Scoprire - Azione Cattolica · alla sola dimensione di consuma - tore, 24 ore al giorno, bulimico e...

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I 102011 4 sotto i riflettori È un giovedì mattina di un’ordinaria giornata di fine ottobre. Eppure Roma si blocca. Ore di fila interminabile per arrivare al lavoro. Il traffico stravol- to. Non è un incidente grave, no, per fortuna. Né il disastroso temporale della settimana prima. C’è solo un piccolo “problemino” da risolvere: l’aper- tura di un centro commerciale nella zona nord della capitale che propone sconti inimmaginabili. Novantanove euro per una televisione superiore ai 32 pollici. La gente ha dormito lì, in strada, con i sacchi a pelo. Alle 5 di mattina non si cammina più, 300 i poliziotti intervenuti. Si compra, si compra (crisi permettendo) e tutto va di fretta. E che strana questa società di oggi. Corre veloce come i minuti che ci sono rimasti, pochi, per arrivare in tempo al lavoro, per salutare la famiglia, per dirsi due cose durante il pasto, insieme. Nulla ha più il ritmo cadenzato del giusto tempo per il lavoro e per la festa. Rincorriamo audaci prezzi scontati, anche se il lavoro non c’è, o è sottopagato. Rincorriamo a caro prezzo le ore del dopo- lavoro, la palestra, il calcetto, la danza, il cinema, il ristorante, la parroc- chia, sì anche la parrocchia, perché, lo ripetiamo in ogni occasione, bisogna pur riprendersi dopo una giornata difficile. Amiamo il fare. Sempre, a qual- siasi costo. Anche la domenica, giorno del Signore, della festa e della fami- Scoprire

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È un giovedì mattina di un’ordinaria giornata di fine ottobre. Eppure Romasi blocca. Ore di fila interminabile per arrivare al lavoro. Il traffico stravol-to. Non è un incidente grave, no, per fortuna. Né il disastroso temporaledella settimana prima. C’è solo un piccolo “problemino” da risolvere: l’aper-tura di un centro commerciale nella zona nord della capitale che proponesconti inimmaginabili. Novantanove euro per una televisione superiore ai32 pollici. La gente ha dormito lì, in strada, con i sacchi a pelo. Alle 5 dimattina non si cammina più, 300 i poliziotti intervenuti.Si compra, si compra (crisi permettendo) e tutto va di fretta. E che stranaquesta società di oggi. Corre veloce come i minuti che ci sono rimasti, pochi,per arrivare in tempo al lavoro, per salutare la famiglia, per dirsi due cosedurante il pasto, insieme. Nulla ha più il ritmo cadenzato del giusto tempoper il lavoro e per la festa. Rincorriamo audaci prezzi scontati, anche se illavoro non c’è, o è sottopagato. Rincorriamo a caro prezzo le ore del dopo-lavoro, la palestra, il calcetto, la danza, il cinema, il ristorante, la parroc-chia, sì anche la parrocchia, perché, lo ripetiamo in ogni occasione, bisognapur riprendersi dopo una giornata difficile. Amiamo il fare. Sempre, a qual-siasi costo. Anche la domenica, giorno del Signore, della festa e della fami-

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glia. Ma almeno una messa in santa pace ce la potremo godere?Preferiamo l’attimo fuggente alla sosta dell’anima. La parola abusata a un gestoche dia serenità ai volti. Anche in questo Natale pieno di tv al plasma e decoder,di palmari e facebook, di affamati e indignati, disoccupati e immigrati.Riusciremo a ridare senso a un tempo della vita che sembra scapparci dimano?È la riflessione che Segno propone ai lettori in questo dossier natalizio. Unadomanda più che mai attuale, alla quale l’economia sostenibile vorrebbeoggi rispondere.Riusciremo a ri-trovare il giusto tempo per il lavoro e la festa? Se lo chiede-va la Chiesa italiana nel recente Convegno ecclesiale di Verona e se lo stadomandando di nuovo in vista del VII Incontro mondiale delle famiglie chesi terrà a Milano dal 30 maggio al 3 giugno esattamente su questi argomen-ti. E il prossimo 13 gennaio l’Azione cattolica ambrosiana, insieme a tutto ilConsiglio nazionale di Ac, proprio sui temi della famiglia, del lavoro e dellafesta rinnoverà la fedeltà di un impegno per la cittadinanza e nella “chiesa-domestica” che fa parte del suo dna.

giadis

il gusto del tempo

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Da mesi ci avvitiamo in una crisi che è giàstata definita con gli aggettivi più dispa-rati, fino a diventare una sorta di incuboche accompagna le agende quotidiane di

una moltitudine crescente di persone. Sia di coloroche, incolpevoli, ne pagano il prezzo più alto, sia dicoloro che, invano, si rincorrono di vertice in verticeper cercare soluzioni possibili.Questa crisi è figlia di due processi sociali e politici,nati negli anni ’80 e poi cresciuti a dismisura nelpassato ventennio. Da una parte l’individualismo piùsfrenato, tutto ripiegato su un utilitarismo di brevis-simo termine, e dall’altro la concezione di un pro-cesso economico dei paesi avanzati che si è pensatofosse ormai chiamato a uscire da ogni logica mani-fatturiera, per concentrarsi solo sui servizi e sul con-sumo. Le risorse non più garantite sul lavoro umano,

ma dall’iperbole dell’ingegneriafinanziaria senza regole e dalricorso al debito, scaricato sullefuture generazioni.Questo processo ha scavato inol-tre nel profondo della stessadimensione antropologica del-l’uomo contemporaneo, ridottoalla sola dimensione di consuma-tore, 24 ore al giorno, bulimico esempre più sganciato da ogniprevalente dimensione collettiva.Quando si apre una crisi sistemi-ca, come ora, le persone si ritro-vano così sole e il panico dilaga.In questo quadro mi pare si inse-risca il dibattito che da qualchetempo è ripreso con forza, anchea livello europeo, sulla necessitàdi conciliare i tempi del lavorocon quelli della famiglia, dellafesta e del tempo libero e lanascita, in numerosi paesi euro-pei, dibattito sostenuto da coali-

zioni che si impegnano per garantire la tutela della“Domenica libera dal lavoro”.Questi movimenti si richiamano esplicitamenteall’art 31 della Carta dei diritti fondamentali dell’U-nione europea: ogni lavoratore ha diritto a condizionidi lavoro che rispettino la sua salute, la sua sicurezzae la sua dignità. E ogni lavoratore ha diritto a un limi-te massimo di ore di lavoro, a tempi di riposo siagiornalieri che settimanali, così come a un periodo diferie annuali pagate. Un pilastro del modello socialeeuropeo, oggi messo in crisi.

