Esposizione in Uniemens TFR in busta paga: come gestire l ...

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Tutto il materiale in questo documento e' copyright 1999 - 2010 Wolters Kluwer Italia S.r.l. E' vietata la riproduzione anche parziale. 27 Aprile 2015 Esposizione in Uniemens TFR in busta paga: come gestire l’erogazione della Qu.I.R. Per la liquidazione del TFR in busta paga l’erogazione della Quota integrativa della retribuzione (Qu.I.R. ) andrà gestita per la prima volta nel Libro unico del lavoro di aprile, ormai di prossima elaborazione. L’opzione, introdotta in via sperimentale per il prossimo triennio dalla legge di Stabilità 2015, consente ai lavoratori che presentino l’istanza il 24 aprile 2015, l’erogazione della Qu.I.R. a partire dalle competenze di maggio 2015 e dalle competenze di agosto 2015 per i datori di lavoro che ricorrono al finanziamento assistito da garanzia. L’intera procedura dovrà poi essere esposta mensilmente in Uniemens. di Debhorah Di Rosa - Consulente del lavoro e pubblicista Prosegue il suo cammino, tra normativa e prassi, la regolamentazione della liquidazione mensile del TFR in corso di maturazione in busta paga. L’attenzione dell’INPS si concentra, nella circolare n. 82 del 2015, in particolar modo sulla possibilità, per i datori di lavoro con meno di cinquanta addetti di accedere ad un finanziamento assistito da una garanzia rilasciata da uno specifico fondo appositamente costituito presso l’INPS e, in ultima istanza, dallo Stato. Il Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali ha emanato, lo scorso 20 febbraio 2015, un Dpcm che ha disciplinato le modalità di attuazione della liquidazione della Qu.I.R. in busta paga, nonché i criteri, le condizioni e il funzionamento del Fondo di garanzia. La richiesta di finanziamento può essere presentata presso una delle banche o degli intermediari finanziari che avranno aderito all'apposito accordo-quadro sottoscritto tra Associazione bancaria italiana (ABI) e i Ministeri dell’economia e delle finanze e del lavoro. Soggetti destinatari e soggetti esclusi L’opzione resa operativa dalla legge di stabilità prevede che tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, in possesso di un’anzianità di servizio pari ad almeno sei mesi, possono scegliere di ricevere la quota di trattamento di fine rapporto maturata mensilmente unitamente alla retribuzione in busta paga. Restano comunque esclusi da questa possibilità i lavoratori: - agricoli; - domestici; - di aziende sottoposte a procedure concorsuali; - delle aziende che abbiano iscritto nel registro imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di risanamento attestato; - delle aziende in cigs o cig in deroga; - per i quali la legge o la contrattazione collettiva preveda la corresponsione periodica del TFR ovvero l’accantonamento dello stesso presso soggetti terzi (punto valutato negativamente dal Consiglio di Stato in quanto a rischio disparità ingiustificate); - che hanno destinato il TFR a garanzia di contratti di finanziamento, fino alla notifica, da parte del mutuante, dell’estinzione del credito oggetto del contratto di finanziamento.

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27 Aprile 2015

Esposizione in Uniemens

TFR in busta paga: come gestire l’erogazione della Qu.I.R.Per la liquidazione del TFR in busta paga l’erogazione della Quota integrativa della retribuzione (Qu.I.R. ) andrà

gestita per la prima volta nel Libro unico del lavoro di aprile, ormai di prossima elaborazione. L’opzione, introdotta

in via sperimentale per il prossimo triennio dalla legge di Stabilità 2015, consente ai lavoratori che presentino

l’istanza il 24 aprile 2015, l’erogazione della Qu.I.R. a partire dalle competenze di maggio 2015 e dalle competenze di

agosto 2015 per i datori di lavoro che ricorrono al finanziamento assistito da garanzia. L’intera procedura dovrà poi

essere esposta mensilmente in Uniemens.

di Debhorah Di Rosa - Consulente del lavoro e pubblicista

Prosegue il suo cammino, tra normativa e prassi, la regolamentazione della liquidazione mensile del TFR in corso di

maturazione in busta paga.

L’attenzione dell’INPS si concentra, nella circolare n. 82 del 2015, in particolar modo sulla possibilità, per i datori di

lavoro con meno di cinquanta addetti di accedere ad un finanziamento assistito da una garanzia rilasciata da uno

specifico fondo appositamente costituito presso l’INPS e, in ultima istanza, dallo Stato.

Il Presidente del Consiglio dei Ministri di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro del lavoro

e delle politiche sociali ha emanato, lo scorso 20 febbraio 2015, un Dpcm che ha disciplinato le modalità di attuazione

della liquidazione della Qu.I.R. in busta paga, nonché i criteri, le condizioni e il funzionamento del Fondo di garanzia.

La richiesta di finanziamento può essere presentata presso una delle banche o degli intermediari finanziari che avranno

aderito all'apposito accordo-quadro sottoscritto tra Associazione bancaria italiana (ABI) e i Ministeri dell’economia e delle

finanze e del lavoro.

Soggetti destinatari e soggetti esclusi

L’opzione resa operativa dalla legge di stabilità prevede che tutti i lavoratori dipendenti del settore privato, in possesso

di un’anzianità di servizio pari ad almeno sei mesi, possono scegliere di ricevere la quota di trattamento di fine

rapporto maturata mensilmente unitamente alla retribuzione in busta paga.

Restano comunque esclusi da questa possibilità i lavoratori:

- agricoli;

- domestici;

- di aziende sottoposte a procedure concorsuali;

- delle aziende che abbiano iscritto nel registro imprese un accordo di ristrutturazione dei debiti o un piano di

risanamento attestato;

- delle aziende in cigs o cig in deroga;

- per i quali la legge o la contrattazione collettiva preveda la corresponsione periodica del TFR ovvero

l’accantonamento dello stesso presso soggetti terzi (punto valutato negativamente dal Consiglio di Stato in quanto a

rischio disparità ingiustificate);

- che hanno destinato il TFR a garanzia di contratti di finanziamento, fino alla notifica, da parte del mutuante,

dell’estinzione del credito oggetto del contratto di finanziamento.

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Come già anticipato, ai fini del diritto alla liquidazione della Qu.I.R., il lavoratore deve avere in essere un rapporto di

lavoro subordinato con un datore di lavoro privato da almeno sei mesi presso il medesimo datore di lavoro.

I periodi di sospensione del rapporto per cause che non prevedano la maturazione del TFR (es. aspettativa non

retribuita) non rilevano ai fini dell’anzianità di servizio utile per la maturazione del diritto alla liquidazione della Qu.I.R. (6

mesi).

Per i lavoratori aderenti a forme pensionistiche complementari che optano per la liquidazione della Qu.I.R., la

relativa misura è pari all’intera quota del TFR maturando, anche laddove abbiano esercitato, ricorrendone le condizioni di

legge, la scelta del conferimento parziale del TFR alle citate forme pensionistiche.

La Qu.I.R. non è imponibile ai fini previdenziali.

Il lavoratore - Procedura di richiesta e liquidazione della Qu.I.R.

I lavoratori aventi diritto possono presentare al datore di lavoro l’apposito modello di istanza, allegato al Dpcm,

debitamente compilato e sottoscritto. Il diritto alla liquidazione della Qu.I.R. opera:

· a partire dal mese successivo a quello di presentazione dell’istanza e fino al 30 giugno 2018, salvo risoluzione del

rapporto di lavoro, in caso di datori di lavoro che non ricorrono al finanziamento (per i lavoratori che presentino l’istanza il

24 aprile 2015, l’erogazione della Qu.I.R. avverrà mensilmente a partire dalle competenze di maggio 2015);

· a partire dalla busta paga del quarto mese successivo a quello di presentazione dell’istanza, per i datori di lavoro che

ricorrono al Finanziamento assistito da garanzia. Durante tutto il periodo di operatività della Qu.I.R. la scelta del

lavoratore è irrevocabile (per i lavoratori che presentino l’istanza il 24 aprile 2015, l’erogazione della Qu.I.R. avverrà

mensilmente a partire dalle competenze di agosto 2015)

Il datore di lavoro - Procedura per l’accesso al finanziamento

In base alle previsioni di legge, il tasso di interesse applicato, comprensivo di ogni eventuale onere, non può essere

superiore al tasso di rivalutazione del TFR.

Possono accedere al finanziamento i datori di lavoro in possesso di entrambi i seguenti requisiti:

• numero medio dei lavoratori in forza nell’anno 2014 inferiore a 50 unità, con riferimento al datore di lavoro nel suo

complesso, secondo i criteri di computo adottati ai fini dell’individuazione dei soggetti obbligati al versamento del TFR al

Fondo di Tesoreria;

• insussistenza dell’obbligo di versamento del TFR al Fondo di Tesoreria.

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In particolare, la domanda di certificazione deve essere inoltrata da parte del datore di lavoro attraverso il modulo di

istanza on-line “Qu.I.R.”, disponibile all’interno dell’applicazione “DiResCo - Dichiarazioni di Responsabilità del

Contribuente”, sul sito istituzionale. Entro trenta giorni l’INPS, verificate le condizioni di spettanza, rilascia una

certificazione con esito positivo riferita alla posizione contributiva del datore di lavoro.

Il datore di lavoro stipula il relativo contratto con l’intermediario aderente all’accordo-quadro, producendo:

· la certificazione INPS

· il proprio certificato camerale

· l’autocertificazione riguardo il possesso dei requisiti richiesti dalla norma.

La richiesta di finanziamento della Qu.I.R. può riguardare tutte le posizioni dei lavoratori che ne abbiano fatto istanza

ovvero una parte di esse, purché, in quest’ultimo caso, sia riferita all’intera posizione individuale del lavoratore.

Il datore di lavoro mutuatario deve procedere al rimborso del finanziamento assistito da garanzia in ogni caso entro il

30 ottobre 2018, salvo la necessità di procedere ad un rimborso immediato in tutti i casi di risoluzione del rapporto di

lavoro intervenuti durante la vigenza del finanziamento stesso. In questo caso l’INPS comunica all’intermediario

l’ammontare delle Qu.I.R. fino a quel momento certificate per ciascun periodo di paga.

Interruzione dell’erogazione del finanziamento

L’erogazione del finanziamento è interrotta in caso di:

· impiego in frode delle somme erogate nell’ambito del finanziamento assistito da garanzia;

· iscrizione, nel Registro delle imprese, della sentenza dichiarativa di fallimento del datore di lavoro

· avvio della procedura di concordato preventivo, a far data dall’iscrizione nel Registro delle Imprese, del decreto di

ammissione alla citata procedura

· avvio della procedura di liquidazione coatta amministrativa

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· iscrizione nel Registro delle imprese, della sentenza dichiarativa dello stato di insolvenza, dell’accordo di ristrutturazione

dei debiti ovvero di un piano di risanamento attestato;

· autorizzazione di interventi di integrazione salariale straordinaria e in deroga, limitatamente ai lavoratori in forza presso

l’unità produttiva interessata dai predetti interventi

· sottoscrizione di un accordo di ristrutturazione dei debiti e di soddisfazione dei crediti. Il datore di lavoro è tenuto a

trasmettere all’INPS specifiche denunce di variazione (UniEmens/Vig) per ognuno dei mesi in cui si sono formate le

quote di Qu.I.R. non finanziate.

Il Fondo di garanzia, istituto presso l’INPS, è alimentato dal gettito di un contributo in misura pari allo 0,20% della

retribuzione imponibile ai fini previdenziali dei lavoratori per i quali i datori di lavoro utilizzano il Finanziamento da esso

assistito. Tale contributo di finanziamento resta escluso da qualsiasi disposizione in materia di agevolazioni contributive.

Nei confronti dei datori di lavoro che provvedono all’erogazione della Qu.I.R. si applica l’esonero dal versamento del

contributo al fondo di garanzia (articolo 2 della legge 29 maggio 1982, n. 297) con riferimento al mese di maturazione

della Qu.I.R.

Esclusivamente a favore dei datori di lavoro che liquidano la Qu.I.R. senza accedere al Finanziamento assistito da

garanzia si applica anche l’esonero dal contributo 0,28% ex art. 8 del D.L. n. 203/2005 (cfr. circolare n. 4/2008).

Modalità di esposizione dell’erogazione della Qu.I.R. in UniEmens

L’erogazione della Qu.I.R. va esposta nella denuncia contributiva mensile come segue:

nella sezione <GestioneTFR> dell’elemento <denunciaIndividuale> del flusso UniEmens.

Sezione <GestioneTFR>:

· <DestinazioneTFR>

- TipoScelta: IQ

- DataScelta: data di presentazione dell’istanza (unicamente nel primo mese)

· <SceltaDest>:

- SceltaQuir: S

· <MeseTFR>, a sua volta articolata in:

- Mese Quir

<QUIRLiquidataBustaPaga>: valore della Qu.I.R. maturata ed erogata nel mese di competenza della denuncia, in caso

di corresponsione da parte del datore di lavoro con risorse proprie;

- MisureCompensative: valorizzazione dell’elemento <CausaleMCACredito> di

<MisCompAcredito> con il codice:

§ “TF03” e l’importo dell’esonero dal versamento del contributo al fondo di garanzia pari, per la generalità dei lavoratori

subordinati, allo 0,20% della retribuzione imponibile (elevato a 0,40% per i dirigenti di aziende industriali);

§ “TF17” e l’importo dell’ esonero dal contributo pari allo 0,28% della retribuzione imponibile.

<QUIRDaFinanziare>: riporta le informazioni riferite alla Qu.I.R. erogata attraverso il ricorso al Finanziamento assistito

da garanzia. E’ articolato in:

§ <QUIRFinMaturata>: riporta il valore della Qu.I.R. maturata nel mese di competenza della denuncia individuale.

