FIDAart N.10 2015 Luca Coser

18
PERIODICO della FIDAart N.10 - Ottobre ANNO 2015 FIDAart

description

Rivista di arte e cultura

Transcript of FIDAart N.10 2015 Luca Coser

PE

RIO

DIC

O d

ella

FID

Aart

N

.10 -

Ottob

re A

NN

O 2

015

FIDAart

In copertina: Luca Coser, Untitled, 2009, tecnica mista su carta su legno, 40x40 cm

Copyright FIDAart Tutti i diritti sono riservatiL’Editore rimane a disposizione degli eventuali detentori dei diritti delle immagini (o eventuali scambi tra fotografi) che non è riuscito a definire, nè a rintracciare

Intervista ad un artista Luca Coser

News dal mondo

pag. 4

pag. 5

pag. 6-19

4° Biennale FIDA-TrentoPolitiche culturali

Editoriale Quiz d’autunno

pag. 22-23

pag. 20-21

Mond-Tone

Mercato dell’arte? Keith Haring

La geometria dello spirito

FIDAartsommario10Ottobre 2015, Anno 4 - N.10

Storia dell’arte pag. 24-25La Rossa in Vaticano

pag. 31

pag. 28-29

pag. 32

pag. 30

Untitled (September 14), 1986

La lunga marcia verso il sol dell’Avvenire

Untitled, 1988

Untitiled (Dancing Dogs), 1981

KEITH HARING

KEITH HARING

KEITH HARING

Omaggio a KEITH HARING

4 5

EDITORIALE POLITICHE CULTURALI

IL QUIZ D’AUTUNNO: VERA O FALSA?

Visto il successo di pubblico riscosso dal primo Quiz Estivo, apprezzato dal colto e dall’inclito, può risultare stimolante proporre anche delle opere meno conosciute in modo da rendere l’individuazione degli autori più complicata.I lettori più preparati e competenti possono mettersi alla prova cercando di individuare, sul-la base di un’analisi stilistica e comparativa, an-che il nome dell’autore, oppure limitarsi affidar-si alla sola intuizione, l’ultima spiaggia quando ci si trova di fronte a delle opere particolarmen-te ostiche. Sicuramente l’arte contemporanea non fornisce grandi certezze per orientarsi al suo interno, spesso più simile a un labirinto, a un negozio da rigattiere o alla fiera delle vanità. Distinguere l’alto dal basso, il buono dal cattivo, il bello dal brutto, non è facile per i non addet-ti ai lavori e - molto spesso - anche per questi ultimi.Come avvicinarsi, dunque, all’arte d’oggi, come dotarsi in tempi brevi di quella capacità di di-scernimento evitando di dover compulsare grossi tomi critici o frequentare quotidiana-mente musei, gallerie e aste?Un sistema empirico è quello di mettersi alla prova di fronte a dei casi reali, a delle opere che riassumano le problematiche che attraversano il dibattito artistico contemporaneo. Insomma, per distinguere le “vere” opere d’arte da quel-le “false”, osservare con attenzione gli oggetti proposti nel quiz e, lasciandosi condurre solo dalla propria sensibilità estetica, cercare intuire il backgroud che si nasconde dietro ognuno.

1 5 9

2 6 10

3 7

8

11

4 12

he l pe l pHl pH Eph e l

Sono tutte opere “false” di creatori ignoti: 1. bandiera antica Wyoming; 2. scafandro palombaro; 3. pillole 3D; 4. insegna bar; 5. maschera; 6. cavatappi; 7. papillon; 8. intonaco gonfiato; 9. quadrato magico; 10. mazzetta feltro; 11. lampade stradali; 12. forma per guanti

Intervista a LUCA COSER

In basso: Untitled, 2009, tecnica mista su carta su legno, cm 30x30 (x3)

A sinistra: Only-Connect, tecnica mista su carta,misure-variabili

Nel corso dell’intervista, Luca Coser si definisce “artista molto mentale”. Questa è una delle chiavi di lettura per tentare di comprendere quelle caratteristiche che rendono il suo linguaggio artisti-co del tutto particolare. L’altra chiave è l’immediata impressione di omogeneità e coerenza che si percepisce di fronte al corpus delle sue opere: tutto si tiene come in una sorta di complicato diario disegnato in cui si svolge senza soluzione di continuità una narrazione che parla del suo mondo fan-tasmatico. Un mondo che, come si comprende dalle figure sfumate o solo accennate che affiorano da sfondi incerti oppure dalle scritte esplicite, rimanda ai film dei Maestri della incomunicabilità, da sempre il grande riferimento stilistico e psicologico dell’artista. A questa sensazione di narrazione per scene concorre anche la scelta della sapiente gamma cromatica ristretta a pochi colori freddi, quasi monocromatica, che contribuisce a comunicare un senso di assenza e di vuoto legati a un pessimismo esistenziale ineluttabile. La poetica di Coser è complessa, concettuale, fatta di continui rimandi colti e, anche se lui dichiara: “non “invento nulla” e “racconto di me attraverso immagini rubate”, le sue operazioni con e sulle immagini che dipinge, più che a delle citazioni da cinefilo, appaiono più simili a un’autoanalisi svolta attraverso un procedimento teso a impadronirsi delle vite altrui. La sua è una pittura figurativa di grande qualità in cui le figure si decompongono e rimane la loro sagoma incerta, solo accennata bloccata nel vuoto di un fondo piatto e indeterminato, come in un gioco di ombre cinesi dove anche gli oggetti raccontano della solitudine dell’uomo. Il suo approccio può essere definito un “metalin-guaggio”, vale a dire un’azione che il linguaggio artistico svolge sopra un altro linguaggio, quello cinematografico: in questo modo una finzione (l’arte), trae linfa da un’altra finzione (il cinema). E’ l’artificio mentale con cui Luca mette in moto ricordi, pensieri, impressioni che, poi, con tecnica raffinata trasferisce su piccole carte o su tele monumentali. Le immagini vengono estrapolate dalla narrazione filmica, manipolate per cancellare il superfluo, reinterpretate o reinventate per ridurle all’essenza e per arrivare sempre a riscrivere “ossessivamente” una nuova storia personale. Paolo Tomio

8 9

Vicino ma non qui 2, 2014, collages, 30x30 cm

Quando e perché hai cominciato a interessarti all’arte?