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Mentre la crisi del modellocapitalistico mostrai primi segni di un lungoe progressivodeterioramento, i tempidella festa e del lavoronon coincidono più comeuna volta. L’autoredell’articolo, presidentedel Consiglio nazionale delleAcli e del III Gruppo delCese, Comitato economicoe sociale europeo, ci aiutaa riflettere sulle tantecondizioni di fragilità chequesto sviluppo senza frenie distorto ha rivolto allasocietà occidentale.«Per fare della festa nonuna sosta, ma un puntodi partenza, per costruireun’altra economia,un po’ più sostenibile»

Tempi slow. Per ridaredi Luca Jahier

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La questione è cruciale sia per il futuro del sistemaproduttivo europeo, sia per la qualità della vita dellepersone, soprattutto di quelle che lavorano, sia per lepiù generali condizioni di salute della società intera.Le enormi pressioni che provengono da tempo dallaforze economiche e in particolare del commercio e daun approccio quantomai miope alla pur cruciale que-stione della competitività e della produttività sembra-no convincerci che, soprattutto in un tempo di crisi,non si hanno altre alternative per produrre ricchezzache ampliare gli spazi di consumo e portarli a 24 ore

senso al lavoro e alla festa

Nella foto a sinistra :

Luca Jahier

Lo scorso 20 giugno, nell’ambito di una con-ferenza su Il valore aggiunto di un tempo

libero sincronizzato presso la sede del Comitatoeconomico e sociale europeo, è stata presenta-ta a Bruxelles l’Alleanza per una domenica libe-ra dal lavoro. Si tratta di un “cartello” di 65organizzazioni della società civile, dei sinda-cati e delle Chiese con l’obiettivo di fare pres-sione sulle istituzioni europee per promuovereil giorno festivo domenicale e orari di lavorodignitosi (con l’esclusione, oltre che di dome-nica, del lavoro in tarda serata, notturno enelle festività comandate). I punti di fondodella campagna sottolineano la necessità del-l’equilibrio tra vita professionale e familiare,l’importanza del fine settimana per la vitacomunitaria, il rispetto del volontariato, lanecessità di un tempo adeguato di riposo per ilbenessere dei lavoratori. Fanno parte dellafederazione le analoghe alleanze locali nategià da diversi anni nei paesi di lingua tedesca,la Conferenza delle Chiese europee (Kek), isindacati Solidarnosc (Polonia), Filcam-Cgil(Italia), Unia (Svizzera), Katholische Arbeit-nehmer-Bewegung e Katholische Betriebsseel-sorge (Germania). Come sostenitori figuranoanche la Commissione degli episcopati dellaComunità europea (Comece), la Chiesa evange-lica tedesca, il Jesuit European Office e il Comi-tato centrale dei cattolici tedeschi. Il sito uffi-ciale è www.europeansundayalliance. (C.S.)

Bruxelles: la società civile ci credeUN’ALLEANZA PER LA DOMENICA

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su 24 (con internet questo è peraltro già possibile).È di per sé empiricamente evidente che tutto ciò haun forte impatto sulla salute dei lavoratori e sulla lorostessa qualità di vita, così come dimostrato da diver-se e pregevoli ricerche svolte a livello europeo, dacui discende la necessità di misure che garantisca-no condizioni di lavoro decente e relative tutele.Ma non bisogna dimenticare un’altra questione piùvasta e, infine, più rilevante per la stessa tenuta dellasocietà intera e per la riproduzione della sua capacitàdi resistere alle avversità e alle crisi che attraversa e di

rispondervi con creatività, capacità di sacrifi-cio e rinnovata solidarietà tra le generazioni.Questa questione è da un lato la sempre piùsacrificata cura delle relazioni primarie e deimondi vitali, che sono la famiglia, i parenti, gliamici, la comunità di riferimento, così comedall’altro lato la indebolita tutela degli spaziper i riti sociali, culturali, religiosi e politici,che alimentano quella fondamentale dimen-sione collettiva dell’identità e del progressodi una comunità civile.

Il crescente e pesante disequilibrio tra la dimensionedel produrre e consumare (e i suoi tempi senza piùinterruzione, oggi ampliati a dismisura delle tecnolo-gie della comunicazione e della connessione conti-nua) e la cura della dimensione relazionale e comu-nitaria della persona, a tutto discapito della seconda,ha spesso raggiunto il punto di rottura.La cura delle relazioni primarie è infatti essenzialeper garantire il pieno sviluppo della persona, in parti-colare dei più piccoli e dei più fragili, ma infine di tuttinoi, ove la coltivazione di una dimensione affettiva,relazionale e spirituale consente di completare eintegrare, o almeno di contenere e riparare quellasempre più brutale, invasiva a spesso alienante delproduttore/consumatore.La cura della relazioni più lunghe, quelle che atten-gono ai riti collettivi, garantisce invece la riproduzio-ne più sostanziale della coesione sociale di unacomunità nazionale, la robustezza dei legami sociali,la vitalità dei simboli e la trasmissione di una comu-ne appartenenza a uno stesso popolo e a un destinocondiviso. Senza una giornata di festa comune – ovenon si va a scuola ma neppure, in prevalenza, non silavora –, non sarebbe possibile realizzare una festa

o maratona, i mille eventi per celebrare i 150 annidell’Unità nazionale, le sagre paesane, grandi epopolari eventi sportivi e culturali, come anche lacelebrazione della messa domenicale.IIll tteemmppoo ddeellllaa ffeessttaaUn giorno comune di riposo settimanale diventa allorafondamentale per riconoscersi tutti come comunità.Una buona condizione di salute e di vita dei lavoratori,così come una buona e solida condizione dei legamisociali (in termini di tempo e spazi adeguati alla loromanutenzione e riproduzione) producono due benifragilissimi ma essenziali alla ricchezza di una nazio-ne: la fiducia e la felicità. Senza questi due “benicomuni”, che il ciclo economico e la quantità di ric-chezza materiale posseduta dal singolo individuo nongarantiscono (ma certo neppure la povertà e la priva-zione), la stessa qualità e sostenibilità del ciclo econo-mico ne risente e infine ne risulta messo a rischio.

