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Festa degli anziani 2012… Antonietta Faonio “Per fare un vecchio ci vogliono anni” (Pino Caruso) Ogni persona anziana porta con sé una storia da raccontare, un incontro speciale, un'avventura incredibile, un episodio d'amore. E proprio per non dimenticare questo, ogni anno la Pro loco, insieme all'azione cattolica, organizza la festa degli anziani. In più di ottanta persone hanno voluto partecipare al pranzo preparato per loro alla Chiesa Vecchia. E' inutile forse stare qui ad elencare i particolari del menù o gli inconvenienti del maltempo, è certamente importante invece raccontare dei sorrisi d'affetto che tutti ci hanno riservato quando il piatto veniva loro consegnato, la gioia nel ricevere un piccolo premio grazie alla pesca, la simpatica aspettativa nel chiederci di ripetere i numeri appena usciti nella manche della tombola. Anche colui che è considerato l'emblema del connubio “genio e sregolatezza” , Einstein, non si è dimenticato di lasciarci un pensiero sulla terza età. In mezzo alle sua tante formule aggiungeva: “La vecchiaia ha i suoi momenti belli”. Ogni anno ci auguriamo che questa giornata sia uno di quelli. Non è certamente mancato un momento di commozione da parte di chi, ormai ospite della festa, ricordava le volte in cui era lui ad organizzarla per gli altri. E forse è proprio questo che tutti noi ci auspichiamo di vivere un giorno. Magari tra quarant'anni saremo noi che dopo la messa domenicale, vestiti di tutto punto e con i capelli fatti, ci siederemo a tavola chiedendo al nostro vicino “a chi è la figlia quela quatrana?” e ci troveremo a pensare che “proprio non la sarremmo reconosciuta, perché s’è fatta ròssa” e la fermeremo raccontandole di quando il padre o la madre erano piccoli e facevano delle marachelle. La partecipazione dimostrata dai nostri paesani certamente ci riempie di gioia, chissà se sarebbe stato altrettanto facile riunire un gruppo così numeroso di giovani, di buona forchetta, allegri e elargitori di complimenti!?! Cicerone infatti diceva: “La vecchiaia, specialmente quella che ha conosciuto tutti gli onori, possiede un'autorità che vale ben più di tutti i piaceri della giovinezza”. È per questo che il loro sorriso non si è spento mai e con un pizzico di orgoglio il più anziano e la più anziana della festa hanno accettato il premio a loro destinato! Tutto questo ovviamente è stato possibile grazie alla disponibilità di molti che, assonnati e stanchi, si sono svegliati alle 9 di mattina, che hanno tagliato decine di ananas, “capato” kili di broccoli, preparato svariati testi di tiramisù, lavato le pentole e ripulito a fine giornata. Ma questo poco conta perché i primi a divertirsi sono stati loro! Il grande oratore romano continuava aggiungendo: “Nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno.”. L'appuntamento quindi è fissato con tutti all'anno prossimo! Mensile gratuito della Pro-Loco di Cese dei Marsi Anno VII Numero 71 – 8 aprile 2012

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Festa degli anziani 2012…

Antonietta Faonio “Per fare un vecchio ci vogliono anni” (Pino Caruso)

Ogni persona anziana porta con sé una storia da raccontare, un incontro speciale, un'avventura incredibile, un episodio d'amore. E proprio per non dimenticare questo, ogni anno la Pro loco, insieme all'azione cattolica, organizza la festa degli anziani. In più di ottanta persone hanno voluto partecipare al pranzo preparato per loro alla Chiesa Vecchia. E' inutile forse stare qui ad elencare i particolari del menù o gli inconvenienti del maltempo, è certamente importante invece raccontare dei sorrisi d'affetto che tutti ci hanno riservato quando il piatto veniva loro consegnato, la gioia nel ricevere un piccolo premio grazie alla pesca, la simpatica aspettativa nel chiederci di ripetere i numeri appena usciti nella manche della tombola. Anche colui che è considerato l'emblema del connubio “genio e sregolatezza” , Einstein, non si è dimenticato di lasciarci un pensiero sulla terza età. In mezzo alle sua tante formule aggiungeva: “La vecchiaia ha i suoi momenti belli”. Ogni anno ci auguriamo che questa giornata sia uno di quelli. Non è certamente mancato un momento di commozione da parte di chi, ormai ospite della festa, ricordava le volte in cui era lui ad organizzarla per gli altri. E forse è proprio questo che tutti noi ci auspichiamo di vivere un giorno. Magari tra quarant'anni saremo noi che dopo la messa domenicale, vestiti di tutto punto e con i capelli fatti, ci siederemo a tavola chiedendo al nostro vicino “a chi è la figlia quela quatrana?” e ci troveremo a pensare che “proprio non la sarremmo reconosciuta, perché s’è fatta ròssa” e la fermeremo raccontandole di quando il padre o la madre erano piccoli e facevano delle marachelle. La partecipazione dimostrata dai nostri paesani certamente ci riempie di gioia, chissà se sarebbe stato altrettanto facile riunire un gruppo così numeroso di giovani, di buona forchetta, allegri e elargitori di complimenti!?! Cicerone infatti diceva: “La vecchiaia, specialmente quella che ha conosciuto tutti gli onori, possiede un'autorità che vale ben più di tutti i piaceri della giovinezza”. È per questo che il loro sorriso non si è spento mai e con un pizzico di orgoglio il più anziano e la più anziana della festa hanno accettato il premio a loro destinato! Tutto questo ovviamente è stato possibile grazie alla disponibilità di molti che, assonnati e stanchi, si sono svegliati alle 9 di mattina, che hanno tagliato decine di ananas, “capato” kili di broccoli, preparato svariati testi di tiramisù, lavato le pentole e ripulito a fine giornata. Ma questo poco conta perché i primi a divertirsi sono stati loro! Il grande oratore romano continuava aggiungendo: “Nessuno è tanto vecchio da non credere di poter vivere ancora un anno.”.

L'appuntamento quindi è fissato con tutti all'anno prossimo!

Mensile gratuito della Pro-Loco di Cese dei Marsi Anno VII Numero 71 – 8 aprile 2012

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Osvaldo Cipollone

“La bbòrza”

Era il venerdì che precede la settimana santa, il giorno in cui a Cese ha luogo la processione dell’Addolorata. Rituale quasi unico, di certo inusuale e tradizionalmente molto sentito in paese, che rievoca la preoccupazione della Madonna alla ricerca del figlio condannato a morte.

Concètta, dopo aver partecipato al rito liturgico e seguito con interesse la predica, sembrò scossa

dal contenuto dell’omelia, inevitabilmente incentrata sull’epilogo della vita terrena. Una volta a casa, l’anziana si mise così a rovistare nella camera che condivideva con la nipote ‘Ndonina, ma i familiari, notato il suo strano comportamento, non dettero comunque peso a quella stranezza. La donna abitava con la famiglia del figlio ed era in buona salute, ma i suoi ottantotto anni spesso la portavano ad assumere comportamenti di difficile decifrazione. Peppina, sua nuora, non la ossessionava più di tanto e la lasciava libera, pur controllandola a distanza. Raramente le muoveva delle osservazioni e quasi mai tentava di correggere le sue strane manie.

Quella sera però Concetta le apparve tutt’altro che serena. Fino a quel giorno aveva sempre assistito e partecipato al rosario dopo cena; in quel caso però, la consuetudine del rito era saltata per le altre cerimonie liturgiche in programma: i vespri, la processione e la predica. Ad ogni modo, mentre gli altri componenti del nucleo familiare erano riuniti intorno al caminetto per assaporare un po’ di tepore prima del sonno ristoratore, lei non c’era. La temperatura della settimana precedente la Pasqua era come sempre pungente e non regalava le sensazioni tipiche delle serate primaverili.

