Estrattogenn15

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6,00 EURO - TARIFFA R.O.C.: POSTE ITALIANESPA - SPED. IN ABB. POST. D.L. 353/2003 (CONV. IN L. 27/02/04 N.46) ART.1 COMMA 1, DCB 1 GENNAIO 2015 Sikh d’Europa

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1GENNAIO 2015

Sikh d’Europa

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Anno XLII, numero 1Confronti, mensile di fede, politica, vita quotidia-na, è proprietà della cooperativa di lettori ComNuovi Tempi, rappresentata dal Consiglio di Am-ministrazione: Nicoletta Cocretoli, Ernesto FlavioGhizzoni (presidente), Daniela Mazzarella, Pie-ra Rella, Stefania Sarallo (vicepresidente).

Direttore Claudio ParavatiCaporedattore Mostafa El Ayoubi

In redazioneLuca Baratto, Antonio Delrio, Franca Di Lecce,Filippo Gentiloni, Gian Mario Gillio, Adriano Giz-zi, Giuliano Ligabue, Michele Lipori, Rocco Lui-gi Mangiavillano, Anna Maria Marlia, DanielaMazzarella, Carmelo Russo, Luigi Sandri, Stefa-nia Sarallo, Lia Tagliacozzo, Stefano Toppi.

Collaborano a ConfrontiStefano Allievi, Massimo Aprile, Giovanni Avena,Vittorio Bellavite, Daniele Benini, Dora Bognan-di, Maria Bonafede, Giorgio Bouchard, StefanoCavallotto, Giancarla Codrignani, Gaëlle Cour-tens, Biagio De Giovanni, Ottavio Di Grazia,Jayendranatha Franco Di Maria, Piero Di Nepi,Monica Di Pietro, Piera Egidi, Mahmoud SalemElsheikh, Giulio Ercolessi, Maria Angela Falà,Giovanni Franzoni, Pupa Garribba, Daniele Gar-rone, Francesco Gentiloni, Svamini Hamsanan-da Giri, Giorgio Gomel, Laura Grassi, Bruna Ia-copino, Domenico Jervolino, Maria Cristina Lau-renzi, Giacoma Limentani, Franca Long, MariaImmacolata Macioti, Anna Maffei, FiammettaMariani, Dafne Marzoli, Domenico Maselli, Cri-stina Mattiello, Lidia Menapace, Adnane Mokra-ni, Paolo Naso, Luca Maria Negro, Silvana Nitti,Enzo Nucci, Paolo Odello, Enzo Pace, GianlucaPolverari, Pier Giorgio Rauzi (direttore respon-sabile), Josè Ramos Regidor, Paolo Ricca, Car-lo Rubini, Andrea Sabbadini, Brunetto Salvara-ni, Iacopo Scaramuzzi, Daniele Solvi, FrancescaSpedicato, Valdo Spini, Valentina Spositi, Patri-zia Toss, Gianna Urizio, Roberto Vacca, CristinaZanazzo, Luca Zevi.

Abbonamenti, diffusione e pubblicitàNicoletta CocretoliAmministrazione Gioia Guar naProgrammi Michele Lipori, Stefania SaralloRedazione tecnica e grafica Daniela Mazzarella

Publicazione registrata presso il Tribunale diRoma il 12/03/73, n. 15012 e il 7/01/75,n.15476. ROC n. 6551.

Hanno collaborato a questo numero: E. Bruck, A. Cammarota, K. Carnà, M.Iannucci, P. Larese, F. Mill Colorni, A.Pancaldi, S. Piromalli, F. Rivers, S. Ro-tem, F. Sciotto, J. Singh, F. Smith, M. Vi-gli, R. Volpe.

