Farmacologia - Nenna

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Farmacologia IV DLM Antonio Nenna 0 antonio nenna FARMACOLOGIA prof. Minotti sviluppo dei farmaci 1 farmacodinamica 7 farmacocinetica 14 metabolismo dei farmaci 24 variazioni in farmacocinetica 31 f. del sistema nervoso autonomo 38 ansiolitici (ipnoico-sedativi) 63 antidepressivi 73 antipsicotici 82 f. del m. di Parkinson 91 f. del m. di Alzheimer 103 a.a. 2011/2012

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Farmacologia IV DLM Antonio Nenna

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antonio nenna

FARMACOLOGIA prof. Minotti

sviluppo dei farmaci 1 farmacodinamica 7 farmacocinetica 14 metabolismo dei farmaci 24 variazioni in farmacocinetica 31 f. del sistema nervoso autonomo 38 ansiolitici (ipnoico-sedativi) 63 antidepressivi 73 antipsicotici 82 f. del m. di Parkinson 91 f. del m. di Alzheimer 103

a.a. 2011/2012

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SVILUPPO DEI FARMACI

TAPPE NELLA SPERIMENTAZIONE Dopo la formazione di un composto guida con risultati soddisfacenti in vitro, si inizia la sperimentazione animale alla ricerca di efficacia, selettività e meccanismo d’azione. Non tutti i modelli animali sono disonibili Selettività: un anticorpo monoclonale riconosce l’antigene che sto cercando dell’organo target, ma quell’antigene può essere presente anche in altri organi (oltre ai problemi di cross-reattività). Questo è l’esempio della tossicità cardiaca dei farmaci per il tumore della mammella. La selettività è chimica (reazio-ne antigene-anticorpo eccellente), ma non farmacologica. Meccanismo d’azione: per prevedere e prevenire effetti collaterali. La sperimentazione su animali continua anche durante i trial clinici per avere informazioni sull’uso a lungo termine (10 anni). Gli studi preclinici di tossicità permettono di definire delle “stime di tossicità”: - dose senza effetto: massima dose alla quale non compare uno specifico effetto tossico - dose minima letale: dose più bassa che provoca la morte di qualsiasi animale - dose media letale (DL50): dose che provoca la morte nel 50% degli animali trattati Queste dosi vengono utilizzate per calcolare le dosi da sperimentare nell’uomo, generalmente dividendo la dose senza effetto negli animali di 1/10 o 1/100. Fattori confondenti nella sperimentazione clinica: - variabilità della storia naturale della malattia - presenza di altre malattie e fattori di rischio - pregiudizi (bias) del medico e del pz (i pz tendono a rispondere in modo positivo a qualunque intervento terapeutico quando proposto in modo positivo; questa risposta placebo comprende modifiche fisiologiche e biochimiche oggettive e sensazioni sintomatiche soggettive; c’è anche una tossicità da placebo, chiamata effetto nocebo, caratterizzata da tutti disturbi soggettivi come mal di pancia, insonnia, sedazione. Le bias possono essere ridotte mediante l’uso di disegni sperimentali a singolo cieco o a doppio cieco)

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FASE 1: prima sperimentazione sull’uomo, in 15-30 volontari o sani. Normalmente si effettuano in pz sani poiché l’obiettivo della fase 1 è quello di dimostrare la sicurezza del farmaco, e non l’efficacia. In caso di farmaci per patologie speciali (tumore, HIV) a causa dei numerosi effetti collaterali previsti (caduta dei ca-pelli, inibizione midollare,…), la sperimentazione non può essere effettuata in volontari sani ma solo su pz. La fase 1 permette di stabilire la farmacocinetica (modalità di viaggio, eliminazione, trasformazioni,…); non serve a stabilire l’efficacia, ma solo la sicurezza del farmaco. Le dosi somministrate sono molto basse (1/10 o 1/100, oltre alle relative proporzioni sulle dimensioni dei soggetti, della dose “senza effetto” nelle speri-mentazioni animali. Queste dosi molto basse permettono di valutare la farmacocinetica, perché la concen-trazione che raggiunge il farmaco in circolo è troppo bassa per avere una qualche efficacia. La fase 1 è condotta in “open”, cioè sia i ricercatori sia i pz conoscono cosa viene somministrato. FASE 2: in 50-100 pz malati, per ricercare segni di efficacia del farmaco. Ad esempio, per un antipertensivo, è importante vedere se c’è la caduta pressoria, in quanto tempo avviene, se ci sono crisi ipotensive, ecc. La fase 2 è condotta in “single blind” (con placebo o farmaco di riferimento). La fase 2 ha la più elevata fre-quenza di insuccessi e solo il 20% dei farmaci prosegue alla fase 3. FASE 3: in 1500-2000 pz malati, in “double blind”, per dimostrare che il farmaco sperimentale funziona me-glio del farmaco standard (controllo positivo). E’ importante che ci sia questo criterio di “superiorità” al fine di portare significativi sviluppi sul mercato ed evitare le preparazioni molto simili tra loro. In passato basta-va che il nuovo farmaco funzionasse “almeno quanto” il controllo; questo criterio si utilizza ancora solo se il farmaco nuovo ha un numero minore di effetti collaterali rispetto al controllo (ugualmente attivo ma meno tossico). Normalmente i trial di fase 3 prevedono una struttura a doppio cieco, e il farmaco è sintetizzato in modo esattamente uguale a quella che sarà la preparazione da banco. FASE 4: la fase 4 consiste nel controllo del farmaco quando è immesso sul mercato, con il numero massimo di pz, nelle reali condizioni d’uso. E’ importante un sistema di segnalazione accurato per registrare casi di tossicità rari (questi effetti rari di tossicità, siccome interessano meno di 1/10000 pz, possono essere valu-tati solo in fase 4, indipendentemente dall’accuratezza degli studi precedenti, per questioni numeriche). Dopo 20 anni (periodo di validità del brevetto) qualunque ditta può produrre il farmaco, presentando una NDA-abbreviata e dimostrando l’equivalenza del prodotto generico con il prodotto di marca. La fase 1 richiede circa 1 anno (100.000 $), la fase 2 richiede circa 2-3 anni (1.000.000 $), la fase 3 richiede almeno 5-6 anni (+ 50.000.000 $). Il costo del farmaco ammortizza le spese di tutte queste sperimentazioni, e anche di quelle precedenti che non sono andate a buon fine, in quanto il numero di composti guida per una determinata sperimentazione è circa 1000; circa 6-7 composti iniziano la sperimentazione animale, e forse verrà sviluppato 1 nuovo farmaco (NCE, new chemical/molecular entities). Questa restrizione permette di introdurre nel mercato solo farmaci concettualmente nuovi; il problema è l’aumento dei costi di sperimentazione. Per commercializzare un farmaco nel 1975 bastavano 200.000 $, mentre oggi servono almeno 1.000.000.000 $. Quindi il costo di produzione del farmaco è aumentato mol-to, mentre il numero di nuovi farmaci è diminuito. Il farmaco generico per essere commercializzato deve rispettare dei requisiti di bioequivalenza (principio attivo, posologia, forma farmacologica, via di somministrazione, indicazioni terapeutiche) rispetto al farma-co di marca. Si possono verificare reazioni di ipersensibilità: non sono dovute a eccipienti diversi (maltosio invece che glucosio), ma a differenze nei processi di preparazione del principio attivo (impurezze). I farmaci utilizzati per le patologie rare (farmaci “orfani”) possono essere di difficile individuazione e svilup-po, perché devono essere dimostrate la sicurezza e l’efficacia di questi composti in popolazioni ridotte (la sperimentazione sui bambini è molto limitata per motivi etici e legali, ma molte malattie rare colpiscono proprio i bambini). Inoltre, a causa della scarsa conoscenza delle malattie rare, i bersagli razionali (potenzia-li target farmacologici) sono pochi.

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ATTRITI La diminuzione del numero di composti nel corso della sperimentazione è dovuta ad “attriti” che ne dimi-nuiscono il numero. Questi attriti causano il rallentamento o l’arresto dello sviluppo del farmaco, e portano ad un aumento dei costi di sviluppo (in quanto un farmaco bloccato in fase 3 ha richiesto un investimento molto maggiore di uno in fase 1); è necessario quindi trovare subito gli eventuali attriti. Gli attriti vengono trovati in ogni fase, anche se avviene un imbottigliamento enorme tra lo studio in vitro e la sperimentazione animale. Le cause principali di attrito sono: - inefficacia (25%) (=> FASE 0) - problemi di sicurezza (15%) (tossico, richiede un uso molto complesso e non porto avanti la ricerca) - tossicità nella valutazione preclinica (20%) (funziona ma è tossica nell’animale; porto avanti la sperimenta-zione cambiando la struttura del farmaco per cercare di ridurre la tossicità nell’animale) FASE 0: gli studi di fase zero sono studi clinici che permettono di valutare rapidamente l’efficacia del farma-co. In questi studi non viene valutata la farmacocinetica (che è oggetto degli studi di fase 1), ma viene di-mostrato se il farmaco agisce sul proprio bersaglio molecolare (efficacia molecolare). Bisogna dimostrare che il farmaco entra e si distribuisce con una concentrazione sufficiente per interagire con il proprio bersaglio molecolare; la mancanza di efficacia o la tossicità possono dipendere da una bassa concentrazione del farmaco dovuta ad un modo di distribuzione inefficace. Se il farmaco interagisce con il suo bersaglio molecolare, lo studio continua in fase 1. Se il farmaco non inte-ragisce, lo studio si ferma (“no go”) (ho queste informazioni subito invece che in fase 2 o fase 3). La fase 0 è una “proof of concepts”, e bisogna dimostrare l’efficacia molecolare sul bersaglio (va valutato il concetto meccanicistico del farmaco, e non l’effetto sulla patologia sistemica). Viene eseguito uno studio su 10-15 pz che vengono divisi in gruppi di dose; il farmaco viene somministrato una sola volta (è impossibile vedere manifestazioni sistemiche o macroscopiche, ma sono presenti alterazioni ematiche correlate). Ad esempio, l’enzima PAR è importante per la crescita tumorale, ed è presente anche nei neutrofili. Doso l’enzima ematico prima o dopo la somministrazione del farmaco (l’enzima è il target). Dimostro un pattern dose-dipendente di inibizione dell’attività enzimatica (l’enzima è quello dei neutrofili, ma se diminuisce si-gnifica che anche l’enzima tumorale diminuisce, e quindi il farmaco ha target molecolare accurato). L’unico problema è che posso aver sopravvalutato il bersaglio sullo sviluppo del tumore (cioè inibisco una pathway non determinante per lo sviluppo tumorale). Questo errore non dipende dalle caratteristiche del farmaco, ma dalla conoscenza su quel determinato tumore. Il farmaco funziona su quel target, ma quel tar-get può non essere importante per il tumore (perciò è necessaria la fase 2, per l’efficacia sistemica). “target valido”: ho informazioni sufficienti per dimostrare che quel bersaglio è coinvolto nel generare il quadro patologico studiato, e non è importante nei tessuti normali; lo colpisco e ho efficacia senza tossicità

CARATTERISTICHE TIPICHE DELLE VARIE FASE DEI TRIAL CLINICI FASE 1

la prima nell’uomo FASE 2

la prima sul pz FASE 3

trial multi-centro FASE 4

post-marketing

10-100 pz 50-500 pz fino a 5000 pz +10.000 pz (mercato)

soggetti sani (pz neoplastici)

soggetti sani e malati soggetti malati pz in trattamento

open randomizzato, controllo positivo o placebo; blind

randomizzato, controllo positivo; double-blind

open

sicurezza tollerabilità

efficacia ricerca della dose

conferma di efficacia eventi avversi, complican-

ze, interazioni

6 mesi – 1 anno 1-2 anni 3-5 anni ND

$10 milioni $20 milioni $100 milioni -

successo: 50% successo: 30% successo 25-50% -

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INNOVAZIONE E IMPORTANZA DEL BERSAGLIO IN FASE PRE-CLINICA 1) identificazione del bersaglio (revisione della letteratura, interpretazione dei fenotipi murini knock-out, modelli molecolari, studi in vivo / in vitro / in silico)

bersaglio fenotipo KO farmaco indicazione

catepsina K osteopetrosi inibitori di catepsina K osteoporosi

topoisomerasi III invecchiamento precoce inibitori di topoisomerasi antineoplastico

β-secretasi diminuzione β-amiloide inibitori di secretasi Alzheimer

Meccanismo di tossicità degli inibitori selettivi della COX2 (coxib)

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2) valutazione del clinical candidate (studi di 1°-2°-3° livello in vitro e in vivo, studi struttura-attività QSAR, formulazione farmaceutica) Studi di 1° livello (subcellulare), 2° livello (cellulare), 3° livello (tissutale), in vivo (topo, ratto, coniglio, cane, maiale, scimmia). I modelli animali sono disponibili per studi selettivi (per studi su ipertensione vengono utilizzati i tipo del ceppo “Milano”). La formulazione farmaceutica deve evitare reazioni di ipersensibilità. Tassotere: ha formulazione oleosa, spesso causa reazioni di ipersensibilità o altera gli altri farmaci 3) sicurezza preclinica (tossicità acuta-subacuta-cronica, tossicità on/off target Tossicità acuta: somministro dosi singole di farmaco, in concentrazione crescente nei vari soggetti, fino a vedere la morte dell’animale. Utilizzo due vie di somministrazione (una è quella che poi verrà usata dall’uomo). Permette di trovare la DL50 (dose letale 50, dose che causa la morte nel 50% dei soggetti) e la MTD (massima dose tollerata). Tossicità subacuta / cronica: somministro il farmaco per 10-14 gg o 2 anni; le dosi ripetute simulano l’uso prolungato. Utilizzo la via di somministrazione analoga all’uomo, in due animali diversi. Gli studi di tossicità subacuta permettono di vedere gli organi più sensibili alla tossicità, mentre gli studi di tossicità cronica hanno carattere traslazionale (prevedere gli effetti a lungo termine). La curva gaussiana rappresenta la percen-tuale di animali che rispondono ad una de-terminata dose (animali che hanno risposto a quella dose). La curva sigmoide rappre-senta la percentuale cumulativa di animali che rispondono fino ad una determinata dose (animali che hanno risposto fino a quella dose). La efficacia e la tossicità spesso dipendono dalle dosi. Per dosi più basse prevale l’efficacia, mentre per dosi più alte prevale la tossicità, quindi possono essere rappre-sentate sullo stesso grafico.

INDICE TERAPEUTICO = LD50 / ED50

Un indice terapeutico alto significa (teoricamente) che il farmaco è sicuro, in quanto la dose letale è molto distante dalla dose efficace. I farmaci con basso indice terapeutico (salvavita: digitale, warfarin) hanno bi-sogno di un monitoraggio plasmatico molto stretto, per il rischio di tossicità acuta. Paradossalmente, alcuni farmaci hanno un indice terapeutico molto alto in condizioni normali, ma hanno tossicità elevatissima in condizioni particolari (talidomide in gravidanza); per questo è necessaria la farmacovigilanza (fase 4).

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Passaggio di dose tra studi preclinici e studi clinici NOAEL (no adverse effect level): dose massima di farmaco che somministrata ripetutamente non ha nessun effetto avverso (nessun morto). Dal NOAEL della specie più sensibile si estrapola il bioequivalente per l’uomo (HED, human equivalent dose), tramite fattori di conversione specifici. La quantità di farmaco per la fase 0 è 1/50 del NOAEL. Per la dose di fase 1 si calcola il MRSD. MRSD (maximum recommended safety dose): dose massima raccomandata per iniziare lo studio di fase 1; è un calcolo di rischio tossicologico, e viene diviso lo HED per un fattore di sicurezza (FdS). Questo FdS può essere 10 per i farmaci meno tossici, oppure 100 per i farmaci con presunta tossicità (antitumorali). MRSD = HED / FdS

Questo fattore di sicurezza è dovuto alla differenza dei metabolismi tra uomo e animale, che rende quindi impossibile prevedere tutti gli effetti tossici. Questi casi di “tossicità inaspettata” non sono dovuti al farma-co in sé, ma ad un suo metabolita (che viene formato in minima quantità negli animali e quindi non causa effetti indesiderati) (c’è differenza tra i sistemi enzimatici e metabolici nell’uomo e nell’animale). Alcuni farmaci sono stati ritirati dal commercio per questa tossicità inaspettata: - flosequinan (vasodilatatore diretto): il metabolita è 2 volte più presente nell’uomo; cardiotossico - bromfenac (FANS): il metabolita non è presente nel ratto; epatotossico

Per cercare di evitare questi effetti, inoltre, si è apportato un miglioramento all’indice terapeutico, il MOS. MOS (margin of safety, margine di sicurezza): distanza che separa un parametro di efficacia (ED80) ed un parametro di sicurezza (NOAEL). E’ un miglioramento dell’indice terapeutico, in quanto è più restrittivo per-ché considera un maggiore livello di efficacia (ED80 invece che ED50) e un minore livello di tossicità (NOAEL invece che LD50). Analogamente all’I.T., un MOS alto indica un farmaco più sicuro. I.T. = da ED50 a LD50 (da efficace per il 50% a letale per il 50%) MOS = da ED80 a NOAEL (da efficace per l’80% a letale per il 0%)

INDICE TERAPEUTICO = LD50 / ED50

Margin Of Safety = NOAEL / ED80 oppure LD1 / ED99

è meglio un MOS maggiore la differenza tra dose efficace e dose tossica è più ampia, e posso controllare meglio il pz

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FARMACODINAMICA Farmacodinamica: come un farmaco riesce a esercitare il suo effetto sul pz (farmaco → organismo) Farmacocinetica: come un farmaco è modificato dall’organismo (organismo → farmaco) Il farmaco è una molecola che somministrata al pz dà una risposta diversa da quella fisiologicamente attesa (cioè induce dei cambiamenti nell’omeostasi corporea, atti a superare o migliorare un quadro patologico). Per agire il farmaco deve avere una risposta farmacologica, cioè deve legarsi ad un bersaglio. Esistono an-che farmaci che non si legano a nessun bersaglio, ma per agire utilizzano processi chimici: - antiacidi, basi deboli che neutralizzano chimicamente l’acidità gastrica - lassativi (diuretici osmotici), sostanze osmoticamente attive che richiamano liquidi nel lume - acqua ossigenata, che causa la formazione di ROS a scopo antibatterico

SPECIFICITA’ DEI BERSAGLI La specificità è la capacità del farmaco di legarsi al bersaglio in modo reciproco: il farmaco deve riconoscere il bersaglio e il bersaglio deve essere riconosciuto solo da una determinata classe di farmaci. La L-angiotensina-2 è un peptide importante per la regolazione pressoria e riconosce determinati recettori posti sulla muscolatura liscia e sui tubuli renali, ma non riconosce recettori su altri tipi di muscolatura. Inol-tre i recettori riconoscono solo la L-angiotensina-2 (l’isomero D non ha effetto).

Interazione con bersagli differenti (effetto collaterale). I farmaci devono essere specifici, ma la specificità non è assoluta; l’aumento della dose determina l’interazione con altri bersagli, diversi dal bersaglio prima-rio, provocando la comparsa di effetti collaterali. Gli antidepressivi triciclici (MAO-inibitori) inibiscono le monoaminossidasi, limitando il re-uptake dei neuro-trasmettitori come la serotonina, provocando l’effetto antidepressivo; questi farmaci però riconoscono an-che i recettori muscarinici, provocando gli effetti collaterali tipici degli antidepressivi (offuscamento visivo, stipsi, secchezza delle fauci, ritenzione urinaria).

Interazione con gli stessi bersagli in organi differenti (effetto complementare). A volte un farmaco può inte-ragire con lo stesso tipo di recettore in due parti differenti dell’organismo (non è un effetto collaterale, per-ché il bersaglio è giusto) e quindi lo stesso farmaco esercita effetti diversi (due indicazioni terapeutiche). Il tamoxifene è utilizzato contro il tumore della mammella (ER+) in quanto è antagonista del recettore degli estrogeni e quindi impedisce la crescita del tumore mammario. Inoltre interagisce con gli stessi recettori che si trovano nel tessuto osseo, come agonista, e viene utilizzato per la prevenzione dell’osteoporosi.

Legame farmaco-recettore: - interazione irreversibile => il farmaco si lega covalentemente al recettore (esteri organofosforici – AchE) - interazione reversibile => il farmaco si lega con legami deboli (ionici, idrogeno, idrofobici, Van der Waals) E’ importante per il controllo dell’azione del farmaco che il legame sia reversibile e specifico.

Metodi di studio: - curve dose-risposta: valutazione del fenomeno, specificità farmacologica del recettore, natura e potenza di agonisti ed antagonisti - interazione diretta farmaco-recettore: valutazione dell’interazione tra un ligando marcato radioattiva-mente ed una preparazione contenente il recettore; determinazione delle caratteristiche dell’interazione, localizzazione cellulare dei recettori, identificazione di sottoclassi recettoriali - biologia molecolare: isolamento, purificazione o clonaggio dei recettori; informazioni dettagliate sulla struttura e localizzazione (altamente costoso e complesso)

Recettori riserva: recettori che non vengono occupati; l’agonista ha attività massima utilizzando pochi re-cettori, e gli altri sono “riserva”; il cuore ha un numero abbondante di recettori riserva β-adrenergici, che permettono di aumentare la frequenza con stimolo adrenergico anche se il pz prende beta-bloccanti. Somministrando inizialmente un antagonista e poi un agonista, se la somministrazione dell’agonista causa un effetto farmacologico significa che o l’antagonista è reversibile o l’agonista ha usato i recettori riserva.

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CLASSIFICAZIONE DEI BERSAGLI - recettori di trasduzione del segnale: funzionano tramite secondi messaggeri endogeni; il farmaco può funzionare da agonista, aumentando la risposta farmacologica, o da antagonista, bloccando il recet-tore e azzerando l’effetto a valle. Può anche esserci una risposta parziale, data dagli agonisti parziali. Il recettore colinergico nicotinico della placca motrice è attivato dalla nicotina (agonista) e inattivato dalla tubocurarina (antagonista). La somministrazione di agonisti puri (morfina, eroina) può causare reazioni troppo eccessive; vengono quindi preferiti gli agonisti parziali, che riducono gli effetti collaterali dovuti all’attività neurovegetativa. - canali ionici: glicoproteina trans-membrana che permette o non permette l’ingresso di ioni nella cel-lula. I farmaci agiscono inserendosi nel canale e bloc-cando fisicamente l’apertura (lidocaina sul canale del sodio) o possono agire come modulatori, aumentan-do o diminuendo il tempo e la frequenza di apertura o di chiusura del canale ionico (i barbiturici causano aumento del tempo di apertura del ClGABA; le benzodiazepine causano aumento della frequenza di apertura del ClGABA; in entrambi i casi si ha iperpolarizzazione della membrana per aumento della conduttanza del cloro che sposta il potenziale di membrana verso il potenziale di equilibrio del cloro, con effetto anticonvul-sivante) *l’attivazione o il blocco dipendono dal sito catalitico, la modulazione dipende dal sito accessorio) - enzimi: l’enzima riconosce il farmaco come simile al ligando endogeno e lo accetta nel sito catalitico; il farmaco può agire anche sul sito allosterico modu-lando l’attività. L’inibizione può essere reversibile (competitiva) o irreversibile (non competitiva, allo-sterica). Gli enzimi vengono inibiti perché il farmaco è un substrato che non permette la normale tra-sformazione operata dall’enzima o il farmaco causa la produzione di metaboliti anormali che rallentano le vie metaboliche a valle. Alcuni farmaci utilizzano gli enzimi per attivarsi da pro-farmaco a farmaco, acqui-sendo caratteristiche più adatte per raggiungere l’organo bersaglio. L’enzima DHFR (di-idro-folato-reduttasi) è coinvolto nella sintesi delle purine, viene inibito dal metotrexate (che è utilizzato quindi per i tumori della mammella, ma anche per la psoriasi e l’artrite reumatoide a dosi più basse) (il metotrexate causa la morte della linea cellulare per mancata sintesi del DNA, con difetto nella replicazione delle stami-nali locali; il trattamento con antitumorali causa sindromi gastrointestinali in quanto l’epitelio intestinale a rapido turnover è molto sensibile all’inibizione, causando una enteropatia arigenerativa). L’ACE-inibitore enalapril viene trasformato nel farmaco attivo enalaprilato; la levodopa passa la barriera ematoencefalica e raggiunto il SNC è modificato ad opera di una decarbossilasi per diventare dopamina attiva. Quasi tutti i farmaci che agiscono su enzimi sono inibitori. - trasportatori: il farmaco può bloccare il trasporto (utilizzando il sito di legame catalitico o il sito accesso-rio) o agisce come falso substrato, causando l’accumulo di un composto anomalo. La pompa proto-nica gastrica (H+/K+-ATPasi) viene inibita dai PPI (ome-prazolo, lansoprazolo). La digitale inibisce la pompa sodio-potassio (Na+/K+-ATPasi) nei cardiomiociti, ridu-cendo il gradiente di sodio e quindi diminuendo la ca-pacità del contro-trasportatore sodio-calcio di elimina-re il calcio dalla cellula; quindi si avrà un accumulo di calcio nel cardiomiocita che porterà ad una maggiore forza di contrazione.

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INTERAZIONE FARMACO-RECETTORE Quando un farmaco incontra il recet-tore si forma un complesso farmaco-recettore (occupazione recettoriale) che dipende dalla affinità, cioè dalla capacità del farmaco di legarsi al proprio recettore. Se non c’è nessun tipo di risposta, il farmaco è antago-nista (il farmaco si lega ma non c’è risposta; in vivo si traduce non come mancanza di risposta, ma come bloc-co di un altro effetto). Se c’è attiva-zione recettoriale, il farmaco è un agonista del recettore. Marcando il farmaco radioattivamente, vedo se il farmaco si lega; la risposta la valu-to sulla base dell’effetto funzionale (se è presente o se è assente). affinità => capacità di un dato farmaco di legarsi ad una caratteristica classe di recettore efficacia (attività intrinseca) => capacità di attivare il recettore e dare una risposta farmacologica I ligandi vengono distinti in tre classi: - agonista completo: efficacia massima (risposta massimale) [efficacia 100%] - agonista parziale: efficacia intermedia (risposta sub-massimale) - antagonista: nessuna efficacia (blocco recettoriale => nessuna risposta) [efficacia 0%] POTENZA DI UN FARMACO Potenza: concentrazione necessaria per ED50. Sia il farmaco A che il farmaco B danno entrambi il 100 di risposta (agonisti completi); hanno quindi la stessa effi-cacia ma differisce la concentrazione con cui danno la risposta. La ED50 di A è 10-6 mentre la ED50 di B è 10-5 (B ha bisogno di una quantità di farmaco dieci volte mag-giore per avere lo stesso effetto di A). Il farmaco A è più potente del farmaco B perché necessita di concentrazio-ne più bassa per dare la stessa risposta. La potenza misu-ra la concentrazione di farmaco necessaria per ED50 (più la curva è spostata a sinistra, più il farmaco è potente). E’ importante somministrare un farmaco potente, in quan-to la dose è più bassa e quindi si avranno minori effetti collaterali dose-dipendenti. AGONISTI COMPLETI E AGONISTI PARZIALI Agonista completo => risposta massimale (efficacia 100%) (anche con occupazione recettoriale incompleta) Agonista parziale => risposta sub-massimale (efficacia < 100%) (anche con occupazione recettoriale completa) L’efficacia (capacità del farmaco di legarsi al recettore e dare una risposta) non dipende dalla occupazione recettoriale (per-centuale dei recettori utilizzati per legare il farmaco). L’agonista completo dà una risposta massimale occupando po-chi recettori (ci sono recettori di riserva), mentre l’agonista parziale anche quando occupa tutti i recettori disponibili (non ci sono recettori di riserva) non è in grado di dare una risposta massimale. La differenza è nell’attività intrinseca (efficacia) di un farmaco.

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Con un agonista completo, aumentare la dose oltre quella che mi dà l’effetto massimo è inutile in quanto non ho un aumento dell’effetto; ho solo maggiore occupazione recettoriale, e maggiori effetti collaterali. L’agonista parziale quindi non funziona di meno perché non lega il recettore, ma lega tutti i recettori con bassa attività intrinseca (bassa efficacia). E’ importante utilizzare farmaci agonisti completi in quanto la ri-dotta occupazione recettoriale permette un controllo migliore in caso di squilibrio (sia come antagonisti na-turali che farmacologici). L’occupazione recettoriale dipende dall’affinità: maggiore è l’affinità, meno far-maco occorre per occupare il recettore.

affinità <=> occupazione recettoriale, efficacia <≠> occupazione recettoriale efficacia <=> attività intrinseca del farmaco, efficacia <≠> potenza

efficacia: massimo dell’effetto raggiungibile, dipende dalle caratteristiche intrinseche potenza: concentrazione alla quale quel farmaco esercita il 50% della sua azione massima (ED50)

Classificazione degli antagonisti

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ANTAGONISTA COMPETITIVO (REVERSIBILE) Antagonista competitivo (sormontabile): il legame antagonista-recettore può avvenire sullo stesso si-to recettoriale dell’agonista e quindi le due mole-cole competono per un sito comune. E’ un antagonismo sormontabile, che diminuisce la potenza di un agonista somministrato successiva-mente lasciando inalterata l’efficacia (per un enzi-ma, è come se ci fosse un aumento di Km). Il farma-co si lega al recettore e non dà risposta farmacolo-gica in quanto blocca il legame dell’agonista (en-dogeno o esogeno) al recettore. Se il farmaco ago-nista si trova con l’antagonista, i due competono per il recettore e c’è comunque una attivazione da parte dell’agonista, in quanto non è spiazzato completamente; dosi crescenti di antagonista causano lo spostamento a destra della curva dose-risposta, in quanto serve una quantità maggiore di agonista per ave-re lo stesso effetto farmacologico. Se somministro l’antagonista ho bisogno di una dose maggiore di agonista per avere l’effetto farmacologico normale; c’è quindi spostamento a destra della curva dose-risposta, senza cambiamento di pendenza o ef-fetto massimale (l’efficacia è conservata, la potenza è diminuita). Questo antagonismo è utilizzato dal nalo-xone nei casi di overdose da morfina, e viene usato per ridurre molte attivazioni endogene. L’antagonismo competitivo ha quindi effetti solo solla potenza, ma non sull’efficacia. L’antagonista causa un aumento della ED50, perché l’aumento dell’agonista permette il superamento del blocco causato dall’antagonista. Questo antagonista non si lega irreversibilmente al recettore; se così fosse, ci sarebbero meno recettori di-sponibili per l’agonista (l’inibizione irreversibile non è competitiva) (l’inibizione competitiva è reversibile). ATTIVAZIONE COSTITUTIVA E AGONISTA INVERSO Un recettore può essere permanentemente attivo, anche in assenza del ligando (autoattivazione), spesso a causa della mutazione della porzione effettrice del recettore. Su questi tipi di recettore va ad agire l’agonista inverso, che si lega e riduce i livelli di attivazione del recettore, stabilizzando la forma non attiva. L’agonista inverso ha quindi efficacia negativa, in quanto riducono l’attivazione recettoriale (per gli agonisti c’è efficacia positiva, mentre per gli antagonisti c’è efficacia pari a zero). I recettori normalmente oscillano tra uno stato attivo e uno stato di riposo. Gli agonisti inversi si legano allo stato a riposo del recettore, sta-bilizzandolo nello stato inattivo e riducendo i livelli di attivazione costitutiva. Un ligando endogeno con caratteristiche di agonista inverso si trova nel tessuto nervoso; è il DBI (diazepam binding inhibitor), un peptide con proprietà ansiogene e anti-convulsivanti.

Modello “a due stati” dell’attivazione recettoriale

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Interazioni di un antagonista competitivo con agonisti normali e inversi

Se al recettore somministro agonista, raggiungo la risposta massima; aggiungendo un antagonista competitivo ho uno spostamento a destra della curva dose-risposta. Se al recettore somministro agonista inverso, si ha riduzione dell’attivazione costitutiva del recettore; aggiungendo un antagonista competitivo ho uno spostamento a destra della curva dose-risposta. Se al recettore somministro antagonista, non ho alcuna risposta; aggiungendo agonista o agonista inverso e aumen-tando la concentrazione dell’antagonista ho una riduzione dei livelli di attivazione nel caso dell’agonista normale e un aumento dei livelli di attivazione nel caso dell’agonista inverso. L’antagonista riporta a livello basale l’attivazione costi-tutiva del recettore, e l’attivazione costitutiva è aumentata in caso di agonista e diminuita nel caso di agonista inverso.

ANTAGONISTA NON COMPETITIVO (IRREVERSIBILE o ALLOSTERICO) Gli antagonisti non competitivi possono agire tramite lega-me irreversibile sul sito attivo oppure tramite legame su un sito allosterico che modifica le proprietà della molecola e rende inaccessibile il sito attivo all’agonista. Irreversibile: gli antagonisti possono legarsi attraverso le-gami covalenti creando una relazione irreversibile. La som-ministrazione di serotonina e dell’inibitore (metisergide) non causa lo spostamento a destra della curva (come acca-de per l’antagonista competitivo), ma ho un abbassamento della curva (è come se un enzima ha ridotto Vmax) (per l’antagonismo competitivo, è come se un enzima avesse aumentato Km). Allosterico: l’antagonismo non competitivo allosterico si manifesta quando il farmaco si lega ad un sito re-cettoriale diverso da quello per l’agonista; il legame antagonista-sito allosterico induce una variazione con-formazionale anche del sito recettoriale, non permettendo la normale interazione con l’agonista. La modu-lazione allosterica può anche bloccare un punto a valle della catena della risposta recettoriale, ad esempio bloccando i mediatori della risposta. Quindi l’antagonista non competitivo causa abbassamento della curva dose-risposta, quindi un abbassa-mento della risposta massimale; non è possibile superare l’effetto aumentando la concentrazione di agoni-sta, e quindi si ha riduzione dell’efficacia, mentre la potenza è inalterata (l’efficacia è diminuita, la potenza è conservata) (la potenza in valore assoluto diminuisce, ma è necessario sempre considerarla come concen-trazione necessaria al farmaco per esplicare il 50% della risposta massimale). Il taxolo è utilizzato nella terapia del tumore della mammella in associazione con le antracicline. Il taxolo at-traverso una modulazione allosterica funge da inibitore di enzimi che vanno a fare un metabolita tossico dell’antraciclina; l’antraciclina sarà sempre in grado di fare il metabolita, ma a velocità ridotta.

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DESENSIBILIZZAZIONE Per desensibilizzazione si intendono tre cause di riduzione dell’efficacia di un farmaco: - tachifilassi: spesso durante una terapia si osserva che l’effetto di un farmaco diminuisce gradualmente in seguito a somministrazioni continue e ripetute; tale diminuzione può evolvere fino alla scomparsa dell’effetto farmacologico. Si instaura rapidamente (minuti) e scompare altrettanto rapidamente alla so-spensione del trattamento, senza lasciare dipendenza. E’ una abitudine rapida al farmaco. - tolleranza: perdita graduale dell’effetto farmacologico in giorni o settimane, che lascia dipendenza; per sopprimere questo bisogno è necessaria una dose sempre crescente di farmaco per avere lo stesso effetto; può essere dovuta a riduzione dei recettori (farmacodinamica) o aumentato catabolismo (farmacocinetica) - resistenza: perdita di efficacia dovuta a meccanismi interni alla patologia (resistenza batterica)

Cause di desensibilizzazione: - alterazioni recettoriali (nei canali ionici può esserci incapacità di riconoscere l’agonista) - perdita di recettori (down-regulation dopo somministrazione ripetuta, come per adrenalina) - esaurimento dei mediatori (l’amfetamina causa svuotamento delle vescicole di catecolamine; se la dose è somministrata per lungo tempo, c’è riduzione del numero di vescicole, fino alla scomparsa) - aumento della degradazione metabolica (tipico per la tolleranza; la sostanza è metabolizzata più rapida-mente, come per gli alcol) - adattamento fisiologico (instaurazione o sviluppo di una via metabolica accessoria) - espulsione attiva del farmaco (tramite canali batterici MDR per le tetracicline)

Riassunto sulla farmacodinamica

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FARMACOCINETICA La farmacocinetica studia le azioni che l’organismo esercita sul farmaco, quindi permette di valutare le mo-dalità di ingresso del farmaco, la distribuzione, le trasformazioni (attivatorie o inibitorie) e l’eliminazione. Lo studio della farmacocinetica e della farmacodinamica permette di calcolare la dose standard da sommini-strare ad ogni pz, aggiustando il dosaggio in base ai parametri specifici (età, funzionalità renale,…).