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La cura delle relazioniprimarie è infattiessenziale pergarantire il pienosviluppo della persona,in particolare dei piùpiccoli e dei piùfragili, ma infinedi tutti noi

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Dopo la tremenda ubriacatura della crescita senzalimiti e tutta rinchiusa nell’attimo fuggente del pre-sente di questi anni, forse la riscoperta di una concre-ta cura del vivere, secondo il titolo di una bella erecente pubblicazione di una rivista femminista, puòconsentirci di ricominciare dalla manutenzione dellenostre provate relazioni sociali, del nostro ambiente edell’economia reale, che è un po’ meno “fast” dellavolatilità dei valori di borsa, ma assai più vicina aitempi “slow” della ricerca del vero e del bello, che fon-dano e danno senso all’umano e alimentano ogni veroprogresso. Obbligati a ripartire dalle tante condizionidi fragilità, che questo sviluppo senza freni e distortoha molto ampliato, chiamati a riscoprire la straordina-ria potenza della narrazione e della cooperazione, faredella Festa non una sosta, ma un punto di partenza èforse la nostra ancora di salvezza, per costruire un’al-tra economia, un po’ più sostenibile. �g

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«Il lavoro e la festa sono intimamente collegati con la vita dellefamiglie: ne condizionano le scelte, influenzano le relazioni tra i

coniugi e tra i genitori e i figli, incidono sul rapporto della famiglia conla società e con la Chiesa. La Sacra Scrittura (cfr Gen 1-2) ci dice chefamiglia, lavoro e giorno festivo sono doni e benedizioni di Dio per aiu-tarci a vivere un’esistenza pienamente umana… Ai nostri giorni, pur-troppo, l’organizzazione del lavoro, pensata e attuata in funzione dellaconcorrenza di mercato e del massimo profitto, e la concezione dellafesta come occasione di evasione e di consumo, contribuiscono a disgre-gare la famiglia e la comunità e a diffondere uno stile di vita individua-listico». Con queste parole Benedetto XVI, il 23 agosto del 2010, daCastel Gandolfo dava il via al VII Incontro mondiale delle famiglie cat-toliche che si terrà a Milano, dal 30 maggio al 3 giugno del 2012, sultema La famiglia: il lavoro e la festa.Il prossimo Incontro mondiale delle famiglie costituisce un’occasioneprivilegiata per ripensare il lavoro e la festa nella prospettiva di unafamiglia unita e aperta alla vita, ben inserita nella società e nella Chie-sa, attenta alla qualità delle relazioni oltre che all’economia dello stessonucleo familiare. Milano 2012 avrà, come i precedenti, una durata dicinque giorni e culminerà il sabato sera con la “Festa delle Testimo-nianze” e domenica mattina con la messa solenne. Un altro appunta-mento da segnalare è quello del 13 gennaio, sempre a Milano, dove ilConsiglio nazionale di Ac, insieme all’Azione cattolica ambrosiana, por-terà il proprio contributo di idee e impegni concreti per l’incontro mon-diale del giugno prossimo.

Il VII Incontro mondiale delle famiglie a MilanoUN APPUNTAMENTO IMPORTANTE PER LA FAMIGLIA.E IL CONSIGLIO NAZIONALE DI AC NE PARLA A GENNAIO

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Festa e lavoro sembra che non vadano piùd’accordo. Se pensiamo ai centri commer-ciali presi d’assalto la domenica qualcheriflessione urgente andrebbe fatta. «I centri

commerciali hanno sostituito – ci dice don GiuseppeMasiero – nell’arredo urbano, l’imponenza dellegrandi fabbriche popolate da una serie di intermina-bili capannoni grigi, confusi con le dense nebbie delNord. Nella società post-moderna e post-fordista,anzi digitale, non sono più le sirene e i campanili aregolare il ritmo delle giornate, a fissare il confine tralavoro e tempo libero. La separazione netta tra ore dilavoro e ore di non lavoro sta svanendo insieme conil mondo industriale che l’aveva prodotta. Oggi ilcomputer ti porta l’azienda a casa e ovunque. Ivagoni dei treni ad alta velocità sono diventati permolti viaggiatori l’ufficio direzionale mobile, dove si

decidono con il cellulare e il portatile le stra-tegie produttive e commerciali dell’azienda.Se pensiamo ai centri commerciali notiamouna spasmodica ebbrezza “da” consumo,specie quando ci fanno comodo con le millepromozioni-offerte per far quadrare gli esi-genti bilanci familiari. Ma nel frettolososcorrere dei carrelli le persone riesconoanche a realizzare un minimo di relazionispontanee. Nelle caldi estate i centri com-merciali diventano un luogo di refrigerio perpersone anziane o di ritrovo alla domenicaper molti immigrati».«In un viaggio fatto in Brasile dieci anni fa –continua don Giuseppe – ricordo l’espe-rienza di un mio amico missionario che sirecava tutti i sabati in un centro commer-ciale della periferia di Rio De Janeiro perincontrare e ascoltare centinaia di persone

che passavano frettolosamente acquistando variprodotti, ma anche per sostare a conversare con gliamici. Con mio grande stupore il mattino seguentemi sono accorto che al confessionale di questogeneroso e semplice sacerdote accorrevano moltis-

