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Livia Salvini

FEDERALISMO FISCALE (DIRITTO TRIBUTARIO)

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pareggio di bilancio tra (indebiti) condizionamenti delle dot-trine economiche e (possibili) prospettive, in La domandainevasa. Dialogo tra economisti e giuristi sulle dottrine econo-miche che condizionano il sistema giuridico europeo a cura diANTONINI, Bologna, 2016, 13 ss.; ID., Un requiem per ilfederalismo fiscale, in Federalismi.it, www.federalismi.it,2016, n. 16, 2 ss.; ARACHI e ZANARDI, Il federalismo fiscaleregionale: opportunità e limiti, in La finanza pubblica italiana.Rapporto 2000 a cura di BERNARDI, Bologna, 2000, 157 ss.;BERTOLISSI, L’autonomia finanziaria regionale, Padova, 1983;CAROSI, Prestazioni sociali e vincoli di bilancio, Incontro distudio trilaterale Italia-Spagna-Portogallo, 7 ottobre 2016,reperibile in www.cortecostituzionale.it, 1 ss.; DE MITA, Lebasi costituzionali del federalismo fiscale, Milano, 2009;GALLO, Federalismo fiscale, in Enc. giur., Aggiornamento,1996; ID., Prime osservazioni sul nuovo art. 119 della Costi-tuzione, in Rass. tribut., 2002, n. 2, 585 ss.; ID., Il principiocostituzionale di equilibrio di bilancio e il tramonto dell’au-tonomia finanziaria degli enti territoriali, ivi, 2014, n. 6, 1199ss.; GIARDA, Federalismo fiscale, in Enciclopedia del Nove-cento, Supplemento, III, Roma, 2004, 342 ss.; LUCIANI, Dirittisociali e livelli essenziali delle prestazioni pubbliche nei ses-sant’anni della Corte costituzionale, in Riv. AIC, 2016, n. 3,14 ss.; MAJOCCHI e MURARO, Verso l’attuazione del federalismofiscale, in Riv. dir. fin., 2006, I, 3 ss.; MANGIAMELI, Crisieconomica e distribuzione territoriale del potere politico, inSpazio costituzionale e crisi economica (Atti del XXVIIIConvegno nazionale, Padova, 17-19 ottobre 2013), Napoli,2015, 35 ss.; MUSGRAVE, The theory of public finance, NewYork, 1959; OATES, Fiscal Federalism, New York, 1972; ID.,Toward a Second-Generation Theory of Fiscal Federalism, in12 International Tax and Public Finance, 2005, 349 ss.; PAJNO

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FEDERALISMO FISCALE (diritto tributario)

SOMMARIO: 1. Introduzione. — 2. I tributi statali e i tributi propriregionali nell’interpretazione della Corte costituzionale. — 3. Lanecessità della legge statale sui principi di coordinamento. —4. La potestà residuale delle Regioni a statuto ordinario inmateria di tributi propri. — 5. I principi della legge delega n. 42del 2009. — 6. La fiscalità regionale a seguito dell’attuazionedella delega. — 7. L’autonomia tributaria dei Comuni e delleProvince. — 8. Le Regioni a statuto speciale. — 9. Il coordina-mento della finanza pubblica e il coordinamento del sistematributario. — 10. Conclusioni.

1. Introduzione. — È ben noto che la Costi-tuzione, prima della riforma del titolo V del 2001(l. cost. 18 ottobre 2001, n. 3), riservava allo Statola potestà normativa in materia fiscale. Tutti itributi, sia statali che locali, erano istituiti da leggistatali che lasciavano alle Regioni (comprese quelle

a statuto speciale) e agli enti locali solo ridottimargini di manovra in ambiti predeterminati, tipi-camente in materia di aliquote (1).

La riforma, in base alla lettura congiunta deinuovi art. 117 e 119 cost., faceva immaginarenotevoli cambiamenti. Il sistema avrebbe infattidovuto essere ricostruito in questi termini:

– il « sistema tributario e contabile delloStato » rientra tra le materie di competenza esclu-siva statale;

– il « coordinamento della finanza pubblica edel sistema tributario » rientra tra le materie dilegislazione concorrente: quindi il coordinamentotra il sistema tributario statale e quello locale deveessere effettuato in via concorrente da Stato eRegioni, salva la fissazione da parte del primo deiprincipi fondamentali;

– la disciplina dei tributi regionali e localipropri in senso stretto spetta alla competenzaresiduale delle Regioni, non essendo tale materiaricompresa — in base all’art. 117 e come confermal’art. 119 — né tra quelle di esclusiva competenzastatale, né tra quelle a competenza ripartita (2).

Questa ricostruzione decisamente autonomistadel nuovo sistema costituzionale, giuridica ma fo-riera di importanti conseguenze politiche, è statasmentita in molti dei suoi snodi fondamentali. Edinvero, il primo punto, quello relativo alla compe-tenza statale sui tributi erariali, è sempre pacifica-mente rimasto fermo, ma il concetto di « tributoerariale » è venuto assumendo connotati diversi daquelli prefigurati. L’attuazione del nuovo dettato

(1) Secondo la consolidata giurisprudenza della Cortecostituzionale la potestà normativa tributaria delle Regioniera ricompresa nel concetto di autonomia finanziariaespresso dalla originaria versione degli art. 117 e 119 cost.L’esercizio di tale potestà, tuttavia, era condizionato dalleforme e dai limiti indicati dalle leggi statali e pertanto leRegioni avevano non una potestà concorrente, ma un meropotere attuativo delle leggi dello Stato.

(2) V. in tal senso, tra gli altri: GALLO, Prime osserva-zioni sul nuovo art. 119 della Costituzione, in Rass. tribut.,2002, 585; ANTONINI, La vicenda e la prospettiva dell’autono-mia finanziaria regionale: dal vecchio al nuovo art. 119 Cost.,in Le Regioni, 2003, 11; CARINCI, Autonomia tributaria delleRegioni e vincoli del Trattato dell’Unione europea, in Rass.tribut., 2004, 1201; BRANCASI, L’autonomia finanziaria deglienti territoriali: note esegetiche sul nuovo art. 119 Cost., in LeRegioni, 2003, 41; DEL FEDERICO, Orientamenti di politicalegislativa regionale in materia di tributi locali, in La Finanzalocale, 2003, 511; MARONGIU, Evoluzione e lineamenti dellafinanza locale in Italia, ivi, 2005, n. 9, 31; TOSI, La fiscalitàdelle città d’arte, Milano, 2009, 5; PERRONE, La sovranitàimpositiva tra autonomia e federalismo, in Riv. dir. tribut.,2004, I, 117; FANTOZZI, Riserva di legge e nuovo riparto dellapotestà normativa in materia tributaria, ivi, 2005, I, 3; GIO-VANARDI, L’autonomia tributaria degli enti territoriali, Milano,2005, 191 s.

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costituzionale da parte del legislatore ordinario siè fatto attendere per molti anni, e nel frattempo, laCorte costituzionale ha dovuto assumere un ruolodi supplenza « non richiesta e non gradita » (3)per gestire il complesso passaggio dal vecchio alnuovo assetto costituzionale; nel fare ciò, essa haassunto indirizzi interpretativi che hanno attri-buito all’autonomia impositiva delle Regioni unambito più ristretto di quello che sembrava desu-mersi dalle prime letture del nuovo titolo V cost. Econ la legge di delega sul federalismo fiscale del2009 (l. 5 maggio 2009, n. 42), e poi, nel 2011, coni principali decreti di attuazione (d. lg. 6 maggio2011, n. 68 e d. lg. 14 marzo 2011, n. 23), illegislatore ha disegnato un’autonomia persino piùridotta di quella che la giurisprudenza costituzio-nale sembrava legittimare. Dunque ancora oggi,come prima della riforma e nonostante essa, lafiscalità regionale e locale è composta per la quasitotalità da tributi derivati di fonte statale.

2. I tributi statali e i tributi propri regionalinell’interpretazione della Corte costituzionale. —Nel previgente assetto costituzionale il concetto di« tributo proprio regionale » di cui all’art. 119cost. si riferiva all’ente destinatario del gettito; sidefinivano dunque tali i tributi istituiti con leggedello Stato il cui gettito era devoluto alle Regioni.L’art. 119 post riforma, invece, definisce in questomodo i tributi istituiti con legge regionale (4), nelrispetto dei principi del coordinamento con ilsistema tributario statale.

Il problema cruciale del passaggio dal sistemaaccentrato previgente a quello nuovo si è natural-mente posto già all’indomani della riforma del2001 quando alcune Regioni, tanto a statuto ordi-nario quanto a statuto speciale, hanno rivendicatola loro autonomia tributaria modificando le normestatali istitutive dei principali tributi regionali elocali (imposta regionale sulle attività produttive-IRAP, tassa automobilistica, imposta comunale sugliimmobili-ICI). Si noti, al riguardo, che si trattavanon di disposizioni dirette ad aumentare il gettitodi tali tributi, bensì di norme agevolative, il checostituisce una prima testimonianza della diffusariluttanza delle Regioni ad usare la leva fiscale perconquistare spazi di autonomia finanziaria.

La soluzione data dalla Corte costituzionale (5)

è stata netta: non sono tributi propri regionaliquelli esistenti all’atto della riforma il cui gettito èdevoluto alle Regioni, perché essi sono stati isti-tuiti con legge statale. Si tratta anzi di una materiache non rientra neanche nell’ambito della legisla-zione concorrente di cui all’art. 117 comma 3, mache appartiene alla competenza esclusiva delloStato sui tributi erariali attribuita dall’art. 117comma 2 lett. e. Ne consegue, piuttosto parados-salmente, che post riforma alle Regioni non èconsentito neanche adottare misure di carattereagevolativo non previste dalla legge statale, seb-bene la loro adozione non avesse dato luogo arilievi ante riforma.