La prima fase è l’assorbimento del farmaco, poi viene distribuito ai tessuti bersaglio. Le differenti modalità di assorbimento modificano la biodisponibilità del farmaco. Biodisponibilità: frazione di farmaco non modificato che raggiunge la circolazione sistemica dopo sommini-strazione. Un farmaco somministrato per via endovenosa (ev) ha biodisponibilità del 100%; gli altri modi di somministrazione riducono in modo maggiore o minore la biodisponibilità. Fattori che modificano la biodisponibilità di un farmaco assunto oralmente (per os): 1) natura lipofila o idrofila, più un farmaco è lipofilo più facilmente attraversa la membrana cellulare e vie-ne assorbito, più un farmaco è idrofilo più difficilmente passa la membrana lipidica 2) ionizzazione correlata al grado di acidità o basicità, un farmaco ionizzato è polare e causa legami deboli con acqua (idrosolubile) mentre un farmaco non ionizzato è apolare e non forma legami deboli con acqua (liposolubile) (una sostanza ionizzata è idrosolubile). Visto che quasi tutte le sostanze sono acidi o basi de-boli, il grado di ionizzazione dipende dal pH in relazione al pK: quando il pH è uguale al pK il 50% del farma-co è ionizzato e il 50% del farmaco è non ionizzato; se il pH è maggiore del pK la molecola dissocia; se il pH è minore del pK la molecola non dissocia per un acido, la forma ionizzata (idrosolubile) è la forma dissociata (RCOOH => RCOO- + H+) per una base, la forma ionizzata (idrosolubile) è la forma non dissociata (RNH3

+ => RNH2 + H+) aspirina (acido debole, pK 3.5) a livello gastrico (pH 2) non dissocia, è non ionizzata, liposolubile (facilmente assorbibile, passa in circolo) a livello plasmatico (pH 7.4) dissocia, è ionizzata, idrosolubile (non assorbibile, rimane in circolo) petidina (base debole, pK 8.6) a livello gastrico (pH 2), non dissocia, è ionizzata, idrosolubile (facilmente assorbibile, passa in circolo) a livello plasmatico (pH 7.4) non dissocia (anche se la percentuale della forma non dissociata diminuisce) La forma non ionizzata (liposolubile, apolare) è quella che passa le membrane e viene facilmente assorbita.

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Nel caso dell’aspirina (farmaco che si trova non dissociato a pH acido e dissociato a pH fisiologico), viene ionizzata e rimane intrappolata nel plasma. Tutto ciò che porta alla ionizzazione del composto, determina l’intrappolamento nel compartimento dove avviene la ionizzazione: ionizzare all’esterno della cellula signi-fica non fare entrare farmaco all’interno della cellula, altrimenti si accumula all’interno dei compartimenti cellulari. In ogni caso, il pH di un compartimento e il pK del farmaco non danno certezza sul fatto che un farmaco venga assorbito meglio in un compartimento piuttosto che in un altro. La penicillina ha un pK di 2.5-3 (come l’aspirina); quindi a pH gastrico non dovrebbe essere dissociata; inve-ce la penicillina si trova completamente dissociata in quanto va incontro a reazioni di decomposizione (per anni è stata disponibile solo per via ev, ora esistono delle penicilline gastro-resistenti). La levodopa utilizzata nella terapia del Parkinson è un altro farmaco che va incontro a decomposizione a li-vello gastrico; inoltre compete con gli aminoacidi della dieta per i meccanismi di trasporto intestinale; ven-gono quindi dispersi molti aminoacidi, e per evitare il malassorbimento la levodopa viene somministrata lontano dai pasti (o associata a dieta ipoproteica). Inoltre alcuni farmaci (come l’aspirina) vengono assorbiti a livello intestinale, quindi - farmaci che facilitano lo svuotamento gastrico, facilitano l’assorbimento di aspirina - farmaci che rallentano lo svuotamento gastrico, rallentano l’assorbimento di aspirina 3) effetto di primo passaggio, porta sempre a riduzione della biodisponibilità a causa della trasformazione epatica del farmaco che quindi riduce la quantità di composto non modificato presente in circolo. Un farmaco somministrato per os viene assorbito a livello intestinale e prima di raggiungere il circolo siste-mico viene trasportato tramite il sistema portale al fegato, dove subisce un metabolismo. Quindi la quantità di farmaco che arriva in circolo sarà sicuramente minore rispetto alla quantità di farmaco somministrata. Ovviamente, la trasformazione epatica può portare ad un aumento della potenza del composto (trasforma-zione da pro-farmaco a farmaco) o ad una riduzione/assenza della potenza del composto. Nel caso di un fegato cirrotico, si ha apertura delle anastomosi porto-cavali, con passaggio diretto nel circo-lo periferico; il minore effetto di primo passaggio porta ad una quantità maggiore di farmaco inalterato nel plasma (la cirrosi epatica causa aumento della biodisponibilità dei farmaci somministrati per os). Inoltre bisogna considerare che alcuni farmaci subiscono un circolo entero-epatico, che può durare diversi giorni e quindi diminuire drasticamente la quantità di farmaco in circolo.

Vie di somministrazione: biodisponibilità e caratteristiche generali via di somministrazione biodisponibilità (%) caratteristiche

endovenosa (IV) 100 rapido e diretto

intramuscolare (IM) 75-99 grandi volumi, dolorosa

sottocutanea (SC) 75-99 modesti volumi

orale (PO) 5-99 comoda, primo passaggio

rettale (PR) 30-99 minore primo passaggio

inalatoria 5-99 rapido, primo passaggio polmonare

transdermica 80-99 molto lento, NO primo passaggio

sottolinguale 90-99 molto rapido, NO primo passaggio

Somministrazione rettale => primo passaggio dovuto alle vene emorroidarie superiori Somministrazione inalatoria => “primo passaggio polmonare”. I fattori che promuovono l’assorbimento so-no l’ampiezza della superficie totale del sistema broncoalveolare e l’ingente vascolarizzazione polmonare; il farmaco però viene anche trattenuto dalla mucosa delle fauci o viene deglutito (soprattutto nei bambini, per questo sono disponibili dei corticosteroidi per l’asma che se ingeriti vengono distrutti nello stomaco); alcune sostanze (cocaina) vengono inalate e attraversano la lamina cribrosa dell’etmoide, con azione rapida e diretta sul sistema nervoso centrale.

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A: il nostro organismo è come un contenitore chiu-so con la circolazione sistemica; somministrando il farmaco si ha un veloce aumento della concentra-zione fino ad arrivare ad un plateau stabile nel tem-po. Se questa condizione fosse reale, i farmaci sa-rebbero perennemente in circolo, dando tossicità. B: siccome l’organismo è dotato di numerose via di eliminazione dei farmaci (urine, feci, sudore), le vie di eliminazione sono analoghe ad un rubinetto aperto; somministrando un farmaco si ha un picco inferiore e poi una graduale discesa della concen-trazione nel tempo; questo fa capire come sia diffi-cile mantenere la concentrazione di un farmaco co-stante nel tempo (come per il trattamento di una patologia cronica). C: il farmaco si disperde nei compartimenti extrava-scolari, rappresentati da un altro contenitore che è in comunicazione con il primo, con il rubinetto chiu-so. La concentrazione sale in modo graduale, non perché c’è fuoriuscita di liquido ma perché il liquido viene distribuito tra i due compartimenti; successi-vamente per il principio dei vasi comunicanti si rag-giunge un equilibrio tra i vasi, visto che il sistema è chiuso perché il rubinetto è chiuso. D: l’organismo è un sistema aperto pluricompari-mentale; la concentrazione sale lentamente e scen-de senza plateau; la discesa in questo caso è poco rapida in quanto c’è un continuo riequilibrarsi tra i due compartimenti. ENTITA’ DELLA ESPOSIZIONE SISTEMICA AD UN FARMACO (PLASMA EXPOSURE) => AUC (area under curve)

Nel grafico AUC viene plottata la concentrazio-ne ematica di farmaco nel tempo, e permette di seguirne l’andamento temporale del metaboli-smo. Il farmaco A è assunto IV, il farmaco B è assunto IV ed è dimezzato rispetto al farmaco A; il farmaco C è assunto PO. La differenza tra la concentrazione terapeutica (TC) e la concentra-zione tossica è l’indice terapeutico. La AUC di un farmaco somministrato IV è mag-giore di un farmaco somministrato PO. La velocità di ascensa di concentrazione di un farmaco IV è maggiore di un farmaco PO. E’ importante non avere una concentrazione che superi quella tossica, quindi per questa somministrazione è necessario utilizzare il far-maco C, in quanto è l’unico che raggiunge la concentrazione target e non quella tossica.

toxic

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VOLUME DI DISTRIBUZIONE (Vd): indice dello spazio disponibile all’interno dell’organismo nel quale si può distribuire un farmaco; dipende dalle caratteristiche del farmaco e da quelle dell’organismo ospite.

Plasma = 3 L, molecole che si legano alle proteine plasmatiche Liquidi intracellulari = 25-28 L, per piccole molecole non legate a proteine Liquidi extracellulari = 10-13 L, per grandi molecole non legate a proteine Quindi per un pz sano di 70 kg, abbiamo circa 43-44L / 70kg, cioè un volume di distribuzione di 0,6-0,7 L/kg. per farmaci idrofili => plasma + fluidi intra/extracellulari => Vd ≤ 0,7 L/kg per farmaci lipofili => plasma + fluidi intra/extracellulari + tessuti periferici (grasso) => Vd > 0,7 L/kg I farmaci idrofili hanno un volume di distribuzione leggermente inferiore a questo limite massimo; sono farmaci che si legano all’albumina, e quindi i pz con insufficienza epatica hanno due problemi: manca l’effetto di primo passaggio e il volume di distribuzione può aumentare improvvisamente per ipoalbumi-nemia; sarà quindi necessario utilizzare una via di somministrazione infusionale (i segni di femminizzazione del pz epatopatico sono dovuti all’incapacità di catabolizzare gli estrogeni). Gli aminoglicosidi hanno un Vd di 0,2 L/kg. I farmaci lipofili hanno un volume di distribuzione molto elevato, perché si distribuiscono anche nella massa grassa. La digitale ha un volume di distribuzione di 6 L/kg. Se Vd > 1 L/kg c’è rischio di tossicità, in quanto il farmaco rimane molto nei tessuti. Calcolo del volume di distribuzione => Il Volume di distribuzione è il rapporto tra la quantità di farmaco somministrato e la concentrazione nel compartimento centrale (sangue). Somministro 500 µg di digossina; nel plasma trovo una concentrazione di 0,7 ng/mL. Il volume di distribu-zione è 500.000 / 0,7 = 714 L. Questo valore è il volume totale della distribuzione. Se il pz pesa 70 kg, calco-lo 714 / 70 = 10 L/kg (farmaco lipofilo, si trova anche in altri compartimenti oltre al sangue). Se diminuisce il compartimento extravascolare (cachessia), il volume di distribuzione è molto ridotto. Se il pz è epatopatico, oltre alla assenza dell’effetto di primo passaggio (per shunt porto-cavali e per ridotta funzionalità epatica) e all’aumento nel volume di distribuzione dovuta all’ipoalbuminemia, ci possono esse-re ulteriori compartimenti periferici (ascite) che aumentano il volume di distribuzione.

MODELLI DI DISTRUBUZIONE MONOCOMPARTIMENTALE

BICOMPARTIMENTALE

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Utilizzando il modello bicompartimentale, analizzando la concentrazione plasmatica nel tempo si ottengono due linee (andamento difasico): inizialmente si ha una veloce distribuzione di farmaco tra i due comparti-menti, e poi si ha una lenta eliminazione del farmaco (l’eliminazione è più lenta rispetto al modello mono-compartimentale). Questo permette di capire il ruolo dell’emodialisi: se si deve rimuovere un farmaco che ha distribuzione monocompartimentale, la cui concentrazione plasmatica dipende solo dall’eliminazione, basterà qualche ora. Al contrario, se il farmaco ha distribuzione multicompartimentale, l’emodialisi risulta quasi inutile per-ché l’eliminazione è lentissima a causa del continuo riequilibrarsi dei compartimenti, e la concentrazione del farmaco rimarrà elevata per molto tempo. Ci sono alcuni farmaci (barbiturici) che se non fossero metabolizzati darebbero una curva piatta (la concen-trazione rimane costante nel tempo, in quanto il volume di distribuzione è molto alto); somministrandola ad un pz che non è in grado di metabolizzarli, l’emivita sarebbe di oltre un anno. La concentrazione di picco plasmatico (Ct0) è inversamente proporzionale al volume di distribuzione (Vd) L’area sotto la curva (AUC) è direttamente proporzionale al volume di distribuzione (Vd). Sia nel modello monocompartimentale che in quello multicompartimentale la quantità di farmaco sommi-nistrata è la stessa ed è destinata a diluirsi, ma nel modello multicompartimentale si diluisce maggiormen-te, in quanto ha anche altri compartimenti in cui diffondersi. Quindi la concentrazione del compartimento centrale misurata a tempo zero (concentrazione di picco) è minore nel sistema multicompartimentale, a causa del maggiore volume di distribuzione. E’ importante considerare il volume di distribuzione soprattutto nei farmaci che hanno una attività propor-zionale al picco plasmatico; ci sono anche farmaci la cui attività non è correlata con la concentrazione di picco ma con l’area sotto la curva (AUC), ed anche in questo caso bisogna considerare il volume di distribu-zione in quanto l’AUC è direttamente proporzionale al volume di distribuzione (i compartimenti ritardano l’eliminazione del farmaco, e quindi lo stesso farmaco è presente per più tempo in circolo). DOSE DI ATTACCO (DA): è la dose per la prima somministrazione del farmaco; deve considerare il volume di distribuzione, in quanto il Vd specifica quanto farmaco può disperdersi nei vari compartimenti. Maggiore è il Vd, più farmaco si disperderà, maggiore sarà la dose da somministrare per raggiungere la concentrazione terapeutica (concentrazione target). Il volume di distribuzione viene calcolato come sopra; la concentrazio-ne target è un risultato degli studi pre-clinici (su animali). Calcolo della dose di attacco => DA (dose di attacco), Vd (volume di distribuzione), Ct (concentrazione target) La dose di attacco attualmente è utilizzata per anestetici, antibiotici, chemioterapici e alcune terapie car-diovascolari (digitale). La dose di attacco è anche dipendente dal tempo che viene impiegato per sommini-strare il farmaco: una somministrazione “in bolo” (tutta la dose insieme) è più rapida e porta a concentra-zioni plasmatiche inizialmente più alte rispetto ad una somministrazione ad infusione lenta.

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CLEARANCE DEL FARMACO Una volta raggiunta la concentrazione target con una opportuna dose di attacco, si ha il problema dell’eliminazione del farmaco somministrato. Il concetto di eliminazione è strettamente collegato al concet-to di clearance. Generalmente ci interessa la clearance ematica (plasma + globuli rossi). Clearance (mL/min): volume di fluido purificato nell’unità di tempo; capacità di ripulire il plasma da una so-stanza nell’unità di tempo; velocità di eliminazione / concentrazione del farmaco Clearance renale dell’urea: CLrenale = carico escreto / concentr. plasmatica, carico escreto = flusso urinario x concentr. urinaria [urea]p = 26 mg / 100 mL, [urea]u = 18,2 mg/min, CLrenale = 18,2 / 26 = 70 mL/min La clearance avviene in ogni organo: renale, epatica, surrenale, polmonare, plasmatica,… La clearance sistemica (body clearance) è il volume di sangue complessivamente ripulito da una sostanza nell’unità di tempo considerando tutti gli organi emuntori (è la somma delle singole clearance d’organo). La clearance renale può essere assimilata alla clearance sistemica se il farmaco ha almeno il 90% di escre-zione renale. Se l’escrezione renale è minore del 90%, bisogna calcolare la clearance sistemica come somma di tutte le clearance d’organo (somma delle singole clearance). Per ogni organo, la clearance si calcola conoscendo il flusso di sangue in quel determinato organo (perfu-sione d’organo, Q) e la concentrazione arteriosa e venosa (Ca, Cv). L’indice di estrazione (E) è la capacità dell’organo di eliminare il farmaco dal circolo.

A livello epatico l’indice di estrazione (e quindi la clearance) può essere alterata da: - cirrosi micronodulare (alterazione della perfusione da aumento delle resistenze dovuto a fibrosi) - alterazione dei meccanismi epatici di captazione del farmaco (deficit di trasportatori o di enzimi) Quindi l’indice di estrazione è l’espressione della funzionalità intrinseca dell’organo; la clearance, invece, non indica necessariamente la funzionalità dell’organo. Ci può essere una riduzione della clearance epatica anche con un normale indice di estrazione, ma con una riduzione del flusso ematico epatico (aterosclerosi). Nel caso dei fegato, si dovrebbero considerare due clearance, una per l’arteria epatica ed una per la vena porta. Nel caso della vena porta si ha un indice dell’effetto di primo passaggio da somministrazione orale o rettale, nel caso dell’arteria epatica si ha un indice dell’eliminazione del farmaco. Per un farmaco molto idrosolubile si considera una clearance essenzialmente renale, ed in base al valore di clearance si può stimare il processo di escrezione renale. CL = 130 mL/min (GFR) => solo filtrazione glomerulare CL > 130 mL/min => filtrazione glomerulare + secrezione tubulare CL < 130 mL/min => filtrazione glomerulare + riassorbimento tubulare Per un farmaco liposolubile, capace di diffusione passiva attraverso il tubulo renale dopo la filtrazione, la clearance renale può essere zero, perché la filtrazione glomerulare è annullata dal riassorbimento; questa clearance può essere modulata variando il pH delle urine e costringendo il farmaco a ionizzarsi, diventando più polare e venendo escreto più facilmente. EMIVITA (EV) o tempo di dimezzamento: l’eliminazione del farmaco viene quantificata con l’emivita (tem-po necessario affinché la concentrazione di farmaco o la quantità totale presente nell’organismo diminuisca del 50% rispetto ai valori di partenza). I fattori che influenzano l’emivita di un farmaco sono: - clearance: l’emivita è inversamente proporzionale alla clearance (più eliminazione => meno permanenza) - volume di distribuzione: l’emivita è direttamente proporzionale al volume di distribuzione (maggiore è lo spazio su cui si può distribuire il farmaco, minore sarà l’eliminazione, maggiore sarà la permanenza) Calcolo dell’emivita => Il valore 0,693 è il ln2 (in quanto questo fenomeno è un decremento esponenziale, come il decadimento).

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Per un farmaco molto idrosolubile, l’emivita aumenta quando: - aumenta il volume di distribuzione (ascite) - diminuisce la clearance renale (insufficienza renale) Per un farmaco molto liposolubile, l’emivita aumenta quando: - aumenta il volume di distribuzione (obesità) - diminuisce la clearance epatica (insufficienza epatica) A parità di clearance tra un farmaco liposolubile e un farmaco idrosolubile, il farmaco liposolubile avrà ten-denzialmente una emivita maggiore, in quanto il volume di distribuzione è maggiore. Si assume che per l’eliminazione completa di un farmaco di una singola dose siano necessarie 4-5 emivite. In realtà, la quantità rimanente (1/16 o 1/32 della dose iniziale) è troppo bassa per avere effetto farmaco-logico. Alcuni farmaci hanno lunga emivita e, anche a bassissime dosi, hanno effetti potenzialmente tossici.

Applicazioni dell’emodialisi in caso di intossicazioni da farmaci (si utilizza l’emodialisi per aumentare l’eliminazione del farmaco e diminuirne la sua emivita, diminuendo gli effetti tossici; con i filtri attualmente disponibili si può raggiungere una clearance ematica di 100 mL/min) CASO 1 Vd = 40 L EV = 0,693 x (40 / 0,1) = 400 min (6-7 h) In 6-7 h di emodialisi si riesce a dimezzare la concentrazione plasmatica del farmaco, raggiungendo il target terapeutico; l’emodialisi è opportuna ed efficace. In questo caso considero solo la clearance che ottengo con l’emodialisi, trascurando la clearance del farma-co per via renale. Si da per scontato che il soggetto intossicato ha saturato la capacità di escrezione renale o l’intossicazione ha causato insufficienza renale (benzodiazepine, barbiturici, amfetamine). CASO 2 Vd = 400 L EV = 0,693 x (400 / 0,1) = 4000 min (60-70 h) Non si riesce a dimezzare la concentrazione ematica del farmaco in un tempo opportuno a raggiungere il target terapeutico ed evitare la tossicità; l’emodialisi non è efficace (pz muore intossicato). Questo trova applicazione nella dialisi di un pz che assume antibiotici; se si assume un antibiotico con alto volume di distribuzione, la dialisi non influisce significativamente sulla sua emivita; se si assume un antibio-tico con basso volume di distribuzione, la dialisi rimuove molto antibiotico e sarà necessaria una reintegra-zione del farmaco dopo la seduta.

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E’ importante garantire una concentrazione plasmatica di farmaco abbastanza costante nel tempo, al di so-pra della concentrazione terapeutica minima e al di sotto della concentrazione tossica, chiamata “concen-trazione allo stato stazionario”. La circa completa eliminazione di una singola dose avviene dopo circa 4-5 emivite; la terapia multidose deve garantire un corretto bilanciamento tra somministrazione ed eliminazio-ne del farmaco, tramite assunzione in tempi corretti. Visto che non è sempre possibile una infusione lenta continua, è necessario somministrare dosi in intervallo di tempo differente, con concentrazione plasmatica media analoga a quella di una infusione lenta. Allo steady state, la dose somministrata deve essere uguale alla dose eliminata, per mantenere la concentrazione plasmatica costante e corretta.

tossicità

mancanza di efficacia

ACCUMULO: fenomeno indesiderato che si realizza in modo inversamente proporzionale alle emivite inter-correnti tra le somministrazioni (cioè quanto più somministro rapidamente le varie dosi). Causa tossicità. Calcolo del fattore di accumulo => ACC = 100 / (100 – % farmaco residuo alla nuova somministrazione) Quanto più basso sarà il farmaco residuo al momento della nuova somministrazione, tanto più sarà trascu-rabile il fattore di accumulo. Visto che dopo 4-5 emivite la concentrazione è quasi nulla, può succedere che: - la seconda somministrazione avvenga dopo 2 emivite => accumulo => tossicità - la seconda somministrazione avvenga dopo 8 emivite => NO dose terapeutica => NO efficacia La concentrazione allo stato stazionario (CSS) (analoga alla concentrazione target, che dà l’effetto terapeu-tico) sarà direttamente proporzionale a quanto farmaco è stato dato e a quanto è in accumulo. Concentrazione target (CT) = concentrazione allo steady state (CSS) = dose x fattore di accumulo Però una parte del farmaco somministrato viene eliminato (clearance), quindi una parte della dose sommi-nistrata viene eliminata in modo proporzionale alla clearance. La dose di mantenimento è la concentrazio-ne target moltiplicata per la clearance nell’intervallo tra le somministrazioni.

Dose di attacco = Ctarget x Vd Dose di mantenimento = Ctarget x CL0-t

Legame farmaco-proteico: aumento dell’emivita, diminuzione del volume di distribuzione Molti farmaci idrosolubili o liposolubili viaggiano complessati alle proteine plasmatiche; la porzione attiva del farmaco (come per gli ormoni tiroidei) è quella non legata; il legame proteico protegge dalla degrada-zione enzimatica (aumento dell’emivita) e impedisce la filtrazione renale (diminuzione della clearance rena-le).In caso di epatopatie, si ha ridotta produzione di albumina e α1-glicoproteina acida, con riduzione del legame farmaco-proteico e aumento della dose libera (rischio di tossicità). albumina: prot di fase acuta negativa (diminuisce in flogosi) => ↑ quota libera => ↑ tossicità α1-glicoproteina acida: prot di fase acuta positiva (aumenta in flogosi) => ↓ quota libera => ↓ efficacia Interazione tra farmaci: fenomeno dello “spiazzamento”. Il farmaco con maggiore capacità di legare le pro-teine riesce a spiazzare le molecole con minore capacità di legame, con aumento della quota libera. Ad esempio, i FANS spiazzano il warfarin dall’albumina, aumentando la frazione libera del warfarin; se la fun-zionalità renale è normale, il warfarin in eccesso è eliminato; se il pz ha IRA, c’è accumulo di warfarin.

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ELIMINAZIONE DEI FARMACI IDROSOLUBILI (polari, non passano le membrane cellulari) clearance pari a 130 mL/min (GFR) => filtrazione glomerulare clearance superiore a 130 mL/min => filtrazione glomerulare e secrezione tubulare (trasportatori per anioni organici, OAT, e trasportatori per cationi organici, OCT; aspecifici, coinvolti in molti metabolismi) clearance inferiore a 130 mL/min => esclusivamente secrezione tubulare (OAT, OCT) - penicillina, per pK potrebbe essere assorbita a livello intestinale, ma viene distrutta dall’acidità gastrica (e quindi furono sviluppate penicilline acido-resistenti). Viene rimossa quasi tutta per secrezione tubulare mediata da trasportatore (non ha filtrazione glomerulare perché è legata per l’80% alle proteine plasmati-che). Quasi tutta la penicillina viene ritrovata nelle urine. La penicillina è un classico farmaco eliminato solo per secrezione; non vanno somministrate le penicilline classiche ad un pz nefropatico, altrimenti non la eli-mina (vanno somministrate le penicilline eliminate per via epato-biliare) - probenecid, blando diuretico che compete con la penicillina per lo stesso trasportatore; in caso di sepsi da batterio sensibile alla penicillina, vanno somministrate penicillina e probenecid in modo da ridurre l’eliminazione di penicillina e aumentarne la concentrazione plasmatica (e quindi l’efficacia a medio termi-ne). Il probenecid è utilizzato anche nel doping sportivo, perché blocca l’eliminazione di molti dopanti (che rimangono in circolo e non sono visibili nelle urine); cercando solo nelle urine i dopanti non si trovano (c’è solo il probenecid che compete per gli stessi trasportatori), e occorre effettuare l’esame del sangue (per evitare questo, gli atleti cercano di diluire con infusioni di fisiologica) - acido urico, gli uomini sono a rischio di gotta perché il testosterone facilita il recupero delle xantine; quin-di se il testosterone è basso, il metabolismo dell’acido urico funziona bene, ma se è alto ci può essere ac-cumulo di acido urico, che si deposita in cristalli causando la gotta. L’acido urico viene secreto e riassorbito; il bilancio netto tra secrezione e riassorbimento è un’escrezione del 10%. Il probenecid a basse dosi blocca l’eliminazione di acido urico (rischio di accumulo e gotta) perché compete con il trasportatore dell’acido urico. Il probenecid ad alte dosi il probenecid blocca il riassorbimento di acido urico (l’effetto terapeutico è la riduzione dei livelli di acido urico; l’allopurinolo serve a ridurre la via di sintesi dell’acido urico). Rispetto al probenecid, i salicilati (aspirina) hanno un effetto totalmente opposto: ad alte dosi bloccano l’eliminazione e a basse dosi bloccano il riassorbimento; quindi per eliminare efficacemente l’acido urico servono alte dosi di probenecid e basse dosi di aspirina. I diuretici (soprattutto tiazidici) agiscono anche sul trasportatore degli acidi organici, riducono l’eliminazione di acido urico e possono alzare l’uricemia (gotta). ELIMINAZIONE DEI FARMACI LIPOSOLUBILI (apolari, passano le membrane cellulari) clearance nulla => filtrato e riassorbito per diffusione passiva I farmaci liposolubili vengono eliminati dal fegato (bile) oppure dal rene tramite ionizzazione dovuta a va-riazioni di pH, che aumenta la polarità della molecola e impedisce il riassorbimento passivo (in quanto il farmaco apolare ionizzato si comporta come un farmaco polare, richiamando acqua). Modificando il pH del-le urine, si possono eliminare facilmente (senza sovraccaricare il fegato) i farmaci con pK 3-7 o 8-10. - acido debole (fenobarbitale), si aumenta l’escrezione tramite alcalinizzazione delle urine (bicarbonato) (viene massimizzata la dissociazione dell’acido, e la forma dissociata forma legami deboli con acqua e non può retro-diffondere dal tubulo) - base debole (amfetamina), si aumenta l’escrezione tramite acidificazione delle urine (cloruro di ammonio)

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CINETICHE DI METABOLISMO - cinetica di primo ordine: l’eliminazione è proporzionale alla concentrazione del farmaco (decremento esponenziale della concentrazione plasmatica); la quantità eliminata, per ogni emivita, è il 50% della con-centrazione iniziale; prevedibile nell’uso clinico e facile da gestire; se il medico si accorge di aver sommini-strato una dose doppia, dopo un determinato tempo il pz ha una concentrazione doppia rispetto a quella che avrebbe dovuto avere, e quindi deve ritardare la somministrazione successiva di una ulteriore emivita. (l’emivita non dipende dalla concentrazione iniziale di farmaco, ma dai sistemi metabolici dell’organismo). Con farmaci di questo tipo, si è autorizzati a diminuire o aumentare la dose in base alla risposta ottenuta. - cinetica di ordine zero (di saturazione): l’eliminazione non dipende dalla concentrazione del farmaco, e la quantità di farmaco eliminata è la costante anche con concentrazioni plasmatiche differenti. Le vie metabo-liche sono saturate, e quindi ogni aumento di farmaco sarà un accumulo. Raddoppiando la dose il pz va si-curamente in tossicità, e non è prevedibile quanto tempo impiegherà di clearance; sono quindi farmaci dif-ficili da prevedere e meno sicuri. Necessitano del monitoraggio della concentrazione plasmatica di farmaco e della creatininemia pre-infusionale (verificando che la dose somministrata rientri nell’intervallo terapeuti-co del pz e che la funzionalità renale sia buona). Inoltre questi farmaci hanno due problemi: basso indice terapeutico (curva dose-risposta ripida, rischio tos-sicità) e variabilità individuale (pz diversi hanno bisogno di dosi molto differenti tra loro). Fenitoina, digossina, aminoglicosidi, carbamazepina, valproato, amicacina. Etanolo: ossidato ad acetaldeide tramite la ADH (alcol deidrogenasi) o il sistema MEOS (citocromi P450 mi-crosomiali); l’acetaldeide è ossidata ad acido acetico tramite la ALDH (aldeide deidrogenasi), inibita dal farmaco anti-abuso disulfiram. Il metabolismo dell’etanolo segue una cinetica di saturazione, e dipende dal sesso, dal peso corporeo e dalla velocità di assorbimento dell’alcol, che varia in base al contenuto gastrico: 44 g di etanolo (contenuti in 30 cc di whiskey) vengono assorbiti più rapidamente a stomaco vuoto (0,6-0,9 mL/min) che a stomaco pieno (0,3-0,6 mL/min). Il rate metabolico dell’etanolo è 120 mg/kg/h.

variabilità individuale nel dosaggio di un farmaco con cinetica di saturazione

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METABOLISMO DEI FARMACI Le sostanze idrofile sono polari o ionizzate, e questo impedisce l’assorbimento e facilita l’eliminazione. Le sostanze lipofile sono apolari e non ionizzate, e questo facilita l’assorbimento e impedisce l’eliminazione. Il metabolismo dei farmaci spesso porta alla trasformazione di una struttura lipofila (facilmente assorbibile) in una struttura idrofila (facilmente eliminabile). Il metabolismo dei farmaci prevede l’effetto di primo passaggio, che causa la riduzione della biodisponibilità dei farmaci somministrati soprattutto per via orale (per evitare questa riduzione della dose efficace in circo-lo, si può aumentare la dose di farmaco o cambiare la via di somministrazione). Il metabolismo dei farmaci avviene principalmente nel fegato, ma anche in polmoni, intestino e plasma. Nell’intestino, la tiramina (una molecola presente nel formaggio), viene metabolizzata con le MAO (mono-amino-ossidasi); un pz con antidepressivi MAO-inibitori, avrà un effetto antidepressivo sul SNC e un accu-mulo di tiramina nell’intestino, che entrerà in circolo e si trasformerà in adrenalina, causando la reazione vegetativa simpatica (aumento della frequenza cardiaca, aumento della pressione arteriosa,…); questo meccanismo è chiamato effetto “formaggio” dei MAO-inibitori. Molto spesso il metabolismo porta ad inattivazione ed eliminazione dei farmaci; a volte può portare alla at-tivazione del composto, soprattutto dei i cancerogeni indiretti (benzopirene).

Nel metabolismo dei farmaci (come degli xenobiotici) si distinguono due fasi: - fase 1 => aumento della polarità della molecola, per aggiunta o smascheramento del gruppo idrofilo - fase 2 => coniugazione con altra molecola, rendendo il farmaco molto più solubile (per l’eliminazione)

REAZIONE DI FASE 1 (reazioni trasformative) aumento della polarità della molecola, per aggiunta o smascheramento del gruppo idrofilo ossidazione, dealchilazione, deaminazione, idrolisi, deacetilazione, epossidazione

REAZIONI P450-DIPENDENTI - ossidazione: catalizzata dal citocromo P450, presente nel reticolo endoplasmatico liscio del fegato. I cito-cromi sono delle emo-proteine con il ferro che oscilla tra numero di ossidazione +2 e +3. Il P450 è chiamato in questo modo perché lo spettro di assorbimento quando è legato a CO è di 450 nm, ed appare rosa (Pink). Il più abbondante è il CYP3A (poi ci sono il CYP2C9 e il CYP1A2). I citocromi P450 vengono classificati in: famiglie, distinte con i numeri romani, caratterizzate da omologia del 70% sottofamiglie, distinte con le lettere maiuscole, caratterizzate da omologia rimanente del 30% isoforme specifiche, distinte con i numeri arabi, caratterizzate da tessuto specificità Il citocromo P450 agisce mediante un ciclo metabolico, che richiede: NADPH, ossigeno e flavoproteina.

REAZIONI P450-INDIPENDENTI Ossidazione, dealchilazione, deaminazione, idrolisi, deacetilazione, epossidazione - etanolo: ossidazione (75% con ADH, 25% con MEOS-P450) - succinilcolina: idrolisi - cloramfenicolo: nitroriduzione - L-dopa: decarbossilazione

REAZIONI DI FASE 2 (reazioni coniugative) coniugazione con altra molecola, rendendo il farmaco molto più solubile (per l’eliminazione) glucuronazione, acetilazione, metilazione, coniugazione a glutatione, coniugazione a glicina, solfatazione

Le reazioni di fase 2 portano alla formazione di un coniugato molto polare per l’eliminazione, tramite delle trasferasi; il farmaco può essere inalterato o può aver subito una reazione di fase 1 per renderlo più idrofi-lo. Il farmaco coniugato è idrosolubile e quindi eliminato facilmente con le urine. glucuronazione => glucuronil-trasferasi acetilazione => acetil-trasferasi metilazione => metil-trasferasi

coniugazione a glutatione => glutatione-trasferasi coniugazione a glicina => glicina-trasferasi solfatazione => zolfo-trasferasi

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Ciclo del citocromo P450

Induzione del citocromo P450: per induzione si intende un aumento dell’attività del sistema causato da uno stimolo endogeno di un normale metabolismo (il farmaco stimola il citocromo che lo metabolizza).