simi giovani. Non dobbiamo quindi demonizzare icentri commerciali ma valorizzarli anche per questeopportunità di incontro ed evangelizzazione.NNeell CCoonnvveeggnnoo eecccclleessiiaallee ddii VVeerroonnaa ddeell 22000066 llaa CChhiiee--ssaa iittaalliiaannaa hhaa iinnddiivviidduuaattoo ii ppeerrccoorrssii aaffffiinncchhéé iill llaavvoorroossiiaa iill lluuooggoo ppeerr eecccceelllleennzzaa cchhee pprreeppaarraa aallllaa ffeessttaa.. Ricordo un’efficace battuta, carica di sapienza evan-gelica, pronunciata dal cardinale Ballestrero a con-clusione di un Convegno intenso e partecipato pro-mosso dalla pastorale sociale sul lavoro minacciatodalle prime crisi occupazionali degli anni Ottanta:«Dio ci ha chiamati non al lavoro ma alla festa». L’af-fermazione è volutamente paradossale e allo stessotempo significativa perché colloca l’attività lavorati-va nel cuore della vita umana, delle sue espressionipersonali, familiari, relazionali, comunitarie e civili.Il Convegno ecclesiale di Verona, aprendo una svoltaantropologica della pastorale della Chiesa italiana, hasaputo ancorare all’unità della persona umana i princi-pali ambiti dell’esistenza; prospettiva, questa, del restogià ampiamente sviluppata dalla Laborem exercens,trenta anni fa. I recenti e ripetuti appelli di BenedettoXVI e del presidente della Cei, card. Bagnasco, a soste-gno del mondo del lavoro sempre più esposto alla crisie all’incertezza, testimoniano la sollecitudine di moltecomunità cristiane in questo momento difficile. LaCaritas in veritate nella sua coraggiosa analisi e propo-sta a livello etico-culturale, con una pregnante valenzaprofetica, che vede accanto alla globalizzazione deimercati la globalizzazione del lavoro in ogni continente,attende ancora sul piano operativo un’elaborazioneall’altezza del momento che attraversiamo. Nessuno,

«Un nuovo rapportotra lavoro e festachiama in causala ricerca per tuttidi una umanità pienache ci permettadi ripensare i nostrimodelli di vita».Per l’assistentenazionale del settoreAdulti di Ac e del Mlacè tempo oggi diriallinearearmonicamente le filadell’impegno e delriposo, con l’aiutodella Parola

Impegno e riposo. Ascoltando la Parolaintervista con

Giuseppe Masierodi Gianni Di Santo

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tanto meno i cristiani, possono sottrarsi a questa sfida.SSppeessssoo llaa ffeessttaa,, oo llaa ddoommeenniiccaa,, ddiivveennttaannoo iill lluuooggoossiimmbboolloo ddeellll’’iippeerr aattttiivviissmmoo.. MMoollttee ppaarrrroocccchhiiee ccoonn--cceennttrraannoo ppaarreecccchhiiee ddeellllee lloorroo aattttiivviittàà llaa ddoommeenniiccaa..PPeerrcchhéé cc’’èè sseemmpprree bbiissooggnnoo ddii ffaarree qquuaallccoossaa??La festa e la domenica hanno sempre più il saporedella fatica, dell’attivismo più che del riposo, dellacordialità di relazioni familiari o amicali, dell’armoniacon la natura, della sana competizione sportiva. Inquesta agitazione che raggiunge la domenica, talvol-ta anche nei momenti celebrativi, si rischia di trascu-rare l’autentica dimensione spirituale dell’incontro

con Dio. L’ascolto della Parola el’energia pasquale del memorialeeucaristico non sono sempreavvertite come il cuore pulsantedella comunità. Ma le parrocchiedevono anche saper “ascoltare”cosa succede nella società, nelmondo del lavoro. Per questo èurgente mettere in campo una vici-nanza umana e spirituale qualifi-cando e attrezzando gli ambientiparrocchiali di punti di riferimento,

di presenze capaci di ascoltare, accompagnare. Unaparrocchia non stanziale ma che sa come Gesùandare in strada, in piazza, nelle case, nei supermer-cati, nelle stazioni, nelle metropolitane, per viveredrammi e speranze. Dalle Chiese approdo dellecoscienze e dello spirito può generarsi un creativo egeneroso impegno sulle frontiere di un lavoro daritrovare oltre il posto da difendere, di un consumo

responsabile, governato da nuovi stili di vita familiarie condominiali. Con queste premesse e atteggia-menti l’annuncio del Vangelo può diventare sorgentedi una vita buona e bella.RRiiuusscciirreemmoo mmaaii aa ttrroovvaarree uunn ppoo’’ ddii ppaaccee nneeii ggiioorrnniiffeerriiaallii ddeell llaavvoorroo ppeerr pprreeggaarree??La domenica ritrovata potrà sopravvivere se riusciràa raggiungere con la sua atmosfera interiore e ilsapore autentico di una vita fraterna, l’intero arcodella settimana. Vale anche per l’intera societàattuale l’antica e saggia regola benedettina: «Ora etlabora». L’esperienza di alcuni sacerdoti impegnati atempo pieno negli ambienti di lavoro ci attesta lapreziosità della loro presenza sia tra i lavoratori chetra gli imprenditori. Sono assai cercati per dialoghipersonali durante le pause pranzo o al termine dellagiornata lavorativa; significative pure sono le pre-senze ai momenti celebrativi proposti in una cappel-la della zona. Non è pura fantasia immaginare glistessi ambienti parrocchiali, a partire dagli oratori ocentri giovanili, come punti di incontro e collega-mento per esperienze significative di vita professio-nale specialmente se mobile o precaria. A trent’annidalla Laborem exercens che per prima ha parlato di«lavoro soggettivo», abitato dalla persona che lopensa e lo esercita, questo laboratorio del lavoro delfuturo che sa mettere in rete esperienze e percorsi diorientamento o ricerca occupazionale, può assume-re particolare rilevanza dopo la Giornata mondialedei giovani di Madrid per esplorare alleanze in asso-ciazioni ecclesiali giovanili, con i giovani cercatori dilavoro precari, in collaborazione con adulti profes-sionalmente disponibili. CChhee ccoossaa ccoonnssiigglliiaa ppeerr uunn aallffaabbeettoo ccoommuunnee ddeell llaavvoo--rroo ee ddeellllaa ffeessttaa??Un alfabeto, una grammatica di base per coniugareesistenzialmente e realizzare socialmente un equili-brato rapporto tra lavoro e festa, evitando ogni sem-plificazione, potrebbe così delinearsi: abitare il pro-prio tempo tenendo saldamente il volante della corsapersonale della vita con piena consapevolezza della

