Note del corso di Fisica Matematica

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Corso di laurea in Matematica SAPIENZA Università di Roma Note del corso di Fisica Matematica PAOLO BUTTÀ Dipartimento di Matematica “Guido Castelnuovo” SAPIENZA Università di Roma

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Corso di laurea in Matematica

SAPIENZA Università di Roma

Note del corso di Fisica Matematica

PAOLO BUTTÀ

Dipartimento di Matematica“Guido Castelnuovo”

SAPIENZA Università di Roma

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Indice

Capitolo 1. Aspetti generali 11.1. Introduzione 11.2. Equazioni alle derivate parziali 21.3. Equazioni della fisica matematica 3

Capitolo 2. Trasporto lineare ed equazione di Liouville 72.1. Preliminari 72.2. Equazione del trasporto lineare 82.3. Equazione di Liouville 102.4. Teorema di Liouville 13

Capitolo 3. Equazione della corda vibrante: metodo di D’Alembert 153.1. Considerazioni generali 153.2. Equazione della corda vibrante: derivazione 163.3. Problemi ben posti e metodo dell’energia 253.4. La soluzione di D’Alembert 293.5. La soluzione fondamentale 353.6. Equazione non omogenea: formula di Duhamel 383.7. Simmetrie e metodo delle riflessioni 40

Capitolo 4. Equazione della corda vibrante: metodo di Fourier 454.1. Serie di Fourier 454.2. Il metodo di Fourier 514.3. Esempi di applicazione del metodo di Fourier 564.4. Soluzione degli esercizi 64

Capitolo 5. Equazione delle onde in dimensione d > 1 695.1. Problemi ben posti e questioni di unicità 695.2. Separazione delle variabili per problemi in domini limitati 735.3. Formula di Kirchhoff 755.4. Formula di Poisson 795.5. Sulla velocità di propagazione 81

Capitolo 6. Introduzione alla teoria del potenziale 856.1. Considerazioni generali 85

i

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II INDICE

6.2. Analisi del problema unidimensionale 866.3. Approccio al problema in dimensione maggiore di uno 896.4. Soluzione fondamentale dell’operatore di Laplace 906.5. Formule di Green 926.6. Funzioni armoniche 946.7. Formula integrale di Poisson 996.8. Equazione di Poisson in Rd 1056.9. Equazione di Poisson in domini limitati 1096.10. Formulazione variazionale del problema di Laplace-Dirichlet 1126.11. Soluzione degli esercizi 113

Capitolo 7. Equazione del calore 1177.1. Considerazioni generali 1177.2. Derivazione euristica 1177.3. Problemi ben posti e principio del massimo 1207.4. Soluzione fondamentale 1277.5. Problema di Cauchy globale 1317.6. Risoluzione di problemi con il metodo delle riflessioni 1357.7. Risoluzione di problemi con il metodo di Fourier 1387.8. Derivazione microscopica dell’equazione del calore 142

Bibliografia 147

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CAPITOLO 1

Aspetti generali

1.1. Introduzione

La Matematica rappresenta uno strumento essenziale nella comprensionedel mondo reale, attraverso la costruzione di modelli matematici che permet-tono di fare descrizioni e previsioni sui fenomeni di interesse. In generale, unmodello matematico si basa su leggi generali (quali, ad esempio, la seconda leg-ge della dinamica) e su relazioni costitutive specifiche del sistema in esame (adesempio la legge di Hooke sulle forze elastiche).

Nella costruzione di un modello matematico occorre innanzitutto stabilireil numero di parametri reali indipendenti necessari per descrivere lo stato delsistema. Dopodiché, le leggi generali e le relazioni costitutive potranno esserecodificate in equazioni che legano tra loro questi parametri.

Alcuni fenomeni fisici richiedono un numero finito di tali parametri. L’e-sempio principe è fornito dalla meccanica newtoniana, che descrive il moto dicorpi pesanti, di dimensione trascurabile rispetto alle osservazioni, in terminidi punti materiali liberi di muoversi nello spazio. In questo caso i parametri ne-cessari ad individuare lo stato del sistema sono naturalmente forniti dall’insie-me delle posizioni e velocità dei punti materiali. Inoltre, l’evoluzione di questipunti è governata dalle leggi della dinamica che, per assegnate leggi di forza (adesempio la legge di gravità), si traducono in un sistema di equazioni differenzia-li ordinarie. In effetti, come nel caso newtoniano appena descritto, molti altrimodelli di interesse si scrivono in termini di sistemi di equazioni differenzialiordinarie.

Esiste ora una vasta classe di fenomeni la cui descrizione richiede un nume-ro infinito di parametri reali indipendenti. Un esempio importante è costituitodai modelli della fisica dei mezzi continui, in cui si vuole descrivere il compor-tamento macroscopico della materia, rinunciando al dettaglio microscopico edatomico della stessa. Consideriamo, ad esempio, una mole di gas, costituita daN ∼ 1023 molecole. È inutile ed impossibile seguire il moto delle singole mo-lecole, nello spazio delle fasi R6N di tutte le posizioni e velocità. Viceversa, peruna descrizione macroscopica del gas, possono essere sufficienti poche gran-dezze, quali la densità %(x) ∈ R, la velocità v(x) ∈ R3 e la temperatura T (x) ∈ R

1

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2 ASPETTI GENERALI

di un “volumetto” dx di materia centrato in x ∈ R3. In effetti, sotto opportuneipotesi sullo stato del sistema e sul tipo di misurazioni che si vogliono fare, que-sta descrizione “ridotta” è possibile, nel senso che queste grandezze sono bendefinite (ovvero osservabili) ed i loro valori predicibili attraverso la soluzione diopportune equazioni, che completano la definizione stessa del modello.

Le incognite di queste descrizioni ridotte sono quindi costituite da una opiù funzioni scalari u(x) (spesso dette campi), ovvero un numero infinito di pa-rametri reali (il valore u(x) del campo u in ciascun punto x ∈R3 dello spazio). Seinoltre il valore del campo u è suscettibile di variazioni nel tempo allora esso sa-rà una funzione u = u(x, t ) sia della variabile spaziale x che di quella temporalet .

Più in generale, esistono fenomeni che richiedono direttamente una descri-zione in termini di campi. Si pensi ad esempio alla teoria dell’elettromagneti-smo, in cui le grandezze fisiche osservabili sono il campo elettrico E(x, t ) ∈R3 edil campo magnetico B(x, t ) ∈R3 (dunque sei campi scalari).

Avviene ora che la maggior parte delle leggi generali o fenomenologiche siesprimano attraverso equazioni alle derivate parziali (EDP) che devono esseresoddisfatte dalle funzioni incognite.

1.2. Equazioni alle derivate parziali

Diamo alcune definizioni di base sulle EDP, supponendo per brevità che visia un’unica funzione incognita u(y) delle variabili indipendenti y = (y1, . . . , yn) ∈D, con D dominio aperto di Rn . Una EDP per u di grado k ∈ N è un’equazionedella forma

Φ(y,u(y),Du(y), . . . ,Dk−1u(y),Dk u(y)) = 0 (y ∈D), (1.1)

dove

Φ : D×Rn ×·· ·×Rnk−1 ×Rnk →R

è una funzione assegnata e, per ogni p ∈ N, Dp u(y) indica l’insieme di tutte lederivate parziali di ordine p della funzione u nel punto y . In particolare, iden-tifichiamo Du con il gradiente trasposto (∇u)T e D2u con la matrice hessiana,ovvero

Du(y) =(∂u

∂y1(y) . . .

∂u

∂yn(y)

), D2u(y) =

∂2u

∂y21

(y) · · · ∂2u

∂y1∂yn(y)

.... . .

...∂2u

∂yn∂y1(y) · · · ∂2u

∂y2n

(y)

.

L’equazione (1.1) è detta lineare seΦ è una funzione lineare di u e di tutte le suederivate. È invece detta semilineare se Φ è una funzione lineare delle derivate

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1.3 EQUAZIONI DELLA FISICA MATEMATICA 3

di ordine k con coefficienti che dipendono unicamente dalla variabile indipen-dente y . È infine detta quasilineare se Φ è una funzione lineare delle derivatedi ordine k con coefficienti che possono però dipendere anche da u e dalle suederivate di ordine più basso.

Analogamente al problema di Cauchy per le equazioni differenziali ordina-rie, possiamo chiederci sotto quali condizioni esiste ed è unica la soluzione u(y)di una EDP. È ragionevole supporre che occorra dire qualcosa sul valore di u edelle sue derivate di ordine più basso sulla frontiera ∂D del dominio D, ovve-ro fissare le condizioni al bordo del problema. L’equazione (1.1) con assegnatecondizioni al bordo sarà un problema ben posto se si ha esistenza, unicità ed unaqualche dipendenza continua dai dati al bordo della soluzione.

Ricordiamo che, tranne che nel caso k = 1 e nel caso delle equazioni lineari,non esiste una teoria generale consolidata delle EDP come nel caso delle equa-zioni differenziali ordinarie (l’analogo dei teoremi generali di esistenza ed uni-cità). Sono state invece largamente studiate e comprese specifiche equazioni diparticolare importanza in matematica o altre discipline.

1.3. Equazioni della fisica matematica

In queste note studieremo alcune equazioni fondamentali della fisica ma-tematica e certe generalizzazioni di queste. Precisamente, le equazioni fonda-mentali che analizzeremo sono

(1) l’equazione del trasporto lineare,

∂u

∂t(x, t )+

d∑i=1

∂u

∂xi(x, t )Fi (x, t ) = 0;

(2) l’equazione di Liouville,

∂u

∂t(x, t )+

d∑i=1

∂xi

[u(x, t )Fi (x, t )

]= 0;

(3) l’equazione delle onde,

∂2u

∂t 2 (x, t )− c2d∑

i=1

∂2u

∂x2i

(x, t ) = 0;

(4) le equazioni di Laplace,

d∑i=1

∂2u

∂x2i

(x) = 0

e di Poisson,d∑

i=1

∂2u

∂x2i

(x)+ f (x) = 0;

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4 ASPETTI GENERALI

(5) l’equazione del calore (o della diffusione),

∂u

∂t(x, t )−D

d∑i=1

∂2u

∂x2i

(x, t ) = 0;

dove f (x) ∈ R, F (x, t ) ∈ Rd sono funzioni assegnate delle variabili spaziali x =(x1, . . . , xd ) e della variabile temporale t e c,D sono parametri positivi. Nei casi(3), (4) e (5) considereremo solo i casi di dimensione spaziale d = 1,2,3.

Tutte queste equazioni condividono tra loro due caratteristiche importan-ti: sono lineari e di ordine non superiore al secondo (precisamente sono delsecondo ordine tranne le prime due che sono del prim’ordine).

Ricordiamo brevemente alcuni fatti generali sulle equazioni lineari del se-condo ordine, la cui forma più generale è

n∑i , j=1

Ai , j (y)∂2u

∂yi∂y j(y)+

n∑i=1

Bi (y)∂u

∂yi(y)+C (y)u(y)+ f (y) = 0 (y ∈D), (1.2)

con A(y) ∈Rn×n , B(y) ∈Rn e C (y), f (y) ∈R funzioni assegnate.

L’equazione è detta omogenea se f (y) = 0. Poiché siamo interessati a solu-zioni regolari u ∈C 2(D), l’ordine di derivazione è ininfluente, quindi

n∑i , j=1

Ai , j (y)∂2u

∂yi∂y j(y) =

n∑i , j=1

Ai , j (y)+ A j ,i (y)

2

∂2u

∂yi∂y j(y),

cosicché, senza perdita di generalità, possiamo assumere A(y) = A(y)T , ovve-ro A(y) una matrice simmetrica. Questo significa che A(y) ha autovalori realiper ciascun y ∈ D. Siano n0(y),n+(y),n−(y) il numero di autovalori rispettiva-mente nulli, positivi, negativi di A(y) (contati con la loro molteplicità). Alloral’equazione viene detta

• ellittica (nel punto y) se n+(y) = n oppure n−(y) = n;• iperbolica (nel punto y) se n0(y) = 0 e n+(y)−n−(y) 6= ±n;• parabolica (nel punto y) se n0(y) > 0.

Posto y = (x, t ) ∈ Rd+1 si vede immediatamente con questa notazione che leequazioni delle onde, di Laplace, di Poisson e del calore hanno matrice A diago-nale ed indipendente da y . In particolare, l’equazione delle onde è iperbolica,quelle di Laplace e Poisson sono ellittiche e quella del calore è parabolica.

Concludiamo ricordando una proprietà fondamentale delle EDP lineari, ilcosiddetto principio di sovrapposizione, che sarà alla base della strategia di ri-soluzione delle equazioni lineari che tratteremo. Con riferimento all’equazione(1.2), tale principio (ben noto nel contesto dei sistemi algebrici lineari) affermache combinazioni lineari di soluzioni dell’equazione omogenea ( f = 0) sono an-ch’esse soluzioni. Più in generale, nel caso non omogeneo, se u1(y),u2(y) sono

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1.3 EQUAZIONI DELLA FISICA MATEMATICA 5

soluzioni della medesima equazione (1.2) con eventualmente differenti termi-ni noti, diciamo f1(y), f2(y), allora ogni combinazione lineare u(y) = c1u1(y)+c2u2(y) è soluzione di (1.2) con termine noto f (y) = c1 f1(y)+ c2 f2(y).

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CAPITOLO 2

Trasporto lineare ed equazione di Liouville

2.1. Preliminari

Ricordiamo alcuni fatti dalla teoria delle equazioni differenziali ordinarie.Sia F ∈C k (Rd ×R;Rd ) una funzione vettoriale regolare (k ≥ 1) tale che il proble-ma di Cauchy,

x(t ) = F (x(t ), t ),

x(t0) = x,(2.1)

ammetta soluzione globale nel tempo per ogni dato iniziale (x, t0) ∈ Rd ×R. Nelseguito indicheremo con Φ(x, t0, t ) = Φt ,t0 (x) la soluzione del problema (2.1).La famiglia di trasformazioni Φt ,t0 definisce una famiglia a due parametri didiffeomorfismi (di classe C k ) di Rd in sé, ovvero gode delle seguenti proprietà:

• Φ ∈C k (Rd ×R×R;Rd );• Φt ,t0 :Rd →Rd è un diffeomorfismo C k per ogni t0, t ∈R;• Φt ,t0 =Φt ,s Φs,t0 , Φt0,t0 = Id ∀ t0, s, t ∈R.

Tali proprietà seguono dai teoremi di esistenza, unicità e regolarità rispetto aidati iniziali del problema di Cauchy per sistemi di equazioni differenziali ordi-narie. Inoltre, dalla ovvia relazioneΦt ,t0 Φt0,t =Φt0,t Φt ,t0 = Id e dalla regola diderivazione delle funzioni composte, si ha

(Φt ,t0 )−1 =Φt0,t , (DΦt ,t0 (x))−1 = DΦt0,t (Φt ,t0 (x)) ∀ t0, t ∈R ∀x ∈Rd , (2.2)

dove DΦt ,t0 (x) è la matrice jacobiana della trasformazione,

[DΦt ,t0 (x)]i , j =∂Φ

t ,t0

i

∂x j(x).

Osserviamo infine che nel caso particolare di sistemi autonomi, in cui cioè lafunzione F = F (x) non dipende esplicitamente dal tempo, traslazioni temporalidi soluzioni sono ancora soluzioni. In particolare, posto Φt (x) := Φt ,0(x) si haΦt ,t0 (x) = Φt−t0 (x). La famiglia Φt forma ora un gruppo ad un parametro didiffeomorfismi di Rd in sé, ovvero

• Φ ∈C k (Rd ×R;Rd );• Φt :Rd →Rd è un diffeomorfismo C k per ogni t ∈R;• Φt+s =Φt Φs ∀ s, t ∈R, Φ0 = Id.

7

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8 TRASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI LIOUVILLE

La funzione vettoriale F (x) = ddtΦ

t (x)∣∣∣

t=0è detta generatore del gruppo.

2.2. Equazione del trasporto lineare

Come già osservato in Sezione 1.1, si scrivono in termini di sistemi differen-ziali del tipo (2.1) molti modelli di evoluzione di sistemi fisici con un numero fi-nito di gradi di libertà, nel qual caso i punti dello spazio delle fasi Rd descrivonoi possibili stati del sistema.

Una funzione reale u su Rd , eventualmente dipendente dal tempo, dunqueu = u(x, t ), rappresenta allora il valore di una grandezza (o osservabile) del si-stema quando quest’ultimo si trova nella configurazione x al tempo t . La suaevoluzione nel tempo lungo il moto di dato iniziale (x0, t0) è pertanto fornitadalla funzione composta u(Φt ,t0 (x0), t ). Diremo che u(x, t ) è un integrale primodel sistema (2.1) se

u(Φt ,t0 (x0), t ) = u(x0, t0) ∀ (x0, t0, t ) ∈Rd ×R×R.

TEOREMA 2.1. La funzione u ∈C 1(Rd ×R) è integrale primo del sistema (2.1)se e solo se è soluzione della seguente equazione alle derivate parziali del primoordine,

∂u

∂t(x, t )+∇u(x, t ) ·F (x, t ) = 0, (x, t ) ∈Rd ×R, (2.3)

dove ∇u(x, t ) è il gradiente rispetto alle coordinate cartesiane x della funzione u(U ·V denota il prodotto scalare standard tra i vettori U ,V ∈Rd ).

DIMOSTRAZIONE. Poiché u ∈ C 1(Rd ×R) la condizione di integrale primo èequivalente a richiedere che

d

dtu(Φt ,t0 (x0), t ) = 0 ∀ (x0, t0, t ) ∈Rd ×R×R.

Si ha ora,

d

dtu(Φt ,t0 (x0), t ) = ∂u

∂t(Φt ,t0 (x0), t )+∇u(Φt ,t0 (x0), t ) · d

dtΦt ,t0 (x0)

= ∂u

∂t(Φt ,t0 (x0), t )+∇u(Φt ,t0 (x0), t ) ·F (Φt ,t0 (x0), t ).

(2.4)

Supponiamo che u sia soluzione dell’equazione (2.3). Valutandola nel punto(x, t ) = (Φt ,t0 (x0), t ) deduciamo dalla (2.4) che u è integrale primo. Viceversa, seu è integrale primo, sempre dalla (2.4) segue che

∂u

∂t(Φt ,t0 (x0), t )+∇u(Φt ,t0 (x0), t ) ·F (Φt ,t0 (x0), t ) = 0 ∀ (x0, t0, t ) ∈Rd ×R×R.

Valutando quest’ultima equazione per t = t0, ricordando che Φt0,t0 (x0) = x0 edessendo (x0, t0) arbitrari, deduciamo che u è soluzione dell’equazione (2.3).

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2.2 EQUAZIONE DEL TRASPORTO LINEARE 9

Un’equazione della forma (2.3) viene detta equazione del trasporto linea-re (non consideriamo qui il caso più generale del trasporto non lineare, in cuiF = F (x, t ,u)). La traiettoria Φt ,t0 (x0) è detta curva caratteristica (o semplice-mente caratteristica) uscente da (x0, t0) dell’equazione. Dal teorema precedentesegue che ogni soluzione u è tale che u(Φt ,t0 (x0), t ) = u(x0, t0), ovvero ogni solu-zione è costante lungo le caratteristiche. In particolare, la soluzione del relativoproblema di Cauchy,

∂u

∂t(x, t )+∇u(x, t ) ·F (x, t ) = 0 (x, t ) ∈Rd ×R,

u(x, t0) = u0(x) x ∈Rd ,(2.5)

con u0 ∈C 1(R) è data da u(x, t ) = u0(Φt0,t (x)), ovvero la soluzione in x al tempo tsi ottiene “trasportando” il dato iniziale lungo la caratteristica uscente da (x0, t0),dove x0 =Φt0,t (x).

Notiamo infine che anche il problema di Cauchy non omogeneo,∂u

∂t(x, t )+∇u(x, t ) ·F (x, t ) = f (x, t ) (x, t ) ∈Rd ×R,

u(x, t0) = u0(x) x ∈Rd ,(2.6)

con f ∈C (Rd ×R) assegnata, si risolve in termini delle caratteristiche. Infatti, seu(x, t ) è soluzione di (2.6) la funzione z(s) = u(Φs,t (x), s) ha derivata

z(s) = ∂u

∂s(Φs,t (x), s)+∇u(Φs,t (x), s) ·F (Φs,t (x), s) = f (Φs,t (x), s).

Pertanto

z(t )− z(t0) =∫ t

t0

ds f (Φs,t (x), s).

Ma z(t )−z(t0) = u(x, t )−u0(Φt0,t (x)) e dunque la soluzione del problema (2.6) siscrive

u(x, t ) = u0(Φt0,t (x))+∫ t

t0

ds f (Φs,t (x), s), (2.7)

ovvero (per la linearità dell’equazione) pari alla somma tra la soluzione dell’e-quazione omogenea associata (2.5) di uguale dato iniziale e la soluzione parti-colare della (2.6) di dato iniziale nullo.

OSSERVAZIONE 2.1. Nel caso autonomo (ovvero con F = F (x) e f = f (x)indipendenti dal tempo) la soluzione (2.7) si scrive u(x, t ) = u(x, t − t0), con

u(x, t ) = u0(Φ−t (x))+∫ t

0ds f (Φs−t (x)), (2.8)

doveΦt (x) è il flusso di fase generato da F (x). (Verificare!)

ESEMPIO 2.1. Consideriamo il caso più semplice di un’equazione del tra-sporto lineare omogenea con coefficienti costanti, dunque F (x) = c ∈ Rd . Per

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10 TRASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI LIOUVILLE

O

u0 (x) u0 (x−ct) u(x,t) =

x−ct

x

x

FIGURA 2.1. Esempio di onda viaggiante diretta (c > 0) al tempot > 0: il grafico dell’evoluta u(x, t ) al tempo t del profilo inizialeu0(x) si ottiene traslando di ct verso destra il grafico di u0.

l’Osservazione 2.1 senza perdere di generalità possiamo assumere t0 = 0. Le ca-ratteristiche sono quindi le funzioni lineariΦt ,t0 (x) = x+ct cosicché la soluzionedell’equazione del trasporto di dato iniziale u0 prende la semplicissima formau(x, t ) = u0(x−ct ). Altrimenti detto, la soluzione al tempo t si ottiene “traslandorigidamente” il dato iniziale di |ct | nella direzione e verso del vettore c. La solu-zione u(x, t ) = u0(x − ct ) è quindi un’onda viaggiante che si muove nello spaziocon velocità di propagazione c. Nel caso unidimensionale in cui x,c ∈ R, la fun-zione u0(x − ct ) è detta onda viaggiante diretta se c > 0 ovvero onda viaggianteinversa se c < 0, vedi Figura 2.1.

2.3. Equazione di Liouville

Supponiamo ora assegnata una funzione non negativa ed integrabile ρ(x, t ),che interpretiamo come la densità di massa con la quale una sostanza (ad esem-pio un fluido) è distribuita nello spazio Rd al tempo t . Supponiamo che talesostanza non venga creata o distrutta ma semplicemente trasportata. Suppo-niamo inoltre che esista una funzione vettoriale J (x, t ), detta corrente, tale che ilsuo flusso sia pari al tasso istantaneo di massa che attraversa l’unità di superfi-cie. Altrimenti detto, per una qualsiasi regione limitata V con frontiera regolare∂V , il bilancio sulla variazione della massa ivi contenuta si scrive

d

dt

∫V

dxρ(x, t ) =−∫∂V

dσ(y) J (y, t ) ·ν(y),

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2.3 EQUAZIONE DI LIOUVILLE 11

J(y,t)

(y)

σd (y)V

ν

FIGURA 2.2. La materia che attraversa l’elemento di superficiedσ(y) nell’unità di tempo è pari a dσ(y) J (y, t ) ·ν(y).

essendo dσ(y) la misura di superficie e ν(y) la normale a ∂V in y diretta ester-namente a V , vedi Figura 2.2. D’altra parte,

d

dt

∫V

dxρ(x, t ) =∫

Vdx

∂ρ

∂t(x, t )

e, per il teorema della divergenza,∫∂V

dσ(y) J (y, t ) ·ν(y) =∫

Vdx div J (x, t ),

dove ricordiamo che la divergenza di un campo vettoriale V (x) ∈ Rd scritta incoordinate cartesiane ha la forma

divV (x) =∇·V (x) =d∑

i=1

∂Vi

∂xi(x).

Pertanto, ∫V

dx

[∂ρ

∂t(x, t )+div J (x, t )

]= 0.

Vista l’arbitrarietà nella scelta di V deduciamo che ρ(x, t ) deve risolvere l’equa-zione di continuità

∂ρ

∂t(x, t )+div J (x, t ) = 0, (x, t ) ∈Rd ×R.

Chiaramente questa relazione, che esprime una legge generale (la conservazio-ne di una grandezza fisica), deve essere accompagnata da una qualche relazio-ne costitutiva, propria del sistema specifico in esame, che permetta di legare lafunzione di corrente alla densità. Supponiamo allora che il trasporto di massaavvenga mediante la famiglia di diffeomorfismi Φt ,t0 generati dal sistema diffe-renziale (2.1). In questo caso, poiché la massaρ(x, t )dx contenuta nel volumettodx attorno a x si muove al tempo t con velocità

v(x, t ) = d

dsΦs,t (x)

∣∣∣s=t

= F (x, t ),

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12 TRASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI LIOUVILLE

abbiamo J (x, t ) = ρ(x, t )F (x, t ). Perveniamo pertanto all’equazione di Liouville,

∂ρ

∂t(x, t )+div[ρ(x, t )F (x, t )] = 0, (x, t ) ∈Rd ×R. (2.9)

Vogliamo ora mostrare che la soluzione del relativo problema di Cauchy puòessere espressa mediante le caratteristiche. Osserviamo a tal fine che la massacontenuta nella regione limitata Vt0 diRd al tempo t0 deve essere uguale a quellacontenuta nella regione Vt , evoluta al tempo t di Vt0 , ovvero Vt := Φt ,t0 (Vt0 ) =x ∈ Rd : x =Φt ,t0 (x0), x0 ∈ Vt0 . Pertanto, posto ρ(x, t0) = ρ0(x) e detta Mt (V ) lamassa contenuta al tempo t in un generico dominio V , deve aversi

Mt (Vt ) = Mt0 (Vt0 ) ∀Vt0 ⊂⊂Rd .

D’altra parte, mediante il cambiamento di coordinate x0 =Φt0,t (x), si ha

Mt0 (Vt0 ) =∫

Vt

dxρ0(Φt0,t (x)) |detDΦt0,t (x)|,

dove DΦt0,t (x) è la matrice jacobiana della trasformazione. Se scegliamo oraVt0 = Φt0,t (V ) con V una qualsiasi regione limitata, dalle precedenti due equa-zioni otteniamo che

Mt (V ) =∫

Vdxρ0(Φt0,t (x)) |detDΦt0,t (x)| ∀V ⊂⊂Rd .

Per l’arbitrarietà nella scelta di V concludiamo che la densità è definita per tuttii tempi e vale esattamente

ρ(x, t ) = ρ0(Φt0,t (x)) |detDΦt0,t (x)|. (2.10)

Rimane da calcolare detDΦt0,t (x). Ricordiamo a tal fine che per il teorema diLiouville (che dimostriamo nella prossima sezione) il determinante jacobiano èsoluzione dell’equazione

d

dtdetDΦt ,t0 (x) = divF (Φt ,t0 (x), t )detDΦt ,t0 (x), (2.11)

con detDΦt0,t0 (x) = 1 essendoΦt0,t0 = Id. Pertanto,

detDΦt ,t0 (x) = exp

[∫ t

t0

ds divF (Φs,t0 (x), s)

]∀ t , t0 ∈R.

Sostituendo nella (2.10) abbiamo infine

ρ(x, t ) = ρ0(Φt0,t (x)) exp

[∫ t0

tds divF (Φs,t (x), s)

]= ρ0(Φt0,t (x)) exp

[−

∫ t

t0

ds divF (Φs,t (x), s)

].

Un’ultima osservazione: essendo div(ρF ) =∇ρ ·F +ρdivF , se il campo F è sole-noidale, ovvero divF (x, t ) = 0 per ogni (x, t ) ∈ Rd ×R, allora ρ(x, t ) = ρ0(Φt0,t (x))e l’equazione di Liouville (2.9) coincide con quella del trasporto lineare (2.3).Questo non deve sorprendere, poiché in questo caso detDΦt ,t0 (x) = 1, dunque il

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Page 17: Note del corso di Fisica Matematica

2.4 TEOREMA DI LIOUVILLE 13

flusso conserva il volume, |Vt | = |Vt0 |, e pertanto il trasporto di massa si realizzamantenendo costante la densità lungo le caratteristiche.

OSSERVAZIONE 2.2. L’equazione di Liouville possiede anche la seguente in-terpretazione probabilistica. Supponiamo cheΦt ,t0 (x0) rappresenti l’evoluzionedi un sistema fisico tale che il dato iniziale x0 è noto con una qualche incertez-za. Ad esempio, nel caso di un gas, è praticamente impossibile conoscere conprecisione assoluta l’insieme delle posizioni e velocità di tutte le particelle adun tempo iniziale t0. In molti casi è possibile modellare questa incertezza assu-mendo che lo stato iniziale sia una variabile aleatoria X t0 , a valori in Rd , la cuidistribuzione di probabilità possieda una densità. Supponiamo quindi che esi-sta una funzione integrabileρ0 ≥ 0 con

∫dx0ρ0(x0) = 1 tale che, per ogni insieme

misurabile V ⊂Rd , l’evento X t0 ∈V abbia probabilità

P(X t0 ∈V ) =∫

Vdx0ρ0(x0).

Poiché l’evoluzione è deterministica, l’incertezza nella conoscenza dello statodel sistema al tempo t è ottenuta semplicemente “trasportando” lungo le solu-zioni l’incertezza del dato iniziale. Altrimenti detto, la probabilità che il sistemasi trovi al tempo t nell’insieme V è pari alla probabilità che esso si trovi al tempot0 nell’insieme Φt0,t (V ). Quindi lo stato del sistema al tempo t è anch’esso unavariabile aleatoria, che indichiamo con X t , tale che

P(X t ∈V ) =P(X t0 ∈Φt0,t (V )),

da cui, ripetendo il ragionamento fatto in precedenza,

P(X t ∈V ) =∫

Vdxρ0(Φt0,t (x)) |detDΦt0,t (x)|.

Pertanto la variabile X t possiede densità di probabilità pari alla soluzione ρ(x, t )dell’equazione di Liouville di dato iniziale ρ(·, t0) = ρ0.

2.4. Teorema di Liouville

Per calcolare la derivata temporale del determinante jacobiano osserviamoche, essendo il campo vettoriale F (x, t ) una funzione regolare,

Φt+ε,t (x) = x +εF (x, t )+R(x, t ,ε),

con R(x, t ,ε), ∂R∂x (x, t ,ε) funzioni regolari ed infinitesime di ordine superiore al

primo per ε→ 0. Quindi

DΦt+ε,t (x) = II+εDF (x, t )+o(ε).

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Page 18: Note del corso di Fisica Matematica

14 TRASPORTO LINEARE ED EQUAZIONE DI LIOUVILLE

Notiamo ora che se A ∈ Rd×d è un matrice assegnata, detti λ1, . . . ,λd gli autova-lori di A, si ha

det(II+εA

)= d∏i=1

(1+ελi ) = 1+εd∑

i=1λi +O(ε2) = 1+εTr A+O(ε2),

da cuid

dεdet

(II+εA

)∣∣∣ε=0

= Tr A.

Osservando che TrDF (x, t ) = divF (x, t ) ne segue che

d

dεdetDΦt+ε,t (x)

∣∣∣ε=0

= divF (x, t ). (2.12)

D’altra parte, per la regola di derivazione delle funzioni composte,

detDΦt+ε,t0 (x) = detD(Φt+ε,t Φt ,t0 )(x) = det[DΦt+ε,t (Φt ,t0 (x))DΦt ,t0 (x)

]= detDΦt+ε,t (Φt ,t0 (x))detDΦt ,t0 (x),

cosicchéd

dtdetDΦt ,t0 (x) = d

dεdetDΦt+ε,t0 (x)

∣∣∣ε=0

= d

dεdetDΦt+ε,t (Φt ,t0 (x))

∣∣∣ε=0

detDΦt ,t0 (x)

= divF (Φt ,t0 (x), t )detDΦt ,t0 (x),

avendo applicato la (2.12) nell’ultimo passaggio. La relazione (2.11) è dunquedimostrata.

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Page 19: Note del corso di Fisica Matematica

CAPITOLO 3

Equazione della corda vibrante: metodo di D’Alembert

3.1. Considerazioni generali

In questo capitolo iniziamo lo studio dell’equazione delle onde,

∂2u

∂t 2 (x, t ) = c2∆u(x, t ),

per la funzione reale incognita u = u(x, t ), x ∈Rd , t ∈R, con d = 1,2,3 la dimen-sione spaziale, c > 0 una costante assegnata; infine, ∆ := div∇ è l’operatore diLaplace (o laplaciano) in dimensione d , che in coordinate cartesiane si scrive,per ogni U =U (x) funzione regolare,

∆U (x) = TrD2U (x) =d∑

i=1

∂2U

∂x2i

(x).

Si perviene a tale equazione e sue generalizzazioni studiando diversi fenomenifisici. Ad esempio, la propagazione del campo elettromagnetico nel vuoto, delleonde sonore in un mezzo, ovvero le piccole vibrazioni di una corda, membra-na o solido, attorno ad una posizione di equilibrio, sono governate da questaequazione.

In questo capitolo studiamo l’equazione delle onde nel caso unidimensio-nale d = 1 (detta anche equazione della corda vibrante), in cui essa assume laforma

∂2u

∂t 2 (x, t ) = c2 ∂2u

∂x2 (x, t ) (x, t ) ∈R×R. (3.1)

Per prendere familiarità con le proprietà principali della propagazione ondosa,presentiamo da subito alcune soluzioni particolari. Notiamo che onde viaggian-ti dirette [risp. inverse] con velocità di propagazione c [risp.−c] sufficientementeregolari sono soluzioni dell’equazione (3.1). Più precisamente, funzioni del tipou±(x, t ) = u0(x ∓ ct ) con u0 ∈C 2(R).

Tra le onde viaggianti hanno una particolare importanza le onde armoniche,

u±(x, t ) = A cos(kx ∓ωt +ϕ) A > 0, ϕ ∈ [0,2π).

che rappresentano la propagazione del profilo iniziale u0(x) = A cos(kx+ϕ) convelocità c = ±ω/k. Notiamo che sono funzioni periodiche sia in t che in x, di

15

Page 20: Note del corso di Fisica Matematica

16 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

periodi rispettivamente T = 2π/ω e λ= 2π/k. Il periodo spaziale λ è detto lun-ghezza d’onda e rappresenta la distanza tra due creste successive. Il parametroA viene detto ampiezza d’onda, ω è la frequenza angolare e k il numero d’onda(pari al numero di oscillazioni dell’onda in un tratto spaziale di lunghezza 2π).

Poiché l’equazione delle onde è lineare ed omogenea, una combinazionelineare di soluzioni è anch’essa soluzione. In particolare, possiamo sovrapporredue onde armoniche con velocità opposte ed uguali ampiezza e fase iniziale,ottenendo la nuova soluzione di (3.1),

u(x, t ) = A cos(kx +ωt +ϕ)+ A cos(kx −ωt +ϕ) = 2A cos(kx +ϕ)cos(ωt ),

che rappresenta un’onda armonica stazionaria. In questo caso infatti il profiloiniziale u0(x) = 2A cos(kx +ϕ) non si propaga, ma è modulato in ampiezza neltempo da oscillazioni armoniche: u(x, t ) = u0(x)cos(ωt ).

Gli esempi precedenti mostrano una proprietà generale dell’equazione del-le onde, ovvero come essa possa dar luogo sia a fenomeni di propagazione chedi oscillazione. L’analisi di questo capitolo mette in evidenza i primi, mentre ilprossimo capitolo è dedicato al metodo di Fourier, che meglio si presta a descri-vere i fenomeni oscillatori.

3.2. Equazione della corda vibrante: derivazione

3.2.1. Vibrazioni libere della corda. Prendiamo in considerazione un trat-to di filo AB , omogeneo, perfettamente flessibile e perfettamente elastico, di lun-ghezza naturale L0. Fissato l’estremo A, sottoponiamo l’estremo B ad una forzadi trazione gradualmente crescente da zero fino a giungere ad un valore finaleτ. Perveniamo in tal modo ad uno stato rettilineo di equilibrio nel quale il filoha lunghezza L > L0 dipendente dalla tensione τ, dunque L = φ(τ). La perfettaelasticità implica la reversibilità del fenomeno: diminuendo gradualmente dalvalore τ fino a zero la tensione applicata in B , il filo torna alla lunghezza natu-rale L0, restituendo in questa fase tutto il lavoro ricevuto dalla forza di trazionedurante la prima deformazione. Altrimenti detto, il lavoro eseguito dalla for-za di trazione si accumula nel filo sotto forma di un’energia potenziale elastica,dipendente unicamente dallo stato di deformazione del filo, ovvero U =U (L).

Fissiamo ora uno stato di equilibro (τ,L) e consideriamo tutti gli stati (τ+δτ,L+δL) ad esso prossimi, ottenuti con una variazione (algebrica) infinitesimaδτ della tensione. Per la Legge di Hooke, l’incremento di tensione δτ corrispon-dente all’incremento di lunghezza δL è ad esso proporzionale. Altrimenti det-to, φ′(τ) > 0, cosicché invertendo la relazione L = φ(τ) e sviluppando abbiamoδτ=CδL+O((δL)2) con C =φ′(τ)−1. D’altra parte, per la definizione di U ,

U (L+δL)−U (L) =∫ L+δL

Ld`φ−1(`) = τδL+O((δL)2),

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Page 21: Note del corso di Fisica Matematica

3.2 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: DERIVAZIONE 17

L

M=(x,u(x,t))

u(.,t)

.

.O N=(x,0)

FIGURA 3.1. La configurazione della corda al tempo t è indivi-duata dal profilo u(·, t ) rispetto alla posizione di riposo u(·) ≡0.

essendo φ−1(L) = τ. Pertanto, a meno di infinitesimi di ordine superiore al pri-mo in δL, approssimiamo U (L +δL) =U (L)+τδL. Poiché l’energia potenziale èdefinita a meno di una costante additiva, possiamo fissare U (L) = 0 ed attribuirea ciascuno stato di equilibrio (τ+δτ,L+δL) vicino a (τ,L) l’energia elastica

U = τδL.

Estendiamo ora quanto stabilito anche alle condizioni dinamiche, in cui lacorda si trova in uno stato non necessariamente rettilineo e stazionario, ma sem-pre vicino all’equilibrio forzato (τ,L). Tale estensione è giustificata anche dall’i-potesi di perfetta flessibilità: il filo non oppone resistenza ad essere piegato, co-sicché anche in uno stato non rettilineo accumula solo energia potenziale ela-stica. Specifichiamo ora le configurazioni dinamiche, ovvero il tipo di moti, cheprendiamo in esame. Assumiamo innanzitutto che gli estremi della corda sianomantenuti fissi (chiaramente a distanza L). Consideriamo inoltre solo moti pia-ni, trasversali e piccoli della corda. Quindi, se fissiamo un sistema di coordinatecartesiane sul piano del moto in modo tale che la corda all’equilibrio giace sulsegmento [0,L] dell’asse delle ascisse, possiamo affermare che la configurazio-ne della corda rimane individuata da una funzione numerica u(x, t ), x ∈ [0,L],t ∈ R, in modo tale che M = (x,u(x, t )) è il punto geometrico del piano occupa-to al tempo t dal punto fisico della corda che nella configurazione di equilibriosi trova in N = (x,0), vedi Figura 3.1. L’assunzione di piccoli moti si formalizzaaffermando che studiamo i moti per i quali

|u(x, t )|¿ 1,

∣∣∣∣∂u

∂x(x, t )

∣∣∣∣¿ 1,

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Page 22: Note del corso di Fisica Matematica

18 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

mentre la condizione di estremi fissati si riduce semplicemente ad imporre che

u(0, t ) = u(L, t ) = 0 ∀ t ∈R.

Alla configurazione della corda individuata dal profilo u(·, t ) al tempo t associa-mo l’energia potenziale

U [u(·, t )] = τδL = τ∫ L

0dx

√1+

(∂u

∂x

)2

−L

= τ∫ L

0dx

√1+

(∂u

∂x

)2

−1

.

Nell’ipotesi∣∣∣∂u∂x

∣∣∣¿ 1 possiamo trascurare i termini di ordine superiore al secon-

do (usando lo sviluppop

1+a2 = 1+a2/2+O(a4)) ed assumere

U [u(·, t )] = τ

2

∫ L

0dx

(∂u

∂x

)2

.

D’altra parte, se ρ è la densità lineare di massa del filo omogeneo, l’energiacinetica del tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x +dx] è pari a

dT = ρ

2dx

(∂u

∂t

)2

+O((dx)2),

pertanto l’energia cinetica della corda nello stato di moto il cui profilo di velocitàal tempo t è ∂u

∂t (·, t ) si scrive

T[∂u∂t (·, t )

]= ρ

2

∫ L

0dx

(∂u

∂t

)2

.

Quindi la lagrangiana della corda con posizione u(·, t ) e velocità ∂u∂t (·, t ) è

L(u(·, t ), ∂u

∂t (·, t ))=

∫ L

0dx

2

(∂u

∂t

)2

− τ

2

(∂u

∂x

)2].

Possiamo ora costruire il funzionale d’azione del problema. Fissiamo una qual-sivoglia coppia di profili u0,u1 ∈C 1([0,L]) tali che u0(0) = u1(0) = u0(L) = u1(L) =0 ed introduciamo lo spazio X0 di tutte le possibili traiettorie della corda chedurante l’intervallo di tempo [0,T ] connettono questi due profili, ovvero

X0 =u ∈C 2((0,L)× (0,T ))∩C 1([0,L]× [0,T ]) : u(0, t ) = u(L, t ) = 0,

u(x,0) = u0(x), u(x,T ) = u1(x) ∀ (x, t ) ∈ [0,L]× [0,T ].

Il funzionale d’azione A : X0 →R è allora

A [u] =∫ T

0dt L

(u(·, t ), ∂u

∂t (·, t ))=

∫ T

0dt

∫ L

0dx

2

(∂u

∂t

)2

− τ

2

(∂u

∂x

)2].

L’equazione delle vibrazioni trasversali libere della corda è ora derivata dal prin-cipio di Hamilton. Cerchiamo pertanto di caratterizzare le curve che rendono

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Page 23: Note del corso di Fisica Matematica

3.2 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: DERIVAZIONE 19

stazionaria l’azione A sopra definita. La variazione u +εh, ε ∈ R, di u è ancoraun elemento di X0 purché h sia scelta nell’insieme

H0 =h ∈C 2((0,L)× (0,T ))∩C 1([0,L]× [0,T ]) : h(x,0) = h(x,T ) = 0,

h(0, t ) = h(L, t ) = 0 ∀ (x, t ) ∈ [0,L]× [0,T ].

La derivata del funzionale in u ∈ X0, che indichiamo con δuA : H0 → R, sicalcola facilmente,

δuA [h] = d

dεA [u +εh]

∣∣∣ε=0

=∫ T

0dt

∫ L

0dx

[ρ∂u

∂t

∂h

∂t−τ∂u

∂x

∂h

∂x

].

Vogliamo pertanto caratterizzare le u ∈X0 tali che∫ T

0dt

∫ L

0dx

[ρ∂u

∂t

∂h

∂t−τ∂u

∂x

∂h

∂x

]= 0 ∀h ∈ H0.

Utilizzando il teorema di Fubini e quindi integrando per parti rispetto alla varia-bile temporale si ha∫ T

0dt

∫ L

0dx

∂u

∂t

∂h

∂t=

∫ L

0dx

∫ T

0dt

∂u

∂t

∂h

∂t

=∫ L

0dx

[∂u

∂th

]t=T

t=0−

∫ L

0dx

∫ T

0dt

∂2u

∂t 2 h.

(3.2)

Analogamente,∫ T

0dt

∫ L

0dx

∂u

∂x

∂h

∂x=

∫ T

0dt

[∂u

∂xh

]x=L

x=0−

∫ T

0dt

∫ L

0dx

∂2u

∂x2 h. (3.3)

Ma in entrambe le formule precedenti i termini di bordo sono identicamentenulli per le ipotesi su h, cosicché la condizione di stazionarietà diventa∫ T

0dt

∫ L

0dx

(−ρ∂

2u

∂t 2 +τ∂2u

∂x2

)h = 0 ∀h ∈ H0.

