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FinMonitor FinMonitor Osservatorio sulle Fusioni e Aggregazioni tra gli Intermediari Finanziari Istituito presso l’Università di Bergamo Rapporto semestrale su Fusioni e Aggregazioni tra gli Intermediari Finanziari in Europa SINTESI PER IL PUBBLICO N. 6 Luglio 2006

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FinMonitor Osservatorio sulle Fusioni e Aggregazioni tra gli Intermediari Finanziari Istituito presso l’Università di Bergamo

Rapporto semestrale su Fusioni e Aggregazioni tra gli Intermediari Finanziari in Europa

SINTESI PER IL PUBBLICO

N. 6 Luglio

2006

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© FinMonitor Osservatorio sulle Fusioni e Aggregazioni tra gli Intermediari Finanziari Associazione culturale senza fine di lucro Via dei Caniana 2, 24127, Bergamo Tel. 0352052536 / 0352052579 Fax 0352052549 www.finmonitor.it [email protected] [email protected]

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del Gottardo

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Lombarda e Piemontese

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Credito Valtellinese

Banca Mediolanum

Banca Popolare

dell’Emilia-Romagna

Unicredito Italiano

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Milano-Bicocca

Università degli Studi di Siena

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Comitato Scientifico:

Prof. Tancredi Bianchi, Bergamo Prof. Franco Bruni, università Luigi Bocconi, Milano Prof. Giancarlo Forestieri, università Luigi Bocconi, Milano Dott. Paolo Marullo-Reedtz, Banca d’Italia Prof. Mario Masini, università di Bergamo, presidente Prof. Marcello Messori, università di Tor Vergata, Roma Prof. Paolo Mottura, università Luigi Bocconi, Milano Prof. Marco Onado, università Luigi Bocconi, Milano Prof. Giuseppe Roma, Banca del Gottardo, Bergamo Prof. Franco Tutino, università La Sapienza, Roma

Direttore: Prof. Giorgio Consigli, università di Bergamo

Redazione del rapporto semestrale:

Dott.ssa Elena Benincasa, università di Parma Dott. Emanuele Bosco, università di Bergamo

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Rapporto FinMonitor n. 6 – luglio 2006

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Sintesi del Rapporto Il sesto rapporto FinMonitor sui processi di fusione ed aggregazione tra Intermediari finanziari viene completato in una fase effervescente dei mercati internazionali per quanto attiene operazioni di M&A, primariamente in comparti ad elevato contenuto industriale e tecnologico non finanziari, ma significativo anche in questo ambito. Il 27 giugno scorso il Sole 24 Ore titolava in prima pagina Fusioni, febbre da record riportando l’annuncio del giorno precedente di operazioni di fusione per circa 100 miliardi di dollari. In ambito finanziario soprattutto negli Stati Uniti l’ultimo biennio è da molti osservatori paragonato al boom che aveva preceduto la crisi dei titoli tecnologici nel 2000. In Europa il processo di consolidamento bancario appare in ulteriore rafforzamento con alcune importanti distinzioni, come chiarito nel nostro studio. La criticità dell’attuale fase nel processo di M&A appare legata al tentativo di espansione perseguito da molti gruppi bancari nazionali al di fuori dell’area dell’UE ristretta e ad una riduzione dei divari nazionali tra piccoli e grandi istituti, per effetto di operazioni tra i primi (in Italia ad esempio proseguendo quanto osservato da alcuni anni nel comparto delle Banche Popolari). Il nostro sistema bancario in particolare sta attraversando una fase di attesa seguita alla nomina di Mario Draghi alla direzione della Banca d’Italia ed il venir meno della precedente policy di Antonio Fazio. Di questi giorni è anche la nomina di Corrado Fissola alla presidenza dell’ABI cui taluni1 associano l’avvio di una stagione del coraggio per il nostro sistema bancario. Il rapporto ha leggermente modificato la sua precedente struttura con una prima 1 Sole 24 Ore del 27.6.2006, articolo di Antonio Quaglio.