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Nella foto a sinistra:

don Giuseppe Masiero

Impegno e riposo. Ascoltando la Parola

Dalle Chiese apprododelle coscienze e dello spiritopuò generarsi un creativoe generoso impegno sullefrontiere di un lavoroda ritrovare oltre il postoda difendere, di un consumoresponsabile, governatoda nuovi stili di vitafamiliari e condominiali

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dimensione e direzione vocazionale che essa com-porta. Aggiungerei a questa prima attenzione il deca-logo sul lavoro decente offerto nell’enciclica Caritasin veritate, n. 63; ogni lavoro, sia svolto in dignità siascelto e non subito, venga compiuto in uno stile diinsieme; nel rispetto di ogni lavoratore senza discri-minazione alcuna; promuova e rispetti la famiglia;permetta la scolarizzazione dei figli; dia spazio alruolo di difesa di un sindacato rinnovato; dia voce achi non ha voce; permetta di essere un lavoro chenon assorba tutto; ma dia spazio alla spiritualità, allacomunità e si concluda con una pensione dignitosa.QQuuaannddoo rriiuusscciirreemmoo aa ffaarr ddiivveennttaarree aanncchhee iill llaavvoorroo uunnmmoommeennttoo ddii ffeessttaa??Penso all’evento straordinario del salvataggio deiminatori cileni nella miniera di San José. Qui trovia-

mo tutti gli ingredienti di unlavoro impegnativo, rischioso,minacciato con l’esplosione diuna festa condivisa al campochiamato “della speranza”, alle-stito dai soccorritori con la pre-senza delle famiglie dei minato-ri. In un momento di difficoltàestrema, intelligenza, abilità esolidarietà sanno convergere ecollaborare con determinazioneed efficacia. La mobilitazionelocale e internazionale ha ani-mato il campo esterno sopra laminiera, di fiducia, fervorosapreghiera con numerosi imma-gini mariane, sapendo coinvol-gere la più alta tecnologia spa-ziale in grado di liberare, conacrobatiche operazioni di salva-

taggio, i minatori rimasti sepolti per settimane nelleviscere della terra. Qui globalizzazione e solidarietàhanno dimostrato in maniera emblematica il valoredel lavoro ma anche la gioia della festa per la vitaritrovata. In ogni lavoro abita un grande sogno ed èpresente la dimensione festosa del vivere. Biblica-mente si tratta di saper vivere il lavoro nel segno dellabenedizione e della pace pasquale, anche quandosembra abbruttito e negato dalla maledizione di disu-guaglianze, avidità e speculazioni finanziarie che si

abbattono sui più deboli. Ho ancora davanti agli occhil’allegria contenuta ma autentica dei cassa integratiprigionieri volontari nell’isola l’Asinara, nel brindareinsieme sorseggiando il “prosecco” fatto loro perve-nire dagli amici del Mlac del Triveneto.NNeellllee ssoocciieettàà ccoonnttaaddiinnee iill rriittoo ee iill ssaaccrroo rreeggoollaavvaannoo iillrriittmmoo ddeell llaavvoorroo.. ÈÈ ppoossssiibbiillee ooggggii rriivvaalluuttaarree qquueessttoobbiinnoommiioo nnaattuurraa--rriittoo--llaavvoorroo ppeerr uunnaa cciittttaaddiinnaannzzaappiieennaa ddeellll’’uuoommoo nneellllee nnoossttrree cciittttàà uullttrraa mmooddeerrnnee??Ricordo da bambino, nel tempo della mietitura, conquale scrupolo i miei genitori e gli altri agricoltori delpaese chiedevano al parroco il permesso di poterlavorare di domenica, dopo aver partecipato allaSanta Messa dell’alba. Oggi questo rito sacro e litur-gico dobbiamo ritrovarlo in noi stessi ed estenderlocon uno stile di vita esemplare, in ogni ambito doveoperiamo. Dovremmo riuscire sempre più a far ado-rare «Dio in spirito e verità» come suggerisce Gesùalla Samaritana, di mezzogiorno al pozzo di Sicar. Lasensibilità ambientale sempre più diffusa può aiuta-re a ritrovare, a partire da una «ecologia umana inte-grale» come ci ricorda la Caritas in veritate, unnuovo equilibrio tra lavoro e festa. Tarda a morire lamentalità che fa coincidere il progresso industrialecon i necessari costi umani collegati all’utilizzo dirisorse energetiche assai inquinanti. La qualità dellavoro può aiutare o anche a ritrovare i valori portantidella salute e della vita. Se il lavoro ci permette diabitare il mondo la festa ci aiuta a umanizzare iltempo. L’uomo moderno, che ha inventato il tempolibero come non-lavoro, sembra aver dimenticato lafesta nel suo sapore comunitario e spirituale. Ladomenica è vissuta socialmente come fine settima-na che tende a dilatarsi sempre di più e ad assume-re i tratti della dispersione e dell’evasione. Il tempodel riposo è vissuto come un intervello tra due fati-che, l’interruzione dell’attività lavorativa, un diversi-vo alla professione. L’organizzazione del tempo libe-ro produce anche lavoro, spesso precario sottraen-do specialmente le donne alla loro preziosa presen-za in famiglia. Un nuovo rapporto tra lavoro e festachiama in causa la ricerca per tutti di una umanitàpiena che ci permetta di ripensare modelli di vita e diconsegnare alle nuove generazioni un mondo pro-duttivo abitato dalla festa e una festa sorretta dall’o-perosità appagante e condivisa. �g