Le immaginiSikh d’Europa • Katiuscia Carnà, copertinaGurudwara elvetico • Katiuscia Carnà, 3

Gli editorialiComunità e nuovi tempi • Claudio Paravati, 4La società Usa non è ancora «post-razziale» • F. Rivers e F. Smith, 5Al-Azhar: l’islam si oppone all’Isis • Confronti, 6Renzi: fu vero consenso? • Felice Mill Colorni, 7

I serviziEcumenismo Se s’incontrano le due Rome. E la terza? • Luigi Sandri, 8Società Per una pena giusta e «altra» • Salvatore Piromalli, 14

La libertà di culto non si imprigiona • Francesco Sciotto, 16I detenuti musulmani nelle carceri italiane • Marisa Iannucci, 17

Sikh Un gurudwara svizzero • Katiuscia Carnà, 19Le differenze culturali? Un’occasione di scambio • (int. a) J. Singh, 20

Media Comunicazione sociale: il catalogo è questo • R. L. Mangiavillano, 22Una bussola per orientarsi nel sociale • Andrea Pancaldi, 23

Salute Funamboli in equilibrio fra sostegno e autonomia • A. Cammarota, 24Ucebi Dall’assemblea battista uno sguardo al futuro • Michele Lipori, 26

«La fedeltà a Dio sia reale trasformazione» • (int. a) Raffaele Volpe, 27Cdb Oltre quarant’anni di storia • Marcello Vigli, 28

Il patrimonio e la forza delle Comunità di base • Claudio Paravati, 30Memoria La Shoah in me, senza una lacrima • Edith Bruck, 32

Le notiziePovertà La conferenza sulla nutrizione di Fao e Oms, 34Economia La contromanovra di Sbilanciamoci, 34Immigrazione Un terzo delle famiglie straniere in situazione di precarietà, 35Laicità Rapporto 2014 sulla libertà di pensiero nel mondo, 35Dialogo Convegno su «Religioni e conflitti», 36Anglicani L’ammissione delle donne all’episcopato, 36

Riconoscimento della personalità giuridica anche in Italia, 36Diritti umani I leader religiosi del mondo in Vaticano da papa Francesco, 37

Legge sul reato di tortura e rapporto sulle torture della Cia, 37

Le rubricheDiario africano Quel genocidio «reciproco» che pochi ricordano • Enzo Nucci, 38Cibo e religioni Un viaggio oltre il supermercato • Luca Baratto, 39In genere Prostituzione: la domanda produce l’offerta • Stefania Sarallo, 40Note dal margine Non solo la riproduzione è frutto della libido • Giovanni Franzoni, 41Osservatorio sulle fedi 150 anni di avventismo in Italia • Antonio Delrio, 42Spigolature d’Europa Che fine ha fatto il bipolarismo europeo? • Adriano Gizzi, 43Libro Le religioni come valore aggiunto • Paolo Naso, 44Libro Pazienti e resistenti come la piantaggine • Patrizia Larese, 45Segnalazioni 46

RISERVATO AGLI ABBONATI: chi fosse interessato a ricevere, oltre alla copia cartacea della rivista, anche una mail con Confronti in formato pdf può scriverci a [email protected]

CONFRONTI1/GENNAIO 2015

WWW.CONFRONTI.NET

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LE IMMAGINI

Migliaia di sikh provenienti da diversi Paesi europei si sono dati appuntamento l’estate scorsa al gurudwara di Langenthal, in Svizzera, per celebrare i riti della loro tradizione religiosa.

L’Italia è seconda solo al Regno Unito per numero di sikh residenti sul suo territorio. A Novellara (Reggio Emilia) è situato uno dei più grandi gurudwara d’Europa:

una comunità in crescita che merita attenzione politica e culturale.

Le foto che illustrano il numero sono di Katiuscia Carnà e si riferiscono al servizio di pagina 19.

GURUDWARA ELVETICO

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GLI EDITORIALI

Con questo editoriale,Claudio Paravati iniziala sua direzione di Confronti. Gli auguri e l’in bocca al lupo di tutta la redazione, dell’ufficio di Confronti e della Cooperativa Com Nuovi Tempi.