Peppina, sollecitata anche dal marito Carlantonio, passato qualche tempo entrò nella camera della congiunta anche per sincerarsi delle sue condizioni di salute:

«Ma che non te sénti bbene mamma Concè’? Comm’è che te nne si’ ita zitta zitta e sénza saluta’?». «Nò’, stenco bbene, solo che… non mme recordo a ddo’ sò’ mmesse certe cóse… » Osservandola rovistare nei cassetti del comò, la nuora chiese ancora: «Ma dìmmell’a mmi che ccirchi! Che è che non truvi?». Pur apparendo ancor più preoccupata di prima, l’anziana provò di nuovo a rassicurarla. «Non te preoccupa’, cà mo’ metto tutto a ppósto … - e continuando a frugare - ma che pe’ ccaso le

si’ spostate tu le cóse che stevano dentro ‘sto tiraturo?». «No! Armeno che non sò’ quiji panni che sò’ lavati ieri…» In effetti erano proprio degli indumenti le cose che l’anziana stava cercando: i cambi intimi, dei

vestiti, il fazzoletto ed altri ammennicoli… Avvolta in un asciugamano tessuto a mano, in un angolo del cassetto superiore c’era invece una

borsa. Al suo interno vi erano delle calze nere molto spesse, un velo lavorato dello stesso colore, il fazzoletto da naso, il libretto delle “massime eterne”, la corona, dei santini, alcune monete ed un foglio di quaderno piegato in quattro parti, al cui interno erano annotate delle indicazioni a matita.

Notato l’involucro, la nuora provò allora a rassicurare la suocera: «Se cerchivi questa, steva ècco, ajjo tiraturo più sopri».

L’anziana prontamente replicò: «I’ me ll’era preparata a puntino la bborza pe’ jjo funeralo. Ecco ‘mmece ci manca jo vestito, le mutanne, la unnella, jo zinalo, la mantella, le maglie pe’ sotto, jo pannitto e non saccio che atro... ». Si disquisiva, ovviamente, della consuetudine vigente un tempo nei paesi della Marsica, adottata soprattutto dalle anziane che sentivano vicino il momento del trapasso. Le donne infatti curavano ogni cosa quando ancora erano assistite dalla salute fisica e mentale: preparavano indumenti intimi, vestiti, parure e oggetti di uso quotidiano. Li sistemavano con dovizia, cura ed in tempo utile dentro la cosiddetta “bbòrza”. Tutto ciò che non veniva indossato, ovviamente veniva sistemato con cura dentro la bara e regalava una certa tranquillità anche ai familiari del defunto.

In quel caso la nuora rispose a Concetta: «Te llo sò’ dditto: ji sò’ lavati i panni pecché era tanto témpo che stevano ecco dentro… Ugni tanto alla róbba ci ss’atà fa’ piglia’ l’aria, ci ss’ata dà ‘na renfrescata, mica se pò’ lassa’ pe’ anni sénza lavalla?… ». «Va-bbè’ - rispose l’anziana - però i’ la bbórza l’atà tene’ sempre pronta e ‘n ordine ugni momento». Poi aggiunse stizzita «Tu mitti che mme dovesse mori’ ‘i notte, che me nne vajo spoglia? Che cci dicio ajjo Patretèrno: scusame se sténco sénza mutanne, ma la nòra l’è lavate e mmo’ l’è stese a rassuca’ ?… » Peppina, con le mai nei capelli, replicò: «Ma tu viti se che preoccupaziuni té’ mamma Concè’… Penza a campa’ e non te sta a preoccupa’ se le mutanne sò’ ‘mbosse o assutte». «Dici bbene tu, ma la figuraccia la faccio i’ quanno che vajo a quij’atro munno, mica la fa’ tu?… ». «Ma jo Padreterno, secundo tì, sta a penzà a ‘sse cóse? », obiettò infine la nuora. «No, isso no – chiosò allora Concetta – ma tu mitti caso s’ammatte a passà quela ciuciuetta della commare mé… quela, appena che revè ‘n sonno a cacchituno, piglia e jètta jo bbanno! ». La nuora allora non poté che accettare il punto di vista dell’anziana, e, accennando un timido sorriso, andare alla ricerca della parte mancante della bbòrza.

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LoRenzo Cipollone CIÒ CHE VORREMMO FARE NEI MESI DI APRILE E MAGGIO 2012

21 aprile, sabato -ore 18,45- RIUNIONE DEL CONSIGLIO PASTORALE PARROCCHIALE All’ordine del giorno: -Vita parrocchiale -Feste Patronali -Cresime e Comunioni -Varie

28 aprile, sabato GITA ANNUALE DELLA CONFRATERNITA DELLA SANTISSIMA TRINITÀ Quest’anno andiamo al Santuario della Madonna di Loreto e alle Grotte di

Frasassi

------------------------------------------------------- 5 maggio, sabato -ore 18,45- ASSEMBLEA ORDINARIA della Confraternita della Santissima Trinità

All’ordine del giorno: -Relazione del Priore -Elezione del Priore, dei Consiglieri e dei Revisori dei conti -Quota associativa -Varie ed eventuali

13 maggio, Domenica FESTA DI SAN VINCENZO. Compatrono Nasce a Valencia in Spagna nel 1350. Diventa Sacerdote il 1378. Grande

Predicatore, i suoi contemporanei lo chiamavano l’Angelo dell’Apocalisse per la veemenza con cui predicava minacciando sciagure e castighi. Muore nel 1419 a Vannes in Bretagna. Viene fatto santo nel 1455, dopo soli 36 anni, da Papa Callisto III.

Ci protegga lui dai castighi che minacciava. 20 maggio, Domenica FESTA DELL’ASCENZIONE. Processione all’Ara per la benedizione delle terri 26 maggio, sabato -ore 18,00- Celebrazione del rinnovo dell’adesione alla Confraternita della Santissima

Trinità

SALVO ERRORI ED OMISSIONI E SEMPRE “SE DIO VUOLE”

Quelli del 62…

SI È COSTITUITO IL COMITATO FESTEGGIAMENTI DI SAN VINCENZO, MADONNA DELLE CESE E SAN SEBASTIANO

In data 31 marzo 2012 si è costituito un Comitato spontaneo per organizzare i festeggiamenti in onore di San Vincenzo, della Madonna delle Cese e di San Sebastiano.

Il Comitato ha avuto l'approvazione del parroco di Cese Don JOSE’ ANSELMO MARTINEZ MOSQERA.).

Le festività si svolgeranno: il 13 maggio 2012- in onore di San Vincenzo, Santo Patrono; il 16 agosto 2012 - in onore di San Rocco; il 25 agosto 2012 – in onore di San Sebastiano il 26 agosto 2012 – in onore della Madonna delle Cese.

Quanto prima il Comitato visiterà le famiglie per raccogliere i necessari contributi volontari. Anche i cittadini fuori comune e all'estero potranno contribuire mediante bonifico bancario nel modo

seguente: - dall'Italia con Codice IBAN IT87 I031 2440 4400 0000 0232 703

intestato a "COMITATO FESTEGGIAMENTI CESE ANNO 2012", Presso Banca del Fucino; - dall’estero Codice IBAN: IT87 I031 2440 4400 0000 0232 703, Codice BIC: BAFUITRRXXX

intestato a " COMITATO FESTEGGIAMENTI CESE ANNO 2012" - Presso Banca del Fucino è necessario che la causale del versamento porti la dicitura " Festa Patronale 2012."