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«No! La gallina lessa, per favore,Fabio, no! La mangia solamentetuo padre... E bisogna dire a Lelladi preparare il vitello tonnato. Io

penserò alle lasagne, perché i bambini non si metto-no certamente a mangiare i bolliti il giorno di Natale.E devi andare in soffitta a prendere le sedie chemancano, così le spolvero. Siamo sicuri che gli ziiarriveranno? Telefonerò nel pomeriggio, perchéforse li invitano i nipoti. Ah, e dì a tua mamma di nonbrontolare se i piccoli non si abbufferanno: è Natale,avranno in mente altro». Affanno, corsa al super-mercato e al negozio “di fiducia”; menù – in questocaso un menù prealpino – stilato con estrema accu-ratezza e con un po’ di diplomazia, intercalando piattitradizionali a cibi che stuzzichino e incontrino i gustianche delle giovani generazioni; addobbi, segnapo-sto, scelta di tovaglie, centrotavola, persino musichee qualche intrattenimento: che bello, arriva Natale!Mamme, nonne, zie: al lavoro! È festa, certo, ma per-ché lo sia sino in fondo, occorre l’impegno di tutti e,anche se la pila di piatti da rigovernare è alta, ne vale lapena. «Mamma – dice con trasporto Anna di sette anni–, mi piace tantissimo quando a Natale ci troviamo tuttiinsieme a casa!». E questo ripaga di tante fatiche.C’è un “lavoro” dal quale non si può staccare, ed èquello di genitori; esistono alcuni ambiti, inoltre, suiquali, proprio nei giorni deputati alle ferie natalizie, si

accendono i riflettori, e sono quelli della cucina e ditutto l’apparato festaiolo che l’attornia, per tradizione,per scelta e per vocazione, appannaggio femminile.Innegabilmente le fatiche sono condivise sempre piùspesso da tutti i componenti del nucleo, però lemamme e le nonne sono protagoniste e custodi di tra-dizioni, sia regionali che più propriamente familiari.Forse per le lavoratrici che riescono a uscire dagli ufficisolamente alla vigilia di Natale, sarà un po’ pesantepreparare una tavola, anche con pochi tocchi natalizi,ma ne varrà la pena. Forse qualcuno cederà alla tenta-zione e prenoterà il pranzo in un ristorante. Forse qual-cuno dirà: «Quest’anno non ho proprio voglia di pensa-re a quali regali fare. Una telefonata sarà più che suffi-ciente». Forse qualcuno declinerà gli inviti e, adducen-do malesseri più o meno autentici, trascorrerà unNatale solitario, addobbato di rimpianti. Forse Monicaricorderà il primo Natale da sposina, quando, si eraaccorta che l’appartamento era così poco “vivo”,senza un presepe o una stella a ricordare il perché diquelle feste. Forse qualche nonna e qualche mamma,con le gambe appesantite dopo una giornata trascorsaa spadellare, e con la testa riempita dalle chiacchieredegli adulti e dal vociare dei bambini, penserà contem-poraneamente che non lo farà più un pranzo così acasa sua, e che però l’anno prossimo preparerà ancheil tiramisù con la ricetta che le ha passato l’amica delpiano di sotto. Forse sarà la volta buona per ribadire ilconcetto che le donne non fanno mai ferie, e che ibambini e le ragazzine debbono imparare ad aiutaremamma e papà a mettere in ordine, e che, insomma,non si può pensare solamente a giocare.Ma, avete notato la magia? Nessuno ha acceso la tv!Lo zio si è appisolato sul divano. Ecco, lo sapevanotutti: mentre Luca rincorre il papà per farsi aggiusta-re la macchinina nuova e Matilde cerca di farsi truc-care come una Barbie dalla cugina adolescente –«che solamente l’anno scorso sembrava una bambi-na» –, i nonni arrivano con la scatola della tombola.Che fatica! Ma ne valeva la pena. �g

di Barbara Garavaglia

Mamme e nonne

La cucinaè sempre aperta...

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14 I 122011

«Agenzia per il lavoro cerca per Azien-da cliente operatore call-center,con diploma, automunito, disponi-bilità a lavorare sette giorni su sette

su turni dal lunedì alla domenica dalle 8.00 alle22.00, full-time. Durata contratto: stage due mesicon rimborso e possibilità di proroghe». Basta farsiin un giro su uno qualunque dei tanti portali di ricer-ca lavoro per incontrarne a decine, di annunci così.Centralini, servizi di vendita porta a porta, supermer-cati e negozi di ogni tipo: le offerte di contratto sonovariabili (ma tutte di manica stretta: al massimoqualche mese di co.co.pro.), ma la richiesta delladisponibilità di orario, quella no. Sette giorni susette, non si transige. Se vuoi lavorare, devi essere

pronto a farlo anche di domenica.La questione è antica, e piena di risvol-ti sociali, economici, persino pastorali.«Ricordati di santificare le feste» valesempre e comunque o, davanti al biso-gno, soprattutto in tempo di crisi, sipuò chiudere un occhio? Nel dibattitosono intervenute spesso anche vociecclesiali: l’ultimo, in ordine di tempo,è l’arcivescovo di Alessandria Giusep-pe Versaldi, che da poche settimane èanche il presidente della Prefettura pergli affari economici della Santa Sede.Davanti alla recente decisione del-l’amministrazione comunale della suacittà di liberalizzare l’apertura domeni-cale dei negozi, il vescovo ha lanciatoun «appello ai veri credenti in Cristo aessere coerenti con la loro fede», per-ché «il rispetto delle festività come

valore umano e cristiano è ben superiore a tutte leesigenze di una società consumistica, anche a costodi sacrifici e rinunce personali». Davanti alla libertàdi lavorare nei giorni festivi, «nulla impedisce ai cri-stiani di non aderire a questa possibilità». Nei son-

daggi online organizzati dalla stampa locale la cittàsi è divisa, ma i più hanno certificato: i negozi apertidi domenica sono un’inevitabile segno dei tempi.Mentre ad Alessandria il sindaco e il vescovo discu-tevano sullo shopping domenicale, a Bergamo sibattagliava per l’indizione da parte della Tenaris-Dalmine, azienda leader nel settore delle bombole,di una giornata di lavoro festivo straordinario per il 1novembre scorso, in modo da poter rispettare dellescadenze di consegna. Una richiesta di recupero (lasesta dall’inizio dell’anno contro le quattro consenti-te dal contratto) sulla quale le Rsu hanno dato batta-glia fino al ritiro della proposta della società, cheoffriva 90 euro in più sulla normale giornata distraordinario festivo, per un totale di 200 euro netti.È finita che quando il giorno di Ognissanti i cancelli sisono aperti per consentire l’adesione facoltativa alturno, l’80% degli operai (compresi quelli iscritti alsindacato) si è presentato in fabbrica, anche se inbusta paga sarebbero finiti 40 euro in meno di quelliprospettati all’inizio. È andata diversamente a Roma, nello storico iper-mercato Auchan di Casalbertone, il più antico centrocommerciale della capitale. L’estate scorsa moltilavoratori hanno incrociato le braccia proprio ladomenica per protestare contro l’obbligo alla pre-stazione lavorativa festiva, frutto di un accordo sepa-rato tra la grande distribuzione e Cisl e Uil. Possibilitàdi scelta e più soldi in tasca, questo hanno chiestocassiere, magazzinieri, banconisti, costretti a pre-sentarsi anche il settimo giorno dietro il roboantecompenso di 2,70 euro in più all’ora rispetto al sala-rio feriale. Prima della risposta della direzione (cioè:picche), è arrivata quella dei clienti: davanti ad alcunireparti chiusi per l’assenza del personale hanno pro-testato gridando «Andate a lavorare!». Alessandria, Bergamo, Roma. Tre storie molto diver-se tra di loro, difficile dire dove sta la ragione e doveè il torto. Ma una cosa è certa: è tempo di iniziare apensarci su. �g