Uno dei maggiori induttori del citocromo P450 è il benzo-pirene; l’aumento della sintesi di citocromo porta ad au-mentare il metabolismo del farmaco. L’aumento del me-tabolismo ha conseguenze dipendenti dal ruolo del P450: può portare a ridurre l’azione farmacologica (tamoxifene) o aumentare l’azione tossica (benzopirene). L’induzione è dovuta alla stimolazione, da parte del com-plesso farmaco-recettore, di XRE (xenobiotic responsive element), presente nel nucleo, che stimola la trascrizione dei geni responsabili della sintesi del citocromo P450. L’induzione del P450 è importante nell’interazione tra farmaci (i farmaci sono induttori e possono modificare il metabolismo di altri farmaci e di sé stessi; inoltre anche l’etanolo è un induttore)

induttore interazione

fenobarbitale warfarin

rifampicina contraccettivi orali

griseofulvina corticosteroidi

fenitoina ciclosporina

etanolo carbamazepina

cyt P450 reduttasi

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Le reazioni di fase 1 rendono la molecola più polare, e possono formare un composto più attivo o meno at-tivo. Tra i pro-farmaci che vengono attivati dalla reazione di fase 1 ci sono: - prednisone: cortisonico ad attività prevalente anti-infiammatoria, idrossilato in prednisolone - enalapril: ACE-inibitore, è attivo se idrolizzato ad enalaprilato - altri: zidovudina (zidovudina fosfato), cortisone (idrocortisone), azatioprina (mercaptopurine) Gli effetti della fase 1 sono quindi, oltre ad aumentare la polarità della molecola, aumentarne o diminuirne l’attività, migliorarne l’assorbimento, aumentare la stabilità della molecola (minore degradazione); può ve-nire acquisita anche la capacità di passare la barriera ematoencefalica; a volte il farmaco diventa tossico (come accade nel metabolismo del paracetamolo con la formazione di NAPQI). METABOLISMO DELL’ACIDO ACETIL-SALICILICO (ASPIRINA) L’aspirina può andare incontro ad una fase 1 di deacetilazione, che blocca l’attività antiaggregante (tutto ciò che toglie o taglia è una reazione di fase 1, tutto ciò che aggiunge è una reazione di fase 2). Per poter impiegare l’aspirina come antiaggregante è necessario il residuo acetilico, che blocca la ciclossigenasi in modo irreversibile tramite trasferimento del gruppo acetile. Quindi l’acido acetil-salicilico è un antiaggre-gante, mentre l’acido salicilico non ha effetto sull’aggregazione piastrinica (l’attività analgesica e antipireti-ca si mantengono anche senza l’acetile, ma ad una cinetica molto più lenta). Successivamente tramite una coniugazione con acido glucuronico (fase 2) il farmaco diventa liposolubile e viene eliminato. METABOLISMO DEL PARACETAMOLO (ACETAMINOFENE, TACHIPIRINA) Il metabolismo del paracetamolo prevede tre vie alternative (considerando saturi tutti i metabolismi): - per il 60% viene coniugato (reazione di fase 2) tramite solfatazione e viene escreto - per il 35% viene coniugato (reazione di fase 2) tramite glucuronazione e viene escreto - per il 5% viene ossidato (reazione di fase 1, P450-dipendente) a formare il metabolita reattivo NAPQI (N-acetil-benzochinone-imina), che in condizioni normali (in presenza di glutatione) viene coniugato con GSH (reazione di fase 2) ed eliminato come coniugato mercapturato. In caso di assenza di GSH forma addotti con le macromolecole epatiche (soprattutto proteine), portando ad epatotossicità. L’antidoto all’avvelenamento da paracetamolo consiste nel ripristinare la quantità di GSH nell’organismo (in quanto tutti gli altri sistemi metabolici sono enzimatici, e non si possono somministrare enzimi specifici). Il GSH non può essere somministrato in vena in quanto gli enzimi epatici (γGT) lo degradano; è necessario quindi somministrare il precursore di sintesi del GSH, cioè N-acetil-cisteina (fluimucil, mucolitico).

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METABOLISMO DELL’ISONIAZIDE L’isoniazide è un antitubercolare che presenta un metabolismo a fasi invertite; la prima reazione è una rea-zione di fase II, una acetilazione, che viene seguita da una reazione di fase I, una idrolisi, che avviene a mon-te del residuo acetilico aggiunto. Si vengono a formare quindi due molecole: acido isonicotinico e acetilidra-zina (epatotossica per acetilazione proteica nel fegato). Quindi la terapia con isoniazide necessita del moni-toraggio della funzionalità epatica e della necrosi epatica. VARIABILITA’ INDIVIDUALE NEL METABOLISMO DELL’ISONIAZIDE La variabilità individuale influisce sul metabolismo dei farmaci tra-mite variazioni della quantità degli enzimi e affinità per il substrato. Inoltre l’isoniazide presenta una alta variabilità interindividuale nel metabolismo; la capacità di acetilare l’isoniazide è differente e la popolazione è distinta in “acetilanti rapidi” e “acetilanti lenti”, in base alla concentrazione di isoniazide dopo la somministrazione. Una bassa concentrazione indica che il farmaco è stato metaboliz-zato rapidamente (e quindi inattivato), e quindi gli individui vengo-no definiti acetilanti rapidi. Acetilanti rapidi => rapido catabolismo => bassa attività farmacologica => poca risposta alla terapia (aumen-to di dose causa aumento dei metaboliti tossici). Acetilanti lenti => lento catabolismo => alta attività farmacologica => bassa dose efficace Un pz acetilante rapido ha bassi livelli di farmaco e quindi risponderà poco alla terapia; sarà necessario au-mentare la dose di somministrazione, ma ciò porterà all’aumento di acetilidrazina, con aumento della tossi-cità epatica. I pz acetilanti lenti hanno livelli di farmaco più alti, che quindi è più efficace e meno tossico. VARIABILITA’ INDIVIDUALE NEL METABOLISMO DELLA SUCCINILCOLINA: “NUMERO DI DIBUCAINA” In caso di intervento chirurgico polmonare o alla mammella, è necessario richiedere come esame di labora-torio pre-operatorio il livello di pseudocolinesterasi (acil-colinesterasi, simile alla acetilcolinesterasi). La pseudocolinesterasi è sintetizzata dal fegato, e può anche essere utilizzata come indice di funzionalità epa-tica nelle fasi avanzate di epatite cronica. Durante gli interventi chirurgici, spesso il miorilassante è la succi-nilcolina, un bloccante neuromuscolare di tipo depolarizzante (provoca una depolarizzazione persistente e impedisce ulteriori contrazioni muscolari). La pseudocolinesterasi causa l’idrolisi della succinilcolina, e quindi solo una quantità ridotta è attiva, e inoltre va somministrata in infusione continua. I pz con la pseu-docolinesterasi normale hanno poco effetto della succinilcolina al termine della somministrazione lenta, mentre i pz con enzima difettivo sono incapaci di idrolizzare la succinilcolina, che rimane a livelli elevati e causa il blocco prolungato dell’attività muscolare (crisi di apnea post-operatoria). Somministrando succinil-colina ad un pz con pseudocolinesterasi inattiva si ha un blocco duraturo dell’attività muscolare (l’azione della succinilcolina dura per un periodo di tempo molto più lungo). Il 2% di alcune popolazioni (portoghesi, inglesi, greci) hanno un allele con enzima a bassa affinità per la suc-cinilcolina. Si distinguono omozigoti con enzima normale, eterozigoti e omozigoti per l’allele difettivo. E’ importante identificare i pz per utilizzare anestetici differenti; si esegue il test del “numero di dibucaina”: la dibucaina è un anestetico locale che si lega alla pseudocolinesterasi fisiologica a maggiore affinità rispetto alla succinilcolina ma non viene idrolizzato (inibitore suicida, si lega all’enzima sano e non all’enzima difetti-vo). Incubando il plasma con succinilcolina e dibucaina, la dibucaina si lega all’enzima sano e non si lega all’enzima malato; quindi il livello di inibizione enzimatica è alto nel sano e basso nel malato; quindi il pz sa-no non riesce a metabolizzare la succinilcolina (perché l’enzima è occupato dalla dibucaina), e la succinilco-lina ha elevata concentrazione (metabolismo molto inibito); nel pz con enzima difettoso la dibucaina non si lega (la dibucaina non si lega ad un enzima difettoso) e la succinilcolina si lega (anche se poco), e quindi la concentrazione diminuisce (perché il metabolismo non è inibito, anche se ridotto in cinetica). I pz omozigoti per l’enzima normale legano la dibucaina e non metabolizzano la succinilcolina; quindi il me-tabolismo della succinilcolina è inibito di circa l’80% (numero di dibucaina: 80). I pz eterozigoti hanno un grado di inibizione metabolica intermedio (numero di dibucaina: 40-60). I pz omozigoti per l’enzima difettoso non legano la dibucaina e metabolizzano la succinilcolina (diminuisce la concentrazione di succinilcolina) (numero di dibucaina: 20) (i pz si svegliano ma non respirano).

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VARIABILITA’ INDIVIDUALE NEL METABOLISMO DELLA 6-MERCAPTOPURINA (6-MP) La mercaptopurina (antileucemico) viene eliminata tramite metilazione (fase II) a formare metil-mercaptopurina, tramite una metil-trasferasi (TPMT). Una ridotta attività della metil-trasferasi porta ad ac-cumulo di farmaco, con effetti tossici midollari (è necessario ridurre la dose di 10-15 volte). Un aumentata attività della metil-trasferasi portano a ridotte concentrazioni plasmatiche, e i pz trattati sono soggetti a re-cidive (per motivi di tossicità la dose non può essere aumentata molto).

VARIABILITA’ INDIVIDUALE NEL METABOLISMO DEL WARFARIN Il CYP2C9 catalizza l’idrossilazione del warfarin, con formazione di prodotti inattivi. L’inibizione di tale iso-forma porta ad aumento della concentrazione in circolo, con diatesi emorragiche. Inoltre i pz con isoforme 2 e 3 hanno ridotta capacità di idrossilazione, e necessitano basse dosi di warfarin (< 1,5 mg).

METABOLISMO ALTERNATIVO DEL TAMOXIFENE E VARIABILITA’ NEL CYP2D6 Un K della mammella positivo per gli estrogeni è una neoplasia che cresce sotto lo stimolo ormonale; il ta-moxifene è un inibitore degli estrogeni, agendo come bloccante recettoriale. Il tamoxifene è un profarmaco la cui forma attiva è l’endoxifene; le vie metaboliche da tamoxifene a endoxifene sono due: tamoxifene => (CYP2D6) => 4-OH-tamoxifene => (CYP3A4/5) => endoxifene tamoxifene => (---) => N-demetil-tamoxifene => (CYP2D6) => endoxifene Quindi per fare endoxifene è necessaria l’attività del CYP2D6. Questo enzima presenta quattro isoforme: nulla (delezione genica), diminuita (difetto di splicing), normale, ultrarapida. I pz “ultrarapidi”, sommini-strando 1 g di tamoxifene, formano 1 g di endoxifene. I pz “nulli” non formano endoxifene, quindi non pos-sono ricevere la terapia, in quanto inutile. Questi esami non vengono effettuati perché non influiscono sulla sopravvivenza della malattia e hanno costi molto elevati; quindi dopo aver riconosciuto un K mammella estrogeno-dipendente, si effettua la terapia con tamoxifene e si aspettano i risultati.

Le pz con alti livelli di endoxifene hanno però anche reazioni avverse, in quanto il farmaco compete per gli estrogeni non solo a livello del tumore, ma anche a livello sistemico, soprattutto sul sistema nervoso e sull’osso. Quindi le pz stanno male per una menopausa precoce (vampate di calore, irritabilità,…) e sono soggette ad osteoporosi (gli estrogeni stimolano il deposito di sali di calcio nell’osso). Quindi le pz, siccome stanno male, cominciano a non seguire la terapia, in quanto hanno effetti tossici secondari. Si passa da un effetto di beneficio senza tossicità ad uno stato di tossicità secondaria, con sospensione della terapia.

VARIABILITA’ NEL METABOLISMO DEL CLOPIDOGREL I pz che mancano del citocromo che trasforma il clopidogrel (profarmaco) in metabolita attivo non hanno effetti antiaggreganti. Quindi si sviluppò il prasugrel, che può utilizzare molti più citocromi; siccome non possono esserci deficit in tutti i citocromi correlati, il prasugrel viene sempre attivato.

FARMACOGENETICA vs FARMACOGENOMICA Per la farmacogenetica, vale il concetto gene-proteina, quindi ogni mutazione sul gene determina altera-zioni nella proteina che quel gene codifica (screening genetico). Per la farmacogenomica, invece, non è la mutazione del gene il fattore determinante, ma il livello di espressione (epigenetico) del genoma; quindi l’analisi non sarà più gene-correlata ma genoma-correlata (con analisi genome-wide per SNP).

Test genetico obbligatorio => trastuzumab, erlotinib Test genetico raccomandato => warfarin, irinotecan INTERAZIONE TRA FARMACI 1) induzione del citocromo P450 2) inibizione del citocromo P450 3) competizione per il citocromo P450

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INDUZIONE DEL CITOCROMO L’induzione del citocromo è una induzione reversibile, che si realizza tramite aumento della sintesi proteica e che porta all’aumento del numero di sistemi ossidativi P450. Visto che agisce stimolando la trascrizione genica, è un meccanismo lento (richiede 2-3 settimane). E’ importante per: - sostanze chimiche con proprietà oncogene (benzopirene) (vengono attivati dal P450) - farmaci somministrati ripetutamente (warfarin) (vengono catabolizzati dal P450) => accelerazione del ca-tabolismo del farmaco => riduzione dell’azione farmacologica

L’induzione viene classicamente studiata con il fenobarbitale (la sostanza induce il citocromo che la meta-bolizza) (autoinduzione); questo meccanismo è reversibile e i livelli di P450 tornano normali alla sospensio-ne. Il meccanismo dell’induzione è basato sulla up-regulation dei livelli di sintesi proteica.

I fenomeni di autoinduzione vanno a causare le interazioni tra farmaci: - fenobarbitale / warfarin. Un pz sottoposto a sostituzione valvolare o un pz con fibrillazione atriale, a cau-sa del rischio di tromboembolia, assumono anticoagulanti; se questi pz sviluppano ad esempio disturbi del sonno, si prescrive il fenobarbitale, che induce il citocromo che metabolizza sia il fenobarbitale che il warfa-rin; quindi i livelli di warfarin attivo scendono (rilevabile tramite una riduzione del INR o del PT) e per avere l’effetto anticoagulante è necessario aumentare la dose somministrata. Quando si sospende il trattamento con fenobarbitale, i livelli di P450 tornano normali e, se non viene subito ridotta la dose di warfarin, il pz sa-rà in sovraddosaggio di warfarin (che non riesce ad indurre il citocromo) e il pz avrà diatesi emorragica.

- rifampicina / warfarin. Il warfarin passa da una emivita di 47 h a 18 h, quindi il tempo in cui il warfarin agisce è molto breve (e quindi il sangue non è sempre scoagulato); è necessario ridurre gli intervalli di somministrazione del warfarin, altrimenti il pz avrà diatesi trombotiche.

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INIBIZIONE DEL CITOCROMO Con la diminuzione dei livelli di citocromo P450 diminuisce il catabolismo dei farmaci, che quindi non ven-gono eliminati, e la concentrazione plasmatica rimane alta (aumento della AUC); sono possibili rischi di tos-sicità. L’inibizione del citocromo P450 non agisce sulla sintesi proteica, ma tramite un antagonismo molto specifico; è quindi un meccanismo rapido (soprattutto se l’inibizione è competitiva). - terfenedina / chetoconazolo. La terfenedina è un antistaminico (H1-antagonista) utilizzato nel trattamen-to delle riniti allergiche, metabolizzato dal CYP3A4. Il chetoconazolo è un antifungino ed è un potente inibi-tore del P450, creando un blocco del metabolismo della terfenedina, che accumulandosi andava a prolun-gare il tempo di ripolarizzazione del miocardio agendo sui canali del potassio; i pz morivano per torsione di punta. La terfenedina è stata ritirata dal commercio ed è stata sostituita dalla fexofenadina, il metabolita attivo che non ha bisogno della reazione del P450 e quindi non causa alterazioni del ritmo cardiaco. L’alcol causa complesse e spesso imprevedibili interazioni con i farmaci; generalmente il pz cirrotico deve assumere dosi maggiori di farmaco perché l’alcol induce i citocromi, ma si possono verificare molti effetti: - potenziamento: ansiolitici, antidepressivi, sedativi, barbiturici (anche per competizione del citocromo) - depotenziamento: antiepilettici, farmaci per il diabete, farmaci per scompenso cardiaco

COMPETIZIONE PER IL CITOCROMO Più farmaci possono venire metabolizzati (attivati o inattivati) da uno stesso citocromo, e quindi quello che ha affinità maggiore si lega, mentre quello con minore affinità non viene legato. E’ importante differenziare se questi effetti sono dovuti ad una classe di farmaci in toto oppure solo ad alcune forme all’interno della classe (significa che devo cambiare classe di farmaci, come ad esempio inibitori di pompa protonica con an-tistaminici, oppure devo cambiare farmaco, come ad esempio omeprazolo con esomeprazolo). - omeprazolo / clopidogrel. In questo caso l’interazione non è dovuta a tutti i farmaci della classe, ma solo ad alcuni (omeprazolo, lansoprazolo, ameprazolo). Lo stesso P450 attiva il clopidogrel (profarmaco) e inat-tiva l’omeprazolo; l’affinità è maggiore per l’omeprazolo, e quindi il clopidogrel non viene attivato e non funziona come antiaggregante. E’ necessario cambiare inibitore di pompa (esomeprazolo, pantoprazolo).

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EFFETTI DI ETA’, INSUFFICIENZA EPATICA E INSUFFICIENZA RENALE SULLA FARMACOCINETICA

NEONATI - aumentato volume di distribuzione e ridotta GFR (ridotta diuresi) (immaturità renale) maggiore percentuale di acqua corporea (75% nel neonato a termine, 85% nel prematuro) (adulto 55%) maggiore quantità di acqua extracellulare (40%) (adulto 20%) [febbre => rapida disidratazione] attivazione della diuresi dopo 24-48 ore dalla nascita (basso GFR) Quindi il neonato, per l’aumento dei liquidi, ha un volume di distribuzione molto più alto, e teoricamente non dovrebbero esserci problemi di sovraddosaggio; ma la diuresi non funziona, e quindi il farmaco si ac-cumula (il problema nasce soprattutto per farmaci idrosolubili, come gli aminoglicosidi). - ridotto legame farmaco-proteico L’albumina neonatale ha scarsa capacità di legame con i farmaci, si ha quindi un aumento della frazione li-bera del farmaco dall’1% anche fino al 10% che, associato alla riduzione della diuresi (se la diuresi funzio-nasse normalmente il farmaco sarebbe subito eliminato) porta a concentrazioni elevate del farmaco e alla tossicità. L’aumento di frazione libera non è compensabile tramite aumentata diuresi. La ridotta capacità di legame dell’albumina neonatale è dovuta alla fase di transizione nella sintesi delle globine fetali con quelle post-fetali; la alfa-feto-proteina è molto espressa, insieme ad un’albumina fetale che differisce per 2-3 ami-noacidi rispetto a quella adulta e che mostra minore capacità di legame.

- immaturità metabolica: deficit di coniugazione (ittero neonatale da iperbilirubinemia, sindrome grigia da cloramfenicolo) L’enzima UDP-glucuronil-trasferasi (UDPGT) (per la coniugazione della bilirubina) è espresso a livelli molto bassi alla nascita (perché durante la vita fetale il fegato materno prende il posto di quello fetale per i pro-cessi di detossificazione, mentre il fegato fetale svolge l’emopoiesi). Questo è responsabile dell’ittero fisio-logico neonatale, da deficit temporaneo di coniugazione della bilirubina. L’enzima UDPGT è responsabile anche di molte reazioni di fase II per i farmaci, e quindi il neonato avrà ridotto metabolismo farmacologico. Il cloramfenicolo (utilizzato per il trattamento della salmonellosi neonatale) può andare incontro ad un de-ficit di coniugazione, non venire metabolizzato, rimanere in circolo e causare la “sindrome grigia”.

spiazzamento della bilirubina (sulfamidici) I sulfamidici venivano utilizzati per il trattamento della sepsi neonatale; quando somministrati spiazzano la bilirubina per legarsi all’albumina (i sulfamidici hanno maggiore capacità di legare l’albumina rispetto ai sul-famidici), quindi la concentrazione della bilirubina indiretta (non coniugata, perché era legata all’albumina) aumentava, e precipitava nei gangli della base causando il kernittero.

competizione della bilirubina (fenitoina) Al contrario, in caso di somministrazione di fenitoina, l’affinità dell’albumina per la bilirubina è maggiore di quella per la fenitoina, quindi si ha un aumento della quota libera di fenitoina (tossica anche perché ha una cinetica di saturazione).

immaturità dei citocromi P450 (aumento dell’emivita)

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- passaggio di farmaci tramite il latte materno cloramfenicolo: concentrazioni troppo basse per dare sindrome grigia, ma sufficienti a causare depressione nel midollo emopoietico. diazepam: letargia e coma. eroina o metadone: passaggio anche placentare, causa la dipendenza dal latte materno nei poppanti, che manifestano rinorrea (starnuti ricorrenti), agitazione motoria e pianto isterico. Inoltre siccome l’eroina cau-sa stipsi, il bambino spesso ha fecalomi; alla sospensione dell’allattamento, ha diarrea da astinenza. etanolo: gli effetti dell’etanolo non sono dovuti all’alcol, ma alle modifiche nel metabolismo di altri farmaci assunti dalla madre (se la madre prende anche benzodiazepine, queste passano al figlio). litio: antipsicotico (prima utilizzato anche pe la sindrome post-parto) causa danno cerebrale grave. propitil-tio-uracile: vecchio farmaco anti-tiroideo utilizzato per il trattamento dell’ipertiroidismo; causa ti-reotossicosi nel bambino, e la tiroide sarà incapace di sintetizzare ormoni (gozzo pediatrico). tetracicline: deposito nello smalto dei denti (colorazione permanente gialla dei denti). nicotina, caffeina: non hanno effetto sul neonato, ma causano riduzione della montata lattea. - aggiustamento della dose per i farmaci pediatrici L’errore più frequente è quello di adeguare il dosag-gio al peso corporeo del bambino, causando il sotto-dosaggio del farmaco. Se un soggetto pesa 60 kg e il neonato pesa 3 kg, non bisogna dare dosi pari a 1/20 del dosaggio dell’adulto! Bisogna aggiustare la dose guardando la superficie corporea (come per i farmaci antitumorali). Tra un neonato ed un adulto c’è uno scarto di 1/20 di peso corporeo, ma la percentuale di dose nel neonato è 1/8 (dosaggio del 12%). Facendo un calcolo conside-rando il peso corporeo, avrei somministrato meno farmaco.

ANZIANI - reazioni avverse ai farmaci: dovute ad alterazioni fisiologiche, farmaci non appropriati, politerapie, bassa aderenza alle terapie. Un pz di 75 anni consuma una quantità di farmaci 17 volte superiore ad un giovane adulto (25-35 anni), a causa del trattamento di molte patologie croniche (diabete, ipertensione, cardiopa-tia,…). Gli anziani hanno quindi un rischio doppio di sviluppare patologie iatrogene rispetto ai giovani. Inol-tre negli anziani le reazioni avverse sono più severe (sono causa di 1/3 dei ricoveri geriatrici e sono la quinta causa di morte tra i pz ricoverati). Le principali cause di ricovero sono intossicazioni da FANS, diuretici o warfarin. - riduzione del metabolismo di fase I: a differenza dei bambini che hanno alterazioni nella fase II - diminuzione della funzionalità epatica (riduzione del flusso ematico epatico) Il flusso ematico epatico diminuisce del 50%, e quindi si associa a ridotta clearance epatica (visto che la clearance è proporzionale al flusso ematico nell’organo per il fattore di estrazione) (la clearance d’organo quindi può diminuire per due motivi: riduzione del flusso verso l’organo come in caso di aterosclerosi o ste-nosi arteriosa, oppure alterazioni parenchimali che riducono la capacità di estrazione come la fibrosi epati-ca da cirrosi); inoltre il fegato senile sintetizza meno albumina (aumento della quota libera del farmaco). I farmaci con diminuita clearance epatica sono: barbiturici imipramina (antidepressivo triciclico, utilizzato per incontinenza vescicale) tolbutamide (antidiabetico) propanololo (beta-bloccante) diazepam

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- alterazioni dei liquidi corporei Nell’invecchiamento la quantità di liquidi corporei diminuisce; questo è importante per farmaci che si di-stribuiscono nel compartimento centrale, perché si distribuiranno in un volume minore e la concentrazione di picco sarà più alta (inoltre l’emivita, quindi la AUC, si allungherà perché il rene è fisiologicamente ridotto) L’aumento di massa grassa porta a un vantaggio per i farmaci liposolubili.

- diminuzione della funzionalità renale (riduzione della GFR) La filtrazione glomerulare scende al 50% in un pz di 80 anni; questa diminuzione non è funzionale, ma è orga-nica (analogamente alla riduzione delle capacità venti-latorie nel polmone senile) dovuta al ridotto peso del rene (si perde il 20-30%). Questa involuzione fisiologica del rene senile porta alla diminuzione della clearance renale (il pz anziano ha creatininemia normale perché produce meno creatinina a causa della atrofia muscola-re ma ne elimina di meno per ridotta clearance renale, e quindi la concentrazione plasmatica è “normale”). Una delle categorie di farmaci più usati dal pz anziano sono i FANS; alcune prostaglandine formate dalle ci-clossigenasi hanno attività pro-infiammatoria, quindi inibire la ciclossigenasi è alla base dell’attività antinfiammatoria dei FANS. Ma anche le prostaglandine re-nali vengono inibite, come la prostaciclina, che sono responsabili della vasodilatazione della arteriola glo-merulare afferente; quindi il FANS causa diminuzione della funzionalità renale. Inoltre alcuni diuretici (furo-semide) per funzionare hanno bisogno delle prostacicline (PGI2) e dell’integrità midollare del rene, quindi in caso di somministrazione comune, il diuretico non ha effetto.

- aumento dell’emivita farmacologica (minore clearance renale ed epatica) La clearance di un farmaco è proporzionale alla clearance della creatinina. Il pz anziano non filtra male (non ha una insuffi-cienza renale), ma filtra di meno (perché ha meno parenchima renale). La clearance della creatinina nell’anziano è ridotta (e la concentrazione della creatinina è quasi normale), e quindi l’anziano ha una maggiore emivita dei farmaci, per ridotta eli-minazione renale (riduzione del GFR) ed epatica (riduzione del flusso ematico epatico, e quindi della clearance epatica).

anziano adulto

creatininemia 0,9 mg/dL 1,2 mg/dL

CLcreatinina (GFR) 34 mL/min 120 mL/min

emivita aumentata normale La clearance della creatinina viene normalizzata sulla superficie corporea (CL-misurata x 1,75 / superficie)

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INSUFFICIENZA EPATICA

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INSUFFICIENZA RENALE Se la clearance renale fornisce almeno il 90% della clearance sistemica, i due valori si approssimano (per clearance sistemica si intende la clearance renale). Il rene elimina molti farmaci e/o loro metaboliti polari. Una compromissione della funzione renale (IRA) può tradursi in un accumulo di farmaci e metaboliti. Le conseguenze della tossicità dipendono da: - intervallo terapeutico del farmaco intervallo terapeutico ampio (farmaco “sicuro”) => minore tossicità (se la concentrazione raddoppia non si arriva comunque ad una concentrazione tossica) intervallo terapeutico ridotto (farmaco “difficile”) => maggiore tossicità (basta che la concentrazione au-menti di poco per raggiungere il livello di concentrazione tossica)

- entità del legame farmaco-proteico Ricordando le proteine plasmatiche che legano i farmaci, bisogna tenere presente che, oltre all’albumina (proteina di fase acuta negativa, che funziona di meno nell’anziano e nel neonato, e diminuisce di concen-trazione nel pz epatopatico) esiste l’alfa-1-glicoproteina acida (proteina di fase acuta positiva). L’albumina lega farmaci acidi, l’alfa-1-glicoproteina lega farmaci basici. L’insufficienza renale determina un accumulo di acidi organici (indoloacetato, ippurico e altri, globalmente chiamati “tossine ureiche”) che possono spiazzare i farmaci acidi dall’albumina (competono per il legame farmaco-proteico), e quindi in corso di IRA si ha un aumento della quota libera del farmaco. Le conseguenze tossiche di questo spiazzamento dipendono dal grado di legame del farmaco all’albumina: se il legame è maggiore del 90% (poco è già libero), anche un minimo aumento di frazione libera è tossico se il legame è minore del 90% (molto è già libero), il lieve aumento di frazione libera non è tossico In caso di IRA, per evitare il metabolismo renale e per evitare l’accumulo di farmaco, si potrebbe: - sostituire i farmaci con metabolismo renale con farmaci a metabolismo epatico atenololo (beta-bloccante, met. renale) => metoprololo (beta-bloccante, met. epatico) enalapril (ACE-inibitore, met. renale) => benazepril (ACE-inibitore, met. epatico) In caso di IRA, anche i farmaci che hanno solo metabolismo epatico sono alterati (vd sotto, per inibizione del CYP450 e dei trasportatori anionici e cationici), quindi non è possibile sempre sostituire farmaci ad eli-minazione renale con farmaci ad eliminazione epatica (NO digossina => digitossina)

- cambiare modalità di somministrazione metodo intervallo-variabile: stessa dose con intervalli più lunghi metodo dosaggio-variabile: dose minore con stessi intervalli temporali metodo misto (dosaggio-variabile e intervallo-variabile): dose minore con intervalli più lunghi Se il farmaco ha intervallo terapeutico ampio, i metodi sono equivalenti. Se il farmaco ha intervallo tera-peutico stretto, è necessario considerare due aspetti - visto che l’intervallo di dose terapeutica è ristretto, diminuendo la dose ho diminuzione dell’efficacia - aumentando l’intervallo tra le somministrazioni, ottengo subito dopo la somministrazione un sovraddo-saggio e prima della somministrazione successiva un sottodosaggio (tra le somministrazioni, la concentra-zione scende al di sotto dell’intervallo terapeutico; ampie fluttuazioni tossiche e sub-terapeutiche) Il metodo migliore per evitare questo problema è ricorrere alla microinfusione continua di farmaco. RIDUZIONE DEL VOLUME DI DISTRIBUZIONE IN CORSO DI INSUFFICIENZA RENALE (diminuire la dose) Il volume di distribuzione determina la dose di attacco (D = Ctarget x Vd). Nel caso della digossina, questo può richiedere fino ad un dimezzamento della dose. La digossina è un farmaco inotropo positivo, lipofilo (Vd 10 L/kg) che ha metabolismo renale; in caso di insufficienza renale, verrebbe logico utilizzare la digitos-sina (metabolismo epatico); entrambi però sono tossici. Intuitivamente, in caso di IRA verrebbe da pensare che il volume di distribuzione aumenti (in quanto viene chiusa la via di eliminazione del farmaco, e quindi il farmaco si distribuisce anche nel liquido che non viene filtrato dal rene). L’insufficienza renale causa danno anche in altri organi (soprattutto il fegato):

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- minore espressione del citocromo P450 nel fegato, per riduzione dei livelli di mRNA - minore attività del citocromo P450 nel fegato, per presenza delle tossine ureiche - riduzione di numero e attività dei trasportatori OAT e OCT, per riduzione dei livelli di mRNA e tossine Quindi un farmaco (come la digossina) che viene eliminato tramite filtrazione renale, non riesce ad essere eliminato con il rene per l’insufficienza renale; allora cerca il metabolismo epatico, che non funziona perché l’insufficienza renale ha causato il difetto nei citocromi P450 e nei trasportatori epatici; quindi il farmaco non riesce né ad entrare nel fegato né ad essere metabolizzato; il fegato è una fonte importante del volume di distribuzione, che non è più accessibile; il farmaco si va quindi ad accumulare negli altri tessuti, saturan-doli (tessuto adiposo, tessuto muscolare). Quindi il farmaco rimane in circolo, e il volume di distribuzione del compartimento centrale si riduce, mentre il volume degli altri compartimenti è costante. Quindi com-plessivamente il volume di distribuzione diminuisce. Si realizza una “sindrome epato-renale al contrario” (non è la cirrosi che causa IRA, ma la IRA che causa insufficienza epatica). Anche il metabolismo epatico dei farmaci è alterato (per riduzione di attività e numero di CYP450 e dei trasportatori OAT/OCT)

Farmaci ad escrezione renale da considerare in caso di IRA-IRC

diuretici (furosemide, tiazidi): agiscono a livello dell’ansa di Henle o del tubulo contorto distale inibendo il riassorbimento di sodio (e quindi di acqua); affinché arrivino sul bersaglio devono essere presi da trasporta-tori tubulari. Le tossine ureiche inibiscono questi trasportatori che dovrebbero portare i diuretici sul sito d’azione. Nel pz nefropatico si ha una progressiva diminuzione dell’efficacia dei diuretici. enalapril: trasportatore è inibito dalle tossine ureiche digossina, statine: non riescono ad essere captati dal fegato per inibizione del trasportatore

Farmaci ad escrezione epatica da considerare in caso di IRA-IRC

classe 1: farmaci che necessitano solo del CYP450 (devono essere solo metabolizzati, hanno alta solubilità e alta permeabilità e quindi non hanno bisogno di trasportatori): propanololo, nicardipina (Ca-ant)

classe 2: farmaci che necessitano del CPY450 e dei trasportatori (alta permeabilità, bassa solubilità): sarta-ni, warfarin, carvedilolo, statine

classe 3: farmaci che necessitano solo dei trasportatori (OAT/OCT) (alta solubilità, bassa permeabilità): acy-clovir, captopril (ACEi), cimetidina, eritromicina, valsartan

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Il modo migliore per monitorare una farmacoterapia in un pz con IRA-IRC è dosare la concentrazione mas-sima del farmaco dopo la somministrazione e la concentrazione minima pre-somministrazione; questa so-prattutto può essere suggestiva, anche quando la funzionalità renale sembra costante. Amicacina (AMK), aminoglicoside. Gli aminoglicosidi sono nefrotossici e ototossici. L’intervallo terapeutico della AMK è 15-30 µg/mL; è un intervallo stretto (fattore 2x). Nei pz critici la con-centrazione plasmatica di farmaco scende con estrema lentezza nel tempo. Mi accorgo che il pz è nefropa-tico perché nel pz sano la discesa della curva sarebbe più rapida. Un alto valore di farmaco pre-infusionale è correlato ad una creatininemia aumentata; quindi in questi pz non fallisce la capacità di gestire la concentrazione massima post-infusionale, ma la capacità di riportare il farmaco a livelli normali. Quindi per monitorare l’effetto nefrotossico non ho bisogno di fare molti prelievi; mi basta effettuare il prelievo la mattina con il pz a digiuno prima che prende il farmaco, per valutare la concentrazione pre-infusionale e vedere se il pz sta andando in accumulo. Il dosaggio della concentrazione minima pre-infusionale è il valore migliore per esprimere l’accumulo.

0 1 2 3 4 50

10

20

30

40

creatininemia preinfusionale (mg/dL)

Cs

s p

rein

fusio

nale

(g/m

L)

r2 = 0.83P < 0.001

AMK intervallo terapeutico

[15-30 μg/ml]

CREATININEMIA

[0-2 mg/dl]

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FARMACI DEL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO

INTRODUZIONE

Il sistema nervoso autonomo (SNA) è composto da simpatico e parasimpatico. A livello gangliare, il recetto-re colinergico nicotinico di tipo neuronale (Nn) è un canale ionico. A livello muscolare, i recettori alfa e beta adrenergici sono metabotropi. Quindi a livello gangliare l’impulso è molto rapido, mentre a livello periferico la risposta richiede alcuni secondi. All’interno della risposta periferica, la risposta muscolare è più rapida ri-spetto a quella somatica. Infatti trovandosi in macchina con qualcuno che attraversa la strada, si hanno dei tempi di reazione muscolare rapidissimi (piede sul freno in 0,1 secondi), mentre il “tonfo al cuore” (reazio-ne di spavento) insorge leggermente dopo. Infatti a livello muscolare il recettore è colinergico nicotinico (canale), mentre a livello simpatico è adrenergico (metabotropo).

adrenergici (α, β), dopaminergici colinergici muscarinici (ACh M)

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RECETTORI COLINERGICI (ACh) - recettori gangliari => NICOTINICI NEURONALI (Nn), ionotropo, nei gangli paravertebrali, nel surrene

- recettori periferici => si distinguono per la gradualità del tempo di attivazione muscolo scheletrico => NICOTINICO MUSCOLARE (Nm), ionotropo, agisce in millisecondi; movimento viscerale => MUSCARINICO (M), metabotropo, agisce in secondi; salivazione, tono pupillare, HR, gastrica recettore nicotinico: recettore ionotropo; canale ionico formato da quattro (Nn) o cinque (Nm) subunità, che delimita un poro centrale carico negativamente (aa. acidi), che quando si apre esercita una attrazione elet-trostatica che facilità l’influsso di cationi (soprattutto Na+ e K+). Il legame dell’ACh causa l’apertura del cana-le, con ingresso di cationi che depolarizzano la cellula; si verifica quindi un EPSP (potenziale di placca eccita-torio), che, se raggiunge il voltaggio soglia, scatena un potenziale d’azione.

Quindi nei fenomeni di “lotta-o-fuga” (sistema simpatico!) si hanno due reazioni: - effetto immediato (msec): risposta muscolare (recettore Nm) - effetto tardivo (sec): tachicardia, sudorazione, xerostomia (secchezza), pallore (recettore Nn) (il recettore è della stessa velocità, ma in questo caso si ha la sinapsi gangliare che rallenta la trasmissione; in periferia, agiscono i recettori adrenergici per il cuore, i recettori colinergici muscarinici per le ghiandole sudoripare, e i recettori dopaminergici per la muscolatura liscia splancnica) RECETTORI ADRENERGICI (A, NA) La terminazione del neurone post-gangliare del simpatico rilascia noradrenalina e adrenalina, sintetizzata da partire dalla tirosina (tramite la tirosina idrossilati, tappa limitante). Le terminazioni nervose rilasciano prevalentemente noradrenalina, mentre il surrene rilascia quantità uguali di NA e A (la reazione di metila-zione della PNMT richiede cortisolo come cofattore, e questo è facilitato dal sistema portale surrenale).

tirosina => (tirosina idrossilasi) => DOPA => (DOPA-decarbossilasi) => dopamina => (dopamina beta-idrossilasi) => noradrenalina => (PNMT, cortisolo; surrene) => adrenalina

diminuzione NA => depressione diminuzione D => Parkinson eccesso D => psicosi I recettori adrenergici sono tutti metabotropi, e si classificano in: - recettori alfa (α): alfa1 stimolano la formazione di IP3 (inositolo-3-fosfato) e DAG (di-acil-glicerolo) alfa2 inibiscono l’adenilato ciclasi, con riduzione della quantità di cAMP (in terminazioni presinaptiche!)

