FIDAart n. 06 2013 Gianni Pellegrini

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PERIODICO della FIDA-Trento N. 06 - Giugno ANNO 2013 FIDAart

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Rivista di arte e cultura

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In copertina: Gianni Pellegrini, Falesie, 2012, tecnica mista su carta, cm 29x29

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FIDAartsommario06Giugno 2013, Anno 2 - N.06

Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservatiL’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare

Intervista ad un artista Gianni Pellegrini

Mostre in regione

Memorandum FIDA-Trento

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Jackson Pollock

La strana coppia Storia e arte

Mercato dell’arte? Il N.19 1948

Grant Wood

Renzo Francescotti

Libri & libri Canto del coyote

Voci poetiche

L’1% per le opere d’arte

Adalberto Libera 50 anni dopo

Politiche culturali

Editoriale

Barbara Cappello

Artisti per la donazione

Mirta De Simoni Lasta

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Foto-trasmutazioni-femminee

RenArt 2013

Luoghi dell’eco

Paolo Facchinelli

Jacopo Mazzonelli

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pag. 32

Sguardi nel Novecento

Obtaining the history

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EDITORIALE

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ADALBERTO LIBERA 50 ANNI DOPO

Dopo la mostra monografica del 1989 al Palaz-zo della Albere, quest’anno il Mart ricorderà fi-nalmente l’opera di Adalberto Libera con una esposizione inserita all’interno de “La magnifi-ca ossessione” in programma per il 22 giugno. Libera è sicuramente l’architetto più conosciuto in (e del) Trentino anche se molti non sanno di conoscerlo; molti non sanno anche che le ope-re maggiori di questo architetto trentino (nato nel 1903 a Villa Lagarina), sono state realizzate a Roma. A Trento, l’edificio “storico” più cele-bre è sicuramente la scuola elementare Sanzio costruita nel 1931-34 nell’angolo nord di piazza della Mostra, in continuazione con il Castello del Buonconsiglio. L’altra importante opera, più moderna, che tutti conoscono, è il Palazzo della Regione (1958-1965) prospiciente piazza Dante, il cui progetto vincitore del concorse nel

1954 fu concluso dopo la sua morte nel 1963. Tra le molte opere ‘romane’ di Libera, dobbia-mo ricordare il Palazzo delle Poste e il Palazzo dei Congressi di Roma che, a prima vista, sem-brano risentire di quello stile aulico-imperiale che caratterizzava gli edifici del Regime. Oggi, depurati dalle inevitabili connotazioni politiche negative, sono riconosciuti internazionalmente come dei monumenti del Razionalismo proprio per la loro modernità coniugata ad un classici-smo tutto italiano.Un discorso a parte merita un capolavoro come villa Malaparte a Capri, il cui progetto ‘ufficiale‘ firmato da Libera, venne radicalmente rimaneg-giato da Curzio Malaparte, scrittore e avventu-riero, il quale, contestando l’impostazione ri-gidamente razionalista, vi inserì e sovrappose liberamente la sua visione immaginifica e poe-tica inventando un oggetto artistico-architetto-nico unico, fuori dal tempo e dagli stili.

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POLITICHE CULTURALI

L’1% PER LE OPERE D’ARTE

Con il dicembre 2011, a seguito dell’introduzio-ne da parte dell’allora assessore Panizza di un breve comma nella legge Finanzianziaria, l’1,5% destinato alle opere d’arte è stato ulteriormen-te abbassato all’1%. Un colpo di mano realizza-to all’insaputa di tutti che ha avuto come con-seguenza la riduzione delle cifre a disposizione per l’arte pubblica in provincia. La motivazione ufficiale di tale riduzione della cifra da accan-tonare nei progetti delle opere pubbliche era da collegarsi all’eccessivo aumento dei costi dell’edilizia; quella reale, più prosaicamente, nasceva dalla volontà di risparmiare su spese periodicamente criticate sui quotidiani locali da lettori poco o nulla interessati all’arte. La norma è stata applicata anche a tutte le costruzioni in corso ed oggi, ad esempio, per un piccolo-medio intervento edilizio del costo di 1 milione di euro, la somma a disposizione dell’amministrazione per l’opera d’arte ammon-ta a 10mila € lorde. Analogamente, per lavori più impegnativi da 1,5-2 milioni, la cifra può arrivare a 15-20mila euro. Quindi, dove prima con l’1,5% era possibile realizzare delle sculture o dei bassorilievi di certe dimensioni e più pre-giate, oggi, con i 10-20 mila euro lordi dispo-nibili, si pone il problema per le commissione preposte alla decisione di come utilizzare al meglio questo danaro. Una soluzione che sta prendendo piede con ri-sultati molto graditi alle amministrazioni e che è caldeggiata anche dalle associazioni artisti-che, prevede di evitare di richiedere un’unica opera fissa, scultura o quant’altro (ovviamente modesta per via dei bassi premi), a favore di un concorso per la fornitura di ‘opere mobili’, qua-dri, pannelli decorativi, mosaici ecc., da colloca-

