FERMENTI DI COMUNIONE E PARTECIPAZIONE...questo cantico a Dio e agli uomini. Vorrei che le Discepole...

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SOMMARIOFERMENTI DI COMUNIONE E PARTECIPAZIONESOM

MARIO

Anno XX - Nuova serie - n. 113 - dicembre 2010

MAGISTERO

1 “Gloria a Dio nell’alto dei cieli… pace in terra agli uomini di buona volontà” di Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo Carmine Orofino

EDITOrIALE

2 Un anno trascorso insieme a Mons. Delle Nocche

di Giuseppe Abbate

Anno dedicato a mons. delle nocche

3 Apertura anno dedicato al Servo di Dio Mons. Raffaello Delle Nocche “Un uomo interamete definito dall’amore a Dio ed alla Chiesa”

4 Omelia di Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo Orofino

6 Giornata Sacerdotale - 31 maggio 201 di Mosè e la testimonianza sacerdotale di Mons. Raffaello Delle Nocche

12 Premiazione del concorso a premi in memoria di Mons. Raffaello Delle Nocche

13 L’attualità di Mons. Raffello Delle Nocche nelle parole del Prof. G. D’Andrea

15 A Roma dal Santo Padre ricordando Mons. Raffaello Delle Nocche

16 Omelia di Sua Em.za Rev.ma Sig. Cardinale Angelo Amato, SDB

18 Chiusura anno dedicato al Servo di Dio Mons. Raffaello Delle Nocche Mons. Raffaello Delle Nocche un grande dono per la comunità diocesana

19 Omelia di Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giuseppe Bertello, Nunzio Apostolico in Italia

21 Discorso di ringraziamento della Madre Generale delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico, Suor Maria Giuseppina Leo nella chiusura dell’anno dedicato a Mons. Delle Nocche

22 Breve storia del Processo per la Beatificazione di Mons. Delle Nocche

AGENDA

25 Gennaio/Febbraio/Marzo

La redazione di Fermenti auguraBuon Natale e Felice Anno Nuovo

a tutti voi e alle vostre famiglie

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N. 113 - DICEMBRE 2010

In questo numero di “Fermenti”, tutto dedicato a Mons. Delle Nocche, anche la rubrica riservata al Magistero del Vescovo riporta il suo pensiero e il suo insegnamento, attraverso la pubblicazione di una sua lettera del 31 dicembre 1930. Si tratta di un insegnamento quanto mai attuale, attinente al tempo che stiamo vivendo e valido per tutti, anche se la lettera è indirizzate alle Suore Discepole.

“Figlie mie, credo che questa mattina avrete fatto la meditazione dell’annunzio degli angeli ai pastori. Prima c’era un angelo solo, poi furono tanti che cantarono: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli; pace agli uomini di buona volontà”. Nel fare questa meditazione, ho pensato che anch’io ha fatto l’ufficio di angelo e ho chiamato una moltitudine di anime a intonare questo cantico a Dio e agli uomini. Vorrei che le Discepole questo cantico l’intonassero sempre e lo facessero sentire anche agli altri. La nascita di Gesù non dovete considerarla come una cosa lontana. Egli nasce ogni giorno nella celebrazione del Sacrificio, nasce nelle anime nostre. Specialmente in questi giorni dovete sentire sempre la nascita di Gesù. Imitate i pastori; andate ad adorare Gesù, come fecero essi. E poi gli angeli augurano la pace. La pace dev’essere con noi stessi, col prossimo, con Dio, in modo che ogni nostro pensiero, ogni azione sia per Lui. Vorrei che questa pace l’intendeste e la praticaste con perfezione in voi stesse e nei rapporti con gli altri. Vi ho parlato della carità. E ora vi dico: Pensateci seriamente, altrimenti non sarete buone Discepole.

Ricordatevi di quello che ci ha detto Gesù: Guardate la trave nei vostri occhi, invece di guardare la pagliuzza negli occhi altrui.

Imitate i buoni esempi degli altri. I Santi credevano di poter apprendere da tutti. Noi abbiamo la superbia di voler fare da maestri a tutti.

Questo non si può accordare col precetto di Gesù; tanto meno si può accordare il seminare discordie. È mancan-za di carità dire parole che possono dispiacere agli altri o ripetere cose sentite dire. Che utilità se ne ricava? Si diventa strumenti del demonio.

Se fate venir meno la carità, non è per voi il cantico degli angeli: “Pace in terra agli uomini di buona volontà”. Lo Spirito Santo ci ha detto che l’uomo che non pecca con la lingua è un uomo perfetto. Vedete quale vigilanza

ci vuole. L’Imitazione ci dice di meditare quello che si deve dire ed è precetto pagano quello di pensare prima di parlare e poi dire la metà di quello che si è pensato.

“Agli uomini di buona volontà”. Dio vuol darci tutto, ma vuole la nostra cooperazione, la nostra buona volontà. Alla fine dell’anno esaminatevi su quello che avete fatto. Umiliatevi per quello che non avete fatto e chiedete a Gesù che vi dia questa volontà buona, intera, costante. Corrispondete, se avete sempre timore di non corrispondere e sarete sempre vigilanti su voi stesse.

Vorrei che la coscienza di tutte le Discepole si svegliasse. Badate, che non dovete essere umanamente buone, dovete essere soprannaturalmente buone, per dare gusto a Dio; dobbiamo agire sempre per Dio e poiché non sappia-mo essere attualmente di Dio, dovremo essere attente nella nostra offerta generale e rinnovare quanto più spesso possiamo la nostra offerta attuale. La Chiesa ci fa concludere tutte le preghiere “per Nostro Signore Gesù Cristo”.

Quante di voi si uniscono a Gesù per offrire a Dio le preghiere, le azioni, le sofferenze, tutto quello che fanno nella giornata?

S. Giovanni conclude l’Apocalisse dicendo: “Chi applica a se stesso queste considerazioni e cerca di attuarle, bea-to lui, perché ha capito il vero spirito della sua vocazione”.

Così io dico a voi: “Beate voi se metterete in pratica tutte le considerazioni che abbiamo fatte insieme”.Auguro a tutti di vivere sempre con questi sentimenti, mettendo in pratica l’insegnamento di Mons. Delle Nocche. A tutti gli auguri più belli per il Santo Natale del Signore e il Nuovo Anno.

Il vostro Vescovo

“Gloria a Dio nell’alto dei cieli ... pace agli uomini di buona volontà”

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Un anno trascorso insieme a

Mons. Delle Nocchedi Giuseppe Abbate

Giovedì 25 novembre 2010 abbiamo celebrato, nella Chiesa di Sant’Antonio di Padova in Tricarico, la conclusione dell’anno (2009-2010) dedicato al Servo di Dio Mons. Raffaello delle Nocche, indetto dal nostro Vescovo Mons. Vincenzo Orofino, in occasione del 50° anniversario della sua morte. È stato davvero un anno particolare seguito da molteplici eventi pastorali, spirituali e culturali. Tra i più significativi ricordiamo:- 25 novembre 2009: Solenne Concelebrazione di apertura (presieduta da Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo

Orofino);- 26 novembre 2009: Presentazione del cd multimediale della sezione “Raffaello Delle Nocche” del Museo diocesano;- 26 gennaio 2010: Incontro tenuto da sulla “pastorale famigliare Eucaristica” (Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Renzo Bonetti)

seguita da una giornata per le famiglie;- 2 febbraio 2010: Giornata per le Suore;- 11 febbraio 2010: Giornata per gli ammalati, in collaborazione con l’UNITALSI diocesana;- 18 aprile 2010: Giornata per le famiglie (Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo Orofino);- 31 maggio 2010: Giornata per i sacerdoti (Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Bruno Forte);- 9 settembre 2010: Giornata diocesana di inizio anno pastorale (Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Carmelo Cassati, Sua Ecc.

za Rev.ma Mons. Francesco Zerrillo, Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Salvatore Ligorio, Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo Orofino);

- 3 ottobre 2010: “Festa dei giovani” (Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Filippo Strofaldi), dove i giovani hanno trascorso una intera notte in adorazione del SS. Sacramento, oltre alle due giornate di animazione con il gruppo Kerigma;

- 10 ottobre 2010: “Festa del Ciao” prettamente dedicata ai ragazzi in collaborazione con l’ACR diocesana;- 31 ottobre 2010: Premiazione “Concorso Mons. Raffaello Delle Nocche” ( Prof. Giampaolo D’Andrea) che ha visto il

coinvolgimento di decine di scuole e centinaia di ragazzi e ragazze impegnati nell’approfondimento della figura del Servo di Dio Mons. Delle Nocche;

- 17 novembre 2010: Udienza generale del Santo Padre Benedetto XVI il quale ha salutato gli oltre 3.500 pellegrini della nostra Diocesi e delle comunità dove operano le Suore Discepole con queste parole: “in occasione del cinquantesimo anniversario della morte del Servo di Dio Raffaello Delle Nocche, Vescovo di Tricarico, la cui vita è stata interamente guidata dall’incontro con Gesù Eucaristia, anima del suo fecondo apostolato. Questa provvida ricorrenza susciti il fervido desiderio di imitare il luminoso esempio di così zelante Pastore”. Nel pomeriggio S. Messa presieduta da Sua Em.za Card. Angelo Amato nella Basilica di San Paolo;

- 25 novembre 2010: Solenne Concelebrazione Eucaristica di chiusura ( Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giuseppe Bertello).Come aveva sottolineato Mons. Orofino durante la Celebrazione per l’inizio dell’anno dedicato a Mons. Delle Nocche, questo è stato davvero “un anno di riflessione sull’eredità spirituale e pastorale del Servo di Dio Mons. Raffaello Delle Nocche. Un tempo di memoria grata per la testimonianza di fede di questo indimenticato e venerato Vescovo. Un tempo di ripresa della sua vasta opera pastorale segnata da profondo amore a Gesù Eucaristico, alla Madonna e alla Chiesa”.In quest’ ultimo numero dell’anno 2010 la redazione ha scelto di dedicarlo interamente alla figura di Mons. Delle Nocche; abbiamo riportato alcune omelie ed interventi che hanno alimentato gli eventi a lui dedicati. È un modo per mantenere vivo il percorso fin qui compiuto che ci permette ancora una volta di pensare alla nostra fede e al nostro amore per Dio e per la sua Santa Chiesa seguendo le orme del nostro amato Vescovo Raffaello. Il ricordo deve rimanere vivo in attesa del giudizio sulla Positio del Servo di Dio che sarà esaminata nel congresso dei Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi, il 22 gennaio 2011, un passo in avanti verso la Beatificazione da noi tutti sperata. La fede di Mons. Delle Nocche si è manifestata soprattutto all’attaccamento a Gesù Eucaristico. Ha saputo unire quella che era la contemplazione all’azione. A ciascuno di noi, qualsiasi posto occupiamo nella Chiesa, Mons. Raffaello Delle Nocche ci ricorda che dobbiamo riscoprire la nostra fede con un incontro veramente personale con Dio.

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“Un uomo interamente definito dall’amore a Dio ed alla Chiesa”

Solenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da Sua Ecc.za Rev.maMons. Vincenzo Orofino per l’inizio dell’anno dedicato a Mons. Delle Nocche

Il 25 novembre 2009 nella nostra Chiesa Cattedrale, nel corso di una solenne celebrazione eucaristica, Mons. Orofino ha dato ufficialmente inizio all’anno dedicato al santo Vescovo Mons. Delle Nocche, che – citando il Decreto di Indizione letto dal Cancelliere Vescovile – “per trentotto anni (1922-1960) ha guidato – la nostra chiesa diocesana – con dolcezza e fermezza, con prudenza e rigore, con zelo apostolico e dedizione incondizionata, operando un radicale rinnovamento ecclesiale e sociale di questa comunità”. Insieme a Mons. Orofino hanno concelebrato i nostri sacerdoti quasi al completo e alcunialtri convenuti per il loro legame allaspiritualità del Servo di Dio; ricca è stata la rappresentanza delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico guidata dalla Madre Generale Suor Giuseppina Leo, in compagnia delle novizie e delle aspiranti; molto bella ed edificante la partecipazione dei fedeli accorsi non solo dai paesi della nostra diocesi ed accompagnati da molti sindaci ma anche da altre località, spiritualmente uniti al Servo di Dio. Nella sua omelia il nostro Vescovo ha espresso il significato di questo tempo davvero speciale di preghiera e di crescita, gli obiettivi di vita cristiana da perseguire seguendo l’esempio di Mons. Delle Nocche. E noi come lui dobbiamo fare dell’Amore di Dio la ragione fondamentale della vita, è il «sì» permanente che Dio dice ad ogni uomo e, insieme, il nostro «sì», istante per istante, nella preghiera e nell’azione che muove dalla preghiera. I biografi ci raccontano come Monsignore “«stava dritto in ginocchio davanti al Tabernacolo e fissava il Tabernacolo». Il mio sguardo nel Suo e il Suo sguardo che cambia il mio sguardo ed il mio cuore: una compenetrazione di cuori, del suo cuore con il cuore di Dio”. Con questo metodo di vita vogliamo quest’anno confrontarci, questo stile di vita assimilare, rimettendoci alla scuola di Raffaello Delle Nocche.

N. 113 - DICEMBRE 2010

APERTURA ANNO DEDICATOAL SERVO DI DIO MONS.