parte di analisi congiunturale, seguita dall’analisi di un’operazione di fusione di particolare importanza ritenuta paradigmatica per un insieme di aspetti, dall’analisi, nella terza sezione, di tre lavori presentati in letteratura recentemente i quali precedono la presentazione dello studio monografico, in questo rapporto dedicato allo studio del processo di concentrazione degli sportelli bancari tra il 1995 ed il 2005 nel sistema bancario italiano con un dettaglio per la prima volta a livello provinciale ed alcune interessanti evidenze di natura strutturale. Lo studio monografico verrà completato nel successivo rapporto semestrale con un’analisi degli effetti sulle strategie bancarie del riportato processo di concentrazione degli sportelli. Congiuntura: le fusioni cross-border verso nuove aree geografiche La prima sezione del nostro rapporto intende dare una panoramica dei fenomeni di consolidamento dei sistemi finanziari in Italia, Francia, Germania, Regno Unito e Spagna. Per il periodo ottobre 2005 – marzo 2006 nei sistemi finanziari e creditizi dei primi cinque Paesi europei, si evidenziano segni di ripresa (seppur deboli) dei processi di consolidamento. Il numero delle M&A è superiore a quanto evidenziato nel semestre precedente in tutti i Paesi analizzati. Le operazioni di fusione e acquisizione tra intermediari finanziari, in Italia, si sono mantenute sui livelli del semestre precedentemente analizzato (con una sola operazione in più). La Francia, la Germania, il Regno Unito e la Spagna hanno invece registrato una crescita significativa dell’attività di M&A tra intermediari finanziari: il numero di

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operazioni è cresciuto rispettivamente del 18%, 14%, 17% e 50%. In Italia, Germania, Regno Unito, ma soprattutto Francia, hanno avuto grande

rilevanza le operazioni di acquisizione avviate da compagnie assicurative. La loro attenzione si è rivolta maggiormente verso altre compagnie assicurative insediate in altri Paesi (anche extraeuropei). In Italia, si è comunque mantenuta una forte propensione alle integrazioni tra banche all’interno del Paese e molte sono state le operazioni di banche italiane su banche dell’area NIS. In Francia e in Germania le banche hanno prevalentemente rivolto l’attenzione verso istituzioni estere (sia appartenenti all’area UE-15 sia appartenenti a Paesi extraeuropei), mentre in Spagna, il paese che come visto ha registrato nel semestre l’incremento più consistente di operazioni di fusione, le banche si sono principalmente rivolte ai sistemi finanziari dell’America Latina. In tutti i 5 Paesi, confermando un fenomeno già rilevato nei precedenti rapporti, il numero di operazioni cross-border ha superato quello delle M&A domestiche. Per le operazioni cross-border si è registrato mediamente un saldo positivo tra le operazioni in cui l’acquisita era estera e le operazioni in cui l’acquirente era estera. Nel periodo considerato inoltre la maggior parte delle operazioni cross-border avviate da intermediari finanziari ha avuto come sbocco mercati al di fuori dell’Unione

Europea. Ne sono esempio, gli acquisti di pacchetti di controllo di maggioranza di banche situate nell’Est europeo da

parte di banche italiane. In particolar modo, le operazioni di acquisto di Ukrsotsbank (Ucraina) e Upi-Banka (Bosnia Herzegovina) da parte di Banca Intesa. L’acquisizione della banca ucraina è stata in Italia la più rilevante in termini di valore. Gli intermediari francesi hanno rivolto la propria attenzione verso i vicini Spagna e Portogallo, verso i Paesi dell’Est europeo ed i Paesi dell’area mediterranea (ad esempio, il Marocco), ma anche verso aree geografiche più lontane come l’Asia.