Poiché −ρ ∂2u∂t 2 +τ∂2u

∂x2 è una funzione continua, per il lemma fondamentale delcalcolo delle variazioni concludiamo che u ∈ X0 è stazionaria se e solo se èsoluzione dell’equazione

ρ∂2u

∂t 2 (x, t )−τ∂2u

∂x2 (x, t ) = 0.

Le vibrazioni trasversali libere della corda sono pertanto governate dall’equa-zione delle onde omogenea in dimensione uno,

∂2u

∂t 2 (x, t ) = c2 ∂2u

∂x2 (x, t ),

con parametro c =√τ/ρ.

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20 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

L

−T(x,t)

u(x+dx,t)

u(x,t)

T(x+dx,t)

O x x+dx

FIGURA 3.2. Forze di tensione che agiscono sul tratto di cordache insiste sull’intervallo [x, x +dx].

3.2.2. Interpretazione euristica e vibrazioni forzate. L’interpretazione eu-ristica dell’equazione trovata è piuttosto naturale. Infatti possiamo riscriverel’equazione nella forma

ρdx∂2u

∂t 2 (x, t ) = τdx∂2u

∂x2 (x, t ). (3.4)

Il termine a sinistra rappresenta, a meno di infinitesimi O((dx)2), il prodotto del-la massa per l’accelerazione del tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x +dx]. Vogliamo allora riconoscere nel termine di destra la forza, agente sul me-desimo tratto di corda, dovuta alla tensione con il resto della corda. In effettipossiamo pensare che il tratto di corda in esame sia sottoposto alla somma del-la forza di tensione −~T (x, t ), applicata nell’estremo (x,u(x, t )) e dovuta al trattorimanente di corda alla sua sinistra, e della forza di tensione ~T (x +dx, t ), ap-plicata nell’estremo (x +dx,u(x +dx, t )) e dovuta al tratto rimanente di cordaalla sua destra, vedi Figura 3.2. Detto α(x, t ) l’angolo che la direzione tangenteal grafico della corda nel punto (x,u(x, t )) forma con l’asse delle ascisse, poiché

assumiamo∣∣∣∂u∂x

∣∣∣¿ 1 possiamo approssimare, al primo ordine,

sinα(x, t ) ' tanα(x, t ) = ∂u

∂x(x, t ), cosα(x, t ) ' 1.

La tensione ~T (x, t ) in ogni punto (x,u(x, t )) della corda è diretta sempre lun-go la tangente per l’ipotesi di perfetta flessibilità. Inoltre, poiché consideriamovariazioni infinitesime della corda, possiamo assumere che il suo modulo siauguale al valore uniforme all’equilibrio, ovvero |~T (x, t )| = τ. Pertanto ~T (x, t ) ha

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Page 25: Note del corso di Fisica Matematica

3.2 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: DERIVAZIONE 21

componenti

~T (x, t ) = τ(

cosα(x, t )sinα(x, t )

)' τ

1∂u

∂x(x, t )

.

Ne segue che la risultante delle forze di tensione sul tratto di corda ha compo-nenti

~T (x +dx, t )−~T (x, t ) ' τ 0∂u

∂x(x +dx, t )− ∂u

∂x(x, t )

=

0

τdx∂2u

∂x2 (x, t )

+O((dx)2).

Dunque, consistentemente con l’ipotesi di trasversalità del moto, la componen-te orizzontale della risultante delle forze è nulla, mentre la componente vertica-le coincide con il membro di destra dell’Eq. (3.4). L’equazione delle onde nellaforma (3.4) si interpreta pertanto come la proiezione verticale dell’equazione diNewton per il medesimo tratto di corda.

Tale interpretazione conduce ad introdurre anche l’equazione delle vibra-zioni forzate della corda,

ρ∂2u

∂t 2 (x, t )−τ∂2u

∂x2 (x, t ) = F (x, t ),

dove F (x, t ) rappresenta la densità per unità di lunghezza di una possibile forzaesterna agente sulla corda. Come nel caso libero riscriviamo l’equazione nellaforma

∂2u

∂t 2 (x, t ) = c2 ∂2u

∂x2 (x, t )+ f (x, t ), (3.5)

con parametro c = √τ/ρ ed essendo ora f (x, t ) = F (x, t )/ρ la densità per unità

di massa della forza esterna. Si osservi che anche tale equazione può esserededotta dal principio di Hamilton. È sufficiente considerare ora il funzionaled’azione

A [u] =∫ T

0dt

∫ L

0dx

2

(∂u

∂t

)2

− τ

2

(∂u

∂x

)2

+Fu

],

dove il termine −∫ L0 dx Fu è l’energia potenziale associata alla forza F (indipen-

dente da u) agente sulla corda. Il calcolo della derivata δuA : H0 → R si esegueesattamente come in precedenza e la presenza del termine aggiuntivo (linearein u) fornisce ora

δuA [h] =∫ T

0dt

∫ L

0dx

(−ρ∂

2u

∂t 2 +τ∂2u

∂x2 +F

)h.

La condizione di stazionarietà δuA [h] = 0 ∀h ∈ H0 conduce in questo casoall’equazione (3.5) per la curva stazionaria u.

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22 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

L

k1

0k

f0(t)

f1(t)

O

u(x,t)

FIGURA 3.3. Corda vibrante con estremi liberi sottoposti alleforze f0(t )−k0u(0, t ) e f1(t )−k1u(L, t ).

OSSERVAZIONE 3.1. L’equazione della corda vibrante (3.5) è stata dedottaassumendo che gli estremi della corda fossero bloccati nei punti (0,0) e (L,0).Più in generale, possiamo imporre che essi siano vincolati ad eseguire un mototrasversale assegnato, ovvero

u(0, t ) = a(t ), u(L, t ) = b(t ) ∀ t ∈R,

con a(t ),b(t ) funzioni fissate. In questo caso il funzionale d’azione è definitosullo spazio di curve

Xa,b = u ∈C 2((0,L)× (0,T ))∩C 1([0,L]× [0,T ]) : u(0, t ) = a(t ), u(L, t ) = b(t ),

u(x,0) = u0(x), u(x,T ) = u1(x) ∀ (x, t ) ∈ [0,L]× [0,T ].

Nuovamente la variazione u +εh di u ∈ Xa,b appartiene a Xa,b se e solo se h ∈H0, pertanto la condizione di stationarietà per il funzionale d’azione A conducesempre all’equazione (3.5).

3.2.3. Corda con estremi liberi. Supponiamo ora che gli estremi della cor-da non siano vincolati ma liberi di muoversi (sempre trasversalmente). Questiestremi possono allora essere sottoposti a forze di diversa natura. Compatibil-mente con l’approssimazione lineare (rispetto ad u) assumiamo che gli estremidella corda siano sottoposti a due tensioni assegnate f0(t ) e f1(t ) e richiamatidalle posizioni di riposo (0,0) e (L,0) attraverso due molle elastiche di costantik0 e k1 rispettivamente, vedi Figura 3.3. In questo caso l’energia potenziale della

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Page 27: Note del corso di Fisica Matematica

3.2 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: DERIVAZIONE 23

corda nella posizione u(·, t ) al tempo t è

U [u(·, t ), t ] =∫ L

0dx

2

(∂u

∂x

)2

−Fu

]+ k0

2u(0, t )2 + k1

2u(L, t )2

− f0(t )u(0, t )− f1(t )u(L, t ),

e dunque

A [u] =∫ T

0dt

∫ L

0dx

2

(∂u

∂t

)2

− τ

2

(∂u

∂x

)2

+Fu

]− 1

2k0u(0, t )2 − 1

2k1u(L, t )2

+ f0(t )u(0, t )+ f1(t )u(L, t )

.

Inoltre, nessuna condizione è imposta sul valore di u agli estremi, pertanto ilfunzionale deve essere considerato sullo spazio di profili

X = u ∈C 2((0,L)× (0,T ))∩C 1([0,L]× [0,T ]) : u(x,0) = u0(x), u(x,T ) = u1(x)

∀ (x, t ) ∈ [0,L]× [0,T ].

In questo caso la variazione u +εh di u ∈ X appartiene a X se e solo se h ∈ H ,dove

H = h ∈C 2((0,L)× (0,T ))∩C 1([0,L]× [0,T ]) : h(x,0) = h(x,T ) = 0

∀ (x, t ) ∈ [0,L]× [0,T ].

Nel calcolo della derivata di A [u] occorre tener conto sia del contributo dovutoal potenziale elastico delle molle sia del fatto che ora solo i termini di bordo nella(3.2) sono nulli, mentre quelli nella (3.3) permangono. Si ottiene in tal modo,

δuA [h] =∫ T

0dt

∫ L

0dx

(−ρ∂

2u

∂t 2 +τ∂2u

∂x2 +F

)h

−∫ T

0dt

[τ∂u

∂x(L, t )+k1u(L, t )− f1(t )

]h(L, t )

+∫ T

0dt

[τ∂u

∂x(0, t )−k0u(0, t )+ f0(t )

]h(0, t ).

Per l’arbitrarietà nella scelta di h (e quindi anche delle funzioni h(0, t ) e h(L, t )),la condizione di stazionarità impone che u sia soluzione dell’equazione (3.5) eche soddisfi inoltre le condizioni al bordo,

τ∂u

∂x(0, t )−k0u(0, t )+ f0(t ) = 0, τ

∂u

∂x(L, t )+k1u(L, t )− f1(t ) = 0 ∀ t ∈R. (3.6)

In particolare, se nessuna forza agisce sugli estremi della corda,

∂u

∂x(0, t ) = ∂u

∂x(L, t ) = 0,

ovvero la pendenza della corda agli estremi si mantiene orizzontale.

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24 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

3.2.4. Derivazione microscopica dell’equazione della corda vibrante. Vo-gliamo derivare, almeno formalmente, l’equazione delle vibrazioni libere tra-sversali della corda come limite della dinamica di una catena di oscillatori ar-monici quando il loro numero cresce indefinitamente e la loro distanza relativadiventa infinitesima. La catena di oscillatori è così definita. Consideriamo Npunti materiali P j , j = 1, . . . , N , di uguale massa m e vincolati a muoversi su ret-te parallele ed equidistanziate di un piano. Pertanto, in un opportuno sistemadi riferimento cartesiano, le coordinate (x j , y j ) del punto P j sono vincolate adavere ascissa costante x j = j L

N+1 , con L > 0 fissato. Per j = 2, . . . , N −1, il puntoP j è richiamato dai punti P j−1 e P j+1 mediante forze elastiche di uguale costan-te K . Il punto P1 [risp. PN ] è richiamato dal punto P2 [risp. PN−1] e dal puntogeometrico (x0, y0) = (0,0) [risp. (xN+1, yN+1) = (L,0)] mediante forze elastichedella medesima costante K . Il moto y j (t ); j = 1, . . . , N degli oscillatori è quindisoluzione del problema

my j =−K (y j − y j−1)−K (y j − y j+1), j = 1, . . . , N , (y0 = yN+1 = 0).

Vogliamo che tale sistema descriva una corda vibrante di lunghezza a riposo Lcon estremi fissi quando N → ∞, ovvero ε := L

N+1 → 0. Per ottenere questo ènecessario scegliere i parametri m e K dipendenti da ε. Innanzitutto osservia-mo che poiché in un tratto di lunghezza unitaria abbiamo ε−1 oscillatori, perottenere una corda di densità costante ρ occorre scegliere m = ερ. Supponiamoinoltre che y j (t ) sia pari al valore in x j = ε j di un profilo regolare uε(·, t ). Alloral’equazione del moto può essere scritta nella forma

ρ∂2uε∂t 2 ( jε, t ) = ε−1K [uε( jε+ε, t )+uε( jε−ε, t )−2uε( jε, t )].

D’altra parte, se f ∈C 2(R), per lo sviluppo di Taylor fino al secondo ordine si ha

f (x +ε)+ f (x −ε)−2 f (x) = [ f (x +ε)− f (x)]+ [ f (x −ε)− f (x)]

= f ′(x)ε+ 1

2f ′′(x)ε2 − f ′(x)ε+ 1

2f ′′(x)ε2 +o(ε2)

= f ′′(x)ε2 +o(ε2).

Pertanto l’equazione del moto si riscrive nella forma

ρ∂2uε∂t 2 ( jε, t ) = εK

∂2uε∂x2 ( jε, t )+K o(ε).

Scegliendo K = ε−1τ e valutando la precedente relazione per j = [ε−1x] (dove [a]indica la parte intera del numero reale a), otteniamo, per ogni x ∈ [0,L],

ρ∂2uε∂t 2 (x +o(1), t ) = τ∂

2uε∂x2 (x +o(1), t )+o(1),

dove o(1) è un infinitesimo per ε→ 0. Assumendo che la funzione uε(x, t ) con-verga ad una funzione regolare u(x, t ), dalla precedente relazione segue che

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3.3 PROBLEMI BEN POSTI E METODO DELL’ENERGIA 25

quest’ultima funzione deve essere soluzione dell’equazione della corda vibran-te. Vale la pena notare che il fatto che K debba divergere per ε→ 0 era ovvio sindal principio: se solo richiediamo che il profilo finale sia una funzione almenocontinua è necessario che

limε→0

[uε( jε+ε, t )−uε( jε, t )] = limε→0

[y j+1(t )− y j (t )] = 0,

pertanto la forza che attrae tra loro due oscillatori vicini deve necessariamentedivergere.

Il modello microscopico può essere generalizzato inserendo una forza dirichiamo elastico verso la posizione di riposo ed una forzante esterna,

my j =−K (y j − y j−1)−K (y j − y j+1)−K1 y j +F j (t ), j = 1, . . . , N .

Assumendo ora m = ερ, K = ε−1τ, K1 = εγ1 è facile verificare che se F j (t ) =εF ( jε, t ) per qualche funzione regolare F (x, t ) allora il limite continuo della ca-tena di oscillatori è ora descritto dall’equazione delle onde generalizzata

ρ∂2u

∂t 2 (x, t ) = τ∂2u

∂x2 (x, t )−γ1u(x, t )+F (x, t ), (3.7)

dove γ1 è un parametro non negativo. Ovvero, con le posizioni c = √τ/ρ, γ =

γ1/ρ, f (x, t ) = F (x, t )/ρ, otteniamo

∂2u

∂t 2 (x, t ) = c2 ∂2u

∂x2 (x, t )−γu(x, t )+ f (x, t ). (3.8)

OSSERVAZIONE 3.2. L’equazione (3.7) può essere dedotta dal principio varia-zionale considerando anche l’energia potenziale di una forza di richiamo ela-stica verso la posizione di riposo u = 0, distribuita in modo tale che, per ognix ∈ [0,L], il tratto di corda che insiste sull’intervallo [x, x +dx] è soggetto allaforza elastica −γ1u(x, t )dx. L’energia potenziale complessiva è in questo caso

U [u(·, t ), t ] =∫ L

0dx

2

(∂u

∂x

)2

+ γ1

2u2 −Fu

],

che va ora utilizzata per costruire il funzionale d’azione. Inoltre è possibile con-siderare differenti condizioni agli estremi, come discusso nelle precedenti sot-tosezioni per il caso dell’equazione con γ= 0.

3.3. Problemi ben posti e metodo dell’energia

Attraverso il principio variazionale abbiamo caratterizzato il moto della cor-da durante un intervallo di tempo [0,T ] per assegnati profili iniziale e finale, u0

a t = 0 e u1 a t = T . D’altra parte, come nei problemi della meccanica con unnumero finito di gradi di libertà (ad esempio la catena di oscillatori considera-ta nella sezione precedente), anche in questo contesto è più naturale formulareil problema di Cauchy, ovvero determinare il profilo u(·, t ) ad un tempo t > 0,

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26 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

conoscendo lo stato meccanico della corda ad un tempo precedente, diciamot = 0. Essendo un’equazione del secondo ordine rispetto alla variabile tempora-le, tale stato è definito dal profilo della corda e dal suo profilo di velocità. Occorrepertanto fissare i dati iniziali

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x),

con g ,h funzioni note. Ma perché il problema sia ben posto, ovvero u sia uni-vocamente determinata, è necessario anche stabilire cosa avviene agli estremidella corda, ovvero fissare le condizioni al bordo (o al contorno o condizioni li-mite). In particolare, considereremo le seguenti condizioni, che qui formuliamonel caso più generale dell’equazione (3.8).

(1) Problema di Cauchy globale. Supponiamo la corda idealmente di lun-ghezza infinita, dunque senza estremi. Il problema corrispondente èpertanto

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 −γu + f in R×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈R.

(3.9)

(2) Problema di Cauchy-Dirichlet. Supponiamo che gli estremi della cordasiano vincolati ad eseguire un moto trasversale prestabilito, individua-to da due assegnate funzioni reali a(t ),b(t ), vedi l’Osservazione 3.1. Ilproblema corrispondente è pertanto

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 −γu + f in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = a(t ), u(L, t ) = b(t ) per t ≥ 0.

(3.10)

(3) Problema di Cauchy-Neumann. Gli estremi della corda sono sottopostia due tensione assegnate f0(t ) e f1(t ), lasciando incognite le elongazio-ni ai bordi. Otteniamo così il problema

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 −γu + f in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

∂u

∂x(0, t ) =α(t ),

∂u

∂x(L, t ) =β(t ) per t ≥ 0,

(3.11)

con α(t ) =− f0(t )/τ, β(t ) = f1(t )/τ (vedi (3.6) con k0 = k1 = 0).

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Page 31: Note del corso di Fisica Matematica

3.3 PROBLEMI BEN POSTI E METODO DELL’ENERGIA 27

(4) Problema di Cauchy con condizioni periodiche. Gli estremi della cordasono identificati. Dunque consideriamo il problema

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 −γu + f in R×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈R,

u(x, t ) = u(x +L, t ) per x ∈R, t ≥ 0.

(3.12)

Non tratteremo invece il caso delle condizioni miste (o di Robin) definite dalla(3.6) con k0,k1 6= 0.

Le condizioni al bordo dei problemi di Cauchy-Dirichlet e Cauchy-Neumannsono dette omogenee se, rispettivamente, a(t ) = b(t ) = 0 e α(t ) = β(t ) = 0. L’e-quazione delle onde è detta omogenea se la forzante non è presente, ovvero sef (x, t ) = 0.

Rimandando alle prossime sezioni il problema dell’esistenza delle soluzioni,vogliamo qui introdurre un metodo generale per dimostrare l’unicità di queste,noto come metodo dell’energia, applicandolo nei casi (3.10), (3.11), (3.12) in cuiil problema è posto su un intervallo finito.

L’osservazione chiave è notare l’esistenza di un integrale primo dei problemiomogenei con dati al bordo omogenei, ovvero l’esistenza di una funzione delprofilo u(·, t ) e della velocità ∂u

∂t (·, t ) che rimane costante nel tempo se calcolatalungo le soluzioni. Tale integrale è suggerito dalla formulazione lagrangiana delproblema ed è dato dall’energia meccanica totale,

H(u, t ) = T[∂u∂t (·, t )

]+U [u(·, t )] =

∫ L

0dx

2

(∂u

∂t

)2

+ τ

2

(∂u

∂x

)2

+ γ1

2u2

],

ovvero dal funzionale

E(u, t ) = ρ−1H(u, t ) =∫ L

0dx

[1

2

(∂u

∂t

)2

+ c2

2

(∂u

∂x

)2

+ γ

2u2

]. (3.13)

Questo integrale è suggerito anche dalla derivazione microscopica dell’equazio-ne (3.7). Infatti, il sistema di oscillatori senza forzante,

my j =−K (y j − y j−1)−K (y j − y j+1)−K1 y j , j = 1, . . . , N .

ammette l’integrale primo dell’energia meccanica totale

HN =N∑

j=1

m

2y2

j +N∑

j=0

K

2(y j+1 − y j )2 +

N∑j=1

K1

2y2

j ,

che, con le posizioni m = ερ, K = ε−1τ, K1 = εγ1 e y j (t ) = uε( jε, t ) (dove ε =L

N+1 ), si scrive

HN =N∑

j=1ερ

2

(∂u

∂t( jε, t )

)2

+N∑

j=0ετ

2

(uε( jε+ε, t )−uε( jε, t )

ε

)2

+N∑

j=1εγ1

2uε( jε, t )2.

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Page 32: Note del corso di Fisica Matematica

28 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

Nel limite N →∞ (ovvero ε→ 0), se uε(x, t ) converge uniformemente con le suederivate ad una funzione regolare u(x, t ), allora è facile verificare che l’energiaHN converge proprio ad H(u, t ).

TEOREMA 3.1. Sia T > 0, QT = (0,L)× (0,T ) ed u ∈ C 2(QT ) una soluzionedell’equazione omogenea

∂2u

∂t 2 (x, t ) = c2 ∂2u

∂x2 (x, t )−γu(x, t ), (x, t ) ∈QT , (3.14)

con condizioni al bordo di Dirichlet omogenee oppure Neumann omogenee op-pure periodiche. Allora E(u, t ) = E(u,0) per ogni t ∈ [0,T ].

DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo che ddt E(u, t ) = 0 per ogni t ∈ [0,T ]. Dalla

definizione (3.13), usando quindi il teorema di Schwarz e una integrazione perparti, si ha

d

dtE(u, t ) =

∫ L

0dx

[∂u

∂t

∂2u

∂t 2 + c2 ∂u

∂x

∂t

(∂u

∂x

)+γu

∂u

∂t

]=

∫ L

0dx

[∂u

∂t

∂2u

∂t 2 + c2 ∂u

∂x

∂x

(∂u

∂t

)+γu

∂u

∂t

]=

∫ L

0dx

[∂2u

∂t 2 − c2 ∂2u

∂x2 +γu

]∂u

∂t+ c2

[∂u

∂x

∂u

∂t

]x=L

x=0.

Poiché u è soluzione di (3.14) l’ultimo integrale è nullo. I termini di bordo sonoanch’essi nulli nei casi considerati. Infatti nel caso delle condizioni di Dirichletomogenee, essendo u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per ogni t ∈ [0,T ], derivando rispetto altempo otteniamo ∂u

∂t (0, t ) = ∂u∂t (L, t ) = 0. Invece, nel caso di condizioni di Neu-

mann omogenee, è ovviamente ∂u∂x (0, t ) = ∂u

∂x (L, t ) = 0. Infine, nel caso di con-dizioni periodiche, essendo u(x, t ) = u(x +L, t ) per ogni (x, t ) ∈ R× [0,∞), deri-vando rispetto ad x e t otteniamo che anche le derivate parziali ∂u

∂x e ∂u∂t sono

L- periodiche rispetto ad x per ogni t ≥ 0, e pertanto il termine di bordo è nulloanche in questo caso.

Vale la pena osservare che la tesi del teorema precedente sussiste anche se uè soluzione dell’equazione omogenea con condizioni al bordo di Dirichlet nonomogenee purché indipendenti dal tempo, poiché anche in questo caso si ha∂u∂t (0, t ) = ∂u

∂t (L, t ) = 0. Il significato fisico è chiaro: se gli estremi della cordasono tenuti a quote fisse nel tempo, questa non scambia lavoro meccanico conl’esterno e quindi l’energia si conserva.

TEOREMA 3.2. Per ogni T > 0 sia QT = (0,L)× (0,T ). Allora, per fissati datiiniziali e al bordo, esiste al più una soluzione in C 2(QT ) di ciascuno dei problemi(3.10), (3.11) e (3.12).

DIMOSTRAZIONE. Siano u1 ed u2 due soluzioni dello stesso problema conuguali dati iniziali ed uguali condizioni al bordo. Dobbiamo dimostrare che

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3.4 LA SOLUZIONE DI D’ALEMBERT 29

u = u1 −u2 è identicamente nulla su QT . Osserviamo che, per la linearità del-l’equazione, la funzione u è soluzione del problema omogeneo (3.14) con datiiniziali nulli e dati al bordo omogenei (se non periodici). Per il Teorema 3.1 siha pertanto E(u, t ) = E(u,0) per ogni t ∈ [0,T ]. D’altra parte E(u,0) = 0 poichéu(x,0) = 0 e ∂u

∂t (x,0) = 0 per ogni x ∈ [0,L]. Quindi E(u, t ) = 0 per ogni t ∈ [0,T ].

Essendo ora c2 > 0 ed u ∈C 1(QT ), l’integrale che appare nella definizione (3.13)di E(u, t ) è nullo per ogni t ∈ [0,T ] se e solo se le derivate ∂u

∂t e ∂u∂x sono identica-

mente nulle su QT . Quindi u è una funzione costante su QT ; ma u(x,0) = 0 percui concludiamo che u = 0 su QT .

ESERCIZIO 3.1. Si consideri la seguente variante dell’equazione (3.8),

∂2u

∂t 2 (x, t ) = c2 ∂2u

∂x2 (x, t )−γu(x, t )−β∂u

∂t(x, t )+ f (x, t ), (3.15)

con β > 0, in cui il termine aggiuntivo −β∂u∂t rappresenta una forza di attrito

che agisce sulla corda. Stabilire come si modifica il risultato del Teorema 3.1 ededurre da ciò che il risultato di unicità del Teorema 3.2 sussiste anche in questocaso.

3.4. La soluzione di D’Alembert

Studiamo in questa sezione il problema di Cauchy globale (3.9) nel casoomogeneo ( f = 0) e con γ= 0, ovvero

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in R×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈R.

(3.16)

Cerchiamo la soluzione più generale (l’integrale generale) dell’equazione, dopo-diché mostriamo che tale soluzione è univocamente determinata se imponiamoi dati iniziali, ottenendo in tal modo esistenza ed unicità del problema (3.16).

Utilizziamo il cambiamento di coordinateξ= x − ctη= x + ct

⇐⇒

x = ξ+η

2

t = η−ξ2c

e poniamo w(ξ,η) = u(x, t ) ovvero u(x, t ) = w(x − ct , x + ct ) per la funzione re-golare u, cosicché

∂u

∂t= c

[∂w

∂η− ∂w

∂ξ

],

∂u

∂x=

[∂w

∂η+ ∂w

∂ξ

]e quindi

∂2u

∂t 2 = c2[∂2w

∂η2 −2∂2w

∂ξ∂η+ ∂2w

∂ξ2

],

∂2u

∂x2 =[∂2w

∂η2 +2∂2w

∂ξ∂η+ ∂2w

∂ξ2

].

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Page 34: Note del corso di Fisica Matematica

30 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

Pertanto u(x, t ) è soluzione dell’equazione delle onde (3.1) se e solo se w(ξ,η) èsoluzione dell’equazione

∂2w

∂ξ∂η= 0.

Riscrivendo quest’ultima equazione nella forma

∂η

(∂w

∂ξ

)= 0

concludiamo che ∂w∂ξ è funzione della sola ξ, dunque

∂w

∂ξ(ξ,η) = θ(ξ),

da cui, integrando,

w(ξ,η) =∫

dξθ(ξ)+θ2(η),

con θ2(η) una funzione arbitraria di η. Analogamente, il primo termine∫

dξθ(ξ)è una funzione arbitraria di ξ. Denotandolo con θ1(ξ), otteniamo infine

w(ξ,η) = θ1(ξ)+θ2(η),

da cui, tornando alle varabili originarie,

u(x, t ) = θ1(x − ct )+θ2(x + ct ).

Quindi la soluzione più generale dell’equazione delle onde (3.1) si scrive comesovrapposizione di un’onda diretta e di un’onda inversa, entrambe con velo-cità di propagazione di modulo c. Chiaramente, perché u sia effettivamentesoluzione occorre assumere θ1,θ2 ∈C 2(R).

Imponiamo ora le condizioni iniziali per determinare la soluzione del pro-blema (3.16). Deve aversi,

θ1(x)+θ2(x) = g (x), −θ′1(x)+θ′2(x) = 1

ch(x).

Derivando la prima equazione e sommando alla seconda si ha

2θ′2(x) = g ′(x)+ 1

ch(x)

da cui

θ2(x) = 1

2g (x)+ 1

2c

∫ x

0dy h(y)+C1,

con C1 costante arbitraria. Sostituendo nella prima equazione otteniamo

θ1(x) = 1

2g (x)− 1

2c

∫ x

0dy h(y)−C1.

Perveniamo in tal modo alla famosa formula di D’Alembert:

u(x, t ) = g (x − ct )+ g (x + ct )

2+ 1

2c

∫ x+ct

x−ctdy h(y). (3.17)

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Page 35: Note del corso di Fisica Matematica

3.4 LA SOLUZIONE DI D’ALEMBERT 31

t

Cz

O x−ct x+ct z x

(x,t)

FIGURA 3.4. Dominio di dipendenza del punto (x, t ) e cono diinfluenza del punto z.

Chiaramente, se g ∈ C 2(R) ed h ∈ C 1(R) allora la u(x, t ) definisce una soluzio-ne in C 2(R× [0,∞)). Viceversa, ogni soluzione in C 2(R× [0,∞)) deve avere laforma (3.17) con g (x) = u(x,0) e h(x) = ∂u

∂t (x,0). Altrimenti detto, il procedimen-to seguito dimostra l’esistenza ed unicità della soluzione del problema (3.16) inC 2(R× [0,∞)).

OSSERVAZIONE 3.3. Se g ∈ C 2(R) ed h ∈ C 1(R), la soluzione (3.17) è definitasu tutto l’asse reale dei tempi, ovvero u ∈C 2(R2), risolve l’equazione (3.1) suR2 esoddisfa i dati iniziali. Questo è legato ad una proprietà generale dell’equazionedelle onde, (per la natura meccanica del problema), dovuta alla presenza dellasola derivata temporale del secondo ordine, per cui se u(x, t ) è soluzione dell’e-quazione (3.14) per t > 0, allora la funzione v(x, t ) = u(x,−t ) è soluzione dellastessa equazione per t < 0. Quindi, se la soluzione soddisfa l’equazione fino at = 0, allora essa si prolunga automaticamente per tempi negativi e fornisce unasoluzione del problema di Cauchy in tutto un intorno di t = 0.

OSSERVAZIONE 3.4. La formula di D’Alembert ha senso anche con ipotesipiù deboli di regolarità sulle funzioni g ed h. In particolare, questo è il ca-so se g ∈ C (R) ed h è limitata, situazione fisicamente ragionevole (si pensi aduna corda di chitarra inizialmente “pizzicata”). Si parla in tali casi di soluzio-ne generalizzata e non più classica dell’equazione delle onde: sebbene non siadue volte differenziabile si può dimostrare che essa è soluzione di un’opportunaformulazione debole dell’equazione delle onde.

Fissato un punto x ∈ R ed un tempo t > 0, dalla formula di D’Alembert ve-diamo che la soluzione u(x, t ) dipende dal valore di g nei punti x±ct e dal valoredi h nell’intervallo [x − ct , x + ct ], detto dominio di dipendenza del punto (x, t ).Equivalentemente, i valori di g ed h in un punto z ∈R influenzano il valore della

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Page 36: Note del corso di Fisica Matematica

32 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

soluzione u(x, t ) nel cono dello spazio-tempo

Cz := (x, t ) ∈R× [0,∞) : z − ct ≤ x ≤ z + ct ,

detto cono di influenza del punto z, vedi Figura 3.4.

Fissato un punto (x0, t0) ∈ R× [0,∞), le rette di equazione x ± ct = x0 ± ct0

sono dette le caratteristiche del punto (x0, t0), che indichiamo nel seguito conγ±(x0, t0). Le onde viaggianti θ1(x − ct ) e θ2(x + ct ) che costituiscono la solu-zione u(x, t ) sono costanti, rispettivamente, lungo le caratteristiche γ−(x0, t0) eγ+(x0, t0). In particolare, θ1(x−ct ) = θ1(z) lungo γ−(z,0) e θ2(x+ct ) = θ2(z) lun-go γ+(z,0). Dal punto di vista fisico ciò significa che le perturbazioni (vibrazioni)si propagano lungo le caratteristiche con velocità c. Per illustrare meglio questofatto è utile analizzare i seguenti due casi.

(1) L’impulso iniziale è nullo (h = 0), dunque

u(x, t ) = 1

2[g (x − ct )+ g (x + ct )].

Supponiamo inoltre che lo spostamento iniziale g abbia supporto nel-l’intervallo [α1,α2], ovvero che g (x) = 0 per ogni x ∉ [α1,α2].

(2) Lo spostamento iniziale è nullo (g = 0), dunque

u(x, t ) = 1

2c

∫ x+ct

x−ctdy h(y).

Supponiamo inoltre che l’impulso iniziale h abbia supporto nell’inter-vallo [α1,α2], ovvero che h(x) = 0 per ogni x ∉ [α1,α2].

In entrambi i casi eseguiamo la partizione dello spazio-tempoR×[0,∞) nelle seiregioni determinate dalle caratteristiche γ±(α1) e γ±(α2), vedi Figura 3.5. Nelleregioni I, II, III e VI il dominio di dipendenza di (x, t ) ha intersezione non vuotacon [α1,α2] (vedi i punti P, N , M in Figura 3.5); nelle regioni IV e V il dominio didipendenza di (x, t ) ha intersezione vuota con [α1,α2] (vedi il punto Q in Figura3.5). In particolare:

• Se l’impulso iniziale è nullo si ha in generale u(x, t ) 6= 0 nelle regioni I,II e III e u(x, t ) = 0 nelle regioni IV, V e VI.

• Se lo spostamento iniziale è nullo si ha in generale u(x, t ) 6= 0 nelle re-gioni I, II, e III, u(x, t ) = 0 nelle regioni IV e V e u(x, t ) = 1

2c

∫ α2α1

dy h(y)nella regione VI.

Si osservi che se (x, t ) è in una delle regioni IV o V vuol dire che in x al tempot ancora non è arrivata la perturbazione iniziale (trasportata da un’onda diret-ta o inversa). Se invece (x, t ) appartiene alla regione VI vuol dire che in x altempo t la perturbazione iniziale è già passata oltre. Si osservi però la differen-za tra il caso di impulso iniziale nullo (vedi Figura 3.6) e spostamento inizialenullo (vedi Figura 3.7): nel primo caso la corda torna in quiete a u = 0, mentre

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3.4 LA SOLUZIONE DI D’ALEMBERT 33

x

α1x+ct = α2x+ct = α1x−ct = α2x−ct =

t0

α1 α2

II

I

III

IVV

VI

t

M

N

P Q

O

FIGURA 3.5. Partizione dello spazio-tempo R× [0,∞) nelle seiregioni determinate dalle caratteristiche γ±(α1) e γ±(α2). Iltempo t0 è pari a α2−α1

2c .

x

1x+ct = α

2x+ct = α

2x−ct =α

1x−ct =

t > t0

t < t0

t = 0

α1

α2

α

FIGURA 3.6. Evoluzione del profilo d’onda nel caso in cui h = 0e g ha supporto nell’intervallo [α1,α2].

x

α1

x+ct = α2

x+ct = α1

x−ct = α2

x−ct =

t > t0

t < t0

t = 0

α1

α2

FIGURA 3.7. Evoluzione del profilo d’onda nel caso in cui g = 0e h ha supporto nell’intervallo [α1,α2].

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34 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

nel secondo caso torna in quiete ma rimane “sollevata” a u = 12c

∫ α2α1

dy h(y). Inentrambi i casi si tratta della sovrapposizione di un’onda diretta e di un ondainversa, solo che nel primo caso queste onde hanno supporto compatto (sonoentrambe pari a 1

2 g (x)), mentre nel secondo è u(x, t ) =Φ(x+ct )−Φ(x−ct ), conΦ(x) := 1

2c

∫ x0 dy h(y) che non ha supporto compatto.

OSSERVAZIONE 3.5. È possibile avere la propagazione di una sola onda di-retta o inversa per opportuni dati iniziali. Infatti se g ,h sono tali che θ1(x) =12 g (x)− 1

2c

∫ x0 dy h(y) = 0 o θ2(x) = 1

2 g (x)+ 12c

∫ x0 dy h(y) = 0 si avrà, rispettiva-

mente, assenza di onda diretta o assenza di un’onda inversa. Ad esempio, nelcaso (1), fissato t1 > t0 = α2−α1

2c , i dati iniziali

g (x) = 1

2g (x − ct1), h(x) =−c

2g ′(x − ct1)

generano un’onda diretta, mentre i dati

g (x) = 1

2g (x + ct1), h(x) =−c

2g ′(x + ct1)

generano un’onda inversa. Questo fenomeno corrisponde ad una formulazionedel Principio di Huygens che vedremo più avanti nel caso dell’equazione d’ondainR3 (dopo il passaggio del fronte d’onda la soluzione torna in quiete nella posi-zione di equilibrio u = 0). Nel caso unidimensionale qui in esame, la differenzasi ha nel caso h 6= 0, in cui dopo il passaggio del fronte la corda torna in quietema in una posizione in generale diversa da zero.

ESERCIZIO 3.2. Usando la formula di D’Alembert mostrare che la soluzio-ne dipende con continuità dai dati iniziali nel seguente senso. Siano u1,u2 so-luzioni di dati iniziali g1,h1 e g2,h2 rispettivamente. Supponiamo inoltre cheg1, g2,h1,h2 siano funzioni limitate. Allora, per ogni T > 0 esiste C = C (T ) > 0tale che

‖u1(·, t )−u2(·, t )‖∞ ≤C (T )max‖g1 − g2‖∞;‖h1 −h2‖∞ ∀ t ∈ [0,T ],

dove ‖ f ‖∞ = supx∈R

| f (x)| è la norma uniforme della funzione limitata f su R.

ESERCIZIO 3.3. Dimostrare la formula di D’Alembert (3.17) utilizzando i ri-sultati sul trasporto lineare della Sezione 2.2 ragionando nella seguente maniera.Sia u ∈C 2(R×[0,∞)) una soluzione classica del problema (3.16). Sfruttando che,per il teorema di Swartz,

∂2u

∂t 2 − c2 ∂2u

∂x2 =(∂

∂t+ c

∂x

)(∂

∂t− c

∂x

)u.

determinare la funzione

v := ∂u

∂t− c

∂u

∂x,

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3.5 LA SOLUZIONE FONDAMENTALE 35

(in termini di g e h) riconoscendo che essa è soluzione di un opportuno proble-ma di trasporto lineare omogeneo. Determinare quindi la funzione incognita usfruttando il fatto che, per definizione stessa di v , essa è soluzione del seguenteproblema di trasporto lineare non omogeneo,

∂u

∂t− c

∂u

∂x= v in R× [0,∞),

u(x,0) = g (x) per x ∈R.

3.5. La soluzione fondamentale

La soluzione di D’Alembert per generici dati iniziali può esprimersi in termi-ni di una particolare soluzione, detta fondamentale, che corrisponde al proble-ma di Cauchy generalizzato in cui g = 0 ed h è un impulso unitario concentra-to in un singolo punto. Si tratta dell’applicazione nel presente contesto di unastrategia generale per le equazioni lineari, per la quale è sempre possibile espri-mere l’integrale generale come sovrapposizione di soluzioni particolari, dettea seconda dei casi soluzioni fondamentali o funzioni di Green del problema inesame.

Iniziamo con l’osservare che

∂t

1

2c

∫ x+ct

x−ctdy h(y) = h(x + ct )+h(x − ct )

2.

Pertanto, se indichiamo con

Wϕ(x, t ) = 1

2c

∫ x+ct

x−ctdyϕ(y)

la soluzione dell’equazione delle onde per g = 0 ed h =ϕ, allora la funzione∂Wϕ

∂tfornisce la soluzione dell’equazione delle onde per g = ϕ ed h = 0. Dunque lasoluzione generale si scrive nella forma

u(x, t ) =Wh(x, t )+ ∂Wg

∂t(x, t ).

D’altra parte, se introduciamo la funzione di Heaviside,

H (x) =

0 se x < 0,12 se x = 0,

1 se x > 0,

allora, per ogni funzione localmente integrabile ϕ, si ha

Wϕ(x, t ) =∫

dy K (x, y, t )ϕ(y),

dove il nucleo K è definito come

K (x, y, t ) = 1

2c

[H (x − y + ct )−H (x − y − ct )

]———————————————————————————————————–

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36 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

e fornisce la soluzione fondamentale dell’equazione delle onde in d = 1. Laformula di D’Alembert si scrive in termini di K nella forma

u(x, t ) =∫

dy K (x, y, t )h(y)+ ∂

∂t

∫dy K (x, y, t )g (y).

Per capire il significato della soluzione fondamentale, consideriamo la famigliadi funzioni

ϕ(ε)y (x) := 1

[H (x − y +ε)−H (x − y −ε)

]=

(2ε)−1 se y −ε< x < y +ε,

(4ε)−1 se x = y ±ε,

0 se x ∉ [y −ε, y +ε].

Chiaramente,∫dxϕ(ε)

y (x) = 1, limε→0

ϕ(ε)y (x) =

+∞ se x = y,

0 altrimenti.

Inoltre

limε→0

∫ x

−∞dzϕ(ε)

y (z) = limε→0

|(−∞, x]∩ [y −ε, y +ε]|2ε

=H (x − y), (3.18)

cosicché

K (x, y, t ) = limε→0

1

2c

∫ x+ct

x−ctdzϕ(ε)

y (z) = limε→0

Wϕ(ε)y

(x, t )

rappresenta la soluzione relativa ad un impulso concentrato in y al tempo t = 0.

Poiché per ogni funzione continua ψ si ha

limε→0

∫dxϕ(ε)

y (x)ψ(x) =ψ(y),

possiamo introdurre la notazioneδy (x) = limε→0ϕ(ε)y (x), dove la “funzione gene-

ralizzata” δy (x), detta funzione δ di Dirac in x = y , non è una funzione nel sensousuale, ma rappresenta un modo di descrivere il funzionale lineare su C (R) cheassocia alla funzione ψ(x) il suo valore in x = y , mediante la scrittura∫

dxδy (x)ψ(x) =ψ(y),

dove “dxδy (x)” rappresenta una “misura unitaria” concentrata nel punto y , co-sicché l’integrale (cioè la media) di ψ rispetto ad essa è pari a ψ(y). Si pongaattenzione al fatto che la precedente scrittura non deve essere confusa con unusuale integrale di Riemann: in particolare,

1 =∫

dxδy (x) = limε→0

∫dxϕ(ε)

y (x) 6=∫

dx limε→0

ϕ(ε)y (x) = 0,

dove l’ultimo integrale (di Riemann) è nullo poiché abbiamo visto che il limitepuntuale per ε→ 0 di ϕ(ε)

y (x) è una funzione nulla su tutto R tranne che in unpunto.

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Page 41: Note del corso di Fisica Matematica

3.5 LA SOLUZIONE FONDAMENTALE 37

Con questa notazione possiamo pertanto scrivere, in modo conciso, che

K (x, y, t ) = 1

2c

∫ x+ct

x−ctdzδy (z).

OSSERVAZIONE 3.6. La funzione δ di Dirac è un esempio di funzione gene-ralizzata o distribuzione, di cui diamo ora alcune nozioni elementari. Per sem-plicità consideriamo il caso delle distribuzioni su R, la generalizzazione a Rd ècomunque elementare. Si introduce lo spazio delle funzioni test, che indichia-mo con D(R), composto da tutte le funzioni in C∞(R) aventi supporto compatto,dove il supporto di una funzione ψ è, per definizione, la chiusura dell’insiemedove essa è diversa da zero, ovvero

supp(ψ) := x ∈R : ψ(x) 6= 0

Una distribuzione su R è un funzionale lineare J : D(R) →R con la seguente pro-prietà di limitatezza: per ogni compatto K ⊂ R esistono una costante C > 0 edun intero N ≥ 0 tali che

|J (ψ)| ≤C maxk=0,...,N

∥∥∥∥∥dkψ

dxk

∥∥∥∥∥∞ ∀ψ ∈D(R) : supp(ψ) ⊆ K .

Altrimenti detto, per tutte le funzioni test ψ nulle al di fuori di un assegnatocompatto K , il valore di J (ψ) è controllato in termini delle derivate di ψ fino adun certo ordine N . Indichiamo con D′(R) l’insieme delle distribuzioni.

In particolare, osserviamo che ogni funzione localmente integrabile f puòessere considerata una distribuzione, associandole il funzionale J f ∈ D′(R) cosìdefinito,

J f (ψ) :=∫

dx f (x)ψ(x).

