FERMANDO PESSOA Prostrato - Gianfranco Bertagnisorta di grandezza in Erostrato - una gran-dezza che...

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FERMANDO PESSOA Prostrato o la ricerca dtd'immortalità

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FERMANDO PESSOAProstrato

o la ricerca dtd'immortalità

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«Troverò ben io il modo di farvi attoniti, o stolti;dovrete ripetere in perpetuo il mio nome. Se peroneste imprese mi ricusaste la fama, vi sforzeròdarmela per sempre con una trista». CosìAlessandro Verri faceva parlare il poveroProstrato, che nel 356 avanti Cristo appiccò lef iamme al tempio di Artemide a Efeso, nel tentati-vo di immortalare - con la distruzione di una dellesette meraviglie del mondo - il proprio oscuronome.E con il nome di Erostrato per titolo, appunto,Fernando Pessoa compone un saggio per cercaredi definire ciò che non gli riuscì mai in vita: lacelebrità. Lui - e i suoi innumerevoli eteronimi -scrittore e poeta assolutamente 'postumo', destina-to alla notorietà solo molti anni dopo la sua morte,creatore di miti, lui, che sognava il Premio Nobel eil Quinto Impero, cercherà con questo testo squisi-i aniente letterario - in compagnia di Carlyle eBrowne, di Milton e Shakespeare - di sistematiz-zi re e di dare una logica a quell'impalpabile e biz-x.iirro fenomeno che si chiama Fama.

Le OccasioniPiccola Biblioteca Passigli

i opri ima : rana dorata e goffrata utilizzata per la brochure. l i un manoscritto della prima metà del secolo XVIII

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FERMANDO PESSOA

'Erostratoo la ricerca dell'immortalità

a cura diPaolo Collo

Passigli Editori

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Titolo originale: Heróstrato e A Busca da Imortalidade

© 2006 Passigli Editori, via Chiantigiana 62, Firenze-Antellawww.passiglieditori.it [email protected]

NOTA DEL CURATORE

«Lo conosco, il tipo - mi disse -. Si chiamavaErostrato. Voleva diventare celebre e non ha sa-puto trovare niente di meglio che bruciare iltempio di Efeso, una delle sette meraviglie delmondo». «E come si chiamava l'architetto?».«Non me lo ricordo più - confessò - credo per-sino che non se ne conosca il nome». «Davvero?E si ricorda del nome di Erostrato? Vede chenon aveva del tutto sbagliato il suo calcolo».

Jean-Paul Sartre, Erostrato (1939)1

Leggendo questo saggio - se così lo si puòe Marnare - di Fernando Pessoa, bisogna atten-dere il brano 17 (su 70) per veder comparire ilnome dell'eroe assoluto dell'impotenza, e cioèI,rostrato: «... è lecito pensare che esista unasorta di grandezza in Erostrato - una gran-dezza che egli non condivide con banali arrivi-

1 In Jean-Paul Sartre, // muro, Einaudi, Torino 1995:••Oliante a me che, sino ad allora, non avevo mai sentito par-Lux- di Erostrato, la sua storia mi incoraggiò. Erano più di due-mila anni che era morto e il suo gesto brillava ancora, come undiamante nero. Cominciai a credere che il mio destino sarebbestato tragico e breve».

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sti che hanno raggiunto inopinatamente lafama. Essendo lui greco, si può pensare cheabbia posseduto una raffinata sensibilità e queltranquillo delirio di bellezza che ancora con-traddistingue il ricordo dei suoi grandissimiavi. È, dunque, concepibile che abbia incen-diato il tempio di Diana in un'estasi di dolore,bruciando parte di sé nella furia della sua im-presa scellerata. Possiamo legittimamente sup-porre che avesse superato l'afflizione di un ri-morso futuro, e affrontato un intimo orroreper raggiungere una fama duratura. Il suo attopuò essere, in un certo modo, paragonato aquel tremendo momento dell'iniziazione deiTemplari i quali, dopo aver dato prova di es-sere assolutamente credenti in Cristo - siacome cristiani nella tradizione generale dellaChiesa, sia come gnostici occulti e, quindi,nella grande tradizione del cristianesimo -, do-vevano sputare sul crocefisso al momentodell'iniziazione. Da un punto di vista moderno,un simile atto può parere unicamente ribut-tante in termini umani, in quanto non credenti,e, quando sfidiamo Dio e l'inferno, stiamo sfi-dando cose che per noi son morte, per cui lanostra sfida si rivolge a cadaveri. Ma non vi èumano coraggio, in qualsiasi terra o mare ovegli uomini siano coraggiosi per mera audacia,

labile all'orrore di una simile inizia-l i Dio sul quale sputavano era la sacra

i della redenzione. Era all'inferno che1.1 vano per riempirsi la bocca della neces-

i I H-stemmia. Così possiamo pensare a Ero-on là differenza che la concentrazione

I' .nuore della bellezza era meno forte dellain/ione di una romantica verità. Proviamomaginarlo in questo modo, per poterne

1 1 l i care il ricordo. Che, se Erostrato si com-i - M io così, entra immediatamente a far parte diu n i i gli uomini che son diventati grandi grazie

• m individualismo. Un sacrificio del senti -i i o , della passione, [...] che distingue la via.i) l'immortalità. Patisce come Cristo, che

umore come uomo per dimostrare di essereVerbo».2

1 Un brevissimo riassunto della vicenda. Secondo la leg-i . Creso, ultimo re di Lidia, nel 560 a. C. fece costruire aun tempio dedicato ad Artemide. Nel 356 a. C., due-anni dopo, il tempio venne raso al suolo da un incendio.

A i l appiccare il fuoco fu tal Erostrato, che non aveva altro fineM I quello di diventare famoso... Su Erostrato si veda an-1 ra l'altro, Alessandro Verri, La vita di Erostrato, noiosis-'romanzo storico-psicologico' del 1815 (nuova edizione

I .1 Vita Felice, Milano 1994): «Io Dimarco, cittadino di Epi-il imro, ho lungamente dubitato di scrivere quanto a mia noti-n-.\ pervenuto della vita e costumi di quel tristo, il quale stese1.1 Lice sacrilega al Santuario di Efeso, perché quella opinione

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Ma perché Erostrato? E perché Pessoa sivuole occupare di lui? Forse e non a caso que-sto scritto, non del tutto compiuto, viene ini-ziato dal suo autore intorno al 1929 - standoall'acuta e approfondita analisi di Richard Ze-nith3 che presta la sua attenzione non soltantoai testi ma addirittura sulla carta sulla quale erastato scritto e perfino sull'inchiostro utilizzato4

- e cioè nello stesso periodo in cui l'eteronimoBernardo Soares, 'aiuto contabile nella città diLisbona', compone quelle parti de 77 libro del-

prevale che egli sia stato furente, e da tale sembra in veroquella disperata risoluzione. Ma sendo io giovane quando ilcaso avvenne, ne intesi il remore in Atene, ove allora io sog-giornava nel foro; e prima di ridurmi in patria negli anni ma-turi, a' quali son giunto, fui vago di raccorre per la Grecia letradizioni di così illustre malvagio»...

3 E proprio a Richard Zenith si deve la più recente e prege-vole edizione bilingue (portoghese e inglese) di Heróstrato e ABusca da Imortalidade, pubblicata da Assirio & Alvim di Li-sbona nel 2000 al cui testo ci siamo attenuti - salvo alcune cor-rezioni - per la presente prima edizione italiana. L'edizione diZenith aggiunge inoltre al volume i testi Impermanéncia (Im-permanence) e A Inutilidade da Crìtica (Uselessness of Criti-cim), di molto precedenti a Erostrato, e qui volutamenteomessi. Il curatore ringrazia inoltre Guia Boni e Glauco Feliciper l'indispensabile aiuto.

4 Richard. Zenith, Em Busca do Tempo Futuro, in F. Pessoa,Heróstrato cit.

I inquietudine databili tra il '29 e il '345. Infatti,i n . incile pagine troviamo passaggi come: «Chein importa se nessuno legge quello che scrivo?»I 1 - i .mo 118); «Se mi dicessero che è nullo il pia-

di continuare a esistere dopo la morte, ri-• I M melerei, innanzi tutto, che non so se lo sia onon lo sia, poiché non conosco la verità sulla so-l - i , i vvivenza umana; risponderei, poi, che il pia-

delia fama futura è un piacere presente - èLi liima che è futura [...]. Io, invece, che nella

i crrena non sono niente, posso godere dellame del futuro mentre leggo questa pagina,

in quanto la scrivo davvero; e come di un figlio,o inorgoglirmi della fama che avrò, dato

• I n - , quanto meno, ho motivo per averla»( l ' i ano 145); e ancora: «L'unico nobile destinoIH i uno scrittore che viene pubblicato è non

e la celebrità che merita. Ma il vero nobiledestino è quello dello scrittore che non vienepubblicato» (brano 209); e infine: «Di ogni cosai « s i a un qualche poeta. Magari restasse di meuna frase, una cosa detta di cui si dicesse, Benl,i/fol» (brano 379).

Pezzi rubati qui e là, questi, similitudini,

5 Cfr. la più recente e accresciuta edizione di Bernardo Soa-res, Livro do Desassossego, a cura di Richard Zenith, Assirio &Alvim, Lisbona 1998.

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echi che potremmo ritrovare, ricostruire, stral-ciare chissà da quanti altri innumerevoli testidell'innumerevole scrittore portoghese6.

Sì, perché essere tanti, essere plurimo, esserecaos, non vuoi dire necessariamente esserequalcuno: «... Mi sento multiplo. Sono comeuna stanza dagli innumerevoli specchi fanta-stici che distorcono in riflessi falsi un'unica an-teriore realtà che non è in nessuno ed è intutti...». E chi diventerà famoso? Chi raggiun-gerà l'anelata fama? Il primissimo Chevalier dePas che il piccolo Fernando crea a sei anni dietà, un anno dopo la morte del padre e lostesso anno della morte di suo fratello Jorge?O quell'Alexander Search - suo gemello - escrittore di racconti alla Poe? Il Doutor Pan-cràcio? Eduardo Lanca? David Merrick autoredei Racconti di un pazzo? Anon? Faber? L'altroSearch? Quell'uomo 'dall'apparente età ditrent'anni, magro, piuttosto alto' e dall'aria

6 Dalle Note per il ricordo del mio Maestro Caeiro, di Alvarode Campos: «Lo rivedo, in quell'ombra che io sono in mestesso, nella memoria che conservo di quanto di me è morto...Fu durante la nostra prima conversazione, non mi ricordobene come avvenne. Egli disse: 'C'è un giovane, un certo Ri-cardo Reis, che certamente Le piacerebbe conoscere: è così di-verso da Lei'. E poi aggiunse: Tutto è diverso da noi, ed è perquesto che tutto esiste'»...

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orente che scriverà // libro dell'inquietu-dine? Il medico, stoico ed epicureo e poeta Ri-

lo Reis? Il 'pagano' Antonio Mora? Al-l ' t - i t o Caeiro da Silva? Alvaro de Campos?

i rologo Raphael Baldaya? Il tremendissimoUn ione di Teive morto suicida? O il Pessoa-l><K ' t a di Messaggio, il Pessoa-direttore di rivi-su- letterarie, o il Pessoa-traduttore delle poe-

di Edgar Allan Poe...?E cosa sarà meglio scrivere per i posteri: te-

si i profetici? poemetti? racconti dell'orrore?« u l i oraziane? manifesti del Modernismo? testililosofici? poemi epici? quartine popolari? me-galomani testi politici? libri di teosofia? sdolci-nate letterine d'amore? una brutta copia dell'aust? oroscopi?...: «dal punto di vista psi-chiatrico, sono un istero-nevrastenico ma, for-tunatamente, la mia neuropsicosi è molto de-bole; l'elemento nevrastenico domina l'ele-mento isterico, e perciò non ho tratti istericiesterni [...]. La mia isteria è solo intcriore, èsolo mia...». E in Erostrato: «Noi abbiamo treambienti a scelta. Per adattarci a tutti e tre,ognuno di noi deve essere una trinità, che è fintroppo anche per un pazzo» (brano 27).

Pare quasi che Pessoa avrebbe potuto pro-nunciare le stesse parole dette da Paul Hilbert,il folle voyeur personaggio dell'Erostrato sar-

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triano: «Ecco cosa vorrei, sbalordirli tutti». Sì,uscire da quel bozzolo quotidiano fatto di sve-glia, caffè, sigaretta, lavoro, chiaretto, sigaretta,caffè, lavoro, lettura, scrittura, chiaretto, siga-retta, chiaretto, sigaretta, scrittura... eccetera,e finalmente essere ri-conosciuto . Altro che«Revista do Comércio e da Contabilidade»!Ma qualcosa di più grande, un riconoscimentocome si deve, e per se stesso, quello vero,quello autentico, quello nato il 13 giugno del1888, giorno di sant'Antonio, patrono di Li-sbona; non per quegli altri che gli si affollanoattorno. E perché non «sbalordirli tutti» con ilPremio Nobel?: «Ho fatto riferimento, comeha visto, solo a Fernando Pessoa. Non ho pro-getti per Caeiro, per Reis o per Alvaro de Cam-pos. Non potrò infatti pubblicare le opere dicostoro se non quando mi sarà dato il PremioNobel». Ma da costoro è difficile separarsi: «...ho messo in Caeiro tutta la mia forza di sperso-nalizzazione drammatica, ho messo in RicardoReis tutta la mia disciplina mentale, vestitadella musica che le è propria, ho messo inAlvaro de Campos tutta l'emozione che non hodato né a me né alla mia vita. E pensare, miocaro Casais Monteiro, che tutti costoro, per lapubblicazione, devono essere posticipati a Fer-nando Pessoa, impuro e semplice!» (lettera del

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13 gennaio 1935).Difficile però scrollarsi di dosso tutti questi

personaggi che ogni giorno, per una trentinad'anni, o l'uno o l'altro, o più di uno contem-poraneamente, ti turbano, ti tirano per la giac-chetta consunta, ti fanno scrivere un'ode mira-bile mentre tu, magari, vorresti invece dedi-carti, che so, all'occultismo... «sto sviluppandoqualità non soltanto di medium ma anche dimedium veggente. Comincio ad avere ciò chegli occultisti chiamano 'visione astrale' e anchela cosiddetta 'visione eterica'. Tutto ciò è moltoall'inizio, ma non ci possono essere dubbi».Che ti obbligano a essere loro mentre tu vorre-sti essere tu, e basta. E non tutta quella genteche non fa altro che scrivere e scrivere e scri-vere. Che ti confonde le idee, che non riescisempre a tenere a bada come vorresti. Perchéti è possibile essere uno di loro, sì, e scriverecon la sua penna e con la sua testa, e questo vabene, funziona. Ma quando sei tu, e, ad esem-pio, vuoi fare il saggista, e scrivere di fama e diimmortalità, non riesci poi ad accontentaretutti quei tuoi personaggi, che ognuno vuoimetterci lo zampino, dire la sua. Col rischio difarti confondere, di farti sprofondare nelle sab-bie mobili della tua stessa molteplicità. E dopoun bel po' che sarai morto, dopo più di

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trent'anni, farai diventare matti coloro i qualicercheranno di mettere insieme tutte quelletue/loro parole, di rimontare il puzzle deituoi/loro scritti, di mettere un po' d'ordine, in-somma, in quel labirinto di ventisettemila testiche tu - tu che nella tua breve vita hai letteral-mente 'divorato' tutto ciò che hai amato - chetu e che quegli altri tuoi amici inventati e un po'fuori di testa avete lasciato a futura memoria.

Con Erostrato Pessoa si sbizzarrisce, e, forse,si diverte, a «esaminare il problema dellafama», a sezionarlo, a rivoltarlo come unguanto, a navigarci dentro, mettendo insiemetutto il suo amore per Shakespeare (cheavrebbe voluto imitare, come sappiamo) - eanche per il suo Pantheon privato, perCamòes, Omero, Virgilio, Blake, Poe, Milton,Carlyle, Browne, Nietzsche... - e tutta la suaconoscenza della cultura anglosassone e non.Lanciando stoccate a destra e a manca nei con-fronti degli autori a lui non graditi, deridendofalsi geni, finti martiri («... non si potrà farecommento più amaro sulla futilità dei nostritempi se non con la semplice notizia di questoridicolo martire, che cercò di trasformare il suopersonale stomaco in un succedaneo, in sensonegativo, di un'impersonale gogna», brano 18),corridori automobilistici che si schiantano per

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.npcrare se stessi («Quel povero sciocco di Se-c», brano 35), o critici letterari. Per poi ar-

i n .ire alla conclusione che «Tutta la fama è, inn - . i l t à , letteraria, perché è la letteratura l'auten-i u . i memoria dell'umanità», brano 11; e che

i scrivere buona prosa, un uomo deve es-lere un poeta, perché solo un poeta sa scrivereU-iie», brano 61.