Con queste prime sentenze la Corte già smen-tisce una delle ipotesi che erano state avanzate aseguito dell’analisi del nuovo testo costituzionale,e cioè che esistano tributi ontologicamente locali,tali da costituire una materia riservata, in via resi-duale, alla potestà normativa regionale. Deve es-sere invece un criterio giuridico-formale, quelloappunto della fonte normativa, a guidare l’inter-pretazione e l’applicazione del nuovo sistema co-stituzionale e non un criterio sostanziale, quale, adesempio, quello della destinazione del gettito (idest, della manovrabilità delle risorse attribuite allaRegione per lo svolgimento delle funzioni fonda-mentali), ovvero quello della struttura “locale” deltributo, vale a dire della possibilità di attribuirlo oripartirlo su base locale in ragione dell’individua-zione del presupposto: elemento, questo, eviden-temente collegato a quello della destinazione delgettito (6). Ed è anche un criterio che non soloprende atto della situazione esistente, ma ne con-sente il mantenimento sine die: esso pone nellesole mani del legislatore statale la scelta di “rece-dere”, lasciando alle Regioni maggiori spazi diautonomia di cui esse non possono di propriainiziativa appropriarsi. Ma, si può notare subitosalvo tornare oltre sul punto, la Corte non ha

(3) D’ATENA, Tra autonomia e neocentralismo. Versouna nuova stagione del regionalismo italiano?, Torino, 2016,183 ss.

(4) V. anche l’art. 7 l. n. 42 del 2009.(5) Le prime sentenze che si pronunciano sulla que-

stione sono C. cost. 26 settembre 2003, n. 296; C. cost. 26

settembre 2003, n. 297; C. cost. 15 ottobre 2003, n. 311,seguite da numerose altre.

(6) Una parte della dottrina concorda con l’adozionedel criterio formale: cfr., già prima delle menzionate sen-tenze, GALLO, Federalismo fiscale e ripartizione delle basiimponibili tra Stato, Regioni e enti locali, in Rass. tribut.,2002, I, 2007, nonché GIOVANARDI, op. cit., 211 ss. Altra partesi pronuncia invece decisamente per il criterio sostanziale: v.,tra gli altri, LA PORTA, Una sola materia (il sistema tributario),due legislazioni esclusive. Brevi riflessioni sul concetto di“tributi propri” regionali, in Riv. AIC, 2012, n. 3; BRANCASI,Adeguatezza delle risorse finanziarie ai compiti degli enti locali(Relazione al Convegno su « Regioni ed enti locali dopo lariforma del titolo V della Costituzione fra attuazione eipotesi di ulteriore revisione, Caserta, 10-11 aprile 2003), inwww.astrid-online.it.

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riconosciuto alle Regioni maggiore autonomianeanche dopo che il legislatore ha finalmente di-sposto, dopo molti anni, la “regionalizzazione”dell’IRAP e della tassa automobilistica (v. infra, § 6).

3. La necessità della legge statale sui principidi coordinamento. — Secondo l’art. 119 cost., leRegioni stabiliscono ed applicano tributi propri« secondo i principi di coordinamento della fi-nanza pubblica e del sistema tributario » e, se-condo l’art. 117 comma 3, la determinazione di taliprincipi rientra tra le materie di legislazione con-corrente. A sua volta, in tali materie la potestàlegislativa spetta alle Regioni, salvo che per i prin-cipi fondamentali, la cui determinazione è riser-vata alla legislazione statale. La tesi di una rile-vante parte della dottrina (7), nonché di alcuneRegioni, è che sia configurabile la materia del“sistema tributario degli enti locali”, non espres-samente nominata e dunque rimessa alla potestàresiduale delle Regioni ex art. 117 comma 4. Ed ineffetti, il comma 3 dell’art. 117 menziona il « coor-dinamento » dei sistemi tributari quale materia dilegislazione concorrente, il comma 2 menziona il« sistema tributario dello Stato », ma nessun rife-rimento espresso si rinviene appunto al “sistematributario degli enti locali”.

Anche sotto tale profilo l’interpretazione dellaCorte costituzionale non ha condiviso le opzioniinterpretative del nuovo dettato costituzionale chevalorizzano l’autonomia regionale. Con la notasentenza n. 37 del 2004 la Corte ha ritenuto chel’attuazione del nuovo disegno costituzionale ri-chiedesse necessariamente « l’intervento del legi-slatore statale, il quale, al fine di coordinare l’in-sieme della finanza pubblica, dovrà non solo fis-sare i principi cui i legislatori regionali dovrannoattenersi, ma anche determinare le grandi lineedell’intero sistema tributario, e definire gli spazi ei limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestàimpositiva, rispettivamente, di Stato, Regioni edenti locali » (8). Si afferma così la necessità delcoordinamento, in armonia con l’orientamento giàconsolidato, cui si è accennato nel paragrafo pre-cedente; ed infatti, benché le Regioni ricorrentirivendicassero a sé la disciplina di dettaglio dialcuni tributi locali, a titolo di potestà esclusiva, sitrattava di tributi locali derivati, istituiti con leggedello Stato, per la quale dunque quest’ultimo con-servava potestà normative, anche di dettaglio.

La Corte, inoltre, ha affermato che il passaggiodal sistema fiscale esistente a quello delineato dalnuovo titolo V richiede una fase transitoria com-plessa ed articolata, che necessita in quanto tale diun intervento specifico del legislatore statale chefissi i principi del coordinamento, senza che questiprincipi possano essere desunti dal sistema esi-stente (9).

In terzo luogo, la Corte sembra rimettere allalegge dello Stato il coordinamento tout court e non(solo) i principi cui il coordinamento deve ispi-rarsi, laddove afferma che spetta appunto alloStato il compito di « definire gli spazi e i limitientro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva,rispettivamente, di Stato, Regioni ed enti locali ».Si tratta di un altro passaggio fondamentale perl’interpretazione del nuovo sistema costituzionale,tenendo anche conto del fatto che secondo l’opi-nione maggiormente condivisa, invece, è il coor-dinamento a dover essere disciplinato dai principifondamentali e non la potestà tributaria regionaledirettamente (10). In effetti il « coordinamentodella finanza pubblica e del sistema tributario » èoggetto di legislazione concorrente ai sensi del-l’art. 117 comma 3 e si tratta perciò di una materiain cui « spetta alle Regioni la potestà legislativa,salvo che per la determinazione dei principi fon-damentali, riservata alla legislazione dello Stato ».L’interpretazione della Corte, invece, subordinatale potestà non solo al rispetto dei principi fon-damentali, ma agli « spazi e limiti » fissati dallalegge dello Stato.

Gli effetti di questa sentenza — e delle altreprecedenti menzionate (11), che si collocano conquesta in un contesto unitario — sull’attuazionedel nuovo sistema costituzionale sono stati deci-sivi. Le Regioni non hanno potuto non solo effet-tuare alcun intervento sui tributi esistenti che nonfossero già consentiti dalla legge statale, ma peralcuni anni è sembrato che esse — in assenza dellalegge sui principi di coordinamento — non potes-sero neanche istituire con propria legge nuovitributi. Nel frattempo il legislatore statale potevasenza fretta impegnarsi nella lunga gestazione tec-

(7) La si veda ampiamente citata in GIOVANARDI, op. cit.,226.

(8) Così C. cost. 26 gennaio 2004, n. 37, nel § 5 dellamotivazione.

(9) La dottrina prevalente si era espressa in senso op-posto: v. sul punto GIOVANARDI, lc. ult. cit. e le ampiecitazioni ivi riportate.

(10) V. sul punto, tra gli altri, GALLO, Prime osservazionisul nuovo art. 119, cit.; DE MITA, Le basi costituzionali del“federalismo fiscale”, Milano, 2009, 39; BIZIOLI, I principistatali di coordinamento condizionano l’efficacia della potestàtributaria regionale. La Corte costituzionale aggiunge un altroelemento alla definizione del “nuovo federalismo fiscale”, inGiur. cost., 2004, 550.

(11) V. supra, nt. 5.

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nica e politica della legge delega che reca taliprincipi (l. n. 42 del 2009), prima, e dei decreti chesuccessivamente l’hanno attuata. I decreti di attua-zione che qui più interessano sono stati emanatisolo nel 2011 (d. lg. n. 68 e n. 23, cit.) e quindi adieci anni dalla riforma, in un contesto politico esociale, nazionale ed internazionale, radicalmentediverso.

4. La potestà residuale delle Regioni a statutoordinario in materia di tributi propri. — Solo dopoalcuni anni, e non senza una qualche sostanzialediscontinuità rispetto ai suoi precedenti, la Cortecostituzionale, con la sentenza n. 102 del 2008,delinea i confini dell’autonomia regionale rispettoalla creazione di tributi propri. Si precisa, a taleproposito, che la mancata emanazione della leggestatale di coordinamento non costituisce in sensoassoluto un ostacolo all’istituzione di tributi propriregionali, ma solo all’istituzione e disciplina ditributi propri « aventi gli stessi presupposti deitributi dello Stato », così come preclude alle Re-gioni di legiferare sui tributi esistenti istituiti eregolati da leggi statali. È infatti evidente che,laddove intervengano sul medesimo tributo o sulmedesimo presupposto due diversi livelli di go-verno, è necessario il previo coordinamento deimodi ed ambiti di esplicazione delle diverse pote-stà normative. Logico corollario di tale afferma-zione è che, ove si tratti invece di istituire tributiaventi un presupposto diverso da quelli dei tributistatali, le Regioni dispongono di una potestà resi-duale ex art. 117 cost., esercitabile « anche inmancanza di un’apposita legge statale di coordi-namento » e, dunque, senza attendere l’interventospecifico del legislatore statale. I nuovi tributituttavia non solo debbono, come è ovvio e comead ogni buon conto precisa l’art. 119 cost., essere« in armonia con la Costituzione », ma debbonoanche rispettare « i principi dell’ordinamento tri-butario, ancorché solo “incorporati”, per così dire,in un sistema di tributi sostanzialmente governatidallo Stato » (12).

Assume rilevanza, in questa ottica, la naturasostanziale del tributo regionale, cioè le sue carat-teristiche oggettive, le quali consentono di stabilirese il tributo rispetti o meno il riparto di compe-tenze: ed infatti, poiché la potestà statale e quellaregionale in materia fiscale sono due materie esclu-sive, ma hanno potenzialmente lo stesso oggetto,appare necessario delimitarne i confini. Sotto ilprofilo sostanziale, viene individuata una tipologia

di tributi “tipici” della fiscalità locale, ossia i tri-buti « di scopo » o corrispettivi, espressivi deifondamentali principi della territorialità e dellacontinenza, cioè della relazione con le funzionisvolte dalla Regione o dall’ente locale. Sotto taleprofilo la sentenza non chiarisce se il fatto chel’istituzione di questa tipologia di tributi rientri trale materie attribuite in via residuale alle Regioniescluda che lo Stato possa appropriarsi dei relativipresupposti per istituire con propria legge tributinuovi, per sé ovvero per le Regioni o per gli entilocali.