In questo caso la proprietà di limitatezza è ovviamente realizzata con N = 0 eC = ∫

K dx | f (x)| per qualsiasi compatto K . Da questa osservazione si comprendela notazione ψ(y) = Jδy (ψ) = ∫

dxδy (x)ψ(x) nell’indicare anche la distribuzio-ne di Dirac, sebbene questa distribuzione non è realizzata da alcuna funzioneordinaria localmente integrabile “δy (x)”.

Poiché se f ha derivata localmente integrabile una integrazione per partimostra che J f ′(ψ) =−J f (ψ′), è naturale estendere tale proprietà nella definizio-ne di derivata di una distribuzione, chiamando derivata di J il funzionale J ′ taleche

J ′(ψ) =−J (ψ′) ∀ψ ∈D(R).

In particolare, la funzione di Heaviside definisce la distribuzione

JH (ψ) =∫ ∞

0dxψ(x),

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Page 42: Note del corso di Fisica Matematica

38 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

e quindi JH (ψ′) =−ψ(0) =−Jδ(ψ), con δ= δ0 la delta di Dirac in y = 0. Pertan-to possiamo affermare in modo sintetico che H ′ = δ, consistentemente con la(3.18) che per y = 0 si legge ∫ x

−∞dzδ(z) =H (x).

Si ponga però attenzione che la scrittura H ′ = δ deve essere comunque intesa“nel senso delle distribuzioni”, ovvero nel senso che J ′

H= Jδ. Viceversa, la fun-

zione di Heaviside ha derivata usuale H ′ = 0 su tutto R \ 0 (in x = 0 dove H

è discontinua non è definita) cosicché il suo integrale di Riemann su (−∞, x] ènullo per ogni x.

3.6. Equazione non omogenea: formula di Duhamel

Vogliamo risolvere il problema di Cauchy globale per l’equazione delle ondenon omogenea, quindi

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 + f in R×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈R.

(3.19)

È sufficiente determinare una soluzione per il caso g = h = 0, dopodiché la so-luzione del problema (3.19) si ottiene aggiungendo la soluzione del problemaomogeneo associato (3.16). Pertanto cerchiamo una soluzione del problema

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 + f in R×R+,

u(x,0) = 0,∂u

∂t(x,0) = 0 per x ∈R.

(3.20)

L’idea euristica del metodo di Duhamel si basa sul principio di sovrapposizio-ne, ottenendo la soluzione cercata come somma di infiniti contributi corrispon-denti alla propagazione libera degli impulsi infinitesimi f (x, s)ds impressi allacorda ai tempi s < t . Per meglio comprendere il metodo conviene approssimaredapprima la forzante con una funzione costante a tratti del tempo,

f (x, s) = ∑j≥0

f (x, s j )χ[s j ,s j+1)(s), s j = j∆s,

dove χA(s) è la funzione indicatrice dell’insieme A e ∆s è un intervallo di tempomolto piccolo. Per il principio di sovrapposizione, la soluzione del problema(3.20) si scrive come somma, u(x, t ) =∑

j≥0 u j (x, t ), con u j (x, t ) soluzione dellostesso problema con forzante f j (x, s) = f (x, s j )χ[s j ,s j+1)(s). Poiché tale forzanteagisce solo nell’intervallo di tempo [s j , s j+1] si ha u j (x, t ) = 0 se (x, t ) ∈R× [0, s j ]e quindi, in particolare,

u j (x, s j ) = ∂u j

∂t(x, s j ) = ∂2u j

∂x2 (x, s j ) = 0 ∀x ∈R.

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3.6 EQUAZIONE NON OMOGENEA: FORMULA DI DUHAMEL 39

Sviluppando nel parametro piccolo ∆s, utilizzando le precedenti identità ed ilfatto che u j è soluzione dell’equazione forzata,

∂u j

∂t(x, s j+1) = ∂u j

∂t(x, s j )+ ∂2u j

∂t 2 (x, s j )∆s +o(∆s)

=[

c2 ∂2u j

∂x2 (x, s j )+ f (x, s j )

]∆s +o(∆s)

= f (x, s j )∆s +o(∆s),

u j (x, s j+1) = u j (x, s j )+ ∂u j

∂t(x, s j )∆s + 1

2

∂2u j

∂t 2 (x, s j )(∆s)2

= 1

2f (x, s j )(∆s)2 +o((∆s)2),

cosicché, a meno di infinitesimi di ordine superiore al primo in ∆s, u j (x, t ) pert > s j+1 è soluzione del problema libero

∂2u j

∂t 2 = c2 ∂2u j

∂x2 in R× (s j+1,∞),

u j (x, s j+1) = 0,∂u j

∂t(x, s j+1) = f (x, s j )∆s per x ∈R.

Ponendo attenzione al fatto che le condizioni iniziali sono ora date al tempos j+1, possiamo quindi affermare che

u j (x, t ) =∫

dy K (x, y, t − s j+1) f (y, s j )∆s +o(∆s) ∀ t > s j+1.

Pertanto, ricordando che u j è nulla per t ≤ s j ,

u(x, t ) = ∑j≥0

u j (x, t ) = ∑j :t>s j

u j (x, t )

= ∑j :t>s j+1

[∫dy K (x, y, t − s j+1) f (y, s j )∆s +o(∆s)

]+O(∆s),

dove il termine O(∆s) esterno alla somma tiene conto del termine u j con indicetale che t ∈ [s j , s j+1) che è stato tolto dalla stessa somma. Nel limite ∆s → 0,otteniamo in tal modo la candidata soluzione del problema (3.20) nella forma

u(x, t ) =∫ t

0ds

∫dy K (x, y, t − s) f (y, s) =

∫ t

0ds w(x, t ; s),

dove

w(x, t ; s) :=∫

dy K (x, y, t − s) f (y, s) = 1

2c

∫ x+c(t−s)

x−c(t−s)dy f (y, s)

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Page 44: Note del corso di Fisica Matematica

40 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

è la propagazione libera di un impulso iniziale f (x, s) impresso al tempo s < t ,ovvero soluzione del seguente problema,

∂2w

∂t 2 = c2 ∂2w

∂x2 in R× (s,∞),

w(x, s) = 0,∂w

∂t(x, s) = f (x, s) per x ∈R.

(3.21)

Dobbiamo ora verificare che u(x, t ) è effettivamente la soluzione cercata. A talscopo occorre fare delle ipotesi di regolarità sulla forzante f , precisamente assu-

miamo che f , ∂ f∂x ∈C (R× [0,∞)), cosicché w(x, t ; s) è soluzione classica del pro-

blema (3.21). Per quanto riguarda le condizioni iniziali, banalmente u(x,0) = 0.Inoltre, essendo w(x, t ; t ) = 0,

∂u

∂t(x, t ) = w(x, t ; t )+

∫ t

0ds

∂tw(x, t ; s) =

∫ t

0ds

∂w

∂t(x, t ; s),

cosicché ∂u∂t (x,0) = 0. Infine,

∂2u

∂t 2 (x, t ) = ∂w

∂t(x, t ; t )+

∫ t

0ds

∂2w

∂t 2 (x, t ; s) = f (x, t )+ c2∫ t

0ds

∂2w

∂x2 (x, t ; s)

= f (x, t )+ c2 ∂2u

∂x2 (x, t ).

Nell’ultimo passaggio abbiamo scambiato le due derivazioni spaziali con l’inte-grale sul tempo, operazione legittimata dalle ipotesi su f che garantiscono unadipendenza continua dal parametro s di w(x, t ; s) e delle sue prime due derivatespaziali.

3.7. Simmetrie e metodo delle riflessioni

Il metodo delle riflessioni permette di determinare la soluzione di alcuniproblemi con condizioni al bordo in termini della soluzione di D’Alembert delproblema globale. Esso si basa sulle seguenti proprietà di simmetria dell’equa-zione delle onde. Sia u(x, t ) = θ1(x − ct )+θ2(x + ct ) una qualunque soluzionedell’equazione delle onde e poniamo

u±(x, t ) =±u(−x, t ), uL(x, t ) = u(x +L, t ) (L ∈R).

Si verifica immediatamente che anche le funzioni u±(x, t ) e uL(x, t ) sono solu-zioni dell’equazione delle onde. Altrimenti detto, la riflessione per parità o di-sparità attorno all’origine e la traslazione di qualsiasi L ∈R sono trasformazioniche portano soluzioni in soluzioni (trasformazioni di questo tipo vengono dettesimmetrie dell’equazione). Supponiamo ora che i dati iniziali siano invariantirispetto a una di queste simmetrie, ovvero che sia verificata una delle seguenti:

1) u(x,0) = u(−x,0), ∂u∂t (x,0) = ∂u

∂t (−x,0) (parità);

2) u(x,0) =−u(−x,0), ∂u∂t (x,0) =−∂u

∂t (−x,0) (disparità);

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Page 45: Note del corso di Fisica Matematica

3.7 SIMMETRIE E METODO DELLE RIFLESSIONI 41

3) u(x,0) = u(x +L,0), ∂u∂t (x,0) = ∂u

∂t (x +L,0) (periodicità di periodo L).

Allora, la soluzione u+ nel caso 1), ovvero u− nel caso 2) ed infine uL nel caso 3)possiede gli stessi dati iniziali della soluzione originaria u e dunque, per l’unicitàdel problema di Cauchy globale, deve con essa coincidere. Ma u = u+, u = u−,u = uL significa rispettivamente che u è pari, dispari, periodica. Abbiamo intal modo dimostrato che le eventuali proprietà di parità, disparità e periodicitàdei dati iniziali rimangono verificate nel tempo dalla soluzione. In particolare,otteniamo da subito che la soluzione del problema di Cauchy con condizioniperiodiche (3.12) è data sempre dalla formula di D’Alembert, provvisto che i datiiniziali g ∈C 2(R) e h ∈C 1(R) siano funzioni L-periodiche.

Vediamo ora come utilizzare le suddette simmetrie nella soluzione dei pro-blemi di Cauchy con dati al bordo omogenei. Consideriamo ad esempio il pro-blema di Cauchy-Dirichlet omogeneo,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

Cerchiamo una soluzione u(x, t ) del problema di Cauchy globale di dati inizialig , h in modo tale che la sua restrizione all’intervallo [0,L] sia soluzione del pro-blema dato. Chiaramente, affinché siano soddisfatti i dati iniziali è necessarioche g , h siano un prolungamento delle funzioni g ,h a tutto l’asse reale R. Lefunzioni g , h devono inoltre essere scelte in modo tale che siano soddisfatte lecondizioni al bordo, pertanto deve aversi

u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0 ∀ t ≥ 0. (3.22)

Notiamo ora che se realizziamo tale prolungamento estendendo le funzioni g ,hdapprima per disparità all’intervallo [−L,L] e quindi per periodicità (di periodo2L) a tutto l’asse reale R, per quanto sopra discusso la soluzione

u(x, t ) = g (x − ct )+ g (x + ct )

2+ 1

2c

∫ x+ct

x−ctdy h(y) (3.23)

è anch’essa una funzione 2L-periodica e dispari della variabile spaziale x. Chia-ramente, affinché tale soluzione sia classica, occorre richiedere che g ∈ C 2(R) eh ∈C 1(R), ovvero che g ∈C 2([0,L]), h ∈C 1([0,L]) ed inoltre

g (0) = g (L) = 0, g ′′(0) = g ′′(L) = 0, h(0) = h(L) = 0.

In queste ipotesi, essendo in particolare u una funzione continua, 2L-periodicae dispari rispetto ad x per ogni t , le condizioni al bordo (3.22) rimangono sod-disfatte. In conclusione, la restrizione di u(x, t ) all’intervallo [0,L] fornisce lasoluzione cercata.

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Page 46: Note del corso di Fisica Matematica

42 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI D’ALEMBERT

M

O P R L Q x

S

t

N

FIGURA 3.8. In metodo delle riflessioni per la corda finita.

Tale metodo di risoluzione è detto metodo delle riflessioni in virtù della se-guente interpretazione sulla propagazione lungo le caratteristiche dei dati ini-ziali. Riscriviamo la soluzione nella forma di sovrapposizione di un’onda direttaed una inversa, dunque u(x, t ) = θ1(x − ct )+θ2(x + ct ) con

θ1(x) = g (x)

2− 1

2c

∫ x

0dy h(y), θ2(x) = g (x)

2+ 1

2c

∫ x

0dy h(y),

che, essendo g , h funzioni dispari e 2L-periodiche, sono tali che

θ1(−x) =−θ2(x), θ2(L+x) =−θ1(L−x) ∀x ∈R. (3.24)

Con riferimento alla Figura 3.8, consideriamo ad esempio i punti M = (x0, t0)nella regione I ed N = (x1, t1) nella regione II. Nel primo caso la soluzione è

u(x0, t0) = θ1(x0 − ct0)+θ2(x0 + ct0), x0 − ct0, x0 + ct0 ∈ [0,L],

cosicché il dominio di dipendenza è contenuto in [0,L] e la presenza del bordonon è “rilevata” in x0 al tempo t0. Nel secondo caso,

u(x1, t1) = θ1(x1 − ct1)+θ2(x1 + ct1), x1 − ct1 ∈ [0,L], x1 + ct1 ∈ [L,2L].

In questo caso il dominio di dipendenza non è contenuto in [0,L] e la presenzadel bordo (nello specifico quello di destra) è “rilevata” in x1 al tempo t1: il valoredi u in N è pari alla sovrapposizione dell’onda diretta che parte dal punto “reale”della corda di ascissa x = x1 − ct1 (il punto P in figura) e dell’onda inversa che

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3.7 SIMMETRIE E METODO DELLE RIFLESSIONI 43

parte dal punto “fittizio” di ascissa x = x1 + ct1 (il punto Q in figura) esterno allacorda. D’altra parte, usando la seconda delle (3.24) si ha

u(x1, t1) = θ1(x1 − ct1)−θ1(2L−x1 − ct1).

Quindi l’onda inversa che parte dal punto fittizio Q può essere sostituita conl’onda diretta proveniente dal punto reale della corda di ascissa x = 2L−x1−ct1

(il punto R in figura), riflessa nell’estremo x = L al tempo t = (x1 + ct1 −L)/c ecambiata di segno.

Più in generale, in ogni punto nella striscia [0,L]×R+ il valore della soluzioneè la sovrapposizione di due onde che hanno subito un certo numero di riflessio-ni ai bordi con un cambiamento di segno ad ogni riflessione (per un numero diriflessioni maggiore di uno, vedi ad esempio il punto S in figura, occorre utiliz-zare anche la periodicità delle funzioni θ1,θ2 e non solo le (3.24) per giungere atale conclusione).

ESERCIZIO 3.4. Utilizzare il metodo delle riflessioni per risolvere il problemadi Cauchy-Neumann omogeneo con dati al bordo omogenei,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

∂u

∂x(0, t ) = 0,

∂u

∂x(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

ESERCIZIO 3.5. Utilizzare il metodo delle riflessioni per risolvere i problemidi Cauchy-Dirichlet e Cauchy-Neumann omogenei con dati al bordo omogeneiper la corda semi-infinita,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in R+×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,∞),u(0, t ) = 0 per t ≥ 0 (Dirichlet).

∂u

∂x(0, t ) = 0 per t ≥ 0 (Neumann).

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Page 48: Note del corso di Fisica Matematica
Page 49: Note del corso di Fisica Matematica

CAPITOLO 4

Equazione della corda vibrante: metodo di Fourier

4.1. Serie di Fourier

La famiglia di funzioni trigonometrichesin

(nπ

Lx)

; n = 1,2, . . .

,

cos(nπ

Lx)

; n = 0,1,2, . . .

(dove per n = 0 si intende la funzione costante uguale ad 1) hanno in comunela proprietà di essere C∞ su R ed ivi 2L-periodiche. Esse godono inoltre delleseguenti importanti proprietà:∫ L

−Ldx sin

(nπ

Lx)

sin

(kπ

Lx

)= Lδn,k ∀n,k ≥ 1,∫ L

−Ldx cos

(nπ

Lx)

cos

(kπ

Lx

)= Lδn,k (1+δn,0) ∀n,k ≥ 0,∫ L

−Ldx sin

(nπ

Lx)

cos

(kπ

Lx

)= 0 ∀n ≥ 1 ∀k ≥ 0,

dove δn,k è la delta di Kronecker, ovvero δn,n = 1 e δn,k = 0 se n 6= k. Notia-mo che se dotiamo lo spazio lineare delle funzioni 2L-periodiche di quadratolocalmente integrabile del prodotto scalare

(u, v) =∫ L

−Ldx u(x)v(x)

allora le precedenti relazioni affermano che le funzioni trigonometriche sonotra loro ortogonali.

Chiaramente, una combinazione lineare di tali funzioni,a0

2+ ∑

n≥1

[an cos

(nπ

Lx)+bn sin

(nπ

Lx)]

,

se composta da un numero finito di termini, oppure se i coefficienti an , bn ten-dono a zero per n →∞ abbastanza rapidamente, definisce ancora una funzio-ne regolare 2L-periodica. La questione non banale e di interesse è il viceversa:se f (x) è una funzione 2L-periodica, essa si può espandere mediante una serietrigonometrica (o serie di Fourier),

f (x) = a0

2+ ∑

n≥1

[an cos

(nπ

Lx)+bn sin

(nπ

Lx)]

, (4.1)

ed i coefficienti an , bn sono individuati in modo univoco?

45

Page 50: Note del corso di Fisica Matematica

46 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

Esistono diversi risultati, che dipendono in particolare da quale tipo di con-vergenza venga richiesta. Siamo qui interessati alla convergenza uniforme, edil principale risultato della sezione è stabilire una condizione sufficiente per ta-le convergenza. Prima di enunciare il risultato, mostriamo come in questo ca-so i coefficienti siano univocamente determinati. Infatti, stante la convergenzauniforme, possiamo moltiplicare ambo i membri della (4.1) per una qualsiasifunzione trigonometrica e quindi integrare la serie termine a termine su [−L,L].Dalle relazioni di ortogonalità si trovano subito i coefficienti dello sviluppo intermini della funzione f . Precisamente,

an = 1

L

∫ L

−Ldx f (x)cos

(nπ

Lx)

, bn = 1

L

∫ L

−Ldx f (x)sin

(nπ

Lx)

(4.2)

(la scelta a0/2 in (4.1) è stata fatta proprio in modo che la precedente espressionedi an sia valida anche per n = 0).

TEOREMA 4.1. Sia f ∈ C 1(R) una funzione 2L-periodica. Sussiste allora losviluppo in serie di funzioni trigonometriche (4.1) con i coefficienti come in (4.2).La serie converge uniformemente ad f su tutto [−L,L]. Inoltre la convergenza ètotale, nel senso che

|a0|2

+ ∑n≥1

(|an |+ |bn |) <∞. (4.3)

È chiaro che la condizione (4.3) implica la convergenza uniforme della se-rie di Fourier. Infatti ciascun termine della serie numerica (4.3) domina il mo-dulo di ciascun termine della serie (4.1), pertanto la convergenza uniforme diquest’ultima segue dai ben noti criteri di convergenza sulle serie di funzioni.

Le ipotesi del Teorema 4.1 possono essere indebolite, ma la sola continuitàdi f non è sufficiente per la convergenza uniforme (esistono controesempi).

Prima di dimostrare il Teorema 4.1 è utile introdurre la seguente forma com-plessa della serie di Fourier, basata sulla formula di Eulero per l’esponenzialecomplessa,

ez = ex (cos y + isin y

), z = x + iy,

che conserva la proprietà notevole dell’esponenziale ez1+z2 = ez1 ez2 .

Nel seguito, se F (x) = F1(x)+iF2(x) è una funzione a valori inC, le operazionidi integrazione, derivazione, etc. vanno intese applicate per linearità alle partireale ed immaginaria di F (ad esempio F ′(x) = F ′

1(x)+ iF ′2(x)). In particolare, si

verifica facilmente ched

dxeλx =λeλx ∀x ∈R, ∀λ ∈C

Utilizzando le ovvie identità,

cos x = eix +e−ix

2, sin x = eix −e−ix

2i, x ∈R,

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Page 51: Note del corso di Fisica Matematica

4.1 SERIE DI FOURIER 47

possiamo riscrivere la serie di Fourier nella forma seguente,

f (x) = a0

2+ ∑

n≥1

[an

2

(ein π

L x +e−in πL x

)− i

bn

2

(ein π

L x −e−in πL x

)]= a0

2+ ∑

n≥1

[an − ibn

2ein π

L x + ian + ibn

2e−in π

L x]

= ∑n∈Z

cn ein πL x ,

avendo definito

c0 = a0

2, cn = an − ibn

2, c−n = cn = an + ibn

2, n ≥ 1.

Dunque la serie di Fourier si riscrive in termini di uno sviluppo mediante il si-stema di funzioni trigonometriche complesse ein π

L x n∈Z. Si verifica immediata-mente che tali funzioni soddisfano la relazione di ortogonalità,∫ L

−Ldx ein π

L x e−ik πL x =

∫ L

−Ldx ei(n−k) πL x = 2Lδn,k , (4.4)

da cui si ricava un’espressione diretta dei coefficienti cn in termini di f ,

cn = 1

2L

∫ L

−Ldx f (x)e−in π

L x , n ∈Z. (4.5)

Il Teorema 4.1 ammette la seguente formulazione equivalente.

TEOREMA 4.2. Sia f ∈ C 1(R) una funzione 2L-periodica ed i coefficienti cn

definiti come in (4.5). Allora

f (x) = ∑n∈Z

cn ein πL x (uniformemente).

Inoltre la convergenza è totale, nel senso che∑n∈Z

|cn | <∞. (4.6)

L’equivalenza tra le due formulazioni è ovvia. Si consideri in particolare che,essendo |c0| = 1

2 |a0| e |cn | = 12

√|an |2 +|bn |2 per n 6= 0, si ha

|an |+ |bn |2p

2≤ |cn | ≤ |an |+ |bn |

2,

cosicché le equazioni (4.3) e (4.6) sono equivalenti.

La dimostrazione del Teorema 4.2 segue da una serie di lemmi e proposizio-ni preliminari.

LEMMA 4.3 (Disuguaglianza di Bessel). Sia f ∈C (R) una funzione 2L-perio-dica. Allora ∑

n∈Z|cn |2 ≤ 1

2L

∫ L

−Ldx f (x)2.

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Page 52: Note del corso di Fisica Matematica

48 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

DIMOSTRAZIONE. Posto SN (x) =N∑

n=−Ncn ein π

L x , si ha:

0 ≤ 1

2L

∫ L

−Ldx

[f (x)−SN (x)

]2 = 1

2L

∫ L

−Ldx f (x)2 −2

N∑n=−N

cn1

2L

∫ L

−Ldx f (x)ein π

L x

+ 1

2L

N∑n=−N

N∑k=−N

cnck

∫ L

−Ldx ein π

L x eik πL x

= 1

2L

∫ L

−Ldx f (x)2 −2

N∑n=−N

cnc−n +N∑

n=−N

N∑k=−N

cnck δn,−k

= 1

2L

∫ L

−Ldx f (x)2 −2

N∑n=−N

|cn |2 +N∑

n=−N|cn |2

= 1

2L

∫ L

−Ldx f (x)2 −

N∑n=−N

|cn |2.

DunqueN∑

n=−N|cn |2 ≤ 1

2L

∫ L

−Ldx f (x)2 ∀N ≥ 1,

che dimostra l’asserto.

COROLLARIO 4.4. Sia f ∈C (R) una funzione 2L-periodica. Allora

|cn | ≤ ‖ f ‖∞, limn→∞cn = 0.

DIMOSTRAZIONE. La stima |cn | ≤ ‖ f ‖∞ segue immediatamente dalla (4.5),mentre il limite segue dalla disuguaglianza di Bessel, poiché i termini di unaserie assolutamente convergente sono infinitesimi.

LEMMA 4.5. Sia f ∈C 1(R) una funzione 2L-periodica. Allora

cn = L

iπnc(1)

n dove c(1)n = 1

2L

∫ L

−Ldx f ′(x)e−in π

L x .

DIMOSTRAZIONE. Integrando per parti, per la periodicità di f ,

c(1)n = 1

2Lf (x)e−in π

L x∣∣∣x=L

x=−L+ inπ

L

1

2L

∫ L

−Ldx f (x)e−in π

L x = iπn

Lcn .

PROPOSIZIONE 4.6. Se f ∈ C 1(R) è una funzione 2L-periodica allora i suoicoefficienti di Fourier soddisfano la (4.6).

DIMOSTRAZIONE. Dal precedente lemma ed usando la stima pq ≤ 12 (p2 +

q2),

|cn | = L

πn

∣∣c(1)n

∣∣≤ L

(1

n2 + ∣∣c(1)n

∣∣2)

.

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Page 53: Note del corso di Fisica Matematica

4.1 SERIE DI FOURIER 49

Ma f ′ ∈ C (R) per cui vale la disuguaglianza di Bessel e dunque il membro didestra è sommabile in n.

Rimane da dimostrare la convergenza puntuale ad f (x) della sua serie diFourier.

PROPOSIZIONE 4.7. Sia f ∈ C (R) una funzione 2L-periodica. Supponiamoche esista la derivata f ′(y) in un punto y ∈R. Allora

f (y) = ∑n∈Z

cn ein πL y .

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo dapprima che y = 0. Definiamo

g (x) = f (x)− f (0)

ei πL x −1.

Si ha g ∈C (R) e 2L-periodica, purché per x = 0,±2L,±4L, . . . le si assegni il valore

limx→0

g (x) = limx→0

f (x)− f (0)

ei πL x −1=− iL

πf ′(0).

In particolare i suoi coefficienti di Fourier cn = 12L

∫ L−Ldx g (x)e−in π

L x tendono azero per n →∞.

D’altra parte, essendo f (x)− f (0) = ei πL x g (x)− g (x),

1

2L

∫ L

−Ldx [ f (x)− f (0)]e−in π

L x = 1

2L

∫ L

−Ldx g (x)e−i(n−1) πL x − 1

2L

∫ L

−Ldx g (x)e−in π

L x ,

ovvero cn − f (0)δn,0 = cn−1 − cn , da cui

N∑n=−N

cn − f (0) =N∑

n=−N(cn−1 − cn) =−cN + c−N−1.

Nel limite N →∞ troviamo

f (0) = ∑n∈Z

cn .

Se invece y 6= 0 allora poniamo ψ(x) = f (x + y). Chiaramente ψ ∈ C (R), è 2L-periodica ed esiste la derivata ψ′(0) = f ′(y). Dunque, per quanto sopra dimo-strato,

f (y) =ψ(0) = ∑n∈Z

cn ,

con

cn = 1

2L

∫ L

−Ldxψ(x)e−in π

L x = 1

2L

∫ L

−Ldx f (x + y)e−in π

L x

= ein πL y 1

2L

∫ L+y

−L+ydx f (x)e−in π

L x = ein πL y cn .

Nell’ultima uguaglianza abbiamo utilizzato il fatto che se ϕ è una funzione 2L-

periodica localmente integrabile allora∫ L+y−L+y dxϕ(x) = ∫ L

−Ldxϕ(x) per ogni y ∈R. Dunque f (y) =∑

n∈Z cn ein πL y , il che dimostra la proposizione.

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50 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

Il Teorema 4.2 è ora immediata conseguenza delle Proposizioni 4.6 e 4.7.Conseguenza di questo teorema e del Lemma 4.5 è il seguente teorema.

TEOREMA 4.8. Sia f ∈C k (R) una funzione 2L-periodica, k ≥ 1. Allora

f (r )(x) = ∑n∈Z

(iπn

L

)r

cn ein πL x (uniformemente) ∀r ≤ k −1.

Inoltre, ∑n∈Z

|n|k−1|cn | <∞.

DIMOSTRAZIONE. Fissato r ≤ k−1, indichiamo con c(r ) i coefficienti di Fou-rier della derivata f (r ). Dunque, applicando ricorsivamente il Lemma 4.5,

cn =(

L

iπn

)r

c(r )n ⇐⇒ c(r )

n =(

iπn

L

)r

cn .

Ma essendo f (r ) ∈ C 1(R) si applica il Teorema 4.2. Pertanto vale la convergenzauniforme della serie di Fourier. Infine, per la convergenza totale di tale serie nelcaso r = k −1, ∑

n∈Znk−1|cn | =

(L

π

)k−1 ∑n∈Z

∣∣∣c(k−1)n

∣∣∣<∞.

OSSERVAZIONE 4.1. Ovviamente un’analoga affermazione vale nella scrittu-ra della serie di Fourier in termini di seni e coseni. In particolare, se f ∈C k (R) èuna funzione 2L-periodica,∑

n≥1n(k−1) (|an |+ |bn |) <∞. (4.7)

OSSERVAZIONE 4.2. Poiché se f ∈C 1(R) si ha la convergenza uniforme dellaserie di Fourier ad f , per i teoremi di passaggio al limite sotto il segno di integralepossiamo affermare che

limN→∞

∫ L

−Ldx

[f (x)−SN (x)

]2 = 0

Pertanto, ripercorrendo la dimostrazione della disuguaglianza di Bessel, dedu-ciamo che vale in realtà l’uguaglianza, ovvero

∑n∈Z

|cn |2 = 1

2L

∫ L

−Ldx f (x)2.

In effetti si può dimostrare che tale relazione, detta uguaglianza di Parseval,sussiste purché f sia una funzione a quadrato integrabile sull’intervallo [−L,L].

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4.2 IL METODO DI FOURIER 51

OSSERVAZIONE 4.3. Sia f ∈C 1(R) una funzione 2L-periodica. Allora

1) Se f è una funzione dispari, f (x) = ∑n≥1

bn sin(nπ

Lx).

2) Se f è una funzione pari, f (x) = a0

2+ ∑

n≥1an cos

(nπ

Lx).

Infatti, essendo nullo l’integrale di una funzione dispari su [−L,L], si ha an = 0nel primo caso e bn = 0 nel secondo caso.

4.2. Il metodo di Fourier

Introduciamo qui il metodo di Fourier, o della separazione delle variabi-li, per determinare la soluzione dei problemi al contorno per la corda finita.Tale metodo si applica in generale a diversi problemi con condizioni al bordoomogenee.

4.2.1. Problema in dimensione finita. Per capire meglio quale sia l’ideadi base, consideriamo dapprima il caso di un’equazione differenziale ordinarialineare a coefficienti costanti della forma

u(t ) = Au(t ),

u(0) = c,

dove u(t ) ∈ Rn è la funzione incognita, c ∈ Rn il dato iniziale ed A ∈ Rn×n è unamatrice simmetrica. Dunque l’operatore lineare A : Rn → Rn è simmetrico ri-spetto al prodotto scalare canonico di Rn (Aξ ·η = ξ · Aη ∀ξ,η ∈ Rn) e pertantoammette n autovalori reali λ1, . . . ,λn (non necessariamente distinti) ed altret-tanti autovettori v1, . . . , vn tra loro ortogonali, che dunque formano una baseortogonale di Rn . Cerchiamo allora la soluzione del problema nella forma

u(t ) =n∑

k=1wk (t )vk .

Sostituendo nell’equazione e ricordando che Avk =λk vk , otteniamo

n∑k=1

[wk (t )−λk wk (t )]vk = 0,∑k

wk (0)vk = c.

Essendo v1, . . . , vn una base ortogonale ne segue che deve aversi

wk (t ) =λk wk (t ), wk (0) = c · vk

vk · vk∀k = 1, . . . ,n.

Chiaramente wk (t ) = wk (0)eλk t , cosicché la soluzione del problema è

u(t ) =n∑

k=1

c · vk

vk · vkeλk t vk .

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52 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

Si può procedere in questa maniera anche nel caso di un’equazione del secondoordine,

u(t ) = Au(t ),

u(0) = c , u(0) =C .

Nuovamente

u(t ) =n∑

k=1wk (t )vk ,

dove le n funzioni scalari wk (t ), k = 1, . . . ,n, sono in questo caso soluzioni delleequazioni differenziali del secondo ordine

wk (t ) =λk wk (t ), wk (0) = c · vk

vk · vk, wk (0) = C · vk

vk · vk∀k = 1, . . . ,n.

4.2.2. Problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo. Vogliamo ora applicarela precedente strategia nel caso dell’equazione della corda. Consideriamo inparticolare il problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

(4.8)

Il problema agli autovalori associato consiste nel determinare autovalori e rela-

tive autofunzioni dell’operatore d2

dx2 sull’intervallo [0,L] con condizioni al bordodi Dirichlet omogenee. Dunque cerchiamo le coppie (λ, v(x)) tali che

v ′′(x) =λv(x) se x ∈ (0,L),v(0) = v(L) = 0.

(4.9)

Notiamo da subito che ciascuna soluzione è determinata a meno di un fatto-re moltiplicativo, nel senso che se (λ, v(x)) è soluzione di (4.9) allora lo è anche(λ,C v(x)) con C una costante arbitraria (si pensi all’analogo finito dimensiona-le: se ξ ∈ Rn è autovettore della matrice A di autovalore λ allora lo è anche ilvettore Cξ con C ∈R).

Per risolvere il problema (4.9) notiamo che l’integrale generale dell’equazio-ne v ′′(x) =λv(x) è

v(x) =

C1e

pλx +C2e−

pλx se λ> 0,

C1 +C2x se λ= 0,C1 cos(kx)+C2 sin(kx) se λ=−k2 < 0,

(4.10)

con C1,C2 costanti arbitrarie. Cerchiamo soluzioni non banali (cioè non iden-ticamente nulle) del problema (4.9). Imponendo le condizioni al bordo v(0) =v(L) = 0 si verifica facilmente che se λ ≥ 0 allora necessariamente C1 = C2 = 0,dunque tutte soluzioni banali. Nel caso invece λ = −k2 la condizione v(0) = 0implica C1 = 0, cosicché v(x) =C2 sin(kx) e per avere soluzioni non banali (cioè

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4.2 IL METODO DI FOURIER 53

con C2 6= 0) è necessario che sin(kL) = 0, ovvero che k =±nπL con n intero posi-

tivo. In definitiva, il problema agli autovalori (4.9) possiede il seguente insiemeinfinito di soluzioni,

λn =−π2n2

L2 , vn(x) = sin(nπ

Lx)

, n = 1,2, . . . ,

dove abbiamo considerato solo il caso k = nπL poiché k =−nπ

L non fornisce altresoluzioni del problema essendo sin(−nπ

L x) =−vn(x).

Osserviamo che il sistema di funzioni vn(x)n≥1 su [0,L] è ortogonale rispet-to al prodotto scalare tra funzioni definito da

⟨u, v⟩ :=∫ L

0dx u(x)v(x). (4.11)

Infatti, da un calcolo esplicito,

⟨vn , vk⟩ =L

2δn,k ,

Tale proprietà di ortogonalità è legata al fatto che l’operatore d2

dx2 è simmetri-co rispetto al prodotto scalare (4.11) nello spazio lineare delle funzioni due vol-te derivabili con continuità su [0,L] che si annullano al bordo. Infatti, per unaqualsiasi coppia u, v di tali funzioni, integrando per parti,⟨

u′′, v⟩= u′(L)v(L)−u′(0)v(0)−⟨

u′, v ′⟩=−⟨u′, v ′⟩

= u(L)v ′(L)−u(0)v ′(0)−⟨u′, v ′⟩= ⟨

u, v ′′⟩ .(4.12)

Cerchiamo allora la soluzione formale del problema (4.8) nella forma

u(x, t ) = ∑n≥1

Wn(t )vn(x),

cosicché le condizioni al bordo sono soddisfatte. Sostituendo nell’equazionedella corda si ha ∑

n≥1Wn(t )vn(x) =− ∑

n≥1

n2π2c2

L2 Wn(t )vn(x).

Fissato un qualunque intero k ≥ 1, moltiplicando ambo i membri per vk (x) edintegrando da 0 ad L, utilizzando quindi l’ortogonalità delle funzioni vn(x)n≥1,segue che deve aversi

Wk (t ) =−ω2kWk (t ), ωk := kπc

L,

che è l’equazione di un oscillatore armonico, il cui integrale generale è

Wn(t ) = An cos(ωn t )+Bn sin(ωn t ),

con An ,Bn costanti arbitrarie. Pertanto

u(x, t ) = ∑n≥1

[An cos(ωn t )+Bn sin(ωn t )]sin(nπ

Lx)

. (4.13)

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54 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

Per determinare i coefficienti An e Bn dobbiamo imporre le condizioni iniziali.Poiché

∂u

∂t(x, t ) = ∑

n≥1[−Anωn sin(ωn t )+Bnωn cos(ωn t )]sin

(nπ

Lx)

,

dobbiamo richiedere che

g (x) = u(x,0) = ∑n≥1

An sin(nπ

Lx)

, h(x) = ∂u

∂t(x,0) = ∑

n≥1Bnωn sin

(nπ

Lx)

.

Nuovamente, fissato un qualunque intero k ≥ 1, moltiplicando ambo i membridelle precedenti relazioni per vk (x) ed integrando da 0 ad L, utilizzando quindil’ortogonalità delle funzioni vn(x)n≥1, segue che deve aversi

Ak = 2

L

∫ L

0dx g (x)sin

(kπ

Lx

), Bk = 2

ωk L

∫ L

0dx h(x)sin

(kπ

Lx

).

Se indichiamo con g (x) ed h(x) le funzioni 2L-periodiche ottenute prolungan-do rispettivamente g (x) ed h(x) per disparità all’intervallo [−L,L] e quindi perperiodicità, si ha ovviamente

g (x) = ∑n≥1

An sin(nπ

Lx)

, h(x) = ∑n≥1

Bnωn sin(nπ

Lx)

∀x ∈R,

con An ,Bn che possono scriversi anche nella forma

An = 1

L

∫ L

−Ldx g (x)sin

(nπ

Lx)

, Bn = 1

ωnL

∫ L

−Ldx h(x)sin

(nπ

Lx)

.

Altrimenti detto, An e ωnBn sono i coefficienti dello sviluppo di Fourier in se-rie di seni delle funzioni periodiche e dispari g e h. Affinché la soluzione for-male trovata in forma di serie sia effettivamente derivabile termine a terminedue volte rispetto alle variabili (x, t ) e fornisca quindi una soluzione classica delproblema è sufficiente che sia∑

n≥1(|An |+ |Bn |)n2 <+∞. (4.14)

Infatti ciascun termine di tale serie numerica domina, a meno di un fattore co-stante ininfluente, il modulo del corrispondente termine delle serie di funzioniottenute derivando termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) lasoluzione formale u(x, t ). Dall’Osservazione 4.1 sappiamo che una condizionesufficiente perché sussista la (4.14) è che siano g ∈C 3(R) e h ∈C 2(R), ovvero cheg ∈C 3([0,L]), h ∈C 2([0,L]) ed inoltre

g (0) = g (L) = 0, g ′′(0) = g ′′(L) = 0, h(0) = h(L) = 0, h′′(0) = h′′(L) = 0.

Si osservi che occorre assumere una regolarità dei dati iniziali maggiore rispettoa quella richiesta nel metodo delle riflessioni. Ciò poiché cerchiamo la soluzio-ne u nella forma di una serie due volte derivabile termine a termine, dunquecon regolarità maggiore della semplice richiesta che u ∈ C 2((0,L)×R+) sia unasoluzione classica.

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4.2 IL METODO DI FOURIER 55

OSSERVAZIONE 4.4. La formula (4.13) afferma che la soluzione dell’equazio-ne della corda vibrante con estremi fissi si scrive come la sovrapposizione diinfinite soluzioni particolari della forma

un(x, t ) = Nn cos(ωn t +ϕn)sin(nπ

Lx) (

doveNn cosϕn = An

Nn sinϕn =−Bn

)in cui riconosciamo un’onda stazionaria armonica di numero d’onda kn = nπ

Le frequenza angolare ωn . Se la corda evolve secondo un(x, t ), ciascun puntooscilla armonicamente con uguale fase ed ampiezza

∣∣Nn cos(nπ

L x)∣∣, in modo ta-

le che tra i nodi dell’onda armonica (cioè i punti x in cui un(x, t ) = 0 per ognit ) ci sono sempre gli estremi della corda. Dunque la soluzione generica si scri-ve come somma di un numero finito o infinito di onde armoniche stazionarie (osemplicemente armoniche), tra le quali distinguiamo la fondamentale u1(x, t ) difrequenza ω1 e le successive un(x, t ), n ≥ 2, di frequenza ωn = nω1 (ad esempiou2(x, t ) è l’ottava della fondamentale). Il metodo di Fourier mette così in eviden-za il carattere oscillatorio della propagazione ondosa, in particolare l’esistenzadi infinite vibrazioni proprie di cui è costituita una generica vibrazione. È l’a-nalogo della decomposizione in modi normali delle piccole oscillazioni attornoalla posizione di equilibrio stabile in un sistema meccanico con un numero fini-to di gradi di libertà. Per inciso, si ricordi che l’equazione della corda vibrante èstata derivata proprio nell’approssimazione delle piccole oscillazioni.

OSSERVAZIONE 4.5. Abbiamo già notato che le autofunzioni vn(x) sono de-finite a meno di una costante moltiplicativa. In particolare, possiamo fissare talecostante in modo che esse abbiano norma unitaria rispetto al prodotto scalaredefinito in (4.11). Poniamo cioè

en(x) =√

2

Lsin

(nπ

Lx)

,

cosicché ⟨en ,ek⟩ = δn,k . Scriviamo quindi l’integrale generale del problema nellaforma

u(x, t ) = ∑n≥1

Wn(t )en(x).

Chiaramente le funzioni Wn(t ) sono sempre moti armonici di pulsazione ωn

(la differenza nella scelta di en(x) in luogo di vn(x) emerge solo quando si im-pongono le condizioni iniziali). Esiste ora un legame immediato tra l’energiameccanica di tali oscillatori e quella della corda vibrante. Precisamente,

E(t ) =∫ L

0dx

[1

2

(∂u

∂t

)2

+ c2

2

(∂u

∂x

)2]= ∑

n≥1En(t ),

con

En(t ) = 1

2Wn(t )2 + ω2

n

2Wn(t )2

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56 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

l’energia dell’oscillatore n-esimo. In effetti,

E(t ) = 1

2

⟨∂u

∂t,∂u

∂t

⟩+ c2

2

⟨∂u

∂x,∂u

∂x

⟩= ∑

n,k≥1

[1

2WnWk ⟨en ,ek⟩+

c2

2WnWk

⟨e ′n ,e ′k

⟩],

da cui segue il risultato poiché

⟨en ,ek⟩ = δn,k ,⟨

e ′n ,e ′k⟩=−⟨

e ′′n ,ek⟩=−λn ⟨en ,ek⟩ =

ω2n

c2 δn,k .

ESERCIZIO 4.1. Stabilire se esistono condizioni iniziali per il problema diCauchy-Dirichlet (4.8) che danno luogo a moti periodici nel tempo (ovvero seesistono soluzioni u(x, t ) non nulle tali che u(x, t ) = u(x, t +T ) per un qualcheT > 0 e per ogni x, t ).

ESERCIZIO 4.2. Determinare la soluzione del seguente problema di Cauchy-Dirichlet omogeneo,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = 3sin

(3π

Lx

),

∂u

∂t(x,0) = sin

(5π

Lx

)per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

Inoltre, se è una soluzione periodica nel tempo, stabilirne il periodo.

ESERCIZIO 4.3. Verificare che le soluzioni del problema di Cauchy-Dirichletomogeneo trovate con il metodo delle riflessioni e con il metodo di Fourier coin-cidono (almeno formalmente). Altrimenti detto, verificare che i membri di de-stra delle (3.23) e (4.13) coincidono per assegnati dati iniziali g ed h.

4.3. Esempi di applicazione del metodo di Fourier

4.3.1. Problema di Cauchy-Neumann omogeneo. Consideriamo il proble-ma di Cauchy-Neumann omogeneo,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

∂u

∂x(0, t ) = 0,

∂u

∂x(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

(4.15)

In questo caso il problema agli autovalori associato consiste nel determinare au-

tovalori e relative autofunzioni dell’operatore d2

dx2 sull’intervallo [0,L] con con-dizioni al bordo di Neumann omogenee. Dunque cerchiamo le coppie (λ, v(x))

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4.3 ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI FOURIER 57

tali che v ′′(x) =λv(x) se x ∈ (0,L),v ′(0) = v ′(L) = 0.

(4.16)

Per risolvere il problema (4.16) partiamo dall’integrale generale (4.10) da cui siricava

v ′(x) =

pλ(C1e

pλx −C2e−

pλx

)se λ> 0,

C2 se λ= 0,k[−C1 sin(kx)+C2 cos(kx)

]se λ=−k2 < 0.