§ <QUIRFinLiquidata>: riporta le informazioni riferite alla Qu.I.R. liquidata in busta paga. Qualora, con la denuncia di

competenza fosse necessario liquidare quote di Qu.I.R. riferite a più mesi di maturazione, l’elemento va valorizzato più

volte con l’evidenza di ogni mese/anno di maturazione e del relativo importo.

§ <QUIRFinAnnoMese>: riporta l’anno e il mese di maturazione della Qu.I.R. erogata in busta paga nel mese di

competenza della denuncia individuale.

§ <QUIRFinImporto>: riporta il valore della Qu.I.R. maturata nel periodo indicato nell’elemento <QUIRFinAnnoMese>

erogata in busta paga, con il ricorso al Finanziamento assistito da garanzia, con la retribuzione riferita al mese di

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competenza della denuncia individuale.

Intervento del Fondo di garanzia

Il Fondo di garanzia interviene in tutti i casi di inadempimento totale o parziale nonché in caso di insolvenza del datore

di lavoro. L’INPS provvede al pagamento di quanto dovuto nel termine di 60 giorni dalla ricezione della domanda

completa della documentazione prevista.

Per il recupero delle somme anticipate l’Istituto è legittimato ad utilizzare l’avviso di addebito con titolo esecutivo di cui

all’art. 30 del DL 78/2010, convertito, con modificazioni, dalla L. 122/2010.

Sulle somme pagate dal Fondo il datore di lavoro inadempiente è tenuto a corrispondere le sanzioni civili nella misura di

cui all’art. 116, comma 8, lettera a) L. 388/2000, a decorrere dalla data di scadenza del rimborso del finanziamento sino a

quella di effettivo pagamento.

Per la restituzione di quanto anticipato dal Fondo, il datore di lavoro può chiedere la regolarizzazione in forma rateale,

alle condizioni e con le modalità previste per i crediti contributivi.

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Le sentenza della Corte UE

Come determinare la base imponibile IVA: il criterio del prezzo di mercatoIl criterio del prezzo di acquisto di beni simili, a differenza di quello del costo, si basa sul prezzo di mercato e

prescinde dagli elementi di valore che concorrono a formarlo. Di conseguenza, gli interessi versati dalla società sul

finanziamento ottenuto per la costruzione dell’immobile sono irrilevanti ai fini della determinazione della base

imponibile. Con questa conclusione, resa nella causa C-16/14 del 24 aprile 2015, la Corte di Giustizia UE si è

nuovamente pronunciata sulle modalità di determinazione della base imponibile per le operazioni assimilate alle

cessioni a titolo oneroso, come quella dell’autoconsumo, fornendo utili indicazioni sui criteri del prezzo di acquisto

o di mercato e del prezzo di costo.

di Marco Peirolo - Dottore commercialista in Torino, Advisor scientifico di Adacta Studio Associato

Nel caso in esame, una società di diritto belga ha fatto costruire un edificio adibito ad uffici con l’intenzione di venderlo e,

nell’attesa, ha concesso in locazione alcune porzioni dell’immobile in regime di esenzione da IVA.

Le Autorità fiscali hanno contestato la detrazione dell’imposta assolta sulla costruzione dell’immobile, recuperando a

tassazione anche l’imposta calcolata sugli interessi versati dalla società per finanziare il progetto (cd. “interessi

intercalari”).

La questione sollevata dal giudice nazionale riguarda l’interpretazione delle disposizioni che regolano la determinazione

della base imponibile nell’ipotesi, considerata assimilata alla cessione a titolo oneroso, in cui i beni siano destinati ad

un’attività esente, come verificatosi nella fattispecie.

Più nello specifico, la Corte di Giustizia ha dovuto stabilire se gli interessi - che ai sensi dell’art. 35, par. 4, della direttiva

n. 78/660/CEE (cd. IV Direttiva CEE) possono essere inclusi nei costi di produzione sempreché si riferiscano al periodo

di fabbricazione - siano da includere nella base imponibile e/o da considerare come spese acccessorie.

La conclusione della Corte di giustizia

L’art. 5, par. 7, lettera b), della VI Direttiva (ora art. 18, par. 1, lettera b, della direttiva n. 2006/112/CE) dispone che gli

Stati membri possono assimilare ad una cessione a titolo oneroso, la destinazione di un bene da parte di un soggetto

passivo ad un settore di attività non assoggettato a IVA, quando detto bene ha consentito la detrazione totale o parziale

dell’IVA.

La base imponibile, ai sensi dell’art. 11, parte A, par. 1, lettera b), della VI Direttiva (ora art. 74 della direttiva n.

2006/112/CE), è costituita dal prezzo di acquisto dei beni o di beni similari, o, in mancanza del prezzo di acquisto, dal

costo, determinati nel momento di effettuazione dell’operazione assimilata alla cessione a titolo oneroso.

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Tale specifica modalità di determinazione della base imponibile si pone in deroga alla regola generale prevista dall’art.

11, parte A, par. 1, lettera a), della VI Direttiva (ora art. 73 della direttiva n. 2006/112/CE), secondo cui, per le cessioni di

beni e le prestazioni di servizi, la base imponibile comprende tutto ciò che costituisce il corrispettivo versato o da versare

al cedente o al prestatore da parte del cessionario, del committente o di un terzo.

Per i beni oggetto di acquisto che siano destinati ad un’attività esente da IVA, la base imponibile è, quindi, costituita dal

prezzo di acquisto, inteso come valore residuo dei beni al momento della destinazione (Corte di Giustizia, 8 maggio

2013, causa C-142/12, Marinov e Id., 17 maggio 2001, cause riunite C-322/99 e C-323/99, Fischer e Brandenstein).

Nel caso di specie, esistendo beni immobili simili sul mercato, la base imponibile è determinata in funzione del

prezzo di acquisto, al momento della destinazione all’attività esente, degli immobili simili e, a tal fine, occorre prendere

in considerazione i fabbricati la cui situazione, dimensione e altre caratteristiche essenziali siano similari a quelle

dell’immobile di cui trattasi (Corte di Giustizia, 8 novembre 2012, causa C-299/11, Gemeente Vlaardingen).

Il criterio del prezzo di acquisto di beni simili, a differenza di quello del costo, che non è applicabile nella fattispecie in

esame, si basa sul prezzo di mercato, prescindendo dagli elementi di valore che concorrono a formarlo.

Di conseguenza, gli interessi che la società ha versato sul finanziamento accesso per la costruzione dell’immobile sono

irrilevanti ai fini della determinazione della base imponibile, fermo restando che l’IVA - nell’ipotesi di destinazione dei beni

ad un’attività esente - non è dovuta se, a monte, non è stata operata la detrazione.

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Corte di Giustizia UE, sez. III, sentenza 23/04/2015, C-16/14

Consultazione pubblica avviata dal MEF

Rendicontazione finanziaria delle non quotate: le osservazioni del CNDCECIl CNDCEC ha inviato le proprie osservazioni alla “Consultazione pubblica per l’attuazione della direttiva

2013/34/EU del Parlamento europeo e del Consiglio del 26 giugno 2013, relativa ai bilanci d’esercizio, ai bilanci

consolidati e alle relative relazioni di talune tipologie di imprese”. Le osservazioni prendono in esame sia i principi

generali per la redazione del bilancio sia le disposizioni tecniche. Per quanto rileva i postulati di bilancio sono

fornite considerazioni in merito al principio di prevalenza della sostanza sulla forma e sul principio di rilevanza.

Secondo i commercialisti, la revisione potrebbe essere l'occasione per la previsione esplicita del principio della

continuità dei bilanci.

Anche il CNDCEC partecipa alla consultazione - aperta dal MEF il 13 aprile scorso - su due schemi di decreto

legislativo per l’attuazione della direttiva 2013/34/UE in materia di informativa di bilancio per le società di capitali che

applicano i principi contabili nazionali.

"La riforma in atto - afferma Raffaele Marcello, consigliere dei commercialisti delegato ai principi contabili - rappresenta

l'ultimo atto di un lungo percorso normativo che ha portato alla revisione della IV e VII direttiva contabile. Molte delle

nuove previsioni normative hanno luogo, infatti, nella norma di riferimento dell'Unione Europea. La sfida del nostro

legislatore deve consistere, quindi, nel cercare, laddove possibile, di recepire le disposizioni dell'Unione Europea in modo

da renderle adatte alla nostra realtà economica e giuridica. In questo contesto, è chiaro che massima attenzione deve

essere prestata alle realtà di piccole e medie dimensioni che rappresentano il principale, in Italia quasi l'unico,

destinatario delle future norme del Codice civile".

Nel documento che raccoglie le osservazioni del Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti ed esperti contabili:

- una prima parte analizza gli elementi di carattere generale

- una seconda parte esamina in modo più specifico gli elementi di dettaglio.

Le osservazioni prendono in esame sia i principi generali per la redazione del bilancio sia le disposizioni tecniche. Per

quanto rileva i postulati di bilancio sono fornite considerazioni in merito al principio di prevalenza della sostanza sulla

forma e sul principio di rilevanza. Secondo i commercialisti, la revisione potrebbe essere l'occasione per la previsione

esplicita del principio della continuità dei bilanci.

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In tema di criteri di valutazione il CNDCEC sottolinea come la proposta di introdurre nel Codice civile il criterio del

costo ammortizzato per la misurazione di titoli immobilizzati, crediti e debiti rappresenti una complessità superflua, la

cui introduzione comporterebbe maggiori oneri amministrativi rispetto ai benefici informativi ad essa collegati.

Il documento fornisce poi indicazioni anche sulla contabilizzazione delle azioni proprie, degli strumenti finanziari

derivati, misurati al fair value, dell'avviamento e degli oneri pluriennali.

A cura della Redazione

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Osservazioni del Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti ed esperti contabili

Istanze di rimborso Iva

Termine ordinario decennale per l'istanza di rimborso del credito Iva indicato in

dichiarazione senza presentazione del Modello VRCon la risposta, in data 23 aprile 2015, all’Interrogazione parlamentare n. 5-05400, il Sottosegretario di Stato per

l’economia e le finanze Enrico Zanetti ha chiarito che, nel caso in cui il contribuente ha indicato il credito Iva nella

dichiarazione annuale, ma ha omesso la presentazione del Modello VR, per la successiva istanza di rimborso il

termine di decadenza è quello decennale ordinario e non il termine biennale previsto per il c.d. “rimborso

anomalo”.

di Eleuterio Lancia

Secondo la prassi operativa degli Uffici dell’Agenzia delle entrate, quando la richiesta di rimborso Iva non viene effettuata

utilizzando l’apposito Modello VR, la fattispecie disciplinata dall’art. 38-bis del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 -

concernente i rimborsi Iva eseguiti in via ordinaria - non viene a realizzarsi e, conseguentemente, l’istanza di rimborso

presentata al di fuori di tale procedura assume natura “atipica”.

Quindi, in questi casi, ad avviso dell’Agenzia delle entrate, in mancanza di disposizioni legislative specifiche, si può fare

ricorso solo alla procedura prevista dall’art. 21, comma 2, del D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, che ammette l’istanza di

rimborso entro il termine di decadenza biennale, presentando un’istanza di restituzione dell’Iva rivolta all’Ufficio tributario.

Si tratta del c.d. “rimborso anomalo” che viene esperito quando non è dato rinvenire una apposita disposizione in

materia di Iva che ne consenta la detrazione o il rimborso.

La citata norma dispone che la domanda di restituzione, “in mancanza di disposizioni specifiche, non può essere

presentata dopo due anni dal pagamento ovvero se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la

restituzione”.

La problematica oggetto dell’Interrogazione riguarda numerose controversie pendenti concernenti l’impugnazione dei

dinieghi di rimborso dell’Iva, a seguito della cessazione dell’attività, nell’ipotesi in cui il contribuente abbia omesso la

presentazione del Modello VR.

In particolare, si tratta dei casi in cui il contribuente, pur avendo indicato il credito nella dichiarazione annuale prodotta,

ha omesso la presentazione del relativo Modello VR e, successivamente, presenta istanza di rimborso oltre il termine

biennale previsto dal citato art. 21, comma 2, del D.Lgs. n. 546 del 1992.

Gli Uffici dell’Agenzia delle entrate non riconoscono la legittimità delle istanze di rimborso Iva presentate oltre tale

termine biennale.

Al contrario, i contribuenti sostengono, anche in sede di contenzioso, che l’indicazione del credito Iva nella dichiarazione

mediante la compilazione del rigo relativo al rimborso richiesto costituisce presupposto sufficiente per rendere inoperante

il menzionato art. 21, comma 2, (e, quindi, la disposizione ivi contenuta concernente il termine di decadenza biennale per

la presentazione dell’istanza di rimborso).

In sostanza, la domanda di rimborso sarebbe da considerarsi già presentata con la compilazione nella dichiarazione

annuale del quadro RX del Modello Unico o VX della dichiarazione Iva, considerata quale formale esercizio del diritto, il

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quale resterebbe poi soggetto al solo termine di prescrizione ordinaria decennale.

Nella risposta all’Interrogazione parlamentare il rappresentante del governo, preso atto della giurisprudenza ormai

consolidata in materia ha riconosciuto, con riferimento alle controversie di cui trattasi in atto con l’Agenzia delle entrate, il

diritto al rimborso richiesto entro il termine di prescrizione ordinaria (decennale), previa dimostrazione da parte del

contribuente della sussistenza dei relativi presupposti.

Gli Uffici tributari, ovviamente, dovranno tenere conto di tale nuova interpretazione espressa dal governo in sede

parlamentare e ciò fa presumere per le controversie in corso la cessazione della materia del contendere (a favore del

contribuente) ed, inoltre, al di fuori del contenzioso, per le istanze di specie presentate dai contribuenti oltre il termine

biennale, il riconoscimento del diritto al rimborso dell’Iva.