- recettori beta (β): attivazione della adenilato ciclasi, con aumento di cAMP; beta1 cuore beta2 muscolatura liscia bronchiale beta3 adipociti L’attivazione della via simpatica quindi comprende: - attivazione del neurone pre-gangliare con rilascio di ACh - l’ACh attiva il recettore colinergico nicotinico neuronale (Nn) sul neurone post-gangliare - il recettore si apre e determina uno spike, condotto lungo l’assone del neurone stesso fino alla periferia - nel terminale sinaptico del neurone post-gangliare i canali per il Ca++ si aprono per lo spike - l’apertura dei canali consente l’ingresso di Ca++, con esocitosi di vescicole che contengono NA e ATP - cotrasmissione: la NA agisce sui recettori adrenergici (l’ATP sui recettori purinergici)

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I recettori adrenergici α2 si trovano su piastrine, adipociti e, soprattutto, sulle terminazioni pre-sinaptiche adrenergi-che. Inibendo l’adenilato ciclasi, bloccano la formazione di cAMP, e quindi si blocca l’apertura dei canali del calcio. Si ha quindi un blocco dell’esocitosi delle catecolamine stesse (inibiscono il rilascio dei neurotrasmettitori). Hanno quindi la funzione di regolare a feedback negativo il rilascio delle catecolamine: il terminale presinaptico rilascia NA che agi-sce sul tessuto postsinaptico svolgendo così la sua azione di mediatore chimico, ma agisce anche sul recettore presinap-tico inibendo così l’ulteriore rilascio di NA. Perciò i recettori α2 vengono chiamati recettori regolatori o autorecettori. (Svolgono una funzione opposta rispetto ai recettori presi-naptici colinergici nicotinici, che invece stimolano l’ulteriore rilascio di acetilcolina dal terminale, quindi regolano tramite un feedback positivo) DISTRIBUZIONE TISSUTALE DEI RECETTORI BETA-ADRENERGICI CUORE (β1 > β2) nodo seno-atriale (NSA) => aumento della frequenza di scarica => tachicardia (cronotropo positivo) miocardio di lavoro => aumento del calcio intracellulare => aumento forza contrattile (inotropo positivo) miocardio di conduzione => aumento della velocità di conduzione (dromodropo positivo) pacemakers ectopici => aumento dell’attività => extrasistoli atriali e ventricolari (batmotropo positivo)

BRONCHI (β2) rilasciamento della muscolatura liscia (broncodilatazione)

VASI SANGUIGNI vasi della pelle, vasi splancnici => α => contrazione (vasocostrizione) vasi della muscolatura scheletrica => β => rilasciamento (vasodilatazione)

E’ importante sviluppare bloccanti β1-specifici, in quanto i bloccanti aspecifici bloccando anche i β2 e po-trebbero provocare o aggravare asma bronchiale (per rilasciamento della muscolatura bronchiale e quindi riduzione del lume delle vie aeree). Analogamente, l’eventuale blocco dei β2 arteriolari blocca il rilascia-mento arterioso soprattutto negli arti inferiori; quindi in caso si aumento dello sforzo muscolare non può verificarsi vasodilatazione arteriosa, e si avrà claudicatio intermittens (in caso di pre-esistenti placche ate-rosclerotiche iliache o femorali). Un calciatore quindi userà come dopante un β2-agonista in quanto respira meglio (broncodilatazione) e ha maggiore vascolarizzazione muscolare (vasodilatazione).

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RENE (β1) stimolazione del sistema RAA (rabbia => catecolamine sul rene => attivazione RAA => ipertensione)

MUSCOLO SCHELETRICO (β2) glicogenolisi (formazione di ATP)

FEGATO (β2) gluconeogenesi, glicogenolisi (i calciatori mangiano molti carboidrati, immagazzinati nel fegato; durante lo sforzo fisico l’attivazione dei recettori adrenergici sul fegato stimola la produzione di glucosio). Quindi un beta-bloccante aspecifico può avere effetti indesiderati di regolazione della glicemia.

PANCREAS (β2) secrezione di insulina. Utilizzando un beta-bloccante specifico in un pz con diabete insulino-dipendente si avrà un alto rischio di crisi ipoglicemiche, soprattutto notturne.

OCCHIO (β1) stimolo della secrezione di umore acqueo. In pz con glaucoma ad angolo aperto e ipertensione endoculare si usano instillazioni oftalmiche di timololo (beta-bloccante aspecifico). Visto che il trattamento è locale, non si hanno effetti collaterali sistemici (bronchiale) (inoltre il trattamento prevede inibitori colinergici, in quanto causano midriasi e ciò facilita il flusso verso il canale di Schlemm)

UTERO (β2) rilasciamento della muscolatura liscia. Gli agonisti adrenergici (ritodrina e terbutalina) vengono utilizzati per evitare il parto prematuro. L’uso di beta-bloccanti aspecifici può far precipitare il parto prematuro.

ADIPOCITI (β3) lipolisi. Il trattamento con β-bloccanti (qualunque) causa alterazioni del profilo lipidemico, con abbassa-mento del rapporto HDL/LDL (peggio, in quanto è un fattore di rischio cardiovascolare). Tutti i β-bloccanti causano ciò, tranne una particolare classe chiamata ISA (attività simpaticomimetica intrinseca): questi man-tengono l’attività di blocco sul cuore ma non causano alterazioni lipidiche, in quanto sono antagonisti par-ziali che causano una risposta sub-massimale (comunque efficace per il cuore, ma non per gli adipociti).

TIROIDE A livello periferico si ha la conversione da T4 a T3 tramite rimozione di un atomo di iodio. Nel pz con iperti-roidismo questa deiodazione può essere inibita dai beta-bloccanti; che quindi migliorano sia la sintomato-logia (tachicardia, nervosismo) sia mantengono alti i livelli di T4 (la riduzione dei livelli di T3 porta ad un aumento del TSH, con parziale compenso anche dell’eziologia dell’ipertiroidismo).

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COTRASMISSIONE / MODULAZIONE (trasmissione NANC: non-adrenergica non-colinergica)

non peptidi ATP: recettore P2x1, contrazione rapida della muscolatura liscia (la suramina è un antagonista purinergico) serotonina: nei neuroni enterici, riflessi peristaltici dopamina: recettori dopaminergici D1/D2 nei neuroni simpatici del rene, vasodilatazione NO: nervi pelvici (erezione) (viagra), nervi gastrici (aumento dello svuotamento gastrico, quindi migliore as-sorbimento dell’aspirina, che viene assorbita a livello intestinale, ed è facilitata dal rapido svuotamento)

peptidi VIP: recettore VPAC, vasodilatazione cardiaca, broncodilatazione neuropeptide-Y (NPY): vasocostrizione (in sinergia con noradrenalina) sostanza P: depolarizzazione lenta nei gangli simpatici (infiammazione neurogenica: dolore neuropatico dell’arto fantasma), cotrasmessa con ACh in neuroni enterici (riflessi peristaltici) RECETTORI DOPAMINERGICI - alta affinità (D1, D2) => vasodilatazione (dosi basse e frequenti) (trattamento dell’overdose da BBT) - bassa affinità (D3, D4, D5) => vasocostrizione (dosi alte e ritardate) TERMINAZIONE DELL’EFFETTO 1) blocco del rilascio tramite i recettori α2 presinaptici

2) re-uptake del neurotrasmettitore tipo 1 => terminale pre-sinaptico (rimessa in vescicole e riutilizzata) tipo 2 => terminale post-sinaptico (esterno al sito recettoriale) Visto che il re-uptake dipende da specifici trasportatori, i diversi neurotrasmettitori usano vie differenti: la noradrenalina utilizza preferenzialmente il tipo 1, mentre l’adrenalina utilizza il tipo 2. L’uso combinato di antidepressivi triciclici (ATC) e inibitori delle monoaminossidasi (MAOi) si scatena una crisi ipertensiva, perché gli ATC sono inibitori del re-uptake di tipo 1, e i MAOi sono inibitori del metaboli-smo della noradrenalina, per cui non si ha terminazione dell’effetto. Anche il tramadolo è un antidolorifico che ha interazioni con le MAO.

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3) catabolismo del neurotrasmettitore Il catabolismo della acetilcolina inizia tramite la degradazione in colina e acetato ad opera della AChE. Il catabolismo della noradrenalina inizia tramite una ossidazione operata dalle MAO (monoaminossidasi). La MAO-A ha affinità maggiore per noradrenalina e serotonina; la MAO-B ha affinità maggiore per feniletila-mina e benzilamina. La dopamina è attaccata da entrambe le MAO (MAOi nel Parkinson).

La tiramina (presente soprattutto nel formaggio) è una sostanza che se raggiunge il SNC provoca il rilascio massivo di catecolamine e quindi gravi crisi ipertensive. A livello della mucosa intestinale e epatico ci sono le MAO che eliminano la tiramina. In un pz che assume MAOi, la tiramina non viene fermata e quindi scate-na crisi ipertensive. (“effetto formaggio” della tiramina in pz con MAOi)

feocromocitoma

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CLASSI DI FARMACI DEL SISTEMA NERVOSO AUTONOMO

SISTEMA ORTOSIMPATICO ANTAGONISTI ADRENERGICI beta-bloccanti non selettivi: propanololo, metoprololo, pindolo, acebutololo selettivi (β1) lenti: atenololo, betaxololo selettivi (β1) ultrarapidi: esmololo, mebivololo

alfa-beta bloccanti: carvedilolo

alfa-bloccanti non selettivi: fenossibenzamina, fentolamina selettivi (α1): zosine (prazosina, doxazosina, terazosina), tamsulosina/alfuzosina

bloccanti-agonisti misti: labetalolo AGONISTI ADRENERGICI E SIMPATICOMIMETICI fenilefrina metossamina efedrina dobutamina clonidina β2-stimolanti del sistema respiratorio I recettori β2 servono a far dilatare le arterie, mentre i recettori α2 presinaptici hanno funzione regolatoria; quindi i farmaci diretti verso questi recettori non esistono o hanno troppi effetti collaterali.

SISTEMA PARASIMPATICO ANTAGONISTI COLINERGICI NICOTINICI (anti-nicotinici) bloccanti vescicolari: vesamicolo

tossine sinaptiche: botulino, bungarotossina

bloccanti neuromuscolari non-depolarizzanti: tubocurarina, pancuronio, vecuronio, atracurio, mivacurio depolarizzanti: sussametonio (succinilcolina)

bloccanti gangliari: esametonio

rigeneratori della AChE: pralidossima AGONISTI COLINERGICI NICOTINICI E INIBITORI DELLA AChE inibitori della AChE: inibitori reversibili della AChE: alcoli (edrofonio); carbammati (“stigmine”) inibitori irreversibili della AChE: organofosforici (sarin)

bloccanti del re-uptake: emicolinio ANTAGONISTI COLINERGICI MUSCARINICI (anti-muscarinici, “parasimpaticolitici”) non selettivi: atropina, scopolamina, tropicamide selettivi: pirenzepina AGONISTI COLINERGICI MUSCARINICI pilocarpina

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SISTEMA ORTOSIMPATICO ANTAGONISTI ADRENERGICI: BETA-BLOCCANTI

BETA-BLOCCANTI NON SELETTIVI (β1, β2) PROPANOLOLO Agisce prevalentemente diminuendo la gittata cardiaca (inotropo negativo e cronotropo negativo); una par-te degli effetti è dovuta all’inibizione del sistema renina-angiotensina-aldosterone. Blocco bronchiale e arteriolare (asma, insufficienza vascolare periferica, claudicatio intermittens) Blocco β1 cardiaco causa scompenso in pz con disturbi della contrattilità Blocco glicogenolisi epatica => rischio ipoglicemico in pz con diabete insulino-dipendente La sospensione acuta può scatenare una sindrome di astinenza (tachicardia, ansia, eventi anginosi), a causa di un aumento compensatorio dei recettori e/o supersensitività (fenomeno del rimbalzo); inoltre il beta-bloccante ha una componente d’azione anche sul tono umorale, in quanto è un ansiolitico; sospendendolo di colpo si avrà una sindrome da astinenza che a livello cardiovascolare provocherà una tachicardia e a livel-lo soggettivo alterazioni del livello dell’umore.

L’uso di β-bloccanti in un pz con scompenso NYHA 4 è da criminale. Inoltre è controindicato in caso di ede-ma polmonare acuto. Questi farmaci diminuiscono il lavoro cardiaco e lo stress contrattile (quindi diminuire il consumo di ossigeno). Inoltre c’è una diminuzione delle resistenze vascolari periferiche, che mantiene elevata la frazione di eiezione. In un pz non acuto, con una FE bassa, il propanololo poteva causare edema polmonare; venivano quindi utilizzati i beta-bloccanti con attività simpaticomimetica intrinseca, che anda-vano meglio in quanto avevano un effetto prevalente sulla cronotropia (bradicarizzanti, ma la forza contrat-tile era abbastanza mantenuta).

METOPROLOLO Altrettanto efficace su β1, ma circa 50-100 volte meno efficace su β2 (prevalentemente β1). Utile in diabetici, asmatici o pz con arteriopatie periferiche (che mal sopporterebbero un blocco β2); co-munque in pz asmatici geneticamente predisposti può causare broncospasmo. PINDOLO (β1 = β2), ACEBUTOLOLO (β1 >> β2) Caratterizzati da attività simpaticomimetica intrinseca (ISA). Minore riduzione della frequenza e della gitta-ta cardiaca; meno alterazioni nel metabolismo lipidico. Sono antagonisti parziali, e vengono utilizzati come cardioprotettori (prevenzione di eventi cardiaci che potrebbero essere scatenati da altri farmaci). Essendo un beta-bloccante, evita il remodeling cardiaco; inoltre non riducendo i livelli di HDL previene l’infarto. BETA-BLOCCANTI SELETTIVI LENTI ATENOLOLO (β1-selettivo) Non viene metabolizzato in modo significativo (lunga emivita => schemi monodose / die). Si usa tantissimo e viene utilizzato per confrontare i nuovi beta-bloccanti. E’ idrofilo, viene eliminato per via renale e prendendolo per os l’effetto di primo passaggio è molto lieve.

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BETAXOLOLO (β1-selettivo) Metabolizzato a livello epatico in modo molto lento, lunga emivita; nel trattamento del glaucoma Se un farmaco è molto lipofilo, ha maggiore probabilità di attraversare la barriera ematoencefalica e quindi causerà un β-blocco cerebrale. Tutto ciò che va contro le catecolamine provoca depressione, mentre tutto ciò che va a favore delle catecolamine provoca eccitazione (cocaina, amfetamina). Quindi trattando i pz con beta-bloccanti è necessario guardare il tono morale del pz, perché dopo mesi di trattamento potrebbe ave-re depressione. L’atenololo è idrofilo, quindi non da depressione. BETA-BLOCCANTI SELETTIVI ULTRARAPIDI ESMOLOLO (β1-selettivo) Rapidamente idrolizzato e inattivato dalle esterasi dei globuli rossi (emivita = 10 minuti). Viene utilizzato nel trattamento delle emergenze (aritmie da tireotossicosi, ipertensione perioperatoria, ischemia miocardica acuta), tramite infusione continua con monitoraggio dei parametri cardiaci. MEBIVOLOLO (β1-selettivo) E’ selettivo e aumenta la sintesi di NO a livello della parete vascolare (vasodilatazione, quindi inibizione dell’aggregazione piastrinica e aumento della protezione endoteliale). Quindi il mebivololo facilita la vasodi-latazione endotelio-dipendente (analogamente alla ACh, stimola la ossido-nitrico-sintasi)

ANTAGONISTI ADRENERGICI: ALFA-BETA BLOCCANTI CARVEDILOLO (α/β1/β2 bloccante) Ha un ruolo sia recettoriale che antiossidante. A livello periferico i recettori alfa mediano contrazione e aumento delle resistenze periferiche, nonché contrazione delle vene. Causando un blocco alfa ho vasodila-tazione delle vene di capacitanza, e quindi si ha riduzione del ritorno venoso, associato a edemi declivi; un meccanismo simile avviene con i calcio-antagonisti (riduzione del ritorno venoso + edemi periferici). Inoltre il carvedilolo è considerato un antiossidante in quanto riduce la perossidazione lipidica.

ANTAGONISTI ADRENERGICI: ALFA-BLOCCANTI L’effetto dei recettori alfa è la contrazione vasale: quindi dal versante arterioso si ha una contrazione delle arteriole con aumento del postcarico, e dal versante venoso si ha una contrazione delle venule con aumen-to del precarico, e quindi della gittata cardiaca. Nel grafico sul propanololo, si vede che lo stimolo adrener-gico non causa aumento di frequenza o forza contrattile, ma causa aumento della pressione arteriosa (per l’effetto alfa); pertanto il propanololo non può essere usato come anti-ipertensivo. Ma a livello cardiaco non sono presenti recettori alfa; quindi perché si cercano sempre bloccanti α1 specifici?

Considerando lo schema a pag. 40, si vede che la noradrenalina va sui recettori post-sinaptici, e torna indie-tro verso il recettore pre-sinaptico alfa2, che inibisce l’adenilato ciclasi e inibisce l’ulteriore rilascio di nora-drenalina. Quindi la NA, una volta liberata, compie il proprio lavoro sul cuore e blocca l’ulteriore rilascio di NA. Considerando un pz iperteso, se somministro un alfa-bloccante mi aspetto una diminuzione della pres-sione, in quanto i recettori alfa mediano vasocostrizione arteriosa e venosa, e quindi bloccandoli ho una va-sodilatazione arteriosa (diminuzione del postcarico) e una vasodilatazione venosa (riduzione del precarico e della gittata sistolica, quindi della pressione aortica). Se il bloccante è alfa1-specifico non avrò problemi, ma se non è un bloccante specifico andrà a bloccare anche i recettori alfa2 presinaptici, e quindi verrà a man-care il meccanismo di autoregolazione nel rilascio di noradrenalina. Quindi si rilasciano grandi quantità di NA che va sull’arteriola, che contiene alfa-bloccante, e quindi non ha effetto (non si ha vasocostrizione, quindi l’arteriola si dilata, quindi l’effetto desiderato). Ma a livello cardiaco il blocco degli alfa2 causa un maggiore rilascio di NA, che va sui recettori beta (quindi liberi), e si avrà tachicardia. Bisogna pertanto fare bloccanti selettivi alfa1-specifici nonostante nel cuore non ve ne siano, altrimenti si ha tachicardia.

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Riflesso barocettivo: ↑ PA => stiramento barocettori del seno carotideo => stimolo nucleo motore dorsale del vago (interneuroni inibitori) => inibizione del centro vasomotorio => minori efferenze periferiche => ri-duzione della quantità di catecolamine in circolo verso il SNA => ↓ frequenza => ↓ PA

Tutti gli alfa bloccanti causano diminuzione del ritorno venoso, diminuzione della gittata cardiaca e della pressione aortica e quindi, per il riflesso barocettivo, tachicardia; ma se gli α2 sono liberi il SNA riesce a con-trastare gli effetti del riflesso barocettivo; se il bloccante è aspecifico la tachicardia è clinicamente rilevante. La tachicardia è definita “riflessa” in quanto gli α-bloccanti non hanno azione diretta sul cuore, ma impedi-scono l’autoregolazione del SNA; visto che gli α-bloccanti riducono il ritorno venoso e attivano il riflesso ba-rocettivo, è proprio il riflesso barocettivo che non può venire regolato dal SNA e quindi si ha tachicardia.

alfa-bloccanti non selettivi <=> tachicardia riflessa (riflesso barocettivo non contrastato dal SNA) alfa-bloccanti selettivi (α1) => NO tachicardia (α2 sono liberi => SI autoregolazione) ALFA-BLOCCANTI NON SELETTIVI FENOSSIBENZAMINA Irreversibile (lunga durata d’azione: 24-48 ore) Azione più marcata quando c’è un ipertono simpatico (ortostatismo, ipovolemia) Utilizzato nella preparazione per interventi di feocromocitoma, per la sindrome da carcinoide (anti-5HT; nel carcinoide si ha una iperincrezione di serotonina, con rossori cutanei, sintomi di orticaria e forte prurito) e per la mastocitosi sistemica (anti-H1). FENTOLAMINA Utilizzata durante gli interventi di feocromocitoma, perché nel momento della rimozione del tumore c’è un effetto spremitura del surrene con aumento del rilascio di catecolamine, che può scatenare una crisi iper-tensiva. Il legame è reversibile e ha breve durata d’azione. Quindi per gli interventi di feocromocitoma si utilizzano: la fenossibenzamina nel pre-operatorio (perché è un antagonista non competitivo e agisce con un legame irreversibile di lunga durata), la fentolamina duran-te l’intervento chirurgico (perché è un antagonista competitivo, con legame reversibile e breve durata). Gli alfa-bloccanti non selettivi hanno tre effetti principali: 1) riduzione del tono vascolare, sia arterioso che venoso (riduzione del ritorno venoso) 2) non hanno azione diretta sul cuore 3) provocano tachicardia riflessa mediata dal riflesso barocettivo

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ALFA-BLOCCANTI SELETTIVI “ZOSINE” (PRAZOSINA, DOXAZOSINA, TERAZOSINA) (α1-selettivo) Trattamento dell’ipertensione. Bloccando i recettori alfa1 e lasciando liberi i recettori alfa2, salvano il mec-canismo di feedback negativo mediato dagli alfa2 presinaptici; inducono quindi vasodilatazione con basso livello di tachicardia riflessa. E’ necessario fare attenzione all’effetto di prima dose, in quanto si verifica una super-risposta con ipoten-sione ortostatica e sincope; pertanto è consigliato assumere la prima dose prima di mettersi a letto. TAMSULOSINA, ALFUZOSINA (α1-selettivo) Trattamento dell’ipertrofia prostatica. I recettori alfa1 nella prostata causano contrazione, e quindi contri-buiscono alla disuria. Altri analoghi sono il pinacidil e l’urapidil. Sono più specifici per i recettori α1-A e α1-D e quindi hanno basso effetto sul controllo della pressione sistemica.

BLOCCANTI-AGONISTI MISTI LABETALOLO (α/β1 bloccante, β2 agonista) α-bloccante (3x) => vasodilatazione => diminuzione delle resistenze periferiche β1-bloccante (1x) => cronotropo negativo => diminuzione della frequenza cardiaca β2-agonista => aumento di broncodilatazione, vasodilatazione muscolare periferica (aumento flusso) Trattamento delle emergenze ipertensive (feocromocitoma, cocaina); “simpaticolitico” Minimizza vasocostrizione-tachicardia e promuove vasodilatazione; quindi è utile nei pz con arteriopatia periferica perché la componente bloccante serve ad abbassare la pressione, mentre la componente agoni-sta serve ad avere una dilatazione arteriosa. Viene utilizzato nell’overdose da cocaina, che provoca vasocostrizione generale e ipertensione.

AGONISTI ADRENERGICI Gli agonisti adrenergici si utilizzano per aumentare il flusso ematico, e quindi la pressione arteriosa. Quindi: - ipoperfusione di rene, cervello, cuore, midollo (lesioni spinali) - emorragia grave - overdose da anti-ipertensivi o oppioidi/barbiturici

shock ipovolemico => ripristinare il volume ematico (il pz ha già vasocostrizione massiva compensatoria) shock cardiogeno => effetto inotropo positivo di dopamina (recettori D1-D2) [anche citoprotettiva] FENILEFRINA: trattamento della congestionante nasale e per il fondo oculare (soprattutto alfa-agonista) METOSSAMINA: trattamento dell’ipotensione ortostatica (soprattutto alfa-agonista) EFEDRINA: stimola la liberazione di noradrenalina, per ipotensione ortostatica (soprattutto beta1-agonista) veniva utilizzata anche per le crisi asmatiche (broncodilatatore, inalato per os tramite formulazione nebuliz-zata); fu evitata per questa indicazione in quanto aumentava l’incidenza di aritmie. Pertanto oggi si preferi-sce la midodrina (alfa-agonista). DOBUTAMINA: beta1-agonista, aumento di contrattilità, diminuzione della pressione di riempimento; co-me effetti collaterali si hanno tachicardia (aumentato consumo di ossigeno => ischemia). CLONIDINA (simpaticomimetico per diminuire la pressione) Somministrata per via endovenosa provoca inizialmente una risposta ipertensiva, mediata da costrizione α e β2-dipendente. A questo livello la clonidina è un agonista parziale, in quanto inibisce gli effetti pressori di altri agonisti. Successivamente si ha una risposta ipotensiva, mediata a livello centrale da recettori α2-A.

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Inizialmente è un simpaticomimetico periferico (α-β2), poi è un simpaticolitico centrale (α2-A). Si parla di simpaticolitico in quanto la concentrazione di catecolamine dopo la somministrazione del farma-co è molto bassa; questa risposta è dovuta al blocco dei recettori alfa2-A, presinaptici, che bloccano la tra-smissione inibendo il rilascio di neurotrasmettitore. Quindi si ha ipotensione, bradicardia e riduzione delle catecolamine circolanti. La pressione arteriosa diminuisce anche perché la clonidina blocca la circolazione delle catecolamine, che quindi non potranno stimolare l’asse RAA agendo sui beta1 renali. La clonidina si usa per le gravi crisi iper-tensive o quando un pz è già in trattamento per l’ipertensione e non riesce a controllarla. L’interruzione brusca della clonidina causa crisi ipertensive (simpatiche), che insorgono rapidamente (18-36 ore), anche dopo aver saltato una sola somministrazione. Occorre quindi diminuire progressivamente le do-si; lo stesso meccanismo vale per i beta-bloccanti. Analogamente ai beta-bloccanti, hanno anche un effetto tranquillante perché fungono da blandi sedativi, e la sospensione improvvisa causa la sindrome da rimbalzo

Considerando gli oppioidi, il loro meccanismo d’azione è quello di bloccare il rilascio di catecolamine: - a livello presinaptico, ci sono recettori per gli oppioidi che diminuiscono la quantità rilasciata - a livello postsinaptico, gli oppioidi iperpolarizzano la membrana (potenziale postsinaptico inibitorio) trami-te aumento della conduttanza al potassio Quindi arriva poco neurotrasmettitore alla membrana postsinaptica, che inoltre è iperpolarizzata. Gli op-pioidi sono dei potenti modulatori negativi della trasmissione del segnale. oppioidi => dilatazione periferica per liberazione di istamina e depressione del centro vasomotorio overdose da oppioidi => miosi, bradicardia, ipotensione, bassa ventilazione => somministrare clonidina astinenza da oppioidi => crisi simpatica (midriasi, ipertensione, tachicardia, polipnea, agitazione) [si ha un rilascio massivo dei neurotrasmettitori dal terminale presinaptico che incontrano i recettori liberi] β2-stimolanti del sistema respiratorio metaproterenolo (orciprenalina) => aerosol, per os albuterolo (salbutamolo) => aerosol, per os terbutalina => aerosol, per os o sottocutanea [in grado di prevenire le crisi ipoglicemiche del diabetico] bitolterolo => aerosol Vanno utilizzati ad hoc (non continuativamente, altrimenti desensitivizzazione recettoriale); recentemente sono stati introdotti derivati liposolubili (formoterolo, salmeterolo) che danno broncodilatazione prolunga-ta (fino a 12 ore, ma non hanno rapida azione; utili per una copertura cronica del pz) A livello dell’occhio si hanno i recettori alfa1 per la contrazione del m. radiale dell’iride (causa midriasi) e recettori beta per il rilassamento del m. ciliare. La fenilefrina è un agonista dei recettori alfa1, e quindi ac-centua la midriasi (esame del fondo oculare); può essere utilizzata anche l’atropina (anti-colinergico). Dall’epitelio ciliare si ha produzione di umor acqueo, che arriva fino all’angolo laterale della camera ante-riore e viene riassorbito attraverso il canale di Schlemm. In pz affetti da glaucoma si ha un aumento della pressione endoculare, perché l’angolo di drenaggio è occluso (sia dal tessuto, sia dalla midriasi), e quindi si ha accumulo dell’umor acqueo. Per il trattamento vengono utilizzati beta-bloccanti

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SISTEMA PARASIMPATICO: RECETTORE NICOTINICO Sia il recettore nicotinico neuronale che quello muscolare sono canali ionici per il Na+, e la loro attivazione determina depolarizzazione cellulare; a livello della placca neuromuscolare si ha contrazione. L’esocitosi di ACh e il riconoscimento sul recettore postsinaptico sono necessari per il passaggio dell’impulso. La forma-zione di vescicole di ACh può essere sperimentalmente bloccata con il vesamicolo (paralisi nelle cavie). Il blocco del rilascio di ACh è grave perché, dopo il rilascio, la ACh torna sul terminale presinaptico dove incontra un recet-tore presinaptico nicotinico, che rinforza (feedback posi-tivo) il rilascio di ACh (non come accade tra noradrenali-na e recettore alfa2 presinaptico, che modula negativa-mente e blocca l’ulteriore rilascio di NA).

A livello presinaptico l’enzima CAT (colina-acetil-trasferasi) sintetizza ACh a partire da colina e acetilCoA. Un carrier trasporta l’ACh sintetizzata a livello delle vescicole. Le vescicole migrano verso la membrana plasma-tica grazie a proteine citoscheletriche (sintassine, sinaptobrevine) e si fondono con la membrana rilasciando ACh nel vallo. L’ACh si lega al recettore nicotinico muscolare presente nella placca neuromuscolare. Il recet-tore si apre e lascia passare Na+ all’interno, che genera un’onda di depolarizzazione (EPSP), che se raggiun-ge il potenziale soglia scatena il potenziale d’azione con innesco della contrazione muscolare. Dopo che la ACh si lega al recettore nello spazio sinaptico, viene rapidamente idrolizzata e quindi inattivata in acetato e colina; la colina viene poi ripresa dal neurone presinaptico per la nuova sintesi di ACh. Recettore nicotinico presinaptico: favorisce l’esocitosi (feedback positivo) *NO inibitorio come alfa2]; que-sto recettore stimola anche il rilascio di dopamina e glutammato (soprattutto nel cervello).

- inibitori del carrier (NO ACh in vescicole) => vesamicolo (bassa farmacocinetica, sperimentale) - inibitori dell’esocitosi (NO ACh nel vallo) => botulino (tossine pre-sinaptiche) - inibitori recettoriali (NO ACh sul recettore) => bloccanti neuromuscolari (depolarizzanti o non) - inibitori del catabolismo (aumento ACh attivo) => inibitori di AChE (neostigmina), inibitori del re-uptake

ANTAGONISTI COLINERGICI NICOTINICI (ANTINICOTINICI) TOSSINE SINAPTICHE: BOTULINO La tossina botulinica ha azione presinaptica che bloccano la fusione tra le vescicole e la membrana plasma-tica; spesso sono proteasi e il loro bersaglio molecolare sono le proteine citoscheletriche (sinaptobrevine, sintassine) che mediano l’interazione tra tSNARE e vSNARE. La tossina botulinica (Clostridium botulinii) permette di mettere a riposo la placca neuromuscolare, impedendo la depolarizzazione e la conseguente contrazione muscolare. Viene quindi bloccato il rilascio di ACh tramite blocco della fusione. Bloccando l’esocitosi dell’ACh si viene anche a rimuovere il potenziamento autocrino (feedback positivo) presinaptico. Uso terapeutico: blefarospasmo (chiusura palpebrale spastica), contrazioni spastiche (torcicollo), contrattu-re e paralisi dolorose degli arti inferiori, acalasia del cardias, chirurgia estetica (per rimuovere le rughe di “atteggiamento”, dovute a ipercontrazione localizzata dei fasci muscolari

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Avvelenamento: alimentare o parenterale; morte per paralisi dei muscoli respiratori (diaframma). Si ha progressiva paralisi flaccida, con debolezza muscolare, diplopia, perdita del riflesso pupillare (midriasi fissa), difficoltà nella deglutizione, rilascio degli sfinteri e dei muscoli volontari; la coscienza rimane vigile. La mor-te avviene per insufficienza respiratoria. Sono sufficienti 1 ng/kg per determinare morte in 2-5 giorni. TOSSINE SINAPTICHE: BUNGAROTOSSINA Le bungarotossine sono prodotte dai serpenti a sonagli e dei cobra. L’ingresso in circolo è diretto (per mor-so) e porta a morte rapidamente anche perché la tossina ha bisogno di concentrazioni minori per essere le-tale. Si distinguono: - alfa-bungarotossina: blocco dei recettori postsinaptici - beta-bungarotossina: blocco dell’esocitosi nei recettori presinaptici (analoga al botulino) BLOCCANTI NEUROMUSCOLARI NON-DEPOLARIZZANTI Sono i più usati, il capostipite è la tubocurarina. Il bloccante non depolarizzante è una sostanza che si lega al recettore impedendo l’apertura del poro (e bloccando il sito di legame con l’agonista), e quindi non per-mette la depolarizzazione della placca. Questo è un blocco competitivo del legame ACh/recettore. Vanno sul canale chiuso, e il canale rimane chiuso. Applicando uno stimolo elettrico, il potenziale di mem-brana non varia, in quanto non si sono recettori disponibili per permettere la depolarizzazione. Quindi non è possibile generare un potenziale d’azione per contrarre il muscolo, e si ha paralisi flaccida.

Usi terapeutici: anestesia (paralisi flaccida) (si può ottenere anche con un anestetico, ma richiederebbe dosi estremamente elevate da determinare coma)

Effetti collaterali: molti dei derivati del curaro tendono a rilasciare istamina (perché stimolano la degranula-zione dei mastociti; l’istamina provoca broncocostrizione (broncospasmo) e vasodilatazione (ipotensione). Inoltre dal momento che il recettore nicotinico si trova sia a livello gangliare che a livello muscolare, queste sostanze interferiscono a livello gangliare determinando blocco gangliare del simpatico (aggrava ipotensio-ne). Per evitare questo sono stati sintetizzati altri bloccanti, come pancuronio, vecuronio e atracurio, che non hanno gli effetti collaterali legati al blocco gangliare o al rilascio di istamina.

Se queste sostanze non fossero metabolizzate dall’organismo, il pz rimarrebbe in blocco non depolarizzan-te; in realtà questi farmaci hanno eliminazione renale o metabolismo epatico. Normalmente il blocco dato dall’atracurio dura 20-30 minuti e poi si esaurisce, mentre la tubocurarina dopo 70 minuti ha ancora il 50% dell’attività. Al contrario, considerando il tempo necessario per realizzare un blocco del 50%, la tubocurari-na impiega 80 min, mentre l’atracurio impiega 15 minuti. Il mivacurio è inattivato dalle colinesterasi pla-smatiche; avendo una degradazione avrà una brevissima durata d’azione (circa 15 min) e pertanto è utiliz-zato nelle emergenze. A causa della variabilità individuale nella cinetica enzimatica, analogamente a quanto accade per la succinilcolina per le pseudocolinesterasi, può essere necessario aggiustare i dosaggi con le ca-ratteristiche del pz. Nel momento in cui si deve scegliere tra uno di questi farmaci va effettuato un calcolo prospettico per aggiustare il farmaco in base alla durata dell’intervento, alle caratteristiche del pz e se è ne-cessario avere un rilascio di istamina.

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bloccanti neuromuscolari non depolarizzanti

BLOCCANTI NEUROMUSCOLARI DEPOLARIZZANTI Se al recettore nicotinico si lega un bloccante depolarizzante in corrispondenza del canale aperto, questo non potrà più chiudersi e quindi terminare l’effetto. Quindi questi bloccanti, a differenza dei precedenti che impedivano l’apertura, impediscono la chiusura del poro. Vanno sul canale aperto e lo mantengono aperto. Possono anche essere degli agonisti dell’acetilcolina, in quanto vengono riconosciuti, aprono il canale ma non possono essere rimossi rapidamente, e quindi man-tengono il canale aperto. Il canale aperto causa un po-tenziale d’azione inizialmente (contrazione), e poi la cellula rimane depolarizzata, e bloccata (non può pro-durre altri potenziali d’azione, e quindi non si può veri-ficare contrazione). Anche i bloccanti depolarizzanti causano paralisi flaccida. Una di queste sostanze è la succinilcolina (sussematonio), che se somministrata determina una iniziale contrazione seguita da fascico-lazioni superficiali, con seguente paralisi flaccida e ri-lassamento muscolare. La succinilcolina è un analogo dell’acetilcolina che non può essere rimosso dal canale. Analogamente, una quantità eccessiva di ACh si comporta da bloccante depolarizzante nei confronti del proprio canale, in quanto ci sono così tante molecole che è come se il canale fosse sempre aperto.