re negli ambienti interni dell’edificio. In questo modo le Amministrazioni risolvono al meglio il problema dell’abbellimento del fabbricato gra-zie all’inserimento nei propri locali di 4, 5 o più dipinti o altro tipo di opere da parete ritrovan-dosi un patrimonio pubblico di opere artistiche a dei prezzi contenuti che, nel tempo, potranno assumere dei valori molto superiori.L’iter per la selezione dei dipinti, mosaici, quadri ecc. pur rimanendo lo stesso dei normali con-corsi, diventa molto più snello e veloce grazie alla semplificazione dovuta alla presentazione di soli bozzetti grafici o fotografici bidimensio-nali. Unico accorgimento per evitare di essere seppelliti da montagne di elaborati inviati dagli artisti di tutta l’Italia, è quello di rendere ob-bligatorio il sopralluogo dei locali interessati dall’intervento.Ci sembra, perciò, di poter auspicare un’ampia e diffusa utilizzazione di questa procedura la quale, oltre a semplificare e accelerare l’inte-ro iter burocratico (dal bando iniziale alla posa in opera finale), consente di creare un ‘piccolo museo’ locale in cui i fruitori si possano avvici-nare a tante opere d’arte che rappresentino le più diverse tendenze.

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Intervista a GIANNI PELLEGRINI

Sotto: Paesaggio, 1981, polvere colorata su carta e gesso, cm 25x30

Dopo Diego Mazzonelli e Mauro Cappelletti, Gianni Pellegrini chiude il ciclo delle interviste ai mem-bri del gruppo “Astrazione Oggettiva” costituito nel 1976 (Senesi e Schmid sono scomparsi due anni dopo) consentendo un confronto tra i lavori realizzati dai tre artisti nel corso dei loro percorsi personali. Sicuramente, Gianni Pellegrini è rimasto coerente con la filosofia di fondo del Manifesto: “...consapevolezza degli elementi che realizzano la pittura stessa: il supporto, il colore, il segno...”, “...necessità di individuare la logica progettuale intesa come momento di conoscenza...”, e, in partico-lare ”...operare sui presupposti e sui fini di una riflessione oggettiva e metodologica della realtà pit-torica, secondo una prassi che si realizza sull’analisi delle procedure operative e dei mezzi espressivi subordinando le “intenzioni soggettive» cioè personali...”. E, soprattutto, pur avendo sperimentato durante il suo percorso artistico linguaggi anche molto diversi, è sempre rimasta inalterata la sua adesione al mondo dell’astrazione, comunque declinata. Oggi, nel tentativo di ottenere un’assoluta semplificazione degli elementi espressivi, sta progressi-vamente ritornando alle primitive analisi sulle proprietà emozionali e psicologiche del colore. Nelle sue tele (spesso di dimensioni enormi) caratterizzate dall’uso di gamme di colori inusuali e tonalità imprevedibili, la ricerca si è spostata sull’uso di elementi appena definiti: impronte, segni, tracce chiaroscurali impalpabili, ombre, penombre che rendono impegnativa la percezione di differenze minimali. Pellegrini, ormai artista compiuto, maturo e consapevole, dopo aver lungamente lavorato sulla riduzione e sulla rarefazione dei linguaggi, sembra sempre più interessato ad avvicinarsi al loro ‘quasi-azzeramento’ attraverso una pittura minimalista portata ai limiti estremi oltre i quali rimane solo la pura monocromìa.Paolo Tomio

A sinistra: Cadute, 2001, tecnica mista su tela, cm 195x115

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Oltre il segno, 1991, tecnica mista su tela, cm 180x180

Quando e perché hai cominciato a interes-sarti alla pittura?

Ancora oggi conservo un esercizio di pittura, eseguito con l’insegnante di educazione artistica in terza media, dunque nella prima metà degli Anni 60, a cui sono particolarmente legato tanto che mi piace pensarlo come l’elemento da cui ha inizio il mio interesse nei confronti del dipingere. Dalle successive vacanze estive non ho infatti più abbandonato i materiali della pittura. Tale esercizio, una tempera su faesite preparata a gesso,

raffigura un bosco alquanto astratto, senza profondità e quasi monocromo. Un esito penso del tutto casuale ma al quale, letto anche in relazione alla successiva esperienza artistica legata all’astrazione, attribuisco un significato del tutto particolare. Ma sicuramente l’incontro, intorno al 1972, con il pittore Aldo Schmid ha rappresentato una svolta decisiva nel percorso verso la maturazione di un fare sempre più consapevole delle ricerche più attuali inerenti la pittura.