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Camera dei deputati, Commissione Finanze, interrogazione parlamentare 23/04/2015, n. 5-05400

Ministero del lavoro

Contratti di solidarietà, decontribuzione: effetti della proroga fino a 24 mesiIl Ministero del lavoro fornisce le istruzioni operative per la presentazione delle istanze preordinate alla

concessione degli sgravi contributivi da parte di quelle aziende che, esaurito il beneficio della decontribuzione nel I

anno, vogliono di avviare un contratto di solidarietà in continuità con il precedente, ad esaurimento dei 24 mesi

previsti dalla normativa vigente.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la circolare 22 aprile 2015, n. 15, fornisce le istruzioni operative per la

presentazione delle istanze preordinate alla concessione degli sgravi contributivi per i contratti di solidarietà in caso

di proroga (Decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, di concerto con il Ministro dell'Economia e delle

Finanze del 7/7/2014, n. 83312).

Il Ministero rileva la domanda di decontribuzione presentata per il primo anno del contratto di solidarietà produce

l'effetto di sottrarre al principio dell'ordine cronologico la domanda di decontribuzione presentata dalla medesima azienda

per il secondo anno del contratto di solidarietà nei seguenti casi:

- se viene stipulato dalle parti un unico contratto di solidarietà che abbia fin dall’inizio la durata di 24 mesi

- se viene stipulato un contratto di solidarietà di durata inferiore che, tuttavia, rechi una clausola in base alla quale le

parti si riservano la facoltà di prorogare il contratto stesso fino a raggiungere la durata di 24 mesi o una durata maggiore

ovvero quando tale volontà sia desumibile, allo stato degli atti, a fronte dell’esplicitazione, da parte dell’azienda istante,

della volontà di portare a compimento tutti gli investimenti o di attuare gli strumenti volti a realizzare un miglioramento

della produttività inizialmente programmati.

Pertanto, conclude il Ministero, come avviene per i contratti di solidarietà che sin dall'inizio prevedono una durata di 24

mesi e per i quali l'autorizzazione alla riduzione contributiva viene frazionata entro i limiti delle disponibilità dello

stanziamento finanziario per anno solare, anche per i contratti di durata inferiore è possibile presentare ulteriore

domanda di decontribuzione relativa ad un nuovo contratto che proroghi quello precedente, non superando, tuttavia, il

limite dei 24 mesi.

In questo ultimo caso sarà cura delle aziende istanti, all’atto del produrre la documentazione prevista secondo le

indicazioni pubblicate sul sito ministeriale, segnalare all’interno della domanda che il nuovo contratto costituisce una

proroga di quello precedente.

A cura della Redazione

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Ministero del lavoro e delle politiche sociali, circolare 22/4/2015, n. 15

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Il decreto attuativo della delega fiscale

Fattura elettronica tra privati, dall'accertamento alla compliance spontaneaIl decreto legislativo varato dal Governo punta all'estensione dell'uso delle fatturazione elettronica, già oggi in

vigore per tutti coloro che hanno rapporti con la PA. Data la natura opzionale del regime, si è posto il problema

degli incentivi da riconoscere a coloro che effettueranno l'opzione. Questa riforma è coerente con il "cambiamento

di verso" introdotto con la legge di Stabilità 2015. Il passaggio dalla repressione alla dissuasione,

dall'accertamento alla compliance spontanea richiede che l'Amministrazione finanziaria abbia a disposizione, in

tempi il più possibile "reali", informazioni di buona qualità e affidabilità. D'altronde, il contribuente deve essere

consapevole che questi dati aumentano effettivamente la possibilità da parte dell'Amministrazione finanziaria di

contrastare, quantomeno, le tipologie più semplici di evasione.

di Alessandro Santoro - Consigliere Economico del Presidente del Consiglio dei Ministri (*)

Il decreto legislativo appena varato dal Governo punta all'estensione dell'uso delle fatturazione elettronica, già oggi in

vigore per tutti coloro che hanno rapporti con la Pubblica Amministrazione, nella convinzione che si tratti di uno

strumento in grado, da un lato, di aumentare l'efficienza dei processi gestionali ed informativi e, dall'altro lato, di creare

flussi informativi che siano in grado di fungere da elementi di dissuasione dell'evasione fiscale.

Il decreto prevede che:

1) a decorrere dal 1° luglio 2016 l’Agenzia delle Entrate metta a disposizione dei contribuenti, gratuitamente, un servizio

per la generazione e trasmissione delle fatture elettroniche;

2) a decorrere dal 1° gennaio 2017, il Ministero dell’Economia e delle finanze mette a disposizione dei soggetti passivi

dell’imposta sul valore aggiunto il Sistema di Interscambio già previsto dalla legge Finanziaria per il 2008, con

riferimento alle transazioni interne, e mette a disposizione del contribuente le informazioni acquisite tramite questo

Sistema.

L'entrata in vigore effettiva della fatturazione elettronica è quindi prevista nell'arco dei prossimi due anni. Nei prossimi

mesi, con appositi decreti del Direttore dell'Agenzia delle Entrate e del Ministro per l'Economia, saranno definite,

rispettivamente, le regole tecniche e i termini per la trasmissione telematica, secondo principi di semplificazione, di

economicità e di minimo aggravio per i contribuenti nonché le nuove modalità semplificate di controlli a distanza

degli elementi acquisiti, anche in questo caso tali da ridurre gli adempimenti di tali soggetti, non ostacolare il normale

svolgimento dell’attività economica degli stessi ed escludere la duplicazione di attività conoscitiva.

La fattura elettronica sostituisce quella cartacea ed è, secondo i dettami della legislazione europea, una possibilità e non

un obbligo. Più precisamente, l'opzione, che può essere effettuata dai soggetti passivi dell'IVA, ha effetto dall’inizio

dell’anno solare in cui è esercitata fino alla fine del quarto anno solare successivo e, se non revocata, si estende di

quinquennio in quinquennio.

Un sistema in parte simile è previsto per i commercianti al minuto e per le altre categorie di soggetti non obbligati

all'emissione delle fatture, ma tenuti all'annotazione dei corrispettivi. Anche in questo caso, a partire dall'inizio del 2017,

i contribuenti interessati possono optare per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica all’Agenzia delle

Entrate dei dati dei corrispettivi giornalieri delle cessioni di beni e delle prestazioni di servizi. Il sistema è obbligatorio,

invece, per i soggetti passivi che effettuano cessioni di beni tramite distributori automatici.

Data la natura opzionale dei due regimi, si è posto il problema degli incentivi da riconoscere a coloro che

effettueranno l'opzione.

La scelta è stata quella di muoversi in tre direzioni.

In primo luogo, vi è l'abolizione dello spesometro, ossia del sistema di trasmissione di tutte le operazioni (attive e

passive) soggette all'emissione di fattura e di quelle di più rilevante entità senza l'emissione della stessa (ma soggette

allo scontrino fiscale).

In secondo luogo, viene meno l’obbligo di presentare le comunicazioni di cui all’art. 50, comma 6, D.L. n. 331/1993

limitatamente alle prestazioni di servizi ricevute da soggetti stabiliti in un altro Stato membro dell’Unione europea.

Infine, viene previsto che i rimborsi IVA vantati dai soggetti che optano per la fattura elettronica siano eseguiti in via

prioritaria, anche in assenza dei requisiti normalmente previsti, entro tre mesi dalla presentazione della dichiarazione

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annuale.

Questa riforma è coerente con il "cambiamento di verso" introdotto con la legge di stabilità e di cui si è già discusso in

questa sede.

Il passaggio dalla repressione alla dissuasione, dall'accertamento alla compliance spontanea richiede,

evidentemente, che l'Amministrazione finanziaria abbia a disposizione, in tempi il più possibile "reali", informazioni di

buona qualità e affidabilità. D'altronde, il contribuente deve essere consapevole che questi dati aumentano

effettivamente la possibilità da parte dell'Amministrazione finanziaria, di contrastare, quantomeno, le tipologie più

semplici di evasione, come la non dichiarazione dei ricavi o la deduzione di costi inesistenti. Se questo tipo di

dissuasione preventiva funziona, rimangono oggetto della repressione solo le attività evasive più sofisticate, ovvero

quelle messe in atto da soggetti che non si prestano ad essere dissuasi. Questa svolta è resa possibile dall'evoluzione

tecnologica, ma, specialmente nel breve periodo, tale evoluzione non garantisce che i costi amministrativi e di

adempimento si riducano.

É lungo questo (sottile) equilibrio che si muove la riforma.

Il primo aspetto da considerare riguarda l'effettiva capacità di elaborazione delle informazioni. É del tutto inutile, e

privo di qualsiasi funzione dissuasiva, l'accumulo di dati di cui l'Amministrazione poi non fa uso. Questo spreco di risorse,

che già oggi già certamente esiste, ha addirittura effetti perversi nel momento in cui il contribuente capisce di aver fornito

informazioni che l'Amministrazione non utilizza. Il discorso sulla fatturazione elettronica, da questo punto di vista, è simile

a quello dell'anagrafe dei rapporti patrimoniali. É indispensabile che la riforma sia accompagnata da processi di

riorganizzazione e di efficientamento di tutta la filiera che presiede all'acquisizione, elaborazione e, soprattutto, analisi

dei dati. Anche in questa prospettiva si deve leggere la norma che prevede l'autorizzazione ad assunzioni di funzionari

con competenze informatiche, statistiche od econometriche.

Il secondo aspetto cruciale è quello dei controlli. Il decreto legislativo rimanda ad un decreto (di natura non

regolamentare) del Ministro dell'Economia il compito di definire le nuove modalità di controllo a distanza sulle fatture

trasmesse elettronicamente. Quando il sistema della fatturazione elettronica sarà entrato a regime e divenuto il default

per tutti i contribuenti, la possibilità di un controllo basato sull'incrocio dei dati tra acquirente e fornitore consentirà di

aumentare in misura notevole le capacità di spingere il contribuente ad adottare comportamenti fiscali corretti o a

correggere in tempi brevi quelli non corretti (anche a causa di semplici errori).

Nel regime transitorio, tuttavia, il fatto che la fatturazione elettronica sia opzionale e unilaterale (solo le fatture attive

vengono trasmesse elettronicamente) pone effettivamente alcuni problemi di operatività. Per incrociare i dati relativi a

transazioni di cui sono parte soggetti che hanno optato per la fatturazione elettronica, infatti, sarà necessario attingere a

database diversi (lo spesometro, e, appunto, il sistema di interscambio dei dati derivanti dalla fatturazione elettronica)

con inevitabili problemi di coerenza e ostacoli nell'analisi.

Sarebbe quindi necessario procedere il più celermente possibile all'estensione generalizzata del sistema e, da questo

punto di vista, potrebbe venire in aiuto l'evoluzione della normativa europea.

Di queste considerazioni sarà bene tenere conto nel periodo da qui all'approvazione definitiva del decreto. Il successo

dello strumento dipende essenzialmente dalla funzionalità e (non) costosità dei sistemi di implementazione, oltre che

dagli incentivi messi in campo a favore di chi eserciterà l'opzione. Da questo punto di vista è indubbio che ci sia ancora

del lavoro da fare, pur tenendo presenti le criticità della natura transitoria del sistema che si va prefigurando.

(*) Le opinioni qui espresse sono del tutto personali.

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Riscossione accentrata

Aziende sanitarie private: trasmissione dei compensi entro il 30 aprileScade il 30 aprile il termine per la comunicazione telematica, all’Agenzia delle Entrate, dell’ammontare dei

compensi complessivamente riscossi dalle strutture sanitarie private per ogni medico e paramedico durante il

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periodo d’imposta 2014. L’adempimento è stato introdotto dalla legge Finanziaria 2007. Le strutture sanitarie

private sono tenute ad utilizzare il servizio Entratel e verificare la coerenza dei dati comunicati con le istruzioni

dell’Agenzia. Nella comunicazione, oltre ai dati identificativi delle strutture sanitarie devono essere riportati il

codice fiscale e i dati anagrafici di ciascun esercente attività di lavoro autonomo mediche e paramediche, nonché

l’importo dei compensi complessivamente riscossi in nome e per conto di ciascun percipiente.

di Saverio Cinieri - Dottore commercialista e pubblicista

Le strutture sanitarie private, tenute a riscuotere, in nome e per conto dei professionisti, i compensi corrisposti dai

pazienti per le prestazioni mediche e paramediche di lavoro autonomo ricevute nei locali della struttura, sono obbligate a

comunicare telematicamente all’Agenzia delle Entrate, entro il 30 aprile, l’ammontare dei compensi

complessivamente riscossi per ogni medico e paramedico durante il 2014.

Gli adempimenti a carico delle strutture sanitarie

L’adempimento è stato introdotto dalla legge Finanziaria 2007 (art. 1, commi 38-42, legge n. 296/2006).

In particolare, a decorrere dal 1° marzo 2007, la riscossione dei compensi dovuti per attività di lavoro autonomo mediche

e paramediche svolte nell'ambito delle strutture sanitarie private è effettuata in modo unitario dalle stesse strutture

sanitarie, le quali provvedono a:

a) incassare il compenso in nome e per conto del prestatore di lavoro autonomo e a riversarlo contestualmente al

medesimo;

b) registrare nelle scritture contabili obbligatorie, ovvero in apposito registro, il compenso incassato per ciascuna

prestazione di lavoro autonomo resa nell'ambito della struttura.

Le strutture sanitarie, poi, sono tenute a comunicare telematicamente all'Agenzia delle Entrate, con le modalità stabilite

con provvedimento 13 dicembre 2007, n. prot. 2007/90499, l'ammontare dei compensi complessivamente riscossi per

ciascun percipiente.

Restano fermi in capo ai singoli prestatori di lavoro autonomo tutti gli obblighi formali e sostanziali previsti per lo

svolgimento dell'attività.

