. Uno spazio vettoriale e un insieme V

tra i cui elementi sono definite un’operazione di somma,commutativa e associativa, e un’operazione di prodotto conscalari, numeri reali o complessi.

• Indipendenza lineare, dimensione, basi. Gli n vettoriu1, . . . ,un sono detti linearmente indipendenti quando la re-lazione α1u1 + · · ·+ αnun = 0 implica α1 = · · · = αn = 0 ;sono detti linearmente dipendenti in caso contrario. Il nu-mero massimo di vettori linearmente indipendenti e la di-mensione di V , che sara denotata con il simbolo dim V .Se dim V = n allora ogni n -upla di vettori linearmente in-dipendenti e una base per V . Siano i vettori u1, . . . ,un

una base per V . Per ogni vettore v ∈ V esiste un’unican -pla di scalari α1, . . . , αn tali che

v = α1u1 + · · ·+ αnun.

Questa relazione fornisce la rappresentazione del vettore vsulla base u1, . . . ,un .

• Prodotto scalare. L’operazione · : V × V → IR e unprodotto scalare (Euclideo) se

u · (αv + βw) = αu · v + βu · w (linearita);

u · v = v · u (simmetria);

u ·u ≥ 0 , il segno uguale valendo se e solo se u = 0 (po-sitivita).

La quantita |u| =√

u · u e detta modulo o norma di u .

• Struttura di spazio vettoriale dello spazio am-biente. Si assume che lo spazio ambiente della Meccanica

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classica sia descritto dalla geometria Euclidea. Un vettorelibero u e l’ente matematico individuato da una lunghezzau , una direzione e un verso; sia E3 l’insieme di tutti i vet-tori liberi. Si definisca in E3 la somma dei vettori liberi conla regola del parallelogramma e il prodotto con numeri realicome segue: se u ha lunghezza u allora il vettore αu :

− se α = 0 , e il vettore nullo;

− se α 6= 0 , ha lunghezza |α|u , ha la direzione di u e haverso concorde o discorde a u a seconda che α > 0 oppureα < 0 .

Con queste regole E3 assume la struttura di spazio vettorialetridimensionale sui reali.

• Versori. Un vettore libero di lunghezza unitaria e dettoversore.

• Basi ortonormali. Tre assi orientati, mutuamente ortog-onali e confluenti in un punto (o polo) O , formano un rifer-imento cartesiano ortogonale. I versori e1 , e2 , e3 di taliassi costituiscono una base ortonormale di E3 . Una ternaortonormale e1, e2, e3 e detta destra se soddisfa alla re-gola della mano destra. Nel seguito assumeremo senza ec-cezioni che tutte le basi ortonormali siano destre.

• Rappresentazione cartesiana ortogonale dei vet-tori. Ogni vettore u ∈ E3 ammette, unica, una rappresen-

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Calcolo vettoriale 9

tazione su base del tipo

u = u1e1 + u2e2 + u3e3 =3∑

h=1

uheh.

Le quantita u1 , u2 , u3 sono dette le componenti di urispetto alla base e1, e2, e3 .

• Notazione di Grassmann. Raffiguriamo u mediante unsegmento orientato congiungente i punti A e B . Siano xA

e xB i vettori posizione di A e B ossia i vettori le cuicomponenti sono le coordinate di A e B . Per la regola delparallelogramma risulta u = xB − xA ovvero, proiettandosugli assi,

u1 = xB − xA,

u2 = yB − yA,

u3 = zB − zA.

Da un punto di vista astratto, la precedente formula giusti-fica la notazione di Grassmann secondo cui

u = B −A.

La notazione di Grassmann e conveniente in quanto permet-te di usare l’algebra dei punti per effettuare operazioni di

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composizione di vettori. Ad esempio, confrontando con lafigura, risulta

u−v = w ⇐⇒ (B−A)−(C−A) = B−A+A−C = B−C.

• Prodotto scalare in E3 . Siano u,v ∈ E3 , di lunghezzau e v , e sia θ l’angolo tra u e v ( 0 ≤ θ ≤ π ). Si definisceprodotto scalare tra u e v il numero reale

u · v = uv cos θ.

Si verifica che sono soddisfatte tutte le proprieta relative alprodotto scalare. Dalla definizione segue che

u · v = 0 ⇐⇒

u = 0 oppurev = 0 oppureu ⊥ v;

pertanto, l’annullarsi del prodotto scalare e condizione ne-cessaria e sufficiente affinche due vettori non nulli siano or-togonali.

Le operazioni coinvolgenti prodotti scalari sono convenien-temente descritte mediante la quantita δhk , detta delta diKronecker , definita dalla proprieta

δhk = δkh =

1 se h = k,

0 se h 6= k.

Per cio che riguarda i versori di una base ortonormale valela relazione

eh · ek = δhk.

D’ora in poi adotteremo la convenzione di Einstein secondocui si sottintende la somma sugli indici ripetuti due (e solodue) volte. Pertanto si ha

uheh = u1e1 + u2e2 + u3e3;

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Calcolo vettoriale 11

siccome la scrittura uheh del primo membro e un’abbre-viazione del secondo membro, dove l’indice h non compareaffatto, e ovvio che la lettera che denota l’indice sommatonon ha alcuna rilevanza nel senso che uheh = ukek = upep =ecc . Per questo motivo l’indice sommato e detto muto.

Dalle ovvie relazioni u = uheh , v = vkek , segue cheu ·v = uheh ·vkek = uhvkeh ·ek = uhvkδhk ovvero, usandola definizione di δhk ,

u · v = uhvh = u1v1 + u2v2 + u3v3;

come conseguenza

|u| =√

u · u =√

u21 + u2

2 + u23 = u.

Ancora, moltiplicando per eh la relazione u = ukek si ot-tiene u · eh = ukek · eh = ukδkh , da cui segue uh = u · eh ;resta cosı dimostrata l’importante relazione

u = (u · eh)eh.

• Prodotto vettore in E3 . Siano u,v ∈ E3 , di lunghezzau e v , e sia θ l’angolo tra u e v ( 0 ≤ θ ≤ π ). Si definisceprodotto vettore u × v il vettore di lunghezza uv sin θ , di-rezione ortogonale a u e v , verso tale che u , v , u × vsia una terna destra.

Si dimostrano le seguenti proprieta:

u × (αv + βw) = αu × v + βu × w (linearita).

u × v = −v × u (antisimmetria);

Dalla definizione segue che

u × v = 0 ⇐⇒

u = 0 oppurev = 0 oppureu ‖ v;

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pertanto, l’annullarsi del prodotto vettore e condizione ne-cessaria e sufficiente affinche due vettori non nulli siano pa-ralleli.

Risulta ancora

e1 × e2 = e3, e2 × e3 = e1, e3 × e1 = e2.

Queste ultime relazioni mostrano che u × v e calcolabilemediante il determinante formale

u × v = det

e1 e2 e3

u1 u2 u3

v1 v2 v3

.

• Operazioni composte.

(a) Doppio prodotto vettore:

u × (v × w) = (u · w)v − (u · v)w,

(u × v) × w = (u · w)v − (v · w)u.

Per il lettore interessato, una dimostrazione di queste for-mule si trova in BBM–probl. 1.2.5.

Nell’ipotesi v 6= 0 sussiste l’identita

u =(u · v)v|v|2

+v × (u × v)

|v|2,

ovvero

u =(u · v)v|v|2

+(v × u) × v

|v|2,

che rappresenta la scomposizione del generico vettore u indue vettori, uno parallelo e uno ortogonale al vettore non

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Calcolo vettoriale 13

nullo v . Dimostriamo, ad esempio, quest’ultima formula.Sviluppando il doppio prodotto vettore del secondo membrosi ha

1|v|2

[(u · v)v + (v · v)u− (u · v)v] = u,

avendo usato l’ovvia relazione v · v = |v|2 . Analogamentesi dimostra la prima formula.

(b) Prodotto misto:

u · v × w = u × v · w;u · v × w = w · u × v = v · w × u.

Esso e calcolabile mediante il determinante

u · v × w = det

u1 u2 u3

v1 v2 v3

w1 w2 w3

.

Di conseguenza risulta

u · v × w = 0 ⇐⇒

u = 0 oppurev = 0 oppurew = 0 oppureu,v,w linearmente dipendenti;

pertanto, l’annullarsi del prodotto misto e condizione neces-saria e sufficiente affinche tre vettori non nulli siano linear-mente dipendenti.

• Regole di calcolo tra matrici. Sia Ahk il genericoelemento di una assegnata matrice quadrata A , ossia

A = (Ahk) =

A11 · · · A1n...

. . ....

An1 · · · Ann

.

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Come si verifica facilmente, nella scrittura Ahk l’indice h el’indice di riga mentre l’indice k e l’indice di colonna. Sic-come la trasposta AT della matrice A si ottiene cambiandole righe con le colonne, si ha

AThk = Akh.

Inoltre, detta C la matrice ottenuta come prodotto righeper colonne tra le matrici A e B , risulta

C = AB ⇐⇒ Chk = AhpBpk.

Si noti che nella scrittura con gli indici le quantita coinvoltesono gli elementi delle matrici: essi sono numeri e quindi illoro prodotto e commutativo. Risulta allora corretta anchela scrittura Chk = BpkAhp . Siccome in generale AB 6=BA , si pone il problema di individuare l’ordine giusto dellematrici quando sia assegnata la relazione tra i loro elementi.Osserviamo allora che sopprimendo gli indici dalla relazioneChk = AhpBpk si ottiene la relazione corretta C = AB .La regola informale che si deduce da questa constatazione eche l’indice di riga h di C deve essere il primo indice delsecondo membro, l’indice di colonna k di C deve esserel’ultimo indice del secondo membro e che gli indici sommatidevono essere vicini.

Come applicazione proviamo la relazione (AB)T = BT AT .Posto C = AB risulta CT

hk = Ckh = AkpBph . Poichel’indice h deve comparire al primo posto, l’indice k all’ulti-mo e gli indici sommati devono essere vicini, sono giustificatii seguenti passaggi: CT

hk = BphAkp = BThpA

Tpk da cui segue

CT = BT AT , come asserito.

E utile osservare che dalla definizione di δhk risulta

(δhk) =

1 0 00 1 00 0 1

= 1I,

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secondo cui la matrice associata a δhk e la matrice iden-tica 1I .

• Cambiamento di base. Siano e1, e2, e3 e e1, e2, e3due basi ortonormali di E3 . Sulla base e1, e2, e3 i versorieh si rappresentano nella forma eh = (eh ·ek)ek ; introdottele quantita

Rhk = eh · ek,

si ottieneeh = Rhkek.

Le nove quantita Rhk sono gli elementi di una matrice R ,detta matrice di rotazione. Analogamente, dalla relazioneeh = (ek · eh)ek si deduce la formula inversa

eh = Rkhek.

L’ortonormalita delle due basi implica quanto segue:

δhk = eh · ek = Rhpep · Rkqeq = RhpRkqep · eq =RhpRkqδpq = RhpRkp,

ossiaRhpRkp = δhk ⇐⇒ RRT = 1I,

Questa relazione e detta condizione di ortogonalita per lematrici di rotazione. Analogamente, partendo dalla relazio-ne eh · ek = δhk si perviene alla formula RT R = 1I .

Dalla condizione di ortogonalita segue che R−1 = RT eche det(RRT ) = det 1I = 1 ossia 1 = (det R)(detRT ) =(detR)2 da cui detR = ±1 . Risulta detR = +1 se ledue basi hanno la stessa orientazione (per es., sono entrambidestre), det R = −1 in caso contrario.

• Esempio. La matrice R associata alla rotazione antiorariadi un angolo θ attorno all’asse e3 vale

R =

cos θ sin θ 0− sin θ cos θ 0

0 0 1

.

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Il calcolo esplicito e effettuato in BBM–probl. 1.2.15.

• Variazione delle componenti di un vettore. Un vet-tore u puo essere rappresentato su due basi diverse in ac-cordo con la relazione

u = ukek = uheh,

che implica necessariamente un legame tra uk e uh . Pre-cisamente si ha uh = u · eh = u · Rhkek = Rhku · ek da cuisegue la relazione

uh = Rhkuk,

che e esattamente analoga alla formula eh = Rhkek .

• Operatori vettoriali. Un’applicazione A : E3 → E3 edetta un operatore vettoriale. Si danno le seguenti definizio-ni:

A e un operatore lineare se A(αu+βv) = αA(u)+βA(v) ;

A e un operatore simmetrico se u · A(v) = v · A(u) ;

A e un operatore antisimmetrico se u ·A(v) = −v ·A(u) .

Ogni operatore simmetrico o antisimmetrico e lineare. In-fatti

u · A(αv + βw) = ±(αv + βw) · A(u)= ±[αv · A(u) + βw · A(u)] = u · [αA(v) + βA(w)];

l’arbitrarieta di u prova l’asserto.

Nel seguito denoteremo gli operatori lineari omettendo leparentesi; scriveremo pertanto A(u) = Au .

• Proprieta degli operatori antisimmetrici. Se per unoperatore lineare A risulta u · Au = 0 ∀u , allora A eantisimmetrico. Infatti (u + v) · A(u + v) = 0 da cui, perla linearita di A , u · Au + v · Au + u · Av + v · Av = 0ovvero u · Av = −v · Au .

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Calcolo vettoriale 17

Ogni operatore antisimmetrico A individua univocamenteun vettore a tale che

Au = a × u, ∀u ∈ E3.

Dim. Introdotta la base ortonormale e1, e2, e3 , si ponga

a = 12ek × Aek.

Allora a × u = 12 (ek × Aek) × u = 1

2 [(ek · u)Aek − (Aek ·u)ek] = 1

2 [ukAek + (Au · ek)ek] = 12 (Au + Au) = Au .

Inoltre a e unico. Infatti se esistesse b tale che Au =b × u , allora si avrebbe, per ogni u , a × u = b × u , ossia(a− b) × u = 0 da cui a = b .

La relazione Au = a × u rappresenta la forma canonicadell’operatore antisimmetrico A .

• Rappresentazione su base degli operatori vetto-riali lineari. Sia e1, e2, e3 una base ortonormale e siaA un operatore lineare. Si ha Au = (eh · Au)eh = [eh ·A(ukek)]eh = (eh · Aek)ukeh . Pertanto A e noto quandosi conoscono le quantita

Ahk = eh · Aek,

che costituiscono gli elementi della matrice A associata al-l’operatore A rispetto alla base prefissata. In particolare siha

Au = Ahkukeh.

Le proprieta di simmetria di A si riflettono sulla matriceassociata; poiche risulta Ahk = eh · Aek = ±ek · Aeh =±Akh , esplicitamente si ha

A e simmetrico ⇐⇒ Ahk = Akh ⇐⇒ A = AT ;A e antisimmetrico ⇐⇒ Ahk = −Akh ⇐⇒ A = −AT .

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• Variazione della matrice associata a un operato-re. Introdotta un’altra base ortonormale e1, e2, e3 , risul-ta Ahk = eh · Aek = Rhpep · A(Rkqeq) = RhpRkqep · Aeq ,da cui

Ahk = RhpRkqApq ⇐⇒ A = RART ,

che rappresenta la legge di variazione della matrice A , as-sociata all’operatore lineare A , al variare della base.

• Esempio. Poniamo v = Au , essendo A un operatore an-tisimmetrico. La matrice A associata ad A ha la forma

A =

0 A12 A13

−A12 0 A23

−A13 −A23 0

;

pertanto, siccome vh = Ahkuk , si hav1 = A12u2 + A13u3,

v2 = −A12u1 + A23u3,

v3 = −A13u1 −A23u2.

D’altra parte, poiche per ogni u si ha Au = a×u , possia-mo scrivere le relazioni

v1 = a2u3 − a3u2,

v2 = a3u1 − a1u3,

v3 = a1u2 − a2u1.

Confrontando con le precedenti espressioni di v1 , v2 , v3 escegliendo le componenti del vettore arbitrario u come sottoindicato, si ottiene

u1 = 1, u2 = 0, u3 = 0, =⇒

a3 = −A12,

−a2 = −A13;

u1 = 0, u2 = 1, u3 = 0, =⇒ −a3 = A12,

a1 = −A23;

u1 = 0, u2 = 0, u3 = 1, =⇒

a2 = A13,

−a1 = A23.

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Calcolo vettoriale 19

In conclusione, il legame tra la matrice A e le componentidel vettore a e il seguente

A =

0 −a3 a2

a3 0 −a1

−a2 a1 0

.

• Tensori. Come abbiamo visto, un operatore vettoriale euna relazione lineare che a vettori associa vettori. Analoga-mente, un vettore puo essere riguardato come una legge chea vettori associa scalari mediante l’operazione di prodottoscalare. Questa procedura e generalizzabile come segue. Par-tendo dallo schema

− scalare = tensore di rango zero,

− vettore = tensore di rango uno,

− operatore vettoriale = tensore di rango due,

definiamo per induzione tensore di rango n , con n > 0 ,quell’operatore lineare che a vettori associa tensori di rangon−1 . La rappresentazione su base di un tensore T di rangon fornisce le quantita a n indici Th1...hn

. Al variare dellabase ogni indice si trasforma con la legge valida per gli indicidei vettori, ossia

Th1...hn= Rh1k1 · · ·Rhnkn

Tk1...kn.

Analisi vettoriale• Vettore funzione di parametro. Sia [a, b] un inter-

vallo di IR . Un’applicazione da [a, b] in E3 e detta funzionea valori vettoriali. Essa e indicata con la notazione u =u(ξ) , a ≤ ξ ≤ b . Su base ortonormale si ha u(ξ) = uk(ξ)ek

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secondo cui la funzione vettoriale u(ξ) e nota quando sononote le funzioni scalari uk(ξ) .

• Limite di funzioni vettoriali. Per definizione, diremoche limξ→ξ0 u(ξ) = u0 se, ∀ε > 0 , ∃ δ > 0 tale che |u(ξ)−u0| < ε per ogni ξ soddisfacente alla condizione 0 < |ξ −ξ0| < δ .

Poiche

|u(ξ)− u0| =√∑3

k=1 (uk(ξ)− u0k)2,

si ha facilmente che

limξ→ξ0

u(ξ) = u0 ⇐⇒ limξ→ξ0

uk = u0k,

secondo cui le operazioni differenziali sulla funzione vettoria-le u(ξ) sono ricondotte alle corrispondenti operazioni sulletre funzioni scalari uk(ξ) . Ovviamente dal concetto di limi-te seguono le definizioni di continuita, derivabilita e integra-bilita.

• Derivata di funzioni vettoriali. Risulta

du(ξ)dξ

=duk(ξ)

dξek,

da cui seguono le ovvie relazioni

d

dξ(u + v) =

dudξ

+dvdξ

,

d

dξ(fu) =

df

dξu + f

dudξ

,

d

dξ(u · v) =

dudξ

· v + u · dvdξ

,

d

dξ(u × v) =

dudξ

× v + u × dvdξ

;

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Calcolo vettoriale 21

infine, se u = u(ξ(s)

)allora

duds

=dudξ

ds.

Sussistono inoltre le seguenti proprieta.

(i) u(ξ) = cost ⇐⇒ du/dξ = 0 , (banale).

(ii) |u(ξ)| = cost ⇐⇒ u · du/dξ = 0 ossia se e solo se ue ortogonale alla sua derivata. L’asserto segue banalmentedalla relazione d(|u|2)/dξ = d(u · u)/dξ = 2u · du/dξ .

(iii) u(ξ) ha direzione costante ⇐⇒ u × du/dξ = 0 ossiase e solo se u e parallelo alla sua derivata. Infatti, denotatocon k il versore di u ( k = u/u ), risulta u = uk da cuisegue du/dξ = (du/dξ)k + u(dk/dξ) e quindi

u × dudξ

= u2k × dkdξ

.

Pertanto, se k e costante la precedente relazione implica ilparallelismo tra u e la sua derivata. Viceversa, se sussistetale parallelismo, allora dk/dξ = 0 in quanto k e non nulloe ortogonale alla sua derivata, vedi (ii).

• Integrale di funzioni vettoriali. Risulta∫ b

a

u(ξ) dξ =

[∫ b

a

uk(ξ) dξ

]ek,

da cui seguono le relazioni

∫ b

a

(u + v) dξ =∫ b

a

u dξ +∫ b

a

v dξ,∫ b

a

u dξ =∫ c

a

u dξ +∫ b

c

u dξ.

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Infine si definisce la primitiva U della funzione vettoriale umediante la relazione

dUdξ

= u ⇐⇒ U =∫

u dξ + c,

da cui segue ∫ b

a

u dξ = U(b)−U(a).

Elementi di teoria delle curve• Curve e loro rappresentazione parametrica. Si con-

sideri la funzione vettoriale continua x = x(ξ) . Introdottoun riferimento cartesiano di origine O , sia P il punto de-finito dalla relazione x(ξ) = P (ξ) − O . Al variare di ξnell’intervallo di definizione [a, b] , il punto P descrive unacurva γ nello spazio; la funzione x(ξ) e detta essere unarappresentazione parametrica di γ .

• Curve semplici e regolari. Sia γ una curva e sia x =x(ξ) , ξ ∈ [a, b] , una rappresentazione parametrica di γ .

− La curva γ e semplice quando ξ1 6= ξ2 =⇒ x(ξ1) 6=x(ξ2) (assenza di punti multipli, cfr. figura).

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Calcolo vettoriale 23

− La rappresentazione parametrica x(ξ) si dice regolarequando x(ξ) ∈ C1 e, in tutto l’intervallo di definizione,|dx/dξ| 6= 0 .

− La curva γ e regolare quando ammette almeno una rap-presentazione parametrica regolare.

• Esempio. Si consideri la curva piana descritta parametrica-mente da

x = ξ,

y = ξ,ξ ∈ [−1, 1].

Tale curva rappresenta un segmento di bisettrice del primoe terzo quadrante simmetrico rispetto all’origine. Essendodx/dξ = dy/dξ = 1 , la rappresentazione parametrica, equindi la curva, e regolare.

La stessa curva puo essere descritta comex = ξ3,

y = ξ3,ξ ∈ [−1, 1].

In questo caso si ha dx/dξ = dy/dξ = 3ξ2 ; siccome |dx/dξ|si annulla per ξ = 0 , quest’ultima rappresentazione para-metrica non e regolare. Cio mostra che una curva regolarepuo ammettere rappresentazioni parametriche non regolari.

• Ascissa curvilinea. Sia γ una curva semplice e regolare.Come si puo dimostrare, ad ogni punto di γ , individuato dal

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valore ξ del parametro nell’intervallo di definizione [a, b] ,e possibile associare la misura s dell’arco da x(a) a x(ξ) .Il parametro s e detto ascissa curvilinea. Per calcolarnel’espressione in funzione di ξ , osserviamo che, al primo or-dine, |ds| = |dx| ; pertanto si ha

s(ξ) = ±∫ ξ

a

∣∣∣∣dxdξ

∣∣∣∣ dξ,

dove il segno positivo (negativo) corrisponde all’assunzioneche l’ascissa curvilinea s sia crescente quando il parametroξ cresce (decresce).

• Teorema sull’ascissa curvilinea. Sia γ una curva re-golare e sia s la sua ascissa curvilinea. Allora esiste larappresentazione parametrica x = x(s) che risulta essereregolare.

Dim. Sia x = x(ξ) una rappresentazione parametrica re-golare di γ . Poiche∣∣∣∣dxdξ

∣∣∣∣ 6= 0 eds

dξ=

∣∣∣∣dxdξ

∣∣∣∣,segue che la funzione s(ξ) e monotona crescente e quindiinvertibile in [a, b] . Ad una analoga conclusione si pervienescegliendo ds/dξ = −|dx/dξ| . Sia ξ = ξ(s) la funzioneinversa. La rappresentazione parametrica x = x

(ξ(s)

)=

x(s) esiste ed e regolare in quanto |dx/ds| = 1 .

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Calcolo vettoriale 25

• Esempio. Arco di catenaria.

Espressione cartesiana: y = α coshx

α= α

ex/α + e−x/α

2,

α > 0 .

Rappresentazione parametrica regolare:

x(ξ) = ξe1 + α coshξ

αe2,

dxdξ

= e1 + sinhξ

αe2.

Ascissa curvilinea:

s(ξ) =∫ ξ

0

√1 + sinh2 ξ

αdξ =

∫ ξ

0

coshξ

αdξ =

α sinhξ

α= α

eξ/α − e−ξ/α

2.

Moltiplicando ambo i membri di questa relazione per eξ/α siottiene un’equazione di secondo grado in eξ/α , da cui segue

eξ/α =s +

√s2 + α2

α,

la soluzione col segno negativo non essendo accettabile. Inconclusione, la rappresentazione parametrica con parametros e

x(s) = α lns +

√s2 + α2

αe1 +

√s2 + α2 e2.

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26 F. Bampi & C. Zordan

• Terna intrinseca. Sia γ una curva semplice e regolaree sia x = x(s) la rappresentazione parametrica in terminidell’ascissa curvilinea. Si definiscono i seguenti vettori.

− Versore tangente t :

t =dxds

.

Dalla definizione discende che |t| = 1 e che t e tangente aγ ed ha verso concorde con il verso degli archi crescenti.

− Versore normale principale n :

n =d2xds2

/ ∣∣∣∣d2xds2

∣∣∣∣ =dtds

/ ∣∣∣∣dtds

∣∣∣∣.Risulta che |n| = 1 e che n e perpendicolare a t ed ediretto verso il centro della concavita di γ .

− Versore binormale b :

b = t × n.

Per definizione, il versore b e ortogonale a t , n .

La terna ortonormale destra t,n,b costituisce la ternaintrinseca associata ad ogni punto di γ .

Per completezza ricordiamo che, fissato un punto P sullacurva γ , la terna intrinseca in P individua tre piani note-voli; precisamente

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Calcolo vettoriale 27

− piano osculatore:(P, t,n) ;− piano normale: (P,n,b) ;− piano rettificante:(P, t,b) .

• Curvatura di flessione. Si definisce curvatura di fles-sione la quantita

c =∣∣∣∣d2xds2

∣∣∣∣ =∣∣∣∣dtds

∣∣∣∣;si definisce raggio di curvatura la grandezza

ρ =1c.

• Esempio. Il calcolo del raggio di curvatura ρ per una cir-conferenza di raggio R mostra che ρ = R , risultato chegiustifica la dizione “raggio di curvatura”. Per i dettagli delconto si veda BBM–probl. 1.2.20.

• Formula di Frenet. Le definizioni di normale principale edi raggio di curvatura sono riassunte nella seguente relazione

dtds

=1ρ

n,

nota come (prima) formula di Frenet.

• Calcolo della curvatura. Le grandezze intrinseche aduna curva sono definite per mezzo della rappresentazioneparametrica x = x(s) . Escluso pochi particolari esempi,tale rappresentazione parametrica non e calcolabile in formachiusa. Si rende pertanto necessario poter disporre di unprocedimento di calcolo che faccia riferimento a una genericarappresentazione parametrica regolare x = x(ξ) .

A tale scopo osserviamo che, assegnata la funzione ξ = ξ(s) ,in notazione operatoriale risulta d/ds = (dξ/ds) d/dξ ; ri-cordando che ds/dξ = |dx/dξ| e usando il teorema della

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28 F. Bampi & C. Zordan

funzione inversa si trova l’utile relazioned

ds=

1|x′|

d

dξ,

l’apice denotando la derivata rispetto a ξ . Un primo risul-tato e che

t =dxds

=x′

|x′|, n =

t′

|t′|.

Inoltre si had2xds2

=dtds

=x′′

|x′|2+ x′

d

ds

1|x′|

.

Osservando che |t × dt/ds| = |t| |dt/ds| sin(π/2) = |dt/ds| ,la formula di Frenet implica 1/ρ = |t × dt/ds| e quindi,svolgendo i calcoli, si ottiene

=|x′ × x′′||x′|3

,

che permette il calcolo della curvatura quando sia data larappresentazione parametrica x(ξ) .

• Curvatura delle linee piane. Consideriamo una curvapiana γ e sia

x(ξ) = x(ξ)e1 + y(ξ)e2,

una rappresentazione parametrica regolare. Risultax′ = x′e1 + y′e2, x′′ = x′′e1 + y′′e2,

da cui segue1ρ

=|x′y′′ − x′′y′|(x′2 + y′2)3/2

.

Nel caso in cui la curva sia il grafico della funzione y = y(x) ,una rappresentazione parametrica regolare di γ e

x(ξ) = ξe1 + y(ξ)e2,

da cui segue la formula1ρ

=|y′′|

(1 + y′2)3/2,

che fornisce la curvatura della linea y = y(x) .

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Meccanica del punto

Cinematica del punto• Tempo, spazio. I concetti di tempo e di spazio sono pri-

mitivi. Il primo consente di dare un ordinamento agli av-venimenti mediante le relazioni di “prima” e di “dopo”. Ilsecondo permette di confrontare le reciproche posizioni deglioggetti. Si assume che il tempo sia continuo e che lo spaziosia continuo ed Euclideo.

• Osservatore ideale. Un osservatore ideale F e un entematematico costituito da uno spazio tridimensionale E3 ,detto spazio di quiete dell’osservatore, e da una coordinatatemporale t .

Esso puo pertanto individuare le posizioni dei vari oggetti edescrivere come esse mutano nel tempo mediante una coor-dinata temporale t e un sistema di coordinate spaziali, ades. cartesiane ortogonali.

• Movimento e sua descrizione. Il moto di un punto P ,rispetto a un fissato osservatore F , e descritto da una fun-zione vettoriale

x = x(t) = P (t)−O = xk(t)ek,

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30 F. Bampi & C. Zordan

che individua le posizioni P (t) occupate dal punto nei di-versi istanti di tempo. La funzione vettoriale

x = x(t) = x(t)e1 + y(t)e2 + z(t)e3

e detta legge finita del moto. Essa puo essere interpretatacome la rappresentazione parametrica di una curva, regolarea tratti, detta la traiettoria del punto.

• Legge oraria. Supponiamo che nell’intervallo temporale(t0, t1) l’arco di traiettoria descritto dal punto sia semplicee regolare. Supponiamo ancora che la traiettoria sia nota eche su di essa sia stata introdotta un’ascissa curvilinea s . Ilmoto di P puo allora essere descritto assegnando la funzione

s = s(t),

che fornisce il valore dell’ascissa curvilinea s al genericoistante t ∈ (t0, t1) . Questa funzione e detta legge orariadel moto del punto e puo essere calcolata mediante la for-mula

s(t) = s0 ±∫ t

t0

∣∣∣∣dxdt

∣∣∣∣ dt, t0 < t < t1,

dove s0 e il valore dell’ascissa curvilinea s al tempo t0 ;per cio che riguarda la scelta del segno, va scelto il segnopositivo (negativo) quando il moto avviene nel verso delleascisse crescenti (descrescenti). Si noti infine che la quantita|s(t) − s0| da lo spazio percorso dal punto sulla traiettorianell’intervallo di tempo (t0, t) , t ∈ (t0, t1) . Per ogni arcodi traiettoria regolare risulta facilmente

legge del moto x = x(t) ⇐⇒

traiettoria x = x(s),legge oraria s = s(t).

Si ricordi che per determinare i punti di non regolarita dellarappresentazione parametrica x = x(t) della traiettoria ba-sta individuare gli istanti in cui |dx/dt| si annulla; si osservi

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Meccanica del punto 31

altresı che durante il moto uno stesso arco di curva potrebbeessere percorso piu volte: in tal caso la traiettoria risultauna curva semplice a tratti.

• Moti particolari. Un moto e detto rettilineo quando latraiettoria e una retta (o un segmento di retta); un moto edetto piano quando la traiettoria e una curva piana.

• Velocita e sue proprieta. Sia x = x(t) la legge delmoto di un punto P . La velocita (istantanea) v e definitadalla relazione

v =dxdt

= x.

Essa e pertanto tangente alla traiettoria, indica la direzionee il verso del moto e risulta essere un vettore applicato inP . Su base cartesiana ortonormale si ha

v = xk(t)ek; xk =dxk

dt= vk; |v| =

√x2 + y2 + z2.

Un moto e detto uniforme quando risulta |v| = cost .

• Velocita: rappresentazione intrinseca. Si consideriora la terna intrinseca associata alla traiettoria. Risulta

v =dxdt

=dxds

ds

dt,

da cui segue l’espressione intrinseca

v = st; vt = s, vn = 0, vb = 0; |v| = |s|.

Se s(t) > 0 allora s(t) cresce e il moto e progressivo ossiaavviene nel verso delle ascisse crescenti; se s(t) < 0 alloras(t) decresce e il moto e retrogrado ossia avviene nel versodelle ascisse decrescenti; se s(t0) = 0 si ha un arresto istan-taneo all’istante t0 .

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32 F. Bampi & C. Zordan

• Moti uniformi. Si consideri un moto uniforme. La con-dizione |v| = cost implica banalmente s = cost . E facile inquesto caso ricavare la legge oraria. Posto s(t0) = s0 , si ha

s = c =⇒∫ s

s0

ds =∫ t

t0

c dt =⇒ s(t) = s0 + c(t− t0).

Si noti che un moto uniforme puo essere rettilineo oppureno.

• Moti a velocita costante. Un moto e detto a velocitacostante quando risulta x = v , con v vettore costante.

Posto x(t0) = x0 , una semplice integrazione fornisce

x(t) = x0 + v(t− t0),

che corrisponde a un moto rettilineo uniforme la cui traiet-toria e una retta passante per x0 e diretta come v .

Si verifica subito che un moto e a velocita costante se e solose e rettilineo uniforme.

• Accelerazione e sue proprieta. Sia x = x(t) la leggedel moto di un punto P . Si definisce accelerazione a di Pil vettore (applicato in P )

a = v = x =d2xdt2

.