Cerchiamo soluzioni non banali (cioè non identicamente nulle) del problema(4.16). Imponendo le condizioni al bordo v ′(0) = v ′(L) = 0 si verifica facilmenteche se λ> 0 allora necessariamente C1 = C2 = 0, dunque tutte soluzioni banali.Nel caso λ = 0 abbiamo C2 = 0 e C1 arbitrario. Infine, se λ = −k2 la condizionev ′(0) = 0 implica C2 = 0, cosicché v(x) =C1 cos(kx) e per avere soluzioni non ba-nali (cioè con C1 6= 0) è necessario che sin(kL) = 0, ovvero che k =±nπ

L con n in-tero positivo. In definitiva il problema agli autovalori (4.16) possiede il seguenteinsieme infinito di soluzioni,

λn =−π2n2

L2 , vn(x) = cos(nπ

Lx)

, n = 0,1,2, . . . ,

dove ora è incluso l’autovalore nullo λ0 = 0 che ha come autofunzione non ba-nale v0(x) = 1. Abbiamo considerato solo il caso k = nπ

L poiché k = −nπL non

fornisce altre soluzioni del problema essendo cos(−nπL x) = vn(x).

Osserviamo che il sistema di funzioni vn(x)n≥0 su [0,L] è ortogonale rispet-to al prodotto scalare (4.11). Infatti, da un calcolo esplicito,

⟨vn , vk⟩ =L

2δn,k (1+δn,0).

Anche in questo caso, l’ortogonalità è legata alla simmetria dell’operatore d2

dx2

sullo spazio lineare delle funzioni due volte derivabili con continuità su [0,L]e soddisfacenti condizioni di Neumann omogenee al bordo. Infatti l’indentità(4.12) sussiste anche per una coppia di tali funzioni.

Possiamo ora procedere come nel caso del problema di Dirichlet. Cerchia-mo la soluzione formale del problema (4.15) nella forma

u(x, t ) = 1

2W0(t )+ ∑

n≥1Wn(t )vn(x),

cosicché le condizioni al bordo sono soddisfatte. Sostituendo nell’equazionedella corda si ha

1

2W0(t )+ ∑

n≥1Wn(t )vn(x) =− ∑

n≥0

n2π2c2

L2 Wn(t )vn(x).

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58 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

Fissato un qualunque intero k ≥ 0, moltiplicando ambo i membri per vk (x) edintegrando da 0 ad L, utilizzando quindi l’ortogonalità delle funzioni vn(x)n≥0,segue che deve aversi

Wk (t ) =−ω2kWk (t ), ωk := kπc

L,

che è l’equazione di un oscillatore armonico se k ≥ 1 e del moto libero se k = 0.Pertanto

u(x, t ) = 1

2(A0 +B0t )+ ∑

n≥1[An cos(ωn t )+Bn sin(ωn t )]cos

(nπ

Lx)

.

Per determinare i coefficienti An e Bn dobbiamo imporre le condizioni iniziali.Poiché

∂u

∂t(x, t ) = 1

2B0 +

∑n≥1

[−Anωn sin(ωn t )+Bnωn cos(ωn t )]cos(nπ

Lx)

dobbiamo richiedere che

g (x) = 1

2A0 +

∑n≥1

An cos(nπ

Lx)

, h(x) = 1

2B0 +

∑n≥1

Bnωn cos(nπ

Lx)

.

Nuovamente, fissato un qualunque intero k ≥ 1, moltiplicando ambo i membridelle precedenti relazioni per vk (x) ed integrando da 0 ad L, utilizzando quindil’ortogonalità delle funzioni vn(x)n≥0, segue che deve aversi

Ak = 2

L

∫ L

0dx g (x)cos

(kπ

Lx

), k ≥ 0,

Bk =

2

L

∫ L

0dx h(x) se k = 0,

2

ωk L

∫ L

0dx h(x)cos

(kπ

Lx

)se k ≥ 1.

Se indichiamo con g (x) ed h(x) le funzioni 2L-periodiche ottenute prolungandorispettivamente g (x) ed h(x) per parità all’intervallo [−L,L] e quindi per perio-dicità, si ha ovviamente

g (x) = 1

2A0 +

∑n≥1

An cos(nπ

Lx)

∀x ∈R,

h(x) = 1

2B0 +

∑n≥1

Bnωn cos(nπ

Lx)

∀x ∈R,

con An ,Bn che possono scriversi anche nella forma

An = 1

L

∫ L

−Ldx g (x)cos

(nπ

Lx)

, n ≥ 0,

Bn =

1

L

∫ L

−Ldx h(x) se n = 0,

1

ωnL

∫ L

−Ldx h(x)cos

(nπ

Lx)

se n ≥ 1.

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Page 63: Note del corso di Fisica Matematica

4.3 ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI FOURIER 59

Altrimenti detto, An e B0,ωnBn sono i coefficienti dello sviluppo di Fourier inserie di coseni delle funzioni periodiche e pari g e h. Anche in questo caso,affinché la soluzione formale trovata in forma di serie sia effettivamente deri-vabile termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t ) e fornisca quindiuna soluzione classica del problema è sufficiente che sia soddisfatta la condi-zione (4.14). Infatti ciascun termine di tale serie numerica domina, a meno diun fattore costante ininfluente, il modulo del corrispondente termine delle seriedi funzioni ottenute derivando termine a termine due volte rispetto alle varia-bili (x, t ) la soluzione formale u(x, t ). Dall’Osservazione 4.1 sappiamo che unacondizione sufficiente perché sussista la (4.14) è che siano g ∈C 3(R) e h ∈C 2(R),ovvero che g ∈C 3([0,L]), h ∈C 2([0,L]) ed inoltre

g ′(0) = g ′(L) = 0, g ′′′(0) = g ′′′(L) = 0, h′(0) = h′(L) = 0.

Notiamo che, analogamente al caso del problema di Cauchy-Dirichlet, poichécerchiamo la soluzione u nella forma di una serie due volte derivabile terminea termine, occorre assumere una regolarità dei dati iniziali maggiore rispetto aquanto richiesto nel metodo delle riflessioni.

ESERCIZIO 4.4. Risolvere, con il metodo di Fourier, il problema di Cauchycon condizioni periodiche per l’equazione delle onde,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in R×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈R,

u(x, t ) = u(x +L, t ) per x ∈R, t ≥ 0.

4.3.2. Vibrazioni forzate. Studiamo ora le vibrazioni forzate di una corda,ad esempio con estremi fissati, dunque il problema di Cauchy-Dirichlet,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 + f in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

Come nel caso della corda infinita, è sufficiente determinare la soluzione parti-colare corrispondente a dati iniziali nulli, poiché il problema con g ed h gene-rici si ottiene sommando a tale soluzione quella del problema non forzato con isuddetti dati iniziali. Pertanto studiamo il problema

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 + f in (0,L)×R+,

u(x,0) = 0,∂u

∂t(x,0) = 0 per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = 0, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

(4.17)

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Page 64: Note del corso di Fisica Matematica

60 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

Come nel caso delle vibrazioni libere, cerchiamo la soluzione nella forma di unosviluppo in serie di seni,

u(x, t ) = ∑n≥1

Wn(t )sin(nπ

Lx)

.

Supponiamo inoltre che sia ben definito lo sviluppo in serie di seni della forzan-te,

f (x, t ) = ∑n≥1

fn(t )sin(nπ

Lx)

, fn(t ) = 2

L

∫ L

0dy f (y, t )sin

(nπ

Ly)

(quindi lo sviluppo del prolungamento dispari di f (x, t ) su [−L,L]). Sostituendonell’equazione si ha∑

n≥1Wn(t )sin

(nπ

Lx)= ∑

n≥1

[−n2π2c2

L2 Wn(t )+ fn(t )

]sin

(nπ

Lx)

,

cui vanno aggiunte le condizioni iniziali∑n≥1

Wn(0)sin(nπ

Lx)= ∑

n≥1Wn(0)sin

(nπ

Lx)= 0.

Per l’unicità dello sviluppo di Fourier concludiamo che le Wn(t )n≥1 devonosoddisfare le equazioni

Wn(t ) =−ω2nWn(t )+ fn(t )

Wn(0) = Wn(0) = 0ωn := nπc

L,

in cui riconosciamo degli oscillatori armonici di frequenzeωn con forzante fn(t ).Anche in questo caso di un’equazione differenziale ordinaria possiamo ottener-ne la soluzione con il metodo di Duhamel (in questo ambito detto “metodo dellavariazione delle costanti”). Consideriamo pertanto i problemi omogenei

W (t ) =−ω2nW (t ) t > s,

W (s) = 0 W (s) = fn(s) s ≥ 0,

la cui soluzione è

Wn(t ; s) = fn(s)

ωnsin[ωn(t − s)].

La soluzione cercata è allora

Wn(t ) =∫ t

0ds Wn(t ; s) = 1

ωn

∫ t

0ds fn(s)sin[ωn(t − s)],

ovvero, ricordando la definizione di fn(t ),

Wn(t ) = 2

ωnL

∫ t

0ds

∫ L

0dy f (y, t )sin

(nπ

Ly)

sin[ωn(t − s)].

Il metodo si applica ovviamente anche in problemi con differenti condizioni albordo omogenee, cercando la soluzione nella forma u(x, t ) = ∑

n Wn(t )vn(x),con vn(x) il sistema di autofunzioni del corrispondente problema agli auto-valori.

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4.3 ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI FOURIER 61

ESERCIZIO 4.5. Studiare le vibrazioni forzate di una corda finita con condi-zioni di Neumann omogenee agli estremi,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 + f in (0,L)×R+,

u(x,0) = ∂u

∂t(x,0) = 0 per x ∈ [0,L],

∂u

∂x(0, t ) = ∂u

∂x(L, t ) = 0 per t ≥ 0,

ESERCIZIO 4.6. Calcolare la soluzione esplicita del problema di Cauchy-Neu-mann dell’Esercizio 4.5 nel caso in cui la forzante è f = f (x, t ) = 1+e−t cos

(πL x

).

4.3.3. Problema misto. Consideriamo il problema di Cauchy misto omo-geneo,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

∂u

∂x(0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

In questo caso il problema agli autovalori associato consiste nel determinare au-

tovalori e relative autofunzioni dell’operatore d2

dx2 sull’intervallo [0,L] con con-dizioni miste omogenee. Dunque cerchiamo le coppie (λ, v(x)) tali che

v ′′(x) =λv(x) se x ∈ (0,L),v ′(0) = v(L) = 0.

Ragionando come nei casi precedenti è facile verificare che le uniche soluzioninon banali si hanno se λ = −k2 < 0. In tal caso l’integrale generale è v(x) =C1 cos(kx)+C2 sin(kx), per cui le condizioni v ′(0) = v(L) = 0 si scrivono C2 = 0 eC1 cos(kL) = 0, da cui si ricava che si hanno soluzioni non banali (C1 6= 0) solo secos(kL) = 0, ovvero k =± (2n+1)π

2L , n = 0,1,2, . . .. In definitiva, scartando al solito ivalori negativi di k cha non danno luogo ad ulteriori soluzioni,

λn =−π2(2n +1)2

4L2 , vn(x) = cos

((2n +1)π

2Lx

), n = 0,1,2, . . .

A questo punto si procede analogamente ai casi precedenti, per cui, posto ωn =(2n+1)πc

2L , la soluzione si cerca nella forma

u(x, t ) = ∑n≥0

[An cos(ωn t )+Bn sin(ωn t )]cos

((2n +1)π

2Lx

),

dove i coefficienti An e Bn sono fissati dai dati iniziali, ovvero devono soddisfare

g (x) = ∑n≥0

An cos

((2n +1)π

2Lx

), h(x) = ∑

n≥0Bnωn cos

((2n +1)π

2Lx

).

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Page 66: Note del corso di Fisica Matematica

62 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

Notiamo che ora le somme a destra sono delle funzioni 4L-periodiche. Precisa-mente, se indichiamo con g (x) ed h(x) le funzioni 4L-periodiche ottenute pro-lungando rispettivamente g (x) ed h(x) per parità all’intervallo [−L,L], quindiper disparità all’intervallo [−L,3L] ed infine per periodicità, si ha ovviamente,per ogni x ∈R,

g (x) = ∑n≥0

An cos

((2n +1)π

2Lx

), h(x) = ∑

n≥0Bnωn cos

((2n +1)π

2Lx

),

con

An = 2

L

∫ L

0dx g (x)cos

((2n +1)π

2Lx

)= 1

2L

∫ 2L

−2Ldx g (x)cos

((2n +1)π

2Lx

),

Bn = 2

ωnL

∫ L

0dx h(x)cos

((2n +1)π

2Lx

)= 1

2ωnL

∫ 2L

−2Ldx h(x)cos

((2n +1)π

2Lx

).

Altrimenti detto, An e ωnBn sono i coefficienti dello sviluppo di Fourier in se-rie di coseni delle funzioni g e h, 4L periodiche, pari attorno a x = 0 e dispariattorno a x = L. Affinché la soluzione formale trovata in forma di serie sia ef-fettivamente derivabile termine a termine due volte rispetto alle variabili (x, t )e fornisca quindi una soluzione classica del problema è sufficiente che sianog ∈C 3(R) e h ∈C 2(R), ovvero che g ∈C 3([0,L]), h ∈C 2([0,L]) ed inoltre

g ′(0) = g ′′′(0) = 0, g (L) = g ′′(L) = 0, h′(0) = 0, h(L) = h′′(L) = 0.

4.3.4. Condizioni al bordo non omogenee. Il metodo di Fourier, al pari diquello delle riflessioni, si applica al caso di condizioni al bordo omogenee. D’al-tra parte in taluni casi è possibile ricondurre un problema con dati al bordo nonomogenei al caso di dati omogenei. Precisamente, consideriamo condizioni albordo indipendenti dal tempo del tipo

i) u(0, t ) = a, u(L, t ) = b;

ii) u(0, t ) = a,∂u

∂x(L, t ) =β;

iii)∂u

∂x(0, t ) =α, u(L, t ) = b;

iv)∂u

∂x(0, t ) =α,

∂u

∂x(L, t ) =β.

e cerchiamo una soluzione stazionaria u(x) dell’equazione delle onde omoge-nea, dunque u′′(x) = 0. Essendo u(x) = c1 + c2x l’integrale generale, troviamoun’unica u(x) nei casi i), ii), iii), mentre nel caso iv) ne troviamo infinite perα=βe nessuna perα 6=β. Nei casi in cui esiste u(x) possiamo considerare la funzioneU (x, t ) = u(x, t )− u(x), che risolve il problema con dati al bordo omogenei e datiiniziali U (x,0) = g (x)− u(x), ∂U

∂t (x,0) = h(x). Determinata U (x, t ) con il meto-do di Fourier troviamo infine la soluzione u(x, t ) del problema con dati al bordonon omogenei.

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4.3 ESEMPI DI APPLICAZIONE DEL METODO DI FOURIER 63

ESERCIZIO 4.7. Determinare la soluzione del seguente problema di Cauchymisto con dati al bordo non omogenei,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = x −L+cos( π

2Lx)

,∂u

∂t(x,0) = cos

(3π

2Lx

)per x ∈ [0,L],

∂u

∂x(0, t ) = 1, u(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

4.3.5. Equazione delle onde generalizzata. Consideriamo il problema diCauchy-Dirichlet,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 −γu in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0,

(4.18)

con γ > 0 (cfr. l’Eq. (3.8)). Osserviamo che l’operatore differenziale d2

dx2 +α Id(α ∈ R) con condizioni al bordo di Dirichlet omogenee ammette lo stesso si-

stema di autofunzioni dell’operatore d2

dx2 , semplicemente con autovalori trasla-ti di α. Cerchiamo pertanto anche in questo caso la soluzione u(x, t ) comesovrapposizione di seni,

u(x, t ) = ∑n≥1

Wn(t )sin(nπ

Lx)

.

Sostituendo nell’equazione del moto si ha∑n≥1

Wn(t )sin(nπ

Lx)= ∑

n≥1

[−

(nπc

L

)2−γ

]Wn(t )sin

(nπ

Lx)

,

da cui, per l’ortogonalità dei seni, deve aversi, per ciascun intero n ≥ 1,

Wn(t ) =−[(nπc

L

)2+γ

]Wn(t ),

che è ancora un sistema di oscillatori armonici. Dunque

u(x, t ) = ∑n≥1

[An cos(ωn t )+Bn sin(ωn t )]sin(nπ

Lx)

,

dove ωn =√(nπc

L

)2 +γ, mentre i coefficienti sono determinati dai dati iniziali,

An = 2

L

∫ L

0dx g (x)sin

(nπ

Lx)

, Bn = 2

ωnL

∫ L

0dx h(x)sin

(nπ

Lx)

.

La differenza principale con il caso γ = 0 dell’equazione d’onda non generaliz-zata è che ora le armoniche in generale non sono più tra loro commensurabili(ovvero ωn

ωk∉Q per n 6= k).

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Page 68: Note del corso di Fisica Matematica

64 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

ESERCIZIO 4.8. Determinare la soluzione del seguente problema di Cauchy-Dirichlet,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 −γu −β∂u

∂tin (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0,

(4.19)

con γ,β> 0 (cfr. l’Esercizio 3.1). Dimostrare inoltre che

limt→+∞u(x, t ) = 0.

[Suggerimento: Cercare la soluzione nella forma u(x, t ) = e−β

2 tU (x, t ).]

4.4. Soluzione degli esercizi

SOLUZIONE ES. 4.2. Dalla teoria sappiamo che la soluzione del problema siscrive nella forma

u(x, t ) = ∑n≥1

[An cos(ωn t )+Bn sin(ωn t )]sin(nπ

Lx)

,

dove

An = 2

L

∫ L

0dx g (x)sin

(nπ

Lx)

, Bn = 2

ωnL

∫ L

0dx h(x)sin

(nπ

Lx)

,

con g (x) = u(x,0), h(x) = ∂u∂t (x,0) eωn = (nπc)/L. Nel caso in esame le funzioni g

ed h sono proporzionali rispettivamente alla terza ed alla quinta armonica, percui solo i coefficienti A3 e B5 sono diversi da zero. Più precisamente, utilizzandola formule di ortogonalità delle autofunzioni,

An = 2

L

∫ L

0dx 3sin

(3π

Lx

)sin

(nπ

Lx)= 6

L

L

2δn,3 = 3δn,3,

Bn = 2

ωnL

∫ L

0dx sin

(5π

Lx

)sin

(nπ

Lx)= 2

ωnL

L

2δn,5 = 1

ω5δn,5 = L

5πcδn,5.

Pertanto la soluzione del problema è

u(x, t ) = A3 cos(ω3t )sin

(3π

Lx

)+B5 sin(ω5t )sin

(5π

Lx

)= 3cos

(3πc

Lt

)sin

(3π

Lx

)+ L

5πcsin

(5πc

Lt

)sin

(5π

Lx

).

La soluzione è periodica ed il suo periodo, ovvero il più piccolo T > 0 per cuiu(x, t ) = u(x, t +T ), è T = 2L/c.

SOLUZIONE ES. 4.5. Cercando la soluzione nella forma

u(x, t ) = W0(t )

2+ ∑

n≥1Wn(t )cos

(nπ

Lx)

,

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Page 69: Note del corso di Fisica Matematica

4.4 SOLUZIONE DEGLI ESERCIZI 65

e supponendo che sia ben definito lo sviluppo in serie di coseni della forzante,

f (x, t ) = f0(t )

2+ ∑

n≥1fn(t )cos

(nπ

Lx)

, fn(t ) = 2

L

∫ L

0dy f (y, t )cos

(nπ

Ly)

,

si trova che le Wn(t )n≥0 devono soddisfare le equazioniWn(t ) =−ω2

nWn(t )+ fn(t )

Wn(0) = Wn(0) = 0ωn := nπc

L,

da cui

Wn(t ) =

∫ t

0ds (t − s) f0(s) se n = 0,

1

ωn

∫ t

0ds sin[ωn(t − s)] fn(s) se n ≥ 1.

SOLUZIONE ES. 4.6. Nel caso in esame f (x, t ) è la somma di una costantee di una funzione proporzionale alla prima armonica, per cui solo i coefficientif0(t ) e f1(t ) sono diversi da zero. Più precisamente, utilizzando la formule diortogonalità delle autofunzioni,

fn(t ) = 2

L

∫ L

0dx

[1+e−t cos

(πL

x)]

cos(nπ

Lx)= 2δn,0 +e−tδn,1,

ovvero, più esplicitamente,

fn(t ) =

2 se n = 0,

e−t se n = 1,

0 se n ≥ 2.

Pertanto

Wn(t ) =

t 2 se n = 0,1

ω1

∫ t

0ds sin[ω1(t − s)]e−s se n = 1,

0 se n ≥ 2.

L’integrale che determina W1(t ) si può calcolare nel modo seguente. Eseguendola sostituzione τ= t − s si ha

1

ω1

∫ t

0ds sin[ω1(t − s)]e−s = e−t

ω1

∫ t

0dτeτ sin(ω1τ).

D’altra parte, ∫ t

0dτeτ sin(ω1τ) =ℑ

∫ t

0dτe(1+iω1)τ =ℑe(1+iω1)t −1

1+ iω1

= et sin(ω1t )−ω1et cos(ω1t )+ω1

1+ω21

.

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Page 70: Note del corso di Fisica Matematica

66 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

Pertanto,

1

ω1

∫ t

0ds sin[ω1(t − s)]e−s = 1

1+ω21

[1

ω1sin(ω1t )−cos(ω1t )+e−t

].

In conclusione, ricordando che ω1 =πc/L, la soluzione del problema è

u(x, t ) = t 2

2+ L2

L2 +π2c2

[L

πcsin

(πc

Lt)−cos

(πc

Lt)+e−t

]cos

(πL

x)

.

SOLUZIONE ES. 4.7. Vogliamo ricondurci ad un problema misto con dati albordo omogenei che sappiamo risolvere con il metodo di Fourier. A tal scopoè sufficiente cercare la soluzione nella forma u(x, t ) = u(x)+ v(x, t ), dove u è lasoluzione del problema stazionario con i dati al bordo non omogenei assegnati,ovvero u risolve

u′′(x) = 0 in (0,L),u′(0) = 1, u(L) = 0.

Infatti u è nota, essendo il segmento di retta di coefficiente angolare pari ad unoe passante per il punto (L,0), dunque u(x) = x −L, mentre la funzione incognitav(x, t ) è soluzione del problema misto omogeneo

∂2v

∂t 2 = c2 ∂2v

∂x2 in (0,L)×R+,

v(x,0) = cos( π

2Lx)

,∂v

∂t(x,0) = cos

(3π

2Lx

)per x ∈ [0,L],

∂v

∂x(0, t ) = 0, v(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

Da quanto visto nella sottosezione 4.3.3 sappiamo che la soluzione di questoproblema si scrive nella forma

v(x, t ) = ∑n≥0

[An cos(ωn t )+Bn sin(ωn t )]cos

((2n +1)π

2Lx

),

dove

An = 2

L

∫ L

0dx g (x)cos

((2n +1)π

2Lx

),

Bn = 2

ωnL

∫ L

0dx h(x)cos

((2n +1)π

2Lx

),

con g (x) = v(x,0), h(x) = ∂v∂t (x,0) e ωn = (2n +1)πc/(2L). Poiché nel nostro caso

le funzioni g ed h sono proporzionali rispettivamente all’armonica per n = 0ed n = 1, solo i coefficienti A0 e B1 sono diversi da zero, precisamente A0 = 1 eB1 =ω−1

1 . Dunque

v(x, t ) = cos(ω0t )cos( π

2Lx)+ 1

ω1sin(ω1t )cos

(3π

2Lx

).

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Page 71: Note del corso di Fisica Matematica

4.4 SOLUZIONE DEGLI ESERCIZI 67

In conclusione la soluzione del problema è

u(x, t ) = x −L+cos(πc

2Lt)

cos( π

2Lx)+ 2L

3πcsin

(3πc

2Lt

)cos

(3π

2Lx

).

SOLUZIONE ES. 4.8. Cerchiamo la soluzione nella forma u(x, t ) = e−β

2 tU (x, t )e riscriviamo il problema nella funzione incognita U (x, t ). Si ha

∂u

∂t=−β

2e−

β

2 tU +e−β

2 t ∂U

∂t,

∂2u

∂t 2 = β2

4e−

β

2 tU −βe−β

2 t ∂U

∂t+e−

β

2 t ∂2U

∂t 2 ,

∂2u

∂x2 = e−β

2 t ∂2U

∂x2 .

Si osservi che, in particolare,

g (x) = u(x,0) =U (x,0), h(x) = ∂u

∂t(x,0) =−β

2g (x)+ ∂U

∂t(x,0).

Sostituendo nel sistema (4.19), deduciamo che u(x, t ) è soluzione di (4.19) se esolo se U (x, t ) risolve il problema,

∂2U

∂t 2 = c2 ∂2U

∂x2 −(γ− β2

4

)U in (0,L)×R+,

U (x,0) = g (x),∂U

∂t(x,0) = h(x)+ β

2g (x) per x ∈ [0,L],

U (0, t ) =U (L, t ) = 0 per t ≥ 0,

che può essere risolto analogamente a quanto fatto per il problema (4.18). Cer-chiamo quindi U (x, t ) come sovrapposizione di seni,

U (x, t ) = ∑n≥1

Wn(t )sin(nπ

Lx)

,

cosicché le condizioni al bordo sono soddisfatte ed il problema nelle Wn si se-para. Infatti, sostituendo nell’equazione del moto si ha∑

n≥1Wn(t )sin

(nπ

Lx)= ∑

n≥1

(β2

4− n2π2c2

L2 −γ)

Wn(t )sin(nπ

Lx)

,

da cui, per l’ortogonalità dei seni, deve aversi, per ciascun intero n ≥ 1,

Wn(t ) =βnWn(t ), βn := β2

4− n2π2c2

L2 −γ.

La soluzione dell’equazione dipende dal segno di βn , precisamente,

Wn(t ) =

An cos(ωn t )+Bn sin(ωn t ) se βn =−ω2

n < 0,An +Bn t se βn = 0,

Anepβn t +Bne−

pβn t se βn > 0.

(4.20)

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Page 72: Note del corso di Fisica Matematica

68 EQUAZIONE DELLA CORDA VIBRANTE: METODO DI FOURIER

Le costanti An e Bn si determinano imponendo le condizioni iniziali e sonolegate ai coefficienti dello sviluppo in serie di seni delle funzioni g (x) e h(x).Osserviamo che la condizione βn ≥ 0 si scrive

β2

4≥ n2π2c2

L2 +γ.

Pertanto essa può essere verificata al più da un numero finito di interi n, dopo-diché tutti gli altri modi sono oscillatori armonici. Si osservi inoltre che laddoveβn > 0 si ha necessariamente

√βn < β/2, cosicché da (4.20) segue che se β > 0

alloralim

t→+∞u(x, t ) = limt→+∞

∑n≥1

e−β

2 t Wn(t )sin(nπ

Lx)= 0.

Quindi, in presenza di attrito, le oscillazioni della corda si smorzano ed essatende all’equilibrio per t →+∞.

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Page 73: Note del corso di Fisica Matematica

CAPITOLO 5

Equazione delle onde in dimensione d > 1

5.1. Problemi ben posti e questioni di unicità

L’equazione delle onde in dimensione d = 2,3 è idonea a descrivere diversifenomeni fisici, quali, ad esempio, le piccole vibrazioni di una membrana ela-stica attorno alla sua posizione di equilibrio, la propagazione del campo elet-tromagnetico nel vuoto, o delle onde sonore in un fluido omogeneo. I tipiciproblemi ben posti cui si perviene sono l’analogo multidimensionale di quantovisto per le vibrazioni della corda. Formuliamo i tre problemi classici nel casodell’equazione d’onda generalizzata.

(1) Problema di Cauchy globale. La funzione incognita u = u(x, t ) è definitasu tutto lo spazio, pertanto il problema corrispondente è

∂2u

∂t 2 = c2∆u −γu + f in Rd ×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈Rd .

(5.1)

(2) Problema di Cauchy-Dirichlet. Sia Ω ⊂ Rd un dominio regolare limi-tato con frontiera ∂Ω di classe C 1. La funzione incognita u = u(x, t )è soluzione dell’equazione d’onda su QT = Ω× (0,T ) ed il suo valorea(x, t ) sulla frontiera di Ω è preassegnato. Il problema corrispondenteè pertanto

∂2u

∂t 2 = c2∆u −γu + f in QT ,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈Ω,

u(x, t ) = a(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω× [0,T ).

(5.2)

(3) Problema di Cauchy-Neumann. Come in (2), con la differenza che vie-ne assegnato il valore b(x, t ) della derivata normale della funzione in-cognita sulla frontiera di Ω. Ricordiamo che se ν = ν(x) è la norma-le esterna a Ω nel punto x ∈ ∂Ω, la derivata direzionale lungo ν dellafunzione u è

∂u

∂ν(x) := ν ·∇u(x). (5.3)

69

Page 74: Note del corso di Fisica Matematica

70 EQUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1

ν

Q

Rd

T

t

Ω

Ω

T

FIGURA 5.1. Il dominio Ω, la normale esterna ν ed il cilindroQT =Ω× (0,T ).

Otteniamo così il problema

∂2u

∂t 2 = c2∆u −γu + f in QT ,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈Ω,

∂u

∂ν(x, t ) = b(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω× [0,T ).

(5.4)

Per dimostrare l’unicità della soluzione classica dei problemi (5.2) e (5.4) pos-siamo utilizzare nuovamente la conservazione dell’energia. Precisamente, perogni funzione u ∈C 2(QT ) associamo l’energia al tempo t ,

E(u, t ) =∫Ω

dx

[1

2

(∂u

∂t

)2

+ c2

2|∇u|2 + γ

2u2

].

Sussiste allora la seguente generalizzazione del Teorema 3.1.

TEOREMA 5.1. Sia T > 0, QT =Ω× (0,T ) ed u ∈C 2(QT ) una soluzione dell’e-quazione omogenea

∂2u

∂t 2 (x, t ) = c2∆u(x, t )−γu(x, t ), (x, t ) ∈QT , (5.5)

con condizioni al bordo di Dirichlet indipendenti dal tempo oppure di Neumannomogenee. Allora E(u, t ) = E(u,0) per ogni t ∈ [0,T ].

DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo che ddt E(u, t ) = 0 per ogni t ∈ [0,T ]. Si ha,

usando al solito il teorema di Schwarz,

d

dtE(u, t ) =

∫Ω

dx

[∂u

∂t

(∂2u

∂t 2 +γu

)+ c2∇u ·∇

(∂u

∂t

)].

Ma per la I Formula di Green (vedi Sezione 6.5) con v = ∂u∂t si ha,∫

Ωdx∇u ·∇

(∂u

∂t

)=

∫∂Ω

dσ∂u

∂t

∂u

∂ν−

∫Ω

dx∂u

∂t∆u.

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Page 75: Note del corso di Fisica Matematica

5.1 PROBLEMI BEN POSTI E QUESTIONI DI UNICITÀ 71

B (x )

d

00c(t − t)

t

C

t

0(x , t )

x , t 0 0

0

R

FIGURA 5.2. Cono caratteristico retrogrado con vertice in (x0, t0).

Pertanto,

d

dtE(u, t ) =

∫Ω

dx∂u

∂t

(∂2u

∂t 2 − c2∆u +γu

)+ c2

∫∂Ω

dσ∂u

∂t

∂u

∂ν= 0.

Ragionando esattamente come nella dimostrazione del Teorema 3.2 otte-niamo il seguente risultato di unicità.

TEOREMA 5.2. Per ogni T > 0, per fissati dati iniziali e al bordo, esiste al piùuna soluzione in C 2(QT ) dei problemi (5.2) e (5.4).

Consideriamo ora il problema di Cauchy globale (5.1). Fissato un punto(x0, t0) nello spazio-tempo, definiamo cono caratteristico retrogrado con verticein (x0, t0) l’insieme

Cx0,t0 = (x, t ) : |x −x0| < c(t0 − t ), t ∈ [0, t0] = ⋃t∈[0,t0]

Bc(t0−t )(x0)× t ,

dove Br (z) = x ∈Rd : |x − z| < r è la bolla di centro z e raggio r , vedi Figura 5.2

LEMMA 5.3. Sia u ∈C 2(Rd × [0,∞)) una soluzione classica di

∂2u

∂t 2 = c2∆u −γu

e poniamo

e(t ) =∫

Bc(t0−t )(x0)dx

[1

2

(∂u

∂t

)2

+ c2

2|∇u|2 + γ

2u2

], t ∈ [0, t0].

Allora e(t ) ≤ 0 per ogni t ∈ [0, t0].

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Page 76: Note del corso di Fisica Matematica

72 EQUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1

DIMOSTRAZIONE. Indichiamo con Sr (z) la frontiera ∂Br (z) della bolla Br (z).Si ha, derivando ed usando la I Formula di Green come fatto in precedenza,

e(t ) = d

dt

∫ c(t0−t )

0dr

∫Sr (x0)

[1

2

(∂u

∂t

)2

+ c2

2|∇u|2 + γ

2u2

]=−c

2

∫Sc(t0−t )(x0)

[(∂u

∂t

)2

+ c2|∇u|2 +γu2]

+∫

Bc(t0−t )(x0)dx

[∂u

∂t

(∂2u

∂t 2 +γu

)+ c2∇u ·∇

(∂u

∂t

)]

= c

2

∫Sc(t0−t )(x0)

[2c∂u

∂t

∂u

∂ν−

(∂u

∂t

)2

− c2|∇u|2 −γu2]

.

Ma

2c∂u

∂t

∂u

∂ν−

(∂u

∂t

)2

− c2|∇u|2 ≤ 2c

∣∣∣∣∂u

∂t

∣∣∣∣ |∇u|−(∂u

∂t

)2

− c2|∇u|2

=−(∣∣∣∣∂u

∂t

∣∣∣∣− c|∇u|)2

≤ 0,

pertanto e(t ) ≤ 0.

TEOREMA 5.4. Esiste al più una soluzione in C 2(Rd × [0,∞)) del problema(5.1).

DIMOSTRAZIONE. La differenza u = u1−u2 di due soluzioni u1, u2 dello stes-so problema soddisfa l’equazione omogenea con dati iniziali nulli. Quindi ad usi applica il lemma precedente e si ricava e(t ) ≤ 0 per ogni (x0, t0); ma avendodati iniziali nulli è anche e(0) = 0, da cui, essendo e(t ) ≥ 0, ricaviamo che e(t ) = 0per ogni t ∈ [0, t0]. Per continuità segue che u(x0, t0) = 0 necessariamente.

In verità abbiamo dimostrato un risultato più forte. Fissato (x0, t0) siano u1,u2 due soluzioni del problema (5.1) di dati iniziali g1,h1 e g2,h2 e forzanti f1, f2

tali che

g1(x) = g2(x), h1(x) = h2(x) ∀x ∈ Bct0 (x0),

f1(x, t ) = f2(x, t ) ∀ (x, t ) ∈Cx0,t0 .

Lo stesso argomento implica in questo caso che u1(x0, t0) = u2(x0, t0). Quindila velocità di propagazione di un segnale (o perturbazione) è finita e stimatadal parametro c. Altrimenti detto, se modifichiamo dati iniziali e forzanti al difuori del cono retrogrado di un punto (x0, t0) la soluzione in quel punto rimaneinvariata.

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Page 77: Note del corso di Fisica Matematica

5.2 SEPARAZIONE DELLE VARIABILI PER PROBLEMI IN DOMINI LIMITATI 73

5.2. Separazione delle variabili per problemi in domini limitati

Per risolvere il problema di Cauchy-Dirichlet (o Neumann-Dirichlet) omo-geneo in un dominio limitato Ω con condizioni al bordo omogenee si può pro-cedere (almeno formalmente) con il metodo di Fourier come fatto nel caso del-l’equazione della corda finita. Per brevità limitiamoci a considerare il caso del-l’equazione delle onde pura (γ= 0) ed omogenea ( f = 0). Si cerca pertanto la so-luzione come espansione in un sistema di autofunzioni per il relativo problemaagli autovalori. Tale problema è ovviamente

∆v =λv in Ω,

v(x) = 0 per x ∈ ∂Ω,(5.6)

per il problema di Dirichlet, e∆v =λv in Ω,∂v

∂ν(x) = 0 per x ∈ ∂Ω,

(5.7)

per il problema di Neumann.

Se determiniamo un insieme numerabile λn , vn(x) di autofunzioni e auto-valori possiamo provare a cercare la soluzione nella forma

u(x, t ) =∑n

Wn(t )vn(x),

con Wn(t ) soluzione di Wn(t ) = λnc2Wn(t ). Le condizioni iniziali Wn(0), Wn(0)sono supposte essere determinate richiedendo che

g (x) = u(x,0) =∑n

Wk (0)vn(x), h(x) = ∂u

∂t(x,0) =∑

nWn(0)vn(x).

Pur non entrando nella teoria generale sul problema agli autovalori, segnaliamoche sotto opportune ipotesi di regolarità sul dominio Ω è possibile dimostrareche entrambi i problemi (5.6) e (5.7) ammettono un sistema di autofunzioni eautovalori vn(x),λn con le seguenti proprietà:

(Dirichlet): 0 >λ1 >λ2 > . . . >λn →−∞,∫Ωdx v j (x)vk (x) = 0 se j 6= k.

(Neumann): 0 = λ0 > λ1 > λ2 > . . . > λn →−∞, v0(x) = 1,∫Ωdx v j (x)vk (x) =

0 se j 6= k.

In particolare, le Wn(t ) per n ≥ 1 sono oscillatori armonici di frequenzaωn =√−λnc2. Inoltre, per l’ortogonalità delle autofunzioni, i dati iniziali Wn(0) e

Wn(0) sono effettivamente determinati in termini di g e h, precisamente,

Wn(0) =∫Ωdx g vn∫Ωdx v2

n, Wn(0) =

∫Ωdx hvn∫Ωdx v2

n.

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74 EQUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1

Alcune delle proprietà sopra esposte seguono dal fatto che il laplaciano conle condizioni al bordo di Dirichlet/Neumann omogenee è un operatore simme-trico non positivo sullo spazio di Hilbert L2(Ω) delle funzioni su Ω a quadratosommabile. Infatti, se la coppia ψ,φ ∈ C 2(Ω) soddisfa le condizioni di Dirichletomogenee oppure quelle di Neumann omogenee allora∫

Ωdxψ∆φ=

∫∂Ω

dσψ∂φ

∂ν−

∫Ω

dx∇ψ ·∇φ=−∫Ω

dx∇ψ ·∇φ.

Pertanto, riscrivendo la precedente identità invertendo i ruoli di φ,ψ, conclu-diamo che ∫

Ωdxψ∆φ=

∫Ω

dx∆ψφ=−∫Ω

dx∇ψ ·∇φ,

che dimostra la simmetria e la non positività (ovvero che∫Ωdxψ∆ψ≤ 0 per ogni

ψ che soddisfa le condizioni di Dirichlet/Neumann omogenee). In particolare,se supponiamo esistere il sistema λn , vn(x), deve aversi

λn

∫Ω

dx vn vk =∫Ω

dx∆vn vk =−∫Ω

dx∇vn ·∇vk ∀n,k,

da cui

i) (λn −λk )∫Ωdx vn vk = 0, che implica

∫Ωdx vn vk = 0 per n 6= k.

ii) λn∫Ωdx v2

n =−∫Ωdx |∇vn |2, che implica λn ≤ 0. Inoltre λn = 0 è possibile

se e solo se vn è costante, che nel caso delle condizioni di Dirichlet implica lasoluzione banale vn = 0, dunque l’assenza dell’autovalore nullo, mentre nel casodelle condizioni di Neumann l’autovalore λ0 = 0 con v0(x) = 1 è presente.

Concludiamo la sezione con l’analisi delle vibrazioni libere di una mem-brana rettangolare, in cui il metodo di separazione delle variabili permette dicalcolare la soluzione formale del problema in modo esplicito. Precisamente,consideriamo il problema di Cauchy-Dirichlet,

∂2u

∂t 2 = c2∆u in Ω×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈Ω,

u(x, t ) = 0 per (x, t ) ∈ ∂Ω× [0,∞),

(5.8)

dove Ω = x ∈ R2 : x1 ∈ (0,L1), x2 ∈ (0,L2) con L1,L2 > 0 assegnati. Dobbiamoquindi cercare tutte le soluzioni (λ,V ) del problema agli autovalori,

∆V (x) =λV (x) se x ∈Ω,V (x) = 0 se x ∈ ∂Ω.

(5.9)

Cerchiamo anche la soluzione di tale problema per separazione delle variabili.Se V (x) = X (x1)Y (x2) è soluzione allora

X ′′(x1)Y (x2)+X (x1)Y ′′(x2) =λX (x1)Y (x2),X (0) = X (L1) = Y (0) = Y (L2) = 0.

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5.3 FORMULA DI KIRCHHOFF 75

Laddove X (x1)Y (x2) 6= 0 possiamo riscrivere la prima equazione nella forma

X ′′(x1)

X (x1)=λ− Y ′′(x2)

Y (x2).

Pertanto i due membri della precedente equazione devono essere uguali ad unacostante. Detta µ tale costante concludiamo che X ,Y sono soluzioni dei proble-mi agli autovalori,

X ′′(x1) =µX (x1),X (0) = X (L1) = 0,

Y ′′(x2) = (λ−µ)Y (x2),Y (0) = Y (L1) = 0,

Sappiamo risolvere questi problemi, precisamente

Xn(x1) = sin

(nπ

L1x1

), µn =−n2π2

L21

, n ≥ 1,

Yk (x2) = sin

(kπ

L2x2

), λn,k −µn =−k2π2

L22

, k ≥ 1.

Troviamo in tal modo un’infinità di soluzioni (Vn,k ,λn,k ) del problema (5.9), in-dicizzata dai due interi n,k ≥ 1,

Vn,k (x) = sin

(nπ

L1x1

)sin

(kπ

L2x2

), λn,k =−π2

(n2

L21

+ k2

L22

).

La soluzione del problema (5.8) si può cercare quindi come sovrapposizione,

u(x, t ) = ∑n,k≥1

Wn,k (t )Vn,k (x),

con Wn,k (t ) soluzioni di Wn,k (t ) =λn,k c2Wn,k (t ), ovvero

Wn,k (t ) = An,k cos(ωn,k t )+Bn,k sin(ωn,k t ), ωn,k =πc

√n2

L21

+ k2

L22

.

Le costanti An,k , Bn,k si determinano imponendo le condizioni iniziali e sonopertanto legate ai coefficienti dello sviluppo in serie doppia di seni delle funzionig (x) e h(x).

5.3. Formula di Kirchhoff

In questa sezione costruiamo la soluzione esplicita del problema di Cauchyglobale per l’equazione delle onde omogenea in dimensione d = 3.

TEOREMA 5.5. Siano g ∈ C 3(R3) e h ∈ C 2(R3). Allora l’unica soluzione inC 2(R3 × [0,∞)) del problema di Cauchy

∂2u

∂t 2 = c2∆u in R3 ×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈R3,

(5.10)

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Page 80: Note del corso di Fisica Matematica

76 EQUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1

è data dalla formula di Kirchhoff,

u(x, t ) = ∂

∂t

[1

4πc2t

∫Sct (x)

dσ(y) g (y)

]+ 1

4πc2t

∫Sct (x)

dσ(y)h(y).

Scomponiamo la dimostrazione del teorema in tre lemmi. Premettiamo unadefinizione. Per ogni funzione numerica ϕ ∈C (R3) indichiamo con

Mϕ(x,r ) := 1

4πr 2

∫Sr (x)

dσ(y)ϕ(y)

la media aritmetica della funzione ϕ sulla superficie sferica Sr (x). Osserviamoda subito che con il cambiamento di variabili y = x + r n, n ∈ S1(0), essa puòessere scritta nella forma equivalente

Mϕ(x,r ) = 1

∫S1(0)

dσ(n)ϕ(x + r n).

LEMMA 5.6. Se ϕ ∈ C 2(R3) allora Mϕ ∈ C 2(R3 × [0,∞)) ed è soluzione delproblema

∂2Mϕ

∂r 2 =∆Mϕ− 2

r

∂Mϕ

∂rin Rd ×R+,

Mϕ(x,0) =ϕ(x),∂Mϕ

∂r(x,0) = 0 per x ∈Rd .