La riscossione dei compensi dovuti al professionista per l'attività medica e paramedica deve essere effettuata in modo

unitario dalle strutture sanitarie private (società, istituti, associazioni, centri medici e diagnostici e ogni altro ente o

soggetto privato, in qualsiasi forma organizzati, che operano nel settore dei servizi sanitari e veterinari) che ospitano,

mettono a disposizione dei professionisti ovvero concedono loro in affitto i locali della struttura aziendale per l'esercizio di

attività di lavoro autonomo mediche o paramediche.

Tali strutture sono, pertanto, obbligate - per ciascuna prestazione resa - ad "incassare il compenso in nome e per conto

del prestatore di lavoro autonomo e a riversarlo contestualmente al medesimo".

La riscossione accentrata ha per oggetto i compensi spettanti agli esercenti "attività di lavoro autonomo medica e

paramedica" (intesa come diagnosi, cura e riabilitazione resa nell'esercizio delle professioni ed arti sanitarie soggette a

vigilanza); in particolare, la norma si riferisce ai compensi correlati alle prestazioni di natura sanitaria rese dal

professionista in esecuzione di un rapporto intrattenuto direttamente con il paziente.

Le norme in materia di riscossione accentrata sono state oggetto di chiarimenti da parte dell'Agenzia delle Entrate con la

circolare 15 marzo 2007, n. 13/E.

Tali obblighi si applicano anche con riguardo ai medici/dentisti/odontoiatri organizzati in studi individuali o associati

(Agenzia delle Entrate, risoluzione 13 luglio 2007, n. 171/E).

Prestazioni escluse

Sono escluse dall'ambito di applicazione le prestazioni rese:

- direttamente al paziente, per il tramite del professionista, dalla struttura sanitaria privata, nell'ambito di un rapporto

in cui la struttura sanitaria stessa è impegnata nell'organizzazione dei servizi medici e paramedici, in qualità di parte del

rapporto contrattuale instaurato con il cliente;

- dal sanitario in regime di intramoenia.

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Modalità operative per la riscossione dei compensi

Le somme riscosse dalla struttura sanitaria rilevano, ai fini impositivi, nei confronti del prestatore di lavoro autonomo,

mentre la struttura sanitaria che ne cura la riscossione funge da tramite tra il prestatore di lavoro autonomo e il paziente.

Di conseguenza:

- il professionista che ha eseguito la prestazione sanitaria è tenuto ad emettere fattura nei confronti del paziente;

- il pagamento del corrispettivo della prestazione professionale deve essere eseguito "nelle mani" della struttura

sanitaria, che agisce in nome e per conto del professionista;

Gli importi riscossi ovvero i documenti ritirati o emessi devono essere rispettivamente riversati o consegnati, da parte

della struttura, al professionista interessato.

All'atto del pagamento del compenso, la struttura sanitaria rilascia al paziente apposita quietanza attestante l'avvenuto

pagamento del compenso incassato o gestito in nome e per conto del professionista, mediante annotazione in calce alla

fattura emessa dal professionista, che specifichi le modalità e, per i pagamenti diversi dal contante, gli estremi

identificativi del mezzo di pagamento; per quietanze di importo superiore a 77,47 euro, l'imposta di bollo (di 2 euro) è

dovuta dal professionista in nome e per conto del quale il compenso viene riscosso.

L'obbligo di registrazione nelle scritture contabili obbligatorie o in apposito registro del compenso incassato o gestito,

può essere assolto mediante:

- annotazione separata nelle scritture contabili che il soggetto gestore della struttura è obbligato a tenere in relazione alla

propria attività;

- annotazione in un registro appositamente istituito ai sensi dell'art. 1, comma 38, legge n. 296/2006.

Deve essere annotata, distintamente per ciascuna operazione di riscossione:

- la data del pagamento e gli estremi della fattura emessa dal professionista;

- le generalità e il codice fiscale del professionista destinatario del compenso;

- l'ammontare del corrispettivo riscosso;

- le modalità di pagamento.

La comunicazione

Entro il 30 aprile di ciascun anno deve essere effettuata la comunicazione relativamente ai compensi complessivamente

riscossi in nome e per conto di ciascun medico e paramedico dal 1° gennaio al 31 dicembre dell’anno precedente.

Le strutture sanitarie private sono tenute ad utilizzare il servizio Entratel e verificare la coerenza dei dati comunicati con

le istruzioni dell’Agenzia.

Nella comunicazione, oltre ai dati identificativi delle strutture sanitarie vanno riportati:

- il codice fiscale e i dati anagrafici di ciascun esercente attività di lavoro autonomo mediche e paramediche;

- l’importo dei compensi complessivamente riscossi in nome e per conto di ciascun percipiente.

Sanzioni

Sono previste specifiche sanzioni per le violazioni degli obblighi a carico delle strutture sanitarie private:

- in caso di violazione degli obblighi di incassare il compenso in nome e per conto del prestatore di lavoro autonomo e di

registrazione del compenso nelle scritture obbligatorie ovvero in apposito registro, si applica la sanzione amministrativa

da 1.033 a 7.747 euro;

- in caso di omessa trasmissione telematica dei compensi incassati in nome e per conto dei professionisti ovvero di

comunicazione di dati incompleti o non veritieri, si applica la sanzione amministrativa da 258 a 2.066 euro.

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Esami di Stato

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Commercialisti: entro il 22 maggio le domande per l’esame di abilitazioneSulla Gazzetta Ufficiale è stata pubblicata l’ordinanza del MIUR che indice le sessioni d’esame 2015 per

l’abilitazione alla professione di dottore commercialista ed esperto contabile. Le domande per l’iscrizione alla prima

sessione dovranno essere presentate entro il 22 maggio p.v.

Indetti gli esami di abilitazione all’esercizio della professione di dottore commercialista ed esperto contabile per

l’anno 2015. Sulla Gazzetta Ufficiale (serie concorsi) del 24 aprile 2015 è stata infatti pubblicata l’Ordinanza del MIUR

del 27 marzo scorso che ufficializza il calendario delle prove.

Gli esami di Stato per l’accesso alla sezione A dell’albo avranno inizio in tutte le sedi per la prima sessione il 17 giugno

2015 e per la seconda sessione il 18 novembre 2015.

Gli esami per l’accesso alla sezione B, invece, inizieranno il 24 giugno 2015 e per la seconda sessione il 25

novembre 2015.

Le prove successive si svolgeranno secondo l’ordine stabilito per le singole sedi dai Presidenti delle commissioni

esaminatrici, reso noto con avviso nell’albo dell’università o istituto di istruzione universitaria sede di esami.

I candidati sono tenuti a presentare la domanda di ammissione alla prima sessione entro il 22 maggio 2015 e alla

seconda sessione non oltre il 16 ottobre 2015 presso la segreteria dell’università presso cui intendono sostenere gli

esami.

A cura della Redazione

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MIUR, ordinanza 27/03/2015 (G.U. serie concorsi 24/04/2015, n. 32)

Il decreto attuativo della delega fiscale

Trasmissione delle fatture elettroniche attive e passive: l’importanza delle

regole tecnicheLo schema di decreto legislativo sulla trasmissione telematica delle operazioni IVA, approvato durante la seduta

del Consiglio dei Ministri del 21 aprile scorso, prevede una serie di vantaggi fiscali non strettamente correlati alla

fatturazione elettronica (facoltativa). I benefici sono subordinati alla trasmissione all’Agenzia delle Entrate di tutte

le fatture attive, passive e delle relative note di variazione. Il punto che dovrà essere chiarito riguarda il formato dei

documenti da trasmettere al Fisco e sotto questo profilo è necessario attendere l’approvazione delle relative

disposizioni di attuazione. Inoltre un altro nodo cruciale è costituito dalla effettiva portata della disposizione.

di Nicola Forte - Dottore commercialista in Roma

L’art. 3, comma 1 dello schema di decreto prevede:

“Con riferimento alle operazioni rilevanti ai fini IVA effettuate dal 1° gennaio 2017, i soggetti passivi dell’imposta sul

valore aggiunto possono optare per la trasmissione telematica all’Agenzia delle Entrate di tutte le fatture emesse e

ricevute, e delle relative variazioni […]”.

La trasmissione potrà essere effettuata anche tramite il Sistema di Interscambio.

In base ad un’interpretazione letterale della disposizione i benefici fiscali sono subordinati alla trasmissione di tutte le

fatture attive e passive. Conseguentemente nell’ipotesi in cui il contribuente trasmetta solo una parte dei documenti

emessi e ricevuti, perderà i vantaggi fiscali.

In questo caso dovrà continuare a presentare lo spesometro, gli elenchi INTRASTAT, etc.

Nella maggior parte dei casi i contribuenti che decidessero di avvalersi della nuova opportunità incontreranno quasi

sempre problemi nella gestione delle fatture passive rispetto a quelle attive. Infatti, le fatture emesse e relative alle

cessioni di beni e alle prestazioni di servizi potranno essere generate in formato elettronico ai sensi dell’art. 21, D.P.R. n.

633/1972. Viceversa le fatture passive saranno ricevute in parte in formato elettronico, ma anche in formato analogico.

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Soprattutto in questa fase iniziale non tutti i fornitori saranno in grado di generare e conservare le fatture emesse in

formato elettronico.

É dunque probabile che la maggior parte dei fornitori continui, come in passato, ad emettere i documenti in formato

analogico.

A questo punto sarà necessario comprendere attraverso quali modalità e regole tecniche i contribuenti che intendono

optare per la trasmissione integrale dei documenti all’Agenzia delle Entrate dovranno “trasformare” le fatture analogiche

ricevute in fatture elettroniche.

La soluzione sarà individuata dai decreti di attuazione, in quanto non è ipotizzabile che la nuova disposizione riguardi

solamente i contribuenti che hanno emesso e ricevuto esclusivamente le fatture in formato elettronico.

In tale ipotesi sarebbe sufficiente ricevere da uno dei fornitori anche una sola fattura in formato analogico per

compromettere l’applicazione della disposizione. In questa ipotesi la portata applicativa della norma risulterebbe molo

limitata e ne resterebbero esclusi la maggior parte degli operatori.

Per tale ragione le disposizioni di attuazione dovranno chiarire secondo quali modalità generare i documenti in formato

elettronico dopo aver ricevuto le fatture in formato analogico. Dalle indicazioni dipende, nella sostanza, anche il successo

e la portata applicativa della nuova disposizione.

A seguito della trasmissione di tutte le fatture attive e passive all’Agenzia delle Entrate è come se i verificatori fossero

presenti presso la sede in cui viene esercitata l’attività per acquisire la documentazione. L’unica differenza rispetto

all’ipotesi descritta è che, nel caso di specie, i documenti vengo consegnati all’Amministrazione finanziaria presso la

sede dell’Ufficio. La consegna non avviene, però, manualmente, ma esclusivamente attraverso il canale telematico e

quindi, a scelta del contribuente, anche attraverso il Sistema di Interscambio.

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Quaderno Assirevi n. 16

Frodi nella revisione contabile del bilancio: quali responsabilità per il revisore?Il principio ISA Italia n. 240 tratta delle responsabilità del revisore relativamente alle frodi nella revisione contabile

del bilancio. Il principio stabilisce che gli obiettivi del revisore sono identificare e valutare i rischi di errori

significativi nel bilancio dovuti a frodi, acquisire elementi probatori sufficienti ed appropriati riguardanti i rischi

identificati e valutati di errori significativi dovuti a frodi, mediante la definizione e la messa in atto di risposte di

revisione appropriate, e fronteggiare adeguatamente frodi o sospette frodi individuate durante la revisione. Ne

parla Assirevi nel Quaderno n. 16.

di Federico Gavioli - Dottore commercialista, revisore legale dei conti e giornalista pubblicista

Assirevi ha pubblicato un importante documento, il Quaderno n. 16, intitolato “I principi di revisione internazionali”, nel

quale sono analizzati i 36 principi ISA Italia, che si applicano dal 2015.

Il Quaderno è composto di un capitolo introduttivo destinato a fornire una panoramica generale sul tema dei principi di

revisione di riferimento in Italia; i successivi capitoli sono dedicati ai 36 principi, esaminando dapprima il principio sul

controllo della qualità ISQC1 Italia e nel seguito i 35 principi di revisione ISA Italia. Ciascuno dei capitoli dedicati ai

singoli principi è a sua volta strutturato in tre paragrafi:

- nel primo paragrafo è presentata una sintesi del principio oggetto del capitolo;

- nel secondo paragrafo viene effettuato un confronto fra il principio ed i riferimenti professionali precedenti, presentando,

di volta in volta, le principali novità introdotte dai nuovi principi di revisione;

- nel terzo paragrafo sono, infine, illustrate le principali integrazioni ai principi di revisione internazionali Isa operate dai

soggetti convenzionati e dalla CONSOB al fine di riflettere negli ISA Italia le disposizioni normative e regolamentari del

contesto nazionale.

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Nel lavoro svolto con il Quaderno n. 16 (si tratta di un vero e proprio vademecum) sui principi di revisione ISA Italia,

Assirevi ha ritenuto utile svolgere una prima analisi del contenuto dei nuovi principi evidenziando, dopo una breve sintesi

delle disposizioni contenute nei principi stessi, i principali aspetti di novità rispetto ai principi di revisione e alle prassi

professionali seguiti per le revisioni legali svolte fino ad ora, e ai principi di revisione internazionali emanati

dall’International Auditing and Assurance Standards Board (International Standards on Auditing - ISA), sui quali gli ISA

Italia sono basati.