Visto che il canale dell’ACh causa depolarizzazione tramite ingresso di Na+ e fuoriuscita di K+, l’uso dei bloc-canti neuromuscolari depolarizzanti è associato ad un enorme aumento del tempo di apertura del canale, e quindi c’è una massiva fuoriuscita di potassio, che determina una lieve iperkaliemia. Questo è un problema per i pz traumatizzati (soprattutto ustionati), in quanto l’uso di sussametonio causa un aumento importante della kaliemia, che può determinare gravi aritmie cardiache. In questi pz a livello delle placche neuromusco-lari si ha un aumento del numero di recettori (ipersensibilità da denervazione) *l’organismo immette un numero maggiore di recettori alla ricerca della ACh che non arriva], e quindi un maggior rilascio di K+.

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La succinilcolina viene metabolizzata dalle pseudocolinesterasi di origine epatica, e questi enzimi possono essere misurati per va-lutare la funzionalità epatica. La durata d’azione della succinilco-lina è breve (10-20 min), quindi viene utilizzata per brevi inter-venti o per intermedi di media lunghezza (tramite somministra-zione di boli ripetuti nel tempo). Alcuni pz possono avere polimorfismi di questi enzimi: se un pz ha una pseudocolinesterasi non funzionante, la succinilcolina non viene metabolizzata, si accumula e causa un blocco musco-lare del diaframma e dei muscoli respiratori al termine dell’ ane-stesia. Pertanto, si effettua il test del numero di dibucaina.

Effetti collaterali: - aritmie, da iperkaliemia (soprattutto in pz traumatizzati) - dolore muscolare post-operatorio (iperattivazioni muscolari prima della paralisi) - bradicardia, perché la succinilcolina come l’ACh ha effetti anche muscarinici; a livello cardiaco questi re-cettori (che sono sotto il controllo del vago) si trovano a livello del NSA, e il pz avrà una bradicardia sinusale

Un grave effetto collaterale della succinilcolina è lo sviluppo di ipertermia maligna. Questa è una rara ma-lattia genetica dovuta ad una mutazione sul cromosoma 19, trasmessa per via autosomica dominante. Normalmente questi pz cono asintomatici (e quindi sono difficili da individuare); la malattia si manifesta in occasione di interventi chirurgici come grave reazione ad alcune classi di farmaci usati in anestesia generale come i gas alogenati e i bloccanti neuromuscolari depolarizzanti (succinilcolina). Questa anomalia genetica provoca un aumentato ingresso di calcio tramite RyR1, con aumento del metabolismo ossidativo del tessu-to muscolare, che supera la capacità di smaltire i cataboliti, portando a collasso cardiocircolatorio e morte del pz. E’ una canalopatia ereditaria dovuta alla mutazione del recettore per la rianodina (RyR1). Si può in-tervenire tempestivamente con il dandrolene, che legandosi al RyR1 blocca l’ingresso di calcio.

Usi terapeutici: - coadiuvanti dell’anestesia generale: per ottenere il rilasciamento della muscolatura striata riducendo la dose di anestetico, per favorire l’intubazione tracheale (broncoscopia), per consentire il rilasciamento dei muscoli extraoculari in chirurgia oculare - ventilazione controllata in pz in terapia intensiva

AGONISTI COLINERGICI E INIBITORI DELLA AChE La ACh una volta che è stata rilasciata nello spazio sinaptico viene rapidamente idrolizzata a colina e aceta-to da parte della AChE, e quindi inattivata. La colina viene poi ripresa dal neurone presinaptico tramite un trasportatore; bloccando un re-uptake della colina si provoca quindi un impoverimento progressivo di ACh nello spazio sinaptico; queste sostanze farmacologiche (emicolinio) non sono clinicamente utili.

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↓ [ACh] recettoriale ↑ [ACh] recettoriale ↓ contrazione ↑ contrazione => miorilassanti => pz miastenico

INIBITORI DELLA AChE funzionalmente equivalenti ad agonisti colinergici nicotinici

rapidamente reversibili

lentamente reversibili

irreversibili

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Normalmente l’AChE è responsabile della terminazione dell’effetto dell’ACh. Tramite l’inibizione della AChE si ha un aumento della concentrazione di ACh nella placca; questo è utile nei casi di difettosa contrazione muscolare (come nella miastenia). Alcuni sono inibitori irreversibili, altri sono inibitori reversibili. Natural-mente varierà la loro durata d’azione, la potenza, l’effetto terapeutico e la gravità degli effetti tossici. INIBITORI REVERSIBILI DELLA AChE Gli inibitori reversibili sono alcoli o carbammati, contenenti gruppi ammonici quaternari o amminici terziari. Si distinguono inibitori rapidamente reversibili (alcoli, che contengono gruppi ammonici quaternari) (hanno una durata d’azione di 5-10 minuti e possono essere usati in diagnostica) e inibitori lentamente reversibili (carbammati, hanno una durata d’azione di qualche ora. La fisostigmina e la piridostigmina vengono anche utilizzati per aumentare i livelli di ACh nel circolo encefalico.

Meccanismo d’azione: il sito attivo della AChE, dove d’ACh viene scissa in colina e acetato, è costituito da un residuo di istidina (anello imidazolico) e un residuo di serina (gruppo idrossilico). Tra la serina e l’azoto dell’anello imidazolico dell’istidina c’è un legame idrogeno. La neostigmina si lega alla serina e interrompe il legame idrogeno tra serina e istidina; l’assenza di questo legame determina una mancata interazione tra i due aminoacidi provocando una variazione conformazione che porta alla riduzione del sito attivo oppure alla natura lipofilica di quella tasca proteica. Pertanto il complesso enzima-inibitore inibisce l’azione della AChE e determina un accumulo di ACh nel vallo sinaptico. Poi il legame enzima-inibitore si idrolizza (lenta-mente o rapidamente) e si ritorna all’enzima attivo.

Usi clinici: miastenia grave, ileo paralitico, glaucoma Miastenia gravis. Malattia a base autoimmune con anticorpi anti-recettore dell’ACh o formazione di so-stanze endogene che competono con ACh per il recettore. Questo determina il bisogno di maggiore ACh, per utilizzare meglio i recettori della placca neuromuscolare. La malattia si può associare a timoma, che una volta rimosso determina la guarigione della malattia. Il pz presenta ptosi, debolezza muscolare, aumentata faticabilità, difficoltà nel parlare e nel deglutire. La terapia si basa su anti-infiammatori, steroidi (immuno-soppressione) e inibitori dell’AChE; la piridostigmina o la neostigmina vengono utilizzate nel trattamento cronico, mentre l’edrofonio viene utilizzato per diagnosi e controllo della dose (test dell’edrofonio). Dopo il trattamento con neostigmina si hanno potenziali d’azione efficaci e aumento delle contrazioni muscolari, quindi il pz recupera l’accoppiamento eccitazione-contrazione, e sta meglio. Tuttavia dopo un certo periodo di trattamento cronico, si osservano nuovamente potenziali d’azione ineffi-caci per la contrazione e una tendenza a tornare alla situazione di partenza; le cause possono essere: - dosaggio insufficiente - dosaggio eccessivo (il pz sta andando il blocco depolarizzante, perché l’iperdosaggio di AChE-i provoca un aumento eccessivo di ACh che si comporta come un bloccante depolarizzante, causando paralisi flaccida Per distinguere queste due condizioni, si utilizza ancora il test con edrofonio.

Test con edrofonio: il test consiste nel fare una elettromiografia che dia riscontro del peggioramento riferi-to del pz; si registreranno potenziali diminuiti e contrazioni assenti o deboli; somministrando edrofonio (inibitore rapido della AChE), si procede con una seconda elettromiografia; possono verificarsi due casi: - miglioramento dopo edrofonio => neostigmina sottodosata (aumentare i dosaggi) - peggioramento dopo edrofonio => neostigmina sovradosata (l’ACh in eccesso aveva causato un blocco depolarizzante per inibizione eccessiva della AChE) (rischio di insufficienza respiratoria)

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Glaucoma. Si sviluppa ipertensione endoculare per due possibili cause: - eccessiva produzione di umor acqueo da parte dei corpi ciliari => beta-bloccanti (timololo, betaxolo) - scarso drenaggio di umor acqueo da parte dei canali di Schlemm; normalmente il canalicolo raggiunge il massimo drenaggio quanto il muscolo costrittore dell’iride determina miosi, detendendo il canale; per que-sto quando la causa del glaucoma è la diminuzione del drenaggio i pz devono stare il più possibile in miosi (vietati gli occhiali da sole d’estate) (più miosi => più drenaggio). La terapia farmacologica mira a far con-trarre sempre il m. costrittore dell’iride o a causare dilatazione del m. dilatatore. E’ facile ottenere la con-trazione del m. costrittore, che è sotto il controllo parasimpatico (centralmente con il recettore nicotinico neuronale, in periferica recettori muscarinici M3 => inibitori dell’AChE (fisostigmina) (aumenta la quantità di ACh, maggiore stimolazione del recettore muscarinico, contrazione del m. costrittore dell’iride, miosi prolungata, maggiore drenaggio di umor acqueo, diminuzione della pressione endoculare) (applicazione to-pica in congiuntiva) [l’atropina blocca questi M3 => NO costrizione => midriasi (analisi fondo oculare)] (midriasi => poco drenaggio => aumento della pressione endoculare => “mal di testa se studio la sera”) Ileo paralitico. Nell’ileo paralitico post-operatorio (NON nell’ileo paralitico da occlusione intestinale) si usa la neostigmina; gli inibitori dell’AChE aumentano la quantità di ACh a livello enterico, che andrà ad agire tramite le terminazioni colinergiche muscariniche, determinando: su M1 => attivazione del plesso mienterico su M3 => contrazione delle pareti, rilasciamento degli sfinteri, aumento delle secrezioni A differenza dei recettori nicotinici (neuronale e muscolare), i recettori muscarinici sono metabotropi (ac-coppiati a protG), si ha la formazione di IP3 e DAG, con aumento del calcio intracellulare. Partendo dal recettore nicotinico muscolare, facendo gli inibitori della AChE si vedono i primi effetti legati all’attivazione del recettore M3 (motilità e sfinteri GI, miosi). Quindi se a livello della placca neuromuscola-re vediamo effetti simili ai bloccanti depolarizzanti, e livello della terminazione viscerale (muscarinica) ve-diamo gli effetti dovuti ad una iperdisponibilità di ACh. Tutto questo si esalta con gli AChE-i irreversibili. INIBITORI IRREVERSIBILI DELLA AChE (organofosforici => parasimpaticomimetico) Sono sostanze largamente utilizzate in agricoltura come pesticidi. L’intossicazione è praticamente mortale per la gravità della sintomatologia e per il poco tempo in cui è possibile ripristinare le colinesterasi.

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Se negli inibitori reversibili della AChE il legame con la serina si scindeva e si rigenerava l’enzima normale, con l’inibitore irreversibile questo non succede più (succede troppo lentamente, e il pz muore prima). Il gruppo fosforico fa un legame molto più forte con la serina, che si rompe difficilmente. Uno di questi è l’ecotiopato, che somministrato a livello parenterale dura per molti giorni e causa sintomi gastrointestinali, oculari, respiratori, cardiaci e urinari da iper-ACh.

Intossicazione acuta: la sintomatologia è preceduta da una latenza che dipende dalla via di assorbimento e può essere di minuti (aerosol) o più lunga se è stata ingerita. Nel caso della via inalatoria i primi sintomi a comparire sono quelli oculari e respiratori. La sintomatologia è dovuta all’iperattivazione dei recettori mu-scarinici (l’ACh aumenta nel neurone gangliare, che stimola a livello periferico il recettore muscarinico) il recettore principalmente interessato è M3, anche chiamato “ghiandolare-muscolare liscio” per la sintomatologia cardiovascolare è interessato il recettore M2, anche chiamato “cardiovascolare” per la sintomatologia del SNC è interessato il recettore M1, anche chiamato “neuronale” Sintomi oculari: miosi (m. costrittore dell’iride), dolore oculare, congestione della congiuntiva (iperemia), disturbi dell’accomodazione (spasmo del m. ciliare).M3. Sintomi respiratori: rinorrea, congestione delle mucose, senso di costrizione toracica, respiro asmatico (per broncocostrizione intensa e aumento delle secrezioni bronchiali). M3, (M1). Sintomi gastrointestinali: i primi a comparire in caso di ingestione; nausea, vomito, diarrea, crampi addo-minali (aumento della motilità, rilasciamento degli sfinteri, aumento secrezioni) (pH stomaco < 1). M3, (M1) Sintomi cutanei: assorbimento percutaneo, si hanno fasci-colazioni muscolari (effetto simil-succinilcolina, blocco de-polarizzante da eccesso di ACh) e sudorazione localizzata (ipersecrezione delle gh. sudoripare) Sintomi viscerali: minzione (contrazione del m. detrusore e rilasciamento dello sfintere urinario) e defecazione incon-trollate, priapismo, salivazione intensa (scialorrea) Sintomi cardiaci: ipotensione grave (l’ACh vasodilata tra-mite NO a basse dosi, mentre vasocostringe in modo diret-to ad alte dosi) (vasodilatazione endotelio-dipendente), bradicardia grave, blocco atrio-ventricolare (aritmie ventri-colari). M2 causa inibizione della formazione di cAMP e aumentata conduttanza al K+. Ipotensione e aritmie sono aggravate dall’ipossiemia (quindi è necessario somministrare subito ossigeno). Sintomi neurologici: stato confusione, linguaggio rallentato, perdita dei riflessi, respiro di Cheyne-Stokes, convulsioni, coma con paralisi respiratoria, ipotensione e shock neurogeno. Su M1 “neuronale” (IP3-DAG) Sindrome conclamata: prostrazione, intensa faticabilità, paralisi respiratoria, broncocostrizione, ipersecre-zione, ipotensione, miosi, congestione oculare, diarrea, crampi addominali => tutti sintomi della attivazione del vago (bronco-pneumo-cardio-gastro-colico) SINDROME COLINERGICA EFFETTI MUSCARINICI => miosi, lacrimazione, scialorrea, sudorazione, vomito, dolori addominali, inconti-nenza urinaria e fecale, bradicardia, pallore EFFETTI NICOTINICI => fascicolazioni, depressione respiratoria, tachicardia, ipertensione, convulsioni Terapia dell’intossicazione acuta: Tutti gli inibitori irreversibili sono caratterizzati dalla presenza del gruppo fosforico e quando vengono scissi il fosforo diventa libero, e va a legarsi con l’ossigeno della serina. Anche se l’idrolisi spontanea del legame è impossibile (il pz muore prima di rompere il legame), è ancora possibile salvare il pz con la pralidossima. Questa sostanza dona un gruppo (ossima) che strappa il gruppo fosforico dalla serina. La serina fosforilata per riattivarsi deve essere defosforilata; la pralidossima avendo un centro elettropositivo fa azione attratti-va sul legame della serina con il fosfato (quindi si prende il fosfato, e l’enzima è riattivato). La somministrazione va effettuata rapidamente, perché se si aspetta troppo il gruppo fosforico richiama al-tri gruppi a legarsi, e non può essere aggredito dalla pralidossima; l’enzima si dice “invecchiato”.

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Quindi la pralidossima prende il gruppo fosforico dell’inibitore irreversibile, il legame si rompe e l’enzima si riattiva; questa somministrazione va effettuata entro 1 ora, altrimenti non è possibile attaccare il legame fosforico e l’enzima si dice invecchiato. Dopo 30 minuti si recupera la capacità colinesterasica del plasma. Gli organofosforici sono anche delle armi del bioterrorismo (gas nervino “sarin”).

Da un punto di vista meccanico anche gli organofosforici non sono di per sé irreversibili, perché se così fos-se non si avrebbe un recupero di almeno l’80% dell’attività enzimatica; sono inizialmente reversibili e poi irreversibili, e questo avviene quando c’è l’invecchiamento dell’enzima. Nel grafico a destra, si vede che è importante intervenire rapidamente, in mezz’ora si ha il recupero dell’80% dell’attività (quindi avrò perso irreversibilmente il 15-20% di AChE in quanto l’enzima è invecchiato). Aspettando un lasso di tempo mag-giore, la quantità di enzima invecchiato aumenta e quindi il recupero diventa minore.

Dosi elevate di pralidossima sono esse stesse potenzialmente tossiche, sia perché inibiscono la AChE sia perché esercitano un blocco neuromuscolare diretto; quindi il primo bolo di pralidossima non dovrebbe su-perare 1-2 grammi in vena. Successivamente, è importante anche il rate di infusione: se supera 500 mg/min si possono avere peggioramenti dovuti a rebound tachicardici (il cuore è stato parecchio rallentato, e se viene esposto a un eccessivo stimolo simpatico non riesce a gestire tutte le catecolamine => tachicardia) Questo meccanismo di dosi in bolo / in infusione è presente anche per l’atropina (antimuscarinico); si inizia con 2-4 mg in vena e si continua con 2 mg ogni 5-10 minuti fino alla normalizzazione (le prime 24 ore pos-sono richiedere fino a 200 mg).

Quando si utilizza la pralidossima, si interviene a livello periferico ma queste sostanze possono attraversare la barriera ematoencefalica e provocare un ipertono colinergico a livello centrale (il pz passa sotto le fasi eccitazione, confusione, coma); a questo livello è importante agire con atropina, che somministrata a dosi elevate raggiunge il cervello e evita l’ipertono colinergico. Quindi, oltre alla pralidossima per ripristinare l’AChE e quindi far diminuire le concentrazioni di ACh, è necessario somministrare atropina (per impedire il blocco diretto della pralidossima a livello centrale); l’atropina non ha effetti periferici sulla placca, in quanto reagisce solo sul recettore muscarinico. Per questa esigenza di mantenere un forte tono anti-colinergico a livello centrale, il pz trattato per intossicazione da organofosforici (inibitori di AChE) con pralidossima deve mantenere un blocco parasimpatico (“blocco atropinico”) per 48-72 ore.

BLOCCANTI GANGLIARI Entrambe le divisioni del SNA vengono bloccate in modo indiscriminato. Il pz sotto esametonio è un pz ro-seo (a meno che non sia stato in piedi e può impallidire e svenire); le mani sono calde e secche; il carattere è placido e rilassato, può ridere ma non piangere (non ha lacrime); non ha caratteristiche somatiche delle emozioni (non arrossisce né impallidisce), non suda, ha secchezza delle fauci, ha midriasi fissa; ha spesso freddo; non ha “malattie moderne” (ipertensione, ulcera peptica), dimagrisce perché non ha appetito, sof-fre di costipazioni, impotenza e ritenzione urinaria. (uomo esametonio di Paton)

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SISTEMA PARASIMPATICO: RECETTORE MUSCARINICO ANTAGONISTI COLINERGICI MUSCARINICI (ANTIMUSCARINICI)

ANTIMUSCARINICI NON SELETTIVI ATROPINA: “anticolinergico per definizione e antimuscarinico per eccellenza” (sempre presente in sala operatoria per gestire eventuali bradicardie (l’eccesso di acetilcolina a livello dei recettori muscarinici è uno stimolo parasimpatico, quindi l’atropina blocca questo effetto ed è un parasimpaticolitico). Usi clinici: - bradicardia acute (l’atropina causa tachicardia per blocco dei recettori M2 cardiaci; inizialmente però si ha una bradicardia transitoria dovuta all’azione stimolante sui centri vagali del bulbo e alla stimolazione inizia-le dei recettori muscarinici) - avvelenamento da organofosforici (evitare l’ipertono colinergico centrale, che causerebbe blocco depola-rizzante; quindi l’atropina è un eccitante del SNC) (infatti causa midriasi) l’eccitazione del SNC è dose-dipendente: per dosi terapeutiche (< 1 mg) causa lieve eccitazione, a dosi più elevate causa irritabilità, irrequietezza, disorientamento, allucinazioni, delirio; a dosi tossiche la stimolazio-ne è seguita dalla depressione con conseguente collasso circolatorio (insufficienza respiratoria) - riduce la rigidità nel parkinsonismo (depressione dei nuclei del sistema extrapiramidale) - premedicazione in anestesia (rilassamento della muscolatura liscia bronchiale, broncodilatazione, inibizio-ne delle secrezioni delle vie aeree) (NO sedazione, SI facilita l’intubazione) => secchezza delle fauci e delle mucose respiratorie - ipermotilità intestinale (l’atropina è uno spasmolitico, in quanto causa riduzione del tono e della frequen-za delle contrazioni peristaltiche) => inibizione della motilità dell’apparato digerente

Effetti collaterali: sono i classici effetti anti-muscarinici ritenzione urinaria, stipsi, midriasi, confusione, visione offuscata, xerostomia (secchezza fauci), tachicardia

Ritenzione urinaria: il parasimpatico facilita lo svuotamento tramite la contrazione del m. detrusore; aven-do una lesione midollare lombare, si ha un riflesso della minzione non controllato dal centro pontino, quin-di la vescica si contrae non appena si riempie leggermente (vescica neurogena). Quindi l’atropina (come gli altri antimuscarinici) può essere utilizzata contro la vescica neurogena(sfruttando l’effetto collaterale della ritenzione urinaria); la somministrazione di atropina diminuisce la frequenza delle contrazioni incontrollate della vescica e facilita la riabilitazione urinaria. Analoghi dell’atropina usati per la vescica neurogena sono la tolterodina (M3-selettiva) o la ossibutinina

Secchezza delle fauci. La secrezione salivare è un effetto colinergico muscarinico: durante una scarica adre-nalinica (stress) si ha xerostomia per ipertono simpatico prevalente su quello parasimpatico; la scialorrea è un indice di iperattivazione simpatica.

Visione offuscata. Per blocco del rilasciamento del m. ciliare (cicloplegia)

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I primi ad essere evidente tra gli effetti colla-terali sono xerostomia e ritenzione urinaria; l’effetto di tachicardia è più tardivo, ma è quello che all’interno di un intervallo di dose sviluppa il massimo effetto. L’accomodazione è più lenta e rimane per parecchio (dopo la visita oculistica non si può guidare).

ATROPINA METONITRATO: gruppo ammonico quaternario, quindi non attraversa facilmente la barriera ematoencefalica (spasmolitici gastrointestinali) (buscopan). Usando questo farmaco diminuirò effetti colla-terali gravi come la visione offuscata, la xerostomia e i sintomi di eccitazione/depressione. SCOPOLAMINA (IOSCINA): simile all’atropina, utilizzato per la chinetosi (mal di mare) in quanto riduce la ac-comodazione (paralisi dei muscoli ciliari, cicloplegia) e causa midriasi (visite oculistiche). BROMURO DI IPRATROPIO: ammonio quaternario con scarsa penetrazione nel SNC; ha quindi una prevalen-te indicazione periferica. Viene usato in malattie dell’apparato respiratorio (asma, BPCO). A proposito dei beta2-agonisti, hanno un’azione broncodilatatrice e migliorano la funzione ciliare, facilitando l’uscita del muco. Con gli anticolinergici si ha broncodilatazione e lascia intatta la funzione ciliare. TROPICAMIDE: induce midriasi in visita oculistica; ha breve durata d’azione, è molto forte (in un pz con glaucoma iniziale può provocare un aumento della pressione endoculare). Questo avviene perché in caso di midriasi si comprime il canale di Schlemm e di blocca il deflusso umorale; se voglio diminuire la pressione devo indurre miosi (uso un inibitore dell’AChE). Per indurre midriasi nei bambini (ritenendo che la tropica-mide possa andare in circolo) si usa la fenilefrina (alfa adrenergico che agisce sul muscolo radiale dell’iride).

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ANTIMUSCARINICI SELETTIVI (M1) PIRENZEPINA: gli antimuscarinici selettivi sono caratterizzati da un anello piperazinico (con due atomi di azoto); quindi non sono più amine terziare classiche, e pertanto avranno lievi effetti sul SNC. Soprattutto, sono specifici verso i recettori muscarinici M1, neuronali gangliari; è quindi utilizzata nel trattamento dell’ulcera peptica (riduzione della secrezione gastrica tramite azione gangliare nei neuroni enterici) (e non influiscono sulle ghiandole che secernono muco, in quanto hanno recettori M3). Successivamente sono sta-ti soppiantati dagli inibitori di pompa protonica (molti meno effetti collaterali). Un analogo della pirenzepina è AFDX116, che ha affinità verso i recettori M2 cardiaci, e quindi viene propo-sta nel trattamento delle bradiaritmie.

AGONISTI COLINERGICI MUSCARINICI PILOCARPINA. Agonista muscarinico, se somministrata per via topica causa miosi (trattamento glaucoma). E’ il più efficace agonista muscarinico, in quanto essendo un’ammina terziaria può attraversare la membra-na congiuntivale. Quindi per ridurre la pressione endoculare posso indurre miosi tramite un agonista mu-scarinico o un inibitore dell’AChE, o diminuire la produzione di umor acquea con un beta-bloccante.

MECCANISMI DI REGOLAZIONE LOCALE DELLA TRASMISSIONE SINAPTICA COTRASMISSIONE

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REGOLAZIONE OMOTROPICA: neurotrasmettitore sul proprio recettore presinaptico

REGOLAZIONE ETEROTROPICA: mediante mediatori paracrini rilasciati dai tessuti stimolati o innervazione parallela di simpatico/parasimpatico (inibizione reciproca) [nella scarica di adrenalina si ha un blocco della salivazione perché i collaterali del simpatico bloccano il parasimpatico]

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FARMACI DELL’ANSIA (ANSIOLITICI o IPNOICO-SEDATIVI)

INTRODUZIONE L’ansia è spesso associata ad altre turbe del comportamento (depresso-ansioso); l’ansia può essere situa-zionale (non legata ad una malattia organica, ma dovuta a fattori ambientali) o dovuta a patologie del SNC. Inoltre è importante distinguere stati d’ansia acuti (fortemente reattivi ad una situazione) da stati d’ansia cronici. I farmaci dell’ansia hanno sempre un effetto sul SNC. I farmaci che agiscono sul SNC possono essere - stimolanti del SNC: antidepressivi, amfetamine, cocaina - deprimenti del SNC: ansiolitici, eroina I farmaci utilizzati nel trattamento dell’ansia sono sedativo-ipnotici, in quanto causano anche il sonno, in modo dose-dipendente: a basse dosi danno sedazione, ad alte dosi danno ipnosi, a dosi tossiche danno coma. L’ansia può essere classificata come: - secondaria a malattie organiche - secondaria a problemi psichiatrici (depressione, psicosi) - situazionale (prestazione, crisi di panico) - cronica (atteggiamento caratteriale dovuto ad una educazione troppo protettiva)

I farmaci utilizzati nel trattamento dell’ansia (ansiolitici o sedativo-ipnotici) appartengono a due classi prin-cipali: barbiturici (BBT) o benzodiazepine (BDZ). Hanno effetti crescenti sul SNC: sedazione => ipnosi => anestesia => coma La differenza fondamentale tra BBT e BDZ è che le BDZ per dosi crescenti hanno un andamento non-lineare degli effetti rispetto alla dose (e quindi sono stati sempre considerati farmaci “sicuri”), rendendo difficile il sovraddosaggio e gli effetti letali, in quanto per dosi molto alte si aveva un plateau, con anestesia, ed è im-possibile avere coma. I BBT, invece, hanno un andamento lineare, e quindi aumentando la dose si può ave-re coma a dosi estremamente minori rispetto a quelle necessarie con una BDZ (infatti i BBT sono a tutt’oggi i farmaci più utilizzati per il suicidio).

Sia i BBT che le BDZ agiscono sul recettore GABA-A, un canale pentamerico (2α, 2β, 1γ), ionotropo, per il cloro, che se attivato provoca ingresso di cloro e quindi iperpolarizzazione della cellula. Conduttanza: quantità di ioni che passano attraverso il canale nell’unità di tempo Durata di apertura: durata di ogni singola apertura del canale (2-10 ms) <= BARBITURICI Frequenza di apertura: ritmo con il quale il canale si apre <= BENZODIAZEPINE

BARBITURICI

BENZODIAZEPINE

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BDZ: aumento della frequenza di apertura (in risposta all’agonista endogeno GABA) BBT: aumento della durata di apertura (indipendentemente dall’agonista endogeno GABA) L’attivazione del GABA (iperpolarizzazione) ha effetti sedativi, l’inattivazione ha effetto convulsivante. Sul canale del cloro possono agire molti farmaci, anche contemporaneamente in quanto i siti di legame sono differenti. Dividendo il recettore in piani alti e bassi, nella parte superiore (extracellulare) si hanno il sito re-cettoriale e il sito allosterico; nella porzione transmembrana si hanno altri due siti.

Convulsivanti: - antagonisti del GABA => bicucullina - bloccanti del canale => picrotossina - antagonisti delle BDZ => flumazenil - agonisti inversi delle BDZ => beta-carboline

Ipnoico-sedativi: - benzodiazepine (aumento della frequenza di apertura) - “modulatori del canale” => barbiturici (aumento del tempo di apertura)

Anestetici: - “modulatori del canale” => neurosteroidi (alfaxone) Bicucullina: viene utilizzata negli animali da laboratorio per simulare le crisi epilettiche e convulsioni, in quanto si lega in competizione con il GABA (agonista fisiologico del canale), e quindi rimuove l’inibizione per i neuroni a valle; a livello cellulare si ha depolarizzazione, invece che depolarizzazione. (NO terapia) Picrotossina: utilizzato dai pescatori orientali per far venire a galla i pesci; è convulsivante non perché im-pedisce il legame del GABA (come la bicucullina), ma perché blocca il canale e quindi impedisce l’ingresso di cloro. (NO terapia) Beta-carboline: agonisti inversi del sito modulatore, sono delle DBI (diazepam binding inibitor)

bicucullina

picrotossina

flumazenil

beta-carboline

barbiturici neurosteroidi

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Flumazenil: scaccia-benzodiazepine, non pro-convulsivanti in senso stretto; possono essere utilizzati in caso di dosaggio errato di BDZ o per eliminare la sedazione (nel caso del coma da sovraddosaggio); agiscono molto rapidamente (5-10 min). Ha quindi con le BDZ lo stesso rapporto tra oppioidi e naloxone. Teorica-mente, somministrando solo flumazenil non si dovrebbero avere convulsioni, in quando serve a scacciare le BDZ dal sito allosterico di modulazione del GABA; quindi se non ci sono BDZ, il flumazenil non fa nulla. Con 0,3-1 mg in vena di flumazenil si elimina la sedazione pre- o intra-anestesia in 1-2 minuti. Nel caso di coma da sovraddosaggio di BDZ, 1-10 mg i.v. saranno efficaci nel giro di 5-10 minuti anche in ca-so di ingestione di altri farmaci (antidoto per BDZ, in quanto compete per il sito modulatorio al quale si le-gano le BDZ). Il pz va comunque monitorato per eventuali rebounds (somministrare altre dosi dopo 1 ora).

Il flumazenil è un antagonista, e quindi “funziona da bomba e dura da chiavica”; quindi somministrando il flumazenil si può recuperare il sovraddosaggio, ma se la somministrazione viene interrotta, il flumazenil diminuisce di concentrazione e le BDZ hanno di nuovo effetto.

Il flumazenil è utilizzato anche nel trattamento dell’encefalopatia portosistemica da grave insufficienza epa-tica; i pz hanno stato confusionale da iperammoniemia, e inoltre hanno stato dissociativo dovuto al fatto che vengono assorbite sostanze di origine alimentare o prodotti di flora batterica intestinale che hanno struttura o attività simile a quella delle BDZ, e saltando il filtro epatico entrano in circolo e raggiungono la barriera emato-encefalica, contribuendo allo stato dissociativo o atassico). Il flumazenil quindi può, almeno transitoriamente, rimuovere lo stato confusionale e atassico del pz. Neurosteroidi: modulatori del canale a struttura steroidea, probabilmente sintetizzati a livello cerebrale, che agiscono sul canale del GABA e hanno una attività barbiturico-simile, con maggiore linearità nella dise-dipendenza, e quindi possono essere utilizzati come anestetici (alfaxone).

METABOLISMO DELLE BENZODIAZEPINE Per le BDZ c’è una enorme importanza nel metabolismo, che permette di classificarle in: a durata d’azione lunga, a durata d’azione intermedia, a durata d’azione breve, a durata d’azione ultra-breve. In caso di ansia cronica, vengono utilizzate quelle ad azione lunga, mentre per addormentarsi si usano quel-le ad azione breve.

In un bambino con crisi epilettiche, cosa viene somministrato per controllare la crisi in acuto? Le BDZ non hanno indicazioni specifiche per il bambino. Inoltre l’uso precoce di BDZ o BBT in un bambino con epilessia ha un impatto sul rendimento scolastico. Pertanto in caso di piccolo male è possibile usare l’etosuccimide. Se si decide di controllare la crisi con il solfato di magnesio (che agisce stabilizzando i canali NMDA) probabilmente o è un bambino alla prima diagnosi o è un bambino in cui la malattia epilettica si in-

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quadra in una situazione più complessa di tipo neurodegenerativo (per i problemi di eccitotossicità si può intervenire sul recettore NMDA del glutammato). Quindi, per l’epilessia niente BDZ!

Affrontando la questione dell’uso di BDZ e BBT come sedativi, ipnoinducenti o anestetici (a dosi progressi-vamente maggiori). Questi farmaci sono molto lipofili, quindi se non venissero metabolizzati la loro emivita sarebbe di mesi o anni. Il metabolismo di queste sostanze è molto complesso, alcuni sono profarmaci men-tre altri mantengono attività anche dopo il metabolismo.

Considerando il clordiazepossido, si vede come possa passare attraverso quattro metaboliti attivi prima di essere eliminato, e ciascun metabolita ha la propria attività e quindi l’attività del farmaco è lunga. Invece alcuni farmaci chiamati globalmente triazolobenzodiazepine (alprazolam, triazolam) hanno un metabolismo molto simile all’ossidazione P450-dipendente, formando un alfa-idrossi-metabolita che viene coniugato e quindi rapidamente eliminato. Il lorazepram (Tavor) viene direttamente coniugato (fase 2) ed eliminato. Quindi dalle triazoloBDZ ci aspettiamo un’azione rapida, sia nell’insorgenza che nella durata. Gli altri com-posti, che vengono metabolizzati diverse volte prima di essere eliminati, avranno azioni più prolungate.

Triazolam: livelli massimi in 1 ora, emivita 2-3 ore, rapido => ipnoinducente Alprazolam: livelli massimi in 1-2 ore, emivita 12-15 ore, lento => ansiolitico (2 compresse al giorno). Può essere utilizzato anche come antidepressivo, in quanto soprattutto per depressione emotiva è difficile di-stinguere uno stato d’ansia da uno stato depressivo. In questi casi, blando antidepressivo o ansiolitico Lorazepam: livelli massimi in 1-6 ore, emivita 10-20 ore, simile all’alprazolam, quindi come prima indicazio-ne è ansiolitico. Inoltre può essere utilizzato come ipnoinducente. Questo farmaco viene direttamente co-niugato ed eliminato, e quindi perché ha una emivita maggiore dell’alprazolam? La differenza è nella cineti-ca enzimatica; saltare il metabolismo di fase 1 non significa avere un metabolismo complessivo più rapido. Flurazepam: livelli massimi in 1-2 ore, emivita 40-100 ore => ansiolitico Diazepam (Valium): emivita 20-80 ore => ansiolitico (se usato per l’insonnia causa sedazione il giorno dopo)

Quindi non è la differenza di picco plasmatico che è importante per l’uso terapeutico, ma l’emivita. Con-frontando le AUC, gli ipnoinducenti avranno una AUC minore, mentre gli ansiolitici una AUC maggiore.