Il delicato e controverso aspetto dei rispettivilimiti di esercizio tra potestà normativa statale eregionale era stato affrontato dalla richiamata pro-nuncia del 2004 (13) dal punto di vista del legisla-tore statale, per il quale l’unico limite è il « divietodi procedere in senso inverso a quanto oggi pre-scritto dall’art. 119 della Costituzione, e così disopprimere semplicemente, senza sostituirli, glispazi di autonomia già riconosciuti dalle leggistatali in vigore alle Regioni e agli enti locali »;spazi che però, come si è accennato, erano prati-camente inesistenti. Da questo principio non di-scende tuttavia il corollario che lo Stato, qualoraadotti misure legislative che riducono il gettito diun tributo derivato, sia tenuto a compensare pie-namente l’ente territoriale destinatario del gettito;è infatti sufficiente che nel complesso l’ente nonsia privato delle risorse necessarie per svolgere isuoi compiti.

Il tema dei limiti tra le potestà normative inmateria fiscale dei due diversi livelli di governo siè riproposto in una prospettiva diversa nel mo-mento in cui si è affermata l’esistenza di unapotestà residuale delle Regioni. Ed a questo pro-posito nella sentenza del 2008 si afferma che itributi propri delle Regioni debbano avere presup-posti diversi da quelli già previsti da leggi fiscaliemanate dallo Stato (cosiddetta “riserva di presup-posto”). La sovrapposizione di fonti, statale eregionale, sul medesimo tributo, non ammissibiledata la riserva a favore dello Stato sui tributi giàesistenti, viene però esclusa non in termini gene-rali, ma in assenza di una legge dello Stato la qualefissi i criteri con i quali le due imposizioni sicombinano e sono riconducibili ad un unico si-stema.

5. I principi della legge delega n. 42 del 2009.— Come si può agevolmente rilevare, molti eranoi punti critici sui quali il legislatore statale era

(12) Così C. cost. 15 aprile 2008, n. 102, nel § 5.1 dellamotivazione, i.f. (13) C. cost. 26 gennaio 2004, n. 37, cit.

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chiamato ad intervenire in sede di coordinamento.Non è certo il caso di ripercorrere qui tutte ledisposizioni con cui la l. delega n. 42 del 2009 hadisegnato il quadro della fiscalità regionale e co-munale e dei suoi rapporti con quella statale. Puòessere però utile, per comprendere le linee por-tanti del sistema, osservare come siano stati trattatii temi fondamentali di cui sopra si è detto.

In termini del tutto generali si può dire che lalegge delega ha ridotto in modo ancora più mar-cato, rispetto a quanto non fosse necessario in baseall’interpretazione data dalla Corte costituzionaleal titolo V, gli spazi di autonomia regionale (14). Aloro volta, i decreti di attuazione hanno interpre-tato la delega in modo riduttivo, ed il risultato èquello che oggi abbiamo sotto gli occhi: una fisca-lità regionale e locale composta per la grandissimaparte da tributi derivati, con pochissimi spazi la-sciati aperti alla potestà normativa regionale percreare tributi propri in senso stretto, spazi peraltrotuttora inutilizzati.

Innanzitutto, la legge delega recepisce fedel-mente l’orientamento della Corte non solo fis-sando i principi fondamentali di coordinamento“in via esclusiva”, ma individuando — in auto-noma attuazione del coordinamento — gli spazipropri della fiscalità regionale e locale.

Con riferimento sia ai tributi propri regionaliche a quelli propri degli enti locali, secondo lalegge delega le competenze dello Stato concorronocon quelle della Regione. Per i tributi regionaliviene recepita la distinzione, emersa dalla giuri-sprudenza costituzionale, tra i tributi propri rego-lati da leggi statali (tributi propri derivati) e itributi propri in senso stretto (15), riconoscendosi

comunque alle Regioni sui tributi derivati un certomargine di autonomia in attuazione del nuovodettato costituzionale. Come si vedrà meglio oltre,dal sistema della delega emerge che alla differentecompetenza normativa si accompagnano anche,per quanto attiene alle competenze regionali, limitisulla natura e sull’oggetto dei tributi propri insenso stretto. Con riferimento ai tributi localiviene disegnato un sistema bilivello (in cui cioè lapotestà normativa viene esercitata o dallo Stato odalla Regione, e il potere regolamentare dall’entelocale) e mai a tre livelli, escludendosi quindi unintervento normativo sia dello Stato che della Re-gione sul medesimo tributo locale.

La fondamentale linea di ripartizione dellacompetenza tra Stato e Regioni in materia di tri-buti propri è costituita dal principio della “riservadi presupposto”, per il quale le Regioni possonoistituire tributi propri, per sé e per gli enti locali,solo se gravanti su presupposti che non sono giàassoggettati ad imposizione (erariale, ma ancheregionale o locale) sulla base di una legge statale.Ed invero, che la Regione non potesse “appro-priarsi”, per istituire tributi propri, di presuppostidi tributi erariali vigenti era già desumibile (16) daiprincipi di territorialità, correlazione e continenza,immanenti nella nuova formulazione del titolo Vdella Costituzione, così come dalla competenzaesclusiva dello Stato sul sistema tributario erarialee dalla necessità di coordinamento del sistematributario nel suo complesso secondo criteri dirazionalità e semplificazione. Così come è coerentecon la destinazione del gettito al finanziamentodelle funzioni fondamentali delle Regioni il fattoche lo Stato possa istituire tributi regionali derivatie che mantenga la potestà normativa su quelliregionali e locali già esistenti.

La delega ha però trasformato in un principiodi carattere permanente quella “riserva di presup-posto” che la Corte costituzionale aveva indivi-duato quale mero criterio di carattere transitorio.Secondo il criterio adottato dalla l. n. 42, cit., la“occupazione” di un presupposto impositivo daparte della legge statale — sia se relativo ad untributo erariale, sia se relativo ad un tributo pro-prio degli enti locali o a un tributo proprio deri-vato delle Regioni — sottrae questo presuppostoalla potestà impositiva delle Regioni, e non può

(14) L’approccio spiccatamente centralistico della leggedelega è stato ampiamente sottolineato dalla dottrina: cfr.STEVANATO, I “tributi propri” delle regioni nella legge delegasul federalismo fiscale, in Dir. prat. tribut., 2010, I, 395;RIVOSECCHI, Il federalismo fiscale tra giurisprudenza costituzio-nale e legge n. 42/2009, ovvero: del mancato coordinamentodella finanza pubblica e del sistema tributario, in Riv. dir.tribut., 2010, I, 49; GALLO, I principi fondamentali di coordi-namento del sistema tributario nel federalismo fiscale, inFederalismo fiscale: evoluzione e prospettive a cura di URIC-CHIO, Bari, 2013, 27; RAGUCCI, La legge delega per l’attuazionedel federalismo fiscale, in Rass. tribut., 2010, 736; RUSSO eFRANSONI, Coordinamento del sistema tributario, ivi, 1575;PIZZETTI, Un federalismo per unificare il paese e rafforzare lademocrazia, in Il federalismo fiscale a cura di NICOTRA, PIZ-ZETTI e SCOZZESE, Roma, 2009, 13. Fatto tanto più degno dinota in quanto la gestazione e poi l’emanazione della delegasono avvenute sotto il governo delle forze politiche chemaggiormente avevano promosso l’autonomia regionale elocale, sebbene diverse da quelle che avevano attuato lariforma costituzionale.

(15) Più precisamente, l’art. 7 l. n. 42 del 2009 classificai tributi regionali in: tributi propri derivati, statuiti e regolati

da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle Regioni; addi-zionali sulle basi imponibili di tributi erariali; tributi propriistituiti dalle Regioni con proprie leggi in relazione ai pre-supposti non già assoggettati ad imposizione erariale.

(16) GALLO, Federalismo fiscale e ripartizione delle basiimponibili, cit.; GIOVANARDI, L’autonomia tributaria, cit., 225.

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dunque più essere da queste utilizzato, né per itributi propri, né per quelli da attribuire a Comunie Province. Questo principio, nell’ottica dellaCorte costituzionale, si basava sul presupposto che— in assenza della legge sui principi fondamentalidi coordinamento, ritenuta necessaria — non eraconsentito alle Regioni di modificare le normedello Stato che regolano tributi il cui gettito è adesse devoluto, al di fuori di quanto espressamenteconsentito dal legislatore statale. Si trattava, dun-que, di un principio eminentemente transitorio enon era certo escluso che i principi fondamentalidi coordinamento, una volta emanati, potesserodisporre diversamente: ad esempio, riservando allacompetenza delle Regioni un’area oggettivamentedefinita di presupposti, sottratti alla competenzastatale. Questa impostazione non è stata accoltadalla legge delega (17), che ha reso possibile la“occupazione” dei presupposti “liberi” — anchedi tipo ontologicamente locale — da parte delloStato e conseguente loro sottrazione alla poten-ziale esplicazione dell’autonomia impositiva regio-nale. Né, d’altra parte, sembrerebbe essere di osta-colo ad una tale occupazione il fatto che secondol’art. 119 comma 4 cost. le risorse proprie delleRegioni e degli enti locali debbono consentire difinanziare integralmente le funzioni pubblicheloro attribuite. Ed infatti, a tale finanziamentoconcorrono anche altre tipologie di entrate mano-vrabili dallo Stato, e cioè la compartecipazione e ilfondo perequativo, che soccorrerebbero al finan-ziamento in caso di carenza dei tributi propri.

Certamente la caratteristica dinamica della “ri-serva di presupposto” fa sì che questa possa ope-rare anche a favore delle Regioni qualora lo Stato“abbandoni” un presupposto in applicazione delprincipio della riduzione dell’imposizione fiscalestatale in misura corrispondente alla più ampiaautonomia delle Regioni (art. 2 comma 2 lett. ee l.n. 42, cit.). Cosa che, in attuazione della delega, èin effetti avvenuta ma senza che le Regioni —come si dirà — abbiano acquisito una reale auto-nomia impositiva in tale materia.