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Quali sono state le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno condizionato agli inizi

Le esperienze che rientrano nell’am- bito della pittura condotte sia in Italia che in diversi paesi dell’Europa, dalla Francia, alla Germania, all’Olanda, e una decina di anni prima in America, denominate in vario modo “Pittura analitica”, “Pittura pittura”, “Grado zero della pittura”, “Fare pittura”, solo per citare i titoli di alcune importanti mostre tenutesi nel nostro Paese nel periodo dal 1972 al 1975. La frequentazione di quelle mostre mi

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ha permesso di capire l’attualità della pittura e approfondire la ricerca sul linguaggio della pittura. Ho attraversato dunque il lavoro degli artisti dell’ultima generazione come Claudio Olivieri , Giorgio Griffa, Ulrich Erben, Raimund Girke, Robert Ryman, per citarne solo alcuni; da questi, poi, in una sorta di viaggio a ritroso, sono passato a guardare Turcato, Morandi, Licini, oppure Dekooning più che Pollok, o Rothko e Newmann più che Noland, oltre naturalmente ai

Cadute, 2001, tecnica mista su tela, cm 170x150

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grandi maestri come Klee, Matisse Cezanne.Posso dire che ho allenato lo sguardo sul lavoro di questi autori; con questa preparazione, verso la metà degli Anni 70, approdo al ciclo di lavori Linee, che convincono Aldo Schmid a propormi per il gruppo Astrazione Oggettiva, costituito a Trento nel 1975. Naturalmente una certa importanza nel percorso formativo hanno avuto gli studi al DAMS di Bologna, al quale corso di

laurea mi sono iscritto anzitutto per soddisfare l’esigenza di arricchiore l’ attività di pittore con una formazione innovativa: non c’è dubbio che una parte degli insegnanti presenti a Bologna fino al 77/78 hanno garantito tale innovazione rispetto ad esempio alle Accademie d’Arte, in quegli stessi anni alquanto tradizionali nelle forme di insegnamento.

Paesaggio, 1983, tecnica mista su tela, cm 150x150

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Hai conosciuto e frequentato artisti locali o nazionali?

Oltre ad Aldo Schmid naturalmente tutti gli altri artisti del gruppo Astrazione Oggettiva da Luigi Senesi a Diego Mazzonelli a Mauro Cappelletti, con i quali c’è stata una vera frequentazione e condivisione di idee e di programmi intorno alla pittura. Italo Bressan, Rolando Tessadri, Rolando Trenti e il giovane Michele Parisi, mio concittadino, sono altri artisti con i quali periodicamente ho occasione di confrontarmi. Per quanto riguarda l’esperienza nazionale, una serie di mostre tenutesi a partire dagli Anni 90 presso gallerie private e spazi pubblici, hanno ragruppato artisti della mia generazione o poco più giovani per documentare la persistenza della pratica pittorica nell’ambito della ricerca artistica. Queste esposizioni sono sempre oc-casione di nuove relazioni. Diverse di queste esposizioni hanno legato il lavoro della nostra generazione con quello degli artisti protagonisti come dicevo sopra della “pittura pittura”.

Oggi che cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’arte contemporanea?

Vedo tanti lavori inconsistenti da un punto di vista formale e linguistico e tanta critica che fa ricorso a saperi complessi di tipo filosofico, antropologico, sociologico eccetera, per strutturare attorno ad essi possibili significati simbolici. Tante opere costituiscono dei semplici gesti, del tutto occasionali, sono didascalie di se stesse, pure presenze oggettuali, in modo spregiudicato inserite nel sistema dell’arte.

Istanti, 2012, tecnica mista su tela, cm 100x100

Traccia, 1988, tecnica mista su tela, cm 150x105

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A destra: Falesie, 2012, tecnica mista su carta, cm 29x29

A sinistra: Oltre il segno, 1991, tecnica mista su tela, cm 180x180

Nel corso della tua attività hai sperimentato molte tecniche artistiche?

Più che tecniche artistiche ho praticato e pratico ancora la pittura con strumenti e attrezzi diversi, in molti casi appositamente costruiti in funzione del risultato che ho in mente di raggiungere sulla superficie dipinta, dove però evito che sia riconoscibile l’azione generatrice della stesura cromatica. Questo vale per esempio per il ciclo di lavori dal titolo Cadute ( primi anni 2000) come anche per le tele ultime.

Hai sperimentato molti linguaggi astratti. Hai frequentato anche forme più classiche di espressione?