DIMOSTRAZIONE. Si ha

∂Mϕ

∂r(x,r ) = 1

∫S1(0)

dσ(n)∇ϕ(x + r n) ·n = 1

4πr 2

∫Sr (x)

dσ(y)∇ϕ(y) ·ν(y)

= 1

4πr 2

∫Br (x)

dy∆ϕ(y),

dove nell’ultima uguaglianza abbiamo applicato il teorema dell divergenza. Per-tanto,

∂2Mϕ

∂r 2 (x,r ) =− 2

4πr 3

∫Br (x)

dy∆ϕ(y)+ 1

4πr 2

∂r

∫ r

0dρ

∫Sρ(x)

dσ(y)∆ϕ(y)

=−2

r

∂Mϕ

∂r(x,r )+ 1

4πr 2

∫Sr (x)

dσ(y)∆ϕ(y).

D’altra parte,

∆Mϕ(x,r ) =∆ 1

∫S1(0)

dσ(n)ϕ(x + r n) = 1

∫S1(0)

dσ(n)∆ϕ(x + r n)

= 1

4πr 2

∫Sr (x)

dσ(y)∆ϕ(y).

Dunque Mϕ(x,r ) soddisfa l’equazione dichiarata. Infine, per il teorema dellamedia, essendo ϕ e ∆ϕ continue,

limr→0+ Mϕ(x,r ) = lim

r→0+1

4πr 2

∫Sr (x)

dσ(y)ϕ(y) =ϕ(x),

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Page 81: Note del corso di Fisica Matematica

5.3 FORMULA DI KIRCHHOFF 77

limr→0+

∂Mϕ

∂r(x,r ) = lim

r→0+1

4πr 2

∫Br (x)

dy∆ϕ(y) = 0.

LEMMA 5.7. Sia ϕ ∈ C 2(R3). Allora l’unica soluzione in C 2(R3 × [0,∞)) delproblema

∂2u

∂t 2 = c2∆u in Rd ×R+,

u(x,0) = 0,∂u

∂t(x,0) =ϕ(x) per x ∈Rd .

è Wϕ(x, t ) = t Mϕ(x,ct ).

DIMOSTRAZIONE. Se Wϕ(x, t ) = t Mϕ(x,ct ) allora

∂Wϕ

∂t(x, t ) = Mϕ(x,ct )+ ct

∂Mϕ

∂r(x,ct ),

e quindi

∂2Wϕ

∂t 2 (x, t ) = c∂Mϕ

∂r(x,ct )+ c

∂Mϕ

∂r(x,ct )+ c2t

∂2Mϕ

∂r 2 (x,ct )

= 2c∂Mϕ

∂r(x,ct )+ c2t

[∆Mϕ(x,ct )− 2

ct

∂Mϕ

∂r(x,ct )

]= c2t∆Mϕ(x,ct ) = c2∆Wϕ(x, t ),

avendo applicato il Lemma 5.6 nella seconda uguaglianza. Infine,

Wϕ(x,0) = t Mϕ(x,ct )∣∣∣

t=0= 0,

∂Wϕ

∂t(x,0) =

[Mϕ(x,ct )+ ct

∂Mϕ

∂r(x,ct )

]t=0

=ϕ(x).

LEMMA 5.8. Se Wϕ ∈ C 3(R3 × [0,∞)) allora v(x, t ) = ∂Wϕ

∂t (x, t ) è l’unica solu-zione in C 2(R3 × [0,∞)) del problema

∂2v

∂r 2 = c2∆v in Rd ×R+,

v(x,0) =ϕ(x),∂v

∂t(x,0) = 0 per x ∈Rd .

DIMOSTRAZIONE. Derivando ambo i membri dell’equazione per Wϕ rispet-to al tempo, dal Lemma 5.7 segue che v(x, t ) soddisfa l’equazione delle onde.Ovviamente, v(x,0) = ϕ(x). Infine, essendo per ipotesi Wϕ due volte derivabilecon continuità fino alla frontiera,

∂v

∂t(x,0) = ∂2Wϕ

∂t 2 (x,0) = limt→0+

∂2Wϕ

∂t 2 (x, t ) = limt→0+ c2∆Wϕ(x, t ) = c2∆Wϕ(x,0) = 0,

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Page 82: Note del corso di Fisica Matematica

78 EQUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1

K

x

d

D

FIGURA 5.3. Distanze minima e massima del punto x dalcompatto K .

dove l’ultima uguaglianza segue dal fatto che Wϕ(x,0) = 0 per ogni x ∈R3.

La dimostrazione della formula di Kirchhoff è ora immediata. Infatti se h ∈C 2(R3) e g ∈ C 3(R3) allora Wh ∈ C 2(R3 × [0,∞)) e Wg ∈ C 3(R3 × [0,∞)). Possia-mo allora applicare i lemmi precedenti. Per il principio di sovrapposizione, lasoluzione del problema (5.10) è quindi

u(x, t ) = ∂Wg

∂t(x, t )+Wh(x, t ) = ∂

∂t

[t Mg (x,ct )

]+ t Mh(x,ct ).

Una scrittura equivalente della formula di Kirchhoff è la seguente. Notiamoche

∂t

[1

4πc2t

∫Sct (x)

dσ(y)g (y)

]= ∂

∂t

[t

∫S1(0)

dσ(n)g (x + ctn)

]= 1

∫S1(0)

dσ(n)g (x + ctn)+ ct

∫S1(0)

dσ(n)∇g (x + ctn) ·n

= 1

4πc2t 2

∫Sct (x)

dσ(y)g (y)+ 1

4πc2t 2

∫Sct (x)

dσ(y)∇g (y) · (y −x),

cosicché

u(x, t ) = 1

4πc2t 2

∫Sct (x)

dσ(y)[g (y)+∇g (y) · (y −x)+ th(y)

].

Concludiamo con tre osservazioni:

1) Poiché appare ∇g , la soluzione può essere meno regolare dei dati iniziali.

2) La formula di Kirchhoff ha senso anche se g ∈C 1(R3) e h è limitata, quindisi presta a fornire una soluzione generalizzata dell’equazione delle onde.

3) Sussiste il Principio di Huygens: La soluzione nel punto (x0, t0) dipendesolo dai valori di g e h sulla superficie sferica Sct0 (x0). In particolare, se g e hhanno supporto in un compatto K di R3, allora u(x, t ) è diversa da zero solo per

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Page 83: Note del corso di Fisica Matematica

5.4 FORMULA DI POISSON 79

t ∈ [tmin, tmax] con

tmin = d

c, tmax = D

c, d = min

y∈K|y −x|, D = max

y∈K|y −x|.

(vedi Figura 5.3). Se definiamo il fronte d’onda (anteriore) al tempo t come lasuperficie che separa i punti che già oscillano da quelli che non oscillano ancora,questa è l’inviluppo dell’unione delle superfici sferiche di centro in ∂K e raggioct . Si può definire anche un fronte d’onda posteriore. I fronti si muovono convelocità c. Il tempo tmin è il passaggio del fronte d’onda anteriore per il puntox, il tempo tmax quello del passaggio del fronte posteriore. Dopo tmax il punto xtorna in quiete a u = 0. Ricordiamo che in dimensione d = 1, se h 6= 0, per t >tmax la soluzione in x torna in quiete ma con u 6= 0. Vedremo che in dimensioned = 2 il principio di Huygens non vale.

5.4. Formula di Poisson

Dalla formula di Kirchhoff segue anche la formula risolutiva di Poisson perl’equazione delle onde in dimensione d = 2.

TEOREMA 5.9. Siano g ∈ C 3(R2) e h ∈ C 2(R2). Allora l’unica soluzione inC 2(R2 × [0,∞)) del problema di Cauchy

∂2u

∂t 2 = c2∆u in R2 ×R+,

u(x,0) = g (x),∂u

∂t(x,0) = h(x) per x ∈R2,

(5.11)

è data dalla formula di Poisson,

u(x, t ) = ∂

∂t

[1

2πc

∫Bct (x)

dyg (y)√

c2t 2 −|x − y |2

]+ 1

2πc

∫Bct (x)

dyh(y)√

c2t 2 −|x − y |2.

Prima di dimostrarlo premettiamo un lemma.

LEMMA 5.10. Sia ϕ ∈ C (R3) tale che ϕ(x, x3) = ϕ(x), dove x = (x1, x2) ∈ R2 eϕ ∈C (R2). Allora anche la media Mϕ non dipende da x3, precisamente

Mϕ(x, x3,r ) = 1

2πr

∫Br (x)

dyϕ(y)√

r 2 −|x − y |2,

(dove Br (x) è la bolla di R2).

DIMOSTRAZIONE. Si ha

Mϕ(x, x3,r ) = 1

∫S1(0)

dσ(n)ϕ(x1 + r n1, x2 + r n2)

= 1

∫S1(0)+

dσ(n)ϕ(x1 + r n1, x2 + r n2)

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Page 84: Note del corso di Fisica Matematica

80 EQUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1

dove S1(0)+ = (n1,n2,n3) ∈ S1(0) : n3 ≥ 0 è la calotta sferica superiore. Ma su

tale superficie n3 =√

1−n21 −n2

2 e pertanto l’elemento di area è

dσ(n) = dn1dn2√1−n2

1 −n22

,

per cui

Mϕ(x, x3,r ) = 1

∫B1(0)

dn1dn2ϕ(x1 + r n1, x2 + r n2)√

1−n21 −n2

2

= 1

2πr

∫Br (x)

dyϕ(y)√

r 2 −|x − y |2.

Possiamo ora dimostrare la formula di Poisson. Definite g (x, x3) = g (x) eh(x, x3) = h(x), indichiamo con u(x, x3, t ) la soluzione del problema (5.10) didati iniziali g , h. Dal lemma precedente e dalla formula di Kirchhoff segue cheu(x, x3, t ) non dipende dalla variabile x3 e pertanto, come funzione delle variabi-li (x, t ) ∈R2×[0,∞), è soluzione del problema (5.11). Inoltre, usando l’espressio-ne per le medie trovata nel lemma, vediamo che la fomula di Kirchhoff si riducein questo caso alla formula di Poisson.

Anche ora abbiamo una scrittura equivalente per la soluzione. Notiamo atal fine che

∂t

[1

2πc

∫Bct (x)

dyg (y)√

c2t 2 −|x − y |2

]= 1

2πc

∂t

[ct

∫B1(0)

dng (x + ctn)p

1−n2

]= 1

∫B1(0)

dng (x + ctn)p

1−n2+ ct

∫B1(0)

dn∇g (x + ctn) ·np

1−n2

= 1

2πct

∫Bct (x)

dyg (y)+∇g (y) · (y −x)√

c2t 2 −|y −x|2.

Pertanto la soluzione del problema (5.11) si scrive,

u(x, t ) = 1

2πct

∫Bct (x)

dyg (y)+∇g (y) · (y −x)+ th(y)√

c2t 2 −|y −x|2.

Come nel caso della formula di Kirchhoff la formula di Poisson mostra che lasoluzione può essere meno regolare dei dati iniziali; inoltre tale formula si prestaad essere interpretata come soluzione generalizzata se g ∈C 1(R2) ed h è limitata.

Per quanto riguarda la dipendenza dai dati iniziali, vediamo che ora la solu-zione in un punto (x0, t0) dipende dai valori dei dati iniziali in tutta la palla pienaBct (x0). In particolare non vale il Principio di Huygens in d = 2: se g , h hannosupporto in un compatto K di R2, definiti tmin, tmax come nella sezione prece-dente, la soluzione u(x, t ) inizia ad oscillare per t > tmin e continua in generale a

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5.5 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE 81

variare nel tempo, anche per t > tmax. In particolare, se t > tmax il compatto K ècontenuto nel dominio di integrazione Bct (x), cosicché

u(x, t ) = 1

2πct

∫K

dyg (y)+∇g (y) · (y −x)+ th(y)√

c2t 2 −|y −x|2∀ t > tmax.

Solo per t → ∞ si ha u(x, t ) → 0. Questo è il motivo per il quale, ad esempio,mentre si possono inviare segnali luminosi istantanei nello spazio (cioè con uninizio e fine segnale), se invece si tira una sasso in uno stagno, un tappo di su-ghero, dopo essere stato raggiunto dal fronte d’onda, inizia ad oscillare sul pelod’acqua senza tornare al riposo in un tempo finito (in verità questo poi succedea causa di fenomeni dissipativi non descritti dall’equazione delle onde).

ESERCIZIO 5.1. Utilizzando il metodo di Duhamel dimostrare che le soluzionidel problema di Cauchy globale per l’equazione d’onda con dati iniziali omogeneie forzante f = f (x, t ) regolare,

∂2u

∂t 2 = c2∆u + f in Rd ×R+,

u(x,0) = 0,∂u

∂t(x,0) = 0 per x ∈Rd ,

sono, rispettivamente,

u(x, t ) = 1

4πc2

∫Bct (x)

dyf(

y, t − |x−y |c

)|x − y | se d = 3,

u(x, t ) = 1

2πc

∫ t

0ds

∫Bc(t−s)(x)

dyf (y, s)√

c2(t − s)2 −|x − y |2se d = 2.

5.5. Sulla velocità di propagazione

Consideriamo l’equazione d’onda generalizzata su R,

∂2u

∂t 2 = c2 ∂2u

∂x2 −γu,

e cerchiamo soluzioni della forma U (x, t ) = A cos(kx −ωt ), ovvero onde viag-gianti armoniche. Sostituendo nell’equazione si verifica immediatamente cheU (x, t ) è soluzione se e solo se i parametri k,ω soddisfano la relazione

ω=ω(k) =√

c2k2 +γ,

detta relazione di dispersione per l’equazione in esame. Nel caso dell’equazioned’onda pura (γ = 0) tale relazione è lineare (ω = ck) ma se γ > 0 questo non è ilcaso e si ha

U (x, t ) = A cos[k(x − ck t )], ck =√

c2k2 +γk

> c.

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82 EQUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1

Quindi ogni onda armonica viaggia con una propria velocità ck (dipendente dalnumero d’onda k) e tale velocità è strettamente maggiore del parametro c cheappare nell’equazione. Quest’ultimo fatto comporta un’apparente contraddi-zione con i risultati della Sezione 5.1, in base ai quali il parametro c è una sti-ma dall’alto della velocità di propagazione dei segnali. In verità non vi è alcunacontraddizione, poiché quei risultati si applicano a dati iniziali localizzati in re-gioni finite dello spazio, mentre il profilo U (x,0) = cos(kx) è distribuito in modoperiodico su tutto l’asse R.

Per meglio comprendere questo fatto è utile analizzare la propagazione diun segnale localizzato, quando questo sia espresso nella forma di un “pacchet-to d’onda”. Più precisamente, supponiamo che il dato iniziale abbia la formaseguente,

u(x,0) = g (x) =∫

dk A(k)cos(kx),

∂u

∂t(x,0) = h(x) =

∫dkω(k)A(k)sin(kx),

(5.12)

con A ∈C∞(R) tale

lim|k|→∞

∣∣∣∣km dn A

dkn (k)

∣∣∣∣= 0 ∀n,m = 0,1,2, . . .

Chiaramente g ,h ∈C∞(R) e integrando per parti si verifica facilmente che con-dividono con A anche la proprietà di decadimento all’infinito,

lim|x|→∞

∣∣∣∣xm dn g

dxn (x)

∣∣∣∣= 0, lim|x|→∞

∣∣∣∣xm dnh

dxn (x)

∣∣∣∣= 0 ∀n,m = 0,1,2, . . .

Pertanto, sebbene in generale non a supporto compatto, interpretiamo g ,h co-me dati iniziali localizzati, in virtù del loro rapido decadimento all’infinito. Siosservi che stiamo assumendo, per brevità, che la funzione g sia pari. Nel casopiù generale avremmo richiesto che

g (x) =∫

dk A(k)cos(kx)+∫

dk B(k)sin(kx).

Tale scrittura è detta integrale di Fourier della funzione g . Come per la serie diFourier, esiste una teoria dell’integrale di Fourier. In particolare, sotto oppor-tune ipotesi sulla funzione g , tale rappresentazione integrale è ben definita edi coefficienti A(k),B(k) sono univocamente determinati. Non discuteremo taleteoria in queste note.

Dalla (5.12), per il principio di sovrapposizione la soluzione si scrive,

u(x, t ) =∫

dk A(k)cos[kx −ω(k)t ]. (5.13)

Infatti, per le ipotesi sulla funzione A(k), il membro di destra può essere derivatosotto il segno di integrale un numero arbitrario di volte rispetto alle variabili x, t ,da cui si verifica in particolare che soddisfa l’equazione ed i dati iniziali. Da

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5.5 SULLA VELOCITÀ DI PROPAGAZIONE 83

questa espressione si comprende il motivo del nome “relazione di dispersione”perω(k). Infatti, se tale relazione non è lineare, la velocità di ciascuna armonicaè diversa ed il pacchetto si “disperde” durante la sua evoluzione: al tempo t > 0la soluzione u(x, t ) non è una semplice traslazione del profilo iniziale g (x).

D’altra parte, se la funzione A(k) è molto piccata intorno ad un valore k0,solo le armoniche vicine a k0 contribuiscono in modo significativo all’integra-le, cosicché per tempi non troppo lunghi il pacchetto viene deformato poco e lasua evoluzione consiste principalmente in una traslazione. Vogliamo allora ve-rificare che tale traslazione avviene con una velocità inferiore a c, dunque com-patibile con la stima sulla velocità di propagazione. Per fissare le idee, scegliamoil pacchetto d’onda con

A(k) = Aε(k) = 1pπε

exp

[− (k −k0)2

ε

], ε> 0.

Dunque, con la sostituzione k = k0 +pεq ,

g (x) =∫

dk1pπε

exp

[− (k −k0)2

ε

]cos(kx) =

∫dq

1pπ

e−q2cos(k0x +p

εqx)

= cos(k0x)∫

dq1pπ

e−q2cos(

pεqx)− sin(k0x)

∫dq

1pπ

e−q2sin(

pεqx)

= cos(k0x)exp

[−1

4εx2

].

Nell’ultimo passaggio si è sfruttato che il secondo integrale è nullo per disparitàe che ∫

dq1pπ

e−q2cos(λq) = exp

[−λ

2

4

]∀λ ∈R. (5.14)

Questa uguaglianza si verifica facilmente utilizzando il metodo dei residui. Talemetodo presuppone però la conoscenza della teoria delle funzioni di variabilecomplessa. Poiché tale conoscenza non è supposta nota al lettore, daremo percompletezza una prova alternativa al termine della sezione. Vogliamo ora stu-diare l’evoluzione quando ε è piccolo. Infatti, per ε→ 0 la funzione Aε(k) tendealla delta di Dirac centrata in k0, mentre g (x) si delocalizza e tende all’armonicapura cos(k0x). Sostituendo in (5.13), sviluppando nel parametro piccolo

pε e

ragionando analogamente a sopra si ha,

u(x, t ) =∫

dk1pπε

exp

[− (k −k0)2

ε

]cos(kx −ω(k)t )

=∫

dq1pπ

e−q2cos

[(k0 +

pεq)x −ω(k0 +

pεq)t

]=

∫dq

1pπ

e−q2cos

[k0x −ω(k0)t + (x −ω′(k0)t )

pεq

]+O(εq2)

= cos[k0x −ω(k0)t ]∫

dq1pπ

e−q2cos[(x −ω′(k0)t )

pεq]+O(ε),

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Page 88: Note del corso di Fisica Matematica

84 EQUAZIONE DELLE ONDE IN DIMENSIONE d > 1

dove O(ε) = ∫dq 1p

πe−q2

O(εq2). Pertanto, utilizzando nuovamente la (5.14),

u(x, t ) = cos[k0x −ω(k0)t ]exp

[−1

4ε(x −ω′(k0)t

)2]+O(ε).

Nell’evoluzione del pacchetto distinguiamo quindi due differenti grandezze ci-nematiche: la velocità di fase ck0 = ω(k0)/k0 e la velocità di gruppo cg = ω′(k0).La prima è la velocità con la quale si muovono, ad esempio, le creste delle oscil-lazioni all’interno del pacchetto. La seconda invece è la velocità con cui trasla ilpacchetto nel suo insieme. Come preannunciato,

ω′(k0) = c2k0√c2k2

0 +γ≤ c

(dove l’uguaglianza sussiste solo nel caso dell’equazione pura, quando γ= 0).

Verifichiamo infine l’identità (5.14). Utilizzando lo sviluppo in serie di Taylordel coseno, ∫

dq1pπ

e−q2cos(λq) = ∑

n≥0(−1)n λ2n

(2n)!

∫dq

1pπ

e−q2q2n .

D’altra parte,∫dq

1pπ

e−q2q2n = (−1)n

[dn

dyn

∫dq

1pπ

e−yq2]

y=1= (−1)n

[dn

dyn

1py

]y=1

= (2n −1)!!

2n ,

cosicché ∫dq

1pπ

e−q2cos(λq) = ∑

n≥0(−1)n λ2n

(2n)!

(2n −1)!!

2n = ∑n≥0

(−λ2)n

2n(2n)!!

= ∑n≥0

1

n!

(−λ2

4

)n

= exp

[−λ

2

4

],

avendo utilizzato le ovvie identità,

(2n)!

(2n −1)!!= (2n)!! = 2nn!

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Page 89: Note del corso di Fisica Matematica

CAPITOLO 6

Introduzione alla teoria del potenziale

6.1. Considerazioni generali

Affrontiamo qui lo studio dell’equazione di Laplace∆u = 0 e della sua versio-ne non omogenea, l’equazione di Poisson∆u+ f = 0, dove u = u(x) è la funzioneincognita, x ∈Rd ed f = f (x) è una funzione assegnata. Le soluzioni di tali equa-zioni descrivono, ad esempio, le posizioni di equilibrio di una membrana (d = 2)o di un solido elastico (d = 3) sottoposti alla forzante f , oppure il campo di tem-peratura di un corpo in equilibrio termico in presenza della sorgente di calore f .Tali equazioni emergono anche in altri contesti della Fisica e delle scienze appli-cate. Un ulteriore esempio si ha in Elettromagnetismo: il campo elettrostaticoE(x) generato da una distribuzione di carica elettrica ρ(x) soddisfa l’equazionedivE = 4πρ; poiché rotE = 0 esiste almeno localmente un potenziale u = u(x)tale che E =−∇u. Pertanto u soddisfa l’equazione di Poisson ∆u +4πρ = 0.

Come già visto per l’equazione d’onda, e come suggerito dalle varie inter-pretazioni fisiche possibili delle soluzioni dell’equazione, siamo condotti a for-mulare il problema in dominiΩ⊂Rd e per la buona posizione del problema oc-corre aggiungere delle condizioni al bordo (o condizioni limite). In particolare,consideriamo il problema di Dirichlet,

∆u + f = 0 in Ω,

u(x) = g (x) per x ∈ ∂Ω,(6.1)

ed il problema di Neumann,∆u + f = 0 in Ω,∂u

∂ν(x) = b(x) per x ∈ ∂Ω,

(6.2)

dove g (x),b(x) sono funzioni assegnate e ∂u∂ν è la derivata normale di u sulla fron-

tiera come definita in (5.3), avendo indicato conν(x) la normale alla frontiera ∂Ωnel punto x ∈ ∂Ω, diretta verso l’esterno diΩ. QualoraΩ=Rd , o comunqueΩ siaun dominio illimitato, occorrerà specificare anche il comportamento della solu-zione per |x| →∞, ad esempio u(x) → C quando |x| →∞ per qualche costanteC assegnata.

85

Page 90: Note del corso di Fisica Matematica

86 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

Studieremo qui solo il problema di Dirichlet (6.1), il problema di Neumannpresenta maggiori difficoltà. È sufficiente considerare separatamente il proble-ma omogeneo con condizioni al bordo non omogenee,

∆u = 0 in Ω,

u(x) = g (x) per x ∈ ∂Ω,(6.3)

ed il problema non omogeneo con condizioni al bordo omogenee,∆u + f = 0 in Ω,

u(x) = 0 per x ∈ ∂Ω,(6.4)

poiché allora u = u1 +u2, con u1 soluzione di (6.3) ed u2 soluzione di (6.4), èsoluzione di (6.1).

Una soluzione classica del problema (6.1) è una funzione u ∈ C 2(Ω)∩C (Ω)che verifica l’equazione in Ω e soddisfa le condizioni al bordo su ∂Ω. Una fun-zione u ∈ C 2(Ω) è detta armonica nel dominio Ω se ivi soddisfa l’equazione diLaplace ∆u = 0. Dunque risolvere (6.3) equivale a determinare una funzionearmonica nel dominio Ω, che sia continua fino alla frontiera ed ivi assuma unprefissato valore g (x).

6.2. Analisi del problema unidimensionale

Nel caso unidimensionale, senza perdere di generalità, possiamo assumereΩ= (0,L), L > 0, cosicché i problemi (6.3) e (6.4) si scrivono in questo caso,

u′′ = 0 in (0,L),u(0) = a1, u(L) = a2,

(6.5)

u′′+ f = 0 in (0,L),u(0) = 0, u(L) = 0.

(6.6)

Il problema (6.5) ha banalmente soluzione u(x) = a1 + a2−a1L x. Per il problema

(6.6) osserviamo che l’equazione u′′+ f = 0 ha integrale generale

u(x) =C1 +C2x +∫ x

0dy (y −x) f (y).

Possiamo ora determinare le costanti C1,C2 imponendo le condizioni al bordou(x) = u(L) = 0. Si trova immediatamente che

C1 = 0, C2 = 1

L

∫ L

0dy (L− y) f (y).

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Page 91: Note del corso di Fisica Matematica

6.2 ANALISI DEL PROBLEMA UNIDIMENSIONALE 87

Pertanto la soluzione del problema (6.6) è

u(x) =x

L

∫ L

0dy (L− y) f (y)+

∫ x

0dy (y −x) f (y)

=∫ x

0dy

[x(L− y)

L+ (y −x)

]f (y)+

∫ L

xdy

x(L− y)

Lf (y)

=∫ x

0dy

(L−x)y

Lf (y)+

∫ L

xdy

x(L− y)

Lf (y)

=∫ L

0dy G(x, y) f (y),

avendo definito la funzione di Green del problema,

G(x, y) =

x(L− y)

Lse x < y,

(L−x)y

Lse x > y.

Vogliamo ora mostrare che la funzione di Green può essere interpretata essastessa come soluzione di un’equazione di Poisson, precisamente nel caso incui la forzante f è rimpiazzata dalla distribuzione δ di Dirac concentrata in y .Osserviamo che le seguenti proprietà di G seguono immediatamente dalla suadefinizione,

• G ∈C ([0,L]× [0,L]), definendo G(x, x) = (L−x)x/L sulla diagonale (G ècontinua su tutto il quadrato [0,L]× [0,L]);

• G(x, y) =G(y, x) per ogni x, y ∈ [0,L], (G è simmetrica);

• G(0, y) = G(L, y) per ogni y ∈ [0,L] (G soddisfa le condizioni al bordoomogenee);

• ∂2G

∂x2 (x, y) = 0 per ogni x 6= y (G è armonica fuori la diagonale);

• ∂G

∂x(y+, y) − ∂G

∂x(y−, y) = −1 (la derivata ∂G

∂x (x, y) ha un salto quando

attraversa la diagonale).

Come funzione ordinaria la derivata seconda ∂2G∂x2 (x, y) è nulla su tutto l’interval-

lo [0,L] ad esclusione del punto x = y . D’altra parte, poiché per x 6= y

∂G

∂x(x, y) = L− y

L−H (x − y),

con H (x) la funzione di Heavyside, ci aspettiamo che, nel senso delle distribu-

zioni, ∂2G∂x2 (x, y) =−δy (x), con δy (x) la delta di Dirac concentrata in x = y , intro-

dotta in Sezione 3.5. L’unica differenza, poiché lavoriamo sull’intervallo [0,L],è che le distribuzioni vanno qui intese come funzionali lineari continui sullospazio

D(0,L) = ϕ ∈C∞(R) : supp(ϕ) ⊂ (0,L)

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Page 92: Note del corso di Fisica Matematica

88 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

delle funzioni di prova con supporto interno all’intervallo aperto (0,L).

Mostriamo che effettivamente ∂2G∂x2 (x, y) =−δy (x). Dobbiamo verificare che∫

dx G(x, y)ϕ′′(x) =−ϕ(y) ∀ y ∈ [0,L] ∀ϕ ∈D(0,L).

In effetti, dalla definizione di G(x, y), integrando per parti,∫dx G(x, y)ϕ′′(x) =

∫ y

0dx

x(L− y)

Lϕ′′(x)+

∫ L

ydx

(L−x)y

Lϕ′′(x)

=[

x(L− y)

Lϕ′(x)

]x=y

x=0− L− y

L

∫ y

0dxϕ′(x)

+[

(L−x)y

Lϕ′(x)

]x=L

x=y+ y

L

∫ L

ydxϕ′(x)

= y(L− y)

Lϕ′(y)− L− y

Lϕ(y)− y(L− y)

Lϕ′(y)− y

Lϕ(y)

=−ϕ(y).

Quindi abbiamo trovato che la soluzione del problema (6.6) si scrive nella for-ma u(x) = ∫ L

0 dy G(x, y) f (y), con x 7→G(x, y) soluzione del problema di Poissongeneralizzato,

∂2G

∂x2 (x, y)+δy (x) = 0 x, y ∈ (0,L),

G(0, y) =G(L, y) = 0 y ∈ (0,L),(6.7)

in cui la forzante è la distribuzione δy .

Per capire meglio questo risultato possiamo derivarlo in modo più astrat-to, ragionando nella seguente manera. Se u(x) è soluzione del problema (6.6),dunque u′′+ f = 0, allora∫ L

0dx [u′′(x)+ f (x)]ϕ(x) = 0 ∀ϕ ∈D(0,L),

da cui, integrando per parti,∫ L

0dx u(x)ϕ′′(x)+ f (x)ϕ(x) = 0 ∀ϕ ∈D(0,L).

Se ora cerchiamo la soluzione nella forma u(x) = ∫ L0 dy G(x, y) f (y), allora deve

aversi ∫ L

0dx

[∫ L

0dy G(x, y) f (y)ϕ′′(x)+ f (x)ϕ(x)

]= 0 ∀ϕ ∈D(0,L),

ovvero ∫ L

0dy f (y)

[∫ L

0dx G(x, y)ϕ′′(x)+ϕ(y)

]= 0 ∀ϕ ∈D(0,L).

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Page 93: Note del corso di Fisica Matematica

6.3 APPROCCIO AL PROBLEMA IN DIMENSIONE MAGGIORE DI UNO 89

Perché la precedente identità sia verificata per qualsiasi forzante f , l’espres-sione tra parentesi quadre, che è una funzione continua di y , deve annullarsiidenticamente, dunque∫ L

0dx G(x, y)ϕ′′(x)+ϕ(y) = 0 ∀ϕ ∈D(0,L) ∀ y ∈ [0,L],

ovvero G(x, y) deve soddisfare ∂2G∂x2 (x, y)+δy (x) = 0. Inoltre, sempre per l’arbitra-

rietà di f , la condizione al bordo u(0) = u(L) = 0 implica che deve aversi ancheG(0, y) =G(L, y) = 0 per ogni y ∈ [0,L]. In conclusione, se esiste un nucleo risol-vente G(x, y) per il problema (6.6) allora esso deve necessariamente risolvere ilproblema (6.7).

ESERCIZIO 6.1. Risolvere il problema sulla semiretta,u′′+ f = 0 in R+,

u(0) = 0, supx≥0

|u(x)| <∞,

assumendo che f ∈C ([0,+∞)) sia tale che∫ ∞

0 dy y | f (y)| <∞. Dimostrare inoltreche esiste il limite della soluzione u(x) per x →∞ e calcolarlo.

6.3. Approccio al problema in dimensione maggiore di uno

In dimensione d > 1 la soluzione del problema di Laplace-Dirichlet (6.3)non è immediata come in dimensione d = 1, e sarà oggetto di studio. Antici-piamo però che la soluzione di questo problema permette di risolvere anche ilproblema di Poisson-Dirichlet (6.4). Infatti, ragionando come nel caso unidi-mensionale, questo problema si riduce a determinare la funzione di Green suldominio Ω con condizioni omogenee, ovvero la funzione G(x, y) soluzione delproblema

∆xG(x, y)+δy (x) = 0 x, y ∈Ω,G(x, y) = 0 x ∈ ∂Ω, y ∈Ω,

(6.8)

nel senso che poi la soluzione di (6.4) si scriverà nella forma

u(x) =∫Ω

dy G(x, y) f (y).

Nella prossima sezione calcoleremo esplicitamente la funzione di Green del-l’equazione di Poisson su tutto lo spazio Rd , ovvero la funzione Gd (x, y) taleche

∆xGd (x, y)+δy (x) = 0, x, y ∈Rd .

Se cerchiamo ora la funzione di Green soluzione di (6.8) nella forma G(x, y) =Gd (x, y)+γ(x, y), allora la funzione incognita γ(x, y) è soluzione del problema di

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Page 94: Note del corso di Fisica Matematica

90 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

Laplace-Dirichlet,∆xγ(x, y) = 0 per x, y ∈Ω,γ(x, y) =−Gd (x, y) per x ∈ ∂Ω, y ∈Ω,

ovvero ci siamo ricondotti ad un problema del tipo (6.3). In Sezione 6.9 talestrategia verrà discussa più in dettaglio.

6.4. Soluzione fondamentale dell’operatore di Laplace

Vogliamo determinare la funzione di Green Gd (x, y) soluzione del problema∆xGd (x, y)+δy (x) = 0 su tutto lo spazio Rd . Sia Φd (x), detta soluzione fonda-mentale dell’operatore di Laplace, la soluzione del problema

∆Φd (x)+δ(x) = 0

Questo significa cheΦd (x) è una funzione armonica in Rd \ 0 tale che∫dx∆ϕ(x)Φd (x) =−ϕ(0) ∀ϕ ∈D(Rd ),

dove D(Rd ) è lo spazio delle funzioni di prova su Rd , ovvero l’insieme delle fun-zioniϕ :Rd →R infinitamente derivabili e con supporto compatto. ChiaramenteΦd (x) =Gd (x,0) per definizione. Asseriamo ora che

Gd (x, y) =Gd (x − y,0) =Φd (x − y)

e che la soluzione fondamentaleΦd (x) dipende unicamente da |x|.Per mostrare queste affermazioni sfruttiamo il fatto che l’operatore di Lapla-

ce commuta con il gruppo isometrie di Rd . Questo significa che se definiamo,per ogni funzione f su Rd , vettore ξ ∈Rd e matrice ortogonale R,

fξ,R (x) = f (ξ+Rx),

allora

∆ fξ,R (x) = (∆ f )ξ,R (x).

In effetti, usando la ciclicità della traccia e che RRT = I ,

∆ fξ,R (x) = Tr[D2 fξ,R (x)] = Tr[RT D2 f (ξ+Rx)R]

= Tr[D2 f (ξ+Rx)] =∆ f (ξ+Rx) = (∆ f )ξ,R (x),

dove D2 f è la matrice hessiana di f . Ne segue in particolare che la funzionex 7→Φd (R(x − y)) è armonica in Rd \ y ed inoltre, per ogni ϕ ∈D(Rd ),∫

dx∆ϕ(x)Φd (R(x − y)) =∫

dx ′∆ϕ(RT x ′+ y)Φd (x ′) =∫

dx ′ (∆ϕ)y,RT (x ′)Φd (x ′)

=∫

dx ′∆ϕy,RT (x ′)Φd (x ′) =−ϕy,RT (0) =−ϕ(y),

dove abbiamo utilizzato che |detR| = 1 nel cambiamento di coordinate. Quindi,assumendo l’unicità della funzione di Green, ne segue che deve aversi Gd (x, y) =

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Page 95: Note del corso di Fisica Matematica

6.4 SOLUZIONE FONDAMENTALE DELL’OPERATORE DI LAPLACE 91

Φd (R(x−y)) per ogni x, y ∈Rd ed ogni matrice ortogonale R. Questo implica cheGd (x, y) =Φd (x−y) e cheΦd (Rx) =Φd (x) per ogni matrice ortogonale R, ovverocheΦd (x) dipende solo dal modulo di x.

Dobbiamo quindi determinare le funzioni armoniche in Rd \ 0 che dipen-dono unicamente da |x|. Supponiamo allora che la funzione φ(x) = ψ(|x|) siaarmonica e scriviamo l’equazione di Laplace in termini di ψ. Si ha

∆φ(x) = div∇ψ(|x|) = div

[ψ′(|x|) x

|x|]=

[∇ψ

′(|x|)|x|

]· x + ψ′(|x|)

|x| div x

=[ψ′′(|x|) x

|x|2 −ψ′(|x|) x

|x|3]· x + d

|x|ψ′(|x|)

=ψ′′(|x|)+ d −1

|x| ψ′(|x|).

Quindi, affinchéφ(x) sia armonica in Rd \0 la funzioneψ(r ) deve risolvere, perr > 0, l’equazione differenziale ordinaria

ψ′′(r )+ d −1

rψ′(r ) = 0,

il cui integrale generale è

ψ(r ) =

C1r +C2 se d = 1,C1 logr +C2 se d = 2,C1r 2−d +C2 se d ≥ 3.

Scegliamo C2 = 0 e C1 =C1(d) come segue, ponendo

Φd (x) =

−1

2 |x| se d = 1,− 1

2π log |x| se d = 2,1

4π |x|−1 se d = 3.

Vedremo che tale scelta implica che ∆Φd (x)+δ(x) = 0 (nel caso d = 1 è ovviopoiché Φ′

1(x) = 12 −H (x) con H (x) la funzione di Heavyside, e quindi Φ′′

1(x) =−δ(x)). Più in generale, si può dimostrare che la soluzione in dimensione d ≥ 3si scrive

Φd (x) = 1

(d −2)σd |x|d−2,

dove σd è l’area della superficie della sfera unitaria in dimensione d . Il signifi-cato fisico nei casi d = 2,3 è ben noto:1) Φ3(x − y) è il potenziale elettrostatico nel punto x dello spazio generato dauna carica elettrica positiva puntiforme posta nel punto y dello spazio;2) −∇xΦ2(x − y) è il campo elettrico nel punto x del piano generato da una di-stribuzione con densità lineare di carica unitaria posta lungo l’asse ortogonaleal piano passante per il punto y del piano medesimo.

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Page 96: Note del corso di Fisica Matematica

92 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

6.5. Formule di Green

Le seguenti formule (o identità) di Green saranno utilizzate ripetutamente.Nel seguito Ω è un dominio limitato di Rd , d = 2,3, con frontiera ∂Ω regolaredi classe C 2. Indichiamo al solito con ν = ν(y) la normale alla frontiera ∂Ω nelpunto y ∈ ∂Ω diretta verso l’esterno diΩ e con ∂

∂ν = ν ·∇ la derivata normale.

I Formula di Green. Se u ∈C 2(Ω)∩C 1(Ω), v ∈C 1(Ω) allora∫Ω

dx v(x)∆u(x) =∫∂Ω

dσ(y) v(y)∂u

∂ν(y)−

∫Ω

dx∇v(x) ·∇u(x).

II Formula di Green. Se u, v ∈C 2(Ω)∩C 1(Ω) allora∫Ω

dx [v(x)∆u(x)−u(x)∆v(x)] =∫∂Ω

dσ(y)

[v(y)

∂u

∂ν(y)−u(y)

∂v

∂ν(y)

].

III Formula di Green (o Formula di rappresentazione integrale di Green). Se u ∈C 2(Ω)∩C 1(Ω) allora

u(x) =∫∂Ω

dσ(y)

[Gd (x, y)

∂u

∂ν(y)−u(y)

∂Gd

∂ν(x, y)

]−

∫Ω

dy Gd (x, y)∆u(y),

dove chiaramente Gd (x, y) =Φd (x − y) e ∂Gd∂ν (x, y) =∇yGd (x, y) ·ν(y).

Per dimostrare la I Formula di Green fissiamo δ> 0 piccolo e poniamoΩδ =x ∈ Ω : dist(x,∂Ω) > δ. Chiaramente Ωδ è un dominio regolare con Ωδ ⊂ Ω.Utilizzando l’identità div(v∇u) =∇v ·∇u + v∆u segue che∫

Ωδ

dx v(x)∆u(x) =∫Ωδ

dx div[v(x)∇u(x)]−∫Ωδ

dx∇v(x) ·∇u(x).

Poiché v∇u ∈C 1(Ωδ;Rd ) possiamo applicare il teorema della divergenza e con-cludere che∫

Ωδ

dx v(x)∆u(x) =∫∂Ωδ

dσ(y) v(y)∂u

∂ν(y)−

∫Ωδ

dx∇v(x) ·∇u(x).

Essendo ora u, v ∈C 1(Ω),

limδ→0

[∫∂Ωδ

dσ(y) v(y)∂u

∂ν(y)−

∫Ωδ

dx∇v(x) ·∇u(x)]

=∫∂Ω

dσ(y) v(y)∂u

∂ν(y)−

∫Ω

dx∇v(x) ·∇u(x).

Pertanto la I Formula di Green è dimostrata con l’attenzione sul fatto che l’inte-grale a primo membro deve essere considerato improprio, ovvero∫

Ωdx v(x)∆u(x) = lim

δ→0

∫Ωδ

dx v(x)∆u(x).

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Page 97: Note del corso di Fisica Matematica

6.5 FORMULE DI GREEN 93

ε

εΩ ε(x)B

ε(x)B

ν

x

= Ω

ν

Ω

FIGURA 6.1. Il dominioΩε =Ω\ Bε(x).

Chiaramente se inoltre u ∈C 2(Ω) allora l’integrale∫Ωdx v(x)∆u(x) ha senso an-

che come integrale proprio.

La II Formula di Green segue banalmente scrivendo la prima identità perentrambe le coppie ordinate (u, v) e (v,u) e sottraendole membro a membro.Rimane da dimostrare la terza. Senza perdere di generalità consideriamo il casod = 3 (il caso d = 2 è analogo e viene lasciato come esercizio), e poniamo persemplicità G(x, y) =G3(x, y), dunque

G(x, y) = 1

4π|x − y | .

Fissato x ∈Ω sia ε > 0 sufficientemente piccolo in modo tale che la bolla Bε(x)abbia chiusura contenuta inΩ, e poniamoΩε =Ω\Bε(x), vedi Figura 6.1. Ovvia-mente G(x, y) è una funzione armonica rispetto alla variabile y nel dominioΩε.Pertanto, dalla II Formula di Green applicata con v(y) = G(x, y), ed osservandoche ∂Ωε = ∂Ω∪∂Bε(x),∫

Ωε

dy G(x, y)∆u(y) =∫∂Ω

dσ(y) [G(x, y)∂u

∂ν(y)−u(y)

∂G

∂ν(x, y)]

+∫∂Bε(x)

dσ(y) [u(y)∂G

∂ν(x, y)−G(x, y)

∂u

∂ν(y)],

(6.9)

dove nel secondo integrale ν è la normale esterna alla bolla Bε(x) e quindi direttainternamente a Ωε (da cui il segno opposto). Ma se y ∈ Bε(x) allora |y − x| = ε eν(y) = y−x

ε ; pertanto

G(x, y) = 1

4πε,

∂G

∂ν(x, y) =− y −x

4πε3 ·ν(y) =− 1

4πε2 ∀ y ∈ ∂Bε(x),

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Page 98: Note del corso di Fisica Matematica

94 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

cosicché, per il teorema della media,∫∂Bε(x)

dσ(y)u(y)∂G

∂ν(x, y) =− 1

4πε2

∫∂Bε(x)

dσ(y)u(y) → u(x) per ε→ 0,∫∂Bε(x)

dσ(y)G(x, y)∂u

∂ν(y) = 1

4πε

∫∂Bε(x)

dσ(y)∂u

∂ν(y) → 0 per ε→ 0.

Infine, avendo G(x, y) in y = x una singolarità integrabile in R3,

limε→0

∫Ωε

dy G(x, y)∆u(y) =∫Ω

dy G(x, y)∆u(y).

Passando al limite per ε→ 0 nella (6.9) troviamo pertanto l’identità cercata.

OSSERVAZIONE 6.1. La III Formula di Green permette di completare la di-mostrazione del fatto che Φd (x), come costruita nella sezione precedente, è ef-fettivamente la soluzione fondamentale, ovvero ∆Φd (x)+δ(x) = 0. Infatti, fis-sata una qualsiasi funzione di prova ϕ ∈ D(Rd ), scegliamo Ω un dominio rego-lare contenente l’origine ed il supporto di ϕ, ed applichiamo la III Formula diGreen alla funzioneϕ nel punto x = 0. L’integrale sulla frontiera diΩ è nullo poi-ché ∂Ω è contenuta nell’insieme complementare del supporto diϕ, dove questafunzione è identicamente nulla. Analogamente, essendo ϕ identicamente nul-la nel complementare di Ω, l’integrale di volume su Ω può essere esteso a tuttoRd . Osservando inoltre che Gd (0, y) = Φd (y), la III Formula di Green si riduceall’identità

ϕ(0) =−∫

dyΦd (y)∆ϕ(y),

che, vista l’arbitrarietà di ϕ, dimostra l’asserto.