di Simone Esposito

Call center, centri commerciali, negozi

Se lavorareè di domenica

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i rifletto

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Avete mai alzato gli occhi a Roma versouna delle paline elettroniche che alla fer-mata dell’autobus segnalano i tempi diarrivo delle varie corse per spiare in quan-

to tempo riuscirete a tornare a casa? O avete presta-to orecchio in metro al notiziario diffuso dalla radio intutte le stazioni? A tenere aggiornati le migliaia diutenti che ogni giorno utilizzano i mezzi pubblicinella capitale provvede l’Agenzia Roma Servizi per lamobilità. «Il nostro lavoro – spiega Andrea Burli,capo servizio della redazione giornalistica – è diffon-dere attraverso i vari mezzi a disposizione le notiziedi servizio relative agli eventi che succedono in città,come le frequenti manifestazioni che si svolgono aRoma e hanno ripercussioni sui normali percorsidegli autobus o sull’apertura delle stazioni dellametro. Segnalando le variazioni in maniera tempe-stiva i cittadini e i turisti possono organizzarsi ed evi-tare disagi». Un servizio che funziona “h24”, comeaffermano gli addetti ai lavori, cioè tutto il giorno, conturni dalle 6 del mattino alle 21.00 in ufficio e dopoattraverso un sistema di reperibilità che consente diintervenire in qualsiasi momento si verifichi unaalterazione delle consuete attività di trasporto pub-blico. Anche la domenica o il 1° maggio e natural-mente a Natale e a Capodanno.Ma c’è stata una volta che i giornalisti in servizio sisono trovati ad allungare il servizio fino alla mattinasuccessiva senza interruzioni. «È successo con lamorte di Giovanni Paolo II – spiega Burli –. Subito lagrande massa di persone che si è riversata su Romaha indotto l’Atac, l’azienda che gestisce i trasportipubblici, a predisporre un piano straordinario di ser-vizi. Noi siamo stati in prima linea per comunicare intempo reale in che modo raggiungere piazza SanPietro e anche quando la zona e le strade intornoerano ormai sature». In questa occasione, cosìquando capita di lavorare durante le feste, «la con-sapevolezza di assicurare un servizio utile alle per-sone ci è di stimolo a fare del nostro meglio». A volte

succede anche che gli utenti balzino fuori dallarubrica delle lettere che raccoglie critiche e suggeri-menti e assumano un volto. Come quello di nonnaVioletta. «Si lamentava – racconta Burli – perché daTorrevecchia, dove abitava, non riusciva ad andarespesso a portare fiori al marito al cimitero di PrimaPorta in quanto il tragitto era troppo lungo». Avevaragione: «lo sperimentammo con lei: occorrevanoalmeno due ore e quaranta e quattro mezzi diversi».L’intraprendente vecchietta aveva già la soluzione:

«parlando con altre coetanee viaggiatrici aveva stu-diato dei percorsi per arrivare ai cimiteri cittadini conun solo autobus da varie zone della città». Una teoriadiventata realtà con l’aiuto anche della redazioneche ha fatto da tramite con le istituzioni: «è nata cosìla rete delle linee C, i bus che portano ai cimiteri.Specie durante le feste, gli anziani che non hannol’auto o nessuno che li accompagni, possono lostesso salutare i loro cari defunti. E noi viviamo lasoddisfazione di poter essere davvero un servizioper tutti». �g

15I 122011

di Chiara Santomiero

Mobilità e servizi pubblici

Attenzione, oggi i busarrivano in ritardo

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Medici in prima linea anche il giorno diNatale per garantire l’assistenza aimalati che ne hanno bisogno. Non èsolo lo scenario della famosa serie

televisiva E.R., ma quel che accade nelle corsie degliospedali, al pronto soccorso, sulle autoambulanzedel 118: i camici bianchi non “riposano” nemmenoquando nasce Gesù.

«È la nostra missione mettere al primo posto i malati– afferma il professor Rodolfo Proietti, primario delServizio di anestesia e terapia intensiva post-opera-toria e terapia del dolore al Policlinico Gemelli diRoma –– .. Ancor più in un ospedale cattolico come ilGemelli e in un reparto di terapia intensiva. Noi riani-matori, poi, siamo abituati a lavorare spesso neigiorni festivi, 24 ore su 24. Certo, Natale è una festaparticolare: il giorno della vigilia si va alla Messa dimezzanotte, è forse l’unica occasione in cui si riuni-sce l’intera famiglia e a tutti farebbe piacere trascor-rere quel giorno insieme ai propri cari».Invece, a turno, tocca lavorare. Certo, non capita tuttigli anni, ci si alterna coi colleghi. Ma quanto “pesa”la rinuncia a passare la festa in famiglia?