RAFFAELLO DELLE NOCCHE

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Omelia di Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Vincenzo OrofinoTricarico, Cattedrale, 25 novembre 2009

(trascrizione dalla registrazione)

Un saluto cordiale e fraternamente affettuoso a tutti voi. Saluto i signori sindaci e le autorità civili e militari. Saluto le suo-re. Per loro è sempre una grande festa parlare del Fondatore. Saluto la Madre generale, madre Giuseppina, madre Aurea e voi tutte. Il mio ringraziamento ai confratelli sacerdoti: grazie per tutto quello che fate ma soprattutto per la gioia con cui vivete il vostro sacerdozio. E’ un momento importante, perché l’anno che iniziamo oggi vuole essere veramente un anno particolare. Un anno durante il quale vogliamo approfondire la vita e la testimonianza di mons. Delle Nocche e metterci alla sua scuola per imparare da lui a stare con Dio e di fronte a Dio. Un anno che ben si inserisce nel programma pastorale diocesano per il presente triennio incentrato sull’urgenza dell’educazione alla fede. L’anno dedicato a mon-signor Delle Nocche si colloca dentro il cammino della Chiesa diocesana, così come ben si situa nell’anno sacerdotale indetto dal Santo Padre per la Chiesa universale. Ebbene in questo anno tutti i sacerdoti del mondo hanno il Curato d’Ars come modello e noi al curato d’Ars abbiamo aggiunto monsignor delle Nocche. Del resto, monsignor Delle Nocche amava tanto il Curato d’Ars. Che cosa dire? Non devo fare un’omelia su monsignor Delle Nocche: conosciamo tutto della sua vita. Però, se siamo qui per lui, vuol dire che dobbiamo comprenderne il motivo. La vita di monsignor Delle Nocche, volendolo dire con una formula sintetica, è definita dall’amore. Monsignor Delle Nocche è un uomo che ama, veramente e profondamente, ma è anche un uomo amato, intensamente e intimamente. Ama la propria vita e quella delle persone a lui affidate. Ama Dio e la Chiesa. Ama la Madonna.Monsignor Delle Nocche ama la propria vita. Leggendo le sue lettere ci troviamo di fronte a un uomo vero, un uomo autentico, un uomo capace di gustare le cose più semplici e di innamorarsi delle cose più genuine. Un uomo che ama la vita, un uomo che ama la sua vita, un uomo capace di sentimenti profondi, un uomo legatissimo ai suoi cari ma anche ai suoi fedeli. Quante volte parla del papà, della mamma, delle sorelle! Quanto bene manifesta verso il papà e la mamma! Come vuole bene alle sue sorelle, alla sorella che l’ha accompagnato a Tricarico! Come vuole bene alle sue suore! Come vuole bene ai suoi sacerdoti! Un uomo che prende sul serio i sentimenti più veri che sono nel cuore di ogni uomo. Un uomo che è dentro le situazioni con tutto il cuore, sempre. Un uomo che fin dall’inizio ha amato Tricarico. Un uomo che ha amato dall’inizio la situazione in cui è stato messo, pur non avendola scelta lui. Un esempio? Dopo pochi giorni dal suo arrivo a Tricarico, il 14 settembre 1922, scrive alla signorina Maria Machina chiedendo di prepararsi perché non tar-derà l’ora in cui le chiederà di venire a Tricarico per aiutarlo nella sua missione e “compiere un’opera di bene per queste popolazioni”. Questo è segno di amore: ama questo popolo e, subito, vede la necessità di porre mano a una vasta opera di evangelizzazione. Monsignor Delle Nocche: un uomo che ama la sua vita e quella degli altri, un uomo che sta dentro le situazioni con tutto il cuore e a partire dal suo incontro personale con Gesù Cristo, un uomo che, amando questa Comunità, opera instancabilmente per il suo sviluppo integrale e per il suo cambiamento. Tutto questo deriva dalla sua profonda fede. Monsignor Delle Nocche è soprattutto un uomo che ama Dio ed è un uomo amato da Dio; è un uomo di Dio perché ama Dio. Scrivendo alle sue suore, diceva così: “Noi siamo di Dio e tutti gli istanti della nostra vita sono di Dio e, se non li viviamo per lui, noi li perdiamo”. Ecco la consapevolezza semplicissima che ha sempre accompagnato monsignor Delle Nocche: noi siamo di Dio. Dio ci ama. Quanta fiducia aveva nell’amo-

re di Dio! Dio basta alla vita dell’uomo. Noi saremo pienamente felici solo nella misura in cui ci lasceremo amare da Dio e ameremo Dio. Non si tratta, però, di un evento passato, di un qualcosa accaduto nel passato che oggi possiamo solo ricordare. No, Dio è presente oggi, mi ama adesso, qui. Oggi noi siamo di Dio, con Dio, per Dio. Questa è la vera novità, perciò non dob-biamo temere niente. Oggi siamo chiamati a vivere in Dio, oggi dobbiamo dire sì a Dio, oggi dobbiamo amare Dio, oggi Dio ci ama. La consapevolezza di quest’oggi è il fondamento della sua preghiera: una preghiera feconda, una preghiera devota, una preghiera che porta all’adorazione e alla con-templazione, che conduce, cioè, Raffaello Delle Nocche a immergersi nel mistero di Dio, reso corporalmente e sostanzialmente presente nell’Euca-ristia. L’Eucaristia, per monsignor Delle Nocche, non è altro che la perma-nente incarnazione di Dio nel mondo, la permanente presenza di Dio nel mondo, è quel sì continuo che Dio dice all’uomo. Ecco perché, se l’uomo vuole rispondere al sì di Dio, deve inginocchiarsi davanti all’Eucaristia e all’Eucaristia deve dire sì. L’Eucaristia, il Dio incarnato in mezzo a noi, è il sì di Dio a noi e noi, adorandola, diciamo sì a Dio. Monsignor Delle Nocche è l’uomo dell’Eucaristia. Non era un “devoto”, era un uomo concreto, reale. Era l’uomo dell’Incarnazione per cui, davanti all’Eucaristia, lui portava le

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situazioni, portava il mondo, portava la comunità che guidava. L’Adorazione eucaristica per lui era un continuo conse-gnarsi: “Ecco la mia vita, ecco la mia comunità, ecco i nostri problemi, ecco quello che ho. Affido tutto a te”. E l’Eucaristia era la risposta di Dio alla sua domanda. Raffaello delle Nocche è l’uomo che ama intensamente Dio e che si lascia amare da Dio, coinvolto profondamente nel sacramento della carità, che è l’Eucaristia. Da questo deriva quel suo amore, senza confini, per la Vergine Maria, Madre di Gesù e Madre nostra. La Madonna, il primo tabernacolo della storia; la Madonna, la donna tutta eucaristica. Monsignor delle Nocche è un uomo la cui vita è tutta definita dall’amore di Dio e per Dio. Ma non solo! E’ un uomo la cui azione, non solo pastorale ma anche sociale, è determinata da questo amore. Noi lo sappiamo: l’azione sociale di monsignor Delle Nocche è vasta e variegata. Eppure non era un attivista, bensì un contemplativo. Delle Nocche era un contemplativo in azione, cioè era uno che imparava dall’Eucaristia a stare nella realtà e ad amarla. Questo lo rendeva libero dalle circostanze e dall’esito, fino al punto da essere capace di scrivere agli uomini politici o a chiunque altro e chiedere ciò che era necessario per la vita della comunità. Con estrema dignità e senza alcun servilismo. Chiedeva per amore, non per protesta. Non chiedeva l’elemosina per i paesi della Diocesi. Chiedeva ciò che spettava per diritto e che per negligenza dei governanti veniva loro negato. Cari fedeli, l’azione sociale di monsignor Delle Nocche ha origine e compimento nel mistero eucaristico: dall’Eucaristia la carità, ci diceva suor Giuseppina ieri sera. Il fondamento della cari-tà di monsignor Delle Nocche è l’Eucaristia. Niente era estraneo a quest’uomo. Perché? Perché tutto veniva ricondotto al centro, veniva ricondotto a Dio che è origine, fondamento e meta della vita. Con tanto amore lui seguiva la costruzione delle canoniche, perché i sacerdoti potessero stare più comodi e dovevano stare meglio per curare bene la comunità. Monsignor delle Nocche ama intensamente e profondamente la Chiesa. Tutta la sua esistenza è un atto di filiale obbe-dienza alla Chiesa e al Papa, un atto di amore alla Chiesa fin dall’inizio. Per tutta la sua vita ha detto ininterrottamente sì a Dio e alla Chiesa. Trentotto anni pastore di questa Diocesi! Ha detto sempre sì a questa Chiesa diocesana e al Papa. Un sì di ogni giorno, fino alla fine, fino a quando, volendo dare le dimissioni perché le forze non lo sostenevano più, su pressione dei canonici, ha fatto la volontà di Dio, facendo la volontà della Chiesa. Un segno grande di amore alla Chiesa è la fondazione delle suore. Monsignor Delle Nocche non ha fondato le suore per-ché, lasciatemi passare la parola, aveva il “pallino” di fare il fondatore; no, monsignor Delle Nocche ha fondato le suore perché, arrivando qui, ha visto che c’era tanto da fare, che occorreva una vasta opera di evangelizzazione che richiedeva un’abnegazione perfetta e ha chiamato le sue amiche dell’Azione Cattolica a raccolta. Fonda la Congregazione come atto di amore a questa Chiesa particolare. Monsignor Delle Nocche ha fondato le suore per amore a questa Chiesa, per questa Chiesa, in questa Chiesa. Non pensava al Ruanda, non pensava al mondo intero, pensava a questa Chiesa, a questa gente da amare, pensava a questi paesi dove mettere la scuola materna, e c’era bisogno delle suore per mettere la scuola materna. Pensava a questa Diocesi, non pensava all’universo intero. Però, man mano che quest’opera cresce, monsignor Delle Nocche la consegna al Papa quale opera del Signore per il bene della Chiesa universale. Dentro questo progetto c’è una dinamica ecclesiologica bellissima, che è la dinamica stessa della vita della Chiesa: la Congregazione delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico è sorta qui, ma man mano si mette al servizio della Chiesa universale. Oggi è presente dappertutto nel mondo e questo è un bene per tutti. Anche per noi.Cosa vogliamo imparare dalla testimonianza di vita di Mons. Delle Nocche? Senza amare la nostra vita, senza stare dentro le situazioni con cuore libero, senza amare Dio con tutto il cuore non cam-bia niente: né la nostra vita, né le situazioni. Monsignor Delle Nocche: un uomo definito dal suo rapporto con Dio, perciò libero. E questa non è una frase fatta: la sua libertà, la sua soavità, la sua dolcezza derivano unicamente dalla sua fede e dalla sua fedeltà alla Chiesa. Una fedeltà quotidiana fondata su Dio, attraverso la preghiera. La forma con cui Delle Noc-che dice sì a Dio è la preghiera, il cui apice è la contemplazione. Per cui stava dritto, in ginocchio davanti al Tabernacolo e lo fissava. Era totale immedesimazione. Non parole, non formule, ma compenetrazione di cuori: la preghiera di mon-signor delle Nocche era tutta compene-trazione del suo cuore con il cuore di Dio, con il cuore di Gesù eucaristico. Da qui la sua profonda devozione al sacro Cuore di Gesu. Carissimi, vogliamo imparare da mons. Delle Nocche questo metodo di vita cristiana. Un metodo di vita personale e non solo pastorale. Un metodo di vita che oso definire cristocentrico, mariano, eccle-siale. Durante questo speciale anno de-dicato all’approfondimento del carisma, della testimonianza e dell’insegnamento di Mons. Delle Nocche vogliamo impara-re questo metodo per essere anche noi, come lui, felici, cioè contenti fino alla fine, senza escludere mai nessuna circostanza. Ci basti Gesù Cristo e il suo amore.

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Giornata Sacerdotale – 31 maggio 2010Durante questo particolare anno dedicato all’approfondimento della vita sacerdotale del Servo di Dio Mons. Raffaello Delle Nocche, del suo insegnamento e della sua testimonianza evangelica, scandito da importanti appuntamenti spirituali e pastorali, che ben si è inserito nell’Anno sacerdotale voluto dal Santo Padre in occasione del 150° anniversario della morte del Curato d’Ars, San Giovanni Maria Vianney, con il beneplacito degli eccellentissimi arcivescovi e vescovi della Basilicata si è vissuta una giornata sacerdotale proposta a tutti i sacerdoti della Regione e a quelli che, a vario titolo, hanno avuto modo di conoscere l’opera e la spiritualità di Mons. Delle Nocche. Una giornata che ha avuto inizio con la preghiera dell’Ora Media e lectio divina tenuta da Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Bruno FORTE, arcivescovo di Chieti-Vasto, sul tema “L’icona di Mosè e la testimonianza sacerdotale di Mons. Delle Nocche”. Riportiamo qui di segiuto l’ntera lectio per riprenderla con calma ed approfondirne i contenuti.