6.6. Funzioni armoniche

In questa sezione studiamo le principali proprietà delle funzioni armoniche.In quanto segue indichiamo con Ω un dominio (aperto e connesso) di Rd confrontiera ∂Ω regolare di classe C 2.

LEMMA 6.1. Sia u ∈C 2(Ω)∩C 1(Ω) armonica inΩ. Allora∫∂Ω

dσ(y)∂u

∂ν(y) = 0.

DIMOSTRAZIONE. È sufficiente applicare la I Formula di Green con v = 1.

LEMMA 6.2. Sia u ∈ C 2(Ω)∩C 1(Ω) armonica in Ω. Vale allora la seguenterappresentazione integrale,

u(x) =∫∂Ω

dσ(y)

[Gd (x, y)

∂u

∂ν(y)− ∂Gd

∂ν(x, y)u(y)

].

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Page 99: Note del corso di Fisica Matematica

6.6 FUNZIONI ARMONICHE 95

DIMOSTRAZIONE. È sufficiente applicare la III Formula di Green e notareche l’integrale di volume è nullo poiché ∆u = 0 inΩ.

LEMMA 6.3 (I Teorema della media). Sia u ∈C 2(BR (x0))∩C (BR (x0)) armoni-ca in BR (x0). Allora,

u(x0) = 1

|∂BR (x0)|∫∂BR (x0)

dσ(y)u(y)

(dove quindi |∂BR (x0)| è pari a 2πR [risp. 4πR2] se d = 2 [risp. d = 3]).

DIMOSTRAZIONE. Consideriamo il caso d = 3, se d = 2 il ragionamento è deltutto analogo. Fissiamo 0 < r < R ed applichiamo il Lemma 6.2 alla funzioneu ∈C 2(Br (x0)) armonica in Br (x0) per calcolarne il valore nel centro x0. Poiché

G3(x0, y) = 1

4πr,

∂G3

∂ν(x0, y) =− 1

4πr 2 ∀ y ∈ ∂Br (x0), (6.10)

otteniamo

u(x0) = 1

4πr

∫∂Br (x0)

dσ(y)∂u

∂ν(y)+ 1

4πr 2

∫∂Br (x0)

dσ(y)u(y).

Ma il primo integrale a secondo membro è nullo per il Lemma 6.1, mentre iltermine rimanente è proprio la media aritmetica di u sulla superficie ∂Br (x0).Abbiamo in tal modo dimostrato che

u(x0) = 1

|∂Br (x0)|∫∂Br (x0)

dσ(y)u(y) ∀r ∈ (0,R). (6.11)

Poiché per ipotesi la funzione u è continua su BR (x0), possiamo passare al limitenella precedente uguaglianza per r → R− ed otteniamo la tesi.

LEMMA 6.4 (II Teorema della media). Sia u ∈ C 2(BR (x0))∩C (BR (x0)) armo-nica in BR (x0). Allora,

u(x0) = 1

|BR (x0)|∫

BR (x0)dy u(y)

(dove quindi |BR (x0)| è pari a πR2 [risp. 4πR3/3] se d = 2 [risp. d = 3]).

DIMOSTRAZIONE. Segue dal lemma precedente. Moltiplicando entrambi imembri dell’uguaglianza (6.11) per |∂Br (x0)| ed integrando sull’intervallo [0,R],otteniamo ∫ R

0dr |∂Br (x0)|u(x0) =

∫ R

0dr

∫∂Br (x0)

dσ(y)u(y),

ovvero, per il Teorema di Fubini,

|BR (x0)| u(x0) =∫

BR (x0)dy u(y),

che è la tesi.

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Page 100: Note del corso di Fisica Matematica

96 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

Ω

z1

x0

z2

x1

FIGURA 6.2. Successione di bolle che connette due punti x0 edx1 di Ω, tale che il centro di ciascuna è nella chiusura dellaprecedente.

TEOREMA 6.5 (Principio del massimo). Sia u ∈C 2(Ω)∩C (Ω) armonica inΩ.Se u non è costante inΩ allora essa assume il massimo ed il minimo soltanto sullafrontiera, ovvero

u(x) 6= cost. =⇒ min∂Ω

u < u(x) < max∂Ω

u ∀x ∈Ω.

DIMOSTRAZIONE. Dimostriamo che se u assume il valore massimo in unpunto di Ω allora u è costante. Questo risultato applicato poi alla funzione ar-monica −u implica l’analoga affermazione nel caso in cui u assuma il valoreminimo in un punto diΩ. Supponiamo pertanto che

∃x0 ∈Ω : u(x0) = M = maxΩ

u.

Sia BR0 (x0) una bolla di centro x0 contenuta in Ω (ad esempio quella di raggiopiù grande). Sappiamo che u(x) ≤ M per ogni x ∈ BR0 (x0). D’altra parte, per ilLemma 6.4,

u(x0) = 1∣∣BR0 (x0)∣∣∫

BR0 (x0)dy u(y). (6.12)

Deduciamo da ciò che u(x) = M in tutta la bolla BR0 (x0). Infatti, supponendoper assurdo che esista un punto y ∈ BR0 (x0) tale che u(y) = M −δ, con δ > 0, siha per continuità u(x) < M − 1

2δ in tutta una bolla Bε(y) ⊂ BR0 (x0) di raggio ε

sufficientemente piccolo. Ma allora la media di u sulla bolla BR0 (x0) non è più

grande di M − 12δ

|Bε(y)||BR0 (x0)| < M , in contraddizione con l’uguaglianza (6.12).

Sia ora x1 un qualsiasi altro punto di Ω. Per la connessione di Ω possiamodeterminare una successione finita di bolle BR j (z j ), j = 0, . . . , N , tutte contenuteinΩ e tali che

z0 = x0, zN = x1, z j ∈ BR j−1 (z j−1) ∀ j = 1, . . . N .

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Page 101: Note del corso di Fisica Matematica

6.6 FUNZIONI ARMONICHE 97

Poiché z1 ∈ BR0 (x0) si ha u(z1) = M e quindi, riapplicando il ragionamento sopraesposto, deduciamo che u(x) = M per ogni x ∈ BR1 (z1). Ripetendo l’argomentoN volte concludiamo che u(x1) = M . Vista l’arbitrarietà del punto x1 abbiamopertanto dimostrato che u = M su tuttoΩ.

COROLLARIO 6.6. Se u ∈C 2(Ω)∩C (Ω) è armonica inΩ ed u = 0 in ∂Ω allorau = 0 inΩ. Se u ∈C 2(Ω)∩C 1(Ω) è armonica inΩ e ∂u

∂ν = 0 in ∂Ω allora u è costanteinΩ.

DIMOSTRAZIONE. La prima affermazione segue direttamente dal principiodel massimo. Per dimostrare la seconda affermazione utilizziamo la I Formuladi Green con u = v , ottenendo∫

Ωdx |∇u|2 =

∫∂Ω

dσu∂u

∂ν= 0,

da cui ∇u = 0 inΩ e dunque u è costante inΩ.

COROLLARIO 6.7. Ogni funzione armonica è infinitamente derivabile nel suodominio di armonicità.

DIMOSTRAZIONE. È una conseguenza della formula di rappresentazione in-tegrale delle funzioni armoniche. Sia u ∈ C 2(Ω) armonica in Ω. Scelto un qual-siasi x0 ∈Ω, siano δ> 0 e D un aperto con frontiera regolare tali che

Bδ(x0) ⊂ D ⊂ D ⊂Ω.

Per il Lemma 6.2 si ha, in particolare,

u(x) =∫∂D

dσ(y)

[Gd (x, y)

∂u

∂ν(y)− ∂Gd

∂ν(x, y)u(y)

]∀x ∈ Bδ(x0).

Poiché la distanza di Bδ(x0) dalla frontiera ∂D è positiva, le funzioni Gd (x, y) e∂Gd∂ν (x, y) sono infinitamente derivabili rispetto al parametro x e limitate con tut-

te le loro derivate per (x, y) ∈ Bδ(x0)×∂D . Pertanto è possibile derivare rispettoad x infinite volte l’integrale nel membro di destra della precedente uguaglian-za, dunque u ∈C∞(Bδ(x0)). Per l’arbitrarietà nella scelta di x0, il corollario è cosìdimostrato.

COROLLARIO 6.8. Una funzione armonica non costante non può avere mas-simi o minimi locali all’interno del suo dominio di armonicità.

DIMOSTRAZIONE. Supponiamo per assurdo che esista un punto x0 nel do-minio in cui u è estremale. Potremmo allora determinare un opportuno intornodi x0 dove u sia non costante e raggiunga il suo valore massimo o minimo in x0,in contraddizione con il principio del massimo (applicato in tale intorno).

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Page 102: Note del corso di Fisica Matematica

98 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

COROLLARIO 6.9. Sia u ∈C 2(Ω)∩C (Ω) armonica inΩ. Allora

|u(x)| ≤ max∂Ω

|u| ∀x ∈Ω.

DIMOSTRAZIONE. Segue dal principio del massimo: se u non è costanteallora

|u(x)| < max

∣∣∣∣min∂Ω

u

∣∣∣∣ ;

∣∣∣∣max∂Ω

u

∣∣∣∣= max∂Ω

|u| ∀x ∈Ω.

COROLLARIO 6.10. Sia u ∈C 2(Rd \Ω)∩C (Rd \Ω) armonica inRd \Ω e tale cheu(x) → 0 se |x|→∞. Allora

|u(x)| ≤ max∂Ω

|u| ∀x ∈Rd \Ω.

DIMOSTRAZIONE. Sia R > 0 sufficientemente grande in modo cheΩ⊂ BR (0).Per il Corollario 6.9 applicato in BR (0) \Ω si ha

|u(x)| ≤ max∂Ω∪∂BR (0)

|u| ≤ max∂Ω

|u|+ max∂BR (0)

|u| ∀x ∈ BR (0) \Ω.

Poiché max∂BR (0)

|u|→ 0 per R →∞ l’asserto segue nel limite R →∞.

Concludiamo con un teorema di unicità e stabilità del problema di Laplace-Dirichlet interno per l’equazione di Laplace.

TEOREMA 6.11. Sia Ω un dominio limitato con frontiera regolare e sia g ∈C (∂Ω). Allora il problema Laplace-Dirichlet (6.3) possiede al più una soluzionein C 2(Ω)∩C (Ω). Inoltre, assegnate g1, g2 ∈C (∂Ω), se ug1 ,ug2 ∈C 2(Ω)∩C (Ω) sonosoluzioni classiche dei corrispondenti problemi di Laplace-Dirichlet, si ha

maxΩ

|ug1 −ug2 | = max∂Ω

|g1 − g2|.

DIMOSTRAZIONE. L’unicità segue dalla seconda affermazione per g1 = g2 =g . Quest’ultima affermazione è conseguenza immediata del Corollario 6.9 ap-plicato alla funzione armonica u = ug1 −ug2 .

ESERCIZIO 6.2. Si trovi una funzione armonica u ∈C 2(Ω)∩C (Ω) nel settorebidimensionaleΩ= x ∈R2 : x1 > 0, x2 > 0, x2 < x1 tale che, per x ∈ ∂Ω,

u(x) =

x1 se x = (x1,0),

x21 +2x1 se x1 = x2.

ESERCIZIO 6.3. Siano u ∈ C 2(Ω)∩C (Ω) e v ∈ C 2(ΩB )∩C (ΩB ) due funzioniarmoniche, dove Ω è un dominio (aperto e connesso) del piano e ΩB = Ω \ B ,con B un disco interamente contenuto inΩ. Supponendo che u = v > 0 in ∂Ω ev = 0 in ∂B , si dimostri che u ≥ v inΩB .

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Page 103: Note del corso di Fisica Matematica

6.7 FORMULA INTEGRALE DI POISSON 99

6.7. Formula integrale di Poisson

La questione sull’esistenza della soluzione classica del problema di Laplace-Dirichlet su un dominio generico non è ovvia e non sarà argomento di questenote. Invece, nel caso di domini con particolari simmetrie, il problema può es-sere affrontato con metodi ad hoc, quali la separazione delle variabili, che forni-scono soluzioni esplicite. È questo il caso del disco in d = 2, ovvero della bolla ind = 3, per i quali sussite la Formula di Poisson: la soluzione del problema (6.3)nel caso in cuiΩ= BR (x0) e g ∈C (∂BR (x0)) è

u(x) = R2 −|x −x0|2σd R

∫∂BR (x0)

dσ(y)g (y)

|x − y |d , (6.13)

dove

σd = |∂B1(0)| =

2π se d = 2,

4π se d = 3.

In questa sezione dimostriamo la formula di Poisson nel caso d = 2 utilizzandoil metodo della separazione delle variabili. Più avanti la dimostreremo nel casod = 3 con un metodo differente.

Senza perdere di generalità possiamo considerare il problema di Dirichletnel disco BR (0) centrato nell’origine (la soluzione nel caso generale si ottienecon una semplice traslazione). Osserviamo che in coordinate polari (r,θ) il datoal bordo dipende solo dalla variabile angolare,

g (y) = g (R cosθ,R sinθ) =: g (θ), y ∈ ∂BR (0).

Pertanto possiamo cercare di separare le variabili r e θ. A tal fine occorre espri-mere l’operatore di Laplace in tali coordinate. Introduciamo i versori

er = cosθe1 + sinθe2, eθ =−sinθe1 +cosθe2,

dove e1,e2 è la base canonica di R2. In particolare,

x =(

r cosθr sinθ

)= r er ,

der

dθ= eθ,

deθdθ

=−er , er ·eθ = 0. (6.14)

Sia ora F (x) una funzione scalare ed indichiamo con F (r,θ) la sua espressione incoordinate polari, dunque F (r,θ) := F (r cosθ,r sinθ). Poiché d x = dr er +r dθeθ,si ha

dF =∇F ·d x = (∇F ·er )dr + (r∇F ·eθ)dθ.

D’altra parte,

dF = dF = ∂F

∂rdr + ∂F

∂θdθ,

e pertanto∂F

∂r=∇F ·er ,

∂F

∂θ= r∇F ·eθ.

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Page 104: Note del corso di Fisica Matematica

100 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

Altrimenti detto, l’operatore gradiente in coordinate polari si scrive

∇= er∂

∂r+eθ

1

r

∂θ.

Ne segue allora che

∆F = div∇F =∇·∇F =(er

∂r+eθ

1

r

∂θ

)·(er∂F

∂r+eθ

1

r

∂F

∂θ

)= ∂2F

∂r 2 + 1

r

∂F

∂r+ 1

r 2

∂2F

∂θ2 ,

dove abbiamo utilizzato le proprietà dei versori er ,eθ dettagliate in (6.14). Con-cludiamo che l’operatore di Laplace in coordinate polari assume la forma se-guente,

∆= ∂2

∂r 2 + 1

r

∂r+ 1

r 2

∂2

∂θ2 .

Cerchiamo ora delle funzioni armoniche nel disco che abbiano la formadi prodotto di funzioni di una sola variabile, dunque u(r,θ) = v(r )χ(θ). So-stituendo nell’equazione di Laplace ed utilizzando l’espressione trovata per illaplaciano in coordinate polari otteniamo

r 2v ′′(r )χ(θ)+ r v ′(r )χ(θ)+ v(r )χ′′(θ) = 0,

da cui, laddove v(r )χ(θ) 6= 0,

χ′′(θ)

χ(θ)=−r 2v ′′(r )+ r v ′(r )

v(r ).

Deve allora esistere una costante di separazione λ tale che

χ′′(θ) =λχ(θ), r 2v ′′(r )+ r v ′(r )+λv(r ) = 0.

Perché la prima equazione dia luogo a soluzioni 2π-periodiche (θ è una variabileangolare) è necessario che sia λ=−n2 con n un intero non negativo. Otteniamoin tal modo la famiglia di soluzioni periodiche

χn(θ) = an cos(nθ)+bn sin(nθ), n ≥ 0.

In corrispondenza a ciascun intero n l’equazione per la funzione v(r ) si scrive,

r 2v ′′(r )+ r v ′(r )−n2v(r ) = 0.

Per n = 0 si risolve per separazione delle variabili e si ottiene l’integrale generalev0(r ) = C0 +D0 logr , mentre per n ≥ 1 con la sostituzione di Eulero s = logr siriduce ad un’equazione a coefficienti costanti il cui integrale generale è vn(r ) =Cnr n +Dnr−n . Poiché siamo interessati a funzioni regolari anche nell’originedobbiamo scegliere Dn = 0 per ogni n ≥ 0. In definitiva, rinominando le costantiarbitrarie, abbiamo ottenuto la seguente famiglia di funzioni armoniche,

U0(θ) = A0

2, Un(θ) = [An cos(nθ)+Bn sin(nθ)]r n , n ≥ 1.

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Page 105: Note del corso di Fisica Matematica

6.7 FORMULA INTEGRALE DI POISSON 101

Possiamo ora cercare la soluzione del problema con dato al bordo fissato nellaforma di sovrapposizione delle Un ,

u(r,θ) = A0

2+ ∑

n≥1[An cos(nθ)+Bn sin(nθ)]r n , 0 < r < R.

Imponendo le condizioni al bordo troviamo,

g (θ) = A0

2+ ∑

n≥1[An cos(nθ)+Bn sin(nθ)]Rn .

Pertanto AnRn e BnRn sono i coefficienti dello sviluppo in serie di Fourier dellafunzione g ,

An = 1

πRn

∫ 2π

0dθ g (θ)cos(nθ), Bn = 1

πRn

∫ 2π

0dθ g (θ)sin(nθ).

Per ipotesi g è una funzione 2π-periodica e continua, per cui i suoi coefficientidi Fourier sono uniformemente limitati in n, precisamente

max|AnRn |; |BnRn | ≤ ‖g‖∞.

Allora, riscrivendo la soluzione nella forma

u(r,θ) = A0

2+ ∑

n≥1[AnRn cos(nθ)+BnRn sin(nθ)]

( r

R

)n,

si vede immediatamente che la serie a secondo membro può essere derivatatermine a termine infinite volte e definisce una funzione armonica per 0 < r < R(l’esclusione del valore r = 0 è qui dovuta al fatto che le coordinate polari sonomal definite nell’origine). Non è invece garantito che la serie converga puntual-mente a g (θ) quando r → R− sotto la sola ipotesi di continuità di g (θ). Unacondizione sufficiente perché questo accada è la convergenza totale della serie,ovvero ∑

n≥1

(|AnRn |+ |BnRn |)<∞.

Dalla teoria sullo sviluppo in serie di Fourier, sappiamo che ciò è garantito se gha maggiore regolarità, ad esempio se è differenziabile con continuità.

D’altra parte siamo interessati a trovare tutte le soluzioni classiche, non so-lo quelle che ammettono un’espansione in serie derivabile termine a terminee che richiedono condizioni al bordo più regolari. Riusciamo in tale scopo poi-ché è possibile sommare la serie ed ottenere un’espressione chiusa, che si dimo-stra successivamente essere la soluzione cercata per ogni possibile dato al bordocontinuo. Infatti, inserendo l’espressione esplicita dei coefficienti di Fourier, siha

u(r,θ) = 1

∫ 2π

0dθ′ g (θ′)+ ∑

n≥1

1

π

∫ 2π

0dθ′ g (θ′)cos[n(θ−θ′)]

( r

R

)n

= 1

∫ 2π

0dθ′ g (θ′)

1+2

∑n≥1

cos[n(θ−θ′)]( r

R

)n

.

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Page 106: Note del corso di Fisica Matematica

102 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

Osserviamo ora che, se a ∈ (0,1),

1+2∑

n≥1cos[nϕ]an = 1+2ℜ ∑

n≥1

(aeiϕ)n = 1+2ℜ

[1

1−aeiϕ−1

]= 1−a2

1+a2 −2a cosϕ.

Dunque

u(r,θ) = 1

∫ 2π

0dθ′ g (θ′)

R2 − r 2

R2 + r 2 −2r R cos(θ−θ′) .

Osservando che R2 + r 2 − 2r R cos(θ−θ′) = |x − y |2 se x = (r cosθ,r sinθ) e y =(R cosθ′,R sinθ′) e che Rdθ′ = dσ(y), tornando in coordinate cartesiane otte-niamo la formula di Poisson,

u(x) = R2 −|x|22πR

∫∂BR (0)

dσ(y)g (y)

|x − y |2 .

Nel disco BR (0) questa formula definisce una funzione armonica infinitamentederivabile. Questo fatto segue da come tale formula è stata derivata, ma ovvia-mente può anche essere verificato direttamente. Rimane invece da dimostrareche u(x) → g (ξ) se x → ξ ∈ ∂BR (0) per ogni g ∈ C (∂BR (0)). A tal scopo notiamoche se g ∈ C 1(∂BR (0)) tale affermazione è vera in virtù dalla convergenza del-la serie di Fourier di g . Scegliendo allora g = 1, per il principio del massimou(x) = 1 e pertanto sussiste la (non ovvia!) identità

1 = R2 −|x|22πR

∫∂BR (0)

dσ(y)1

|x − y |2 , (6.15)

che ora utilizziamo per dimostrare la continuità fino al bordo della soluzione diPoisson. Fissato ξ ∈ ∂BR (0) e scelto ε> 0 sia Γ⊂ ∂BR (0) l’arco di circonferenza dilunghezza 2δ e centrato in ξ tale che |g (y)−g (ξ)| < εper ogni y ∈ Γ. Assumiamoδpiccolo a sufficienza perché si abbia |y−ξ| ≥ 1

3δ per ogni y ∈ ∂BR (0)\Γ e fissiamox ∈ BR (0) tale che |x −ξ| < 1

4δ. Si ha allora,

|u(x)− g (ξ)| =∣∣∣∣R2 −|x|2

2πR

∫∂BR (0)

dσ(y)g (y)− g (ξ)

|x − y |2∣∣∣∣≤ I1(x)+ I2(x),

dove

I1(x) = R2 −|x|22πR

∫Γ

dσ(y)|g (y)− g (ξ)|

|x − y |2 ,

I2(x) = R2 −|x|22πR

∫∂BR (0)\Γ

dσ(y)|g (y)− g (ξ)|

|x − y |2 .

Si ha ora

I1(x) ≤ εR2 −|x|22πR

∫∂BR (0)

dσ(y)1

|x − y |2 = ε,

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Page 107: Note del corso di Fisica Matematica

6.7 FORMULA INTEGRALE DI POISSON 103

avendo utilizzato ancora la (6.15) nell’ultimo passaggio. D’altra parte, essendo

|x − y | ≥ |y −ξ|− |x −ξ| ≥ δ

12∀ y ∈ ∂BR (0) \Γ,

si ha

I2(x) ≤ 2‖g‖∞ R2 −|x|22πR

144

δ2 |∂BR (0) \Γ| ≤ 288‖g‖∞δ2 (R2 −|x|2).

Pertanto I2(x) → 0 se x → ξ, cosicché

limsupx→ξ

|u(x)− g (ξ)| ≤ ε.

Vista l’arbitrarietà nella scelta del parametro ε concludiamo che u(x) → g (ξ) perx → ξ.

Un’importante conseguenza della formula di Poisson è l’inversione dei teo-remi della media, cosicché la proprietà di media risulta essere caratteristica perle funzioni armoniche.

DEFINIZIONE 6.12. Una funzione u ∈C (Ω) possiede la proprietà di media inΩ se

u(x) = 1

|∂Br (x)|∫∂Br (x)

dσ(y)u(y) oppure u(x) = 1

|Br (x)|∫

Br (x)dy u(y)

per ogni (x,r ) tali che Br (x) ⊂Ω.

TEOREMA 6.13. Se u ∈C (Ω) ha la proprietà di media inΩ allora u è armonicainΩ.

DIMOSTRAZIONE. Osserviamo preliminarmente che nella prova del princi-pio del massimo abbiamo utilizzato unicamente la proprietà di media delle fun-zioni armoniche, pertanto anche le funzioni con la proprietà di media soddisfa-no tale principio. Fissata ora una qualunque bolla B ⊂ Ω, sia v ∈ C 2(B)∩C (B)la funzione armonica in B che coincide con u sulla frontiera ∂B . L’esistenzadi tale funzione è garantita dalla formula integrale di Poisson. Poniamo oraw(x) = v(x)−u(x), x ∈ B . Chiaramente w ha la proprietà di media in B ed ènulla sulla frontiera ∂B , pertanto w(x) = 0 per ogni x ∈ B come conseguenza delprincipio del massimo. Altrimenti detto, u = v in B , ovvero u è armonica in B .Per l’arbitrarietà nella scelta di B concludiamo che u è armonica in tuttoΩ.

TEOREMA 6.14. [Disuguaglianza di Harnack] Sia u ∈ C 2(BR (0))∩C (BR (0))armonica e non negativa in BR (0). Allora

Rd−2(R −|x|)(R +|x|)d−1

u(0) ≤ u(x) ≤ Rd−2(R +|x|)(R −|x|)d−1

u(0) ∀x ∈ BR (0).

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Page 108: Note del corso di Fisica Matematica

104 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

DIMOSTRAZIONE. Segue facilmente dalla formula di Poisson. Osserviamoinfatti che se y ∈ ∂BR (0) allora R−|x| ≤ |y−x| ≤ R+|x|per ogni x ∈ BR (0), cosicché

u(x) = R2 −|x|2σd R

∫∂BR (0)

dσ(y)u(y)

|x − y |d ≤ R +|x|σd R

1

(R −|x|)d−1

∫∂BR (0)

dσ(y)u(y)

= Rd−2(R +|x|)(R −|x|)d−1

u(0),

avendo applicato il I Teorema della media nell’ultima uguaglianza. Analoga-mente,

u(x) ≥ R −|x|σd R

1

(R +|x|)d−1

∫∂BR (0)

dσ(y)u(y) = Rd−2(R −|x|)(R +|x|)d−1

u(0).

Ne segue un importante corollario.

TEOREMA 6.15. [Teorema di Liouville] Se u è armonica in Rd ed è limitatasuperiormente (oppure inferiormente) allora u è costante.

DIMOSTRAZIONE. È sufficiente considerare il caso u(x) ≤ M per qualche co-stante M , l’altro caso segue considerando la funzione armonica −u. La funzionew(x) = M −u(x) è armonica non negativa su tutto Rd , pertanto la disuguaglian-za di Harnack si applica per ogni x ∈ Rd ed ogni R > |x|. Ma nel limite R →∞sia la stima dal basso che quella dall’alto tendono a w(0), da cui w(x) = w(0) edunque la tesi.

ESERCIZIO 6.4. Si determini una funzione armonica u nella regione pianaB1(0) \ 0 (il disco di raggio unitario privato del centro) tale che, espressa incoordinate polari, u = u(r,θ), si abbia u(1,θ) = sin(5θ) ed inoltre verifichi

limr→0+

u(r,θ)

logr= 2.

ESERCIZIO 6.5. Si risolva l’equazione di Laplace nel semidisco B+1 (0) = x ∈

R2 : |x| < 1, x2 > 0 con condizione al bordo

g (x) =

0 se x = (x1,0), |x1| ≤ 1,

1−ex2 se |x| = 1, x2 > 0.

ESERCIZIO 6.6. Sia Ω un dominio limitato ed u una funzione armonica suR3 \Ω tale che u(x) → 0 per |x| →∞. Si dimostri che esiste allora una costantepositiva a > 0 per cui

|u(x)| ≤ a

|x| se |x| ≥ a.

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6.8 EQUAZIONE DI POISSON IN Rd 105

6.8. Equazione di Poisson in Rd

Trattiamo in dettaglio l’equazione di Poisson nello spazio, il caso dell’equa-zione nel piano verrà accennato alla fine della sezione.

Sia f = f (x) una funzione continua ed integrabile su R3 e denotiamo conG(x, y) =Φ(x − y) la funzione di Green per l’operatore di Laplace in R3,

G(x, y) = 1

1

|x − y | .

Per quanto già visto, la quantità

u(x) =∫

dy G(x, y) f (y)

può interpretarsi come il potenziale coulombiano (o newtoniano) generato dal-la distribuzione di carica f . Esso viene anche detto potenziale (newtoniano) divolume, essendo generato da una distribuzione di cariche con densità spazia-le (non tratteremo i potenziali generati da distribuzioni superficiali di carica).Per le ipotesi fatte su f , essendo Φ(x) una funzione integrabile in x = 0 e decre-scente per |x|→∞, la precedente definizione di u(x) è ben posta, nel senso chel’integrale a secondo membro è assolutamente convergente. Più precisamente,possiamo stimare

|u(x)| ≤∫

B1(x)dy

1

| f (y)||x − y | +

∫R3\B1(x)

dy1

| f (y)||x − y |

≤ ‖ f ‖∞∫ 1

0dr

r 2

r+ 1

∫R3\B1(x)

dy | f (y)|

≤ 1

2

(‖ f ‖∞+‖ f ‖1)

.

(6.16)

dove ‖ f ‖1 =∫

dy | f (y)| è la norma L1 della funzione f .

Osserviamo ora che, almeno formalmente, u(x) fornisce una soluzione par-ticolare dell’equazione non omogenea,

∆u + f = 0 in R3.

Ci chiediamo pertanto sotto quali ipotesi su f tale affermazione è vera, ovverocondizioni su f per le quali u è soluzione classica di tale equazione.

LEMMA 6.16. Se f (x) è una funzione limitata ed integrabile in R3 allora u(x)è una funzione differenziabile e limitata in R3, le cui derivate si possono ottenerederivando sotto il segno di integrazione,

∇u(x) =∫

dy ∇xG(x, y) f (y).

DIMOSTRAZIONE. Poiché∇xG(x, y) =∇Φ(x−y) ha una singolarità integrabi-le in y = x ed ha modulo decrescente per |y |→∞, l’integrale a secondo membro

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106 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

è ben definito (converge assolutamente). Introduciamo ora una regolarizzazio-ne di G(x, y),

Gε(x, y) =Φε(x − y), Φε(z) =

Φ(z) per |z| > ε,1

(3

2ε− |z|2

2ε3

)per |z| ≤ ε.

In particolareΦε ∈C 1(R3) ed inoltre

|Φε(z)| ≤ |Φ(z)|, |∇Φε(z)| ≤ |∇Φ(z)| ∀z ∈R3 \ 0.

Sia quindi

uε(x) =∫

dy Gε(x, y) f (y).

Chiaramente uε(x) è una funzione differenziabile, limitata e tale che

∇uε(x) =∫

dy ∇xGε(x, y) f (y), |uε(x)| ≤ 1

2

(‖ f ‖∞+‖ f ‖1)

,

dove la stima su |uε(x)| si dimostra come in (6.16) essendo |Φε(z)| ≤ |Φ(z)|. L’as-serto del lemma segue allora se dimostriamo che

1) uε→ u per ε→ 0, uniformemente in R3;

2) ∇uε→ v per ε→ 0, uniformemente in R3, con v(x) = ∫dy ∇xG(x, y) f (y).

Infatti, per i teoremi di derivazione di successioni di funzioni, questo garantisceche v ∈C (R3;R3) e che v =∇u. Per quanto riguarda il punto 1) si ha,

|u(x)−uε(x)| =∣∣∣∣∫

Bε(x)dy [Φ(x − y)−Φε(x − y)] f (y)

∣∣∣∣≤ 2‖ f ‖∞

∫Bε(0)

dz1

4π|z| = ‖ f ‖∞ ε2 −−−→ε→0

0.

Analogamente, per il punto 2),

|v(x)−∇uε(x)| =∣∣∣∣∫

Bε(x)dy [∇Φ(x − y)−∇Φε(x − y)] f (y)

∣∣∣∣≤ 2‖ f ‖∞

∫Bε(0)

dz1

4π|z|2 = 2‖ f ‖∞ ε −−−→ε→0

0.

Il lemma è pertanto dimostrato.

TEOREMA 6.17. Sia f ∈ C 1(R3) tale che f e ∇ f siano limitate ed integrabili.Allora u ∈C 2(R3) ed è l’unica soluzione dell’equazione di Poisson∆u+ f = 0 in R3

che si annulla all’infinito.

DIMOSTRAZIONE. L’unicità segue dal teorema di Liouville. Infatti, se u1, u2

sono due tali soluzioni allora w = u1 −u2 è una funzione armonica limitata edunque costante. Ma w(x) → 0 se |x|→∞, per cui cui w = 0, ovvero u1 = u2.

Dimostriamo ora che u ∈C 2(R3); la difficoltà rispetto al lemma precedente èche le derivate seconde di G(x, y) hanno una singolarità non integrabile in y = x.

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6.8 EQUAZIONE DI POISSON IN Rd 107

Fissato un qualsiasi x0 ∈R3 ed un raggio ε> 0 scomponiamo u(x) = u0(x)+u1(x)con

u0(x) =∫

Bε(x0)dy G(x, y) f (y), u1(x) =

∫R3\Bε(x0)

dy G(x, y) f (y).

Notiamo che u1(x) è una funzione armonica in Bε(x0). Infatti, ragionando co-me nella dimostrazione del Corollario 6.7, u1 ∈ C∞(Bε(x0)) e le sue derivate siottengono derivando sotto il segno di integrazione; in particolare∆u1(x) = 0 perogni x ∈ Bε(x0) essendo ∆xG(x, y) = 0 per x 6= y . Consideriamo ora la funzioneu0(x) con x ∈ Bε(x0). Per il Lemma 6.16 applicato alla funzione f (x)χBε(x0)(x)sappiamo che u0 ∈C 1(R3), con

∇u0(x) =∫

Bε(x0)dy ∇xG(x, y) f (y).

Notiamo ora che

∇xG(x, y) f (y) =∇Φ(x − y) f (y) =−∇y [Φ(x − y) f (y)]+Φ(x − y)∇ f (y).

D’altra parte,∂

∂y j[Φ(x − y) f (y)] = div[Φ(x − y) f (y)e j ],

dove e j , j = 1,2,3, sono i versori coordinati. Ma applicando il teorema delladivergenza si ha∫

Bε(x0)dy

∂y j[Φ(x − y) f (y)] =

∫∂Bε(x0)

dσ(y)Φ(x − y) f (y)e j ·ν(y),

cosicché, sostituendo nell’espressione di ∇u0,

∇u0(x) =∫

Bε(x0)dy G(x, y)∇ f (y)−

∫∂Bε(x0)

dσ(y)G(x, y) f (y)ν(y).

Analogamente a quanto stabilito per u1(x), l’integrale di superficie a secondomembro definisce una funzione in C∞(Bε(x0)). Riguardo l’integrale di volume,possiamo applicare di nuovo il Lemma 6.16, questa volta a ciascuna componen-te della funzione ∇ f (x)χBε(x0)(x), e dedurre che esso definisce una funzione inC 1(R3). Vista l’arbitrarietà nella scelta di x0 ed ε, concludiamo che u ∈C 2(R3).

Dobbiamo ora calcolare il laplaciano di u. Nuovamente per l’arbitrarietànella scelta di x0 è sufficiente calcolare ∆u(x0), e per far ciò possiamo utilizzarela precedente scomposizione. Poiché u1 è una funzione armonica in Bε(x0), siha ∆u(x0) =∆u0(x0) = div∇u0(x0), dunque

∆u(x0) =∫

Bε(x0)dy ∇xG(x0, y) ·∇ f (y)−

∫∂Bε(x0)

dσ(y)∇xG(x0, y) ·ν(y) f (y)

=∫

Bε(0)dz

z

4π|z|3 ·∇ f (x0 + z)− 1

4πε2

∫∂Bε(0)

dσ(z) f (x0 + z),

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108 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

avendo utilizzato (6.10) (con r = ε) per ottenere l’ultima espressione dell’inte-grale di superficie. Il primo integrale è infinitesimo per ε→ 0 poiché∣∣∣∣∫

Bε(0)dz

z

4π|z|3 ·∇ f (x0 + z)

∣∣∣∣≤ ‖∇ f ‖∞∫ ε

0dr

r 2

r 2 = ‖∇ f ‖∞ ε.

Il secondo integrale converge invece a − f (x0) per il teorema della media. Dun-que ∆u(x0)+ f (x0) = 0 ∀x0 ∈R3 come richiesto.

Rimane da verificare che u(x) → 0 per |x| → ∞. Fissato x ∈ R3, per ogni0 < ε< R = 1

2 |x| scomponiamo,

u(x) =∫

BR (0)dy G(x, y) f (y)+

∫R3\(BR (0)∪Bε(x))

dy G(x, y) f (y)+∫

Bε(x)dy G(x, y) f (y).

Se y ∈ BR (0) allora |x − y | ≥ |x|− |y | = 2R −R = R, cosicché possiamo stimare∣∣∣∣∫BR (0)

dy G(x, y) f (y)

∣∣∣∣≤ 1

4πR

∫BR (0)

dy | f (y)| ≤ 1

R‖ f ‖1 −−−−→

R→∞0.

D’altra parte, poiché∫

BR (0)dy | f (y)|→ ‖ f ‖1 <∞ per R →∞,∣∣∣∣∫R3\(BR (0)∪Bε(x))

dy G(x, y) f (y)

∣∣∣∣≤ 1

4πε

∫R3\BR (0)

dy | f (y)| −−−−→R→∞

0.

Infine, ∣∣∣∣∫Bε(x)

dy G(x, y) f (y)

∣∣∣∣≤ ‖ f ‖∞ 1

∫Bε(0)

dz1

|z| =1

2‖ f ‖∞ ε2.

Nel limite |x|→∞ (ovvero R →∞) deduciamo che

limsup|x|→∞

|u(x)| ≤ 1

2‖ f ‖∞ε2 ∀ε> 0,

da cui, per l’arbitrarietà nella scelta di ε, u(x) → 0 per |x|→∞.

OSSERVAZIONE 6.2 (Equazione di Poisson nel piano). In maniera analoga sitratta il caso del potenziale logaritmico generato da una distribuzione di caricaf nel piano,

u(x) =∫

dy G2(x, y) f (y) =− 1

∫dy log |x − y | f (y), x ∈R2.

Analogamente al caso tridimensionale, G2(x, y) e ∇xG2(x, y) possiedono unasingolarità integrabile in y = x. Invece, rispetto al caso tridimensionale, abbia-mo ora che G2(x, y) →∞ per |x − y | →∞, per cui occorre richiedere condizionipiù forti di decadimento di f all’infinito perché u sia ben definita. Inoltre, u(x)non è infinitesima, ma anzi divergente, per |x| → ∞. Il caso più semplice datrattare è quello in cui la distribuzione di carica f ha supporto compatto.

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6.9 EQUAZIONE DI POISSON IN DOMINI LIMITATI 109

TEOREMA 6.18. Sia f ∈ C 1(R2) a supporto compatto. Allora u(x) è l’unicasoluzione classica di ∆u + f = 0 in R2 tale che il suo comportamento per |x| →∞è il seguente,

u(x) =− M

2πlog |x|+O

(1

|x|)

, M =∫

dy f (y).

DIMOSTRAZIONE. L’unicità della soluzione segue di nuovo dal teorema diLiouville poiché la differenza di due soluzioni con questo comportamento è unafunzione armonica infinitesima all’infinito, dunque nulla. Non ripetiamo la pro-va che u ∈C 2(R2) e che u soddisfa l’equazione, essendo del tutto simile a quelladel caso tridimensionale. Mostriamo invece che sussiste l’asintotica dichiarata.Sia K = x : f (x) 6= 0 il supporto di f e sia R > 0 tale che K ⊂ BR (0). Allora, per|x| > 2R,

u(x) =− M

2πlog |x|+

∫BR (0)

dy1

2πlog

|x||x − y | f (y).

Inoltre, per y ∈ BR (0), essendo |x|−R < |x − y | < |x|+R,

log|x|

|x − y | ≤ log|x|

|x|−R= log

(1+ R

|x|−R

)≤ R

|x|−R≤ 2R

|x| ,

log|x|

|x − y | ≥ log|x|

|x|+R= log

(1− R

|x|+R

)≥− R

|x|+R≥− R

|x| .

Pertanto, ∣∣∣∣u(x)+ M

2πlog |x|

∣∣∣∣≤ 2R

|x|∫

dy | f (y)| = cost

|x| .

6.9. Equazione di Poisson in domini limitati

Consideriamo ora il problema di Poisson-Dirichlet in un dominio limitato eregolareΩ⊂Rd , d = 2,3,

∆u + f = 0 in Ω,

u(x) = g (x) per x ∈ ∂Ω.(6.17)

Analizziamo in modo più approfondito la strategia esposta brevemente in Se-zione 6.3. Vogliamo esprimere la soluzione mediante un’opportuna funzionedi Green, definita come segue. Nel seguito indichiamo con G(x, y) = Φ(x − y)la soluzione fondamentale del laplaciano in Rd (omettendo il pedice d per nonappesantire la notazione). Una funzione G (x, y), (x, y) ∈Ω×Ω, è detta funzionedi Green inΩ per l’operatore di Laplace se soddisfa le seguenti condizioni:

1) Per ogni y ∈Ω si ha G (x, y) =G(x, y)+γ(x, y), con x 7→ γ(x, y) una funzionearmonica inΩ e continua inΩ.

2) Si ha G (x, y) = 0 per ogni (x, y) ∈ ∂Ω×Ω.

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Page 114: Note del corso di Fisica Matematica

110 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

Ne segue che G soddisfa l’equazione ∆xG (x, y)+δy (x) = 0 in Ω con condizionidi Dirichlet omogenee al bordo. Nel caso d = 3 può quindi essere interpretatacome il potenziale elettrostatico generato da una carica puntiforme di intensità

14π posta in y ∈Ω, conΩ l’interno di una superficie conduttrice ∂Ωmessa a terra.Osserviamo inoltre che, per ogni fissato y ∈Ω, la funzione γ(x, y) è soluzione delproblema

∆γ(·, y) = 0 in Ω,

γ(x, y) =−G(x, y) per x ∈ ∂Ω,(6.18)

pertanto la funzione di Green G è unica (se esiste).

La funzione γ(x, y) rappresenta la “parte regolare” di G ed è una funzionecontinua in Ω×Ω. Infatti, per il principio del massimo, per ogni (x, y), (x0, y0) ∈Ω×Ω,

|γ(x, y)−γ(x0, y0)| ≤ |γ(x, y)−γ(x0, y)|+ |γ(x0, y)−γ(x0, y0)|≤ |γ(x, y)−γ(x0, y)|+ max

x ′∈∂Ω|G(x ′, y)−G(x ′, y0)|,

e l’ultimo membro tende a zero per (x, y) → (x0, y0).

LEMMA 6.19. La funzione di Green possiede le seguenti proprietà.

i) G (x, y) =G (y, x) per ogni x, y ∈Ω.

ii) G (x, y) > 0 per ogni x, y ∈Ω.

iii) Se d = 3 allora G (x, y) <G(x, y) per ogni x, y ∈Ω, x 6= y.

DIMOSTRAZIONE. Iniziamo con il dimostrare la simmetria di G . Applichia-mo la II Formula di Green alle funzioni armoniche u(z) =G (z, y) e v(z) =G (z, x)nella regioneΩ\ (Bε(x)∪Bε(y)) con ε piccolo,

0 =∫∂Bε(x)

dσ(z)

[G (z, y)

∂G

∂ν(z, x)−G (z, x)

∂G

∂ν(z, y)

]+

∫∂Bε(y)

dσ(z)

[G (z, y)

∂G

∂ν(z, x)−G (z, x)

∂G

∂ν(z, y)

].

Lasciamo al lettore la prova del fatto che per ε → 0 il primo integrale tende a−G (x, y) ed il secondo a G (y, x). Per dimostrare la positività della funzione diGreen osserviamo che se ε> 0 è sufficientemente piccolo allora G (x, y) > 0 nellabolla Bε(y) (poiché la parte singolare G(x, y) è positiva grande e domina sullaparte regolare γ(x, y)). Ma allora G (x, y) è una funzione armonica in Ω \ Bε(y),nulla su ∂Ω e positiva su ∂Bε(y), pertanto positiva anche inΩ\Bε(y) per il princi-pio del massimo. Infine, se d = 3 allora γ(x, y) < 0 per x ∈ ∂Ω, da cui, applicandodi nuovo il principio del massimo, γ(x, y) < 0 inΩ, ovvero G (x, y) <G(x, y).