METABOLISMO DEI BARBITURICI Il fenobarbitale, capostipite dei barbiturici, viene eliminato per il 20% intatto, e vengono formati metaboliti inattivi. Gli altri BBT hanno molti metaboliti, per lo più inattivi (a differenza dei metaboliti attivi delle BDZ). Con l’avvento delle BDZ hanno un impiego molto più limitato per i disturbi dell’ansia o del sonno. Il loro metabolismo è piuttosto complesso, e se non fossero metabolizzati alcuni metaboliti avrebbero una emivi-ta di 20-30 anni; sono infatti farmaci lipofili, e tendono a depositarsi nel tessuto adiposo (alto volume di di-stribuzione). Analogamente, la diossina, sottoprodotto inevitabile di molte sostanze plastiche, ha un meta-bolismo ancora sconosciuto e permane nell’organismo per tutta la vita dell’individuo. BBT => assuefazione

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AZIONI FARMACOLOGICHE DI BARBITURICI E BENZODIAZEPINE sedazione

ipnosi anestesia

azione anticonvulsivante azione miorilassante

SEDAZIONE Per basse dosi - riduzione della capacità cognitivo-motoria: a volte anche il linguaggio diventa più lento - lieve stato di disinibizione: viene inibita qualche componente inibitoria del comportamento e c’è quasi un divertimento persistente da parte del pz, che tende a dire cose che prima sicuramente non avrebbe detto - amnesia anterograda: limitazione alle capacità di memorizzare nuove informazioni Il pz sedato è: apatico (privo di iniziativa), sonnolento, con pronuncia indistinta, lievemente disinibito. IPNOSI Nell’insonnia, si distinguono varie caratteristiche: pz che restano svegli per ore, e impiegano molto tempo per addormentarsi (lunga latenza) => BDZ pz che si addormentano presto e si svegliano presto; pz che si svegliano nel mezzo della notte; pz che ten-dono ad addormentarsi e hanno risvegli multipli (OSAS); pz che hanno disturbi notturni (dispnea da CHF) Per dosi più alte - diminuzione della fase di latenza - diminuzione della fase 2 (non-rem) - diminuzione del sonno rem (rimbalzo alla sospensione): diminuzione dell’apprendimento - diminuzione del sonno ad onde lente (senza alterazioni dell’asse ipofisi surrene): anche se è questo il son-no ristoratore, il problema del pz è la lunga latenza tra mettersi a letto e addormentarsi (sbuffare perché non riesce a prendere sonno), e per il pz dormire bene significa dormire subito, e quindi tanto. - aumento della qualità dell’addormentamento e diminuzione dell’attività onirica associata al sonno; il son-no è lievemente catatonico, e ci si sveglia con una piacevole sensazione di astenia muscolare, dovuta al for-te rilasciamento che è avvenuto durante la notte. Effetto delle BDZ sulla qualità del sonno: questa è una scala di punteggio del sonno che viene ottenuta facendo compilare un questionario al pz, che fornisce una valu-tazione soggettiva sulla qualità del sonno (se si sente riposato, se sente di aver dormito abbastanza). Le BDZ fanno si che il grafico di gradimento del sonno si sposti su valori più positivi (non succede con il placebo). Però alla sospensione della BDZ si ha un peggioramento del sonno anche rispetto al placebo: una sospensione brusca può portare ad un rebound (rimbalzo) Questo effetto è simile a quello visto per i beta-bloccanti, che hanno praticamente anche una componente ansiolitica. Pertanto uno dei fattori della crisi di astinenza da beta-bloccanti è proprio uno stato di ansia (MAI interrompere un beta-bloccante in modo acuto) Questo effetto di rimbalzo è estremamente visibile con le BDZ ultrarapide (quelle lente, a causa della mag-giore emivita, hanno una progressiva lenta diminuzione della concentrazione plasmatica grazie alla forma-zione dei metaboliti attivi); invece la sospensione acuta delle BDZ ultrarapide porta ad una piccola crisi di astinenza, che non si manifesterà con ansia, ma con peggioramento acuto dei problemi di insonnia. ANESTESIA Dosi ancora più alte - BBT (tiopentale), altamente lipofili, provocano rapida induzione e risoluzione dell’anestesia - BDZ (diazepam, lorazepam), sono associabili nell’induzione, lunga emivita, possibile depressione respira-toria post-operatoria (il pz non avrà coma in quanto la BDZ è relativamente sicura, ma qualche piccolo se-gno di depressione del SNC è visibile, come la diminuzione del drive ventilatorio)

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SUICIDIO: tramite ingestione di grandi quantità di BBT (per avere lo stesso effetto con BDZ si dovrebbero ingerire migliaia di compresse), associata ad alcol (per aumentare l’effetto di depressione sul SNC) AZIONE ANTICONVULSIVANTE E’ importante in pz epilettici che non hanno una terapia in quel momento. Il pz epilettico, al di fuori delle crisi, è perfettamente normale. L’azione anticonvulsivante è ottenibile senza significativa depressione respi-ratoria (anche se c’è una lieve attenuazione cognitivo-motoria). Si può ottenere tramite - BBT: fenobarbital, metobarbital (i problemi con l’uso dei BBT consistono nel metabolismo, con adatta-mento al farmaco e quindi tolleranza, e nel tempo è necessario aumentare la dose. L’unico modo per au-mentare la dose correttamente è dosare periodicamente i livello di fenobarbital nel plasma) - BDZ: diazepam, clonazepam (si possono usare durante una crisi a dosi elevate per ottenere subito la riso-luzione dell’episodio epilettico, non per la terapia cronica) (il diazepam lo inietto in vena, il clonazepam lo utilizzo come copertura temporanea). AZIONE MIORILASSANTE Si attua tramite interferenza degli archi riflessi midollari. A livello del midollo spinale, ci sono gli interneuro-ni che modulano l’eccitazione post-sinaptica del motoneurone. Il motoneurone viene investito attraverso le corna posteriori da queste fibre che vengono dai fusi neuromuscolari. L’interneurone inibitorio rilascia GA-BA o glicina per iperpolarizzare (tramite l’ingresso di cloro) il motoneurone. - il diazepam facilita l’inibizione pre-sinaptica mediata dal GABA (da parte degli interneuroni); può essere utilizzato in pz che hanno rigidità da lesioni midollari (paraplegia spastica); inoltre viene utilizzata in caso di avvelenamento da stricnina (o da Clostridium tetani). - il baclofene interferisce con il rilascio di neurotrasmettitori eccitatori (da parte delle fibre 1A); può essere utilizzato nel trattamento della corea di Huntington, in cui c’è il problema dell’efferenza GABAergica; in questo caso siccome c’è un ipertono relativo dopaminergico si possono usare anche gli antipsicotici con li-tio. Il baclofene è meglio definibile come agonista GABAergico (agisce sui GABA-B) perché agisce sui recet-tori del GABA e se questi recettori sono pre-sinaptici, iperpolarizza il terminale sinaptico e diminuisce il rila-scio di ACh che andrebbe a depolarizzare il motoneurone. Un pz alcolista in crisi d’astinenza ha una ansia molto forte (infatti l’alcol causa depressione del SNC e ha quindi azione ansiolitica); l’alcolismo non si può tratare con BDZ in quanto poi si diventa dipendenti dai farmaci così come si era dipendenti dall’alcol. Quin-di nella disintossicazione da alcol, si può utilizzare il baclofene.

I farmaci di nuova generazione per l’ansia o l’ipnosi si caratterizzano per agire con meccanismi non-GABA o per avere strutture differenti da BBT o BDZ, ma paradossalmente una attività GABAergica.

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ANSIOLITICI NON-GABAERGICI ansiolitici con struttura simile alle BDZ, ma non agiscono sul canale del cloro GABAergico

BUSPIRONE - rimuove l’ansia senza eccessiva sedazione, ipnosi, miorilassamento o anticonvulsione; quindi l’effetto an-siolitico non è dovuto ad una azione anti-GABAergica perché altrimenti avrei questi altri effetto - agisce come agonista parziale su 5HT-1α e (forse) D2 cerebrali - impiega più tempo delle BDZ: indicato negli stati cronico-generalizzati, non in quelli di panico acuto - α2-agonista tramite l’azione dei metaboliti => NON somministrare MAOi (crisi ipertensive) Il buspirone ha avuto molto successo perché è un ansiolitico ma non avendo la classica azione GABAergica non provoca sedazione, e quindi il pz è più sveglio rispetto a quello che assume BDZ. Però non può essere utilizzato per disturbi del sonno; quindi l’utilizzo è solo da ansiolitico. Agisce su una sottopopolazione di recettori della serotonina, e quindi è simile agli antidepressivi che au-mentano la concentrazione di serotonina (pertanto ha la stessa controindicazione nell’uso con MAOi). Quindi i MAOi hanno effetti collaterali se associati a: antidepressivi triciclici (ATC), inibitori del reuptake del-la serotonina (SSRI), farmaci che agiscono sui recettori serotoninergici (buspirone) e ad anfetamine o cocai-na (bloccanti del reuptake delle catecolamine).

IPNOTICO-SEDATIVI GABAergici hanno struttura differente dalle BDZ, ma agiscono a livello del canale del cloro GABAergico

ZOLPIDEM / ZALEPLON - strutturalmente non correlati alle BD, ma agiscono su un sottotipo del recettore GABA-A, sono antagoniz-zati dal flumazenil, e sinergizzano la depressione respiratoria indotta da altri farmaci. - alle dosi giuste agiscono sulla latenza pre-sonno (ipnotici), impiego nei pz con difficoltà ad addormentarsi, analogamente alle triazoloBDZ (infatti hanno azione e durata ultrabreve) (emivita 1-2 h). Ogni volta che osservo in un pz una serie di effetti correlati all’assunzione di una sostanza di natura scono-sciuta, se, somministrando un antagonista, ottengo una remissione della sintomatologia, è possibile identi-ficare in base al meccanismo d’azione la sostanza responsabile degli effetti (praticamente, posso scoprire che un pz è sotto eroina se gli effetti della droga regrediscono alla somministrazione di naloxone).

EFFETTI TOSSICI DI BDZ (“farmaci sicuri” ma non in gravidanza; alta % dipendenza) L’uso cronico di BDZ nel primo trimestre di gravidanza provoca un aumento dell’incidenza di palatoschisi. Le sindromi della linea mediana (teratogenesi) si verificano soprattutto con l’uso di valproato e fenitoina (antiepilettici), ma anche in seguito all’assunzione di BDZ. La concentrazione di BDZ nel sangue del cordone ombelicale è più elevata rispetto al sangue materno. Le BDZ si ritrovano nel latte materno, causando sedazione e/o accumulo del neonato, e dipendenza. I neonati non sono in grado di metabolizzare le BDZ e quindi sono a rischio di depressione respiratoria. (il citocromo P450 è regolato come espressione dalla presenza di XRE, xenobiotics responsive element, e vie-ne espresso post-natalmente in seguito all’esposizione del bambino con alimenti e sostanze ambientali). Gli effetti sulla teratogenesi sono visibili in caso di assunzione intorno alla sesta settimana; se l’assunzione è nell’ultimo trimestre di gravidanza, prevarranno gli effetti di depressione respiratoria del neonato. E’ molto difficile suicidarsi con una BDZ (a differenza dei BBT, come nel suicidio di Marylin Monroe).

L’enorme diffusione delle BDZ e la loro relativa sicurezza (tranne in gravidanza) ha portato alla dipendenza da BDZ. Questa si manifesta molto frequentemente, e un grado lieve-moderato di dipendenza può svilup-parsi in pz che fanno uso regolare di dosi terapeutiche per problemi di insonnia o ansia. Questa possibilità aumenta ulteriormente se il pz abusa di alcol. Lo schema vale anche per tutte le sostanze d’abuso. La dipendenza si sviluppa ogni volta che da un consumo occasionale si passa ad un consumo abituale. La di-pendenza si manifesta, da un punto di vista oggettivo, tramite la crisi d’astinenza. La sintomatologia è quel-la di uno stato ansioso, con tremore, incoordinazione motoria, convulsioni. Quando si arriva ad un livello di dipendenza tale da scatenare una crisi d’astinenza, si apre un bivio: da una parte detossificazione (da crisi di astinenza ad astinenza definitiva) e dall’altra ricaduta (spesso per fattori ambientali esterni al pz).

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Definizioni di termini correlati alla dipendenza: - abuso: autosomministrazione di farmaci con modalità che divergono dagli schemi medici e sociali. Farsi di cocaina è un abuso in Italia, ma masticare foglie di coca nella foresta Amazzonica è normale.

- dipendenza psichica: sindrome nell’ambito della quale si tende ad attribuire al consumo di un determina-to farmaco un’importanza maggiore rispetto ad altri valori e costumi (amici, lavoro). Può, non necessaria-mente, accompagnarsi al graduale sviluppo di tolleranza e dipendenza fisica. Si realizza il craving, cioè il pz impiega molto tempo e molte risorse mentali solo per procurarsi la pasticca.

- dipendenza fisica: l’eventuale sospensione del farmaco provoca la comparsa di una sindrome di astinenza che è caratteristica per quel determinato farmaco. Nel caso delle BDZ, il pz parla in modo rallentato, può avere lievi segni di atassia, ha una disinibizione nell’eloquio. La crisi di astinenza si manifesta con ansia, e uno dei primissimi segni è il tremore delle mani (flapping tremor o delirium tremens) (alcol = BDZ)

- tolleranza: dopo ripetute somministrazioni, una determinata dose di un farmaco produce effetti minori

- tossicomania: condizione di gravità della dipendenza fisica (droghe).

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EFFETTI TOSSICI DI BBT - effetto di depressione SNC dose-dipendente fino al coma (suicidio) - induzione del citocromo P450 => interazioni farmacologiche multiple e pericolose (warfarin) [il warfarin è un anticoagulante che viene inattivato dal P450 e ad un certo punto, per insonnia, vengono presi barbituri-ci, i BBT inducono il P450 che metabolizza molto più rapidamente il warfarin, ed è quindi necessario au-mentare la dose per evitare trombosi. Alla sospensione del BBT è necessario monitorare le dosi plasmatiche di warfarin ed abbassare il dosaggio, altrimenti si avrà diatesi emorragica (omicidio della suocera)]

SOVRADDOSAGGIO DA BDZ Il sovraddosaggio da BDZ è piuttosto frequente, a causa dell’uso incontrollato. Le conseguenze sono lievi e trascurabili, a meno che non ci sia la simultanea assunzione di alcol o altri farmaci. Perciò, le BDZ sono ge-neralmente considerate farmaci sicuri. In caso di depressione cardiorespiratoria, soprattutto in pz con BPCO o alcolisti (perché le BDZ causano una minore sensibilità centrale alla PCO2 e i pz con BPCO hanno ipercapnia notturna; ciò porta alla riduzione del drive ventilatorio, con insufficienza respiratoria acuta), questa è controllabile con interventi di tipo sinto-matico. Inoltre, può essere utilizzato il flumazenil.

SOVRADDOSAGGIO DA BBT

Il sovraddosaggio da BBT è un quadro molto più grave di quello da BDZ. Il pz è comatoso, con riflessi profondi conservati; Babinski positivo, pupilla miotica e fotoriflessiva, ma negli stadi tardivi può comparire una midriasi non-fotoriflessiva (come overdose da oppioidi) (se la pupilla è mi-driatica il pz è grave e non può essere salvato, in quanto la midriasi fissa è segno di lesione mesencefalica). Il respiro è depresso, con pattern variabile (Kussmaul, Cheyne-Stokes) La PA diminuisce (ipotensione) sia per un effetto depressivo sul centro vasomotorio sia per un effetto diret-to sul miocardio, sulla muscolatura liscia e sui gangli simpatici. Si osserva ipotermia, ma ci può essere un rebound ipertermico durante l’eventuale fase di recupero. A livello polmonare si hanno atelettasia ed edema, spesso con sovrainfezioni. Quasi sempre si ha insuffi-cienza renale, che insieme all’insufficienza respiratoria causa la morte del pz. Nei casi più gravi si ha necrosi delle ghiandole sudoripare (non dovuta a ipotermia o a ipersensibilità).

Trattamento (se adeguato riduce la mortalità al 2%): - lavanda gastrica: importantissima se l’ingestione è avvenuta da meno di 24 ore, in quanto i BBT riducono la motilità GI e quindi è possibile che una quota significativa di farmaco sia ancora nello stomaco (prevenire l’assorbimento di quella roba è utile per evitare un sovraddosaggio duraturo nel tempo) - instillazione di carbone attivo o sorbitolo: dimezzamento dell’emivita plasmatica del fenobarbital (il car-bone previene l’assorbimento del BBT, il sorbitolo facilita l’eliminazione mediante meccanismo osmotico, causando diarrea acquosa) - mantenimento della pervietà delle vie respiratorie, somministrazione di ossigeno, distensione polmonare: per controbilanciare la tendenza ad atelettasia e edema polmonare - idratare il pz, somministrazione di dopamina a basse dosi: la dopamina a basse dosi agisce sui recettori D1 e D2 presenti a livello renale, causando vasodilatazione, quindi migliorando il flusso renale (il trattamento con dopamina evita che il pz abbia insufficienza renale) - se la funzionalità cardiaca e la funzionalità renale sono stabili, alcalinizzazione delle urine: il fenobarbital è un acido debole, e quindi l’alcalinizzazione delle urine causa dissociazione dell’acido, che nella forma ionizzata è polare e quindi non riassorbibile tramite il tubulo renale; quindi l’alcalinizzazione delle urine facilità l’eliminazione renale del BBT (non per aumento di filtrazio-ne, ma per diminuzione del riassorbimento); purtroppo solo una piccola parte di BBT viene eliminato con le urine, quindi la clearance totale viene modificata solo del 15-20%. Il rapporto rischi-benefici nell’alcalinizzazione delle urine è pertanto basso. I rischi sono rappresentati da avere problemi cardiaci per i farmaci utilizzati o causare litiasi renale.

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ASTINENZA DA BDZ - la sospensione di BDZ long-acting (flurazepam, prazepam) non provoca sindromi di astinenza importanti - la sospensione di BDZ short-acting (alprazolam, triazolam) causa rebound di insonnia e agitazione Crisi d’astinenza sono state descritte in pz che dopo molti mesi interrompono il diazepam (5-40 mg). La sin-drome comprende insonnia, agitazione, nausea, vertigini, dolori addominali, ipersensibilità a luci e suoni, sudorazione, senso di fatica, mal di testa, tic; il quadro dura per circa 10 giorni. La differenza di crisi d’astinenza tra BBT e BDZ è solo quantitativa, con ansia e iper-reattività muscolare. Rapporto tra alcol e BDZ: le BDZ potenziano gli effetti depressivi dell’alcol sul SNC e viceversa. In pz con al-colemia cronicamente elevata (quindi etilisti, non ubriachi) c’è un rallentamento del metabolismo delle BDZ, che causa aumentata concentrazione e durata dell’azione (le BDZ causano anestesia e coma). Questo è dovuto all’induzione degli enzimi microsomiali causata dall’alcol, e quindi le BDZ vengono metabolizzate più rapidamente, sviluppando tolleranza (per lo stesso effetto è necessaria una maggiore dose).

ASTINENZA DA BBT Ci sono tre gradi di crisi di astinenza: - lieve: attività EEC parossistica, rebound di insonnia alternati a eccesso di sonno REM, ansia lieve - moderata: ansia, insonnia, debolezza, tremore - grave: convulsioni tonico-cloniche e delirio, pericolo di vita

La gravità della crisi d’astinenza dipende dalla dose ingerita. Studi con fenobarbital hanno dimostrato che - la crisi non si sviluppa per parecchi mesi al ritmo di 200 mg/die - sono sufficienti un paio di mesi al ritmo di 600 mg/die perché il 50% dei pz abbia crisi d’astinenza - per dosi ancora più alte (1-2 g/die) tutti hanno tremore e insonnia, il 75% ha convulsioni, il 66% ha delirio Meccanismi molecolari della maggiore sicurezza delle BDZ rispetto ai BBT: LE BDZ PER AGIRE HANNO BISOGNO DEL GABA SUL SITO RECETTORIALE (NO GABA => NO funzione) I BBT AGISCONO IN MODO INDIPENDENTE DALLA PRESENZA DEL GABA SUL RITO RECETTORIALE

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FARMACI DELLA DEPRESSIONE (ANTIDEPRESSIVI)

INTRODUZIONE Nella depressione, come nell’ansia, è necessario distinguere le forme idiopatiche-endogene dalle forme reattive ad avvenimenti esterni. Così come l’ansia può essere situazionale o reattiva ad una situazione di stress, anche la depressione in più del 60% dei casi è di tipo reattivo (ad esempio, fare un esame). La de-pressione reattiva si risolve spontaneamente dopo la risoluzione dell’evento avverso (passare l’esame). La prima cosa da fare è quindi capire le cause della depressione, prima di utilizzare farmaci; le cause sono estremamente varie (cause contingenti, malattie fisiche, senilità con senso di inutilità, anti-ipertensivi). Si distinguono quindi quattro forme maggiori di depressione: - depressione reattiva: a situazione chiaramente identificabile, più del 60%, crollo improvviso di umore; questo tipo non viene trattato farmacologicamente, ma è necessario rimuovere la causa o aspettare - depressione maggiore (endogena): avversità della vita che diventano latenti, come se fossero endogene; può insorgere in qualunque momento e spesso ricorrente, circa il 25%, necessita farmacoterapia; il tono umorale è diminuito cronicamente - disturbo bipolare: depressione + disturbo maniacale, necessitano di terapia particolare; il tono umorale è altalenante, tra una condizione di psicosi maniacale e una condizione depressiva - disturbo distimico: forma subclinica, con alterazioni non facilmente identificabili ma importanti per la vita

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Se con l’ansia il problema era quello di calmare il pz, tramite iperpolarizzazione con BDZ o BBT o farmaci simili che andavano ad agire sulla trasmissione GABAergica, con la depressione è necessario fare l’opposto. Un pz con depressione semplice (reattiva) basta trattarla con buone parole o buoni consigli, mentre nel ca-so della depressione endogena o bipolare è necessario aumentare la trasmissione a livello delle sinapsi del “buon umore”. Queste sinapsi funzionano con amine biogene, e sono alla base dell’ipotesi aminergica della depressione: la depressione è causata da una diminuzione della quantità di amine biogene, e quindi se diminuiscono le catecolamine, si ha peggioramento dell’umore (reserpina, alfa-metiltirosina, metildopa) se aumentano le catecolamine, si ha miglioramento dell’umore (ATC, MAOi, triptofano del cioccolato)

farmaco effetto molecolare umore

ATC blocco del reuptake di tipo 1 di NA e 5HT, con persistenza nel vallo

+ MAOi blocco degli enzimi catabolici di NA e 5HT, con persistenza nel vallo

triptofano (cioccolato) aumento della sintesi di 5HT

terapia elettroconvulsiva aumenta le risposte del SNC a NA e 5HT

reserpina anti-ipertensivo, inibisce l’accumulo di NA e 5HT

– alfa-metiltirosina inibisce la sintesi di NA

metildopa inibisce la sintesi di NA

AUMENTO DEL TONO DELL’UMORE Antidepressivi triciclici (ATC): bloccano la ricaptazione delle catecolamine noradrenalina e serotonina (blocco del reuptake di tipo 1 di NA e 5HT), che normalmente è un meccanismo di terminazione dell’effetto bloccando la ricaptazione aumenta la quantità di neurotrasmettitore, migliorando l’umore dei pz depressi.

Inibitori delle mono-amino-ossidasi (MAOi): le MAO contribuiscono alla terminazione dell’effetto farmaco-logico tramite catabolismo delle amine biogene; quindi gli inibitori delle MAO bloccano il metabolismo delle catecolamine e aumentano la concentrazione relativa.

Triptofano: precursore della serotonina, molto abbondante nella cioccolata; non sempre confermato.

Terapia elettroconvulsiva: utilizzato anche contro la depressione, questa “terapia” rende il pz per un pe-riodo variabile di tempo più sensibile agli stimoli di NA e 5HT; l’induzione sotto anestesia di convulsioni di 30 secondi è quindi una terapia sensibilizzante, ma può portare ad afasia, confusioni e, soprattutto, non è una terapia definitiva (ricadute frequenti). DIMINUZIONE DEL TONO DELL’UMORE Reserpina: è un anti-ipertensivo che agisce provocando un lento sgocciolamento di amine biogene nei ter-minali nervosi, fino a depauperarli. Questi pz avevano due problemi: cominciavano a tremare non perché erano ipereccitati, ma perché avevano un parkinsonismo iatrogeno (in quanto tra le amine viene eliminata anche la dopamina, e quindi si ha un diminuzione della dopamina effi-cace sui recettori, causando un parkinsonismo iatrogeno funzionale e non neurodegenerativo come il Par-kinson propriamente detto) (le differenze tra Parkinson e parkinsonismo sono sulla patogenesi e sulla tera-pia: il Parkinson è dovuto alla degenerazione della sostanza nera, il parkinsonismo è causato da farmaci o medicazioni; per il Parkinson è necessario il trattamento farmacologico specifico, per il parkinsonismo è ne-cessario sospendere i farmaci che lo hanno causato) i pz diventavano depressi perché non avevano più un tono aminergico centrale

Alfa-metiltirosina: utilizzata in terapia anti-ipertensiva, blocca la sintesi delle amine; è un falso substrato che inibisce la sintesi di NA e abbassa l’umore (è stato utilizzato in soggetti maniacali). Compete con la tiro-sina idrossilati con blocco della sintesi di DOPA, e quindi non vengono sintetizzate le catecolamine (quindi le vescicole sinaptiche sono vuote perché non ci sono neurotrasmettitori)

Metildopa: capostipite dei simpaticolitici centrali, può abbassare il tono umorale fino a provocare una de-pressione; praticamente agiscono al contrario degli antidepressivi triciclici (con il carico di catecolamine ho un miglioramento dell’umore)

+/- amine => +/-umore

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L’ipotesi prevalente ci dice che la depressione si realizza perché in quello che potremmo chiamare il centro nervoso del “buon umore” ci sono terminali sinaptici che non rilasciano quantità adeguate di NA. Le alterazioni nel terminale sinaptico possono essere in una qualunque delle fasi di sintesi.

Sulla sintesi: metildopa, alfa-metiltirosina Sul deposito: reserpina Sulla ricaptazione: ATC, SSRI Sulla degradazione: MAOi

I farmaci che inibiscono la degradazione o la ricaptazione aumenta-no il buonumore; chi inibisce la sintesi, invece, abbassa l’umore. I bloccanti della ricaptazione (ATC) sono stati i primi strumenti far-macologici efficaci, e rimangono al centro della pratica clinica.

ANTIDEPRESSIVI TRICICLICI (ATC) Gli ATC sono inibitori del reuptake di tipo 1 (verso il terminale presinaptico), e quindi aumentano il tempo di permanenza dei neurotrasmettitori nel vallo sinaptico. Devono il nome alla particolare struttura con tre anelli adiacenti (soprattutto in quelli di “prima generazione”).

Prima generazione (triciclici pd): imipramina, amitriptilina, doxepina, desipramina. Sono quelli che vengo-no tutt’ora utilizzati nonostante l’uscita dei farmaci simili al Prozac (inibitori del reuptake della serotonina, molto più tollerabili dal pz e quindi più utilizzabili in clinica). Hanno assorbimento incompleto a causa di un significativo effetto di primo passaggio; inoltre hanno elevato legame farmaco-proteico (relativa alta solubi-lità). Quindi la farmacocinetica di questi antidepressivi non è ottimale, in quanto non vengono completa-mente assorbiti, e non attraversano facilmente la barriera emato-encefalica, e quindi per garantire un buon trattamento è necessario trovare il regime ottimale per ogni pz. Seconda generazione (eterociclici): trazodone, amoxapina, maprolitina, bupropione. Sono caratterizzati dalla presenza di un anello in più rispetto ai triciclici, ma hanno lo stesso meccanismo d’azione. Il trazodone non ha struttura a tre anelli affiancati. L’amoxapina ha una struttura ciclica legata allo scheletro triciclico. La maprolitina ha una catena alifatica. Il bupropione è il più utilizzato di questa classe, e ha un solo anello. Terza generazione (nuovi): mirtazapina, venlafaxina, nefazodone (derivato del trazodone).

Attualmente, nella pratica clinica, si usa solo il Prozac, che è un inibitore della ricaptazione della serotonina. Ha molti vantaggi, ma non è l’unico antidepressivo utilizzabile. La sinapsi serotoninergica ha una azione modulatoria su quella adrenergica (“del buon umore”). La trasmissione nervosa fa arrivare un segnale de-polarizzante, c’è un rilascio di serotonina che trova un recettore sul terminale presinaptico noradrenergico. Gli effetti sono eccitatori (tranne che per il recettore 5HT-tipo1, che è inibitorio). Se arriva la serotonina c’è eccitazione nella sinapsi noradrenergica, che rilascia NA, e causa buon umore. E’ possibile migliorare l’umore tramite il blocco della ricaptazione della serotonina, con farmaci chiamati SSRI (serononin specific reuptake inhibitors). Il capostipite è la fluoxetina (Prozac).

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INIBITORI SELETTIVI DEL REUPTAKE DELLA SEROTONINA (SSRI)

fluoxetina (Prozac), paroxetina, sertralina, citalopram (2^ generazione)

ATC: inibitori del reuptake di NA e 5HT SSRI: inibitori del reuptake di 5HT Questa selettività non è specifica, e ogni farmaco ha selettività d’azione relativa. Inoltre, i vari metaboliti dei vari farmaci hanno selettività di azione differente dal farmaco capostipite.

Quindi all’interno degli antidepressivi ci sono - inibitori selettivi del reuptake della NA (de-sipramina, protriptilina, maprotilina) - inibitori selettivi del reuptake della 5HT (ci-talopram, fluoxetina, venlafaxina) (“SSRI”) - inibitori aspecifici (imipramina)

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La struttura degli ATC è simile agli antipsicotici (clorpromazina), quindi entrambi causano sonnolenza. Al contrario, gli SSRI hanno struttura molto differente dagli ATC, quindi non causano sonnolenza. Inoltre gli ATC (di prima generazione) hanno anche gli effetti anti-muscarinici => ritenzione urinaria, stipsi, midriasi con visione offuscata, confusione, xerostomia (secchezza fauci), tachicardia Quindi utilizzando gli ATC il pz ha l’effetto voluto (recupera l’umore, e quindi guarisce dalla depressione), ma non è normale nella vita quotidiana, in quanto avrò sonnolenza, sedazione e effetti antimuscarinici. Questi problemi non giustificano l’uso di ATC nella depressione reattiva (per evento stressante), che può venire facilmente curata con supporto psicologico e utilizzo di BDZ (migliorando il sonno, migliora l’umore).

FARMACI ANTIDEPRESSIVI: EFFETTI DESIDERATI ED INDESIDERATI

Gli ATC causano sonnolenza (in misura leggermente minore rispetto agli antipsicotici), mentre per gli SSRI la sonnolenza è molto lieve. Questo significa che un pz trattato con fluoxetina o altri SSRI riesce a mantenere uno stile di vita molto più vicino alla normalità e quindi gli SSRI migliorano l’umore senza modificare troppo la performance della persona. La venlafaxina (ATC 3^ generazione) sembra aver risolto questo problema. Nonostante ciò, il Prozac ha ancora una caratteristica che permette di preferirlo nel piano terapeutico: la venlafaxina ha emivita di 4-10 ore, mentre il Prozac ha emivita di 24-96 ore; quindi il Prozac va assunto con una compressa al giorno, mentre la venlafaxina va assunta più volte al giorno (ed è quindi più scomodo per il pz). Quindi, oltre a valutare gli effetti specifici, è necessario valutare anche la probabilità che il pz abbia una buona compliance alla terapia (una compressa al giorno è molto più facile da seguire, inoltre con il Pro-zac ci sarà solo un picco plasmatico al giorno, mentre con la venlafaxina ci sono 2-3 picchi giornalieri, e ci possono essere periodi in cui il farmaco è sottodosato). Il secondo effetto collaterale degli ATC, oltre la sonnolenza, è l’effetto antimuscarinico (atropino-simile); questi effetti sono più attenuati nel trattamento con SSRI. Quindi in un pz con ATC si influisce generalmente sullo stile di vita del pz, e da questo deriva tutto il timore dell’argomento; gli effetti ipnogeni e antimuscari-nici sono inevitabili per gli ATC vecchi, mentre sono molto più sfumati per gli ATC nuovi (3^) e per gli SSRI. Inoltre, spesso la depressione trattata con ATC causa sedazione del pz ma non migliora l’umore.

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EFFETTI DEGLI ATC - blocco del reuptake di NA e 5HT => antidepressivo - blocco recettori H1 (anti-istaminico) => aumento di peso, sonnolenza, vertigini, sedazione - blocco recettori α1 (anti-adrenergico) => ipotensione ortostatica, vertigini, problemi eiaculatori - blocco recettori M1 (anti-muscarinico) => xerostomia, stipsi, ritenzione urinaria, visione offuscata,… - effetti complessi => tremore, riduzione della soglia convulsiva, epilessia, viraggio maniacale ASSOLUTAMENTE DA NON USARE IN CASO DI DISTURBI BIPOLARI (aggravamento di psicosi) EFFETTI DEGLI SSRI - citalopram: lieve blocco H1 - paroxetina: l’unico con blocco recettori M1 (effetti antimuscarinici) => più tollerabili (inoltre, l’emivita lunga permette l’assunzione di una sola compressa al giorno) EFFETTI TEMPORALI DI ATC E SSRI - in ore, effetti sinaptici (aumento delle concentrazioni di catecolamine in circolo) - in giorni, effetti collaterali - in 4-6 settimane, effetti terapeutici => spesso il pz interrompe il trattamento perché vede l’insorgere degli effetti collaterali prima degli effetti benefici sull’umore (e quindi lo ritiene un trattamento inutile); per questo gli SSRI sono più tollerati, in quanto gli effetti collaterali sono meno evidenti e non causano l’interruzione volontaria del trattamento

INIBITORI DELLE MONO-AMINO-OSSIDASI (MAOi) L’altra possibilità terapeutica, oltre all’inibizione del reupta-ke, è l’inibizione del catabolismo, che anche qui causa un prolungamento dell’azione delle amine biogene. Le MAO si distinguono in due tipi a seconda dei substrati preferiti. Gli inibitori più utilizzati sono la clorgilina e il maclobemide, che sono inibitori specifici della MAO-A (che è l’enzima che catabolizza NA e 5HT). Questi farmaci però agiscono in modo reversibile, e quindi hanno breve durata e non danno una copertura continuativa nel pz, ma vengono usati in acuto. La selegilina è più duratura, ma per raggiungere dosaggi an-tidepressivi la concentrazione deve essere molto alta, e quindi il farmaco diventa aspecifico, quindi non viene utilizzata nel trattamento della depressione. La dopamina è inclusa in entrambe le isoforme di MAO. Quindi gli antidepressivi bloccano il reuptake anche della dopamina (che se è troppa provoca psicosi, men-tre se è poca provoca Parkinson o parkinsonismo). Siccome esistono forme di depressione mista a forme

FARMACI

-CATABOLISMO

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psicotiche (tra cui i disturbi bipolari), se fosse utilizzato un antidepressivo che blocca anche il reuptake di dopamina si corre il rischio di far passare la depressione ma peggiorare la psicosi. Nel Parkinson, visto che c’è un deficit di dopamina, è possibile utilizzare un MAOi per inibire il catabolismo della dopamina, e quindi migliorare la sintomatologia; infatti la selegilina viene utilizzata nel trattamento del Parkinson.

EFFETTI COLLATERALI DEI MAOi - ipotensione ortostatica - aumento del peso corporeo - eccessiva stimolazione del SNC (tremore, eccitamento, insonnia, convulsioni nel sovraddosaggio) - effetti anti-muscarinici (xerostomia, visione offuscata, ritenzione urinaria,…) - gravi interazioni farmacologiche e alimentari (MAOi + ATC/antipsicotici => crisi ipertensiva)

EFFETTI COLLATERALI DEGLI ANTIDEPRESSIVI

DEPRESSIONE ENDOGENA => ATC, SSRI DEPRESSIONE BIPOLARE => SSRI (gli ATC aggraverebbero la psicosi, per l’aumento di dopamina) Antidepressivi triciclici: possono essere utilizzati anche nelle IBS (s. del colon irritabile), nel caso di iperperi-stalsi, per ridurre la motilità intestinale (teoricamente possono essere utilizzati, ma nella clinica non si fa). Nelle IBS praticamente si usa l’alosetron, un antagonista del recettore serotoninergico di tipo 3. La psicosi è probabilmente dovuta ad un eccesso di trasmissione dopaminergica, e gli antipsicotici agiscono bloccando il recettore dopaminergico. La somiglianza strutturale tra ATC e antipsicotici spiega inoltre gli ef-fetti antimuscarinici, ma poi gli antipsicotici bloccano il recettore dopaminergico e gli ATC bloccano il reuptake delle catecolamine (e tra questa c’è la dopamina); pertanto, gli ATC possono aggravare i quadri psicotici. Quindi gli ATC sono assolutamente controindicati nei casi di depressione bipolare.

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Gli ATC di terza generazione hanno risolto quasi completamente questo problema, anche se, per questioni di posologia legate all’emivita del farmaco, è ancora preferibile utilizzare gli SSRI per i disturbi bipolari.

I MAOi causano disturbi nella fase di addormentamento, in quanto determinano un ipertono aminergico senza avere una struttura simile agli ATC/antipsicotici che inducono sonnolenza.