Comunità e nuovi tempiClaudio Paravati

C’ è un tempo per ogni cosa sotto ilcielo. L’imprevedibile avvicenda-mento della vita ci è consegnatodalla sapienza antica. Tutto è vanità,

per di più, ci viene detto. Questo per ricor-dare che il mondo consegnatoci è transeun-te, manchevole, in continuo movimento. Lasfera dei «più», delle molte parole, è quellache ereditiamo, quella dimensione della pa-rola, dell’incontro, della politica, della societànella quale siamo chiamati a esistere, coesi-stere, intervenire. Le modalità di interventosono altresì molteplici. In questo fiume nelquale di volta in volta «siamo e non siamo»è la vita che scorre. Noi tutti, uomini e don-ne, abbiamo la capacità di prendere la paro-la, di intervenire, contrappuntare quel flussomagmatico, che attraverso le nostre voci e lenostre vite diviene polifonico, polifonia.

Tante sono le voci che si incontrano a Con-fronti. Le voci degli articoli, i tanti che dannocorpo alla lunga storia della rivista. Le vocidelle persone che mi hanno accolto. Le vocicritiche e quelle di incoraggiamento. I com-plimenti, i dubbi, i suggerimenti. Confronticonvoca ancora attorno a sé una comunità(Com) che pensa eprende posizione suitempi che cambiano(Nuovi Tempi). Si as-segna il compito distare lì, nel luogo do-ve la vita manifesta lasua plurivocità. Alconfine tra la parolapolitica e la parola re-ligiosa, dove l’insiemedei logoi costruisce lacittà, la comunità po-litica alla quale siamoconsegnati.

C’è tempo per ognicosa sotto il cielo, ed èsotto il cielo che pos-siamo raccontare, de-nunciare, vivere econvivere. Possiamodar voce ai logoi di-

menticati o marginalizzati; alla pluralità, an-che religiosa. Non per il semplice gusto di es-sere alternativi, né per il convincimento, sep-pure legittimo, che di per sé la pluralità signi-fichi ricchezza. Sarebbe ancora troppo poco.Aver cura delle voci significa sforzarsi di faremergere la vita, che di per sé non è un ele-mento semplice. Essa vive nella molteplicità,si sedimenta nelle idee, nelle istituzioni, nellecollettività, nei tanti soggetti (individuali, col-lettivi, globali) che vivono la storia. Ricono-scere tale dignità alla molteplicità, e quindiavere cura per la vita, quella religiosa, quellapolitica, quella delle idee, è una lezione stori-ca a cui non è possibile più rinunciare. Eppu-re tale sapere, il saper stare lì, nel luogo del-l’incontro e scontro delle idee, delle identità,lavorando per la cura e la legittimità delle tan-te voci, è un compito mai conseguito una vol-ta per sempre. È bensì compito da ripetersiogni volta da capo, non si esaurisce mai, penala sua dimenticanza. Ogni generazione può (edeve) imparare a realizzarlo. Per questo Con-fronti proseguirà nella sua linea editoriale es-senziale: rinnovare di volta in volta questocompito, creando uno spazio libero di idee. Adisposizione di quelle idee che si sforzano dirispondere e corrispondere al proprio tempo.

Se la storia di questa rivista continua e hala forza di progettarsi lo si deve a tutte e tut-ti noi. Per questo è d’obbligo il ringrazia-mento. Ai lettori e alle lettrici, a chi ha scrit-to e a chi scrive. Alla redazione, impegnata

e ricca. Agli amici, al-le amiche; a tutta lasquadra di Confrontiche non solo lavorama è vocata all’impe-gno. Un ringrazia-mento infine per chiha curato in manieraparticolare il passag-gio di consegne, il di-rettore Gian MarioGillio. Da parte dellostaff di Confronti, eda parte mia, un sen-tito riconoscimento eringraziamento per illavoro svolto negli ul-timi anni, attraversole gioie e le fatiche,con la generosità e lamodestia che lo con-traddistinguono.

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GLI EDITORIALI

Come abbiamo vistonelle recenti tensionirazziali a Ferguson e in altre città,nonostante le conquistedel passato in materiadi diritti civili e nonostante l’elezionedel primo presidentenero, non si può ancoradire che gli Stati Unitiabbiano superato il problema dellediscriminazioni etniche.La maggioranza dei detenuti sonoafroamericani e i casi di Brown e Gardner, neri uccisi da agenti di polizia bianchi, sono solo la puntadell’iceberg.