Ero un ragazzino dei quartieri popolari e dal ca-rattere difficile. Nella pagella finale delle scuole medie, per gli alunni meno dotati compariva la dicitura: “si consiglia l’inserimento in una scuo-la professionale o nel mondo del lavoro”, per me la commissione cancellò la prima opzione. Mia madre capì in fretta che stavo tranquillo quando disegnavo, l’unica cosa che mi veniva bene. Quindi, Medie d’Arte poi Istituto d’Arte poi Accademia di Belle Arti. E non ho mai smesso.

Quali sono stati le correnti artistiche e gli artisti che ti hanno influenzato?

All’Istituto d’Arte il primo amore è stata la Pa-rigi di inizio secolo con Picasso e tutto il suo giro, la sua leggenda. Con le stesse dinamiche, in Accademia mi sono innamorato degli anni ‘50 newyorchesi, trovavo tutto molto geniale e romantico. Poi ho iniziato con forza a cercare una mia strada guardando in parte la Storia e in parte quello che mi accadeva intorno. Ma non mi ha influenzato solo l’arte visiva, di grande importanza sono stati il cinema, la letteratura e la musica. Oggi non saprei dire chi mi ha in-fluenzato maggiormente tra i tanti artisti che amo e ho amato.

Hai conosciuto o frequentato artisti locali o na-zionali che hanno contribuito alla tua formazio-ne?

In Accademia, a Venezia, ho studiato per due anni, prima di litigarci ed andarmene, con Emi-lio Vedova, un vulcano di energia e narcisismo, che mi ha molto influenzato sui “modi” di fare arte. Non ho mai imitato lo stile pittorico di Ve-dova, ma ne ho intuito gli equilibri, l’energia, gli intenti etici, la visione del mondo. Per lui fare arte era davvero qualcosa di radicale, lontanis-simo dalle logiche della moda e dell’intratteni-mento. Nello stesso periodo a Trento ho frequentato, come aiutante tuttofare, Palazzo Pompeati, la bella dimora di Ines Fedrizzi e di suo mari-to Gualtiero, personaggi molto significativi per l’arte del territorio. Ines con il suo carattere difficile mi aveva preso in grande simpatia, du-rante l’estate arrivavo a palazzo la mattina pre-sto e me ne andavo la sera dopo cena, aiutavo Gualtiero nelle faccende infinite che richiede-va una struttura antica e grande come la loro. Dalla grande cucina di Ines e Gualtiero ho visto passare gran parte del mondo dell’arte e del-la cultura locali, e non solo; Ines mi diceva di fare attenzione e di ascoltare, rubare notizie, impressioni. E ho imparato molto. Più avanti e fino ad oggi mi è successo di in-contrare molte persone significative per il mio lavoro, alcune molto famose altre meno, e con tutti ho applicato la regola suggeritami da Ines. Recentemente a New York mi è capitato, per una coincidenza fortuita, di cenare con Barbara Castelli, l’ultima moglie di Leo, e a fine serata, dopo esserci salutati all’uscita del Carlyle, ero stordito da tutte le cose “sentite” come un ra-gazzino alle prime armi.

Nel corso della tua attività, oltre alla pittura, hai sperimentato altre tecniche artistiche?

Untitled, 2010, tecnica mista su alluminio, 190x190 cm

Vicino ma non qui 1, 2014, collages, 30x30 cm

10 11

Untitled, 2012, tecnica mista su alluminio 190x190 cm

La metà alta, 2014, tecnica mista e carta su legno30x20 cm circa

figurativo hai frequentato anche forme più clas-siche di espressione?

A scuola ho avuto un insegnamento tradizio-nale, ma in Accademia ho subito aderito ad al-cune tipiche forme frammentate del pensiero moderno, più avanti ho cercato un linguaggio personale ma coerente con il mio tempo, con il mondo che mi sta intorno. L’astrazione assolu-ta non mi appartiene così come non sento mio un certo realismo; un po’ me ne frego, ricorro a immagini riconoscibili ma secondo logiche anti-naturalistiche. Quello che inseguo è una “tem-peratura” particolare, uno spleen, un’atmosfera rarefatta...

Nelle tue opere le gamme dei colori sono molto particolari. Cosa rappresenta per te il colore?

L’inizio del mio percorso è stato molto concet-tuale, negavo le possibilità del colore perché lo vedevo come “narrativo” rispetto a un’idea di “vuoto” e “assenza” che invece ricercavo, e che per molti versi ricerco ancora oggi. Con gli anni le cose sono cambiate, la narrazione è di-

venuta addirittura una necessità e il colore, di conseguenza, un elemento determinante. Uti-lizzo una tavolozza pacata, colori non puri che emergono da una lieve base grigia.

Tu lavori sul tema del vuoto, dell’assenza, del-la figura bidimensionale. Hai affrontato anche il problema del “pieno”, cioè della forma e del volume?

Non sono arrivato alle figure attuali per esclu-sione, ci sono arrivato da una pittura estrema-mente minimale, monocroma e bicroma. Quin-di sono le uniche che ho sviluppato, figure che non intendono imitare la realtà retinica ma che si propongono come proiezioni di un pensiero, di una memoria rarefatta che tende a indietreg-

giare, a cancellarsi nell’attimo stesso in cui si materializza. Affronto in ogni caso il problema della forma e del volume, per forza, è un pro-blema insito nel fare arte.