Lectio tenuta daSua Ecc.za Rev.ma Mons. Bruno Forte

L’icona di Mosè e La testiMonianza sacerdotaLe di

Mons. raffaeLLo deLLe nocche

IMosè, amico di Dio e guida del Suo popolo

“Lectio divina” su Es 3,1-15; 14,5-15,20; At 7,20-43 Mosè, il “salvato dalle acque”, è figura di ogni salvato dalle acque del battesimo. Ed insieme, in quanto guida del popolo eletto, è esempio e modello per coloro cui il Signore affida il Suo popolo nel cammino della liberazione dalla schiavitù d’Egitto alla Terra della promessa di Dio. Secondo la testimonianza biblica, Mosè ha un rapporto unico e pri-vilegiato con l’Eterno: mentre a tutti gli altri uomini è concesso di contemplare il Signore solo di spalle, egli è l’amico di Dio, quello con cui l’Eterno parla “faccia a faccia” (Es 33,11; Dt 34,10; Nm 12,8). Per dire quanta tenerezza e attenzione Dio abbia verso di lui, una tradizione midrashica narra della “porticina di Mosè”, collocata sotto il trono dell’Altissimo: quan-do gli angeli - pur tanto buoni - sono presi da un’improvvisa tentazione di gelosia per la predilezione che l’Eterno ha per lui e vorrebbero punirlo, il Signore apre col piede la porticina e vi fa entrare lo smarrito Mosè, perché vi trovi rifugio e protezione (Esodo rabbah XLII,5). Questo posto singolare di Mosè nel cuore dell’Eterno trova riscontro nella venerazione che ha per lui l’intera tradizione ebraica: il Messia desiderato e atteso sarà come un nuovo Mosè, ci assicura il libro del Deuteronomio (18,15: “Il Signore tuo Dio susciterà per te, in mezzo a te, fra i tuoi fratelli, un profeta pari a me; a lui darete ascolto”). Anche nel Nuovo Testamento Mosè ha un posto di rilievo, tanto da essere citato ben 80 volte! In particolare, Paolo dice (in 1 Cor 10,1ss) che i nostri padri furono tutti sotto la nuvola, attraversarono il mare e furono battezzati in Mosè (“eis tòn Mousèn”), vedendo chiaramente in lui un simbolo del Cristo che verrà, in cui noi a nostra volta siamo battezzati. È attingendo a questa ricchezza che Gregorio di Nissa scrive una stupenda Vita di Mosè, dove il nostro Patriarca è presentato come modello di perfezione in materia di virtù, esempio eccellente del cammino che tutti dovremmo per-correre per piacere a Dio, vivendo la nostra esistenza di battezzati - come Mosè salvati dalle acque! - come un cammino pasquale, una sorta di continuo esodo dalla schiavitù del nostro Egitto alla libertà della terra promessa da Dio. Mosè - secondo Gregorio - è Colui che ha conosciuto sul monte santo la “tenebra luminosa” dell’esperienza mistica del divino (II, 163), perché è stato “l’ardente innamorato della bellezza”“ (II, 231), che non ha mai cessato di avanzare verso la visione di Dio: “Vedere Dio significa non saziarsi mai di desiderarlo... né il progredire del desiderio del bene è impedito da alcuna sazietà” (II, 239). Proprio in questa continua crescita Mosè è stato “modello di bellezza”, che ci insegna a testimoniare come lui ha fatto “l’impronta della bellezza che ci è stata mostrata” (II,319). Il capitolo settimo degli Atti degli Apostoli (7,20-43) - nel solco della tradizione ebraica - presenta la vita di Mosè scandendola in tre tappe, ciascuna di 40 anni: al v. 23 si dice che “quando furono compiuti 40 anni salì nel suo cuore l’idea di visitare i fratelli, i figli d’Israele”; al v. 30 si afferma che “compiuti altri 40 anni, gli apparve nel deserto del Sinai un angelo in fiamma di fuoco”. Nel libro del Deuteronomio lo stesso Mosè morente dice: “Io oggi ho 120 anni”

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(31,2: cf. 34,7). Dunque, secondo questa testimonianza ispirata, la lunga vita di Mosè comprende 40 anni alla scuola del Faraone, 40 anni in terra di Madian e 40 anni nel deserto. Quaranta - quattro, numero del mondo definito dai quattro punti cardinali, moltiplicato 10, numero indicativo della perfezione divina - è una cifra piena di simbolismo: tre tappe di 40 anni vogliono dire che ognuna di esse ha un suo proprio significato di valore universale. In esse ogni creatura umana potrà riconoscere qualcosa di sé e rileggere la propria vita come è e come dovrebbe essere davanti a Dio. Così, si intravede la convinzione che Mosè rappresenta tutti noi, chiamati a vivere della Trinità, a lode del Dio Amore!

a) La prima tappa, i primi 40 anni, sono il tempo dell’utopia, ovvero della dolce incoscienza, in cui Mosè, salvato dalle acque dalla Figlia del Faraone e istruito in maniera raffinata (cf. Es 2 e At 7), vive in un mondo ovattato, protetto. È l’età dei sogni e delle grandi speranze: è l’età di una conoscenza filtrata, piuttosto illusoria della vita e degli uomini. Così, Mosè incomincia a sognare di cambiare il mondo. Egli sa, perché la nutrice ebrea, che in realtà è sua madre, glielo ha certamente confidato, che è un figlio di Israele, e da giovane brillante, ricco e felice qual è, concepisce nel suo cuore il sogno di essere il liberatore della sua gente. Nella “dolce incoscienza” di questa fase, egli cerca indubbiamente più la propria gloria che non veramente la libertà di un popolo, che in realtà non conosce affatto. Mosè esce così dalla casa del Faraone per andare in mezzo ai figli d’Israele, cui sa di appartenere. Appena fuori, succede però qualcosa di inaspettato: il nostro eroe assiste a una scena intollerabile, quella di un egiziano che sta percuotendo un ebreo, un suo fratello. Mosè si indigna: davanti a lui, liberatore venuto per fare giustizia, questo egiziano si permette di colpire un figlio di Israele? Mosè è preso dalla tentazione - fino allora sconosciuta - della violenza, e - non sapendo neanche esattamente quello che fa - uccide l’egiziano, per poi pentirsi subito di quello che ha fatto, tanto da nasconderne il corpo, quasi a voler can-cellare l’atto compiuto. Il giorno seguente un ebreo colpisce in sua presenza un fratello ebreo: Mosè vuole intervenire per ricordare loro la fratellanza che li unisce. Lo raggiunge, però, una frase inattesa, tagliente: “Vuoi uccidere me come hai ucciso l’Egiziano?”. I suoi stessi fratelli cominciano a rifiutare quest’uomo, divenuto terribilmente scomodo. Mosè, che pensava ingenuamente di cambiare il mondo ed è caduto subito nel tipico tranello delle scorciatoie ideologiche, la violenza, comincia a capire quanto dura e difficile è la realtà. Mosè prova il grande dolore della sconfitta: il sognatore illuso, il giovane che ha conosciuto la dolce incoscienza, conosce tutta la pesantezza della realtà.

b) Inizia il tempo del disincanto. È questa la seconda tappa della vita di Mosè, la stagione dello scacco: l’illusione cede presto il posto alla delusione. Osserva lapidariamente il racconto degli Atti: “Egli pensava che i suoi connazionali avrebbero capito che Dio dava loro salvezza per mezzo suo, ma essi non compresero” (At 7,25). In questo “ma” c’è tutta l’amarezza di una frustrazione, la crisi del sogno della sua scelta di vita (cf. vv. 27-29). Mosè conosce l’esperienza doloro-sissima di diventare “straniero” a tutti: al Faraone, perché è ormai un ribelle; ai suoi, perché la sua audacia fa loro paura, in quanto temono che comprometta il precario equilibrio della schiavitù in cui si trovano; a se stesso, perché si vede co-stretto a fuggire, senza conoscere una meta. Lui, il coraggioso che aveva rinunciato ai privilegi, conosce la paura e fugge: “Fuggì via Mosè e andò ad abitare nella terra di Madian, dove ebbe due figli” (v. 29). Nella terra d’esilio si va progressiva-mente accomodando: pensa di aver fatto abbastanza, abbandona i sogni della giovinezza, ritiene di aver ormai diritto ad una vita tranquilla, senza sorprese o pericoli. È il tempo della rassegnazione, quando lo scacco diventa rinuncia e l’esilio da esterno rischia di farsi interiore. E tuttavia, i 40 anni di Madian sono anche un tempo di bilanci, di maturazione, di solitudine con Dio nel deserto, come non manca di osservare Gregorio di Nissa. Nel disincanto, si prepara la missione degli anni della maturità...

c) È la terza tappa, il tempo della fede e dell’amore più grande, che comincia con una svolta radicale, segnata dall’irruzione di Dio nella sua vita: “Passati quarant’anni, gli apparve nel deserto del monte Sinai un angelo, in mezzo alla fiamma di un roveto ardente” (At 7,30). Apparentemente all’improvviso, ma in realtà come frutto di una maturazione lenta e profonda, indicativa di un animo che non ha cessato di essere nobile e aperto al mistero, Mosè scopre l’iniziativa di Dio e capisce che - anche se lui non volesse essere interessato a Dio - Dio è interessato a Lui. Si collocano qui i grandi eventi che faranno di Mosè l’anticipazione del Messia e di ogni battezzato in Cristo. Il primo di essi è l’esperienza del “roveto ardente” (At 7,30-31; Es 3,1-15; cf. Es 6,2-13 e 6,28-7,7). Ciò che va evidenziato anzitutto nel racconto è la meravi-glia di Mosè: egli sta pascolando il gregge nell’area del monte Sinai ed ecco che improvvisamente vede un arbusto che arde senza consumarsi. “Si avvicinò per guardare...”: è importante questa annotazione, perché ci dice che Mosè, sebbene ne abbia viste tante, continua ad essere in grado di meravigliarsi. A 80 anni egli è capace ancora di stupirsi, di aprirsi al nuovo! È l’uomo alla radice, il cercatore del Mistero: dove c’è meraviglia, c’è apertura alla novità di Dio, alla Sua impos-sibile possibilità! Solo dove non c’è meraviglia, non c’è più vita, non c’è più sorpresa. Mosè non ha cessato di essere un pellegrino, un cercatore; nonostante si sia adattato all’esilio, il suo cuore continua a desiderare segretamente la patria, una bellezza che non ha ancora incontrato.

È a questo punto che arriva la chiamata di Dio: “Mosè! Mosè!”. Dio chiama per nome. Nessuno è anonimo da-vanti a Lui: ognuno di noi è un “tu” assolutamente unico, singolare, oggetto di un amore infinito. Mosè si sente amato personalmente da Dio. Non è l’esperienza di un voler catturare Dio per sé: al contrario, l’ammonimento è chiaro, “Non avvicinarti, togliti i sandali...” (Es 3,4-6). È invece un lasciarsi afferrare da Dio, perché è Dio solo che può fare del deserto terra santa! “Sono io che ti mando”. Non è più lui, Mosè, il protagonista, che decide e pretende di cambiare il mondo: è

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Dio che lo manda. “Va’ dal Faraone”. Come se nulla fosse stato, come se non avesse mai conosciuto lo scacco, Mosè ac-cetta il nuovo inizio. Dio rende possibile l’impossibile: il Suo nome è una promessa, hy<+h.a,( rv<åa] hy<ßh.a,( - “Io sono Colui che sono”, “Io sarò con Te”, il Dio fedele (Es 3,14). Mosè non ha chiesto la definizione dell’essenza divina: ciò che ha chiesto è che Dio si impegni per lui e il suo popolo. Il Nome santo e benedetto è allora una garanzia, fondata nella realtà del Dio fedele, in base alla quale Mosè può iniziare la sua avventura. È qui che Mosè sperimenta la prova della fede, il passaggio del Mar Rosso (Es 14,5-15,20: cf. 1 Cor 10,1-2; Eb 11,29). Da una parte c’è il mare con i suoi flutti, dall’altra il Faraone con i suoi cavalli e i suoi carri. La logica umana imporrebbe un calcolo, una scelta orientata al compromesso. Mosè ha paura: umanamente l’alternativa è fra la morte nel mare o la resa al Faraone (cf. Es 14,10-14). La scelta si impone: o fidarsi di Dio o calcolare secondo la logica degli uomini. Mosè non esita a coinvolgere il popolo, a incoraggiarlo: “Non abbiate paura. Siate forti e vedrete la salvezza del Signore” (v. 13). Resta però solo davanti a Dio, con un peso enorme, perché abbandonarsi a Dio può sembrare ora una rinuncia ad agire. Nella solitudine grida al suo Dio, tanto che l’Altissimo gli chiede: “Perché gridi verso di me?” (V. 14). Eppure, continua a testimoniare al popolo la fiducia nella fedeltà dell’Eterno: “Il Signore combatterà per voi” (v.14). Mosè è ormai un vero capo, perché sa che quello che può permettersi nel contatto diretto con Dio, deve mediarlo con saggezza d’amore ai suoi: non bisogna mai scaricare le proprie croci sulle spalle di chi è più debole! Mosè comprende, insomma, che c’è un’altra possibilità: credere in Dio nonostante tutto, nonostante l’apparente sconfitta di Dio. Ed è così che Mosè giunge all’atto più importante della sua vita: si fida di Dio, crede contro ogni evidenza. Vivendo l’oscurità del salto della fede, obbedisce al Signore che gli dice: “Ordina agli Israeliti di riprendere il cammino. Tu intanto alza il bastone, stendi la mano sul mare e dividilo, perché gli Israeliti entrino nel mare all’asciutto” (vv. 15s). È a questo punto che le acque del mare si aprono, il popolo passa fra di esse incolume, gli Egiziani che lo inseguono vengono travolti. Il simbolismo è tragico e durissimo: le acque della vita per gli uni sono le acque della morte per gli altri. Mosè, il condottiero della fede che passa attraverso il mare, è il salvato dalle acque insieme al suo popolo. È allora che conosce il trionfo della fede: nella notte, fidandosi ciecamente, senza vedere, si compie il passaggio regale, ed esplode dal suo cuore il cantico della riconoscenza, il cantico dei salvati (cf. Es 15). Da allora in poi sarà quel che è stato in quella notte al Mar Rosso: l’uomo dell’intercessione e della responsabilità (cf. Es 17), l’uomo della Parola (cf. Es 19,3), colui che soffre per amore del suo popolo e per amore del suo Dio, in un continuo esodo vissuto nella speranza verso la terra della promessa di Dio. A 120 anni si conclude la vita di Mosè: secondo il racconto del Deuteronomio Mosè muore solo, in obbedienza a Dio, senza entrare nella terra della promessa. “Il Signore disse a Mosè: Sali su questo monte degli Abarim, sul monte Nebo, che è nel paese di Moab, di fronte a Gerico, e mira il paese di Canaan, che io do in possesso agli Israeliti. Tu morirai sul monte sul quale stai per salire” (Dt 32,49s). È commovente quest’andare a morire solo, in obbedienza a Dio: “Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paese di Moab, secondo l’ordine del Signore” (Dt 34,5). Nella solitudine, nel freddo del monte, un Altro lo accoglierà, lo riscalderà. E mentre gli farà contemplare da lontano la terra promessa, gli darà quella vera di cui essa è simbolo... Secondo i Maestri ebrei, la morte di Mosè si compie nel bacio di Dio: immagine potente del Midrash, nella quale si compendia il significato di una vita così alta che culmina nell’unione piena con l’Eterno. Mosè si allontana da questa terra e nel momento del distacco nessuno gli è vicino, né dei familiari, né dei discepoli, né del popolo; egli è solo, solo al cospetto di Dio. Egli si diparte, ma i resti mortali del suo corpo, non sono raccolti e composti nella pace del sepolcro: non una tomba, non un mausoleo, perché nessun monumento terreno sarebbe stato degno di lui. Solo Dio assiste al suo trapasso, solo Lui si interessa della sepoltura di Mosè: nessuno sarebbe stato degno di tanto ufficio! Ed ecco che il monte e la valle sono la sua sepoltura: nel teatro grandioso di questo spettacolo naturale, alle pendici del monte Nebo, all’ultimo corso della valle del Giordano, dinanzi agli estremi limiti della terra d’Israele, si chiude la vita terrena del grande condottiero. Nella tradizione cristiana, invece, Mosè morente si appoggia ad un legno, figura della Croce di Cristo, in cui tutte le promesse a lui fatte troveranno compimento nella rivelazione dell’amore infinito. La morte di Mosè - come quella del cristiano, salvato dalle acque e perciò custode della speranza del Risorto - non è semplice tramonto, ma aurora di vita: “dies natalis”, giorno della nascita, e non giorno della fine, soglia dove l’Altro divino chiama all’ultimo esodo e accoglie nel compimento della Pasqua eterna. È così che Mosè interpella la nostra vita di salvati nelle acque del battesimo, redenti dalla Pasqua di Gesù: dove siamo nel cammino della fede? Qual è la tappa in cui ci riconosciamo? Abbiamo veramente superato il tempo dell’utopia, che per l’umanità di cui siamo parte è stato il tempo delle ideologie e dei sogni della modernità emancipata? Abbiamo attraversato il disincanto o siamo ancora in esso, compagni di strada delle inquietudini delle donne e degli uomini della nostra epoca? Siamo entrati fino in fondo nella notte della fede? Abbiamo attraversato con Gesù, il nuovo Mosè, il nostro Mar Rosso? Ci siamo incamminati decisamente con Lui verso la terra della promessa di Dio? Vi stiamo conducendo con fedeltà e speranza coloro che ci sono stati affidati? Con umiltà e fiducia chiediamo al Signore che ha liberato il Suo popolo e sempre di nuovo lo guida a libertà di liberare sempre più profondamente anche noi, immergendoci senza sosta nell’oceano del Suo amore infinito: lo facciamo ispirandoci alle parole di Gregorio di Nissa: Rendici, Signore, come Mosè ardenti amanti della bellezza, che, accogliendo quanto via via ci appare immagine del Desiderato, bramino di saziarsi del modello originario, volendo anzi con richiesta temeraria, che supera i limiti del desiderio, godere della bellezza non attraverso specchi e riflessi, ma faccia a faccia... Come a Mosè, dona anche a noi di sapere che si vede veramente il Tuo Volto quando vedendolo non si cessa mai di desiderare di vederlo... Amen. Alleluia!” (Vita di Mosè, II, 232s).