Gli effetti collaterali dei SSRI a volte riguardano la comparsa di crisi d’ansia acute, con forte aggressività.

UTILIZZO CLINICO DEGLI ANTIDEPRESSIVI Depressione endogena: ATC, SSRI Depressione bipolare: SSRI, antipsicotici (acido valproico)

Depressione endogena: gli ATC sono più efficaci (soprattutto la venlafaxina) ma gli SSRI (Prozac) sono più graditi dal pz per i minori effetti collaterali e perché assumibili in singola dose giornaliera. Inoltre il Prozac ha un solo picco plasmatico giornaliero, mentre gli ATC hanno più picchi, e quindi gli effetti collaterali, oltre ad essere maggiori, sono più frequenti ed accentuati. emivita ATC: 6-10 h (eccezionalmente 60 h) emivita SSRI (Prozac): 24-96 h

Depressione bipolare: gli SSRI prevengono l’aggravamento dello stato psicotico (gli ATC lo peggiorano). Ne-gli ultimi anni si utilizzano anche antiepilettici (lamotrigina e acido valproico sono più indicati)

Se la terapia non stabilizza il pz: 1) aggiustare la dose 2) aggiungere una altra classe farmacologica; non più farmaci della stessa classe, ma ad esempio ATC + SSRI Spesso l’associazione è Prozac (fluoxetina) + desipramina (ATC con pochi effetti antimuscarinici e di seda-zione) o bupropione (ATC di seconda generazione)

I MAOi sono indicati nelle depressioni atipiche: interessano il 40% dei casi ambulatoriali; si caratterizzano per un eccesso di sonno, “paralisi plumbea” (arti pesanti), aumento della fame, stanchezza, ipersensibilità alle osservazioni degli altri (come le manie di persecuzione dei cocainomani, da eccesso di dopamina).

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attacchi di panico => alprazolam (BDZ) [preferibili per maggiore rapidità di effetto] disturbi ossessivo-compulsivi => clorimipramina, SSRI (fluvoxamina) enuresi (incontinenza centrale) => ATC (imipramina) [effetti allucinogeni] [alfa-antagonisti periferici] dolore cronico => venlafaxina (3^), doluxetina (inibitore misto della ricaptazione) bulimia => fluoxetina [serve serotonina] obesità => sibutramina (SSRI) [va al centro della sazietà e riesce a far mantenere il peso dopo sospensione] deficit di attenzione => atomoxetina (inibitore specifico della ricaptazione di NA), metilfenidato INTERAZIONI FARMACOLOGICHE E SOVRADDOSAGGI sindrome serotoninergica da SSRI/ATC + MAOi => crisi ipertensiva, ipertermia, rigidità, mioclono è importante anche considerare il periodo di passaggio tra farmaci (emivita)

sovraddosaggio da ATC attività antimuscarinica => midriasi => somministrare inibitore di AChE vasodilatazione e ipotensione => somministrare dopamina ad alte dosi o NA la vasodilatazione è causata dal blocco centrale (inibizione del centro vasomotorio) e dal blocco periferico (recettori alfa1). E’ quindi necessario somministrare noradrenalina, visto che gli ATC hanno diminuito il reuptake e il terminale presinaptico ha poche quantità di NA per l’esocitosi). convulsioni cardiotossicità chinidino-simile per blocco dei canali del sodio (inotropismo negativo, slargamento del complesso QRS) => somministrare lattato o bicarbonato di sodio (+ Na => recupero del blocco) PSICOTERAPIA Esistono differenti approcci di tipo psicologico al trattamento della depressione: comportamentale, inter-personale, psicodinamico, fenomenologico,… La percentuale di successo è del 30% per la sola psicoterapia, che è indicata solo per le formi lievi. Nelle formi gravi, invece, il trattamento farmacologico è il punto basi-lare del trattamento (anche se è necessario un approccio psicologico di supporto). Le psicoterapie agiscono nel modificare alcune convinzioni o pensieri o comportamenti errati. Può essere particolarmente indicato un approccio psicoterapico nelle forme di depressione reattiva (situazionale), quindi scatenata da eventi specifici e limitati nel tempo (stress, lutti, conflitti relazionali). La psicoterapia non va considerata come una alternativa alla farmacoterapia.

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FARMACI DELLA PSICOSI (ANTIPSICOTICI)

INTRODUZIONE Tra le urgenze psichiatriche si distinguono - crisi di ansia e attacchi di panico: profonda angoscia con sentimenti estremi di paura e minaccia alla pro-pria integrità fisica e psichica; paura di impazzire o di morire; attivazione del SNA. L’obiettivo della terapia è contenere la tensione emozionale del pz con un atteggiamento calmo e rassicurante; il trattamento farma-cologico consiste con benzodiazepine in acuto, antidepressivi a lungo termine - crisi depressive: profonda sofferenza caratterizzata da estrema tristezza, sentimenti di autosvalutazione o colpa, incapacità di vivere in modo appropriato il presente e pensare al futuro; generalmente scatenate da eventi esistenziali significativi. Si manifesta con impossibilità a mantenere gli abituali ritmi di vita, gli impe-gni lavorativi e sociali e un’adeguata cura di sé; possono essere presenti disturbi del sonno (iper/iposonnia) e disturbi dell’alimentazione (iperfagia o inappetenza). DD con disturbi neurologici (tumori), endocrinopatie (ipotiroidismo), effetti collaterali di farmaci (anti-ipertensivi, corticosteroidi, interferone). - crisi maniacali: il pz in crisi maniacale compromette la sua sicurezza personale e i rapporti sociali, con con-seguenze molto gravi; notevole alterazione del tono dell’umore, ideazione ed eloquio accelerati (fino alla fuga delle idee), iperattività motoria con intolleranza-irritabilità-impazienza. Il pz non sente la presenza del-la malattia e il bisogno di curarsi, e dice di “non essere mai stato meglio”. Può avere depressione bipolare. Il trattamento farmacologico consiste in neurolettici e BDZ. (TSO, trattamento sanitario obbligatorio) - crisi psicotiche: sintomi di deliri, allucinazioni e disturbi formali del pensiero (accelerazione, rallentamen-to, deragliamento), accompagnati da ansia o agitazione psicomotoria, con compromissione della capacità critica e della sfera affettiva. Ci può essere aggressività auto- o eterodiretta, spesso reattiva alle modalità coercitive di arrivo del PS che possono consolidare l’ideazione delirante. Il pz è minacciato e spaventato. Nel caso della depressione era importante porsi come obiettivo: - bloccare il reuptake della 5HT e/o della NA (SSRI o ATC) - inibire il catabolismo delle amine (MAOi) Nel caso della psicosi l’approccio è completamente diversi, dal momento che la psicosi è dovuta ad un ec-cesso di dopamina ed è quindi necessario bloccare il recettore per la dopamina (inibire la sintesi è impossi-bile, in quanto la stessa via biosintetica è utilizzata anche per le catecolamine). L’effetto desiderato è la pre-senza del neurotrasmettitore all’interno dello spazio sinaptico. La psicosi può essere endogena o indotta: le sostanze psicotomimetiche inducono sensazioni simili e crisi mistiche (spesso religiose) che non sono giusti-ficabili nel contesto sociale di riferimento. L’elemento cardine della psicosi è l’alterata percezione della realtà rispetto al riferimento sociale, è dovuta ad un eccesso di dopamina, e può essere endogena o cau-sata da farmaci (oltre ai psicotomimetici, la psicosi può avvenire nel post-operatorio, quando si osservano allucinazioni e ipertensioni che è necessario trattare con antipsicotici e non con ipnotici). Il termine “psicosi” fu utilizzato per la prima volta nel 1845 con il significato di “malattia mentale, follia”. Il ritratto del “matto” della cultura popolare è quello del pz psicotico. La psicosi è un grave disturbo psichia-trico caratterizzato da compromissione dell’esame della realtà, inquadrabile da diversi punti di vista a se-conda della lettura psichiatrica di partenza e quindi del modello di riferimento. I sintomi psicotici sono ascrivibili a disturbi della forma del pensiero, del contenuto del pensiero e della percezione sensoriale. Gli allucinogeni (LSD) possono essere considerati psicotomimetici, perché simulano la condizione psicotica; questi farmaci provocano una alterazione della realtà che non si inquadra nel contesto sociale, culturale e religioso in cui il pz vive. L’alterazione della percezione della realtà è simile all’estasi mistica (che di fatto è un’astrazione dal contesto sociale). Le sostanze da abuso personale (oppioidi) dovrebbero essere utilizzate sempre in gruppi sociali, altrimenti la sensazione di euforia diventa un “bad trip”, quindi una esperienza an-gosciosa. Il complesso di persecuzione è una lieve forma di psicosi, in quanto c’è una alterazione della per-cezione della realtà. Il distacco dalla realtà può portare il pz a camminare sul cornicione del tetto o simili; spesso le allucinazioni sono accompagnate da aggressività (responsabile delle morti violenti, cioè delle col-luttazioni tra cocainomani, anche armate) [eroina: overdose in silenzio, cocaina: conflitti a fuoco]

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In un pz psicotico, sia da un punto di vista psichiatrico che farmacologico, si distinguono sintomi positivi e sintomi negativi. I primi farmaci antipsicotici agivano soprattutto nel contenere i sintomi positivi, ma ren-devano il pz “imbambolato”; gli antipsicotici più recenti, invece, hanno effetti anche sui sintomi negativi, e quindi forniscono anche la spinta motivazionale e lo restituiscono alla società. I sintomi positivi comprendono la parte esplosiva della psicosi, quella che fa impressione dal punto di vista della collettività e rendono il pz pericoloso per sé e per gli altri (“quello è matto”); i sintomi negativi non rendono il pz una persona pericolosa, ma lo portano ad isolarsi dalla società (apatia, assenza di iniziativa). SINTOMI POSITIVI “matto” - disturbi di forma del pensiero: alterazioni nell’ideazione delle idee, fino alla fuga e all’incoerenza; altera-zioni dei nessi associativi come tangenzialità, risposte di traverso e “salti di palo in frasca”. Il linguaggio è sconclusionato, non c’è una relazione logica tra premesse e conseguenze; quindi si parte da un discorso per poi perdere completamente ogni collegamento logico (mancanza di coerenza nella formulazione logica). Per tangenzialità si intende la caratteristica di partire dal discorso iniziale, prendere un qualsiasi spunto e iniziare un discorso parallelo che poi diventa quello dominante (politici). Per “saltare di palo in frasca” si in-tende cambiare improvvisamente argomento in una conversazione, ed è indice della frammentazione della capacità di elaborazione logica del pensiero - disturbi del contenuto del pensiero: ideazione prevalentemente delirante (megalomania), con sgancia-mento dalla realtà (“non posso rimanere qui, io sono Napoleone”). Nelle forme comuni e meno gravi i pz ripetono sempre la stessa cosa e molto spesso presentano con complesso di persecuzione (allucinazioni persecutive). E’ simile al delirio da insufficienza epatica o da intossicazione chimica. - disturbi nella percezione sensoriale: allucinazioni uditive (a carattere imperativo, commentante, denigra-torio o teleologico), visive, olfattive, tattili, cinestetiche o geusiche. Le allucinazioni, a differenza dalle crisi epilettiche, non sono precedute da aura (disagio, malessere; il pz sente suoni che realmente ci sono ma nessun altro li riesce a sentire, ad esempio il rumore dell’orologio o il fruscio dei rami o la luce della finestra che da fastidio; l’aura è quindi una percezione estrema di qualcosa che esiste realmente, mentre nelle allu-cinazioni è tutto inventato) SINTOMI NEGATIVI “isolamento” - isolamento dalla vita sociale - appiattimento delle risposte emotive (apatia) - difetto nell’attenzione selettiva (da non confondere con il deficit dell’attenzione presente nel bambino affetto da ADHD, attention deficit hyperactivity disorder), cioè lo psicotico ha difficoltà nel sapersi concen-trare su un bersaglio (non riesce a leggere il giornale o compilare il bollettino postale), quindi non è in grado di trascurare alcune cose per potersi occupare selettivamente di altre; è un sintomo molto precoce. La terapia della psicosi deve eliminare sia i sintomi positivi che i sintomi negativi. Gli antipsicotici (APS) di prima generazione (“APS tipici”) eliminano i sintomi positivi ma non eliminano i sintomi negativi, e queste terapie hanno prodotto per decenni pz innocui (quindi non pericolosi per la società), ma assolutamente inutili (pz imbambolato, rimane tutto il giorno sul letto sveglio o cammina senza scopo). Sostanze psicotomimetiche: - alcol: delirium tremens, sindrome allucinosica alcolica (ragni), convulsioni, s. di Korsakoff - anfetamina / metanfetamina / ecstasy: attacco schizofrenico acuto (sostanze simili alle anfetamine ven-gono utilizzate nella ADHD, a dimostrare ulteriormente che quei bambini non sono assolutamente psicotici) - cocaina: allucinazioni visive e uditive, aggressività, delirio di grandezza e di persona - cannabis / oppioidi / eroina: la marijuana è un blando allucinogeno, gli oppioidi causano tossicità acuta - LSD (dietilammide dell’acido lisergico): droga eminente degli anni ’80, con forte potere allucinogeno pro-vocando una completa dissociazione dalla realtà, trip e sindrome psichica antidepressivi: minore eliminazione NA / 5HT / dopamina [ATC possono slatentizzare una psicosi] antipsicotici: maggiore eliminazione dopamina [psicosi: eccesso dopamina; depressione: deficit dopamina]

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IPOTESI DOPAMINERGICA: la psicosi è dovuta ad un eccessiva quantità di dopamina nel vallo sinaptico EVIDENZE INDIRETTE - farmaci che rilasciano dopamina provocano psicosi (anfetamina / cocaina) - farmaci che depauperano dopamina sono antipsicotici (reserpina). La reserpina era un anti-ipertensivo che impedisce l’immagazzinamento delle amine biogene nelle vescicole che devono essere esocitate. Que-sto farmaco depaupera i terminali assonici dal contenuto vescicolare di amine, tra cui NA, per cui si può ot-tenere un abbassamento della pressione, e un effetto depressivo (per la dopamina). La reserpina, quindi, depauperando la dopamina può avere anche azione antipsicotica. Non viene utilizzata in situazioni acute, in quanto lo svuotamento del terminale presinaptico avviene in modo molto lento (sinapsi prosciugata). - agonisti dopaminergici aggravano la schizofrenia (apomorfina, bromocriptina). Questi farmaci vengono utilizzati anche per inibire la montata lattea. Nel Parkinson si ha un deficit di dopamina, e questi pz vengono trattati con farmaci per reintegrare la dopamina; se la dose è eccessiva il pz diventa psicotico.

EVIDENZE DIRETTA - la dopamina agisce sul recettore D2 post-sinaptico, e c’è correlazione lineare tra potenza clinica dei farmaci antipsicotici e affinità per il recettore dopaminergico D2; se la causa della psicosi è l’eccesso di dopamina, i farmaci efficaci saranno quelli che bloccano il recettore dopaminergico D2. L’effetto di un far-maco antipsicotico è direttamente proporzionale all’affinità per il recettore D2. blocco recettore dopaminergico D2 => effetto antipsicotico La IC50 (concentrazione ini-bente-50) è la concentrazio-ne di una sostanza in grado di inibire un determinato ef-fetto del 50%; in questo ca-so, è la concentrazione che blocca il 50% di trasmissione dopaminergica. Tanto più alta sarà IC50, tanto minore sarà l’efficacia inibitoria del farmaco, e tanto maggiore sarà la concentrazione di farmaco necessaria per avere un effetto antipsicotico. Per-tanto saranno più efficaci i farmaci nella parte destra del grafico rispetto a quelli che hanno una IC50 minore.

FARMACI ANTIPSICOTICI - antipsicotici tipici, vecchi, eliminano solo i sintomi positivi; hanno risolto il problema della psicosi social-mente rilevante ma non eliminavano i sintomi negativi, e quindi i pz non erano più utili per la società - antipsicotici atipici, nuovi, eliminano i sintomi positivi e i sintomi negativi

ANTIPSICOTICI TIPICI FENOTIAZINE ALIFATICHE: clorpromazina, tioridazina FENOTIAZINE PIPERAZINICHE: flufenazina TIOXANTENI: tiotixene BUTIRROFENONI: aloperidolo (Serenase), diverso strutturalmente per la presenza di anelli disgiunti; il Se-renase viene dato a pz chirurgici nel post-operatorio “agitato” (pz che non sopportano bene l’anestesia); ma il Serenase non è un sedativo, ma un anti-psicotico.

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EFFETTI COLLATERALI DEGLI ANTIPSICOTICI TIPICI

Questi effetti sono osservabili, in varia misura, con tutti gli APS tipici. A livello del SNC, questi farmaci bloc-cano i recettori dopaminergici. Sapendo che il Parkinson è una malattia che insorge in seguito alla degene-razione di neuroni dopaminergici, è chiaro che tra non avere neuroni dopaminergici e bloccare il recettore dopaminergico il risultato clinico è lo stesso. Quindi il trattamento con APS causa parkinsonismo iatrogeno. Il parkinsonismo fa parte degli effetti collaterali extrapiramidali, dovuti al blocco del recettore della dopa-mina sulla via extrapiramidale, ed è associato ad acatisia (incapacità nel controllo dei movimenti) e distonia (posture abnormi e durature associate a movimenti più lenti eseguiti con la co-contrazione dei muscoli agonisti ed antagonisti; spesso del collo o della spalla). Gli APS causano anche discinesie tardive, nelle fasi avanzate della malattia, che possono essere anche coreo-atetosiche (ipercinesia e perdita del controllo dei movimenti), dovute ad una supersensibilità dei recettori dopaminergici residui o sovra-espressi. A livello del sistema endocrino, la dopamina ha azione inibitoria sulla prolattina. Quindi il blocco dei recet-tori dopaminergici causa aumento della prolattina, con amenorrea e galattorrea. Gli agonisti dopaminergici quindi causano il blocco della lattazione (bromocriptina), mentre gli antagonisti dopaminergici (recettoriali) come la clorpromazina causa aumento della montata lattea (latte alle puerpere in Africa). I farmaci APS non sono molto selettivi, quindi possono anche bloccare i recettori della serotonina coinvolti nella regolazione della fame, e quindi un pz con APS è ingrassato e intorpidito. Gli antistaminici cronici, ana-logamente, fanno aumentare l’appetito (ai bambini inappetenti viene dato uno sciroppo con periactin, un antistaminico che causa blocco sui recettori serotoninergici stimolando l’appetito). Inoltre, gli SSRI (bloc-canti del reuptake della 5HT) si usano nella bulimia perché diminuiscono l’appetito, e perdono peso. Quindi la serotonina causa diminuzione dell’appetito (senso di sazietà); se la serotonina aumenta (SSRI) il senso di sazietà è più precoce, e viene utilizzato per il trattamento dei pz bulimici; se la serotonina non ha attività recettoriale (periactin o APS), c’è aumento dell’appetito (senso di sazietà tardivo) e il pz ingrassa.

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Inoltre la clorpromazina ha altri due effetti collaterali specifici (quindi non presenti negli altri APS tipici): - ittero colestatico (ma non pregiudica l’utilizzo del farmaco) - fotosensibilità, dalla discromia alle ulcere cutanee; questo avviene perché i raggi UV attivano la clorpro-mazina che diventa un radicale libero, e ossida la melanina. PZ SOTTO APS-TIPICI (eliminazione dei sintomi tipici, ma rimangono i sintomi atipici) - apatico, privo di iniziativa: il pz non ha delirio e non parla in modo sconclusionato, ma è a letto o ciondola - sonnolento, risponde poco agli stimoli, ma si va svegliare e se sollecitato a concentrarsi da risposte giuste: il pz che fornisce risposte appropriate significa che ha recuperato una percezione della realtà e quindi an-che la coerenza logica. Ma questo pz rimane una persona “spenta”, che dorme ed è apatica per il resto del giorno. Da questo nasce l’esigenza di antipsicotici atipici, per evitare che il pz sia completamente solo. - buon linguaggio, niente aggressività: l’eloquio spesso è scandito e nitido

PZ SOTTO BDZ (ipnoico-sedativi) - apatico, privo di iniziativa - sonnolento, lievemente confuso - pronuncia indistinta: il pz trascina le parole, è come se si sveglia dall’anestesia, “fangoso” (slushy) - disinibito, euforico: disinibizione frontale

DIFFERENZE TRA PZ CON APS-TIPICI E BDZ/IPNOTICI: - linguaggio: il pz con BDZ ha farfugliamento, il pz con APS-tipici ha parole scandite e distanziate. - comportamento: il pz con BDZ è disinibito-euforico (“mani sulle tette di Belen”), il pz con APS-tipici no.

EFFETTI COLLATERALI EXTRAPIRAMIDALI DI APS-TIPICI acuti: distonia, acatisia, parkinsonismo riconducibili al blocco dei recettori dopaminergici, possono mitigarsi col tempo, reversibili alla sospensione tardivi: discinesia tardiva segno di morte neuronale (eccitotossicità) o supersensibilità dei recettori D2; dose/età-dipendente; lento sviluppo (si riscontrava nei trattamenti per 5-10 anni nei manicomi o carceri); il pz può avere ballismo (serie di movimenti involontari, improvvisi, aritmici, afinalistici, che interessano soprattutto gli arti superiori, e so-litamente sono dovuti a patologie o lesioni che interessano il nucleo subtalamico).

APS tipici Le manifestazioni extrapiramidali acute sono dovute al blocco, oltre che della via mesolimbica responsabile della genesi della psicosi, anche dei recettori della via nigrostriatale (quella interessata nella malattia di Parkinson). Quindi gli APS-tipici prendono entrambe le vie, e alla depressione della via nigrostriatale è ri-conducibile la complicazione dei movimenti (mentre la depressione della via mesolimbica è l’effetto voluto) Considerando l’aloperidolo (APS tipico butirrofenolico, Serenase), si vede che il numero di cellule attive di-minuisce man mano che si procede con il trattamento farmacologico, in entrambe le vie nervose.

APS-atipici Sono più specifici per la via mesolimbica, e quindi non causano blocco recettoriale (e quindi morte neurona-le) nella via nigrostriatale; pertanto, gli APS atipici non causano parkinsonismo o effetti collaterali extrapi-ramidali. Inoltre, gli APS atipici hanno riescono ad eliminare anche i sintomi negativi (isolamento dalla vita sociale, appiattimento delle risposte affettive, difetto dell’attenzione selettiva), rimuovendo la parte dei sintomi positivi come gli APS-tipici; quindi il pz non ha allucinazioni, ma non è nemmeno in una condizione letargica (come invece succede con gli APS tipici). Diminuiscono anche gli effetti collaterali sul sistema en-docrino, e quindi hanno minori effetti sulla sfera sessuale (non possono essere usati per la montata lattea). 1) minore effetto sulla via nigrostriatale => NO sindromi extrapiramidali (parkinsonismo,…) 2) riduzione dei sintomi negativi => NO isolamento personale/affettivo del pz 3) minore effetto sulla prolattina => NO impotenza o amenorrea o riduzione del drive sessuale

la psicosi è dovuta a una iperattivazione dopaminergica nella via mesolimbica i farmaci APS-tipici inibiscono i recettori D2 della via mesolimbica e della via nigrostriatale => parkinsonismo i farmaci APS-atipici inibiscono i recettori D2 unicamente nella via mesolimbica => NO sintomi negativi

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ANTIPSICOTICI ATIPICI CLOZAPINA, forte tossicità ematologica (neutropenia), allungamento del QT (alto rischio di torsione di pun-ta; la sindrome del QT lungo è la stessa che causa epilessia, perché il canale è lo stesso). OLANZAPINA, simile alla clozapina, ma non provoca neuropenia RISPERIDONE, attualmente in fase di miglioramento (“forme deposito”)

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Il risperidone è un antipsicotico “birbaccione”, in quanto som-ministrando la dose due volte al giorno si ha, per variabilità indi-viduale, una notevole differenza nella concentrazione plasmati-ca del farmaco. La variabilità plasmatica è dovuta alle variazioni individuali nella farmacocinetica, non alle variazioni della pato-logia (analogamente a quanto succede nella epilessia, la malattia è sempre la stessa ma i diversi pz rispondono ai farmaci in modo differente). Si identificano grossolanamente tre categorie di pz: quelli in cui la concentrazione plasmatica è indipendente dalla dose sommi-nistrata, quelli che sviluppano concentrazioni plasmatiche trop-po alte (quindi hanno troppi effetti collaterali, con difficile con-trollo farmacocinetico) e quelli intermedi. Per evitare il problema della variabilità individuale nella farmacocinetica (non nella patologia!), si sono svi-luppate delle “forme deposito” a lento rilascio, che vengono somministrate intramuscolare, formate da un veicolo non metabolizzato che contiene le molecole di farmaco e che causa il distacco (gocciolamento) len-to delle molecole dalla matrice, che quindi vanno in circolo (la somministrazione intramuscolare causa in-fiammazione, con richiamo di capillari che consentono il passaggio del farmaco a causa dell’aumentata permeabilità, ma non della matrice o “raft” che è troppo grande da passare); teoricamente, questo dovreb-be mantenere costanti i valori plasmatici. Queste forme deposito sono state sviluppate per risperidone, clo-rpromazina e flufenazina. Ma queste forme rilascio hanno un problema molto grave: inizialmente si ha un rilascio di troppo farmaco, e la concentrazione plasmatica alta causa il blocco immediato di tutti i recettori D2 (anche se la forma è a deposito, c’è un leaking iniziale troppo eccessivo di farmaco che causa blocco do-paminergico acuto). Il blocco dopaminergico acuto agisce sul sistema extrapiramidale, causando rigidità. Il pz si lamenta di essere rigido, pietrificato (freezing): questi sono i sintomi del parkinsonismo iatrogeno causato dall’eccessiva quantità di farmaco inizialmente rilasciato dalle forme di deposito. Inoltre ha facies amimica, movimenti rallentati, rigidità “a tubo di gomma”, tremore. Inoltre ha anche dei deficit motivazio-nali (“ogni giorno è come gli altri”, “non ho più emozioni”). Il pz è come se fosse “dopamino-lizzato”, in quanto il farmaco ha raggiunto concentrazioni tali da bloccare tutti i recettori D2 dopaminergici. Questo fenomeno viene visualizzato molto bene quando si passa da un farmaco a somministrazione giornaliera ad un farmaco con forma di de-posito. L’effetto sul blocco della dopamina può essere visualizzato tramite i livelli di prolattina. Utilizzando la clorpromazina a dosaggi antipsicotici per oltre 120 giorni, la concentrazione plasmatica di prolattina sale lentamente. Mantenendo la dose per un certo periodo, la prolattina rimane in plateau. Quando viene interrotta la clorpromazina e viene sostituita con la flufenazina decanoato (forma deposito), si ha un calo immediato della prolattina, e poi la dopa-mina torna a livelli alti molto rapidamente (7 giorni invece che 30). Quindi: - nel passaggio tra forma di somministrazione e forma deposito c’è un periodo in cui il pz non ha blocco dopaminergico - con la forma deposito, il blocco dopaminergico è massivo nei primi giorni (blocco massivo dei recettori D2 per eccessivo leaking del farmaco) E’ quindi molto difficile gestire le forme deposito, in quanto si passano alcuni giorni senza blocco dopami-nergico e poi si ha troppo blocco dopaminergico. Quindi nel passare da una forma all’altra, nell’esempio da clorpromazina a flufenazina, è consigliabile una sovrapposizione iniziale dei due farmaci (in cui il rilascio tradizionale si sovrappone al rilascio lento) (assolutamente al contrario di quanto avviene con ATC/MAOi). Aderenza: “il grado con cui il pz segue le prescrizioni mediche”, “la misura in cui il comportamento di una persona, nell’assumere i farmaci o nel modificare il proprio stile di vita, si attiene a quanto concordato con il medico”. L’aderenza parziale causa una risposta clinica non ottimale, con ricadute e ospedalizzazione.

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La mancata aderenza (compliance) del pz alla terapia psicotica può essere dovuta a: - insorgenza di effetti collaterali (soprattutto extrapiramidali) - regimi terapeutici complessi - mancata comprensione degli schemi posologici - diminuzione della qualità di vita del pz con APS tipici Il trattamento con forme deposito, se funzionasse, potrebbe risolvere i problemi di scarsa aderenza. UTILIZZO CLINICO DEGLI ANTIPSICOTICI - schizofrenia, sindromi comportamentali acute (diagnosi in base a sintomi positivi e negativi) - integrazione nelle depressioni psicotiche (ATC/SSRI + antipsicotici) - alcuni antipsicotici atipici (sulpiride) sono particolarmente attivi nella depressione - aloperidolo o clorpromazina nella corea di Huntington MORBO DI PARKINSON Normalmente dalla sostanza nera parte una proiezione dopaminergi-ca che arriva al corpo striato e che ha funzione di inibire un neurone GABAergico, che contemporaneamente viene eccitato da un altro neurone locale colinergico. Il risultato è che il tono GABAergico in uscita dallo striato, nel sano, è espressione dell’equilibrio tra le fun-zioni inibitoria ed eccitatoria. Nel m. di Parkinson, per la distruzione della sostanza nera, viene a mancare il tono inibitorio, ma rimane quello eccitatorio; quindi il tono GABAergico aumenta. Quindi, idealmente, per il m. di Parkinson possono essere utilizzate due strategie terapeutiche - aumentare il tono dopaminergico: precursori della dopamina (L-dopa) o agonisti recettoriali di dopamina - diminuire il tono colinergico: bloccanti recettoriali del nicotinico neuronale (anticolinergici) Queste terapie, a causa della natura degenerativa del Parkinson, devono essere affiancate da farmaci che rallentano la neurodegenerazione (altrimenti la terapia richiederà sempre dosi maggiori e sarà tossica) PARKINSON vs PARKINSONISMO (in entrambe c’è un aumento del GABA, e quindi i sintomi) parkinsonismo iatrogeno: eziologia farmacologica (clorpromazina, reserpina) patogenesi: blocco del recettore dopaminergico D2 [SI neurone] storia: regredisce con la sospensione del farmaco (non c’è neurodenerazione) non sono presenti tutti i sintomi del Parkinson (pz amimetico o bradicinetico o con tremore a riposo) NO rigidità plastica (“a tubo”) tipica del m. di Parkinson [rigidità ≠ ipercontrazione, torcicollo spastico]

m. di Parkinson idiopatico: eziologia sconosciuta patogenesi: degenerazione neuroni dopaminergici della sostanza nera mesencefalica [NO neurone] storia: progredisce con il tempo a causa della neuro-degenerazione sintomi principali: rigidità + facies amimica + bradicinesia + tremore a riposo COREA DI HUNTINGTON La corea di Huntington è causata da modifiche post-trascrizionali a livello del gene che codifica per la pro-teina huntingtina. In questo caso viene a mancare l’efferenza GABAergica dal corpo striato, e quindi la cel-lula post-sinaptica non risulta inibita e può, quindi, inibire la proiezione eccitatoria che dal talamo raggiun-ge la corteccia. Il risultato finale sarà una mancanza di eccitazione a livello motorio. Nella Huntington quindi si ha una condizione opposta al Parkinson. Nel Parkinson si ha ipotrofia del circuito, nella Huntington iper-trofia. Nella malattia di Huntington i livelli di dopamina sono normali; la dopamina ha però un effetto inibi-

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torio della proiezione assonale deficitaria nella Huntington, contribuendo così all’ulteriore diminuzione del rilascio di GABA a livello della sostanza nera. Quindi l’utilizzo di antipsicotici (aloperidolo, clorpromazina) che bloccano il recettore dopaminergico rappresentano un valido intervento per limitare i sintomi. Analogamente, può essere utilizzato il baclofene, un agonista dei recettori del GABA.

LITIO Nella sindrome psicotica può coesistere la depressione, ed è necessario non utilizzare ATC per aggravare quadri psicotici, in quanto gli ATC aumentano la quantità di dopamina recettoriale. Nei pz psicotici si può utilizzare la sulpiride o il litio. Il litio è uno stabilizzante dell’umore, ed è utile nella mania acuta e nella prevenzione delle forme maniacali (psicosi maniacale). Ha una finestra terapeutica ristretta, e il 50% viene eliminato con le urine, e il rimanen-te ha emivita di 1-2 settimane (è su questa emivita che è necessario calcolare la dose di mantenimento per mantenere la concentrazione plasmatica terapeutica). Il litio è un catione monovalente che si comporta come il sodio, e quindi a livello renale causa poliuria-polidipsia (il litio richiama acqua), nausea, ipotiroidi-smo (in quanto compete con il Na+ per il trasportatore sodio-iodio a livello tiroideo), tremore, astenia, con-vulsioni e aritmie da sovraddosaggio. Il tremore non è dovuto ad un blocco del recettore dopaminergico (come nel parkinsonismo iatrogeno) o ad una deplezione di amine biogene nel terminale assonico (come nel caso della reserpina), ma il tremore è legato all’interferenza da parte del litio con il metabolismo degli inositoli (IP3), che blocca la trasmissione del segnale a livello dei recettori alfa-adrenergici. E’ necessario controllare la concentrazione plasmatica continuamente tramite il dosaggio della litiemia (non viene dosata la concentrazione plasmatica degli APS, in quanto ci si basa bene sui sintomi del pz perché questi farmaci sono relativamente più sicuri e hanno una finestra terapeutica più ampia).

Il litio agisce tramite blocco della sintesi di inositolo, e quindi si ha un blocco dei recettori che utilizzano IP3 e DAG per la trasduzione del segnale. Quindi si ha un blocco muscarinico (M1-M3), alfa-adrenergico e sero-toninergico. Il blocco dei recettori alfa-adrenergici provoca tremore.

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FARMACOTERAPIA DEL M. DI PARKINSON

INTRODUZIONE Il morbo di Parkinson è causato da un deficit di dopamina dovuto alla distruzione dei neuroni della parte compatta della sostanza nera mesencefalica (esatto contrario della psicosi, che è invece dovuta ad un ec-cesso di dopamina; quindi i farmaci usati in queste patologie hanno come effetto collaterale soprattutto quello di causare la malattia opposta). Il m. di Parkinson è caratterizzato da: - rigidità muscolare (freezing), bradicinesia, tremore a riposo, instabilità posturale, “shaking palsy” - cause idiopatiche, con prevalenza 1% in pz > 65 anni - evolutivo, invalidante (a differenza del parkinsonismo iatrogeno che regresisce) - exitus da immobilità (il pz muore per polmonite da stasi o ab ingestis o per TVP)

Il m. di Parkinson è caratterizzato da una significativa diminuzione di dopamina nei GdB, e questa diminu-zione riflette una degenerazione neuronale nella pars compatta della sostanza nera (autopsia).

E’ molto importante distinguere il Parkinson idiopatico dal parkinsonismo iatrogeno; inoltre l’uso voluttua-rio di metanfetamine sta aumentando l’incidenza di parkinsonismo giovanile. Altri parkinsonismi sono do-vuti a malattie infettive (meningoencefaliti) o da esposizione a veleni (vino al metanolo). La diagnosi di Parkinson non è facile in quanto cogliere i primi sintomi non è così ovvio; inizialmente si ha tremore a riposo e non intenzionale (non in caso di lavori manuali, quindi il Parkinson non causa incidenti sul lavoro). Successivamente si ha la inespressività del volto (facies amimica), che spesso è il primo sintomo evidente. Poi si hanno rigidità dei movimenti (rigidità a tubo, il braccio fa la sua escursione senza flettere il gomito), bradicinesie, deambulazione alterata e postura inclinata, fenomeno dello scalpitio.

Visto che il Parkinson è causato da una diminuzione della dopamina, gli interventi farmacologici devono puntare ad aumentare i livelli di dopamina. Inoltre, è necessario fornire protezione dalla neurodegenera-zione progressiva dei GdB (ma è ancora difficile avere farmaci buoni in quanto i meccanismi molecolari del-la degenerazione non sono ancora noti; le ipotesi sono distruzione ubiquitina-dipendente, disfunzione mi-tocondriale e formazione di radicali, e da qui si basa tutta la fallimentare terapia con antiossidanti).

dopamina

Non è possibile dare direttamente dopamina ai pz, in quanto: - provoca aritmie, in quanto è il precursore della sintesi delle catecolamine - non attraversa la barriera emato-encefalica (BEE) [è necessario un gradiente di concentrazione 20:1, e quindi la concentrazione plasmatica sarebbe troppo alta e causerebbe morte cardiovascolare] Quindi è necessario aumentare i livelli di dopamina senza somministrare dopamina.