Le principali operazioni degli intermediari finanziari tedeschi hanno avuto ad oggetto operatori dell’area asiatica. Infine, l’attività di M&A avviata da operatori del Regno Unito risulta quella a più ampio spettro territoriale, caratterizzata da acquisizioni nei quattro diversi continenti. Diverse sono le operazioni che hanno suscitato maggiore risalto e tra queste quella di maggiori dimensioni in termini di valore è l’integrazione tra le banche tedesche Commerzbank ed Eurohypo. L’intenzione di Commerzbank è stata quella di divenire la seconda banca privata in Germania e conquistare una posizione di primato sul mercato del finanziamento

Composizione per valore delle operazioni che hanno coinvolto intermediari italiani

17%

91%66%

0%9%17%

0%

20%

40%

60%

80%

100%

Domestiche vscross-border

Tradizionali vs Conglomerations

Inci

den

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ul t

otal

e

Domestiche M&A tradizionaliAcquisita estera ConglomerationsAcquirente estera Altro

*Dato presente per il 63% delle operazioni

pag 15

Germania:M&A Domestiche vs Cross-Border

13

59

9

5

Domestiche Acquisita intra UE-15

Acquirente intra UE-15 Acquisita extra UE-15

Acquirente extra UE-15

pag. 28

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immobiliare. Sempre per il valore investito dall’acquirente, la seconda operazione di maggiori dimensioni nei 5 Paesi UE è quella che ha visto l’acquisto da parte del Santander Central Hispano della controllata statunitense di Sovereign Bancorp. La terza operazione per valore è l’operazione già citata dell’acquisto di Ukrsotsbank da parte di Banca Intesa, ancora una volta un’operazione tra due banche. Tuttavia, le operazioni transfrontaliere non hanno coinvolto soltanto gli intermediari creditizi. Numerose sono state le integrazioni tra compagnie assicurative di Paesi diversi e spesso hanno avuto un controvalore piuttosto consistente. In questo frangente si collocano le acquisizioni di Groupama e AXA su compagnie assicurative straniere. Da sottolineare, inoltre, il piano di riassetto di Generali volto all’acquisto delle quote rimanenti sul mercato delle controllate: austriaca, svizzera e tedesca. Anche la francese AXA ha avviato offerte pubbliche di acquisto per “rastrellare” le azioni rimanenti sul mercato per le controllate tedesche. Il sistema finanziario britannico si caratterizza per l’elevato numero di operazioni che hanno interessato (come target o come acquiror) società di asset management. Come acquirenti il loro interesse si è concentrato maggiormente su fondi d’investimento situati oltre confine. In qualità di soggetti acquisiti, le società di asset management hanno attratto non solo l’interesse di altri fondi d’investimento, ma anche quello di banche straniere. Case Study: Chase Manhattan e JP Morgan Nella seconda sezione viene analizzata l’operazione di fusione realizzata nel 2000 tra la Chase Manhattan Bank e

JP Morgan. L’operazione, che ha coinvolto due delle banche di più antica fondazione negli Stati Uniti, rappresenta un interessante oggetto di studio per diverse motivazioni. La prima ragione risiede negli obiettivi che hanno spinto alla fusione e che rappresentano una risposta ai cambiamenti legislativi e di mercato. In particolare le due banche presentavano numerose difficoltà nel pervenire ad una posizione dominante nei rispettivi segmenti di attività. Questo aveva importanti ripercussioni sulla capacità di rimanere competitive, in un sistema finanziario che stava cambiando, e sulla redditività delle due istituzioni. In quel periodo, le banche statunitensi dovevano

Numero di intermediari britannici coinvolti in operazioni di M&A

6 51 1

16 14

22 31

21 13

0

10

20

30

40

50

60

70

Acquirenti Acquisite

N. d

i op

eraz

ion

i

Banche Altri enti creditiziAssicurazioni Asset ManagersAltro

*Solo soggetti domestici

pag 34

Ricavi operativi per segmento di attività di JP Morgan Chase (2000)