Inizia, così, un percorso che vedrà unita e partecipe l’intera comunità nella realizzazione di una Festa Patronale che si appresta a divenire unica e straorinaria sia sotto il profilo religioso che sotto quello culturale, tradizionale e del divertimento.

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Cristina Cipollone La Biblioteca de “La Voce delle Cese”

Carlo Levi, Cristo si è fermato a Eboli Sembra che la Presidenza del Consiglio ci dia man forte, questo periodo, nel promuovere la lettura. In occasione della giornata nazionale di promozione della lettura, il 24 marzo, è andato in onda, nei giorni a cavallo di questa data, lo spot Più leggi e più sai leggere la realtà. Bello! Sottolinea come un qualsiasi argomento possa avere diverse chiavi di lettura se inserito in contesti diversi, che scopri solo sfogliando un libro … più libri … con costanza, sempre. Non abbandoniamoli mai, perché sono compagni di vita che ci aiutano ad interpretare quanto di circonda, uomini, cose, animali, atteggiamenti, eventi naturali, abitudini, folklore e … chi più ne ha più ne metta!! In occasione della Pasqua, dedichiamo questa uscita straordinaria del nostro giornalino, almeno per la rubrica riservata alla biblioteca, alle memorie di Carlo Levi, Cristo si è fermato ad Eboli. L’opera è la narrazione dell’esperienza dell’autore, durante la Guerra d’Abissinia, esiliato dal regime fascista in uno sperduto paese della Basilicata. Per i lucani Eboli, non è solo l’ultimo comune della Campania ma anche l’ultimo paese di cristiani (cristiano equivale a uomo), mentre nei villaggi successivi, a partire da Gagliano, dove è ambientato il racconto, si fa una vita non da cristiani, ma da animali. L’intellettuale protagonista, un confinato proveniente da Torino, medico e pittore, può verificare subito l’abisso di miseria e di ignoranza in cui è sprofondata la popolazione. Ospitato da una vedova, è presto contattato per una visita medica, ma i due medici del paese, gelosi ed ignoranti, gli fanno proibire qualsiasi intervento. Trascorre le giornate dedicandosi intensamente alla pittura e facendo lunghe passeggiate in compagnia dell’affezionato cane Barone. A poco a poco viene a conoscere l’ambiente: i pochi ricchi, sfruttatori e arroganti, e soprattutto il mondo popolare con le sue drammatiche storie di emigrazione e di guerra, sfruttato economicamente, oppresso dalla fatica, dalla fame e da malattie come la malaria. Fra le persone che conosce in quei giorni ci sono don Trajella, il parroco del paese ormai rassegnato agli atteggiamenti miscredenti e superstiziosi dei contadini, e donna Caterina Magalone, sorella del podestà. A spezzare la monotonia di quei lunghi giorni sarà l'arrivo della sorella Luisa che gli porta alcuni medicinali e strumenti per poter curare i contadini del luogo incoraggiandolo e consigliandolo. Nella ricerca della solitudine, l'unico luogo che il protagonista trova è il cimitero, posizionato poco fuori dal paese. Qui egli suole sdraiarsi sul fondo di una fossa per contemplare il cielo e lì si addormenta con il cane Barone ai suoi piedi. Il cimitero è anche l'unico posto dove il paesaggio rompe la sua monotonia. Trovata finalmente una casa per sé, assume per le faccende domestiche Giulia, una donna matura, capace ed intelligente, da cui comincia ad apprendere quel complesso di credenze religiose così significative in quel contesto sociale. Giulia è una delle tante "streghe" di Gagliano, ovvero una di quelle donne che avevano avuto più figli da uomini diversi e che praticavano delle specie di "riti magici". Dopo tre mesi di permanenza a Gagliano giunge da Matera il permesso di poter trascorrere alcuni giorni a Grassano, la sua precedente residenza, per sistemare alcuni effetti personali. Qui Levi torna indietro con la mente e con i ricordi, rincontra i vecchi amici ed assiste ad uno spettacolo di attori girovaghi dopo aver ottenuto il permesso di uscire alla sera dal dottor Zagarella, podestà di Grassano. Ma "i pochi giorni di Grassano" passano in fretta ed egli deve ripartire per ritornare nella solitudine Gaglianese.

A Natale il parroco, don Trajella, pronuncia la messa ubriaco, o fingendo di essere tale, simulando inoltre la perdita della predica ed il ritrovamento "miracoloso" di una lettera spedita da parte di un contadino partito volontario per la guerra in Abissinia, contenente i saluti per tutto il paese. L'evento non suscita l'approvazione del podestà Magalone, che fa successivamente in modo di cacciare il buon parroco.

Ottenuto per ragioni familiari un breve soggiorno a Torino, racconta le proprie impressioni e riflessioni. Egli vede, in questa occasione, la città con occhi nuovi: guarda con distacco amici e parenti, rendendosi conto che la sua esperienza meridionale lo aveva cambiato profondamente sia nei modi di fare sia interiormente. Al suo ritorno in Lucania lo aspettano alcune novità, tra le quali la scomparsa di Giulia, la sua domestica, a causa della gelosia dell'attuale compagno e l'arrivo del sostituto di don Trajella, allontanato a causa degli avvenimenti natalizi. Qualche tempo dopo, in mezzo all'euforia fascista per la conquista dell'Etiopia, Levi riceve la liberazione dal confino e può tornare a casa. Se vuoi leggere questa storia per esteso scrivi a [email protected]. L’elenco completo dei titoli è consultabile dal link http://www.lavocedellecese.it/modificabili/elenco_libri.pdf

Carlo Levi (Torino, 29 novembre 1902 – Roma, 4 gennaio 1975) è stato scrittore e pittore italiano. Laureato in Medicina, non esercitò la professione di medico, preferendo definitivamente la pittura e il giornalismo. Nel 1931 si unisce al movimento antifascista, fondato da Carlo Rosselli. Sospettato di attività antifascista viene arrestato e successivamente trasferito nel piccolo centro di Aliano (nel romanzo chiamato Gagliano). Da questa esperienza nasce “Cristo si è fermato a Eboli”.

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Emanuele Cipollone 14 maggio 2012: la TV digitale terrestre arriva a Cese

Come molti di voi sapranno, da qualche anno è in corso in Italia la transizione dalla vecchia TV analogica a quella digitale. Tale processo, che ha avuto inizio nel 2008 con la digitalizzazione della Sardegna, è stato già completato in tutte le regioni del nord e del centro Italia, ed interesserà nel corso di quest’anno l’Abruzzo, il Molise e tutte le regioni del sud (con l’eccezione della Campania, la cui transizione è avvenuta nel 2009, contestualmente a quella del Lazio). Cosa vuol dire che la TV diventa digitale? Le grandi antenne poste sulle cime delle montagne che irradiano il segnale televisivo verso le abitazioni degli utenti (come il nostro trasmettitore ben visibile sul monte Salviano), utilizzeranno un nuovo sistema, più evoluto, per assolvere al loro compito. In sostanza, saranno dotate di nuovi apparati, che consentiranno loro di trasmettere nell’aria dei segnali che avranno delle caratteristiche ed un formato differenti rispetto a quelli dei segnali analogici. In particolare, il segnale digitale si contraddistingue da quello analogico per essere più efficiente nell’utilizzare le frequenze disponibili, ossia è in grado di trasportare un numero maggiore di canali televisivi a parità di risorse utilizzate. Ecco perché con l’avvento della TV digitale è aumentata l’offerta di canali televisivi.