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INTERVENTI FARMACOLOGICI NEL M. DI PARKINSON

obiettivo farmaci

1) ricostruire buoni livelli di dopamina nei GdB L-DOPA ± inibitori della DOPA-decarbossilasi (DDCi) ± inibitori del catabolismo (MAOi, COMTi)

2) sostituire la dopamina con altri agonisti dop. bromocriptina, pergolide ropirinolo, pramipexolo (“nuovi”)

3) antagonizzare la trasmissione colinergica anti-muscarinici (triesifenidile, benztropina) anti-istaminici (difenidramina)

4) farmaci ad azione mista (2+3) amantadina

1) RICOSTRUIRE BUONI LIVELLI DI DOPAMINA NEI GdB

L-DOPA ± DDCi (carbidopa, benserazide) La L-DOPA è il precursore della sintesi di dopamina, viene utilizzato da molti anni ed è un punto chiave della terapia. La L-DOPA, al contrario della dopamina, attraversa la BEE, e il metabolismo continua nei GdB.

Problema: a livello di assorbimento intestinale si osserva competizione tra L-DOPA e altri aminoacidi Soluzione: somministrare lontano dai pasti, nel contesto di una dieta ipoproteica

Problema: metabolicamente una grande quantità di L-DOPA (80%) viene eliminata con le urine in circa 8 ore, sotto forma di acido omovanillico (HMVA) o acido diidrossifenilacetico (DOPAC) (utilizzando gli enzimi MAO e COMT); il rimanente è attivamente decarbossilato a dopamina (tramite la DOPA-decarbossilasi), che non entra nel SNC. La quantità che entra nel SNC è solo l’1-3% di L-DOPA. Soluzione 1: somministrare L-DOPA a alte dosi => maggiore concentrazione plasmatica => aumento di effet-ti collaterali (tachicardia, nausea, vomito), e comunque ne arriva poca al SNC Soluzione 2: associare L-DOPA con inibitori della DOPA-decarbossilasi (carbidopa, benserazide) => permet-te di diminuire la dose di L-DOPA somministrata al pz fino al 50% della dose originaria, associando uno schema terapeutico da 4:1 a 10:1 (100-250 mg L-DOPA + 10-25-100 mg DDCi). Gli inibitori della DOPAde-carbossilasi non attraversano la BEE e quindi agiscono solo sulla L-DOPA plasmatica (quella somministrata) e non sulla L-DOPA presente normalmente in SNC o in grado di attraversare la BEE.

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Utilizzando L-DOPA + DDCi la quantità di L-DOPA che passa la BEE aumenta dall’1% al 10%, e inoltre viene ridotta del 50-70% la dose di L-DOPA, con beneficio per gli effetti collaterali. Il sintomo più responsivo alla L-DOPA è la bradicinesia. La dose varia molto tra i vari pz. Si può iniziare con 4:1 tre volte al giorno e poi passare a 10:1, fino a quando tollerato (alcuni pz possono prendere 2000 mg al giorno di L-DOPA). I risultati migliori si ottengono a inizio terapia, e i pz si sentono molto meglio; successi-vamente si hanno due effetti che diminuiscono l’efficacia della terapia (che comunque permette di rallenta-re l’evoluzione della malattia e ridurre la mortalità globalmente associata): 1) nel tempo diminuiscono gli elementi cellulari che immagazzinano L-DOPA, e la diminuzione dell’effetto terapeutico nel tempo non è colpa della terapia, ma è indice della progressione della malattia. Infatti la L-DOPA non ferma la neurodegenerazione, ma controlla i sintomi; per questo è necessario integrare le attuali terapie con protettori neuronali. 2) gli effetti terapeutici svaniscono dopo 3-4 anni di terapia, passando attraverso fenomeni di on/off, indi-pendentemente dalla gravità iniziale della malattia o dalla dose di esordio; è necessario distinguere questi fenomeni dalla presenza di sintomi dovuti ad un deficit o eccesso di L-DOPA. Infatti la L-DOPA è un farmaco che va misurato nel tempo; il farmaco è sicuro e la finestra terapeutica è ampia, ma l’assorbimento intesti-nale è complesso è può variare molto. Questi fenomeni di on/off sono dovuti a cali improvvisi della con-centrazione di L-DOPA fino al 50% (il calo di concentrazione indica un periodo di “off”, con aumento di sin-tomi), oppure possono esserci dei picchi plasmatici di L-DOPA che causano periodi di agitazione (l’aumento della dopamina simula una psicosi) (periodi di “on”). Questi effetti sono anche dovuti a variazioni nella sen-sibilità dei recettori dopaminergici. Quindi la dose varia per ogni pz ed è necessario monitorare la concentrazione plasmatica. La diminuzione della bradicinesia permette al pz di migliorare temporaneamente la qualità della vita, anche se la malattia non viene curata. Dopo 3-4 anni si verifica un minore effetto terapeutico a causa della progressione della malattia (rarefazione dei recettori dopaminergici) e alla insorgenza di fenomeni on/off (indipendenti dalla gravità della patologia, in quanto sono fenomeni farmacocinetici).

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EFFETTI COLLATERALI DELLA L-DOPA 1) da eccesso di dopamina a livello periferico (trasformata dalla DDC plasmatica) gastrointestinali => anoressia, nausea, vomito. Queste attività sono dovute alla stimolazione dopaminergica sulla Chemoceptive Triggering Zone (area postrema, base del IV ventricolo, senza BEE, quindi più effetto). cardiovascolari => ipertensione, aritmie (tachicardia sinusale, extrasistoli, fibrillazione atriale). La L-DOPA viene convertita in dopamina ed è un precursore della sintesi delle catecolamine, e quindi si ha un eccesso di catecolamine che stimolano il miocardio. Un inibitore delle DDC attenua questi sintomi! (nel plasma c’è meno dopamina e quindi meno effetti) 2) da eccesso di dopamina a livello centrale neurologici => discinesie (mioclono, tic, movimenti coreo-atetosici del volto, emiballismo); i pz spesso sono molto disposti a sopportare questi effetti collaterali piuttosto che vedere i sintomi di bradicinesia del Par-kinson. Le discinesie hanno carattere dose-dipendente, quindi quando si verificano questi effetti è necessa-rio fare una “drug holiday” (sospensione del farmaco per 3-5 giorni o diminuire la dose) comportamentali => ansia, agitazione, ipereccitabilità, insonnia, psicosi (allucinazioni). “Drug holiday” Un inibitore delle DDC peggiora questi sintomi! (nel plasma c’è più L-DOPA che passa la barriera ematoen-cefalica, e quindi a livello cerebrale c’è una quantità maggiore di dopamina) il trattamento con DDCi attenua gli effetti collaterali periferici e aggrava gli effetti collaterali centrali Altri effetti collaterali della L-DOPA: - anemia emolitica con positivizzazione del test di Coombs - colorazione brunastra di saliva, urine e secrezioni vaginali - priapismo (come trattamento con inibitori di AChE) (disfunzioni opposte per pz con α/β-bloccanti) Criteri di esclusione della L-DOPA (controindicazioni): - glaucoma ad angolo chiuso: le catecolamine a livello oculare provocano midriasi, che causa compressione del canale di Schlemm, e quindi aumenta la pressione endoculare; inoltre hanno azione agonista sui recet-tori del corpo ciliare che secerne umor acqueo. Un pz con glaucoma, per eccesso di produzione o difetto di drenaggio di umor acqueo, non può usare L-DOPA. Nel glaucoma ad angolo aperto, che è la forma più cro-nica di glaucoma, se la pressione endoculare è controllata è possibile somministrare L-DOPA. - melanoma o lesioni pre-melanotiche: la dopamina è un precursore della melanina, e quindi se un pz ha lesioni melanotiche deve evitare di accelerare la transizione a melanoma - disturbi comportamentali di tipo psicotico: aggrava il quadro psicotico - ulcera peptica: la L-DOPA può precipitare gastrorragie per aumento delle secrezioni gastriche

INIBITORI DEL CATABOLISMO DELLA L-DOPA La dopamina viene metabolizzata in acido omovanillico tramite due enzimi; inibendoli si ha un aumento della quantità di L-DOPA che passa la BEE e viene trasformata in dopamina, ma questi farmaci non sono ef-ficaci come monoterapia (se vengono somministrati da soli sono inutili, funzionano solo con L-DOPA e DCi): - MAO-B, che determina ossidazione => inibito da selegilina (specifico per MAO-B) o pargilina (aspecifico) Il trattamento con MAOi serve solo ad aumentare la quantità di L-DOPA tramite prevenzione del cataboli-smo, non serve per evitare la formazione di radicali. Il trattamento del Parkinson con antiossidanti (coenzi-ma Q10) non ha nessun beneficio terapeutico; i MAOi vengono ancora proposti come bloccanti della for-mazione dei radicali dell’ossigeno, ma questo effetto non esiste. La correlazione tra radicali e Parkinson è emersa nel 1976 dagli studi di Barry Kidston, studente di chimica di 23 anni, che sintetizzava oppioidi analoghi alla petidina illegalmente; nei processi di sintesi, non rimosse il MPTP, una sostanza poi determinata come neurotossica (composto secondario che si forma durante la sin-tesi degli oppioidi). Tre giorni dopo, ci fu un’epidemia di parkinsonismo(reversibile) tra gli studenti. L’MPTP causa effetti simili al Parkinson in quanto viene metabolizzato dalla MAO-B in MPP+, un radicale, che uccide i neuroni della sostanza nera. Da questa osservazione si vide che il trattamento con MAOi annullava gli ef-fetti tossici della MPTP, e quindi l’effetto dei radicali (ROS) doveva essere importante. Ma in realtà i farmaci antiossidanti hanno concentrazioni molto basse e la tossicità da ROS non è stata mai dimostrata.

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- COMT, che determina metilazione => inibito da entacapone (epatotossico, utilizzato solo per pz con flut-tuazioni della risposta farmacologica che presentano periodi on/off). La L-DOPA, in pz trattati con DDCi, viene metabolizzata in misura maggiore (aumento compensatorio del metabolismo) dalla COMT a formare 3-ossimetildopa (3OMD). Quindi il trattamento con DDCi causa aumento dei valori di 3OMD e diminuzione progressiva dei livelli di L-DOPA. I livelli plasmatici di 3OMD tendono ad essere più elevati nei pz che ri-spondono poco alla terapia con L-DOPA+DDCi e che hanno frequenti periodi on/off; in questi pz i livelli pla-smatici di L-DOPA sono più bassi (cadute anche del 50%). Inibendo la COMT, si ha un aumento della L-DOPA che quindi andrà ad attenuare la sintomatologia, e inoltre si ha la diminuzione della produzione di OMD e quindi una minore comparsa di periodi on/off.

2) SOSTITUIRE LA DOPAMINA CON ALTRI AGONISTI DOPAMINERGICI BROMOCRIPTINA

La bromocriptina è un alcaloide derivato dalla segale cornuta, agonista parziale D2. In quanto agonista do-paminergico, può essere utilizzato per bloccare la montata lattea (al contrario della clorpromazina, antago-nista dopaminergico, che viene utilizzato per stimolare la montata lattea, quindi galattorrea e amenorrea). Per il caso del Parkinson, la bromocriptina ha una maggiore stabilità dell’effetto terapeutico e una minore incidenza degli effetti collaterali più gravi (soprattutto le discinesie). Pertanto potrebbe essere utile iniziare il trattamento con L-DOPA+DDCi a basso rapporto (4:1) e poi implementarla gradualmente con bromocrip-tina, per stabilizzare gli effetti o ridurre la dose di L-DOPA. Inoltre viene utilizzata nei pz che sono diventati parzialmente insensibili alla L-DOPA (non è efficace per pz completamente insensibili alla L-DOPA). Infatti l’effetto della L-DOPA si esaurisce nel tempo e, una volta terminato, non tornerà aumentando le do-si. Quindi è meglio non utilizzare tutto il potenziale terapeutico della L-DOPA partendo subito con una dose alta, ma iniziare con L-DOPA a basse dosi, DDCi e bromocriptina. Quando viene somministrata L-DOPA, che viene trasformata in dopamina nel SNC, si ha un aumento dalla trasmissione corticale glutammatergica che determina eccitotos-sicità (l’eccesso di catecolamine e glutammato accelera i feno-meni di apoptosi dei neuroni, normalmente presenti). Dopo 3-4 anni i neuroni che incorporano L-DOPA e la trasformano in do-pamina non ci sono più e quindi è importante usare l’agonista recettoriale che mima gli effetti della dopamina. Quindi la bromocriptina: è un agonista del recettore dopaminer-gico D2, stabilizza l’effetto terapeutico (riduce i periodi on/off), non va utilizzata in monoterapia, non va utilizzata in pz comple-tamente insensibili alla L-DOPA, permette di mantenere più a lungo l’efficacia terapeutica della terapia. EFFETTI COLLATERALI DELLA BROMOCRIPTINA Simili a quelli della L-DOPA: GI (anoressia, nausea, vomito, sintomi di MRGE), neurologico-comportamentali (sindromi psicotiche, discinesie), cardiovascolari (ipotensione transitoria, aritmie, vasospasmo digitale do-loroso reversibile come sindrome di Raynaud). Al contrario della L-DOPA che causa ipertensione, la bromo-criptina causa ipotensione in quanto è agonista dei recettori D2, che sono inibitori sul rilascio di catecola-mine e quindi alla prima somministrazione si ha una ipotensione; la dopamina invece agisce su tutti i recet-tori e quindi è un analogo delle catecolamine) Caratteristici: eritromelalgia dolorosa reversibile (arti infiammati e dolorosi), cefalea (vasodilatazione dovu-ta a eccessivo vasospasmo), congestione nasale, infiltrati polmonari (fibrosi interstiziale in RX torace), fibro-si delle valvole cardiache. A causa delle proprietà fibrogene, la bromocriptina è controindicata nei pz con qualunque forma di fibrosi.

PERGOLIDE La pergolide è un dopaminergico aspecifico (agonista D1-D2), ha effetto migliore nello stabilizzare i periodi on/off, ma perde rapidamente effetto (forse per down-regulation recettoriale); inoltre ha un effetto iniziale più rapido, ma che svanisce più in fretta.

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Negli ultimi anni sono stati riportati casi di degenerazione fibrotica delle valvole cardiache in pz che assu-mevano pergolide. Attualmente, la pergolide deve essere utilizzata come farmaco di seconda scelta, dopo che sia stata usata senza successo la bromocriptina. La pergolide è controindicata in tutti i pz con anamnesi positiva per fibrosi a carico di qualunque tessuto corporeo. Prima di iniziare un trattamento è necessario effettuare un ecocardiogramma e poi mantenere un controllo ecocardiografico ogni 6 mesi.

NUOVI DOPAMINERGICI (ropirinolo, pramipexolo, lisuride) Vanno somministrati o come terapia iniziale o dopo che si è persa la responsività alla L-DOPA, e sono tutti caratterizzati da un particolare effetto collaterale: aumento dell’attitudine al gioco d’azzardo, oltre che au-mento dell’aggressività e della libido sessuale e iperfagia.

3) ANTAGONIZZARE LA TRASMISSIONE COLINERGICA ANTIMUSCARINICI (triesifenidile, benztropina, prociclidina, biperidene), ANTIISTAMINICI (difenidramina)

La terapia del Parkinson, oltre a mirare ad aumentare i livelli di dopamina, può mirare a diminuire i livelli di ACh in modo da ridurre l’attivazione del neurone GABAergico (nel Parkinson, il GABA è elevato, ed è possi-bile ridurlo tramite aumento della dopamina, che inibisce, o diminuzione della ACh, che stimola). La diminuzione della trasmissione colinergica può essere realizzata tramite antagonisti muscarinici, come la triesifenidile, con profilo farmacologico simile agli altri antimuscarinici; sono farmaci disponibili in sciroppi. Anche alcuni antistaminici hanno attività antimuscarinica. Il pz con Parkinson ha anche scialorrea, dovuta alla difficoltà nella deglutizione, e gira sempre con il fazzo-letto per pulirsi la bocca. Tra gli effetti antimuscarinici c’è la xerostomia, che aiuta il problema. Ma gli altri effetti antimuscarinici (sebbene minori a quelli dell’atropina) (stipsi, ritenzione urinaria) possono renderne problematico l’utilizzo nei pz più anziani.

L’aumento del GABA (per diminuita inibizione dopaminergica e aumentata eccitazione adrenergica) causa

aumento del rilascio di glutammato a livello corticale, con neurotossicità, che rende progressiva la malattia.

4) FARMACI AD AZIONE MISTA (dopaminergici + anticolinergici) AMANTADINA

L’amantadina è un farmaco nato come antivirale, che agisce provocando un rilascio e/o inibendo l’uptake di dopamina, oltre ad avere un effetto anticolinergico diretto. Potenzia gli effetti terapeutici della L-DOPA, ed il suo effetto si sviluppa rapidamente, ma in cronico l’azione diminuisce progressivamente.

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Parkinson => GABA va su => reintegrare i livelli di dopamina Huntington => GABA va giù => antagonizzare la dopamina

Parkinson => aumento del GABA => aumento del glutammato => eccitotossicità (neurotossicità) Huntington => dopamina normale, ma c’è rarefazione della trasmissione GABA-ergica (diminuzione del GA-BA) per deficit della glutammato-decarbossilasi => terapia dell’Huntington: - aloperidolo, clorpromazina => antipsicotici, diminuiscono la quantità di dopamina - baclofene => GABAergico, agonizza l’attività recettoriale del GABA (è come se aumentassero i livelli) *usa-to soprattutto come miorilassante o nel divezzamento dell’alcol, per evitare il “craving”)

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NEURO-ECCITOTOSSICITA’ DA GLUTAMMATO (neurodegenerazione del Parkinson)

AMPA (Na+), NMDA (Na+, Ca++), kainato => ionotropi

Met => metabotropi (adenilato ciclasi) Il glutammato che incontra il recettore AMPA causa ingresso di Na+ con lieve depolarizzazione che permet-te di rimuovere il blocco operato dal Mg++ sul recettore NMDA. Questa via viene utilizzata per il rinforzo di molte connessioni nervose, e l’eccitazione serve a mantenere l’attivazione di molte vie nervose di trasmis-sione del segnale. NMDA significa N-metil-destro-aspartato; alcuni ristoranti cinesi utilizzano troppo aspar-tame o glutammato causano iperattivazione di questi recettori, causando un torcicollo doloroso spastico; inoltre si ha aumento della neurotossicità, che causa analogamente torcicollo, ma è bene differenziare: - torcicollo spastico persistente => segno di attivazione e tossicità dei canali per aspartato o glutammato - torcicollo spastico transiente => segno di eccessiva ingestione di aspartame (s. da ristorante cinese) Il glutammato media la eccitotossicità collegata con il Parkinson o con il trattamento della condizione psicotica. Il glutammato eccitatorio a livelli bassi si lega agli AMPA e porta a depolarizzazione per ingresso di sodio, questa depolarizzazione rimuove il blocco di magnesio e quindi permette al glutammato di attiva-re il canale NMDA, che permette anche l’ingresso di calcio che attiva le vie di trasduzione cellulare, che ag-grava la tossicità. Per evitare la eccitotossicità sono stati sviluppati molti farmaci: antagonisti del recettore, chelanti per il cal-cio intracellulare, inibitori dei canali del calcio, antagonisti ai recettori metabotropi (il glutammato causa anche up-regolazione dei recettori metabotropi da cui parte IP3 che causa il rilascio di calcio nel RER). Gli interventi farmacologici non sono sempre efficaci in quanto c’è difficoltà per il farmaco di arrivare a desti-nazione e la modulazione di un solo fenomeno non è sufficiente. Quindi i farmaci contro la eccitotossicità sono pochi e scadenti. Gli unici farmaci promettenti sono gli inibitori del canale NMDA (riluzolo).

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INIZIATORI: AMPA, NMDA, Met CATTIVI: scambiatore sodio-calcio, canale V-gated Ca++ (VDCC) => aumento del Ca++ intracellulare BUONI: pompa Ca++, pompa sodio-potassio, inibitori dei canali del Ca++, antiossidanti (SOD, CAT, GPX), TNF (stimola la SOD, i recettori scavenger dei ROS, gli inibitori delle proteasi, gli inibitori della NOS) Però queste correlazioni non sono lineari, in quanto nell’Alzheimer si ha un aumento di antiossidanti, ma ci sono molti segni di eccitotossicità. Inoltre nella SLA c’è una mutazione nella SOD, che funziona di più: anche se paradossale, bisogna considerare la SOD come un enzima che quindi catalizza la reazione in entrambe le direzioni. La SOD può prendere superossido e formare acqua ossigenata, ma anche il contrario. Inoltre, la SOD ha un peso molecolare molto elevato (30.000 Da), quindi ci sono molti problemi di somministrazione e passaggio della BEE.

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RILUZOLO: bloccante dei canali del sodio voltaggio-dipendenti (antagonista dei canali NMDA), e diminuisce la liberazione presinaptica di glutammato. E’ il primo ed unico farmaco che esercita un effetto protettivo, soprattutto per la SLA. Analisi retrospettive hanno mostrato che i pz con SLA trattati con riluzolo perman-gono più a lungo nella fase iniziale della malattia, migliorando la qualità della vita del pz.

La SLA è particolarmente frequente nei calciatori; a questo proposito, sono avanzate due ipotesi: - per abuso di dopanti, microtraumi e infiltrazioni locali (i pugili hanno il Parkinson, ma i giocatori di football americano non hanno la SLA) - campi da gioco trattati con fungicidi (tossina letale per motoneuroni) (infatti in USA i campi sono sintetici)

L’astrocita, che fino a qualche anno fa veniva considerato di importanza secondaria (responsabile solo di tumori come astrocitoma o glioma), sono oggi considerate cellule multo attive (infatti le indagini in vitro vengono sempre fatte su piastre di neuroni e piastre di astrociti). Nel caso della trasmissione glutammato-NDMA, l’astrocita serve al ciclo del glutammato: il glutammato esocitato dal neurone viene assorbito dall’astrocita, che lo trasforma in glutammina, che successivamente viene inviata al neurone, che provvede a riformare glutammato. Inoltre il glutammato ha un uptake di tipo 1 nel neurone, che aumenta il pool di glutammato nel neurone. Quindi l’astrocita ha un ruolo importante di supporto per il neurone. Sono allo studio dei farmaci che vanno a bloccare i trasportatori della glutammina presenti nel neurone, che quindi ha una progressiva diminuzione della quantità di glutammato.

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SINDROMI EXTRAPIRAMIDALI IATROGENE (parkinsonismo iatrogeno) Abbiamo visto che esistono i parkinsonismi iatrogeni indotti da farmaci o i parkinsonismi dopo malattia in-fettiva (meningoencefaliti). Inoltre alcuni farmaci possono provocare il parkinsonismo, come gli antipsicotici tipici, i depletanti dei depositi di amine biogene, come la reserpina, e il litio. La presenza di sindromi extrapiramidali riflette uno squilibrio acetilcolina/dopamina causato da farmaci. 1) antipsicotici tipici (bloccanti dei recettori dopaminergici) 2) depletanti i depositi di amine biogene (reserpina) 3) litio I farmaci antipsicotici rimangono quelli che più frequentemente causano parkinsonismo; la sintomatologia prevalente non è quella del tremore, ma delle distonie o discinesie. Tra le forme extrapiramidali alimentari c’è la sindrome da ristorante cinese: il giorno successivo si ha un torcicollo spastico, perché è stata utilizzata una grande quantità di aspartame o glutammato di sodio, che sono conservanti, esaltatori di sapidità e agonisti dei recettori AMPA/NMDA.

1) ANTIPSICOTICI TIPICI (BLOCCANTI DEI RECETTORI DOPAMINERGICI) [clorpromazina] Gli APS tipici causano generalmente distonia e discinesia. Raramente può manifestarsi la sindrome maligna da neurolettici: il sintomo iniziale è una fortissima rigidi-tà muscolare, con contrazione spastica diffusa che causa danno muscolare, con rilascio di mioglobina e CK. E’ dovuta ad un blocco persistente del recettore dopaminergico. E’ assolutamente sbagliato somministrare anticolinergici per attenuare i primi sintomi extrapiramidali, in quanto si ha il blocco della sudorazione, e gli spasmi muscolari senza sudorazione causano aumento della temperatura corporea, con febbre molto ele-vata e leucocitosi. E’ l’unico caso in cui in un pz psicotico è necessario somministrare un agonista dopami-nergico (bromocriptina): la rigidità muscolare è dovuta al blocco sui recettori dopaminergici, e la dopamina è inutilizzata in quanto i recettori sono bloccati; la dopamina inutilizzata torna nel terminale presinaptico (analogamente alla clonidina, che è un agonista del recettore alfa2 presinaptico, che diminuisce l’ulteriore rilascio); la dopamina nel terminale presinaptico impedisce l’ulteriore rilascio di dopamina. La bromocripti-na è un agonista dopaminergico che induce la ripartenza della trasmissione dopaminergica.

2) DEPLETANTI I DEPOSITI DI AMINE BIOGENE [reserpina] Reserpina: è un anti-ipertensivo che agisce provocando un lento sgocciolamento di amine biogene nei ter-minali nervosi, fino a depauperarli. Questi pz avevano due problemi: - cominciavano a tremare non perché erano ipereccitati, ma perché avevano un parkinsonismo iatrogeno (in quanto tra le amine viene eliminata anche la dopamina, e quindi si ha un diminuzione della dopamina efficace sui recettori, causando un parkinsonismo iatrogeno funzionale e non neurodegenerativo come il Parkinson propriamente detto) (le differenze tra Parkinson e parkinsonismo sono sulla patogenesi e sulla terapia: il Parkinson è dovuto alla degenerazione della sostanza nera, il parkinsonismo è causato da farmaci o medicazioni; per il Parkinson è necessario il trattamento farmacologico specifico, per il parkinsonismo è necessario sospendere i farmaci che lo hanno causato) - i pz diventavano depressi perché non avevano più un tono aminergico centrale

3) LITIO Il litio è utilizzato nelle psicosi bipolari (depressione + espressione maniacale); agisce sul metabolismo dell’ inositolo, bloccando l’enzima inoditolo1fosfatasi, e quindi blocca la formazione di IP3. I recettori interessati da questo blocco sono quelli che utilizzato IP3-DAG per la trasduzione: colinergici muscarinici M1-M3 (ACh), alfa-adrenergici (NA), recettori serotoninergici 1C e 2 (5HT). La sindrome extrapiramidale causata dal litio è complessa, con disartria e discinesia spesso misconosciuta. In termini di equilibrio dopamina-acetilcolina il litio ha tre effetti:

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- previene lo sviluppo di supersensibilità recettoriale alla dopamina => dovrebbe prevenire l’insorgenza del-le sindromi coreoatetosiche tardive tipiche dei fenotiazinici/butirrofenonici - aumenta la sintesi e la liberazione di ACh (aumento della captazione della colina), ma il segnale a valle è bloccato (blocco M1-M3) => dovrebbe causare una sindrome parkinsoniana classica (ACh > D) - blocca la trasduzione dei recettori muscarinici, alfa-adrenergici per blocco di IP3 => dovrebbe da una parte antagonizzare la tendenza al parkinsonismo, mentre dall’altra dovrebbe provocare tremore essenziale da squilibrio alfa-beta (alfa è bloccato, ma beta è funzionante => beta > alfa) (il tremore essenziale è quello che si osserva in caso di freddo o emozione improvvisa)

sindrome maligna da neurolettici VS sindromi coreoatetosiche L’effetto del litio di prevenire i cambiamenti di sensibilità dei recettori dopaminergici potrebbe preveni-re queste sindromi coreoatetosiche, che vengono normalmente viste in pz che prendono antipsicotici per lungo tempo. Quindi gli effetti a lungo termine degli APS sono due: da un lato la sindrome maligna che porta a paralisi (è necessario “ammorbidire” il pz somministrando dopaminergici) e dall’altro lato le sindromi coreoatetosiche (con sintomi come tremore e amimesi). Nel caso della sindrome maligna c’è un numero minore di recettori liberi o i recettori sono diventati sot-tosensibili, e quindi con un agonista dopaminergico si risolve il problema. Nel caso delle sindromi co-reoatetosiche c’è una supersensibilità recettoriale (esattamente l’opposto). Quindi il litio previene l’insorgenza delle sindromi coreoatetosiche in pz con APS a lungo trattamento, ma non è assolutamente utile nella sindrome maligna da APS.

Clinicamente, nel trattamento con litio si osserva un tremore essenziale, che non scompare con L-DOPA, ma scompare con propanololo (beta-bloccante). Il tremore non è dovuto alla ACh in quanto il recettore muscarinico è bloccato. Il tremore è invece dovuto all’ipertono relativo dei beta rispetto agli alfa (gli alfa usano IP3, mentre i beta no). In alcuni sport di precisione (tiro con l’arco, biliardo,…) è necessario evitare ogni tremore, e quindi gli atleti fanno ricorso a beta-bloccanti per evitare il tremore da stress. Nella pratica clinica si osserva un tremore, controllabile con beta-bloccanti, e sindromi neurologiche com-plesse (disartria, afasia, iperattività motoria, coreo-atetosi), ma non le gravi discinesie tardive degli altri APS Patogenesi del tremore da squilibrio alfa-beta Considerando le connessioni tra la trasmissione adrenergica e colinergica, a livello delle ghiandole o cellule muscolari lisce, il terminale assonico adrenergico manda un collaterale e trova un recettore sul terminale assonico colinergico e lo inibisce, e viceversa: questo è un modo per il simpatico e il parasimpatico di accen-tuare la propria azione, tramite blocco dell’antagonista. Ma parlando di muscolo scheletrico, il locus preciso di dove avviene questo antagonismo non è ben determinabile, anche perché questo tremore da litio è as-sociato ad aritmie (perché a livello periferico viene rimossa la componente vagale colinergica).

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FARMACOTERAPIA DEL M. DI ALZHEIMER

INTRODUZIONE Nel novembre 1906 Alzheimer descrisse una patologia che portò a morte una donna a 51 anni, dopo 5 anni di malattia progressiva; la pz accusava disorientamento, perdita di memoria, difficoltà in lettura e scrittura; in sintomi poi sono peggiorati gradualmente portando a allucinazioni e perdita delle funzioni mentali prin-cipali. Anatomicamente, la corteccia era più sottile del normale e erano presenti due anomalie: una placca senile (formazione già osservata in altri pz anziani) e una matassa neurofibrillare. La diagnosi di Alzheimer viene fatta intorno ai 60-65 anni, ma l’esordio della malattia è molto più precoce e subdolo, e quindi difficilmente individuabile. Tutte le malattia neurodegenerative hanno un certo grado di eccitotossicità da glutammato: - nel Parkinson ci vuole più dopamina, quindi gli antipsicotici sono bloccanti e causano il Parkinson - nella Huntington sono danneggiate le efferenze GABAergiche quindi l’unica possibilità è antagonizzare questa sottoregolazione GABAergica con antipsicotici - nell’Alzheimer vengono utilizzati inibitori della AChE (il difetto sembra colinergico)

L’Alzheimer si manifesta con: sintomi cognitivi => deficit di memoria, disorientamento spazio-temporale, difficoltà di comprensione e produzione del linguaggio, riduzione della capacità di giudizio e pensiero astratto,… sintomi comportamentali => ansia, depressione, aggressività, disinibizione, ripetizione ossessiva di gesti e parole, parafrasi linguistiche, wandering, inversione del ritmo sonno/veglia, allucinazioni, deliri,…

Le quattro “A” dell’Alzheimer: amnesia (perdita di memoria, inizialmente a breve termine, poi a lungo termine afasia (minore o assente comprensione e produzione del linguaggio parlato e scritto) agnosia (difficoltà nel riconoscere oggetti e volti familiari, e nell’interpretazione di oggetti) (televisione) aprassia (disordini nel movimento volontario, difficoltà nell’eseguire i compiti motori) (denti)

PATOGENESI

Tutti potrebbero sviluppare l’Alzheimer, in quanto tutti hanno la proteina APP (amyloid precursor protein); questa proteina normalmente espressa ha una funzione neutrofica (stimola la crescita dei neuroni). Il pro-blema insorge quando questa proteine deve essere tagliata dall’enzima secretasi; se viene tagliata nel pun-to giusto dalla α-secretasi si forma il sAPP, un frammento solubile, che non da nessun problema.

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Se la APP presenta dei siti di mutazione “amiloidogenici”, questi siti non si fanno riconoscere dalle alfa-secretasi, ma dalle beta/gamma-secretasi, che tagliano a monte o a valle del sito giusto, e quindi generano un frammento non solubile (APP + α-secretasi => sAPP) (APP + β/γ-secretasi => NO sAPP) Inizialmente, le secretasi venivano chiamate “pre-seniline”, ma in realtà sono la stessa cosa. mutazioni nelle secretasi => riconoscimento errato del sito di clivaggio mutazioni nella APP => slittamento del sito di clivaggio difetti nella clearance della beta-amiloide => accumulo proteine amiloidogeniche => taglio errato di proteine giuste, NO sAPP, SI proteine amiloidogeniche Aβ40 e Aβ42

Aβ40: si aggrega => placche Aβ42: si aggrega, attiva la chinasi per fosforilare la proteina citoscheletrica Tau, che si accumula => grovigli I pz con Alzheimer clinicamente sono tutti uguali, ma la patogenesi può essere differente: forme familiari (mutazioni su APP o secretasi) o forme sporadiche (deficit di clearance di beta-amiloide). Quando c’è accu-mulo di sostanza amiloide a livello limbico (sintomi comportamentali) e corticale (sintomi cognitivi), la for-mazione di placche e grovigli altera le sinapsi con conseguente attivazione gliale, e quindi eccitotossicità.

Il trattamento dell’Alzheimer non mira a eradicare la malattia, in quanto la diagnosi viene posta a malattia già avanzata e persistente da 10 anni. La terapia serve a evitare l’ulteriore accumulo di beta-amiloide (Aβ), e quindi a rallentare il deterioramento cognitivo. Inoltre serve protezione dalla eccitotossicità.

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INIBITORI DELLA γ-SECRETASI Il trattamento con inibitori della gamma-secretasi non hanno dato grandi risultati clinici, in quanto c’è ridu-zione della concentrazione plasmatica di Aβ (con effetto dose-dipendente), ma non c’è diminuzione della concentrazione nel liquor. Inoltre non c’è miglioramento nella sintomatologia cognitiva o funzionale. Semagacestat: questo farmaco causa una riduzione di Aβ anche nel liquor, con effetto dose-dipendente, ma il periodo di studio è ancora troppo breve per fornire risultati clinici. Memantina: antagonista del recettore NMDA del glutammato (quindi è stato utilizzato per diminuire la ec-citotossicità presente nell’Alzheimer). Il farmaco è efficace fino alla 18^ settimana, ma successivamente perde di efficacia anche perché i pz hanno un elevato effetto placebo, e alla 24^ settimana non c’è differen-za tra farmaco e placebo. Questo fenomeno può essere dovuto al fatto che lo studio prevedeva pz con ma-lattia lieve o moderata, e quindi i pz avevano una buona capacità cognitiva ed erano molto influenzabili dal-la somministrazione di placebo. INIBITORI DELLA AChE Nell’Alzheimer c’è un deficit nella trasmissione colinergica; il trattamento con AChEi permette di aumentare i livelli di ACh e migliorare la trasmissione colinergica. Ma il deficit non è a livello sistemico, e quindi devono essere sviluppati farmaci che attraversano la BEE senza avere effetti sistemici. Tacrina: somministrata per via intratecale (per evitare gli effetti colinergici periferici); buon miglioramento dei sintomi cognitivi, minore per i sintomi funzionali. Epatotossica. Donezepil: non epatotossica, ma simile alla tacrina. Rivastigmina: maggiore durata d’azione, più specifico per il SNC, meno effetti colinergici periferici. Galantamina: inibitore della AChE e modulatore allosterico dei recettori nicotinici del SNC. I recettori nico-tinici presinaptici causano aumento del rilascio di ACh; quindi la galantamina inibisce la degradazione e au-menta il rilascio di ACh. FANS Vedendo una biopsia cerebrale, si apprezza uno stato infiammatorio a causa del deposito di sostanze estra-nee, e le prostaglandine sembrano favorire la deposizione di amiloide in quanto modulano la gamma-secretasi. Quando si formano i grovigli, c’è anche una iperespressione di COX2 per l’infiammazione. Generalmente, l’iperespressione di COX2 si accompagna sempre ad altro; nel caso delle cellule tumorali, l’aumento di COX2 è correlato all’aumento della trascrizione dei geni che mediano la resistenza farmacolo-gica, rendendo la cellula meno sensibile al farmaco. Trattando un tumore con inibitori delle COX2 si toglie la componente infiammatoria e si rende il tumore più sensibile al farmaco. Analogamente, nell’Alzheimer si utilizzano gli inibitori della COX2 per modulare le gamma-secretasi e per rimuovere lo stato infiammatorio delle placche, che ne favorisce l’ulteriore accumulo.