47,1%

9,9%10,6%

2,4%

30,0%

Investment bank

Investment management and private banking

Treasury and security

JP Morgans Parterns

Retail and middle market Fonte: JP Morgam Chase

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fronteggiare anche la maggiore concorrenza portata dalla nascita di poli forti nel sistema bancario europeo. L’operazione in cui Chase appare nel ruolo di acquirente e JP Morgan di acquisita, viene effettuata con una massimizzazione delle sinergie sia sul piano dei mercati geografici di riferimento sia dei comparti di attività. Il principio classico della massimizzazione dei vantaggi comparati di Ricardiana memoria appare quindi aver ispirato le due controparti. La seconda ragione risiede nella capacità di creare nuove opportunità di guadagno e nuovi orizzonti di crescita. Ci si riferisce, in particolar modo, alle possibilità di cross-selling che le istituzioni hanno saputo sfruttare con successo. Così se nei primi anni dopo la fusione il risultato operativo del segmento private equity è stato penalizzato dal cattivo andamento dei mercati azionari, per gli altri segmenti si era registrato un aumento del risultato operativo. A conseguire la migliore

performance erano proprio le attività di investment bank, di investment management e private banking. La redditività complessiva risentiva però degli investimenti posti in atto per realizzare e completare la fusione. Da ultimo, l’integrazione ha permesso al nuovo colosso di avere un portafoglio di attività molto diversificato. Questa diversificazione ha attenuato le ripercussioni negative sulla redditività delle banche d’investimento, derivanti dalla crisi dei mercati azionari. Dopo la ripresa dei mercati JP Morgan Chase ha avuto un trend di crescita dei ricavi e degli utili, continuando a beneficiare delle sinergie di costo e di ricavo derivanti dall’operazione. Anche le operazioni di crescita esterna sono continuate e a tal riguardo si cita l’acquisizione di un’altra grande banca statunitense: Bank One. La recente operazione Commerzbank – Eurohypo presenta molti aspetti comuni all’operazione avvenuta in passato tra

Integrazione Chase Manhattan - JP Morgan: Net income per area di business

-3.000

-2.000

-1.000

0

1.000

2.000

3.000

4.000

1999 2000 2001 2002 2003

Anno

Net

Inc

ome

(mld

di €

)

Investment bank Investment management & Private Banking

Treasury & Security services JP Morgan Partners

Retail & Middle market financial services Corporate/Altro Fonte: JP Morgan

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Chase Manhattan e JP Morgan: entrambe hanno coinvolto due banche che occupavano posizioni di rilievo all’interno della propria area di business ed erano volte a sfruttare sinergie di ricavo derivanti da cross selling. Studi recenti: deregolamentazione, concentrazione e strategie bancarie La terza parte del Rapporto è dedicata all’analisi e commento di tre studi presentati da altri Centri di Ricerca di matrice accademica ed istituzionale. I lavori sono legati agli obiettivi di ricerca presentati nello studio monografico. Il primo studio (Becher e Campbell, 2000) studia gli effetti sul valore di mercato di operazioni di M&A nel sistema bancario statunitense a cavallo delle misure di liberalizzazione introdotte nel 1994 dal Riegle-Neal Act, il quale rimuoveva i vincoli territoriali e di mercato precedentemente esistenti per l’operatività di gran parte delle Istituzioni creditizie consentendo un’espansione in ambito federale. La misura tesa primariamente ad una migliore allocazione del risparmio e delle risorse, modificava sensibilmente il quadro di riferimento operativo ed alterava gli obiettivi di possibili accordi tra istituzioni bancarie e le ragioni di eventuali take over. Lo studio applica un metodo basato sugli event studies ed analizza una vasta base dati. Appare di attualità in particolare per comprendere quali possano essere gli effetti sul valore delle operazioni legate alla presente fase del sistema europeo. Becher e Campbell evidenziano come nel precedente decennio negli Stati Uniti il cambiamento normativo si sia accompagnato ad una maggiore diversificazione degli effetti sul mercato degli annunci di operazioni di M&A. Il secondo studio (Corvoisier e Gropp, 2001) è dedicato all’analisi degli effetti di modifiche del grado di concentrazione di