Volendo, e leggendo con attenzione questepagine che alle volte, bisogna dirlo, possonosuscitare stupore e incomprensione7 - ma si sa,1 1 .lime che in pochi casi di assoluta certezza, ladecisione di far seguire a un brano un altrol ) i . i no è pur sempre figlia di un'ipotesi, di unasupposizione, per seria che essa sia - possiamoscorgere Fernando Pessoa con tutte le sue ma-nic: il suo sofferto misticismo («Se Dio esi-stesse, come potrei tollerare di non essereDio?»; e in Erostrato: «Nessuno crede inAdamo ed Èva, e Dio è una questione contro-versa», brano 67), la sua sterminata cultura, ilsuo amore per la musica, il bilinguismo e il bi-culturalismo, il suo essere uno 'straniero' ca-duto dal ciclo (o dall'inferno) della cultura an-glosassone8, il suo desiderio di universalità:

7 Nonostante le stesse parole di Pessoa alla fine del brano 41.8 Come scrive nel suo bellissimo saggio, decisamente imper-

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«La perdita di universalità della lingua latina èstata una tragedia filosofica. Nel Medio Evo, enel Rinascimento letterario, un uomo di cul-tura poteva parlare una sola lingua con tutti glialtri uomini di cultura. Oggi, gli uomini coltiparlano lingue differenti. La torre della LinguaRomana è crollata e Babele si è sparsa per ilmondo» (brano 12), il suo desiderio/avver-sione per il suicidio (cui penserà poi il Baronedi Teive con la Educazione dello stoico), e an-che il suo personale 'erostratismo'. E cita ilproprio universo letterario e non: Shaw eWells, Goethe e Nietzsche, Chesterton, Wildee la Bibbia, Hugo e Walt Whitman, Lenin eMussolini, Edgar Wallace e Conan Doyle,Dante e Copernico, Swimburne e Tennyson eColeridge, e...

E soprattutto se stesso, come ad esempio nelbrano 54: «Nessuno dovrebbe lasciare venti li-bri differenti, a meno che non sia capace discrivere come venti uomini differenti. [...]. Seriesce a scrivere come venti uomini differenti, èventi uomini differenti, e comunque ciò av-venga, i suoi venti libri troveranno una giustifi-cazione»; o nel brano 55: «Gli dèi vendono ciò

dibile per gli appassionati, Eduardo Lourengo, Pessoa Revisi-tado, del 1973.

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che danno»; «... un genio è un uomo che fauna cosa difficile, anche quando è facile»,brano 63; e poi ancora, ancora e ancora, perarrivare, in soldoni, a dire - brano 60 - che ilgenio «si trova in opposizione all'epoca in cuivive [...]. Quest'uomo diventa, così, contem-poraneamente creatore e figlio dell'epoca suc-cessiva»: che è come una sorta di ammis-sione/accettazione di poter essere - lui, Fer-nando Pessoa - solo un genio postumo...

Con questo strano saggio, Pessoa pare avervoluto involontariamente creare (perché la vo-lontarietà è nostra, di chi gli ha dato, poi, la'fama') un modellino in scala del suo bagaglioculturale, del suo mondo. Uno spazio irrego-lare, multiplo e sfaccettato in cui si riescono aintrawedere - e a volte a distinguere, ma nonsempre - pensieri, invenzioni, architetture, de-sideri, ispirazioni, lavori passati e futuri, crona-che 'della vita che passa': chicchi di riso cheandranno poi a moltiplicarsi sulla scacchieradella sua geometrica immaginazione.

«Salve, guardiano di greggi,che stai lungo la strada,cosa ti dice il vento che passa?».

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«Che è vento e che passa,e che è già passato prima, e che passerà dopo.E a te, cosa dice?».«Molto più di questo.Mi parla di molte altre cose.Di memorie e di ricordiE di cose che non ci sono mai state».

«Non hai mai sentito passare il vento.Il vento parla solo del vento.Ciò che hai sentito da lui è menzogna,e la menzogna è in te».9

EROSTRATO

O LA RICERCA DELL'IMMORTALITÀ

Paolo Collo

9 Naturalmente, il brano è tratto da O Guardador de Re-banhos (II guardiano di greggi) di Alberto Caeiro.

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1.

È mia intenzione esaminare il problemadella fama, casuale o permanente che sia, inda-gare in quali condizioni questi due tipi di famasi producano tra gli uomini e prevedere, perquanto possibile, in quali condizioni sarà pro-babile che ciascuno dei due tipi si verifichi infuturo. La fama è accettare che un uomo, o ungruppo di uomini, abbia a qualche titolo valoreper l'umanità. Per indagare il problema dob-biamo fornire una definizione di fama. Comepure dovremo anche fornire una definizione diumanità.

1. La fama può essere delle cose o degli uo-mini. Ci sono crimini, battaglie, romanzi, im-peri famosi; ci sono autori famosi. Noi non cioccuperemo delle cose, ma degli uomini. Ciòche ci interessa sono le condizioni in cui lafama si produce.

2. La fama può essere incidentale o fonda-mentale. Un uomo morto in circostanze parti-colarmente misteriose può diventare famosoproprio in conseguenza della sua morte. Se ilsuo caso è particolarmente importante, la sto-ria potrà immortalarlo come cadavere partico-

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larmente interessante. A noi non interessa lafama accidentale, ma quella fondamentale, perquanto ingiusta possa essere.

3. La fama può essere artificiale o naturale.Un re è famoso dalla nascita per sua natura. Èfamoso fin dalla nascita, assieme al suo regno.Ma non ci occuperemo di questo tipo di fama,che varia a seconda degli usi, dei costumi edelle istituzioni. Esamineremo solamente ilproblema della fama artificiale.

4. La fama può essere buona o cattiva, e laseconda, di solito, si definisce notorietà. Leidee di bene e di male, in costante evoluzione,alle volte complicano il problema, finendo, inalcuni casi, per sovrapporsi. Mentre alcuni ve-dranno un assassino, altri vedranno in lui unuomo temerario. Mentre alcuni vedranno unmartire, altri vedranno in lui un poveretto. Ladifficoltà di una simile questione è stataespressa, non intenzionalmente, dalla famosafrase di Proudhon1: «Dopo i tiranni, non cono-sco nulla di più detestabile dei martiri».

1 Pierre-Joseph Proudhon (1809-1865), politico ed econo-mista francese, autore di Che cos'è la proprietà? (18401

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5. La fama può essere derivata o diretta.

2.

Tranne quando prodotta dal caso, o da cir-costanze così sostanzialmente esterne da poteressere classificate come tali, la fama risultadall'applicazione di una qualsiasi particolarecapacità, o dell'intelligenza, e del riconosci-mento da parte degli altri di quella particolarecapacità o intelligenza. Per capacità particolaresi intende qui tutto ciò che distingue l'indivi-duo dai suoi simili: grande audacia, grande vio-lenza, grande sottigliezza, sono abilità partico-lari in questo specifico senso e, in sostanza,non vi è maggior onore nell'essere eroe onell'essere genio, dato che l'atto o gli atti chedistinguono l'eroe o il genio sono ugualmenteprodotti del temperamento, che è innato,dell'educazione e dell'ambiente, che nessunodetermina per sé, dell'opportunità e dell'occa-sione, che pochissimi sono in grado di sce-gliere o creare, se vj è qualcuno che sceglie ocrea come causa efficiente.

Gli uomini possono essere suddivisi in tregruppi o tipi, e la divisione può obbedire sen-satamente alla tradizionale suddivisione dello

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spirito - intelletto, emozione o sentimento evolontà. Ci sono persone che sono puro intel-letto: i filosofi e gli scienziati; altre puro senti-mento: i mistici e i profeti, i fondatori passividi religioni o i propagatori di sistemi religiosiaccettati; ci sono persone che sono pura vo-lontà: gli statisti e i guerrieri, capitani d'indu-stria in quanto tali, o commercianti. Vi sonopoi tre tipi misti: uomini di intelletto e senti-mento: come gli artisti in generale; uomini diintelletto e volontà, rappresentati dai principalistatisti e dai fondatori d'imperi e di nazioni;uomini di sentimento e volontà, che sono i fon-datori e i divulgatori attivi di religioni (spiri-tuali o materiali), coloro i quali credono nellaDonna Avvolta di Sole2 e coloro i quali cre-dono nella democrazia.

L'intelligenza presenta tre forme superiori,che possiamo convenientemente definire ge-nio, talento e arguzia, assumendo quest'ultimaparola nell'accezione più ampia di intelligenzabrillante e attiva, del genere, ma non del grado,di intelligenza comune, e non nel senso speci-fico di capacità di formulare motti di spirito.

2 «Poi un grande segno apparve nel ciclo: una donna av-volta di sole, con la luna sotto i piedi di lei e una corona di do-dici stelle sul capo» (Apocalisse, 12.1).

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Questi tre tipi di intelligenza non sono con-tinui l'uno all'altro; non sono categorie o gradidi un'unica facoltà o funzione. Il genio è l'in-telligenza astratta individualizzata - la materia-lizzazione concreta, istintiva e [...]3, di una fa-coltà astratta. Il talento è l'intelligenza concretadivenuta astratta; non è, come il genio, iscrittaall'individuo, eccetto nella misura in cui tuttociò che accade all'individuo è a lui legato diper sé. L'arguzia è l'intelligenza concreta indi-vidualizzata e, eccetto nel valore di cosa indivi-dualizzata, ha l'apparenza e i gesti del genio.Per questo motivo è così facile confondere unagrande arguzia con un vero genio. Il talento,dal canto suo, si pone tra i due e si oppone pernatura a entrambi.

3.

Si potrebbe immaginare che la presenza dipiù di un elemento intellettuale nel medesimouomo ne faciliterebbe la fama immediata. Inun certo senso è così, ma meno di quanto sipotrebbe congetturare dall'oziosità dell'ipotesi.

' Qui, e altrove, spazio lasciato in bianco da Pessoa.

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Un uomo dotato al contempo di un grande ge-nio e di una grande intelligenza, anche se dipoco talento (come Shakespeare), o di grandegenio e di grande talento, ma di scarsa intelli-genza (come Milton), non accumula, nella suaepoca, e nemmeno in quella successiva, i risul-tati del genio e dell'altra qualità. Questi diffe-renti elementi intellettuali nell'uomo si trovanomescolati per coesistere, quando il sacro ve-leno del genio si diffonde nella sostanzadell'intelligenza o del talento; la bevanda èamara, nonostante conservi qualcosa del suosolito sapore. Gli antichi mischiavano miele alvino e trovavano gradevole questa mistura; mail nettare non è in grado di rendere gradevolequalsiasi vino al palato della gente comune.

Un uomo dotato in un certo qual senso digenio, talento e intelligenza, dovrebbe essere ingrado di segnare il suo tempo con la propriaintelligenza, la sua epoca con il proprio talentoe i tempi e le epoche future con il proprio ge-nio. Ma dato che il genio gli intaccherebbe iltalento e il talento e il genio intaccherebberol'intelligenza - dato che le cose coesistononello spirito per fusione e non per semplicecontiguità -, meno puro sarebbe il suo talento,attirando così generazioni più ampie; meno

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pura sarebbe la sua intelligenza, non soddisfa-cendo così la semplicità di tutti i presenti. Unesempio potrà chiarire questo concetto a chidesideri capire attraverso gli esempi. Un uomodi spirito che pronuncia, tra suoi pari, unmotto di spirito del tipo di quelli che un umo-rista di talento potrebbe intelligentemente in-ventare, suscita una generale risata di apprez-zamento. Questa cosa impura è pura intelli-genza. L'uomo che, nella medesima compa-gnia, dica un motto di spirito contenente un'al-lusione classica, o un che di arguzia intellet-tuale, può mostrare, a chi lo analizzi, che haaggiunto qualcosa all'intelligenza, ma che conil modesto effetto prodotto tra gli ascoltatori,gli avrà sottratto qualcosa. Se lo stesso uomofosse un genio e, per caso, formulasse unmotto di spirito in cui il suo genio si manife-stasse, dando tono e colore alla propria intelli-genza, s'imbatterebbe nel daltonismo di tuttequelle persone che ridicolizzerebbero la suasaggezza. Sarebbe come se avesse pronunciatoun motto di spirito in una lingua straniera.L'astante non vede al di là dell'ovvio e il sensodel motto di spirito passerebbe inosservato.

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4.

L'arguzia è comune e solitamente umana. Sequalcuno lo mette in dubbio, gli basterà acqui-stare una copia di «Answers» e leggere le frasivincitrici di quel concorso d'abilità intellettualeche si chiama «Nuggets». Qui, persone di so-lito assai opache hanno lampi di arguzia chepotremmo citare, in quanto tali, come degni diun genio.

Ho riflettuto molte volte sulla saggezza deidetti di Goethe durante le sue conversazionicon Eckermann4. Ma ho anche spesso riflet-tuto su quanti detti egualmente saggi ho ascol-tato nel corso della mia vita, conversando conpersone che, per quanto intelligenti, difficil-mente potrebbero essere paragonate a Goethe.

Anche le idee sono comuni, persine le ideebrillanti. Nel mondo abbondano sempre i genidella casualità. Solo quando la casualità divieneuniversale, per sua intensa concentrazione, persua estesa elaborazione di conseguenze e con-clusioni, si conquista il diritto di entrare nellefuture dimore.

4 Johann Peter Eckermann, Conversazioni con Goethe, acura di Enrico Gannì, di prossima pubblicazione presso Ei-naudi.

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È questa la considerazione che, in buonaparte, rende inutili, mettendone in dubbio laduratura sopravvivenza, gli sforzi critici di unArnold, di un Lytton Strachey, di un AldousHuxley5. Sono tutti estremamente intelligenti;sono tutti, più o meno, impazientemente in-coerenti. Forse vi è maggior saggezza, o sag-gezza mondana, come tale, in un libro di Al-dous Huxley che in tutta l'opera di Spenser6.Ma Spenser sarà ricordato anche se non vieneletto, da qui a mille anni; mentre Aldous Hux-ley non avrà né chi lo leggerà e nemmeno chilo ricorderà.

Il fatto è che finiamo sempre per trovarci difronte al punto cruciale di ogni trionfo, che siacontro l'avversità delle circostanze, o control'inerzia del futuro: la volontà, e nient'altro chela volontà, ci permette di vincere. Solo la vo-lontà trasformerà il nostro pensiero casuale insistema, dandogli, così, corpo; la volontà, enient'altro che la volontà, eleverà una nostra

5 Matthew Arnold (1822-1888), poeta e critico. Lytton Stra-chey (1880-1932), critico e biografo. Aldous Huxley (1894-1963), scrittore e saggista, autore di Brave New World (IImondo nuovo).

6 Edmund Spenser (1552-1599), poeta inglese autore diThe Faerie Queene (La regina delle fate).

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frase felice a dottrina di quella felicità. Moltiuomini dicono frasi che contengono in em-brione grandi 'kantismi'; ma solo i Kant espan-dono quelle frasi fino a raggiungere la gran-dezza dei mondi. La grandezza di una frase diGoethe risiede non nella frase in sé, ma nelfatto di essere conseguenza del genio.

Vi è un grande poeta portoghese di nomeCesàrio Verde7, che visse verso la metà dell'Ot-tocento. Tutto il suo atteggiamento nei con-fronti della vita, che fa di lui un grande poetapuò, in verità, essere rinvenuto in due poesiedi Guilherme Braga8, un poeta di dieci annipiù vecchio. Ma ciò che in Cesàrio si concentrain un concetto generale, è puro caso nella pro-duzione di Braga. E anche se, come probabile,le poesie di Braga avessero fatto in modo cheCesàrio trovasse se stesso, anche se attraversoun plagio senza plagio, l'uomo precedente con-tinua a essere inferiore. Il poeta successivo di-viene dunque il primo.

Questo è comunemente valutato con suffi-ciente rigore dalla posterità. Perciò, quest'ul-

7 Cesano Verde (1855-1886), le sue poesie furono raccoltepostume in OLivro de Cesano Verde (1887).

8 Guilherme Braga (1843-1874), le sue liriche vennero pub-blicate in Heras e Violetas (1864).

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tima registra i motti di spirito di Wilde9 e di-mentica i detti ugualmente spiritosi di un Tiziosul treno. Una frase è di Wilde, l'altra di un si-gnor nessuno. «Perché devo essere più poverodi quell'uomo ricco?», si domandano gli inge-nui. Perché lui è nato, organicamente, per es-sere ricco.

La prima distinzione che il critico deve im-parare a intuire è quella esistente tra intelli-genza compiuta, arguzia e genio. Esistono ideeimprovvise, meravigliose, che producono nellamente l'esplosione del genio. Esistono formedi espressione che aprono la mente a un pia-cere simile a quello del genio. Pertanto, le ideemeravigliose, quantunque presenti nel genio,non sono genio, e le espressioni meravigliose,anche se comuni nel genio, neppure lo sono.

Il genio non risiede nelle cose accidentali,ma nel carattere rappresentativo di questi acci-denti. Tutti hanno per lo meno formulato unbuon motto di spirito nella propria vita; ma

9 Oscar Wilde (1854-1900), scrittore irlandese.

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non per questo sono necessariamente personespiritose. Il motto di spirito è figlio di un mo-mento, non di una persona. Tutti hanno avutoun'idea felice, magari più di una volta nellavita, ma non per questo sono pensatori. L'ideaè stata casuale e non insita. Un volto allegropuò assumere una bellezza non sua. L'oziosoubriaco all'angolo della strada può esserescambiato per un povero.

È nella distinzione tra accidentale e rappre-sentativo che risiede la forza e il merito dellacritica.

Non è necessario negare che esista una si-mile causalità mentale tra frase casuale e fraserappresentativa. Uno strano trucco del cer-vello, che, in quanto uniforme e organico, è ge-nio, può essere occasionale e inusitato, simu-lando legittimamente il genio. Il genio è essen-zialmente la permanenza del genio. Ed è inbase a questo criterio che dobbiamo fare la di-stinzione.

Ma, a questo punto, abbiamo davanti a noidue strade: percepiamo che esiste un tipo diintelligenza che consiste non in frasi sagge, eneppure in idee felici, ma nella capacità di co-struire e sviluppare. Percepiamo allo stessomodo che indiscutibili uomini di genio - comeWilliam Wordsworth10 - abbiano avuto rari

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momenti di genio. E ci domandiamo in chemodo debba essere fatta questa distinzione all ine di poter includere chiaramente, per unaesclusività divergente, questi due casi.