La società Usa non èancora «post-razziale»Francis Rivers e Fred Smith

L e decisioni prese dal grand jury dellostato del Missouri e di quello di NewYork di non procedere a giudizio neiconfronti degli agenti di polizia, bian-

chi, responsabili della morte di MichaelBrown ed Eric Gardner, entrambi neri, hascatenato polemiche sfociate in aspre prote-ste in tutti gli Stati Uniti. Già solo nel raggiodi 100 miglia da Winston-Salem (Carolinadel Nord), dove risiedo, numerose sono sta-te le proteste nei campus universitari e difronte agli uffici governativi e federali.

I simboli di questi eventi pubblici si sonopropagati a macchia d’olio grazie ai mezzid’informazione tradizionali e ai social media.Riferendosi alla morte di Michael Brown aFerguson (Missouri) i manifestanti hanno al-zato le mani in una posa col significato nonverbale «non sparate!». Mentre, per ricorda-re Eric Gardner, gli aderenti alla protestahanno ripetuto come una litania la frase chelo stesso Gardner pronunciava mentre veni-va soffocato dalla polizia di Staten Island:«non riesco a respirare!». Le riprese dell’ar-resto di Gardner sono diventate immediata-mente virali su YouTube e hanno alimentatol’indignazione nei confronti del grand juryche ha deciso di non procedere a giudizio neiconfronti di Daniel Pantaleo, l’agente respon-sabile del soffocamento di Gardner.

Durante le manifestazioni, per protestarecontro l’uccisione di Brown e Gardner permano di agenti di polizia bianchi, è stata co-niata la frase «le vite dei neri hanno valore».Uno slogan che fa emergere come gli StatiUniti siano ancora funestati dalla piaga di unasupremazia bianca che fa sì che le vite deibianchi siano tenute in maggiore considera-zione di quanti abbiano un colore della pellediverso. Per sottolineare questo aspetto, glistudenti neri della Winthorp University diRock Hill nella Carolina del Sud hanno mes-so in atto una particolare forma di protesta:ad un determinato segnale, decine di perso-ne hanno inscenato la propria morte nei luo-ghi più importanti del campus. Il messaggioè molto chiaro. I neri negli Stati Uniti vengo-no uccisi in massa e impunemente.

La maggioranza dei manifestanti nel pae-se è composto da giovani che hanno datosfogo alla loro rabbia nel momento in cuihanno realizzato che, nonostante i cambia-menti significativi resi possibili dal movi-mento dei diritti civili e nonostante l’elezio-ne del primo presidente nero, ritenere chegli Stati Uniti siano diventati una società«post-razziale» è un’illusione. Il fatto è chenegli Stati Uniti c’è la più alta percentuale didetenuti nel mondo in rapporto alla popola-zione e che oltre la metà di questi è nera,con uno sbilanciamento impressionante ri-spetto alla composizione della popolazione.

Ad esacerbare la situazione ha contribuitola creazione e l’espansione di un sistema car-cerario privato che, per legge, per mantener-si in attivo deve assicurarsi un alto livello dioperatività. Questo è stato il principale mo-tivo per l’incremento, esorbitante, della per-centuale di immigrati dall’America Latinapriva di documenti di soggiorno proprio du-rante l’amministrazione di Obama.

Gli eventi dei mesi passati pongono nume-rose preoccupazioni. Una riguarda la milita-rizzazione della polizia locale, che si è veri-ficata all’indomani degli attacchi dell’11 set-tembre 2001. Molte delle apparecchiaturemilitari antisommossa in dotazione alla po-lizia sono state impiegate per sedare le rivol-te a Ferguson e in altre città. La secondapreoccupazione è la tendenza di molti ma-nifestanti a trasformarsi in rivoltosi e ad in-dulgere all’uso della violenza. Inoltre, attual-mente le tensioni razziali possono davveroesplodere in ogni momento, ma rispetto alpassato, purtroppo, le voci di organizzazio-ni, religiose e non, che un tempo erano ingrado di trasformare positivamente questaenergia in azioni politiche significative, so-no notevolmente affievolite quando non deltutto inesistenti.