Devo dire che ho lavorato essenzial-mente per cicli, il primo dei quali come ho detto prima è Linee della metà degli Anni 70. Mettendo a confronto uno di questi lavori con una tela dell’ultimo periodo emerge una sorta di unità d’ambito, nel senso che in entrambi i casi si tratta di pittura composta tono su tono, monocroma,

eccetera, e questo vale anche per i lavori del periodo dal 1986 (Tracce) al primo decennio del 2000 ( Cadute, Istanti, Falesie) compresi i cicli di Oltre il segno ( 1990-1995) e Adombrato (1996-1999). Con i lavori realizzati nel periodo dal 1980 (Figure) al 1985 (Paesaggi), in effetti, ho sperimentato altre tecniche pittoriche, su carta e su tela preparata a gesso, in funzione di una pittura più evocativa e palpabile. La mostra a Palazzo delle Albere del 1985 ha restituito in modo ampio quel programma pittorico.

Tu utilizzi una tecnica pittorica personale piuttosto elaborata per realizzare delle tele di grandi e grandissime dimensioni ?

Il lavoro comporta un modo di procedere per momenti successivi. Tuttora pratico la pittura nei termini tradizionali di spazio, segno, colore e luce, elementi che metto continuamente in gioco, che quadro dopo quadro vado a calibrare in modo diverso.Il dipinto non esce da un agire continuo, bensì ad una fase ne subentra un’altra e cosi via: dalla preparazione della tela, alla stesura del fondo, all’ordinamento dello spazio, alla preparazione dei colori, allo sviluppo dell’immagine finale. Certo un fattore importante è la dimensione stessa della superficie: nelle grandi superfici il lavoro acquista un aspetto più fenomenico nel senso che si fa mutevole in relazione alla luce

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ambientale; devo dire che da questo punto di vista non disdico situazioni espositive dove la luce naturale, nella sua mutevolezza fenomenica, può intervenire a modificare la percezione del lavoro. Istanti è un titolo che ho dato a diversi lavori e che ancora oggi utilizzo, proprio per suggerire un’idea di tempo della percezione, come per indicare che quell’immagine della pittura può

cambiare un’istante dopo.

Nelle tue opere le gamme dei colori sono molto particolari. Cosa rappresenta per te il colore?

L’impasto dei colori mi prende molto, per la manualità che tale operazione comporta e per il fatto che coincide con la ricerca di una tonalità e di una

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cromia solo pensata, il dato visibile della quale è puramente mentale, immaginato. Diciamo che mescolare i colori significa per me azzerare il colore, cercare un non colore o meglio un colore altro, che anche è cercare di dar luce a un corpo/colore estremo. Mi servo della materia colore per restituire sulla superficie della tela non tanto un campo cromatico ma una dimensione di luce e/o ombra; per questo la materia risulta quasi del tutto azzerrata.Certo sono più interessato

ai colori impuri, inclassificabili, sia che essi vadano verso l’ombroso o verso le tonalità chiare, come il bianco che non è bianco, la molteplicità dei grigi, grigi indefinibili ma che devono avere profondità.

Tu lavori sul tema del vuoto, dell’assenza, dell’ombra. Hai affrontato anche il problema del pieno, cioè del volume?

E’ evidente che non mi stai chiedendo se ho fatto anche delle sculture o interventi ambientali. Allora mi chiedo Istanti, 2012, tecnica mista su tela,

cm 100x100

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che cosa sottointende questa tua domanda e provo a rispondere in questi termini: nella tela dipinta, quale oggetto messo a parete per incontrare lo sguardo del fruitore, non c’è la rappresentazione del vuoto ma il rivelarsi di una presenza, quella della pittura appunto; più che di assenza parlerei di un “quasi niente” della pittura, che non coincide con il minimalismo e il tipo di azzerramento da esso proposto; un “quasi niente” come è lo spazio bianco nell’Annunciazione del Beato Angelico di cui ha parlato in un recente articolo Melania Mazzucco...”spazio di contemplazione e rivelazione”

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti o emozioni? Sei interessato ad un messaggio nell’opera?

Considero l’opera come una sorta di congegno da indagare ed interpretare

Linee, 1975, acrilico su tela, cm 70x80

con gli strumenti adeguati, dunque essa richiede sforzo intellettuale e capacità di visione. E’ l’esito di un esercizio della visione. Se penso al mio lavoro, che poi non è che pittura astratta, che insegue se stessa, che si costruisce su se stessa, mattone su mattone, lo penso essenzialmente in termini di visione.

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? Chi apprezzi a livello provinciale?

In questi anni sia alcune Gallerie private che alcuni spazi pubblici, dal Mart alla Fondazione Galleria Civica di Trento, hanno mostrato il lavoro di diversi giovani artisti trentini e tutti con significative presenze nazionali e in alcuni casi anche internazionali già maturate. Questi artisti magari hanno lo studio localmente però operano

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intrattenendo rapporti di lavoro in vari paesi del mondo. Si tratta di una situazione nuova che va sostenuta con l’ideazione di progetti specifici volti a valorizzare la loro presenza e a favorire gli scambi fra esperienze nazionali ed internazionali. Penso che questo sia un modo anche per far crescere l’attenzione e l’interesse del pubblico nei confronti dell’arte contemporanea, a partire proprio da presenze che con il territorio hanno un forte e significativo legame.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è subordinato ad altri valori?