6.

Paragonando questa distinzione delle facoltàumane alla distinzione degli ambienti umani, sievince immediatamente che le due classi siadattano l'una all'altra. L'analisi congiuntadelle due classi mostra che il genio implica unadattamento all'ambiente astratto formatodalla generale natura dell'umanità, che è co-mune a tutte le nazioni e a tutte le epoche; laricompensa propria del genio è, di conse-guenza, l'immortalità. È ovvio che il talentoimplica un adattamento agli elementi essenzialiche, in una determinata applicazione o manife-stazione, fanno di un'epoca o di una nazioneciò che essa è in un dato momento; la ricom-pensa propria del talento è quindi ciò che chia-miamo fama. È evidente che l'arguzia implica

10 William Wordsworth (1770-1850), le sue Lyrical Ballads(1789) sono considerate il manifesto del romanticismo inglese.

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un'applicazione immediata all'ambiente circo-stante; mostrandosi sotto quel tipo di spiritochiamato humour, dato che un motto di spiritonon produce senso se in esso non è stato possi-bile discernere senso alcuno.

Molti uomini, senza grandi pretese di essereconsiderati particolarmente spiritosi, potreb-bero aver prodotto la maggior parte dei mottidi spirito di Shakespeare, in quanto motti dispirito. E nella creazione dei personaggi chepronunciano quei motti di spirito che il geniosoggiace all'arguzia; la grandezza di Falstaffnon sta in quello che dice, ma in quello che è.Il genio ha creato il personaggio; lo spirito l'hafatto parlare. Nella grande corrente della lette-ratura francese, vi sono molti scrittori e oratoriche hanno prodotto più humour di Boileau11.Boileau non ha superato, in quest'ambito, epi-grammisti minori come il Chevalier de Cailly12.Ma la creazione di un'intera opera piena di spi-rito, grazie al talento, non è alla portata di que-sti grandi minori.

11 Nicolas Boileau-Despréaux (1636-1711), poeta e criticofrancese, scrisse L'art poétique nel 1674.

12 Jacques de Cailly (1604-1673), più noto sotto il nome diChevalier d'Aceilly.

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7.

Allora ci imbattiamo in quella singolare cosadetta ispirazione - termine senza senso, unarealtà. E quella strana cosa che affiora, come ilgiorno dalla notte, dalla monotonia di Word-sworth. È il curioso bagliore che si libra suglistrani sonetti che Gerard de Nerval13 ha rice-vuto dall'aldilà. Blake14 ha allungato una manoe l'ha presa. Shakespeare l'ha sempre avuta -lui ne era il demone.

Le vette raggiunte dai versi di Omero, Virgi-lio o Milton, possono venire intese con la ra-gione; come il rafforzamento di qualcosa chegià esiste. Ma com'è che deve essere inteso dalragionamento il rafforzamento di ciò che nonè? Non la luce che scaturisce da una fiamma,ma un ceppo acceso, da un fuoco esterno, chediventa suo - questa è l'ispirazione...

13 Pseudonimo di Gerard Labrunie (1808-1855).14 William Blake (1757-1827), poeta, pittore e incisore in-

glese.

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8.

Milton scrisse i suoi sonetti come se cia-scuno di essi fosse l'unico in grado di darglil'immortalità. Poneva l'intera sua anima inogni cosa che esprimeva in un dato momento.Così dev'essere il genio - sentinella di piùgrandi divinità, che non può mai chiudere oc-chio.

Alle volte, un verso è come una scultura, ni-tida e integra, come un verso di Victor Rugo

Un pdtre sur saflùte abaissant la pauptère15

o un grido d'emozione, che intona una sin-tesi di tutte le tragedie, come in Webster, maieguagliato;

Cover ber face; mine eyes dazzle: she diedyoung16

o una grande letargia di tutti gli aspetti dellavita, come l'unico dramma del povero Mallarmé:

La chair est triste, hélas! Et fai lu tous les li-vres11

15 Victor Hugo (1802-1885), Les contemplations.16 John Webster (1580-1625), La duchessa di Amalfi.17 Stéphane Mallarmé (1842-1898), Erezza marina.

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... in quella perorazione della Hydrio-taphia™, che porta al limite le possibilità dellaprosa.

9.

Nelle arti che non siano letteratura, abbiamouna lingua universale e non esistono frainten-dimenti, eccetto l'insensibilità di ciascuno dinoi. Ma nella letteratura, in materia di fama edel perpetuarsi della fama, ci troviamo difronte alla speculazione sul problema della lin-gua e passiamo a un altro livello di congetture.

Vi è una fama morta e una viva, e tutte e duesono fama; c'è una fama che lavora e s'ap-profondisce, e una fama che è come una statua,o come un'iscrizione su una tomba, una so-pravvivenza senza vita. Shakespeare vive e la-vora; Spenser è un nome senza forza. Nessunomai (forse nemmeno lo stesso Spenser) ha lettoFaerie Queene a fondo. Perfino le grandi epo-pee hanno perso di interesse. L'ideale sarebbeun'epopea duratura come Milton e interes-

18 Thomas Browne (1605-1682), Hydriotaphia, orurnburiall.

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sante come Conan Doyle19. E ciò non è impos-sibile, dato che le impossibilità non esistono; lestesse contraddizioni in termini, grazie a He-gel, hanno smesso di esserlo.

Come soprawiverà un uomo, se sopravvive,se non per il nome che porta? Quanta dellafama di Omero si deve a quelli che l'hannoletto in originale? Si sa che ci sono francesicommossi da Shakespeare, ma nessuna mentefrancese potrà mai afferrare il ritmo della frasee l'immediata complessità del senso che solouna profonda conoscenza dell'inglese può per-mettere o concedere.

10.

Se qualcuno desidera comprendere chiara-mente che cosa significa l'influenza esercitatada un nome conosciuto, gli basti immaginare laseguente ipotesi. Supponiamo un libro di poe-sia oggi pubblicato da un poeta sconosciuto.Supponiamo che questo libro sia composto dagrandi poesie di grandi poeti. Supponiamoinoltre che esso sia oggetto, in una recensione,

19 Arthur Conan Doyle (1859-1930), U creatore di SherlockHolmes.

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dell'apprezzamento di un critico competente,il quale, per uno strano caso, non conosca nes-suna delle poesie lì stampate, ma nonostanteciò conosca tutti i poeti rappresentati. Pos-siamo immaginare che quel famoso critico, sedovesse scrivere, poniamo, l'articolo di fondoper «The Times Literary Supplement» (cosache un simile libro certamente meriterebbe),non dedicherebbe più di una breve recensione,e in corpo minore, nella sezione letteraria delgiornale stesso? E il poeta potrebbe dirsi fortu-nato se ottenesse una breve menzione nel testo.

La pressione esercitata da un nome cono-sciuto non significa che il critico consideri unapoesia bella o brutta in funzione del fatto che ilnome sia conosciuto o meno. Sicuramente pre-sterà notevole attenzione, parola per parola efrase per frase, alla poesia di un poeta famoso;non lo farebbe per un perfetto sconosciuto. Sequalcuno si prendesse la briga - come ho fattoio - di far passare come opera di un poeta sco-nosciuto, o propria (ed è quello che io hofatto), la poesia di un celebre poeta, o di farpassare alcuni versi sconosciuti come opera diun poeta famoso, lo si scoprirebbe molto facil-mente. In entrambi i casi, e per opposti motivi,la poesia deve essere bella, o l'esperimento nonriuscirà.

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11.

La generazione odierna incomincia a nonaver sentito parlare di Charles Peace20. Equanto a Lacenaire21 è come se fosse statomandato al patibolo una seconda volta.

La fama sopravvive solo, in verità, nella mi-sura in cui possa venir letta o se ne possa leg-gere. L'uomo d'azione non sopravvive alle sueazioni; sarà poi lo storico a farlo vivere. Tuttala fama è, in realtà, letteraria, perché è la lette-ratura l'autentica memoria dell'umanità. Allevolte, quando questa appare sulla stampa pe-riodica può essere per burla [...].

Tutta la bellezza vive solo come quella dellaMarchesa:

Qu'autant queje l'aurai dit.. ,22

20 Charles Peace (1832-1879), criminale inglese, alla cuimorte venne scritto un libro dal titolo Charles Peace, or thè Ad-ventures ofa Notorious Burglar.

21 Pierre Francois Lacenaire (1800-1846), criminale fran-cese, che scrisse Mémoires, révélations et poésies.

22 «Vous ne passerez pour belle / Qu'autant que \t l'auraidit». Da A la Marquise, di Pierre Corneille (1606-1684).

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L'abuso della produzione di libri - abusodifferente e ancor maggiore della produzionedi periodici - costituisce seri ostacoli all'emer-gere visibile del genio; ma sono invece vantag-giosi per far emergere i geni più importanti. (Èpiù facile venir pubblicato).

Questo ci porta alla questione della lingua.

12.

La perdita di universalità della lingua latinaè stata una tragedia filosofica. Nel Medio Evo,e nel Rinascimento letterario, un uomo di cul-tura poteva parlare una sola lingua con tutti glialtri uomini di cultura. Oggi, gli uomini coltiparlano lingue differenti. La torre della LinguaRomana è crollata e Babele si è sparsa per ilmondo.

13.

Non possiamo ammettere che la maggiorparte dell'umanità possa essere più che bilin-gue, con una certa profondità di comprensionee per un qualche fine spirituale. Una lingua per

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la vita sociale, una lingua per l'erudizione, enull'altro, è tutto ciò a cui l'uomo istruitopossa aspirare, se consideriamo la pigrizia e[...] dell'umanità.

Quale lingua ha maggiori vantaggi culturali?

Dato che l'umanità è irrazionale, nessunaidea le può venir mostrata, en masse, eccettosotto forma di mito o favola, ossia, con un'im-precisione simile alla propria imprecisione.

Ecco i vantaggi della monarchia. Una repub-blica può esistere in un paese totalmente unifi-cato, come il Portogallo, [...].

L'unico modo per far non diventare gli uo-mini egoisti è trasformarli in egoisti assoluti.

14.

Dobbiamo cogliere con i nostri cuori tutto ilsole dell'esperienza.

Possiamo dire, come Whitman, «Not till thèsun excludes you do I exclude you». È quantoWhitman disse a una prostituta23, ma quelli

23 Walt Whitman (1819-1892), A una povera prostituta: «Efinché il sole non t'escluderà non t'escluderò io».

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che non escludono le prostitute generalmenteescludono i santi, e questo non è un soledell'esperienza umana. Alcuni uomini sono di-sposti ad accettare tutto tranne ciò che sta so-pra di loro.

Una strana nausea per la povertà delle pa-role si abbatte sempre sopra di noi quandoascoltiamo musica, indipendentemente da ciòche possiamo pensare della musica in quantoarte. E una nausea curiosamente simile ci tra-scina, come una musica troppo raffinata,quando alziamo i nostri occhi dalla realtà intel-lettuale del poeta verso il mistero emozionaledel santo. Tuttavia, l'artista vive tra loro - lamusica, che scioglie l'anima per un dolore pre-natale del presente; la santità che [...].

Possiamo ripudiare il cristianesimo, cosìcome lo ripudio io; possiamo [...].

Quella figura in cima alla montagna scagliòsulle nostre vite una terribile maledizione intel-lettuale - sapere che il poeta è prigioniero, esentire che il santo è libero.

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16.

Non sono un mistico, dato che un mistico èun uomo i cui sentimenti si sono propagati nelsuo intelletto. Non lo sono, ma sono qualcosadi simile.

... un uomo forte, silenzioso, ossia, un uomoche conserva la sua forza per sé (e muore diinutile esaurimento).

17.

Ci sono due soli tipi di stato d'animo per cuivalga la pena vivere - la nobile felicità di avereuna religione o la nobile tristezza di averla per-duta. Il resto è vegetare e solo una botanicadella psiche potrà interessarsi a una naturaumana così dissolta.

Tuttavia, è lecito pensare che esista una sortadi grandezza in Erostrato - una grandezza cheegli non condivide con banali arrivisti chehanno raggiunto inopinatamente la fama. Es-sendo lui greco, si può pensare che abbia pos-seduto una raffinata sensibilità e quel tran-quillo delirio di bellezza che ancora contraddi-

stingue il ricordo dei suoi grandissimi avi. È,dunque, concepibile che abbia incendiato iltempio di Diana in un'estasi di dolore, bru-ciando parte di sé nella furia della sua impresascellerata. Possiamo legittimamente supporreche avesse superato l'afflizione di un rimorsofuturo, e affrontato un intimo orrore per rag-giungere una fama duratura. Il suo atto può es-sere, in un certo modo, paragonato a quel tre-mendo momento dell'iniziazione dei Templarii quali, dopo aver dato prova di essere assolu-tamente credenti in Cristo - sia come cristianinella tradizione generale della Chiesa, sia comegnostici occulti e, quindi, nella grande tradi-zione del cristianesimo -, dovevano sputare sulcrocefisso al momento dell'iniziazione. Da unpunto di vista moderno, un simile atto può pa-rere unicamente ributtante in termini umani,in quanto non credenti, e, quando sfidiamoDio e l'inferno, stiamo sfidando cose che pernoi son morte, per cui la nostra sfida si rivolgea cadaveri. Ma non vi è umano coraggio, inqualsiasi terra o mare ove gli uomini siano co-raggiosi per mera audacia, paragonabile all'or-rore di una simile iniziazione. Il Dio sul qualesputavano era la sacra sostanza della reden-zione. Era all'inferno che guardavano perriempirsi la bocca della necessaria bestemmia.

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Così possiamo pensare a Erostrato, con la dif-ferenza che la concentrazione per l'amore dellabellezza era meno forte della convinzione diuna romantica verità. Proviamo a immaginarloin questo modo, per poterne giustificare il ri-cordo.

Che, se Erostrato si comportò così, entra im-mediatamente a far parte di tutti gli uominiche son diventati grandi grazie al loro indivi-dualismo. Un sacrificio del sentimento, dellapassione, [...] che distingue la via verso l'im-mortalità. Patisce come Cristo, che muorecome uomo per dimostrare di essere Verbo.

18.

Una prodezza simile venne intrapresa daquel povero csteta del patriottismo che trovòl'immortalità sulla carta stampata nel munici-pio di Cork24. Non si potrà fare commento piùamaro sulla futilità dei nostri tempi se non conla semplice notizia di quel ridicolo martire, checercò di trasformare il suo personale stomaco

24 Terence MacSwiney, indipendentista irlandese, mortonelle carceri londinesi il 24 ottobre del 1920 dopo 74 giorni disciopero della fame.

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in un succedaneo, in senso negativo, di un'im-personale gogna. Mise in piedi un pettegolezzoda star cinematografica, che durò parecchigiorni, per commettere un suicidio nella piùlenta delle ovvie maniere. Anche lui facevaparte del Selvaggio West della nostra meschi-nità. E il giusto compagno, in qualsiasi limboche l'Altro Mondo riservi per i futili di quelche è serio, quelli che cavalcano il mare in au-tomobile25 e i saltimbanchi dei risultati scienti-fici. Lui scoprì che la morte per fame potevaessere una droga spirituale e smangiò la suapubblicità impersonale per finire tra le ombredel sacro disprezzo dei reportage.

Si potrebbero scoprire altre e ancora più cu-riose forme di pubblicità, personale o imperso-nale. L'uomo è in grado di osare tutto e perfinodi far cattivo uso di una causa, per buona cheessa possa essere. Questa sanità del sempliceintelletto, che non sarà illogico nonostante lasalvezza risieda fuori dell'intelletto; questa pie-nezza razionale dell'anima che mai ammetterà

25 Prima allusione a Sir Henry Segrave (1896-1930), corri-dore automobilistico che nel 1927 superò il record delle 200miglia orarie su terra con la sua Sumbean «Golden Arrow», eche morì nel 1930 nel tentativo di superare le 100 miglia orariesull'acqua a bordo di «Miss England II».

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che la verità è privilegio dell'ameba - quellalimpida austerità del cervello non sarà testi-mone della vanagloria [...].

Egli occupa il posto che gli è stato riservatonel paradiso degli Sciocchi, sopra il leggerogiaciglio del nostro disprezzo. Anche lui è con-taminato dal martirio, questo stilila dei visceri,che trasformò il patriottismo in una funzionedel non mangiare.

È per [...] come questi, che imbrattano colmartirio la causa che [...], che Proudhon for-mulò quell'immortale frase che avrebbe do-vuto essere incisa sul marmo per [...]. «Dopo itiranni», disse, «non conosco nulla di più dete-stabile degli eroi».

Questi acrobati moribondi riescono a ren-dere la morte comica e il coraggio ripugnante.È necessario appellarsi a tutta la nostra tradi-zione di rispetto per compiangere gli sciocchi,e oltretutto gli sciocchi presuntuosi. Il loro fineunisce il suicidio sciocco alla tragedia senza di-gnità.

Essi non ricadono in nessuno stupido an-golo del dovere, ma negli spazi disabitati e in-sensati della vanità. Il loro statuto non è supe-

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riore a quello del bellimbusto e del fanfarone,se non nel cattivo gusto dell'impudenza e nelladimensione della loro vanità. Perdono la vitanon come eroi, ma come animali; e mentrequesti inciampano nel pericolo, quelli inciam-pano nel caso. La vigliaccheria appare unavirtù solo quando il coraggio viene profanato.

19.