un sistema bancario sulle politiche di tasso adottate dagli intermediari. L’analisi sui 15 paesi membri originari dell’UE applica un interessante approccio basato su un modello di competizione tra gli intermediari in cui viene studiato l’effetto specifico su singole linee di prodotto di valori di concentrazione variabili. I due autori inoltre verificano su un insieme di attività e passività le due ipotesi centrali a livello teorico del dibattito sugli effetti della concentrazione nel mercato del credito: la structure performance hypothesis e la efficient structure hipothesis. Secondo la prima al crescere del livello di concentrazione del mercato, cresce la possibilità per gli istituti con posizione di mercato dominante di estrarre profitto a scapito della competitività del mercato. Secondo la seconda ipotesi invece in mercati globali aperti e concorrenziali la crescita dimensionale si accompagna ad economie di scala e ad una maggiore concorrenzialità del sistema. L’analisi effettuata sul mercato dei prestiti ha dimostrato come al crescere del livello di concentrazione aumentino i margini di interesse contrattuali. Questo risultato conferma la structure performance hypothesis. Sul mercato dei depositi di risparmio ed a termine accade esattamente il contrario. All’aumentare del livello di concentrazione i margini d’interesse contrattuali decrescono. Conclusione che confermerebbe l’efficient structure hypothesis a meno di fattori non considerati. Infine nell’ultimo lavoro analizzato (Sapienza 2002) viene affrontata l’analisi nel mercato italiano degli effetti del processo di concentrazione bancaria sulle politiche di pricing degli intermediari su un periodo di dieci anni dal 1991 al 1999. Lo studio, vicino a quanto analizzato nella nostra ricerca monografica, si concentra sull’esame degli effetti sulla disponibilità di credito in presenza di un sistema creditizio in fase di progressiva crescita dimensionale ed un sistema delle imprese che permane estremamente parcellizzato e di piccole

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dimensioni. Lo studio inoltre effettua un’analisi differenziata per i casi di fusioni tra istituti domestici e con controparti estere pervenendo ad alcune interessanti conclusioni: le fusioni in-market portano ad una maggiore efficienza rispetto alle fusioni out-market. Le fusioni tra banche con un’alta copertura di mercato in generale incrementano sia la concentrazione di mercato che i tassi di interesse Questi ed altri quesiti hanno stimolato il nostro studio monografico in cui i fenomeni di concentrazione sono studiati sul periodo tra il 1995 ed il 2005. L’impatto delle fusioni e aggregazioni bancarie sulla concorrenza nel settore bancario italiano L’ultima parte del rapporto è dedicata ad un approfondimento della relazione tra concentrazioni bancarie e concorrenza nel sistema bancario italiano. Lo studio è articolato in due parti: la prima, presentata in questo Rapporto, dedicata all’analisi delle modifiche nelle condizioni strutturali di accesso al credito con un esame del processo di concentrazione basato sulla dinamica degli sportelli, e la seconda, in programma per il successivo Rapporto, nella quale cercheremo di analizzare da un punto di vista qualitativo le conseguenze sul pricing dell’offerta creditizia di una forte concentrazione bancaria, ove presente. Nel presente Rapporto, lo studio è condotto utilizzando, come variabile di struttura la «quota sportelli» (definita come rapporto tra numero di sportelli detenuto da una banca e totale degli sportelli presenti sul mercato) di ciascuna banca in ogni provincia italiana. L’arco temporale preso a riferimento è quello compreso tra il 31/12/1995 e il 31/12/2005 con rilevazioni a cadenza annuale. Per analizzare il fenomeno della concentrazione elle diverse province