Ancora una volta, è giunto il tempo per lepersone di buona volontà non solo di «ra-gionare insieme» (Isaia 1:18), come anche ilpresidente Lyndon Johnson ripeteva spesso,ma di rimboccarsi le maniche ed entrare inazione.

(traduzione a cura di Michele Lipori)Francis Rivers è segretariogenerale della AmericanWaldensian Society;Fred Smith, emerito al Wesley Theological Seminary,Washington DC.

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GLI EDITORIALI

L’università cairota di al-Azhar in dicembreha organizzato unaconferenza – presentianche personalitàcristiane – perdenunciare lastrumentalizzazioneche il «califfato» dell’Isisfa del Corano pergiustificare la suainaudita violenza. In Occidente, salvoeccezioni, non è statodato risalto a questaimportante presa diposizione; l’hapienamente colta,invece, il patriarcamelkita (greco cattolico)Gregorio III Laham. Ma alle paroledovrebbero ora seguire ifatti, perché in moltipaesi musulmani la libertà religiosa è sistematicamenteviolata.

Al-Azhar: l’islam si oppone all’IsisConfronti

L a voce solenne dell’università egizianadi al-Azhar – il più importante centroteologico, a livello mondiale, dell’islamsunnita – si è levata per condannare

in modo inequivocabile la nefasta strumen-talizzazione della religione da parte dell’Isis(l’autodefinitosi Stato islamico dell’Iraq e delLevante, che ha proclamato il cosiddetto«califfato», e che nei territori da esso domi-nati compie atrocità inaudite giustificando-le con riferimenti al Corano). Ma è stataascoltata, questa voce?

Il 3 e 4 dicembre, convocata appunto da al-Azhar, si è svolta al Cairo una conferenza in-ternazionale sul terrorismo e l’estremismo:convenute settecento persone, in massimaparte musulmane ma con una significativapresenza cristiana, provenienti da paesinord-africani, sub-sahariani e del sud-estasiatico. Aprendo i lavori, il Grande imamdell’università, Ahmed al Tayyeb – e con luico-presiedeva l’incontro il patriarca coptoTawadros II – ha definito «crimini barbari-ci» quelli compiuti dall’Isis, denunciato le suetattiche «per dividere la nazione islamica», eauspicato che «una coalizione internaziona-le dia tutto il suo appoggio materiale e mora-le per sradicare il terrorismo». Parole similiha detto il gran mufti dell’Arabia Saudita,Abdul Aziz al-Sheikh, che mesi fa aveva de-finito al-Qaeda e l’Isis come «il nemico nu-mero uno dell’islam». E, nel dibattito, conti-nuamente si è ripetuto che l’islam è una reli-gione di pace, e che è una torbida mistifica-zione farsi scudo della parola di Allah rivela-ta nel Corano per compiere efferatezze.

Forte e chiara la dichiarazione finale dellaconferenza: «Terrorizzare chi è inerme, ucci-dere l’innocente, assaltare le proprietà e i luo-ghi sacri, sono crimini contro l’umanità che l’i-slam condanna senza eccezioni... Assalire i cri-stiani e i credenti di altre fedi adducendo falsemotivazioni religiose rappresenta un tradi-mento degli autentici insegnamenti dell’islam...Oltre che essere totalmente immotivati, talicrimini offendono la vera religione dell’islam,una religione di pace e unità, di giustizia e diamore, e di umana fraternità... Musulmani e

cristiani in Oriente sono fratelli, essi apparten-gono alla stessa civiltà e alla stessa nazione;hanno vissuto insieme per secoli, e dovrebbe-ro continuare a vivere insieme in Stati nazio-nali, sovrani e liberi, ove vi sia uguaglianza ditutti i cittadini e rispetto della libertà».