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N. 113 - DICEMBRE 2010

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IIL’icona di Mosè e la testimonianza sacerdotale di Mons. Raffaello Delle Nocche

Alla luce dell’icona di Mosé, amico di Dio e guida del suo popolo, vorrei ora leggere alcuni tratti della testimonianza sacerdotale di Mons. Raffaello Delle Nocche, Vescovo di Tricarico, fondatore delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico (1877-1960). Raccoglierò le mie riflessioni intorno a tre nuclei, scanditi sulle tappe della vita di Mosé e riletti alla luce del modo di Mons. Delle Nocche di relazionarsi ad essi specialmente nel suo compito di guida e maestro spirituale: a) Mons. Delle Nocche e il tempo dell’utopia: il formatore spirituale, guida nel discernimento vocazionale e nella vita di fede; b) Mons. Delle Nocche e il tempo del disincanto: il pastore e il fondatore, al timone della comunità nelle stagioni dell’entusiasmo e della prova; c) Mons. Delle Nocche e il tempo della fede e dell’amore più grande: il Padre, testimone luminoso e accogliente del Padre celeste.

a) Mons. Delle Nocche e il tempo dell’utopia: il formatore spirituale, guida nel discernimento vocazionale e nella vita di fede. L’opera di Mons. Raffaello Delle Nocche, quale risulta visibile agli occhi del mondo specialmente attraverso la famiglia religiosa da lui fondata, è solo la “punta di iceberg” di un ministero lungo, paziente e profondo di formatore delle coscienze, di testimone della fede e di sapiente guida nel discernimento vocazionale compiuto dalle persone affidategli dalla Provvidenza. La storia di molti suoi figli e figlie spirituali è partita - come ogni “vita di Mosè” - dal tempo dell’utopia, pervaso di sogni e di aspirazioni ben lontani dalla realtà. Come si è posto Delle Nocche di fronte a questo punto di partenza? Le testimonianze che si ricavano da quanti lo hanno conosciuto e dal ricco epistolario1 sono concordi nel mostrarci in lui la coniugazione di tre atteggiamenti fondamentali: l’accoglienza della persona; la proposta della meta alta della santità e la pazienza di accompagnare il passaggio dall’umiltà del reale all’altezza della misura di Cristo. Mons. Delle Nocche non ha mai demonizzato i sogni: al contrario, li ha ascoltati, rispettati e perfino - dove possibile - assecondati. Ciò che non è mai mancato è stato, però, lo sguardo in avanti, la chiarezza della meta, l’impegno a fare sempre e fino in fondo la volontà di Dio. Questa “pedagogia della santità”, che parte dal tempo dell’utopia e sa valorizzarlo, purificandone le astrattezze e le immaturità in una paziente opera di discernimento spirituale, è riconoscibile in due campi fondamentali: quello della formazione del suo popolo, ed in particolare dei suoi sacerdoti; e quello della nascita e dello sviluppo della comunità di consacrate da lui fondata. Rivolto in modo speciale ai primi Delle Nocche scrive: “L’uomo, fratelli e figli carissimi, non ha parole adeguate per esprimere tutta la sublimità dell’augusto Sacrificio dell’Altare, che è veramente e propriamente la rinnovazione e la continuazione - sebbene in maniera differente [diremmo più precisamente: la ripresentazione o attualizzazione] - del Sacrificio della Croce. Uno e lo stesso è il sacerdote, una e la stessa è la vittima: Gesù Cristo nostro Signore, che si offre per la salvezza degli uomini, e perché essi per mezzo suo possano offrire a Dio gli omaggi di adorazione, di ringraziamento, di espiazione e di supplica che gli debbono per la loro qualità di creature, infinitamente beneficate, colpevoli e bisognose di tutto. Partecipare quindi con fede ed amore al santo sacrificio dell’Altare significa partecipare ai meriti infiniti della Passione e morte di Gesù, per offrirli all’Altissimo a nostra santificazione” (Lettere, 60). L’eucaristia è proposta in questo testo al tempo stesso come mezzo e meta di santità: è nell’incontro con Gesù vivo che il nostro cuore inquieto potrà trovare pace; ed è dall’accogliere Lui nel sacrificio dell’altare che si aprirà alle sorprese e ai doni della Sua grazia. La continuità nella varietà delle tappe e delle stagioni sarà assicurata dalla fedeltà di Cristo, che si è offerto una volta e per sempre per noi: “Uno e lo stesso è il sacerdote, una e la stessa è la vittima: Gesù Cristo nostro Signore”. La stessa coniugazione di proposta alta e di suggerimenti pratici si trova nel ministero di direzione spirituale, che Mons. Delle Nocche svolse verso innumerevoli figlie, in specie quelle che costituirono le prime Discepole di Gesù Eucaristico: il rapporto epistolare con Madre Maria Machina può considerarsi esemplare in tal senso. Scrive il Fondatore in una delle tante lettere: “Il coro è così vicino alla stanza tua e non ti dà sollievo? Quante volte vai a rifugiarti innanzi allo Sposo Sacramentato? Figlia mia, Egli ti sta purificando con tutta energia e ti sta distaccando da te stessa sempre più perché possa appartenergli sempre più completamente, esclusivamente; geme la natura, ma lo spirito deve godere di questo lavoro dell’Amante geloso” (Lettere alla Madre Maria Machina, 622). L’assolutezza del fine - riconoscere al Signore il ruolo dell’Amante esclusivo, geloso - si unisce in queste parole alla concretezza della guida, che consiglia ed esorta:

1 Cf.labiografiascrittadaPancrazioPerrone,Raffello Delle Nocche, Vescovo di Tricarico, Fondatore delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico,Edi-zioniPaoline,CiniselloBalsamo1990,dovesipossonotrovareancheiriferimentibibliograficiallevarieraccoltedelleletterechesiciterannoinseguito.

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“Quante volte vai a rifugiarti innanzi allo Sposo Sacramentato?”. L’ardore un po’ utopico della Figlia, messo alla prova dall’aridità purificatrice, è compreso e sostenuto dalla saggezza e dalla tensione spirituale del Padre. Nella stessa linea Mons. Delle Nocche guarda alla nascente Congregazione religiosa: “Spero che la Congregazione si rinnovi nello spirito e si dia interamente all’adorazione e alla riparazione…Oh se tutte capissero la missione che il Signore ha affidato ad esse!” (ib., 640). E alla Fondatrice il Padre consiglia di rivolgersi così ad una Figlia in ricerca: “Tu falle comprendere che le Discepole sono prima di tutto adoratrici e riparatrici” (ib., 372). La saggezza del formatore si riconosce nella capacità di fornire ricette appropriate, semplici e ardite nello stesso tempo, come ad esempio questa: “Il giorno 27 corrente, festa di S. Giovanni Evangelista… farai un’ora di adorazione cercando di stare anche tu col capo appoggiato sul petto di Gesù, come il discepolo prediletto nella sera in cui l’Eucaristia uscì dal Suo Cuore per la nostra salute. Ti terrai in un’amorosa e semplice e tranquilla attenzione alla presenza di Gesù Sacramentato e ne ascolterai la voce. Che se Egli tacesse o non dicesse nulla, tu non cambierai metodo, né ti allarmerai per il silenzio di Gesù; ma lo benedirai e ringrazierai egualmente, perché ti concede almeno di stare alla sua presenza e di fare la sua volontà” (ib., 36). Facendo eco ad una tradizione cara ai Padri della Chiesa, soprattutto d’Oriente, Mons. Delle Nocche suggerisce qui alla Figlia spirituale di imitare il Discepolo dell’amore che durante l’Ultima Cena poggiò il capo sul petto del Maestro, perché - come dice Origene - “poteva comprendere il senso delle parole di Gesù, soltanto colui che riposò sul petto di Gesù” (In Joannem 1,6: PG 14,31).

b) Mons. Delle Nocche e il tempo del disincanto: il pastore e il fondatore, al timone della comunità nelle stagioni della prova. Di fronte alla sfida del disincanto - che si presenta in ogni “vita di Mosé”, e cioè in ogni esistenza credente che voglia avanzare sulla via di Dio - Mons. Delle Nocche non si tira indietro, come testimoniano queste parole: “Per la Diocesi ora posso offrire solo la sofferenza, e la offro per il Santo Padre, per il Concilio e per tutti i bisogni della Chiesa” (Lettere, 267). Il dolore e la fatica delle prove sono trasformati in offerta d’amore, non una volta, ma in un costante cammino di offerta, come mostra questa struggente dichiarazione di fedeltà amorosa al Papa: “Dica al Santo Padre che offro tutte le mie sofferenze - e le ore sono lunghe, lunghe, lunghe - per le sue intenzioni e specialmente per il Concilio” (Lettere, 267). Questa tensione mistica non impedisce al Pastore di richiamare i suoi con molta concretezza al necessario impegno della fatica quotidiana, che deve essere sostenuto da metodo, entusiasmo, fedeltà, e deve puntare sempre e solo all’essenziale e al vero: “Il lavoro che ci attendiamo dai nostri sacerdoti deve essere svolto con metodo, tenacia e zelo. Le anime non devono essere… attratte dal senso della novità, della curiosità per un avvenimento insolito, ma solo dal bisogno interiore di riconoscere e glorificare il Divin Mistero Eucaristico. Quante benedizioni discendono su quel popolo che accentra la sua fede nella Santissima Eucaristia!” (Lettere,74). Nella stessa linea, il Direttore spirituale non trascura di raccomandare la perseveranza, così necessaria per non far prevalere l’emotività sulla solidità della nuda fede: “Insisti, figlia mia, - scrive a Madre Maria - e che il Signore ti conceda di far rivivere il primo fervore della nostra Congregazione per l’adorazione e per lo zelo di far conoscere ed amare Gesù nella Santissima Eucaristia e la Madonna Santa” (Lettere alla Madre Maria Machina, 671). L’educazione del popolo affidatogli è per Mons. Delle Nocche una costante preoccupazione, perché solo dove c’è continuo impegno le prove che di volta in volta si affacciano potranno essere superate: “In diversi paesi di questa Diocesi, ed io spero che presto si farà in tutti, l’adorazione si fa più volte al mese e la si fa di solito nelle prime ore della notte e vi intervengono fedeli di ambo i sessi, specialmente donne; ma vi è pure un’associazione di adorazione notturna di uomini i quali, nel secondo giovedì di ogni mese, fanno l’adorazione dalle 21 alle 23 e nel sabato che precede l’ultima domenica del mese la fanno dalle 22 alle 2 del mattino. Specialmente questa è frequentata molto” (Lettere, 723). Nell’insegnamento del Vescovo Delle Nocche l’eucaristia si pone come fonte e insieme culmine di tutta la vita della Chiesa, nutrimento fedele nel pellegrinaggio della vita, sorgente vivificante soprattutto nel tempo del disincanto: su questa convinzione si costruisce la Sua opera pastorale e l’intera spiritualità che egli vive e comunica ai Suoi: “Siamo un corpo solo noi che ci nutriamo dello stesso pane. Chi rompe questa unità non appartiene a Gesù, non può partecipare al Sacramento del Corpo e del Sangue del Redentore” (Lettere, 151). La forza che si irradia dall’eucaristia è per il Fondatore delle Discepole di Gesù Eucaristico tutt’altro che astratta e generica: situata nel tempo e nello spazio, essa alimenta la comunità reale, carica della vita, della storia, della fatica e della speranza delle donne e degli uomini che la compongono. Lo mostra un testo come il seguente: “Un nostro illustre conterraneo profondamente religioso e animato da ardente carità per Dio e per il prossimo, faceva osservare che specialmente quelli che concorrono con il loro lavoro, con il loro sudore, con i loro sacrifici alla produzione del grano e dell’uva debbono sentire il privilegio che dà ad essi di produrre materia dell’Eucaristia… E voi, figli di Tricarico, quasi interamente votati alla produzione del grano e del vino, come dovreste sentire la dignità, la santità del vostro lavoro, come dovreste amare Gesù, sentirlo vicino, nutrirvi spesso di Lui…” (Lettere p. 151). Quello che insegna ai suoi sacerdoti e al suo popolo, Mons. Delle Nocche lo affida come consegna decisiva alle Discepole: “La vita Eucaristica dovrà essere il fondamento di tutto” (Lettere alla Madre Maria Machina, 46). “Lo scopo speciale della nostra Congregazione, è quello di adorare Gesù in Sacramento e riparare alle offese che gli si fanno. Voi siete chiamate ad essere adoratrici e riparatrici. Pensate se nostro Signore poteva chiamarvi a uno scopo più alto. Il vero adoratore è Gesù Sacerdote: Egli però chiama anche le creature a cooperare con Lui. Esse in tanto saranno adoratrici, in quanto si uniranno a Lui, lo imiteranno in tutto e per tutto... L’essenziale è adorare, ringraziare, riparare con Gesù… Tutte le nostre azioni sono un nulla se non le compiamo uniti a Gesù” (Trattenimenti, 94-96).