Il genio è la follia che mediante diluizionenell'astratto si trasforma in salute, così come ilveleno che mediante diluizione si trasforma inmedicamento. Il suo prodotto caratteristico èla novità astratta - ossia, una novità che, in so-stanza, si adatta alle leggi generali dell'intelli-genza umana e non alle leggi specifiche dellamalattia mentale. L'essenza del genio è la suainadattabilità all'ambiente; per questo motivoil genio (quando non accompagnato dal talentoo dall'arguzia) è di solito incompreso dal suoambiente; dico «di solito» e non «universal-mente» perché molto dipende dall'ambiente.Non è la medesima cosa essere un genionell'antica Grecia o nell'Europa, o nel mondoattuale.

Shakespeare, ai suoi tempi, non era ritenuto

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un genio, dato che i clamorosi, anche se po-stumi, elogi di Ben Jonson26, non sono altroche vaniloqui dell'epoca, privi di senso e appli-cati dallo stesso Jonson a persone di cui ogginon si sa più nulla - come quel Lord Mountea-gle27 di cui dice «essere lo spirito più geniale»(niente di meno) della sua epoca, o lo stessoGiacomo I, [...]. Shakespeare ai suoi tempi eraammirato più come persona di spirito checome persona di genio. Come poteva accaderequesto? Poteva venir compreso il creatore diFalstaff, ma non il creatore di Amieto. Se glianti-Stratfordiani si fossero dati la pena di ac-corgersene, molti assurdi paragoni con le lodifatte a Jonson o ad altri personaggi della suaepoca sarebbero stati impossibili.

Shakespeare è l'esempio di un grande genioe di una grande arguzia, associati a un talentoinsufficiente. Egli fu tanto sommo nell'intui-zione, che costituisce il genio, e nella strava-ganza, che costituisce l'arguzia, quanto fuscarso nell'essere costruttivo e coordinato,qualità che danno luogo al talento.

Milton è esempio dell'unione di un grande

26 Ben Jonson (1572-1637), drammaturgo inglese.27 William Parker, barone di Mounteagle (1575-1622),

uomo politico amico di Giacomo I.

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genio con un grande talento. Ha l'intuizionedel genio e il potere formativo del talento. Nonera spiritoso, e in verità era pedante. Ma posse-deva una volontà ferrea, anche se greve, pro-pria del pedante.

Wordsworth è esempio di genio puro, di ungenio privo di talento e di arguzia. MentreShakespeare, per imperfette che siano alcunedelle sue opere, nel suo insieme, non è mai fa-stidioso o mediocre; mentre Milton, perquanto monotono possa essere, non è mai dibasso livello; Wordsworth, quando il geniol'abbandona, crolla al di sotto della mediocritàe della monotonia.

20.

Uno dei fenomeni più sconcertanti della ce-lebrità è ciò che si può chiamare genio fittizio.Il genio si manifesta in quanto impossibilità diadattarsi all'ambiente. A volte, tuttavia, vi sonodifferenze in relazione all'ambiente, senza cheesista un vero adattamento.

È il caso di Robert Burns28, il quale, scri-vendo canzoni in lingua scozzese in un mondo

28 Robert Burns (1759-1796), poeta scozzese.

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di lingua inglese e distici, diviene esempio digenio fittizio. Ma proprio per il fatto di esserestato accettato ai suoi tempi ci mette sull'av-viso di non commettere l'errore di definirlo ge-nio. Simili differenze possono venire accettatecome esempio di genio solo quando il genio èassente. Blake era diverso dalla sua epoca edessa non gli prestò la benché minima atten-zione.

Il genio fittizio vive in opposizione esteriorealla propria epoca; il genio vero in opposizioneintcriore. Chiunque può capire che un'opposi-zione esteriore è opposizione, pochi invece chelo è anche un'opposizione intcriore.

Quando un'epoca brama qualcosa di nuovo(se mai è possibile che le epoche bramino qual-che cosa), ciò che desidera è qualcosa di vec-chio. Burns introdusse nel XVIII secolo una tra-dizione differente dalla tradizione letteraria pre-dominante a quel secolo, e, in verità, una tradi-zione totalmente estranea alla letteratura euro-pea. Ma ciò che portò fu una tradizione; infattinon portò nulla di nuovo. Allo stesso modo, lecanzoni e la musica dei negri che invasero l'Eu-ropa moderna ci provocano una curiosa impres-sione; ma, in se stesse, queste canzoni nonhanno nulla di nuovo. Se fossero nuove, non cipiacerebbero. Sappiamo che non lo sono e

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amiamo la loro novità proprio per questo.

21.

La musica del cuore che pone

John Anderson, myjo

i cicli sopra gli orpelli

Ye are na Mary Morison

o l'altro verso ripetuto da quello stessouomo sulla sua eterna Jean29

II fatto è che l'intera opera di Burns è un ca-priccio per sciocchi, se paragonata all'Auld Ro-bin GrayÌO, una delle poche poesie al mondoche pare cosa viva - non una tesi, non un ri-camo, o una musica suonata all'ora di pranzo.Come pure The Land of thè Leal di LadyNairne31 è qualcosa di molto più vero della

29 Jean Armour, la donna che Burns sposò nel 1788.30 Poesia della scozzese Anne Lindsay (1750-1825).31 Carolina Oliphant, baronessa di Nairne (1766-1845),

poetessa scozzese.

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spazzatura di Burns.Burns è nauseabondo, e inesistente.La perfetta definizione umana di perfetto

gentiluomo:

Douglas, Douglas, tender and treué"2.

Nessun simile sentimento si tradurrà mai inun non-classicismo non romantico. Esso si pre-senta dinnanzi agli dèi con un fascio di melo-die da music-hall ed è immortale per il tremitodella mano che lo regge.

22.

Questa valenza dell'elemento esotico, cosìpalese nel caso del provinciale Burns, è evi-dente anche a livelli più alti. Gran parte dellagloria di Omero, così meritata, si deve a per-sone che non conoscono il greco. Il suo presti-gio è, in parte, quello di un Dio, dato che,come un Dio, è allo stesso tempo grandioso epoco conosciuto. «Quant'è noioso Milton!»,mi disse una volta un tipo entusiasta. «Quant'è

32 Di Sir Richard Holland, poeta scozzese del XV secolo.

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differente da Omero e da Virgilio!», esclamaiio. Egli ne convenne immediatamente. Tutta-via, Milton non è più noioso di Omero - senon perché siamo inevitabilmente critici piùmordaci del verso decasillabo inglese, più diffi-cile, che dell'esametro greco, più facile e lon-tano - ed egli è certamente meno noioso diVirgilio, la cui monotonia dello scrupolo ver-bale non si trova alleata al pensiero, come in-vece accade per la teologia di Milton, che, an-che quando è fastidiosa, non tralascia di esseremetafisica. La vacuità mentale dei grandi poetiepici è, a volte, epica di per se stessa.

Alcuni, in verità, si rifugiano nella sontuositàe nella solennità, come Spenser, la cui FaerieQueene, tuttavia, nessuno ha mai letto.

(La frase di Wilde «Un gentiluomo nonguarda mai fuori della finestra» non è moltocarina, ma è una definizione utile per un genti-luomo).

23.

Affinchè l'arte possa chiamarsi tale, non le sideve chiedere sincerità assoluta, ma un certotipo di sincerità. Un tale può scrivere un bel so-netto d'amore a due condizioni: perché è consu-

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mato dall'amore, o perché è consumato dall'arte.Deve essere sincero o nell'amore o nell'arte; nonpuò essere famoso in nessuno dei due casi, e an-che in nessun altro modo. Può bruciare all'in-terno, senza pensare al sonetto che sta scrivendo;può bruciare all'esterno, senza pensare all'amoreche sta immaginando. Ma da qualche parte devepur bruciare. Altrimenti, non riuscirà a trascen-dere la sua umana inferiorità.

24.

.. .Quel verso grandioso e semplice:

Douglas, Douglas, tender and true

in cui la stessa ripetizione è musica delsenso; e il terribile dramma di quel verso diWebster che mai avrà rivali:

Cover ber face; mine eyes dazzle she diedyoung^

33 Cfr. nota 14.

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Queste repentine cose ci liberano, e il signi-ficato di versi come questi rallegrano il cuoreper aver preso coscienza della vita.

La maestosità può tradursi in alcune frasi:

The Ughi that never was on sea or lana.. ,34

Ripenessis all...ì5

25.

... I Virgilio più nobili non hanno Mecenati.Il patrono è una necessità non dissimile dal la-voro dello scrivano: ognuno dei due potrebbeessere messo volentieri in disparte. E, in ognicaso, deve avere capacità di adattamento. IPope36 più acuti non otterrebbero un anticipoper l'Iliade, che rifiuterebbero di tradurre, vi-sto che sarebbero capaci di scriverla. I Virgiliopiù nobili non dispongono di Mecenati.

In ogni caso, quanto più nobile è il genio,meno nobile il destino. Un piccolo genio rag-

34 William Wordsworth, Nature and thè Poet.35 William Shakespeare, Re Lear.36 Alexander Pope (1688-1744), poeta inglese.

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giunge la fama, un genio grande l'infamia, unoancor maggiore è disperato; un dio viene cro-cefisso.

La maledizione del genio non è, come rite-neva Vigny37, essere adorato, ma non amato; ènon essere amato né adorato.

Wilde non fu mai così veramente geniocome quando un uomo alla stazione ferroviariagli sputò in faccia mentre lui veniva trasferitoin prigione. Una grande offesa ha colpito moltigeni: ma nessuno ha sputato loro in faccia.

... E John Keats38, lui sì amato dagli dèi, peril quale il mistero degli dèi fu tanto crudele...

Ma la saggezza e il discernimento del temponon permetteranno che Keats venga classifi-cato inferiore a Shelley39. Uno era poeta eaveva un cuore per cantare; l'altro fu artista, elavorò.

La tragedia delle cose che, ottenendo signifi-cato dalla loro realizzazione, perdono il signifi-cato della cosa significata.

37 Alfred de Vigny (1797-1863), scrittore francese.38 John Keats (1795-1821), poeta inglese.39 Percy Bysshe Shelley (1792-1822), poeta inglese.

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26.

I realisti fanno le piccole cose e i romanticiquelle grandi. Un uomo deve essere realistaper poter gestire una fabbrica di chiodi. Deveessere romantico per gestire il mondo.

È necessario un realista per trovare la realtà;un romantico per crearla. Napoleone è solo unpoeta, Cromwell un entusiasta, Cesare un retore.

La distanza tra Henry Ford40 e John Miltonè sempre maggiore sul treno del ritorno.

La realizzazione è la morte, perché è la fine.I romantici sono sopravvivenza, eterne incar-nazioni di se stessi.

La civiltà è greco-romana e si inserisce, diconseguenza, nella linea evolutiva delle nazionimeridionali. In certa misura, è ancora mediter-ranea, sebbene, con il Portogallo, abbia oltre-passato le Colonne d'Ercole e così aggiunto ilmondo a Roma.

I viaggi per mare, come quelli di Drake, diFrobisher, di Cook41 e (come dice l'Ufficio per

40 Henry Ford (1863-1947), industriale statunitense.41 Francis Drake (1540-1596), Martin Frobisher (1535-

1594) e James Cook (1728-1779): navigatori inglesi.

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le Concessioni) «simili», sono così insignifi-canti nella sociologia delle scoperte che un in-glese mostrerebbe maggior patriottismo se nonli nominasse affatto. Il contributo inglese allasostanza della civiltà fu la politica e non la na-vigazione. L'Inghilterra trovò il mare solo dopoche le dissero dove si trovava.

27.

In qualsiasi società, e in qualsiasi epoca, cisono tre società e tre epoche. C'è, in primoluogo, e soggiacente a tutto, l'umanità e iltempo indefinito della sua durata, che nella no-stra lingua corrente prende il nome di eternità.«L'Uomo ha in sé l'eternità» dice Browning42,benché sia possibile che abbia voluto direqualcosa di differente. C'è, poi, al di sopra, laciviltà a cui quella società e quell'epoca appar-tengono. Ci sono, infine, quei particolari del-l'hicetnunc [...]

Questi tre livelli possono avere una strutturasimile o differente.

42 Robert Browning (1812-1889), poeta inglese.

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Nell'antica Grecia, erano praticamente conti-nui. Grecia e civiltà erano coesistenti, o conso-stanziali. L'antica Grecia e la sua civiltà, essendol'inizio della sociabilità critica, ossia, della stessaciviltà, erano identiche alla sostanza dell'uma-nità civilizzata. Così, quando un poeta scrivevacome un greco, scriveva come un uomo. QuestoParadiso non venne più ritrovato. Gli arcangeline espulsero l'Uomo e si misero eternamente aguardia di quelle inutili porte.

Un poeta greco, per essere famoso, dovevaadattarsi all'ambiente. Noi abbiamo tre am-bienti a scelta. Per adattarci a tutti e tre,ognuno di noi deve essere una trinità, che è fintroppo anche per un pazzo.

Roma, era l'America della Grecia, e pertantola sua erronea interpretazione [...]

28.

La fama delle nazioni è, per certi versi, si-mile a quella degli uomini. Ci sono nazioni ge-niali; ci sono nazioni talentuose; ci sono na-zioni di spirito.

Nella civiltà cui apparteniamo, ci sono trenazioni geniali, e cioè le tre nazioni che co-struirono il mondo moderno. La loro gran-

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dezza è stata variabile, ma in tutti e tre i casinon ne fu immediato il riconoscimento daparte del mondo.

La civiltà moderna si basa su tre princìpi: lacultura greca, l'ordine romano e la morale cri-stiana. La cultura greca significa razionalismoindividualista, e ogni qual volta una nazioneeuropea si è allontanata da questo fondamen-tale elemento, è caduta o ha conosciuto lasconfitta. L'ordine romano significa il concettodi Stato in quanto Impero, e ogni qual voltauna nazione europea ha perduto questa no-zione, si è rovinata o è diventata insignificante.La morale cristiana significa [...]

Dopodiché, la civiltà moderna è ora basatasu tre elementi - la nazionalità, creata dall'Ita-lia; l'universalità, creata dal Portogallo; e la li-bertà, creata dall'Inghilterra.

Questi elementi, creati dal genio di tre na-zioni, furono diffusi dal talento di altre tre. LaGermania, che trasformò il Rinascimento inRiforma; la Spagna, il [...]; e la Francia, che hauniversalizzato la Rivoluzione Inglese.

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29.

Le odierne nazioni coloniali, che come pa-rassiti vivono dei cascami della nostra gloria edelle nostre prodezze...

Come la stessa miserabile Germania, nuovaricca della civiltà europea...

L'Impero Germanico non ha una tradizionearchitettonica. (Gotico...)

... come quando un uomo, nella capitale diun grande Paese, condannato a vivere dellerendite delle prostitute si trasforma, per di-verse volte, in primo ministro e ministro degliAffari Esteri di quello stesso Paese. È vero che,per molte persone, la Repubblica non solo èuna donna, ma una donna di malaffare.

... gli indubitabili vantaggi della democra-zia; in nessun altro sistema politico un uomocosì poco istruito come Briand43 potrebbegiungere per meriti personali alle più alte cari-che dello Stato.

Tanto Lenin come Mussolini sconfisserodelle menzogne; ma tutti e due scoprirono che,essendo la civiltà nella sua essenza artificiale,

43 Aristide Briand (1862-1932), uomo di stato francese. Nel1926 divise con G. Stresemann il Premio Nobel per la Pace.

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;ssuno la sostiene o la costruisce se non pero delle menzogne. Constatarono che è ne-

cessario creare nuove menzogne per sostituirequelle antiche.

Le sofferenze di [...] sono poste di fronte a01, e 1 ingiustizia fatta a [...]. Tutti rimaniamodubbiamente commossi. È impossibile non

commossi di fronte a Edgar

• le collettanee degli strafalcioni e degli or-i scritti dei discorsi di politici e di ammini-

traton. Tuttavia, il mondo così è governato enon può essere governato diversamente. Èquesta la realtà.

L'errore di persone come i critici del sistemasociale e non avere niente di meglio del peg-giore tra loro.

30.

È il caso di paesi come l'Irlanda o la Catalo-gna. Sono nazioni virtuali e non nazioni vere,reali. Hanno tutte le caratteristiche di una na-zione, eccetto il fatto di esistere in quanto na-

M Edgar Walla'e (1875-1932), giornalista e scrittore in-glcSC,

zione. Non sono state capaci di rimanere indi-pendenti nel corso della storia, e solo adesso,nel bel mezzo del declino e dell'agonia degliimperi, mettono in mostra il loro passato danuovi ricchi come una testa vuota sopra quelladecadenza. È per questo motivo che il socio-logo realista non parla di Bretagna, o di GranBretagna, e nemmeno stabilisce quella futile ereale distinzione tra Catalogna e Spagna. Leprovince che rispondono al nome di Scozia, Ir-landa e Galles sono tutte quante Inghilterraper lo storico pragmatico; sono Inghilterra cosìcome la Provenza è Francia. L'Inghilterra leconquistò, una in un modo, l'altra in un altro,e la lingua che parlano nel mondo - affinchè ilmondo le capisca - è la lingua che si chiama in-glese.

In un certo senso, si può dire che la diffe-renza tra il fatto che una nazione sia stata ca-pace di mantenere la propria indipendenza re-lativamente a una nazione più forte, e che in-vece l'abbia persa con un'altra, sia solo que-stione di fortuna. In questo senso, tutto quantoè solo questione di fortuna. Il genio di Shake-speare è questione di fortuna, giacché, se nonfosse nato con lui, non ci sarebbe stato.