6. La fiscalità regionale a seguito dell’attua-zione della delega. — Il d. lg. n. 68 del 2011, diattuazione della delega, sopprime i trasferimentidello Stato alle Regioni a statuto ordinario, tranne

quelli al fondo perequativo. Le entrate tributarie,destinate a sopperire a tali trasferimenti, sonocostituite, oltre che dall’IRAP, dei cui ampliati mar-gini di manovra per le Regioni già si è detto nelparagrafo precedente, dalla addizionale regiona-le all’imposta sul reddito delle persone fisiche(IRPEF), per la quale vengono analogamente am-pliati tali margini, e dalla compartecipazione al-l’imposta sul valore aggiunto (IVA), per la qualeviene prevista una ripartizione in base al principiodi territorialità, cioè al luogo dove i consumi ven-gono effettuati.

L’ampiezza dei margini di manovra sui tributiderivati e sulle addizionali costituisce un evidentecontraltare della limitatissima rilevanza dei tributipropri in senso stretto che vengono accordati alleRegioni, ed appare la vera impronta del disegnodel legislatore attuato prima con la delega e poicon il d. lg. n. 68, cit. (18). L’art. 119 cost., nelprevedere che, nel loro complesso, tributi propri,compartecipazioni e fondo perequativo consen-tono alle Regioni e agli enti locali di finanziareintegralmente le funzioni pubbliche loro attri-buite, non istituisce una correlazione univoca trafonte di finanziamento e tipologia di funzione,garantendo solo che il livello minimo essenzialedelle prestazioni sia integralmente finanziato. Lalegge delega (art. 8 l. n. 42 del 2009), a questoproposito, prevede che le spese essenziali (livelloessenziale nelle prestazioni-LEP per sanità, assi-stenza, istruzione e trasporto pubblico locale)sono finanziate integralmente con la comparteci-pazione all’IVA, con l’IRAP, con quote dell’addizio-nale regionale all’IRPEF e del fondo perequativo; lespese non essenziali sono finanziate con tributiderivati regionali, addizionali ai tributi erariali,tributi regionali in senso proprio e quote del fondoperequativo. Dunque i tributi regionali in sensoproprio sono destinati a finanziare le spese nonessenziali, cioè quelle che costituiscono anchel’espressione delle politiche autonome regionali;tuttavia, a tale finanziamento concorrono altresì itributi derivati e le addizionali. Si può quindi direche, se da un lato le Regioni mantengono un’au-tonomia decisionale sulle politiche da perseguiremediante la spesa, dall’altro su tale autonomiaincide in modo decisivo il legislatore statale attra-verso la “concessione” della manovrabilità dei tri-buti derivati e delle addizionali, privilegiata ri-spetto all’attribuzione o alla creazione di tributigenuinamente propri. Come si vedrà (infra, § 9 e

(17) La quale ha dunque travalicato, in senso centrali-stico, i principi interpretativi della Corte costituzionale: v.GALLO, I principi fondamentali di coordinamento, cit., e, se sivuole, SALVINI, I tributi propri di Regioni, Province e Comuni.Profili tributari, in Il federalismo fiscale a cura di NICOTRA,PIZZETTI e SCOZZESE, cit., 213.

(18) LA PORTA, Una sola materia (il sistema tributario),cit.

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10), tale scelta è stata decisivamente condizionatadallo stato complessivo della finanza pubblica edal fatto che le Regioni e soprattutto gli enti localisono stati in concreto costretti — laddove il legi-slatore statale non lo abbia loro temporaneamentevietato — ad azionare le leve della propria fiscalità(derivata) per mantenere un accettabile livellodelle prestazioni essenziali e del welfare di prossi-mità, pesantemente colpito dal taglio dei trasferi-menti e delle quote di tributi erariali (19).

Con il d. lg. n. 68, cit. sono stati disciplinati neldettaglio le compartecipazioni delle Regioni a sta-tuto ordinario ai tributi erariali, i tributi regionalipropri derivati e quelli propri in senso stretto. Perquanto riguarda i tributi propri regionali, il legi-slatore non può che prendere atto della circo-stanza che la fiscalità regionale ha ancora, di fatto,scarsissimo peso (20) ed ambito di estensione: leRegioni non hanno infatti potuto — né, probabil-mente, voluto — costituire un nucleo di tributipropri in senso stretto sfruttando gli ambiti diautonomia accordati dall’art. 119 cost. e ricono-sciuti, sia pure in modo molto limitato, dalla Cortecostituzionale. È dunque di propria iniziativa cheil legislatore statale costituisce, con l’art. 8 d. lg. n.68, cit., un nucleo di tributi propri regionali,“trasformando” alcuni tributi il cui gettito era giàdevoluto alle Regioni, ma che erano stati istituiti edisciplinati dalla legge statale; tributi, dunque, chein base alla legge delega non dovevano conside-rarsi tributi regionali in senso proprio, bensì tri-buti derivati, con conseguente vincolo per il legi-slatore regionale di mantenere l’esplicazione della

sua autonomia nei limiti fissati dal legislatore sta-tale. A seguito della trasformazione in tributi re-gionali propri in senso stretto, e quindi dell’abban-dono da parte dello Stato del relativo presupposto,le Regioni possono abrogarli, ed eventualmentefarli “rivivere” mediante una legge regionale, ac-quistando così piena autonomia nella loro disci-plina (21). Si tratta però di tributi assolutamenteminori, per rilevanza e per gettito (22).

La stessa norma prevede poi che le Regionidisciplinano la « tassa automobilistica regionale »,fermi restando i limiti di manovrabilità stabilitidalla legge statale, e che alle Regioni a statutoordinario spettano gli altri tributi ad esse ricono-sciuti dalla legislazione vigente, i quali costitui-scono tributi propri derivati. Per quanto tale« tassa » (che in realtà è un’imposta) sia oggetto diuna norma specifica, ad essa è stata comunquericonosciuta, in via interpretativa, la natura ditributo proprio derivato, seppure rientrante in unasorta di tertium genus. La legge ne ha infattiattribuito la disciplina alle Regioni, ma « senza chequesto comporti una modifica radicale di queltributo, come anche confermato dall’inciso “fermirestando i limiti massimi di manovrabilità previstidalla legislazione statale” » (23). Con la conse-guenza che le Regioni non possono modificare ipresupposti di applicazione di tale tassa.

Resta poi alle Regioni l’ambito di autonomiaresiduale riconosciuto dagli art. 117 e 119 cost.,cioè la potestà di istituire ex novo tributi sia propriche degli enti locali con legge regionale, purché supresupposti diversi da quelli già assoggettati atributi istituiti con legge statale e osservando icriteri e principi di coordinamento previsti dallalegge delega. Tale potestà residuale è disciplinata,anche in modo topograficamente marginale, nel-l’ambito delle disposizioni finali dall’art. 38 d. lg.n. 68, cit., senza alcuna ulteriore specificazionerispetto alla legge delega, e con decorrenza dal-l’anno 2013. Proprio l’apposizione di una datainiziale di decorrenza tradisce il pensiero del legi-slatore statale, profondamente riduttivo dell’auto-nomia regionale ben al di là — anche sotto questoprofilo — di quanto chiarito dalla Corte costitu-

(19) L’andamento dei trasferimenti statali nell’ultimodecennio fa registrare un pesante taglio soprattutto perquelli a favore dei Comuni, mentre quelli a favore delleRegioni sono rimasti sostanzialmente costanti. Evidente-mente ciò si traduce da un lato in un forte aumento deitributi locali derivati e dall’altro comunque in un diffusostato di “sofferenza” dei servizi di più immediata e quoti-diana fruizione da parte dei cittadini (trasporti, viabilità, asilinido, ecc.).

(20) Secondo il Servizio studi della Camera, in unaRelazione pubblicata nel 2008 (Dossier FI0047D, « Temi delfederalismo fiscale - I tributi delle regioni a statuto ordina-rio », 16 ottobre 2008: documenti.camera.it/leg16/dossier/testi/FI0047d.htm), il gettito dei tributi propri nel 2005 nonraggiungeva il tre per cento delle entrate tributarie delleRegioni, esclusa la compartecipazione all’IVA. Tuttavia inquesta percentuale sono compresi tributi che non sonoclassificabili come propri in senso stretto, quale l’addizionaleregionale all’imposta di consumo sul gas metano (ARISGAM) eil tributo speciale per il deposito in discarica dei rifiuti solidi,che secondo la Corte costituzionale è un tributo regionalederivato (v., ad esempio, C. cost. 27 luglio 2005, n. 335).Non sembrano disponibili dati più recenti, ma nulla auto-rizza a ritenere che negli anni successivi la situazione siasostanzialmente mutata a favore delle Regioni.

(21) Conf. C. cost. 19 dicembre 2012, n. 288.(22) Sono i seguenti tributi: tassa per l’abilitazione al-

l’esercizio professionale; imposta regionale sulle concessionistatali dei beni del demanio marittimo e quella per l’occu-pazione e l’uso dei beni del patrimonio indisponibile; tassaper l’occupazione di spazi ed aree pubbliche regionali; tassesulle concessioni regionali; imposta sulle emissioni sonoredegli aeromobili.

(23) Così C. cost. 19 dicembre 2012, n. 288, cit., nel §3.1 della motivazione.

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zionale: tale potestà non è attribuita direttamentedalla Costituzione, non è condizionata solo dallaemanazione della legge sui principi fondamentalidi coordinamento e dalla sua attuazione, ma il suoesercizio può essere ad libitum procrastinato dallegislatore statale.

Le vicende normative dell’IRAP (e le relativeinterpretazioni della Corte costituzionale) sonoparticolarmente interessanti quali chiavi di letturadel federalismo fiscale, perché, se da un lato taleimposta costituisce la principale fonte del finan-ziamento regionale ed è stata, come si è detto,oggetto delle prime manifestazioni di autonomiaimpositiva delle Regioni dopo la riforma del titoloV, dall’altro lato il suo gettito è fondamentale peril finanziamento della sanità e quindi per il man-tenimento dei relativi livelli essenziali di assistenza(LEA) (24). Quest’ultima circostanza, ai fini del-l’equilibrio entrata-spesa, giustifica la riafferma-zione del principio secondo cui spetta allo Stato lapotestà di disciplinare l’IRAP e di stabilire quali equanti spazi di autonomia attribuire alle Regioni.Prima dell’emanazione della legge delega, l’art. 1comma 43 l. 24 dicembre 2007, n. 244 aveva“regionalizzato” l’IRAP, stabilendo che essa assumenatura di tributo proprio delle Regioni e, a decor-rere dal 1o gennaio 2009, è istituita con leggeregionale. La stessa norma prevedeva che le Re-gioni non potessero modificare le basi imponibili,e che potessero modificare l’aliquota, le detrazionie le deduzioni, nonché introdurre speciali agevo-lazioni, solo nei limiti stabiliti dalla legge delloStato. Il termine del 2009 fu successivamente pro-rogato al 2010, ma l’art. 5 d. lg. n. 68, cit., senzafare più menzione della regionalizzazione (che delresto era rimasta inattuata), ha previsto che adecorrere dal 2013 le Regioni possono (solo) ri-durre l’aliquota IRAP fino ad azzerarla e disporrededuzioni dalla base imponibile, nel rispetto dellenorme dell’Unione europea e degli orientamentigiurisprudenziali della Corte di giustizia.