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Perché la Discepola viva fedelmente la sua vocazione, serva Dio e la Chiesa con amore fedele e superi i tempi del disincanto e della frustrazione, non c’è, dunque, che un cammino da fare: “Tra le osservanze regolari luogo principe deve avere l’adorazione al Santissimo Sacramento: scopo precipuo e fondamentale dell’Istituzione di codesta Casa è il consolare il Cuore Eucaristico di Gesù e il glorificarlo nel sacramento del suo amore e perciò questo dovete cercare prima di ogni altra cosa” (Lettere alla Madre Maria Machina, 92). Perseverare nella fedeltà, superare l’ora del disincanto, vuol dire anche tener fermo il senso della bellezza e della sacralità della propria vocazione, vero tesoro nascosto in vasi di creta: “Se ogni religiosa è cosa sacra, in modo speciale dovete esserlo voi, Discepole di Gesù Eucaristico…Sì, figlie mie, voi siete ‘vasa Domini’. Il calice è simbolo dell’offerta, esso serve ad offrire la vittima, così voi vi offrite tutte al vostro Sposo; il calice inoltre indica il sacrificio. Meglio sarebbe che il calice fosse distrutto, piuttosto che venir profanato. Così voi dovete preferire la morte al pericolo di tradire Gesù. Ma la Discepola deve essere anche ciborio; nel ciborio nascostamente si custodisce Gesù; cosi voi adorate in voi sempre presente la Santissima Trinità, custodite gelosamente il vostro Sposo. E quando sarete piene di Lui, diventerete ostensorio. L’ostensorio espone il Divin Sacramento all’adorazione dei fedeli. Così anche voi dovete portare Gesù alle anime” (Trattenimenti, 67-68). Una vita eucaristica fedelmente vissuta è calice, ciborio ed ostensorio: accoglie fedelmente il dono, lo custodisce e lo irradia con la vita. Nella prova e nella consolazione, nell’ora dell’entusiasmo come in quella della prova, chi si lascia abitare da Dio e resta nascosto con Cristo nel cuore del Padre non ha nulla da temere: le nuvole passano, il sole dorato, Cristo, resta e porta a compimento la Sua vittoria in chi gli apra incondizionatamente le porte del cuore.

c) Mons. Delle Nocche e il tempo della fede e dell’amore più grande: il Padre, testimone luminoso e accogliente del Padre celeste. Al di sopra di tutto, però, Mons. Delle Nocche fu padre dolcissimo nella fede, anzitutto dei suoi sacerdoti, ai quali non si stancava di raccomandare lo spirito di adorazione e di contemplazione, che la familiarità con l’eucaristia esige: “Noi sacerdoti, a cui Gesù ha affidato la Santa Eucaristia… dobbiamo meditare assiduamente sugli altissimi misteri di cui l’Eucaristia è il compendio…, dobbiamo conversare con Gesù specialmente prima e dopo la celebrazione, nella visita pomeridiana e nell’adorazione che faremo più di frequente e più a lungo, nella recita degna, attenta e devota del breviario. Se ameremo trattenerci con Gesù ci sarà facile parlare di Gesù alle anime a noi affidate, e la nostra parola riuscirà efficace perché sarà vivificata dalla grazia che a Gesù abbiamo chiesto e dall’esempio che abbiamo dato” (Lettere, 76). Colpisce in questo testo l’altezza di visione - lo sguardo fisso alla meta della santità, cui il mistero celebrato chiama chi ha la grazia di celebrarlo - e la concretezza dei mezzi e dei tempi indicati per realizzare il disegno divino: meditazione, preghiera vocale, celebrazione liturgica, adorazione, ministero di evangelizzazione e di testimonianza, diventano sotto la penna del Pastore attento alla crescita dei suoi figli le tappe concrete di un cammino continuo di perfezione e di rinnovamento. L’ispirazione profonda che anima la spiritualità e il carisma di Raffaello Delle Nocche, padre del suo popolo e della Congregazione nata dal suo cuore, è la vita eucaristica, nutrita di fede e di adorazione: “L’Eucaristia capolavoro del Cuore divino ne è l’ultima parola d’amore e la suprema attrattiva; e possiamo dire perciò essere il cuore stesso del Cri-stianesimo. L’affratellamento tra gli uomini, luminoso e costante ideale della Chiesa Cattolica, riceve nella partecipazio-ne al Cuore Eucaristico la restaurazione, l’accrescimento e la perfezione. E ciò, nei disegni divini, deve essere una realtà per tutti” (Lettere, 24). Da questo convincimento è breve il passo all’esperienza dello stupore, all’esigenza di contemplare e lasciarsi amare da Gesù, presente nell’eucaristia: lo esprime con grande semplicità Mons. Delle Nocche richiamando l’esperienza del santo Curato d’Ars: “Il paesello di Ars conobbe la prosperità e la pace e si lasciò conoscere esso stesso nel mondo, che prima lo ignorava, solamente perché ebbe un’anima ardente, piccola ostia con l’Ostia divina, che non si stancò di aprire il Sacro Ciborio dalle quattro della mattina alle dieci di sera, chiamando quei buoni villici, da prima ignoranti e indifferenti, alla comunione quotidiana, alla visita al Santissimo Sacramento, alle offerte spirituali al Divino Prigioniero! Oh se ogni Parroco diventasse un piccolo Curato d’Ars!” (Lettere, 74). Tale fu certamente Mons. Delle Nocche in mezzo ai suoi: e questa fede viva, adorante, nutrita di eucaristia proclamata, celebrata e vissuta, lo rese padre accogliente, riflesso luminoso del Padre celeste. Nella gioia e nel dolore tutto in lui seppe trasfigurarsi in offerta d’amore unita al sacrificio eucaristico: “Per ora offro tutto… per la Congregazio-ne perché diventi sempre più eucaristica, sempre più devota della Madonna, sempre più ordinata e fervente” (Lettere alla Madre Maria Machina, 772). Così, dal suo cuore innamorato di Dio, sgorgarono fiumi di acqua viva, che non solo raggiunsero tanti, ma seppero far sentire ciascuno amato d’un amore speciale, come unicamente l’amore divino sa fare. “Ho pregato tanto per te… - scrive a Madre Maria agli albori della nascente famiglia religiosa - ed ho chiesto che que-sto sia l’anno della tua perfetta consacrazione al Signore nella ricerca unica ed esclusiva della sua maggior gloria e del maggior bene per le anime” (ib., 2gennaio 1931). Come Mosé col suo popolo, così Mons. Delle Nocche condusse i suoi in un unico viaggio, l’esodo dalla schiavitù della vita priva o povera di Dio, all’esistenza illuminata e nutrita dalla fede: “Amate la volontà di Dio ed insieme abbiate grande spirito di fede: questo è il migliore e il più fecondo apostolato. Fate tutto con spirito di preghiera, tutto per Dio. Ricordate: noi siamo niente, Dio non ha bisogno di noi. Dobbiamo lavorare solo in quanto Egli lo vuole, se lo vuole e come lo vuole” (Trattenimenti, 92). Delle Nocche fu, insomma, un Padre che testimoniava e rifletteva l’unico Padre di tutti e a Lui solo indirizzava lo sguardo, sulla via di Gesù. Come tale, a lui vale la pena di ritornare ancora, per imparare sempre di nuovo dove si trova l’unico necessario e come si fa a vivere di esso solo, per amore di tutti.

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È durato un anno l’iter del concorso letterario indetto dalla Diocesi in occasione del 50° anniversario della morte del Servo di Dio Mons. Raffaello Delle Nocche, per conoscere, studiare e rivalutare la sua figura. “L’attualità di Mons. Delle Nocche nella sua azione di promozione umana, spirituale, sociale e culturale” questo il tema del concorso che si è rivelato un successo per la quantità degli elaborati, per la qualità e per gli approfondimenti che hanno aggiunto alla figura del Vescovo, una luce nuova, un aspetto rinnovato: lo sguardo ed i pensieri dei giovani che hanno partecipato al concorso. 365 gli elaborati di altrettanti studenti della scuola primaria, secondaria e secondaria di I° grado di cui pubblicheremo nei prossimi numeri uno stralcio. La premiazione in un auditorium di Tricarico gremito, domenica 31 Ottobre alla presenza della giuria composta dal prof. Giampaolo D’Andrea (presidente onorario), da Mons. Nicola Urgo (presidente), dal dott. Antonio Soldo (Segretario), Vincenzo De Lillo, da suor Flora Pinto e da suor Melina Giannì, e dalle signore: Rosanna Caivano, Rosa Fatigante, Giuseppina Paradiso, Carmela Biscaglia, Angela Santopietro, Grazia Vignola, Giacomina Candela, e Carmela Iacono. Ad essere premiati 9 alunni (3 premi per ogni sezione partecipante). Questi i nomi dei vincitori che si sono aggiudicati un premio in denaro:

Scuola primaria - primo classificato: elaborato scritto di Benedetta Rella. - secondo classificato: Domenica Autera elaborato (composizione acrostico). - terzo classificato: disegno di Marianna Ferrara.

Scuola secondaria di I° grado - primo classificato: elaborato scritto di Gabriella Loffreno.- secondo classificato: elaborato scritto di Stefania Daraio. - terzo classificato: elaborato scritto di Rosa Mestice.

Scuola secondaria di II grado - primo classificato: elaborato scritto di Veronica Antonietta Mestice. - secondo classificato: elaborato scritto di Milena Mucci. - terzo classificato: elaborato scritto di un gruppo di stu- denti della la classe II A del Liceo socio-psico-pedagogico di Tricarico.A premiare i giovani oltre a Mons. Vincenzo Orofino, lo storico prof. Gianpaolo D’Andrea, il commissario della Comunità Montana Medio Basento, avv. Franco Auletta, il sindaco di Tricarico avv. Raffaello Marsilio e mons. Nicola Urgo presidente della Giuria.

L’ATTUALITA’ DI MONS. RAFFAELLO DELLE NOCCHE NELLE PAROLE DEL PROF. GIAMPAOLO D’ANDREA

di Domenico Rizzo

<<…la maniera migliore per conoscere Mons. Delle Nocche per i più giovani è quella di cimentarsi attivamente nello sforzo di ricavare dalla sua eredità pastorale e dal suo patrimonio intellettuale degli spunti per l’attualità>>. Con tale espressione il prof. Gianpaolo d’Andrea ha iniziato la sua interessante relazione in occasione della premiazione del concorso in memoria di Mons. Delle Nocche avvenuta il 31 ottobre scorso. Nel suo intervento il prof. D’Andrea ha toccato molte questioni relative al lungo episcopato del vescovo di Marano nella diocesi di Tricarico, cercando di comprenderne il significato e l’importanza in relazione alla vicende storiche, sociali, economiche, politiche e di vita ecclesiale della Basilicata dagli anni venti fino agli cinquanta del XX secolo. Primo fra tutti lo stato di povertà e di profonda miseria in cui si trovava la Basilicata degli anni venti. Dalle lettere di quegli anni traspare, non solo una lucida consapevolezza della gravità della situazione, ma soprattutto la consapevolezza delle ripercussioni che le precarie condizioni di vita,

Premiazione delconcorso a premiin memoria diMons. RaffaelloDelle NoccheTricarico 31 Ottobre 2010

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L’ATTUALITÀ DI MONS. RAFFAELLO DELLE NOCCHE NELLE PAROLE DEL PROF. GIAMPAOLO D’ANDREA