Per il mondo in generale, qual è il significatodi queste strane lingue, con la loro sgradevole

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combinazione di vocali e consonanti nei postisbagliati, che, se fossero formate da multipli dicinque lettere, parrebbero frasi di un codice te-legrafico?

31.

Non esiste alcun argomento sociologico de-cisivo contro la schiavitù. L'unico argomentoesistente è che si tratta di un crimine, ed è que-sto l'argomento sociologico decisivo.

32.

L'Impero è un'offerta di libertà, la deriva-zione del nostro eccesso di vita nel risvegliarele vite inferiori degli altri. Un tempo, l'Imperoera considerato una tirannia, ma la tirannia è laschiavitù del tiranno stesso, giacché è tirannosolo chi non ha la forza per comandare. Si cir-conda di muri chi non ha muri per circondaregli uomini. Il tiranno è il primo tra gli schiavi,giacché è schiavo del concetto stesso di tiran-nia.

È imperatore solo chi è superiore alle per-sone dell'impero a lui soggette. Come può un

insignificante sciocco, gobbo, come un qual-siasi usuraio o cattivo marito, essere maggioredi quegli uomini che, nel peggiore dei casi,possiedono la sua stessa cupidigia, astuzia emeschinità, e che differiscono da lui solo nellacasualità della nascita, o nelle avversità deisenza ragione del mondo?

La superiorità risiede nel non mostrare su-periorità, ma nell'averla.

Se la storia conoscesse il senso dell'onore,questi uomini illustri sarebbero considerati su-periori agli uomini inferiori.

33.

La disonestà e l'inefficienza professionalesono forse le caratteristiche distintive della no-stra epoca. L'artigiano di un tempo doveva la-vorare; l'operaio d'oggi deve far lavorare unamacchina. È un banale capo di schiavi di me-tallo; si abbrutisce come uno schiavista, ma èmeno interessante, perché non può neanchevenir chiamato tiranno.

Così come uno schiavista diventa schiavodella propria funzione e acquisisce in tal modouna mentalità da schiavo, anche se di schiavo

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più fortunato, il capo delle macchine si tra-sforma in una mera leva biologica, in una spe-cie di meccanismo di avviamento associato aun motore. Partecipare alla produzione dimassa può far sì che un uomo continui a essereun essere umano dignitoso; in verità, è qual-cosa di così vile che non necessariamente èqualcuno. Ma partecipare alla produzione dimassa non gli permette di continuare a essereun operaio umano dignitoso.

L'efficienza oggi è meno complessa di unavolta. L'inefficienza può, per questo, passarefacilmente per efficienza ed essere, in realtà, ef-ficiente.

Le uniche arti e mestieri in cui osserviamouna qualche lotta per la perfezione, o per larealizzazione, sono presenti nell'assenza di artie mestieri - cioè, quelle attività chiamate sporto gioco, e che venivano solitamente conside-rate, non come cose in cui si lotta per qualcosa,ma cose in cui ci si riposa dalla lotta. È inutilecitare i greci. I greci si sforzarono di essere per-fetti in tutto ciò che facevano - negli sport enei giochi ma anche nella poesia e nel ragiona-mento. I nostri poeti in qualche modo fannopoesia; i nostri pensatori in qualche modo pen-sano. Solo i nostri corridori corrono vera-mente, perché corrono senza una meta. Nello

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sport i greci ambivano alla fama perché ambi-vano alla fama in ogni cosa; noi ambiamo allafama nello sport e nei passatempi perché nonpossiamo ambire alla fama in altro. L'esube-rante attività di un bimbo non ha niente a chevedere con l'esuberante attività di una folliaacuta.

34.

Se esitiamo a commiserare il drogato ches'imbottisce di cocaina, perché dovremmocommiserare il drogato ancora più folle checonsuma velocità al posto di cocaina?

Nel Rinascimento, la vita era più veloce epiù sanamente febbrile di adesso. Sir PhilipSidney45 divenne ambasciatore a sedici anni[...].

La lentezza della nostra vita è così grandeche a quarantanni non ci consideriamo vecchi.La velocità dei veicoli ha tolto velocità alla no-stra anima. Viviamo molto lentamente e perquesto motivo ci annoiarne tanto facilmente.

45 Sir Philip Sidney (1554-1586), poeta, uomo politico e mi-litare inglese.

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La vita per noi si è trasformata in un momentobucolico. Non lavoriamo a sufficienza e fin-giamo di lavorare troppo. Ci muoviamo moltorapidamente da un punto dove non si fa nullaa un altro dove non c'è nulla da fare, e chia-miamo tutto ciò smania febbrile della vita mo-derna. Non è febbre da fretta, ma fretta da feb-bre. La vita moderna è un ozio agitato, unafuga verso il movimento ordinato tramite l'agi-tazione.

35.

Quel povero sciocco di Segrave46...Drogati di velocità, personaggi da cartellone

cinematografico [...].Non ammiriamo neanche la bellezza: ne am-

miriamo soltanto la sua traduzione. Per stradaci sono ragazze non meno belle di quelle chevediamo nei film. Da qualunque ufficio, all'oradi pranzo, escono ragazzi belli come quei va-nesi dei film.

Stupidi come una Mary Pickford o un Ro-

46 Cfr. nota al brano 18.

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dolfo Valentino47.Da Hollywood non è mai arrivato un motto

di spirito.

Se si escludono tedeschi e russi, ancora nes-suno è riuscito a infondere nel cinema qualchecosa che somigli all'arte. Qui non si riesce a farquadrare il cerchio.

36.

Qualsiasi dattilografa traviata che commet-tesse l'errore - così come farebbe la maggiorparte delle persone se lo potesse fare - di es-sere l'amante di un attore del cinema, scopri-rebbe, in capo a una settimana, che, eccettoche per un volto assolutamente banale, l'imma-gine è inferiore in tutte le qualità umane, su-perficiali o meno, della maggior parte dei ra-gazzi che in ufficio giravano quotidianamenteattorno a quella ragazza idealista. L'artista noncsteta e la trionfante canaglia si tramuterannoin prodotti tipici della nostra civiltà.

47 Mary Pickford (1893-1979) e Rodolfo Valentino (1895-1926), attori.

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37.

Stanno al di sotto di qualunque disprezzo.L'opprimente produzione di letteratura cau-

serà, per reazione, una selezione egualmenteopprimente. La produzione veramente abbon-dante di libri scritti bene farà in modo chemolti libri antichi sembreranno meno buoni diquando non c'era nulla cui potessero esserecomparati. Il concetto assoluto di valori sarà,così, costretto a sostituire il concetto relativo.

La pittura affonderà. La fotografia l'ha spo-gliata di molte sue attrattive. La futilità o l'idio-zia l'hanno spogliata di quasi tutto il resto.Quanto è rimasto è stato saccheggiato da colle-zionisti americani. Un grande quadro è sino-nimo di qualcosa che un ricco americano desi-dera acquistare perché ad altri piacerebbefarlo, se potessero. In questo modo, i quadrivengono paragonati non alle poesie o ai ro-manzi, ma alle prime edizioni di certe poesie edi certi romanzi. Il museo finisce per assomi-gliare non alla biblioteca, ma alla biblioteca diun bibliofilo. Apprezzare la pittura non vuoidire apprezzare la letteratura, ma apprezzare leedizioni. La critica d'arte scivola gradualmentenelle mani degli antiquari.

L'architettura si trasforma in un aspetto se-

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condario dell'ingegneria civile.Restano unicamente la letteratura e la mu-

sica.La letteratura è la forma intellettuale per di-

spensare tutte le altre arti. Una poesia, che èun quadro musicale di idee, ci rende liberi, at-traverso la comprensione che ne abbiamo, divedere e ascoltare ciò che vogliamo. Tutte lestatue e tutte le pitture, tutte le canzoni e tuttele sinfonie, sono tiranniche se paragonate a ciò.In una poesia, dobbiamo comprendere ciò chevuole il poeta, ma possiamo sentire anche ciòche vogliamo noi.

Una passeggiata in un museo diventa non uncontributo alla cultura, ma uno stimolo perl'invidia, come spostare lo sguardo dai nostripiedi stanchi all'auto di un uomo ricco.

38.

La quantità di genio esistente nella presenteepoca è, nella fattispecie, impossibile da deter-minare. Possiamo sospettare che ci sia del ta-lento. Ma esiste un'immensa quantità di intelli-genza, ed è da sottolineare, di intelligenzaespressa. L'aumento della possibilità di lettura,cui talvolta si allude come diffusione dell'istru-

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zione, ha creato un mercato per l'intelligenzascritta; persone che, in altra epoca, mai avreb-bero scritto, sono ora sedotte dalla possibilitàdi vedere pubblicati i propri testi, allo stessomodo in cui una donna, in un tranquillo am-biente di provincia, vivrebbe onestamente peril semplice fatto di non vivere, si vede ora co-stretta a trasformare in borghesia la sua natu-rale prostituzione.

Se l'attuale epoca è favorevole o meno alladeterminazione del genio, è questione che sipresta a parecchi equivoci. Nei termini in cui ilcaso si presenta, nessuna epoca è favorevoleappunto alla determinazione del genio. Maun'epoca in cui esistono correnti e controcor-renti mentali e conflitti e controconflitti delsentire, è più adatta di un'epoca stabile e solidaad apprezzare ciò che è strano e pericoloso.Tuttavia, sussistono delle difficoltà nella nostraepoca così avvilita. Da un lato, vi è troppagente che scrive, che disegna e che maltrattal'arte in varie maniere. Questo genera confu-sione. Dall'altro, questa stessa moltitudine diartisti trasforma la pubblicità e l'autoafferma-zione di più infimo livello in difesa control'oblio. Il risultato è che, alla confusione pro-dotta dall'abbondanza, si sovrappone il delibe-rato ostruzionismo dei diversi gruppi (delle di-

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verse parrocchie), a volte anche costituiti dauna sola persona. L'uomo di genio ha oggimaggiori possibilità di quante ne abbia maiavute, senza per questo essere nell'antica Gre-cia; ma ha meno probabilità di quante neavrebbe avute nelle più profonde tenebre delleepoche illuministe. Può contare su una certaacccttazione, ma non è sicuro di trovarla. Cosìcome le due naturali metà dell'amorosa animaplatonica, il genio e il suo pubblico si cercanoreciprocamente, ma, come abitualmente ac-cade nell'altro caso, raramente riescono a in-contrarsi. Tendono, separate e sole, a una pie-nezza irraggiungibile e vivono virginalmenteseparate.

39.

Il pensiero profondo casuale è tipico dellanostra epoca. L'originalità dei punti di vista èpraticamente morta.

Cosa potrà allora sopravvivere al nostrotempo ed esserne differente?

La logica (giacché tutte queste personesmetteranno di pensare). La spontaneità (giac-ché tutti loro sono critici e commentatori, madella loro poesia lirica).

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È contemporaneamente fastidioso e inutile,come un commento al Pentateuco. QuandoMosè, che probabilmente non è mai esistito,scrisse (in parte) il Pentateuco dopo esseremorto48.

40.

Le conseguenze, fino 'ad ora impreviste,della scienza, creeranno nuove professioni, ingran parte decorative e futili, e parecchie per-sone vi si adegueranno.

... E quelli tra noi che si sfiancano nellosforzo di leggere Shaw o D'Annunzio possonotrovare rifugio in W. W. Jacobs49 e conforto inWills Croft e in Austin Freeman50.

Il regicidio diverrà cosa comune, in quantol'assassino di un re è più o meno sicuro di di-venire immortale. I governi possono reagire, eseppellirlo in una fossa comune; ma il terribile

48 «Mosè, servo del Signore, morì in quel luogo, nel paesedi Moab, secondo l'ordine del Signore», (Deuteronomio, 34.5).

49 William Wymark Jacobs (1863-1943), scrittore inglese.50 Wills Croft (1879-1957) e Austin Freeman (1862-1943),

scrittori inglesi di romanzi polizieschi.

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precedente del Milite Ignoto conferirà ai cri-mini, politici [...] o mortali, del futuro il di-ritto di appartenere a un Dio dell'AssassinoIgnoto. Le donne piangeranno la sua morte esogneranno com'era da vivo, e, dato che di luinon si sa nulla, nessuna disillusione si potrà ab-battere sul sogno stesso.

41.

Così come non v'è nulla di più semplice delregicidio, nulla è più certo della morte del re.

In un possibile futuro socialista, l'uomo digenio - un individuo inadatto alle attività o agliozi dell'alveare, e, quindi, l'unico con delle ri-chieste là esistente - sarà famoso per la diffe-renza rispetto all'alveare. In contrasto con que-sta era capitalista, otterrà immediatamente lafama che qui gli è negata in vita; ma avrà laconsolazione di mantenere la tradizione econo-mica della sua specie. Nessun tipo di societàpuò indorare il fatto che questa sia una società:la superiorità sarà sempre inferiore. La prova,con le sue riserve incidentali, sarà sempre difronte a tutti.

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Chesterton avrebbe raggiunto veramente lagrandezza se avesse posseduto ciò che noi, la-tini, chiamiamo «composizione», nozione se-condo la quale uno scritto deve possedere uninizio, un centro e una fine: e, dato che la lette-ratura si nutre di idee, la composizione lettera-ria è nutrita dal raziocinio, che è fatto da idee;e, per quando frivolo sia l'argomento, un'operaletteraria deve essere, fin dalla nascita, razioci-nio dotato di un corpo; così come una poesiadeve avere uno scheletro. Questo piccolo opu-scolo è una modesta prova di quello che dico:il lettore noterà che, nonostante l'eccessiva ver-bosità che pare contenere, non divaga vera-mente in nessun momento, né svia dal razioci-nio astratto a cui da corpo, e che nessun para-grafo è messo al posto sbagliato, e neppure sipermette capricci o debolezze nel corso di [...]

42.

Chesterton vive in quell'ambiente di mezzeverità da cui le verità escono nebulose.Quando ha ragione, trova generalmente unmodo per avere torto.

Ha difeso la fede cattolica con ammirevoleasimmetria, che ogni cattolico ripudierebbe

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con vigore; ha basato il medievalismo su un ri-fiuto della modernità che non ha nulla a chevedere, nemmeno per contrasto, con il MedioEvo.

43.

Shaw51, nonostante sia un artista minore,possiede, però, la virtù di essere stimolante.Stimola il pensiero critico, anche se questo,una volta stimolato, inizia a distruggergli tuttele sue illusioni riguardo l'umanità, lui che nonvuoi sapere nulla di umanità e di giustizia, chenon crede in nessuno. Il signor Shaw, come lamaggior parte dei propagandisti, porta a qual-cosa d'altro - è autodistruttivo per natura. Unostimolante è qualcosa che ci spinge a essere noistessi; così, il whisky ha portato molti uomini acommettere atti che nulla hanno a che vederecon l'orzo. Il signor Shaw fa come tutti gli sti-molanti: aspetta che ci intoniamo a lui, ma nonè così che agiscono gli stimolanti - sono loroche devono intonarsi a noi.

51 George Bernard Shaw (1856-1950), commediografo escrittore irlandese.

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Il peccato mortale di Shaw - come di qual-siasi uomo che voglia essere considerato artista- è di non avere poesia nel proprio intimo, ilche significa che in lui non vi è umanità.

Shaw pare più il fondatore di una religioneche un creatore di letteratura, che del restonon è. Non è un Synge52 e nemmeno un Wilde.Gli mancano le opinioni, che rappresentano iltrionfo e il refrigerio dell'umanità.

44.

Che si tratti del signor Shaw, del signor Che-sterton, o del signor Wells53, lo stile letterario èil medesimo. Consiste nello scrivere ciò che sipensa senza pensarci. Il giornalismo è la stessacosa: nel giornalismo perché non c'è tempo;qui perché vi è giornalismo. Il nefasto deside-rio di impressionare il pubblico questa sera,come se non vi fosse umanità, sta alla base ditutta questa mediocrità.

Ciò che noi, latini, chiamiamo «composi-

32 John Millington Synge (1871-1909), scrittore e dramma-turgo irlandese.

" Gilbert Keith Chesterton (1874-1936) e Herbert GeorgeWells (1866-1946), scrittori britannici.

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zione» - lo sforzo di dire le cose in modo suc-cinto, logico e una sola volta - non è cosa cheli disturbi. Possiedono quella disonestà profes-sionale che è una delle caratteristiche della no-stra epoca delle macchine.

Il signor Chesterton - l'unico vero genio deitre, dato che è un poeta -[...].

Ma Chesterton ha un impedimento. È unuomo di genio. Possiede questa terribile qua-lità. Da quel momento l'infanzia matura in ciòche vagheggia, come uno gnomo che si sta in-camminando per andare a Messa.

È nelle sue storie di detective che si tra-sforma in detective.

Mi dispiace per quelli che non lo amano, enon per ciò che lui scopre, ma per quello cheporta. Perché è qualcuno che vagheggia in-torno alla verità, tenendola sempre alla sua de-stra, e non stando mai al suo lato destro. Pos-siede il muro cattolico esterno che racchiude ilgiardino cattolico interno. Esistono due chiesecattoliche e lui appartiene a quella che può es-sere vista dall'esterno. Non ha mai trovato laporta nel muro che il suo amico Wells, piùtranquillo, ha oltrepassato, ma solo per suppo-sizione. È inciampato in una fede, in un angolodel paradiso, ma la fede non abita quegli angolioccasionali.

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45.