Su base cartesiana ortonormale si ha

a = xk(t)ek; xk =d2xk

dt2= ak; |a| =

√x2 + y2 + z2.

• Accelerazione: rappresentazione intrinseca. Si in-troduca la terna intrinseca associata alla traiettoria; ricor-dando che v = st , si ottiene

a =dvdt

=d

dt(st) = st + s

dtds

ds

dt

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Meccanica del punto 33

da cui, tenendo conto della formula di Frenet dt/ds = n/ρsegue l’espressione intrinseca dell’accelerazione

a = st +s2

ρn;

at = s, an =s2

ρ, ab = 0; |a| =

√s2 +

s4

ρ2.

In generale, dunque, l’accelerazione ha componenti non nullesolo nella direzione di t e in quella di n , ossia essa appar-tiene al piano osculatore alla traiettoria. Risulta facilmentequanto segue:

at = 0 ∀t ⇐⇒ s = 0 ⇐⇒ s = cost ⇐⇒ moto uniforme;

an = 0 ∀t e s 6= 0 ⇐⇒ s2

ρ= 0 ⇐⇒

= 0 ⇐⇒ moto rettilineo.

• Moti accelerati e ritardati. Un moto e accelerato (ri-tardato o decelerato) quando la funzione |v| e crescente (de-crescente).

Poiche

v · a = v · dvdt

=d

dt( 12 v · v) =

d

dt( 12 |v|

2),

si ha

v · a > 0 ⇐⇒ |v|2 crescente ⇐⇒ moto accelerato;v · a < 0 ⇐⇒ |v|2 decrescente ⇐⇒ moto ritardato.

Si noti che se v · a = 0 in un intervallo temporale, allora inquell’intervallo temporale risulta |v| = cost ossia il moto euniforme.

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34 F. Bampi & C. Zordan

• Moti ad accelerazione costante. Un moto e detto adaccelerazione costante quando risulta x = a , con a vettorecostante.

Posto x(t0) = x0 e v(t0) = v0 , una semplice integrazioneda

x(t) = x0 + v0(t− t0) + 12 a(t− t0)2.

Analizziamo brevemente le caratteristiche di questo moto.

Se v0 × a 6= 0 il moto avviene nel piano passante per x0 egenerato dai vettori costanti v0 e a .

Se a 6= 0 e v0 × a = 0 il moto e rettilineo. Infatti, poichev0 e nullo oppure parallelo ad a , la traiettoria e una rettapassante per x0 e diretta come a .

Se, infine, a = 0 il moto e a velocita costante e quindi erettilineo uniforme.

Cinematica relativa• Assioma di tempo assoluto. Si postula che l’ordinamen-

to temporale sia lo stesso per tutti gli osservatori, indipen-dentemente dal loro stato di quiete o di moto relativo.

Di conseguenza e possibile introdurre una scala temporaleuniversale e convenire che ogni osservatore usi questa scalaper le sue misure temporali.

• Assioma di spazio assoluto. Si postula che, ad ogni fis-sato istante t (concetto assoluto), si possa stabilire unacorrispondenza biunivoca, che preservi distanza ed angoli(isometria), fra i trispazi associati a due osservatori qualun-que.

Di conseguenza tutti gli osservatori possono concordare diadottare, ad un prescelto istante t , lo stesso sistema di co-ordinate; ovviamente tali sistemi potranno differire ad istanti

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Meccanica del punto 35

successivi a causa del moto (relativo) che anima i diversi os-servatori.

• Moto di trascinamento. Si considerino due osservatoriF e F . Il moto dei punti solidali con il trispazio associatoad F , ossia il moto dei punti che non mutano posizionerispetto a F , e detto moto di trascinamento di F rispettoa F .

Mediante il moto di trascinamento si precisa matematica-mente l’idea di moto relativo di un osservatore rispetto a unaltro.

• Esempio: relativita della descrizione del moto. Idue osservatori F e F descriveranno lo stesso moto inmaniera differente per effetto del loro moto relativo.

Si considerino, ad esempio, i due riferimenti in figura. Illegame tra essi e il seguente

x = x cos ωt + y sinωt,

y = −x sinωt + y cos ωt,

z = z,

ω ∈ IR.

Sia dato in F il moto rettilineo uniforme x(t) = vt e1 ,v ∈ IR+ , t ≥ 0 . Lo stesso moto risulta descritto in F dalleequazioni

x(t) = vt cos ωt,

y(t) = −vt sinωt,

z(t) = 0,

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36 F. Bampi & C. Zordan

ovvero, in forma vettoriale, x(t) = vt cos ωt e1−vt sinωt e2 .La forma della traiettoria si ottiene introducendo le coordi-nate polari ρ , θ nel piano (x, y) in accordo con la formula

x = ρ cos θ,

y = ρ sin θ.

Confrontando con la legge finita del moto nelle coordinate xe y si ottiene ρ = vt , θ = −ωt . Eliminando il parametrotemporale t , si trova che la traiettoria e descritta dall’equa-zione ρ = −(v/ω)θ : essa coincide pertanto con una spiraledi Archimede.

• Derivata temporale assoluta e relativa. Dall’esem-pio presentato si vede chiaramente che le accelerazioni rela-tive alle due descrizioni dello stesso moto sono differenti: ingenerale, tutte le grandezze cinematiche differiscono tra diloro. Cio implica che i due osservatori F e F devono at-tribuire una diversa evoluzione temporale a una stessa quan-tita, la posizione del punto, che essendo individuata dal vet-tore posizione x(t) e, per definizione stessa di vettore, in-dipendente dall’osservatore.

Per tener conto di cio, associamo ad ogni riferimento unapropria derivata temporale; esplicitamente denotiamo conda/dt (oppure semplicemente d/dt ) la derivata temporale(assoluta) in F e con dr/dt la derivata temporale (relativa)in F .

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Meccanica del punto 37

• Formule di Poisson. Si considerino due osservatori arbi-trari F e F e siano e1, e2, e3 e e1, e2, e3 le rispet-tive basi ortonormali. Le formule di Poisson fornisconol’espressione della derivata assoluta dei versori relativi e1 ,e2 , e3 . Precisamente, esiste un unico vettore ω dato da

ω = 12 eh × daeh

dt

tale che risultadaek

dt= ω × ek.

Dim. Si osservi preliminarmente che derivando la condizio-ne eh · ek = δhk si ha subito

daeh

dt· ek = −eh · daek

dt.

Calcoliamo ora il secondo membro delle formule di Poisson.

ω × ek = 12

(eh × daeh

dt

)× ek

= 12

[(eh · ek)

daeh

dt−

(daeh

dt· ek

)eh

]= 1

2

[δhk

daeh

dt+

(eh · daek

dt

)eh

]= 1

2

(daek

dt+

daek

dt

)=

daek

dt

il che dimostra le formule di Poisson. Per provare che ω eunico si supponga, per assurdo, che esista un altro vettoreω tale che daek/dt = ω × ek . Ne segue che, per k = 1, 2, 3deve essere (ω − ω) × ek = 0 . Pertanto il vettore ω − ω ,dovendo essere simultaneamente parellelo ai tre versori dellabase, risulta necessariamente nullo.

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38 F. Bampi & C. Zordan

• Significato meccanico del vettore ω . Il vettore ω ,che compare nelle formule di Poisson, e unico e dipendeesclusivamente dal moto di F relativo a F . Per discuterneil significato meccanico, consideriamo il caso particolare incui il riferimento F ruota attorno a un asse fisso in F . Siae3 = e3 l’asse fisso; detto θ l’angolo che e1 forma con e1 ,risulta

e1 = cos θ e1 + sin θ e2,

e2 = − sin θ e1 + cos θ e2,

da cui, effettuando la derivata temporale assoluta, si ottiene

da

dte1 = θ e2,

da

dte2 = −θ e1.

Poiche ovviamente dae3/dt = dae3/dt = 0 , la relazioneω = 1

2 ek × daek/dt fornisce ω = 12 θ(e1 × e2 − e2 × e1)

ossiaω = θe3.

Questa formula mostra che, nell’esempio considerato, il vet-tore ω fornisce direzione, verso e velocita angolare dellarotazione.

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Meccanica del punto 39

Sulla base del risultato particolare ora ottenuto, il vettoreω coinvolto nelle formula di Poisson e detto vettore velocitaangolare dell’osservatore F rispetto a F , qualunque sia ilmoto di trascinamento di F rispetto ad F .

• Esempio. Diamo qui un esempio di un semplice moto ditrascinamento che potrebbe trarre in inganno nella determi-nazione della velocita angolare. Consideriamo un riferimentorelativo (O, e1, e2, e3) tale che il punto O si muove su unacirconferenza di raggio R mantenendo gli assi sempre pa-ralleli a quelli del riferimento assoluto, vedi figura.

Siccome, per ipotesi, eh = eh , h = 1, 2, 3 , si ha banalmentedaeh/dt = daeh/dt = 0 ; di conseguenza ω = 0 . Il fattoche il punto O compia un moto circolare non ha influenzaalcuna nella determinazione di ω : l’affermazione ingenua esuperficiale ω = θe3 e pertanto errata.

• Legame tra ω ed R . La relazione tra le basi ortonor-mali di F e di F e fornito dalla relazione eh = Rhkek ,essendo R una matrice di rotazione dipendente dal tempot . Eseguendo la derivata temporale assoluta di tale relazionesi ottiene

da

dteh = Rhkek = RhkRpkep.

Confrontando questa relazione con la seguente

Aeh = (ep · Aeh)ep = Aphep,

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40 F. Bampi & C. Zordan

valida per ogni operatore lineare A , posto

Ωph = RpkRhk ⇐⇒ Ω = RRT

e introdotto il corrispondente operatore Ω , possiamo scri-vere

da

dteh = Ωphep = Ωeh.

La matrice Ω , e quindi l’operatore Ω , e antisimmetrica.Infatti, derivando la relazione RRT = 1I si ha

RRT + RRT = 0, =⇒ ΩT + Ω = 0, =⇒ Ω = −ΩT .

Ricordando che all’operatore antisimmetrico Ω corrispondeunivocamente un vettore ω , si deducono le relazioni

da

dteh = Ωeh = ω × eh,

che sono proprio le formule di Poisson.

In conclusione, la velocita angolare ω coincide con il vettoreassociato all’operatore antisimmetrico Ω individuato dallamatrice Ω = RRT .

• Esempio. Si considerino due riferimenti in moto relativo taliche risulti ad ogni istante e3 = e3 . La legge di trasfor-mazione tra i due riferimenti ha la forma

e1 = cos θ e1 + sin θ e2,

e2 = − sin θ e1 + cos θ e2,

e3 = e3,

da cui si individua la matrice di rotazione R e la sua derivataR nella forma

R =

cos θ sin θ 0− sin θ cos θ 0

0 0 1

, R =

− sin θ cos θ 0− cos θ − sin θ 0

0 0 0

θ.

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Meccanica del punto 41

Ne segue che

Ω = RRT

=

cos θ sin θ 0− sin θ cos θ 0

0 0 1

− sin θ − cos θ 0cos θ − sin θ 0

0 0 0

θ

=

0 −1 01 0 00 0 0

θ.

Confrontando quest’ultima relazione con la formula generale

Ω =

0 −ω3 ω2

ω3 0 −ω1

−ω2 ω1 0

si conclude che ω = θe3 , come e stato gia dedotto in prece-denza.

• Legame tra derivata assoluta e relativa. Trattiamoseparatamente il caso degli scalari e dei vettori.

(i) Sia ϕ = ϕ(t) una funzione scalare. In virtu dell’assiomadi tempo assoluto risulta

daϕ

dt= lim

∆t→0

ϕ(t + ∆t)− ϕ(t)∆t

=drϕ

dt,

secondo cui le derivate assoluta e relativa di scalari coinci-dono. Non essendovi ambiguita, denoteremo tali derivatecon il semplice punto, ossia con il simbolo ϕ .

(ii) Sia u = u(t) una funzione vettoriale. Tale funzionepuo essere rappresentata in F e in F mediante le ovvierelazioni

u = uheh, u = uheh.

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42 F. Bampi & C. Zordan

Per definizione di derivata di una funzione vettoriale si hadaudt

= uheh,drudt

= ˙uheh.

Ora la base e1, e2, e3 , che e indipendente dal tempo perl’osservatore F , risulta essere funzione del tempo per l’os-servatore F ; si osservi che sta proprio in questo fatto ladiversita tra la derivata assoluta e la derivata relativa. Effet-tuando la derivata assoluta di ambo i membri della relazioneu = uheh e usando le formule di Poisson si ottiene

daudt

= ˙uheh + uhdaeh

dt= ˙uheh + uhω × eh,

ossia, reinterpretando i vari termini,

daudt

=drudt

+ ω × u,

che rappresenta il legame cercato tra derivata assoluta ederivata relativa.

Si osservi che per il vettore ω le due derivate coincidono equindi l’accelerazione angolare e la stessa nei due riferimenti.Pertanto e non ambiguo porre

ω =daω

dt=

drω

dt.

• Legge di composizione delle velocita angolari. Siconsiderino tre osservatori. Usando le notazioni della figura,per ogni vettore u si ha

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Meccanica del punto 43

DuDt

=dudt

+ ω1 × u,

dudt

=δuδt

+ ω2 × u,

DuDt

=δuδt

+ ω × u,

da cui, per confronto, segue (ω1 +ω2)×u = ω×u e quindi(ω1 + ω2 − ω) × u = 0 . Per l’arbitrarieta di u si trova

ω = ω1 + ω2,

che rappresenta la legge di composizione delle velocita ango-lari.

• Teorema di Galilei. Si consideri un punto P in movi-mento e si riferisca la sua posizione ai due osservatori indicatiin figura. Risulta

P −O∗ = (P −O) + (O −O∗);

i vari termini si interpretano come segue

P −O∗ vettore posizione assoluta di P ,O −O∗ vettore posizione assoluta di O,P −O vettore posizione relativa di P .

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44 F. Bampi & C. Zordan

Si ricordi ora che, dal punto di vista dell’interpretazione ci-nematica, la velocita assoluta va e la derivata assoluta delvettore posizione assoluta, mentre la velocita relativa vr ela derivata relativa del vettore posizione relativa. Risultaallora

da

dt(P −O∗) =

da

dt(P −O) +

da

dt(O −O∗)

=dr

dt(P −O) + ω × (P −O) +

da

dt(O −O∗).

Detta vO la velocita assoluta di O , si perviene alla leggedi composizione delle velocita (o teorema di Galilei)

va = vr + vs, vs = vO + ω × (P −O).

La quantita vs e detta velocita di trascinamento e, coeren-temente con la definizione di moto di trascinamento, rap-presenta la velocita che avrebbe P se fosse solidale con ilriferimento relativo.

• Commento ed esempi. Il teorema di Galilei afferma che lavelocita assoluta e la somma vettoriale della velocita relativae di quella di trascinamento. Per questo motivo tale risultatoe detto principio del parallelogramma delle velocita. Alla lucedi questa interpretazione risulta facile calcolare graficamentela velocita assoluta negli esempi illustrati in figura.

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Meccanica del punto 45

• Teorema di Coriolis. Il legame tra l’accelerazione asso-luta aa e quella relativa ar si ottiene calcolando la derivataassoluta di ambo i membri della relazione va = vr + vO +ω × (P −O) ; esplicitamente si ha

dava

dt=

davr

dt+

davO

dt+ ω × (P −O) + ω × da

dt(P −O)

=drvr

dt+ ω × vr + aO + ω × (P −O)

+ ω ×[dr

dt(P −O) + ω × (P −O)

]= ar+ω×vr+aO+ω×(P−O)+ω×vr+ω×[ω×(P−O)],

avendo denotato con aO l’accelerazione assoluta di O . Rac-cogliendo i termini, si ottiene la legge di composizione delleaccelerazioni (o teorema di Coriolis)

aa = ar + as + ac,

as = aO + ω × (P −O) + ω × [ω × (P −O)],ac = 2ω × vr.

La quantita as e detta accelerazione di trascinamento e, inaccordo con la definizione di moto di trascinamento, si cal-cola ponendo ar = 0 e vr = 0 nell’espressione di aa . Nesegue che il termine ac non e interpretabile ne come acceler-azione relativa ne come accelerazione di trascinamento; essoe denominato accelerazione complementare o di Coriolis. Lapresenza dell’accelerazione complementare mostra che, di-versamente dalle velocita, l’accelerazione assoluta non di-pende solo dall’accelerazione relativa e dalla posizione delpunto P , ma anche dalla velocita relativa di P .

Per quanto riguarda il termine ω × [ω × (P −O)] , che com-pare nell’espressione di as , ricordiamo che la componentedi (P −O) perpendicolare a ω 6= 0 e data da (P −O)⊥ =ω × [(P −O) × ω]/ω2 da cui segue che

ω × [ω × (P −O)] = −ω2(P −O)⊥;

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46 F. Bampi & C. Zordan

in altre parole tale termine rappresenta l’accelerazione cen-tripeta, detta cosı in quanto opposta alla componente di(P −O) perpendicolare a ω .

• Trasformazioni di Galilei. Sussiste il seguente teorema:

aa = ar ∀ moto di P ⇐⇒ ω = 0, aO = 0.

Dim. ⇐ ) banale. ⇒ ) aa = ar =⇒ as + ac = 0 =⇒as · vr + ac · vr = 0 . Poiche ac · vr = 2ω × vr · vr = 0identicamente, ne segue che as · vr = 0 per ogni moto diP e quindi per ogni scelta di vr : cio implica as = 0 e, diconseguenza, ac = 0 . La condizione 0 = ac = 2ω ×vr perogni scelta di vr implica necessariamente ω = 0 ; pertanto,essendo as = 0 si conclude che anche aO = 0 .

A livello cinematico questo teorema consente di individuareclassi disgiunte di osservatori per i quali aa = ar per ognimoto di P . Per tutti i riferimenti di una classe risulta ω = 0e aO = 0 , da cui si ottiene va = vr + vO , con vO vettorecostante. Ancora, essendo ω = 0 , si ha da/dt = dr/dt ;integrando si perviene alla trasformazione di Galilei

P −O∗ = (P −O) + vOt + xO,

che lega tra loro le coordinate di due riferimenti qualunqueall’interno di una stessa classe.

Dinamica e statica• Punto materiale. Un punto materiale e un ente mec-

canico le cui dimensioni sono trascurabili rispetto a quelledell’ambiente nel quale avviene il moto. Esso e pertanto as-sunto privo di struttura interna ed e rappresentato dall’entematematico “punto” al quale si attribuiscono opportune ca-ratteristiche meccaniche.

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Meccanica del punto 47

Il problema del moto per un punto materiale si dice risoltoquando e nota, rispetto a un osservatore, la legge finita delmoto x = x(t) .

• Punto materiale isolato. Un punto materiale e dettoisolato quando esso e sottratto a ogni azione e a ogni inte-razione con altri corpi.

In pratica tale situazione non e realizzabile. Tuttavia le in-terazioni fisiche o sono di contatto o sono a lungo raggio,nel qual caso decrescono abbastanza velocemente con la di-stanza. Cio consente di ritenere isolato ogni punto materialesufficientemente lontano da ogni altro.

• Legge d’inerzia: I legge della dinamica. Risolve ilproblema del moto per un punto materiale isolato. Essaasserisce che esiste almeno un osservatore I , detto inerziale,rispetto al quale ogni punto materiale isolato e in quieteoppure si muove di moto rettilineo uniforme.

Si noti che, di fatto, il primo principio della dinamica e ladefinizione dell’osservatore inerziale.

• Forze. La forza e l’agente meccanico che tiene conto del-l’interazione tra due o piu corpi. L’esperienza mostra chele forze di interazione sono grandezze vettoriali indipendentidallo stato di quiete o di moto dell’osservatore; di conseguen-za esse sono entita assolute, ossia indipendenti dall’osserva-tore. Ancora, in generale, la forza F viene individuata me-diante una legge di forza della forma F = F(x,v, t) . D’orain poi diremo che una forza F e nota quando e nota la leggedi forza F(x,v, t) come funzione dei suoi (sette) argomenti.

• Esempi di forze. Elenchiamo i piu comuni tipi di forze.

− Forze costanti:

forza peso p = mg .

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48 F. Bampi & C. Zordan

− Forze posizionali:

forza elastica F = −kx = −k(P −O) , k > 0 ;

forza gravitazionale F = kmM

r2

xr

, r = |x| ;

forza nucleare F = ke−λr

r2

xr

, λ > 0 , r = |x| ;

forza centrale F = f(r)xr

, r = |x| .

− Forze cinetiche:

resistenza viscosa F = −hv , h > 0 ;

resistenza idraulica F = −h|v|v , h > 0 ;

resistenza balistica F = −f(|v|)v , f(|v|) > 0 ;

forza di Lorentz F =q

cv × H , H = cost .

− Forze dipendenti da t :

forze periodiche F = A sin(λt) A = cost .

− Forze generali:

forza elettromagnetica F = q

[E(x, t)+

1cv×H(x, t)

].

• Legge di Newton: II legge della dinamica. Rispettoal riferimento inerziale I , un punto materiale subisce un’ac-celerazione proporzionale alla forza impressa; in formula

F = ma.

Il coefficiente di proporzionalita m e detto massa (inerziale)del punto P ; la massa e assunta essere costante nel tempoe indipendente dallo stato di quiete o di moto del punto; inaltre parole la massa e un’entita assoluta.

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Meccanica del punto 49

• Uso della II legge della dinamica. La relazione F =ma puo essere usata in due modi differenti.

(i) Modo diretto: assegnata la legge di forza F = F(x,v, t) ,si integra l’equazione differenziale

mx = F(x, x, t),

per ottenere la legge finita del moto x = x(t) .

(ii) Modo indiretto (problema del controllo): assegnata lalegge del moto x = x(t) trovare la forza F che realizzadinamicamente tale moto.

• Principio di azione e reazione: III legge della di-namica. Dati due punti P e Q , sia FPQ la forza che Pesercita su Q (applicata in Q ) e sia FQP la forza che Qesercita su P (applicata in P ). Il principio di azione ereazione stabilisce che le forze FPQ e FQP sono uguali edopposte e dirette lungo la retta congiungente P e Q ; informule

FPQ = −FQP , (P −Q) × FPQ = 0.

Differentemente dai due principi precedenti, questo principiova riguardato come una caratterizzazione delle forze a duecorpi. Siccome esso coinvolge azioni a distanza la sua com-pleta validita richiede che l’informazione su eventuali muta-menti di posizione da parte dei due punti si propaghi istanta-neamente. Pertanto il principio di azione e reazione e incom-patibile con la teoria della Relativita ristretta che impone untempo finito per la propagazione di qualunque segnale. Tut-tavia, per la natura stessa delle applicazioni ingegneristiche,non si commette errore apprezzabile assumendo la validitadel principio di azione e reazione.

Sistemi di forze soddisfacenti al principio di azione e reazionesono detti Newtoniani.

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50 F. Bampi & C. Zordan

• Principio di relativita galileiana. Cerchiamo di indi-viduare tutti gli osservatori per i quali l’equazione F = marisulti valida, avendo F , m ed a il loro corretto signi-ficato meccanico relativamente all’osservatore considerato.Poiche F ed m hanno carattere assoluto (indipendentedall’osservatore), deve essere aa = ar qualunque sia il motodel punto materiale. Cio implica ω = 0 e aO = 0 ; per-tanto, F = ma vale inalterata per tutti gli osservatori ani-mati da un moto rettilineo uniforme rispetto all’osservatoreinerziale I . Coerentemente, diremo inerziali anche questiosservatori. Il legame tra due osservatori inerziali e fornitodalle trasformazioni di Galilei.

• Dinamica relativa. Vogliamo scrivere la relazione F =ma in un generico riferimento F non inerziale in termini diquantita aventi diretto significato meccanico in F . PoicheF e m hanno carattere assoluto, il teorema di Coriolisaa = ar+as+ac conduce alla relazione F = m(ar+as+ac) .Osserviamo ora che la forza misurata da F deve eguagliaremar in quanto l’unica quantita cinematica che abbia signi-ficato in F e l’accelerazione relativa ar . Allora, in accordocon questa interpretazione, si perviene alla legge della di-namica relativa nella forma

F + Fs + Fc = mar,

Fs = −mas (forza di trascinamento),Fc = −mac (forza di Coriolis).

Le forze Fs e Fc sono dette forze fittizie o apparenti. Come

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Meccanica del punto 51

e evidente tali forze non hanno carattere assoluto; pertantoesse non sono forze d’interazione, ma dipendono esclusiva-mente dalla non inerzialita dell’osservatore F .

• Struttura matematica delle equazioni di Newton.Assegnata la legge di forza F = F(x,v, t) , le equazioni diNewton

mx = F(x, x, t)

costituiscono un sistema di tre equazioni scalari alle derivateordinarie del secondo ordine in forma normale nelle tre in-cognite scalari x = x(t) . Per questo talvolta si dice che ilpunto materiale libero (non vincolato) ha tre gradi di liberta.

Si consideri il seguente problema di Cauchy

mx = F(x, x, t), x(t0) = x0, x(t0) = v0,

essendo x0 e v0 vettori costanti assegnati. Sotto oppor-tune ipotesi sulla funzione F(x,v, t) , ossia assunta per essala validita della condizione di Lipschitz, vige il teorema diesistenza e unicita di Cauchy secondo cui il precedente prob-lema di Cauchy ammette una e una sola soluzione x = x(t) .

Nelle ipotesi in cui vale il teorema di esistenza e unicita, sipuo provare il teorema di dipendenza continua dai dati secon-do cui la soluzione dipende con continuita dai dati iniziali.Cio significa che la differenza tra due soluzioni si mantiene“piccola” nel tempo purche sia “sufficientemente piccola” ladifferenza tra i dati iniziali.

Da un punto di vista interpretativo, il teorema di esistenzae unicita e la traduzione matematica del determinismo clas-sico, mentre la dipendenza continua dai dati garantisce chepiccole incertezze nei dati iniziali (dovute, per es., a erroridi misura) si riflettono in piccole variazioni della soluzione.

• Esempio. Si consideri un grave che cade da fermo in unmezzo idraulico. Scelta l’origine degli assi nella posizione

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52 F. Bampi & C. Zordan

iniziale del grave e scelto l’asse z verticale discendente, dob-biamo risolvere il problema di Cauchy

mx = mg − k|x|x, x(0) = 0, x(0) = 0,

ossia, proiettando sugli assi,

mx = −k√

x2 + y2 + z2 x, x(0) = 0, x(0) = 0;

my = −k√

x2 + y2 + z2 y, y(0) = 0, y(0) = 0;

mz = mg − k√

x2 + y2 + z2 z, z(0) = 0, z(0) = 0.

In tutta generalita, non e possibile scrivere l’integrale genera-le di questo sistema e quindi imporre i dati iniziali. Tuttaviail problema di Cauchy assegnato puo essere risolto. Infattisi verifica subito che le funzioni

x(t) = 0 e y(t) = 0

sono soluzioni del problema proposto; per il teorema di esi-stenza e unicita, esse sono uniche e quindi sono proprio lesoluzioni cercate. Resta da determinare la funzione z(t) .

In conseguenza di quanto dedotto, l’equazione per z(t) di-venta allora

z = g − k

mz2, z(0) = 0, z(0) = 0.

Posto p = z , separando le variabili si ha

∫ z

0

dp

g − k

mp2

=∫ t

0

dt =⇒ 1g

√mg

k

∫ z

0

d

(√k

mgp

)1− k

mgp2

= t

ossia

t =√

m

kgtanh−1

(√k

mgz

)

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Meccanica del punto 53

da cui segue

z =√

mg

ktanh

(√kg

mt

).

Si noti che

limt→∞

z =√

mg

k= V ;

questa relazione mostra l’esistenza della velocita asintoticaV . Infine integrando l’equazione

z = V tanh(

g

Vt

)si perviene subito alla soluzione cercata

z(t) =V 2

gln cosh

gt

V.

• Equilibrio di un punto materiale. Una posizione x0 edetta di equilibrio per un punto materiale relativamente a undato osservatore F se, posto il punto nella posizione x0 convelocita nulla rispetto a F , esso vi permane indefinitamente.

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54 F. Bampi & C. Zordan

E evidente che l’esistenza di posizioni di equilibrio e deter-minata dal risultante delle forze agenti sul punto. Se talerisultante dipende esplicitamente dal tempo t , puo accadereche una posizione di equilibrio fino a un dato istante non losia piu a un istante successivo. Per evitare questo inconve-niente studieremo i problemi di equilibrio assumendo che ilrisultante delle forze agenti sul punto sia indipendente da t .

• Statica in un riferimento inerziale. Sia F = F(x,v)la forza agente su un punto materiale P e sia x0 una po-sizione di equilibrio per P rispetto a un riferimento inerzialeI . Allora, per definizione, la legge del moto di P relativaa I e data da x(t) = x0 , da cui si ottiene v(t) = 0 ea(t) = 0 . Di conseguenza x0 e un vettore tale che

F(x0,0) = 0.

Questa equazione, che e un’equazione finita (non differen-ziale) nell’incognita x0 , e dunque una condizione necessariaper l’equilibrio di P relativamente a I . Essa e anche suffi-ciente. Infatti sia x0 un vettore tale che F(x0,0) = 0 . Siconsideri il problema di Cauchy

mx = F(x, x), x(0) = x0, x(0) = 0.

E immediato verificare che la funzione x(t) = x0 e unasoluzione del problema: pertanto, per il teorema di esistenzae unicita, essa e l’unica soluzione. In definitiva abbiamoprovato che ponendo il punto P nella posizione x0 convelocita nulla esso vi permane indefinitamente. Allora, perdefinizione, la posizione x0 e posizione di equilibrio per Pin I .

• Statica in un riferimento non inerziale. Il procedi-mento e analogo al precedente. Sia x(t) = x0 l’equazione diequilibrio di P in un riferimento non inerziale F . Poiche

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Meccanica del punto 55

vr(t) = 0 e ar(t) = 0 , dall’equazione del moto di P siottiene la condizione necessaria

(F + Fs)(x0,0) = 0.

Tale condizione e anche sufficiente. Si consideri infatti ilproblema di Cauchy

mar = mx = (F + Fs + Fc)(x, x),x(0) = x0, x(0) = vr = 0.

Si verifica subito che x(t) = x0 e soluzione del problema,pertanto essa e l’unica soluzione. Di conseguenza x0 e po-sizione di equilibrio relativo per P in F .

La condizione che il risultante delle forze non dipenda daltempo t puo essere in questo caso irrealistica in quanto,come condizione anche sulla forza di trascinamento Fs , essaimporrebbe restrizioni sul moto del riferimento F . In altreparole, esistono riferimenti non inerziali rispetto ai quali nonvi sono posizioni di equilibrio relativo.

• Implicazioni dinamiche. Segnaliamo una rilevante con-seguenza dinamica, non giustificabile a livello cinematico,delle condizioni di equilibrio per un punto soggetto a unaforza F = F(x,v) . Se nella posizione x0 risultano simul-taneamente v = 0 e a = 0 , ad un dato istante t , allora ilpunto resta in equilibrio. Infatti, a causa dell’equazione delladinamica, la condizione a = 0 implica l’annullarsi del risul-tante delle forze agenti sul punto; pertanto nella posizionex0 la velocita e il risultante delle forze sono nulli e quindi ilpunto sta in equilibrio.

• Integrali primi. Una funzione ϕ = ϕ(x,v, t) e dettaun integrale primo delle equazioni del moto, o costante delmoto, se essa gode della proprieta secondo cui, per ognisoluzione x = x(t) delle equazioni del moto, la funzione

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56 F. Bampi & C. Zordan

(composta) del tempo ϕ(x(t), x(t), t) assume un valore co-stante identicamente in t . In altri termini un integraleprimo e una funzione ϕ = ϕ(x,v, t) che risulta identica-mente costante come conseguenza necessaria delle equazionidel moto.

• Individuazione degli integrali primi. Sebbene da unpunto di vista teorico la definizione di integrale primo sia pre-cisa, tuttavia una sua pedissequa applicazione richiederebbedi conoscere tutte le soluzioni delle equazioni del moto. Al-l’atto pratico, per decidere se una funzione ϕ sia un integraleprimo occorre semplicemente verificare quanto segue:

(1) la funzione ϕ dipende dalla posizione, dalla velocita edal tempo, ma non dall’accelerazione;

(2) utilizzando esplicitamente le equazioni del moto si di-mostra che la funzione ϕ assume un valore costante, talevalore potendo dipendere dai dati iniziali.

Il punto (2) assicura che la funzione ϕ e costante se e solo sele equazioni del moto sono verificate, il che accade per tuttele loro soluzioni: in questo modo, senza conoscere esplici-tamente tali soluzioni, si riesce a verificare la definizione diintegrale primo.

• Esempio. Utilizzando la procedura ora indicata e facile di-mostrare che ogni equazione del moto della forma

x = f(x)

con f(x) funzione assegnata, ammette sempre un integraleprimo. Infatti moltiplicando l’equazione del moto per x siottiene xx = f(x)x da cui

d

dt

12

x2 =d

dt

∫f(x) x dt =

d

dt

∫f(x) dx;

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Meccanica del punto 57

si noti che l’ultimo integrale e noto essendo nota la funzionef(x) . In definitiva si ha

d

dt

(12

x2 −∫

f(x) dx

)= 0 =⇒ 1

2x2 −

∫f(x) dx = cost.

I due requisiti per la individuazione di un integrale primosono verificati e quindi la funzione ϕ(x, x) = 1

2 x2−∫

f(x) dxe l’integrale primo cercato.