Cosa cambia per noi utenti? Innanzitutto è molto importante chiarire il fatto che la TV digitale potrà essere correttamente ricevuta anche con i vecchi televisori (per intenderci, gli apparecchi di 10 – 15 anni fa) e senza fare alcun intervento al sistema d’antenna ricevente. Dunque, a meno di casi particolari, non è necessario preoccuparsi né del televisore di casa, né dell’antenna che abbiamo sul tetto delle nostre abitazioni. Le novità che si accompagnano all’avvento della TV digitale e che hanno un impatto diretto su noi utenti, possono essere sintetizzate nei 2 punti seguenti:

1. è necessario acquistare un decoder per poter vedere la TV;

2. il numero di canali televisivi di cui potremo usufruire aumenterà.

Il primo punto fa riferimento all’operazione che tutti dovremo necessariamente fare, per poter continuare a vedere la TV quando sarà arrivato il digitale: in sostanza, per ciascun televisore che abbiamo nelle nostre abitazioni, è necessario acquistare un decoder per la ricezione della TV digitale terrestre (tranne nel caso in cui abbiamo in casa un televisore “di ultima generazione”, ossia di quelli che già includono al loro interno tale decoder). Si tratta di un dispositivo che svolge la funzione di decodificare, cioè di interpretare in maniera corretta, il contenuto del segnale digitale ricevuto dalle antenne presenti sui tetti delle nostre abitazioni; un normale televisore non sarebbe in grado di svolgere autonomamente tale funzione. I decoder possono essere acquistati in qualsiasi negozio di elettronica ed anche in alcuni supermercati. Il loro costo, all’incirca, varia tra i 20€ ed i 100€: la differenza tra quelli meno costosi e quelli che hanno invece il prezzo più elevato sta nel fatto che questi ultimi sono dotati di una scheda, che va inserita nel decoder, attraverso la quale è possibile usufruire di contenuti a pagamento, come partite di calcio e film, acquistabili in accordo al pacchetto “Mediaset Premium” di cui vediamo spesso la pubblicità in televisione. Dunque, chi non ha l’esigenza di acquistare tali contenuti aggiuntivi, più rivolgersi ai decoder più economici, visto che dal punto di vista del funzionamento non presentano differenze di rilievo rispetto agli apparecchi più costosi.

Per ciò che attiene il secondo punto, la maggiore disponibilità di canali televisivi di cui potremo usufruire è motivata dal fatto che, come spiegato in precedenza, il segnale digitale è in grado di utilizzare in maniera più efficiente le risorse disponibili, cioè le frequenze impiegate per la trasmissione dello stesso segnale. Ecco perché con l’arrivo del digitale potremo vedere in televisione diversi canali aggiuntivi che oggi non siamo in grado di ricevere con la TV analogica, trasmessi da Rai, Mediaset, dal gruppo Telecom Italia – La7 e da altre emittenti nazionali e locali. Si tratta di canali tematici, che offrono prevalentemente dei contenuti predisposti per un settore specifico dell’intrattenimento televisivo, come informazione, sport, musica, programmi per bambini e così via.

Quando arriva la TV digitale a Cese e cosa bisogna fare quel giorno? Lunedì 14 Maggio il nostro trasmettitore collocato sul monte Salviano comincerà ad irradiare il segnale televisivo esclusivamente in tecnica digitale, per cui quello sarà il giorno in cui la TV digitale terrestre arriverà a Cese. Per questo motivo, dovremo fare in modo di avere per quella data il nostro decoder opportunamente collegato sia al sistema d’antenna (ossia il cavo dell’antenna di casa, invece di essere connesso direttamente alla TV, dovrà essere collegato al decoder), che al televisore (utilizzando la presa scart, quella che un tempo veniva adoperata per connettere il videoregistratore alla TV; prestate attenzione al fatto che non tutte le case produttrici di decoder includono il cavo scart nella confezione). Realizzato il collegamento del decoder, resterà da effettuare un’ultima operazione: a partire dalla mattinata del 14 Maggio, per poter vedere la TV, sarà necessario eseguire (auspicabilmente una sola volta) la cosiddetta ricerca automatica dei canali. Questa andrà attivata attraverso il menù del decoder al momento della prima accensione, quel giorno, di tale dispositivo, che sarà quindi in grado, in maniera autonoma, di memorizzare i canali televisivi e renderceli fruibili attraverso l’uso classico del telecomando. 5

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Eugenio Cipollone 25 aprile 1945, la Liberazione: il ricordo di chi c’era

20 anni. Guerra. Trenta secondi per riflettere sui due concetti. 1939. Secondo Conflitto Mondiale. Non sai cosa sia. Sai solo che qualcuno, o qualcosa, ti chiede di presentarti per andare a combattere. Non c’è modo di ragionare, né la possibilità di contestare. Solo obbedire. Oggi le cause di un conflitto si conoscono (quasi sempre) bene, ma è sempre complicato farsene una ragione, accettarle. Pensate a quei tempi… È tra i ricordi più forti che ho di nonno Ivo. E il solo riportare su carta quanto avevo registrato dalla sua viva voce mi provoca emozioni più profonde della semplice commozione. Commozione che vedevo nei suoi occhi quando raccontava quei pezzi di vita, vissuta lontano da casa, lontano dal mondo che prima di allora era la famiglia, gli affetti, la fatica, un piccolo paese. Commozione per delle situazioni che a lui provocavano quasi imbarazzo, in me orgoglio. Nonno Ivo, Roma (anni 50)

«Per fedeltà al racconto ho mantenuto le originali espressioni della registrazione, scegliendo di non parafrasare neppure i tentativi (non sempre riusciti) di esporre i ricordi in italiano. Così questi risultano, nella narrazione,

mescolati a termini del nostro dialetto, la scrittura del quale non è forse sempre corretta, ma mi auguro abbastanza attendibile da rendere apprezzabile la lettura»