La verità riguardo uomini come Shaw e [...]è che sono barbari. Irrompono nella civiltà conla novità di chi non ne fa parte, e saltano all'oc-chio come un negro in Scandinavia. La loronerezza è il loro marchio. La vera novità chedura è quella che prende tutti i fili della tradi-zione e con essi tesse nuovamente una tramache la tradizione sarebbe incapace di creare.Le idee essenziali del genio sono tanto antichecome la sua base, che è l'esistenza dell'uma-nità. Ogni uomo di genio prende questo vec-chio vestito sfilacciato e [...]

L'altro elemento di notorietà che chiamiamofama è l'essere barbaro. Essere barbaro signi-fica entrare nella civiltà venendo da fuori;farne parte per il numero sulla porta, ma senzal'esperienza con cui comprendere che esistonostrade e che, per antica tradizione, vengonomessi numeri sulle diverse porte. Egli attra-versa la civiltà in diagonale. Entra dalla fine-stra, che non è l'entrata normale, ed esce daun'altra finestra; pensa che il suo atto sia im-portante perché, come il vento, da una diversasistemazione ai piccoli particolari del mobilio -quadri, vasi - della civiltà, ma spargendoli perterra.

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Tutti i grandi poeti sono appartenuti a unproseguimento della medesima tradizione, di-versificandola col temperamento. Alcunil'hanno fatto consacrando la propria indivi-dualità a una raffinata erudiziene; è il caso diVirgilio (un erudito ai suoi tempi), di Dante eMilton. Altri, riunendo nella propria indivi-dualità la totalità dell'osservazione e dell'espe-rienza, che sono i tradizionali risultatidell'animo umano; è il caso di uomini comeShakespeare e Walt Whitman. La caratteristicamorale definita dai primi è la serietà - la loroelevata serietà, come direbbe Matthew Arnold.La caratteristica morale definita dai secondi èl'amoralità; sia Shakespeare sia Whitman eranoindifferenti ai valori morali, se non quando su-scettibili a essere trasformati in valori esteticidall'emozione. E diciamo, per inciso, che tuttie due erano pederasti. Goethe, ha un po' diuna cosa e un po' dell'altra...

L'elemento essenziale del barbaro è di esseretotalmente moderno; è totalmente della suaepoca perché la razza cui appartiene non è pre-ceduta da civiltà anteriori. Ha solo antenatibiologici. Un tratto comune a Lenin e Shaw, aWells e [...]. Quando si appellano a qualcosaal di fuori di loro stessi, si appellano a cosecome l'umanità, che è l'espressione comune

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per designare la specie animale con fattezzeumane, e che non esiste al di fuori della biolo-gia, o si appellano alla scienza, che non haniente a che vedere con lo spirito umano, senon per il fatto di essere prodotta da esso, manon per esso.

Il negro si veste sempre all'ultima moda. Ilcannibale, se fosse qui, ordinerebbe sempre ipiatti più raffinati. Tutti e due, per ovvie ra-gioni, si sentono, a volte, pessimisti.

46.

Il vero termine da applicare loro è barbari.In quanto schiavi importati, sono estranei allaciviltà cui appartengono. Recano con sé, an-cora fresca, da tribù non addomesticate dallastoria, una critica alle bugie necessarie che co-stituiscono la società; e questa critica, comequella dei bambini, è contemporaneamenteesatta e inutile. Sono riformatori per difetto enon per eccesso. La nostra società, abituataalle tradizioni, affronta le loro opinioni comese fossero medicine sbagliate e le vomita comese fossero medicine sicure. Il modo imperfettocon cui parlano la nostra lingua procura loro lecritiche negative della logica della nostra gram-

matica. Il fatto è che noi siamo già vecchiprima di nascere e la sostanza del mondo non èla novità, ma il rinnovamento. Da tutto ciò chediciamo dovremmo uscire, e non entrare, e ilnostro epigramma quotidiano non deve scor-dare Omero. E potremmo riscrivere:

Por men may rise on stepping-stonesOftheir live selves to higher things™.

Queste persone giunte dai selvaggi recessi ri-svegliano la nostra autocritica e noi reagiamorimanendo tali quali siamo, ma con un apprez-zamento maggiore del passato. Nulla traduce ilMedio Evo in modo così brillante come unteorico della Rivoluzione Francese. Nulla ècosì tenebroso come un teorico del nuovo me-dievalismo che si scorda di esserlo.

Come accade a tutti gli stranieri, la loroprincipale preoccupazione è dedicata alle isti-tuzioni sociali e ai costumi del paese in cuisono stranieri, in quanto le loro critiche socialie l'impazienza di riforme costituiscono il natu-rale motore del pensiero. Il vero abitante di unpaese civile si preoccupa più di Dio e delle

54 Alfred Tennyson (1809-1892), In Memoriam.

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Parche che di riforme sociali. Voler conoscerel'umanità è solo un avvicinamento all'anima, oagli dèi. Tuttavia, questi stranieri si preoccu-pano dell'umanità in quanto umanità e cre-dono nell'esistenza collettiva di uomini divisi.

47.

C'è molto più da dire a favore di Edgar Wal-lace, come tipo umano ben definito, che a fa-vore di Bernard Shaw. Edgar Wallace stafermo sulle sue posizioni, mentre Shaw non neprende nessuna. È troppo spiritoso per i giornidi oggi, ma non lo è abbastanza per quelli didomani. Questo è essenzialmente dovuto alfatto di essere un tipo umano morboso; il suoideale di società aspira dolorosamente a mo-strare che lui è un ipocondriaco [...] del so-ciale. Utilizza il talento per fare dello spirito elo fa risuonare come se fosse genio. Ha un po'di ogni elemento, e sopra tutti di arguzia; chelo renderebbe davvero grande, se non avesse laserietà del talento, che in lui assume una sgra-devole forma di pubblicità, un atteggiamentonei confronti della vita che di solito adottanosolo gli sciocchi.

La sua pubblicità è stata molto buona, ma,

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alla fin fine, non è altro che propaganda. Si tra-vestì da pubblicitario delle sue «idee», e le suepièce non sono altro che abbozzi. Vi sono cosepiuttosto degne di Shaw, e talvolta migliori inquanto più pure, negli annunci pubblicitari deimigliori agenti americani; ma l'intuizione giu-sta spetta agli uomini d'affari, che sanno che laloro arguzia non soprawiverà, né che sarà ne-cessario ai fini commerciali e all'incalzare dellenecessità del presente.

48.

Sono le idee e non i propositi, che fannol'immortalità - idee come forma e non comesostanza. Nell'arte, tutto è forma e tutto in-clude le idee. L'opinione della posterità non in-teressa se una poesia possiede concetti materia-listi o idealisti; ciò che interessa è se quei con-cetti siano o meno elevati, gradevoli nellaforma - precisamente nella loro forma mentalee astratta - o sgradevoli.

Apparentemente, questo farebbe sì che lapubblicità non pregiudichi l'arte, quando essaesista. In verità, non la pregiudica, ma, affinchènon lo sia, è necessario che, contro i suoi pro-positi e le sue intenzioni, l'artista dimentichi la

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pubblicità nell'arte. Qui la propaganda è utilecome stimolo, e inutile come proposito. È pos-sibile che la Divina Commedia fosse destinata afare propaganda cattolica - cosa sufficiente-mente inutile in un'epoca tanto cattolica; maDante, quando la scrisse, dimenticò completa-mente la pubblicità e scrisse poesia. La pubbli-cità non pregiudica la poesia, per la sempliceragione che non la tange. Il risultato è che unterzo dei commentatori di Dante consideraeretica la Divina Commedia e molti di loro in-tenzionalmente eretica. Se il poema può essereconsiderato, al contempo, cattolico e anti-cat-tolico, vorrà dire che la pubblicità non saràstata particolarmente efficace. Lo stesso po-trebbe venir applicato a un poema affine e dif-ferente che rivaleggia con la Divina Commedianel giudizio delle epoche. Milton lo scrisse colproposito di giustificare il comportamento diDio nei confronti dell'uomo, mettendo nel suopoema due eroi - Satana, che si rivolta controDio, e Adamo, che Dio punisce. Ha giustifi-cato il comportamento dell'uomo nei confrontidi Dio. Il suo poema divenne l'epopea di uncerto tipo di cristianesimo, e il risultato è che ilsuo autore era ariano, stante che la sua formadi cristianesimo stava nell'assenza di cristiane-simo. La sua vasta erudiziene e l'esperienza di

cultura stanno tutte nell'epopea cristiana; uni-camente Cristo vi rimase fuori. Qualcuno si èmai sentito cristiano dopo aver letto il Paradisoperduto?

La vera pubblicità è quella dell'uomod'azione, che utilizza le parole unicamentecome azione. E non esiste propaganda cri-stiana eccetto quella di una vita cristiana, négenio cristiano che non sia santo.

Si può dire che, se la pubblicità non è seria,è compatibile con l'arte. Il sacro entusiasmoche dura un breve momento è lo spirito concui si deve difendere una causa nobile o igno-bile, senza che smetta di essere arte. Il poemapiù antipatriottico di un grande poeta, diceSwimburne nel difendere l'arte per l'arte, èmeglio di un poema maggiormente patriotticodi un cattivo poeta. È vero, e probabilmenteperché il poema antipatriottico non era sinceroe il poeta ha avuto il tempo di pensare più allapoesia che all'antipatriottismo.

49.

Le relazioni tra arte e morale sono straordi-nariamente semplici, giacché tanto i difensoridi chi sostiene che non vi è relazione, come i

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loro oppositori, hanno ragione. Obiettiva-mente, non esiste alcuna relazione tra arte emorale, per la semplice ragione che l'arte è artee la morale è morale, e per lo stesso motivonon esiste alcuna relazione tra verità e morale.Pertanto la morale, essendo il tentativo di ele-vare la vita umana, per darle un valore umano,ha conseguentemente relazione con tutta lavita umana. E la vita umana comprende l'arte ela verità.

Le stesse relazioni esistono tra bellezza e ve-rità. Io potrei, se fosse alla mia portata, basareuna splendida poesia sul presupposto che ilSole ruota attorno alla Terra; e nessun insulto aCopernico potrà molestare la cadenza del mioverso. Tuttavia, nella misura in cui utilizzo unpresupposto evidentemente errato, farei per-dere alla mia poesia il proprio contatto con lavita - ossia, anche se non perde il suo contattocon l'arte, lo perde con ciò che all'arte appar-tiene.

La mia bugia non pregiudicherà l'effetto ar-tistico della poesia, ma rovinerà l'effetto di ele-vazione di cui l'effetto artistico è solo unaspetto. Sta di fatto che - e qui tocchiamo ilfondo - elevare è la finalità dell'arte più su-blime, e il suo fine è, di conseguenza, identicoa quello della morale. La mia poesia potrà ele-

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vare in quanto poesia; ma non potrà elevare inquanto prodotto vivente.

Tutti i grandi artisti lavorano sottopostiall'istintivo ordine che danno a loro stessi dicreare qualcosa che, se contemplato, eleverà lamente di chi la contempla a qualcosa di ideale,o alla forma ideale di una cosa reale. Questo losi può osservare nel semplice verso, che è ilmezzo della più elevata tra le arti, o del ritmo -così come nella musica -, che è il mezzo dellapiù potente di tutte. Il verso è la forma del lin-guaggio ideale - artificialmente superiore; ilritmo è la forma ideale - la forma artificiale -del suono. Ora, comunque siano le forme perelevare, abbassare non è una di esse. Tutti igrandi artisti evitano la vera immoralità - cioèquel che sentono essere immorale - nella loroarte, poiché essa è estranea ai loro stessi sforzie propositi artistici; essa sarebbe direttamentein contraddizione, dato che, oltre a diminuireil valore oggettivo del prodotto, e non comesemplice arte ma come arte umana, o elementodi elevazione, diminuisce anche il suo valoresoggettivo, per la divisione d'attenzione cau-sata nell'artista. L'effetto è simile a quello pro-vocato dall'introduzione della teologia o dellamorale discorsiva in una poesia.

Due supremi poeti del mondo - ossia, due

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artisti supremi nell'arte suprema - solo duesono, in qualche maniera, immorali: Shake-speare e Goethe - Shakespeare nell'omoses-sualità dei suoi sonetti e nel fastidio prodottodalla stessa in Venus and Adonis (ma certo nonnell'insieme della sua produzione drammatica);Goethe in base alla sua tendenza e al suo spi-rito critico puramente estetico. E questi duepoeti sono quelli che, tra i più grandi poeti delmondo, sono i meno artisti. Tutti e due sonocattivi costruttori di legami, essendo Goethe ilcaso più evidente, dato che in Shakespeare vi èpiù calore morale [...].

50.

Qualsiasi persona sia, in qualche modo,poeta, sa molto bene che è più facile scrivereuna bella poesia (se le belle poesie sono allasua portata) su una donna che gli interessamolto piuttosto che su una donna di cui siaprofondamente innamorato. Il miglior generedi poesia d'amore riguarda, di solito, unadonna astratta.

Una grande emozione è eccessivamenteegoista; richiama a sé il sangue dello spirito equesta congestione lascia le mani troppo

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fredde per scrivere. Ci sono tre tipi di emo-zioni che producono buona poesia - emozioniforti ma rapide, di cui si serve l'arte mentrepassano, ma non prima che siano passate; emo-zioni forti e profonde nel ricordo che lascianomolto tempo dopo; ed emozioni false, ossia,emozioni sentite coll'intelletto. La base di tuttal'arte non è l'insincerità, ma una sincerità tra-dotta.

Il grande generale che vuole vincere unabattaglia per l'impero del suo paese e la storiadel suo popolo non desidera - non può deside-rare - che tanti dei suoi soldati vengano uccisi.Nonostante ciò, quando incomincia a meditarela propria strategia, opterà (senza pensare aipropri uomini) per l'attacco migliore, anche segli dovesse costare centomila perdite, e nonper l'azione peggiore, o per una meno violenta,che gli possa risparmiare nove decimi degli uo-mini con i quali e per i quali combatte, e che disolito ama. Si trasforma in artista per amoredei suoi compatrioti e sacrifica i suoi compa-trioti per amore della strategia.

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51.

Può non essere intelligente, ma deve essereun intellettuale.

L'arte è l'intellettualizzazione della sensa-zione per mezzo dell'espressione. L'intellettua-lizzazione è data in, per e mediante l'espres-sione stessa. È per questo motivo che i grandiartisti - anche i grandi artisti della letteratura,la più intellettuale tra le arti - sono così fre-quentemente persone senza intelligenza.

52.

Un classico è un uomo che si esprime; un ro-mantico è un uomo che ha molto di sé daesprimere e che esprime solo ciò che ha daesprimere. È spaventoso, per esempio, quantodi Shelley è solo ciò che Shelley potrebbe averfatto se fosse stato un'altra persona. Ma tuttociò deve essere filtrato, sublimato, è uno splen-dore virtuale, una luminosa possibilità verba-lizzata.

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53.

La tragedia di Swinburne55 è inscritta lungotutte le sue incoerenti poesie, con la sua perpe-tua sensualità e la sua perpetua innocenza,nelle sue lunghe sognanti allocuzioni a donnebidimensionali. The Importance o/Being Alger-non56 avrebbe potuto essere stata scritta perlui.

L'allusione di Swinburne a Tennyson - «lafamiliare melassa del laureato» - è spiritosaperché è Swinburne, e non Tennyson, a esserecosì dolciastro, e di sicuro non ci interessa sequel liquido nauseabondo sia familiare omeno.

Tennyson possedeva, in verità, la nozione se-condo la quale la lingua deve essere utilizzataper trasmettere il pensiero; pensava così comepoteva e lo diceva nella miglior forma possi-bile. Generalmente, parlava molto bene. MaSwinburne pensava come non poteva e il disa-stro avveniva quando cercava di esprimersi.

Swinburne è un Tennyson elevato ai limitidella ragionevolezza. Non è una caduta di stile

55 Algernon Charles Swinburne (1837-1909), poeta inglese.56 The Importance of Being Earnest è una commedia, del

1895, di Oscar Wilde.

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se parliamo di Dolores invece che di Maud, so-prattutto quando Dolores non ha un'esistenzapossibile.

54.

Nulla che valga la pena di essere espresso ri-mane inespresso; sarebbe contro la naturastessa delle cose. Crediamo che Coleridge te-nesse dentro di sé grandi cose che non rac-contò mai al mondo; tuttavia, le ha raccontatenel Mariner e in Kubla Khan, che contengonola metafisica che lì non c'è, fantasie omesse eintrovabili speculazioni. Coleridge nonavrebbe mai potuto scrivere quelle poesie senon avesse avuto dentro di sé ciò che quellepoesie esprimono, non per quello che dicono,ma per il solo fatto di esistere.

Ogni uomo ha ben poco da dire e la sommadi tutta una vita di sentimenti e pensieri può, avolte, essere interamente contenuta in una poe-sia di otto righe. Se Shakespeare avesse unica-mente scritto la canzone di Arici a Ferdinand,in realtà non sarebbe stato lo Shakespeare chefu - ha scritto ben di più -, ma rimarrebbe dilui a sufficienza per mostrare di essere stato unpoeta più grande di Tennyson.

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Ognuno di noi ha, forse, molto da dire, maintorno a quel molto c'è poco da dire. La po-sterità ci vuole succinti e precisi. Faguet57

scrisse magistralmente che la posterità amasolo scrittori concisi.