Sistema di controllo e responsabilità: il documento ISQC Italia n. 1

Il principio tratta delle responsabilità del “soggetto abilitato alla revisione” o “soggetto abilitato” (revisore legale,

società di revisione o altra entità costituita da professionisti contabili abilitati alla revisione) in merito al proprio

sistema di controllo della qualità degli incarichi di revisione contabile, degli altri incarichi di “assurance” e dei servizi

connessi. Tale principio precisa che il sistema di controllo della qualità in esso descritto trova applicazione

obbligatoria per gli incarichi di revisione contabile del bilancio, conferiti ai sensi del D.Lgs. n. 39/2010 e,

conseguentemente, si riferisce agli incarichi di revisione ai sensi di detto decreto.

Il principio deve essere letto congiuntamente ai principi etici, inclusi quelli relativi all’indipendenza, elaborati ai sensi

dell’art. 12, D.Lgs. n. 39/2010 e all’ISA Italia n. 220, che tratta delle procedure di controllo della qualità del singolo

incarico di revisione contabile del bilancio.

Il principio identifica l’obiettivo del soggetto abilitato nell’istituzione e mantenimento di un sistema di controllo della qualità

per conseguire una ragionevole sicurezza che il soggetto abilitato e il suo personale rispettino i principi professionali e

le disposizioni di legge e regolamentari e che le relazioni emesse siano appropriate nelle circostanze.

Le responsabilità del revisore relativamente alle frodi nella revisione contabile del bilancio

Il principio ISA Italia n. 240 tratta delle responsabilità del revisore relativamente alle frodi nella revisione contabile del

bilancio. In particolare il principio stabilisce che gli obiettivi del revisore sono:

a) identificare e valutare i rischi di errori significativi nel bilancio dovuti a frodi;

b) acquisire elementi probativi sufficienti ed appropriati riguardanti i rischi identificati e valutati di errori significativi dovuti

a frodi, mediante la definizione e la messa in atto di risposte di revisione appropriate;

c) fronteggiare adeguatamente frodi o sospette frodi individuate durante la revisione.

Innanzitutto il principio chiarisce che la responsabilità principale per la prevenzione e l’individuazione delle frodi

compete sia ai responsabili dell’attività di governance dell’impresa, sia alla direzione. Il revisore ha la responsabilità di

acquisire una ragionevole sicurezza che il bilancio nel suo complesso non contenga errori significativi dovuti a frodi o a

comportamenti o eventi non intenzionali, tuttavia a causa dei limiti intrinseci dell’attività di revisione esiste il rischio

inevitabile che alcuni errori significativi possano non essere identificati, anche se la revisione sia stata correttamente

pianificata e svolta in conformità ai principi di revisione.

Inoltre il rischio di non individuare un errore significativo dovuto a frodi è più elevato rispetto al rischio di non individuare

un errore significativo derivante da comportamenti o eventi non intenzionali, in particolare se le frodi sono poste in atto

dalla direzione piuttosto che dai dipendenti.

Il principio di revisione prevede che il revisore debba mantenere un atteggiamento di scetticismo professionale durante

l’intero processo di revisione, tenendo presente che il bilancio può contenere errori significativi dovuti a frodi,

indipendentemente dall’esperienza precedentemente acquisita presso l’impresa in merito all’onestà e all’integrità della

direzione dell’impresa e dei responsabili dell’attività di governance.

Le verifiche sulla contabilità da parte del revisore

Il principio SA Italia n. 250B tratta delle responsabilità del soggetto incaricato della revisione legale relativamente alle

verifiche nel corso dell’esercizio della regolare tenuta della contabilità sociale.

Il principio, infatti, è stato elaborato dai soggetti convenzionati e dalla CONSOB al fine di adempiere a disposizioni

normative e regolamentari dell’ordinamento nazionale.

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Esso, in particolare, stabilisce le regole e linee guida per la pianificazione delle verifiche periodiche, la decorrenza e il

contenuto delle stesse, nonché la valutazione dei risultati e la documentazione attestante il loro svolgimento.

Nell’ordinamento italiano il revisore legale deve verificare nel corso dell’esercizio la regolare tenuta della contabilità

sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili, in base a quanto previsto dall’art. 14, comma

1, lettera b), D.Lgs. n. 39/2010. Conseguentemente il principio stabilisce che l’obiettivo del revisore è quello di svolgere

le verifiche sulla regolare tenuta della contabilità sociale indicate nel principio stesso al fine di ottemperare alla previsione

normativa dell’art. 14, comma 1, lettera b), D.Lgs. n. 39/2010.

Il principio innanzitutto chiarisce che la “regolare tenuta della contabilità sociale” comporta il rispetto delle norme

civilistiche e fiscali connesse alle modalità e alle tempistiche di rilevazione delle scritture contabili, di redazione,

vidimazione e conservazione dei libri contabili e dei libri sociali obbligatori, nonché di rilevazione dell’esecuzione degli

adempimenti fiscali e previdenziali, mentre la “corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili” implica che

l’accadimento del fatto di gestione sia rilevato nelle scritture contabili in conformità al quadro normativo sull’informazione

finanziaria applicabile.

Viene, inoltre, introdotto in modo esplicito il concetto che il revisore legale verifica la corretta rilevazione dei fatti di

gestione attraverso lo svolgimento dell’attività di revisione contabile del bilancio, mentre la verifica della regolare tenuta

della contabilità sociale è effettuata attraverso lo svolgimento delle procedure espressamente previste dal SA Italia n.

250B, fermo restando che le verifiche della regolare tenuta della contabilità possono fornire al revisore informazioni utili

ai fini della revisione contabile del bilancio.

Il principio entra in vigore per le verifiche della regolare tenuta della contabilità sociale svolte dal 1° gennaio 2015,

diversamente da quanto previsto per gli altri principi di revisione internazionali (ISA Italia), per i quali l’entrata in vigore è

prevista a partire dalle revisioni contabili dei bilanci relativi ai periodi amministrativi che iniziano dal 1° gennaio 2015 o

successivamente. Ciò comporta che le attività connesse alle verifiche della regolare tenuta della contabilità sociale

effettuate successivamente, al 1° gennaio 2015, devono essere svolte in base al SA Italia n. 250B, indipendentemente

dal periodo oggetto di tali verifiche, che potrebbe anche includere periodi antecedenti al 1° gennaio 2015.

Il principio prevede che il revisore debba pianificare la frequenza delle verifiche periodiche in funzione della dimensione e

complessità dell’impresa, tenendo conto di fattori quali:

- il settore di attività dell’impresa;

- la natura;

- la numerosità e la frammentazione delle operazioni svolte;

- il riscontro in precedenti verifiche di carenze procedurali nella tenuta della contabilità sociale, di non conformità

nell’esecuzione di adempimenti richiesti dalla normativa di riferimento o di errori nelle scritture contabili.

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Le conclusioni dell’Avvocato UE

Detrazione IVA ammessa anche con inerenza di secondo livelloLa detrazione dell’IVA è ammessa anche quando le operazioni a monte perseguono uno scopo, di primo livello, che

non è soggetto a IVA, se, ad un secondo livello, le stesse sono dirette alla realizzazione di operazioni imponibili.

Tale situazione si verifica, per esempio, quando i beni d’investimento acquistati o realizzati siano direttamente

destinati all’utilizzo gratuito da parte del pubblico, ma possono essere considerati un mezzo per attrarre visitatori

in un luogo dove il soggetto passivo progetta, nello svolgimento della propria attività economica, di fornire

beni/servizi soggetti a IVA.

di Marco Peirolo - Dottore commercialista in Torino, Advisor scientifico di Adacta Studio Associato

Con questa conclusione, resa il 22 aprile 2015 nella causa C-126/14, l’Avvocato generale presso la Corte di giustizia ha

fornito la propria interpretazione in merito al requisito del “nesso immediato e diretto” che deve sussistere ai fini

dell’esercizio del diritto alla detrazione IVA previsto dall’art. 168 della direttiva n. 2006/112/CE, in base al quale la

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detrazione spetta nella misura in cui il soggetto passivo destina i beni/servizi acquistati o importati al compimento di

operazioni soggette ad imposta.

Il caso materiale

Nel caso considerato, una società lituana ha curato la realizzazione di un percorso di scoperta della mitologia baltica,

predisponendo sentieri, scale, punti di osservazione, siti per falò da campo, un banchetto delle informazioni e parcheggi

per veicoli.

Secondo gli accordi intercorsi con un organismo nazionale, la società avrebbe consentito al pubblico l’accesso gratuito al

percorso ricreativo in cambio di una sovvenzione di importo pari al 90% dei costi sostenuti per la realizzazione del

percorso.

La società ha intenzione di svolgere in futuro un’attività economica nel settore del turismo, fornendo ai visitatori del

percorso ricreativo prestazioni a pagamento, come la vendita di prodotti alimentari o di souvenir.

La richiesta di rimborso dell’IVA pagata sui lavori relativi alla realizzazione del percorso è stata negata dalle Autorità

fiscali lituane, in assenza della dimostrazione che le prestazioni ricevute fossero preordinate allo svolgimento di

un’attività soggetta ad imposta.

Nel successivo contenzioso, il giudice del rinvio ha sospeso la decisione per chiedere alla Corte di giustizia se l’art. 168

della direttiva n. 2006/112/CE legittimi l’esercizio della detrazione dell’IVA assolta, a monte, nella fabbricazione o

nell’acquisto di beni d’investimento direttamente destinati all’utilizzo gratuito da parte del pubblico, ma che possono

essere considerati un mezzo per attrarre visitatori in un luogo dove il soggetto passivo progetta, nello svolgimento della

sua attività economica, di fornire beni/servizi imponibili ai fini IVA.

Esercizio della detrazione in funzione del “nesso immediato e diretto”

Nell’analisi compiuta dall’Avvocato generale, la detraibilità dell’IVA relativa ai lavori di realizzazione del percorso

ricreativo è stata esaminata sotto un duplice profilo, ossia verificando:

- in primo luogo, se la società, in sede di acquisto, abbia agito in veste di soggetto passivo, con la conseguente

destinazione dei beni d’investimento all’esercizio della propria attività economica, e

- in secondo luogo, se gli stessi siano utilizzati per compiere operazioni imponibili o ad esse assimilate i fini della

detrazione.

Riguardo al primo profilo, l’Avvocato generale ha osservato che, secondo la giurisprudenza comunitaria, la soggettività

passiva d’imposta sussiste anche quando i beni acquistati da un privato non siano immediatamente utilizzati nell’ambito

dell’attività economica (Corte di giustizia, 29 novembre 2012, causa C-257/11, Gran Via Moine■ti; Id., 22 marzo 2012,

causa C-153/11, Klub; Id., 11 luglio 1991, causa C-97/90, Lennartz).

Risulta, pertanto, irrilevante la circostanza che gli accordi intercorsi con l’organismo nazionale impongano alla società di

mettere il percorso ricreativo a disposizione del pubblico a titolo gratuito, con successiva possibilità di utilizzo del

medesimo nell’ambito di un’attività economica.

Riguardo al secondo profilo, l’Avvocato generale ha osservato che i lavori di realizzazione del percorso ricreativo

perseguono una duplice finalità. Ad un primo livello, la detrazione è preclusa in quanto le prestazioni sono utilizzate

nell’ambito di un’attività esclusa da imposta siccome svolta a titolo gratuita. Ad un secondo livello, invece, il percorso

ricreativo è utilizzato per offrire ai visitatori beni e servizi soggetti a IVA, con il conseguente diritto alla detrazione.

La detrazione sarebbe in ogni caso ammessa se la sovvenzione erogata alla società rappresenta il corrispettivo della

realizzazione del percorso ricreativo; non conoscendo il contenuto della convenzione stipulata con l’organismo nazionale,

l’Avvocato generale non tuttavia ha potuto stabilire, in modo definitivo, se sussista o meno il “nesso diretto” necessario ai

fini della detrazione.

Nel caso in cui il giudice nazionale dovesse accertare che la realizzazione del percorso ricreativo non costituisce

un’operazione imponibile, il diritto alla detrazione dipende esclusivamente dall’utilizzo dei beni d’investimento per le

future prestazioni a pagamento da parte dei visitatori.

Secondo la giurisprudenza comunitaria, i beni/servizi acquistati, sotto il profilo economico, rappresentano un elemento

costitutivo del prezzo dei beni/servizi venduti se è possibile individuare, in modo oggettivo, un nesso economico tra le

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operazioni a monte e quelle a valle (Corte di giustizia, 18 luglio 2013, causa C-124/12, AES-3C Maritza East 1).

Nel caso di specie, l’Avvocato generale ha ritenuto esistente il “nesso immediato e diretto” dato che la realizzazione del

percorso ricreativo consente di attrarre visitatori per fornire loro prestazioni a titolo oneroso.

La detrazione deve considerarsi ammessa anche se l’utilizzo principale del percorso ricreativo è l’accesso a titolo gratuito

da parte del pubblico, il quale infatti non interrompe il nesso immediato e diretto con l’utilizzo secondario del percorso

stesso, in quanto la Corte di giustizia ha stabilito che l’interruzione può verificarsi esclusivamente quando le operazioni

effettuate a valle siano esenti da imposta o quando l’attività svolta non abbia carattere economico (sent. 30 maggio

2013, causa C-651/11, X e sent. 12 febbraio 2009, causa C-515/07, Vereniging Noordelijke Land- en Tuinbouw

Organisatie).

Infine, l’Avvocato generale ha escluso che la sovvenzione percepita dalla società determini una limitazione alla misura

della detrazione, anche perché – ai sensi del citato art. 168 della direttiva n. 2006/112/CE – il recupero dell’imposta

dipende dall’effettuazione, a valle, di operazioni soggette a IVA, mentre sono irrilevanti le modalità di finanziamento

delle operazioni a monte (Corte di giustizia, 6 ottobre 2005, causa C-243/03, Commissione/Francia).