• Teorema dell’energia. Moltiplicando scalarmente per xl’equazione F = mx si ha F · x = mx · x = d( 1

2 mx2)/dt .Introdotte le quantita

T = 12 mv2, energia cinetica del punto P ,

Π = F · v, potenza della forza F,

W12 =∫ t2

t1

Π dt lavoro della forza F in [t1, t2],

si perviene al teorema dell’energia nella prima forma

dT

dt= Π,

da cui, integrando sull’intervallo [t1, t2] si ottiene la secondaforma del teorema dell’energia

T (t2)− T (t1) = W12,

la quale mostra che il lavoro compiuto dalla forza F nell’in-tervallo temporale [t1, t2] eguaglia la variazione di energiacinetica.

Il teorema dell’energia non fornisce, in generale, un integraleprimo del moto. Infatti, se F dipende da x o da t allora

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58 F. Bampi & C. Zordan

e necessario conoscere la legge finita del moto x = x(t) pereffettuare il calcolo di

W12 =∫ t2

t1

F(x(t), x(t), t) · x(t) dt.

• Osservazioni sul calcolo di W12 . Nel caso particolaredi forze posizionali, e possibile calcolare W12 conoscendosoltanto l’arco di traiettoria γ , percorso nell’intervallo tem-porale [t1, t2] . Infatti, poiche x dt = st dt = t ds , e poichesull’arco di curva γ risulta dx = t ds , si ha

W12 =∫ t2

t1

F(x(t)

)· x dt =

∫ s2

s1

F(x(s)

)· t ds =

∫γ

F · dx.

Quest’ultimo integrale dipende soltanto dall’arco di traietto-ria γ ed e detto integrale di linea di F . Tuttavia, l’ipotesiF = F(x) non e ancora sufficiente per ottenere un integraleprimo. Per fare cio e necessario introdurre il concetto dicampo vettoriale conservativo.

• Campi conservativi. Il teorema dell’energia fornisce unintegrale primo del moto quando le forze sono “conserva-tive”.

Un campo vettoriale F e una legge che ad ogni punto xdello spazio associa il vettore F(x) . Una forza posizionale eun esempio di campo vettoriale. Un campo vettoriale F =F(x) e detto conservativo se esiste una funzione scalare V =V (x) tale che

F(x) = −∇V = −(

∂V

∂xe1 +

∂V

∂ye2 +

∂V

∂ze3

).

La funzione V e detta energia potenziale del campo F ede definita a meno di una costante additiva.

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Meccanica del punto 59

• Teorema sui campi conservativi. Sia F = F(x) uncampo vettoriale conservativo, ossia F = −∇V . Sussistonole seguenti proprieta.

(a) La forma differenziale F · dx e esatta, ossia F · dx =−dV .

(b) Per ogni curva γ , di rappresentazione parametrica x =x(t) , t ∈ [t1, t2] , si ha F · dx/dt = −dV/dt .

Dim.

(a) F · dx = −∇V · dx = −dV .

(b) F · dxdt

= −∇V · dxdt

= −dV

dt.

• Campi conservativi e integrali di linea. Sia F =−∇V . Allora per ogni curva γ , di rappresentazione para-metrica x = x(t) , t ∈ [t1, t2] , l’integrale di linea

∫γF · dx

dipende solo dagli estremi di γ , cioe risulta∫

γF · dx =

−[V (t2) − V (t1)] ; in particolare se γ e chiusa l’integrale enullo. Infatti∫

γ

F ·dx =∫ t2

t1

F · dxdt

dt = −∫ t2

t1

dV

dtdt = −[V (t2)−V (t1)].

• Calcolo di V . Poiche l’integrale di linea di un campoconservativo F = Fheh e indipendente dalla curva, possia-mo determinare V nel generico punto (x, y, z) calcolandol’integrale di linea di F lungo una spezzata con i lati paralleliagli assi. In tre dimensioni risulta

V (x, y, z) = V (x0, y0, z0)−∫ x

x0

F1(ξ, y0, z0) dξ

−∫ y

y0

F2(x, ξ, z0) dξ −∫ z

z0

F3(x, y, ξ) dξ.

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60 F. Bampi & C. Zordan

• Condizioni per l’esistenza dell’energia potenziale.Sia F = F(x) un campo vettoriale posizionale definito nelparallelepipedo x, y, z : x1 ≤ x ≤ x2, y1 ≤ y ≤ y2, z1 ≤z ≤ z2 . Il campo F e conservativo se e solo se esso soddisfala condizione di irrotazionalita; in formule F = −∇V ⇐⇒∇× F = 0 , dove

∇× F = eh × ∂F∂xh

= 0 ⇐⇒

∂F3

∂y=

∂F2

∂z,

∂F1

∂z=

∂F3

∂x,

∂F2

∂x=

∂F1

∂y.

La dimostrazione della necessita si ottiene per calcolo direttoprovando che, in generale, ∇ × ∇f = 0 per ogni funzionef di classe opportuna. La sufficienza si prova derivandola funzione V (x) , definita in termini del campo F dallaformula di cui al punto precedente, e mostrando che ∇V =−F .

Si osservi che, se il dominio di definizione di F non e sem-plicemente connesso, la sola condizione di irrotazionalita none sufficiente a garantire la conservativita di F ; si hanno in-fatti esempi di campi irrotazionali non conservativi su tuttoil campo di definizione; il lettore interessato puo trovare unesempio in BBM–probl. 1.2.29.

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Meccanica del punto 61

• Esempi. Nella pratica, per dimostrare se un campo e con-servativo e per calcolarne l’energia potenziale, si puo pro-cedere scrivendo esplicitamente la forma differenziale F · dxe cercando di determinare se esiste una funzione V tale cheF · dx = −dV . Analizziamo alcuni casi notevoli.

(a) Campo costante. F = cost . Si ha F ·dx = −d(−F ·x)secondo cui V = −F · x . Nel caso particolare della forzapeso F = mg si ha V = −mg · x = ±mgz valendo ilsegno positivo (negativo) se l’asse z e verticale ascendente(discendente).

(b) Campo centrale. F(x) = f(r)x/r , r = |x| . RisultaF · dx = f(r)x · dx/r . Siccome r2 = x · x , allora d(r2) =d(x · x) ovvero r dr = x · dx . Pertanto F · dx = f(r) dr =−dV dove V (r) = −

∫f(r) dr . In particolare, per la forza

elastica risulta

F = −k(P −O) ⇐⇒ V = 12k(P −O)2,

mentre per forze gravitazionali e coulombiane si ha

F =Kxr3

⇐⇒ V =K

r.

• Integrale dell’energia. La potenza relativa a forze con-servative si valuta mediante la relazione Π = F · dx/dt =−dV/dt ; di conseguenza il teorema dell’energia dT/dt = Πdiventa dT/dt = −dV/dt ossia d(T + V )/dt = 0 da cuisegue la relazione

T + V = cost,

che fornisce un integrale primo del moto detto integrale pri-mo dell’energia. La costante al secondo membro si determinaper mezzo dei dati iniziali.

• Teorema dell’energia nel caso generale. Se, oltrealle forze conservative F(c) , sono presenti le forze non con-servative F(nc) , il teorema dell’energia diventa dT/dt =

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62 F. Bampi & C. Zordan

Π(c) + Π(nc) . Introdotta l’energia meccanica totale E =T +V , poiche Π(c) = −dV/dt , teorema dell’energia assumela forma

dE

dt= Π(nc).

Si osservi che nel caso di forze resistenti F(nc) = −f(v)v/vrisulta

Π(nc) = F(nc) · v = −f(v)v · v

v= −f(v)v < 0;

pertanto dE/dt < 0 secondo cui E decresce: le forze re-sistenti dissipano energia.

• Forze giroscopiche, dissipative, motrici. Una forzaF si dice giroscopica se risulta F · v = 0 qualunque sia ilmoto del punto. Una forza F si dice dissipativa se risultaF · v < 0 qualunque sia il moto del punto. Una forza Fsi dice motrice se risulta F · v > 0 qualunque sia il motodel punto. Si noti che in natura non esistono forze motrici,le quali possono realizzarsi solamente attraverso un motoreche converte in motrice altre forme di energia (ad esempio ilmotore a scoppio).

• Espressione generale delle forze giroscopiche edelle forze dissipative. Nel caso di forze giroscopiche,scelto v 6= 0 , dalla relazione F = (F · v/|v|2)v + v × (F ×v)/|v|2 segue che

F · v = 0 ⇐⇒ ∃ H(x,v, t) tale che F = v × H.

Analogamente, per forze dissipative si ha

F · v < 0 ⇐⇒ ∃ k(x,v, t) 6= 0,H(x,v, t)tali che F = −k2v + v × H;

quindi, prescindendo dal termine giroscopico, risulta

F · v < 0 ⇐⇒ F = −k2v.

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Meccanica del punto 63

Le precedenti relazioni forniscono le piu generali espressioniper forze giroscopiche e dissipative.

• Vincoli. Genericamente si dice vincolo tutto cio che limitail moto (libero) del punto. Se si vuole che le equazioni diNewton continuino a valere anche in presenza di vincoli, enecessario assumere che il vincolo eserciti delle forze, a prio-ri incognite, dette reazioni vincolari. Denotate con Φ lereazioni vincolari, possiamo scrivere le equazioni della stati-ca e della dinamica nella forma

statica

F + Φ = 0,

equazioni del vincolo;

dinamica

F + Φ = ma,

equazioni del vincolo.Dunque, nel caso vincolato, le incognite sono il moto x =x(t) (o le posizioni di equilibrio) e la reazione vincolareΦ = Φ(t) . In tutta generalita si hanno piu incognite cheequazioni; per rendere il problema determinato bisogna im-porre alcune condizioni a priori sulla reazione vincolare.

• Caratterizzazione della reazione vincolare. Comele esperienze di Coulomb-Morin mostrano. in generale il vin-colo esercita una reazione vincolare che possiede una com-ponente opposta al moto. In questo caso i vincoli sono dettiscabri, altrimenti sono detti lisci. Per vincoli scabri la staticae governata dalla condizione

|Ft| ≤ µ|FN |, µ < 1,

dove si ha (vedi figura seguente)

linea

Ft = (F · t)t componente parallelo a t,FN = F− Ft componente nel piano normale;

superficie

FN = (F · N)N componente parallelo

alla normale N,Ft = F− FN componente tangente.

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64 F. Bampi & C. Zordan

La quantita µ e detta coefficiente di attrito statico. Lareazione vincolare si determina mediante l’equazione dellastatica F + Φ = 0 da cui segue

Φ = −F.

Nel caso dinamico la reazione vincolare, opposta al moto, hala seguente espressione

Φt = −f |ΦN |vv

, f < µ < 1;

la quantita f e detta coefficiente di attrito dinamico.

Il caso liscio, infine, e completamente caratterizzato, sia indinamica sia in statica, dalla relazione

Φt = 0.

Non e difficile rendersi conto che l’utilizzo delle condizionisulle reazioni vincolari (leggi dell’attrito, vincoli lisci) rendematematicamente determinato il problema del moto per unpunto materiale. Il numero minimo di parametri necessariper individuare la posizione di un punto vincolato e dettonumero di gradi di liberta. Percio un punto vincolato aduna linea ha un grado di liberta mentre un punto vincolatoad una superficie ne ha due.

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Meccanica del punto 65

• Legge del moto incipiente. Se v = 0 a un dato istantee non si ha equilibrio, il moto avviene nella direzione e nelverso del componente tangente Ft della forza attiva.

Dim. Risulta v = 0 =⇒ s = 0 da cui a = s t . Esclu-diamo il caso s = 0 in quanto corrisponde all’equilibrio delpunto essendo v = 0 e a = 0 . Poiche s > 0 implica s > 0a un istante successivo, mentre s < 0 implica s < 0 a unistante successivo, allora a = s t da la direzione e il versodel moto. Infine, F + Φ = ma =⇒ F · t + Φ · t = ma · t esiccome Φ · t ha segno opposto rispetto alla quantita a · tin quanto si oppone al moto, ne segue che

segno(F · t) = segno(a · t),ossia l’asserto.

• Esempio: punto vincolato a una linea fissa e sca-bra. Un punto P , di massa m , e mobile lungo una lineafissa e scabra γ , avente coefficiente di attrito statico µ ecoefficiente di attrito dinamico f < µ . Nell’ipotesi v 6= 0 ,la componente tangenziale della reazione vincolare Φt e datadalla relazione

Φt = −f√

Φ2n + Φ2

b

s

|v|.

Di conseguenza, le proiezioni sulla terna intrinseca, associataa γ , dell’equazione del moto F + Φ = ma sono date da

Ft − f√

Φ2n + Φ2

b

s

|v|= ms,

Fn + Φn =ms2

ρ,

Fb + Φb = 0.

L’equazione pura del moto si ottiene ricavando Φn e Φb

dalle ultime due equazioni e sostituendo nella prima. Si trova

Ft − f

√(ms2

ρ− Fn

)2

+ F 2b

s

|v|= ms.

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66 F. Bampi & C. Zordan

Si noti che risulta s/|v| = ±1 ; per continuita, il segno equello che si ha all’istante iniziale. La situazione diventacritica quando v = 0 . In questo caso bisogna stabilire se siha equilibrio oppure no mediante le equazioni dell’equilibrio|Ft| ≤ µ|FN | . Se l’equilibrio non sussiste, il segno di Φt sidetermina ricorrendo alla legge del moto incipiente. Esempispecifici sono reperibili in BBM–probl. 2.3.22–2.3.23.

• Teorema dell’energia nel caso vincolato. Si ha su-bito

dT

dt= Π(a) + Π(r), Π(r) = Φ · v,

che rappresenta il teorema dell’energia nel caso vincolato.

Si noti che puo essere Φ · v 6= 0 anche per vincoli lisci.Nell’esempio riportato in figura si ha

x = R cos θ + V t,

y = R sin θ;

x = −R sin θ θ + V,

y = R cos θ θ.

Poiche il vincolo e liscio si ha Φ = Φ(cos θ e1 + sin θ e2) dacui segue Φ · v = V Φ cos θ 6= 0 . Come si vede da questoesempio la potenza della forza reattiva si annulla nel casodi vincolo fisso ( V = 0 ). Da un punto di vista interpreta-tivo possiamo dire che per vincoli lisci e mobili la potenzareattiva non si annulla proprio per tener conto della potenzaimpiegata per mantenere il vincolo in moto.

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Meccanica dei sistemi

Sistemi di vettori applicati• Vettori applicati. Un vettore applicato (u, A) e l’ente

matematico individuato da un vettore libero u e da un poloA , detto punto di applicazione del vettore.

Si consideri il sistema S = (ui, Ai), i = 1, . . . , N costitui-to da N vettori applicati. Il vettore libero

R =N∑

i=1

ui

e detto il risultante del sistema S mentre, per ogni polo P ,il vettore applicato in P

MP =N∑

i=1

(Ai − P ) × ui

e detto momento (polare) del sistema S rispetto al polo P .

Siccome MQ =∑

i(Ai−Q)×ui =∑

i(Ai−P+P−Q)×ui =∑i(Ai − P ) × ui + (P −Q) ×

∑i ui , si perviene alla legge

di variazione del momento al variare del polo nella forma

MQ = MP + (P −Q) × R.

Da questa legge segue subito che la quantita scalare

I = MQ ·R = MP · R

non dipende dal polo considerato; per questo motivo essa edetta invariante scalare.

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70 F. Bampi & C. Zordan

Si consideri ora un asse n di versore n e passante per ilpolo P : scriveremo allora n = (P,n) . Si definisce momentoassiale, rispetto all’asse n , la quantita scalare

Mn = MP · n.

Si prova immediatamente che il momento assiale non dipendedal polo P dell’asse. Infatti si ha MQ · n = MP · n + (P −Q) × R · n ; pertanto se anche Q appartiene all’asse, allora(P −Q) e parallelo a n : il prodotto misto e nullo e l’assertoprovato.

Infine, due sistemi aventi lo stesso risultante e lo stesso mo-mento, rispetto a un fissato polo, sono detti equivalenti.

• Asse centrale. Nel caso in cui sia R = 0 risulta MQ =MP per ogni scelta dei poli P e Q ; in altri termini ilmomento non dipende dal polo: esso assume cosı il ruolo divettore libero.

Sia ora R 6= 0 . Allora la quantita |MQ| dipende dal poloQ . Vediamo di trovare tutti i poli Q rispetto ai quali |MQ|e minimo. Fissato un altro polo P , la legge di variazionedel momento al variare del polo fornisce

MQ = MP + (P −Q) × R.

Scomponiamo ora MP nella somma di un vettore paralleloe di un vettore perpendicolare al risultante R . Risulta

MP =MP · R

R2R +

(R × MP ) × RR2

,

da cui

MQ =MP · R

R2R +

(R × MP ) × RR2

+ (P −Q) × R

=MP · R

R2R +

(R × MP

R2+ P −Q

)× R.

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Meccanica dei sistemi 71

Introdotto l’invariante scalare I = MP · R e definito unnuovo polo Ω (dipendente in generale da P ) per mezzodella relazione

Ω− P =R × MP

R2,

possiamo scrivere

MQ =I

R2R + (Ω−Q) × R,

In questa relazione, valida qualunque sia Q , il polo Ω nondipende da Q . A questo punto e facile calcolare la quan-tita |MQ| in quanto i due addendi sono tra loro ortogonali.Risulta

|MQ|2 =(

I

R

)2

+ [(Ω−Q) × R]2.

In questa formula la quantita I/R non dipende dal poloQ ; pertanto la quantita |MQ| e minima quando il secondoaddendo si annulla, ossia per tutti quei poli Q individuatidalla formula

Ω−Q = λR,

essendo λ un parametro variabile in IR ; siccome Ω−Q =Ω − P + P − Q , dalla definizione del polo Ω la formulaprecedente implica la relazione

Q− P =R × MP

R2− λR,

che permette di calcolare il polo Q in termini di un fissatopolo P e del parametro λ . Abbiamo cosı provato che tuttii poli di momento polare minimo sono situati su una retta rpassante per il polo Ω e parallela al risultante R . La rettar e detta asse centrale per il sistema di vettori applicaticonsiderato.

Nel caso di un singolo vettore applicato (u, A) l’asse centralee la retta passante per A e parallela a u ; talvolta, in questo

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72 F. Bampi & C. Zordan

caso, l’asse centrale e detto retta d’azione o di applicazionedel vettore applicato.

• Nota circa il polo Ω . Si dimostra che al variare di P , ilpolo Ω puo cambiare ma appartiene in ogni caso all’asse cen-trale. In effetti, come segue subito dalla definizione stessa,Ω e la proiezione ortogonale di P sull’asse centrale.

• Coppia. Si dice coppia quel particolare sistema a risultantenullo formato da due vettori applicati uguali ed opposti, ossiaS = (u, A1), (−u, A2) . Si dice braccio della coppia ladistanza b tra le rette di azione dei due vettori.

Poiche la coppia ha risultante nullo, il momento della coppiae indipendente dal polo; esso vale M = (A1−A2)×u , e unvettore libero perpendicolare al piano che contiene la coppia,ha verso individuato dal prodotto vettore e modulo ugualea b|u| .

• Equivalenza e riducibilita di sistemi di vettori ap-plicati. Ricordiamo che due sistemi di vettori applicati so-no detti equivalenti se hanno egual risultante ed egual mo-mento rispetto a un fissato polo P . Siccome, per la leggedi variazione del momento al variare del polo, MQ si deter-mina univocamente in termini di R e MP , ne segue chedue sistemi equivalenti hanno egual momento rispetto a ognipolo. Dato un sistema di vettori applicati S , ci chiediamoqual e il sistema piu semplice ad esso equivalente: problemadella riducibilita.

Si consideri ora un sistema S di vettori applicati aventerisultante R e momento MP . Ricordando che quando R =0 il momento MP non dipende dal polo P e che quandoR 6= 0 si ha

MP =I

R2R + (Ω− P ) × R,

e immediato dedurre la seguente tabella di riduzione mas-sima per il sistema S , che indica quale sia il sistema piu

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Meccanica dei sistemi 73

semplice equivalente a S stesso.

I = 0

R = 0 MP = 0 sistema equilibrato,

R = 0 MP 6= 0 coppia di momento MP ,

R 6= 0 vettore R applicato in unpunto dell’asse centrale,

I 6= 0 coppia di momento (I/R2)R + vettore Rapplicato in un punto dell’asse centrale.

Coerentemente con questa tabella, nei casi in cui R 6= 0l’asse centrale e anche detto asse di applicazione del risul-tante.

• Sistemi di vettori complanari: poligono funicola-re. Un sistema di vettori complanari, o sistema piano, ecostituito da vettori applicati i cui punti di applicazione ap-partengono tutti a un medesimo piano Π e le cui direzionisono parallele a Π . Siccome per ogni polo P ∈ Π il mo-mento MP e perpendicolare a Π , segue che l’invariantescalare I = MP · R e nullo.

Nel caso considerato esiste una semplice procedura graficaper la determinazione dell’asse centrale o, piu in generale,per la riduzione massima dei sistemi di vettori complanari.Tale costruzione e nota col nome di poligono funicolare eviene effettuata come illustrato in figura. La dimostrazionedella costruzione e trattata in dettaglio nel capitolo “Stati-ca”.

Si noti che la costruzione ora illustrata puo avere tre esitidifferenti.

− La poligonale dei vettori e aperta ossia R 6= 0 . Allorala retta iniziale e la retta finale del poligono funicolare siintersecano in un punto Q : l’asse centrale passa per Q ede parallelo a R .

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74 F. Bampi & C. Zordan

− La poligonale dei vettori e chiusa ossia R = 0 e la rettainiziale e la retta finale del poligono funicolare sono parallelema non coincidenti: il sistema e equivalente a una coppia.

− La poligonale dei vettori e chiusa ossia R = 0 e la rettainiziale e la retta finale del poligono funicolare sono coinci-denti: il sistema e equilibrato.

• Sistemi di vettori paralleli: centro dei vettoriparalleli. Un altro esempio di sistema di vettori applicatia invariante scalare nullo e quello di un sistema costituito davettori tutti paralleli a una direzione k e aventi risultantenon nullo. In questo caso si ha

ui = uik, R = (∑

i ui)k = Rk, MP =∑

i ui(Ai − P ) × k.

Per cio che riguarda il momento polare si osservi che, definitoil polo C mediante la relazione

C − P =∑

i ui(Ai − P )∑i ui

,

si ottieneMP = (C − P ) × R

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Meccanica dei sistemi 75

secondo cui il momento di un sistema di vettori parallelicoincide con il momento del risultante supposto applicatonel polo C .

Dalle relazioni precedenti segue che l’invariante scalare I =MP · R di un sistema di vettori paralleli e sempre nullo.

Una notevole proprieta del punto C e che esso appartieneall’asse centrale. Infatti, nel caso in cui l’invariante scalareI e nullo, un polo Q appartiene all’asse centrale se e solose MQ = 0 . Per il polo C si ha MC = (C − C) × R = 0da cui l’asserto. Osserviamo infine che dalla definizione diC segue che C non dipende dalla direzione k , ossia Cnon muta se tutti i vettori paralleli sono ruotati di un stessoangolo. A causa di questa proprieta il polo C e detto centrodel sistema di vettori paralleli.

Nel caso particolare di sistemi piani di vettori paralleli, ilcentro C puo essere determinato graficamente mediante duepoligoni funicolari, uno per individuare l’asse centrale delsistema dato e l’altro per individuare l’asse centrale di unsistema ottenuto dal precedente ruotando tutti i vettori diun angolo fissato. In tal modo risultano determinati due assicentrali la cui intersezione e per costruzione il centro C delsistema assegnato.

Equazioni cardinali• Sistemi di punti materiali. Si consideri un sistema ma-

teriale costituito da N punti materiali Pi di massa mi ,i = 1, . . . , N . Su ogni punto Pi agiscono forze esterne,dovute ad agenti esterni al sistema e forze interne, dovuteall’azione reciproca tra i punti del sistema. Denotiamo conFi il risultante delle forze esterne agenti sul punto Pi e confji la forza agente sul punto Pi dovuta al punto Pj ; per-tanto il risultante delle forze interne agenti sul punto Pi vale

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76 F. Bampi & C. Zordan∑j fji . Si assume che le forze interne siano Newtoniane; in

formule

fji + fij = 0, (Pi − Pj) × fji = 0.

Forze interne ed esterne possono essere indifferentemente at-tive o reattive.

• Forze interne come sistema equilibrato. Poiche laforza interna totale agente su Pi vale

∑j fji , il risultante

R(i) delle forze interne agenti sull’intero sistema vale R(i) =∑i

(∑j fji

)=

∑ij fji . Chiamando j l’indice i e chia-

mando i l’indice j possiamo scrivere R(i) =∑

ij fij dacui segue

∑ij fji =

∑ij fij . Ora se A = B anche A =

B = 12 (A + B) e quindi si conclude che

R(i) =12

∑ij

(fji + fij) = 0,

essendo le forze interne Newtoniane.

Analogamente, il momento rispetto al polo O delle forzainterna totale agente su Pi e dato da (Pi − O) ×

∑j fji

da cui segue che il momento totale delle forze interne agentisull’intero sistema vale M(i) =

∑i

((Pi − O) ×

∑j fji

)=∑

ij(Pi − O) × fji . Cambiando tra loro i nomi degli indicii , j si trova M(i) =

∑ij(Pj−O)× fij . Siccome fij = −fji

si ha ancora M(i) = −∑

ij(Pj − O) × fji . Dalla relazioneM(i) =

∑ij(Pi−O)× fji = −

∑ij(Pj −O)× fji e dal fatto

che A = B = 12 (A + B) segue

M(i) =12

∑ij

(Pi−O−Pj+O)×fji =12

∑ij

(Pi−Pj)×fji = 0,

in quanto le forze interne sono Newtoniane.

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Meccanica dei sistemi 77

In conclusione abbiamo dimostrato che le forze interne hannorisultante e momento nulli, cioe esse costituiscono un sistemaequilibrato.

• Equazioni cardinali della statica. Per ogni punto Pi

del sistema le equazioni della statica si scrivono nella forma

Fi +∑

j

fji = 0.

Sommando sull’indice i si trova∑

i Fi +∑

ij fji = 0 , dacui, essendo le forze interne equilibrate, si ottiene la primaequazione cardinale della statica

R(e) =∑

i

Fi = 0.

Seguendo un analogo procedimento, moltiplichiamo l’equa-zione di equilibrio del punto Pi vettorialmente per Pi − Oe sommiamo su i . Si ha

∑i(Pi−O) ×Fi +

∑ij(Pi−O) ×

fji = 0 ; pertanto, siccome le forze interne sono un sistemaequilibrato, si perviene alla seconda equazione cardinale dellastatica

M(e)O =

∑i

(Pi −O) × Fi = 0.

• Equazioni cardinali della dinamica. L’equazione diNewton per ogni punto Pi costituente il sistema ha la forma

Fi +∑

j

fji = miai.

Sommando sull’indice i si ha∑

i Fi +∑

ij fji =∑

i miai .Ora risulta∑

i

miai =∑

i

mivi =d

dt

(∑i

mivi

);

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78 F. Bampi & C. Zordan

pertanto, introdotta la quantita di moto del sistema

P =∑

i

mivi

e ricordando che le forze interne sono equilibrate, si pervienealla prima equazione cardinale della dinamica

R(e) =dPdt

.

Moltiplichiamo ora vettorialmente per Pi−O l’equazione diNewton per il punto Pi e quindi sommiamo sull’indice i .Si trova

∑i(Pi − O) × Fi +

∑ij(Pi − O) × fji =

∑i(Pi −

O) × (miai) . Elaboriamo il secondo membro come segue:

∑i

(Pi −O) × (miai) =∑

i

(Pi −O) × d

dt(mivi)

=d

dt

[∑i

(Pi −O) × mivi

]−

∑i

d

dt(Pi −O) × mivi.

Introdotto il momento angolare

LO =∑

i

(Pi −O) × mivi

e osservato che d(Pi−O)/dt = vi−vO , si ricava la relazione

∑i

(Pi −O) × (miai) =dLO

dt+ vO × P.

In conclusione, poiche le forze interne sono equilibrate, siperviene alla seconda equazione cardinale della dinamica

M(e)O =

dLO

dt+ vO × P.

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Meccanica dei sistemi 79

Si noti che le equazioni cardinali sono sei equazioni scalarinelle quali si e perso traccia delle forze interne; in generale,esse sono pertanto solo necessarie per la determinazione delmoto del sistema.

• Teorema sulle equazioni cardinali. Siano O e Q duepoli distinti. Le equazioni cardinali riferite al polo Q impli-cano le equazioni cardinali riferite al polo O , e viceversa.

Dim. Risulta

Polo Q Polo O

R(e) =dPdt

R(e) =dPdt

M(e)Q =

dLQ

dt+ vQ × P M(e)

O =dLO

dt+ vO × P

Poiche M(e)Q = M(e)

O + (O−Q) × R(e) = M(e)O + (O−Q) ×

dP/dt e poiche LQ =∑

i(Pi −Q) × mivi =∑

i(Pi −O) ×mivi + (O −Q) ×

∑i mivi , ovvero

LQ = LO + (O −Q) × P,

la seconda equazione cardinale con polo Q da

M(e)O + (O −Q) × dP

dt

=dLO

dt+ (vO − vQ) × P + (O −Q) × dP

dt+ vQ × P,

che, effettuando le ovvie semplificazioni, coincide proprio conla seconda equazione cardinale con polo O .

• Baricentro. Il baricentro G di un sistema materiale e ilpunto (geometrico) individuato dalla formula

xG =∑

i mixi∑i mi

, G =∑

i miPi∑i mi

.

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80 F. Bampi & C. Zordan

• Conseguenze della definizione di baricentro. Si ef-fettui la derivata della formula che definisce il baricentro:introdotta la massa totale del sistema M =

∑i mi , in virtu

della definizione di quantita di moto, si ottiene

P =∑

i

mivi = MvG;

anche se ovvio, val la pena di notare che questa formulaperde di validita per sistemi a massa variabile. La precedenterelazione permette di riscrivere la prima equazione cardinalenella forma

R(e) = MaG.

L’interpretazione di questa formula e nota come teorema delbaricentro: il baricentro G di un sistema di punti si muovecome un punto materiale di massa M soggetto al risultantedelle forze esterne.

Per cio che riguarda la seconda equazione cardinale si ottienesubito l’espressione

M(e)O =

dLO

dt+ MvO × vG.

E utile individuare sotto quali condizioni il termine vO ×vG

si annulla. Due casi significativi sono i seguenti

O fisso oppure O ≡ G ,

in quanto si ottengono mediante una scelta del polo O . Al-tre due possibilita sono le seguenti

G fisso oppure vO ‖ vG ,

che rappresentano casi poco significativi poiche implicanoconoscenze a priori sul moto.

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Meccanica dei sistemi 81

• Baricentro come punto di applicazione della forzapeso. L’energia potenziale Vi della forza peso agente sulpunto Pi del sistema vale Vi = migzi , avendo scelto l’assez verticale ascendente. Allora l’energia potenziale totale re-lativa alle forze peso vale V =

∑i Vi =

∑i migzi = MgzG ;

questa relazione mostra che V coincide con l’energia poten-ziale della forza peso totale Mg applicata nel baricentro Gdel sistema. Coerentemente il baricentro G va riguardatocome punto di applicazione della forza peso totale Mg .

Allo stesso risultato si perviene facendo riferimento alla teo-ria dei vettori applicati. Infatti le forze peso mig dei sin-goli punti costituiscono un sistema di vettori paralleli che eequivalente al risultante Mg applicato nel centro del siste-ma; confrontando le definizioni del centro C e del baricentroG , e immediato verificare che il centro C delle forze pesocoincide proprio con il baricentro G .

• Prima equazione cardinale: leggi di conservazio-ne. Dalla prima equazione cardinale della dinamica dei si-stemi materiali e possibile dedurre alcuni integrali primi delmoto, noti in letteratura come leggi di conservazione totalee parziale.

− Conservazione totale: R(e) = 0 =⇒ dP/dt = 0 =⇒P = cost =⇒ vG = cost .

− Conservazione parziale: supponiamo che esista una di-rezione n tale che dn/dt = 0 , R(e) · n = 0 . Allora si hadP/dt · n = 0 =⇒ d(P · n)/dt = 0 =⇒ P · n = cost =⇒vG · n = cost .

In altre parole, l’annullarsi del risultante delle forze esterne,o di una sua proiezione lungo una direzione fissa, implica chela velocita del baricentro del sistema, o della sua proiezionelungo la suddetta direzione, si mantiene costante durante ilmoto.

• Esempio. Il sistema in figura e costituito da un punto ma-

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82 F. Bampi & C. Zordan

teriale che puo scorrere lungo un piano inclinato, il quale elibero di scorrere lungo una guida orizzontale. Poiche tuttele forze esterne, incluse le reazioni vincolari nei punti A eB , sono verticali, la componente orizzontale della quantitadi moto si conserva. In particolare, se il sistema e inizial-mente fermo, il baricentro si muove lungo la retta verticalepassante per la posizione iniziale del baricentro stesso.

• Seconda equazione cardinale: leggi di conservazio-ne. Sotto opportune ipotesi, anche dalla seconda equazionecardinale della dinamica dei sistemi materiali seguono dueintegrali primi, noti anch’essi come leggi di conservazionetotale e parziale.

Sia O fisso oppure O ≡ G : in entrambi i casi vO×vG = 0 .

− Conservazione totale: M(e)O = 0 =⇒ dLO/dt = 0 =⇒

LO = cost .

− Conservazione parziale: supponiamo che esista una di-rezione n tale che dn/dt = 0 , M(e)

O · n = 0 . Allora si hadLO/dt · n = 0 =⇒ d(LO · n)/dt = 0 =⇒ LO · n = cost .

