Federalismo fiscale e welfare comunale

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Convegno Legautonomie: “Costi standard e costi sociali” FEDERALISMO FISCALE E WELFARE COMUNALE Franco Pesaresi Direttore Servizi alla persona e alla famiglia Comune Ancona Presidente Associazione nazionale operatori sociali e sociosanitari (ANOSS) Roma 8 luglio 2010

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Convegno Legautonomie: “Costi standard e costi sociali”

FEDERALISMO FISCALE E

WELFARE COMUNALE

Franco Pesaresi Direttore Servizi alla persona e alla famiglia Comune Ancona

Presidente Associazione nazionale operatori sociali e sociosanitari (ANOSS)

Roma 8 luglio 2010

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1° parte

La spesa sociale

attuale

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La spesa europea per la

protezione sociale

La spesa sociale (malattia/assistenza sanitaria, invalidità, vecchiaia, superstiti,

famiglia/infanzia, disoccupazione, abitazione, esclusione sociale) italiana è inferiore alla media europea dei 15.

Italia al 9° posto per spesa con il 25,7% del PIL contro il 26,4% dell’Europa (2006).

L’Italia si caratterizza:

– per la spesa in assoluto più elevata per vecchiaia e superstiti: 15,5% del PIL;

– per la spesa in assoluto più bassa per le politiche per le famiglie: 1,2% del PIL;

– per la spesa in assoluto più bassa per l’inclusione sociale: 0,1% del PIL;

– per la tra le più basse per gli invalidi e gli inabili (superiore solo a Grecia ed Irlanda): 1,5% del PIL.

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Spesa sociale pubblica totale (2003)

Prestazioni Milioni di € In % sul PIL In % su totale spesa

Assegno sociale 3.346 0,24 7,7

Integrazione al minimo pensioni 13.945 1,00 32,3

Pensioni di invalidità civile 2.544 0,18 5,9

Indennità di accompagnamento 8.166 0,59 18,9

Maggiorazione sociale 1.620 0,12 3,7

Assegno per il nucleo familiare 5.495 0,40 12,7

Sostegno locazione 248 0,02 0,6

Assegno per 3° figlio 423 0,03 1,0

Assegno di maternità 290 0,02 0,7

Pensioni di guerra 1.558 0,11 3,6

Ministero solidarietà sociale 31 0,00 0,1

Totale prestazioni nazionali 37.666 2,71 87,2

Servizi sociali comunali 5.378 0,39 12,5

Province 129 0,01 0,3

Totale prestazioni locali 5.507 0,40 12,8

TOTALE SPESA PER L’ASSISTENZA 43.173 3,11 100,0

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LA SPESA COMUNALE PER

SERVIZI SOCIALI - 2006

RIPARTIZIONE SPESA PRO-CAPITE

NORD-OVEST 117 Spesa più alta RSS:

Valle d’Aosta: 359

NORD-EST 146

CENTRO 114 Spesa più alta RSO:

Emilia Romagna: 151

SUD 44 Spesa più bassa:

Calabria : 25

ISOLE 86 Spesa più bassa RSS:

Sicilia: 75

ITALIA 101

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Sintesi (spesa bassa e disomogenea)

– Italia spende poco per l’assistenza. Il 3,1% del PIL mentre la media europea è di almeno il 5,1%. Il dato italiano è il più basso nell’Europa dei 15.

– Spesa locale marginale (12,8%) rispetto alla spesa complessiva e con tassi di crescita inferiori alle necessità.

– La spesa sociale locale presenta grandi differenze fra le aree del paese.

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2° parte: Con il federalismo fiscale

Come verrà

finanziato il

welfare

comunale? 7

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La classificazione delle spese

comunali

1. Spese fondamentali: definite dalla legislazione statale; comprensive dei livelli essenziali delle prestazioni eventualmente da esse implicate; finanziate integralmente in base al fabbisogno standard.

2. Spese non fondamentali: relative ad altre funzioni. Finanziate da tributi propri, compartecipazioni al gettito di tributi e dal fondo perequativo basato sulla capacità fiscale per abitante (obiettivo: ridurre le differenze tra le capacità fiscali). Il finanziamento integrale non è più garantito.

3. Spese speciali: Non dirette a tutte le territorialità. Finanziate da contributi speciali, finanziate dall’UE o cofinanziate con i fondi di cui al 5° comma art. 119 Cost..