Mi viene da chiederti se hai una domanda di riserva, nel senso che i filosofi sono le figure che dispongono del sapere per tentare delle risposte a tale domanda. Posso dirti che non è una questione che entra direttamente in gioco con il lavoro, nel senso di

Blu nero profondo, 1997, tecnica mista su tela, cm 120x170

A destra: Falesia, 2012, tecnica mista su carta, cm 29x29

qualcosa di cui vado alla ricerca. Trovo invece interessante interrogarsi in merito a che cosa intendiamo con espressioni del tipo che bello quel quadro, che bella quella scultura e così via.

E, per finire, cosa è per te l’arte? E chi è l’artista?

Anche in questo caso, mi è più facile pronunciarmi sulla figura dell’artista, mentre mi sento del tutto impreparato a fornirti una spiegazione in merito a che cosa è l’arte. L’artista lo vedo come colui che attraverso la sua opera ci dà la possibilità di esperire il reale in modi sempri nuovi, diversi, inaspettati.

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GIANNI PELLEGRINI

Gianni Pellegrini, Riva del Garda (TN) 1953. Ha studiato al DAMS di Bolo-gna. Nei primi anni Settanta conosce il pittore Aldo Schmid con il quale si confronta costantemente, giungendo a maturare le prove astratto anali-tiche sulla linea. Nel 1975 partecipa al gruppo “Astrazione Oggettiva”. La prima personale è del 1978 presso la galleria L’Indiano di Firenze. Nei primi anni Ottanta espone presso le gallerie il Sole di Bolzano e Ferrari di Vero-na. In questo periodo ritorna alla tela nei cicli Vedute e Paesaggi dove le immagini e i colori acquistano con-notazioni naturalistiche, ma non figu-rative. Due importanti mostre perso-nali si tengono a Palazzo delle Albere a Trento ( 1985) e alla Galleria Mèta di Bolzano (1986). Nel 1986 pubbli-ca presso la Nuova Prearo Edizioni di Milano il volume Graffiture con testi di Paolo Fossati, Claudio Olivieri, Giovan-ni Maria Accame, Claudio Cerritelli. Espone in mostre personali e colletti-

ve a Bologna, Livorno, Bergamo, Mi-lano. Partecipa nel 1994 alla mostra “Della luce” presso il Palazzo della Permanente di Milano dove presenta alcuni lavori della nuova serie Oltre il segno, documentata in una nuova pubblicazione con testi di Danilo Ec-cher, Bruno Bandini, Lorenzo Mango. Nel 1997 è invitato da Marco Goldin alla mostra “Pitture. Il sentimento e la forma” , mentre nel 2002 tiene la mostra personale presso il Vittoriale degli italiani a Gardone Riviera. Il suo lavoro è documentato nel volume Pit-tura aniconica edito da Mazzotta nel 2009 a cura di Claudio Cerritelli. Mostre personali1978 Linee, Galleria L’Indiano Grafica, Firenze; 1981 Paesaggi, Galleria Il Sole, Bol-zano; 1982 Paesaggi, Galleria Ferrari, Vero-na; 1985 Gianni Pellegrini, Palazzo del-le Albere, Museo Provinciale d’Arte, Trento; 1986 Paesaggi, Galleria Mèta, Bolza-no; 1889 Graffiture, Galleria Nuova 200 Bologna; 1992 Oltre il segno, Galleria San Luca, Bologna; Galleria Delise, Portogruaro; 1996 Oltre il segno, Archivio del No-vecento, MART, Rovereto; 1998 Adombrato, Galleria Plurima, Udine; 1999 Nuove graffititure, Studio Gaia, Faenza; 2000 Intermittenze del segno, Cave-naghi Arte, Milano; 2001 Cadute, Vittoriale degli Italiani, Gardone Riviera; 2004 LIBA Arte Contemporanea, Pontedera PI; 2005 Istanti, Galleria Vanna Casati, Bergamo; Galleria Buonanno, Mez-zolombardo;

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FIDAart copertina del N.06 2013