In altri termini, se il momento delle forze esterne, o una suaproiezione lungo una direzione fissa, e nullo allora il momentoangolare, o la sua proiezione lungo la suddetta direzione, simantiene costante durante il moto.

• Esempio. La figura illustra un sistema costituito da un pun-to materiale che scorre lungo una semiretta libera di ruotareattorno al suo estremo O in un piano orizzontale. Siccome

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Meccanica dei sistemi 83

la forza peso ha momento nullo rispetto all’asse verticalez , la componente verticale del momento angolare del puntosi conserva. Tale componente vale L3 = mρvθ = mρ2θpercio la velocita angolare θ della semiretta e inversamenteproporzionale a ρ2 .

• Teorema dell’energia. La legge di Newton per il puntoPi ha la forma Fi +

∑j fji = miai . Moltiplicando scalar-

mente per vi si trova Fi · vi +∑

j fji · vi = miai · vi =d( 1

2miv2i )/dt . Sommando sull’indice i si perviene al teo-

rema dell’energia

dT

dt= Π(e) + Π(i),

avendo introdotto le quantita

T = 12

∑i miv

2i , energia cinetica totale,

Π(e) =∑

i Fi · vi, potenza delle forze esterne,

Π(i) =∑

ij fji · vi, potenza delle forze interne.

Si osservi che, per un generico sistema materiale, la potenzadelle forze interne e una quantita non nulla; pertanto, ingenerale, il teorema dell’energia non puo essere conseguenzadelle equazioni cardinali della dinamica in quanto queste ul-time non coinvolgono le forze interne.

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84 F. Bampi & C. Zordan

• Caso conservativo. Nel caso in cui le forze esterne sonoconservative si ha

Fi = −∇iVi(xi) = −(

∂Vi

∂xie1 +

∂Vi

∂yie2 +

∂Vi

∂zie3

),

dove l’indice i e non sommato. Segue che Π(e) =∑

i Fi ·vi = −

∑i∇iVi · vi = −

∑i dVi/dt . Pertanto si conclude

che

Π(e) = −dV (e)

dt, V (e) =

∑i

Vi,

dove V (e) e detta energia potenziale delle forze esterne.

Si consideri ora il caso in cui le forze interne sono conserva-tive. Allora

fji = −∇iVij , Vij = Vij(|xi − xj |) = Vji.

Si dimostra che, definita energia potenziale delle forze in-terne la quantita

V (i) =12

∑ij

Vij ,

vale la relazione

Π(i) = −dV (i)

dt.

In definitiva, per un sistema materiale soggetto a forze con-servative esterne ed interne, l’energia potenziale complessivae data da

V = V (e) + V (i).

In questo caso, il teorema di conservazione dell’energia mec-canica totale si scrive nella forma

T + V = cost, ⇐⇒ T + V (e) + V (i) = cost.

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Meccanica dei sistemi 85

In realta per il calcolo pratico dell’energia potenziale delleforze interne si puo procedere sulla base della seguente os-servazione. Osservato che la funzione Vij e, per definizione,l’energia della forza che si esplica tra i punti Pi e Pj e cheVii = 0 , i = 1, . . . , N , possiamo scrivere

V (i) =12

∑ij

Vij =12

(∑i<j

Vij +∑i>j

Vij

)=

∑i<j

Vij ,

essendo i due addendi eguali in quanto Vij = Vji .

In conclusione per scrivere l’energia potenziale complessivadelle forze attive, siano esse esterne o interne, basta sommaretutte le energie potenziali delle singole forze.

Baricentri• Proprieta del baricentro. Come segue dalla definizio-

ne, il baricentro di un sistema materiale gode di alcune pro-prieta utili per stabilire, almeno qualitativamente, dove essosi trovi.

(i) Se un sistema e piano o rettilineo il baricentro e un puntodel piano o della retta cui il sistema appartiene.

(ii) Proprieta distributiva. Sia S = Pi,mi, i = 1, . . . , Nun sistema assegnato suddiviso arbitrariamente in due partiS′ = Pi,mi, i = 1, . . . , s e S′′ = Pi,mi, i = s+1, . . . , N.Siccome

baricentro di S′: xG′ =1m′

s∑i=1

mixi, m′ =s∑

i=1

mi,

baricentro di S′′: xG′′ =1

m′′

N∑i=s+1

mixi, m′′ =N∑

i=s+1

mi,

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86 F. Bampi & C. Zordan

il baricentro G dell’intero sistema S si calcola mediante laformula

xG =m′xG′ + m′′xG′′

m′ + m′′ .

(iii) Definizione: siano Π un piano e d una retta tra loronon paralleli; diremo che Π e, per un sistema di punti S ,un piano diametrale coniugato alla direzione d se per ognipunto Pi ∈ S esiste P ′

i ∈ S , avente la stessa massa mi ,tale che il segmento PiP

′i e parallelo a d e dimezzato da

Π . Se Π ⊥ d allora Π e detto piano di simmetria.

Proprieta dei piani diametrali. Se un sistema S ammetteun piano diametrale Π coniugato ad una direzione d , alloraG ∈ Π .

Per dimostrare questo risultato si osservi che, per la pro-prieta distributiva, G coincide con il baricentro dei baricen-tri dei sistemi parziali costituiti uno dai punti di S apparte-nenti a Π , gli altri dalle varie coppie di punti Pi , P ′

i . Datoche ogni coppia di punti Pi , P ′

i ha il proprio baricentro suΠ , ne segue che G coincide con il baricentro di un sistemadi punti tutti appartenenti a Π e quindi appartiene a Π .

(iv) Definizione: una superficie regolare e detta convessase in ogni punto il piano tangente lascia la superficie tuttadalla stessa banda.

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Meccanica dei sistemi 87

Proprieta della superficie convessa. Il baricentro di un siste-ma e interno a ogni superficie convessa Σ che contiene tuttii punti del sistema.

Infatti, scelto un sistema di coordinate in modo tale che ilpiano (x, y) sia tangente a Σ in un suo punto Q e l’asse zsia orientato verso il semispazio contenente Σ , tutti i puntidel sistema hanno la coordinata z positiva. Di conseguenzarisulta zG > 0 . Cio significa che G si trova dalla stessaparte del sistema rispetto al piano tangente a Σ . Valendocio per ogni punto Q di Σ , si deduce che G e necessaria-mente interno alla regione delimitata da Σ .

• Baricentro di un sistema continuo. Ogni sistema con-tinuo misurabile τ e caratterizzato dalla densita di massaρ = ρ(x) avente la proprieta che, per ogni parte misurabileP ⊂ τ , si ha

massa(P) =∫P

ρ(x) dτ.

Per un sistema continuo la definizione di baricentro si scrivenella forma

xG =

∫τ

ρ(x)x dτ∫τ

ρ(x) dτ.

E opportuno porre in evidenza che la proprieta dei piani dia-metrali deve essere applicata ai sistemi continui con estremacautela, come indicato in BBM–probl. 4.1.13–4.1.15.

• Teoremi di Guldino. Quando il sistema materiale e unsistema continuo ottenuto dalla rotazione di una superficie odi una linea, esistono delle semplici relazioni tra volumi, aree,lunghezze e i baricentri delle figure che generano il sistema.Tali relazioni, note come teoremi di Guldino, costituisconouno strumento per il calcolo del baricentro di tali sistemi.

Dia dG la distanza del baricentro G della sezione medianadall’asse di rotazione e sia α l’angolo della rotazione. Iteoremi di Guldino si enunciano come segue.

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88 F. Bampi & C. Zordan

− Primo teorema di Guldino. Il volume V di un solidodi rotazione e dato dal prodotto dell’area A della sezionemediana per la lunghezza dell’arco di circonferenza descrittodal baricentro della sezione mediana; in formula

V = αdGA.

− Secondo teorema di Guldino. L’area A di una superfi-cie di rotazione e data dal prodotto della lunghezza ` dellasezione mediana per la lunghezza dell’arco di circonferenzadescritto dal baricentro della sezione mediana; in formula

A = αdG`.

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Corpi rigidi

Cinematica dei moti rigidi• Vincolo di rigidita. Un sistema materiale e detto corpo

rigido se la distanza tra due punti qualunque del sistema simantiene costante nel tempo, ossia se risulta

sistema discreto: |Pi − Pj | = Cij , i, j = 1, . . . , N ;sistema continuo: |P −O| = CPO, ∀P,O,

indipendentemente dal moto del sistema e dalle sollecitazionialle quali e sottoposto.

Il moto di un corpo rigido e detto moto rigido.

• Spazio rigido associato a un corpo rigido. Il sistemadi quiete di un corpo rigido e detto spazio rigido associato alcorpo stesso. Equivalentemente tale sistema e detto sistemasolidale.

• Caratterizzazione cinematica dei moti rigidi. Con-sideriamo due osservatori: uno inerziale e uno solidale a uncorpo rigido e sia P un arbitrario punto appartenente alsistema solidale. Poiche, per definizione, la velocita relativadi P e nulla, il teorema di Galilei implica che la velocitaassoluta di P coincide con la sua velocita di trascinamento.Pertanto, la velocita assoluta di P si esprime in termini dellavelocita assoluta di un fissato punto O del sistema solidalein accordo con la seguente legge di distribuzione delle velocita

vP = vO + ω × (P −O).

Da essa segue la relazione

vP · (P −O) = vO · (P −O) =⇒vP · vers(P −O) = vO · vers(P −O)

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90 F. Bampi & C. Zordan

detta caratteristica cinematica dei moti rigidi. Ancora sitrova (vP−vO)·(P−O) = 0 ossia [d(P−O)/dt]·(P−O) = 0e quindi d[ 12 (P−O)2]/dt = 0 ; si conclude pertanto che |P−O| = cost secondo cui il sistema e un corpo rigido. In altreparola la legge di distribuzione delle velocita e necessaria esufficiente affinche un moto sia rigido.

• Moti rigidi finiti. Si noti che un sistema materiale nonrigido puo compiere moti rigidi in alcuni intervalli di tempo;in tal caso le velocita dei singoli punti del sistema sono legatedalla legge di distribuzione delle velocita caratteristica deimoti rigidi.

Moti rigidi finiti particolari sono i seguenti:

− moto traslatorio ω = 0 , ∃ O tale che vO 6= 0 =⇒vP = vO ∀ P ;

− moto rotatorio ω 6= 0 , ∃ O tale che vO = 0 =⇒vP = ω × (P −O) ∀ P .

• Atto di moto. Si dice atto di moto di un sistema materialeall’istante t∗ la distribuzione delle velocita di tutti i puntidel sistema all’istante t∗ .

• Moti tangenti. Due moti sono detti tangenti all’istantet∗ se hanno identico atto di moto. E pertanto possibileclassificare l’atto di moto di un generico moto rigido permezzo dei moti rigidi uniformi ad esso tangenti all’istantet∗ .

• Riducibilita dell’atto di moto rigido. Dalla legge didistribuzione delle velocita vP = vO + ω × (P − O) seguevP · ω = vO · ω , secondo cui la quantita scalare

I = vO · ω

non dipende dal polo; per tale ragione I e detto invariante

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Corpi rigidi 91

scalare. Nell’ipotesi ω 6= 0 , si ha

vP = vO + ω × (P −O)

=vO · ω

ω2ω +

ω × (vO × ω)ω2

+ ω × (P −O) =

I

ω2ω + ω ×

(P −O +

(vO × ω)ω2

).

Definiamo il punto C∗ mediante la relazione

C∗ −O =ω × vOω2

;

risulta allora

vP =I

ω2ω + ω × (P − C∗).

Quindi si puo classificare l’atto di moto rigido come segue.

(1) I = 0 , ω = 0 , ∃ O tale che vO = 0 =⇒ vP =0 ∀ P : arresto istantaneo.

(2) I = 0 , ω = 0 , ∃ O tale che vO 6= 0 =⇒ vP =vO ∀ P : atto di moto traslatorio.

(3) I = 0 , ω 6= 0 =⇒ ∃C∗ da cui segue vP = ω ×(P − C∗) ∀ P : atto di moto rotatorio. L’asse parallelo aω e passante per C∗ e detto asse istantaneo di rotazione;per costruzione i suoi punti hanno velocita nulla. Si noti chela definizione di C∗ implica che C∗ − O e perpendicolarea ω cioe C∗ e la proiezione di O sull’asse istantaneo dirotazione.

(4) I 6= 0 =⇒ ∃C∗ da cui segue vP = (I/ω2)ω + ω ×(P − C∗) : atto di moto elicoidale. L’asse parallelo a ω epassante per C∗ e detto asse di moto o asse di Mozzi; i suoipunti hanno velocita parallela a ω .

Quanto detto costituisce il teorema di Mozzi secondo cuil’atto di moto rigido e sempre elicoidale.

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92 F. Bampi & C. Zordan

L’operatore d’inerzia• Motivazione. Sia O un punto fisso di un corpo rigido di-

screto. Si ha

LO =∑i

mi(Pi−O)×vi =∑i

mi(Pi−O)× [ω×(Pi−O)].

Ancora

T =12

∑i

miv2i =

12

∑i

mi[ω × (Pi −O)] · [ω × (Pi −O)]

=12ω ·

∑i

mi(Pi −O) × [ω × (Pi −O)].

Da queste espressioni si vede che due quantita dinamica-mente significative ( LO e T ) si possono scrivere in terminidell’operatore vettoriale

IO(ω) =∑i

mi(Pi −O) × [ω × (Pi −O)].

Vediamo di analizzarne le proprieta.

• Definizione. Per un sistema discreto si definisce operatored’inerzia il seguente operatore vettoriale

IO(u) =∑i

mi(Pi −O) × [u × (Pi −O)].

Se il sistema e continuo l’operatore d’inerzia e definito da

IO(u) =∫τ

ρ(P ) (P −O) × [u × (P −O)] dτ.

D’ora in poi faremo riferimento alla formula valida per siste-mi continui.

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Corpi rigidi 93

• Proprieta. Dalla definizione segue che l’operatore d’iner-zia e

(i) lineare; allora IO(u) = IOu ;

(ii) simmetrico; infatti

v · IOu =∫τ

ρv · (P −O) × [u × (P −O)] dτ

=∫τ

ρ[v × (P −O)] · [u × (P −O)] dτ

=∫τ

ρ(P −O) × [v × (P −O)] · u dτ = u · IOv.

• Rappresentazione matriciale. La teoria degli operatorivettoriali garantisce la validita di quanto segue. Fissata unabase e1, e2, e3 , si ha

IOhk = eh · IOek, IOu = IOhkukeh.

La matrice IO = (IOhk) e simmetrica.

Su una seconda base eh = Rhpep si ha IOhk = RhpRkqIOpq

ovvero IO = RIORT .

• Calcolo delle componenti IOhk . Dalla definizione segue

IOhk = eh · IOek =∫τ

ρ[(P −O) ×

(ek × (P −O)

)]· eh dτ

=∫τ

ρ[(P −O)2ek −

((P −O) · ek

)(P −O)

]· eh dτ

=∫τ

ρ[(P −O)2eh ·ek−

((P −O) ·eh

)((P −O) ·ek

)]dτ.

Posto allora P −O = xpep si ha

IOhk =∫τ

ρ(xpxpδhk − xhxk) dτ ;

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94 F. Bampi & C. Zordan

esplicitamente la matrice IO assume la forma ( x ≡ x1 ,y ≡ x2 , z ≡ x3 )

∫τρ(y2 + z2) dτ −

∫τρxy dτ −

∫τρxz dτ

−∫τρxy dτ

∫τρ(x2 + z2) dτ −

∫τρyz dτ

−∫τρxz dτ −

∫τρyz dτ

∫τρ(x2 + y2) dτ

.

Se la base e1, e2, e3 e solidale, allora la matrice IO ecostante. Le quantita IO11 , IO22 , IO33 sono dette momentid’inerzia, mentre le quantita IO12 , IO13 , IO23 sono dette pro-dotti d’inerzia o momenti di deviazione.

• Diagonalizzazione della matrice IO . Poiche l’opera-tore IO e simmetrico esiste una base, ortonormale e solidale,rispetto alla quale la matrice IO assume forma diagonale.Tale base si individua mediante la procedura seguente:

det(IO − λ1I) = 0 =⇒ λ = I1, I2, I3;

(IO − λ1I)u = 0 =⇒

λ = I1 =⇒ u(1),

λ = I2 =⇒ u(2),

λ = I3 =⇒ u(3),

u(h) · u(k) = δhk.

Introdotta la matrice di passaggio P , i cui elementi sonodati da Pqj = uq

(j) , si ottiene

PT IOP =

I1 0 00 I2 00 0 I3

.

Gli autovalori I1 , I2 , I3 sono detti momenti principalid’inerzia mentre gli autovettori u(i) individuano gli assirispetto ai quali la matrice associata all’operatore IO e dia-gonale; tali assi sono detti assi principali d’inerzia.

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Corpi rigidi 95

• Proprieta notevoli.

(i) Un momento d’inerzia non e mai superiore alla sommadegli altri due. Infatti, ad es., risulta I11 + I22 =

∫τρ(y2 +

z2) dτ+∫τρ(x2+z2) dτ =

∫τρ(x2+y2) dτ+2

∫τρz2 dτ ≥ I33 ,

il segno di eguaglianza valendo se e solo se il corpo e pianoe posto nel piano z = 0 .

(ii) Punti allineati lungo un asse. Sia x l’asse citato. Poichey = 0 e z = 0 , risulta I1 = 0 . Escluso il caso banale delpunto materiale, questo e l’unico sistema che ha un momentoprincipale nullo. In tutti gli altri casi Ij > 0 .

(iii) Sistemi piani. Sia z = 0 il piano del corpo. Seguedalla definizione che

I13 = I23 = 0, I11 =∫τ

ρy2 dτ, I22 =∫τ

ρx2 dτ,

I33 =∫τ

ρ(x2 + y2) dτ,= I11 + I22.

In conclusione per un corpo piano risulta

IO =

I11 I12 0I12 I22 00 0 I11 + I22

,

essendo O un generico punto del piano z = 0 in cui e postoil corpo.

(iv) Se I1 = I2 = I3 allora il corpo ha struttura sfericarispetto al polo O .

(v) Se I1 = I2 6= I3 allora il corpo ha struttura giroscopicarispetto all’asse e3 , detto asse giroscopico.

• Assi principali e simmetrie. Se un corpo rigido ammetteun piano di simmetria, allora ogni asse ortogonale a tale pia-no e principale d’inerzia per il punto di intersezione tra l’asse

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96 F. Bampi & C. Zordan

e il piano; gli altri due assi principali stanno di conseguenzasul piano di simmetria.

Per dimostrare questo fatto, supponiamo che z = 0 sia ilpiano di simmetria. Allora per definizione di piano di simme-tria risulta τ = τ+ ∪ τ− dove τ+ ∩ τ− appartiene al pianodi simmetria ed ha misura nulla. Inoltre, la trasformazionez → −z implica τ− → τ+ , o equivalentemente τ+ → τ− ,e ρ(x, y, z) = ρ(x, y,−z) . Si ha pertanto

− I13 =∫τ

ρxz dτ =∫τ+ρxz dτ +

∫τ−ρxz dτ

=∫τ+ρxz dτ +

∫τ+ρx(−z) dτ = 0.

Analogo risultato vale per I23 da cui segue che l’asse e3 eprincipale d’inerzia.

• Momenti d’inerzia. Il momento d’inerzia di un corpo ri-gido rispetto a un asse n = (O,n) e definito dalla relazione

In =∫τ

ρ(P )d2(P, n) dτ,

dove d(P, n) denota la distanza del generico punto P delcorpo dall’asse n .

In virtu della relazione d(P, n) = |P−O| sin θ = |n×(P−O)|segue che In =

∫τρ[n × (P − O)] · [n × (P − O)] dτ =

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Corpi rigidi 97

n ·∫τρ(P − O) × [n × (P − O)] dτ , da cui si deduce la

validita della relazione

In = n · IOn.

Questa relazione mostra che il momento d’inerzia In nondipende dal segno di n ossia non dipende dall’orientazionedell’asse n ; ovviamente dalla definizione segue che In nondipende neppure dalla scelta del polo O ∈ n .

Esplicitamente si ha

In = IOhknhnk = I11n21 + I22n

22 + I33n

23

+ 2I12n1n2 + 2I13n1n3 + 2I23n2n3,

ovvero, nel caso di assi principali

In = I1n21 + I2n

22 + I3n

23.

• Esempio. Si consideri una lamina quadrata omogenea dilato l . Si ha

IG =

ml2

120 0

0ml2

120

0 0ml2

6

.

Gli assi indicati in figura sono principali; il corpo ha strut-tura giroscopica rispetto al baricentro G e l’asse z e l’assegiroscopico.

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98 F. Bampi & C. Zordan

Si consideri ora come polo il vertice O . Risulta

IO =

ml2

3−ml

2

40

−ml2

4ml2

30

0 02ml2

3

.

Gli assi (x, y) indicati in figura non sono principali. In basealle simmetrie del corpo e immediato verificare che gli assiprincipali d’inerzia per il polo O sono quelli di versori u(k) ,k = 1, 2, 3 ; i corrispondenti momenti principali d’inerziasono quelli indicati in figura.

• Formula di trasposizione per l’operatore d’iner-zia. Vogliamo esprimere l’operatore IO in termini dell’ope-ratore IA . Risulta IOu =

∫τρ(P −O)× [u× (P −O)] dτ =∫

τρ((P −A) + (A−O)

)× [u×

((P −A) + (A−O)

)] dτ . Si

distribuiscano le somme e si osservi che il vettore (A − O)e costante e puo essere portato fuori dal segno di integrale.Dalle ovvie relazioni∫

τ

ρ dτ = m,

∫τ

ρ(P −A) dτ = m(G−A),

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Corpi rigidi 99

si deduce la formula di trasposizione per l’operatore d’inerziaal variare del polo

IOu = IAu +m(A−O) × [u × (A−O)]+m(A−O)× [u× (G−A)]+m(G−A)× [u× (A−O)];

questa relazione conferma che, assegnato l’asse n = (O,n) ,In = n ·IOn non dipende dal polo O ∈ n essendo n ·IOn =n·IAn quando (A−O) ‖ n ossia quando anche A ∈ n . Nelcaso significativo in cui A ≡ G questa relazione si semplificanella seguente

IOu = IGu +m(G−O) × [u × (G−O)].

Nel seguito faremo riferimento a quest’ultima formula.

• Formula di trasposizione per la matrice d’inerzia.Scelta una base ortonormale e1, e2, e3 , la formula perla trasposizione dell’operatore d’inerzia implica IOhk = eh ·IOek = eh · IGek +meh · (G−O) × [ek × (G−O)] . Svilup-pando il doppio prodotto vettore si ottiene IOhk = IGhk+meh ·[(G−O)2ek −

((G−O) · ek

)(G−O)] . Posto per comodita

G−O = d = dpep si trova la relazione

IOhk = IGhk +m(dpdp δhk − dhdk).

Supponendo che la matrice d’inerzia baricentrale sia riferitaad assi principali la precedente relazione da la matrice IOnella forma IG1 +m(d2

2 + d23) −md1d2 −md1d3

−md1d2 IG2 +m(d21 + d2

3) −md2d3

−md1d3 −md2d3 IG3 +m(d21 + d2

2)

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100 F. Bampi & C. Zordan

Da questa formula seguono subito le seguenti proprieta.

(i) Un asse baricentrale principale e principale per tutti isuoi punti. Ad esempio per tutti i punti dell’asse x3 si had1 = d2 = 0 , da cui segue subito l’asserto.

(ii) Un asse parallelo a un asse baricentrale principale eprincipale per il punto di intersezione dell’asse stesso con ilpiano normale all’asse e passante per il baricentro G . In talcaso, infatti, per un asse parallelo all’asse x3 risulta d3 = 0da cui segue immediatamente l’asserto.

(iii) La traslazione di una terna baricentrale principale lun-go uno dei suoi assi da luogo a terne principali per tutti ipunti degli assi. Cio e immediata conseguenza dei punti (i)e (ii).

(iv) Se un asse baricentrale e giroscopico allora esso e giro-scopico per tutti i suoi punti. Se, ad esempio, l’asse x3 egiroscopico, allora risulta I1 = I2 ; per i punti dell’asse x3 siha d1 = d2 = 0 , pertanto i nuovi momenti d’inerzia valgonoI1 +md2

3 ed I2 +md23 e sono evidentemente uguali.

(v) Se un corpo ha struttura sferica rispetto al baricentroG , allora esso ha struttura giroscopica rispetto ad ogni altropunto. Infatti, siccome ogni asse passante per il baricentroG e principale, scelta una terna principale avente quell’assecome asse coordinato, ne segue che per tutti i punti dell’assesi ha d1 = d2 = 0 ; la formula per la trasposizione dellamatrice d’inerzia fornisce allora il risultato affermato.

• Teorema di Huygens-Steiner. Il legame tra il momentod’inerzia IGn di un sistema rispetto a un asse baricentrale,di versore n , e il momento d’inerzia IOn rispetto a un assead esso parallelo e passante per un generico polo O e notocome teorema di Huygens-Steiner. Dalla definizione di mo-mento d’inerzia e dalla formula di trasposizione per l’opera-tore d’inerzia si ha IOn = n · IOn = n · IGn + mn · (G −O) × [n × (G−O)] = IGn +m[n × (G−O)] · [n × (G−O)]

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Corpi rigidi 101

Poiche |n×(G−O)| = d , essendo d la distanza tra gli assi,si conclude che

IOn = IGn +md2.

Come conseguenza il momento d’inerzia rispetto ad un assebaricentrale e strettamente minore di ogni altro momentod’inerzia relativo ad assi paralleli all’asse baricentrale.

• Additivita dei momenti d’inerzia. Per effettuare il cal-colo di momenti d’inerzia di sistemi complicati e utile notareche i momenti d’inerzia sono additivi rispetto al dominio.Precisamente, dato il dominio A ∪ B , nell’ipotesi in cui lamisura di (A∩B) sia nulla, per ogni funzione integrabile frisulta ∫

A∪Bf dτ =

∫A

f dτ +∫B

f dτ.

Di conseguenza i momenti d’inerzia di un sistema complicatopossono essere calcolati come somma di momenti d’inerziadi sistemi piu semplici. Questa osservazione vale anche percalcolare momenti d’inerzia di sistemi che presentano fori,ad es., la corona circolare.

Si noti che questa tecnica e particolarmente efficiente persistemi omogenei (densita di massa ρ = cost ). Anche seovvio, precisiamo che nell’effettuare i calcoli bisogna riferirsi

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102 F. Bampi & C. Zordan

alla densita di massa del sistema dato in quanto la massatotale va proporzionalmente attribuita alle singole parti.

Esempi in cui si applica questa proprieta si trovano in BBM–probl. 4.2.12–4.2.13.

• Ellissoide d’inerzia. Siccome l’operatore d’inerzia IO esimmetrico, la funzione f(x) = x · IOx contiene tutte leinformazioni su IO . La superficie di livello

x · IOx = 1

e detta ellissoide d’inerzia per il corpo rigido rispetto al poloO ; l’ellissoide d’inerzia e un altro modo per rappresentare leproprieta inerziali di un corpo rigido, ampiamente adottatonella letteratura meno recente.

Meccanica dei corpi rigidi• Sufficienza delle equazioni cardinali. Nel contesto

della meccanica analitica, si dimostra che le equazioni car-dinali sono necessarie e sufficienti per la determinazione delmoto e dell’equilibrio di un corpo rigido.

Ricordiamo che le equazioni cardinali coinvolgono le forzesolo mediante il loro risultante e momento e quindi le equa-zioni cardinali hanno la stessa forma per sistemi di forzeequivalenti, ossia aventi stesso risultante e stesso momento.Nel caso di un corpo rigido le equazioni cardinali sono anchesufficienti: se al sistema di forze agenti sul corpo rigido sisostituisce un sistema di forze equivalente il moto e le con-figurazioni di equilibrio non cambiano.

• Energia cinetica. L’energia cinetica di un corpo continuoe data dalla formula

T = 12

∫τ

ρv2P dτ.

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Corpi rigidi 103

Supponendo che il corpo sia rigido, la velocita vP del gene-rico punto P si esprime mediante la legge di distribuzionedelle velocita vP = vO+ω×(P −O) . Di conseguenza si haT = 1

2

∫τρv2O dτ+

∫τρvO·ω×(P−O) dτ+ 1

2

∫τρ[ω×(P−O)]·

[ω×(P −O)] dτ . In virtu della definizione di baricentro e dioperatore d’inerzia, questa formula si semplifica nella forma

T = 12mv

2O +mvO · ω × (G−O) + 1

2ω · IOω.

In generale, scelto il polo O coincidente con il baricentroG , la formula precedente diventa

T = 12mv

2G + 1

2ω · IGω,

che esprime il teorema di Konig per corpi rigidi. Nel casoparticolare in cui il corpo rigido ammette un punto fissosolidale O l’espressione dell’energia cinetica si riduce a

T = 12ω · IOω.

Si osservi, infine, che nel caso in cui la matrice d’inerzia siariferita ad assi principali risulta

ω · IOω = I1ω21 + I2ω

22 + I3ω

23 ,

mentre in generale si ha

ω · IOω = I11ω21 + I22ω

22 + I33ω

23

+ 2I12ω1ω2 + 2I13ω1ω3 + 2I23ω2ω3.

• Momento angolare. In analogia al calcolo dell’energiacinetica, per il momento angolare LO di un corpo rigidorispetto a un polo O solidale si ha LO =

∫τρ(P − O) ×

vP dτ =∫τρ(P −O) × [vO + ω × (P −O)] dτ , ossia

LO = IOω +m(G−O) × vO.

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104 F. Bampi & C. Zordan

Da questa relazione segue immediatamente l’importante for-mula

LG = IGω.

Nel caso particolare in cui il corpo possiede un punto Ofisso e solidale, oppure nel caso poco interessante in cui vOe parallelo a G−O , si ha

LO = IOω.

• Seconda equazione cardinale. Per un corpo rigido, laseconda equazione cardinale del moto, riferita a un poloO solidale, assume una forma significativa. In dettaglio,dall’espressione del momento angolare LO segue dLO/dt =d(IOω)/dt + m(vG − vO) × vO + m(G − O) × aO . Peril calcolo della quantita d(IOω)/dt si osservi che, rispettoa una base assoluta, l’operatore IO risulta dipendente daltempo; pertanto e conveniente esprimere la derivata assolutausando la derivata relativa all’osservatore solidale, rispettoal quale l’operatore d’inerzia non dipende dal tempo. Si had(IOω)/dt = dr(IOω)/dt+ ω × IOω = IOω + ω × IOω . Inconclusione

dLOdt

= IOω + ω × IOω +mvG × vO +m(G−O) × aO.

Sostituendo questo risultato nella seconda equazione cardi-nale

dLOdt

+mvO × vG = M(e)O

si ottiene l’espressione della seconda equazione cardinale delmoto di un corpo rigido riferita ad un generico polo O soli-dale

IOω + ω × IOω +m(G−O) × aO = M(e)O .

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Corpi rigidi 105

Ovvie, ma significative semplificazioni si ottengono quandosi sceglie O ≡ G e nel caso particolare in cui il polo solidaleO e fisso.

• Potenza di un sistema di forze. Le forze agenti su unsistema continuo si esprimono mediante una densita di forzaf tale che, per ogni parte misurabile P del corpo, si ha

forza totale su P =∫P

f dτ.

Supponiamo che su un corpo rigido agisca un sistema di forzee sia f la densita di forza; si ha

R =∫τ

f dτ, MO =∫τ

(P −O) × f dτ.

Utilizzando ora la legge di distribuzione delle velocita, lapotenza di tale sistema di forze vale Π =

∫τf · vP dτ =∫

τf · [vO + ω × (P −O)] dτ ovvero

Π = R · vO + MO · ω.

Una immediata conseguenza di questa formula e che la po-tenza Π(i) delle forze interne agenti su un corpo rigido enulla in quanto le forze interne costituiscono un sistema arisultante e momento nulli (sistema equilibrato).

• Teorema dell’energia. Per un corpo rigido le equazionicardinali sono necessarie e sufficienti, pertanto il teoremadell’energia deve essere una loro conseguenza. Per dimostra-re questo fatto, si osservi preliminarmente che per ogni poloO solidale risulta

Π(e) = R(e) · vO + M(e)O · ω, Π(i) = 0.

Scelto, per semplicita, il polo O coincidente con il baricen-tro G , ricavando R(e) e M(e)

G dalle equazioni cardinali e

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106 F. Bampi & C. Zordan

sostituendo si trova Π(e) = maG ·vG+(IGω)·ω . Ora banal-mente si ha aG · vG = d( 1

2v2G)/dt , mentre per la simmetria

dell’operatore d’inerzia risulta ω · IGω = ω · IGω = 12 (ω ·

IGω+ω ·IGω) . Poiche ω = dr(ω)/dt e IGω = dr(IGω)/dtsi ha ω · IGω = dr( 1

2ω · IGω)/dt = d( 12ω · IGω)/dt , es-

sendo ω · IGω una quantita scalare. Identico risultato siraggiunge utilizzando la derivata assoluta invece di quellarelativa. Raccogliendo questi risultati e ricordando il teo-rema di Konig si conclude che

Π(e) =d

dt

(12mv2

G +12ω · IGω

)=dT

dt,

come doveva essere.

• Equilibrio. Le equazioni che individuano le configurazionidi equilibrio di un corpo rigido sono le equazioni cardinalidella statica, ossia

R(e) = 0, M(e)O = 0,

il polo O essendo arbitrario. Tale arbitrarieta consente discegliere caso per caso il polo piu opportuno al fine di sem-plificare il calcolo.