Nella dimostrazione della simmetria di G (e in quanto segue) stiamo ta-

citamente assumendo che la derivata normale ∂γ∂ν (x, y) esista regolare su ∂Ω,

affermazione vera ma che non dimostriamo.

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Page 115: Note del corso di Fisica Matematica

6.9 EQUAZIONE DI POISSON IN DOMINI LIMITATI 111

TEOREMA 6.20. Se u ∈C 2(Ω)∩C (Ω) è soluzione del problema (6.17) allora

u(x) =−∫∂Ω

dσ(y)∂G

∂ν(x, y)g (y)+

∫Ω

dy G (x, y) f (y), x ∈Ω.

DIMOSTRAZIONE. (traccia) Per la III Formula di Green,

u(x) =∫∂Ω

dσ(y)

[G(x, y)

∂u

∂ν(y)− g (y)

∂G

∂ν(x, y)

]+

∫Ω

dy G(x, y) f (y).

D’altra parte γ(x, y) è armonica anche rispetto alla variabile y per la simmetriadi G , pertanto, applicando la II Formula di Green alle funzioni u e y 7→ γ(x, y),

−∫Ω

dy γ(x, y) f (y) =∫∂Ω

dσ(y)

[γ(x, y)

∂u

∂ν(y)− g (y)

∂γ

∂ν(x, y)

].

Sommando membro a membro le ultime due uguaglianze ed utilizzando che,sempre per la simmetria di G , G(x, y) + γ(x, y) = 0 per y ∈ ∂Ω, si perviene alrisultato. Si osservi che nella dimostrazione abbiamo utilizzato la II Formu-la di Green, la cui applicabilità andrebbe dimostrata mediante uno studio delcomportamento delle derivate di u e γ in prossimità della frontiera diΩ.

Per costruire la funzione di Green in domini di R3 con elevata simmetriarisulta efficace talvolta il cosiddetto metodo delle riflessioni o metodo delle cari-che immagine. Esso consiste nel cercare una posizione y = y(y) ∈ R3 \Ω ed unacarica q = q(y) ∈R tali che

G (x, y) =G(x, y)+qG(x, y).

Poiché qG(x, y) è armonica in Ω, il problema si riduce a cercare y e q tali cheG(x, y)+qG(x, y) = 0 per ogni (x, y) ∈ ∂Ω×Ω.

Applichiamo tale metodo nel caso importante in cui Ω = BR (0). Occorrequindi richiedere che

1

|x − y | = − q

|x − y | ∀x : |x| = R,

da cui, passando all’uguaglianza dei quadrati e sviluppando,

2x · (y −q2 y) = (1−q2)R2 −q2|y |2 +|y |2.

Solo il membro di sinistra dipende dall’angolo che il vettore x di modulo R formacon y−q2 y , per cui la prima scelta naturale è che sia y = q2 y , dopodiché la caricaq rimane fissata dalla condizione

R2 −q2R2 −q2|y |2 +q4|y |2 = 0 ⇐⇒ (q2 −1)(q2|y |2 −R2) = 0.

Poiché la carica immagine deve essere posta all’esterno diΩ dobbiamo esclude-re la scelta |q| = 1, pervenendo così alla soluzione

q =− R

|y | , y = R2

|y |2 y.

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112 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

Sostituendo troviamo

G (x, y) = 1

4π|x − y | −R|y |

4π||y |2x −R2 y | ,

che ha senso anche per y → 0 (sebbene |y | diverga), precisamente

G (x,0) = 1

4π|x| −1

4πR.

Questo risultato permette di derivare la formula integrale di Poisson per l’e-quazione di Laplace nella sfera. Infatti, posto r = |y | ed indicando con θ l’angolotra le direzioni x e y , la derivata normale di G sulla superficie sferica è

∂G

∂ν(x, y)

∣∣∣∣|y |=R

= 1

[∂

∂r

1√|x|2 + r 2 −2|x|r cosθ

]r=R

− 1

[∂

∂r

R√|x|2r 2 +R4 −2R2|x|r cosθ

]r=R

= 1

4πR

|x|2 −R2(|x|2 +R2 −2|x|R cosθ)3/2

= 1

4πR

[ |x|2 −R2

|x − y |3]|y |=R

.

Pertanto la soluzione del problema di Laplace-Dirichlet (ovvero (6.17) con f = 0)nella sfera è

u(x) = R2 −|x|24πR

∫∂BR (0)

dσ(y)g (y)

|x − y |3 ,

che è la formula integrale di Poisson per d = 3.

6.10. Formulazione variazionale del problema di Laplace-Dirichlet

L’esistenza di soluzioni classiche del problema di Poisson-Dirichlet (6.17) sudomini qualsiasi non viene trattato in queste note. Vogliamo invece accennaread un approccio differente al problema, che mediante una formulazione varia-zionale permette di dimostrare l’esistenza di soluzioni deboli del problema. Perfissare le idee consideriamo il caso omogeneo.

L’osservazione chiave è la seguente. Consideriamo una soluzione del pro-blema (6.17) omogeneo ( f = 0). Poiché è una soluzione stazionaria dell’equa-zione delle onde, possiamo aspettarci che essa minimizzi l’energia potenziale

H(v) = 1

2

∫Ω

dx |∇v |2,

definita sullo spazio Kg = v ∈ C 1(Ω) : v(x) = g (x) ∀x ∈ ∂Ω. In effetti, se u ∈C 2(Ω)∩C 1(Ω) è soluzione del problema (6.17) con f = 0 e se v = u+h con h ∈ K0

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Page 117: Note del corso di Fisica Matematica

6.11 SOLUZIONE DEGLI ESERCIZI 113

allora

H(v)−H(u) =∫Ω

dx∇u ·∇h + 1

2

∫Ω

dx |∇h|2

=∫∂Ω

dσh∂u

∂ν−

∫Ω

dx h∆u + 1

2

∫Ω

dx |∇h|2

= 1

2

∫Ω

dx |∇h|2 ≥ 0,

avendo usato nell’ultima uguaglianza che h è nulla sulla frontiera di Ω e cheu è armonica in Ω. Quindi possiamo cercare u come soluzione del problemavariazionale

u = argminv∈Kg

H(v).

In effetti, se tale u esiste allora

d

dεH(u +εh)

∣∣∣∣ε=0

=∫Ω

dx∇u ·∇h = 0 ∀h ∈ K0,

da cui, se anche u ∈C 2(Ω), integrando per parti,∫Ω

dx h∆u = 0 ∀h ∈ K0,

e pertanto ∆u = 0 inΩ per il lemma fondamentale del calcolo della variazioni.

In verità sappiamo solo che H ≥ 0, per cui esiste m ≥ 0 tale che

m = infv∈Kg

H(v) =⇒ ∃ uk ⊂ Kg : limk→∞

H(uk ) = m.

La strategia è allora quella di considerare uno spazio di funzioni più grande, Kg ⊃Kg , tale che la sequenza uk è ivi compatta, ovvero si possa estrarre una sotto-successione uk j convergente, diciamo uk j → u ∈ Kg per j →∞. Se il funzionale

H(v) è semicontinuo inferiormente nella topologia di Kg allora m = H(u). Mase anche tutto questo riesce, poiché sappiamo solo che u ∈ Kg , tale funzionepotrebbe non essere due volte differenziabile e quindi definire solo una “solu-zione debole” del problema. La parte successiva è allora dimostrare che (sottoopportune ipotesi sui dati al bordo e sul dominio) tale funzione è effettivamenteregolare.

6.11. Soluzione degli esercizi

SOLUZIONE ES. 6.1. L’integrale generale dell’equazione differenziale è

u(x) =C1 +C2x +∫ x

0dy y f (y)−x

∫ x

0dy f (y).

Affinché u(0) = 0 ed u(x) sia uniformemente limitata è necessario e sufficienteche

C1 = 0, C2 =∫ ∞

0dy f (y).

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Page 118: Note del corso di Fisica Matematica

114 INTRODUZIONE ALLA TEORIA DEL POTENZIALE

Infatti la necessità di tale scelta è ovvia, mentre per la sufficienza osserviamo cheper tale scelta di C2 si ha

supx≥0

∣∣∣∣C2x −x∫ x

0dy f (y)

∣∣∣∣≤ supx≥0

x∫ ∞

xdy | f (y)| ≤ sup

x≥0

∫ ∞

xdy y | f (y)|

≤∫ ∞

0dy y | f (y)| <∞.

Pertanto la soluzione del problema è

u(x) =∫ x

0dy y f (y)+x

∫ ∞

xdy f (y) =

∫ ∞

0dy G(x, y) f (y),

con

G(x, y) =

x se x < y

y se x > y.

Chiaramente ∂2G∂x2 (x, y)+δy (x) = 0, G(0, y) = 0, G(∞, y) = y . Infine,

u(∞) = limx→∞u(x) =

∫ ∞

0dy y f (y),

poiché x∫ ∞

x dy f (y) è dominato in modulo dalla coda∫ ∞

x dy y | f (y)|, che tende azero per x →∞ essendo l’integrale

∫ ∞0 dy y | f (y)| convergente per ipotesi.

SOLUZIONE ES. 6.2. Cerchiamo la funzione armonica nella forma di unpolinomio di secondo grado nelle variabili x = (x1, x2), dunque

u(x) =αx21 +βx2

2 +γx1x2 +δx1 +εx2 + c.

Imponendo la condizione di armonicità ∆u = 0 si ricava che deve essere α+β=0, per cui

u(x) =α(x21 −x2

2)+γx1x2 +δx1 +εx2 + c.

Imponendo ora le condizioni al bordo devono essere verificate le ulteriori rela-zioni,

αx21 +δx1 + c = x1, γx2

1 + (δ+ε)x1 + c = x21 +2x1,

che implicano α = 0, δ = 1, c = 0, γ = 1, δ+ε = 2. La funzione cercata è quindiu(x) = x1x2 +x1 +x2.

SOLUZIONE ES. 6.3. Per il principio del massimo la funzione u è positiva inΩ, in particolare u > 0 in ∂B . D’altra parte, la funzione w = u − v è armonica inΩB con w = u in ∂B e w = 0 in ∂Ω. Dunque w ≥ 0 in tutto ∂ΩB , da cui, per ilprincipio del massimo, w ≥ 0 inΩB , ovvero u ≥ v in tale dominio.

SOLUZIONE ES. 6.4. La funzione u1(r,θ) = 2logr è armonica in B1(0) \ 0e si annulla per r = 1. D’altra parte, la funzione u2(r,θ) = r 5 sin(5θ) è armoni-ca in B1(0) e coincide con il dato al bordo assegnato. Quindi u(r,θ) = 2logr +r 5 sin(5θ) fornisce la funzione cercata.

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Page 119: Note del corso di Fisica Matematica

6.11 SOLUZIONE DEGLI ESERCIZI 115

SOLUZIONE ES. 6.5. Dalla formula di Poisson per il disco B1(0) si ricava im-mediatamente che se il dato al bordo è una funzione antisimmetrica rispettoall’asse delle ascisse allora tale proprietà è soddisfatta anche dalla soluzione. Inparticolare tale soluzione è nulla sul segmento x = (x1,0), |x1| ≤ 1. Se definiamoallora

g (x) =

1−ex2 se |x| = 1, x2 > 0,

−1+e−x2 se |x| = 1, x2 ≤ 0,

ed indichiamo con u(x) la corrispondente soluzione del problema di Laplace,

u(x) = 1−|x|22πR

∫∂B1(0)

dσ(y)g (y)

|x − y |2 ,

la funzione cercata è fornita dalla restrizione di u al semidisco B+1 (0).

SOLUZIONE ES. 6.6. Sia a > 0 sufficientemente grande perché Ω ⊂ Ba(0) e|u(x)| ≤ 1 se |x| = a. Posto allora w±(x) = u(x)± a

|x| si ha

w+(x) ≥ 0, w−(x) ≤ 0 se |x| = a.

D’altra parte, poiché w±(x) → 0 per |x|→∞, per ogni R > a si ha

w+(x) ≥−εR , w−(x) ≤ εR se |x| = R,

con εR > 0 ed infinitesimo per R →∞. Ne segue, per il principio del massimoapplicato alle funzioni armoniche w± nel dominio x ∈R3 : a < |x| < R, che

w+(x) ≥−εR , w−(x) ≤ εR se a ≤ |x| ≤ R,

ovvero, vista l’arbitrarietà nella scelta di R > a,

w+(x) ≥ 0, w−(x) ≤ 0 se |x| ≥ a,

ovvero, per la definizione di w±,

− a

|x| ≤ u(x) ≤ a

|x| se |x| ≥ a.

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Page 120: Note del corso di Fisica Matematica
Page 121: Note del corso di Fisica Matematica

CAPITOLO 7

Equazione del calore

7.1. Considerazioni generali

In questo capitolo studiamo un’altra delle equazioni fondamentali della fi-sica matematica, l’equazione del calore o equazione della diffusione,

∂u

∂t(x, t ) = D∆u(x, t ),

per la funzione incognita u = u(x, t ), x ∈Rd , t ∈R+, con d = 1,2,3 e D > 0 una co-stante assegnata, detta coefficiente di diffusione. Il nome di equazione del caloreproviene dal fatto che essa fu introdotta per la prima volta nella descrizione del-la propagazione del calore in un mezzo solido, isotropo ed omogeneo. In realtàtale equazione (e sue generalizzazioni) descrive un’ampia classe di fenomeni fi-sici e biologici noti come processi di diffusione. Esempio tipico è il trasporto dimateria in un mezzo dovuto al moto molecolare disordinato del mezzo in cuiessa si trova. Vedremo più avanti una derivazione microscopica e probabilisticadi tale equazione, che renderà più chiaro il tipo di dinamica microscopica chepuò dar luogo ad un’equazione di evoluzione macroscopica di tipo diffusivo.

Nonostante le diverse analogie tra l’equazione delle onde e quella della dif-fusione, quest’ultima si differenzia notevolmente dalla prima, in particolare ri-guardo il comportamento asintotico nel tempo delle soluzioni, ed in effetti de-scrive fenomeni evolutori profondamente diversi. In particolare notiamo checome l’equazione delle onde essa è lineare, pertanto sussiste il principio di so-vrapposizione, ed è anch’essa invariante rispetto a traslazioni spazio-temporali.Viceversa, non è invariante sotto riflessioni del tempo: se u(x, t ) risolve l’equa-zione del calore allora la funzione v(x, t ) = u(x,−t ) è soluzione dell’equazio-ne aggiunta ∂v

∂t +D∆v = 0. In altri termini, esiste una direzione privilegiata deltempo, questa equazione descrive fenomeni irreversibili.

7.2. Derivazione euristica

Consideriamo un solido omogeneo ed isotropo di densità ρ costante. Sudi esso non si compie lavoro meccanico, ma assumiamo che possa scambiareenergia termica con una sorgente esterna in modo distribuito sulla sua estensio-ne (ad esempio per irraggiamento, o per energia rilasciata da reazioni chimiche

117

Page 122: Note del corso di Fisica Matematica

118 EQUAZIONE DEL CALORE

al suo interno). Sia r = r (x, t ) il tasso di calore scambiato per unità di massa contale sorgente. Assumendo che ciascun elemento di volume infinitesimo sia al-l’equilibrio termico locale, l’energia interna per unità di massa in un volumettoattorno x al tempo t è una funzione e = e(x, t ), proporzionale alla temperaturaassoluta θ(x, t ) nello stesso elemento; la costante di proporzionalità, detta calo-re specifico a volume costante ed indicata con Cv , è assunta indipendente dallaposizione e dal tempo, cosicché

e(x, t ) =Cv θ(x, t ).

Per il primo principio della termodinamica, poiché non si compie lavoro sul so-lido, la variazione di energia interna in un qualunque suo volume V è pari alflusso di calore che attraversa la frontiera ∂V sommato al calore scambiato inV con la sorgente esterna. Pertanto, indicando con J = J (x, t ) ∈ R3 il flusso dicalore, deve aversi

d

dt

∫V

dxρe =−∫∂V

dσ J ·ν+∫

Vdxρr.

Possiamo ora ragionare come fatto in Sezione 2.3 nella derivazione dell’equa-zione di Liouville: poiché

∫∂V dσ J ·ν= ∫

V dx div J , deve aversi∫V

dx

(ρ∂e

∂t+div J −ρr

)= 0 ∀V ,

da cui

ρ∂e

∂t(x, t )+div J (x, t ) = ρr (x, t ),

ovvero,

∂θ

∂t(x, t )+ 1

ρCvdiv J (x, t ) = f (x, t )

(con f (x, t ) = r (x, t )

Cv

).

Come nel caso dell’equazione di Liouville, per ottenere un’equazione chiusa nelcampo di temperatura θ occorre postulare una legge che metta in relazione ilflusso di calore con la stessa temperatura. Assumiamo allora la legge di Fourier,che si dimostra essere valida in condizioni “normali” (quali ad esempio gradientinon troppo elevati di temperatura). Tale legge stabilisce che esiste una costan-te K > 0, detta conducibilità termica, che dipende unicamente dal materiale inesame, tale che

J (x, t ) =−K∇θ(x, t ).

Sostituendo nell’equazione di bilancio energetico sopra derivata otteniamo in-fine l’equazione del calore in presenza di una sorgente f ,

∂θ

∂t(x, t ) = D∆θ(x, t )+ f (x, t )

(con D = K

ρCv

).

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Page 123: Note del corso di Fisica Matematica

7.2 DERIVAZIONE EURISTICA 119

Vale la pena osservare che se il solido considerato non è omogeneo, il calorespecifico Cv e la conducibilità termica K dipendono dalla posizione x, nel qualcaso l’equazione di diffusione del calore assume la seguente forma più generale,

∂θ

∂t(x, t ) = 1

ρCv (x)div[K (x)∇θ(x, t )]+ f (x, t ),

dove, in caso di anisotropia del solido, la conducibilità K (x) è una matrice d ×d .

Come già accennato, alla medesima equazione si perviene quando si stu-diano alcuni fenomeni di trasporto della materia in un mezzo. Se c(x, t ) rap-presenta la concentrazione di una sostanza, abbiamo già discusso la sua leg-ge di conservazione in Sezione 2.3, che qui riscriviamo nella sua forma nonomogenea,

∂c

∂t(x, t )+div J (x, t ) = f (x, t ),

dove f rappresenta un termine di sorgente della sostanza stessa (ad esempiose essa viene creata nel mezzo attraverso qualche reazione chimica). Nel ca-so dell’equazione di Liouville, abbiamo supposto che la sostanza fosse traspor-tata da una famiglia di diffeomorfismi associata ad un’equazione differenziale.Se invece vogliamo descrivere la dispersione della sostanza nel mezzo a causadi interazioni disordinate con le molecole componenti quest’ultimo, una sceltaragionevole per la corrente è quella dettata dalla legge di Fick,

J (x, t ) =−D∇c(x, t ),

dove D è una costante positiva, da cui ritroviamo la legge di diffusione,

∂c

∂t(x, t ) = D∆c(x, t )+ f (x, t ).

Si osservi che la legge di Fick, che è l’esatto analogo della legge di Fourier, affer-ma semplicemente che la materia tende a diffondere da zone a concentrazionemaggiore verso zone a concentrazione minore, ed il fatto che la legge sia linearecon il gradiente è ragionevole per regimi in cui il gradiente è sufficientementepiccolo.

Nei casi più generali D può dipendere anche da x e c, mentre f può dipen-dere anche da c, x, t , il che conduce ad una particolare EDP non lineare, dettaequazione di reazione-diffusione,

∂c

∂t(x, t ) = div[D(c(x, t ), x)∇c(x, t )]+ f (x,c(x, t ), t ).

Ad esempio, se c(x, t ) = n(x, t ) indica la concentrazione di una popolazione concrescita logistica f = r n

(1− 1

k n), dove r è detto il tasso lineare di riproduzione e

k la capacità dell’habitat, si ottiene la celebre equazione di Fisher,

∂n

∂t(x, t ) = D∆n(x, t )+ r n(x, t )− r

kn(x, t )2.

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Page 124: Note del corso di Fisica Matematica

120 EQUAZIONE DEL CALORE

7.3. Problemi ben posti e principio del massimo

Osserviamo innanzitutto che, a differenza dell’equazione delle onde, essen-do quella del calore del primo ordine rispetto alla variabile t , è necessario asse-gnare solo il valore della funzione u al tempo t = 0 per fissare le condizioni ini-ziali del moto. In presenza di un dominio limitato con frontiera, possiamo consi-derare sia le condizioni al bordo di Dirichlet che di Neumann: nel linguaggio delcalore, questo significa, rispettivamente, assegnare una temperatura prestabili-ta sul bordo, ovvero assegnare il flusso di calore attraverso il bordo (chiaramentehanno senso anche altre condizioni al bordo, ma ci limitiamo in queste note atrattare solo le precedenti). Prenderemo in esame quindi i seguenti problemi.

(1) Problema di Cauchy globale. La funzione incognita u = u(x, t ) è definitasu tutto lo spazio, pertanto il problema corrispondente è

∂u

∂t= D∆u + f in Rd ×R+,

u(x,0) = g (x) per x ∈Rd .(7.1)

(2) Problema di Cauchy-Dirichlet. Sia Ω ⊂ Rd un dominio regolare limi-tato con frontiera ∂Ω di classe C 1. La funzione incognita u = u(x, t ) èsoluzione dell’equazione del calore su QT = Ω× (0,T ) ed il suo valorea(x, t ) sulla frontiera di Ω è preassegnato. Il problema corrispondenteè pertanto

∂u

∂t= D∆u + f in QT ,

u(x,0) = g (x) per x ∈Ω,u(x, t ) = a(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω× [0,T ).

(7.2)

(3) Problema di Cauchy-Neumann. Come in (2), con la differenza che vie-ne assegnato il valore b(x, t ) della derivata normale della funzione in-cognita sulla frontiera diΩ. Otteniamo così il problema

∂u

∂t= D∆u + f in QT ,

u(x,0) = g (x) per x ∈Ω,∂u

∂ν(x, t ) = b(x, t ) per (x, t ) ∈ ∂Ω× [0,T ),

(7.3)

Dimostreremo l’unicità e, in alcuni casi, l’esistenza della soluzione di questi pro-blemi. Vale la pena sin d’ora rimarcare una differenza di fondo con il caso dellapropagazione ondosa. Definiamo frontiera parabolica di QT l’insieme

∂pQT :=(Ω× t = 0

)∪ (∂Ω× [0,T ])

= (x, t ) : x ∈Ω, t = 0∪ (x, t ) : x ∈ ∂Ω, t ∈ [0,T ].

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Page 125: Note del corso di Fisica Matematica

7.3 PROBLEMI BEN POSTI E PRINCIPIO DEL MASSIMO 121

Osserviamo allora che la buona posizione dei problemi (7.2) e (7.3) significache la conoscenza di u(x, t ) sulla frontiera parabolica determina univocamenteu(x, t ) in tutto QT . Invece, nel caso dell’equazione delle onde, poiché l’asse-gnazione della velocità iniziale ∂u

∂t (x,0) può sostituirsi con il valore u(x,T ) (sipensi alla formulazione variazionale), la soluzione rimane determinata in tuttoQT solo se è nota su tutta la frontiera ∂QT di QT . Questa differenza è legata all’ir-reversibilità dei processi descritti dall’equazione del calore: il futuro rimane de-terminato dal passato (il principio di causalità rimane pertanto valido) ma nonè vero il viceversa, ovvero il valore della soluzione u al tempo t non determina ilsuo valore ai tempi precedenti.

Analogamente, nel problema globale (7.1) definiamo la frontiera parabolica

∂p (Rd ×R+) =Rd × t = 0 = (x, t ) ∈Rd ×R+ : t = 0

e la conoscenza di u(x, t ) su tale insieme determina univocamente la soluzionesu tutto Rd ×R+.

I teoremi di unicità per l’equazione del calore sono basati su una proprie-tà fondamentale delle soluzioni, nota come principio del massimo parabolico,che è conseguenza delle leggi di Fourier/Fick per le quali il calore/sostanza flui-sce sempre verso regioni a temperatura/concentrazione più bassa. Formule-remo questo principio e le sue conseguenze dapprima nel caso di un dominiolimitato.

In quanto segue C 2,1(QT ) indica l’insieme delle funzioni numeriche su QT

che sono differenziabili con continuità due volte rispetto al complesso delle va-riabili x = (x1, . . . , xd ) ed una volta rispetto alla variabile temporale t . InoltreC (QT ) [risp. C 1(QT )] denota l’insieme delle funzioni numeriche su QT continue[risp. derivabili con continuità] fino alla frontiera.

TEOREMA 7.1 (Principio del massimo). Sia w ∈C 2,1(QT )∩C (QT ) tale che

∂w

∂t−D∆w ≤ 0 in QT , (7.4)

con D una costante positiva. Allora il massimo di w è assunto sulla frontieraparabolica, ovvero

maxQT

w = max∂pQT

w.

DIMOSTRAZIONE. Per la continuità fino alla frontiera della funzione w è suf-ficiente dimostrare che

maxQT ′

w = max∂pQT ′

w ∀T ′ ∈ (0,T ).

Fissiamo quindi T ′ < T e ragioniamo per assurdo, assumendo che

M := maxQT ′

w > max∂pQT ′

w =: m.

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Page 126: Note del corso di Fisica Matematica

122 EQUAZIONE DEL CALORE

Scelto 0 < ε < M−mT ′ , poniamo u(x, t ) := w(x, t )+ε(T ′− t ). Per la scelta fatta del

parametro ε si ha

mu := max∂pQT ′

u ≤ m +εT ′ < M .

D’altra parte, poiché u ≥ w (su QT ′),

Mu := maxQT ′

u ≥ M .

Dunque Mu > mu , il che implica l’esistenza di un punto (x0, t0) ∈Ω× (0,T ′] taleche Mu = u(x0, t0). Mostriamo che questo conduce ad un assurdo. Infatti, lacondizione di massimo implica che

∂u

∂t(x0, t0)

= 0 se 0 < t0 < T ′,≥ 0 se t0 = T ′,

mentre, essendo x0 interno adΩ, ∇u(x0, t0) = 0 e ∆u(x0, t0) ≤ 0. Ne segue che

∂u

∂t(x0, t0)−D∆u(x0, t0) ≥ 0,

che contraddice l’ipotesi (7.4), poiché in ogni punto (x, t ) ∈Ω× (0,T ′] si ha

∂u

∂t(x, t )−D∆u(x, t ) = ∂w

∂t(x, t )−D∆w(x, t )−ε≤−ε< 0.

COROLLARIO 7.2. Sia w ∈C 2,1(QT )∩C (QT ) tale che

∂w

∂t−D∆w ≥ 0 in QT ,

con D una costante positiva. Allora il minimo di w è assunto sulla frontieraparabolica, ovvero

minQT

w = min∂pQT

w.

DIMOSTRAZIONE. È sufficiente applicare il Teorema 7.1 alla funzione −w .

PROPOSIZIONE 7.3. Sia w ∈ C 2,1(QT )∩C (QT ) soluzione dell’equazione delcalore omogenea,

∂w

∂t−D∆w = 0 in QT .

Allora

min∂pQT

w ≤ w(x, t ) ≤ max∂pQT

w ∀ (x, t ) ∈QT .

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Page 127: Note del corso di Fisica Matematica

7.3 PROBLEMI BEN POSTI E PRINCIPIO DEL MASSIMO 123

DIMOSTRAZIONE. Ovvia conseguenza del Teorema 7.1 e del Corollario 7.2.

Osserviamo che la precedente proposizione implica che se w ha un segnodefinito sulla frontiera parabolica allora w possiede il medesimo segno su tuttoil dominio QT .

TEOREMA 7.4. Siano u1,u2 ∈ C 2,1(QT )∩C (QT ) soluzioni dell’equazione delcalore con uguale coefficiente di diffusione e forzanti f1, f2 ∈ C (QT ) rispettiva-mente. Allora sussiste la seguente stima,

maxQT

|u1 −u2| ≤ max∂pQT

|u1 −u2|+T maxQT

| f1 − f2|. (7.5)

In particolare, il problema di Cauchy-Dirichlet (7.2) possiede al più una soluzio-ne in C 2,1(QT )∩C (QT ).

DIMOSTRAZIONE. Posto

M := maxQT

| f1 − f2|

definiamo

u±(x, t ) := u1(x, t )−u2(x, t )±M t ,

cosicché∂u±∂t

(x, t )−D∆u±(x, t ) = f1(x, t )− f2(x, t )±M .

Pertanto, dalla definizione di M ,

∂u−∂t

−D∆u− ≤ 0,∂u+∂t

−D∆u+ ≥ 0 in QT .

Possiamo allora applicare, rispettivamente, il Teorema 7.1 alla funzione u− ed ilCorollario 7.2 alla funzione u+. Si ottiene in tal modo che

maxQT

(u1 −u2 −M t ) = max∂pQT

(u1 −u2 −M t ),

minQT

(u1 −u2 +M t ) = min∂pQT

(u1 −u2 +M t ).

Dalle precedenti disuguaglianze segue che, per ogni (x, t ) ∈QT ,

u1(x, t )−u2(x, t )−M t ≤ maxQT

(u1 −u2) ≤ max∂pQT

|u1 −u2|,

u1(x, t )−u2(x, t )+M t ≥ min∂pQT

(u1 −u2) ≥−max∂pQT

|u1 −u2|,

che equivalgono a

|u1(x, t )−u2(x, t )| ≤ max∂pQT

|u1 −u2|+M t ,

da cui la tesi (7.5). L’unicità del problema di Cauchy-Dirichlet è ovvia conse-guenza della stima (7.5).

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124 EQUAZIONE DEL CALORE

OSSERVAZIONE 7.1. L’unicità del problema di Cauchy-Neumann 7.3 può es-sere provata con questi criteri di confronto, purché si dimostri una versionepiù forte del principio del massimo, assieme ad un’altra proprietà delle solu-zioni nota come Principio di Hopf. Non tratteremo tali risultati in queste no-te. Osserviamo però che un risultato di unicità per entrambi i problemi di Diri-chlet e di Neumann nella classe delle funzioni differenziabili fino al bordo di QT

può essere facilmente ottenuto con il seguente metodo dell’energia. Assegna-ta w ∈ C 2,1(QT )∩C 1(QT ) soluzione dell’equazione del calore omogenea in QT ,calcoliamo la derivata temporale della funzione

E(t ) = 1

2

∫Ω

dx w(x, t )2, t ∈ [0,T ].

Si ha, applicando la I Formula di Green,

E(t ) =∫Ω

dx w∂w

∂t=

∫Ω

dx Dw∆w = D∫∂Ω

dσw∂w

∂ν−D

∫Ω

dx |∇w |2.

Se ora u1 e u2 sono due soluzioni del medesimo problema (7.2) o (7.3) nellaclasse C 2,1(QT )∩C 1(QT ), allora la loro differenza w = u1 −u2 è soluzione delproblema omogeneo con w ∂w

∂ν = 0 su ∂pQT . Pertanto E(t ) ≤ 0 per ogni t ∈ [0,T ]e dunque, essendo E(0) = 0 ed E(t ) ≥ 0, si ha E(t ) = 0 per ogni t ∈ [0,T ]. Nesegue che ∇w = 0 su QT , ovvero che w dipende dalla sola variabile tempo t .D’altra parte w ∈ C (QT ) ed è nulla su ∂pQT , per cui deve essere w = 0 su QT ,ovvero u1 = u2.

Consideriamo ora il problema di Cauchy globale (7.1), di cui dimostreremol’unicità nella classe delle funzioni limitate utilizzando la seguente estensionedel principio del massimo.

TEOREMA 7.5 (Principio del massimo globale). Consideriamo una funzionew ∈C 2,1(Rd × (0,T ))∩C (Rd × [0,T ]) tale che

∂w

∂t−D∆w ≤ 0 in Rd × (0,T ), (7.6)

con D una costante positiva. Supponiamo inoltre che esista C <+∞ per cui

w ≤C in Rd × [0,T ].

Allora

supRd×[0,T ]

w = supx∈Rd

w(x,0).

DIMOSTRAZIONE. Posto

M0 := supx∈Rd

w(x,0), C1 :=C −M0,

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Page 129: Note del corso di Fisica Matematica

7.3 PROBLEMI BEN POSTI E PRINCIPIO DEL MASSIMO 125

definiamo, per ogni L > 0,

z(x, t ) := 2dC1

L2

(x2

2d+Dt

)+M0.

Poiché ∆x2 = ∑di=1

∂x2

∂x2i= 2d si ha ∂z

∂t (x, t )−D∆z(x, t ) = 0. Pertanto dall’ipotesi

(7.6) segue che

∂(z −w)

∂t−D∆(z −w) ≥ 0 in Rd × (0,T ).

Applichiamo il Corollario 7.2 alla funzione z − w , scegliendo come dominio labollaΩL := x ∈Rd : |x| < L. Posto QT,L :=ΩL × (0,T ), otteniamo

minQT,L

(z −w) = min∂pQT,L

(z −w) = min

min

ΩL×t=0(z −w); min

∂ΩL×[0,T ](z −w)

.

Essendo C1 ≥ 0 ed M0 ≥ w(x,0) per ogni x ∈Rd , si ha

minΩL×t=0

(z −w) = min|x|≤L

[C1x2

L2 +M0 −w(x,0)

]≥ 0.

D’altra parte, essendo C1 + M0 − w(x, t ) = C − w(x, t ) ≥ 0 per ogni (x, t ) ∈ Rd ×[0,T ], si ha anche

min∂ΩL×[0,T ]

(z −w) = min|x|=L

mint∈[0,T ]

[2dC1

L2

(x2

2d+Dt

)+M0 −w(x, t )

]= min

|x|=Lmin

t∈[0,T ]

[C1 + 2dC1D

L2 t +M0 −w(x, t )

]≥ 0.

Quindi minQT,L

(z −w) ≥ 0, ovvero

w(x, t ) ≤ 2dC1

L2

(x2

2d+Dt

)+M0 ∀ (x, t ) ∈ΩL × [0,T ].

Nel limite L →+∞ otteniamo w(x, t ) ≤ M0 per ogni (x, t ) ∈ Rd × [0,T ], che è latesi.

COROLLARIO 7.6. Sia w ∈C 2,1(Rd × (0,T ))∩C (Rd × [0,T ]) tale che

∂w

∂t−D∆w ≥ 0 in Rd × (0,T ),

con D una costante positiva. Supponiamo inoltre che esista C >−∞ tale che

w ≥C in Rd × [0,T ].

Allora

infRd×[0,T ]

w = infx∈Rd

w(x,0).

DIMOSTRAZIONE. È sufficiente applicare il Teorema 7.5 alla funzione −w .

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Page 130: Note del corso di Fisica Matematica

126 EQUAZIONE DEL CALORE

TEOREMA 7.7. Il problema di Cauchy globale,∂u

∂t= D∆u + f in Rd × (0,T ),

u(x,0) = g (x) ∀x ∈Rd ,

possiede al più una soluzione limitata in C 2,1(Rd × (0,T ))∩C (Rd × [0,T ]).

DIMOSTRAZIONE. Siano u1,u2 soluzioni dello stesso problema di Cauchy,allora w = u1 −u2 è una funzione limitata che soddisfa l’equazione omogeneacon dato iniziale w(x,0) ≡ 0. Pertanto, dal Teorema 7.5 e dal Corollario 7.6 si ha

0 = infx∈Rd

w(x,0) = infRd×[0,T ]

w(x, t ) ≤ supRd×[0,T ]

w(x, t ) = supx∈Rd

w(x,0) = 0.

Dunque w(x, t ) ≡ 0 in Rd × [0,T ].

OSSERVAZIONE 7.2. Ricordiamo che l’unicità si può dimostrare in uno spa-zio più grande, noto come classe delle funzioni di Tichonov, costituito dalle fun-zioni u ∈ C 2,1(Rd × (0,T )) ∩C (Rd × [0,T ]) per ciascuna delle quali si possanodeterminare delle costanti K ,α> 0 tali che

|u(x, t )| ≤ K eαx2 ∀ (x, t ) ∈Rd × [0,T ].

L’unicità invece non sussiste se si ammette una crescita maggiore. Ricordiamoal riguardo l’esempio di Tychonov. Sia τ(x, t ), (x, t ) ∈ R× [0,+∞), la funzionedefinita come segue,

τ(x, t ) :=∞∑

k=0

h(k)(t )

(2k)!x2k ,

dove

h(k)(t ) = dk h(t )

dt k, h(t ) :=

e−1/t 2

se t > 0,

0 se t = 0.

Si dimostra che τ(x, t ) è continua fino alla frontiera R× t = 0 e che τ(x, t ) → 0per t ↓ 0. Inoltre si può dimostrare che per t > 0 la funzione τ(x, t ) soddisfal’equazione del calore omogenea ∂τ

∂t = ∂2τ∂x2 . Dunque, oltre alla soluzione banale

u(x, t ) ≡ 0, anche τ(x, t ) è soluzione del problema di Cauchy globale con datoiniziale nullo. D’altra parte si può verificare che, per opportune costanti c1,c2 >0,

τ(x, t ) ∼ exp

−c1

1

t 2 + c2x2

t

per |x| → ∞ e t ↓ 0. In particolare, τ(x, t ) non ammette una stima del tipo|τ(x, t )| ≤ K eαx2

in nessuna striscia R× [0,T ].

Si noti che, almeno formalmente, è facile verificare che τ è soluzione dell’e-quazione del calore. Infatti, derivando termine a termine la serie di potenze che

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Page 131: Note del corso di Fisica Matematica

7.4 SOLUZIONE FONDAMENTALE 127

la definisce, si ha

∂2τ

∂x2 (x, t ) =∞∑

k=1

h(k)(t )

(2k)!2k(2k −1)x2k−2 =

∞∑k=0

h(k+1)(t )

(2k)!x2k = ∂τ

∂t(x, t ).

7.4. Soluzione fondamentale

Costruiamo dapprima la soluzione del problema di Cauchy globale omoge-neo in dimensione d = 1,

∂u

∂t= D

∂2u

∂x2 in R×R+,

u(x,0) = g (x) per x ∈R,(7.7)

con D > 0 il coefficiente di diffusione. In analogia con il caso dell’equazionedelle onde, cerchiamo di esprimere la soluzione nella forma

u(x, t ) =∫

dy Γ1(x, y, t )g (y), (7.8)

per un opportuno nucleo integrale Γ1(x, y, t ). Il significato di tale nucleo è chia-ro: Γ1(x, y, t )g (y)dy è la concentrazione della sostanza in x al tempo t dovutaalla diffusione di una massa infinitesima g (y)dy posta inizialmente (ovvero altempo t = 0) nell’intervallo (y, y +dy). Dopodiché, per il principio di sovrap-posizione, integrando nella variabile y , troviamo la concentrazione dovuta al-la massa totale distribuita al tempo iniziale secondo la densità g . Dovendo urisolvere (7.7) deve aversi

0 = ∂u

∂t(x, t )−D

∂2u

∂x2 (x, t ) =∫

dy

[∂Γ1

∂t(x, y, t )−D

∂2Γ1

∂x2 (x, y, t )

]g (y),

limt→0+

∫dy Γ1(x, y, t )g (y) = g (x),

da cui, vista l’arbitrarietà nella scelta del dato iniziale g , il nucleo Γ1(x, y, t ) deveessere soluzione del problema

∂Γ1

∂t(x, y, t ) = D

∂2Γ1

∂x2 (x, y, t ) per (x, y, t ) ∈R×R×R+,

Γ1(x, y,0) = δy (x) per (x, y) ∈R×R,(7.9)

con δy (x) la funzione delta di Dirac concentrata in y . In altri termini, Γ1(x, y, t ) èla soluzione fondamentale dell’equazione del calore. Per determinarla utilizzia-mo le seguenti proprietà di tale equazione:

• Invarianza per traslazioni spaziali: qualunque sia z ∈R, se u(x, t ) è so-luzione dell’equazione (7.7) allora uz (x, t ) := u(x + z, t ) è soluzione delproblema di Cauchy globale di dato iniziale gz (x) := g (x + z).

• Invarianza per dilatazioni paraboliche: qualunque siaα> 0, se u(x, t ) èsoluzione dell’equazione (7.7) allora uα(x, t ) := u(αx,α2t ) è soluzionedel problema di Cauchy globale di dato iniziale gα(x) := g (αx).

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Page 132: Note del corso di Fisica Matematica

128 EQUAZIONE DEL CALORE

Se la soluzione deve potersi sempre scrivere nella forma integrale (7.8), alloradalla prima proprietà segue che deve aversi∫

dy Γ1(x + z, y, t )g (y) =∫

dy Γ1(x, y, t )g (y + z),

ovvero, con la sostituzione y → y + z nel secondo integrale,∫dy Γ1(x + z, y, t )g (y) =

∫dy Γ1(x, y − z, t )g (y).

Vista l’arbitrarietà nella scelta di g concludiamo che deve essere

Γ1(x + z, y, t ) = Γ1(x, y − z, t ) ∀x, y, z ∈R ∀ t > 0.

In particolare, Γ1(x + z, z, t ) = Γ1(x,0, t ) per ogni x, z ∈R, t > 0, e dunque

Γ1(x, y, t ) = Γ1(x − y,0, t ) ∀x, y ∈R, ∀ t > 0.

Pertanto, se indichiamo con Γ1(x, t ) = Γ1(x,0, t ) la soluzione fondamentale didato iniziale δ(x), l’equazione (7.8) diventa

u(x, t ) =∫

dy Γ1(x − y, t )g (y).

Dalla seconda proprietà segue ora che deve aversi∫dy Γ1(αx − y,α2t )g (y) =

∫dy Γ1(x − y, t )g (αy),

ovvero, con la sostituzione y →αy nel primo integrale,∫dyαΓ1(α(x − y),α2t )g (αy) =

∫dy Γ1(x − y, t )g (αy),

da cui, vista l’arbitrarietà nella scelta di g concludiamo che deve essere

αΓ1(αx,α2t ) = Γ1(x, t ) ∀x ∈R ∀α, t > 0.

In particolare, scegliendo α= 1/p

t ,

Γ1(x, t ) = 1ptΓ1

(xp

t,1

)∀x ∈R ∀ t > 0.

Dunque la funzione Γ1(x, t ) è una soluzione dell’equazione del calore di auto-similarità (o autosimile): il suo profilo spaziale rimane simile nel tempo; lo siottiene da Γ1(x,1) (quello al tempo t = 1) mediante un riscalamento 1/

pt della

funzione e del suo argomento). Inoltre, visto che l’equazione conserva la massatotale, richiediamo che, per ogni dato iniziale g integrabile,∫

dx∫

dy Γ1(x − y, t )g (y) =∫

dy g (y).

Essendo∫dx

∫dy Γ1(x − y, t )g (y) =

∫dy g (y)

∫dxΓ1(x − y, t ) =

∫dy g (y)

∫dzΓ1(z, t ),

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Page 133: Note del corso di Fisica Matematica

7.4 SOLUZIONE FONDAMENTALE 129

per l’arbitrarietà di g deve allora aversi∫dxΓ1(x, t ) = 1 ∀ t > 0.

Infine, per soddisfare il principio del massimo, richiediamo Γ1(x, t ) ≥ 0. Sottotutte queste condizioni la funzione Γ1(x, t ) è univocamente determinata. Pervederlo è sufficiente determinare la funzione Φ(ξ) := Γ1(ξ,1). Stabiliamo qualicondizioni deve soddisfare tale funzione. Poiché

Γ1(x, t ) = 1ptΦ

(xp

t

),

l’equazione del calore per Γ1(x, t ) si scrive

0 = ∂Γ1

∂t(x, t )−D

∂2Γ1

∂x2 (x, t )

=− 1

2tp

(xp

t

)− 1

2tp

t

xptΦ′

(xp

t

)− D

tp

tΦ′′

(xp

t

)=− 1

tp

t

[1

(xp

t

)+ 1

2

xptΦ′

(xp

t

)+DΦ′′

(xp

t

)].

Vista l’arbitrarietà del parametro ξ = x/p

t ne segue che Φ(ξ) deve risolvere l’e-quazione differenziale ordinaria

DΦ′′(ξ)+ 1

2Φ(ξ)+ 1

2ξΦ′(ξ) = 0,

ovvero, essendoΦ(ξ)+ξΦ′(ξ) = ddξ [ξΦ(ξ)],

DΦ′(ξ)+ 1

2ξΦ(ξ) =C1,

con C1 costante di integrazione. Risolvendo con il metodo della variazione dellecostanti,

Φ(ξ) =C0 exp

[− ξ2

4D

]+C1 exp

[− ξ2

4D

]∫ ξ

0dη exp

[η2

4D

].