Come definiresti il tuo linguaggio? Quali sono, secondo te, le caratteristiche che ti rendono ri-conoscibile?

Il mio, come quello di molti artisti contempo-ranei, è un linguaggio formato dalla somma di più linguaggi. Sono attratto da un’architettura dell’immagine semplice e piatta, che contrap-pone rigore e precisione a una superficie infor-male, a volte appena accennata, rovinata, can-

Si, non ho mai vissuto la pittura come un le-game assoluto. Ho lavorato e lavoro ancora, anche se limitatamente, con la scultura, con l’installazione, con il video, la fotografia... An-che se, sempre, la mia analisi visiva trae origine dalla pittura.

Oggi, cosa ti interessa e cosa non ti piace dell’ar-te contemporanea?

Mi interessa quello che si conferma della mo-dernità: la libertà, l’ironia, una certa colta e feroce leggerezza, la possibilità di mescolare le carte. Non mi piace l’asservimento alle logiche dello spettacolo, dell’intrattenimento, dell’in-dustria della moda. Sono consapevole che le dinamiche del mercato siano tra le maggiori garanzie nella selezione della qualità, ma trovo umiliante che l’aspetto culturale venga meno rispetto a quello economico.

Prima di approdare al tuo specifico linguaggio

12 13

cellata. Questo elemento stilistico, sommato a una tavolozza particolare di cromatismi che affiorano appena dal grigio, credo aiutino il mio lavoro ad essere facilmente riconoscibile.

Cosa ti spinge ad iniziare un quadro: un’idea, un’emozione, un tema, una teoria, una tecnica nuova?

Credo in una pittura frutto di “ossessione”, non di idee. Faccio sempre le stesse cose, con le stesse dinamiche, le stesse motivazioni. Sono parte di una generazione che aspettava di scendere in piazza nella condivisione di valori sociali, politici e culturali, poi quando è arriva-

to il momento di scendere, le piazze si erano svuotate e in molti hanno scelto il valore op-posto: l’introversione, una forma di fuga dalla cronaca che per me ha significato immergersi nel cinema, nella musica, nella letteratura. E oggi faccio questo: racconto di me e della mia visione del mondo attraverso immagini rubate dall’arte, dalla musica, dal cinema e dalla lette-ratura. Non “invento” nulla, ed entro in studio in modo molto professionale, non credo a quel-li che dipingono dopo essersi fatti “ispirare” da un fiore, da una cascata, da un amore... L’arte è un interrogativo che parte da lontano al quale si cerca di rispondere con un lavoro quotidiano, emotivamente pericoloso, meraviglioso ma che può essere anche noioso.

Ritieni di rappresentare nelle tue tele concetti

Untitled, 2009, tecnica mista su carta su legno cm 30x30 (x18)

Hippies, 2012, tecnica mista su alluminio190x190 cm

o emozioni? Sei interessato ad un “messaggio” nell’opera?

Credo di essere un artista molto mentale, più di quanto vorrei essere, è la mia natura. Sono affascinato da un aspetto della modernità che sento intimamente mio, quello della frammen-tazione del senso, della rarefazione data dalla serialità, dalla moltiplicazione. Cerco di dipin-gere quadri che comunichino questo senso di “verità” tratta dall’incertezza, affermazioni sospese, avvenimenti vicini al manifestarsi ma non ancora, immagini che si affermano nel na-scondersi, nell’allontanarsi, nell’essere “vicine ma non qui”. Nessun messaggio, se non quello poetico, che credo il più radicale, costruttivo e difficile che si possa ricercare.

Come ti sembra il panorama dei pittori trentini d’oggi? Apprezzi qualcuno a livello provinciale?

Buono. Nomi non ne faccio, ma mi pare che quelli che hanno qualcosa da dire sono anche quelli che sanno farsi valere fuori dai confini re-gionali.

Cosa manca al Trentino e agli artisti trentini per poter essere più presenti sul mercato esterno? Non manca nulla, la presenza sul mercato esterno dipende dalla qualità del lavoro e dal-le strategie di comunicazione, e spesso le due cose vanno insieme. Si deve lavorare bene ma anche muoversi, studiare, viaggiare, frequenta-re i luoghi che possono interessarsi al tuo lavo-ro, e stabilire relazioni.

Segui la “politica culturale” trentina: pensi che si possa fare di più e meglio per il settore arti-stico?

Credo sia una questione di numeri. Il Trentino è poco popolato, e gli artisti vanno in proporzio-ne. Per il resto, le politiche culturali sono varie, attive e qualitativamente superiori rispetto alla maggior parte delle altre regioni italiane. For-se mancano quei “conflitti” sociali che spesso motivano le ricerche più radicali e significative, ma questo è un lusso e non certo un elemento negativo.

14 15

Vicino ma non qui 4, 2014, collages, 30x30 cm

Vicino ma non qui 3, 2014, collages, 30x30 cm

Insegnando all’Accademia di Roma, vedi un ap-proccio differente all’arte in questi giovani che hanno accesso a tecnologie in passato inesi-stenti o irraggiungibili?

Si, l’approccio è molto differente rispetto a quello del passato anche recente, e questo per via della loro educazione, dei modi della loro conoscenza del mondo. Anche quando sembra che ripetano le strade fatte dai loro docenti, in realtà mostrano un approccio, una visione di-versa e compatibile con la loro età e il momento storico in cui sono cresciuti. Non è facile farsi capire, è necessario mettere in scena delle stra-tegie utili non tanto a “spiegare” quanto a “farsi seguire in modo che poi smettano di seguirti”.