Proclamate da al-Azhar, queste parole so-no ponderose, teologicamente e politicamen-te; e, tuttavia, salvo eccezioni, esse nei mediaoccidentali non hanno avuto il rilievo che eralecito attendersi. Per farle conoscere, l’univer-sità cairota dovrà forse acquistare qualche pa-gina sui maggiori giornali nazionali perché,anche in Italia, la gente sappia che l’islam ri-vendicato dal «califfato» è una bestiale cari-catura della religione praticata da centinaia dimilioni di persone? D’altronde, in questi me-si molte già erano state le prese di posizione– in Medio Oriente e in Occidente – di per-sonalità e comunità musulmane durissimecontro l’Isis; parole, però, di solito ignoratedai media, non raramente inclini a dire, o asuggerire: «Isis=islam, islam=Isis».

Il capo dei melkiti (greco-cattolici), Grego-rio III Laham – che ha sede a Damasco, eunico patriarca non residente in Egitto che hapartecipato all’incontro cairota – ha definitola conferenza «un evento fondamentale, per-ché finora non c’era mai stato un pronuncia-mento di tale livello contro l’estremismo e ilterrorismo di marca islamista... L’intento del-la conferenza [ha spiegato il prelato all’agen-zia Fides], era quello di esprimere un rifiutonetto dell’ideologia dei gruppi jihadisti, e mo-strare come questi gruppi manipolano le pa-role dell’islam per perseguire un progetto dipotere che non ha nulla a che vedere con l’au-tentica fede islamica... L’incontro del Cairo èandato oltre il semplice appello in favore deldialogo islamo-cristiano. Stavolta, l’accento ècaduto sulla necessità di resistere insieme adun’ideologia che fa male a tutti, sia cristianiche musulmani».

Ovviamente, se le impegnative affermazio-ni di al-Azhar dovrebbero far riflettere l’Occi-dente, dovrebbero anche impegnare il mondomusulmano. Perché in paesi come l’ArabiaSaudita la libertà religiosa è programmatica-mente violata; e, in altri paesi – vedi il Paki-stan – il solo essere cristiano può esporre alpericolo di morte. E, sempre in Pakistan, bru-tali violenze intra-sunnite e attentati terrori-stici mirati fanno migliaia di vittime musul-mane, ivi compresi – come a Peshawar, a metàdicembre – bambini e ragazzi delle scuole.

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GLI EDITORIALI

Nelle ultime tornateelettorali il crollodell’affluenza èparagonabile a quelloche negli Stati Uniti siproduce perconseguenza del«negativecampaigning»: invece ditirare fuori argomentiper convincere glielettori a votare per ilproprio candidato, sipreferisce sottolinearegli aspetti negatividell’avversario. In Italianon ce n’è bisognoperché la classe politicasi sta giàautosqualificando dasola, e da più divent’anni. L’effetto chesi produce è il disgustogeneralizzato di unagran partedell’elettorato, chequindi alla finepreferisce restare a casae non votare pernessuno. Al momento –ma fino a quando? – sene sta avvantaggiandoRenzi.

Renzi: fu vero consenso?Felice Mill Colorni

S i possono perdere milioni di voti e go-dere di un largo, solido consenso? Ap-parentemente sì, se a essere screditatoè un intero sistema politico.

Il fenomeno è conosciuto anche in altre de-mocrazie, soprattutto negli Stati Uniti. Lìperò si tratta soprattutto della conseguenzadel negative campaigning. Da molti anni si èscoperto che, in sistemi elettorali fortemen-te personalizzati, fondare una campagnaelettorale sulla denigrazione dell’avversario èpiù efficace che vantare le proprie qualità(che spesso si sa essere modeste). Così, damolti anni, scavare nella vita privata o pub-blica dell’avversario per metterne in luce i la-ti oscuri, enfatizzandoli oltre ogni limite epresentandoli in modo tendenzioso, è dive-nuto il pezzo forte di ogni competizione elet-torale. Dato che in genere gli elettori non ap-prezzano, di solito si demanda la bisogna adassociazioni «indipendenti».