La Corte costituzionale ha precisato che ancheladdove operasse la regionalizzazione, e quindianche nell’eventualità che l’IRAP fosse formalmentedisciplinata con legge regionale, e a maggior ra-gione laddove essa resta disciplinata nei suoi ele-menti fondamentali dalla legge statale, tale impo-sta non è divenuta un tributo proprio regionale,

nell’accezione di tributo la cui disciplina è libera-mente modificabile dalle Regioni, ma resta comun-que un tributo disciplinato dalla legge dello Statoin alcuni suoi elementi strutturali, e quindi, inquesto senso, “erariale”. Pertanto le Regioni pos-sono intervenire su tali elementi, ad esempio rico-noscendo una deduzione per i nuovi assunti o uncredito di imposta con finalità di promozione cul-turale, solo in quanto la legge dello Stato lo con-senta e, quindi, a partire dal 2013 (25).

Concludendo sul punto, si può dire che laprima interpretazione e la successiva attuazionedel dettato costituzionale sono perfettamente alli-neate. Come si è ricordato, l’IRAP e la tassa auto-mobilistica sono state oggetto delle primissime (esuccessivamente reiterate molte volte) rivendica-zioni regionali di autonomia, rigettate dalla Cortemediante l’interpretazione riduttiva del concettodi « tributi propri in senso stretto », a legislazioneinvariata. In sede di attuazione del nuovo titolo Vil legislatore statale avrebbe senz’altro potuto de-volvere tali tributi all’autonomia regionale, ed inquesto senso si era anzi mosso, per l’IRAP, primadell’emanazione della legge delega. Quest’ultima,invece, e la sua normativa di attuazione hannodefinitivamente sancito la loro natura di « tributipropri derivati », che come tali consentono allegislatore regionale di incidere sulla loro disci-plina solo nei limiti fissati con legge dello Stato.

7. L’autonomia tributaria dei Comuni e delleProvince. — La l. n. 42 del 2009 ha riconosciutosia allo Stato che alle Regioni la potestà di istituirecon propria legge i tributi di Comuni, Province eCittà metropolitane, sempre secondo uno schemabilivello. In armonia con il principio della riservadi presupposto, però, le Regioni possono eserci-tare tale potestà solo con riferimento a presuppostinon già assoggettati ad imposizione con legge

(24) Secondo l’art. 117 comma 2 lett. m cost., la potestànormativa sulla fissazione dei livelli essenziali spetta alloStato in via esclusiva e non si tratta di una materia, bensì diuna competenza. Accade così che una materia, come quellasanitaria, regionale viene compressa dalla legislazione stataleche ne delinea i limiti e i contenuti.

(25) Tra le altre, C. cost. 14 luglio 2009, n. 216; C. cost.15 dicembre 2010, n. 357; C. cost. 9 marzo 2012, n. 50; C.cost. 21 giugno 2013, n. 153. V. sul tema: SCHIAVOLIN, IRAP,federalismo fiscale, principio di correlazione, in Federalismofiscale, 2008, 41; NICOLINI, La disciplina transitoria statale suitributi “propri” delle regioni e la potestà legislativa regionalein materia tributaria. Il caso della “regionalizzazione” del-l’IRAP, in Giur. cost., 2010, 911; DI MARIA, Ripensare lanatura di “tributo proprio” delle Regioni? Brevi riflessionisulla evoluzione (semantica) della potestà legislativa regionalein materia tributaria (a margine di Corte cost., sent. n. 216/2009), in Forum di Quaderni costituzionali, www.forumco-stituzionale.it (sub « Giurisprudenza - Corte CostituzionaleAnno 2009 »), 2009. Pur ragionando solo in via ipoteticasull’effettiva regionalizzazione dell’IRAP, la Corte non applicain questo caso il criterio giuridico-formale della fonte delladisciplina normativa, continuando a sostenere la natura sta-tale del tributo.

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dello Stato, definendo anche gli ambiti di autono-mia degli enti locali. La legge statale, in partico-lare, « individua i tributi propri dei Comuni e delleProvince, anche in sostituzione o trasformazionedi tributi già esistenti e anche attraverso l’attribu-zione agli stessi Comuni e Province di tributi oparti di tributi già erariali; ne definisce presuppo-sti, soggetti passivi e basi imponibili; stabilisce,garantendo una adeguata flessibilità, le aliquote diriferimento valide per tutto il territorio nazionale »(art. 12 lett. a). È dunque possibile adottare ilmodello bilivello Stato-Comuni o Stato-Provincenon solo laddove si tratta di regolare, in attuazionedella delega, un tributo comunale o provincialederivato — cioè già istituito con legge statale —come l’imposta locale sugli immobili, ovvero sitratti di sopprimere un’entrata già attribuita al-l’ente locale, come è accaduto per l’addizionaleprovinciale sull’energia elettrica (ipotesi in cuil’adozione di un tale modello deve ritenersi scon-tata), ma anche laddove si tratti di istituire ex novotributi locali, con ulteriore erosione dell’ambito diesplicazione della potestà normativa regionale. LaRegione, infatti, non può istituire, sulla medesimamateria, un tributo da destinare agli enti locali.Della facoltà accordata dalla delega lo Stato hafatto subito uso, creando nel 2010 una nuovaimposta dal presupposto tipicamente locale comel’imposta di soggiorno (26), che i Comuni hannofacoltà di istituire sul proprio territorio.

Il d. lg. n. 23 del 2011, di attuazione delladelega per quanto attiene al federalismo munici-pale, ha istituito con l’art. 8, a decorrere dal 2014,l’imposta municipale propria (IMU) in sostituzionedi imposte immobiliari (27) previgenti, sia erariali(l’IRPEF sugli immobili), sia locali derivate (l’ICI),con l’esclusione dell’abitazione principale, in at-tuazione di quanto previsto dalla legge delega.

L’art. 11 ha inoltre tentato di dare una sistema-zione organica dei tributi comunali minori (28)nell’ambito di un’unica imposta, l’imposta muni-cipale secondaria. Dopo reiterati rinvii dell’ema-nazione del regolamento attuativo, la relativanorma è stata però abrogata (29).

Con il “decreto Monti” (d.l. 6 dicembre 2011,n. 201, convertito con modificazioni dalla l. 22dicembre 2011, n. 214) non solo è stata anticipataal 2012 « in via sperimentale » (cfr. l’art. 13comma 1) e per esigenze di gettito l’applicazionedell’IMU, ma è stata impressa una notevole modi-ficazione all’impianto preesistente, appena creato,dell’intera imposizione municipale. Le principalimodifiche riguardavano, in primo luogo, l’assog-gettamento all’imposta dell’abitazione principale,prima esclusa; in secondo luogo, prevedevano lariserva, a favore dello Stato e con versamentodiretto ad esso, di una significativa quota di impo-sta, con l’eccezione di quella gravante sulle abita-zioni principali. Quest’ultima misura appariva giu-stificata, sotto il profilo finanziario, dal fatto chel’IMU ha assorbito l’IRPEF dovuta allo Stato suiredditi fondiari, ma non vi è dubbio che essa abbiacomportato un rovesciamento del modello dellacompartecipazione locale ai tributi erariali, tale dasuscitare dubbi di legittimità costituzionale (30).Con la l. 24 dicembre 2012, n. 228 la quota erarialeè stata soppressa, ma è stato introdotto un mecca-nismo di riparto tra Stato e Comuni mediantel’istituzione di un fondo di solidarietà ed è statoriservato allo Stato anche il gettito dell’IMU deri-vante dagli immobili ad uso produttivo classificatinel gruppo catastale D, calcolato con aliquotastandard. L’attribuzione di una parte del gettitoallo Stato ha comportato una probabile mutazionedella natura dell’imposta, accentuandone il carat-tere puramente patrimoniale a detrimento dellacorrelazione con il beneficio ritratto dal possessorein relazione ai servizi indivisibili forniti dal Co-mune, correlazione che la Corte costituzionale haindividuato come ratio giustificativa di un’impostapatrimoniale speciale sugli immobili quale era l’ICI

ed ora l’IMU (31).In attuazione di un disegno non privo di coe-

(26) Art. 14 comma 16 lett. e d.l. 31 maggio 2010, n. 78(convertito con modificazioni dalla l. 30 luglio 2010, n. 122),per la città di Roma, e art. 4 d. lg. n. 23 del 2011, per gli altriComuni.

(27) La legge delega, all’art. 12 lett. b, aveva previstoche « le spese dei comuni relative alle funzioni fondamentalidi cui all’articolo 11, comma 1, lettera a), numero 1), sonoprioritariamente finanziate da una o più delle seguenti fonti:dal gettito derivante da una compartecipazione all’IVA, dalgettito derivante da una compartecipazione all’imposta sulreddito delle persone fisiche, dalla imposizione immobiliare,con esclusione della tassazione patrimoniale sull’unità im-mobiliare adibita ad abitazione principale del soggetto pas-sivo secondo quanto previsto dalla legislazione vigente alladata di entrata in vigore della presente legge in materia diimposta comunale sugli immobili ». Il tributo derivato sugliimmobili si conferma dunque (in continuità con quantoaccadeva con l’ICI) la principale fonte propria di finanzia-mento municipale.

(28) A titolo di sostituzione della tassa e del canone dioccupazione di spazi ed aree pubbliche, dell’imposta comu-nale sulla pubblicità e di altre entrate fiscali.

(29) Art. 1 comma 25 l. 28 dicembre 2015, n. 208.(30) URICCHIO, Complessità e criticità dell’attuazione del

federalismo fiscale, in Federalismo fiscale: evoluzione e pro-spettive a cura di URICCHIO, cit., 41 ss.