Segui anche altre discipline oltre l’arte visiva: cinema, fotografia, design, architettura ecc.? E. quali differenze vedi tra queste attività creati-ve?

Con gli anni ho capito che so fare solo il mio lavoro di artista e insegnante, e so muovermi in questo mondo, mi capita di organizzare eventi o di mercanteggiare con opere non mie. Tutte le altre discipline le vivo, alcune le amo pro-fondamente, da cultore, da appassionato, con la curiosità caratteristica degli artisti e per gli interessi connessi al mio lavoro di insegnante. Mi succede di collaborare con architetti, con l’editoria, con svariati professionisti, ma il mio ambito rimane legato al settore artistico.

Cos’è la creatività? E’ parte del talento artistico o è cosa diversa e non indispensabile?

Non saprei, l’essere creativi oggi è qualcosa che non mi riguarda, richiede l’avere un sacco di idee. Come dicevo, credo in un’arte frutto di ossessione e non di idee. Buone idee biso-

Untitled, 2010, tecnica mista su carta su legno40x40 cm

gna averle, ovvio, ma se osserviamo l’opera dei grandi artisti del passato ci accorgiamo che nella loro vita hanno avuto pochissime idee e hanno lavorato attorno a poche e ossessive intuizioni. Nell’industria della comunicazione, pubblicità, moda, intrattenimento eccetera è diverso, se non sviluppi velocemente un’idea sull’altra vali poco. Non mi considero un cosiddetto creativo, anzi, mi sento sempre un poco a disagio rispet-to alla velocità della creatività contemporanea.

Cos’è la bellezza? E’ un valore che ricerchi o è

subordinato ad altri valori?

Non saprei. Nel passato è stata ordine armonia e proporzione, oggi credo non esistano rego-le precise per definirla. Ho letto quello che su questo tema hanno scritto molti filosofi, e da ragazzino mi hanno insegnato che compito del-la bellezza è rendere visibile il buono, ma defi-nire un’idea di bellezza ancora non mi riesce, e poi non mi interessa.

Untitled, 2010, tecnica mista su carta su legno40x40 cm

Standard Punct 2, 2015, tecnica mista su tela di lino, 200x130 cm

Personalmente nel mio lavoro ricerco un equi-librio rispetto a quello che sono, alle cose che sento vicine per affinità, soprattutto quando queste mi arrivano dal profondo in modo per-turbante. Ne esce certo un’idea di bellezza, ma che riconduco a un valore soggettivo e non cer-to universale.

E, per finire, cosa è per te l’arte? E chi è l’artista?

Anche su questo tema ho letto molto e potrei scriverne, ma in fin dei conti, invecchiando,

come ho già detto mi interessa sempre meno ri-spondere a domande importanti come queste. Vivo l’arte come un modo di essere, dal punto di vista spirituale così come da quello pratico. Questo significa che nel mio quotidiano, nei miei momenti migliori così come in quelli peg-giori, ci guadagno del denaro ma riesco anche a contemplare qualcosa che mi trascende. Forse un giorno scoprirò che quello che pensavo arte era altro, e di aver vissuto un’altra vita.

18 19

FIDAart copertina del N.10 2015

Periodico di arte e cultura della FIDAart

Curatore e responsabile

Paolo Tomio

PE

RIO

DIC

O d

ella

FID

Aa

rt N

.10

- O

tto

bre

A

NN

O 2

01

5

Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015

della rivista FIDAart

sono scaricabili da:

www.fida-trento.com/books.html

Tutti i numeri 2012-2013-2014-2015

della rivista FIDAart

sono sfogliabili su:

http://issuu.com/tomio2013

FIDAart

LUCA COSERNasce a Trento nel 1965. Studia all’Accademia di Belle Arti di Venezia al corso di Emilio Vedova, termina gli studi all’Accademia di Belle Arti di Firenze. Tiene la sua prima esposizione collettiva significativa nel 1985, a cura di Danilo Eccher, e la sua prima esposizione personale nel 1989 negli spazi della galleria Ponte Pietra di Verona, a cura di Luigi Meneghelli. Ha esposto in gallerie pubbliche e private in Italia e all’estero. Nel 2010 ha vinto il Premio Combat Prize con un’opera facente parte del progetto “1+1=1”, progetto esposto tra il 2010 e il 2011 a Napoli, Milano, New York, Modena, Torino, Livorno, Bari, Seul, Hong Kong, Chicago, Miami. Del progetto è stato realizzato un volume, per le edizioni D406, intitolato “Tecnicamente dolce”, da cui Vittorio Sgarbi ha selezionato l’opera per la 54° Biennale di Venezia, Padiglione Italia Trentino A.Adige. La sua ultima partecipazione nel 2015, nella collettiva “Il Sosia”, alla Galleria Civica MART, a Trento. Vive a Trento e Roma, dove insegna Elementi di Morfologia e Dinamiche della Forma all’Accademia di Belle Arti. Gallerie d’Arte di riferimento: D406 Modena; Effearte Milano; Kips Gallery New York; and.n Gallery SeoulEsposizioni personali2014, Vicino ma non qui, Effearte Arte Contemporanea, Milano; Dentro, Palazzo Libera, Villa Lagarina; 2013, History of white, ARPNY Bcs Gallery, New York; Il dorso delle cose, Kunsthalle Eurocenter, Merano; 2012, Qualcuno deve gridare che costruiremo le piramidi, Effearte Gallery, Milano; Non succede mai niente, UploadArtProject, Trento; 2011, I cosiddetti sani e i cosiddetti ammalati, video-performance nel concerto J.Futura, musiche A.Pärt e A.Schnittke, Trento Teatro Cuminetti, Padova Auditorium Pollini; Tecnicamente dolce, D406 Arte Contemporanea, Modena; 1+1=1, mostra personale del vincitore Combat Prize 2010, a cura di F. Baboni e S. Taddei, BlobArt, Livorno; Legame, Lato Arte Architettura, Prato; 2010; 1+1=1, Whitelabs Milano e Overfoto , Napoli; 1+1=1, Kip’s Gallery, New York;