…L’Italia s’era alleata con la Germania e s’era dichiarata guerra alla Francia. …e allora ci portarono a noi alla frontiera della Francia. Quindi si fatto: Cese-Avezzano-L’Aquila-Napoli- Piemonte. Piemonte sì, per sette giorni, vicino alla frontiera della Francia dopodiché a me m’hanno mandato a Bari. A Bari so’ stato altri 7-8 giorni e dopo m’hanno imbarcato per l’Albania. All’Albania semo fatto 18 giorni a piedi. Dormivamo accampati, nelle tende. Che poi non si manco dormiva, in quanto che era tempo di guerra, e temevamo una sorpresa. Facevamo i turni di guardia. Dall’Albania semo partiti per la Grecia. C’era tutto silenzio, semo camminato senza neanche una fucilata. Quanti eravate? Noi eravamo un plotone, poi c’era la compagnia, e poi il battaglione. Noi facevamo parte della “Divisione Siena”. Siamo arrivati al fiume Kalamas, senza manco una fucilata. Il Capitano disse che ci potevamo riposare quella notte. Piazzammo le tende e dormimmo nelle tende. Se non che, all’alba, le cannonate e le fucilate cascavano una appresso all’altra. E comunque, fummo pochi a salvarci, perché scappammo indietro, dove non arrivavano i colpi. Gli altri invece sono stati colpiti? Sì, dalle fucilate o dalle schegge. Dopo di questo ci preparammo per varcare il fiume e lì cominciò la battaglia. L’Italia contro la Grecia. A un certo momento, i comandanti, o chi sia stato, ci dissero di non prendere altri rifornimenti, perché ci dissero che la Grecia non lavorava, non si difendeva. Se non che, noi stavamo solo co’ jo fucilo, la Grecia invece coi cannoni, la mitragliatrice e gli aerei. Dovettimo scappare indietro per la strada che avevamo fatto per arrivare. Per fortuna che i Greci non camminavano la notte. La sera, allo scurire si fermavano. Invece noi la notte scappavamo. Pe’ ppóco non ne fionnarono ajjo maro, non me recordo a quale città. […]Lì ci raggiunsero quiji co’ la penna[…]gli alpini. Arrivò il reggimento Alpini. E quiji pochi che èmmo remasti di noi ci unimmo co’ loro[...] Da lì, semo passato un periodo né buono né cattivo perché stavamo sempre in guardia. Dopo un po’ i Tedeschi la quasi abbandonarono l’Italia. Perché tenevano la Russia e…da combattere. E allora noi, veramente, eravamo come gli abbandonati. E stèmmo coscinta pe’ la Grecia. Per quanto tempo siete stati in questa situazione? Tutto quanto questo è durato tre anni. In tutto siamo stati 2-3 anni in Grecia. Anzi 2 anni in Grecia, pecché jo mezz’anno rimase il Comando italiano in Grecia. A me mi fu stabilito di andare all’isola di Creta, nel Dodecaneso. Lì, perché allora ero Sergente Maggiore, ci assegnavano un posto di blocco con altri sette soldati intorno a me. Però, intorno a me, oltre a questi sette soldati, ci stava anche una specie di comandante tedesco, cioè un appuntato e tre soldati. Quindi 4 tedeschi e sette noi. Fu bejjo e anche soddisfacente. A un certo momento i Tedeschi vollero comandare noi, allora dissi io a questi soldati, di fare la ronda, con l’ordine di sparare ai tedeschi se non obbedivano a quello che gli dicevano. “Se ji tedeschi non obbedisciono a quelo che dicete vu, spareteci!”. Ddu giorni, tre giorni, quattro giorni, po’ i nostri sparavano perché l’ordine era questo. Allora il comando italiano li levò questi quattro tedeschi e li mandò a ‘n’atra via. Con noi non ci stavano più insomma. Dopo qualche mese un generale italiano ci fece levare le armi e disse “non reagite, posate le armi perché vi riportano in Italia”. Ma perché vi ha detto di posare le armi? Èsso pecché: o s’era venduto ai Tedeschi o era ‘no brigante, non lo sappiamo questo.

(continua a pag. 7…)6

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(continua da pag. 6…) Venne anche lui co’ una ronda. E nu’ ci dèmmo retta. Pecché vedèmmo che commannèmmo nu’. Posammo le armi e dopo tre giorni c’imbarcarono. Invece di portarci in Italia ci portarono in Germania. E che giro vi hanno fatto fare da Creta per arrivare in Germania, siete andati con la nave? No, no. Con la tradotta ci portarono in Germania. Cos’è la tradotta? È il treno no? Tanti treni. Tanti vagoni. Invece dell’Italia ci fecero fa’ tutta la Jugoslavia e ci portarono in Germania, a Koblenz. Ti ricordi dov’è Koblenz? La città me la ricordo come sta, sta come Le Cese: appèto alla montagna, ma mo che nne saccio, che me pozzo recorda’ che posizione teneva?! E lì eravate prigionieri? Sì, e issi erano cattivi, e bastardi. E quanti anni avevi? C’avevo 22 e mezzo. Arrivammo e ci portarono in un laboratorio, così lo chiamavano. Ti passavano la visita. Ti spogliavi qua…[indica con la mano] passavi la visita ècco alla cucinetta, e po’, secondo comme te dicevano, ci stevano due porte, una a destra e una a sinistra. A mì me mannarono alla porta a sinistra. Lì ci trovavi i panni si’, dejji tedeschi, pecché quiji ti’ ji éri lassati prima della visita. Po’, dóppo, abbiamo saputo che quelli che entravano alla porta di destra erano infornati, e nu’ “della porta sinistra” èmmo vivi ancora. Quindi erano dei forni crematori? E ci fu… oddio… che tte vó parla’[…]. Quelli che mandavano a destra, se vedeva che stevano male, che non erano robusti? E che nne sapemmo nu’, non èmmo medici noi. Quiji che mannévano a sinistra erano perfetti? Oddio, la perfezione, dóppo tutto qujio témpo…perché da Creta alla Germania ci vollero più di 30 giorni, e cacavi, senza magna’, alla tradotta, ajjo vagone proprio. E quéla poca de mmerda, fino a che tenivi ‘na poca de carta la jettivi alla finestra, ma quanno non tenivi più manco la carta la mmerda remaneva lòco. Pe’ 31 giorni magnivi, cachivi e piscivi senza manco vede’ mai jo sòlo. Quando ci fu questa visita jo revedivi jo sòlo, però che nne sa che tt’era succéso a quiji 30 giorni. Vedivi solo che cacuno entrava a destra e i’ da st’atra parte. Po’, quelli che entrevano de llà non ji so’ visti più. Mentre quelli che entrevano de qua ji so’ revisti,[…]. A Koblenz ci steva jo stabilimento di armi di guerra e munizioni. Lì eravamo 7 di noi, 7 prigionieri, co’ no chef (capo, ndr) tedesco, che ci portava addo’ adèmmo lavora’, chi voleva lavora’. Chi non ‘oleva lavora’ campeva puri de meno. Questo chef ci portava e ci riportava all’accampamento. Ci facevano pulire i vicoli, gli uffici, addo’ stevano sti capi. Che volivi fa’, quanno non te reggivi ritto? Quando pisi 30 chili..che ‘olivi lavora’? Tante vòte se portevano ddu sacchitti de cemento. Se’ dejji nóstri, vajjoli, co’ ji bajardi co’ sei manici, mezzo quintale de cemento, sei persone a quanto a quanto ci lla facèmmo. Che mme llo fa recorda’ a fa’? È triste. Semo stati quasi 1 anno e mezzo in Germania. Poi l’America sbarco’ nel nord, dal mare sopra la Germania. E da lì conquisto’ tutta la Germania. E da allora, invece de dareci 100 grammi de pasta, l’America comenzo’ a dareci 300 grammi de pasta e 100 grammi di pane. Le femmine tedesche erano più bbone degli maschi. Quando escevano dajji mercati facevano casca’ apposta i buoni pe’ fa la spesa, perché lo sapevano che nu’ stemmo lòco e ci ji potemmo raccòlle. Po’, dopo no póco, sti benedetti Americani ci lasciarono quasi liberi e allora noi giravamo per la città, addo’ trovèmmo lo pano puri tra i rifiuti, no? Comme fao i cani. Trovivi ‘na crosta, e tte lla magnivi o te lla mittivi ‘n saccoccia. Non te llo pozzo dice tutte le porcarie…ci stevano i biduni della monnezza pini de fette de pano sporche[…] Eppure si magnava. Era bbóno lo stesso. Veramente, quando dissero che nne rempatriévano, chi ci credeva? Non ci credemmo più[…]Però comenzò jo rempatrio, sempre col treno. Le tradotte, da Koblenz, partivano e entravano in Italia a Varese, perché lì ci stava la stazione in piano, nella pianura, mentre Varese stava appoggiata tutta alla montagna, comme Corcumejjo mo. E ppo’ da lì ci steva jo smistamento. Pe’ ditte a te, quando uno non è sicuro no? Chi ci credeva ca revenemmo in Italia? Chi non ci credeva se nn’è scappato pe’ le campagne, pe’ lle fratti. Io dissi, “ormai ci credo”. Pecché da lòco c’hao portato ècco, sennóra ci sarriano portato alla frontiera della Russia, alle campagne russe. E di fatti, addurammo. Po’, quando fu pe’ reì a Roma, allora scappai pure io. Dajjo treno, quanno se fermeva, non te controllavano. Allora calai da sto treno e a piedi arrivai alla stazione apprésso alla Prenestina[…] Passò un camion che andava a Carsoli, e m’arrampicai pe’ le sponde, co’ nno pèto ajjo parafango, appiccato pe’ fòre. E arrivèmmo a Carsoli. A Carsoli quisso fermo’, calai pure io. E nno póco ci stemmo. A Carsoli, non volendo, incontrai uno delle Cese: Pecióno jo chiamevano, puri se sse chiameva Raimondo. Era notte però, era scuro. Quisso lavoreva alle scòle, ajjo restauro delle scòle. […]Sto bravo cristiano me disse “Ve’ co’ nu, ve’ addo’ dormo i’, te repusi e addoma’ mmatina vediamo”. Ajjo stabilimento che stevano a raggiustare, tenevano la paglia ‘n terra co’ lla coperta e le lenzuola. E allora me fece mettere pure a me, sopra la paglia e le lenzuola. La mmatina m’ha accompagnato addo’ passeva qualche macchina che éva a Avezzano[…]E di fatti verso l’una passo’ una machina che andava a Avezzano, però non me poteva porta’ perché era piena, allora ci dissi a Pecióno che me sarria remisso ‘n cima ajji parafanghi, ma ci doveva arriva’ a Avezzano. Resteva ‘n’ atra vòta appiccato pe’ ffòre, sujjo parafango. Ma non ci i’ a Avezzano, perché quando sentii Cappelle, zompai e dissi “se passa quacheduno bene, sennóra me lla faccio a ppèto”. Quando arrivai quasi alla stazione, passò jo comparo Sirvino. I’ non teneva niente, e steva vestito co’ i pantaluni e la giacchetta che c’èmmo pijati in Germania. Sto comparo Sirvino non te jo recordi tu, portava co’ la biga, co’ la cavalla, la gente alla stazione e la riportava. E allora, quanno passò me reconoscì e me disse “monta! Monta!” Po’ èsso, alla curva della strettoia, quanno comenzemmo a entra’ alle Cese: “È Ivo! È Ivo!” Gridevano. Allora, chi sà, la voce cammineva più della cavalla. Tutti quanti fòre a vede’, e esci’ pure Maria. E quando vedde che era pe’ ddavero Ivo… Maria steva co ji abiti sporchi perché steva alla cucina della casa de nonno Trombetta, e se nne rentrò. Allora zompai dalla biga e m’afficca’ appresso a Maria e pe’ le scale l’acchiappai. Ma perché nonna se nne steva a scappa’? Se nne steva a scappa’ perché steva co’ ji vestiti brutti[…] stèmmo no póco ‘nsieme ma poi dovevo venire a salutare i miei, no? E allora lei mi disse “no no, aspetta che ci véngo pure io”. Allora ci dette tempo che se cambio’ e èmmo a trovà i nóstri. E che t’hao ditto nonno e nonna? E che tte volevano dice…? Che mme potevano dice…? La vita era quella. Era il 25 giugno del 1945.