«…la maniera migliore per conoscere Mons. Delle Nocche per i più giovani è quella di cimentarsi attivamente nello sforzo di ricavare dalla sua eredità pastorale e dal suo patrimonio intellettuale degli spunti per l’attualità>>. Con tale espressione il prof. Gianpaolo d’Andrea ha iniziato la sua interessante relazione in occasione della premiazione del concorso in memoria di Mons. Delle Nocche avvenuta il 31 ottobre scorso. Nel suo intervento il prof. D’Andrea ha toccato molte questioni relative al lungo episcopato del vescovo di Marano nella diocesi di Tricarico, cercando di comprenderne il significato e l’importanza in relazione alla vicende storiche, sociali, economiche, politiche e di vita ecclesiale della Basilicata dagli anni venti fino agli cinquanta del XX secolo. Primo fra tutti lo stato di povertà e di profonda miseria in cui si trovava la Basilicata degli anni venti. Dalle lettere di quegli anni traspare, non solo una lucida consapevolezza della gravità della situazione, ma soprattutto la consapevolezza delle ripercussioni che le precarie condizioni di vita, rappresentassero delle difficoltà sull’azione pastorale e spirituale della Chiesa. Questioni che riguardarono l’intero episcopato del giovane vescovo napoletano poiché, come sappiamo, un miglioramento delle condizioni sociali ed economiche nella nostra regione si ebbero solo negli settanta, quindi dopo la sua morte. Analizzando la situazione attuale in cui versa la società nel nuovo millennio, cercando di capire le cause di questa grave “crisi” culturale oltre che sociale ed economica, possiamo ancora di più comprendere l’attualità di Mons. Delle Nocche come pioniere della formazione e dell’educazione non solo dei giovani ma anche dei religiosi. «Una buona formazione sia del clero che dei laici – prosegue il prof. D’Andrea - aiuta a condurre una corretta vita di fede tra le comunità. Una buona formazione conduce alla crescita della maturità civile perché un bravo formatore aiuta anche a discernere, un bravo formatore aiuta a riflettere e a ricomporre le eventuali lacerazioni e un bravo formatore è anche un bravo animatore di comunità». Campo a lui molto caro e del quale ne era esperto visto che

aveva ricoperto l’incarico di rettore del seminario di Molfetta. A lui si deve la fondazione dell’istituto magistrale di Tricarico, ancora oggi attivo e ben funzionante, ma soprattutto un contributo importante lo diede per l’istituzione del seminario maggiore regionale di Potenza, seminario che non esisteva e, i giovani lucani chiamati al sacerdozio dovevano studiare a Salerno o a Molfetta; non solo, nella formazione del nuovo seminario Mons. Delle Nocche insistette affinché ci fosse un filone teologico-filosofico importante poiché esso doveva essere funzionale ad una migliore comprensione della realtà e quindi ad una migliore definizione del metodo d’intervento. Non era accettabile la presenza di un clero privo dei contenuti della fede e che non sapesse acquisire gli strumenti per poter leggere e comprende la realtà. La formazione dei sacerdoti era fondamentale nell’azione pastorale di Mons. Delle Nocche, egli predicava loro di attuare una gestione del sacro non formale ma più sostanziale nel rapporto con la vita di fede; i sacerdoti dovevano essere fari di luce nella vita delle loro comunità. Posizione certamente moderna, secondo il prof. D’Andrea, poiché teneva conto delle condizioni di vita della gente lucana, dove la miseria alimentava l’ignoranza e l’ignoranza, purtroppo, alimentava la miseria, sia nel campo civile che religioso. Di particolare importanza per la comprensione del pensiero del vescovo di Tricarico è l’analisi del periodo storico in cui egli si è formato, affrontato dal prof. D’Andrea anche sulla base delle considerazioni del prof. Gabriele De Rosa, intervenuto nel convegno tenutosi a Tricarico per il centenario della nascita del Servo di Dio. Un periodo storico particolare che coincide con il pontificato di Leone XIII durante il quale ci troviamo di fronte ad una Chiesa, che a differenza del lungo pontificato di Pio IX, prende atto dei Risorgimento italiano e della fine del potere temporale della Chiesa e di tutti i cambiamenti politici e sociali dell’Europa di fine secolo. Tutto ciò ovviamente ha

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influenzato la formazione dei religiosi di quel periodo tra i quali vi è Mons. Delle Nocche ma anche don Luigi Sturzo, fondatore del partito polare italiano, Mons. Bertazzoni, futuro arcivescovo di Potenza e Mons. Nicola Ulderisi, futuro vescovo di Salerno, personalità importanti della storia della Chiesa del Mezzogiorno degli inizi del XX secolo. Trentotto anni vescovo di Tricarico, due guerre mondiali, la crisi del 29, il fascismo, la guerra fredda, il pericolo del comunismo, Mons. Delle Nocche ha guidato la diocesi in tempi difficili, ha visto gli effetti delle due stragi mondiali abbattersi su questa terra già misera e sofferente, esperienze che certamente fanno di lui un testimone importante e certamente un grande analista della realtà. Lo dimostra in una lettera del 1932 nella quale affronta il tema della crisi economica del 1929 causata dal crollo della Borsa di Wall Street, naturalmente soffermandosi sugli elementi di paragone e di legame con la situazione della Basilicata e della sua diocesi. Come un esperto analista economico e sociale, Mons. Delle Nocche in modo semplice ma significativo intuisce i motivi culturali alla base della crisi americana: gli effetti di una società estremamente capitalistica, il consumismo, il forte indebitamento delle famiglie causato da una eccessiva cultura della mobilità abitativa (continuo vendere e acquistare case indebitandosi) che si oppone ad una nostra cultura di vita più radicata al territorio e alla stabilità. Tutto questo veloce e illusorio benessere crolla in pochi giorni, cambiando radicalmente lo stile di vita di molte famiglie americane con tutte le conseguenze sociali che tutto ciò può comportare. Il nucleo del suo discorso è che in Basilicata le condizioni già precarie delle gente lucana rendono inesistenti gli effetti della crisi, inoltre sottolinea che la vita semplice e frugale delle nostre popolazioni poteva essere di supporto ad una capacità di esistenza più forte e difficile che si basa su valori più radicati, stabili e duraturi. Interessante è il passaggio nel quale Mons. Delle Nocche parla delle lotte sociali che secondo lui sono di grande utilità solo se servono ad elevare la vita di una comunità nel suo insieme. Concetti importanti e quanto mai attuali ancora oggi e sui quali dovremmo riflettere visto che una seconda grande ondata di crisi economica sta travolgendo la nostra società. Continuando sul rapporto tra Mons. Delle Nocche e i grandi eventi della storia nazionale e internazionale non dimentichiamo che egli viene nominato vescovo nel 1922, anno della marcia su Roma e della conquista del potere da parte di Benito Mussolini. Del fascismo il servo di Dio era preoccupato come del resto tutta la Chiesa, soprattutto per i giovani, per il modo in cui il regime influenzasse la loro educazione, la loro formazione e soprattutto le loro coscienze. Certamente è stato un elemento che ha determinato la diffusione delle scuole private in tutta Italia e quindi anche dell’istituto magistrale di Tricarico. La nascite delle scuole cattoliche non deve essere visto come un tentativo di clericalizzazione del rapporto educativo ma come un salvataggio dell’istruzione da uno Stato laico-laicista post-

unitario ad uno Stato totalitario come era quella italiano durante il fascismo. La questione principale è che la Chiesa fu chiamata a difendere la libertà di coscienza delle persone minacciate dalla diffusione di nuove ideologie che si proponevano come religioni pagane. Mons. Delle Nocche era fermo e deciso su questo punto come lo dimostra una lettera del 1932 nella quale egli ribadisce la necessità di presidiare la libertà di coscienza della Chiesa. Altro importante tema trattato dal prof. D’Andrea è il ruolo religioso e civile della Donna nell’azione pastorale e nel pensiero di Mons. Delle Nocche. Le parole con le quali accompagna la sua iniziativa di fondare a Tricarico un nuovo ordine religioso, per affidare alla sensibilità femminile delle suore il rapporto delicato e difficile con una realtà di grande difficoltà sociale, mostra in lui convincimento che la donna non poteva essere, come nella tradizione pagana, rilegata ad un ruolo di donna oggetto e di subalternità funzionale all’uomo. La donna secondo lui, proprio come viene riportata nel Vangelo alla sua grande dignità di Madre di Gesù, è chiamata a svolgere nella vita della Chiesa un ruolo fondamentale. La congregazione delle suore discepole di Gesù Eucaristico divenne il perno fondamentale dell’azione di evangelizzazione e di promozione umana della sua azione pastorale unito anche al lavoro dell’Azione Cattolica femminile a alla fondazione dell’istituto magistrale. Tutto questo è il risultato di un disegno organico e di un progetto con una sua coerenza di assoluta modernità poiché Mons. Delle Nocche intuisce che la sensibilità femminile può talvolta, per tante ragioni, aiutare ad integrare l’emarginato; ed è proprio tale sensibilità spesso aiuta a vedere quel qualcosa in più anche nelle difficoltà dei ragazzi e degli allievi, che un atteggiamento meramente magistrale e professionale del rapporto funzionale tra chi insegna e chi impara, non è in grado di fare emergere.In conclusione il prof. D’Andrea si sofferma sul rapporto tra Mons. Delle Nocche e i giovani. Un rapporto nel quale il vescovo svolse il ruolo di padre, maestro, educatore sempre disponibile a recepire qualsiasi messaggio purché non contrastasse con il messaggio evangelico. Un vescovo che preferiva comprendere e non giudicare, preferiva discutere e colloquiare, metodi coerenti con la sua visione pedagogica e con la sua visione dell’educazione e della formazione, elementi che hanno fatto di Mons. Raffaello Delle Nocche un grande pastore che ha lasciato una traccia indelebile su questa terra poiché, come disse Mons. Vairo in occasione del centenario della sua nascita, vede per comprendere, conosce per comprendere, comprendere per competere e quindi operare.La sua è una conoscenza del Padre che attende alla verità perché deve operare secondo carità. Tutto questo è straordinariamente attuale.

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L’anno dedicato a Mons. Raffaello Delle Nocche non pote-va che concludersi con le parole paterne del Santo Padre Benedetto XVI e con la sua particolare benedizione. Mercoledì 17 novembre 2010 al termine dell’udienza generale il Papa ha rivolto un pensiero particolare ai pelle-grini giunti per l’anniversario in occasione del cinquante-simo anniversario della morte del fondatore della congre-gazione delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico, la cui vita – afferma il Papa - è stata interamente guidata dall’in-contro con Gesù Eucaristico, anima del suo fecondo aposto-lato, auspicando che la ricorrenza susciti il fervido desiderio di imitare il luminoso esempio di così zelante pastore. Inoltre il Papa ha rivolto un saluto e un pensiero paterno e di vicinanza spirituale ai circa 6mila fedeli provenienti da tutta la Basilicata, qui convenuti con i vescovi, i sacerdoti,

e le autorità civili e militari, in occasione del trentesimo anniversario del devastante sisma che colpì la nostra regione nel novembre 1980, le cui ferite sono ancora pro-fonde e vive nella mente e nel cuore di tutta la popolazio-ne lucana. Nel primo pomeriggio i pellegrini della diocesi di Tricarico e tutti coloro giunti da tutta Italia per ricordare Mons. Delle Nocche si sono ritrovati nella Basilica di San Paolo Fuori le Mura per la Santa Messa presieduta dal Cardinale Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle cause dei santi, il quale durante la sua omelia ha comunicato a tutti un lieto annuncio: la Positio del Servo di Dio, dopo più di dieci anni di attesa, sarà finalmente esaminata nel congresso dei Consultori Teologi il 22 gennaio 2011. È certamente un passo importante in vista del traguardo della tanto attesa e sperata beatificazione.

A Roma dal Santo Padrericordando

Mons. RaffaelloDelle Nocche

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Udienza Generale del Santo PadreBenedetto XVI

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Eccellenza Reverendissima, Reverenda Madre Generale, Sorelle e Fratelli, la liturgia odierna ci offre delle letture che sembrano scelte apposta per sottolineare il carisma eucaristico del Servo di Dio Rafaello Delle Nocche e dell’Istituto delle Discepole di Gesù Eucaristico. Infatti san Giovanni vede in visione il trono celeste dell’Agnello, circondato da quattro esseri viventi i quali ripetevano giorno e notte: «Santo, santo, santo il Signore Dio, l’Onnipotente, Colui che era, che è e che viene» (Ap 4,8). Contemporaneamente, ventiquattro anziani, prostrati, adoravano anch’essi l’Agnello proclamando: «Tu sei degno, o Signore, di ricevere la gloria, l’onore e la potenza, perché tu hai creato tutte le cose, per la tua volontà esistevano e furono create» (Ap 4,11). È l’adorazione celeste del Cristo glorioso che fa da riferimento alla nostra adorazione terrena del Cristo eucaristico. Il cielo e la terra sono infatti unite nell’adorazione perpetua di Cristo, Agnello senza macchia. E la nostra celebrazione eucaristica fa parte di questo cantico di lode e di gratitudine al Signore per tutti i suoi benefici e le sue grazie. E una grazia singolare è stata fatta a noi nella esemplare figura del Servo di Dio, Vescovo di Tricarico e fondatore della Congregazione delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico. Anche il Vangelo offre un tocco di grande attualità per la nostra vita. Si tratta dell’invito alla perfezione che Gesù rivolge a un giovane: «Una cosa ti manca: vendi tutto quello che hai, distribuiscilo ai poveri e avrai un tesoro nei cieli; e vieni! Seguimi!» (Lc 18,22). Se il giovane del Vangelo non seguì il consiglio di Gesù e si allontanò triste da lui, il giovane Raffaello, invece, abbandonò tutto e seguì Nostro Signore sulla via della perfezione sacerdotale. Quella via di perfezione, che tutte voi, care sorelle, avete scelto attratte dal carisma eucaristico del vostro Fondatore.Ma chi era Raffaello Delle Nocche? La conoscenza della sua vita è un insegnamento di grande attualità, perché mostra come la divina Provvidenza si serve degli eventi ordinari dell’esistenza per creare un modello di vita cristiana. Raffaello nacque a Marano di Napoli il 19 aprile 1877. Ordinato sacerdote il 1° giugno del 1901, divenne prima segretario del Vescovo di Lecce, e poi, nel 1915, rettore del seminario regionale di Molfetta. Nel 1920, spossato dalle fatiche, chiese di essere esonerato dall’incarico e tornò a Marano. Due anni dopo, però, nel 1922 fu nominato vescovo di Tricarico, in Basilicata. Per quasi quarant’anni, esattamente per trentotto anni, resse la diocesi con sapienza e lungimiranza, facendo rifiorire la vita religiosa, dedicandosi all’educazione civile e religiosa della popolazione e soprattutto curando la formazione del clero. Nel 1923 fondò la Congregazione delle Discepole di Gesù Eucaristico. Si spense in concetto di santità il 25 novembre del 1960. Ecco in sintesi la trama della sua vita. La sua poliedrica personalità di vescovo si presta a far risaltare in lui l’uomo di cultura, l’educatore, il sociologo, il politico, il realizzatore di opere umanitarie. Egli stesso, però, si vede soprattutto come sacerdote e come umile discepolo di Gesù: «Chi non edifica sull’unico fondamento che è Gesù Cristo e la legge della carità, di umiltà e di amore, costruirà forse edifici grandiosi, ma destinati a cadere e a produrre con loro rovina sciagure anche maggiori di quelle che abbiamo sofferte».1

Monsignor Delle Nocche era, usando un’espressione paolina, un “uomo di Dio” (1 Tm 6,11). Egli apparteneva totalmente al Signore, realizzando nella sua persona quanto dice l’apostolo: «In lui viviamo, ci muoviamo, esistiamo» (At 17,28). Era quindi un uomo spirituale, abitato dallo Spirito Santo e mosso non dalla carne ma dalla carità. Era l’uomo che faceva della volontà e dell’amore di Dio la vela della sua navigazione. Era l’uomo della preghiera, del silenzio. Conquistato da Cristo, pose tutto se stesso al servizio del regno di Dio, del Vangelo, della carità. Si nutriva di eucaristia. Era un uomo eucaristico. Passava ore in adorazione davanti al Santissimo. Era lì che ritrovava se stesso. Era lì che il suo pensiero si allargava alle necessità dei suoi fedeli e delle sue Suore. Era lì che il suo cuore si accendeva di zelo e di entusiasmo pastorale. Per questo celebrò con grande partecipazione di fedeli due congressi eucaristici diocesani, nel 1938 e nel 1947.Senza anticipare il giudizio ufficiale della Chiesa, ho raccolto qualche episodio e qualche affermazione del nostro Servo di Dio, per avere un’idea concreta della sua personalità decisa, coraggiosa, forte.