2009, Arte nello Studio, Studio Reina Spena Zanolini Ziglio, Trento; 2008, Heidi’s Shop, Atelier Forum, Museion, Bolzano; Comedians, KreiS Fur Kunst Und Kultur, Ortisei Bz; 2007, Two, Le Carceri, Caldaro Bz; 2006, Goethe2, Bolzano; Microsoft Research University of Trento, Trento; 2005, Kunstforum, Egna; Istituto Arcivescovile, Trento; Borsa Art Café, Mantova; 2004, Vivere Modern Living, Trento; Galleria Ristori, Albenga; 2002, Andrea Pronto Arte Contemporanea, Crespano; Crushsite, progetto web, Trento; Castello di Belgioioso; 2001, Cima Gallery, Palm Beach, Florida USA; Magazzino Raffaelli, Trento (con Stefano Cagol); Südtiroler Künstlerbund, Galleria Prisma, Bolzano; 2000, Galleria Civica d’Arte Contemporanea, Trento; Galleria Ristori, Albenga; 1998, Lattuada Studio, Milano; Galerie Orms, Innsbruck; Galleria Cenacolo, Trento; Galleria Ristori, Albenga; Galleria Il Campo delle Fragole, Bologna; 1995, Galleria Cenacolo, Trento; 1994, Galleria Peter Lindner, Vienna; Galleria Ponte Pietra, Verona; 1993, Spazio Conciapelli, Bolzano; 1992, Gall.Spatia, Bolzano; Casa Veneta, Muggia; 1991, Galleria Cenacolo, Trento; 1990, Galerie Orms, Innsbruck;1989, Galleria Ponte Pietra, Verona; Volumi monografici: Tecnicamente dolce, text by Claudio Libero Pisano, Francesca Baboni e Stefano Taddei; 1+1=1, text by Nicola Angerame; First & Second, text by Stefano Taddei, Francesca Referza; Your Names, My Games, text by Danilo Fenner; Da Trentatre a Lunatico, text by D.Eccher, V.Coen, G.Belli, L.Scacco, L.Meneghelli, E.Krum, J.Schneider; Altreversioni, text by Federico Mazzonelli; Untitled Love Story, text by Federico Mazzonelli, Giacomo Sartori; Luca Coser, text by Vittoria Coen, Riccarda Turrina, Jurgen Schneider; Trentatre, text by Danilo Fenneri; P-Aura, text by Luigi Serravalli; Luca Coser, Text by Francesco Dal Bosco, Dominga AzziniPrincipali esposizioni collettive2015 Galleria Civica-MART Trento; ArpNy e bcs Gallery New York; 2014 And.n Gallery Seoul; Galleria Civica Arte Contemp. Trento; Fondazione Michetti Francavilla; Museo Arte Contemp. Lissone; Temple University Gallery Roma; Museo Civico L.Varoli Cotignola; Galleria Porta Latina Roma; Kips Gallery NY, Busan, Korea; Castello 925 Gallery Venezia; Gallery Modena Bologna; 2013 Gallery Molly Krom New York; Effearte Gallery Milano, Torino; Mag Museo Alto Garda; Gallery Modena Verona; Spazio 23 Roma; Casa Saraceni Bologna; Archivio Mart; Kips Gallery NY Seul, Korea; Villa La Vedetta Firenze; 2012 Innsbruck; arte contemp. Milano; Galleria Rubin Milano; Fies Factory Dro; Accademia Belle Arti Foggia; Modena, Parigi; 2011 54°Biennale d’Arte Venezia; Contaminate New York; Kips Gallery NY Miami; P.zzo Arnone Gall. Nazionale, Cosenza/ Complesso del Vittoriano Roma; Ninni Esposito Arte Bari; Castello Svevo Barletta; UfoFabrik Arte Contemp. Torino; Whitelabs Arte Contemp. Milano; MondoBizzarro Roma; UfoFabrik Arte Contemp.Moena; Kips