Per fissare le costanti C0,C1 imponiamo le condizioni

Φ(ξ) ≥ 0,∫

dξΦ(ξ) =∫

dξΓ(ξ,1) = 1.

La positività implica C1 = 0, dopodiché la condizione di normalizzazione deter-mina C0,

C0 =(∫

dξ exp

[− ξ2

4D

])−1

= 1

2p

D∫

dz e−z2= 1p

4πD.

In definitiva,

Γ1(x, t ) = 1p4πDt

exp

[− x2

4Dt

],

ovvero una gaussiana centrata nell’origine e normalizzata ad avere integrale pariad uno. Rimane da verificare che effettivamenteΓ1(x−y, t ) → δ(x−y) per t → 0+.

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Page 134: Note del corso di Fisica Matematica

130 EQUAZIONE DEL CALORE

LEMMA 7.8. Sia g ∈C (R) una funzione limitata. Allora

limt→0+

∫dy Γ1(x − y, t )g (y) = g (x) ∀x ∈R.

DIMOSTRAZIONE. Con il cambiamento di variabile z = (y −x)/p

t ,∫dy Γ1(x − y, t )g (y) =

∫dzΓ1(z,1)g (x + z

pt ).

Possiamo allora stimare, per ogni N > 0,∣∣∣∫ dy Γ1(x − y, t )g (y)− g (x)∣∣∣= ∣∣∣∫ dzΓ1(z,1)

[g (x + z

pt )− g (x)

]∣∣∣≤

∫ N

−NdzΓ1(z,1)|g (x + z

pt )− g (x)|+

∫|z|>N

dzΓ1(z,1)|g (x + zp

t )− g (x)|

≤ max|z|≤N

|g (x + zp

t )− g (x)|∫ N

−NdzΓ1(z,1)+4‖g‖∞

∫ ∞

NdzΓ1(z,1)

≤ max|z|≤N

|g (x + zp

t )− g (x)|+4‖g‖∞∫ ∞

NdzΓ1(z,1).

Poiché, per la continuità uniforme sui compatti,

limt→0+ max

|z|≤N|g (x + z

pt )− g (x)| = 0 ∀N > 0,

ne segue che

limsupt→0+

∣∣∣∫ dy Γ1(x − y, t )g (y)− g (x)∣∣∣≤ 4‖g‖∞

∫ ∞

NdzΓ1(z,1).

Dovendo tale stima sussistere per ogni N > 0 ed essendo il termine di destrainfinitesimo per N →∞, concludiamo che il limite superiore è nullo, da cui latesi del lemma.

La soluzione fondamentale in dimensione d > 1 può ora determinarsi perseparazione delle variabili spaziali. Infatti si verifica immediatamente che ilnucleo Γd (x, y, t ) = Γd (x − y, t ), x, y ∈Rd , t > 0, con

Γd (x, t ) :=d∏

i=1Γ1(xi , t ) = 1

(4πDt )d/2exp

[− |x|2

4Dt

], x = (x1, . . . , xd ) ∈Rd ,

fornisce la soluzione fondamentale dell’equazione del calore in dimensione d ,ovvero

∂Γd

∂t(x, y, t )−D∆xΓd (x, y, t ) = 0,

e, per ogni g ∈C (Rd ) limitata,

limt→0+

∫dy Γd (x − y, t )g (y) = g (x) ∀x ∈Rd . (7.10)

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Page 135: Note del corso di Fisica Matematica

7.5 PROBLEMA DI CAUCHY GLOBALE 131

7.5. Problema di Cauchy globale

7.5.1. Problema omogeneo. Dai risultati della precedente sezione ottenia-mo facilmente il seguente risultato di esistenza ed unicità per il problema diCauchy globale omogeneo.

TEOREMA 7.9. Assegnata g ∈ C (Rd ) limitata, il problema di Cauchy globaleomogeneo

∂u

∂t= D∆u in Rd ×R+,

u(x,0) = g (x) per x ∈Rd ,

ha un’unica soluzione u(x, t ) nello spazio delle funzioni

w ∈C 2,1(Rd ×R+)∩C (Rd × [0,∞)) : supRd×[0,T ]

|w(x, t )| <∞ ∀T > 0.

Tale soluzione è data dalla seguente formula integrale,

u(x, t ) =∫

dy Γd (x − y, t )g (y). (7.11)

Infine, u ∈C∞(Rd ×R+).

DIMOSTRAZIONE. L’unicità segue dal principio del massimo globale. Sot-to le ipotesi su g è possibile derivare sotto il segno di integrale nella (7.11) ri-spetto alle variabili (x, t ), cosicché u ∈ C 2,1(Rd ×R+) è una soluzione classicadell’equazione. La continuità al tempo t = 0 segue dalla (7.10). Infine, poiché|u(x, t )| ≤ ‖g‖∞, la soluzione u appartiene alla classe di unicità. L’ultima affer-mazione, ovvero che u ∈ C∞(Rd ×R+), segue dai classici teoremi di derivazio-ne sotto il segno di integrale applicati all’integrale nel membro di destra della(7.11). In effetti tale integrale può essere derivato infinite volte rispetto ad x et , in quanto si verifica facilmente che, per ogni multi-indice (n0,n1, . . . ,nd ) diinteri positivi, l’integrale∫

dy∂|n|Γd (x − y, t )

∂t n0∂xn11 . . .∂xnd

d

g (y),

(dove |n| :=

d∑i=0

ni

),

converge assolutamente ed uniformemente al variare dei parametri (x, t ) in sot-toinsiemi compatti di Rd ×R+.

OSSERVAZIONE 7.3. Poiché Γd (x, t ) > 0 si ha u(x, t ) > 0 per ogni x ∈Rd e t > 0purché g ≥ 0 e g (x0) > 0 in almeno un punto x0 ∈Rd . Tale proprietà rappresental’analogo del principio di massimo forte nel caso del problema globale. Significache la massa iniziale, per quanto concentrata, si diffonde immediatamente intutto lo spazioRd . Altrimenti detto, il valore della soluzione u(x, t ) al tempo t > 0dipende dal valore di g in ogni punto, ovvero la velocità di propagazione di unaperturbazione iniziale è infinita. Vale però la pena osservare che se g (x) = 0 per

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Page 136: Note del corso di Fisica Matematica

132 EQUAZIONE DEL CALORE

|x| > R, R > 0, allora u(x, t ) è esponenzialmente piccola nel quadrato di |x|−R.Infatti, dalla (7.11) e dalla definizione di Γd (x, t ), si trova facilmente che

|u(x, t )| ≤ ‖g‖∞|BR (0)|(4πDt )d/2

exp

[− (|x|−R)2

4Dt

],

dove |BR (0)| è il volume della bolla BR (0) di raggio R e centro l’origine.

OSSERVAZIONE 7.4. La formula (7.11) ha senso anche per funzioni g noncontinue e illimitate, ad esempio con una crescita non superiore ad e|x|

γ

conγ < 2. Non solo, ma anche in questo caso u(x, t ) è regolare (anzi C∞) per ognit > 0. Dunque, a differenza dell’equazione delle onde, l’equazione del caloreregolarizza molto i dati iniziali (la stessa soluzione fondamentale Γd (x, t ) è in-finitamente derivabile per t > 0 ed ha come dato iniziale una distribuzione).Chiaramente, maggiore è la irregolarità del dato iniziale, più debole sarà il sensoin cui tale dato è assunto dalla soluzione. Ad esempio, nel caso della soluzio-ne fondamentale, l’identità Γd (x,0) = δ(x) sussiste nel senso delle distribuzioni,ovvero

limt→0+

∫d xΓd (x, t )ϕ(x) =ϕ(0) ∀ϕ ∈D(Rd ).

OSSERVAZIONE 7.5. Dalla formula (7.11) seguono facilmente stime di con-tinuità rispetto ai dati iniziali; ad esempio ‖u1(·, t )−u2(·, t )‖∞ ≤ ‖g1 − g2‖∞ perogni t ≥ 0.

OSSERVAZIONE 7.6. Se il dato iniziale ha una crescita della forma g (x) ∼(cost)ea|x|2 con a > 0, allora la formula (7.11) fornisce una soluzione locale finoal tempo t∗ = (4Da)−1. Ristretta ad un intervallo [0,T ] con T < t∗ essa forniscequindi l’unica soluzione nella corrispondente classe di Tychonov (cfr. l’Osserva-zione 7.2).

7.5.2. Problema non omogeneo. Il problema non omogeneo (7.1) può es-sere risolto con il metodo di Duhamel. Cerchiamo la soluzione nella forma

u(x, t ) =∫

dy Γd (x − y, t )g (y)+w(x, t ),

con w(x, t ) soluzione del problema con condizioni omogenee,∂w

∂t= D∆w + f in Rd ×R+,

w(x,0) = 0 per x ∈Rd ,(7.12)

che pensiamo ottenuta come somma di infiniti contributi infinitesimi relativialla diffusione della distribuzione di materia f (x, s)ds rilasciata o assorbita aitempi s < t . Dunque,

w(x, t ) =∫ t

0ds w(x, t ; s), w(x, t ; s) =

∫dy Γd (x − y, t − s) f (y, s).

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Page 137: Note del corso di Fisica Matematica

7.5 PROBLEMA DI CAUCHY GLOBALE 133

Formalmente si vede facilmente che w(x, t ) è soluzione del problema (7.12). In-fatti w(x,0) = 0 e, assumendo lecite le operazioni di derivazione sotto il segno diintegrale,

∂w

∂t(x, t ) =

∫ t

0ds

∂w

∂t(x, t ; s)+w(x, t ; t ) =

∫ t

0ds D∆w(x, t ; s)+ f (x, t )

= D∆∫ t

0ds w(x, t ; s)+ f (x, t ) = D∆w(x, t )+ f (x, t ).

Perché tali operazioni siano corrette occorrono però ipotesi di regolarità sullaforzante. Infatti

∂Γd

∂t(x, t ) = 1

t (d+2)/2

1

(4πD)d/2

(x2

4Dt− d

2

)exp

[− x2

4Dt

]= 1

t (d+2)/2G

(xp

t

),

avendo definito

G(z) =(

z2

4D− d

2

)Γd (z,1).

Pertanto, con la sostituzione z = (y −x)/p

t − s,∫ t

0ds

∂w

∂t(x, t ; s) =

∫ t

0

ds

t − s

∫dz G(z) f (x + z

pt − s, s),

che in generale può essere infinito essendo (t − s)−1 non integrabile sull’inter-vallo (0, t ). Ad esempio, la semplice continuità di f non è sufficiente ad esclu-dere tale evenienza. Se però f è sufficientemente regolare l’integrale può esse-re convergente, come si evince notando che nel caso limite in cui f è costantel’integrazione nella variabile z è nulla, essendo∫

dzz2

4DΓd (z,1) = d

2.

TEOREMA 7.10. Siano g ∈ C (Rd ) limitata ed f ∈ C 2,0(Rd × [0,T ]) tale chef ,∇x f ,D2

x f limitate in Rd × [0,T ]. Allora

u(x, t ) =∫

dy Γd (x − y, t )g (y)+∫ t

0ds

∫dy Γd (x − y, t − s) f (y, s)

è l’unica soluzione del problema di Cauchy globale non omogeneo nella classedelle funzioni w ∈C 2,1(Rd × (0,T ))∩C (Rd × [0,T ]) limitate.

Dimostrazione. L’unicità segue dal principio del massimo globale. Posto ora

V (x, t ) =∫ t

0ds

∫dy Γd (x − y, t − s) f (y, s),

occorre verificare che V ∈ C 2,1(Rd × (0,T )) ed è soluzione del problema (7.12).Con la sostituzione z = (y −x)/

pt − s si ha

V (x, t ) =∫ t

0ds

∫dzΓd (z,1) f (x + z

pt − s, s),

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Page 138: Note del corso di Fisica Matematica

134 EQUAZIONE DEL CALORE

da cui∂V

∂t(x, t ) = f (x, t )+

∫ t

0ds

∫dzΓd (z,1)

2p

t − sz ·∇ f (x + z

pt − s, s).

Si osservi che la derivazione sotto il segno di integrale è legittima poiché, perogni (x, t ) ∈Rd × [0,T ],∫ t

0ds

∫dz

∣∣∣∣Γd (z,1)

2p

t − sz ·∇ f (x + z

pt − s, s)

∣∣∣∣≤ ‖∇ f ‖∞∫ t

0ds

∫dzΓd (z,1) |z|

2p

t − s

=C‖∇ f ‖∞p

T <∞,

con

C =∫

dzΓd (z,1) |z|, ‖∇ f ‖∞ = sup(x,t )∈Rd×[0,T ]

|∇ f (x, t )|.

Dall’espressione esplicita del nucleo Γd (z,1) si ha Γd (z,1)z =−2D∇Γd (z,1). Per-tanto, essendo

∇Γd (z,1) ·∇ f (x + zp

t − s, s) = divz[Γd (z,1)∇ f (x + z

pt − s, s)

]−Γd (z,1)

pt − s∆ f (x + z

pt − s, s),

otteniamo

∂V

∂t(x, t ) = f (x, t )+D

∫ t

0ds

∫dzΓd (z,1)∆ f (x + z

pt − s, s)

−∫ t

0ds

Dpt − s

∫dz divz

[Γd (z,1)∇ f (x + z

pt − s, s)

].

Il primo integrale nel membro di destra converge assolutamente ed uniforme-mente per (x, t ) ∈ Rd × [0,T ] poiché abbiamo assunto le derivate seconde D2

x flimitate. Quindi,∫ t

0ds

∫dzΓd (z,1)∆ f (x + z

pt − s, s) =∆

∫ t

0ds

∫dzΓd (z,1) f (x + z

pt − s, s)

=∆w(x, t ).

D’altra parte, per il teorema della divergenza,∫dz divz

[Γd (z,1)∇ f (x + z

pt − s, s)

]= lim

R→∞

∫BR (0)

dz divz[Γd (z,1)∇ f (x + z

pt − s, s)

]= lim

R→∞

∫∂BR (0)

dσ(ζ)Γd (ζ,1)ν(ζ) ·∇ f (x +ζpt − s, s)

= 0,

dove BR (0) è la bolla in Rd di centro l’origine e raggio R, ν(ζ) = ζ/R è la normaleesterna alla bolla, mentre l’ultima uguaglianza segue dalla stima∣∣∣∣∫

∂BR (0)dσ(ζ)Γd (ζ,1)ν(ζ) ·∇ f (x +ζpt − s, s)

∣∣∣∣≤ ‖∇ f ‖∞|∂BR (0)|(4πD)d/2

e−R2/(4D).

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7.6 RISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DELLE RIFLESSIONI 135

Dunque ∂V∂t (x, t ) = f (x, t )+∆V (x, t ). Con stime analoghe, che omettiamo, si mo-

stra che V (x, t ) è continua in Rd ×[0,T ] e che le derivate seconde D2xV (x, t ) sono

continue in Rd × (0,T ), il che conclude la dimostrazione del teorema.

7.6. Risoluzione di problemi con il metodo delle riflessioni

La soluzione generale del problema di Cauchy globale permette di calcola-re anche la soluzione di alcuni problemi con bordo. Considereremo nel segui-to problemi in dimensione d = 1 e porremo, per brevità di notazione, Γ(x, t ) =Γ1(x, t ).

ESEMPIO 7.1. Prendiamo in esame il problema di Cauchy-Dirichlet omoge-neo,

∂u

∂t= D

∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x) per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

(7.13)

Cerchiamo una funzione g : R→ R, che coincida con g sull’intervallo [0,L] e siatale che la soluzione u(x, t ) del problema di Cauchy globale di dato iniziale g siannulli, identicamente nel tempo, per x = 0 ed x = L. Chiaramente, la restrizionedi u(x, t ) all’intervallo [0,L], ovvero la funzione

u(x, t ) =∫

dy Γ(x − y, t )g (y), (x, t ) ∈ [0,L]× [0,∞), (7.14)

fornisce allora la soluzione del problema (7.13).

Asseriamo che la funzione cercata si ottiene prolungando g per disparitàin [−L,L] e quindi per periodicità in tutto R. Altrimenti detto, g è determinataimponendo

g (x) =

g (x) se x ∈ [0,L],

−g (−x) se x ∈ [−L,0],g (x) = g (x +2L) ∀x ∈R

(si osservi che g ∈ C (R) poiché g (0) = g (L) = 0). A tal scopo dimostriamo cheanche a tempi positivi t > 0 la soluzione u(x, t ) è una funzione dispari e 2L-periodica di x (il che implica in particolare u(0, t ) = u(L, t ) = 0 per ogni t ≥ 0).Tale proprietà segue dall’invarianza rispetto a traslazioni e riflessioni dell’equa-zione del calore. Osserviamo infatti che le funzioni

v±(x, t ) =±u(−x, t ), vL(x, t ) = u(x +2L, t ) (7.15)

sono anch’esse soluzioni dell’equazione del calore, di dati iniziali rispettivamen-te g±(x) =±g (−x) e gL(x) = g (x+2L). Ma per la definizione di g (x) è chiaramen-te g−(x) = gL(x) = g (x). Ne segue, per l’unicità della soluzione, che

u(x, t ) =−u(−x, t ) = u(x +2L, t ) ∀ (x, t ) ∈R× [0,∞).

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Page 140: Note del corso di Fisica Matematica

136 EQUAZIONE DEL CALORE

Notiamo infine che è possibile esprimere esplicitamente la soluzione u in ter-mini del dato iniziale g . Infatti, sfruttando la periodicità di g possiamo scrivere

u(x, t ) =∫

dy Γ(x − y, t )g (y) = ∑n∈Z

∫ (2n+1)L

(2n−1)Ldy Γ(x − y, t )g (y)

= ∑n∈Z

∫ L

−Ldy Γ(x − y −2nL, t )g (y +2nL)

= ∑n∈Z

∫ L

−Ldy Γ(x − y −2nL, t )g (y).

Poiché g in [−L,L] è il prolungamento dispari di g , si ha inoltre∫ L

−Ldy Γ(x − y −2nL, t )g (y)

=∫ L

0dy Γ(x − y −2nL, t )g (y)−

∫ 0

−Ldy Γ(x − y −2nL, t )g (−y)

=∫ L

0dy Γ(x − y −2nL, t )g (y)−

∫ L

0dy Γ(x + y −2nL, t )g (y)

=∫ L

0dy [Γ(x − y −2nL, t )−Γ(x + y −2nL, t )]g (y).

Pertanto

u(x, t ) =∫ L

0dy GD (x, y, t )g (y), x ∈ [0,L], t > 0,

avendo definito la soluzione fondamentale del problema di Cauchy-Dirichlet,

GD (x, y, t ) = ∑n∈Z

[Γ(x − y −2nL, t )−Γ(x + y −2nL, t )], x, y ∈ [0,L], t > 0.

Vale la pena notare che il calcolo precedente è in effetti valido per ogni x ∈ R eche GD (x, y, t ) è una funzione 2L-periodica e dispari rispetto alla variabile x (la-sciamo al lettore la verifica di quest’ultima affermazione). Dunque la soluzionedel problema globale si scrive nella medesima forma,

u(x, t ) =∫ L

0dy GD (x, y, t )g (y), x ∈R, t > 0,

da cui si deduce anche a posteriori che essa è una funzione 2L-periodica e di-spari della variabile x.

ESEMPIO 7.2. Consideriamo ora il problema di Cauchy-Neumann omoge-neo,

∂u

∂t= D

∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x) per x ∈ [0,L],∂u

∂x(0, t ) = ∂u

∂x(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

(7.16)

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Page 141: Note del corso di Fisica Matematica

7.6 RISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DELLE RIFLESSIONI 137

In questo caso la funzione g si ottiene prolungando g per parità in [−L,L] equindi per periodicità in tutto R, ovvero

g (x) =

g (x) se x ∈ [0,L],

g (−x) se x ∈ [−L,0],g (x) = g (x +2L) ∀x ∈R.

Notiamo che g ∈ C 1(R) assumendo, compatibilmente con il problema di Neu-mann, che g ∈ C 1([0,L]) con g ′(0) = g ′(L) = 0. Ragionando come nell’esempioprecedente, ora sulla coppia di funzioni v+(x, t ) e vL(x, t ) in (7.15), si dimostrache l’equazione del calore preserva la parità e periodicità del dato iniziale, e siconclude infine che la soluzione del problema (7.16) si scrive nella forma

u(x, t ) =∫ L

0dy GN (x, y, t )g (y), x ∈ [0,L], t > 0,

avendo definito la soluzione fondamentale del problema di Cauchy-Neumann,

GN (x, y, t ) = ∑n∈Z

[Γ(x − y −2nL, t )+Γ(x + y −2nL, t )], x, y ∈ [0,L], t > 0.

Lasciamo al lettore il dettaglio della prova e la verifica diretta che GN (x, y, t ) èuna funzione 2L-periodica e pari rispetto alla variabile x.

ESEMPIO 7.3. Analogamente si trattano i problemi di Cauchy-Dirichlet e diCauchy-Neumann sulla semiretta,

∂u

∂t= D

∂2u

∂x2 in R+×R+,

u(x,0) = g (x) per x ∈ [0,∞),

u(0, t ) = 0 per t ≥ 0,

(7.17)

∂u

∂t= D

∂2u

∂x2 in R+×R+,

u(x,0) = g (x) per x ∈ [0,∞),∂u

∂x(0, t ) = 0 per t ≥ 0.

(7.18)

La funzione g si ottiene prolungando g , rispettivamente, per disparità e paritàin tutto R. Si trova in tal modo,

u(x, t ) =∫ ∞

0dy GD (x, y, t )g (y), x ≥ 0, t > 0,

per il problema di Dirichlet e

u(x, t ) =∫ ∞

0dy GN (x, y, t )g (y), x ≥ 0, t > 0,

per il problema di Neumann, dove oraGD (x, y, t ) = Γ(x − y, t )−Γ(x + y, t ),

GN (x, y, t ) = Γ(x − y, t )+Γ(x + y, t ),x, y ≥ 0, t > 0.

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Page 142: Note del corso di Fisica Matematica

138 EQUAZIONE DEL CALORE

7.7. Risoluzione di problemi con il metodo di Fourier

Per risolvere i problemi di Cauchy-Dirichlet e Cauchy-Neumann con con-dizioni al bordo omogenee si può ragionare esattamente come fatto in Sezione5.2, cercando la soluzione formale nella forma

u(x, t ) =∑n

Wn(t )vn(x),

dove vn(x),λn è il sistema completo di autofunzioni/autovalori (che suppo-niamo noto) per il relativo problema agli autovalori. In questo caso Wn(t ) èsoluzione dell’equazione del prim’ordine Wn(t ) = λnDWn(t ), cosicché Wn(t ) =Wn(0)eλn Dt , e le condizioni iniziali Wn(0) sono determinate richiedendo che

g (x) = u(x,0) =∑n

Wk (0)vn(x),

da cui, per l’ortogonalità delle autofunzioni,

Wn(0) =∫Ωdx g vn∫Ωdx v2

n.

In particolare, nel caso unidimensionale, ovvero della propagazione del calorein una sbarra, i sistemi di autofunzioni sono forniti dalla teoria delle serie diFourier e possiamo quindi risolvere esplicitamente tutta una serie di problemi,esattamente come fatto nel caso della corda vibrante. Vediamone alcuni esempisignificativi.

ESEMPIO 7.4. Prendiamo in esame il problema di Cauchy-Dirichlet omoge-

neo (7.13) dell’Esempio 7.1. In questo caso vn(x) = sin(nπ

L x)

e λn =−n2π2

L2 , n ≥ 1,pertanto la soluzione si scrive nella forma

u(x, t ) = ∑n≥1

gn exp

(−n2π2D

L2 t

)sin

(nπ

Lx)

, gn = 2

L

∫ L

0dy g (y)sin

(nπ

Ly)

.

Dal teorema di Fourier sappiamo che se g ∈ C 1([0,L]) e g (0) = g (L) = 0 allora∑n≥1 |gn | < ∞, per cui u è continua su tutta la striscia [0,L]× [0,∞) ed il dato

iniziale viene assunto uniformemente. D’altra parte notiamo che sotto la solaipotesi di integrabilità locale di g i coefficienti della serie soluzione convergonoa zero esponenzialmente in n2 ed uniformemente per ogni t ≥ t0 con t0 fissato.Quindi u ∈ C∞([0,L]×R+) e la sua serie può essere derivata termine a termineinfinite volte. Ritroviamo in tal modo anche in questo contesto la forte proprietàregolarizzante dell’equazione del calore: l’evoluta di un dato iniziale anche solointegrabile è infinitamente derivabile ad ogni tempo positivo. Possiamo infinededurre il comportamente asintotico nel tempo della soluzione. Infatti, per ognit ≥ 1,

|u(x, t )| ≤ exp

(−π

2D

L2 (t −1)

) ∑n≥1

|gn |exp

(−n2π2D

L2

)=C exp

(−π

2D

L2 t

),

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Page 143: Note del corso di Fisica Matematica

7.7 RISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DI FOURIER 139

cioè u(x, t ) → 0 esponenzialmente in t ed uniformemente su [0,L], con un tassopari a D volte il modulo del primo autovalore.

ESEMPIO 7.5. Prendiamo in esame il problema di Cauchy-Neumann omo-

geneo (7.16) dell’Esempio 7.2. In questo caso vn(x) = cos(nπ

L x)

e λn = −n2π2

L2 ,n ≥ 0, pertanto la soluzione si scrive nella forma

u(x, t ) = g0

2+ ∑

n≥1gn exp

(−n2π2D

L2 t

)cos

(nπ

Lx)

, gn = 2

L

∫ L

0dy g (y)cos

(nπ

Ly)

.

Dal teorema di Fourier sappiamo che se g ∈ C 1([0,L]) e g ′(0) = g ′(L) = 0 allora∑n≥0 |gn | < ∞, per cui u è continua su tutta la striscia [0,L]× [0,∞) ed il dato

iniziale viene assunto uniformemente. D’altra parte, ragionando come nell’E-sempio 7.4, sotto l’ipotesi di semplice integrabilità locale di g deduciamo cheu ∈ C∞([0,L] ×R+) e che la sua serie può essere derivata termine a termineinfinite volte. Infine, in questo caso, per ogni t ≥ 1,∣∣∣∣u(x, t )− g0

2

∣∣∣∣≤ exp

(−π

2D

L2 (t −1)

) ∑n≥1

|gn |exp

(−n2π2D

L2

)=C exp

(−π

2D

L2 t

),

cioè u(x, t ) → 1L

∫ L0 dy g (y) esponenzialmente in t ed uniformemente su [0,L],

con un tasso pari a D volte il modulo del primo autovalore non nullo. Il fatto checonverga alla media del dato iniziale non deve sorprendere. Infatti le condizionidi Neumann omogenee implicano che la massa totale

∫ L0 dx u(x, t ) è conservata,

ovvero

d

dt

∫ L

0dx u(x, t ) = D

∫ L

0dx

∂2u

∂x2 (x, t ) = D

[∂u

∂x(L, t )− ∂u

∂x(0, t )

]= 0,

pertanto se u(x, t ) tende ad una costante questa deve essere pari alla media deldato iniziale.

ESEMPIO 7.6. Le versioni non omogenee dei problemi (7.13) e (7.16) posso-no risolversi con il metodo di Duhamel, che può essere applicato sia nel conte-sto del metodo delle riflessioni che in quello di Fourier. Ad esempio, nel casodel problema di Cauchy-Dirichlet con dati al bordo omogenei e forzante f (x, t )possiamo esprimere la soluzione formale nella forma (cfr. l’Esempio 7.1)

u(x, t ) =∫ L

0dy GD (x, y, t )g (y)+

∫ t

0ds

∫ L

0dy GD (x, y, t − s) f (y, s),

oppure, supponendo che la forzante sia espandibile in serie di seni,

f (x, t ) = ∑n≥1

fn(t )sin(nπ

Lx)

, fn(t ) = 2

L

∫ L

0dy f (y, t )sin

(nπ

Ly)

,

nella forma

u(x, t ) = ∑n≥1

Wn(t )sin(nπ

Lx)

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Page 144: Note del corso di Fisica Matematica

140 EQUAZIONE DEL CALORE

dove, posto Wn(0) = 2L

∫ L0 dy g (y)sin

(nπL y

),

Wn(t ) =Wn(0)exp

(−n2π2D

L2 t

)+

∫ t

0ds exp

(−n2π2D

L2 (t − s)

)fn(s).

Analogamente, nel caso del problema di Cauchy-Neumann, (cfr. l’Esempio7.2)

u(x, t ) =∫ L

0dy GN (x, y, t )g (y)+

∫ t

0ds

∫ L

0dy GN (x, y, t − s) f (y, s),

oppure, supponendo che la forzante sia espandibile in serie di coseni,

f (x, t ) = f0(t )

2+ ∑

n≥1fn(t )cos

(nπ

Lx)

, fn(t ) = 2

L

∫ L

0dy f (y, t )cos

(nπ

Ly)

,

nella forma

u(x, t ) = W0(t )

2+ ∑

n≥1Wn(t )cos

(nπ

Lx)

dove, posto ora Wn(0) = 2L

∫ L0 dy g (y)cos

(nπL y

),

W0(t ) =W0(0)+∫ t

0ds f0(s),

Wn(t ) =Wn(0)exp

(−n2π2D

L2 t

)+

∫ t

0ds exp

(−n2π2D

L2 (t − s)

)fn(s), n ≥ 1.

Tutte le soluzioni sopra trovate sono non solo formali se sono lecite le opera-zioni di derivazione (una rispetto a t e due rispetto a x) attraverso gli integrali e leserie. Questo è garantito se la forzante f è sufficientemente regolare. Ad esem-pio se f ∈ C 2([0,L]× [0,∞)) e f (0, t ) = f (L, t ) = 0 (nel caso di Dirichlet) ovvero∂ f∂x (0, t ) = ∂ f

∂x (L, t ) = 0 (nel caso di Neumann).

ESEMPIO 7.7. Il problema della propagazione del calore in una piastra ret-tangolare con condizioni di temperatura nulla al bordo può essere risolto con ilmetodo della separazione delle variabili analogamente alle vibrazioni libere diuna membrana rettangolare discusse in Sezione 5.2. Con la notazione di quellasezione si trova ora la soluzione

u(x, t ) = ∑n,k≥1

gn,k exp

[−π2

(n2

L21

+ k2

L22

)t

]Vn,k (x),

dove

gn,k = 4

L1L2

∫ L1

0

∫ L2

0dx g (x)Vn,k (x),

con g (x) = u(x,0) la temperatura iniziale della piastra.

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7.7 RISOLUZIONE DI PROBLEMI CON IL METODO DI FOURIER 141

ESEMPIO 7.8. Consideriamo il problema del flusso di calore in una sbarra icui estremi sono tenuti a temperature differenti,

∂u

∂t= D

∂2u

∂x2 in (0,L)×R+,

u(x,0) = g (x) per x ∈ [0,L],

u(0, t ) = T1, u(L, t ) = T2 per t ≥ 0.

(7.19)

I dati al bordo sono non omogenei per cui non possiamo applicare direttamenteil metodo di Fourier. D’altra parte il problema stazionario con le stipulate condi-zioni al bordo ha l’unica soluzione u(x) = T1+ T1−T2

L x. Se cerchiamo la soluzionenella forma u(x, t ) = u(x)+v(x, t ), allora v(x, t ) risolve il problema omogeneo didati iniziali v(x,0) = g (x)− u(x), pertanto

u(x, t ) = u(x)+ ∑n≥1

cn exp

(−n2π2D

L2 t

)sin

(nπ

Lx)

,

cn = 2

L

∫ L

0dy [g (x)− u(x)]sin

(nπ

Ly)

.

Osserviamo che ora u(x, t ) → u(x) esponenzialmente per t →∞.

Si tratta in modo analogo il problema di Cauchy-Neumann con flusso ugualeagli estremi, ∂u

∂x (0, t ) = ∂u∂x (L, t ) = τ, in cui esiste una famiglia di soluzioni stazio-

narie uα(x) =α+τx, e quelli misti Dirichlet/Neumann in cui la soluzione stazio-naria è univocamente determinata. Nel primo caso si può scegliere ad esempio

α = g0

2 − τL2 , cosicché 1

L

∫ L0 dy g (y) = 1

L

∫ L0 dy uα(y), e dunque u(x, t )− uα(x) ha

media nulla e tende a zero per t →∞.

Consideriamo infine il problema di Cauchy-Neumann con flussi differen-ti agli estremi, diciamo ∂u

∂x (0, t ) = τ1 e ∂u∂x (L, t ) = τ2 con τ1 6= τ2. In questo ca-

so non esiste una soluzione stazionaria. Possiamo però operare nella seguentemaniera. Sia

u(x) =− τ1

2L(x −L)2 + τ2

2Lx2,

cosicché

u′(0) = τ1, u′(L) = τ2, u′′(x) = τ2 −τ1

L.

Se cerchiamo la soluzione del problema nella forma u(x, t ) = u(x)+v(x, t ) allorav(x, t ) risolve il problema di Cauchy-Neumann con forzante costante,

∂v

∂t= D

∂2v

∂x2 +Dτ2 −τ1

Lin (0,L)×R+,

v(x,0) = g (x)− u(x) per x ∈ [0,L],∂v

∂x(0, t ) = ∂v

∂x(L, t ) = 0 per t ≥ 0.

che si risolve come descritto nell’Esempio 7.6.

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142 EQUAZIONE DEL CALORE

7.8. Derivazione microscopica dell’equazione del calore

Deriviamo l’equazione del calore da un modello probabilistico di dinami-ca microscopica, in cui l’effetto dell’ambiente (o mezzo) su ciascuna particella(della sostanza la cui diffusione nel mezzo si vuole descrivere) viene schematiz-zato mediante forze stocastiche. In effetti, in assenza di informazioni a priorisulla presenza di forze ordinate che agiscono sulla particella, è ragionevole as-sumere che l’effetto degli innumerevoli urti caotici e disordinati che essa subi-sce con i componenti (molecole) del mezzo non dia luogo a direzioni privilegia-te nel suo movimento; piuttosto essa avrà uguale probabilità di andare in ognipossibile direzione dello spazio.

Prendiamo in esame il più semplice dei modelli compatibili con tale com-portamento, la passeggiata aleatoria simmetrica in dimensione d = 1.

Supponiamo che la particella possa occupare le posizioni del reticolo di pas-so ε, εZ= x = εk : k ∈ Z, e che, ai tempi discreti t di passo τ, t ∈ τN= τn : n ∈N, essa si sposti, con uguale probabilità p = 1−p = 1/2, sul sito a destra o sul sitoa sinistra di quello occupato. Assumiamo inoltre che ogni salto è un evento in-dipendente dai precedenti e che al tempo t = 0 la particella occupi la posizionex = 0.

Possiamo descrivere questo processo aleatorio mediante una collezione divariabili di Bernoulli ξ j j∈N, indipendenti ed identicamente distribuite secondola legge

P(ξ j =−1) =P(ξ j = 1) = 1

2, j ∈N,

dove con P(A) indichiamo la probabilità dell’evento A. Infatti, ponendo

Sn =n∑

j=1ξ j , n ∈N,

è evidente che posizione della particella al tempo t = τn è fornita dalla variabilealeatoria

X (ε)t = εSn = εSt/τ.

Indichiamo con pε(x, t ) la probabilità che la particella si trovi in x ∈ εZ al tempot = τn. Cercheremo un opportuno limite del continuo, ε→ 0 e τ= τ(ε) → 0, taleche il limite della distribuzione di probabilità della variabile X (ε)

t sia non banale,ovvero descriva la distribuzione di una variabile aleatoria X t con media finita evarianza finita e non nulla. A tal scopo osserviamo preliminarmente che

E(ξi ) = 0, E(ξiξ j ) =E(ξ2

i ) = 1 se i = j ,

E(ξi )E(ξ j ) = 0 se i 6= j ,

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7.8 DERIVAZIONE MICROSCOPICA DELL’EQUAZIONE DEL CALORE 143

dove indichiamo con E(η) il valore di attesa della variabile aleatoria η. Pertanto,

E(X (ε)t ) =

n∑j=1E(ξ j ) = 0, E((X (ε)

t )2) = ε2n∑

i=1

n∑j=1E(ξiξ j ) = ε2n = t

τε2.

Questo indica che per avere una distribuzione limite non banale, con 0 < E(X 2t ) <

∞, è necessario che ε2/τ→ (cost) 6= 0 per ε→ 0. Altrimenti detto, lo spazio ed iltempo microscopici devono essere scalati attraverso una dilatazione parabolica.

Per individuare la legge limite, cerchiamo un’equazione per la probabilitàpε(x, t ). Utilizzando la formula della probabilità totale,

pε(x, t +τ) =P(X (ε)t+τ = x) =P(X (ε)

t+τ = x|X (ε)t = x +ε)P(X (ε)

t = x +ε)

+P(X (ε)t+τ = x|X (ε)

t = x −ε)P(X (ε)t = x −ε)

= 1

2pε(x +ε, t )+ 1

2pε(x −ε, t ).

Infatti, per l’indipendenza delle variabili ξ j , le probabilità condizionate sono

P(X (ε)t+τ = x|X (ε)

t = x ±ε) =P(ξn+1 =∓1|X (ε)t = x ±ε) =P(ξn+1 =∓1) = 1

2,

dove n = t/τ. Pertanto,

pε(x, t +τ)−pε(x, t ) = 1

2

[pε(x +ε, t )+pε(x −ε, t )−2pε(x, t )

]. (7.20)

Supponiamo ora che in un opportuno limite di scala ε,τ→ 0 la distribuzione diprobabilità della variabile X (ε)

t converga a quella di una variabile aleatoria realeX t , t ∈R, la cui legge è caratterizzata da una densità regolare P (x, t ), ovvero

P(X t ∈ [a,b]) =∫ b

adx P (x, t ) ∀a ≤ b.

Questo significa che deve aversi, per ε,τ→ 0,

P(X (ε)t ∈ [a,b]) = ∑

x∈εZa≤x≤b

pε(x, t ) '∫ b

adx P (x, t ) ∀a ≤ b.

Quindi deve essere pε(x, t ) ' εP (x, t ), cosicché dalla (7.20) possiamo dedurrela giusta scala temporale ed un’equazione per P (x, t ). Infatti, assumendo suffi-ciente regolarità,

P (x, t +τ)−P (x, t ) = τ∂P

∂t(x, t )+o(τ),

P (x +ε, t )+P (x −ε, t )−2P (x, t ) = ε2 ∂2P

∂x2 (x, t )+o(ε2),

da cui, sostituendo nella (7.20),

∂P

∂t(x, t )+o(1) = 1

2

ε2

τ

∂2P

∂x2 (x, t )+ o(ε2)

τ.

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144 EQUAZIONE DEL CALORE

Nuovamente, per avere un limite non banale, troviamo la necessità di una dila-tazione parabolica. In particolare, assumendo che

limε→0

ε2

τ= 2D > 0,

la densità P (x, t ) soddisfa l’equazione del calore ∂P∂t (x, t ) = D ∂2P

∂x2 (x, t ) con coeffi-ciente di diffusione D . Inoltre, poiché pε(x,0) = δx,0, per ogni funzione f conti-nua e limitata,

E( f (X (ε)0 )) = ∑

x∈εZf (x)pε(x,0) = f (0) ∀ε> 0.

Nel limite ε → 0 si deduce che E( f (X0)) = f (0), ovvero che P (x, t ) → δ(x) pert → 0+ nel senso delle distribuzioni. In conclusione,

P (x, t ) = Γ1(x, t ) = 1p4πDt

exp

[− x2

4Dt

].

Altrimenti detto, la soluzione fondamentale dell’equazione del calore è la distri-buzione di probabilità (gaussiana) del limite continuo, sotto dilatazione parabo-lica, di una passeggiata aleatoria simmetrica. Il processo limite X t è detto motobrowniano (uscente da x = 0).

Osserviamo che

E(X t ) =∫

dx P (x, t ) x = 0, E(X 2t ) =

∫dx P (x, t ) x2 = 2Dt .

In particolare è chiaro il nome di coefficiente di diffusione che si attribuisce allacostante D (o talvolta 2D): nel tempo macroscopico t la particella “diffonde”nello spazio ad una distanza media

p2Dt (in unità microscopiche significa che

diffonde ad una distanza media k ∼ ε−1pt dopo un tempo n ∼ ε−2t ).

Si osservi però che, essendo ετ−1 → ∞ per ε→ 0, la velocità del processolimite X t è infinita con probabilità uno. Cioè, con probabilità uno, le traiettoriet → X t sono continue ma non differenziabili. Ed è per questo motivo che la ve-locità di propagazione per l’equazione del calore risulta infinita: per qualunquetempo t > 0 ed intervallo [a,b] della retta, è diversa da zero la probabilità che laparticella (inizialmente posta nell’origine) si trovi in [a,b] al tempo t .

Più in generale, se la particella al tempo t = 0 non è posta in x = 0 ma è postasul reticolo εZ in modo casuale ed indipendente dal mezzo, secondo una leggedi probabilità %ε(x), ovvero

P(X (ε)0 ∈ [a,b]) = ∑

x∈εZa≤x≤b

%ε(x),

allora

P(X (ε)t ∈ [a,b]) = ∑

y∈εZ%ε(y)

∑x∈εZ

a≤x≤b

pε(x − y, t ).

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7.8 DERIVAZIONE MICROSCOPICA DELL’EQUAZIONE DEL CALORE 145

Assumendo che %ε(x) ' ε%(x) per una qualche densità continua di probabilità%(x), indicando ora con X %

t la posizione della particella nel limite ε→ 0, si ha

P(X %t ∈ [a,b]) =

∫dy %(y)

∫ b

adx P (x − y, t ) =

∫ b

adx

∫dy P (x − y, t )%(y),

ovvero la variabile aleatoria X %t è distribuita con densità di probabilità

P%(x, t ) =∫

dy P (x − y, t )%(y),

che è la soluzione dell’equazione del calore di dato iniziale %(x).

Il legame tra la precedente interpretazione probabilistica dell’equazione delcalore e la sua interpretazione euristica come legge di evoluzione della concen-trazione di una sostanza (o altra grandezza fisica) risiede nella legge dei gran-di numeri. Supponiamo che la grandezza c(x, t ) rappresenti la concentrazioneper unità di volume di una sostanza che diffonde in un mezzo, costituita da unnumero N molto grande (∼ 1023) di particelle identiche. Supponendo che talesostanza sia molto diluita, possiamo trascurare l’interazione tra le particelle esupporre che esse siano sottoposte unicamente all’interazione con il mezzo. Èinoltre ragionevole assumere che il moto di tali particelle non influenzi moltol’evoluzione del mezzo. Sotto tutte queste ipotesi, possiamo postulare che l’in-sieme delle posizioni X (1)

t , . . . , X (N )t delle particelle siano N passeggiate aleatorie

indipendenti ed ugualmente distribuite.

Ora, per la legge dei grandi numeri, se N →∞, le fluttuazioni nella frequen-za di un evento su N prove indipendenti tendono a zero, ovvero tale frequenzatende (con probabilità uno) al suo valore atteso, che è pari alla probabilità del-l’evento considerato. Quindi, in particolare, se Na,b(t ) è il numero di particelleche si trovano in [a,b] al tempo t , deve aversi

limN→∞

Na,b(t )

N=P=1

P(X (1)t ∈ [a,b]) =

∫ b

adx P%(x, t ),

dove %(x) è la densità di probabilità al tempo t = 0 di ciascuna particella. Ma illimite a sinistra è pari alla frazione di sostanza contenuta nell’intervallo [a,b] altempo t . Pertanto, supponendo che la massa totale della sostanza sia normaliz-zata ad uno, ovvero

∫dx c(x, t ) = 1, tale limite deve essere uguale a

∫ ba dx c(x, t ).

Concludiamo che c(x, t ) = P%(x, t ), ovvero c(x, t ) è la soluzione dell’equazionedel calore di dato iniziale c(x,0) = %(x).

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Bibliografia

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2004.

[2] L.C. Evans. Partial Differential Equations. Providence: A.M.S., 2004.

[3] S. Salsa. Equazioni a Derivate Parziali : Metodi, Modelli e Applicazioni. (Coll. Unitext 45)

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[4] V.I. Smirnov. Corso di Matematica Superiore II. Roma : Editori Riuniti, 1977.

[5] S. Vladimirov. Equazioni della Fisica Matematica. Mosca: Mir, 1987.

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