1 R. Delle Nocche, Lettere (a cura di Don G. Sarli), Fratelli Montemurro, Matera 1974, p. 101.

Omelia di Sua Em.za Rev.ma il Sig. CardinaleAngelo AmatoTenuta nella Basilica di San Paolo fuori le Mura, il 17 novembre 2010, in occasione della conclusione dell’anno celebrativo del cinquantesimo anniversario della morte del Servo di Dio, Mons. Raffaello Delle Nocche.

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Negli anni 1889-1894, quindi da adolescente (12-17 anni), frequentò il liceo ginnasio “Vittorio Emanuele” di Napoli. Il giovane Raffaello non aveva rispetto umano nel manifestare e difendere la sua identità cattolica. Un giorno ebbe un diverbio con il professor Angelo Corsaro, suo insegnante di lettere e massone convinto. Questo docente si era permesso di dire in modo perentorio: «Tutti i preti sono dei mascalzoni». Al che Raffaello prontamente ribattè: «Anche i professori sono talvolta dei mascalzoni». Indispettito, il professore replicò:«Sì, sì, ripeti pure Pater noster e frequenta la chiesa... diventerai prete, ti faranno pure vescovo!». Il massone fu, suo malgrado, profeta.2

Nominato vescovo di Tricarico, che da ben quattro anni era senza pastore, trovò tutto in abbandono. Ma non si perse d’animo. Subito pensò, ad appena sei giorni dal suo arrivo (8 settembre 1922) a fondare una congregazione di suore dedite all’educazione e al culto eucaristico. E la prima pietra spirituale di questo edificio fu la signorina Linda Machina, conosciuta nella casa delle Salesiane di Don Bosco a Marano, e giovane disponibile a diventare religiosa. Madre Maria Machina, diventata superiora generale nel 1927 e poi riconfermata all’unanimità dai capitoli generali del 1946, 1952, 1958 e 1964, veniva considerata dal Servo di Dio, la prima discepola di Gesù Eucaristico, la pietra angolare posta a fondamento della Congregazione. A lei scriveva dicendo: «Stringiti con amore e generosità alla croce che Gesù ti ha affidata con l’opera delle Discepole di Gesù Eucaristico. È una croce ed anche grande, ma ti formerà un trono gloriosissimo».3

E alle Suore scriveva dicendo: «Pensate al posto privilegiato al quale Gesù vi ha chiamate e secondate l’impulso della grazia... La fedeltà alle piccole cose! Ecco il segreto per farsi santi! [...]. E poi siate allegre sempre».4

Delineava poi il carisma proprio dell’Istituto: procurare la santificazione delle consorelle, riparare agli oltraggi fatti a Gesù vivente nella SS. Eucaristia, pregare assiduamente e adorare Gesù Eucaristico, insegnare il catechismo ai fanciulli, diffondere la devozione al Cuore di Gesù e al culto a Gesù in Sacramento, essere apostolicamente generose e attive.Il suo sguardo nei confronti delle suore non era limitato alla diocesi. Egli le vedeva con occhio di chiesa universale. La nuova congregazione aveva un significato e un valore per i bisogni non solo di singole diocesi ma di tutta la Chiesa.Forse è bene ricordare quanto disse il Beato Giovanni XXIII nel gennaio del 1959. Mons. Delle Nocche, dopo l’udienza, aveva chiesto al Papa di posare per una foto con l’intero Consiglio delle Suore. Il Papa rispose profeticamente: «Per un Vescovo che splende per la sua umiltà e si avvia per la via dei santi facciamo questa eccezione».5

Eccellenza, reverenda Madre Generale, care Sorelle, care sorelle e cari fedeli, a conclusione di quest’anno celebrativo del cinquantesimo anniversario della morte del Servo di Dio, Mons. Raffaello Delle Nocche, le vostre preghiere hanno avuto un ascolto positivo da parte della Provvidenza divina. Vi posso, infatti, annunciare che la Positio del Servo di Dio, dopo più di dieci anni di attesa, sarà finalmente esaminata nel congresso dei Consultori Teologi della Congregazione delle Cause dei Santi, il 22 gennaio 2011. L’iter ulteriore, poi, prevede – se i teologi, come si spera, si pronunceranno positivamente circa l’eroicità delle virtù del Servo di Dio – il passaggio, dopo alcuni mesi, alla Seduta Ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi del Dicastero. Se anche questo importante passaggio va a buon porto, spetta poi al Santo Padre l’ordine di promulgare il decreto della venerabilità. Come vedete, siamo già in vista del traguardo della beatificazione.Questo iter procedurale, così laborioso per la fatica e per il tempo, deve essere sempre accompagnato da un grande fervore eucaristico, per irrorare con la preghiera le diverse tappe di svolgimento della causa. Nel frattempo, si devono intensificare le richieste di intercessione al Servo di Dio per poter ottenere grazie e favori spirituali. Tutto ciò può costituire un tesoro prezioso al quale attingere un eventuale fatto miracoloso.Come vedete, l’impegno della postulazione e della Congregazione è grande in questa causa, ma anche il vostro impegno – da parte dei fedeli e delle suore – deve essere altrettanto intenso per poter celebrare al più presto possibile la tanto sospirata beatificazione del Servo di Dio mons. Raffaello Delle Nocche.Gesù Eucaristico, da lui tanto amato e centro spirituale della Congregazione delle Discepole di Gesù Eucaristico, vi sostenga nel vostro anelito di santità e di apostolato.

Amen.

2 Positio, vol. I, p. 22.3 Positio, vol. I, p. 70.4 Positio, vol. I, p. 71-72.5 Positio, vol. I, p. 112.

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Mons. Raffaello Delle Noccheun grande dono per la comunità diocesanaSolenne Concelebrazione Eucaristica presieduta da

Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giuseppe Bertelloper la chiusura dell’anno dedicato Mons. Delle Nocche

Sono trascorsi cinquant’anni dalla morte del Servo di Dio, e Vescovo di Tricarico dal 1922, Mons. Raffaello delle Nocche e lo scorso giovedì 25 novembre si è anche concluso l’anno a lui dedicato indetto dal vescovo Mons. Vincenzo Orofino il 25 novembre del 2009. Nella parrocchia Sant’Antonio da Padova in Tricarico, il Nunzio apostolico in Italia, Mons. Giuseppe Bertello, ha presieduto la solenne concelebrazione religiosa, a cui hanno preso parte oltre al vescovo di Tricarico, anche i vescovi della Basilicata: Mons. Salvatore Ligorio, Arcivescovo della diocesi di Matera-Irsina, Mons. Giovanni Ricchiuti, arcivescovo della diocesi di Acerenza e rettore del Seminario di Molfetta, Mons. Gianfranco Todisco, vescovo della diocesi

di Melfi-Rapolla-Venosa e i sacerdoti diocesani e di altre diocesi. Durante il saluto iniziale, monsignor Vincenzo Orofino ha sottolineato l’eccezionalità di questo anno, che ha visto la comunità diocesana pregare e ringraziare il Signore per il grande dono di Mons. Delle Nocche. Durante l’omelia, monsignor Giuseppe Bertello, ha anche ricordato l’opera pastorale del Servo di Dio e le suore “Discepole di Gesù Eucaristico” e il loro servizio ai fratelli attraverso la collaborazione alle opere parrocchiali nei centri più bisognosi di assistenza religiosa, alla catechesi, all’insegnamento e al servizio verso i più poveri. A conclusione della concelebrazione eucaristica, la madre generale delle “Discepole di Gesù Eucaristico”, suor Maria Giuseppina Leo, nel suo discorso di ringraziamento, ha sottolineato l’intimo rapporto di monsignor delle Nocche con l’Eucaristia.

CHIUSURA ANNO DEDICATOAL SERVO DI DIO MONS.

RAFFAELLO DELLE NOCCHE

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Omelia di Sua Ecc.za Rev.ma Mons. Giuseppe Bertello,

Nunzio Apostolico in Italia

La pagina del Vangelo di Giovanni, che la Chiesa offre stasera alla nostra meditazione e alla nostra preghiera, è tratta dal lungo discorso, che Gesù fa nella sinagoga di Cafarnao sul “Pane di Vita” per spiegare chi è, qual è la sua missione e quale deve essere la relazione tra lui, il Maestro, ed il suo discepolo. A dir il vero, le sue parole sono precise e dense di significato, ma i suoi ascoltatori lo interrompo-no e cominciano a mormorare perché non possono accet-tare che quel giovane, che considerano uno di loro, possa essere mandato da Dio, anzi, si presenti come il vero Dio. Nel suo discorso, Gesù, con un linguaggio caro alla menta-lità biblica, si serve dell’immagine del pane e del vino, che richiamano l’idea del convito, per invitare l’umanità intera alla mensa da lui preparata: carne e sangue, nel linguag-gio del popolo d’Israele, significano l’uomo, in tutta la sua realtà, con le sue debolezze e le sue fragilità, la vita e la morte; mangiare e bere, come in tutte le civiltà, non sono solo il simbolo dell’alimentazione, ma indicano anche il senso della comunione, della partecipazione, che si vive, appunto, in un convito. Le parole di Gesù si caricano di un significato profondo: l’eucaristia è la persona stessa di Gesù, che, oltre a darsi all’uomo come Parola di Dio, ha voluto identificarsi con il pane ed il vino, che portiamo all’altare, per donarsi intera-mente a noi come agnello immolato e vivente e farsi cibo per il cammino della nostra vita. La comunione eucaristi-ca non può avere solo un carattere intimistico e privato: per essere vera, esige reciprocità, non può essere qualche cosa di automatico, di abitudinario. Un incontro o lascia traccia o non è un incontro. Non solo: far comunione con il Signore, crocifisso e risorto, significa anche donarsi con lui ai fratelli, significa diventare un solo corpo e un solo spirito. Come i chicchi di grano si fondono in un solo pane e gli acini di uva in un solo vino, così diventiamo anche noi un solo corpo, un solo spirito, una sola persona mistica. C’è una bella pagina del Papa Paolo VI, che sintetizza quanto stiamo meditando. Egli spiegava che nell’Eucaristia domina l’idea della permanenza di Gesù, in mezzo a noi, anche dopo la sua passione e la sua morte, “sotto le schermo sacramentale, che, mentre toglie a noi la gioia della sua visione sensibile, offre a noi la sicurezza della sua effettiva presenza ... per saziare la fame di coloro che rimarranno nella sua fede e nel suo amore. Rimanere è l’intenzione sacramentale dell’Eucaristia, cioè riguardo a Gesù; rimanere è l’intenzione morale, cioè riguardo a noi, ai quali Gesù vuole essere per tutto il nostro pellegrinaggio nel tempo, il viatico, il compagno, l’alimento” (Insegna-menti, VII, pag. 351-352). Chissà quante volte monsignor Raffaello delle Nocche avrà meditato e spiegato questa pagina del Vangelo. Noi stasera, accogliendo l’invito del vostro Vescovo – che ringrazio di cuore a nome di tutti – ci siamo raccolti in

questa Chiesa, a lui tanto cara, per ricordare solennemente il cinquantesimo anniversario della sua chiamata alla casa del Padre e concludere questo anno celebrativo della sua opera e della rivisitazione del suo insegnamento. Certo, un posto particolare lo occupano le Discepole di Gesù Eucaristico, le sue Figlie spirituali che monsignor delle Nocche ha fondato all’inizio del suo ministero a Tricarico. Egli desiderava che, dalla presenza orante davanti a Gesù Eucaristico, sgorgasse il loro servizio ai fratelli attraverso la loro collaborazione alle opere parrocchiali nei centri più bisognosi di assistenza religiosa, alla catechesi, all’insegnamento, al servizio verso i più poveri. Ma è la diocesi intera – e in primo luogo i sacerdoti e gli operatori pastorali – che è chiamata a guardare a questa figura di pastore, che, con entusiasmo e zelo missionario ha inciso profondamente sulla vita ecclesiale e, più in generale, sul tessuto sociale di questa regione. Monsignor delle Nocche ha amato la diocesi di Tricarico, si è immedesimato nei suoi valori, nei suoi problemi, nelle sue necessità, non ha avuto paura di guardare in faccia gli aspetti negativi e si è impegnato a correggerli. “Con quale amore sia venuto – dirà verso la fine della sua vita – Dio lo sa e credo lo sappiate anche voi poiché nulla mi ha scoraggiato, nulla mi è sembrato troppo brutto; devo anzi rendervi testimonianza che ho ringraziato sempre Iddio di avermi mandato in mezzo a voi e non in altre parti, e di non aver mai accolto un pensiero che davoi mi allontanasse” (Lettere, pag. 194). E qui passò 38 anni! Il Signore, nella sua bontà, fa sbocciare nella Chiesa delle personalità eccezionali per dirci che la santità è ancora possibile e per incoraggiarci a seguirne l’esempio. “Un santo – e santi non sono solo quelli con l’aureola, ma chi è vero amico di Dio – è come un seme gettato nella terra: diventa un albero e generazioni e generazioni raccolgono i suoi frutti e si riposano alla sua ombra. Un santo è una profezia, una provocazione: non lascia tranquilli coloro che lo conoscono” (cardinale Dionigi Tettamanzi, Scelte evangeliche del prete oggi, pag. 8). Vorrei che ci lasciassimo provocare anche noi da Monsi-gnor delle Nocche per raccogliere qualche insegnamento per la nostra vita e non fare dell’anniversario della sua