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Le spese fondamentali (individuate provvisoriamente dalla L. 42/2009)

1. Funzioni generali di amministrazione, di gestione e di controllo

2. Funzioni di polizia locale

3. Funzioni di istruzione pubblica, compresi i servizi per gli asili nido e quelli di assistenza scolastica e refezione, nonché l’edilizia scolastica

4. Funzioni nel campo della viabilità e dei trasporti

5. Funzioni riguardanti la gestione del territorio e dell’ambiente

6. Funzioni del settore sociale

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Il finanziamento delle funzioni

fondamentali

Le Funzioni fondamentali sono finanziate integralmente in base al fabbisogno standard con: – Tributi propri;

– Compartecipazioni al gettito di tributi erariali e regionali (senza vincolo di destinazione);

– Compartecipazioni e addizionali al gettito di tributi erariali e regionali;

– Fondo perequativo (senza vincolo di destinazione).

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Regioni e LEPS/1

Non ci sarà, dunque, alcun finanziamento regionale (o statale) specifico per i LEPS (confermato anche dalle norme transitorie art. 21 c.1, lett. 3/2). Rimane invece per i LEA.

Le regioni perdono il principale strumento a sostegno delle proprie politiche sociali. Senza il finanziamento delle politiche le regioni indeboliscono pesantemente la loro azione. (Rimane il Fondo

perequativo che non ha destinazione vincolata e può essere distribuito solo ad alcuni comuni).

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Regioni e LEPS/2 Questa situazione è insostenibile. E’ impensabile

che la regione non partecipi al finanziamento almeno parziale dei LEPS vista la competenza legislativa esclusiva in materia sociale. Non avrebbe strumenti per le proprie politiche.

Bisogna trovare il modo di far partecipare le regioni. Non è attualmente previsto ma non è detto che in sede di decreti legislativi non si trovi il modo di inserire questa necessità.

(In questo quadro) Lo strumento della deliberazione per organizzare i servizi dovrà essere sostituito dalla legge regionale.

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3° parte: Per i comuni

IL FABBISOGNO

STANDARD (FS)

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Che cosa è il fabbisogno standard?

Il fabbisogno standard (FS) è il criterio di riferimento per il finanziamento delle spese per le funzioni fondamentali degli EE.LL (e i

LEPS).

La L. 42/2009 cita il fabbisogno standard 13 volte ma mai per definirlo e per indicare il metodo di calcolo. Possibile che nessuno abbia posto con forza questo problema?

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La letteratura

La teoria economica non definisce il fabbisogno (di spesa) standard in modo univoco. C’è chi:

– Fa riferimento a comportamenti medi di spesa (che devono però trovare

riscontro in fattori oggettivi esogeni);

– Definisce la spesa standard per abitante mettendola in relazione a variabili ritenute e a priori le determinanti dei fabbisogni di spesa dei singoli enti;

– Definisce la spesa standard come il livello di spesa pro-capite che consente la fornitura di un livello di servizi considerato standard.

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I Metodi per il FS seguendo la logica della Legge Delega

Seguendo la logica della Legge Delega sono due le metodologie possibili per calcolare i fabbisogni standard dei comuni:

1. Calcolo dei costi standard (se ne parla nei

primissimi articoli della legge a proposito dei principi

fondamentali);

2. Calcolo della spesa standardizzata (se ne

parla a proposito dei criteri per il Fondo perequativo) o analisi dei determinanti di spesa.

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Il FS secondo i costi standard

Il costo standard consiste nel costo di produzione ideale (di una prestazione) ottenuto supponendo condizioni operative normali.

Per determinare il FS occorre conoscere il Costo standard, calcolato conoscendo la qualità standard delle prestazioni e lo standard di erogazione delle prestazioni.

Non si basa sulla spesa storica.

L’Uso del costo standard consente di catturare meglio le esigenze di recupero di efficienza e di efficacia della spesa, dato che determina valori degli standard non eccessivamente difformi lungo il territorio nazionale giustamente differenti al variare della dimensione del comune coerentemente con la presenza di economie/diseconomie di scala presenti nella produzione di un bene/servizio.