(31) C. cost. 22 aprile 1997, n. 111, § 6; v. SALVINI,L’IMU nel quadro del sistema fiscale, in Rass. tribut., 2012,689.

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renza, lo stesso “decreto Monti” aveva istituitoinoltre, a decorrere dal 2013, la TARES, tributocomunale sui rifiuti e sui servizi, con l’intento didisciplinare la materia in modo più organico deitormentati, previgenti prelievi per la raccolta e losmaltimento dei rifiuti. Tale ultimo tributo eradestinato non solo alla copertura dei costi relativial servizio di gestione dei rifiuti urbani, ma anche,attraverso un’apposita maggiorazione, alla coper-tura dei costi relativi ai servizi indivisibili deiComuni. A partire dal 2014, tuttavia, ad ulterioretestimonianza della difficoltà tecnica, ma soprat-tutto politica, di disciplinare la materia, la TARES,con la legge di stabilità 2014 (l. 27 dicembre 2013,n. 147), è stata scissa in due, ripristinando sottoforma di TARI un prelievo relativo ai soli rifiuti eistituendo la TASI quale tributo sui soli serviziindivisibili.

Uno dei principi fondanti del federalismo fi-scale municipale è poi definitivamente venutomeno quando dopo alterne vicende, sulla base dimere considerazioni di opportunità politica, èstato escluso dalla tassazione IMU e TASI il possessodelle “prime case” (32), e quindi proprio il fattoimponibile che maggiormente esprime quel colle-gamento tra persona-abitante e comunità localeche costituisce il cardine del federalismo fiscaleinteso come espressione di democraticità e che simanifesta nella « tendenziale correlazione tra pre-lievo fiscale e beneficio connesso alle funzioniesercitate sul territorio in modo da favorire lacorrispondenza tra responsabilità finanziaria edamministrativa », nonché « continenza e responsa-bilità nell’imposizione di tributi propri » (art. 2comma 2 lett. p l. n. 42, cit.).

8. Le Regioni a statuto speciale. — Come ènoto, all’atto della riforma del titolo V della Co-stituzione, l’art. 10 l. cost. n. 3 del 2001 ha stabilitoche, fino all’adeguamento dei rispettivi statuti, lenuove disposizioni costituzionali si applicano an-che alle Regioni a statuto speciale ed alle Provinceautonome « per le parti in cui prevedono forme diautonomia più ampie rispetto a quelle già attri-buite ». Rispetto ai limiti posti alle Regioni a sta-

tuto ordinario risalta il fatto che né la riformacostituzionale, né la legge delega hanno impostosignificativi limiti all’autonomia tributaria delleRegioni a statuto speciale prevista dai rispettivistatuti (33). La l. n. 42 del 2009 ha infatti disposto,all’art. 27, che Regioni a statuto speciale e Pro-vince autonome, nel rispetto degli statuti speciali,« concorrono al conseguimento degli obiettivi diperequazione e solidarietà [...] secondo criteri emodalità stabiliti da norme di attuazione dei rela-tivi statuti »: si tratta di una disposizione direttaessenzialmente alla disciplina del coordinamentofinanziario (34) e che è stata attuata solo da alcuneRegioni e Province. In quella sede, per quantoconcerne l’autonomia fiscale, sono stati individuatilimiti meno stringenti di quelli previsti per leRegioni a statuto ordinario; ad esempio, per ilFriuli-Venezia Giulia e per il Trentino-Alto Adigenon sembra operare la riserva di presupposto (35).Il solo vincolo che esse hanno è perciò quellodell’osservanza dei principi del sistema tributariostatale (36).

(32) Invero, la stessa legge delega aveva escluso chel’imposta locale immobiliare, destinata a costituire il fonda-mento della fiscalità comunale, colpisse le “prime case”: èquindi alla delega che possono rivolgersi le critiche formu-late nel testo alla legislazione vigente. Naturalmente il legi-slatore, non essendo vincolato da tale principio una voltascaduti i termini di attuazione, adotta di volta le scelte dipolitica fiscale che ritiene più opportune. Così si sono alter-nati periodi di tassazione e di non tassazione delle “primecase”.

(33) V. sul punto, tra i tanti, LA PORTA, Una sola materia(il sistema tributario), cit.

(34) Si è osservato in proposito che la legge delega nonha colto gli spazi, seppur non ampi, che il dettato costitu-zionale avrebbe consentito di utilizzare per il riavvicina-mento del sistema delle Regioni a statuto speciale a quellodelle Regioni a statuto ordinario (così PIZZETTI, Un federali-smo per unificare il paese, cit.; DE MARTIN e RIVOSECCHI,Coordinamento della finanza territoriale e autonomie specialialla luce della legge n. 42 del 2009, in Il federalismo fiscale acura di NICOTRA, PIZZETTI e SCOZZESE, cit., 335).

(35) La legge di stabilità 2011 (l. 13 dicembre 2010, n.220), al termine del relativo procedimento di accordo con laRegione Friuli, ha disposto, con riferimento ai tributi erarialiper i quali lo Stato ne prevede la possibilità, che tale Regionepossa modificare le aliquote, in riduzione, oltre i limitiattualmente stabiliti e, in aumento, entro il livello massimo diimposizione fissato dalla normativa statale, accordare esen-zioni dal pagamento, introdurre detrazioni di imposta ededuzioni dalla base imponibile; nelle materie di propriacompetenza, istituire nuovi tributi locali e, relativamente aglistessi, consentire agli enti locali di modificarne le aliquote, inriduzione ovvero in aumento, oltre i limiti previsti, accordareesenzioni dal pagamento, introdurre detrazioni di imposta ededuzioni dalla base imponibile. Sulla fiscalità di tale Re-gione v. in particolare GALLO, Lectio magistralis del Presi-dente Prof. Franco Gallo “Profili finanziari del regionalismodifferenziato”, Trieste, 31 gennaio 2013, in www.cortecosti-tuzionale.it. Disposizioni analoghe sono previste per il Tren-tino-Alto Adige e per le Province di Trento e Bolzano inbase alla legge finanziaria 2010 (l. 23 dicembre 2009, n. 191).La riserva di presupposto sembra invece valere per la Valled’Aosta, in base alle previsioni della medesima legge distabilità 2011. Sul tema della fiscalità e dell’autonomia fiscalefinanziaria delle Regioni a statuto speciale, anche sotto ilprofilo del procedimento normativo di concertazione, v.SCANU, L’autonomia tributaria delle Regioni a statuto specialee delle Provincie autonome, Torino, 2017.

(36) GALLO, op. ult. cit.

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Nonostante la maggiore autonomia, neanche leRegioni a statuto speciale hanno utilizzato nei fattila leva fiscale, perlomeno nei confronti dei soggettiresidenti. È infatti interessante notare che laddovetali Regioni hanno tentato, dopo la riforma, diistituire nuovi tributi, questi fossero per la maggiorparte a carico di non residenti (e quindi nonvotanti in loco): si fa riferimento ai vari tributi sulflusso turistico istituiti dalla Regione Sardegna conla l. rg. 11 maggio 2006, n. 4 (37), al cosiddetto“tubatico” siciliano (38), alle imposte di soggiornoe sul turismo del Trentino-Alto Adige. I primi duetributi non hanno però superato, per motivi di-versi, il vaglio della Corte costituzionale e dellaCorte di giustizia (39); tuttora, quindi, l’autonomia

finanziaria delle Regioni a statuto speciale si fondaessenzialmente sulla compartecipazione ai tributierariali riscossi (40) sul rispettivo territorio, il cuigettito è devoluto in larga parte — in quote varia-bili a seconda della Regione — alle casse regionali.E, del resto, il fatto che queste Regioni beneficianodi quote elevatissime di tali tributi comportaun’evidente mancanza di interesse per l’istituzionedi tributi propri.

Per quanto concerne in particolare i limiticostituzionali la Corte, con la sentenza n. 102 del2008 già richiamata, ha ritenuto che, in base alnuovo assetto costituzionale, operi per le Regioni astatuto speciale — e per la Sardegna in particolare— un limite di coordinamento che può ritenersiopposto a quello che vale per le Regioni a statutoordinario (41). Ed infatti, mentre le Regioni astatuto ordinario sono vincolate, nei limiti sopravisti, dall’emanazione e dal contenuto dei principidi coordinamento, il medesimo vincolo non sussi-ste, in base alla “clausola di miglior trattamento”di cui all’art. 10 l. cost. n. 3 del 2001, per leRegioni a statuto speciale (42).

Esse possono dunque istituire tributi propri,anche in assenza di tali principi, sui medesimipresupposti di tributi erariali: come prevede lostatuto della Regione Sardegna, « in armonia con iprincipi del sistema tributario dello Stato ». Neconsegue che sono stati dichiarati illegittimi duedei tributi istituiti dalla Regione perché, pur col-pendo presupposti riconducibili a quello delleimposte erariali sul reddito, presentano delle dif-formità rispetto alle corrispondenti fattispecie era-riali (43).

In conclusione, si può dire che neanche leRegioni a statuto speciale abbiano effettivamenteutilizzato — ed abbiamo potuto utilizzare — laleva fiscale in funzione di accrescimento e sviluppodella loro autonomia finanziaria e delle risorsedisponibili. E ciò vale anche per quelle, tra tali

(37) Per un’analisi di questi tributi v. L’autonomia tri-butaria delle regioni e degli enti locali tra Corte costituzionale(sentenza n. 102/2008 e ordinanza n. 103/2008) e disegno dilegge delega a cura di FICARI, Milano, 2009. Sulla base deiprincipi di territorialità e di continenza (ma in assai minoremisura di quello di rendicontazione), i tributi sul turismoappaiono una scelta ideale per le Regioni e gli enti locali avocazione turistica: cfr. TOSI, op. cit.; LA SCALA, Elementiricostruttivi dell’“imposizione sul turismo”: opportunità e li-miti nel contesto del c.d. Federalismo fiscale, in Rivista trime-strale di diritto tributario, 2012, 953; “Tourism taxation”.Sostenibilità ambientale e turismo tra fiscalità locale e compe-titività a cura di FICARI e SCANU, Torino, 2012; SCANU, op. cit.