Dalle equazioni cardinali della statica, discendono alcuneconseguenze discusse in dettaglio nel capitolo “Statica”.

Moti rigidi notevoli• Corpo rigido con asse fisso. Si consideri un corpo ri-

gido vincolato a un asse fisso n = (O,n) attorno al qualepuo ruotare, ma non scorrere. A causa di questo vincolo,l’orientazione del corpo rigido e individuata da un solo para-metro: il sistema ha un grado di liberta descritto usualmentedall’angolo (diedro) θ che un piano solidale forma con un

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Corpi rigidi 107

piano fisso. Poiche risulta ω = θn si ha T = 12ω · IOω =

12 θ

2n · IOn ; l’energia cinetica si scrive nella forma

T = 12Inθ

2,

dove, come al solito, In denota il momento d’inerzia rispettoall’asse fisso n .

In tutta generalita, le equazioni cardinali assumono la forma

maG = R(e,a) + R,

IOω + ω × IOω = M(e,a)O + MO,

dove R(e,a) e M(e,a)O denotano risultante e momento delle

forze esterne attive, mentre R e MO sono il risultante e ilmomento delle forze esterne reattive. Per dedurre l’equazio-ne pura di moto, si osservi che per ogni reazione vincolareΦA agente sul polo A dell’asse n si ha (A−O)×ΦA ·n =0 in quanto i vettori A − O e n sono paralleli. Risultapertanto MO · n = 0 . Allora l’equazione pura si ottienesemplicemente moltiplicando scalarmente per n la secondaequazione cardinale. Poiche

n · IOω = θn · IOn = Inθ,

n · ω × IOω = 0,

n · M(e,a)O = Mn,

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108 F. Bampi & C. Zordan

l’equazione pura di movimento si scrive nella forma

Inθ = Mn(θ, θ, t).

Il moto di un corpo rigido con asse fisso e detto talvolta motorotatorio assiale.

Se risulta Mn = Mn(θ) allora esiste un integrale primo facil-mente calcolabile. Infatti, moltilplicando l’equazione puradel moto per θ e integrando si perviene all’integrale primo

12Inθ

2 −∫Mn(θ) dθ = cost.

Si noti che la quantita∫Mn(θ) dθ e calcolabile non appena

sia nota la legge di forza Mn = Mn(θ) essendo l’integrandofunzione della sola θ . Ovviamente cio non accade nel casogenerale Mn = Mn(θ, θ, t) . Se le forze sono conservative siha Π(e) = −dV/dt . Siccome Π(e) = R(e) ·vO+M(e) ·ω , nelcaso in esame si ottiene Π(e) = M(e) · θn = Mnθ . In defini-tiva dV/dt = −Mnθ da cui V = −

∫Mn(θ) dθ e quindi

l’integrale primo trovato coincide con l’integrale dell’energia.

Si noti infine che le restanti cinque equazioni cardinali ser-vono per determinare risultante e momento delle reazionivincolari. Circa le singole reazioni vincolari va osservato che,in generale, il vincolo di rigidita non consente la loro deter-minazione. Nel caso di un corpo rigido con asse fisso, esse

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Corpi rigidi 109

sono determinabili singolarmente solo quando il corpo rigidoe vincolato all’asse fisso in due soli punti: in uno medianteuna cerniera sferica e nell’altro mediante un manicotto cilin-drico.

• Cimenti dinamici. Effettuiamo il calcolo esplicito del risul-tante R e del momento MO delle reazioni vincolari nel casodel corpo rigido con asse fisso. Tale calcolo e importantequando si voglia conoscere l’entita delle sollecitazioni, dettecimenti dinamici, alle quali l’asse di rotazione e sottoposto.Si definiscono cimenti dinamici l’opposto delle reazioni vin-colari.

Poiche n = (O,n) e l’asse fisso di rotazione, si scelga unaterna solidale tale che e3 = n . Per il calcolo di R uti-lizziamo la prima equazione cardinale. Preliminarmente sinoti che dalla legge di distribuzione delle velocita nei motirigidi ed essendo il polo O fisso, si ha aG = vG = d[ω ×(G − O)]/dt = ω × vG + ω × (G − O) . Allora risultaR = −R(e,a)+maG = −R(e,a)+mω×vG+mω×(G−O) =−R(e,a) +mω × [ω × (G−O)]+mω × (G−O) = −R(e,a) +m[

(ω · (G−O)

)ω − ω2(G−O)] +mω × (G−O) . Scelto il

polo O sull’asse in modo tale che (G−O) · ω = 0 si arrivaalla relazione R = −R(e,a)−mω2(G−O)+mω × (G−O) .

Per il calcolo di MO ricordiamo che ω = ωe3 , essendoω = θ , e che IOω = (I13e1+I23e2+I33e3)ω . Dalla secondaequazione cardinale segue che MO = −M(e,a)

O + IOω + ω ×IOω = −M(e,a)

O + ω(I13e1 + I23e2 + I33e3)+ω2e3 × (I13e1 +I23e2 + I33e3) .

Ora, l’equazione pura del moto implica ω = θ = M3/I33 ;pertanto i cimenti dinamici assumono la forma finale

−R = R(e,a) +mω2(G−O)−mM3

I33e3 × (G−O),

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110 F. Bampi & C. Zordan

−MO = M(e,a)O − M3

I33(I13e1 + I23e2 + I33e3)

− ω2(I13e2 − I23e1).

Come si vede, in entrambi i cimenti vi e una esplicita dipen-denza dal quadrato della velocita angolare ω .

Infine, si osservi che nel caso in cui l’asse fisso di rotazionee baricentrale (G − O = 0 ) e principale d’inerzia ( I13 =I23 = 0 ) i cimenti dinamici assumono la semplice forma

−R = R(e,a), −MO = M1e1 +M2e2,

esattamente analoga a quella che si ha all’equilibrio. Pro-prio per questo motivo, quando si hanno corpi rigidi in ra-pida rotazione, si tende a realizzare questa situazione, dettaequilibratura dinamica.

• Orientazione di un corpo rigido nello spazio. Intutta generalita per descrivere l’orientazione di un corporigido capace di ruotare liberamente nello spazio (vedi piusotto il corpo rigido con punto fisso e il corpo rigido libero)occorrono tre parametri. In letteratura esistono molti modiper scegliere questi tre parametri; qui descriveremo il casodegli angoli di Eulero.

• Orientazione e matrice di rotazione. Ricordiamo chesi passa da una terna fissa a una solidale mediante unamatrice di rotazione R . Essa e individuata dai suoi noveelementi che sono soggetti alle sei restrizioni imposte dallacondizione di ortogonalita RRT = 1I . Di conseguenza, perdeterminare l’orientazione di un corpo rigido rispetto a unosservatore fisso occorrono 9−6 = 3 parametri, ad esempiogli angoli di Eulero.

• Angoli di Eulero. Si considerino due riferimenti aventiorigine comune in un fissato punto O e siano e1, e2, e3

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Corpi rigidi 111

e e1, e2, e3 i rispettivi versori ortonormali. Gli angoli diEulero sono l’angolo di precessione ψ , l’angolo di nutazioneθ e l’angolo di rotazione propria φ indicati in figura.

Esiste una corrispondenza biunivoca tra gli angoli di Euleroe l’orientazione della base solidale e1, e2, e3 rispetto allabase fissa e1, e2, e3 . Infatti, assegnate le due basi, l’inter-sezione del piano generato da e1 ed e2 con il piano generatoda e1 ed e2 individua l’asse, di versore N , detto asse deinodi. L’angolo di precessione ψ e l’angolo compreso tra ilversore e1 e l’asse dei nodi N , mentre l’angolo di rotazionepropria φ e l’angolo tra N e e1 . Infine, l’angolo di nu-tazione θ e quello compreso tra e3 ed e3 . Viceversa, datigli angoli di Eulero l’asse dei nodi N si ottiene ruotandol’asse e1 di un angolo ψ attorno all’asse e3 , quindi si in-dividua l’asse e3 ruotando e3 attorno a N di un angoloθ . In ultimo l’asse e1 si trova ruotando N di un angolo φattorno a e3 .

Si osservi infine che gli angoli di Eulero sono singolari perθ = 0 : in tal caso ha significato solo la quantita ψ+φ . Perovviare a questo inconveniente e necessario usare tre altriparametri (ad es., angoli di Eulero per basi differenti).

• Velocita angolare e angoli di Eulero. Le espressionidelle componenti della velocita angolare ω relative alla base

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112 F. Bampi & C. Zordan

solidale sono riassunte nella relazione

ω = (θ cosφ+ ψ sin θ sinφ)e1

+ (−θ sinφ+ ψ sin θ cosφ)e2 + (φ+ ψ cos θ)e3.

Dim. Come abbiamo appena visto ad ogni angolo di Eulerocorrisponde una rotazione attorno ad un determinato assee tali rotazioni avvengono in successione; quindi possiamoutilizzare la legge di composizione delle velocita angolari perscrivere

ω = ψ e3 + θN + φ e3.

Poiche N appartiene al piano generato da e1 e e2 si trovaN = cosφ e1 − sinφ e2 . Scomponiamo ora e3 nella sommadi due vettori, uno parallelo e uno ortogonale a e3 , secon-do la formula e3 = (e3 · e3)e3 + e3 × (e3 × e3) . Banal-mente e3 · e3 = cos θ , mentre il vettore e3 × e3 ha modulouguale a sin θ e direzione e verso di N , come si verificasubito con la regola della mano destra. In definitiva e3 =cos θ e3+e3×sin θN = cos θ e3+sin θ sinφ e1+sin θ cosφ e2 .Raccogliendo i risultati si trova la formula cercata.

• Matrice di rotazione e angoli di Eulero. E interes-sante conoscere l’espressione della matrice di rotazione Rin funzione degli angoli di Eulero in quanto essa rappresentala piu generale matrice di rotazione tra due sistemi di rife-rimento in moto arbitrario. A tale scopo si Introducano lematrici di rotazione Rψ attorno all’asse e3 , Rθ attornoall’asse N ed Rφ attorno all’asse e3 , ovvero

Rψ =

cosψ sinψ 0− sinψ cosψ 0

0 0 1

,

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Corpi rigidi 113

Rθ =

1 0 00 cos θ sin θ0 − sin θ cos θ

,

Rφ =

cosφ sinφ 0− sinφ cosφ 0

0 0 1

.

In BBM–probl. 1.3.14 (a) si dimostra che la matrice R ecalcolabile mediante la formula

R = RφRθRψ;

nello stesso problema e riportata la forma esplicita della ma-trice R.

• Teorema di Eulero. Il teorema di Eulero stabilisce che lospostamento piu generale di un corpo rigido con punto fissoO e una rotazione attorno a un asse opportuno passante perO . Si dimostra che tale asse ha la direzione dell’autovettoredella matrice di rotazione R associato all’unico autovalorereale e che l’angolo α di rotazione soddisfa la relazione

trR = 1 + 2 cosα,

avendo denotato con trR la traccia della matrice R , ossia lasomma degli elementi appartenenti alla diagonale principaledi R . La dimostrazione e reperibile in BBM–probl. 1.3.15.

• Formula di Rodrigues. Il teorema di Eulero suggeriscela possibilita di utilizzare l’asse di rotazione e l’angolo dirotazione come possibili parametri per individuare le confi-gurazioni di un sistema rigido; lo sviluppo di questa idea econtenuto nella cosiddetta teoria delle rotazioni finite.

In questo contesto e di fondamentale importanza la formuladi Rodrigues che stabilisce il legame tra il generico vettore

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114 F. Bampi & C. Zordan

x applicato in O e il suo trasformato x per effetto dellarotazione. Specificamente, introdotto il vettore di rotazione

w = n tan(α/2),

n essendo il versore dell’asse di rotazione e α l’angolo dirotazione, la formula di Rodrigues si scrive nella forma

x− x = w × (x + x).

Questa formula e le sue piu rilevanti conseguenze sono di-mostrate in BBM–probl. 1.3.16–1.3.18.

• Corpo rigido con punto fisso. Supponiamo che il polosolidale O sia fisso. In questo caso l’orientazione del corporigido e individuata da tre parametri: il sistema ha tre gradidi liberta usualmente descritti dagli angoli di Eulero. La pre-senza del polo fisso O permette di scrivere l’energia cineticanella forma

T = 12ω · IOω.

Siccome il vincolo agisce sul corpo rigido soltanto come unareazione vincolare ΦO applicata in O , le equazioni cardinalidiventano

maG = R(e,a) + ΦO,

IOω + ω × IOω = M(e,a)O .

Le equazioni pure del moto coincidono con la seconda equa-zione cardinale, mentre la prima equazione fornisce il valoredella reazione ΦO .

Il moto di un corpo rigido con punto fisso e anche detto motorotatorio polare.

• Equazioni di Eulero. Le equazioni pure che determinanoil moto di un corpo rigido con punto fisso, che costituisco-no la seconda equazione cardinale, sono note con il nome

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Corpi rigidi 115

di equazioni di Eulero. Per dedurne la forma esplicita rap-presentiamo l’operatore IO mediante la matrice d’inerziariferita ad assi principali. Denotata con e1, e2, e3 la baseprincipale relativa al polo O , risulta

IO = diag(I1, I2, I3),ω = ωkek, MO = Mkek

IOω = I1ω1e1 + I2ω2e2 + I3ω3e3;

si noti che le componenti solidali di ω e di MO sono statedenotate, per semplicita, senza il cappello. Poiche risulta

ω × IOω = det

e1 e2 e3

ω1 ω2 ω3

I1ω1 I2ω2 I3ω3

,

sviluppando il determinante formale si perviene all’espres-sione esplicita delle equazioni di Eulero sulla base solidale

I1ω1 + (I3 − I2)ω2ω3 = M1,

I2ω2 + (I1 − I3)ω1ω3 = M2,

I3ω3 + (I2 − I1)ω1ω2 = M3.

Osserviamo, infine, che le equazioni di Eulero costituisconoun sistema del secondo ordine avente come incognite gli an-goli di Eulero ψ(t) , θ(t) , φ(t) .

• Esempio. Calcoliamo il momento necessario per mantenerein rotazione costante una lamina rettangolare, di massa m elati a e b , attorno a una sua diagonale, essendo il baricentrodella lamina un punto fisso.

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116 F. Bampi & C. Zordan

Innanzi tutto, la velocita angolare vale

ω = ω

(− a√

a2 + b2e1 +

b√a2 + b2

e2

),

essendo ω costante. Poiche

I1 =mb2

12, I2 =

ma2

12, I3 =

m(a2 + b2)12

,

le equazioni di Eulero forniscono il risultato

M1 = M2 = 0, M3 =mω2ab

12b2 − a2

a2 + b2;

da questa relazione si deduce che il momento e nullo se e solose a = b ossia se e solo se la lamina e quadrata.

• Rotazioni permanenti. Si definisce rotazione permanenteun moto rotatorio polare durante il quale risulti ω = cost ;si noti che la definizione e non ambigua in quanto daω/dt =drω/dt .

• Moti di precessione. Si definisce moto di precessione unmoto rotatorio polare durante il quale, oltre ad esservi unpolo solidale O fisso, esistono un asse solidale e un assefisso, concorrenti in O , che formano un angolo costante αtra loro.

Talvolta l’asse solidale e detto asse di figura mentre l’assefisso e detto asse di precessione.

Un moto e una precessione se e solo se esistono un versorefisso c e un versore solidale k tali che

ω = λc + µk.

Infatti, denotato con α l’angolo tra c e k si ha c · k =cosα , da cui segue d(cosα)/dt = da(c·k)/dt = c·da(k)/dt .

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Corpi rigidi 117

Siccome per le formule di Poisson da(k)/dt = ω×k , risultaprovata la relazione

d cosαdt

= c · ω × k

dalla quale segue immediatamente l’asserto.

Una precessione e detta regolare se risulta ω = λc+µk conλ e µ costanti.

• Moti alla Poinsot. Un moto rotatorio polare e dettomoto alla Poinsot (o moto per inerzia o moto spontaneo)se risulta M(e,a)

0 = 0 . Un moto alla Poinsot e pertantodescritto dalle equazioni

I1ω1 + (I3 − I2)ω2ω3 = 0,I2ω2 + (I1 − I3)ω1ω3 = 0,I3ω3 + (I2 − I1)ω1ω2 = 0,

che possono essere riguardate come equazioni differenzialidel primo ordine nelle incognite ω1 , ω2 e ω3 .

Nei moti alla Poinsot si hanno due integrali primi.

− M(e,a)0 = 0 =⇒ dLO/dt = 0 =⇒ LO = cost .

− Siccome dT/dt = (R(e,a) + ΦO) · vO + M(e,a)O · ω e

vO = 0 , M(e,a)O = 0 , risulta T = cost .

• Moti alla Poinsot per corpi con struttura sferi-ca. Per corpi aventi struttura sferica rispetto al polo Orisulta I1 = I2 = I3 secondo cui le equazioni di Eulerosi riducono a I1ω1 = I2ω2 = I3ω3 = 0 ovvero ω = 0 =⇒ω = cost ; pertanto ogni moto alla Poinsot per corpi construttura sferica e una rotazione permanente.

• Moti alla Poinsot per corpi con struttura giro-scopica. Se un corpo ha struttura giroscopica rispetto al-l’asse (O, e3) risulta I1 = I2 6= I3 . Dalla terza equazione

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118 F. Bampi & C. Zordan

di Eulero segue subito che ω3 = ω∗3 = cost . Proviamoche in questo caso ogni moto alla Poinsot e una preces-sione regolare. A tale scopo moltiplichiamo l’espressioneω = ωkek per I1/I1 e aggiungiamo e togliamo la quantita(I3/I1)ω∗3 e3 . Si ottiene

ω =1I1

(I1ω1e1 + I2ω2e2 + I3ω∗3 e3)+

I1I1ω∗3 e3−

I3I1ω∗3 e3 =

1I1

LO +I1 − I3I1

ω∗3 e3.

Siccome LO e un integrale primo, e possibile definire unversore fisso c = LO/|LO| , mentre k = e3 gioca il ruolo diversore solidale. Allora si puo scrivere

ω =|LO|I1

c +(I1 − I3)ω∗3

I1k,

secondo cui il moto e una precessione regolare.

• Rotazioni permanenti nei moti alla Poinsot. Un mo-to alla Poinsot e una rotazione permanente ( ω = 0 ) se e solose

ω × IOω = 0.

Infatti, se il moto e una rotazione permanente allora la prece-dente relazione segue immediatamente dalla seconda equa-zione cardinale. Viceversa supponiamo che per t = 0 lavelocita angolare ω0 = ω(0) soddisfi la condizione ω0 ×IOω0 = 0 . Si verifica subito che la funzione del tempoω(t) = ω0 soddisfa il dato iniziale ed e soluzione della se-conda equazione cardinale; quindi, per il teorema di esistenzae unicita, essa e l’unica soluzione: il moto e dunque una ro-tazione permanente.

Osserviamo che la condizione ω × IOω = 0 ⇐⇒ ω ‖ IOωe matematicamente equivalente al fatto che ω e autovettoredi IO . Pertanto condizione necessaria e sufficiente affinche

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Corpi rigidi 119

un moto alla Poinsot sia una rotazione permanente e che lavelocita angolare ω sia diretta secondo un asse principaled’inerzia.

• Sui momenti di deviazione. Calcoliamo il momento delleforze richiesto affinche un corpo rigido con punto fisso com-pia una rotazione permanente attorno a un asse qualunque.Scelto e3 nella direzione di tale asse, risulta ω = ωe3 ; diconseguenza

IOω = ω(I13e1 + I23e2 + I33e3).

La seconda equazione cardinale porge allora

M1 = −I23ω2, M2 = I13ω2, M3 = 0.

In definitiva, la necessita di ricorrere a un momento ad-dizionale per impedire che l’asse di rotazione devıi dallasua posizione iniziale e dovuta ai coefficienti I13 e I23 ; ciogiustifica il nome “momenti di deviazione” dato alle quan-tita non appartenenti alla diagonale principale della matriced’inerzia. Il fatto che tali momenti rendano ω non paral-lela a IOω si traduce matematicamente nella presenza diun momento addizionale.

• Corpo rigido libero. Un corpo rigido libero, ossia nonvincolato, possiede sei gradi di liberta che possono essereconvenientemente descritti per mezzo delle tre coordinatedel baricentro e i tre angoli di Eulero. In virtu del teoremadi Konig, l’energia cinetica vale

T = 12mv

2G + 1

2ω · IGω.

Le equazioni cardinali,

maG = R(e), IGω + ω × IGω = M(e)G ,

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120 F. Bampi & C. Zordan

sono tutte equazioni pure del moto. In particolare, la se-conda equazione ha la stessa forma delle equazioni di Eulero,ma in questo caso M(e)

G , cosı come R(e) , puo dipendere siadagli angoli di Eulero e loro derivate temporali prime siadalla posizione e dalla velocita del baricentro.

• Corpo rigido libero soggetto a forze baricentra-li. Per ipotesi si ha M(e)

G = 0 . Le equazioni di Eulero coin-cidono dunque con quelle studiate per i moti alla Poinsot.Per cio che riguarda gli integrali primi osserviamo che ilteorema dell’energia si scrive nella forma d( 1

2mv2G + 1

2ω ·IGω)/dt = Π(e) . Ora, moltiplicando scalarmente per vGla prima equazione cardinale si trova d( 1

2mv2G)/dt = R(e) ·

vG = Π(e) in quanto M(e)G = 0 per ipotesi. Per confronto

si conclude che

d

dt( 12ω · IGω) = 0 =⇒ 1

2ω · IGω = cost.

Questo integrale primo e la ovvia conservazione del momentoangolare, LG = cost , hanno la stessa forma degli integraliprimi che sussistono per i moti alla Poinsot. In conclusione,un corpo rigido libero soggetto a forze baricentrali compieun moto che e la composizione dei seguenti due:

(i) un moto del baricentro governato dalla prima equazionecardinale (teorema del baricentro);

(ii) un moto alla Poinsot attorno a un sistema baricentralenon ruotante.

A titolo di esempio, supponiamo che la Terra abbia strutturagiroscopica. Siccome il suo moto intorno al Sole e governatodalla forza di gravita che e baricentrale, il baricentro dellaTerra descrive una ellisse, mentre la Terra compie una pre-cessione regolare attorno al baricentro. Tale precessione, chenon va confusa con la secolare “precessione degli equinozi”(che ha un periodo di 26.000 anni), avrebbe un periodo di

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Corpi rigidi 121

circa 300 giorni. Di fatto qualcosa di simile accade con unperiodo di 427 giorni. La discordanza tra i due risultati nondeve sorprendere in quanto l’assunzione che la Terra sia uncorpo rigido a struttura giroscopica e indubbiamente moltogrossolana.

• Calcolo del periodo della piccola precessione del-la Terra. Come abbiamo dimostrato, il moto alla Poinsotper un corpo a struttura giroscopica e una precessione rego-lare la cui velocita angolare vale

ω =|LO|I1

c +(I1 − I3)ω∗3

I1k;

ovviamente il primo addendo (|LO|/I1)c descrive il moto dirotazione propria, mentre il secondo [(I1− I3)ω∗3/I1]k tieneconto del moto di precessione vero e proprio.

Nel caso della rotazione terrestre, l’esperienza mostra che ilmoto di rotazione propria, che avviene con un periodo τrdi un giorno, domina sul moto di precessione, che avvienecon un periodo τp molto piu lungo. Questa considerazioneprova che non si commette errore apprezzabile assumendoche |ω| = |ω∗3 | e che τr = 2π/ω∗3 = 1 giorno . Posto Ω =[(I1 − I3)ω∗3/I1] , il periodo di precessione vale allora

τp =2πΩ

=I1

I1 − I3τr.

Per il calcolo di I1 = I2 e di I3 , utilizziamo il risultato diBBM–probl. 4.2.6 (e) dove si prova che la matrice d’inerziaper l’ellissoide x2/a2 +y2/b2 +z2/c2 = 1 , di massa M , vale

IG = diag(M(b2 + c2)

5,M(a2 + c2)

5,M(a2 + b2)

5

).

Ora nel caso della Terra e naturale effettuare le seguentiassunzioni:

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122 F. Bampi & C. Zordan

− a = b = Re = raggio equatoriale = 6.378 · 106 m ,

− c = Rp = raggio polare = 6.357 · 106 m ,

da cui, denotata con MT la massa terrestre, si ottiene

− I1 = I2 = MT (R2e +R2

p)/5 = (MT /5) · 81.09 · 1012m2 ,

− I3 = MT (R2e +R2

e)/5 = (MT /5) · 81.358 · 1012m2 .

In conclusione risulta

τp =I1

I1 − I3τr = −303τr,

da cui si deduce che il periodo della piccola precessione edi circa 303 giorni, mentre il segno negativo indica che taleprecessione avviene in senso opposto a quello della rotazioneterrestre.

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148 F. Bampi & C. Zordan

Nel seguito tratteremo solamente l’equilibrio dei fili inesten-sibili per i quali un qualunque arco mantiene lunghezza co-stante qualunque sia la sollecitazione cui e sottoposto.

• Equilibrio dei sistemi continui. Un sistema continuo ein equilibrio se e in equilibrio ogni sua parte. Osservato cheogni sua parte arbitraria P e soggetta ad azioni esterne e alleazioni della restante parte del sistema, si postula che P stiain equilibrio quando sono soddisfatte le equazioni cardinaliper P . Le equazioni di equilibrio per il continuo si ottengonocome limite delle equazioni per P facendo tendere a zero ledimensioni di P .

In generale questa procedura da luogo a un sistema di equa-zioni sottodeterminato: cio consente di introdurre le cosid-dette equazioni costitutive che permettono di caratterizzarele proprieta del continuo preso in considerazione e rendonoil problema determinato.

• Caratterizzazione delle forze agenti su un filo. Siconsideri un filo inestensibile, di lunghezza ` , disposto se-condo una curva γ (regolare a tratti) di estremi A e B .Sia x(s) la rappresentazione parametrica di γ in terminidell’ascissa curvilinea s tale che x(0) = xA e x(`) = xB .

Assegnati i vincoli e le forze esterne agenti sul filo, il pro-blema dell’equilibrio consiste nel calcolare la funicolare, cioela curva γ lungo la quale il filo si dispone. Tipicamente ivincoli consistono nel fissare le posizioni di uno o di entrambigli estremi oppure nell’imporre che il filo, o parte di esso,appoggi su una superficie assegnata.

Le forze esterne possono essere distribuite lungo il filo o con-centrate in uno o piu punti del filo. Le forze distribuite siesprimono nel modo usuale attraverso una densita di forzaf(s) tale che, per ogni tratto γ1 ⊂ γ si ha

forza totale su γ1 =∫

γ1

f(s) ds.

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Statica 149

Oltre alle forze esterne, sul filo agisce una forza interna di-stribuita T(s) responsabile dell’integrita del filo. Per taleforza si adotta la seguente convenzione. Ogni punto P ∈ γdi ascissa sP ∈ [0, `] , divide la curva in due parti, γ =γ− ∪ γ+ , dove l’arco γ− e costituito dai punti di γ cons < sP e γ+ dai punti con s > sP . T(sP ) denota la forza(interna), applicata in P ∈ γ− , che γ+ esercita su γ− . Peril principio d’azione e reazione −T(sP ) e la forza, applicatain P ∈ γ+ , che γ− esercita su γ+ .

La notazione appena introdotta e ora utilizzata per dedurredue risultati significativi: le condizioni agli estremi del filo ele condizioni di discontinuita in presenza di una forza con-centrata applicata in un punto P interno al filo.

• Condizioni agli estremi del filo. Supponiamo che agliestremi A e B di un filo siano applicate le forze esterne, at-tive o reattive, FA e FB , rispettivamente. Per la notazionesu T(s) , in A agisce la forza interna T(0) ; l’equilibrio perA impone quindi che FA + T(0) = 0 . Analogamente, os-servato che su B agisce la forza interna −T(`) l’equilibriodi B e governato da FB − T(`) = 0 . In conclusione lecondizioni agli estremi del filo sono

FA + T(0) = 0, FB −T(`) = 0.

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150 F. Bampi & C. Zordan

• Forze concentrate: condizioni di discontinuita. Sisupponga che nel punto P di ascissa sP agisca la forzaconcentrata F , attiva o reattiva. Posto T− = lims→s−

PT(s)

e T+ = lims→s+P

T(s) , osserviamo che sul punto P agisco-no, oltre a F , le forze −T− e T+ . Pertanto l’equazioned’equilibrio per P fornisce la condizione di discontinuitacercata

F−T− + T+ = 0.

• Equazioni indefinite di equilibrio dei fili (inesten-sibili). Per dedurre le equazioni di equilibrio di un filo (inassenza di forze concentrate), consideriamo un arco di filo γ1

delimitato dai punti x(s1) e x(s) , con s1 < s . Per la pre-senza della forza distribuita, su γ1 agisce la forza

∫ s

s1f(σ)dσ

assieme alle forze −T(s1) , applicata in x(s1) , e T(s) , ap-plicata in x(s) . Per ogni polo xO , le due equazioni cardinaliper l’equilibrio di γ1 assumono la forma∫ s

s1

f(σ) dσ + T(s)−T(s1) = 0,∫ s

s1

(x(σ)− xO) × f(σ) dσ + (x(s)− xO) × T(s)−

(x(s1)− xO) × T(s1) = 0.

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Statica 151

La derivata rispetto ad s delle prima equazione da

f(s) +dT(s)ds

= 0,

detta equazione indefinita di equilibrio. Analogamente, de-rivando la seconda equazione rispetto a s si ottiene

(x(s)−xO)×f(s)+dx(s)ds

×T(s)+(x(s)−xO)× dT(s)ds

= 0;

poiche la somma del primo e del terzo addendo si annullain virtu dell’equazione indefinita di equilibrio, la relazioneprecedente si riduce a (dx(s)/ds)×T(s) = 0 secondo cui laforza interna T(s) e tangente al filo in quanto dx(s)/ds = te il versore tangente. Per questo T(s) = T (s)t e dettatensione.

In conclusione l’equilibrio del filo e governato dall’equazioneindefinita cui va aggiunta l’informazione che T(s) e unatensione.

Nota. L’equazione che governa la statica dei fili e detta in-definita perche per determinare precisamente la disposizionedel filo all’equilibrio occorre aggiungere all’equazione inde-finita opportune condizioni accessorie, ad esempio le con-dizioni agli estremi.

Si osservi infine che qui saranno considerati solamente filiinestensibili: cio consente di evitare il problema delle equa-zioni costitutive e delle tecniche matematiche connesse.

• Assenza di forze distribuite: filo scarico. Un primorisultato si ottiene “tornando indietro” vale a dire integrandol’equazione indefinita tra 0 ed s . Si ha∫ s

0

dT(σ)dσ

dσ = −∫ s

0

f(σ)dσ =⇒

T(s)−T(0) = −∫ s

0

f(σ)dσ;

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152 F. Bampi & C. Zordan

quindi usando la condizione all’estremo A , T(0) = −FA siconclude che

T(s) = −FA −∫ s

0

f(σ)dσ.

Nel caso particolare ma significativo del filo scarico in cuila forza distribuita e nulla, f(s) = 0 , si ottiene T(s) =−FA ossia la tensione e un vettore costante e quindi il filoscarico si dispone secondo un segmento di retta. Inoltre dallecondizioni agli estremi segue ancora che

−FA = T(0) = T(s) = T(`) = FB

secondo cui le forze applicate in A e in B devono essereuguali ed opposte. Possiamo allora enunciare l’ovvio risul-tato che, in assenza di forze distribuite, un filo sta in equi-librio se e solo se le forze applicate agli estremi costituisconouna coppia di braccio nullo.

• Trattazione cartesiana. Si consideri un sistema carte-siano ortogonale (O, x, y, z) . Poiche T = T t = Tdx/dsrisulta

Tx = Tdx

ds, Ty = T

dy

ds, Tz = T

dz

ds;

quindi l’equazione indefinita di equilibrio da luogo alle treequazioni scalari

fx +d

ds

(Tdx

ds

)= 0,

fy +d

ds

(Tdy

ds

)= 0,

fz +d

ds

(Tdz

ds

)= 0,

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Statica 153

cui va aggiunta l’equazione∣∣∣∣dxds∣∣∣∣ = 1 =⇒

(dx

ds

)2

+(dy

ds

)2

+(dz

ds

)2

= 1.

• Trattazione intrinseca. Sia t,n,b la terna intrin-seca associata alla curva γ . Derivando la relazione T = T trispetto a s si ha dT/ds = (dT/ds)t+T (dt/ds) da cui, uti-lizzando la prima formula di Frenet dt/ds = n/ρ , si ottienedT/ds = (dT/ds)t + Tn/ρ . Allora l’equazione indefinitad’equilibrio assume la forma

ft +dT

ds= 0,

fn +T

ρ= 0,

fb = 0.

• Forze distribuite conservative. Se la forza distribuitae conservativa, ossia f = −∇V , si ha

ft = f · t = −∇V · dxds

= −dVds.

La proiezione lungo t dell’equazione indefinita da

ft +dT

ds= 0 =⇒ −dV

ds+dT

ds= 0 =⇒ d

ds(−V + T ) = 0,

da cui l’utile risultato

T (s) = V (s) + cost

• Forze distribuite parallele. Supponiamo che le forzedistribuite siano tutte parallele ad una assegnata direzionedi versore k . In questo caso:

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154 F. Bampi & C. Zordan

(a) la funicolare di equilibrio e una curva piana e f appar-tiene al piano della funicolare,

(b) T⊥ = cost dove T⊥ denota la componente di T per-pendicolare a f .