Operazione complessa per la carenza di un dataset più omogeneo circa le caratteristiche dei servizi erogati dai comuni (ministeri impreparati) ma può garantire il finanziamento realmente necessario.

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Il FS secondo la spesa standardizzata

A lungo utilizzato dal Ministero dell’Interno.

Il metodo utilizza le regressioni multiple per stimare la dipendenza della spesa da un numero limitato di variabili (determinanti) come l’ampiezza demografica, le caratteristiche territoriali, ecc. Il dato di partenza è la spesa storica su cui si innestano le variabili.

La stima consente di determinare quale è la quota giustificabile dal contesto strutturale e socio-economico in cui l’ente opera (la spesa standard) e quale invece è la porzione di spesa in eccesso rispetto ai comportamenti medi di spesa di enti con analoghe caratteristiche.

Si caratterizza (rispetto al costo standard) per una maggiore semplicità e per una minore necessità di arricchimento del set informativo disponibile ma definisce valori di stima a volte poco idonei a descrivere standard comportamentali di spesa (essendo questi erraticamente variabili lungo il territorio e per la dimensione dell’ente e, soprattutto,

largamente influenzati dai livelli di occupazione e dal reddito dei residenti). Rialloca la spesa storica senza modificarne il livello.

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Il metodo della RES (Representative expenditure system)

La relazione governativa sul Federalismo fiscale al Parlamento del 30

giugno ha indicato anche il metodo della RES come uno dei più tradizionali per il calcolo del Fabbisogno standard.

Il metodo prevede l’utilizzo di indicatori fisici relativi ai fattori incidenti sull’amministrazione locale (popolazione servita, strade curate, servizi forniti, ecc.). Dato un livello di spesa pro-capite definito necessario o semplicemente medio, questo viene corretto attraverso indicatori di copertura della domanda potenziale, produttività e di costo dell’input della produzione.

In sostanza, per determinare quanto ciascun ente locale dovrebbe spendere per finanziare un certo mix di servizi vengono considerate le caratteristiche demografiche, socioeconomiche e geografiche che influiscono sui bisogni di quel dato territorio.

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La metodologia degli studi di settore

Il Governo ritiene inadeguate le metodologie precedenti e propone la metodologia degli studi di settore (relazione al Parlamento del 30/6/10).

In cosa consiste il metodo?

1. 1. Utilizzare la SOSE (Società per gli studi di settore) (di proprietà pubblica).

2. 2. Condivisione (con chi?) delle scelte tecniche nelle diverse fasi della procedura di costruzione del Fabbisogno standard.

3. 3. Gradualità e dinamicità del percorso. Ragionevole gradualità nel perseguimento dell’efficienza. Gli standard, a regime, vanno rideterminati a scadenze periodiche (per tener conto dei cambiamenti, delle innovazioni e delle necessità di crescita del sistema).

4. 4. Tiene conto dei dati contabili e “degli aspetti strutturali” (?) dei servizi erogati” “da considerare coerenti con un livello accettabile di efficienza” (pag. 18 allegato 3 Relazione al Parlamento 30/6/2010).

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Si definisce un percorso?

SI.

Il SOSE provvede al calcolo del fabbisogno standard

Coinvolgendo i soggetti interessati. Questa parte è insufficiente e va esplicitata meglio. Chi viene coinvolto e in quali passaggi?

L’implemetazione del sistema sarà graduale. Il sistema di calcolo sarà dinamico permettendo obiettivi modulabili.

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C’è la definizione di un sistema di

calcolo del FS? No. Gli elementi forniti sono ancora insufficienti a

definire il metodo di calcolo.

Non si fa cenno al costo standard per il calcolo del Fabbisogno standard.

C’è però un importante accenno anche alla valutazione degli aspetti strutturali dei servizi che è significativo per i possibili sviluppi (in termini di obiettivi di servizio, garanzie di qualità minima, costo standard, promozione della efficienza).

L’accenno è però ancora insufficiente per chiarire i reali intendimenti del Governo.

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Passi avanti?

Qualche passo avanti si è fatto per quel che riguarda la definizione del fabbisogno standard ma ancora insufficienti.

Secondo la legge 42/2009 la Relazione del 30 giugno doveva contenere il quadro generale di finanziamento degli enti territoriali e ipotesi di definizione su base quantitativa della struttura fondamentale dei rapporti finanziari tra lo stato, le regioni e gli enti locali con l’indicazione delle possibili distribuzioni delle risorse.