«Noi medici, quando abbiamo scelto questa profes-sione, eravamo consapevoli degli obblighi che com-porta: siamo a contatto con malati che hanno biso-gno di cure e non c’è riposo che tenga – fa notareProietti – . Ma i sacrifici, anche nel giorno di Natale,sono mitigati da quella che è la nostra missione.Stare vicino a persone sofferenti e alle loro famiglieallevia il disagio di passare un giorno di festa lontanodai nostri cari. Del resto, se non si hanno passione edisponibilità, oltre a un senso di umanità verso chisoffre, non resta che cambiare lavoro». Non è una professione qualsiasi quella dei medici,soprattutto se viene svolta in luoghi di particolare sof-ferenza, come le terapie intensive. In questi repartisono ricoverati i malati più gravi, che spesso lottanotra la vita e la morte. Ma è Natale anche per loro. «Si cerca di far sì che i pazienti vivano questo giornodi festa con le loro famiglie, anche se in un luogo disofferenza – dice il medico –. Certo, dipende dalleloro condizioni cliniche. Per quelli privi di coscienza èpiù complicato consentire la presenza dei parenti insala, se non per qualche ora. Ma ormai, rispetto adieci anni fa, si è consapevoli che l’affetto rientra inun progetto di cura. L’isolamento e la conseguentealterazione possibile dell’umore non facilitano laterapia del dolore. I malati non si curano solo con ifarmaci, ma anche favorendo la vicinanza dei propricari, che contribuiscono ad alleviare le sofferenze»,ricorda il medico rianimatore.Fa bene anche alla salute, quindi, il giorno di festavissuto insieme ai familiari, oltre che a medici e infer-mieri che lavorano. «Spesso, soprattutto coi pazientiricoverati per parecchi giorni, si crea un rapportoanche affettivo – sottolinea Proietti – . Nei reparti diterapia intensiva, infatti, il medico è davvero al lettodel malato: non vede il paziente solo per pochi minutial giorno durante il giro delle visite come avviene inaltri reparti, ma passa molte ore al suo capezzale.Così ci si conosce e si combatte insieme». E, insie-me, si festeggia anche il Natale. �g

16 I 122011

di Maria GiovannaFaiella

Medici e malati

Insieme,in ospedale

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17I 122011

Èproprio il giorno di Natale, quando, nel1966, don Franco Monterubbianesi deci-de di vivere in comunità con tredici disabi-li presso una villa abbandonata a Capo-

darco di Fermo, nelle Marche. Poco dopo si aggiun-gono altri disabili e i volontari. Oggi il movimentodelle Comunità di Capodarco ha quattordici centri inItalia e altri all’estero. Loro principio è il processo diliberazione individuale e collettivo di coloro che nonsono tutelati senza atteggiamenti pietistici, in unostile di condivisione, aprendosi alle realtà circostan-ti. Don Vinicio Albanesi presiede il movimento delleComunità di Capodarco dal 1994 e spiega a Segno

che «sono circa venti ivolontari fissi nellaComunità di Capodarcodi Fermo». Ma «nelleoccasioni speciali comele festività natalizie e inl’estate, arrivano gruppiche appartengono agliscout, alle parrocchie».QQuuaall èè llaa ggiioorrnnaattaa ddii uunnvvoolloonnttaarriioo dduurraannttee lleeffeessttiivviittàà??Al mattino svolgono deilavori in casa o nelbosco, nella mensa e inmagazzino. Dopo ilpranzo si gestiscono inproprio, fanno raduni,riflessioni, qualcuno sireca in cappella. A metàpomeriggio si svolgel’incontro con la comu-nità attraverso dei pro-

getti attinenti alla nostra realtà, su cui svolgere unariflessione, oppure proponiamo qualcosa noi.SSii ooccccuuppaannoo aanncchhee ddeeggllii aassssiissttiittii??A Capodarco vengono ospitate varie realtà: disabilità

fisiche, mentali, psichiatriche. In genere i volontarifanno animazione. Sono giovani, almeno all’iniziol’impatto è piuttosto forte.II vvoolloonnttaarrii ddii ssuuppppoorrttoo rreessttaannoo aanncchhee iill ggiioorrnnoo ddiiNNaattaallee ee ddii CCaappooddaannnnoo??In genere vengono il giorno prima o dopo. Nelle gior-nate di festa organizziamo il cenone con gli abitantidella frazione, gli amici.CChhii iinnvveeccee ssvvoollggee aattttiivviittàà ddii vvoolloonnttaarriiaattoo ffiissssaa ssii ttrroovvaaccoonn vvooii aanncchhee iill ggiioorrnnoo ddeellllaa ffeessttiivviittàà??Portano un aiuto molto significativo in cucina. Allar-ghiamo l’invito alle loro famiglie. Tendiamo a renderel’ambiente il più familiare possibile, molti degli assi-stiti non hanno nessuno.II vvoolloonnttaarrii hhaannnnoo llee lloorroo ffaammiigglliiee ee pprreessttaannoo llaa lloorrooooppeerraa nneeii ggiioorrnnii ddii ffeessttaa,, aallccuunnii ddeeggllii oossppiittii nnoonnhhaannnnoo llee ffaammiigglliiee ee ttrraassccoorrrroonnoo llee ffeessttiivviittàà iinn ccoommuu--nniittàà.. CChhee ccoolloorree aassssuummee ttuuttttoo qquueessttoo,, cchhee aarriiaa ssiirreessppiirraa??Un’aria molto bella. Le feste hanno un effetto depri-mente per chi si trova in condizioni di disagio. Stia-mo molto attenti a creare un clima festoso. La casaviene addobbata, si programma un’uscita al cinemaoppure le tombolate, le merende. Chi si trova insituazioni di bisogno è sempre triste in queste circo-stanze in quanto si interrompe il quotidiano. Cer-chiamo di rendere la festa in termini naturali, nonartificiali. E la presenza di amici, volontari e parentiriesce a esprimere tutto questo.QQuuaall èè llaa ccaarraatttteerriissttiiccaa ddeellllaa vviittaa iinn ccoommuunniittàà iinn qquuee--ssttii ppeerriiooddii ppaarrttiiccoollaarrii??Qualsiasi comunità e struttura è diversa dal climafamiliare. Anche all’interno di una famiglia, se rima-ne sola, senza parenti e amici, la festa diventa triste.È la capacità di rendere godibile un clima di festache ne restituisce lo spirito. Per questo mettiamoinsieme la messa di Natale e la festa ai bambini conBabbo Natale, oppure qualche piccolo fuoco d’artifi-cio. Tutto quello che riesce a rendere naturale unasituazione che di per sé non lo è. �g

di Alessandra Gaetani

Volontariato

intervista conVinicio Albanesi

E all’ora giustaarriva Babbo Natale

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