Gallery NY Hong Kong; Kips Gallery NY Chicago; Chelsea West Gallery NY New York; 2010 Silpakorn University, Bangkok; CIAC Genazzano, Roma; Upload Art Project, Trento; Kips Gallery New York, Seoul, Korea; 2009 Galleria D406, Modena; Bottini dell’Olio, Livorno; Nerocubo Project, Rovereto; Andrea Arte Contemp. Vicenza; Sassuolo; 2008 Manifesta7 Trento; Lab 610 XL Sovramonte; Paolo Maria Deanesi Gallery Rovereto; Arte Fiera Verona; 2007 MART Rovereto; Cantine Longo Lucera; Torre Bruciata Teramo; Miart, Arte Fiera Verona, Paolo Maria Danesi Gallery; 2006 Galleria Civica Arte Contemp. Trento; Arte Fiera Bolzano, Goethe2; Galleria Civica Arte Contemp. Trento; 2005 Goethe2, Bolzano; Arte Fiera Bolzano; 2004 Arte Fiera Zurigo; Arte Fiera Bologna, Arte Fiera Bolzano; Sesto Senso, Bologna; Sarnonico; Galleria Civica Arte Contemp. Trento; 2003 Mart, Rovereto; Galleria Goethe2, Bolzano; Palazzo Trentini, Trento; Arte Contemp.; Sudtiroler Kunstlerbund Bolzano; Traklhaus, Salzburg; Arte Fiera Ginevra, Arte Fiera Bologna; 2002 Kunstverein Aschersleber; Centro Servizi S.Chiara Trento; Pio Monti Roma; Film Festival Internazionale Montagna Trento; Studio Tommaseo Trieste; ex Chiesa Anglicana Alassio; Castello di Aci Acicastello; Cimana Arte Villa Lagarina; Paraxo Associazione Culturale Savona; 2001 Fabriano; Venezia; ex area Michelin, Trento; 2000 Biennale d’Arte Contemp. Andora; Numero Civico Rovereto; Palazzo Trentini Trento; Arte Contemp. Crespano; 1999 Museo d’Arte Contemp. Sassari; Galleria d’Arte Contemp.San Marino; Palazzo Sarcinelli Conegliano Veneto; 1998 Biennale d’Arte Contemp. Andora; Museo d’Arte Moderna Gazoldo degli Ippoliti; Galerie Orms Innsbruck; Galleria Orti Sauli Genova; Nuovi Studi Vicenza; Palazzo Libera Villa Lagarina; 1997 Galerie Orms Innsbruck; Galleria Comunale d’Arte Contemp. Castel S.Pietro; 1996 Galleria Ponte Pietra; Biblioteca Classense Ravenna - Breracult, Milano; Museo di S. Agostino Genova; Pieve di S. Zeno Lonato; Galleria Il Campo Delle Fragole Bologna; 1995 Galleria Cenacolo Trento; Castel Ivano Ivano Fracena; Galleria Civica d’Arte Contemp. Trento; Galleria Ponte Pietra Verona; Arte Fiera Bologna; 1994 Galerie Peter Lindner Vienna; Gallerie de Peperbusse Ostende; Galleria Grigoletti Pordenone; Galleria Cenacolo Trento; 1993 Arte Fiera Bologna; Galerie Orms Innsbruck; 1992 Arte Fiera Bologna; Arte Fiera Roma; Galleria Civica d’Arte Contemp.Trento; Palazzo dei Diamanti, Ferrara; Galleria Barbierato Asiago; 1991 Fortezza di Bard; 3° Biennale Giovani Padova; Arte Fiera Bologna; Traklhaus Salisburgo; stabilimento Michelin, Trento; 1990 Fabbrica del Vapore Milano; Arte Fiera Bologna; Galleria 2E Suzzara; 1988 Museo Casa Bianca Malo; 2° Biennale Giovani, Padova; 1987 Galleria Upupa Firenze; Sala Medioevale S. Jacopo, Prato; Bevilacqua La Masa, Venezia; 1986 Castello di Avio, Avio; 1° Biennale Giovani, Padova; Fortezza Nuova, Livorno; 1985 Castello di Stenico, Stenico; Bevilacqua La Masa, Venezia; 1984 Palazzo della Tromba, Trento; Bevilacqua La Masa, Venezia.

20 21

KEITH HARING, Untitled, 1988, acrilico su tela, 245x241 cm, Sotheby’ New York 2014,

venduto a $ 2741000 (€ 2.144.000)

MERCATO DELL’ARTE ? KEITH HARING

KEITH HARING (1958-1990), Untitled (Septem-ber 14, 1986), 1986, acrilico e smalto su tela con vernice, 241x488 cm, Sotheby’s New York 2014, stimato dai 2 ai 3milioni di dollari, vendu-to a $ 4.869.000 (€ 3.549.000). Smilzo “nerd” occhialuto, (tipo Woody Allen), gay dichiarato, Keith Haring muore di Aids nel 1990 a soli 32 anni, al culmine di una carriera tragicamente breve ma intensamente vissuta. Una meteora nel mondo dell’arte americana che, a partire dagli anni 80, ha creato un lin-guaggio visivo personale inconfondibile ca-ratterizzato da una visione bidimensionale e popolato da sagome stilizzate costitute da con-torni netti e continui, segni semplici e pochi co-lori brillantissimi. Nato in Pennsylvania, dopo aver ottenuto il di-ploma di scuola superiore, si iscrive alla Scuola d’Arte professionale a Pittsburgh, un istituto per grafica pubblicitaria che, però, abbandona dopo sei mesi. Nel 1978 si trasferisce a New York per iscriversi alla School of Visual Arts dove trova una fiorente comunità artistica alternativa che

si sta sviluppando nelle vie del centro, le metro-politane e gli spazi nei club. E’ subito attratto dalla scena dei writers (“sono diventato osses-sionato dal lavoro di Jean-Michel Basquiat”, dirà) una nuova forma d’espressione artistica giovanile, spontanea e ribelle. Comincia a di-ventare noto grazie ai graffiti realizzati a gesset-to sui tabelloni nelle stazioni della metropolita-na: inizialmente la sua tag (firma) è un animale simile a un cane, poi inventa un bambino che va a quattro zampe chiamato “The radiant Baby”. Contrariamente ai suoi colleghi di street art, an-che se privilegia linguaggi e tecniche non con-venzionali, Keith è un artista preparato e colto. Il suo debutto avviene nel 1982 con una mo-stra personale molto popolare, presso la Tony Shafrazi Gallery; gli anni successivi sono densi di successi crescenti con mostre in tutto il mon-do. Artista anomalo rispetto al mondo dell’arte americana ufficiale in cui prevale una ricerca individualista, nei suoi dipinti mostra sempre una grande attenzione ai temi sociali, politici e culturali. Per mezzo delle sue figure infantili e