Per quel che riguarda gli enti locali questo obiettivo non è stato ancora raggiunto.

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Una valutazione applicata ai LEPS

Il metodo degli studi di settore – per quel

poco che se ne sa - è compatibile con la

necessità di finanziare maggiormente i

settori che si devono ancora sviluppare

come quello sociale e socio-educativo. (teoricamente permette la crescita – seppur contenuta - di

taluni settori all’interno di una spesa complessiva

predefinita).

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Fabbisogno standard: qualche proposta

Il settore sociale e socio-educativo comunale per

l’attuazione dei LEPS ha oggettivamente bisogno

di più risorse. Il meccanismo di calcolo del FS

presentato dal governo definisce il percorso ma

non i criteri di calcolo.

Questa stessa necessità di crescita non c’è per il

complesso delle Funzioni Fondamentali.

Occorre trovare un meccanismo di calcolo del FS

che sappia far crescere i servizi assistenziali e

socio-educativi.

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Proposta: costo standard per i LEPS

Per i LEPS si potrebbe puntare sulla valutazione del calcolo

del costo standard a partire dalle prestazioni principali.

Anche nel settore sociale c’è un gruppo di poche

prestazioni (asili nido, ass. residenziale,…) in grado di

determinare la gran parte della spesa.

Si tratterebbe di un percorso graduale di acquisizione dei

dati e di applicazione del criterio analitico. Mano a mano

che si rendono disponibili i dati si amplia gradualmente

l’applicazione del criterio. Ipotesi in linea con il metodo

degli studi di settore.

Si tratta di un percorso complesso ma nello stesso tempo

realista e non si rinuncia ad un percorso graduale di

crescita delle risorse ed alla costruzione del “pacchetto di

cittadinanza” uguale per tutti.

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Risorse dall’invalidita’?

La relazione al parlamento del 30/6/2010, vista la ampia

differenza regionale (1 a 2) nella concessione delle pensioni

di invalidità, chiede la corresponsabilità di stato e regioni

nella corresponsione delle pensioni di invalidità (25% della

spesa assistenziale nazionale).

In particolare si chiede di programmare dettagliatamente le

azioni di governo nazionale e regionale volte ad assicurare

l’equilibrio economico e finanziario delle pensioni di

invalidità per ogni singola regione. Che cosa significa?

1. Non si può legare un diritto soggettivo (la pensione di

invalidità) agli obiettivo di bilancio.

2. Gli effetti delle azioni di contrasto degli abusi devono essere

riallocati per interventi assistenziali locali evitando che a

beneficiarne siano soprattutto le regioni dove maggiori

sono stati gli abusi. 27

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4° parte

SI RIDURRANNO

LE

DIFFERENZE?

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LA SPESA COMUNALE PRO-CAPITE: PROVENIENZA E DISTRIBUZIONE TERRITORIALE

Zona

territoriale

Intervento

erariale

Intervento

regionale

Pressione

finanziaria

Totale

Nord

occidentale

67 41 794 902

Nord orientale 49 111 717 877

Centrale 114 51 772 937

Meridionale 211 43 450 704

Insulare 278 206 359 843

Nazionale 130 74 647 851

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Differenze negli asili nido

Spesa procapite Spesa x posto nido % posti prima

infanzia

Nord-ovest 49 10.960 15,0

Nord-est 51 9.573 17,8

Centro 55 12.712 15,1

Sud e Isole 23 8.732 4,3

Comuni <5000 54 6.822

Comuni 5001-1000 41 7.684

Comuni 10001-20000 33 8.330

Comuni 20001-60000 33 10.239

Comuni >60000 61 12.540

ITALIA

49

10.999

11,7

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Valutare le differenze La tabella sugli asili nido dimostra che i dati economici

sulla spesa pro capite da soli non bastano ad evidenziare i livelli di efficienza.

Ci sono comuni che puntano di più sugli asili nido e ci sono standard strutturali e di personale diversi nelle varie regioni che determinano una grande varietà della spesa.

Per questo è importante che il fabbisogno standard si calcoli tenendo conto anche degli “aspetti strutturali “ dei servizi (come indicato nella relazione al parlamento) intendendo con questo gli aspetti quali-quantitativi che influenzano la spesa. Questo per evitare di penalizzare i comuni più attenti ed efficienti.