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Claudia Cipollone L’Aquila: è tempo di…

E’ tempo di bilanci? Forse…o forse è troppo presto. Ma intanto qualche numero lo possiamo dare. La relazione sulla situazione della popolazione post-sisma aggiornata al 14 Marzo 2012 riporta i seguenti dati: - 21.784 è il totale delle persone sistemate in soluzioni alloggiative a carico dello Stato. Per soluzioni alloggiative cosa si intende? Prima fra tutte il Progetto C.A.S.E. (Complessi Antisismici Sostenibili ed Ecocompatibili): si tratta di 185 edifici (per un totale di 4.449 alloggi) realizzati su 19 aree del Comune dell’Aquila. Costate 2.700 euro al metro quadro circa, sono state costruite in tempi molto brevi ma oggi presentano alcuni problemi di manutenzione e di vivibilità: sono infatti molto lontane le une dalle altre (tralascio la loro lontananza dalla città in quanto mi rendo conto che in quella che chiamiamo “città” non c’è più nulla) e sono prive di servizi. In ognuno di questi villaggi infatti non ci sono farmacie nè piccoli negozi di alimentari, tabaccherie, bar, centri di aggregazione e quant’altro. Ma questo ce lo siamo detti almeno un milione di volte. Altre soluzioni alloggiative sono i MAP (Moduli Abitativi Provvisori), si tratta di casette singole costruite nei paesi in periferia dove c’è maggiore spazio a disposizione e un numero inferiore di persone da sistemare, poi ancora le abitazioni acquistate dal Fondo Immobiliare AQ e concesse in affitto (con oneri a carico dello Stato) ed infine abitazioni in affitto con contratto concordato con la Protezione Civile (oneri a carico dello Stato). - 11.455 le persone beneficiarie del contributo di autonoma sistemazione: è un contributo statale che ammonta fino ad un massimo di 600 euro al mese per nucleo familiare e comunque fino a 200 euro per ogni componente del nucleo. Queste famiglie in pratica hanno provveduto a trovare una sistemazione autonomamente. - 204 sono le persone ancora negli alberghi e 146 quelle ospitate presso la Caserma della Guardia di Finanza dell’Aquila. E’ tempo di ricostruire? Dopo il momento del dolore e quello della rabbia, ora è arrivato quello della consapevolezza mista a rassegnazione. Chi non ce l’ha fatta a sopportare una situazione di questo genere si è trasferito altrove, ma chi è rimasto si è assunto l’impegno morale di crederci e di non aversene a male: sapevamo che non sarebbe stata una passeggiata. E’ tempo di informare? Sicuramente. Il recente forum Ocse sulla ricostruzione ha fatto luce su alcuni aspetti poco chiari del dopo terremoto: gli esperti hanno scritto che ”si è proceduto lentamente ed in modo frammentario”. La presenza a questo forum del Presidente del Consiglio Monti ha riportato se non un po’ di fiducia almeno un po’ di visibilità alla città, dimenticata dai media dopo l’assedio del 2009. E’ tempo di ricordare? Lo sarà sempre..tempo di ricordare non solo le nostre vittime ma soprattutto le loro famiglie, coloro che restano e coloro che in un modo o nell’altro sopravvivono al dolore. Il 6 Aprile che ricorre proprio nel giorno di Venerdì Santo potrà essere un giorno di riflessione per tutti, un giorno della memoria se così vogliamo definirlo. E’ tempo di giustizia? Speriamo, con tutto il cuore. Perché il sisma non è una colpa imputabile a nessuno, ma la negligenza e la superficialità lo sono a molti. Lo strazio dei parenti si scontra con le risate di chi è ancora in libertà e con la demenza senile a cui si appellano coloro che in questo modo non potranno più essere processati. Una marea di dementi, senili si intende. Forse, dopo tre anni, è tempo di svegliarsi, di far funzionare le cose, di non lamentarsi, di stare uniti, di non pensare solo alla propria casa ma a tutto il quartiere, di sbloccare i fondi, di chiudere i locali aperti al piano terra di edifici da abbattere, di abbassare gli affitti per i cittadini e per gli studenti. E’ tempo di riaprire il mercato, di ripristinare l’operatività di tutto l’ospedale, di controllare i furti nella zona rossa, di prendere metaforicamente a calci chi diceva che andava tutto bene, di creare dei collegamenti per arrivare alla facoltà di lettere, di togliere la gente dagli alberghi, di aggiornare Google Maps. Si, avevo la macchina in doppia fila!