Negli Stati Uniti il negative campaigning èmolto efficace, perché, nonostante tutto, gliamericani ritengono un’anomalia che i loropolitici agiscano da banditi, e quindi, anchenel dubbio, sono riluttanti a votare per uncandidato screditato. Naturalmente, chi uti-lizza quest’arma ne verrà a sua volta colpito.L’intera classe politica ne esce male, e inoltresi innesca una selezione alla rovescia, datoche il primo requisito richiesto ai politici è dinon curarsi della propria reputazione e di ac-cettare una contesa di cui la denigrazione re-ciproca è un elemento scontato. Questo ab-bassamento della qualità media del ceto po-litico è causa di ulteriore discredito diffuso edi ulteriore astensionismo.

In Italia, nel ventennio berlusconiano, glistandard dell’etica pubblica sono sprofonda-ti a livelli inverosimili (e non partivano dal-l’alto). Le tristi cronache coincidono con larecentissima uscita del rapporto annuale diTransparency International: l’Italia è il paesepiù corrotto dell’Unione europea (ex aequocon Romania e Bulgaria, che fino al rappor-to dell’anno scorso occupavano le ultime po-sizioni, risparmiandole all’Italia).

Vent’anni di sostanziale armistizio con il

berlusconismo, dal «patto della crostata» fi-no a quello «del Nazareno» (o meglio, fin daitempi della legge Mammì, e della contempo-ranea spartizione della Rai, e delle joint-ven-tures di Berlusconi con la televisione sovieti-ca), hanno portato alla piena berlusconizza-zione del sistema politico italiano.

Introiettati molti dei principali moduli co-municativi, idee-forza e, alla fine, stili di vi-ta, dell’avventuriero e dei suoi, non ci si po-teva attendere che i suoi «competitors» tor-nassero miracolosamente credibili solo nellecampagne elettorali. I loro argomenti diven-tavano altrettanto poco plausibili quanto l’ec-cesso di negative campaigning americano.Tanto più che l’omologazione dei costumi inatto in tutto il paese stava diventando sem-pre più evidente, e oggi risplende (si fa perdire) alla luce dell’inchiesta «Mafia Capita-le». Così l’implosione di Berlusconi aveva giàfinito per rafforzare fra gli avversari soloquelli percepiti come outsider, quali che nefossero capacità e plausibilità.

Abbandonato ai populisti il campo dell’al-ternativa, la prateria da conquistare per ilPartito di Renzi diventavano gli elettori diBerlusconi, e, sempre più, soprattutto loro.

Sembra quasi che l’intero spettro della po-litica italiana attuale sia figlio di Berlusconi.Riforme costituzionali che azzerano freni,contrappesi e garanzie costituzionali (in no-me di «scelte dirette» o «democrazia diret-ta»), leggi elettorali che proteggono gli insi-der da ogni rischio, pervasiva retorica an-tieuropea, chiacchiere sull’Italia da rivoltaree occultamento del malaffare finché si può.Casomai, la colpa sarà dei mariuoli di craxia-na memoria.

Renzi magari vincerà, sulle macerie dellademocrazia costituzionale e con il largo con-senso dei sempre meno numerosi elettori. Fi-no a quando, approfittando delle nuove re-gole, una maggioranza di nostri concittadininon si dovesse invaghire di qualche nuovo epeggiore ciarlatano carismatico e conferirglii nuovi poteri. Non sarà una bella Italia.

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ECUMENISMO

Luigi Sandri

I l tempo aiuterà a meglio valutare le pa-role, i gesti, i segni, gli eventi dell’intensoviaggio di papa Francesco in Turchia (28-30 novembre) e, poi, gli echi di quanto

avvenuto e le conseguenze che via via emer-geranno. Qui, intanto, cerchiamo di fissare,in un polittico, i diversi quadri – geopolitico,ecumenico, interreligioso, intracattolico –che, pur distinti l’uno dall’altro, per certiaspetti sono inevitabilmente intrecciati nelpuzzle turco.