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morte solo una rievocazione, seppur affettuosa. Il vostro Vescovo ha voluto che il cuore di questo incontro fosse la celebrazione della Messa Votiva dell’Eucaristia. C’è un motivo: l’Eucarestia, vista come la manifestazione più grande dell’amore infinito del Cuore di Gesù, è stata il centro ed il movente di tutta la vita sacerdotale ed episcopale di Mons. Delle Nocche. I biografi sottolineano la sua profonda pietà, che troviamo riassunta nelle parole rivolte ai suoi sacerdoti: “Noi sacerdoti – scriveva – ai quali Gesù ha affidato la Santa Eucaristia, dandoci l’altissimo mandato di consacrare, di ricevere, di distribuire ai fedeli il suo Corpo e il suo Sangue ... dobbiamo meditare assiduamente sugli altissimi misteri di cui l’Eucaristia è il compendio: Mysterium fidei. Dobbiamo conversare con Gesù specialmente prima e dopo la celebrazione della Santa Messa, nella visita pomeridiana e nell’adorazione che faremo più frequente e a lungo, nella recita degna, attenta e devota del breviario. Se ameremo trattenerci con Gesù ci riuscirà facile parlare di Gesù alle anime a noi affidate e la nostra parola riuscirà efficace perché sarà vivificata dalla grazia che a Gesù avremo chiesto e dall’esempio che avremo dato” (Lettere, 26). Queste parole traducono, a mio avviso, la vita eucaristica di Monsignore, che è stato un antesignano, pur nella visio-ne teologica del suo tempo, della spiritualità liturgica, che nascerà dal Concilio e dai Sinodi successivi. L’Eucaristia ha acceso di ardore la sua vita e ha animato ogni sua azione perché “il culto a Dio nell’esistenza umana non è relegabi-le ad un momento particolare e privato, ma per natura sua tende a pervadere ogni aspetto della realtà dell’individuo ... in cui ogni particolare viene esaltato in quanto vissuto dentro il rapporto con Cristo e come offerta a Dio” (SC,71). Da tale pietà sono nate le iniziative per moltiplicare la de-vozione eucaristica nella diocesi, che hanno avuto nella celebrazione dei Congressi Eucaristici i loro momenti più solenni. Egli non si stancava di predicare che “il Cuore di Gesù è nei molteplici mezzi di salute che possediamo; è segnatamente nella Santa Eucaristia, vivo, reale, palpi-tante. L’eucaristia, capolavoro di quel Cuore Divino, ne è l’ultima parola di amore e la suprema attrattiva e possia-mo perciò dire essere il cuore stesso del cristianesimo” (Lettere, 24). Alla luce di questi insegnamenti, vorrei che prendessimo due impegni concreti. Il primo: riscopriamo il valore della celebrazione eucaristica domenicale. Già ai tempi di monsignor delle Nocche, era abbastanza disat-tesa se scrive che a quei tempi un’altissima percentuale anche di donne non andava a messa, neppure nelle feste più solenni, che allora erano chiamate di doppio precetto (cfr. Lettere, 114). Il Papa Benedetto XVI ci dice a questo proposito: “La vita di fede è in pericolo quando non si avverte più il deside-rio di partecipare alla celebrazione eucaristica in cui si fa memoria della Pasqua. Partecipare all’assemblea liturgica domenicale, insieme a tutti i fratelli e le sorelle con i quali si forma un solo corpo in Cristo Gesù, è richiesto dalla co-scienza cristiana. Smarrire il senso della domenica come giorno del Signore da santificare è sintomo della perdita del senso autentico della libertà cristiana” (SC, 73). Già le prime comunità cristiane avevano percepito il profondo

influsso che l’eucaristia domenicale esercita sullo stile di vita dei suoi membri. Sant’Ignazio di Antiochia, mettendo in risalto il nesso tra l’Eucaristia e l’esistenza cristiana nella sua quotidianità, diceva che i cristiani sono coloro che vi-vono “secondo la domenica”, cioè sono consapevoli della novità di vita, portataci dalla Resurrezione di Gesù, e del dovere di manifestarla agli altri attraverso un comporta-mento intimamente rinnovato. Ai piedi dell’Eucaristia, poi, monsignor delle Nocche ha tratto la forza per la sua pastorale sociale e caritativa. Scri-ve il Perrone che, in lui, la preghiera davanti al tabernacolo e l’azione convivevano egregiamente senza accavallarsi o urtarsi (Raffaello Delle Nocche, pag.323) e i volumi del-le sue lettere sono una vibrante testimonianza della sua opera per dare una nuova speranza alla sua gente, pro-strata dalla miseria materiale e spirituale. Sin dall’inizio, i cristiani si sono preoccupati di condividere i loro beni ed aiutare i poveri, come ci ricordano gli Atti de-gli Apostoli. Diceva San Giovanni Crisostomo: “A che ser-ve che la tavola eucaristica sia sovraccarica di calici d’oro, quando lui muore di fame? Comincia a saziare lui affama-to, poi con quello che resterà potrai anche ornare l’altare” (Omelie sul Vangelo di Matteo 50). Anche oggi, il mistero dell’Eucaristia deve impegnarci a saper scoprire nel pove-ro e in chi soffre il volto di Gesù e a portare nelle strutture sociali il lievito e la luce del Vangelo perché l’unione con Cristo è allo stesso tempo unione con tutti gli uomini ai quali egli si dona. “lo non posso avere Cristo solo per me – ci dice ancora il Papa – Posso appartenergli soltanto in unione con tutti quelli che sono diventati o diventeranno suoi” (SC, 89). Continuando la nostra celebrazione eucaristica, chiedia-mo al Signore che dia a tutti noi – soprattutto a noi sacer-doti – la forza di seguire gli esempi di questo Vescovo, che ha messo sul nostro cammino spirituale e ci faccia, com’è stato lui, autentici apostoli del suo Vangelo.

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Discorso di ringraziamento della Madre Generale

delle Suore Discepole di Gesù Eucaristico, Suor Maria GiuSEppina LEo

nella chiusura dell’anno dedicato a Mons. Delle nocche

25 novembre 2010

Ecc.nze Rev.me, illustri Autorità civili e militari, cari Sacerdoti e cari fratelli tutti che avete celebrato con noi questa Santa Eucaristia di ringraziamento, col cuore pieno di riconoscenza elevo il canto della mia gratitudine al Signore per le meraviglie che la Trinità Santa ci ha fatto scoprire e gustare in questo anno di grazia che abbiamo appena concluso.

È impossibile ripensare a tutto il bene che è ci è stato donato e che il Signore stesso ci ha permesso di sperimentare durante questo tempo. Una grazia vogliamo chiedere per tutti noi concludendo la nostra Eucaristia: quella di continuare a penetrare il sublime mistero della Santa Eucaristia, di lasciarci infiammare dall’amore che spinse Gesù a donarsi a noi, a lasciarsi toccare da noi, a permettere col dono della sua vita di trasformarci in Lui, per essere con Lui comunione d’amore col Padre.

Il Servo di Dio, Mons Raffaello Delle Nocche, parlando dell’Eucaristia all’inizio del suo Episcopato, diceva: L’Eucaristia, capolavoro del Cuore divino, ne è l’ultima parola d’amore e la suprema attrattiva, e possiamo dire perciò essere il cuore stesso del Cristianesimo… Una intuizione che guidato tutta la sua vita e informato tutta la sua opera, intuizione che sarà confermata dalla dottrina eucaristica che si svilupperà successivamente e dal Concilio Ecumenico Vaticano II.

Chiediamo allo Spirito Santo che ci introduca sempre più pienamente nel progetto di salvezza del Padre attraverso un amore ardente alla Santa Eucaristia; ci disponga perché continuiamo a lasciarci sollecitare dall’esempio di vita del nostro amatissimo Padre fondatore per essere testimoni credibili dell’altissimo dono dell’Eucaristia.

L’augurio che ci scambiamo e che desideriamo diventi proposito, attraverso questa celebrazione, è che da oggi cominci per tutti noi un cammino di rinnovato ardore verso questo augustissimo Sacramento. Sia lo stesso Gesù Eucaristico a donarci la sapienza dei santi, che non tanto con le parole, ma soprattutto con la vita hanno testimoniato le meraviglie che il Signore compie in chi sa intrattenersi con Lui, stringere un rapporto di confidente amicizia con Colui che ha voluto rimanere con noi fino alla fine dei secoli.

E Mons Delle Nocche amorevolmente ci esorta: Se ameremo di trattenerci con Gesù ci riuscirà facile parlare di Gesù alle anime a noi affidate e la nostra parola riuscirà efficace perché sarà vivificata dalla grazia che a Gesù avremo chiesto a dall’esempio che avremo dato (LLS, pg 76).

La Madonna Santa, da lui teneramente amata e venerata, accompagni con la sua materna bontà la nostra vita e le nostre fatiche, vegli sui nostri propositi e renda salda la nostra fiducia nella fedeltà di Dio, autore dei nostri desideri di bene.

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Breve storia del Processoper la Beatificazione di

Mons. Delle Nocche

25 Novembre 1960

Mons. Raffaello Delle Nocche

muore a Tricarico.

14 agosto 1963Il Capitolo Cattedrale e la

Superiora Generale delle

Discepole di Gesù Eucaristico

rivolgono istanza al Vescovo di Tricarico

per l’apertura dei Processi relativi

alla Causa di Beatificazione di

Mons. Raffaello Delle Nocche.

Con decreto del 29 giugno 1968il Vescovo di TricaricoMons. Bruno Pelaiadichiarava aperto il

“Processo informativo sulla fama di santità, virtù e miracoli di

Mons. Delle Nocche”.

23 Novembre 1990

chiusura del

processo diocesano.

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8 Gennaio 1991Mons. Francesco Zerrillo, Vescovo di Tricarico,consegna gli atti del Processo

al Cancelliere della Congregazionedelle Cause dei SantiMons. Antonio Casieri.

14 Febbraio 1991Si apre il Processo a Romae la Causa del Servo di Dio

fu inserita nell’Index Causarum recentiorum col n° 1773.

22 gennaio 2011

La Positio del Servo di Dio,

dopo più di dieci anni di attesa, viene esaminata

nel congresso dei Consultori Teologi

della Congregazione delle Cause dei Santi.

L’iter ulteriore, poi, prevede – se i teologi, come si

spera, si pronunceranno positivament circa l’eroicità

delle virtù del Servo di Dio – il passaggio, dopo alcuni

mesi, alla seduta Ordinaria dei Cardinali e dei Vescovi

del Dicastero. Se anche questo importante passaggio

va a buon porto, spetta poi al Santo Padre

l’ordine di promulgare

il decreto della venerabilità.

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8 Gennaio 1993

con un congresso ordinario

la Congregazione per le Cause

dei Santi

riconosceva la validità

dell’iter processuale.

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6 Marzo 1996chiusura del

processo romanocon la consegna

della Positio.

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Coloro che ricevono grazie sono pregati di

mandarne relazione alla Superiora Generale delle Suore “Discepole di Gesù Eucaristico”

Via delle 7 Chiese, 91 – RomaTel. 06 5126150

PREGHIERA

O SS. Trinità,per la tua maggiore gloriae per la nostra edificazione,ti preghiamo di glorificareil tuo servo Raffaello,che, con umiltà e carità,molte anime guidònelle vie del tuo amore.Se la sua glorificazioneÈ conforme alla tua santa volontà,concedi la grazia che ti chiediamo.

Amen.

ImprimaturRomae 24. X. 1963

Bruno M. PelaiaEpiscopus

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Gennaio3 L AC: Incontro formativo per responsabili diocesani9 D AC: Educazione al bene comune (a cura del settore adulti AC) Scuola di formazione per catechisti - Val Basento11 M Gallicchio: Incontro di Clero12 M Potenza: ore 19,30: Incontro Universitari (Principe di Piemonte)16 D Corso di preparazione al matrimonio: zona Val Basento-zona Val D’Agri.19 M Bari: ore 18,30: Incontro Universitari (Villaggio del Fanciullo)22 S AC: Sichem (Ritiro spirituale)23 D AC: Sichem (Ritiro spirituale). Scuola di formazione per catechisti - Val D’Agri24 L Roma: ore 18,30: Incontro Universitari (Chiesa S. Ippolito)30 D Garaguso Scalo Incontro Unitalsi

Febbraio1 M Accettura: Incontro di Clero7 L AC: incontro formativo per responsabili diocesani9 M Potenza: ore 19,30: Incontro Universitari (Principe di Piemonte)11 V Unitalsi. Giornata mondiale del malato.19 S AC: Sichem (Ritiro spirituale)20 D Garaguso Scalo Incontro Unitalsi. AC: Sichem (Ritiro spirituale) Corso di preparazione al matrimonio: zona Val Basento-zona Val D’Agri. Scuola di formazione per catechisti - Val Basento21 L Roma: ore 18,30: Incontro Universitari (Chiesa S. Ippolito)25 V Policoro: Convegno Diocesano26 S Policoro: Convegno Diocesano27 D Policoro: Convegno Diocesano

Marzo2 M Potenza: ore 19,30: Incontro Universitari (Principe di Piemonte)7 L AC: Incontro formativo per responsabili diocesani13 D I di Quaresima. Scuola di formazione per catechisti - Val D’Agri14 L Ritiro del Clero a Tricarico15 M Ritiro del Clero a Tricarico. Cursillos: Ritiro Quaresima19 S San Giuseppe. Pastorale familiare: Festa del papà20 D II di Quaresima. AC: Assemblea diocesana elettiva. Corso di preparazione al matrimonio: zona Val Basento-zona Val D’Agri. Scuola di formazione per catechisti - Val Basento21 L Roma: ore 18,30: Incontro Universitari (Chiesa S. Ippolito)24 G Ordine Francescano Secolare. Ritiro27 D III di Quaresima. Garaguso Scalo Incontro Unitalsi

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