6 e 7 maggio 2012: Elezioni Comunali Come ben saprete, il prossimo mese si voterà per eleggere il nuovo sindaco e la giunta comunale. Di seguito le indicazioni su come esprimere il proprio voto. Sulla scheda sono stampati nomi e cognomi dei candidati alla carica di sindaco, scritti in un apposito rettangolo, al cui fianco sono riportati i contrassegni della lista o delle liste a cui il candidato è collegato. Se nessuno dei candidati ottiene il 50% dei voti più uno, si va al ballottaggio, con la sfida tra i due candidati che hanno preso più consensi. L’elettore può votare in questo modo: - per una delle liste, tracciando un segno sul relativo contrassegno; il voto così espresso si intende attribuito anche al candidato sindaco collegato; - per un candidato a sindaco, tracciando un segno sul relativo rettangolo, non scegliendo alcuna lista collegata; il voto così espresso si intende attribuito solo al candidato alla carica di sindaco; - per un candidato a sindaco, tracciando un segno sul relativo rettangolo, e per una delle liste collegate, tracciando un segno sul relativo contrassegno; il voto così espresso si intende attribuito sia al candidato alla carica di sindaco sia alla lista collegata; - per un candidato a sindaco, tracciando un segno sul relativo rettangolo, e per una lista non collegata, tracciando un segno sul relativo contrassegno; il voto così espresso si intende attribuito sia al candidato alla carica di sindaco sia alla lista non collegata (voto disgiunto). - L’elettore può anche manifestare un solo voto di preferenza per un candidato alla carica di consigliere comunale scrivendo, sull’apposita riga stampata sulla destra di ogni contrassegno di lista, il nominativo del candidato preferito appartenente alla lista prescelta.

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Stefania Semplice È IN CORSO LA MODIFICA DELL’ART.18

E’ nota, ormai a tutti, la proposta del Governo attualmente in carica di apportare modifiche significative all’art. 18, nell’ambito di una più estesa Riforma del lavoro. Esattamente in questi termini, vengono intitolati, ormai da settimane, articoli di quotidiani e servizi televisivi, suscitando sicuramente in qualcuno la curiosità di saperne di più o, almeno, di “capirci qualcosa”. L’art. 18 è contenuto nella Legge n. 300 del 20 maggio 1970, Legge meglio conosciuta come “Statuto dei Lavoratori” in quanto posta a tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e della attività sindacale nei luoghi di lavoro, nonché delle norme sul collocamento. Lo Statuto dei lavoratori sancisce la libertà di opinione del lavoratore e vieta l'utilizzo di alcune forme di controllo dell'attività lavorativa e sulla idoneità fisica del lavoratore, al fine di limitare gli eccessi di potere da parte del datore di lavoro. L’art. 18, nella vigente normativa, è rubricato “Reintegrazione nel posto di lavoro” e disciplina l’uscita dal mercato del lavoro, in particolare dispone che, nel caso di licenziamento individuale illegittimo, perché non sorretto da giusta causa o giustificato motivo, il lavoratore ha diritto alla reintegrazione del posto di lavoro (tutela reale) o in alternativa ad una indennità pari a quindici mensilità di retribuzione globale di fatto (tutela obbligatoria), fermo restando il diritto al risarcimento del danno (non meno di cinque mensilità di retribuzione globale di fatto) ed un indennizzo parametrato agli anni di durata del giudizio. Tale disciplina si applica anche ai soggetti dipendenti di datori di lavoro non imprenditori con più di 15 addetti (5 se agricoli) nella singola unità produttiva e, limitatamente alla sola tutela obbligatoria (cioè il diritto all’indennità di licenziamento), ai dipendenti di datori di lavoro con meno di 15 addetti. La stessa legge, invece, esclude esplicitamente dall’applicazione dell’art. 18 della Legge 300/70 i datori di lavoro non imprenditori che svolgono senza fini di lucro attività di natura politica, sindacale, culturale, di istruzione ovvero di religione o di culto. La modifica dell’art. 18, data l’importanza della sua portata normativa, non può non essere oggetto di “trattativa” tra il Governo in carica, le forze politiche e sindacali, nonché quelle rappresentative degli interessi dei lavoratori e delle imprese. Per la complessità di questa operazione, la proposta di modifica inizialmente presentata dal Governo, è stata più volte modificata, fino a concretizzarsi nella bozza di Disegno di Legge, diffusa qualche giorno fa. Nell’originaria formulazione, la modifica dell’art. 18, prevedeva una disciplina in tema di licenziamento individuale articolata su tre differenti regimi sanzionatori, a seconda che del licenziamento venga accertata dal giudice: 1) la natura discriminatoria o il motivo illecito discriminante; 2) l’inesistenza del giustificato motivo soggettivo o della giusta causa addotti dal datore di lavoro (licenziamenti cosiddetti soggettivi o disciplinari); 3) l’inesistenza del giustificato motivo oggettivo addotto dal datore di lavoro (licenziamenti cosiddetti oggettivi o economici). Il disegno regolatorio sulla tutela del lavoratore illegittimamente licenziato, fortemente criticato da Sindacati e da gran parte dell’opinione pubblica, infatti, prevedeva per il caso dei licenziamenti economici e di alcuni licenziamenti disciplinari, da un lato l’esclusione della possibilità della reintegrazione nel posto di lavoro e dall’altro il riconoscimento del diritto ad una maggiore indennità, rispetto a quella attualmente garantita. La tutela nei confronti del licenziamento discriminatorio rimaneva, invece, piena ed assoluta, comportando esso la lesione di beni fondamentali del lavoratore, di rilievo costituzionale, e continuando a consistere nel diritto del lavoratore di richiedere la reintegra nel posto di lavoro o in alternativa il pagamento di una indennità, salvo il diritto al risarcimento del danno. La proposta di riforma trova le sue radici nell’esigenza di trovare un equilibrio nuovo che il mercato del lavoro reclama da tempo e che deve fondarsi sul contemperamento di interessi diversi, per alcuni solo apparentemente contrastanti: quelli dei lavoratori e quelli delle imprese. La Riforma vorrebbe ispirarsi all’orientamento della legislazione dei paesi europei che, in merito ai licenziamenti individuali, si può riassumere in queste parole: risarciti, ma non riassunti. In alcuni Stati dell’UE, infatti, in caso di licenziamento riconosciuto illegittimo, il lavoratore può pretendere unicamente il risarcimento del danno (Belgio, Danimarca, Regno Unito, Finlandia). Il dibattito sulla riforma, così come proposta dal Governo, ha visto confrontarsi due diverse posizioni: quella di chi ritiene che essa offra la possibilità ai datori di lavoro di ricorrere strumentalmente al licenziamento economico, adducendo motivazioni legate alla crisi d’impresa, invece di adottare altre forme di licenziamento maggiormente tutelate dalla legge, comportando, in altre parole, il rischio di favorire la diffusione del cosiddetto licenziamento facile, e quella di chi sostiene la necessità di riformare l’art. 18, nell’ottica di un mercato del lavoro più unitario e meno discriminatorio, anche nei confronti di datori di lavoro e imprenditori colpiti dalla crisi economica, tenendo conto, altresì, del sistema della flessibilità in uscita, diffuso in gran parte dei Paesi Europei. Queste diverse opinioni, nell’ambito di una “trattativa” che sembra avere tutti i requisiti per entrare nella storia del mercato del lavoro italiano, hanno portato necessariamente alla revisione di alcune posizioni ed, in particolare, alle intenzioni epocali del legislatore. Il testo, probabilmente definitivo della Riforma, è intitolato “Disegno di legge recante disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro in una prospettiva di crescita” e tra le sue finalità prevede quella di adeguare “alle esigenze del mutato contesto di riferimento la disciplina del licenziamento, con previsione, altresì, di un procedimento giudiziario specifico per accelerare la definizione delle relative controversie” (art. 1, comma 1, lett. c). La novità più importante di questo testo, rispetto a quello originario, riguarda la reintroduzione della tutela reale anche per i casi di licenziamento per motivi economici, nonché la previsione di un forte potere dei giudici nella scelta delle indennità da accordare ai lavoratori e dei rimedi da applicare in particolare nei casi di licenziamento disciplinare. Si prevede altresì una Comunicazione obbligatoria e preventiva da parte del datore di lavoro alla “Direzione territoriale del lavoro” circa l’intenzione di licenziare il lavoratore per motivi oggettivi. Aldilà della portata che avrà la Riforma del mercato del lavoro ed, in particolare, la modifica definitiva dell’art. 18 dello “Statuto dei Lavoratori”, quello che ci auguriamo è che “riformare” non significhi ignorare diritti costituzionalmente garantiti e principi fondamentali ormai consolidati. 9