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Spesa comunale per assistenza

La spesa sociale comunale pro-capite presenta enormi differenze (1 a 12).

Riuscirà il federalismo a ridurre gradualmente le differenze?

Sappiamo che questo dipenderà: 1. Dal sistema di calcolo del fabbisogno standard (basato sul

costo standard o sulla spesa storica?);

2. Dalla dimensione del fondo perequativo e dalle sue modalità di riparto;

3. Dal collegamento del fabbisogno standard con i LEPS.

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5° parte

FEDERALISMO E

LEPS

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FEDERALISMO E LEPS

Le necessità di sviluppare la spesa sociale locale e di

ridurre le differenze rendono necessario agganciare

fortemente le modalità di finanziamento degli enti locali alla

definizione dei LEPS. Nel momento in cui tutti i comuni

saranno impegnati a garantire i LEPS le differenze non

scompariranno ma si dovrebbero ridurre.

Occorre pertanto:

– Definire in modo non generico i LEPS;

– Calcolare il fabbisogno standard sulla base dei LEPS (di

un gruppo crescente di prestazioni);

– Definire un percorso graduale.

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LEPS e legge 42

A questa esigenza non risponde in modo coerente il 2°

comma dell’art. 20 della L.42/09 che stabilisce che fino alla

loro approvazione con nuova legge si considerano LEP

quelli già fissati in base alla legislazione statale.

Questo comma introduce una nuova preoccupante ipotesi:

quella del calcolo del Fabbisogno standard considerando le

norme nazionali largamente incomplete sull’assistenza e

non considerando le prestazioni e le risorse regionali e

comunali sull’assistenza (peraltro inadeguate).

RISULTATO: UN FEDERALISMO SENZA LA SUA

GARANZIA COSTITUZIONALE CHE SONO I LEP.

Questo porterebbe alla fine del federalismo (solidale) e

all’esplosione delle differenze regionali.

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Definire i LEPS in modo non

generico L’obiettivo di elevare la spesa sociale e di ridurre gli squilibri

territoriali richiede di definire i LEPS in questo modo: – Devono essere individuate con precisione le

prestazioni;

– Per ogni prestazione va definito lo standard di

erogazione;

– Ogni servizio/prestazione deve essere

sottoposto ad autorizzazione e

accreditamento;

– Il riferimento deve essere al bacino di

popolazione e non all’ambito sociale.

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Page 37: Federalismo fiscale e welfare comunale

obiettivi di servizio dei LEPS

Occorre rilevare positivamente un interesse della legge verso la

definizione non generica dei LEP.

Spetta infatti ai decreti legislativi definire anche gli obiettivi di

servizio cui devono tendere le amministrazioni regionali e locali

nell’esercizio delle funzioni riconducibili ai livelli essenziali

delle prestazioni (o alle funzioni fondamentali) (art. 2, c.2, lett. f).

Che cosa sono gli obiettivi di servizio se non qualcosa di

assimilabile agli standard di erogazione delle prestazioni?

La delega è comunque difficile da attuare se non si definiscono

prioritariamente i LEPS.

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Monitoraggio e sanzioni

La legge sul federalismo fiscale garantisce il

finanziamento delle funzioni fondamentali e non

dei LEPS. Questo modello è debole. Quali

strumenti e garanzie per la realizzazione dei

LEPS?

Senza lo strumento del finanziamento finalizzato

si è quasi disarmati. Decisivo diventa pertanto, il

monitoraggio sulla loro realizzazione.

Occorre anche un sistema di incentivazione e di

meccanismi sanzionatori da applicare ai comuni

da affidare anche alle regioni (e non solo allo

Stato – art.2 , c.2,ett. z)

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Page 39: Federalismo fiscale e welfare comunale

Gradualità

La situazione della finanza pubblica rende

improbabile uno sviluppo significativo dei

finanziamenti dedicati al welfare sociale

locale ma la conoscenza del settore

rendono irrinunciabile la costruzione della

rete completa dei servizi.

Questo rende plausibile un percorso

graduale di valutazione analitica del

fabbisogno, di finanziamento e di sviluppo

del settore.

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GRAZIE PER L’ATTENZIONE