Per dimostrare il punto (a) moltiplichiamo vettorialmenteper k l’equazione indefinita: f ×k+ (dT/ds) ×k = 0 =⇒(dT/ds) × k = 0 =⇒ d(T × k)/ds = 0 =⇒ T × k = C ,essendo C un vettore costante. Se C 6= 0 allora T·C = T·T×k = 0 secondo cui T ⊥ C e quindi la funicolare e pianain quanto la tensione T (e quindi il versore tangente t a γ )risulta perpendicolare ad un versore costante. Inoltre, poicheC e perpendicolare a k , anche f appartiene al piano dellafunicolare. Se, invece, C = 0 allora T × k = 0 =⇒ T ‖ ksecondo cui il versore tangente t e parallelo ad un versorecostante e quindi la funicolare e una retta (in particolare euna curva piana). Banalmente la funicolare e diretta comef .

Per dimostrare il punto (b), denotiamo con m un versoreperpendicolare a k e appartenente al piano della funicolare.Moltiplicando l’equazione indefinita scalarmente per m siha f ·m+(dT/ds) ·m = 0 =⇒ (dT/ds) ·m = 0 =⇒ d(T ·m)/ds = 0 =⇒ T ·m = cost secondo cui la componente diT lungo m e costante ovvero T⊥ = cost .

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Statica 155

• Equilibrio di un filo omogeneo pesante: la cate-naria. Si vuole calcolare la funicolare d’equilibrio di un filoomogeneo pesante, ossia di un filo soggetto a una forza di-stribuita costante p (peso specifico per unita di lunghezza).Per quanto appena dimostrato al punto (a) la funicolared’equilibrio e una linea piana appartenente a un piano ver-ticale, in quanto p e verticale. Sia (O, x, y) un sistemacartesiano ortogonale nel piano della funicolare. Allora ilprecedente punto (b) e la conservativita di f si scrivonoesplicitamente nella forma

Tx = cost =⇒ Tdx

ds= h,

T = V + cost =⇒ T = py + c = p(y − y0),

avendo utilizzato la comoda notazione c = −py0 . Questarelazione fornisce la tensione T (y) non appena sia nota laquantita y0 .

Consideriamo dapprima il caso h = 0 . Poiche T 6= 0 segueche dx/ds = 0 ossia la funicolare d’equilibrio e un segmentodi retta verticale.

Si consideri ora il caso piu significativo h 6= 0 . Cio implicabanalmente che dx/ds 6= 0 ossia esiste la funzione s =s(x) tramite la quale e possibile usare la variabile x comeparametro lungo γ ; in altri termini la funicolare d’equilibrioe il grafico di una funzione y = y(x) .

Cio premesso, osserviamo che la condizione Tx = h implica

Tdx

ds= h =⇒ T = h

ds

dx.

Ricordiamo ora che, assegnata la curva x(x) = xe1+y(x)e2 ,la corrispondente ascissa curvilinea e data da

s(x) = s0 +∫ x

x0

∣∣∣∣dxdξ∣∣∣∣ dξ = s0 +

∫ x

x0

√1 + (y′(ξ))2 dξ;

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156 F. Bampi & C. Zordan

pertanto ds/dx =√

1 + (y′(x))2 e quindi

T = h√

1 + (y′)2.

Dal confronto con la condizione di conservativita di f siottiene

h√

1 + (y′)2 = p(y − y0),

che costituisce un’equazione differenziale nella funzione in-cognita y = y(x) . Posto α = h/p e elevando al quadrato siha 1 + (y′)2 = [(y − y0)/α]2 da cui segue

y′ = ±√

[(y − y0)/α]2 − 1.

Poiche∫du/

√u2 − 1 = cosh−1 u , l’integrazione per sepa-

razione delle variabili da

±α cosh−1[(y − y0)/α] = x− x0

avendo denotato con −x0 la costante arbitraria d’integra-zione. Per esplicitare la funzione y(x) calcoliamo il cosenoiperbolico di entrambi i membri. Poiche coshu e una fun-zione pari si conclude che

y − y0 = α cosh(x− x0

α

)secondo cui la funicolare di equilibrio e una catenaria convertice in (x0, y0) . La determinazione esplicita della cate-naria, ovvero il calcolo di α, x0, y0 , e delle eventuali reazionivincolari in varie situazioni e trattata nei due casi descrittidi seguito.

• Caso 1: estremi A e B fissati. Siano assegnate lalunghezza ` del filo, il suo peso specifico p e le coordi-nate (xA, yA) e (xB , yB) degli estremi A e B . Ovvia-mente i dati devono soddisfare alla condizione strutturale` > |B −A| .

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Statica 157

Per risolvere il problema imponiamo dapprima che la cate-naria passi per A , per B , in formule

yA−y0 = α cosh(xA − x0

α

), yB−y0 = α cosh

(xB − x0

α

),

e che abbia lunghezza ` , ossia∫ xB

xA

√1 + (y′(x))2 dx = ` =⇒

sinh(xB − x0

α

)− sinh

(xA − x0

α

)=`

α.

Queste tre equazioni permettono di calcolare la catenariaovvero α, x0, y0 . Pertanto la tensione vale T (y) = p(y−y0) .Applicando le condizioni agli estremi si ottiene che le duereazioni vincolari ΦA e ΦB sono tangenti alla catenaria(nei punti A e B , rispettivamente) e hanno intensita dateda

ΦA = −TA = −p(yA − y0) ΦB = TB = p(yB − y0).

• Caso 2: estremo A fissato, forza FB in B asse-gnata. Siano assegnate la lunghezza ` del filo, il suo peso

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158 F. Bampi & C. Zordan

specifico p , le coordinate (xA, yA) dell’estremo A e la forzaFB agente sull’altro estremo B . Ovviamente le coordinate(xB , yB) sono in questo caso incognite.

Se la forza FB e verticale allora la condizione all’estremoB , ovvero FB = TB , implica che TB (e quindi il versoretangente t ) sia verticale, fatto impossibile per una cate-naria. Siamo percio nel caso h = 0 che corrisponde ad unafunicolare verticale.

Sia ora FB non verticale. Il calcolo delle incognite α , x0 ,y0 , xB , yB si ottiene imponendo le condizioni seguenti:

− la funicolare passa per A : yA−y0 = α cosh[(xA−x0)/α] ;

− la funicolare ha lunghezza ` :∫ xB

xA

√1 + (y′(x))2 dx = ` ;

− condizione all’estremo B :

FB = TB = TBt =p(yB − y0)

cosh(xB − x0

α

) [e1 + sinh

(xB − x0

α

)e2

];

− la funicolare passa per B : yB − y0 = α cosh[(xB −x0)/α] .

Calcolate le quantita incognite, la reazione vincolare ΦA inA e tangente alla catenaria e ha intensita ΦA = −TA =−p(yA − y0) .

• Problema del ponte sospeso. Un ponte sospeso e costi-tuito da due fili che reggono un sottostante piano rigido omo-geneo, pesante, orizzontale (il piano del ponte) per mezzodi tiranti verticali equidistanti. Nell’ipotesi che il numerodei tiranti sia grande, la sollecitazione di ogni filo puo es-sere considerata continua e ogni elemento ds di filo reggeun peso proporzionale alla lunghezza dx dell’elemento diponte sottostante. Se si trascura il peso dei fili e dei tiranti,

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Statica 159

risulta dunque f(s)ds = pdx , dove p e un vettore verticalecostante e, per simmetria, e pari alla meta del peso per unitadi lunghezza del ponte. Ovviamente, le considerazioni cheseguono valgono per ciascun filo.

Poiche il peso del ponte da luogo a forze distribuite parallele,la funicolare del filo e una curva piana appartenente a un pia-no verticale, diciamo (O, x, y) . Allora le forze distribuite,che sono determinate dalla relazione f(s)ds = pdx , as-sumono la forma

f(s) = pdx

ds= −p dx

dse2.

Dall’espressione cartesiana delle equazioni indefinite d’equi-librio si ha

d

ds

(Tdx

ds

)= 0,

−pdxds

+d

ds

(Tdy

ds

)= 0.

Coerentemente con quanto affermato nel caso di forze di-stribuite parallele, integrando la prima equazione si trovaTdx/ds = cost = h . Poiche per la geometria del sistema lafunicolare non puo essere una retta verticale, ne segue chedx/ds 6= 0 ossia esiste la funzione s = s(x) tramite la qualee possibile usare la variabile x come parametro lungo γ ;in altri termini la funicolare d’equilibrio e il grafico di unafunzione y = y(x) . Allora e possibile scrivere T = hds/dxsotituendo nella seconda equazione si ottiene

−pdxds

+d

ds

(hds

dx

dy

ds

)= 0;

poiche (ds/dx)(dy/ds) = dy/dx risulta ancora

−pdxds

+d

ds

(hdy

dx

)= 0 =⇒ d

ds

(−px+h

dy

dx

)= 0 =⇒

− px+ hdy

dx= cost = c.

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160 F. Bampi & C. Zordan

Ora, la costante h e necessariamente non nulla in quantoT 6= 0 . Dividendo per h si giunge all’equazione differenziale

y′ =c

h+px

h

avente per incognita la funzione y(x) che rappresenta lafunicolare d’equilibrio. Una banale integrazione fornisce

y(x) =p

2hx2 +

c

hx+ k

con k costante arbitraria. La curva dei ponti sospesi equindi una parabola.

Le tre costanti h , c e k si determinano conoscendo l’altezzadei piloni agli estremi (ossia le coordinate (xA, yA) di A e(xB , yB) di B ), la lunghezza ` della fune e la lunghezzaL = xB − xA del ponte; esplicitamente, scelta l’originedell’asse x in A (da cui xA = 0 e xB = L ), tali con-dizioni assumono la forma

y(0) = yA, y(L) = yB , ` =∫ L

0

√1 + y′2(x) dx.

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Statica 161

Calcolate le tre costanti h , c , k , la tensione segue dalla re-

lazione T = h ds/dx ricordando che ds/dx =√

1 + y′2(x) ,ossia esplicitamente

T =√h2 + (px+ c)2.

Infine le reazioni vincolari ΦA e ΦB si calcolano applicandole condizioni agli estremi secondo cui ΦA e ΦB sono tan-genti alla funicolare nei punti A e B , rispettivamente, ehanno intensita date da

ΦA = −TA =√h2 + (pxA + c)2,

ΦB = TB =√h2 + (pxB + c)2.

• Filo teso su una superficie. Si consideri un filo man-tenuto teso su una superficie Σ da due forze applicate agliestremi del filo. La densita di forza f(s) lungo il filo coincideallora con la densita della reazione vincolare φ(s) esercitatadalla superficie sul filo.

Utilizzando la trattazione intrinseca dell’equazione indefinitadi equilibrio si ottiene

φt +dT

ds= 0,

φn +T

ρ= 0,

φb = 0.

Se la superficie e liscia allora φt = 0 e quindi dT/ds = 0da cui segue T = cost . Pertanto la forza applicata ad unestremo del filo si trasferisce inalterata lungo il filo stesso.Cio giustifica il fatto che (in condizioni statiche) un filo tesosu una carrucola (che gioca il ruolo della superficie) e unostrumento capace di alterare la direzione di una forza senzaalterarne il modulo.

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162 F. Bampi & C. Zordan

Ora, denotato con N il versone normale a Σ l’ipotesi divincolo liscio si scrive nella forma φ = φN . Quindi la terzaequazione φb = 0 implica φ · b = 0 ossia b · N = 0 .Poiche, per definizione, t · N = 0 ne segue che N ‖ n . Inaltre parole la normale N alla superficie e parallela alla nor-male principale n della funicolare. Una curva tracciata suuna superficie che gode di questa proprieta e detta geodeticadella superficie. Per riassumere possiamo dire che “un filosottoposto a forze attive applicate agli estremi e appoggiatosu una superficie liscia si dispone lungo una geodetica dellasuperficie”. Questo risultato e importante perche le geodeti-che di una superficie sono ben caratterizzate; ad esempio, tratutte le linee tracciate sulla superficie che congiungono duesuoi punti assegnati, la geodetica e quella che ha la minima(o massima) lunghezza.

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Meccanica analitica

Equazioni di Lagrange• Critica al formalismo Newtoniano. In generale, le

equazioni cardinali sono necessarie, ma non sufficienti, per ladeterminazione del moto di un sistema meccanico. D’altraparte le equazioni per i singoli punti e le equazioni dei vin-coli, ossia

Fi + Φi = miai, i = 1, . . . , N,equazioni dei vincoli,

sono necessarie e sufficienti per determinare il moto del siste-ma, ma il loro numero, che cresce all’aumentare dei vincoli,puo essere cosı grande da rendere il sistema troppo compli-cato. Ad esempio il moto di un punto libero e determinatoda tre equazioni nelle tre incognite x(t) , mentre se il puntoe vincolato a una linea liscia le equazioni diventano cinque,le tre equazioni di Newton e le due equazioni del vincolo,nelle cinque incognite x(t) e Φ(t) . Paradossalmente i vin-coli, che riducono la mobilita di un sistema, contribuisconoad aumentare il numero di equazioni e di incognite.

La meccanica analitica fornisce uno schema in cui inquadra-re, sotto opportune ipotesi, la meccanica di un generico si-stema materiale vincolato, eliminando, per quanto possibile,i difetti dell’approccio newtoniano.

• Generalita sui vincoli. Un vincolo e genericamente tut-to cio che limita il moto di un sistema. Un vincolo si assegnamediante la sua espressione matematica ed agisce sul sistemaper mezzo della reazione vincolare, a priori incognita. Sihanno varie classificazioni dei vincoli, tra loro indipendenti,che possono essere raccolte nello schema seguente.

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164 F. Bampi & C. ZordanVincoli posizionali f(x1, . . . ,xN , t) = 0, (≥ 0).Vincoli cinetici f(x1, . . . ,xN ,v1, . . . ,vN , t) = 0, (≥ 0).

Vincoli indipendenti dal tempo o fissi (scleronomi).Vincoli dipendenti dal tempo (reonomi).

Ovviamente questa distinzione dipende dall’osservatore.

Vincoli bilateri f(x1, . . . ,xN , t) = 0, f ∈ C1.

Vincoli unilateri f(x1, . . . ,xN , t) ≥ 0.

Intuitivamente, un vincolo unilatero impone delle barrierementre un vincolo bilatero no. Si noti che l’ipotesi f ∈ C1

e necessaria in quanto se f ∈ C0 allora una diseguaglianzapuo essere posta in forma di eguaglianza; ad esempio l’egua-glianza x − |x| = 0 e matematicamente equivalente alladiseguaglianza x ≥ 0 .

Vincoli interni.Vincoli esterni.

I vincoli interni sono esercitati da una parte del sistemasull’altra e sono solitamente inclusi nella definizione del si-stema stesso. Un esempio di vincolo interno e il vincolo dirigidita.

• Vincoli olonomi e anolonomi. Un vincolo olonomo eun vincolo posizionale bilatero, ossia un vincolo del tipof(x1, . . . ,xN , t) = 0 , f ∈ C1 . Tutti gli altri tipi di vin-coli sono detti genericamente anolonomi.

• Sistemi olonomi e anolonomi. Un sistema materiale co-munque vincolato a vincoli olonomi e detto sistema olonomo;altrimenti e detto sistema anolonomo.

• Dipendenza e indipendenza funzionale. Le p funzionifα = fα(ξ1, . . . , ξr) , α = 1, . . . , p , sono dette funzional-

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Meccanica analitica 165

mente dipendenti se esiste una funzione Φ(f1, . . . , fp) , dip variabili, continua e con derivate prime continue e maicontemporaneamente tutte nulle, tale che la relazione

Φ(f1(ξ1, . . . , ξr), . . . , fp(ξ1, . . . , ξr)

)= 0

vale identicamente in ξ1, . . . , ξr ; in caso contrario tali fun-zioni sono dette funzionalmente indipendenti.

Si dimostra che le p funzioni fα(ξ1, . . . , ξr) sono funzional-mente indipendenti se e solo se

rank∂(f1, . . . , fp)∂(ξ1, . . . , ξr)

= rank

∂f1∂ξ1

· · · ∂f1∂ξr

.... . .

...∂fp

∂ξ1· · · ∂fp

∂ξr

= p.

Come e ovvio, da questo risultato segue che due o piu fun-zioni di una sola variabile sono sempre funzionalmente dipen-denti in quanto p > r . Ad esempio le funzioni f1(θ) = sin θe f2(θ) = cos θ sono funzionalmente dipendenti; in questocaso risulta banalmente Φ(f1, f2) = f2

1 + f22 − 1 .

• Forma implicita ed esplicita dei vincoli. Si conside-ri un sistema olonomo i cui vincoli sono espressi dalle prelazioni

fα(x1, . . . ,xN , t) = 0, α = 1, . . . , p < 3N,

dove le fα sono funzionalmente indipendenti. Talvolta cisi riferisce a queste relazioni come alla forma implicita deivincoli. La struttura di vincoli olonomi consente di indi-viduare le posizioni di tutti i punti di un sistema olonomo(configurazione del sistema) mediante n < 3N coordinatenon soggette ad alcuna relazione funzionale. Per mostrarecio, poniamo temporaneamente (x1, y1, z1 . . . , xN , yN , zN )

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166 F. Bampi & C. Zordan

= (ξ1, ξ2, ξ3 . . . , ξ3N−2, ξ3N−1, ξ3N ) . Poiche le fα sono fun-zionalmente indipendenti si ha

rank∂(f1, . . . , fp)∂(ξ1, . . . , ξ3N )

= p,

per ogni scelta di (ξ1, . . . , ξ3N ) . Pertanto, il teorema dellefunzioni implicite (o del Dini) garantisce la possibilita diesprimere, ad esempio, le prime p variabili in termini dellerestanti n = 3N − p , cioe

ξ1 = ξ1(ξp+1, . . . , ξ3N , t),...ξp = ξp(ξp+1, . . . , ξ3N , t).

Si effettui ora una generica trasformazione di coordinate

ξp+1 = ξp+1(q1, . . . , qn, t),...

ξ3N = ξ3N (q1, . . . , qn, t);

sostituendo le ultime relazioni nelle precedenti e ritornandoall’usuale notazione vettoriale si perviene alla forma esplicitadei vincoli

xi = xi(q1, . . . , qn, t), i = 1, . . . , N.

Come preannunciato, siamo pervenuti alle espressioni cheindividuano la configurazione del sistema, ossia le posizionixi di tutti i punti del sistema, in funzione di n coordinateindipendenti q1, . . . , qn (ed eventualmente del tempo t ).

Osserviamo che il legame tra le rappresentazioni implicitaed esplicita dei vincoli consiste nel fatto che, ad ogni istantet e per ogni α = 1, . . . , p , risulta

(x1(q1, . . . , qn, t), . . . ,xN (q1, . . . , qn, t), t

)= 0,

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Meccanica analitica 167

comunque si scelga la n -pla (q1, . . . , qn) .

Si noti infine che le variabili indipendenti (q1, . . . , qn) sonostate introdotte mediante una trasformazione di coordinate;pertanto il rango della corrispondente matrice Jacobiana n×n e massimo; di conseguenza risulta

rank∂(x1, . . . ,xN )∂(q1, . . . , qn)

= n.

• Coordinate libere. Come abbiamo appena dimostrato,un sistema olonomo i cui vincoli sono espressi dalle p re-lazioni

fα(x1, . . . ,xN , t) = 0, α = 1, . . . , p < 3N,

e descritto in forma esplicita dalle relazioni

xi = xi(q1, . . . , qn, t), i = 1, . . . , N,

dove il numero n = 3N−p e detto numero dei gradi di libertadel sistema olonomo. Le variabili indipendenti q1, . . . , qnsono dette coordinate libere o lagrangiane e il loro dominiodi variabilita e detto spazio delle configurazioni.

E utile rimarcare che ad ogni n -pla di valori delle coordi-nate (q1, . . . , qn) corrisponde una unica configurazione delsistema olonomo e viceversa ogni configurazione del sistemadetermina univocamente una n -pla di valori delle coordi-nate libere.

Per brevita di notazione, nel seguito indicheremo la n -pladelle coordinate libere (q1, . . . , qn) con il solo simbolo q ;pertanto un sistema olonomo sara rappresentato dalle re-lazioni xi = xi(q, t) , i = 1, . . . , N .

Si noti infine che i vincoli olonomi impongono anche ovvierestrizioni sulle velocita. Infatti derivando rispetto al tempoxi = xi(q, t) si ottiene l’importante relazione

vi = xi =∂xi

∂qkqk +

∂xi

∂t

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168 F. Bampi & C. Zordan

secondo cui la velocita di ogni punto e completamente de-terminata dalla conoscenza delle q e delle q . Anche sugliindici delle coordinate libere e delle loro derivate temporali siadotta la convenzione di Einstein, secondo cui si sottintendela somma sugli indici ripetuti due (e solo due) volte.

• Esempio. Si considerino due punti collegati da una sbar-retta di lunghezza l , vincolati in modo che P1 possa scor-rere lungo l’asse x e P2 lungo l’asse y . I vincoli sono datida

y1 = z1 = 0,x2 = z2 = 0,x2

1 + y22 = l2, (interno).

Siccome N = 2 , p = 5 si ha n = 3 · 2 − 5 = 1 ; in terminidell’unica coordinata libera q si puo scrivere

x1 = l cos q, y2 = l sin q,

secondo cui lo spazio delle configurazione puo essere rappre-sentato da una circonferenza di raggio l tracciata nel piano(x1, y2) .

• Esempio. Si consideri di nuovo il sistema composto da duepunti collegati da una sbarretta di lunghezza l , pero vinco-lati in modo che P1 possa scorrere nel piano (x, y) e P2

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Meccanica analitica 169

lungo l’asse z . I vincoli sono dati daz1 = 0,x2 = y2 = 0,x2

1 + y21 + z2

2 = l2, (interno).

In questo caso si ha N = 2 , p = 4 e quindi n = 3·2−4 = 2 ;in termini delle coordinate libere q1 e q2 si puo scrivere

x1 = l sin q2 cos q1, y1 = l sin q2 sin q1, z2 = l cos q2;

lo spazio delle configurazioni si rappresenta ora come unasuperficie sferica di raggio l nello spazio (x1, y1, z2) .

• Quantita geometriche. Si definiscono quantita geome-triche le quantita che dipendono solamente dalle coordinatex1, . . . ,xN , ovvero, per sistemi olonomi, dalle sole q . Unaquantita geometrica notevole e il baricentro del sistema.

• Atto di moto. Ricordiamo che si definisce atto di motodi un sistema materiale all’istante t∗ la distribuzione dellevelocita di tutti i punti del sistema all’istante t∗ .

L’atto di moto e assegnato quando per t = t∗ sono notele N coppie (xi,vi) oppure le N funzioni vi = vi(xi) .

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170 F. Bampi & C. Zordan

La conoscenza dell’atto di moto per un sistema olonomo eequivalente alla conoscenza delle n coppie (qk, qk) , k =1, . . . , n . Infatti risulta xi = xi(q, t) e vi = vi(q, q, t) .

• Quantita meccaniche. Si definiscono quantita meccani-che le quantita dipendenti dall’atto di moto, ossia dipendentidalle grandezze x1, . . . ,xN , v1, . . . ,vN , ovvero, nel caso disistemi olonomi, da q e da q . Esempi rilevanti di quantitameccaniche sono l’energia cinetica T e il momento angolareLO .

• Vincoli anolonomi propriamente detti. Mentre i vin-coli olonomi consentono una trattazione del tutto generale,non accade cosı per i vincoli anolonomi. Qui considereremosolo il caso piu semplice di vincoli anolonomi. Chiameremovincolo anolonomo propriamente detto, o semplicemente vin-colo anolonomo, un vincolo cinetico rappresentato da unpolinomio di primo grado nelle velocita, ossia avente la forma

N∑i=1

Ci · vi +D = 0,

dove Ci = Ci(x1, . . . ,xN , t) e D = D(x1, . . . ,xN , t) . Perfutura referenza, osserviamo che un vincolo anolonomo puoessere posto nella forma differenziale

N∑i=1

Ci · dxi +Ddt = 0.

Se il vincolo anolonomo agisce su un sistema soggetto adaltri vincoli tutti olonomi, allora i vincoli olonomi possonoessere tenuti in conto mediante l’introduzione delle coordi-nate libere q e il vincolo anolonomo puo essere espressoconvenientemente in funzione delle q , delle q e del tempo.Si ha infatti

∑i Ci · vi +D = 0 =⇒

∑i Ci · (∂xi/∂qk qk +

∂xi/∂t)+D = 0 =⇒ (∑

i Ci·∂xi/∂qk)qk+(∑

i Ci·∂xi/∂t+

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Meccanica analitica 171

D) = 0 ; pertanto, con ovvio significato delle notazioni, ilvincolo anolonomo assume la forma

γk qk + ν = 0,

mentre la sua espressione differenziale e

γkdqk + ν dt = 0.

L’estensione al caso di piu vincoli anolonomi e immediata.

• Vincoli anolonomi integrabili. Un vincolo anolonomodel tipo precedente puo, in qualche caso, essere posto informa di vincolo olonomo. Cio accade se esiste una funzioneg(x1, . . . ,xN , t) tale che

∇ig = Ci,∂g

∂t= D.

In questo caso l’espressione del vincolo si riduce a dg/dt = 0ovvero, integrando, g = cost , secondo cui il vincolo anolo-nomo ha assunto forma olonoma. Vincoli anolonomi chegodono di questa proprieta sono detti integrabili.

• Esempio: puro rotolamento. Si consideri un disco, diraggio R , che rotola senza strisciare lungo una guida oriz-zontale, senza possibilita di sterzare. Detto C il punto deldisco a contatto istante per istante con la guida, il vincolodi puro rotolamento e un vincolo anolonomo espresso dallarelazione vC = 0 . Dalla relazione vC = vO +ω×(C−O) edalle ovvie formule vO = xe1 , ω = −θe3 , C−O = −Re2 ,si ha

0 = vC = (x−Rθ)e1 =⇒ x−Rθ = 0;

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172 F. Bampi & C. Zordan

il vincolo e banalmente integrabile e la sua espressione olo-noma e

x−Rθ = cost,

dove la costante puo essere posta uguale a zero con una op-portuna scelta delle coordinate. Questa formula evidenziache il puro rotolamento si pone come elemento di separazionetra lo slittamento x ≤ Rθ e lo strisciamento x ≥ Rθ .

• Esempio: puro rotolamento con sterzo. La presenzadi sterzo nel puro rotolamento si schematizza con un discoche rotola senza strisciare sul piano (x, y) mantenendosisempre verticale. La condizione di puro rotolamento 0 =vC = vO + ω × (C − O) si esplicita tenendo conto che,nel caso considerato, vO = xe1 + ye2 , C − O = −Re3 ,mentre per la velocita angolare si ha ω = θe3 − ϕu =θe3 − ϕ(sin θ e1 − cos θ e2) . Sostituendo si trova

0 = xe1 + ye2 + (−Rϕ cos θ e1 −Rϕ sin θ e2),

da cui la forma esplicita del vincolo di puro rotolamentox−Rϕ cos θ = 0,y −Rϕ sin θ = 0.

Il vincolo e anolonomo non integrabile; infatti se fosse inte-grabile dovrebbe esistere una funzione g(x, y, θ, ϕ) tale che,

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Meccanica analitica 173

ad esempio, g = x−Rϕ cos θ . Questa eguaglianza, che devevalere per ogni x , y , θ , ϕ , implicerebbe allora g = g(x, ϕ)il che e in contraddizione col fatto che la coordinata θ com-pare esplicitamente.

• Spostamenti possibili. Si dice spostamento possibile di unsistema materiale l’insieme di tutti gli spostamenti dxi deipunti materiali costituenti il sistema, conformi ai vincoli econsiderati nell’intervallo di tempo dt in cui evolve il si-stema.

Lo spostamento effettivo del sistema nel tempo dt dovutoal moto e uno spostamento possibile e si ha dxi = vidt . Pervincoli olonomi risulta dxi = (∂xi/∂qk)dqk+(∂xi/∂t)dt, i =1, . . . , N .

• Spostamenti virtuali. Si dice spostamento virtuale di unsistema materiale l’insieme di tutti gli spostamenti δxi deipunti materiali costituenti il sistema, conformi ai vincoli con-siderati fissati all’istante t .

In virtu degli assiomi di tempo assoluto e di spazio assoluto,gli spostamenti virtuali sono indipendenti dall’osservatore;essi dipendono esclusivamente dai vincoli. Per vincoli olono-mi si ha δxi = (∂xi/∂qk)δqk . Si osservi che, per definizione,l’operatore δ si comporta come l’operatore di differenziazio-ne a t costante; di conseguenza δt = 0 .

Uno spostamento virtuale il cui opposto e ancora uno sposta-mento virtuale e detto reversibile; altrimenti e detto irre-versibile.

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174 F. Bampi & C. Zordan

I vincoli olonomi, essendo posizionali e bilateri, permettonosoltanto spostamenti virtuali reversibili. Infatti un vincoloolonomo e rappresentato dall’equazione f(x1, . . . ,xN , t) =0 , f ∈ C1 ; poiche f = 0 =⇒ δf = 0 , gli spostamentivirtuali δxi risultano caratterizzati dalla condizione

δf = 0 =⇒∑

i

∇if · δxi = 0;

di conseguenza, se δxi soddisfa alla precedente relazione,anche −δxi la soddisfa ossia anche −δxi e uno spostamentovirtuale e quindi δxi e reversibile.

• Spostamenti virtuali per vincoli anolonomi. La for-ma differenziale del vincolo anolonomo∑

i

Ci · dxi +Ddt = 0,

fornisce la restrizione che il vincolo anolonomo impone suglispostamenti possibili. Per dedurre le restrizioni impostesugli spostamenti virtuali, basta riscrivere la precedente re-lazione effettuando le seguenti sostituzioni coerenti con ladefinizione di spostamento virtuale

dxi → δxi, dt→ δt = 0.

Si ottiene ∑i

Ci · δxi = 0,

che e appunto la restrizione cercata. E interessante osser-vare che applicando l’argomento usato nel caso dei vincolibilateri a questa relazione si deduce che gli spostamenti vir-tuali associati a vincoli anolonomi (propriamente detti) sonosempre reversibili.

Analogamente ricordando che, in presenza di vincoli olono-mi, l’espressione differenziale del vincolo anolonomo e data

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Meccanica analitica 175

da γkdqk + ν dt = 0 , la restrizione imposta dal vincoloanolonomo sulle quantita δqk assume la forma

γkδqk = 0.

• Vincoli ideali. Un vincolo e detto ideale se la corrispon-dente reazione vincolare Φi agente sul punto Pi soddisfaalla relazione∑

i

Φi · δxi ≥ 0, ∀ ( δx1 · · · δxN ) irreversibile o no.

Nell’ipotesi che lo spostamento virtuale sia reversibile questadiseguaglianza da luogo all’eguaglianza∑

i

Φi · δxi = 0, ∀ ( δx1 · · · δxN ) reversibile

talvolta indicata con il nome di postulato delle reazioni vin-colari.

• Esempi di vincoli ideali. Nella classe dei vincoli idealirientrano vari tipi significativi di vincoli. In particolare sonoideali i seguenti vincoli:

(i) vincoli lisci;

(ii) vincolo di rigidita;

(iii) vincolo di puro rotolamento.

Dimostriamo separatamente le precedenti tre affermazioni.

(i) Per i vincoli lisci la reazione vincolare e normale al vin-colo; pertanto, siccome gli spostamenti virtuali reversibilisono tangenti al vincolo, si ha Φi · δxi = 0 , per ogni i =1, . . . , N . Nel caso di vincoli unilateri la reazione vincolarepunta verso la parte di spazio non limitata dal vincolo, lostesso accade per gli spostamenti virtuali irreversibili. Per-tanto, essendo la reazione ortogonale al vincolo, l’angolo

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176 F. Bampi & C. Zordan

tra la reazione vincolare e il generico spostamento virtualee sempre acuto, pertanto si ha Φi · δxi ≥ 0 , per ognii = 1, . . . , N . In definitiva i vincoli lisci sono ideali.

Si noti che nel caso in cui i punti strisciano lungo vincoliscabri la reazione non e normale al vincolo ed esistono spo-stamenti virtuali per i quali Φi · δxi < 0 , il che implica lanon idealita dello strisciamento lungo vincoli scabri.

(ii) Determiniamo dapprima l’espressione dello spostamen-to virtuale del generico punto P appartenente allo spaziodi quiete del corpo rigido. Poiche per un sistema rigidorisulta |P −O| = cost , l’operatore δ agisce come un opera-tore antisimmetrico; pertanto esiste un vettore δΩ tale cheδ(P −O) = δΩ × (P −O) , ossia

δP = δO + δΩ × (P −O).

Allora, indicata con ϕ la densita di reazione vincolare do-vuta al vincolo di rigidita si ha

∫τ

ϕ · δP dτ =∫

τϕ · [δO +

δΩ × (P −O)] dτ = (∫

τϕ dτ) · δO+(

∫τ(P −O)×ϕ dτ) · δΩ

ossia, in definitiva,∫τ

ϕ · δP dτ = R(r) · δO + M(r) · δΩ.

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Meccanica analitica 177

Si osservi infine che le reazioni vincolari dovute al vincolo dirigidita sono forze interne, pertanto R(r) = 0 e M(r) = 0 ;risulta cosı provata la relazione∫

τ

ϕ · δP dτ = 0

secondo cui il vincolo di rigidita e ideale.