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Roberto Cipollone

ATTIVO IL NUOVO SITO DELLE CESE

Circa un anno fa chiudeva il sito web www.lecese.eu, che tanto merito ha avuto - soprattutto grazie allo scambio di idee ospitato nel “guestbook” - nel rinnovamento e nel coinvolgimento dei ragazzi all’interno della Pro Loco di Cese. Il sito, creato nel 2006 da Emanuele Cipollone, nel tempo ha inevitabilmente ceduto allo strapotere di facebook e al fisiologico calo dell’interattività e della frequenza di aggiornamento, fino al mancato rinnovo del dominio dello scorso anno.

Appurato il comune sentire in merito alla reale mancanza (ed alla parallela necessità) di un sito web dedicato alle Cese, negli ultimi due mesi mi sono dato da fare per impostare le sezioni principali e ricreare da zero, sulla base delle risorse disponibili, tutti i contenuti primari.

Un lavoro tanto complesso quanto gratificante, che non può dirsi ancora completo ma che rappresenta una buona base informativa sulle Cese. Queste le sezioni in cui è stato suddiviso il sito:

• STORIA - Un profilo storico del paese dalle origini alla seconda metà del ‘900, con una rassegna dei principali eventi storici e delle fonti bibliografiche primarie. La reale innovazione inserita in questa sezione è rappresentata dai paragrafi dedicati alle due figure illustri del passato cesense: Fra Bonaventura e Pietro Marso, qui presentati con interessanti note biografiche.

• VISTO DA VICINO - È in sostanza un contenitore delle più rilevanti caratteristiche e peculiarità del nostro paese, dalle tradizioni alle curiosità, dalle Associazioni (con una pagina incentrata sulla nostra Pro Loco) alle figure illustri della “religiosità” cesense. Il contributo originale di questa sezione è rappresentato dalla pagina dedicata agli artisti e ricercatori di Cese, in una rassegna necessariamente parziale che si arricchirà nel tempo delle segnalazioni dei lettori. La sezione contiene anche una pagina dedicata ai “Cesensi nel mondo” – anche questa destinata ad arricchirsi del contributo dei lettori – ed un collegamento al sito sugli “Antenati delle Cese” realizzato da Ercole Di Matteo.

• RISORSE DOCUMENTALI E MULTIMEDIALI - Oltre alle gallerie fotografiche, questa sezione ospita una serie di video del presente e del passato, una pagina dedicata a testi e brani dedicati a Cese ed una collezione di documenti storici e atti d’archivio.

• PRESENTAZIONE E CONTATTI – Rappresentano le sezioni di introduzione ed utilità, con informazioni sul luogo, sui contatti e sugli itinerari di collegamento con le principali direttrici.

Ovviamente il sito è in continua evoluzione, ed il prossimo passo prevedrà quasi certamente l’introduzione di un forum di discussione o di un guestbook interattivo. Per ora attendiamo i vostri suggerimenti e le vostre impressioni. Manca soltanto un’indicazione, l’indirizzo del nuovo sito delle Cese…

www.lecese.it

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Roberto Cipollone Sabato 21 aprile: giornata ecologica a Cese

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La Pro Loco ha programmato per sabato 21 aprile una Giornata Ecologica finalizzata a ripulire gli spazi del nucleo abitato e le zone di campagna circostanti attraverso la rimozione di rifiuti e sporcizia, la raccolta di materiali ingombranti e la bonifica delle micro-discariche presenti. L’impulso è nato come sempre dall’osservazione delle pessime condizioni in cui si trovano molti fossati e spazi aperti della nostra campagna, un tempo luogo di rispetto e di fatica, e oggi segno dell’inciviltà e della bassezza umana. Basta posare lo sguardo sulla strada verso Cappelle, o alla vecchia curva delle Fontanelle, o ancora ai piccoli slarghi che si aprono sulla dorsale palentina, senza considerare le stradine ed i vicoli dell’abitato.

Jo termino

C’è bisogno di darsi da fare, al di là di ogni considerazione di responsabilità oggettiva, per evitare che la sporcizia oggi presente faccia da richiamo ad ulteriori rifiuti e funga da “giustificazione” all’inciviltà di altri. Il rischio di mini-discariche è quanto mai attuale, e l’unico mezzo per arginarlo è un’educazione ambientale nuova, che consideri davvero il futuro delle nostre realtà come una dimensione inscindibile dal rispetto per la natura. In visione della stessa Giornata si è preso contatto con la società Tekneko, responsabile del nuovo servizio di nettezza urbana, e con l’Amministrazione comunale di Avezzano, che ha disposto il proprio patrocinio ed assicurato il supporto necessario.

Ji preti santi

Una positiva comunione d’intenti che speriamo inauguri un’attenzione diversa al tema ambientale, a cui, con l’avvento della raccolta differenziata porta-a-porta, sarà necessario riservare ancor più spazio in futuro.

La Pro Loco farà certamente la sua parte, ma il ruolo centrale sarà giocato dai cittadini in prima persona, a partire dall’iniziativa ecologica del prossimo 21 Aprile. A proposito, l’appuntamento in piazza è fissato alle 9: per chi tiene alle Cese è un’ottima occasione per dar seguito alle buone intenzioni inespresse. Vi aspettiamo!

La curva delle fontanelle

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Articoli e rubriche curati da Arianna, Claudia, Cristina, Emanuele, Eugenio, Lorenzo, Osvaldo e Roberto Cipollone; Faonio Antonietta; Stefania Semplice; Comitato Feste 2012.

Grazie ad Adele e Alfredo per le foto ed ai “consulenti” per il prezioso supporto. Per informazioni, proposte, commenti e suggerimenti scrivete a: Redazione “La Voce delle Cese”,

Pro Loco Cese dei Marsi, Via C.Cattaneo 2, 67050 Cese di Avezzano (AQ) oppure a: [email protected] . Sito web: www.lavocedellecese.it .

Dal numero scorso…

Bruno e Bartolo

Antonella di Augusta