(38) Si trattava di un tributo cui la legge istitutivaattribuiva carattere ambientale (v. art. 6 l. rg. Sic. 26 marzo2002, n. 2), ma che in realtà colpiva il transito del metanoproveniente dall’Algeria attraverso il territorio regionale.Anche tale tributo proprio regionale non colpiva i soggettiresidenti, bensì la società proprietaria del gasdotto, con uneffetto di “esportazione” del carico tributario su soggetti nonresidenti a seguito dell’inserimento nella tariffa per il tra-sporto del gas dell’onere tributario imposto dalla Sicilia. Iltributo è stato ritenuto dalla Corte di giustizia contrarioall’accordo di cooperazione tra Unione europea e Algerianonché al principio di libertà di transito delle merci nell’areacomunitaria (C. giust. CE 21 giugno 2007, causa C-173/05,Commissione c. Italia). Cfr. ANTONINI, La Corte assegna l’Irapalla competenza esclusiva statale. Intanto il federalismo fiscalerimane al palo mentre decolla il “tubatico” siciliano (Nota a C.cost. 26 settembre 2003, n. 296), in Le Regioni, 2004, 238;BARBERO, Bocciatura definitiva per la “tassa sul tubo” dellaRegione Sicilia (Nota a C. giust. CE 21 giugno 2007, causaC-173/05), in Forum di Quaderni costituzionali, www.forum-costituzionale.it (sub « Giurisprudenza - Corte di giustiziadell’Unione europea »), 2007.

(39) Si può qui solo accennare al fatto che ulteriorilimiti alla potestà normativa delle Regioni in materia fiscalevengono dall’ordinamento comunitario, come eloquente-mente dimostrato dal fatto che proprio con riferimentoall’autonomia tributaria di una Regione a statuto speciale,appunto la Sardegna, la Corte costituzionale ha per la primavolta rimesso alla Corte di giustizia una questione pregiudi-ziale (C. cost., ordinanza, 15 aprile 2008, n. 103) e che lanorma regionale oggetto del rinvio non ha superato il vagliodella Corte di giustizia UE, cosa di cui la Corte ha preso attocon la sentenza C. cost. 17 giugno 2010, n. 216, dichiarandola illegittimità costituzionale del tributo denunciato (impostaregionale sugli aeromobili ed unità da diporto istituita dalla

Regione Sardegna). V. sul tema, tra gli altri, DI PIETRO,Federalismo e devoluzione nella recente riforma costituzio-nale: profili fiscali, in Rass. tribut., 2006, 247; CARINCI, Auto-nomia tributaria delle Regioni, cit., 37; GREGGI, Tributi re-gionali e vincoli comunitari: i limiti europei alla potestàimpositiva regionale (quando il controllo di compatibilitàcomunitaria passa anche attraverso la Corte Costituzionale), inRass. tribut., 2008, 1449; SCANU, op. cit.

(40) E non invece, come per le Regioni a statuto ordi-nario, sui tributi erariali riferibili, secondo criteri propri diciascun tipo di imposta, al rispettivo territorio.

(41) Sulla citata C. cost. 15 aprile 2008, n. 102, v. anchesupra, § 4.

(42) Conf. GALLO, op. ult. cit.(43) Si trattava, in particolare, delle imposte regionali

sul possesso e sulle plusvalenze delle seconde case ad usoturistico (art. 2 e 3 l. rg. Sar. n. 4 del 2006).

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Regioni, che essendo meno sviluppate sotto ilprofilo economico soffrono della struttura accen-tuatamente compartecipativa della ripartizionedelle risorse fiscali.

9. Il coordinamento della finanza pubblica e ilcoordinamento del sistema tributario. — L’art. 117comma 3 cost. colloca insieme, nell’ambito dellapotestà legislativa concorrente, il coordinamentodella finanza pubblica e il coordinamento del si-stema tributario. Nel disegno originario di riformadel titolo V il coordinamento della finanza pub-blica doveva ritenersi probabilmente servente ri-spetto al coordinamento del sistema tributa-rio (44); il legislatore, tanto costituzionale quantoordinario, si è invece mosso in senso opposto,attribuendo al coordinamento della finanza pub-blica, e quindi alla fissazione dei tetti di spesa delleRegioni anche con normativa di dettaglio (45),un’efficacia tale da assumere una rilevanza mag-giore rispetto a qualsiasi ripartizione per compe-tenza delle singole materie legislative, compresaquella relativa alle entrate (46). In altri termini, ilcoordinamento della finanza pubblica, da compe-tenza concorrente nel dettato costituzionale, si è

trasformata in una competenza esclusiva che con-sente allo Stato ogni tipo di intervento (47). Inquesta ottica, la tutela delle esigenze unitarie delloStato è affidata proprio al coordinamento dellafinanza pubblica, che sotto questo profilo assurgead architrave della “costituzione finanziaria” deli-neata dal titolo V (48). Tanto più naturalmentetale tendenza si è accentuata da quando la l. cost.20 aprile 2012, n. l ha costituzionalizzato il prin-cipio dell’equilibrio di bilancio (v. BILANCIO: EQUI-LIBRIO DI), espungendo il terzo correlato terminedella competenza concorrente in materia di en-trate e di spese, l’armonizzazione dei bilanci pub-blici, e costruendo (in questo caso esplicitamente)una competenza speciale esclusiva dello Stato (49).

10. Conclusioni. — Sull’operato della Cortecostituzionale e, poi, del legislatore nell’attuazionedel federalismo fiscale il giudizio, come si è visto,è sostanzialmente unanime, e non positivo. Sa-rebbe però scarsamente obiettivo non considerareche una vasta serie di fattori economici e politicisono intervenuti a mutare il quadro di riferimentonel lungo periodo intercorrente tra la riformacostituzionale e la sua attuazione. L’autonomia dientrata e di spesa delle Regioni si pone al centrodell’assetto costituzionale delineato nel 2001 e allesue modalità di attuazione è stato affidato il diffi-cile compito di mantenere l’equilibrio tra l’unitàdello Stato e le istanze autonomistiche. La devo-luzione attuata con la riforma del titolo V haattribuito alle Regioni funzioni assolutamente pri-marie sotto il profilo sociale quali la sanità, l’istru-zione, l’assistenza, dovendosi quindi necessaria-mente garantire un uniforme livello delle relativeprestazioni su tutto il territorio nazionale. In que-

(44) V. su questo argomento BELLETTI, Corte Costituzio-nale e spesa pubblica. Le dinamiche del coordinamento finan-ziario ai tempi dell’equilibrio di bilancio, Torino, 2016.

(45) Si deve peraltro osservare che, con la sentenza C.cost. 24 marzo 2016, n. 64, la Corte costituzionale sembraessere tornata sui suoi passi, affermando che la finanza delleRegioni e degli enti locali è « parte della finanza pubblicaallargata e che, pertanto, il legislatore statale può, con unadisciplina di principio, legittimamente imporre alle Regioni eagli enti locali, per ragioni di coordinamento finanziarioconnesse ad obiettivi nazionali, condizionati anche dagliobblighi comunitari, vincoli alle politiche di bilancio, anchese questi si traducono, inevitabilmente, in limitazioni indi-rette all’autonomia di spesa degli enti territoriali ». Quindi ledisposizioni statali che impongono limiti alla spesa regionalecostituiscono principi fondamentali di coordinamento dellafinanza pubblica solo « alla duplice condizione che: a) pre-vedano un limite complessivo, anche se non generale, dellaspesa corrente, che lasci alle Regioni libertà di allocazionedelle risorse fra i diversi ambiti ed obiettivi di spesa; b)abbiano il carattere di transitorietà ». V. sul punto GALLO,Attualità e prospettive del coordinamento della finanza pub-blica alla luce della giurisprudenza della Corte costituzionale,in Astrid Rassegna, in www.astrid-online.it, 2017, n. 6.

(46) Tra i tanti: BELLETTI, op. cit.; DE MARTIN, Introdu-zione, in Il regionalismo italiano tra giurisprudenza costituzio-nale e involuzioni legislative dopo la revisione del Titolo V(Atti del Seminario, Roma, 13 giugno 2013), Milano, 2014,77; BENVENUTI, Brevi considerazioni intorno al ricorso all’ar-gomento della crisi economica nella più recente giurisprudenzacostituzionale, in Giur. cost., 2013, I, 968; ROSSI, La giurispru-denza della Corte costituzionale nel giudizio in via principalenel biennio 2011-2013: profili statistici e tendenze più rile-vanti, in Consulta OnLine, www.giurcost.org, 27 giugno2014.

(47) D’ATENA, Profili costituzionali dell’autonomia fi-nanziaria delle Regioni, in Il federalismo fiscale in Europa acura di GAMBINO, Milano, 2014, 70; DI FOLCO, Coordina-mento della finanza pubblica, in Le materie di competenzaregionale. Commentario a cura di GUZZETTA, MARINI e MO-RANA, Napoli, 2015, 161; RONCHETTI, Gli anni della riscritturadel Titolo V: la giurisprudenza costituzionale 2002-2005, in Lagiustizia costituzionale e il “nuovo” regionalismo (Atti delSeminario di studi, Roma, 29 maggio 2012), Milano, 2013,31; VIOLINI e ROVAGNATI, Rileggendo la giurisprudenza costi-tuzionale sui rapporti tra Stato e Regioni del 2012, in LeRegioni, 2012, 957.

(48) SALERNO, Alcune riflessioni sulla nuova costituzionefinanziaria della Repubblica, in Federalismo fiscale, 2007, n. 1,119. Nello stesso senso: LUPO e RIVOSECCHI, Quando l’equi-librio di bilancio prevale sulle politiche sanitarie regionali(Nota a C. cost. 10 maggio 2012, n. 115), in Forum diQuaderni costituzionali, in www.forumcostituzionale.it (sub« Giurisprudenza - Corte costituzionale Anno 2012 »), 2012.

(49) Sul punto, tra gli altri, CECCHETTI, Legge costituzio-nale n. 1 del 2012 e Titolo V della parte II della Costituzione,in Federalismi.it, www.federalismi.it, 2012, n. 24.

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sta situazione, la giusta scelta politica per un fede-ralismo “equo” e solidaristico in un ambito nazio-nale caratterizzato da forti sperequazioni sul terri-torio, che si sono venute aggravando con la crisieconomica, ha portato ad ampliare l’esigenza diperequazione orizzontale, accentuando ulterior-mente la centralità della fiscalità erariale e la ne-cessità che il bilancio dello Stato sia dotato dirisorse adeguate. Ne è derivato che lo Stato non hapotuto “arretrare” sensibilmente dalle sue posi-zioni fiscali lasciando spazi economici e giuridicialla fiscalità locale.