Periodico di arte e cultura della FIDAart

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2009 Inflessioni, Enoteca Grado12, Trento; 2010 Caos, Casa de Gentili, Sanze-no, TN; Il racconto poetico dell’om-bra, Centro Studi Judicaria, Tione; 2011 Falesie, Numero 2 arte contem-poranea, Trento; 2012 Falesie, Galleria civica, Bressa-none.Mostre collettive 1977 Astrazione Oggettiva, Pergine, Galleria Loreto, Rovereto; Biblioteca Civica, Ospedaletti; Galleria Interar-te, Milano; Galleria La Firma, Riva del Garda; 1981, Arco, Trento, Bologna; 1982 Palazzo delle Albere, Trento; 1983 Casa del Mantenga, Mantova, Palazzo Pretorio Trento; 1984 Den-no; 1985 Bologna; 1986 Montefiori-no; 1987 Formigine, Bologna; 1988 Trento; 1989 Bologna, Concordia; 1990 Livorno, Bolzano, Venezia, Por-togruaro; 1991 Bologna; 1992 Mo-conesi, Desenzano, Malo, Bergamo, Milano, Sacile; 1994 Malo, Milano, Ravenna; 1995 Nocciano, Trento, 1996 Treviso, Bergamo, Forte dei Marmi, Imola, Mantova; 1997 Bas-sano del Grappa, Portogruaro. Dopo Astrazione Oggettiva, Art Gal-lery San Gregorio, Venezia; 1999 San Marino, Berlino, Trento, Milano, Trento; 2002 Francoforte, Adro, Son-cino; 2003 Milano, Sesto Calende, Colonia, Mantova; MART, Rovere-to; 2004 Crespano del Grappa, Mo-naco; Francoforte, Colonia, Olgiate Olona, Udine,.La Spezia, Villa Laga-rina, Bolzano, Busto Arsizio; 2005 Francoforte, Colonia, Milano, Franco-forte, Innsbruch, Diessen; 2007 Co-lonia, Diessen, Colonia, Finale Ligu-re; 2008 Milano, Mantova, Trento; 2009 St Gereon; 2010 Lasino; 2011 Brunico, Ivano Fracena; 2012 Milano, Rovereto.

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gratuitamente inviando una mail

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o scaricandola dal sito:

www.fida-trento.com

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MERCATO DELL’ARTE ?

Se in mercato delle opere d’arte “ordinarie” sta progressivamente perdendo colpi, il mercato di quelle “straordinarie” prosegue nella sua cre-scita abnorme, assolutamente irrazionale, che ha portato alle stelle i prezzi di pochi artisti-star,

generalmente statunitensi.Un recentissimo esempio di questo fenomeno si è avuto con la vendita all’asta di Christie’s a New York avvenuta a maggio, di un dipinto di Jackson Pollock, il N.19 1948. Si tratta di un quadro di cm 78x57 realizzato con la sua tipica tecnica del ‘dripping’, ad olio e smalto su carta applicata alla tela. Stimato dalla casa d’aste 25-35 milioni di dol-lari è stato venduto a 58.360 mila dollari (€ 45.330.000) con uno scarto che, oscillando dai 23 ai 33 milioni, conferma l’assoluta aleatorietà e infondatezza di queste stime. Il quadro appartiene al periodo più creativo del pittore, il triennio 1947-1950 durante il quale uscirono dal suo studio le sue opere più ricer-cate. Il N.19 1948 (una mania di Pollock quella di dare per titolo solo un numero progressivo e la data) era stato definito già un anno dopo dal critico Clement Greenberg, suo grande esti-matore: ”Il n.19 sembra più che sufficiente per giustificare l’affermazione che Pollock è uno dei maggiori pittori del nostro tempo”. Il prezzo pagato di 58 milioni, più del doppio della stima, dimostra che non esiste più alcuna relazione tra opera, valore e mercato reale. Il compratore non ha voluto solo acquistare il di-pinto di uno dei più celebrati artisti americani, ma entrare in possesso di un’icona che gli fac-cesse acquisire, di riflesso, un’aura culturale e uno status economico-sociale. Pochi, infatti, sono in grado di distinguere un’opera di Pollock dall’altra ma, tutta l’elite che conta, sa riconoscere l’autore e ne comprende immediatamente il “vero valore”.

A sinistra alto: N..19, 1948, olio e smalto su carta intelata, cm 78x57Sotto: Dettaglio angolo superiore con firma