dei disegnini decorativi o divertenti, Haring ma-nifesta liberamente e quotidianamente la sua visione della vita e le proprie idee sul mondo in cui vive, prendendo posizione contro la dro-ga, la violenza, il razzismo, le ingiustizie sociali, il potere ma anche a favore della difesa della natura, della libertà e, sempre, della fantasia.Una caratteristica dell’artista è la grande velo-cità e facilità di esecuzione nel dipingere opere anche di grandi dimensioni grazie alla tecnica acquisita come writer. Nella scelta dei supporti (teloni di pvc, lamiera, muri, pannelli rigidi) e nel segno irregolare con gocciolature di colore, si riconosce la libertà espressiva legata a un lin-guaggio stilizzato in cui prevalga una comunica-zione di immediata comprensione. Non c’è separazione tra la sua arte e la sua vita da lui testimoniate in ogni quadro: il sesso è presente ossessivamente nel suo lavoro, per-ché parte della sua esperienza e perché sim-bolo di quegli anni di contestazione libertaria e liberazione sessuale. Ancor più quando, ren-dendosi conto che a causa dell’HIV il suo tempo a disposizione sta riducendosi, si impegna in battaglie contro il silenzio sul “cancro dei gay” (vedi il triangolo rosa “Silence=Death, il Silenzio è eguale a Morte) e contro l’omofobia. Nel 1986 è ormai un artista affermato in tutto il mondo capace di opere sempre più comples-se e monumentali come “September 14, 1986” (vedi a pag.28). L’opera di Haring è fortemente politica anche perché con lui l’arte torna a usci-re dalle gallerie e dai musei quando decide di riprendere la sua attività negli spazi pubblici re-alizzando grandi murales caratterizzati dall’im-

pegno sociale. Scrive: “... l’arte non è un’attività elitaria riservata all’apprezzamento di pochi: l’arte è per tutti e questo è il fine a cui voglio la-vorare”. Quando, nel 1988, gli viene diagnosti-cato l’Aids, coraggiosamente rivela lui stesso la sua malattia in un’intervista-testamento al set-timanale Rolling Stone. Morirà due anni dopo.

KEITH HARING, Silence=Death, 1988 acrilico su tela, 274x305x274 cm,

22 23

MOND-TONE LA GEOMETRIA DELLO SPIRITO

Cento anni fa uno strano pittore-filosofo crea-va un nuovo linguaggio artistico, uno stile tal-mente radicale e moderno da essere penetrato ormai definitivamente nell’immaginario collet-tivo della cultura. Si tratta del pittore olandese Piet Mondrian, fondatore del Neoplasticismo e del gruppo De Stijl attivo tra il 1917 e il 1932, il quale ha dato un contributo fondamentale alla formulazione dell’Astrattismo geometrico.

Mondrian conosce il pittore Theo van Does-burg, principale fondatore del gruppo De Stijl e della rivista omonima; tra i principali esponenti vi sono anche gli architetti Pieter Oud e Gerrit Rietveld (sua la famosa sedia rosso-blu), il ma-nifesto del “Neoplasticismo”, pubblicato da De Stijl nel 1918, pone le basi teoriche di una nuova estetica che si propone di trasformare il mondo e che influenzerà artisti che operano anche in molti altri campi come l’architettura, la grafica, l’arredamento e il design. Assieme al Suprema-tismo di Malevich, l’astrattismo di Mondrian è la corrente artistica del ‘900 che, grazie al suo approccio scientista e razionale interamente fondato sulla geometria, anticipa - nel bene e nel male - la cultura vincente della modernità. Le opere di Mondrian conosciute da tutti consi-stono nelle composizioni di rettangoli e quadra-ti eseguiti nei tre colori primari, rosso, giallo e blu, e nei tre non-colori, nero, grigio e bianco (la tela), separati da un reticolo di linee nere rigo-rosamente verticali e orizzontali, “costruite con coscienza, ma non con calcolo”. L’artista, infatti, nonostante imposti sempre le proprie compo-sizioni su una griglia ordinatrice ortogonale, nega ogni simmetria che renda il dipinto statico e bloccato: al contrario, si sforza di realizzare un’armonia generale e un ritmo ottenuti solo tramite il gioco dei pieni e dei vuoti, il contrasto tra i “pesi” dei diversi colori e un equilibrio dei rapporti fra linee, colori e superfici.E’ prevista a breve l’uscita di una app, un’appli-cazione software, sia ludica che di utilità, per dispositivi smartphone e tablet, il cui nome “Mond-Tone” deriva dall’unione di due nomi: “Mondrian”, per l’appunto, e “Pantone”, il si-stema standard internazionale di catalogazio-ne e di identificazione dei colori. Si tratta di un programmino di progettazione digitale su

monitor touchscreen che permette a chiunque di “costruire” in pochi minuti decine di quadri “alla Mondrian”. E’ sufficiente impostare, ini-zialmente, una griglia ordinatrice a maglia or-togonale regolare e passo variabile, sulla quale posizionare gli oggetti posti a disposizione dalla biblioteca: linee di spessore e lunghezza a pia-cere, figure geometriche e un abaco di centina-ia di colori. Con un semplice copia e incolla è possibile decidere la forma degli elementi pre-scelti e variarne la posizione, le dimensioni e i colori. Una via di mezzo tra il gioco intelligente da utilizzare nelle scuole per sviluppare il sen-so estetico mediante lo studio di composizioni astratto bidimensionali infinite e il giochino di-vertente a disposizione di tutti.A questo programma digitalmente perfetto manca, inevitabilmente, l’austero ascetismo che animava Mondrian il quale, convinto che la pittura non dovesse esprimere sentimenti, cer-cava di fondere la sua visione artistica con i suoi studi teosofici in una ricerca dell’assoluto. Dal punto di vista espressivo, le campiture colorate realizzate con l’app sono troppo piatte e unifor-mi al contrario di quelle dei quadri di Mondrian che erano trattate con leggere pennellate irre-golari per dare il senso della profondità.Oltre alle composizioni appartenenti al primo periodo di Mondrian, “Mond-Tone” consente di riprodurre anche quelle eseguite dal pittore dopo il 1921 quando inizia la serie delle “losan-ghe”, tele quadrate appese inclinate di 45° in modo da assumere la forma di un rombo che tagli in diagonale la struttura (vedi fig. a destra). Questa rotazione dà vita a figure triangolari e trapezioidali fino a quel momento bandite dai suoi quadri e sulle quali il dibattito all’interno del gruppo De Stijl aveva portato alla rottura tra van Doesburg e lo stesso Mondrian.