(iii) Il vincolo di puro rotolamento e un vincolo anolonomo acausa del quale la velocita del punto C , che istantaneamentee a contatto con il piano del moto, e nulla, ossia vC = 0 .Per tale vincolo la reazione vincolare si esplica nel solo puntoC : bisogna calcolare la quantita ΦC · δxC per decidere seil vincolo e ideale o no. Utilizziamo allora la procedura pervalutare le restrizioni imposte sugli spostamenti virtuali daivincoli anolonomi. Dalla condizione vC = 0 segue la re-lazione differenziale dxC = 0 da cui si ha δxC = 0 . Il vin-colo di puro rotolamento e allora un vincolo ideale. Da unpunto di vista meccanico, il puro rotolamento puo sussiste-re in presenza di attrito, la mancanza di attrito implicandolo strisciamento. L’idealita del vincolo di puro rotolamentoe essenzialmente dovuta al fatto che l’attrito si esplica suun punto la cui velocita e, istante per istante, nulla. Tal-volta questa situazione e sintetizzata affermando che l’attritoagisce staticamente.

• Equazione simbolica della dinamica. Consideriamo unsistema vincolato a vincoli ideali. Poiche Fi + Φi = miai ,ricavando Φi e imponendo la condizione di vincolo ideale sitrova la relazione simbolica della dinamica∑

i

(Fi −miai) · δxi ≤ 0,

che, nel caso di vincoli bilateri diventa l’equazione simbolicadella dinamica ∑

i

(Fi −miai) · δxi = 0.

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178 F. Bampi & C. Zordan

D’ora in poi ci occuperemo solo di vincoli bilateri per i qualisussiste l’equazione simbolica della dinamica.

• Equazioni di Lagrange. Dato un sistema olonomo de-scritto dalle equazioni xi = xi(q, t) , risulta

δxi =∂xi

∂qkδqk.

L’equazione simbolica della dinamica si scrive allora nellaforma [(∑

i

Fi · ∂xi

∂qk

)−

(∑i

miai · ∂xi

∂qk

)]δqk = 0.

Introdotte le notazioni

Qk =∑

i

Fi · ∂xi

∂qk,

τk =∑

i

miai · ∂xi

∂qk,

l’equazione simbolica della dinamica diventa (Qk−τk)δqk =0 , ovvero, espandendo la sommatoria,

(Q1 − τ1)δq1 + (Q2 − τ2)δq2 + · · ·+ (Qn − τn)δqn = 0.

Ora le coordinate qk sono indipendenti, pertanto scegliendotutti i δqk nulli eccetto uno si previene alle n equazioni

Qk − τk = 0,

che sono note come equazioni di Lagrange. Per loro naturale equazioni di Lagrange sono equazioni pure, ossia non coin-volgono le reazioni vincolari.

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Meccanica analitica 179

Si noti che un’analoga procedura non vale per l’equazionesimbolica della dinamica poiche le componenti degli sposta-menti virtuali δxi non possono essere scelte arbitrariamentedovendo essere gli spostamenti virtuali conformi ai vincoli.

• Due identita notevoli. Sussistono le seguenti due im-portanti identita

∂xi

∂qk=∂vi

∂qk,

∂vi

∂qk=

d

dt

(∂xi

∂qk

).

Dimostriamo queste due identita. A tal fine si ricordi chedalle equazioni dei vincoli xi = xi(q, t) seguono le espres-sioni delle velocita

vi =∂xi

∂qhqh +

∂xi

∂t.

Risulta allora

∂vi

∂qk=∂xi

∂qh

∂qh∂qk

=∂xi

∂qhδhk =

∂xi

∂qk,

il che dimostra la prima identita. Per la seconda si ha

∂vi

∂qk=

∂qk

(∂xi

∂qh

)qh +

∂qk

(∂xi

∂t

).

Utilizzando il teorema di Schwarz si trova

∂vi

∂qk=

∂qh

(∂xi

∂qk

)qh +

∂t

(∂xi

∂qk

)=

d

dt

(∂xi

∂qk

),

concludendo cosı la dimostrazione.

• Calcolo di τk . Poiche

τk =∑

i

miai · ∂xi

∂qk=

∑i

midvi

dt· ∂xi

∂qk,

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180 F. Bampi & C. Zordan

la formula fg = d(fg)/dt− fg permette di scrivere

τk =∑

i

mid

dt

(vi · ∂xi

∂qk

)−

∑i

mivi · ddt

(∂xi

∂qk

).

Tenuto conto delle identita dimostrate al punto precedentesi ha ancora

τk =∑

i

mid

dt

(vi · ∂vi

∂qk

)−

∑i

mivi · ∂vi

∂qk;

commutando la somma con le derivate e tenuto conto delladefinizione di energia cinetica T , si conclude con l’impor-tante risultato dovuto a Lagrange

τk =d

dt

(∂T

∂qk

)− ∂T

∂qk.

• Forma esplicita delle equazioni di Lagrange. Poiche

τk =d

dt

(∂T

∂qk

)− ∂T

∂qk.

le equazioni di Lagrange τk = Qk si scrivono significativa-mente nella forma

d

dt

(∂T

∂qk

)− ∂T

∂qk= Qk, k = 1, . . . , n.

Si osservi che questa formula e importante specialmente dalpunto di vista teorico in quanto mantiene separate la parteinerziale ( τk ) dalla parte coinvolgente le forze (Qk ).

• La lagrangiana. Nell’uso e conveniente riscrivere le equa-zioni di Lagrange in una forma leggermente diversa dallaprecedente. A questo scopo separiamo le forze conservative

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Meccanica analitica 181

da quelle non conservative; risulta allora Qk = Q(c)k +Q(nc)

k .Per la parte conservativa si ha F(c)

i = −∇iV da cui segueQ(c) =

∑i Fi · ∂xi/∂qk = −

∑i∇iV · ∂xi/∂qk = −∂V/∂qk ,

essendoV (q, t) = V

(x1(q, t), . . . ,xN (q, t)

).

Introdotta la lagrangiana del sistema

L(q, q, t) = T (q, q, t)− V (q, t),

e tenuto conto che ∂V/∂qk = 0 , le equazioni di Lagrangeassumono la forma definitiva

d

dt

(∂L

∂qk

)− ∂L

∂qk= Q

(nc)k , k = 1, . . . , n,

dove il contributo delle forze non conservative e dato da

Q(nc)k =

∑i

F(nc)i · ∂xi

∂qk.

Va posto in evidenza il significativo risultato secondo cuila dinamica dei sistemi olonomi a vincoli ideali soggetti asole forze conservative (Q(nc)

k = 0 ) e completamente de-terminata dalla conoscenza di una sola funzione scalare: lalagrangiana L del sistema. Ne segue che nella lagrangianadevono essere contenute tutte le informazioni sul moto; mo-streremo in seguito come da un semplice esame della lagran-giana si possano dedurre alcuni integrali primi del sistema.

• Esempio. Si considerino due punti materiali, P1 di massam1 e P2 di massa m2 , collegati da un filo, di lunghezza l ,che si avvolge su una carrucola C come indicato in figura.Oltre alla forza peso, sui due punti agisce una resistenza ditipo viscoso. In termini della coordinata libera y , distanzadi P1 da C , si ha

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182 F. Bampi & C. Zordan

x1 = ye2, x2 = (l − y)e2,

da cui segue

T = 12 (m1 +m2)y2, V = −(m1 −m2)gy.

Infine la resistenza viscosa da luogo alla quantita

Q = (−hv1) · dx1

dy+ (−hv2) · dx2

dy= −2hy.

In conclusione l’equazione di Lagrange e

(m1 +m2)y − (m1 −m2)g = −2hy.

• Struttura dell’energia cinetica T . Per vincoli olo-nomi si ha xi = xi(q, t) da cui vi = (∂xi/∂qk)qk + ∂xi/∂t .Sostituendo nell’energia cinetica T = 1

2

∑imiv

2i si ottiene

T =12

∑i

mi

(∂xi

∂qhqh +

∂xi

∂t

)·(∂xi

∂qkqk +

∂xi

∂t

)=

12

(∑i

mi∂xi

∂qh· ∂xi

∂qk

)qhqk +

(∑i

mi∂xi

∂qk· ∂xi

∂t

)qk

+12

(∑i

mi∂xi

∂t· ∂xi

∂t

).

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Meccanica analitica 183

Posto

ahk =∑

i

mi∂xi

∂qh· ∂xi

∂qk= akh,

ak =∑

i

mi∂xi

∂qk· ∂xi

∂t,

a0 =12

∑i

mi∂xi

∂t· ∂xi

∂t,

si conclude che l’energia cinetica T e la somma di una quan-tita T2 quadratica nelle q , di una quantita T1 lineare nelleq e di una quantita T0 indipendente dalle q in accordo conla formula

T = 12 ahk qhqk + ak qk + a0 = T2 + T1 + T0;

• Forme quadratiche definite positive. Introdotta lavariabile u = (u1, . . . , un) , una forma quadratica Q(u) =ghkuhuk e definita positiva se ∀u risulta Q ≥ 0 ed eQ = 0 ⇐⇒ u = 0 .

• T2 e definita positiva. Si ha subito∑

imi(δxi)2 ≥ 0 ,l’eguaglianza valendo se e solo se δxi = 0, i = 1, . . . , N .Dall’espressione δxi = (∂xi/∂qk)δqk si ha

∑i

mi(δxi)2 =∑

i

mi

(∂xi

∂qhδqh

)·(∂xi

∂qkδqk

)= ahkδqhδqk.

Di conseguenza abbiamo dimostrato che ahkδqhδqk ≥ 0 ,l’eguaglianza valendo se e solo se δxi = 0, i = 1, . . . , N .Resta allora da provare che δxi = 0 ⇐⇒ δqh = 0 . Poiche

δxi =∂xi

∂qhδqh,

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184 F. Bampi & C. Zordan

se δqh = 0 si ha banalmente δxi = 0 . Viceversa, se δxi = 0allora si perviene al sistema algebrico omogeneo

0 =∂xi

∂qhδqh

che ammette solo la soluzione δqh = 0 essendo

rank∂(x1 . . .xN )∂(q1 . . . qn)

= n.

Abbiamo cosı provato che T2 e definita positiva.

Si osservi che, essendo T2 una forma quadratica, la proprietadi essere definita positiva e una proprieta dei suoi coefficientiakh , ossia e una proprieta della matrice simmetrica A =(akh) . Ricordiamo che una matrice simmetrica individuauna forma quadratica definita positiva se e solo se tutti iminori diagonali della matrice sono positivi. In particolarepuntualizziamo che gli elementi della diagonale principalesono tutti positivi e che detA > 0 , cioe la matrice A einvertibile.

• Esempio critico. Calcoliamo l’energia cinetica per il si-stema rappresentato in figura assumendo che tutte le masse,eccettuata quella del punto P , siano nulle. Si ha T = T2 =12mv

2P = 1

2m(x2+l2θ2+2l cos θxθ) . Posto q1 = x e q2 = θ ,da questa espressione risulta

A = m

(1 l cos θ

l cos θ l2

),

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Meccanica analitica 185

da cui si deduce subito che in corrispondenza di θ = 0 siha detA = 0 ossia T non e definita positiva. Cio si in-terpreta osservando che la lo jacobiano della trasformazione(xP , yP ) → (x, θ) ha determinante nullo per θ = 0 e quindile coordinate (x, θ) sono singolari per θ = 0 . Da un puntodi vista meccanico cio significa che la schematizzazione adot-tata e troppo spinta. Ad esempio, basta attribuire una massanon nulla al manicotto Q affinche lo jacobiano corrispon-dente ∂(xP , yP , xQ)/∂(x, θ) abbia sempre rango 2.

• Struttura matematica delle equazioni di Lagran-ge. Le equazioni di Lagrange

d

dt

(∂L

∂qk

)− ∂L

∂qk= Q

(nc)k

costituiscono un sistema di n equazioni differenziali del se-condo ordine alle derivate ordinarie nelle n funzioni inco-gnite qk = qk(t), k = 1, . . . , n . Poiche le equazioni diLagrange si possono porre in forma normale (vedi il puntosuccessivo), per esse vale il teorema di esistenza e unicitadi Cauchy. Tenuto conto che ad ogni scelta delle qk cor-risponde un’unica configurazione del sistema e viceversa, siconclude che le equazioni di Lagrange sono necessarie e suffi-cienti per la determinazione del moto di un sistema olonomovincolato a vincoli ideali.

• Normalita delle equazioni di Lagrange. Calcoliamodapprima la derivata ∂T/∂qk . Si ha

∂T

∂qk=

∂qk( 12arsqr qs + ar qr + a0).

Siccome ars , ar ed a0 non dipendono dalle q risulta

∂T

∂qk= 1

2ars∂qr∂qk

qs + 12arsqr

∂qs∂qk

+ ar∂qr∂qk

= 12arsδrk qs + 1

2arsqrδsk + arδrk = 12aksqs + 1

2ark qr + ak.

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186 F. Bampi & C. Zordan

Si chiamino gli indici muti s ed r con la stessa lettera h ;tenuto conto che akh = ahk , si conclude che

∂T

∂qk= akhqh + ak.

Sostituendo questo risultato nelle equazioni di Lagrange

d

dt

(∂T

∂qk

)− ∂T

∂qk= Qk

si ottiene

akhqh+(∂akh

∂qrqr +

∂akh

∂t

)qh+

(∂ak

∂qrqr +

∂ak

∂t

)− ∂T

∂qk= Qk.

Evidenziando l’unico termine che contiene qh e raccogliendoa secondo membro i rimanenti si perviene a una relazione deltipo

akhqh = Gk(q, q, t).

Ricordiamo ora che la matrice akh e definita positiva equindi, in particolare, det(akh) > 0 ; di conseguenza (akh)e invertibile ossia esiste una matrice (brk) tale che brkakh =δrh . Moltiplicando le equazioni di Lagrange per brk si trova

brkakhqh = brkGk(q, q, t) =⇒ δrhqh = brkGk(q, q, t)

da cui segueqr = brkGk(q, q, t)

che rappresenta proprio la forma normale delle equazioni diLagrange.

• Scrittura esplicita delle equazioni di Lagrange.Per futura referenza, scriviamo di seguito l’espressione delleequazione di Lagrange dove si evidenzia la dipendenza da

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Meccanica analitica 187

q e da q . Poiche L = T2 + T1 + T0 − V , le equazioni diLagrange

d

dt

(∂L

∂qk

)− ∂L

∂qk= Q

(nc)k

diventano

akr qr +(∂akr

∂qs− 1

2∂ars

∂qk

)qr qs +

∂akr

∂tqr

+(∂ak

∂qr− ∂ar

∂qk

)qr +

∂ak

∂t+∂(V − T0)

∂qk= Q

(nc)k .

• Momento cinetico. Si definisce momento cinetico coniu-gato alla coordinata qk o momento cinetico la quantita

pk(q, q, t) =∂L

∂qk;

siccome l’energia potenziale V non dipende da qk si haanche

pk(q, q, t) =∂T

∂qk= akhqh + ak.

Inoltre, utilizzando la prima delle identita notevoli, risulta

pk =∑

i

mivi · ∂vi

∂qk=

∑i

mivi · ∂xi

∂qk.

• Reazioni vincolari per vincoli olonomi. Da∑

i Φi ·δxi = 0 e da δxi = (∂xi/∂qk)δqk segue che (

∑i Φi ·

∂xi/∂qk)δqk = 0 da cui, per l’indipendenza dei δqk , si ot-tiene la relazione∑

i

Φi · ∂xi

∂qk= 0, k = 1, . . . , n,

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188 F. Bampi & C. Zordan

che caratterizza le reazioni vincolari per vincoli olonomi eideali.

• Coordinate di traslazione. Una coordinata libera qk ,avente le dimensioni di una lunghezza, e detta di traslazionese variando la sola coordinata qk di una quantita ∆qk ilsistema effettua una traslazione rigida della lunghezza ∆qknella direzione di versore n dipendente, in generale, dallascelta delle restanti coordinate.

Siccome risulta

∂xi

∂qk= lim

∆qk→0

xi(qk + ∆qk)− xi(qk)∆qk

= lim∆qk→0

∆xi

∆qk,

dalla definizione segue subito che ∆xi = ∆qkn . Si pervieneallora alla relazione

∂xi

∂qk= lim

∆qk→0

∆qkn∆qk

= n.

Con l’aiuto di questa formula e delle indentita notevoli sidimostrano le relazioni seguenti

∂T

∂qk= pk =

∑i

mivi · ∂xi

∂qk=

∑i

mivi · n = P · n;

∂T

∂qk=

∑i

mivi · ∂vi

∂qk=

∑i

mivi · ddt

∂xi

∂qk= P · dn

dt;

Qk =∑

i

Fi · ∂xi

∂qk=

∑i

Fi · n = R(e,a) · n;

∑i

Φi · ∂xi

∂qk= 0 =⇒

∑i

Φi · n = 0 =⇒ R(e,r) · n = 0.

Di conseguenza l’equazione di Lagrange relativa alla coordi-nata di traslazione qk diventa

d

dt(P · n)−P · dn

dt= R(e,a) · n,

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Meccanica analitica 189

da cui svolgendo i calcoli e aggiungendo la quantita nullaR(e,r) · n si ha (

dPdt

−R(e)

)· n = 0;

questa equazione coincide proprio con la proiezione lungo ilversore n della prima equazione cardinale della dinamica.

• Coordinate di rotazione. Una coordinata libera qk ,avente le dimensioni di un angolo, e detta di rotazione sevariando la sola coordinata qk di una quantita ∆qk il si-stema effettua una rotazione rigida dell’angolo ∆qk attornoall’asse di versore n e passante per il polo O , le quantitan ed O potendo dipendere, in generale, dalla scelta dellerestanti coordinate.

Si noti, per inciso, che la proprieta di essere una coordinatadi rotazione dipende dalla scelta delle restanti coordinate.Ad esempio nei due problemi simili BBM–probl. 5.2.20 eBBM–probl. 5.3.6 la coordinata θ nel primo caso e di ro-tazione, nel secondo no.

Per il calcolo della quantita ∂xi/∂qk si puo procedere nelmodo seguente. Si consideri il moto fittizio ottenuto facendovariare la sola coordinata qk ; poiche qk e coordinata dirotazione questo moto e una rotazione rigida attorno all’asse(O,n) , di conseguenza nel moto fittizo risulta vi = ω×(Pi−O) , il simbolo ˜ indicando il moto fittizio. Approssimando alprimo ordine, si ha ∆xi = vi∆t = ω × (Pi−O)∆t ; siccomeper la rotazione rigida attorno all’asse (O,n) dell’angolo∆qk vale la relazione ω = ∆qk/∆tn ovvero ω∆t = n∆qksi conclude che ∆xi = n × (Pi − O)∆qk . In definitiva siperviene alla formula

∂xi

∂qk= lim

∆qk→0

∆xi

∆qk= n × (Pi −O).

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190 F. Bampi & C. Zordan

Con l’aiuto di questa formula e delle identita notevoli si di-mostrano le relazioni seguenti

∂T

∂qk= pk =

∑i

mivi · ∂xi

∂qk=

∑i

mivi · n × (Pi −O)

=∑

i

(Pi −O) ×mivi · n = LO · n;

∂T

∂qk=

∑i

mivi · ∂vi

∂qk=

∑i

mivi · ddt

∂xi

∂qk

=∑

i

mivi · ddt

[n × (Pi −O)]

=∑

i

mivi ·[dndt

× (Pi −O) + n × (vi − vO)]

= LO · dndt

− vO × P · n;

Qk =∑

i

Fi · ∂xi

∂qk=

∑i

Fi · n × (Pi −O)

=∑

i

(Pi −O) × Fi · n = M(e,a)O · n;

∑i

Φi · ∂xi

∂qk= 0 =⇒

∑i

(Pi −O) × Φi · n = 0

=⇒ M(e,r)O · n = 0.

Di conseguenza l’equazione di Lagrange relativa alla coordi-nata di rotazione qk diventa

d

dt(LO · n)− LO · dn

dt+ vO × P · n = M(e,a)

O · n,

da cui svolgendo i calcoli e aggiungendo la quantita nullaM(e,r)

O · n si ha(dLO

dt+ vO × P−M(e)

O

)· n = 0;

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Meccanica analitica 191

questa equazione coincide proprio con la proiezione lungo ilversore n della seconda equazione cardinale della dinamicacon polo in O .

• Sufficienza delle equazioni cardinali per i sistemirigidi. Un corpo rigido libero ha sei gradi di liberta che pos-sono essere convenientemente descritti dalle tre coordinatedel baricentro e dai tre angoli di Eulero. Per loro natura, letre coordinate del baricentro, xG , yG , zG , sono coordinatedi traslazione lungo gli assi e1 , e2 , e3 , rispettivamente,mentre i tre angoli di Eulero, ψ , θ , φ , sono coordinatedi rotazione attorno agli assi e3 , N , e3 , rispettivamente.Per quanto esposto in precedenza, le equazioni di Lagrangerelative alle tre coordinate di traslazione hanno la forma(dPdt−R(e)

)·e1 =

(dPdt−R(e)

)·e2 =

(dPdt−R(e)

)·e3 = 0;

siccome i versori e1 , e2 , e3 costituiscono base, ne segueche le equazioni di Lagrange relative alle coordinate xG ,yG , zG coincidono con la prima equazione cardinale.

Analogamente le equazioni di Lagrange relative alle tre co-ordinate di rotazione hanno la forma(

dLG

dt−M(e)

G

)· e3 =

(dLG

dt−M(e)

G

)· N =(

dLG

dt−M(e)

G

)· e3 = 0;

essendo e3,N, e3 una base, le equazioni di Lagrange re-lative alle coordinate ψ , θ , φ coincidono con la secondaequazione cardinale. In conclusione, la sufficienza delle equa-zioni di Lagrange implica la sufficienza delle equazioni car-dinali per un corpo rigido libero. La presenza di vincolisemplicemente riduce il numero di gradi di liberta, ma nonaltera la sostanza del ragionamento svolto.

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192 F. Bampi & C. Zordan

• Integrali primi di Poisson o dei momenti cinetici. Sela lagrangiana di un sistema non dipende esplicitamente dauna coordinata qk si dice che la coordinata e ciclica o igno-rabile.

Supponiamo che la coordinata libera qk ( k fissato) sia ci-clica, ossia ∂L/∂qk = 0 , e che Q

(nc)k = 0 . In queste ipotesi

l’equazione di Lagrange per qk da

d

dt

(∂L

∂qk

)= 0 =⇒ pk = 0 =⇒ pk(q, q, t) = cost;

siamo cosı pervenuti all’integrale primo di Poisson secondocui il momento cinetico pk coniugato a una coordinata ci-clica qk e una costante del moto.

In accordo a quanto svolto in precedenza, l’integrale primodi Poisson ammette un’interpretazione meccanica immediatanel caso di coordinate cicliche di traslazione e di rotazione ecoincide con la corrispondente legge di conservazione parzialededotta dalle equazioni cardinali. E appena il caso di os-servare che esistono coordinate cicliche che non sono ne ditraslazione ne di rotazione; un esempio esplicito e analizzatoin BBM–probl. 5.2.16.

• L’hamiltoniana. Al fine di individuare altri integrali primidelle equazioni di Lagrange, consideriamo la derivata tem-porale totale della lagrangiana

dL

dt=

∂L

∂qkqk +

∂L

∂qkqk +

∂L

∂t.

Poiche per definizione pk = ∂L/∂qk , scritte le equazioni diLagrange nella forma −Q(nc)

k + pk = ∂L/∂qk , la precedenterelazione diventadL

dt= −Q(nc)

k qk + pk qk + pk qk +∂L

∂t

=⇒ dL

dt= −Q(nc)

k qk +d

dt(pk qk) +

∂L

∂t.

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Meccanica analitica 193

Pertanto, introdotta la funzione

H = pk qk − L,

detta funzione di Hamilton o hamiltoniana del sistema, siconclude con l’importante relazione

dH

dt= Q

(nc)k qk −

∂L

∂t;

si noti che questa relazione e un’identita se in essa si so-stituiscono le funzioni qk(t) , soluzioni delle equazioni diLagrange.

• Integrale primo di Jacobi. Se Q(nc)k qk = 0 e ∂L/∂t =

0 , allora la funzione di Hamilton H = H(q, q, t) e unacostante del moto. Questo risultato e noto come integraleprimo di Jacobi.

Si noti che la condizione ∂L/∂t = 0 non implica che i vincolisiano fissi; si veda ad esempio BBM–probl. 4.5.7. E pero veroche se i vincoli sono fissi allora ∂L/∂t = 0 .

• Significato meccanico dell’hamiltoniana. Dalla rela-zione pk = ∂T/∂qk = akhqh + ak segue H = pk qk − L =akhqk qh + ak qk −L = 2T2 + T1 − (T2 + T1 + T0 − V ) da cuisi ricava la relazione generale

H = T2 − T0 + V.

Se i vincoli non dipendono dal tempo allora T = T2 equindi H = T + V , cioe l’hamiltoniana H rappresental’energia meccanica totale del sistema. D’altra parte, nelcaso di vincoli fissi, la quantita Q

(nc)k qk e la potenza delle

forze non conservative. Infatti, dalla definizione di Q(nc)k

si trova Q(nc)k qk =

∑i F

(nc)i · (∂xi/∂qk)qk . Siccome i vin-

coli sono fissi risulta vi = (∂xi/∂qk)qk e quindi risulta

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194 F. Bampi & C. Zordan

Q(nc)k qk =

∑i F

(nc)i ·vi = Π(nc) . Alla luce di quanto esposto,

nel caso di vincoli fissi essendo ∂L/∂t = 0 , la relazionedH/dt = Q

(nc)k qk coincide con il teorema dell’energia.

• Equazioni di Lagrange per vincoli anolonomi. Ab-biamo visto che, introdotte le coordinate libere qk , l’equa-zione simbolica della dinamica puo essere posta nella forma(τk −Qk)δqk = 0 . Le equazioni di Lagrange seguono alloradall’indipendenza delle quantita δqk . Supponiamo ora che,oltre ai vincoli olonomi, siano presenti anche l < n vincolianolonomi del tipo

γβk qk + νβ = 0, β = 1, . . . , l.

L’assunzione che tali vincoli siano indipendenti, ovvero chesi possano esplicitare esattamente l quantita qk in funzionedelle restanti n− l , si traduce nella condizione rank(γβk) =l . Per la presenza dei vincoli anolonomi le quantita δqkdevono soddisfare alle condizioni

γβkδqk = 0, β = 1, . . . , l,

e pertanto non possono piu essere scelte arbitrariamente;non e restrittivo supporre di poter scrivere le quantita δqk ,k = 1, . . . , l in termini delle restanti δqk , k = l + 1, . . . , n .Per dedurre le equazioni del moto in presenza di vincolianolonomi si puo allora fare ricorso ai cosiddetti moltipli-catori di Lagrange secondo la procedura seguente.

Indicando per maggior chiarezza la sommatoria sull’indicek , dalla relazione simbolica della dinamica e dalle condizionisui δqk segue la validita della relazione

n∑k=1

(τk −Qk −∑

β

λβγβk)δqk = 0,

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Meccanica analitica 195

dove gli l moltiplicatori di Lagrange λβ sono a priori ar-bitrari. Determiniamo i moltiplicatori di Lagrange in mododa assicurare la validita delle l relazioni

τk = Qk +∑

β

λβγβk, k = 1, . . . , l.

In virtu di queste relazioni, l’equazione di partenza si riducea

n∑k=l+1

(τk −Qk −∑

β

λβγβk)δqk = 0;

si osservi che in questa equazione compaiono solamente iδqk indipendenti. A questo punto l’arbitrarieta delle n −l quantita δqk , k = l + 1, . . . , n implica la validita dellerestanti relazioni

τk = Qk +∑

β

λβγβk, k = l + 1, . . . , n.

In conclusione, siccome τk puo essere scritto in terminidell’energia cinetica T , introdotta la lagrangiana L le equa-zioni di Lagrange in presenza di vincoli anolonomi assumonola forma

d

dt

(∂L

∂qk

)− ∂L

∂qk= Q

(nc)k +

∑β

λβγβk, k = 1, . . . , n

γβk qk + νβ = 0, β = 1, . . . , l;

il moto risulta determinato da un sistema di n+ l equazioninelle n+ l incognite qk(t) e λβ(t) .

• Esempio. Si consideri un disco, di massa m e raggio R ,che rotola senza strisciare lungo una guida inclinata di unangolo α sull’orizzontale. Ricordando che il vincolo di purorotolamento senza sterzo e un vincolo anolonomo integrabile,possiamo scrivere le equazioni del moto senza fare ricorso ai

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196 F. Bampi & C. Zordan

moltiplicatori di Lagrange. Siccome il vincolo si esprimenella forma s = Rθ , risulta

T =12mv2

G +12

ω · IGω =12ms2 +

12mR2

2θ2 =

34ms2.

Poiche V = −mgs sinα , l’equazione di Lagrange e

32ms−mg sinα = 0.

Risolviamo ora il problema facendo ricorso alle equazionidi Lagrange per vincoli anolonomi. A questo scopo con-frontando l’equazione del vincolo anolonomo con l’espressio-ne generale γ1q1 + γ2q2 = 0 si trova γ1 = 1 e γ2 = −R .Siccome L = 1

2ms2 + 1

2 (mR2/2)θ2 +mgs sinα , le equazionidi Lagrange sono

ms−mg sinα = λ,

(mR2/2)θ = −λR,s−Rθ = 0,

dove λ e il moltiplicatore. Si verifica subito che eliminandoλ dal sistema precedente si ottiene un’equazione per s checoincide con quella gia dedotta.

• Vincoli residui. Una interessante applicazione delle equa-zioni di Lagrange per vincoli anolonomi si realizza con il

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Meccanica analitica 197

concetto di vincolo residuo. Supponiamo infatti che un si-stema olonomo, le cui configurazioni sono individuate dallecoordinate libere q , sia ulteriormente vincolato a un vin-colo olonomo della forma f(q, t) = 0 . Per includere talevincolo nella trattazione, occorrerebbe definire nuove coor-dinate libere (una in meno delle precedenti) e ricalcolare, adesempio, la lagrangiana. Questo procedimento puo essereevitato effettuando la derivata temporale totale del nuovovincolo ottenendo cosı la relazione (∂f/∂qk)qk + ∂f/∂t = 0che puo essere riguardata come la formulazione anolonomadell’assegnato vincolo olonomo. In tal modo non solo sievita la riformulazione del problema originale ma soprat-tutto si evidenzia, per mezzo del moltiplicatore di Lagrange,l’influenza del nuovo vincolo, il vincolo residuo, sul sistemaoriginario.

Questa procedura puo risultare particolarmente interessantenella teoria dei manipolatori o robot. Ad esempio possiamoconsiderare il braccio di un robot come l’assegnato sistemaolonomo e considerare come vincoli residui quelli ulterior-mente imposti al braccio quali un corrimano o la presenzadi un piano su cui scrivere.

Equilibrio e stabilita• Equilibrio di un sistema vincolato. La configurazione

xi , i = 1, . . . , N , di un sistema di N punti materiali edetta di equilibrio rispetto a un osservatore fissato F se,posto il sistema in tale configurazione con tutte le velocitanulle rispetto a F , esso vi permane indefinitamente. Leequazioni di equilibrio sono Fi + Φi = 0 alle quali vannoaggiunte le equazioni dei vincoli.

• Principio dei lavori virtuali. Si consideri un sistema avincoli ideali e fissi. Dalle equazioni Fi+Φi = 0 e dalla con-

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198 F. Bampi & C. Zordan

dizione di vincolo ideale∑

i Φi · δxi ≥ 0 segue la relazione∑i

Fi · δxi ≤ 0,

valida per ogni scelta dello spostamento virtuale δxi . Que-sta formula e detta talvolta relazione simbolica della statica.In analogia con la definizione di lavoro di una forza, la re-lazione simbolica della statica si interpreta asserendo che siha equilibrio quando il “lavoro virtuale” delle forze attive enon positivo.

Si supponga ora che i vincoli siano anche bilateri; in talcaso ogni spostamento virtuale e reversibile. La relazioneprecedente, valida per lo spostamento virtuale δxi , deve oraessere soddisfatta anche in corrispondenza dello spostamentovirtuale −δxi , pertanto essa diventa l’equazione∑

i

Fi · δxi = 0,

secondo cui all’equilibrio il lavoro virtuale delle forze attive enullo. Questa equazione e detta principio dei lavori virtualied e caratteristica per l’equilibrio.

• Principio di Torricelli. Come gia osservato, la relazionesimbolica della statica stabilisce che si ha equilibrio purcheil lavoro virtuale delle forze attive sia non positivo. Cio sipuo riassumere asserendo che quando esistono spostamentivirtuali che rendono tale lavoro positivo l’equilibrio non epossibile; in altre parole quando una forza attiva puo com-piere un lavoro virtuale positivo essa lo compie, impedendocosı l’equilibrio.

Un esempio significativo di questa affermazione e fornitodal principio di Torricelli secondo cui un sistema materia-le soggetto alla sola forza peso sta in equilibrio se e solose, in corrispondenza di ogni spostamento virtuale dei punti

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Meccanica analitica 199

del sistema, il baricentro non si abbassa. Infatti, nel casodella forza peso Fi = mig si ha equilibrio purche risulti∑

imig · δxi ≤ 0 . Scelto l’asse z verticale ascendente si hag = −ge3 e quindi il principio dei lavori virtuali si scrivenella forma

∑imigδzi ≥ 0 ; dalla definizione di baricentro

segue che mgδzG ≥ 0 ossia δzG ≥ 0 , che e quanto affer-mato.