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JACKSON POLLOCK

N.5 1948, olio su pannello di fibra su legno, cm 240x120

Ancora più eclatante il prezzo raggiunto nel 2006 per un altro ‘dripping painting’, il N.5 1948, venduto a trattativa privata per 140 mi-lioni di dollari (€ 109.004.000) che lo rendono il secondo quadro più costoso mai venduto. Una cifra sproporzionata e senza senso per un’opera contemporanea eseguita mediante un’azione, (Action painting), che pur rendendo il quadro unico e irripetibile, è fondata su una gestualità in gran parte istintiva e casuale (anche se il pit-tore dichiarava: ‘non c’è posto per il caso’).Pollock, nato nel 1912 a Cody Wyoming, dopo essersi trasferito a New York e aver studiato con il noto pittore “regionalista”, Thomas Benton, con risultati non entusiasmanti, solo a partire dal 45 aveva iniziato ad elaborare il suo stile personale basato sul ‘dripping’ (sgocciolamen-to) di colori e smalti industriali su tele stese sul pavimento e versati con bastoni, pennelli, siri-ghe o altro. Il pittore, girando intorno alla tela poteva “entrarvi dentro” e il ‘dripping” diventa-va ‘azione-creazione’, atto che crea l’opera, la quale è opera e azione contemporaneamente. Nel tempo, questo metodo creativo è stato cari-cato di significati esoterici e psicanalitici sia per i riferimenti alle pitture con la sabbia dei nativi americani, sia per il suo essere un’emanazione dell’inconscio, di forze interiori, mentali e spiri-tuali che ‘possedevano’ il pittore in un vortice creativo e che si concretizzavano nel dipinto. ‘Come un sismografo’, è stato detto, ‘il dipinto ha registrato le energie e gli stati dell’autore.’ A causa dei problemi con l’alcol che lo avevano perseguitato fin da giovane, muore nel 1956, a soli 44 anni, schiantandosi in macchina. La morte tragica e prematura unita alla figura di artista maledetto, hanno contribuito a creare il suo mito di eroe individualista contro la società americana di massa.

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LA STRANA COPPIA

Qual’è il dipinto americano più conosciuto negli Stati Uniti e, probabilmente, nel mondo?E’ questo piccolo quadro (cm 78x65) intitolato “American gothic”, eseguito ad olio su tavola di legno e realizzato nel 1930 dal pittore Grant Wood, il cui nome è tuttora sconosciuto ai più. Si tratta di un caso abbastanza unico in cui un’immagine si è andata caricando di significati simbolici fortissimi imprevedibili, per diventare un’icona popolare della società americana. Eppure, agli inizi il dipinto non ebbe un’accoglienza favorevole: arrivò solo terzo al concorso d’arte locale, molti fraintesero ritenendolo una satira contro il provincialismo rurale e gli stessi abitanti si irritarono di essere rappresentati come “magri, lugubri e puritani fondamentalisti”. Il fatto divertente è che il due “tipici farmers

del Midwest” rappresentati nel ritratto, in realtà fossero la sorella e il dentista del pittore. L’autore Grant Wood, era tutt’altro che uno sprovveduto pittore di campagna: aveva vissuto in Francia dove aveva frequentato l’Académie Julian e aveva potuto studiare in Germania i pittori fiamminghi, in particolare Hans Memling, e conoscere il movimento della Neue Sachlichkeit (Nuova oggettività). Infatti, l’impostazione generale del dipinto rimanda alla composizione classica dei quadri storici.L’atmosfera rarefatta, vagamente inquietante che promana dall’intera composizione e, in particolare, dalle espressioni dei due protagonisti, è il risultato di una chiara e precisa volontà descrittiva priva di connotazioni sentimentali dell’artista. Per certi versi, i due sobri agricoltori dello Iowa (si è detto moglie e marito), sembrano in posa in un dagherrotipo scattato in una pausa di lavoro. Lei indossa un vestitino nero con un lindo collettino con cammeo coperto da un grembiule marrone dal sobrio disegno a pois e decorato con un orlo ricamato intorno alla scollature e alle spalle. L’uomo, con la tradizionale tuta da lavoro in jeans, una camicia bianca priva di colletto, ingentilita dalle righine verticali verde-azzurre e chiusa sul collo da un bottoncino d’oro. Sopra, una giacca nera da lavoro di stoffa pesante. Elemento centrale della raffigurazione è il forcone che l’uomo tiene con mano ferma davanti a sè, simbolo del suo ruolo di coltivatore

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STORIA E ARTE

e di capofamiglia. E, forse anche, di possibile arma nei confronti di nemici (o estranei).La postura e gli sguardi sono importanti per comprendere il fascino discreto dei due personaggi: l’uomo, in posizione assolutamente frontale, da dietro gli occhialini dalla montatura metallica fissa dritto e inespressivo l’osservatore mentre la donna dal lungo collo, arretrata alla sua destra, è irrigidita e osserva di sbieco, come timorosa o inquieta. Gli occhi grigio-azzurro e i biondi cappelli annodati sulla nuca denunciano le origini nord europee dei coloni stabilitisi in America. Entrambe le bocche sono ben chiuse, quasi serrate, di persone taciturne e laconiche, poco avvezze al sorriso. Anche lo sfondo contribuisce alla costruzione di un ordine simmetrico in cui tutte le cose funzionano perché sono il risultato di una coerenza e di un rigore globale. La finestra nel timpano triangolare della casetta nello stile ‘carpenter gothic’ che dà il nome all’opera, sembra addirittura una bianca chiesetta di campagna. Il ritratto, volutamente statico, come bloccato nel tempo, descrive analiticamente e con grande realismo un mondo che è già Passato. Nelle intenzioni del pittore il dipinto è la rappresentazione della vita autentica e dei veri valori degli americani ancora permeati dello spirito dei pionieri e dall’etica puritana. Attraverso questa sua pittura definita ‘regionalista’ ma, in realtà, ‘oggettiva’, l’artista vuole esprimere la sua adesione etica, culturale e psicologica al mondo in cui è nato e a cui è ritornato dopo l’esperienza mondana di Parigi.Grant è stato fortemente criticato per questa sua posizione ‘antimodernista’ contro la civiltà urbana e industriale quale motore di progresso e della cultura alta, perché ritenuta al tempo (e non solo), di retroguardia o, peggio, reazionaria.