La varietà è l'unica giustificazione dell'ab-bondanza. Nessuno dovrebbe lasciare venti li-bri differenti, a meno che non sia capace discrivere come venti uomini differenti. Le operedi Victor Hugo riempiono cinquanta grossi vo-lumi, ma ognuno di essi, quasi ciascuna pagina,contiene tutto Victor Hugo. Le altre pagine sisommano come pagine, non come genio. In luinon v'era produttività, bensì prolissità. Perse ilsuo tempo in quanto genio, ne perdette pocoin quanto scrittore. L'opinione di Goethe alsuo riguardo continua ad essere suprema, no-nostante sia stata troppo precoce, e una grandelezione per qualsiasi artista: «Dovrebbe scri-vere di meno e lavorare di più», disse. Questoparere, nella sua distinzione tra lavoro sul se-rio, che non si espande, e lavoro fittizio, cheoccupa spazio (dato che le pagine non sono al-tro che spazio), è una delle grandi opinioni cri-tiche del mondo.

57 Émile-Auguste Faguet (1847-1916), storico della lettera-tura e saggista francese.

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Se riesce a scrivere come venti uomini diffe-renti, è venti uomini differenti, e comunqueciò avvenga, i suoi venti libri troveranno unagiustificazione.

55.

Alla posterità, dice Faguet, piacciono soloscrittori concisi: la posferite n'aime que les écri-vains concis. Gli uomini saranno sempre dispo-sti a leggere, anche se questo esige uno sforzo,ciò che è immediatamente temporale, grazie alsuo interesse particolare, per così dire, che talelettura riveste ai loro occhi. Leggeranno sem-pre un romanzo di cinquecento pagine riguar-dante la loro epoca, così come leggeranno sem-pre un manoscritto di cinquecento pagine ri-guardante la storia della loro famiglia, o deiloro vicini. Mentre il passato li attrarrà solo perla perfezione e la brevità. È curioso come cosìtanti uomini, che sono critici terribili dei lorocontemporanei, si rivelino lucidi critici ri-guardo il passato. Ciò si verifica, con una certafrequenza, negli scrittori che scrivono di storia;e l'uomo che giudica Walpole58 con un consi-

58 Robert Walpole (1676-1745), uomo politico inglese.

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derevole istinto sociologico, sarà incapace diapplicare gli stessi principi, se li ha, all'analisidell'attuale primo ministro. Nel momento incui giunge a casa, se ne va via subito.

Per quel che riguarda i poeti e i prosatoriminori, la fama va riducendosi di antologia inantologia. Nel giro di cento anni sarà impossi-bile pubblicare un'edizione completa di Byron,di Shelley, delle poesie di Goethe, o di Hugo.Persino le moderne antologie di questi autorisaranno sempre più ridotte a causa della frene-sia e della confusione del tempo: le cento pa-gine che conosciamo di Wordsworth, comun-que, si ridurranno a cinquanta; le cinquanta diColeridge finiranno per diventare non più didieci. Ogni nazione avrà le sue grandi operefondamentali e una o due antologie per tutto ilresto. La concorrenza tra i morti è più duradella concorrenza tra i vivi, poiché i morti sonoin numero maggiore.

Alcuni poeti e alcuni prosatori sopravvive -ranno, non per il loro valore assoluto, ma perl'assoluta relatività. Questo preserverà quelladolce opera del Circolo Pickwick che, pur nonessendo una grande opera di genio, è rappre-sentativa del genio dell'Ottocento (ed è tuttoquel che resterà di Dickens); preserverà Whit-man - non mi è possibile prevedere in quale

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misura verrà ridotto o antologizzato), poiché,per quanto sia grande l'influenza del localismoe della contingenza in Foglie d'erba, in lui sitrova l'intera America del Nord, così come inCatulo Cearense59 si trova l'intera America La-tina. Sono libri che soprawiveranno come mo-delli.

La gran parte della letteratura moderna èconversazione scritta, racconti del focolare fattiad alta voce, dall'ispirazione sbagliata, e chissàse la triste Lettera alla Posterità, come disseVoltaire riguardo l'omonima poesia di J. B.Rousseau60, raggiungerà mai il destinatario.Scrivendo, sprechiamo quel tempo che do-vremmo guadagnare conversando o, forse, nonlo sprechiamo, ma non abbiamo nessuno concui parlare, o vorremmo un uditorio troppovasto per le possibilità della nostra laringe e lapazienza dell'ascoltatore più lontano. Da tuttociò i nostri brillanti e frivoli romanzi, le nostresatire, i nostri saggi intelligenti e inutili, i nostripoemi da tavolino: cose molte volte divertenti,di solito buone, che vai sempre la pena fare,

59 Catulo da Paixào Cearense (1863-1946), poeta e scrittorebrasiliano, soprannominato «il Virgilio del sertào».

60 Jean-Baptiste Rousseau (1680-1741), poeta francese.

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purché non le si chiami arte. Ma è vero che, senon pensassimo che sono arte, non le fa-remmo, per quanto brevi siano.

Lo sforzo concentrato necessario per pro-durre una buona poesia, anche se breve, ec-cede l'incapacità costruttiva, la miseria dellaragione, la futilità della sincerità, la disordinatapovertà d'immaginazione che caratterizzano lanostra epoca. Quando Milton scriveva un so-netto, lo faceva come se la sua vita dipendesseda quell'unico sonetto. Nessun sonetto do-vrebbe venir scritto con spirito differente. Unepigramma può essere una pagliuzza, ma deveessere una pagliuzza alla quale il poeta mori-bondo si aggrappa. La grande arte non è operadi giornalisti, che scrivano o meno sul giornale.

La grande influenza scientifica della secondametà del secolo scorso non venne recepita. Haprodotto materialismo e non spirito scientifico.L'uomo della strada ha sentito parlare di freno-logia, di astrologia, di alchimia, e le ha chia-mate sciocchezze. Lo spirito scientifico loavrebbe portato a non dire nulla o a sottoporreogni cosa a un esame diretto. La frenologia(per quanto assurda [...]) venne estromessadal campo scientifico per un mero preconcettoreligioso, e uno dei piaceri della Nemesi è chesia stata gradualmente riabilitata per opera di

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un alienista cattolico, quel tal Grasset61. L'al-chimia ha fatto ritorno con la più recente chi-mica. L'astrologia è verificabile, se qualcunoavesse voglia di verificarla. Per quali motivi gliastri ci influenzano è una domanda difficile cuirispondere, ma non è una domanda scientifica.La domanda scientifica è: ci influenzano o no?La ragione per cui ci influenzano è di ordinemetafisico e non altera il fatto, una volta cheverifichiamo che di un fatto si tratta.

I grandi romanzieri, i grandi artisti e le altregrandi cose della nostra epoca puntano con or-goglio alla loro fortuna e al loro pubblico. Do-vrebbero avere, per lo meno, il coraggio diprendersi gioco dei loro inferiori del passato.Wells dovrebbe ridere di Fielding62, e Shaw diShakespeare; in realtà, Shaw ha proprio riso diShakespeare.

Hanno quella celebrità che l'epoca può dareloro; hanno la fortuna conseguente a quella ce-lebrità; hanno gli onori e la posizione conse-guenti a ognuna o a tutte e due le cose. Nonpossono pretendere l'immortalità. Gli dèi ven-dono ciò che danno63, dicevano i greci. E ai

61 Joseph Grasset (1849-1918), medico e biologo francese.62 Henry Fielding (1707-1754), scrittore britannico.63 «Gli dèi vendono quando danno» è il primo verso della

102

bambini inglesi si dice che non possono man-giare un dolce e contemporaneamente metterloda parte.

Non ho esitazioni, come ateo latino, a mo-rire... Terrei [...] Il Circolo Pickwick. ÈDickens, con la sua dolce tristezza, che obbligaun latino a fare una simile sollecita confes-sione.

56.

È un fatto curioso che i tipi frustrati fini-scano facilmente per essere celebri. Un tipofrustrato è un uomo troppo intelligente per es-sere solo intelligente, ma non sufficientementeintelligente per essere un uomo di talento. Èuna specie di via di mezzo.

Ci sono tipi frustrati superiori - quelli situatitra arguzia e genio e tra talento e genio. Il tipofrustrato della prima specie è l'uomo che si in-serisce tra la sua epoca e l'universalità, e che èuniversale grazie alla propria epoca, e non,come nel genio puro, in opposizione a essa. Il

poesia Degli scudi che fa parte di Mensagem, dello stesso Pes-soa (cfr. Fernando Pessoa, Messaggio, a cura di Paolo Collo,Passigli, Firenze 2003).

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tipo frustrato della seconda specie è l'uomoche si situa tra [...].

Uomini come Dryden64 e Pope65 sono, inuna certa misura, tipi frustrati; sono geni diun'epoca frustrante. La stessa frustrazione siosserva in casi come quelli di Whitman e diWilde.

Un perfetto esempio di frustrazione lo tro-viamo nel cosiddetto «verso libero» - comequello di Whitman, che possiede genio ma nonabbastanza. L'espressione non è verso propria-mente detto, e tantomeno prosa.

Bisogna distinguere attentamente tra tipofrustrato e tipo imperfetto. Shakespeare è untipo imperfetto; fu un genio più grande diquanto realmente fosse, utilizzò imperfetta-mente qualità giammai eguagliate, né prima, nédopo, nella storia intellettuale dell'umanità.Mentre Dante o Milton applicarono tutte leloro facoltà, Shakespeare e Goethe non lo fe-cero. Tipi come Dryden e Pope, che sono deifrustrati, non sono imperfetti: sono perfetti insé, perfetti in quanto frustrati.

Nel tipo imperfetto, la debolezza risiedenella volontà, o nel carattere, se l'intelletto

64 John Dryden (1631-1700), poeta e drammaturgo inglese.65 Alexander Pope (1688-1744), poeta inglese.

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viene escluso dal carattere. Nel tipo frustrato,la debolezza risiede nell'intelletto stesso, o an-cor prima, nella sua forma.

Nella letteratura, il tipo frustrato è immedia-tamente riconoscibile dall'espressione.Quell'espressione risiede più in una forma chein una maniera. Quando un poeta si esprimesempre attraverso strofe decasillabiche, comePope, o attraverso il verso libero, come Whit-man, rivela la propria frustrazione.

Parrebbe esistere, in uomini come Ben Jon-son e Pope, qualcosa di simile al semplice ta-lento, e non al genio. Ciononostante, lì vi è delgenio, ma quel genio è talento.

Il tipo frustrato offre agli uomini di geniol'unica occasione di celebrità della propriaepoca. NelTimprimere genio all'arguzia o al ta-lento, simili uomini finiscono per apparire allaloro epoca come geni. Vengono giustamentecompresi come geni. Ciò significa che devonoessere distinti dai semplici uomini di spirito,che, sebbene vengano detti geni per la loro in-telligenza, non sono geni per nulla.

Il tipo imperfetto si distingue in due sotto-tipi: l'uomo dotato di genio e arguzia, ma nondi talento, saltando, in questo modo, uno sta-dio intermedio, di cui Shakespeare e Goethesono esempi sublimi; e l'uomo semplicemente

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dotato di genio, senza l'elemento equilibrantedel talento o dell'intelligenza, come nel caso diBlake. Questi sono gli strani cantori [...].

Un caso come quello di Poe66. Poe aveva ge-nio. Poe aveva talento poiché possedeva unagrande capacità raziocinante, e il raziocinio èl'espressione formale del talento.

L'arguzia si distingue in tre tipi - l'arguziapropriamente detta, il raziocinio e la critica; iltalento in due tipi - l'abilità costruttiva e la ca-pacità filosofica; il genio è di un solo tipo -l'originalità. Le tre categorie mentali formanouna piramide.

Quando vi è genio senza talento e intelli-genza, il genio diventa della stessa sostanzadella follia. È il caso di uomini come Blake.Mostrano universalità, in caso contrario nonsarebbero geni, ma semplicemente pazzi; mamostrano, per loro stessa natura, un'universa-lità limitata, personificano un'esperienza senzatempo, ma comune, in tutti loro, a ben pochiuomini. Essendo geni, divengono immortali,ma saranno sempre immortali a casa loro, per iloro compatrioti. Un Blake o uno Shelley nonpotranno destare l'interesse in ogni tempo;

66 Edgar Allan Poe (1809-1849), scrittore statunitense.

106

possiedono la bellezza delle cose rare più chela bellezza delle cose perfette. Possono dive-nire molto popolari, in un'epoca o in un'altra,non nella loro, dove lo saranno solo per sugge-stione, perché fanno parte di un gruppo lette-rario, o per l'entusiasmo della critica.

Dalle varie possibili unioni di due o più diqueste sei qualità, e dai diversi gradi di ogniqualità all'interno di quella unione, discen-dono tutti i tipi mentali.

Ci sono tipi come Poe - genio associato a unelemento (raziocinio) di intelligenza (la sua at-titudine filosofica era una finzione generata daisogni, come mostra la sua incapacità di ragio-nare con chiarezza su temi filosofici, nono-stante le sue mirabili facoltà raziocinanti. Purela sua critica è falsa; è costruita a partire dal ra-ziocinio, come nella sua celebre auto-illusionesulla composizione de // corvo61, che non è unapoesia particolarmente notevole, sia detto amargine). Ci sono tipi come Lamb68, il cui ge-

67 Cfr. Edgar Allan Poe, La filosofia della composizione(1846) e Paolo Collo, Poe, Pessoa, e gli altri in The Raven, Via-lume, Annabel Lee di Edgar Allan Poe nella traduzione di Fer-nando Pessoa, Einaudi, Torino 1995.

68 Charles Lamb (1775-1834), scrittore inglese amico di Co-leridge.

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nio è associato a un elemento (arguzia). Tipicome Coleridge - genio e critica. Tutti questiuomini, che equilibrano il genio con una soladelle qualità dell'intelligenza, sono sull'orlodella follia; e i tre casi proposti lo mostranochiaramente.

Non si deve supporre che i tipi mentali su-scettibili di venir descritti dall'unione deglistessi elementi siano necessariamente simili. Ilgenio è di vari tipi, così come l'arguzia, il razio-cinio (in grado minore) e la critica. Infatti, Co-leridge è unione di genio e di critica; ma ancheWilde è unione di genio e di critica.

57.

La fama duratura si forma in modo analogo.Uno scrittore autenticamente geniale è dive-nuto famoso nella sua epoca; ed è divenuto fa-moso poiché tra lui e la sua epoca si è verifi-cato un certo adattamento. Questo adatta-mento può essere di tre tipi: completo (in virtùdella sostanza e del contenuto integrale dellasua opera), parziale (per una parte della suaopera, essendo l'altra parte senza valore), e im-perfetto (sempre per una parte della sua opera,essendo l'altra grande sì, ma incomprensibile

108

per i suoi tempi).Nella reazione dell'epoca successiva

all'epoca precedente, ognuno di questi tipi diautori è soggetto a un preciso trattamento.Quello che si era totalmente adattato alla suaepoca, essendo però un genio (in altre parole,lo scrittore in cui genio e intelligenza si som-mano) rimarrà famoso, ma in una posizione in-feriore a quella che occupava. È il caso di Vic-tor Hugo, un grande poeta, e come tale consi-derato ai suoi tempi, ancora oggi ritenuto ungrande poeta, ma meno di quanto un tempo sipensasse.

Lo scrittore adattatosi solo in parte alla suaepoca verrà collocato a un livello assai infe-riore; e soprawiverà solo in nota. Verrà lettodagli eruditi e solo alcune citazioni potrannofar tornare alla luce il suo nome. È il caso deipoeti minori di tutti i tempi, dei migliori ma ef-fimeri saggisti, dei romanzieri che hannoscritto qualche buona pagina e un racconto an-dato perduto. Gli uomini di un unico poema,come Bianco White69 o Félix d'Arvers70, tipici

69 José Bianco White (1775-1841), nome con il quale eraconosciuto José Maria Bianco y Crespo, scrittore e predicatorespagnolo d'origine irlandese, recentemente rivalutato da J.Goytisolo.

70 Félix Arvers (1806-1850), scrittore francese.

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di questa sotto-classe.Quello il cui adattamento era imperfetto so-

prawiverà, evidentemente, per motivi diversi,ma la sua fama aumenterà. Ciò che era del suotempo verrà inteso e classificato come secon-dario, anche se prevarrà; ciò che trascendeva ilsuo tempo sarà messo al primo posto. Ungrande esempio di tutto ciò è rappresentato daShakespeare, ai suoi tempi famoso come scrit-tore arguto e, da allora, celebrato come grandedrammaturgo, e in cui la commedia è solo unaspetto secondario, anche se importante, delsuo genio.

58.

Vi è nel genio un elemento oscuro -quell'elemento oscuro, reale ma difficile da de-finire, che quando assume determinati aspettiprende il nome di medianità. Un caso comequello di Napoleone è esemplare. Napoleoneera il veicolo di un vasto numero di tendenzedella sua epoca e del suo tempo; se non lofosse stato, non avrebbe dominato quella stessaepoca. Fu essa a farlo entrare in sé, e sempreessa a ordinargli di comandare.

no

A volte il temperamento dell'uomo e il tem-peramento dell'ambiente si adattano a talpunto l'uno all'altro che si può dire che l'am-biente non sia meno padre dell'uomo diquanto lo siano i suoi propri genitori carnali. Èil caso di Napoleone, il quale, pur essendo deltutto italiano, divenne totalmente francese.

59.

È ammissibile che il genio non venga ap-prezzato nella sua epoca perché a essa lui sioppone; ma ci si potrebbe chiedere il perchévenga poi apprezzato in epoche successive.L'universale si oppone a qualunque epoca, poi-ché le caratteristiche di quell'epoca sono ne-cessariamente particolari; perché allora il ge-nio, che ha a che fare con valori universali epermanenti, verrà recepito più favorevolmenteda un'epoca piuttosto che da un'altra?