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Avvocato generale UE, conclusioni 22/04/2015, C-126/14

Approvato dal Parlamento

DEF: sgravi contributivi per i neoassunti anche dopo il 2015La Camera dei Deputati e il Senato hanno approvato la risoluzione di maggioranza sul Documento di economia e

finanza 2015. Individuati una serie di punti di attenzione, dall’opportunità di valutare il proseguimento degli sgravi

contributivi per i neoassunti anche dopo il 2015 a interventi volti a introdurre elementi di flessibilità per quanto

attiene all’età di accesso al pensionamento, anche attraverso l’introduzione di meccanismi di incentivazione e

disincentivazione. Ulteriori profili di riflessione sono le misure per i crediti deteriorati che rendono difficile la

trasmissione all'economia reale della liquidità monetaria creata dagli acquisti della Bce con il Quantitative easing.

di Giuseppe Rocco - Esperto economico

La Camera dei Deputati e il Senato hanno approvato la risoluzione di maggioranza sul Documento di economia e

finanza 2015, rispettivamente con 328 voti a favore e 159 contrari a Montecitorio e 165 voti favorevoli e 82 contrari a

Palazzo Madama.

Ha prevalso una linea di indirizzo contabile prudente non specificandosi in quale direzione vada impiegato quello che

è stato definito come “tesoretto” (1,6 miliardi), ma si impegna il Governo a conseguire i saldi di finanza pubblica nei

termini indicati nel quadro programmatico del Def che prevede per il 2015 un incremento del Pil dello 0,7 e, negli anni

2016 e 2017, dell'1,4 e dell'1,5 per cento.

In particolare, prosegue la risoluzione di maggioranza, devono conseguirsi i saldi di finanza pubblica in termini di

indebitamento netto rispetto al Pil, nonché il rapporto programmatico debito/Pil nei termini indicati nel quadro

programmatico, vale a dire un rapporto tra deficit e Prodotto Interno Lordo pari al 2,6 per cento nel 2015, all’1,8 per cento

nel 2016 e allo 0,8 per cento nel 2017, con il raggiungimento del pareggio in termini nominali nel 2018.

Va poi utilizzato nel 2015 lo spazio di manovra rispetto all’andamento tendenziale dei conti pubblici, con riferimento alla

componente di spesa per interessi, per rafforzare l’implementazione delle riforme strutturali già avviate, nel limite

dell’obiettivo programmatico indicato, e disponendo, prudenzialmente e in attesa di registrare tale margine con la

presentazione del disegno di legge di assestamento, l’accantonamento di corrispondenti risorse nel bilancio dello Stato.

Va ricordato come nelle recenti audizioni parlamentari sul tema organismi tecnici come l’Ufficio Parlamentare di Bilancio

ed in una certa misura anche la Banca d’Italia avevano palesato perplessità sull’intenzione di utilizzare il “tesoretto” dal

momento che una deviazione anche molto modesta del quadro macro o dei tassi di interesse dalle previsioni, si riteneva,

avrebbe annullato quel miglioramento provocando un allontanamento significativo dal percorso di avvicinamento

all'obiettivo di medio termine, indicato dai trattati europei.

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Più possibilista era stata invece la Corte dei Conti, favorevole ad una azione espansiva prefigurando l’utilizzo delle

risorse incrementali per conferire impulso alle riforme e alla crescita. L’obiettivo prioritario, come sottolineato nella

risoluzione di maggioranza, deve essere quello di trasformare la ripresa, per ora gracile, in una ripresa stabile e duratura.

Come ricordava la Banca d’Italia nelle proprie osservazioni sul Documento, lo scenario economico descritto per il biennio

2015-16 è plausibile ma non è esente da rischi a breve termine (in particolare si citava la necessità che si consolidino

miglioramenti della fiducia e l’incertezza sull’esito delle trattative sul programma di aggiustamento del Governo greco con

possibile volatilità nelle condizioni finanziarie). E’ indispensabile poi, prosegue l’Istituto di via Nazionale, la piena

realizzazione delle riforme per accrescere stabilmente il potenziale di crescita dell’economia e facilitare lo stesso

riequilibrio dei conti. Occorre ancora sfruttare le condizioni finanziarie e monetarie, in questo periodo particolarmente

favorevoli soprattutto grazie alla politica monetaria eccezionalmente espansiva dell’Eurosistema.

Fattori favorevoli di natura esogena sono rappresentati poi dal deprezzamento dell'euro rispetto al dollaro, dal crollo del

prezzo del petrolio, dall’aumento della domanda mondiale con effetto benefico sulle esportazioni. Ma dal punto di vista

pratico quali sono le raccomandazioni concrete contenute nella risoluzione di maggioranza?

Partendo dalle politiche del lavoro si chiede in primo luogo al Governo di valutare il proseguimento degli sgravi

contributivi per i neoassunti anche dopo il 2015, eventualmente modificando l'entità del beneficio e l'area di

applicazione. Ulteriore punto è rappresentato dall’opportunità di rifinanziare la detassazione degli incentivi per la

produttività nonché provvedere gradualmente al finanziamento a regime dell'assegno di disoccupazione (Asdi), della

nuova e per i collaboratori (Dis-Coll) e delle misure di conciliazione.

Si invita poi l’Esecutivo a neutralizzare l’entrata in vigore delle clausole di salvaguardia poste a garanzia dei saldi di

finanza pubblica dalle due precedenti leggi di stabilità attraverso i maggiori spazi finanziari derivanti dalla Clausola sulle

riforme, pari a 0,4 punti percentuali di Pil, e misure di revisione della spesa pubblica e delle agevolazioni fiscali per un

ammontare pari a 0,6 punti di PIL nel 2016, assicurando che le riduzioni di spesa siano operate selettivamente

salvaguardando comunque l’efficienza e l’efficacia del sistema di protezione sociale e la qualità dei servizi ai cittadini.

Vanno tutelati poi i redditi da lavoro dipendente e autonomo, i redditi di imprese minori e i redditi di pensione.

Ancora in materia fiscale si raccomanda al Governo la realizzazione di una definitiva revisione del sistema di tassazione

locale sugli immobili dando stabilità a un settore che costituisce uno snodo strategico nei rapporti tra cittadini e fisco e

che ha conosciuto troppe modifiche nel corso degli ultimi anni, perseguendo gli obiettivi prioritari di semplificazione del

quadro dei tributi locali sugli immobili, certezza ai comuni circa le risorse derivanti da tale fonte di entrata e

responsabilizzazione nelle loro scelte di politica tributaria in tale campo. In materia previdenziale l’attenzione viene rivolta

all’opportunità di studiare interventi in materia previdenziale volti a introdurre elementi di flessibilità per quanto attiene

all’età di accesso al pensionamento, anche attraverso l’introduzione di meccanismi di incentivazione e disincentivazione.

Va ricordato come il punto è oggetto di approfondimento propositivo da parte dell’Inps come anticipato dal Presidente

Tito Boeri.

Attenzione viene rivolta poi al finanziamento delle imprese, che si auspica possano interpretare un ruolo propulsivo per

lo sviluppo economico. Si sottolinea in tale prospettiva la necessità di “favorire misure per lo smaltimento dei crediti

deteriorati che gravano sui bilanci delle banche italiane e rendono più costosa e difficile la trasmissione all'economia

reale della liquidità monetaria creata dagli acquisti della Bce" con il Quantitative easing. Vanno poi colte appieno tutte le

opportunità connesse alle risorse finanziarie che saranno poste a disposizione dal Piano Juncker. Come ha

recentemente sottolineato il Governatore Visco, in una fase caratterizzata dall’inasprimento delle regole applicabili alle

banche, lo sviluppo di fonti di finanziamento alternative al credito renderebbe il settore produttivo meno fragile.

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In attesa dei pareri delle Commissioni parlamentari

Jobs Act: più tutele per madri e padri lavoratori, ma solo per il 2015

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Madri e padri lavoratori potranno godere di maggiori tutele con particolare riguardo ai tempi e alle modalità di

fruizione dei congedi parentali, ma solo per il 2015. Con lo schema di decreto delegato in materia di tutele

genitoriali e conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro il Governo amplia, infatti, sensibilmente i diritti

genitoriali e le possibilità di congedo. Lo schema di decreto presenta però alcune discrasie normative sul piano del

drafting ed anche sul piano delle tutele. Su questi profili è probabile possano incidere i pareri delle Commissioni

parlamentari che dovranno essere resi entro l’8 maggio.

di Pierluigi Rausei - Adapt professional fellow

Di particolare impatto e incisività sono le norme introdotte dallo schema di decreto in materia di “Misure di conciliazione

delle esigenze di cura, di vita e di lavoro”, AG n. 157, che – in attuazione della delega contenuta nell’art. 1, commi 8 e 9,

legge n. 183/2014 per le finalità indicate di assicurare un adeguato sostegno alle cure parentali e alla conciliazione

dei tempi di vita e professionali – estende le tutele genitoriali per maternità e paternità, con particolare riguardo ai

tempi e alle modalità di fruizione dei congedi parentali, ma sancisce l’applicazione dei nuovi strumenti di tutela soltanto

per l’anno 2015, fatta salva la proroga nel caso in cui si rinvengano le coperture finanziarie necessarie e preventivate

soltanto per l’anno corrente.

Lo schema di decreto, peraltro, presenta alcune discrasie normative, sul piano del drafting ed anche sul piano delle

tutele, laddove, ad esempio, manca una piena ed attenta ponderazione della parificazione (costituzionalmente

necessitata) fra genitori biologici e genitori adottivi e affidatari, ma su questi profili è probabile possano incidere i pareri

delle Commissioni parlamentari che dovranno essere resi entro l’8 maggio.

Le finalità delle misure del provvedimento sono quelle precipue di tutelare la maternità delle lavoratrici e favorire le

opportunità di conciliazione dei tempi di vita e di lavoro per la generalità dei lavoratori (art. 1).

Come anticipato l’art. 25, commi 2 e 3, stabilisce che le norme del decreto (ad eccezione del solo art. 24), si applicano in

via sperimentale per il solo anno 2015 e con limitato alle sole giornate di astensione riconosciute nello stesso anno,

mentre l’eventuale estensione agli anni successivi rimane subordinata alla introduzione di norme che forniscano

adeguate coperture finanziarie.

Di seguito le misure di maggiore rilievo e impatto operativo.

Congedo obbligatorio di maternità (articoli 2 e 4)

Nell’articolo 2, comma 1, lettera a), si prevede che i giorni di congedo obbligatorio non goduti prima del parto (per

anticipo rispetto alla data presunta) si aggiungono al periodo di congedo obbligatorio spettante dopo il parto anche

quando il periodo di congedo obbligatorio di maternità supera il limite di 5 mesi.

La successiva lettera b) disciplina il diritto della madre (quando il neonato è ricoverato in struttura pubblica o privata) di

chiedere la sospensione del congedo obbligatorio di maternità e di usufruirne dalla data di dimissione del figlio,

previa attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell’attività

lavorativa; l’articolo 4 estende tale diritto ai congedi per i casi di adozione e di affidamento.

Congedo di paternità (articoli 5 e 6)

Con l’articolo 5 si estende il diritto al congedo di paternità alle ipotesi nelle quali la madre sia lavoratrice autonoma

(coltivatrice diretta, mezzadra e colona, imprenditrice agricola a titolo principale, artigiana, esercente attività

commerciale, pescatrice autonoma della piccola pesca marittima e delle acque interne). Non è chiaro se analoga

estensione sia riconosciuta anche in caso di adozione o affidamento in cui la madre lavoratrice autonoma non ha fatto

richiesta dell'indennità di maternità (andrebbe estesa a mente della sentenza della Corte costituzionale n. 385 del 14

ottobre 2005).

L’articolo 6 modifica la disciplina del congedo di paternità in caso di adozione internazionale, confermando il diritto ad

un congedo non retribuito e privo di indennità per il periodo di permanenza all’estero.

Congedi parentali (articoli da 7 a 10)

Nell’articolo 7, comma 1, lettera a), dello schema di decreto viene ampliato ai primi 12 anni di vita del bambino (anziché

ai primi 8 anni) il periodo nel quale il genitore lavoratore può fruire del congedo parentale.

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L’articolo 9 eleva conseguentemente ai primi 6 anni di vita del bambino (anziché ai primi 3 anni) il limite entro il quale il

congedo parentale dà diritto a una indennità pari al 30% della retribuzione.

Di particolare rilievo l’articolo 7, comma 1, lettera b), che conferma la possibilità di fruizione del congedo parentale su

base oraria, rinviando alla contrattazione collettiva anche di livello aziendale, e prevedendo che, in assenza di

determinazioni contrattuali, ogni genitore lavoratore può scegliere la fruizione su base oraria, in misura pari alla metà

dell’orario medio giornaliero del periodo di paga (quadrisettimanale o mensile) immediatamente precedente quello nel

corso del quale ha inizio il congedo parentale. La lettera c) riduce a 5 giorni (dagli attuali 15) il periodo minimo di

preavviso per fruire del congedo parentale, per la fruizione su base oraria il termine minimo di preavviso è pari a 2 giorni.

Con l’articolo 8 si estende ai primi 12 anni di vita del bambino (dagli attuali 8 anni) il periodo entro cui può essere

esercitato, da uno dei genitori lavoratori, il diritto al prolungamento del congedo parentale, per il caso in cui il minore

presenti una situazione di handicap grave.

L’articolo 10, con riferimento all’ingresso del minore in famiglia, estende le medesime tutele ai genitori adottivi o affidatari.

Lavoro notturno (articolo 11)

L’articolo 11 dello schema estende ai genitori adottivi o affidatari di un minore il diritto a non essere obbligati a

prestare lavoro notturno (dalle ore 24 alle ore 6) nei primi 3 anni dall’ingresso del minore in famiglia e, in ogni caso, non

oltre il dodicesimo anno di età. Tuttavia la parificazione è solo di facciata, perché al contrario dei genitori biologici, a

tutela dei quali la legge prevede l'arresto da due a quattro mesi o l'ammenda da 516 euro a 2.582 euro (art. 18-bis,

comma 1, del D.Lgs. 8 aprile 2003, n. 66) per il datore di lavoro che li obblighi al lavoro notturno, lo stesso illecito nei

confronti dei genitori adottivi o affidatari non è sanzionato.