italiane abbiamo fatto ricorso ad una serie di indicatori sintetici quali: l’indice di Herfindhal – Hirschman, ampiamente utilizzato in letteratura, il coefficiente di potere di mercato relativo, gli indici di entropia assoluta e relativa. Inoltre, si è fatto ricorso anche ad un indicatore parziale, l’indice di Linda, per determinare il numero di istituzioni componenti l’insieme di banche maggiori in ciascuna provincia. A differenza degli indicatori sintetici, l’indice di Linda consente di tener conto del potere di influenza che ciascuna banca può esercitare sulle altre banche appartenenti al mercato. La situazione concorrenziale del sistema bancario nelle diverse province italiane è risultata piuttosto eterogenea. L’utilizzo congiunto di un insieme di indicatori ha consentito in un quadro di generale espansione degli sportelli e riduzione del numero di istituzioni presenti a livello provinciale di evidenziare sia le dinamiche relative (indipendenti dal numero di istituti bancari presenti sul territorio) sia quelle riferite al concretizzarsi di posizioni di controllo. L’indice di entropia relativa in particolare consente di analizzare la dispersione intorno alle media degli sportelli individuando nelle aree ad elevata concentrazione quelle in cui un numero elevato di piccoli istituti consenta comunque un discreto livello di concorrenza bancaria. Infine l’analisi basata sull’indicatore di Linda individua il numero teorico di istituti in grado di incidere sulle strategie attuate dagli istituti minori. Il quadro complessivo che emerge è di un sistema bancario nel quale nell’arco dei dieci anni è aumentato il livello di concentrazione, che nel 2005 si stabilizza su livelli mediamente contenuti, ma con un elevata dispersione in ambito provinciale e posizioni di forte potere relativo in contesti spesso caratterizzati da limitata concorrenza. Nel 2005, gli indici di Herfindahl calcolati per ogni singola provincia descrivono una situazione piuttosto eterogenea della

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Distribuzione delle province italiane per incidenza sul mercato

dell’insieme di banche maggiori (2005)

39 8

19

27

6

superiore al 75% compresa tra 50% e 75%compresa tra 25% e 50 % compresa tra 10% e 25%minore del 10%

Fonte: Elaborazioni su dati Banca d'Italia

pag. 103

concentrazione bancaria. A livello nazionale si delinea un valore medio dell’indice pari a 14,25% in leggera diminuzione rispetto al 1995. L’eterogeneità che si riscontra sulla situazione presente nel 2005, riflette una forte disparità nell’evoluzione della concorrenza bancaria. In particolare, per circa un terzo delle province italiane gli indici calcolati sulle quote sportelli dei gruppi bancari hanno subito, tra il 1995 al 2005, una variazione in aumento. La variazione media tra il 1995 ed il 2005 del potere relativo delle prime banche per tutte le province è comunque negativa e pari a 4,29%. In particolare, la presenza di un gruppo bancario ha portato in alcune province al definirsi di poli bancari con forte potere di mercato relativo. Attraverso l’analisi dei cambiamenti intervenuti nell’indice di entropia relativa si è potuto verificare come i processi di consolidamento abbiano modificato la distribuzione del sistema bancario nelle singole province. Nella maggior parte delle province italiane si è avuta una riduzione dell’indice calcolato su singole istituzioni, indicando quindi una minore equidistribuzione delle quote di sportelli tra i diversi gruppi bancari presenti. L’ampiezza del numero di maggiori gruppi bancari e banche indipendenti, individuata attraverso l’indice di Linda, si è situata, nel 2005, su valori piuttosto ridotti (per circa il 45% delle province italiane l’ampiezza è inferiore a 5 istituti). Questo indica che il peso relativo dei gruppi bancari leader è ancora abbastanza distante da quello delle banche minori. Anche l’incidenza dell’insieme di banche maggiori rispetto al totale degli operatori presenti sui singoli mercati provinciale, si attesta per quasi oltre la metà delle province su una proporzione inferiore al 50%. Nell’arco

temporale analizzato si è avuto un elevato numero di province (38) con un aumento dell’insieme di banche maggiori.