Lo «status» delle religioni e confessioni minoritarie in Turchia Accolto con tutti gli onori dovuti ad un ca-po di stato, Bergoglio ha iniziato il suoviaggio ad Ankara, rendendo omaggio almausoleo di Atatürk, il fondatore della mo-derna Turchia. Accompagnato da due squa-droni di militari a cavallo ha quindi rag-giunto l’imponente Ak Saray, il Palazzobianco – costosissimo, e perciò da molticriticato in Turchia – fatto costruire da Re-cep Tayyip Erdogan, leader del partito Giu-stizia e sviluppo (Akp), per dodici anni pre-mier e, dall’agosto scorso, eletto dal popo-lo presidente della Repubblica [vedi Con-fronti 10/2014]. Poi, di fronte a lui e ad al-tre autorità, il papa ha pronunciato il suoprimo discorso in terra anatolica, subitotoccando un delicato problema «interno»:«È fondamentale che i cittadini musulma-ni, ebrei e cristiani – tanto nelle disposizio-ni di legge, quanto nella loro effettiva attua-zione –, godano dei medesimi diritti e ri-spettino i medesimi doveri». Traduzione: lostatus delle religioni e confessioni minori-tarie in Turchia lascia molto a desiderare(la Chiesa cattolica, e non solo essa, non hapersonalità giuridica).

Formalmente, la Turchia è rigidamente lai-ca, seppure la stragrande maggioranza deisuoi 76 milioni di abitanti sia musulmanasunnita. Invece davvero minima, in propor-zione, è la presenza cristiana nell’insieme. Igreco-ortodossi, che, stante l’impero otto-mano, all’inizio del Novecento erano ancoraalcuni milioni, oggi non sono più di cinque-mila. Gli armeni – gregoriani in maggioran-za, cattolici in minoranza – sui centomila.Molte migliaia i siri ortodossi e i caldei. Dif-ficili da quantificare, e da elencare, le comu-nità protestanti, alcune quasi underground:qualche migliaio di persone. I cattolici, cir-ca cinquantamila, appartenenti a diversi riti– armeno, latino, siro, caldeo – fino a pochianni fa sembravano in via di inesorabile di-minuzione (perché rarissimi turchi si fannocattolici); ma adesso, per ragioni «estrinse-che», stanno invece aumentando: alcune mi-gliaia dei profughi che, per sfuggire alla vio-lenza, dalla Siria e dall’Iraq hanno raggiun-to la Turchia, sono infatti cattolici, dei variriti; ma, soprattutto, sono cattolici (latini)migliaia di asiatici sudorientali, principal-mente filippini, e poi africani sub-saharianiche, per studio o per lavoro, vivono nel pae-se e sono legati alla loro Chiesa: e così il cat-tolicesimo nel paese ha una nuova linfa, unnuovo volto, e deve quasi ripensarsi.

Per quanto riguarda i greco-ortodossi, il lo-ro centro è il Fanar, da secoli la residenza delpatriarcato ecumenico di Costantinopoli. Laquestione di Cipro, negli anni Sessanta e Set-tanta del secolo scorso, ebbe inevitabili rifles-si sul patriarcato che, dal governo di Ankara,fu accusato di sostenere le aspirazioni deigreco-ciprioti, a discapito dei turchi-ciprio-ti. Per ritorsione, nel 1971 le autorità chiuse-ro l’università di Halki (Heybeliada, in turco),un’isola del mar di Marmara dove veniva for-mato il clero ortodosso. Vani, finora, i ripe-tuti tentativi di risolvere la questione (vediConfronti 10/2014). Vi è però da dire che,sotto Erdogan, alcuni contenziosi con gli or-todossi e con altri gruppi religiosi sono statipositivamente risolti e altri, si spera, potreb-bero esserlo a breve.

Il viaggio di papa Francesco ad Ankara (incontro con Erdogan e conresponsabili musulmani) e ad Istanbul, per rafforzare il dialogocon la Chiesa di Costantinopoli, è stato caratterizzato da gesti mol-to significativi. Ma il cammino con l’Ortodossia è arduo, date le per-manenti tensioni tra il patriarca Bartolomeo I e Kirill di Mosca.

Se s’incontrano le due Rome. E la terza?