Dimissioni senza preavviso (articolo 12)

La facoltà di dimissioni senza preavviso è riconosciuta alla lavoratrice madre e al lavoratore padre che fruisca o abbia

fruito del congedo di paternità, fino al compimento di un anno di età del bambino o, in caso di adozione o affidamento,

fino al compimento di un anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare.

Indennità di maternità e paternità per gli iscritti alla Gestione separata INPS (articolo 13)

La norma amplia, per il caso di adozione da 3 a 5 mesi la durata dell'indennità di maternità, per le lavoratrici iscritte alla

Gestione separata INPS non iscritte ad altre forme obbligatorie di previdenza. L’indennità è riconosciuta anche in caso di

mancato versamento dei contributi previdenziali da parte del committente.

Indennità di maternità e paternità per lavoratori autonomi (articoli da 14 a 16)

Viene introdotta l’indennità di paternità in favore del lavoratore autonomo (coltivatore diretto, mezzadro e colono,

imprenditore agricolo a titolo principale, artigiano, esercente attività commerciale, pescatore autonomo della piccola

pesca marittima e delle acque interne), in sostituzione di quella spettante alla madre lavoratrice autonoma (delle

medesime categorie) nei casi di: morte o grave infermità della madre; abbandono da parte della madre; affidamento

esclusivo del bambino al padre. Tale diritto non è esteso inopinatamente al caso di adozione o affidamento (andrebbe

esteso a mente della sentenza della Corte costituzionale n. 385 del 14 ottobre 2005).

L’articolo 16, comma 1, lettera b), aumenta da 3 a 5 mesi la durata dell'indennità di maternità, per la lavoratrice

autonoma (coltivatrice diretta, mezzadra e colona, imprenditrice agricola a titolo principale, artigiana, esercente attività

commerciale, pescatrice autonoma della piccola pesca marittima e delle acque interne) in caso di adozione ed elimina il

presupposto condizionante dell’età del minore adottato non superiore a 6 anni (già esclusa dalla normativa vigente per le

ipotesi di adozione o affidamento preadottivo internazionali).

Indennità di maternità e paternità per i liberi professionisti (articoli da 17 a 20)

Con l’articolo 18 si riconosce l'indennità di paternità al libero professionista, in sostituzione di quella spettante alla

madre libera professionista nei casi di: morte o grave infermità della madre; abbandono da parte della madre;

affidamento esclusivo del bambino al padre. Tale diritto non è esteso inopinatamente al caso di adozione o affidamento

(andrebbe esteso a mente della sentenza della Corte costituzionale n. 385 del 14 ottobre 2005).

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Con l’articolo 20 si aumenta da 3 a 5 mesi la durata dell'indennità di maternità, per le libere professioniste in caso di

adozione ed elimina il presupposto condizionante dell’età del minore adottato non superiore a 6 anni (già esclusa dalla

normativa vigente per le ipotesi di adozione o affidamento preadottivo internazionali).

Telelavoro (articolo 22)

L’articolo 22 dello schema di decreto stabilisce che i datori di lavoro privati beneficiano dell’esclusione dal computo dei

limiti numerici dei lavoratori ammessi al telelavoro per motivi legati ad esigenze di cure parentali ed in forza di accordi

collettivi.

Congedo per le donne vittime di violenza di genere (articolo 23)

La norma disciplina per le lavoratrici dipendenti il diritto ad un congedo retribuito e per le collaboratrici a progetto

(sembrano esclusi altri rapporti di collaborazione coordinata e continuativa non a progetto) il diritto alla sospensione del

rapporto contrattuale, per motivi connessi al percorso di protezione (certificato da servizi sociali del Comune di residenza,

centri antiviolenza o case-rifugio) relativo alla violenza di genere (in entrambi i casi fino a un massimo di 3 mesi).

Inoltre le lavoratrici dipendenti nelle predette condizioni hanno diritto alla trasformazione del rapporto di lavoro a tempo

pieno in lavoro a tempo parziale, nonché su eventuale richiesta della lavoratrice alla successiva trasformazione a tempo

pieno.

Risorse per promuovere la conciliazione tra vita professionale e vita privata (articolo 24)

La disposizione stabilisce, in via sperimentale, per il triennio 2016-2018, di destinare alla promozione della conciliazione

tra vita professionale e vita privata una quota pari al 10% del “Fondo per il finanziamento di sgravi contributivi per

incentivare la contrattazione di secondo livello”, demandando ad apposito decreto del Ministro del lavoro (di concerto con

il MEF) la definizione sia dei criteri e delle modalità per l'impiego delle risorse, sia di ulteriori azioni e modalità di

intervento in materia di conciliazione tra vita professionale e vita privata, anche attraverso l'adozione di linee guida e

modelli intesi a favorire la stipulazione di contratti collettivi aziendali.

Le considerazioni contenute nel presente intervento sono frutto esclusivo del pensiero dell’Autore e non hanno carattere

in alcun modo impegnativo per l’Amministrazione alla quale appartiene.

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Per il mantenimento dei benefici fiscali

ONLUS: rendiconto da approvare entro il 30 aprileEntro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio e, pertanto, entro il 30 aprile se l'esercizio coincide con l'anno

solare, le ONLUS diverse dalle cooperative sociali devono redigere la situazione patrimoniale, economica e

finanziaria dell'organizzazione, distinguendo le attività direttamente connesse da quelle istituzionali. In caso

contrario le ONLUS decadono dai benefici fiscali previsti. Le ONLUS, infatti, costituiscono un'autonoma e distinta

categoria di enti rilevante solo ai fini fiscali, destinataria di un regime tributario di favore in materia di imposte sui

redditi, di imposta sul valore aggiunto, di altre imposte indirette nonché di ulteriori specifici tributi.

di Federico Gavioli - Dottore commercialista, revisore legale dei conti e giornalista pubblicista

Le ONLUS che hanno l’esercizio sociale che coincide con l’anno solare entro il 30 aprile devono approvare un

rendiconto per non decadere dai benefici fiscali previsti.

Relativamente alla natura delle organizzazioni non lucrative di utilità sociale va precisato che le stesse, individuate sulla

base di criteri di qualificazione diversi da quelli degli enti non commerciali, costituiscono un'autonoma e distinta

categoria di enti rilevante solo ai fini fiscali, destinataria di un regime tributario di favore in materia di imposte sui redditi,

di imposta sul valore aggiunto, di altre imposte indirette nonché di ulteriori specifici tributi. Le disposizioni agevolative in

favore delle ONLUS integrano e modificano le vigenti leggi d'imposta che disciplinano i singoli tributi, mentre la

delimitazione dei requisiti che qualificano le ONLUS assume valenza generale nel sistema tributario.

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I soggetti che possono assumere la qualifica di organizzazione non lucrativa di utilità sociale sono:

- le associazioni riconosciute e associazioni non riconosciute;

- i comitati;

- le fondazioni;

- le società cooperative;

- gli altri enti di carattere privato, con o senza personalità giuridica.

La norma non fa riferimento ai consorzi di cooperative che, pertanto, non possono assumere la qualifica di ONLUS.

Per converso, sono soggetti esclusi dal particolare regime fiscale delle ONLUS:

- gli enti pubblici;

- le società commerciali, diverse da quelle cooperative;

- gli enti conferenti di cui alla legge 30 luglio 1990, n. 218;

- i partiti e movimenti politici;

- le organizzazioni sindacali;

- le associazioni di datori di lavoro;

- le associazioni di categoria.

Obblighi delle ONLUS

Le ONLUS diverse dalle società cooperative, a pena di decadenza di benefici fiscali per esse previsti, devono:

a) in relazione all'attività complessivamente svolta, redigere scritture contabili cronologiche e sistematiche atte ad

esprimere con compiutezza ed analiticità le operazioni poste in essere in ogni periodo di gestione, e rappresentare

adeguatamente in apposito documento, da redigere entro quattro mesi dalla chiusura dell'esercizio annuale, la situazione

patrimoniale, economica e finanziaria della organizzazione, distinguendo le attività direttamente connesse da quelle

istituzionali, con obbligo di conservare le stesse scritture e la relativa documentazione per un periodo non inferiore a

quello indicato dall'art. 22, D.P.R. n. 600/1673;

b) in relazione alle attività direttamente connesse, tenere le scritture contabili previste dalle disposizioni di cui agli articoli

14, 15, 16 e 18, D.P.R. n. 600/1973; nell'ipotesi in cui l'ammontare annuale dei ricavi non sia superiore a 15.493,71 euro,

relativamente alle attività di prestazione di servizi, ovvero a 25.822,84 euro negli altri casi, gli adempimenti contabili

possono essere assolti secondo le disposizioni di cui all’art. 3, comma 166, legge n. 662/1996.

Gli obblighi indicati alla lettera a) si considerano assolti qualora la contabilità consti del libro giornale e del libro degli

inventari, tenuti in conformità alle disposizioni di cui agli articoli 2216 e 2217 c.c..

Le ONLUS che nell'esercizio delle attività istituzionali e connesse non abbiano conseguito in un anno proventi di

ammontare superiore a 51.645,69 euro, possono tenere per l'anno successivo, in luogo delle scritture contabili previste

al punto a), il rendiconto delle entrate e delle spese complessive, nei termini e nei modi di cui all'art. 20, D.P.R. n.

600/1973.

L’attività di controllo formale delle ONLUS

L’attività di controllo nei confronti delle ONLUS da parte degli organi dell’amministrazione finanziaria si basa anche sulla

verifica dei requisiti formali previsti dalla normativa, considerato che il mancato rispetto anche di una sola delle condizioni

formali necessarie per l’assunzione della qualifica di ONLUS, comporterebbe l’impossibilità di fruire del regime

tributario riservato a tale categoria di soggetti.

Nell’ambito di questo settore le principali indagini potranno essere volte a verificare:

- la possibilità che il soggetto giuridico considerato possa assumere la qualifica di ONLUS;

- l’adeguamento delle norme statutarie alle previsioni di legge;

- il settore o i settori di attività e la possibilità di beneficiare del regime agevolato;

- il perseguimento di finalità di solidarietà sociale secondo le previsioni di legge;

- l’adempimento dell’obbligo di comunicazione all’Anagrafe ONLUS;

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- il corretto uso della sigla “ONLUS”.

Ai fini dell’assunzione delle informazioni, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che le Direzioni Regionali delle Entrate,

deputate alla tenuta dell’Anagrafe unica delle ONLUS, possono invitare i soggetti interessati a trasmettere lo statuto,

l’atto costitutivo o altri documenti ritenuti necessari, entro un termine congruo, comunque non inferiore a 30 giorni. Inoltre,

ove sia ritenuto necessario per acquisire ulteriori chiarimenti, può essere inviato apposito questionario.

Un ulteriore campo di indagine relativo ai controlli formali può riguardare il corretto rispetto degli adempimenti contabili.

Tale verifica potrà riguardare principalmente:

a) la regolarità dell’impianto di rilevazione contabile generale;

b) l’adeguatezza e la veridicità del rendiconto e dei documenti di sintesi gestionale;

c) la correttezza del ricorso a semplificazioni contabili;

d) l’eventuale presenza della relazione di controllo al bilancio sottoscritta da un revisore contabile.

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Dichiarazioni 2015

La scelta della destinazione dell’8 per mille, del 5 per mille e del 2 per mille

dell'IRPEFIl Mod. 730-2015, oltre che dal modello base, contenente i vari quadri della dichiarazione ed al Mod. 730-3, per la

liquidazione delle imposte, si compone anche da altri modelli che sono utili per una serie di funzioni connesse agli

adempimenti della dichiarazione dei redditi; analizziamo il Mod. 730-1/2015, con il quale il contribuente esprime la

scelta della destinazione dell’otto, del cinque e del due per mille dell’IRPEF.

di Federico Gavioli

Premessa

A partire da quest’anno il contribuente che presenta il modello 730/2015 può presentare un’unica scheda per la scelta

della destinazione dell’8, del 5 e del 2 per mille dell’irpef a debito che scaturisce dal modello 730.

Il contribuente può destinare:

• a) l’8 per mille allo Stato oppure ad una istituzione religiosa;

• b) il 5 per mille a determinate finalità;

• c) il 2 per mille in favore di un partito politico.

Queste destinazioni non sono in alcun modo alternative tra loro e possono, pertanto, essere espresse

contemporaneamente e, soprattutto, non comportano maggiori imposte da pagare da parte del contribuente.

Va evidenziato che il Mod. 730-1/2015 deve essere consegnato in busta chiusa al CAF (o professionista abilitato) o al

datore di lavoro o ente pensionistico assieme al Mod. 730 base.

I contribuenti dovranno usare l’apposita busta (Allegato 2 al Mod. 730/2015) messa a disposizione dall’Agenzia

dell’Entrate (o in alternativa una normale busta di corrispondenza recante l’indicazione “Scheda per le scelte della

destinazione dell’otto, del cinque e del due per mille dell’IRPEF”, il cognome, il nome e il codice fiscale del dichiarante).

Scelta per la destinazione dell’otto per mille dell’Irpef

Il contribuente può destinare una quota pari all’otto per mille del gettito Irpef:

• •allo Stato (a scopi di interesse sociale o di carattere umanitario);

• •alla Chiesa Cattolica (a scopi di carattere religioso o caritativo);

• •all’Unione italiana delle Chiese Cristiane Avventiste del 7° giorno;

• •alle Assemblee di Dio in Italia;

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• •alla Chiesa Evangelica Valdese, (Unione delle Chiese metodiste e Valdesi) per scopi di carattere sociale,

assistenziale, umanitario o culturale sia a diretta gestione della Chiesa Evangelica Valdese, attraverso gli enti aventi

parte nell’ordinamento valdese, sia attraverso organismi associativi ed ecumenici a livello nazionale e internazionale;

• •alla Chiesa Evangelica Luterana in Italia ;

• •all’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane;

• •alla Sacra Arcidiocesi ortodossa d’Italia ed Esarcato per l’Europa Meridionale;

• •alla Chiesa apostolica in Italia;

• •all’Unione Cristiana Evangelica Battista d’Italia ;

• •all’Unione Buddhista Italiana;

• •all’Unione Induista Italiana.