La ragione è semplice. Ogni epoca è il risul-tato della critica dell'epoca precedente e deiprincipi soggiacenti la vita civile dell'epocastessa. Mentre è un unico principio a esseresoggiacente, o pare essere soggiacente, a cia-scuna epoca, le critiche a quell'unico principiosono diverse, avendo in comune solo il fatto di

ni

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occuparsi della medesima cosa. Opponendosialla propria epoca, l'uomo di genio la criticaimplicitamente, integrandosi implicitamente inuna o in un'altra corrente critica dell'epocasuccessiva. Lui stesso può produrre l'una ol'altra di quelle correnti, come Wordsworth;può anche non produrne nessuna, come Blake,e nonostante ciò vivere in accordo a un'attitu-dine parallela alla sua, sorta in quell'epocasenza per questo esserne un discepolo propria-mente detto.

Quanto più è universale il genio, più facil-mente verrà accettato dall'epoca immediata-mente successiva, più profonda sarà la criticaimplicita alla propria epoca. Quanto meno uni-versale è il genio, nella sua universalità sostan-ziale, più difficile sarà il suo cammino, a menoche gli accada di coincidere con il senso di unadelle principali correnti critiche dell'epoca suc-cessiva.

60.

Occorrerà subito chiedersi com'è che il ge-nio riesca, alla fine, a essere apprezzato. Se,nella sua opera, c'è un aspetto nuovo di ciò chec'è di permanente nell'umanità, e se, in virtù di

112

questo nuovo aspetto, entra in disaccordo conl'epoca in cui vive, com'è che, per questa stessanovità, non sarà ugualmente in disaccordo conle generazioni o i periodi successivi? Non c'è,in un fatto simile, nessun mistero, né difficoltàdi spiegazione.

Tutta la vita e, quindi, tutta la vita sociale, èun sistema di azioni e reazioni. Il carattere diogni periodo è determinato dal fatto di reagirea quello immediatamente precedente. Tutta lavita sociale è convenzione e formula, e semprelo sarà. Le convenzioni invecchiano e le for-mule divengono evidenti. Quando questo ac-cade, sorge un'epoca nuova che, a ragione,proclama false le convenzioni e le formuledell'epoca precedente, e poi acclama come Na-tura le convenzioni egualmente convenzionali ele formule egualmente formali che costruisceper se stessa. E questo è evidente anche a unosservatore poco attento della vita sociale. Nonc'è epoca più evidentemente convenzionale,formale e artificiale della nostra; tuttavia, nes-suna epoca ha strillato così tanto contro le for-mule immediatamente precedenti - di quellache qualcuno definì Età Vittoriana.

Ora, il genio sta esattamente nella medesimasituazione della generazione successiva. Purelui si trova in opposizione all'epoca in cui vive.

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Esiste, dunque, una coincidenza tra la funzionedi un genio e la funzione dell'epoca che glisuccede. E la coincidenza si trasforma in con-fluenza perché questa epoca, nell'opporsiall'epoca precedente, cerca di trovare in quellauna base, e questa base è l'uomo di genio.Quest'uomo diventa, così, contemporanea-mente creatore e figlio dell'epoca successiva.

Gli uomini di genio o diventano celebri nellapropria epoca, perché possiedono talento o ar-guzia, o perché, non possedendole ed essendo,per questo motivo, disprezzati dalla loroepoca, divengono celebri nell'epoca succes-siva? Non diventano mai famosi due o tre epo-che dopo. Si deve notare che mi riferisco al ge-nio, e non a meri aspetti del genio o a curiositàletterarie, che possono essere scoperte, dimen-ticate e riscoperte innumerevoli volte.

61.

In verità, Amieto è, in forma differente daquanto prima si pensasse, la rappresentazioneessenziale del suo creatore. È un uomo troppogrande per se stesso. Così fu Shakespeare, cosìLeonardo da Vinci. Questi uomini possede-vano troppo talento per la creazione. Non è la

114

tragedia dell'inespresso, ma l'ancor maggioretragedia di un'eccessiva capacità d'espressionee di troppe cose da esprimere perfino perquella capacità. Nessuno si rivela a se stessoperché non può farlo, ma uomini come Shake-speare e Leonardo non si rivelano perché pos-sono farlo. Sono prefigurazioni di qualcosa dipiù grande dell'uomo e rimangono, frustrati,alla frontiera. Sono dei falliti, non perchéavrebbero potuto dare di più, ma perché difatto lo fecero. Superarono se stessi e fallirono.

I geni minori sono tormentati dal loro genio,sono veicoli necessariamente imperfetti; maquesti sono veicoli perfetti, ciononostante [...].

Per scrivere buona prosa, un uomo deve es-sere un poeta, perché solo un poeta sa scriverebene.

62.

Alle volte, le frasi sarebbero meravigliose sevenissero applicate ad altre cose. Così, il vec-chio detto riguardo Milton per cui «la linguasoffocava sotto il suo stesso peso» è totalmenteinesatto; si sarebbe adattata, meglio a Shake-speare.

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63.

Passeremo dai poeti presi singolarmente alleantologie. Tennyson, inutilmente, occupa quasimille pagine a doppia colonna. Che spazio oc-cuperà nella futura antologia inglese, che nonconterà più di mille pagine normali?

Quello che accadrà, a meno che, con il pro-gresso dell'educazione popolare (democrazia),non diverremo progressivamente meno razio-nali, sarà un attento setacciare, generazionedopo generazione, per separare i valori assolutida quelli relativi. Un tipo di valore relativomuore di morte naturale - il valore relativo cheè assoluto in relazione alla propria epoca. Giàne abbiamo parlato. Ma ce n'è un'altra specie,e più sottile, di valore relativo - il valore rela-tivo che è assoluto al di là della propria epoca.Un uomo che, nel Settecento, scrivesse casual-mente, grazie a qualche trucco sconosciuto,qualcosa di simile a un cattivo Tennyson o alpeggior Mallarmé, sarebbe stato per il suotempo un fenomeno sorprendente. Quel-l'uomo (ignorato come genio nella sua epoca)attrarrebbe la nostra attenzione storica in virtùdi quello straordinario allontanamento dallasua epoca; verrebbe chiamato genio e precur-sore, e forse avrebbe legittimo diritto ad ambe-

116

due i titoli. Ma il cattivo Tennyson e il peggiorMallarmé diverrebbero il cattivo Tennyson e ilpeggior Mallarmé, se ci fossero un Tennyson eun Mallarmé, e il valore relativo sarebbe fla-grantemente relativo; diverrebbe storico e nonpoetico. Quale sarebbe la posizione di unuomo simile nello schema definitivo della cele-brità? Avrebbe fatto una cosa facile in un mo-mento difficile, e niente più. Ma un genio è unuomo che fa una cosa difficile, anche quando èfacile.

La questione centrale riguardante gli auten-tici grandi geni è che non sono precursori.L'esempio stesso che il termine evoca definisceil caso: il fatto che Giovanni Battista sia stato ilprecursore di Cristo significa che non era poimolto importante, se paragonato a Cristo. Gio-vanni Battista è una figura storica (che sia esi-stito o meno); Cristo è una figura viva (con lastessa inutile riserva).

Ma tutta la nostra cultura e la maggioreesperienza tanto della cultura come dell'emo-zione, non ci indurranno a fare di Lycidos11 ilprecursore di qualcosa, a meno di non esserequalcosa che valga molto meno. Il fraseggio diShakespeare è passibile d'imitazione - è, in-

71 Titolo di un'elegia di John Milton apparsa nel 1638.

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fatti, ben facile da imitare - ma il genio diShakespeare non è imitabile.

È curioso osservare come quanti dei grandipoeti siano impliciti nei poeti minori che lihanno preceduti; ed è ancora più curioso di-stinguere in quali casi si sia trattato di un meroantecedente, e in quali casi ci sia stata una ca-suale influenza. Ma l'essenza del grande artistaè l'essere esplicito, e ciò che era implicito erasolo implicito.

È raro che nel mondo esista, se esiste, ungrande artista per il quale non si possa trovareun determinato precursore. Ogni artista ha unsuo stile caratteristico; tuttavia, in quasi tutti icasi, se non proprio in tutti, quello stile carat-teristico era già abbozzato in un artista a luiprecedente ma di scarsa importanza. Sia che cisia stata una vaga influenza nelle occulte cor-renti dell'epoca, che il primo ha recepito inmodo vago e il secondo con maggior chiarezza;sia che ci sia stata un'ispirazione casuale, comequalcosa di esterno nel primo, che invece il se-condo, per contatto diretto, risvegliò nel pro-prio cervello come precisa ispirazione intc-riore; sia che i due casi siano della stessa so-stanza; nessuna delle tre ipotesi ha importanza,se non dal punto di vista storico. Il genio sarà ilprodotto finale; e lo sarà pure se verrà dopo.

118

Lo spirito pratico della nostra epoca haavuto dei vantaggi artistici, particolarmente inletteratura. Nessun romanzo poliziesco con-temporaneo potrebbe essere scritto nellostesso stile di Tom Jones72. Siamo diventatidrammatici (per quanto pessimi possano esserei nostri drammi) e desideriamo che i nostri ro-manzi siano diretti come una pièce teatrale. Sitratta di un'esigenza naturale e ragionevole.(Drammi come quelli di Bernard Shaw sonosopravvivenze di una tendenza precedente;sono tutto tranne che moderni nella loro vagariflessione).

64.

La concisione e la cattura dell'interesse dellettore, così necessari nei romanzi polizieschi,non sono meno necessari in tutte le forme let-terarie. Non si ottiene niente a stancare il let-tore. Edgar Wallace è più interessante di Wal-ter Scott73, ma non più interessante di Shake-speare. C'è dell'Edgar Wallace in Shakespeare.

La tensione e la pressione delle attuali con-

12 Romanzo, del 1749, di Henry Fielding.73 Walter Scott (1771-1832), poeta e romanziere scozzese.

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dizioni possono avere parecchi aspetti spiace-voli, ma ne hanno anche avuto uno particolar-mente favorevole - la necessità di concisione edi un deliberato sforzo per catturare l'interessenei confronti di un'opera letteraria. Uno deitrionfi critici di Poe fu l'aver previsto l'esi-genza di poesie brevi74. Fu una delle sue visionidel futuro, così come il romanzo poliziesco fuun'altra delle sue anticipazioni del futuro.

Non è necessario escludere il poema epico,ma possiamo ridurlo a cinque libri - le dimen-sioni di un dramma, che dovrebbe essere il li-mite dell'ampiezza letteraria, affinchè l'inte-resse possa essere totale e continuo.

Non v'è grandezza di quanto scritto in versiche possa superare i ventiquattro libridell'Iliade, o portare Virgilio nel cuore dell'O-limpo.

Si paragoni la luminosa bellezza dell'origina-le e breve poesia di Tennyson Morte d'Arthurcon il suo successivo e legittimo, ma noioso elunghissimo Idylh of thè King.

La bellezza non può eliminare la mancanza

74 «Se un'opera letteraria è troppo lunga perché la si leggain una sola seduta, ci si deve rassegnare a fare a meno dell'ef-fetto legato all'unità di impressione», in E.A. Poe, TheRaven...dt.

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di bellezza risultante da una estensione di versitroppo lunga.

Il poema epico fu, in verità, l'antica rispostaall'umana necessità di romanzi. Con l'avventodel romanzo, è stato possibile sopprimerel'epica in poesia.

Il Sohrab and Rustum di Matthew Arnold.

65.

Il cosiddetto verso sciolto è un veicolod'espressione estremamente monotono. Solouna facoltà ritmica estremamente sottile puòevitarne la scipitezza, e non lo può fare nem-meno a lungo. Possiamo scrivere delle poesieperfette in versi sciolti, e cioè, poesie che pos-sono essere lette con interesse e attenzione, eche appaghino e soddisfino; ma devono esserebrevi - come Tithonus o Ulysses o Oc//' ne1^ esimili. Se non sono brevi, o non lo sono a suffi-cienza, riescono a stare in piedi solo se destanoun forte interesse, ed è assai difficile, tranneche nei drammi, mantenere un forte interessenel deserto del verso sciolto. Il verso sciolto èl'ideale veicolo per un'illeggibile poema epico.

1 Poesie di Tennyson.

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Tutta la scienza metrica di Milton, ed era piut-tosto vasta, non è riuscita a impedire che il suoParadiso perduto fosse un poema noioso. Ed ènoioso per davvero e non possiamo mentire anoi stessi negando quest'evidenza. Un poemasimile può contenere un elemento - rapiditàd'azione, materiale o mentale - che gli per-metta di sfuggire alla monotonia: una rapiditàd'azione come quella del Sohrab and Rustum diArnold, che si legge con immenso piacere, oun pensiero [...].

In Milton c'è molto poca azione propria-mente detta, pochissima rapidità d'azione, e ilpensiero è solo teologico, owerossia, peculiarea un certo tipo di metafisica che non interessaall'umanità tutta.

Il fatto è che il poema epico è in realtà unasopravvivenza greco-romana, o qualcosa dimolto simile.

Solo la prosa, che allenta il senso estetico elo lascia riposare, può sostenere piacevolmentel'attenzione lungo grandi spazi stampati.Un'opera come // Circolo Pickwick è più lunga,per numero di parole, del Paradiso perduto edè certamente inferiore a quest'ultimo, secondoun'attuale scala di valori; ma ora non ricordoquante volte io abbia letto // Circolo Pickwick,mentre il Paradiso perduto l'ho letto solo una

volta e mezza, dato che la seconda volta ho de-ciso di rinunciare. Dio mi ha sopraffatto sottouna brutta metafisica e io ho finito per essereletteralmente maledetto da Dio.

66.

Di solito, la cosa peggiore per un poemaepico è essere un brutto romanzo.

Tuttavia, chi verrebbe letto, come i grandipoeti epici, se ciò fosse unicamente dovuto alsuo nome e all'ipotesi di essere esistito?

La grandezza di Shakespeare rivaleggia conOmero e con lo stesso Edgar Wallace.

67.

Le epopee invecchiano, cosi come lo stessoDio... Paradiso perduto... Tendono a invec-chiare... per assicurare l'immortalità, è megliostar fuori del Paradiso.

Leggiamo le epopee per la favola che hannoin sé, per come essa viene trattata, o per la poe-sia.

Le epopee che trattano fondamentalmentedi religione possono raggiungere il loro pieno

122 123

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splendore quando quella stessa religionesmette di essere importante. Ci dilettiamo conAtena dato che (forse troppo precipitosa-mente) ci siamo convinti che non sia mai esi-stita. Il Paradiso perduto è differente. Nessunocrede in Adamo ed Èva, e Dio è una questionecontroversa.

Dante ha resistito meglio alla grandezza,dato che nei paesi protestanti è unicamenteuna favola, e nei paesi cattolici non c'è reli-gione.

68.

I portoghesi scoprirono il mondo moderno.Le altre nazioni lo hanno plasmato. Avevano laprimordiale virtù di essere secondarie.

Quando un ammiratore di Marconi parla dionde hertziane, sembra parlare di qualcosa cheha inventato Marconi; ignorando che esiste unuomo di nome Hertz. E questa è civiltà.

E ozioso, anche se forse interessante, discu-tere su chi fosse storicamente Colombo; socio-logicamente è portoghese.

124

69.

Noi, per i quali l'audacia dell'Invisibile finìper essere solo audacia del possibile, una con-quista superficiale di una superstizione che haperso di profondità, una passeggiata sotto lascala di Giacobbe76.

...un'accorta vigilanza dell'infortunio sullecose che mancano nella vita.

... quella cosa inutile e alquanto inesistentechiamata umanità.

Il principale errore di Bernard Shaw: cre-dere nell'esistenza dell'umanità come nazioneindipendente.

76 «Giacobbe partì da Bersabea e si diresse verso Carran.Capitò così in un luogo, dove passò la notte, perché il sole eratramontato; prese una pietra, se la pose come guanciale e si co-ricò in quel luogo. Fece un sogno: una scala poggiava sullaterra, mentre la sua cima raggiungeva il ciclo; ed ecco gli angelidi Dio salivano e scendevano su di essa» (Genesi, 28. 10-12).

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70.

Shaw ha consapevolezza dell'umanità solo inquanto problema. Chesterton è maggiormentesicuro perché sa che l'umanità è un fatto.

La cosa straordinaria - l'unica reale - se-condo la quale le cose esistono, che qualsiasicosa esiste, che l'essere esiste, è l'ispirazioneche anima tutte le arti. Quella porzione speci-fica di Romanticismo che permise a Coleridgedi dare forma migliore al «Rinascimento dellaMeraviglia». Ma ogni genio è un rinascimentodella meraviglia. Nell'anima, accettare è per-dere.

Un speranza [...] in una giustizia finale - manon troppo finale -: il «Dio scrive diritto su ri-ghe storte» del proverbio portoghese...

... a meno che, per uno sviluppo praticodella teoria di Einstein sia possibile trasmetterela nostra conversazione nel passato. Ma vi è unostacolo linguistico che lo impedisce: agli anti-chi è risparmiato più del nostro semplice ru-more. Quando Cesare ascolterà Mussolini, nondiverrà più saggio di quanto lo sia semprestato.

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Gli Dèi non ci diranno nulla, e nemmeno ilDestino. Gli Dèi sono morti e il Destino èmuto.

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OPERE DI FERNANDO PESSOAnelle edizioni Passigli

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Page 67: FERMANDO PESSOA Prostrato - Gianfranco Bertagnisorta di grandezza in Erostrato - una gran-dezza che egli non condivide con banali arrivi-1 In Jean-Paul Sartre, // muro, Einaudi, Torino

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