Solo dopo la Crisi del ‘29 e la Grande Depressione che ne seguì e che dimostrò gli effetti perversi di un capitalismo senza freni sulla vita di milioni di persone ridotte alla fame, questo quadro venne interpretato come il simbolo della fierezza e dello spirito americani più autentici. Oggi, il sogno della Frontiera si è oramai dissolto e della visione lucidamente nostalgica di un mondo in cui gli uomini ritrovassero l’antico equilibrio che il pittore che aveva immaginato, è rimasta solo questa ‘stana coppia’.

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LIBRI & LIBRI

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VOCI POETICHE

Renzo Francescotti

CANTO DEL COYOTE

Le notti di luna allarmatale notti di forme immotele notti d’oscure memorievengono fuori i coyote.

Coyote.Latrati pietrificatilugubri sui dirupi,coyote, fratelli dei lupi,dei nostri pensieri affannati.

Gli indios che adorano il solee li impaura la notteinvocano l’alba, che fuggano ombre e coyote a frotte. Coyote.Latrati pietrificatilugubri sui dirupi,coyote, fratelli dei lupi,dei nostri pensieri angustiati.

Ma sono dentro di noiquesti animali inquieti:affondano i denti candidinei nostri più tristi segreti.

Coyote,latrati pietrificatilugubri sui dirupi,coyote, fratelli dei lupi,dei nostri pensieri angosciati.

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Giugno 2013, Anno 2 - N.06

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Mostre in regione

Barbara Cappello

Artisti per la donazione

Mirta De Simoni Lasta

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Foto-trasmutazioni-femminee

RenArt 2013

Luoghi dell’eco

Paolo Facchinelli

Jacopo Mazzonelli

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pag. 32

Sguardi nel Novecento

Obtaining the history

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FOTO-TRASMUTAZIONI-FEMMINEEBARBARA CAPPELLOVernice per-forma-a-t-tiva Sabato 25 Maggio 2013 ore 19.00

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artisti per la donazione

RenArt2013

foradori-goio-perini-ricci-todesco-turra

Inaugurazione venerdì 31 maggio 2013 ore 18.00

dal 1 al 15 giugno con orario lunedì - venerdì 10.00/18.00 sabato 9.00/12.00

la mostra proposta da: è patrocinata da: PROVINCIA AUTONOMA DI TRENTOCOMUNE DI TRENTO

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JACOPO MAZZONELLI / OBTAINING THEHISTORY

7 GIUGNO - 14 SETTEMBRE 2013

INAUGURAZIONE VENERDI 7 GIUGNO 2013 - H 18

Paolo Maria DeanesiVia San Giovanni Bosco 938068 Rovereto (tn)da giovedì a sabato 16-20 o su appuntamentowww.paolomariadeanesi.itgallery@paolomariadeanesi.itt +39.0464.439834.

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Cornelius Norbertus Gijsbrechts (1660-1683), 1668- 672, “Trompe l'oeil. Il rovescio di un quadro incorniciato”, olio su tela, 66 x 87 cm - National Gallery of Denmark - Copenhagen

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QUOTA DI ISCRIZIONE PER L’ANNO 2013

E’ stata mantenuta la quota d’iscrizione di euro 50.00 Il versamento dovrà essere effettuato con la causale: ISCRIZIONE ANNO 2013

MEMORANDUM

IMPORTANTE

Per ragioni fiscali e contabili, TUTTI i versamenti (ad es. per l’iscrizione, la quota annuale, partecipazioni a mostre o eventi FIDA ecc.) dovranno essere effettuati sul conto corrente della FIDA-Trento: Volksbank-Banca Popolare dell’Alto Adige - Piazza Lodron 31 38100 Trento IBAN: IT47 B058 5601 8010 8357 1214 752 NB! INSERIRE SEMPRE LA CAUSALE (es. iscrizione 2013)

Poiché questo Conto Corrente dovrà essere utilizzato sempre si consiglia di stamparlo e di tenerlo sul computer in una cartella FIDASegretario-tesoriere: Alessando Goio [email protected]

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Indirizzo Mail ufficiale di FIDA-Trento è: [email protected]

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