Dal punto di vista sostanziale, l’autonomia inmateria di spesa è collegata alla devoluzione dellefunzioni dal centro alla periferia, devoluzione chela Costituzione ha in larga parte rimesso al legisla-tore statale e che neanche la legge delega del 2009ha disegnato con chiarezza (50). E, d’altra parte,più sono ampie le funzioni assegnate alle Regioni,quindi tanto maggiore è il decentramento, tantopiù — inevitabilmente — le compartecipazioni ela finanza derivata prendono il sopravvento suquella propria. Il necessario equilibrio tra entrate espese, e quindi la fissazione del livello complessivodelle une e delle altre, è d’altra parte dipendente— secondo il disegno della legge delega — dalladeterminazione dei costi e dei fabbisogni standard(d. lg. 26 novembre 2010, n. 216, di attuazionedella delega) nonché dei livelli essenziali delleprestazioni concernenti i diritti civili e sociali,determinazione che peraltro è tuttora largamenteinsufficiente (v. supra, FEDERALISMO FISCALE: dir.cost.). Il che ha anche consentito allo Stato di nonincidere formalmente sui diritti sociali, ma di at-tuare, attraverso drastici tagli lineari e il contem-poraneo blocco del potere degli enti territoriali diaumentare le aliquote dei tributi propri e delleaddizionali (51), una loro compressione sostan-ziale.

Dal punto di vista dell’equilibrio tra i diversilivelli di governo, nell’attuazione di questo com-plesso disegno si è poi rivelata del tutto carente laconcertazione, sia dal versante delle entrate che daquello delle spese, anche a seguito della mancata

istituzione di un Senato delle autonomie (52) ecomunque di adeguati organi rappresentativi delleRegioni ed enti locali.

La crisi economica e la relativa legislazioneemergenziale (53), l’esigenza derivante dagli impe-gni internazionali di ripianamento del deficit, lanecessità di osservare i patti di stabilità e la con-seguente compressione della spesa delle Regioni edegli enti locali, anche se finanziata con risorseproprie, sono tutti fattori che hanno inciso inmodo determinante sulla sostanziale riduzionedell’autonomia fiscale regionale intesa nel senso incui l’aveva immaginata e disegnata innovativa-mente la riforma del titolo V, per ripiegare sullamanovrabilità dei tributi derivati.

Va anche sottolineato, tuttavia, che il legisla-tore regionale e le amministrazioni locali, allaprova dei fatti, non hanno voluto o saputo appro-priarsi neppure degli esigui spazi di “reale” auto-nomia tributaria lasciati loro dalla legge statale edall’interpretazione della Corte costituzionale. Eciò, probabilmente, anche perché timorosi dei fon-damentali criteri di democrazia e di rendiconta-zione insiti nei principi del federalismo fiscale. Aciò può aggiungersi che l’auspicio per cui il votoalle elezioni amministrative possa essere anchedecisivamente influenzato dalle “buone politiche”in materia di entrate e di spesa ha mostrato neltempo i suoi limiti, dovuti alla sempre più accesaradicalizzazione del dibattito politico nazionale edagli influssi di tale fenomeno pure a livello locale.

Il federalismo fiscale oggi è dunque quanto dipiù lontano si potesse immaginare all’atto dellariforma del titolo V: le leve decisionali in materiadi entrate e di spese, lungi dall’essere riposte neglienti “vicini” al cittadino, sindacabili ed influenza-bili attraverso il voto e le formazioni sociali, sonosaldamente in mano al potere statale, a sua voltacondizionato dalle scelte adottate in sede sovrana-zionale.

L i v i a S a l v i n i

FONTI. — Art. 117-119 cost.; l. 5 maggio 2009, n. 42; d.lg. 14 marzo 2011, n. 23; d. lg. 6 maggio 2011, n. 68.

(50) Sottolineano, in questa ottica, la correlazione traprocesso di trasferimento delle funzioni dal centro alla pe-riferia e attuazione del decentramento in materia di entrate,tra gli altri, ANTONINI, Competenza, finanziamento e ac-countability in ordine alla determinazione dei livelli essenzialidelle prestazioni dei diritti civili e sociali, in Riv. dir. fin.,2003, I, 70; GIARDA, Competenze regionali e regole di finan-ziamento: qualche riflessione sul federalismo fiscale in Italia,ivi, 2006, I, 94; TUCCIARELLI, La l. n. 42/2009: oltre l’attua-zione del federalismo fiscale, in Riv. dir. tribut., 2010, I, 61.

(51) GALLO, op. ult. cit.

(52) V. per tutti, sul punto, PAJNO, Il peso della mitologiapolitico-giuridica nelle vicende della revisione costituzionale initinere, in Riv. AIC, 2014, n. 3.

(53) La crisi economica non costituisce per la Cortemotivo per derogare al riparto di competenze, ma comunqueper ampliare, se ciò è possibile in via interpretativa, lecompetenze statali a scapito di quelle residuali: cfr. BENVE-NUTI, op. cit. Sulle relazioni tra esigenze finanziarie e centra-lismo, MANGIAMELI, Le Regioni tra crisi globale e neocentra-lismo, Milano, 2013.

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LETTERATURA. — ANTONINI, La sent. n. 102 del 2008: unatappa importante per l’autonomia impositiva regionale, inGiur. cost., 2008, 2646 ss.; BASILAVECCHIA, DEL FEDERICO eOSCULATI, Il finanziamento delle Regioni a statuto ordinariomediante tributi propri e compartecipazioni: basi teoriche edevidenza empirica nella difficile attuazione dell’art. 119 dellaCostituzione, in Istituzioni del federalismo, 2006, 669 ss.;BIZIOLI, I principi statali di coordinamento condizionano l’ef-ficacia della potestà tributaria regionale. La Corte costituzio-nale aggiunge un altro elemento alla definizione del “nuovofederalismo fiscale”, in Giur. cost., 2004, 550 ss.; BORIA,Evoluzione storica dei rapporti tra fiscalità locale e fiscalitàerariale, in Riv. dir. tribut., 1997, I, 727 ss.; CARINCI, Auto-nomia tributaria delle Regioni e vincoli del Trattato dell’U-nione europea, in Rass. tribut., 2004, 1201 ss.; COCIANI,L’autonomia tributaria regionale nello studio sistematico del-l’Irap, Milano, 2003; DE MITA, Le basi costituzionali del“federalismo fiscale”, Milano, 2009; DI PIETRO, Federalismo edevoluzione nella recente riforma costituzionale: profili fiscali,in Rass. tribut., 2006, 247 ss.; FANTOZZI, Riserva di legge enuovo riparto della potestà normativa in materia tributaria, inRiv. dir. tribut., 2005, I, 3 ss.; FREGNI, Autonomia tributariadelle regioni e riforma del Titolo V della Costituzione, inDiritto tributario e Corte costituzionale a cura di PERRONE eBERLIRI, Napoli, 2006, 477 ss.; GALLO, Federalismo fiscale eripartizione delle basi imponibili tra Stato, Regioni e entilocali, in Rass. tribut., 2002, I, 2007 ss.; ID., Ancora in temadi autonomia tributaria delle Regioni e degli Enti locali nelnuovo Titolo V della Costituzione, ivi, 2005, 1033 ss.; ID., Iprincipi fondamentali di coordinamento del sistema tributarionel federalismo fiscale, in Federalismo fiscale: evoluzione eprospettive a cura di URICCHIO, Bari, 2013, 27 ss.; ID., Ilprincipio costituzionale di equilibrio di bilancio e il tramontodell’autonomia finanziaria degli enti territoriali, in Rass. tri-

but., 2014, 1199 ss.; GIARDA, Competenze regionali e regole difinanziamento: qualche riflessione sul federalismo fiscale inItalia, in Riv. dir. fin., 2006, 94 ss.; GIOVANARDI, L’autonomiatributaria degli enti territoriali, Milano, 2005; ID., Il ripartodelle competenze tributarie tra giurisprudenza costituzionale elegge delega in materia di federalismo fiscale, in Riv. dir.tribut., 2010, I, 29 ss.; L’autonomia tributaria delle regioni edegli enti locali tra Corte costituzionale (sentenza n. 102/2008e ordinanza n. 103/2008) e disegno di legge delega a cura diFICARI, Milano, 2009; MARONGIU, Evoluzione e lineamentidella finanza locale in Italia, in La Finanza locale, 2005, n. 9,31 ss.; NICOLINI, La disciplina transitoria statale sui tributi“propri” delle regioni e la potestà legislativa regionale inmateria tributaria. Il caso della “regionalizzazione” dell’IRAP,in Giur. cost., 2010, 911 ss.; PERRONE, La sovranità impositivatra autonomia e federalismo, in Riv. dir. tribut., 2004, I, 117ss.; ID., I tributi regionali propri derivati, in Rass. tribut.,2010, 1597 ss.; RIVOSECCHI, Il federalismo fiscale tra giurispru-denza costituzionale e legge n. 42/2009, ovvero: del mancatocoordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario,in Riv. dir. tribut., 2010, I, 49 ss.; RUSSO e FRANSONI, Coordi-namento del sistema tributario, in Rass. tribut., 2010, 1575ss.; SALVINI, I tributi propri di Regioni, Province e Comuni.Profili tributari, in Il federalismo fiscale a cura di NICOTRA,PIZZETTI e SCOZZESE, Roma, 2009, 213 ss.; SCHIAVOLIN, IRAP,federalismo fiscale, principio di correlazione, in Federalismofiscale, 2008, 41 ss.; SORRENTINO, Coordinamento e principicostituzionali, in Rass. tribut., 2010, 1568 ss.; STEVANATO, I“tributi propri” delle regioni nella legge delega sul federalismofiscale, in Dir. prat. tribut., 2010, I, 395 ss.; TESAURO, Le basicostituzionali della fiscalità regionale e locale, in La Finanzalocale, 2005, n. 9, 13 ss.; TOSI, La fiscalità delle città d’arte,Milano, 2009; URICCHIO, Imposizione di scopo e federalismofiscale, Bologna, 2013; ZANARDI, Per lo sviluppo. Un federali-smo fiscale responsabile e solidale, Bologna, 2006.

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