La ripartizione tra le Istituzioni beneficiarie avviene in proporzione alle scelte espresse. La quota d’imposta non attribuita

viene ripartita secondo la proporzione risultante dalle scelte espresse; la quota non attribuita, proporzionalmente

spettante alle Assemblee di Dio in Italia è devoluta alla gestione statale.

La scelta per la destinazione del cinque per mille dell’Irpef

Il contribuente può destinare una quota pari al cinque per mille della propria imposta sul reddito alle seguenti finalità:

• a) sostegno del volontariato e delle altre organizzazioni non lucrative di utilità sociale nonché delle associazioni di

promozione sociale iscritte nei registri nazionale, regionali e provinciali e delle associazioni e fondazioni riconosciute

che operano nei settori dettati all’art. 10, comma 1, lett. a), del D. Lgs. n.460/1997;

• b) finanziamento della ricerca scientifica e dell’università;

• c) finanziamento della ricerca sanitaria;

• d) finanziamento a favore di organismi privati delle attività di tutela, promozione e valorizzazione dei beni culturali e

paesaggistici;

• e) sostegno delle attività sociali svolte dal Comune di residenza;

• f) sostegno alle associazioni sportive dilettantistiche riconosciute ai fini sportivi dal CONI a norma di legge che

svolgono una rilevante attività di interesse sociale.

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La scelta va espressa sul “Modello 730-1” apponendo la propria firma solo nel riquadro corrispondente alla finalità cui si

intende destinare la quota del cinque per mille dell’Irpef. Il contribuente ha inoltre la facoltà di indicare anche il codice

fiscale del soggetto cui vuole destinare direttamente la quota del cinque per mille dell’Irpef.

La scelta per la destinazione del due per mille dell’Irpef

Il contribuente può destinare una quota pari al due per mille della propria imposta sul reddito a favore di uno dei partiti

politici iscritti; per esprimere la scelta a favore di uno dei partiti politici destinatari della quota del due per mille dell’Irpef, il

contribuente deve apporre la propria firma nel riquadro presente sulla scheda, indicando nell’apposita casella il codice

del partito prescelto. La scelta deve essere fatta esclusivamente per uno solo dei partiti politici beneficiari.

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Documenti correlati:Modello 730/2015: la novità della residenza anagrafica

Circolare n. 17/E del 2015

Le novità di prassi sulla fiscalità immobiliareIl presente contributo illustra le più interessanti precisazioni su questioni relative alla fiscalità immobiliare

contenute nella circolare agenziale n. 17/E del 24 aprile 2015 (”Questioni interpretative in materia di IRPEF

prospettate dal Coordinamento Nazionale dei Centri di Assistenza Fiscale e da altri soggetti”).

di Stefano Baruzzi

Premessa

Come ormai consuetudine, anche quest’anno, in vista delle dichiarazioni dei redditi, l’Agenzia delle Entrate ha

compendiato in un’apposita circolare ”multi quesiti” – la n. 17/E del 24 aprile 2015 - le risposte a un nutrito gruppo di

questioni di interesse per le persone fisiche. La parte del leone, ancora una volta, la fanno le tematiche relative agli

immobili.

Molte precisazioni, infatti, sono relative alle detrazioni per il recupero edilizio, per l’acquisto di mobili, per i mutui e al

credito d’imposta per il riacquisto della ”prima casa”.

1. Detrazione per il recupero edilizio

Nelle risposte da 3.1 a 3.3 l’Agenzia delle Entrate approfondisce alcune questioni relative alla detrazione per il recupero

edilizio.

1.1 Beneficiario della detrazione diverso dall’ordinante il bonifico

In particolare, la risoluzione conferma che la detrazione de qua compete al beneficiario della detrazione - che sia

precisato come tale con indicazione del suo codice fiscale nel bonifico, ” ritenendosi in tal modo soddisfatto il requisito

richiesto dalla norma circa la titolarità del sostenimento della spesa” – anche nell’ipotesi in cui l’ordinante sia un soggetto

diverso, ovviamente nel rispetto degli altri presupposti previsti dalle disposizioni di legge.

1.2 Concorso di spese e limite alla detrazione

Particolarmente interessante è poi la precisazione relativa all’importo delle spese ammesse alla detrazione nei casi in cui

concorrano, in un dato anno, spese per il completamento di interventi detraibili avviati in annualità precedenti e spese per

interventi di nuovo tipo.

Premesso che il limite di spesa ammissibile previsto per i suddetti interventi è annuale e riguarda la singola unità

immobiliare interessata dagli interventi di recupero, la risoluzione ricorda che, per legge, in caso di interventi che

consistano nella mera prosecuzione di interventi iniziati in anni precedenti, ai fini del computo del limite massimo delle

spese ammesse a fruire della detrazione, si deve tenere conto anche delle spese sostenute negli stessi anni, ma anche

che questo vincolo non si applica agli interventi autonomi, ossia non di mera prosecuzione, fermo restando che per gli

interventi autonomi effettuati nel medesimo anno deve essere rispettato il limite annuale di spesa ammissibile.

Su questo specifico punto, l’Agenzia precisa che l’autonoma configurabilità dell’intervento è subordinata ad

elementi riscontrabili in via di fatto oltre che, ove richiesto, all’espletamento degli adempimenti amministrativi relativi

all’attività edilizia, quali la denuncia di inizio attività ed il collaudo dell’opera o la dichiarazione di fine lavori.

L’intervento, per essere considerato autonomamente detraibile, rispetto a quelli eseguiti in anni precedenti sulla

medesima unità immobiliare, deve essere anche autonomamente certificato dalla documentazione richiesta dalla

normativa.

La normativa non prevede che debba trascorrere un periodo di tempo minimo tra i diversi interventi di recupero per poter

beneficiare nuovamente della detrazione, nel rispetto dei limiti in precedenza indicati.

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Quindi, se su un immobile già oggetto di interventi di recupero negli anni precedenti viene effettuato un nuovo intervento

(che non consista nella mera prosecuzione degli interventi già realizzati) è possibile per esso avvalersi della detrazione

nei limiti in vigore al momento dei bonifici di pagamento.

Pertanto, se il nuovo intervento autonomo è avviato nel 2014, può fruire in tale anno di un nuovo e autonomo limite di

spesa di 96.000 euro, distinto da quello previsto per gli interventi effettuati negli anni precedenti anche qualora questi

ultimi avessero esaurito nei predetti anni (ad es.: tra il 2008 e il 2013) del plafond di spesa detraibile prevista dalla legge.

Naturalmente, se l’intervento avviato nel 2014 prosegue nel 2015, in quest’ultimo anno il limite di spesa dovrà tenere

conto delle spese sostenute nel 2014.

1.3 Trasferimento ”mortis” causa e rate residue della detrazione

La circolare precisa che la condizione della ”detenzione materiale e diretta del bene” (richiesta dalla normativa ai fini del

diritto dell’erede a fruire delle quote di detrazione non ancora utilizzate dal suo dante causa) debba essere sussistere

non solo per l’anno dell’accettazione dell’eredità, ma anche per ciascun anno per il quale il contribuente intenda fruire

delle residue rate di detrazione. Pertanto, secondo l’Agenzia, se l’erede che deteneva direttamente l’immobile,

successivamente, concede in comodato o in locazione l’immobile stesso, non potrà fruire delle rate di detrazione di

competenza degli anni in cui l’immobile non è detenuto direttamente.

Tuttavia, potrà beneficiare delle eventuali rate residue di competenza degli anni successivi al termine del contratto di

locazione o di comodato, riprendendo la detenzione materiale e diretta del bene.

Trattasi, indubbiamente, di una lettura restrittiva della norma, peraltro ispirata dalla formulazione della stessa (”In caso di

decesso dell'avente diritto, la fruizione del beneficio fiscale si trasmette, per intero, esclusivamente all'erede che conservi

la detenzione materiale e diretta del bene”) e, segnatamente, dall’utilizzo del termine “conservi”, anziché di altro vocabolo

maggiormente lasco, come ad esempio “acquisisca” o “consegua”.

2. Detrazione per l’acquisto di mobili e successione

Ancor più sfavorevole per i contribuenti è la precisazione secondo la quale il ”bonus mobili”, in caso di decesso del

contribuente, non si trasferisce agli eredi, i quali, pertanto, non possono detrarre le quote di spesa non ancora utilizzate

dal loro dante causa.

Quanto precede nella considerazione che il ”bonus mobili” è autonomo dalla detrazione per il recupero edilizio, ancorché

presupponga – tra l’altro, non indistintamente ma a certe condizioni - la fruizione di quest’ultima per poter operare.

Anche in questo caso, così come in quello sopra esaminato relativo al recupero edilizio – riteniamo che il legislatore –

qualora lo reputi opportuno – dovrebbe intervenire con un emendamento al fine di consentire di ampliare la fruizione

delle due detrazioni in caso di eventi successori, posto che – diversamente – l’interpretazione restrittiva fornita

dall’Agenzia pare supportata adeguatamente dalla lettura e dall’interpretazione delle vigenti norme.

3. Detraibilità interessi di mutuo e trasferimento all’estero

Più favorevole, ma supportata dal testo di legge, è la conferma che, in deroga alla regola generale, nel caso abbia un

rapporto di lavoro in uno stato estero, il contribuente conserva il diritto a detrarre gli interessi passivi relativi al mutuo

per l’acquisto dell’unità immobiliare da adibire ad abitazione principale, anche se la suddetta abitazione viene locata,

laddove il diritto alla detrazione sia sorto nel rispetto delle varie condizioni normativamente previste, tra cui l’aver

trasferito la propria dimora abituale in tale immobile entro un anno dall’acquisto, ancorché tale situazione sia

successivamente venuta meno per le ragioni lavorative anzidette.

4. Credito d’imposta per il riacquisto della ”prima casa”

Innovativa è poi la posizione assunta dall’Agenzia su questo tema posto che viene ora ampliata la possibilità di utilizzo

del credito d’imposta in questione.

La circolare n. 17/E del 2015, infatti, afferma che nel caso in cui il credito di imposta sia stato utilizzato solo

parzialmente per pagare l’imposta di registro dovuta per l’atto in cui il credito stesso è maturato, l’importo residuo

potrà essere utilizzato dal contribuente in diminuzione dalle imposte sui redditi delle persone fisiche oppure in

compensazione nel modello F23, mentre continua a non poter essere utilizzato in diminuzione delle imposte di registro,

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ipotecaria, catastale, e dell’imposta sulle successioni e donazioni per gli atti presentati successivamente alla data di

acquisizione del credito stante l’utilizzo da parte del legislatore, per questa fattispecie (e per essa soltanto), della

locuzione ”per l’intero importo”.

Riportiamo di seguito l’utile esempio proposto dalla circolare.

Immobile acquistato il 30 dicembre 2012 di valore pari ad euro 150.000 e rivenduto in data 10 gennaio 2015

• •Imposta di registro corrisposta in sede di acquisto pari ad euro 4.500 (150.000 * 3% - aliquota ”prima casa” vigente

fino al 31 dicembre 2013)

Altro immobile acquistato il 31 marzo 2015 di valore pari ad euro 160.000

• •Imposta di registro dovuta pari ad euro 3.200 (160.000*2% - aliquota ”prima casa” vigente dal 1° gennaio 2014).

• •Da tale importo deve essere scomputata l’imposta di registro (euro 1.800) versata alla registrazione del preliminare

in relazione agli acconti prezzo (euro 60.000 * 3%).

• •Imposta di registro dovuta per la registrazione del contratto definitivo pari ad euro 1.400

Credito d’imposta spettante (minore importo tra euro 4.500 ed euro 3.200) euro 3.200

Credito di imposta utilizzato in diminuzione dall’imposta di registro dovuta sull’atto di acquisto agevolato che lo

determina euro 1.400.

La parte residua del credito (euro 1.800) può essere utilizzata in diminuzione dalle imposte sui redditi delle persone

fisiche dovute in base alla dichiarazione da presentare successivamente alla data di acquisto del nuovo immobile o in

compensazione nel mod. F24.

Non può, invece, essere utilizzato in diminuzione dalle imposte di registro, ipotecarie e catastali, sulle successioni e

donazioni dovute sugli atti e sulle denunce presentati dopo la data di acquisizione del credito.

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Agenzia delle Entrate, circolare 24/04/2015, n. 17/E

Reati fallimentari

Bancarotta fraudolenta: più condotte illecite nello stesso fallimentoCon la sentenza n. 6777 del 16 febbraio 2015, la Corte di Cassazione si occupa della bancarotta per distrazione e

della bancarotta documentale che sanziona l’imprenditore che tiene libri e scritture contabili in modo da non

rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del movimento degli affari.

Nel caso di consumazione di una pluralità di condotte tipiche di bancarotta nell’ambito del medesimo fallimento, le stesse

mantengono la propria autonomia ontologica, dando luogo ad un concorso di reati, unificati, ai soli fini sanzionatori, nel

cumulo giuridico stabilito dalla legge fallimentare, la quale non prevede, sotto il profilo strutturale, una circostanza

aggravante, ma detta per i reati fallimentari una peculiare disciplina della continuazione.

A cura della Redazione

Copyright © - Riproduzione riservata

Corte di Cassazione, sentenza 16/02/2015, n. 6777