• Equilibrio di sistemi olonomi ideali a vincoli fissi.Si prenda in considerazione l’espressione dello spostamentovirtuale per un sistema olonomo, δxi = (∂xi/∂qk)δqk , e sisostituisca nell’espressione del principio dei lavori virtuali: siha (

∑i Fi·∂xi/∂qk)δqk = 0 =⇒ Qkδqk = 0 . Poiche questa

relazione deve valere per ogni δqk , ragionando come nel casodelle equazioni di Lagrange, si perviene alle n equazionifinite (non differenziali)

Qk(q, 0) = 0, k = 1, . . . , n,

nelle incognite qk = q0k ; tali equazioni sono necessarie perl’equilibrio di un sistema olonomo. Per provare che esse sonoanche sufficienti si supponga che la configurazione qk = q0ksia soluzione del precedente sistema. Si consideri il pro-blema di Cauchy qk(0) = q0k , qk(0) = 0 che corrispondeall’aver posto il sistema nella configurazione q0k con velocitatutte nulle. Segue immediatamente che le funzioni qk(t) =q0k soddisfano alle equazioni di Lagrange; pertanto il teo-rema di esistenza e unicita assicura che esse costituisconol’unica soluzione del problema di Cauchy. In conclusione ilsistema permane indefinitamente nella configurazione inizia-le che risulta essere quindi configurazione di equilibrio.

• Caso conservativo. Se il sistema olonomo e soggetto aforze tutte conservative risulta Qk = −∂V/∂qk . Di con-seguenza l’equilibrio di un sistema olonomo conservativo ecaratterizzato dal sistema

∂V

∂qk= 0,

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200 F. Bampi & C. Zordan

secondo cui le configurazioni di equilibrio coincidono con ipunti di stazionarieta dell’energia potenziale.

• Equilibrio relativo di sistemi olonomi conservati-vi. Si e visto che e intuitivo e non ambiguo definire che cosasi intenda per equilibrio di un sistema olonomo a vincolifissi. Il problema e piu complesso nel caso di sistemi olonomia vincoli mobili anche perche i vincoli potrebbero essere inmoto relativo tra loro. In analogia con il caso dei vincoli fissi,diciamo che la configurazione qk = q0k e configurazione diequilibrio relativo per un sistema olonomo a vincoli mobilise le funzioni qk(t) = q0k sono soluzioni delle equazioni diLagrange.

Nell’ipotesi restrittiva ∂L/∂t = 0 le configurazioni di equi-librio relativo sono individuate dalle n equazioni

∂qk(V − T0) = 0 k = 1, . . . , n;

ovviamente se i vincoli sono fissi risulta T0 = 0 : si ritrovacosı la condizione di stazionarieta dell’energia potenziale.Per dimostrare questo risultato, osserviamo preliminarmenteche ∂L/∂t = 0 implica che separatamente non dipendonoesplicitamente dal tempo t le quantita T2 , T1 , T0 e Va causa sia del loro significato meccanico sia della loro di-versa dipendenza dalle q . Di conseguenza, come provatonella dimostrazione del teorema di normalita, le equazionidi Lagrange assumono la forma

akhqh +∂akh

∂qrqr qh +

∂ak

∂qrqr −

12∂ars

∂qkqr qs

− ∂ar

∂qkqr −

∂T0

∂qk= − ∂V

∂qk.

Siccome in corrispondenza delle funzioni (costanti) qk(t) =q0k si ha qk(t) = 0 e qk(t) = 0 , le equazioni di Lagrange siriducono alle relazioni cercate.

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Meccanica analitica 201

• Minimo stretto di una funzione. La funzione f(x) haminimo stretto nel punto x0 se esiste un intorno U di x0

tale che, per ogni x ∈ U , x 6= x0 , si ha f(x) > f(x0) .In questo caso, talvolta si dice che l’intorno U piu grandeper cui vale questa proprieta e l’intorno in cui si “sente” ilminimo.

• Stabilita dell’equilibrio di un sistema olonomo. Siaqk = q0k una configurazione di equilibrio di un sistema olono-mo e siano ηk = qk−q0k gli scostamenti dalla configurazionedi equilibrio stessa. Tale configurazione di equilibrio si dicestabile se, ∀ε > 0 ∃ δ > 0 tale che, scelti i dati inizialisoddisfacenti a |ηk(0)| < δ e |ηk(0)| < δ , risulta |ηk(t)| < εe |ηk(t)| < ε , ∀t > 0 . Configurazioni di equilibrio che nonsoddisfano alla definizione precedente sono dette di equilibrioinstabile. Si noti che l’equilibrio indifferente e un caso diequilibrio instabile.

• Teorema di Lagrange-Dirichlet. Se l’energia poten-ziale V di un sistema olonomo conservativo a vincoli fissiha un minimo stretto nella configurazione qk = q0k , alloratale configurazione e di equilibrio stabile.

Come risulta dalla dimostrazione, il teorema continua a va-lere anche in presenza di forze giroscopiche (forze a potenzanulla) e di forze dissipative (forze a potenza negativa).

• Dimostrazione del teorema di Lagrange-Dirichlet.Se V ha minimo per ηk = 0 , allora le sue derivate primesono tutte nulle: le equazioni per l’equilibrio di un sistemaolonomo conservativo sono soddisfatte e quindi la configu-razione ηk = 0 e di equilibrio.

Si scelga la costante additiva dell’energia potenziale V (η)in modo che V (0) = 0 . Dimostriamo in primo luogo chel’energia meccanica totale E(η, η) = T (η, η) + V (η) ha mi-nimo stretto nel punto (ηk, ηk) = (0, 0) . Intanto si osserviche T (0, 0) = 0 e che V (0) = 0 da cui segue E(0, 0) = 0 .

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202 F. Bampi & C. Zordan

Ora, poiche i vincoli sono fissi, T = T2 quindi la funzione T ,essendo una forma quadratica definita positiva nelle η , non emai negativa, ma non ha minimo stretto in quanto T (η, 0) =0 , ∀η . Parimenti la funzione V (η, η) = V (η) non ha mini-mo stretto poiche V (0, η) = 0 , ∀η , ma non e mai negativain quanto V (η) ha minimo stretto per ipotesi. Tuttavia lafunzione E(η, η) e nulla soltanto nel punto (η, η) = (0, 0)ed e strettamente positiva in un opportuno intorno di (0, 0)in quanto in tale intorno si verifica uno dei seguenti casi: (i)V = 0 ma T > 0 , (ii) T = 0 ma V > 0 , (iii) T > 0 eV > 0 . In definitiva E(η, η) ha minimo stretto in (0, 0) .

Sia ε un’arbitraria quantita tale che l’insieme Uε = (η, η) :|ηk| < ε, |η| < ε sia contenuto nell’intorno di (0, 0) in cuisi sente il minimo stretto di E . Siccome la frontiera di Uε

e un insieme chiuso e limitato, per il teorema di Weierstrassla funzione E(η, η) ammette su tale insieme un punto diminimo assoluto. Denotiamo il valore del minimo assolutocon il simbolo Emin . Poiche il punto di minimo appartieneall’insieme in cui si sente il minimo, risulta necessariamenteEmin > 0 .

Scegliamo la quantita δ in modo tale che per tutti i punti(η, η) ∈ Uδ = (η, η) : |ηk| < δ, |ηk| < δ risulti E(η, η) <Emin . Cio e possibile perche la presenza del minimo strettoimplica l’esistenza di un intorno di (0, 0) in cui la funzioneE(η, η) e strettamente crescente. Pertanto, comunque si

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Meccanica analitica 203

scelgano i dati iniziali nell’insieme definito da δ , l’energiainiziale E0 risulta essere minore di Emin ; siccome per ipote-si l’energia meccanica totale si conserva durante il moto, perogni istante t il punto (η, η) deve appartenere all’insiemeUε in quanto per uscire da tale insieme l’energia E deveassumere valori non inferiori a Emin .

La presenza di forze giroscopiche non altera la dimostrazionein quanto l’energia E continua a conservarsi. Le forze dissi-pative, invece, implicano che E sia una funzione decrescentedi t e percio il risultato vale a maggior ragione.

• Estensione del teorema di Lagrange-Dirichlet a si-stemi con vincoli mobili. Come gia osservato, la carat-terizzazione teorica dell’equilibrio per sistemi olonomi con-servativi a vincoli mobili (equilibrio relativo) puo essere ef-fettuata nell’ipotesi restrittiva ∂L/∂t = 0 . In tale ipotesiil teorema di Lagrange-Dirichlet vale inalterato pur di so-stituire all’energia potenziale V la quantita V − T0 , comegia suggerito dalla condizione per l’equilibrio relativo. Si notiche la conservazione dell’energia meccanica totale e sostituitadall’integrale di Jacobi, secondo cui si conserva l’hamiltonia-na H = T2 + (V − T0) . Precisamente sussiste il seguenteteorema.

Dato un sistema olonomo conservativo a vincoli mobili, taleche ∂L/∂t = 0 , condizione sufficiente per la stabilita del-

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204 F. Bampi & C. Zordan

l’equilibrio relativo e che le configurazioni di equilibrio re-lativo corrispondano ad un minimo stretto della funzioneV − T0 .

Questo risultato si giustifica sulla base della seguente con-siderazione. In coerenza con le equazioni di Lagrange, altermine T1 , necessariamente assente quando i vincoli sonofissi, si puo far corrispondere una forza generalizzata Q

(1)k

definita mediante la formula

−Q(1)k =

d

dt

∂T1

∂qk− ∂T1

∂qk.

Siccome T1 = ar qr , svolgendo i calcoli esplicitamente risulta

−Q(1)k =

(∂ak

∂qr− ∂ar

∂qk

)qr.

E fondamentale osservare che la forza Q(1)k e giroscopica,

ossiaQ

(1)k qk = 0.

Infatti risulta −Q(1)k qk = (∂ak/∂qr)qr qk − (∂ar/∂qk)qr qk =

0 in quanto i due addendi sono uguali come si verifica subitochiamando, nel secondo addendo, k l’indice r ed r l’indicek .

Da questo punto di vista, le equazioni di Lagrange relative aL = T2 +T1 +T0−V coincidono con quelle che si deduconodalla lagrangiana fittizia L∗ = T2−(V−T0) in presenza dellaforza non conservativa Q

(1)k . Pertanto T2 gioca il ruolo di

energia cinetica relativa, V − T0 quello di energia poten-ziale relativa, mentre T1 e tenuto in conto mediante la forzagiroscopica Q

(1)k . Abbiamo cosı riprodotto uno schema per

il quale la dimostrazione del teorema di Lagrange-Dirichletvale inalterata pur di sostituire V con V − T0 .

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Meccanica analitica 205

• Teorema di Liapounov. Si denoti con C la matrice Hes-siana dell’energia potenziale calcolata nella configurazione diequilibrio qk = q0k , ossia

C = (ckh), ckh =∂2V

∂qk∂qh

∣∣∣∣0

.

Se l’energia potenziale V di un sistema olonomo conser-vativo a vincoli fissi non ha un minimo stretto nella con-figurazione di equilibrio qk = q0k e se detC 6= 0 , alloral’equilibrio in tale configurazione e instabile.

Per la dimostrazione si rimanda a un paragrafo successivo.

• Sistemi a un grado di liberta. Se un sistema olonomoconservativo a vincoli fissi ha un grado di liberta, alloral’equilibrio e instabile in quelle configurazioni in cui V hamassimo stretto oppure un flesso orizzontale e nei tratti incui V e costante. Infatti, se V e costante si ha equilibrioindifferente e quindi instabilita; negli altri due casi la forzageneralizzata Q = −dV/dq assume anche valori per i qualiessa ha carattere repulsivo, rendendo instabile l’equilibrio.

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206 F. Bampi & C. Zordan

Piccole oscillazioni• Impostazione del problema. Dalla definizione di stabili-

ta dell’equilibrio discende che se la configurazione iniziale sidiscosta “di poco” dalla configurazione di equilibrio stabilee se le velocita iniziali sono “piccole”, allora il sistema simuove con “piccole” velocita restando in un intorno dellaconfigurazione di equilibrio stabile.

Il problema delle piccole oscillazioni e quello di analizzaretale moto tenendo esplicitamente conto che gli scostamentie le velocita sono “piccole”. In modo matematicamentepreciso, cio si realizza approssimando al primo ordine leequazioni di Lagrange. Nell’ipotesi di regolarita della la-grangiana, risulta una procedura efficiente sviluppare al se-condo ordine la lagrangiana e quindi scrivere le corrispon-denti equazioni di Lagrange.

• Approssimazione quadratica della lagrangiana L .Sia ηk = 0 una configurazione di equilibrio stabile per unsistema olonomo conservativo a vincoli fissi. Sviluppiamol’energia potenziale in serie attorno a ηk = 0 , si ha

V = V (0) +∂V

∂qk

∣∣∣∣0

ηk +12

∂2V

∂qk∂qh

∣∣∣∣0

ηkηh +O(η3).

Siccome l’energia potenziale e definita a meno di una costan-te non e restrittivo porre V (0) = 0 ; inoltre, dalle equazionidi equilibrio segue che ∂V/∂qk|0 = 0 . In definitiva

V = 12ckhηkηh,

dove la barra denota la quantita approssimata al secondoordine. Per cio che riguarda l’energia cinetica T , bisognasviluppare in serie le quantita akh(q) , si trova

T = T2 =12akh(0)ηkηh +O(ηη2).

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Meccanica analitica 207

Con un abuso di notazione indichiamo con lo stesso sim-bolo akh le quantita akh(q) valutate nella configurazionedi equilibrio stabile; quindi abbiamo

T = 12akhηkηh.

L’espressione della lagrangiana approssimata al secondo or-dine e

L = T − V = 12akhηkηh − 1

2ckhηkηh,

dove le quantita akh e ckh sono costanti.

• Equazione secolare. Ricordando che ∂T /∂ηk = pk =akhηh , e che analogamente ∂V /∂ηk = ckhηh , le equazionidi Lagrange per il problema delle piccole oscillazioni sono leequazioni lineari a coefficienti costanti

akhηh + ckhηh = 0, k = 1, . . . , n.

Cerchiamo pertanto soluzioni del tipo ηk = uk sin(ωt+ α) ,con uk , ω e α quantita costanti. Poiche risulta ηk =−ω2uk sin(ωt+ α) , sostituendo nelle equazioni di Lagrangee osservando che la funzione sin(ωt+α) non e identicamentenulla, si ottiene il sistema algebrico lineare

(ckh − λakh)uh = 0, λ = ω2,

nelle incognite uh . Essendo questo sistema omogeneo, essoha soluzioni non banali se e solo se vale la relazione

det(ckh − λakh) = 0,

nota come equazione secolare. Quest’ultima e un’equazionealgebrica di grado n nell’incognita λ le cui soluzioni sonodette autovalori del problema delle piccole oscillazioni. Len -ple u = (u1 · · · un ) , soluzioni del sistema algebrico

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(ckh − λakh)uh = 0 , con λ autovalore fissato, sono detteautovettori associati all’autovalore λ .

• Richiami sulle forme quadratiche. Siano gij i coef-ficienti di una forma quadratica. Denotando con l’asteriscoil complesso coniugato di una quantita, valgono le seguentiimplicazioni

(i) gij ∈ IR =⇒ gijuiu∗j ∈ IR ;

(ii) gij definita positiva =⇒ gijuiu∗j ≥ 0 , l’eguaglianza

valendo se e solo se ui = 0 .

Dim. Notiamo preliminarmente che non e restrittivo as-sumere che la matrice (gij) sia simmetrica in quanto i coef-ficienti della forma sono gli elementi della sola parte sim-metrica di (gij) . Infatti, si consideri l’espressione dellaforma quadratica Q = gijuiuj ; chiamando j l’indice i echiamando i l’indice j si ha Q = gjiujui da cui seguegijuiuj = gjiuiuj . Siccome risulta A = B = 1

2 (A + B) , siconclude che Q = 1

2 (gij + gji)uiuj secondo cui soltanto laparte simmetrica 1

2 (gij + gji) compare in Q .

(i) Sia ui = vi + iwi con vi e wi quantita reali. Si haQ = gij(vi + iwi)(vj − iwj) = gijvivj +gijwiwj + i(gijwivj −gijviwj) . Poiche gij = gji si ha gijwivj = gjiwjvi =gijviwj e quindi

Q = gijvivj + gijwiwj .

Banalmente Q ∈ IR .

(ii) Nell’ipotesi che (gij) sia definita positiva, il secondomembro della precedente relazione e sempre positivo esclusoil caso in cui vi = wi = 0 =⇒ ui = 0 .

• Proprieta degli autovalori. Poiche l’equazione seco-lare e un’equazione algebrica di grado n , il teorema fonda-mentale dell’algebra garantisce che l’equazione secolare am-mette n soluzioni nel piano complesso purche ogni soluzione

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Meccanica analitica 209

sia contata un numero di volte pari alla sua molteplicita.Per completezza, ricordiamo che la radice λ ha molteplicitam se, oltre ad annullare l’equazione secolare, annulla anchetutte le sue derivate fino all’ordine m − 1 , ma non annullala derivata di ordine m .

Nel caso delle piccole oscillazioni sussiste il seguente risul-tato: gli autovalori λ sono reali e, se C e definita positiva,sono positivi.

Dim. Sia λ un autovalore e u un autovettore associato.Moltiplicando la relazione ckhuh − λakhuh = 0 per il com-plesso coniugato di u si ottiene ckhuhu

∗k − λakhuhu

∗k = 0 ,

da cui λ = ckhuhu∗k/akhuhu

∗k . In virtu delle proprieta delle

forme quadratiche appena illustrate, questa relazione sta-bilisce l’asserto.

Infine enunciamo, senza dimostrazione, la seguente proprie-ta: se l’autovalore λ ha molteplicita m , allora esistono esat-tamente m autovettori linearmente indipendenti associatiall’autovalore λ .

• Soluzione del problema delle piccole oscillazioni.Gli n autovalori reali e positivi λ(k) si calcolano risol-vendo l’equazione secolare. Sostituendo gli autovalori trovatinel sistema lineare (ckh − λ(p)akh)u(p)

h = 0 , si ricavano nautovettori u(p) linearmente indipendenti. A causa dellalinearita delle equazioni di Lagrange l’integrale generale siscrive come combinazione lineare delle n soluzioni partico-lari ora trovate, ossia

ηk(t) =∑

i

b(i)u(i)k sin(ω(i)t+ α(i)),

dove le 2n quantita b(i) , α(i) si determinano mediante i2n dati iniziali.

• Modi normali. Se risulta b(i) = bδij , con j fissato, allora

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210 F. Bampi & C. Zordan

il moto corrispondente, ossia

ηk(t) = bu(j)k sin(ω(j)t+ α(j))

e detto il j -esimo modo normale di oscillazione.

• Piccole oscillazioni per sistemi con vincoli mobi-li. La trattazione delle piccole oscillazioni attorno a unaconfigurazione di equilibrio stabile puo essere estesa ancheal caso di vincoli mobili nell’ipotesi usuale ∂L/∂t = 0 allaquale va aggiunta l’ulteriore restrizione T1 = 0 . Assuntala validita di queste due ipotesi, tutta la trattazione valeinalterata pur di sostituire l’energia potenziale V con laquantita V − T0 .

• Analisi dei risultati. Pur essendo lineari, le equazionidi Lagrange per le piccole oscillazioni costituiscono un si-stema accoppiato, ossia un sistema differenziale nel qualeogni equazione contiene tutte le incognite. Di conseguenza,anche se i dati iniziali sono differenti da zero per un soloscostamento, in generale a un istante successivo tutti gliscostamenti saranno non nulli. Inoltre la descrizione di cia-scun modo normale coinvolge tutti gli scostamenti. Mostria-mo ora come sia possibile introdurre nuove coordinate, dettecoordinate normali, in termini delle quali le equazioni diLagrange sono disaccoppiate. Inoltre ogni coordinata nor-male descrive un singolo modo normale. Per fare cio e op-portuno adottare una formulazione piu compatta del proble-ma.

• Formulazione operatoriale e matriciale. Si intro-ducano il vettore scostamento η = ( η1 · · · ηn ) e glioperatori A e C individuati dalle matrici A = (akh) eC = (ckh) , rispettivamente. Sia η la matrice colonna asso-ciata al vettore η . Il problema delle piccole oscillazioni puoessere riformulato e riassunto come segue.

− Lagrangiana quadratica: L = 12 η · Aη − 1

2η · Cη ,

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Meccanica analitica 211

ovvero: L = 12 η

TAη − 12η

TCη .

− Equazioni di Lagrange: Aη + Cη = 0 .

− Equazione secolare: det(C − λA) = 0 , λ = ω2 .

− Equazione agli autovettori:(C − λ(p)A)u(p) = 0 .

− Soluzione generale: η =∑

j b(j)u(j) sin(ω(j)t+ α(j)) .

• Condizione di ortonormalita. E sempre possibile sce-gliere gli autovettori u(p) in modo tale che sia soddisfattala condizione di ortonormalita

u(k) · Au(h) = δkh ⇐⇒ (u(k))TAu(h) = δkh.

Per dimostrare cio, si osservi che autovettori associati adautovalori distinti sono automaticamente ortogonali ossia,nell’ipotesi λ(k) 6= λ(h) , risulta u(k) · Au(h) = 0 . Infattidalle relazioni

Cu(k) = λ(k)Au(k), Cu(h) = λ(h)Au(h)

si ottiene

u(h)·Cu(k) = λ(k)u(h)·Au(k), u(k)·Cu(h) = λ(h)u(k)·Au(h).

Quindi, per la simmetria di A e C , sottraendo si ha

(λ(k) − λ(h))u(k) · Au(h) = 0,

da cui, nell’ipotesi λ(k) 6= λ(h) , segue l’asserto.

Infine, si dimostra facilmente che una combinazione linearedi autovettori associati a uno stesso autovalore e un au-tovettore associato a quell’autovalore. Alla luce di questidue risultati, e sempre possibile imporre la condizione diortonormalita scegliendo opportune combinazioni lineari diautovettori associati allo stesso autovalore. Si osservi che

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212 F. Bampi & C. Zordan

le procedure pratiche per imporre la condizione di ortonor-malita sono di fatto le stesse che si usano per la diagonaliz-zazione di una matrice reale e simmetrica (ad es., il processodi ortonormalizzazione di Gram-Schmidt).

• Diagonalizzazione simultanea di A e di C . Intro-dotta la matrice U = (uh

(k)) , la suddetta condizione diortonormalita up

(k)Apquq(h) = δkh si scrive nella forma

UTAU = 1I.

Inoltre, scrivendo l’equazione agli autovettori come segue

ckhu(p)h = λ(p)akhu

(p)h = akhu

(p)h δpqλ

(q)

e introducendo la matrice diagonale

Λ = (δpqλ(q)) = diag(λ(1), . . . , λ(n)),

si ottiene CU = AUΛ da cui moltiplicando a sinistra perUT e usando la condizione di ortonormalita si trova

UTCU = Λ.

In conclusione, la matrice U diagonalizza simultaneamentele matrici A e C .

• Coordinate normali. Siano ξ1, . . . , ξn le coordinate de-finite mediante la relazione

η = Uξ ⇐⇒ ξ = UTAη.

Si trova subito

T = 12 η

TAη = 12 (Uξ)TA(Uξ) = 1

2 ξTUTAUξ = 1

2 ξT ξ ;

V = 12η

TCη = 12 (Uξ)TC(Uξ) = 1

2ξTUTCUξ = 1

2ξT Λξ ;

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Meccanica analitica 213

ovvero

T = 12

∑k

(ξk)2, V = 12

∑k

λ(k)(ξk)2.

Ora, moltiplicando le equazioni di Lagrange AUξ+CUξ = 0a sinistra per UT , si ha UTAUξ + UTCUξ = 0 , ossia

ξ + Λξ = 0 ⇐⇒ ξk + (ω(k))2ξk = 0

secondo cui le equazioni di Lagrange sono state disaccoppia-te. Le coordinate ξ si dicono coordinate normali.

Si noti che se A e C sono gia diagonali allora le η sonoproporzionali alle coordinate normali, in quanto U risultaessere diagonale.

• Dimostrazione del teorema di Liapounov. Se C none definita positiva si hanno due casi.

(i) detC 6= 0 =⇒ ∃k tale che λ(k) < 0 . Posto λ(k) =−(µ(k))2 , la corrispondente equazione di Lagrange diventaξk − (µ(k))2ξk = 0 che, essendo l’equazione dei moti iper-bolici, ammette l’integrale generale ξk(t) = A exp(−µ(k)t)+B exp(µ(k)t) che implica l’instabilita.

(ii) detC = 0 =⇒ ∃k tale che λ(k) = 0 . La corrispon-dente equazione di Lagrange ξk = 0 ammette l’integralegenerale ξ(t) = At+B che implicherebbe l’instabilita. Tut-tavia si danno casi in cui V ha minimo stretto pur es-sendo detC = 0 , come accade, ad esempio, per la funzioneV (x, y) = x8 + y8 nel punto (x, y) = (0, 0) ; il teorema diLagrange-Dirichlet assicura allora la stabilita dell’equilibrio.L’apparente contraddizione si spiega col fatto che, quandodetC = 0 , le equazioni linearizzate di Lagrange non de-scrivono appropriatamente il sistema in quanto i troncamential secondo ordine di T e di V operati nella trattazione sonotroppo spinti.

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Appendice 1

Equazioni differenziali lineari• Equazioni di ordine n . Denotiamo, come d’uso in Mec-

canica, la derivata temporale con un punto sopra la funzione,ossia

x =dx

dt, x =

d2x

dt2, ecc.

Un’equazione differenziale a coefficienti costanti di ordine nnella funzione incognita x = x(t) e un’equazione del tipo

anx(n) + · · ·+ a2x + a1x + a0x = f(t),

dove an, . . . , a2, a1, a0 ∈ IR sono costanti assegnate. Si con-sideri l’equazione omogenea associata

anx(n) + · · ·+ a2x + a1x + a0x = 0.

La soluzione generale xom(t) dell’equazione omogenea as-sociata e una combinazione lineare delle sue n soluzioni li-nearmente indipendenti x1(t), . . . , xn(t) , ovvero

xom(t) = C1x1(t) + · · ·+ Cnxn(t),

con C1, . . . , Cn costanti arbitrarie.

Denotato con xpar(t) un integrale particolare della non omo-genea, l’integrale generale xgen(t) dell’equazione non omo-genea e dato da

xgen(t) = xom(t)+xpar(t) = C1x1(t)+· · ·+Cnxn(t)+xpar(t).

che dipende da n costanti arbitrarie C1, . . . , Cn determi-nabili mediante gli n dati iniziali

x(0) = x0, x(0) = x0, . . . , x(n−1)(0) = x

(n−1)0 .

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282 F. Bampi & C. Zordan

• Equazioni del secondo ordine. Nella Meccanica hannoun ruolo particolarmente significativo le equazioni differen-ziali del secondo ordine perche tale e l’equazione fondamen-tale della Meccanica, ossia l’equazione di Newton F = ma .Nel seguito considereremo, in tutta generalita, un’equazionedifferenziale lineare del secondo ordine a coefficienti costantidella forma

ax + bx + cx = f(t),

con a, b, c ∈ IR .

Soluzioni delle equazionidel secondo ordine

• Soluzione dell’equazione omogenea associata. Con-sideriamo l’equazione omogenea associata

ax + bx + cx = 0.

Cerchiamo soluzioni del tipo x(t) = exp(λt) . Poiche risultax(t) = λ exp(λt) e x(t) = λ2 exp(λt) , sostituendo nell’equa-zione omogenea e semplificando per exp(λt) 6= 0 , si pervieneall’equazione algebrica associata aλ2+bλ+c = 0 . Introdottele soluzioni di questa equazione algebrica di secondo grado

λ1,2 =−b±

√∆

2a, ∆ = b2 − 4ac,

si hanno tre casi.

∆ > 0 . Allora λ1 e λ2 sono numeri reali e distinti; per-tanto la soluzione dell’equazione omogenea e

xom(t) = A exp(λ1t) + B exp(λ2t),

con A e B costanti arbitrarie.

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Equazioni differenziali lineari 283

∆ = 0 . Allora λ1 = λ2 ovvero si hanno due soluzionireali e coincidenti (talvolta si dice che la soluzione λ1 hamolteplicita 2); pertanto la soluzione dell’equazione omoge-nea e

xom(t) = A exp(λ1t) + Bt exp(λ1t),

con A e B costanti arbitrarie.

∆ < 0 . Allora λ1 e λ2 sono due numeri complessi co-niugati. Per ottenere soluzioni reali, occorre far ricorso allaformula di de Moivre secondo cui, invece degli esponenzialicomplessi, si possono utilizzare le funzioni seno e coseno, inaccordo con le relazioni

cos θ =exp(iθ) + exp(−iθ)

2, sin θ =

exp(iθ)− exp(−iθ)2i

.

Posto λ1 = µ + iν , con µ = −b/(2a) e ν =√|∆|/(2a) , la

soluzione dell’equazione omogenea assume la forma

xom(t) = exp(µt)[A cos(νt) + B sin(νt)],

con A e B costanti arbitrarie.

• Soluzione particolare dell’equazione non omoge-nea. In questo caso e ovvio che non si possono dare regolegenerali in quanto la soluzione particolare dipende dalla fun-zione nota f(t) . Tuttavia se la funzione nota e della forma

f(t) = exp(αt)[P (t) cos(βt) + Q(t) sin(βt)],

con P (t) e Q(t) polinomi e α, β ∈ IR , la soluzione parti-colare e della stessa forma avendo cura di sostituire ai duepolinomi altri due polinomi di grado opportuno (in generalemaggiore).

• Soluzione generale dell’equazione differenzialedel secondo ordine. In accordo con quanto detto per le

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284 F. Bampi & C. Zordan

equazioni di ordine n , la soluzione generale delle equazionidifferenziali del secondo ordine ha la forma

xgen(t) = xom(t) + xpar(t).

Ovviamente questa soluzione dipende da 2 costanti arbitrarieche si determinano mediante i due dati iniziali x(0) = x0 ,x(0) = v0 .

• Cenno al caso generale. Nel caso generale di un’equa-zione differenziale di ordine n la procedura e identica: siconsidera l’equazione omogenea associata; si scrive l’equa-zione algebrica associata (di grado n ) facendo corrispon-dere l’ordine di derivazione della funzione incognita con lapotenza del parametro λ ; si risolve l’equazione algebrica;infine ad ogni soluzione reale λ di molteplicita m si fannocorrispondere le m soluzioni

exp(λt), t exp(λt), . . . tm−1 exp(λt),

mentre ad ogni coppia di soluzioni complesse coniugate λ =µ + iν di molteplicita m si fanno corrispondere le 2msoluzioni

exp(µt) cos(νt), t exp(µt) cos(νt), . . . tm−1 exp(µt) cos(νt);exp(µt) sin(νt), t exp(µt) sin(νt), . . . tm−1 exp(µt) sin(νt).

L’integrale generale e una combinazione lineare di tutte le nsoluzioni dell’equazione omogenea piu un integrale partico-lare della non omogenea.

• Esempio: oscillatore armonico unidimensionale. Ilsistema in esame e costituito da un punto materiale P dimassa m che si muove lungo la retta orizzontale r soggettoalla forza di una molla, di costante elastica k , che lo attraeverso il punto fisso O , ossia Fmolla = −k(P −O) .

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Equazioni differenziali lineari 285

Indicata con x la posizione di P rispetto a O , l’equazionedi Newton F = ma fornisce l’equazione differenziale delmoto nella forma mx = −kx . Dividendo per m e ponendoω2 = k/m , si perviene all’equazione dei moti armonici

x + ω2x = 0.

Procediamo seguendo il metodo sopra indicato. Dall’equa-zione algebrica associata λ2 + ω2 = 0 si trova λ = ±iω .Pertanto la soluzione generale ha la forma

x(t) = A cos(ωt) + B sin(ωt).

Per determinare la costanti A e B utilizziamo le condizioniiniziali (generiche) x(0) = x0 e x(0) = v0 . Sostuituendonella soluzione si ottiene subito A = x0 . Infine valutandola derivata

x(t) = −x0ω sin(ωt) + Bω cos(ωt)

per t = 0 si conclude che B = v0/ω . In definitiva lasoluzione dell’equazione dei moti armonici con le assegnatecondizioni iniziali ha la forma

x(t) = x0 cos(ωt) +v0

ωsin(ωt).

Per l’oscillatore armonico smorzato e forzato si veda BBM–probl. 2.2.1–2.2.4.

• Esempio: i moti iperbolici. Si consideri un punto ma-teriale P di massa m soggetto alla forza centrifuga F =mΩ2(P − O) , che e una forza repulsiva proporzionale alladistanza di P dal punto fisso O . Posto x = |P − O| ,l’equazione di Newton F = ma fornisce l’equazione dei motiiperbolici

x− Ω2x = 0.

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286 F. Bampi & C. Zordan

L’equazione algebrica associata λ2 − Ω2 = 0 da λ = ±Ω ;quindi la soluzione generale ha la forma x(t) = A1 exp(Ωt)+B1 exp(−Ωt) . Invece della funzione esponenziale, e piu op-portuno utilizzare le funzioni

coseno iperbolico: coshu =exp(u) + exp(−u)

2,

seno iperbolico: sinhu =exp(u)− exp(−u)

2.

Possiamo allora scegliere l’integrale generale nella forma

x(t) = A cosh(Ωt) + B sinh(Ωt).

Assegnate le condizioni iniziali x(0) = x0 e x(0) = v0 , siottiene subito A = x0 . Valutando la derivata

x(t) = x0Ω sinh(Ωt) + BΩ cosh(Ωt)

per t = 0 si conclude che B = v0/Ω . In definitiva lasoluzione dell’equazione dei moti armonici con le assegnatecondizioni iniziali ha la forma

x(t) = x0 cosh(Ωt) +v0

Ωsinh(Ωt),

che ha la stessa struttura formale (compresa l’espressionedelle due costanti) della soluzione per i moti armonici.