24 25

STORIA DELL’ARTE LA ROSSA IN VATICANO

Chissà per quale brillante ragione di marketing, Luca di Montezemolo, nel 2004, quando era ancora l’amministratore delegato, ha pensato di regalare una Ferrari a Papa Woitila. Ma non una Ferrari qualsiasi (ammesso che si possa definire così una vettura di questa casa) ma la “Enzo Finale”, e per di più, del caratteristico co-lore Rosso Scuderia. Una Ferrari unica al mon-do perché l’ultimo dei 400 esemplari prodotti di quel modello. La Ferrari “Enzo” è una specie di prototipo da corsa che può viaggiare al minimo anche su strada, visti i limiti di velocità consentiti dal Co-dice e considerato che può raggiungere i 130 km/h già in seconda. In pratica, il bolide im-

piega meno di 10 secondi per passare da 0 a 200 km/h e, anche se la velocità massima non è indicata dalla casa, è sicuramente superiore ai 350 km/h. Si sapeva che Woitila fosse sportivo, ma non fino a quel punto; infatti, il papa ha ringrazia-to e cortesemente rifiutato il dono invitando la Ferrari a mettere la vettura all’asta e destinare il ricavato alla beneficenza per le vittime dello tsunami. Un bel gesto che, probabilmente, Luca aveva già previsto dato che sembrava improba-bile che Giovanni Paolo II potesse uscire dal Va-ticano a bordo di un mostro rombante da 6.000 cc di cilindrata e 660 cavalli nel cofano. Che le Ferrari siano l’oggetto oscuro del desi-derio di appassionati e collezionisti (milionari) è noto, ma acquistare una Enzo era un privile-gio riservato a pochi poiché è la Ferrari stessa a contattare e selezionare il compratore tra al-cuni VIP o i clienti che avessero già posseduto almeno cinque modelli della acsa di Maranello. I fortunati prescelti potevano personalizzare il proprio esemplare e versare un assegno da 665mila euro. Neanche tanto se si pensa che, appena acquistate, le Ferrari cominciano ad au-mentare il loro valore dimostrandosi un buon investimento. Per godere di questi privilegi, il

cliente deve rinunciare (ovviamente) ai vetri elettrici e, purtroppo, anche all’impianto ste-reo, probabilmente inutile a certe velocità. La linea della carrozzeria interamente realizza-tia in fibra di carbonio (come anche il telaio) e dovuta alla matita di Pininfarina, è nata sul-la base dell’esperienza acquisita in Formula 1, si presenta particolarmente sportiva ma, allo stesso tempo, elegante.La 400esima Enzo è rimasta nello stabilimento di Maranello in attesa dell’asta tenutasi l’anno successivo nel corso della quale è stata vendu-ta, non si sa a chi, per 950 mila euro. Monteze-molo ha onorato la promessa fatta a Giovanni Paolo II ed è tornato nel 2005 in Vaticano per consegnare al suo successore, Papa Ratzinger, l’importo ricavato dalla vendita. Dopo di allora, la macchina è rimasta in un’au-torimessa per quasi 10 anni senza mai girare su strada e sottoposta solo alla normale manuten-zione meccanica (ha percorso in totale 180 chi-lometri), fino al giugno di quest’anno quando è tornata in asta.Stimata dagli esperti di RM Sotheby’s dai 4 ai 6.000.000 di dollari è stata assegnata ad un acquirente anonimo che ha offerto poco più di 6 milioni di dollari (5.295.000 €) con un in-cremento, a parità di valuta, del 540% rispetto al prezzo di listino del 2004. Per dire, una Fer-rari Enzo “normale” del 2002 è stata venduta quest’anno da Sotheby’s a 1.260.000 dollari.Un bel colpo per il nuovo proprietario che, ad un prezzo molto inferiore a un “Taglio” di Fon-tana, si ritroverà in soggiorno un pezzo unico al mondo appartenuto addirittura a un Pontefice. Un gioiello tecnico, nuovo fiammante ma inuti-lizzabile, elevato al rango di scultura moderna che potrà essere solo ammirata o toccata con la massima cura.

27

News dal mondo

pag. 31

pag. 28-29

pag. 32

pag. 30

Untitled (September 14), 1986

La lunga marcia verso il sol dell’Avvenire

Untitled, 1988

Untitiled (Dancing Dogs), 1981

Ottobre 2015, Anno 4 - N.10

KEITH HARING

KEITH HARING

KEITH HARING

Omaggio a KEITH HARING

28 29

KEITH HARING, Untitled (September 14), 1986, acrilico e smalto su tela, 241x488 cm, Sotheby’ New York 2014

stimato $ 2-3milioni venduto a $ 4.869.000 (€ 3.549.000)

30 31

KEITH HARING, Untitiled (Dancing dogs) 1981, inchiostro sumi e acrilico su carta, 274x191 cm, Sotheby’s N.Y. 2014 stima $ 3-4milioni, venduto a $ 4.589.000 (€ 3.345.000)

KEITH HARING, Untitled, 1988, olio su tela,

274x143 cm, Sotheby’ New York 2014 venduto a $ 3.077.000 (€ 2.733.000)

PAOLO TOMIO, Omaggio a KEITH HARINGLa lunga marcia verso il sol dell’Avvenire, 2015 digital art su poliestere, 580x420 cm